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sommario<br />
nome rubrica nella galassia dell’informazione<br />
nella galassia dell’informazione<br />
nella galassia dell’informazione<br />
in primo<br />
Con la qualità della<br />
nostra professione<br />
abbiamo combattuto<br />
e vinto<br />
piano<br />
di R. Natale<br />
08 10<br />
in primo 14<br />
Fieri del nostro<br />
piano<br />
passato siamo pronti<br />
1911-2011.<br />
ad agire al futuro<br />
Contratto da cento anni<br />
di F. Siddi<br />
di G. Tartaglia<br />
04<br />
04<br />
05<br />
05<br />
06<br />
07<br />
08<br />
10<br />
12<br />
14<br />
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23<br />
25<br />
Solo un giornalismo di qualità<br />
può affrontare la crisi globale<br />
Pirovano, Presidente Provincia<br />
Tentorio, Sindaco di Bergamo<br />
Malvestiti, Pres. Camera di Commercio<br />
I delegati al XXVI Congresso <strong>Fnsi</strong><br />
Calendario svolgimento<br />
lavori XXVI Congresso<br />
Fieri del nostro passato<br />
siamo pronti ad agire al futuro<br />
di Franco Siddi<br />
Con la qualità della nostra professione<br />
abbiamo combattuto e vinto (per ora)<br />
di Roberto Natale<br />
Stare uniti nell’emergenza<br />
Silenzio complice dello sfruttamento<br />
di Enzo Jacopino<br />
1911- 2011. Contratto da cento anni<br />
Giornalisti apripista del mondo del lavoro<br />
di Giancarlo Tartaglia<br />
La crisi peggiore del Dopoguerra<br />
da governare in nome del Welfare<br />
di Andrea Camporese<br />
Una professione molto frammentata<br />
di Pino Rea<br />
Formazione. Un antidoto<br />
per resistere e uscire dalla crisi<br />
di Enrico Ferri, Fabio Azzolini<br />
Cos’è la carta di Roma<br />
Uno scudo di diritti per chi arriva<br />
29<br />
30<br />
32<br />
34<br />
36<br />
38<br />
40<br />
42<br />
44<br />
47<br />
50<br />
Collaboratori, lavoro in fase calante<br />
È giunta l’ora dell’albo unico<br />
di Gino Falleri<br />
L’altra metà dei giornalisti lavora<br />
strangolata dalla competizione<br />
di Daniela Stigliano<br />
800 posti di lavoro persi in due anni<br />
Crisi strutturale, redazioni decapitate<br />
di Luigi Ronsisvalle<br />
I media italiani non trovano<br />
un adeguato modello industriale<br />
di Guido Besana<br />
EPolis un disastro editoriale<br />
C’erano segnali da troppo tempo<br />
di Giovanni Rossi<br />
Uffici stampa: dieci anni di 150<br />
La lunga latitanza dell’Aran<br />
di Giovanni Rossi<br />
Nel mercato multipiattaforma<br />
la Rai rischia il declino<br />
di Carlo Verna<br />
Metti una donna ai piani alti<br />
e concedi qualità all’informazione<br />
di Donatella Alfonso e Lucia Visca<br />
La dura vita del lavoratore<br />
tra certificazione e arbitrato<br />
di Bruno Del Vecchio<br />
Casagit. Welfare della categoria,<br />
un obiettivo da costruire con l’Inpgi<br />
di Daniele Cerrato<br />
Il Fondo giornalisti ha spalle solide<br />
ma non tutti colgono l’opportunità<br />
di Marina Cosi<br />
3<br />
Nella <strong>Galassia</strong> dell’Informazione<br />
Bimestrale della <strong>Fnsi</strong><br />
Federazione Nazionale Stampa<br />
Italiana – Sindacato unitario dei<br />
giornalisti italiani<br />
Corso Vittorio Emanuele II, 349<br />
00186 Roma (Italia)<br />
telefono +39-06-690081 (20 linee)<br />
fax +39 06-71444<br />
segreteria.fnsi@fnsi.it<br />
www.fnsi.it sito@fnsi.it<br />
Direttore responsabile<br />
Francesco Angelo Siddi<br />
Direzione, Redazione e Amministrazione<br />
Corso Vittorio Emanuele II 349<br />
00186 Roma (Italia)<br />
Stampa e Fotocomposizione<br />
Mediagraf Spa<br />
Stabilimento di Roma SO.GRA.RO.<br />
Via Ignazio Pettinengo 39 - 00159 Roma<br />
Sede legale:<br />
Viale della Navigazione interna 89<br />
35027 Noventa Padovana (Pd)<br />
Progetto grafico e Impaginazione<br />
Cohibadesign - Roma<br />
Fotografie<br />
Gianfilippo Oggioni, Studio F.N.,<br />
