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Indossa una bella maglietta azzurra, i pantaloni blu. È magrissima. Ha i<br />
capelli scuri tagliati alla maschietto, un ciuffo dritto sulla fronte che la fa<br />
sembrare quasi una bambina, una monella capricciosa disegnata dalla fantasia<br />
di uno scrittore di racconti per adolescenti. Un personaggio buffo e dispettoso.<br />
Ma gli occhi, gli occhi scuri, sono già umidi. Ha pianto. Di Manuela,<br />
ancora prima di sprofondare nel suo dramma, mi colpisce proprio la fragilità<br />
dello sguardo. È seduta davanti a me, le due poltrone così vicine che le<br />
nostre ginocchia quasi si sfiorano, ma i suoi occhi continuano a fuggire verso<br />
un punto che passa esattamente sopra la mia testa, verso la finestra e inseguono<br />
un orizzonte lontano che per lei è un approdo. Soltanto qualche volta<br />
riuscirà a guardarmi davvero, a raggiungermi e a sintonizzarsi. Come<br />
quando per troncare il terribile imbarazzo dell’incontro, le chiedo se guarda<br />
la televisione… se vuole potrà vedermi qualche volta… ma non ho telecamere<br />
e di certo non scatterò foto. Non sono un nemico e non voglio farle del<br />
male. E allora abbozza un sorriso e mi racconta che a Castiglione tutti possono<br />
vedere la tv e scegliere i programmi che desiderano anche quando le<br />
cronache sono terribili, come il delitto del piccolo Samuele a Cogne e altre<br />
storie di madri assassine.<br />
Le racconto anche altro di me. Della mia vita. Della mia famiglia. Le dico<br />
che ho una bambina, anzi una ragazzina. Lei piega appena la testa, lo sguardo<br />
ha un barlume… dice:“davvero? Lei sembra così giovane…”<br />
Le chiedo di fidarsi e non mi sentirò in colpa quando, in modo naturale,<br />
la nostra conversazione si spingerà sino all’abisso, violando il patto da me<br />
stretto con il dottor Gradante di limitarmi a un colloquio generico. Non sul<br />
“fatto”.<br />
Manuela se ne sta con la borsetta rosso bordeaux sulle gambe e da quella<br />
borsetta poi tirerà fuori il libro che, mi racconta, sta leggendo in quei giorni.<br />
Perros de Espana di Fabrizio Dentice. “Vede” mi dice sfogliandolo<br />
“è un libro divertente. Ci sono storielle su un tizio che deve fotografare alcuni<br />
cani per un concorso.”<br />
“Ma riesce a concentrarsi, a leggere?” le chiedo.<br />
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