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Isgrò, aforismi e intervista - Gruppo bancario Credito Valtellinese

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potevo fare le mostre. Contemporaneamente percepivo<br />

una forte voglia di fare quello che allora si chiamava<br />

l’impegno politico, ma non nell’accezione in cui dicevi<br />

prima, a proposito dell’impegno dell’arte programmata<br />

a risolvere i problemi di un mondo percettivamente<br />

migliore.<br />

m.m.<br />

Lì l’impegno politico si è risolto in una specie di fallimento: il<br />

connubio arte/industria non ha funzionato, allora si è deciso<br />

di fare la rivoluzione. Il tuo problema era il circuito mentalità/<br />

percezione del mondo/arte, che avrebbe fatto scattare un diverso<br />

concetto del mondo. Anche questo non ha funzionato.<br />

e.i.<br />

…E quando la cosa non ha funzionato non è che mi<br />

sono coperto il capo di cenere.<br />

Torino, 1973.<br />

La mostra Arte Italiana alla Galleria d’Arte Moderna:<br />

un grande libro cancellato e altre opere di <strong>Isgrò</strong> alle pareti.<br />

(Courtesy Galleria d’Arte Moderna, Torino)<br />

m.m.<br />

Cioè non hai fatto autocritica, come si diceva allora, e non hai<br />

smesso di fare l’artista, come qualcuno – pochi, per la verità –<br />

ha fatto.<br />

e.i.<br />

Ho continuato perché ero convinto che l’arte si basasse<br />

su tempi lunghi. Poi sono rimasto conservatore: l’artista<br />

deve essere solo, nella sua cameretta, deve frequentare<br />

certi ambienti il meno possibile.<br />

36<br />

m.m.<br />

Vorrei che in questa parte della nostra chiacchierata parlassimo<br />

più diffusamente di quanto abbiamo già fatto di quella che<br />

era l’atmosfera a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta:<br />

non l’atmosfera politica, di cui abbiamo anche parlato, ma<br />

l’atmosfera per così dire linguistica, quella con cui ti sei<br />

misurato…le persone che sentivi più vicine, le esperienze che<br />

sentivi più stimolanti come confronto.<br />

e.i.<br />

Evidentemente il clima prevalente era quello delle<br />

neoavanguardie più o meno istituzionali, più o meno<br />

istituzionalizzate. Il clima prevalente era quello del<br />

<strong>Gruppo</strong> 63, che fu una avanguardia eminentemente<br />

letteraria, ma che trasborda anche nelle arti visive.<br />

Attorno al <strong>Gruppo</strong> 63 c’erano delle avanguardie<br />

magari meno conosciute, ma ugualmente agguerrite,<br />

come il <strong>Gruppo</strong> 70 di Firenze. Ti sto parlando del<br />

Napoli, 1974.<br />

Telex, libri cancellati,<br />

carte fotografiche e poesie visive<br />

alla Galleria Lia Rumma.<br />

(Courtesy Lia Rumma)<br />

Pagina a fianco:<br />

La ‘q’ di Hegel, 1972<br />

(Courtesy Galerie der Stats Stuttgart)<br />

‘64/’66. È in quel clima che nasce un’esperienza come<br />

la poesia visiva. Gli incontri, poi, erano abbastanza<br />

casuali. Ad esempio, in quel periodo, quando facevo<br />

le prime poesie visive, ero amico di Adriano Spatola,<br />

che faceva una poesia un po’ concretista, un po’ post<br />

surrealista. Spatola lavorava per l’editore San Pietro<br />

di Bologna. Quando gli feci vedere i Titoli di giornale,<br />

lui mi disse di fare un libro e di farlo pubblicare<br />

da San Pietro. La parola poesia visiva già circolava<br />

nell’aria, ma molti ancora la confondevano con la

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