Angelo Palma, Foto A3 Srl<br />
Hanno collaborato a questo numero:<br />
Donatella Alfonso, Fabio Azzolini,<br />
Guido Besana, Andrea Camporese,<br />
Daniele Cerrato, Marina Cosi,<br />
Bruno Del Vecchio, Gino Falleri,<br />
Enrico Ferri, Enzo Jacopino, Pino Rea,<br />
Luigi Ronsisvalle, Giovanni Rossi,<br />
Daniela Stigliano, Carlo Verna,<br />
Lucia Visca.<br />
Finito di stampare nel mese di dicembre 2010<br />
dicembre<br />
1_2010<br />
aprile 0_2010
nella galassia dell’informazione<br />
Solo un giornalismo di qualità<br />
può affrontare la crisi globale<br />
Non si può pensare di uscire dall'emergenza solo con i tagli all’occupazione<br />
Occorrono iniziative lungimiranti da parte degli editori<br />
Il XXVI congresso della stampa italiana si svolgerà a<br />
Bergamo dall’11 al 14 gennaio 2011, nel centro<br />
congressi Giovanni XXIII. I lavori inizieranno nel<br />
pomeriggio di martedì 11. Il congresso sarà inaugurato<br />
con l’intervento<br />
del Presidente del<br />
Senato Renato<br />
Schifani.<br />
Sempre nel pomeriggio<br />
di martedì è<br />
prevista la costituzione<br />
e l’insediamento<br />
dell’ufficio<br />
di presidenza, le<br />
elezioni del presidente<br />
e dei due vicepresidenti<br />
del<br />
congresso e la nomina<br />
dei questori e della commissione per il coordinamento<br />
degli ordini del giorno.<br />
Nella mattina di mercoledì 12 i lavori si apriranno con la<br />
relazione del Segretario Generale, cui seguiranno gli interventi<br />
dei rappresentanti dell’Inpgi, della Casagit, del-<br />
Pirovano Presidente Provincia<br />
“Le eccellenze della nostra terra”<br />
Per un’amministrazione pubblica come la Provincia di<br />
Bergamo che crede fortemente nella comunicazione,<br />
nell’importanza di coinvolgere i media e, ancor più, i cittadini<br />
per informare e promuovere quanto l’Ente fa per<br />
il territorio, è un privilegio il fatto che proprio Bergamo<br />
possa ospitare un congresso di tale rilevanza per la stampa<br />
nazionale.<br />
Ci compiacciamo pertanto, che la Federazione nazionale<br />
della Stampa abbia preferito il nostro capoluogo ad altre<br />
sedi, puntando evidentemente oltre che sul fascino<br />
indiscusso di Bergamo, sulle tante potenzialità che la città<br />
offre a cominciare dalla facilità d’accesso grazie all’aeroporto<br />
di Orio, all’autostrada e alla ferrovia. Peculiarità<br />
che, amplificate dallo sforzo delle istituzioni locali<br />
1_2010 dicembre<br />
4<br />
speciale congresso<br />
l’Ordine e del Fondo di Previdenza Complementare, mentre<br />
nel pomeriggio ci saranno le relazioni del Presidente del<br />
collegio dei probiviri e della commissione verifica poteri.<br />
Il dibattito congressuale proseguirà anche nella giornata<br />
di giovedì 13 e<br />
nella mattinata di<br />
venerdì 14. Alle<br />
12.00 di venerdì<br />
è prevista la replica<br />
del segretario<br />
generale e nel pomeriggio<br />
le votazioni<br />
dei documenti<br />
e l’inizio<br />
delle operazioni<br />
di voto per l’elezione<br />
degli organi<br />
federali. Nella<br />
mattinata di sabato 15 si riunirà il nuovo consiglio nazionale<br />
per l’elezione del presidente della <strong>Fnsi</strong> e della<br />
giunta esecutiva. Al congresso partecipano 312 delegati<br />
in rappresentanza delle 20 associazioni regionali di<br />
stampa federate. ◗<br />
per aprire gli orizzonti a una<br />
prospettiva internazionale,<br />
negli anni hanno fatto in<br />
modo che Bergamo si sia<br />
affermata sempre più come<br />
Ettore Pirovano*<br />
luogo privilegiato all’accoglienza<br />
congressuale e di grandi eventi.<br />
Siamo sicuri, quindi, che in queste cinque giornate di lavori,<br />
giornalisti e relatori avranno la possibilità di godere<br />
dell’ospitalità che Bergamo sa offrire, grazie alle tante<br />
proposte d’arte, di turismo e di ottima cucina, tanto da<br />
