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Mitra & mandolino IMPAG. - Gaffi

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sussultava nel letto, si ripiegava su se stessa, piangeva con i singhiozzi, si svegliava<br />

e, poverina, si riaddormentava e ricominciava daccapo quello stesso<br />

brutto sogno che la rendeva inquieta e pareva stare lì sospeso ad aspettarla…<br />

Così la mattina dopo a esser sinceri Maria Grazia ‘ciatuzzu’, che in dialetto vorrebbe<br />

dire qualcosa come tesoro, più che serena doveva essere stremata. Pensava<br />

e rimuginava come può fare una bambina di quattro o cinque anni, e quando<br />

i pensieri le sembravano troppo grandi, troppo faticosi gridava “ohi, ohi, mi<br />

fa male la testa, voglio la coca cola…”. Poi quando nemmeno la coca cola riusciva<br />

a farle passare quello stordimento che agli occhi degli zii la faceva apparire<br />

tanto buona, trovava la forza di dirsi che tanta confusione doveva dipendere<br />

dalla febbre e che insomma “va bene, la prossima volta che vado alla plaia con<br />

gli zii, esco dall’acqua quando le mani diventano tutte bianche e molli, il costume<br />

bagnato lo cambio, sto con la testa al sole così i capelli si asciugano e visto<br />

che la zia si è arrabbiata tanto non vado da quel signore a dirgli che si è fatto la<br />

pipì sotto.”<br />

Così ragionava Maria Grazia bambina cercando di cacciare via i suoi fantasmi,<br />

la signora del sogno che emetteva lampi dal viso, e un altro brutto pensiero<br />

che le era venuto alla mente. Si vedeva piccina in una stanza tutta diversa da<br />

quella dove stava ora. C’erano tanti specchi, lucidi lucidi e lei si guardava. La<br />

faccetta buffa, la gonnellina blu a pieghe, la camicetta con il pizzo bianco, i calzini<br />

con il fiocco. Le scarpe con il cinturino nere di vernice. Lei faceva smorfie e<br />

si studiava. Allargava la bocca come la rana grande, tirava la lingua in su per<br />

vedere se arrivava al naso e ancora la spostava da un angolo all’altro della bocca<br />

rendendola sottile come un serpentello. Strizzava gli occhi. Si dondolava al<br />

ritmo di una canzoncina “ma quanto sono bella madama Dorè, ma quanto sono<br />

bella…” Si ricordò che lo specchio doveva essere nient’altro che lo sportello<br />

dell’armadio. C’era la chiave. Lo aprì e iniziò a guardarsi con lo sportello socchiuso<br />

tanto per vedere com’era la metà del suo corpo. Lo apriva e lo chiudeva.<br />

Sempre più veloce facendo la linguaccia a se stessa ogni volta che riusciva a<br />

specchiarsi. E lo riapriva e lo richiudeva. Fin quando lo sportello, un po’ vecchiotto,<br />

strattonato, venne giù. Maria Grazia vide il vetro infrangersi, pezzi<br />

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