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Le lacrime continuano a scendere. Volge lo sguardo lontano, ha vergogna<br />
di tutto questo. La bocca le si serra in una smorfia. Trattiene fiele e dolore.<br />
Sin quando, atroce, esplode in un grido.“Io dico… maledetto quello che mi<br />
ha salvata”.<br />
Vivere nella sofferenza<br />
A volte non è facile convivere con il dolore che lascia piaghe e strappa via<br />
lembi di pelle. Penso a quelli che sono chiamati a curarle quelle piaghe. Che<br />
hanno il compito di capire quanto sono purulente e se possono infettare il<br />
resto del corpo. Devono sapere come avvicinarsi, toccare, sentire l’odore,<br />
provare pietà, passione, tenerezza. Essere umani non freddi operatori in camice<br />
bianco. E devono farcela.<br />
Per Antonino Calogero, il direttore che ha trascorso trenta anni a Castiglione,<br />
ci sono una infinità di ricordi. Suoni, voci, grida nella notte e risate<br />
aspre di follia. Quanto è lungo il nastro della memoria? Quante immagini<br />
può contenere?<br />
Le donne di Castiglione le ha impresse su quel nastro, una ad una. Le ha<br />
viste sfilare dinanzi ai suoi occhi, anno dopo anno. Simona, Manuela, Anna.<br />
Francesca che aveva all’epoca quaranta anni, due figlie grandicelle e un<br />
maschietto di tre anni e si era convinta che il bambino fosse malato e avrebbe<br />
sofferto e per proteggerlo lo aveva lasciato a galleggiare nella corrente di<br />
un canale. Angela che ha soffocato il figlio di due anni con un cuscino per<br />
vendicarsi del marito che le sembrava freddo e distante. Margherita che ha<br />
dipinto un quadro nel quale è ritratta una madre con un bimbo in grembo.<br />
Il bimbo che ha lasciato cadere dalle sue braccia affacciandosi dal balcone.<br />
La ragazza che ha ucciso il figlioletto per paura che il marito ne abusasse. Ci<br />
sono immagini che scavano solchi più profondi. Hanno colori più cupi,<br />
stridono. O fanno semplicemente più male per ragioni che conosciamo<br />
soltanto noi.<br />
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