diventare, a loro volta, testimoni delle eccellenze della<br />
nostra terra. ◗<br />
*Presidente della Provincia di Bergamo
speciale congresso<br />
Tentorio, Sindaco di Bergamo<br />
“Giornalisti con mente e cuori appassionati”<br />
ÈÈ davvero con grande piacere che Bergamo si<br />
prepara ad ospitare il XXVI Congresso nazionale<br />
<strong>Fnsi</strong>, in programma il prossimo gennaio<br />
Sono certo che la Città saprà accogliervi nel migliore dei<br />
modi, con l’ospitalità della sua gente e con le sue bellezze<br />
artistiche, aprendosi alla vostra curiosità nei momenti di<br />
svago che avrete a disposizione.<br />
Personalmente ritengo che l’importanza dell’informazione<br />
sia fondamentale per un’Amministrazione comunale,<br />
perché ci aiuta a portare a conoscenza dei cittadini<br />
le iniziative e i programmi che di volta in volta<br />
vengono realizzati. Ma grazie ai media riceviamo anche<br />
suggerimenti e critiche, utili soprattutto se volti ad un<br />
miglioramento del nostro operare.<br />
Ringrazio la Federazione Nazionale della Stampa<br />
per avere scelto Bergamo quale sede del XXVI<br />
congresso della sua storia. La <strong>Fnsi</strong> torna a celebrare<br />
un suo congresso in Lombardia, a distanza di<br />
oltre 20 anni dalla edizione, la ventesima, che si svolse<br />
a Bormio nel 1989. E che sia Bergamo ad accogliervi<br />
in questa nuova occasione è per noi motivo di profonda<br />
soddisfazione.<br />
Lo fate in un anno particolare per la nostra città. Le celebrazioni<br />
per i 150 anni dell’Unità d’Italia porranno infatti<br />
l’accento anche sul significativo contributo che questo<br />
territorio, con la partecipazione di molti bergamaschi<br />
alla spedizione dei Mille, ha offerto alle aspirazioni di libertà,<br />
unità e democrazia di quel periodo storico.<br />
E noi conosciamo l’importante contributo che la vostra<br />
Federazione, sin dalla sua costituzione nel 1908, ha offerto<br />
alle aspirazioni di democrazia di questo nostro<br />
paese, accompagnando l’Italia nei suoi cambiamenti,<br />
con grandi testimonianze di libertà e civiltà democratica,<br />
mantenendo fermi i valori di organizzazione libera,<br />
unitaria, pluralista.<br />
E anche questo vostro XXVI congresso si colloca in un<br />
periodo di significativi mutamenti, che coinvolgono le<br />
istituzioni del nostro paese, il loro funzionamento.<br />
Da mesi stiamo inoltre affrontando un periodo economico<br />
particolarmente difficile che richiede alle imprese<br />
Stiamo vivendo un periodo<br />
caratterizzato da trasformazioni<br />
profonde nel mondo<br />
della comunicazione e ritengo<br />
che proprio in questo<br />
momento, come ricordato<br />
Franco Tentorio*<br />
da Papa Benedetto XVI, ci<br />
sia bisogno di giornalisti con mente e cuore appassionati,<br />
ma anche con la professionalità di operatori competenti<br />
e dotati di mezzi efficaci.<br />
Se posso provare una sintesi conclusiva, oso dire che al giornalista<br />
è attribuita una delle missioni più importanti del vivere<br />
civile, quella di informare il pubblico sulla verità. ◗<br />
*Sindaco di Bergamo<br />
5<br />
nella galassia dell’informazione<br />
Malvestiti, Pres. Camera di Commercio<br />
“La libertà di informazione è condizione essenziale”<br />
e alle istituzioni vicine ad<br />
esse, come la Camera di<br />
Commercio, coraggio nell’affrontare<br />
le difficoltà del<br />
momento, nel sostenere innovazione<br />
e ricerca, per il<br />
comune benessere.<br />
Mutamenti e innovazioni<br />
che coinvolgono, e a volte Giovanni Paolo Malvestiti*<br />
colpiscono, anche le modalità<br />
e l’esercizio della vostra professione e che richiedono<br />
anche a voi di misurarsi con i problemi ma anche le opportunità<br />
che vi vengono posti dalle innovazioni della tecnologia<br />
e dalla informazione globale.<br />
Il mio personale augurio è che lavori del vostro congresso,<br />
