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Conoscere Liszt - Sant'Egidio in Fontanella

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Il virtuosismo esecutivo<br />

Enfant prodige, <strong>Liszt</strong> compì la sua formazione musicale nell’ambito della tradizione<br />

classica viennese, ma già nei primi anni giovanili tese ad emanciparsene,<br />

assumendo una ben def<strong>in</strong>ita posizione nei riguardi dell’imperante virtuosismo<br />

esecutivo dei vari Hummel, Moscheles, Kalkbrenner, Thalberg.<br />

In un’epoca <strong>in</strong> cui un concerto affidato a un solo esecutore era abbastanza<br />

eccezionale, <strong>Liszt</strong> si esibiva da solo, suonava a memoria, creando la formula del<br />

moderno recital.<br />

Wilhelm von Lenz, che lo conobbe diciassettenne e ne diverrà prima suo allievo e<br />

poi amico, scriverà che “<strong>Liszt</strong> rappresenta la nuova era del pianoforte, che travolge e<br />

annienta la vecchia scuola <strong>in</strong>sieme a tutti i suoi fedeli.”<br />

Superata la fase giovanile dom<strong>in</strong>ata<br />

da un esuberante entusiasmo, <strong>Liszt</strong> si<br />

sp<strong>in</strong>se oltre i conf<strong>in</strong>i tecnici ed armonici<br />

f<strong>in</strong>o a quel momento considerati non<br />

superabili sulla tastiera. Egli volle<br />

percorrere sperimentazioni dirette alla<br />

conquista di nuovi orizzonti melodici<br />

e a soluzioni armoniche rivoluzionarie,<br />

nel tentativo di ricavare dal pianoforte<br />

nuove possibilità espressive: è l’<strong>in</strong>izio di<br />

una ricerca che lo vedrà, come esecutore<br />

e <strong>in</strong>sieme compositore, raggiungere<br />

elevati livelli nelle trascrizioni delle s<strong>in</strong>fonie<br />

beethoveniane e, più tardi, nell’opera<br />

pianistica e nei grandi affreschi orchestrali<br />

della maturità. La padronanza della<br />

tastiera, grazie anche alla conformazione<br />

delle proprie mani che gli consentivano<br />

l’estensione f<strong>in</strong>o alla dodicesima nota, gli permetteva di mettere a frutto il suo<br />

funambolismo esecutivo. A soli 17 anni, presentò per primo e con successo la<br />

Sonata op. 106 e il Qu<strong>in</strong>to concerto per pianoforte e orchestra di Beethoven.<br />

A 20 anni rimase conquistato dal magico virtuosismo di Pagan<strong>in</strong>i e nacque <strong>in</strong> lui il<br />

desiderio di riprodurre sulla tastiera i prodigi della di lui tecnica viol<strong>in</strong>istica con la<br />

differenza che, mentre il virtuosismo pagan<strong>in</strong>iano veniva considerato accessibile<br />

solo a chi, come lui, fosse dotato di “mani diaboliche”, il virtuosismo lisztiano non<br />

esorbitava, nel suo <strong>in</strong>sieme, da un naturale equilibrio fra mezzi meccanici, fisici,<br />

fonici ed espressivi. È <strong>Liszt</strong> che acquisisce alla tecnica esecutiva l’uso anche del<br />

braccio e della spalla (f<strong>in</strong>o a quel momento limitato al polso e avambraccio). Ed è<br />

<strong>in</strong> diverse composizioni di <strong>Liszt</strong> che troviamo la produzione simultanea di tre parti<br />

timbricamente differenziate ove alla mano s<strong>in</strong>istra sono affidati i bassi d’armonia,<br />

alla destra i passi ornamentali d’agilità spazianti verso l’acuto, mentre la melodia è<br />

cantata nel registro medio dai due pollici opportunamente alternantisi.<br />

Il <strong>Liszt</strong> esecutore che traspare dalle sue musiche doveva essere terrificante per la<br />

quantità di note e di timbri che riusciva ad ottenere dal pianoforte.<br />

Henri Blaze de Bury (scrittore contemporaneo), a proposito di una <strong>in</strong>terpretazione<br />

di <strong>Liszt</strong> (”Invito alla danza” di Weber) ebbe a scrivere “…una di quelle deliranti<br />

ispirazioni che <strong>in</strong> poche pag<strong>in</strong>e rivelano abissi di dolore e di voluttà, di frenesia e di<br />

disperazione…Chi non ha mai ascoltato <strong>Liszt</strong> tradurre con la sua anima e il suo genio<br />

questo episodio fantastico ignora a qual grado di sovreccitazione possa condurre il<br />

senso della musica”.<br />

Ancora Wilhelm von Lenz scrisse: “<strong>Liszt</strong> non suona il pianoforte, al pianoforte egli<br />

racconta il suo dest<strong>in</strong>o… dà corpo al nucleo più segreto dello strumento e della sua<br />

storia, e ne rappresenta il punto di arrivo”.<br />

Ed ecco, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, una diretta testimonianza di <strong>Liszt</strong> (<strong>in</strong> una lettera del 1838) “Voi vi<br />

meravigliate di vedermi impegnato al pianoforte <strong>in</strong> maniera così esclusiva, così poco<br />

attratto dal desiderio di affrontare il campo più vasto delle composizioni s<strong>in</strong>foniche<br />

e drammatiche. …Vedete, per me il pianoforte è come la nave per il mar<strong>in</strong>aio,…<br />

perché il mio pianoforte, f<strong>in</strong>ora, sono io, la mia parola, la mia vita…Nello spazio<br />

di sette ottave esso abbraccia l’estensione d’una orchestra; le dieci dita d’un solo<br />

uomo bastano a rendere le armonie prodotte dal concorso di più di cento strumenti<br />

concertanti”.<br />

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