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Mitra & mandolino IMPAG. - Gaffi

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tar via! Proviamo ad accendere il sole in questo cielo plumbeo. Uno sguardo<br />

ottimista è già un buon passo per uscire dalla depressione.”<br />

Scrive invece Paola raccontando una sua giornata no:“il mattino è il tempo<br />

più accogliente per le visite di lucifero-stanchezza: andar su e giù per i reparti<br />

con le gambe pesanti, frutto della terapia. La terapia fa scoppiare la testa<br />

e chiudere gli occhi. Devi essere sveglio presto mentre vorresti dormire<br />

ancora fino alle dieci, quando si chiudono le camere fino all’ora di pranzo.<br />

Nel frattempo non c’è nulla da fare. Prima d’ora io non fumavo una sigaretta,<br />

qui ho subito il contagio dei fumatori. Soffocati, fumano fino a saturare<br />

lo spazio della camera a disposizione dei fumatori. E così questo animale<br />

compresso nella noia ha preso a saturare il tempo fumando.”<br />

Sul giornalino trovo un lungo scritto di Manuela, la donna che ha ucciso<br />

la sua bambina a coltellate. È una riflessione consapevole sulla vita nell’ospedale<br />

psichiatrico.<br />

Questa volta Manuela ha scelto un altro pseudonimo. Violetta. Mi spiegherà<br />

un giorno che le piace giocare con i nomi di fiori in assonanza con il<br />

suo vero nome.<br />

Racconta di essere arrivata in ospedale psichiatrico dopo aver trascorso<br />

quaranta giorni nel reparto detenuti dell’ospedale maggiore di Torino. “Lì<br />

stavo tutto il tempo in una stanzetta chiusa da un cancelletto a sbarre e per<br />

andare al gabinetto dovevo farmi aprire… poi sono stata trasferita agli arresti<br />

domiciliari in una casa di cura... Mi sentivo a disagio e avevo paura di essere<br />

giudicata. Poi finalmente è arrivato il posto giusto per me. Qui all’ospedale<br />

psichiatrico sono sempre stati molto disponibili quando ho avuto momenti<br />

di crisi,ma non è un posto dove ti lasciano a leccarti le ferite.Devi reagire,<br />

a parte le persone inabili, bisogna provvedere a se stessi, alla propria<br />

igiene. Adesso partecipo ad alcune attività. Certo all’arrivo il fatto che mi<br />

hanno preso le impronte digitali e fatto le foto segnaletiche mi ha ricordato<br />

che non sono una persona libera...Mi pesa la lontananza dai miei cari...Spero<br />

di essere pronta in breve tempo a riaffrontare il mondo fuori di qui con la<br />

consapevolezza che dovrò essere più forte di prima... Il mio medico ha det-<br />

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