anche in questa occasione, sappiano rispondere<br />
in modo adeguato alle sfide del momento, non perdendo<br />
mai di vista ciò che è un valore fondante della<br />
vostra organizzazione: la libertà di informazione è una<br />
condizione essenziale perché un Paese continui ad operare<br />
in democrazia.<br />
Un compito non facile, forse proprio per questo più esaltante<br />
per voi, certamente esso rappresenta un impegno<br />
essenziale al servizio della democrazia, dei cittadini e delle<br />
imprese di questo nostro Paese. ◗<br />
*Presidente della Camera di Commercio<br />
dicembre<br />
1_2010
1_2010<br />
nella galassia dell’informazione speciale congresso<br />
I delegati al XXVI Congresso <strong>Fnsi</strong><br />
Ancona<br />
Professionali<br />
Blasi Maurizio, Rossi Giovanni, Severini Piergiorgio, Varagona Vincenzo,<br />
Vitali Raffaele<br />
Collaboratori<br />
Bellini Giuseppe, Carnevali Agnese<br />
Aosta<br />
Professionali<br />
Assanti Fulvio Angelo, Macchiavello Giorgio, Porta Cristina, Romagnoli<br />
Enrico<br />
Collaboratori<br />
Mileto Francesco<br />
Bari<br />
Professionali<br />
Frallonardo Michele, Lorusso Raffaele, Martellotta Bepi, Matarrese<br />
Rosaria, Mazzarino Giuseppe, Sgambati Patrizia, Strippoli Francesco<br />
Collaboratori<br />
Campanella Roberta, Doronzo Luciana, Fiorella Raffaele<br />
Bologna<br />
Professionali<br />
Amaduzzi Marina, Benvenuti Giorgio, Bersani Serena, Borsari Riccardo,<br />
Casalengo Maria Luigia, Galba Camillo, Gardenghi Marco, Guagneli<br />
Valter, Leone Giorgio Maria, Picca Cesario, Rossi Giovanni, Zurlini<br />
Gianluca<br />
Collaboratori<br />
Barberini Pietro, Buono Sarah, Croce Gianluca<br />
Bolzano<br />
Professionali<br />
Angelucci Marco, Bert Chiara, Boccardi Roberta, Bortolin Sandra, Cerone<br />
Rocco, Cortese Marco, Wallisch Stefan<br />
Collaboratori<br />
Gottardi Udalrico<br />
Cagliari<br />
Professionali<br />
Birocchi Francesco, Farina Emiliano, Lasio Massimiliano, Paolini Paolo,<br />
Scano Daniela, Siddi Francesco Angelo, Spano Fausto, Tabasso<br />
Celestino, Carmelo<br />
Collaboratori<br />
Cossu Maria, Fiori Francesco, Fois Gesuina, Garrucciu Antonio, Girau<br />
Mario, Manunza Leyla, Masia Lucio, Porcu Andrea<br />
Campobasso<br />
Professionali<br />
Alberico Alfredo, Guazzo Gianmarco, Luongo Vincenzo, Ricci Stefano<br />
Collaboratori<br />
Formichella Michele, Vignale Monica<br />
Firenze<br />
Professionali<br />
Aterini Lucia, Bennucci Sandro, Ciampi Paolo, Fabbri Stefano, Fatucchi<br />
Marzio, Lozito Cristiano, Manzotti Michele, Mori Paolo, Paoli Luigi, Poli<br />
Simona, Vanni Pierandrea<br />
Collaboratori<br />
Bisogni Nazzareno, Contrafatto Claudio, Mascalchi Lucia<br />
dicembre<br />
6<br />
Genova<br />
Professionali<br />
Azzolini Fabio, Casaccia Mauro, Casazza Andrea, Costante Alessandra,<br />
Famà Natalino, Lava Pierpatrizia, Preve Marco, Zinola Marcello,<br />
Collaboratori<br />
Feleppa Giuseppina, Po Franco<br />
Milano<br />
Professionali<br />
Abruzzo Francesco, Acquaviva Piergiorgio, Alberizzi Massimo, Ambrosi<br />
Bruno, Andriolo Maurizio, Artioli Denis, Aspesi Natalia, Baiocchi<br />
Giuseppe, Barbacetto Gianni, Benati Fabio, Besana Guido, Bianchi Sara,<br />
Calvenzi Giovanna, Cavalera Fabio, Chiarelli Paolo, Cosi Marina, Crosti<br />
Michele, D'amico Paola, Defilippi Maria, Del Freo Anna, Espanet Luisa,<br />
Filippini Maria Antonietta, Focarete Michele, Fossati Simona, Gallizzi<br />
Pierfrancesco, Gariboldi Carlo E., Giuliani Gianfranco, Giuzzi Cesare,<br />
Golino Elena, Jesurum Stefano, Lega Achille, Magosso Renzo, Messina<br />
David, Mineo Francesca, Minotti Rossella, Molinari Maria Grazia,<br />
Montanari Andrea, Muscau Costantino, Nardi Giuseppe, Negri Giovanni,<br />
Nicastro Andrea, Nicotri Giuseppe (Pino), Paffumi Saverio, Pivetta Oreste,<br />
Porro Gabriele, Rho Edmondo, Rossani Ottavio, Sansonetti Vincenzo,<br />
