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Mitra & mandolino IMPAG. - Gaffi

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Gli artisti<br />

A Castiglione lo chiamano l’atelier degli artisti e il nome può sembrare<br />

pretenzioso. È una sala, tavoli di legno e barattoli di colori, così tanti che si fa<br />

fatica a starci dentro. Lungo le pareti cavalletti colmi di tele. Su una c’è il ritratto<br />

di un signore d’altri tempi in giacca, cravatta e bombetta. Tutto scuro.<br />

Sembra un personaggio autorevole, forse Freud?, ma ha le sopracciglia grosse<br />

e lo sguardo che incute timore. Un padre severo al quale dare del voi.<br />

Nell’atelier ci sono loro, i pazienti. Uomini e donne, seduti l’uno accanto<br />

all’altro. Immersi nel loro mondo. E c’è Silvana Crescini la signora bionda<br />

che ha insegnato ai pazzi a disegnare. Ha una tempra d’acciaio, dietro lo<br />

sguardo dolce, e racconta storie di oltre quindici anni di scoperte. Per lei è<br />

stata una scelta di vita. Disegnava fin da piccola, modellava bambole con<br />

pezzi di legno che poi colorava e animali che prendevano forma con il fil di<br />

ferro. Poi l’accademia delle belle arti e le prime mostre. Lavorava nella segreteria<br />

di un ospedale della zona quando il direttore di quello che veniva ancora<br />

considerato il “manicomio criminale” le chiese se aveva voglia di far dipingere<br />

i pazienti. I pazzi, si è sempre detto, sono creativi ma Silvana non<br />

avrebbe mai immaginato di scegliere di restare con loro per vederli imbrattare<br />

le tele di spruzzi, macchie, puntini e pennellate sataniche. Racconta la<br />

prima volta nel vecchio ospedale psichiatrico al centro del paese:“Si presentarono<br />

all’appuntamento in trenta e certo erano strani. C’era chi indossava<br />

una mascherina contro l’inquinamento, chi stringeva un peluche, chi mi<br />

fissava con occhi sbarrati sin quando una donna, si chiamava Aurora, il<br />

trucco pesante e i vestiti stravaganti aprì un quaderno che teneva stretto sotto<br />

il braccio e si mise a declamare una sua poesia. Parlava d’amore e di nostalgia...<br />

Ecco è cominciato tutto così. Ho lasciato il mio lavoro amministrativo<br />

e non me ne sono più andata dall’ospedale psichiatrico.”<br />

All’inizio Silvana insegna ai pazienti a fare murales, grandi opere collettive.<br />

Poi piano piano li lascia liberi di creare quelle che lei chiama le figure della<br />

loro anima. Le emozioni più profonde, le paure, la solitudine.“No,non c’è<br />

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