Isgrò, aforismi e intervista - Gruppo bancario Credito Valtellinese
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<strong>Isgrò</strong> – i “particolari<br />
ingranditi n volte” –<br />
fanno sparire l’oggetto<br />
dell’analisi per eccesso di<br />
approfondimento.<br />
“Emilio Isgro’ (sotto<br />
l’albero) medita sul destino<br />
del Vecchio Continente” è il<br />
testo verbale di un’opera<br />
del 1969: dall’inizio della<br />
sua avventura non ha fatto<br />
altro che stare sotto<br />
quell’albero.<br />
Un semiologo usa la parola<br />
cercando di definirne<br />
esattamente gli ambiti, un<br />
poeta usa la parola in modo<br />
che sfugga ai suoi ambiti:<br />
Emilio <strong>Isgrò</strong> è un poeta.<br />
E. <strong>Isgrò</strong> alla mostra Contemporanea, Roma,<br />
Parcheggio di Villa Borghese, 1973<br />
L’ansia di definire porta alla<br />
tautologia dell’”A uguale<br />
ad A”. Per il timore di<br />
arrivarci, Emilio <strong>Isgrò</strong> non<br />
ci si avvicina nemmeno.<br />
A volte penso che l’opera di<br />
Emilio <strong>Isgrò</strong>, basata sulla<br />
verbalità, tragga la sua<br />
forza da tutti gli elementi<br />
non verbali presenti nel suo<br />
contesto.<br />
Il principale elemento non<br />
verbale presente in tutta<br />
l’opera di Emilio <strong>Isgrò</strong> è la<br />
memoria.<br />
La parola è popolare, la<br />
cancellatura è popolare,<br />
l’immagine è popolare: perché<br />
le opere di Emilio <strong>Isgrò</strong> non<br />
lo sono?<br />
Se si pensa ai luoghi comuni<br />
dell’Arte Concettuale, si<br />
direbbe che l’attitudine<br />
analitica non può coincidere<br />
con una vocazione profetica:<br />
l’opera di Emilio <strong>Isgrò</strong> è lì<br />
a smentire questa credenza.<br />
Quando la parola si<br />
allontana “troppo” dalla<br />
Il nome di Dio, 1996<br />
cm 180x95<br />
acrilico su tela montata su legno.<br />
Courtesy collezione Ambra Gaudenzi, Genova<br />
14<br />
cosa, il rischio è la vuota<br />
astrazione: Emilio <strong>Isgrò</strong><br />
evita questo pericolo grazie<br />
all’immagine mnemonica che<br />
si crea sempre in ogni sua<br />
opera.<br />
L’immagine corroborata dalla<br />
memoria è il territorio<br />
abitato dall’opera di Emilio<br />
<strong>Isgrò</strong>.<br />
La parola corroborata dalla<br />
memoria è il territorio<br />
abitato da Emilio <strong>Isgrò</strong>.<br />
Perché il Seme d’arancia<br />
di Emilio <strong>Isgrò</strong> (1997-<br />
98) dovrebbe essere<br />
un’operazione concettuale<br />
piuttosto che plastica? Per<br />
il cortocircuito che si crea<br />
nella mente pensando a un<br />
vero seme e al suo sviluppo:<br />
da embrione piccolissimo si<br />
trasforma in qualcosa di<br />
grande e di molto diverso,<br />
mentre qui non si trasforma<br />
altro che in se stesso<br />
ingigantito a dismisura. Il<br />
modo migliore per far pensare<br />
alla funzione del seme,<br />
alla sua idea e non alla sua<br />
forma.<br />
Ancora sul Seme d’arancia<br />
di Emilio <strong>Isgrò</strong>: a dispetto<br />
di quanto si dice e si<br />
pensa – anche di ciò che<br />
ho appena detto, e che<br />
purtuttavia mantiene la<br />
sua giustificazione critica<br />
– l’opera non è solo un<br />
lavoro concettuale, ma<br />
anche formale. Ci sono<br />
semi più “belli” di altri,<br />
esattamente come prediligiamo<br />
certe opere di Duchamp<br />
– la ruota di bicicletta