Scarinzi Claudio, Sorrentino Riccardo, Stigliano Daniela, Volpati Marco,<br />
Vulpio Carlo, Zandonai Maxia<br />
Collaboratori<br />
Alberti Giuseppe, Bazzi Matteo, Caroprese Francesco, Cherubini Massimo,<br />
Gallizzi Andrea, Marelli Coppola Franco, Morabito Nicoletta, Pirogalli Paola,<br />
Poidimani Giuseppe, Santolini Francesca, Tedeschi Domenico<br />
Napoli<br />
Professionali<br />
Calenda Massimo, Cerino Maurizio, Chiariello Anna Maria, Colimoro<br />
Vincenzo, Coppola Gianfranco, D'errico Antonio, Grassi Paolo Elia,<br />
Licciardi Lucia, Pirozzi Alfonso, Russo Giovanni<br />
Collaboratori<br />
Campitiello Salvatore, Ciaravolo Angelo, De Luca Vera, Falco Domenico,<br />
Fellico Mauro, Fiorillo Elia, Spadaro Daniela<br />
Palermo<br />
Professionali<br />
Bellavia Enrico, Billitteri Daniele, Boemi Maria Ausilia, Cicero Alberto,<br />
Ginex Roberto, Gulletta Giuseppe, Ronsisvalle Luigi, Salvago Valentina<br />
Collaboratori<br />
Adorno Monica, Petralia Giuseppe, Randazzo Antonino, Trovato José<br />
I delegati (professionali e collaboratori)<br />
eletti nell’ambito delle associazioni risultano cosi suddivisi:<br />
DELEGAZIONI<br />
ANCONA<br />
AOSTA<br />
BARI<br />
BOLOGNA<br />
BOLZANO/TRENTO<br />
CAGLIARI<br />
CAMPOBASSO<br />
FIRENZE<br />
GENOVA<br />
MILANO<br />
NAPOLI<br />
PALERMO<br />
PERUGIA<br />
PESCARA<br />
POTENZA<br />
REGGIO CALABRIA<br />
ROMA<br />
TORINO<br />
TRIESTE<br />
VENEZIA<br />
PROF COLL<br />
5 2<br />
4 1<br />
7 3<br />
12 3<br />
7 1<br />
8 8<br />
4 2<br />
11 3<br />
8 2<br />
54 11<br />
10 7<br />
8 4<br />
5 2<br />
5 2<br />
4 2<br />
8 8<br />
44 5<br />
12 7<br />
8 3<br />
10 2<br />
Totali 234 78
speciale congresso<br />
Pescara<br />
Professionali<br />
Amore Antimo, Marcozzi Domenico, Marinucci Marina, Masciangioli<br />
Fabrizio, Pennella Patrizia<br />
Collaboratori<br />
Bellonio Nino, Di Sabatino Paolo<br />
Perugia<br />
Professionali<br />
Cicci Marta, Fiorucci Luca, Gasperini Remo, Lorusso Cosimo, Ricci Fabrizio<br />
Collaboratori<br />
Baffoni Andrea, Bugiardini Carlo<br />
Potenza<br />
Professionali<br />
Amendolara Fabio, Cantore Renato, Mafaro Giuseppe, Pallante Antonella<br />
Collaboratori<br />
Agata Margherita, Russo Francesco<br />
Reggio Calabria<br />
Professionali<br />
Cambareri Pierpaolo, Lombardo Rosario, Murgia Tiziana, Musmeci Andrea,<br />
Nano Giuseppe, Parisi Carlo Maria, Putrone Maurizio, Toscano Giuseppe<br />
Collaboratori<br />
Arcidiaco Francesco, Bruno Cosimo, Caminiti Luigi, De Franco<br />
Gianfranco, Marino Eugenio, Romeo Genoveffa G.A., Russo Anna,<br />
Strangio Giuseppe<br />
Roma<br />
Professionali<br />
Andriolo Vincenzo, Bartoloni Romano, Busi Maria Luisa, Butturini Paolo,<br />
Cannavò Laura, Catalano Gregorio, Cerasi Concezio, Cersosimo Francesca,<br />
Chianura Carlo, Concina Michele, Conti Stefania, Corsini Paolo, Covotta<br />
Andrea, Curci Beatrice, Curzi Candida, De Robert Daniela, Della Volpe<br />
nella galassia dell’informazione<br />
Santo, Di Giovampaolo Alfredo, D'ubaldo Guido, Ferrante Stefano, Franz<br />
Pierluigi, Garambois Silvia, Giustiniani Corrado, Guelfi Luciano, Lama<br />
Rossella, Lozzi Mauro, Maurizio Pierangelo, Mazzocchi Silvana, Monfredi<br />
Luigi, Montanari Andrea, Morabito Fabio, Natale Roberto, Nucci Gian<br />
Mario, Pesciarelli Andrea, Polidori Elena, Ricucci Amedeo, Romano Cinzia,<br />
Sardo Claudio, Signoretti Massimo, Smoljko Donatella, Spampinato<br />
Alberto, Suber Pietro, Trombin Paolo, Visca Anna Lucia<br />
Collaboratori<br />
Armati Ugo Mario, Davoli Rodolfo, Di Giacomo Enzo, Falleri Luigi,<br />
Rosati Franco<br />
Torino<br />
Professionali<br />
Bianucci Piero, Cabases Nicolas Luis, Caligaris Domenica, Cola Rita,<br />
Ferrero Barbara, Fumi Alberto, Gandolfo Giuseppe, Garbarino Silvia,<br />
Griseri Paolo, Levi Giorgio, Marandola Roberto, Tallia Stefano<br />
Collaboratori<br />
