Mitra & mandolino IMPAG. - Gaffi

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30.05.2013 Views

della centrifuga.“Ho fatto il mio bucato” balbetta ai familiari atterriti “e ora devo portare a letto Vittoria la mia bambina”. Ma Vittoria era dentro la lavatrice. Loretta soffriva da qualche tempo di depressione. Dalla morte del padre,Vittorio e così era stato scelto quel nome per la sua secondogenita. Aveva fatto una visita dallo psichiatra. “Signora niente di grave è solo una tristezza passeggera. Forse è molto stanca… le prescrivo qualche medicina e presto passerà.” Aprile 2001. Inzago, un paese in provincia di Milano. Una donna soffoca il figlioletto di diciannove mesi e si impicca a una trave sul soffitto. Gennaio 2001 a Taranto. Una casalinga di ventisette anni uccide il figlio di pochi mesi con un cuscino premuto sul volto. La sua mano è rimasta ferma sulla bocca del bambino pochi minuti. Il tempo sufficiente per togliergli il respiro. Poi è corsa dal parroco in paese gridando:“non ce la facevo più… piangeva, piangeva… avevo bisogno di stare in silenzio.” Dicembre 2001 a Vittuone in provincia di Milano. Una donna di 40 anni uccide la figlia di sette anni infilandole un sacchetto di plastica sulla testa e serrandolo al collo con i suoi collant di nylon, poi si siede sul divano aspettando l’arrivo del marito.Agosto 2000, in provincia di Caserta. Una maestra di 36 anni, Anna Pendolino, si uccide con le tre figlie di sei, due e un anno, saturando l’interno della macchina con i gas di scarico. Aprile del 1997. A Foggia Anna Maria Colecchia, 35 anni. Soffriva da tempo di crisi depressive. Strangola i due figli di cinque e otto anni e in un rituale macabro mette i loro corpi su un lettino con le mani giunte e si uccide impiccandosi. Quanti altri racconti potremmo aggiungere? Gli esperti dicono che i crimini in famiglia sono aumentati di sei volte in soli cinque anni. Basta accendere la televisione. Seduti a tavola all’ora di cena abbozziamo un sorriso rassicurante verso i nostri figli che fanno finta di non sentire le notizie.Lo sguardo basso sulla pastasciutta. Gli occhi che nascondono quel tarlo. Si chiedono muti “mia madre e mio padre potrebbero farmi del male?”Ci chiediamo mute, prese da improvvise paure,“potremmo mai fare del male ai nostri figli?” 46

Domande assillanti. Che cosa sta accadendo in questo folle mondo, dove l’omicidio di un figlio viene presentato come una sorta di malattia contagiosa? Forse la verità è che non è cambiato nulla. La malattia c’è stata sempre, anche nel passato, quando la televisione non entrava nelle case, avida per frugare nelle vite. Un bambino cadeva inspiegabilmente dalla culla, da un balcone… Incidenti si diceva… “poveretta l’ha trovato soffocato nella culla. Forse un rigurgito… il latte gli è andato di traverso… che disgrazia ha avuto un capogiro mentre lo teneva in braccio… aveva perso anche l’altro figlio... E non si è mai saputo come …” Di bisbiglio in bisbiglio le comari, nelle cronache vere di paese, sussurravano mezze parole, dure come pietre: “sai l’Assuntina… quella che abita in fondo alla piazza… povera donna… non ci stava più con la testa… il medico le aveva detto che doveva mangiare. Era troppo magra e piangeva sempre... forse per questo le è caduto il bambino dal balcone…” Ma la sofferenza restava arroccata tra quelle quattro mura. Case buie, dove le tende non si aprivano mai. Il dolore mai lenito, amaro, una solitudine senza fine. Una verità mai raccontata e la vergogna. Mariti cupi dagli occhi sfuggenti per non vedere. E per le madri, sopravvissute ai loro figli, quelle che non sono riuscite a morire, il devastante cammino alla ricerca di un perché. Svegliarsi dal black out significa rientrare nell’incubo. Ci vogliono cure, infinite carezze, e crisi, lacrime, echi che rimbombano. Voci buone che scacciano i demoni. Una lotta feroce. Ci vuole la forza di sopravvivere a chi era nel tuo grembo. L’orrore più grande. Non ho chiesto ai medici di Castiglione quante ce la fanno. Un giorno, quella stessa estate al sud, la zia Raffa e lo zio Gasparotto avevano deciso per la prima volta di portare Maria Grazia al mare, sottraendola perciò al rito della passeggiata con il nonno e all’abbuffata di caramelle nella bottega di Turi. 47

della centrifuga.“Ho fatto il mio bucato” balbetta ai familiari atterriti “e ora<br />

devo portare a letto Vittoria la mia bambina”. Ma Vittoria era dentro la lavatrice.<br />

Loretta soffriva da qualche tempo di depressione. Dalla morte del padre,Vittorio<br />

e così era stato scelto quel nome per la sua secondogenita. Aveva<br />

fatto una visita dallo psichiatra.<br />

“Signora niente di grave è solo una tristezza passeggera. Forse è molto<br />

stanca… le prescrivo qualche medicina e presto passerà.”<br />

Aprile 2001. Inzago, un paese in provincia di Milano. Una donna soffoca<br />

il figlioletto di diciannove mesi e si impicca a una trave sul soffitto. Gennaio<br />

2001 a Taranto. Una casalinga di ventisette anni uccide il figlio di pochi mesi<br />

con un cuscino premuto sul volto. La sua mano è rimasta ferma sulla bocca<br />

del bambino pochi minuti. Il tempo sufficiente per togliergli il respiro.<br />

Poi è corsa dal parroco in paese gridando:“non ce la facevo più… piangeva,<br />

piangeva… avevo bisogno di stare in silenzio.”<br />

Dicembre 2001 a Vittuone in provincia di Milano. Una donna di 40 anni<br />

uccide la figlia di sette anni infilandole un sacchetto di plastica sulla testa e<br />

serrandolo al collo con i suoi collant di nylon, poi si siede sul divano aspettando<br />

l’arrivo del marito.Agosto 2000, in provincia di Caserta. Una maestra<br />

di 36 anni, Anna Pendolino, si uccide con le tre figlie di sei, due e un anno,<br />

saturando l’interno della macchina con i gas di scarico.<br />

Aprile del 1997. A Foggia Anna Maria Colecchia, 35 anni. Soffriva da<br />

tempo di crisi depressive. Strangola i due figli di cinque e otto anni e in un<br />

rituale macabro mette i loro corpi su un lettino con le mani giunte e si uccide<br />

impiccandosi.<br />

Quanti altri racconti potremmo aggiungere? Gli esperti dicono che i crimini<br />

in famiglia sono aumentati di sei volte in soli cinque anni. Basta accendere<br />

la televisione. Seduti a tavola all’ora di cena abbozziamo un sorriso rassicurante<br />

verso i nostri figli che fanno finta di non sentire le notizie.Lo sguardo<br />

basso sulla pastasciutta. Gli occhi che nascondono quel tarlo. Si chiedono<br />

muti “mia madre e mio padre potrebbero farmi del male?”Ci chiediamo mute,<br />

prese da improvvise paure,“potremmo mai fare del male ai nostri figli?”<br />

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