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AMMINISTRARE immobili - Anaci

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sone che possano nei loro effetti,<br />

incidere fuori dai confini delle<br />

proprietà esclusive e che, nella<br />

maggior parte,si intendono contenute<br />

nel codice”. Altri ancora<br />

vi scorge la giustificazione nel<br />

fatto che entro una stessa cosa<br />

(edificio) vi confluiscono più<br />

proprietà superficiarie distinte e<br />

confinanti tra loro orizzontalmente.<br />

Secondo noi la ratio<br />

emerge dalla natura giuridica del<br />

condominio: il diritto del singolo<br />

nella sua proprietà esclusiva si<br />

estende sino al punto di incontro<br />

con il diritto sulla parte esclusiva<br />

e su quelle comuni degli altri<br />

partecipanti. La norma non si<br />

riferisce esclusivamente al danno<br />

materiale, inteso come modificazione<br />

della conformazione esterna<br />

o dell’intrinseca struttura, in<br />

una parola della consistenza<br />

materiale della cosa, ma anche<br />

dell’eliminazione o riduzione,<br />

ottenuta mediante influenza dall’esterno,<br />

dell’attitudine della<br />

cosa a servire all’uso o agli usi<br />

cui è destinata.<br />

In tale ultimo caso la tutela<br />

può essere invocata contro le<br />

opere che elidono o riducono<br />

apprezzabilmente una qualsiasi<br />

delle utilità da essa ritraibili, ivi<br />

comprese quelle d’ordine estetico<br />

ed edonistico, purchè la cosa<br />

appaia, per il suo obiettivo<br />

modo di essere, destinata anche<br />

ad esse secondo il comune<br />

apprezzamento sociale e purchè<br />

essi siano economicamente<br />

valutabili, cioè incidano sul<br />

valore economico della cosa<br />

stessa. Al riguardo è dato trarre<br />

argomento dal fatto che anche<br />

nell’uso della cosa comune (art.<br />

1102) il singolo condomino può<br />

spaziare nell’ambito delle utilità<br />

della cosa e persino con opportune<br />

modificazioni accrescerne<br />

<strong>AMMINISTRARE</strong> IMMOBILI<br />

Interventi edilizi da parte di un condomino…<br />

il numero e l’intensità, ma non<br />

può sopprimere quelle esistenti.<br />

Ma anche a voler considerare<br />

più specificamente le relazioni<br />

che intercorrono tra fruizioni<br />

della cosa propria e cosa comune<br />

e, viceversa, fra fruizioni della<br />

cosa comune e cosa di proprietà<br />

esclusiva, non può che trarsi<br />

argomento dall’indirizzo giurisprudenziale<br />

e dottrinale secondo<br />

cui sono vietate le opere<br />

nella proprietà esclusiva, che<br />

interferiscono sulla cosa comune<br />

o sugli interessi della collettività<br />

(immissioni, distanze legali,<br />

decoro architettonico, sicurezza<br />

e stabilità del caseggiato, rapporti<br />

di vicinato). E’ vero che le svariate<br />

controversie che si innestano<br />

a seguito di un provvedimento<br />

abilitativo non possono<br />

essere tutte risolte con le norme<br />

sul vicinato o con il ricorso al<br />

più volte citato art. 1122 c.c., ma<br />

la tutela – anche in mancanza<br />

della clausola de qua – della convivenza<br />

e dei diritti dei condomini<br />

si deve individuare indistintamente<br />

con una interpretazione<br />

evolutiva della normativa<br />

sul condominio, della proprietà<br />

e della responsabilità: “L’interpretazione<br />

è rivolta a combinare<br />

le di-sposizioni del codice civile<br />

con le direttive costituzionali, in<br />

modo che i poteri e le facoltà<br />

inerenti al godimento pieno ed<br />

esclusivo della proprietà vengano<br />

coordinate con le ragioni<br />

della solidarietà e della correttezza<br />

dovute nell’ambito delle<br />

comunità dei partecipanti al<br />

condominio. In conformità con<br />

i principi regolatori della materia,<br />

non è possibile disciplinare<br />

la coesistenza nell’edificio della<br />

pluralità dei diritti di proprietà<br />

esclusiva ed addivenire ad una<br />

più soddisfacente tutela delle<br />

8<br />

PROFESSIONE<br />

posizioni reciproche, secondo il<br />

sentire giuridico contemporaneo”<br />

(Corona).<br />

La ratio dell’art. 1122 c.c. va<br />

pertanto ricercata nel senso di<br />

appurare se l’opera o l’attività<br />

intrapresa possano arrecare<br />

danno all’edificio, alle parti<br />

comuni (Celeste) e alla proprietà<br />

del singolo, intesa come conseguente<br />

danno economico.<br />

Non vi è dubbio che il concetto<br />

di danno, cui la norma fa<br />

riferimento, non va limitato<br />

esclusivamente al danno materiale,<br />

inteso come modificazione<br />

della conformazione esterna o<br />

della intrinseca natura della cosa<br />

comune, ma esteso anche al<br />

danno conseguente alle opere<br />

che elidono o riducono apprezzabilmente<br />

le utilità ritraibili<br />

dalla cosa comune, anche se di<br />

ordine edonistico o estetico (v.<br />

Cass. 27.4.1989, n. 1947), per<br />

cui ricadono nel divieto tutte<br />

quelle modifiche che costituiscono<br />

un peggioramento del<br />

decoro architettonico del fabbricato.<br />

Decoro da correlarsi<br />

non soltanto all’estetica data dall’insieme<br />

delle linee e delle<br />

strutture che connotano il fabbricato<br />

stesso e gli imprimono<br />

una determinata armonia, ma<br />

anche all’aspetto dei singoli elementi<br />

o di singole parti dell’edificio<br />

che abbiano una sostanziale<br />

e formale autonomia o siano<br />

comunque suscettibili per sé di<br />

considerazione autonoma (v.<br />

Cass. 24.3.2004, n. 5899). E’<br />

noto il principio della buona<br />

fede, ai sensi dell’art. 1175 c.c.,<br />

in materia di obbligazioni e<br />

contratti, ma non si può escludere<br />

la sua estensione nel campo<br />

condominiale: la normativa sulla<br />

correttezza vincola debitore e<br />

creditore non tanto per la loro

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