Calandra Antonino, Cincotti Fiorenzo, Cocciulillo Enrico, Egidi Bouchard<br />
Piera, Ercole Ezio, Ozzano Renzo, Torta Sergio<br />
Trieste<br />
Professionali<br />
Bekar Maurizio, Borando Clemente, Devetak Igor, Dolhar Poljanka,<br />
Gergolet Fabio, Martegani Alessandro, Rauber Pietro, Sabo Fulvio<br />
Collaboratori<br />
Cannalire Roberto, Culiat Erica, Sguazzin Alessandro<br />
Venezia<br />
Professionali<br />
Benanzato Antonella, Carlon Daniele, Chiarini Nicola, Doro Giuliano, Edel<br />
Stefano, Ferri Enrico, Francesconi Paolo, Paglialunga Maurizio, Rosa<br />
Raffaele, Trabona Claudio<br />
Collaboratori<br />
Merola Andrea, Vescovi Paola
nella galassia dell’informazione editoriale<br />
Fieri del nostro passato<br />
siamo pronti ad agire al futuro<br />
L’informazione professionale è prerogativa dei giornalisti facendo i conti con la realtà<br />
Libertà e diritto al lavoro qualificato traguardi irrinunciabili per il sindacato dei giornalisti<br />
Promuovere un nuovo welfare per sostenere accesso al lavoro, formazione e riqualificazione<br />
Editoria in crisi di idee, di business e in<br />
affanno da cambiamento, giornalisti in<br />
sofferenza e sempre più precari. Eppure<br />
il futuro è inevitabilmente dell’informazione,<br />
della sua qualità e della professione. La transizione<br />
è dura, durissima. Resistere e sopravvivere<br />
non è semplice. L’orizzonte, già nel medio periodo,<br />
può tornare sereno. Tante sono le sfide ineludibili. Si<br />
possono vincere con la professionalità, con visione lungimirante<br />
del sistema dei media e se anche gli editori riprenderanno<br />
a fare fino in fondo il proprio mestiere.<br />
Julian Assange, con WikiLeaks e la vicenda dei cablogrammi<br />
diplomatici americani, dimostra una volta di più<br />
che, nell’epoca di Internet, non può esservi il contingentamento<br />
degli spazi per l’informazione. La rete è<br />
uno spazio sovrabbondante a disposizione di qualsiasi<br />
cittadino, di qualsiasi utente che voglia comunicare o far<br />
circolare informazione.<br />
I confini degli strumenti tradizionali, ossia i giornali della<br />
carta stampata ma anche gli spazi delle televisioni sono<br />
definiti. I nuovi territori elettronici, no. In quest’area<br />
si giocano le nuove sfide della libertà<br />
dell’informazione e del lavoro professionale.<br />
Produrre informazione professionale è prerogativa dei<br />
giornalisti. Ma bisogna anche fare i conti con la realtà<br />
dei nuovi mezzi e con le impetuose, incerte trasformazioni<br />
del sistema industriale dei media, con conseguente<br />
e necessaria nuova declinazione dei principi<br />
per noi consolidati nei quali crediamo, a partire dall’art.<br />
21 della Costituzione.<br />
Che cosa significa dire che l’informazione è prerogativa<br />
dei giornalisti? E come a questa affermazione si può<br />
riuscire a dare nuovo significato nella definizione di un<br />
lavoro che sia, e resti, esercitato in condizioni di piena<br />
coscienza e di libertà nel confronto delle idee? Le risposte<br />
le possiamo trovare ragionando su quanto avvenuto<br />
negli ultimi mesi.<br />
Proprio l’intera vicenda di Wikileaks dimostra che non<br />
basta far circolare carte e documenti liberamente nella<br />
rete per fare buona e corretta informazione. Il giornalismo,<br />
inteso come attività professionale, mantiene una<br />
funzione centrale: in qualche modo certifica i fatti, indirizza<br />
verso la verità se esercitato in trasparenza, opera<br />
1_2010 dicembre<br />
8<br />
di Franco Siddi*<br />
l’indispensabile inserimento degli avvenimenti<br />
nei loro corretti contesti.<br />
A nessuno è preclusa la possibilità di scrivere<br />
e comunicare il proprio pensiero (in forza<br />
del già citato art. 21 della Costituzione) ma<br />
il lavoro giornalistico è fatto di questo e di altro.<br />
Scrivere e comunicare sono punto di partenza, non<br />
