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Mitra & mandolino IMPAG. - Gaffi

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volte commentiamo i disegni insieme se hanno voglia di parlarne. L’angoscia<br />

diminuisce.” Silvana si ricorda di quella donna tanti anni fa che se ne<br />

stava nell’atelier taciturna. Era stato indetto un piccolo concorso di pittura<br />

dal titolo il viaggio.“Un giorno la donna mi chiama in disparte, prende una<br />

foto dalla tasca e me la mostra dicendo...‘sai per il tema del viaggio ho pensato<br />

di dipingere la mia bambina mentre mi saluta e se ne va in cielo’…”<br />

Silvana mi racconta che fu come un pugno nello stomaco. Dopo di che la<br />

donna se ne è rimasta più di un’ora sola con i suoi pennelli a dipingere quel<br />

ritratto. Un bel ritratto.“Me ne stavo distante e ogni tanto la guardavo... era<br />

brava... Gli occhi, la bocca, i capelli e mentre sulla tela prendeva forma il volto<br />

della sua bambina le mani iniziavano a tremarle e gli occhi si riempivano<br />

di lacrime... L’ho chiamata in un’altra stanza. Mi ha guardata fisso e mi ha<br />

detto soltanto...‘Tu sai vero che io ho ucciso la mia bambina?’ Quella donna<br />

non piangeva da tanto tempo. Non ho mandato il disegno al concorso anche<br />

se era molto bello. La donna voleva che quello fosse soltanto suo.”<br />

Dietro ogni disegno una piccola storia. “Alcuni pazienti sono appena in<br />

grado di tenere in mano una matita. Non propongo un metodo. Per loro è<br />

importante pensare di poter realizzare qualcosa.”<br />

È il caso di Moana. Un nome che sembra uscito da una rivista per soli uomini<br />

e che suona beffardo su di lei.Una montagna di carne in due metri di ragazza.<br />

Una bambina cresciuta senza armonia. Ha i capelli biondi, ritti sulla<br />

testa. Gli occhi sono grandi e azzurri, ancora più sproporzionati, come la<br />

bocca che riesce appena a muovere nella faccia piena articolando poco più<br />

che suoni. Moana ha, a guardarla bene, un’età indefinibile, 18, 20 o 30 anni.<br />

Ma sta male da quando era adolescente e la sua mente sembra essersi fermata<br />

lì, all’orrore di quello che deve aver subito e nascosto. Poco prima che io<br />

entrassi nel laboratorio ha avuto una crisi. Gli occhi le si sono rivoltati all’insù,<br />

come fuori dalle orbite, e faceva un po’ paura, grande come è in un corpo<br />

del quale non sembra rendersi conto, visto che è lei, dentro, ad avere tanto<br />

terrore. Non è stato facile calmarla. Così Silvana ha scelto un modo che mi è<br />

sembrato buffo. Ha messo su un disco, una canzone di Pupo: “è il suo can-<br />

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