Mitra & mandolino IMPAG. - Gaffi

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30.05.2013 Views

Troppo verde per essere vero. Un risveglio potente ed eccessivo della natura. Un quadro senza sfumature. Perfetto. Uno schiaffo al dolore, ho pensato, talmente violento da far scoppiare la testa. È a Castiglione che sono andata a cercare la follia e il suo volto più inaccettabile. Quello delle madri che hanno ucciso i loro figli. La notte precedente al mio viaggio avevo fatto un sogno. Una sala cupa, gremita di gente in abiti di altre epoche. Voci di contadini e sudore rancido, fiati di bocche affamate, corpi a premere l’uno sull’altro per tentare di scorgere nel fondo la Corte, un tavolo altissimo e seduti i giudici col mantello nero, uomini senza volto, presenze severe, immobili statue, custodi inflessibili di quel che è giusto e di quel che è sbagliato. Delle donne avanzavano verso la Corte, i vestiti stracciati, i piedi nudi e sporchi di terra, gli occhi bassi, impaurite. Già sottomesse al verdetto: “colpevole…”, rimbombava una voce nell’aula e il popolo esultava in delirio, invasato.“Avanti un’altra… colpevole… colpevole...” incitavano uomini e donne tra urla e risa, un gioco crudele. Sino a che una donna dai lunghi capelli neri corvino, come di seta, provò ad alzare lo sguardo. Gli occhi erano cerchiati di viola. Imploravano pietà, e la bocca tentava di articolare parole.Voleva, la povera donna, spiegare qualcosa… la folle attonita, colpita da tanta impudenza, rimase in silenzio per qualche secondo. Ma cosa avrebbe mai potuto dire la sciagurata? “Assassina!” gridò d’un tratto un uomo. E subito si ruppe l’incanto. “Assassina!” presero tutti a urlare. Un boato incontenibile. Chiedevano sangue, orde fameliche convenute per un rito disumano. La donna del sogno non poté mai raccontare il dolore che aveva dentro. La casa Castiglione è un ospedale psichiatrico giudiziario. Una volta si sarebbe chiamato manicomio criminale. Le differenze con quel nome che fa paura sono poche e tante allo stesso tempo. La prima, decisiva, è che non ci sono 12

agenti penitenziari. È l’unico ospedale psichiatrico in Italia nel quale lavorano soltanto medici e infermieri. Il personale dipende dal ministero della sanità e dagli enti locali. Come in un manicomio criminale però chi entra a Castiglione ha commesso un reato ed è stato ritenuto incapace di intendere e di volere. Il magistrato può comunque disporre il ricovero provvisorio anche quando la persona accusata è in attesa di giudizio se c’è il sospetto di una malattia mentale. Gli uomini a Castiglione sono in media centocinquanta. Ma solo uno, tra quelli ricoverati al mio arrivo, aveva ucciso il proprio figlio. Non ho saputo il suo nome ma ha poca importanza. Anche quell’uomo del resto non ricorda la sua storia e il delitto che ha, senza alcun dubbio, commesso. Vive in un mondo fino ad ora inaccessibile. Le donne sono una cinquantina. Ogni settore ha il nome di un fiore. La triste contabilità delle madri assassine era ferma quel giorno a sei. Castiglione è l’unico ospedale psichiatrico giudiziario in Italia a ospitare le madri che hanno ucciso i loro figli. Per questo nell’ immaginario collettivo, negli articoli dei giornale e nelle cronache che sempre più indugiano su queste storie, è soltanto la casa delle mamme assassine. Dopo qualche settimana dai miei incontri ne sarebbe arrivata un’altra, una certa Patrizia, che aveva ucciso il figlioletto chiudendolo in un armadio. E proprio quella notte, nelle ore trascorse nella stanza d’albergo prima di poter parlare con le donne della follia, anche Maria P., una mamma di Lecco, avrebbe iniziato a fare agli inquirenti le prime parziali ammissioni su quanto le era accaduto qualche giorno prima. Avrebbe svelato, anche a se stessa, che nessuno era entrato nella sua casa per imbavagliarla e legarla lasciando il bambino di appena cinque mesi a morire nella vaschetta da bagno. Non erano mai arrivati i rapinatori a rovistare nell’appartamento per portare via chissà che cosa. Nè uomini sconosciuti le avevano lasciato graffi sulla schiena e lividi sul collo.Non c’erano altre presenze nella sua casa. Soltanto lei e le sue mani che premevano il corpo del piccolo, lo spingevano come un bambolotto, sul fondo della vasca. Testimone muta dell’omicidio del suo bambino. 13

agenti penitenziari. È l’unico ospedale psichiatrico in Italia nel quale lavorano<br />

soltanto medici e infermieri. Il personale dipende dal ministero della<br />

sanità e dagli enti locali. Come in un manicomio criminale però chi entra a<br />

Castiglione ha commesso un reato ed è stato ritenuto incapace di intendere<br />

e di volere. Il magistrato può comunque disporre il ricovero provvisorio<br />

anche quando la persona accusata è in attesa di giudizio se c’è il sospetto di<br />

una malattia mentale.<br />

Gli uomini a Castiglione sono in media centocinquanta. Ma solo uno, tra<br />

quelli ricoverati al mio arrivo, aveva ucciso il proprio figlio. Non ho saputo il<br />

suo nome ma ha poca importanza. Anche quell’uomo del resto non ricorda<br />

la sua storia e il delitto che ha, senza alcun dubbio, commesso. Vive in un<br />

mondo fino ad ora inaccessibile. Le donne sono una cinquantina. Ogni settore<br />

ha il nome di un fiore. La triste contabilità delle madri assassine era ferma<br />

quel giorno a sei.<br />

Castiglione è l’unico ospedale psichiatrico giudiziario in Italia a ospitare<br />

le madri che hanno ucciso i loro figli. Per questo nell’ immaginario collettivo,<br />

negli articoli dei giornale e nelle cronache che sempre più indugiano su<br />

queste storie, è soltanto la casa delle mamme assassine.<br />

Dopo qualche settimana dai miei incontri ne sarebbe arrivata un’altra,<br />

una certa Patrizia, che aveva ucciso il figlioletto chiudendolo in un armadio.<br />

E proprio quella notte, nelle ore trascorse nella stanza d’albergo prima di poter<br />

parlare con le donne della follia, anche Maria P., una mamma di Lecco,<br />

avrebbe iniziato a fare agli inquirenti le prime parziali ammissioni su quanto<br />

le era accaduto qualche giorno prima. Avrebbe svelato, anche a se stessa, che<br />

nessuno era entrato nella sua casa per imbavagliarla e legarla lasciando il<br />

bambino di appena cinque mesi a morire nella vaschetta da bagno. Non erano<br />

mai arrivati i rapinatori a rovistare nell’appartamento per portare via<br />

chissà che cosa. Nè uomini sconosciuti le avevano lasciato graffi sulla schiena<br />

e lividi sul collo.Non c’erano altre presenze nella sua casa. Soltanto lei e le sue<br />

mani che premevano il corpo del piccolo, lo spingevano come un bambolotto,<br />

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