di arrivo. E se l’affermazione dei principi della libertà di<br />
stampa risiede, per l’Italia, nei fermenti del Risorgimento<br />
e, per tutto il mondo, nelle rivoluzioni che hanno<br />
attraversato tre secoli, dal Settecento al Novecento,<br />
e nella Costituzione americana, oggi in quei principi bisogna<br />
trovare le radici per ogni considerazione sul senso<br />
di appartenenza e sul ruolo di cui investire noi stessi<br />
per indirizzarci verso traguardi di altrettanto valore.<br />
Libertà e pluralismo dell’informazione, libertà e diritto<br />
al lavoro qualificato sono traguardi irrinunciabili per il<br />
sindacato dei giornalisti prima ancora che elementi strategici<br />
di costruzione del futuro; di un futuro nel quale<br />
siamo già immersi in conseguenza della sfida da affrontare<br />
e senza farsi ingoiare e dipendere indistintamente<br />
dall’enorme disponibilità di territori nuovi e immensi del<br />
comunicare. Una sfida per vincere la quale ci sono richieste<br />
visioni strategiche da articolare con intelligenza<br />
e lungimiranza.<br />
Il giornalismo è messo in discussione dalla trasformazione<br />
indotta dalle tecnologie e da incerti e ancora indefiniti<br />
modelli industriali. Nessuno strumento tecnico,<br />
per quanto sofisticato, potrà mai prendere il posto del<br />
pensiero, del lavoro dell’uomo, messo a rischio da minacce<br />
di ogni genere. I pozzi avvelenati sono ovunque.<br />
Nell’immenso spazio della rete, orientarsi fra il vero e<br />
l’artefatto è molto più complicato di un tempo. Affinché<br />
il lettore possa distinguere, vagliare l’autenticità delle<br />
fonti, avere certezza della notizie, contestualizzarle e<br />
assicurare un valore alle opinioni, è condizione indispensabile<br />
che esista non solo un giornalismo meglio attrezzato,<br />
culturalmente e anche tecnicamente, ma servono<br />
anche organizzazioni imprenditoriali capaci di<br />
marciare in sintonia con i tempi.<br />
Oggi paghiamo lo scotto di una riorganizzazione, connessa<br />
alla crisi economica e industriale (non solo del settore<br />
dei media) e figlia della disorganizzazione praticata
editoriale<br />
come strategia del sistema imprenditoriale.<br />
La crisi si manifesta con<br />
una costante emorragia di copie nei<br />
media tradizionali e si estende a tutto<br />
il sistema dell’informazione con<br />
riduzione e abbattimento degli impegni<br />
finanziari, anche per la distribuzione<br />
articolata, atomizzata, squilibrata verso i poli televisivi,<br />
delle risorse pubblicitarie, che solo i gruppi più<br />
organizzati, con offerte plurime e di identica qualità, riescono<br />
oggi a rendere remunerativa. Pesanti, e ben noti,<br />
conflitti di interesse, inoltre, continuano a bloccare il libero<br />
mercato dell’informazione e mortificano la competizione<br />
delle idee. E non dimentichiamo che chi è proprietario<br />
delle televisioni è oggi l’arbitro non solo di<br />
questo mercato ma della politica nazionale.<br />
Sono di ieri e di oggi i pesanti contraccolpi di questo<br />
stato delle cose sul mercato del lavoro, con perdite di<br />
posti che riguardano il giornalismo non solo italiano ed<br />
europeo ma tutto il mondo. Nel corso degli ultimi anni<br />
non ci sono solo settecento posti nell’editoria storica,<br />
o cartacea che dir si voglia, persi in Italia e solo in<br />
parte rimpiazzati finora nelle nuove iniziative o nei processi<br />
innovativi, ma dobbiamo registrare alcune decine<br />
di migliaia di posti perduti in Francia, in Gran<br />
Bretagna, negli Usa e così via. Per noi è d’obbligo non<br />
farci prendere dal panico, anche se talvolta è assai difficile<br />
intravvedere soluzioni. La <strong>Fnsi</strong> è il sindacato che<br />
si sta confrontando al presente con l’impatto di un futuro<br />
di cambiamenti strutturali nell’industria dei media<br />
