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Mitra & mandolino IMPAG. - Gaffi

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nessuna pretesa di analisi o di terapia in quello che faccio. A volte sono loro<br />

stessi a dirti che cosa hanno voluto esprimere e sono colloqui tra me e loro.<br />

Intimi. Li incoraggio. Si crea un rapporto di fiducia e chiedono di non essere<br />

traditi.”<br />

Alcuni disegni sono davvero belli, come quelli di una ragazza dai capelli<br />

lunghi che parla lentamente quasi volesse ricostruire una vita che di calma<br />

deve averne avuta davvero poca. Ci tiene a farmi vedere i suoi progressi. Ha<br />

iniziato a dipingere quando era in carcere qualche anno fa tanto per passare<br />

il tempo. Poi quando è arrivata qui da Silvana ha iniziato anche a studiare la<br />

storia dell’arte.“Vedi…” mi dice mostrandomi una immagine che non riesco<br />

a decodificare “questo è uno dei primi che ho fatto! Non mi piace tanto...<br />

Guarda qui invece… che progressi.” Ci sono disegni nei quali la realtà è<br />

scomposta in infinite angolature. Prospettive sconosciute e insolite, come se<br />

gli occhi dei folli potessero entrare in un altro modo dentro le cose. Mi chiedo<br />

se la mente di una persona normale riesce a percepire quest’altra realtà.<br />

Poi ci sono i folletti di Cleo, o i demoni, i fantasmi, i mostri, dettati dal suo<br />

inconscio.Anche lei mi fa vedere le tele. Dispone i disegni su un tavolo muovendo<br />

le belle mani con gesti rotondi, stranamente armoniosi. Commenta:<br />

“qui stavo bene... Qui stavo un po’ male... qui stavo molto male...”e mi sembrano<br />

definizioni spicciole dinanzi a quello che ho davanti. Un vortice di<br />

pennellate. Cleo usa i colori in modo curioso. In un centimetro sembra ne<br />

abbia spalmati mille e l’effetto è di un mondo a strati, come se le emozioni<br />

venissero fuori sovrapposte le une alle altre, infinite. Qualche volta, vicino al<br />

titolo, aggiunge pensieri e poesie.<br />

“Non chiedo mai alle persone che vengono qui quale reato hanno commesso”<br />

racconta Silvana, “non mi interessa. Ma ho imparato a capire che<br />

spesso le mamme che hanno ucciso i loro figli si esprimono per simboli. Disegnano<br />

cuori, ponti. Usano colori intensi. Qui dentro il dolore esplode in<br />

mille modi e mi sento vicina a loro ma non intervengo. Lascio fare. Ognuno<br />

deve trovare la propria strada espressiva. Sono sprazzi di luce nell’oscurità<br />

della loro sofferenza. Alcuni vivono la pittura come un atto liberatorio. A<br />

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