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Isgrò, aforismi e intervista - Gruppo bancario Credito Valtellinese

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creatività è la mia cancellatura. Per molti anni mi portai<br />

questo peso. Per me la poesia visiva era Jacqueline. Tanto è<br />

vero che la chiamavano Poesia Jaqueline, o Poesia Volkswagen.<br />

m.m.<br />

Era quello che genericamente si pensava meno come poesia.<br />

Perché non c’era la poesia.<br />

e.i.<br />

Meno male che l’ho fatta. Almeno era diversa, per<br />

esempio dalle tematiche tecnologiche di Firenze. Loro<br />

facevano i collages, io il collage non lo volevo, perché<br />

non accettavo l’ancoraggio alla Pop. Io volevo fare<br />

qualcosa diverso dalla Pop.<br />

m.m.<br />

Ma mentre in Jacqueline questo è evidente, nella Volkswagen meno.<br />

e.i.<br />

È evidente nel fatto che formalmente c’è il bianco,<br />

il nero, non c’è nessun colore. Il testo e l’immagine<br />

interagiscono. Non è una cosa pop, ma certamente è più<br />

legata a quel tipo di immaginario. La Jacqueline no.<br />

La Volkswagen è del ’64, la Jacqueline del ’65: Non c’era<br />

stato Kosuth, non c’era stato niente. Quei titoli di<br />

giornale sono anche loro ‘64/’65. Le cancellature sono<br />

anche loro del ’64…<br />

Il mio destino fu veramente curioso. Ero nato per fare<br />

un’arte popolare, odiando tutti gli artisti aristocratici, o<br />

che avevano pretese di aristocraticità. Non ho mai voluto<br />

essere un’artista per pochi. Però è andata così, e adesso<br />

ci ho preso gusto. Il mio destino era questo. Speriamo<br />

che non succeda fino in fondo perché a questo punto<br />

non ho più l’età. Ma hai capito qual è il paradosso? Io<br />

non ho mai cercato di essere Emilio <strong>Isgrò</strong>.<br />

m.m.<br />

È il problema della comunicazione: hai sempre detto che non<br />

volevi fare la Pop, che avevi visto il pericolo della Pop…<br />

e.i.<br />

Ho vissuto gli anni Sessanta e Settanta. Adesso si lamentano<br />

tutti dell’invasione mediatica americana. Io vedevo schiere<br />

di artisti imbecilli che marciavano con il passo dell’oca.<br />

m.m.<br />

Però questo appello estremo alla comunicazione non<br />

assomiglia un po’ anche a questa specie di immediatezza della<br />

comunicazione che la Pop metteva in atto?<br />

34<br />

e.i.<br />

In un primo momento ho accettato la comunicazione e i<br />

problemi ad essa connessi così come venivano evidenziati<br />

dalla Pop, poi mi son reso conto col tempo che il mio<br />

discorso era diverso. Insomma mi sono trasformato in un<br />

artista aristocratico, senza volerlo essere.<br />

m.m.<br />

Si potrebbe dire che tu fai un discorso sulla comunicazione,<br />

mentre la Pop fa un discorso di comunicazione.<br />

e.i.<br />

Loro fanno un discorso di comunicazione, io ho fatto un<br />

discorso per una comunicazione più alta.<br />

m.m.<br />

Di fatto per fare questo bisogna svelare i meccanismi del<br />

linguaggio. Cosa che invece la Pop assolutamente non faceva.<br />

Però il problema è che la comunicazione rimane la base di tutto.<br />

Una comunicazione in fondo globale, e la tua vuole esserlo.<br />

e.i.<br />

La Pop faceva comunicazione gareggiando con la società<br />

mediatica. Io non gareggio con la società mediatica.<br />

m.m.<br />

Torniamo sulla tuo volontà di essere popolare e di sfuggire<br />

all’aristocraticismo…<br />

e.i.<br />

Il mio modo di fare arte doveva comunque essere<br />

passibile di una divulgazione ampia. Però, da buon<br />

europeo, non ho mai abbandonato l’idea che essa<br />

doveva crescere con me. Anche con e attraverso la mia<br />

formazione politica.<br />

m.m.<br />

A 27/28 anni, cioè nel 1964-65 la tua formazione politica era<br />

già sviluppata?<br />

e.i.<br />

Si. Avevo una posizione politica. Lavoravo al Gazzettino<br />

che era un giornale non certo conservatore. Ero<br />

considerato comunista, senza esserlo poi. Non sono mai<br />

stato iscritto al PCI, ma ero considerato una specie di<br />

sovversivo. Poi avevo un amico di Trieste, che abitava<br />

vicino a Venezia, un poeta ebreo triestino, che mi fece<br />

leggere Marx, mostrandomene anche i limiti. Però<br />

diciamo che sono sempre stato quello che col tempo

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