Mitra & mandolino IMPAG. - Gaffi
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soldi e vivono bene, come in molte cittadine dell’alto mantovano, dove un tempo governavano i Gonzaga. Lo stemma del vecchio Comune riproduce un cane che si alza sulle zampe posteriori in segno di fedeltà al suo signore. Si respira aria pulita. Tutto è ordinato. Non c’è sporcizia nelle strade. La gente da queste parti, a Castiglione vi sono circa sedicimila abitanti, ha sempre conosciuto i matti. Il vecchio ospedale psichiatrico era stato costruito a fine ottocento proprio dentro il paese. Muri alti e torvi che ancora oggi sono in piedi, forse diventeranno miniappartamenti in un residence di lusso, ma a guardarli fanno tristezza. Erano i tempi della psichiatria che non dava speranze ai malati. Chi entrava non usciva. Ed entravano a decine, anzi a centinaia, perchè si nasceva folli o al massimo la follia, spiegavano i medici, tardava soltanto a manifestarsi come un marchio impresso a fuoco sulla pelle. A Castiglione ne erano rinchiusi oltre mille in stanze che dovevano essere simili a gabbie. La bestia della follia ben sigillata a un passo dal mondo! E l’ospedale rappresentava una fonte di reddito della zona perchè in tanti avevano un componente della famiglia al lavoro tra le mura. Medici, infermieri, assistenti, cuochi o addetti alle pulizie. C’era un gran da fare. Nei racconti di paese i matti venivano usati, a seconda delle esigenze, per suscitare timore o per far sorridere. C’erano aneddoti, storie vere o inventate, tenere e buffe. Si raccontava di Giuseppe, il figlio della Lella che fino al giorno prima sembrava normale poi una mattina si era svegliato, si era seduto sul letto ed era tornato bambino. Disegnava solo case zeppe di comignoli ! O di Mattia. La bocca che rideva sempre, un ghigno più che altro, anche se c’era poco da stare allegri. Di Donato, appena un ragazzo. Quando stava seduto ballava e saltava, movimenti frenetici, che facevano sussultare anche chi gli stava davanti. Smetteva all’improvviso e si metteva a seguire con lo sguardo la scia invisibile di una mosca o quello che poi si rivelava un pensiero… diceva:“da grande diventerò un brav’uomo”. Le mamme di Castiglione, quando i bambini facevano troppi capricci, non avevano scrupoli… “guarda che se sei cattivo finisci lì dentro... In castigo!” E la minaccia funzionava, eccome! Meglio della storia dell’uomo nero 16
alla quale già non credeva più nessuno. Quando il sole spariva dentro al lago risate e lamenti diventavano grida di corvi impazziti che andavano a popolare di incubi il riposo della pacifica gente di Castiglione. Un giorno il grande ospedale che dava da vivere a tante persone è stato chiuso ed è nato poco distante il piccolo Castiglione. Meno guadagni. L’indifferenza e a volte il fastidio. “En po de pé,non ne possiamo più… ades ghe trop,forse ce mei che vaghes a casa so…” sbraitano i più intolleranti. “Non ne possiamo più… è meglio che ognuno torni a casa sua…” Il fatto è che alcuni pazienti, terminato il programma di recupero, si stabiliscono per sempre in paese. Sono nati altrove ma scelgono di rimanere nel luogo nel quale sono stati curati forse perchè non hanno altro. Il Comune assegna agli ex malati alcuni miniappartamenti ma negli ultimi consigli comunali è stata guerra. La realtà ha sempre mille facce e c’è anche quella migliore. Al bar in paese raccontano dei tornei di bocce ai quali da tre anni partecipano anche i cittadini di Castiglione. La sfida è normali contro matti, ovviamente. E si divertono. Spesso vincono i matti. Ci sono scherzi e risate all’ombra del grande parco che arriva su in cima alla rocca.Il torneo va avanti per giorni,si fa amicizia, si impara ad avere meno paura della follia. Ma non è l’unica occasione di incontro tra la gente del posto e i reclusi. Un paio di volte alla settimana i pazienti che stanno meglio escono con gli educatori. Una passeggiata per piccoli acquisti o soltanto per mescolarsi alla vita degli altri. Quelli che stanno bene. Li vedi arrivare in paese, a piccoli gruppi, cinque, dieci persone. Anche la banalità può diventare una festa. Si guardano intorno, marziani sbarcati sul pianeta terra, camminano incerti, il respiro affannoso, ingoiano fette di vita, per gli altri usuale. C’e una signora anziana nella piazza. Si arrabbia con il cane che tira il guinzaglio e gli parla come se potesse rispondere. Strepita una moto che sbuca dal vicolo. È rossa e lucida, l’ultimo modello… Il pilota è poco più che un ragazzo, giubbino di marca, grinta da centauro. Hanno soldi i giovani da queste parti. Arriva il 17
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alla quale già non credeva più nessuno. Quando il sole spariva dentro al lago<br />
risate e lamenti diventavano grida di corvi impazziti che andavano a popolare<br />
di incubi il riposo della pacifica gente di Castiglione.<br />
Un giorno il grande ospedale che dava da vivere a tante persone è stato<br />
chiuso ed è nato poco distante il piccolo Castiglione. Meno guadagni. L’indifferenza<br />
e a volte il fastidio.<br />
“En po de pé,non ne possiamo più… ades ghe trop,forse ce mei che vaghes<br />
a casa so…” sbraitano i più intolleranti. “Non ne possiamo più… è meglio<br />
che ognuno torni a casa sua…”<br />
Il fatto è che alcuni pazienti, terminato il programma di recupero, si stabiliscono<br />
per sempre in paese. Sono nati altrove ma scelgono di rimanere<br />
nel luogo nel quale sono stati curati forse perchè non hanno altro. Il Comune<br />
assegna agli ex malati alcuni miniappartamenti ma negli ultimi consigli<br />
comunali è stata guerra.<br />
La realtà ha sempre mille facce e c’è anche quella migliore. Al bar in paese<br />
raccontano dei tornei di bocce ai quali da tre anni partecipano anche i cittadini<br />
di Castiglione. La sfida è normali contro matti, ovviamente. E si divertono.<br />
Spesso vincono i matti. Ci sono scherzi e risate all’ombra del grande<br />
parco che arriva su in cima alla rocca.Il torneo va avanti per giorni,si fa amicizia,<br />
si impara ad avere meno paura della follia.<br />
Ma non è l’unica occasione di incontro tra la gente del posto e i reclusi.<br />
Un paio di volte alla settimana i pazienti che stanno meglio escono con gli<br />
educatori. Una passeggiata per piccoli acquisti o soltanto per mescolarsi alla<br />
vita degli altri. Quelli che stanno bene. Li vedi arrivare in paese, a piccoli<br />
gruppi, cinque, dieci persone. Anche la banalità può diventare una festa. Si<br />
guardano intorno, marziani sbarcati sul pianeta terra, camminano incerti, il<br />
respiro affannoso, ingoiano fette di vita, per gli altri usuale. C’e una signora<br />
anziana nella piazza. Si arrabbia con il cane che tira il guinzaglio e gli parla<br />
come se potesse rispondere. Strepita una moto che sbuca dal vicolo. È rossa<br />
e lucida, l’ultimo modello… Il pilota è poco più che un ragazzo, giubbino di<br />
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