e nel mercato dell’informazione. Guardando lontano,<br />
non possiamo non vedere il futuro certo del<br />
giornalismo e della sua funzione per conservare intatto<br />
il valore della democrazia attraverso la circolazione<br />
dei fatti e il confronto delle idee.<br />
Oggi ci siamo dovuti dedicare al salvataggio dei diritti<br />
fondamentali delle persone e alla salvaguardia dei pilastri<br />
essenziali della vita delle redazioni che non hanno più<br />
confini tradizionali. Ma fin da oggi siamo, al tempo stesso,<br />
ingaggiati nel contribuire a governare un processo di<br />
sviluppo nel quale, purtroppo, può non esserci sempre<br />
la soluzione immediata di ogni singola esigenza vitale. In<br />
questo processo ritroviamo però l’opportunità di essere<br />
protagonisti di un quadro nuovo più ampio, di lavoro e<br />
di diritti nel quale recuperare anche le soluzioni per<br />
problemi individuali. In una realtà fatta di situazioni<br />
sempre più frammentate, il problema non è assistere a<br />
un preteso inarrestabile declino dei vecchi giornali. Dobbiamo<br />
favorire nuova occupazione professionale anche<br />
in piccolissime realtà, promuovendo un nuovo welfare<br />
per sostenere l’accesso al lavoro, la formazione e la riqualificazione<br />
accanto agli interventi tradizionali di supporto<br />
e solidarietà.<br />
Più i giornalisti sapranno proporsi indiscutibilmente<br />
come professionisti di un’informazione certificata di<br />
nella galassia dell’informazione<br />
qualità, trattata con criteri, appunto,<br />
professionali, secondo parametri<br />
di deontologia riconoscibili ai fini<br />
della credibilità della proposta<br />
editoriale, più tutti i media, anche<br />
i vecchi, avranno una grande opportunità<br />
per occupare uno spazio<br />
più ampio. L’attività editoriale, dispiegandosi su più<br />
piattaforme, impiegando correttamente il lavoro professionale,<br />
può trovare sicuramente le vie del futuro. Per<br />
la loro parte, i giornalisti sono chiamati a recuperare ogni<br />
energia utile per una professione vitale che si proponga<br />
come componente essenziale della vita democratica, come<br />
pilastro indispensabile dei media indipendenti nella<br />
società moderna.<br />
Giornalismo e libertà di espressione viaggiano in parallelo.<br />
Torniamo all’articolo 21 della nostra Costituzione:<br />
ciascuno ha diritto di esprimere il suo pensiero e di farlo<br />
liberamente come meglio crede. Il mezzo dirompente,<br />
oggi, è la Rete. I siti, i blog, i social network sono per<br />
tutti l’apertura a un mondo immenso ma questa è anche<br />
una babele. E qui si riscopre tutto il bisogno di sistemi<br />
affidabili, di media vecchi che si fanno nuovi e di<br />
giornali che - a prescindere dal mezzo o dallo strumento<br />
di diffusione e di archiviazione - siano credibili e indipendenti,<br />
siano riconoscibili come espressione del sistema<br />
di libertà dell’informazione.<br />
È la sfida per i giornalisti di oggi ed è anche la sfida per<br />
la società civile. Il giornalismo e con esso l’industria editoriale<br />
devono riuscire a convincere i cittadini che l’informazione<br />
professionale si basa sui principi fondamentali<br />
dei diritti umani, di solidarietà e di progresso.<br />
La nostra è una lotta per percepire il nostro passato vivendo<br />
all’altezza dei beni e della responsabilità che ci ha<br />
trasferito e in linea con le aspettative di un futuro che ci<br />
chiede di combattere e abbattere le barriere della grande<br />
incertezza presente, per vincere depressione e pessimismo.<br />
Dobbiamo essere in grado di adattare il nostro<br />
impianto professionale, il nostro bagaglio etico, alla<br />
nuova era dell’informazione che non permette a nessuno<br />
alcun rinvio.<br />
Per noi si tratta di pensare il XXVI Congresso della<br />
Stampa Italiana come nuovo punto di partenza per l’affermazione<br />
dei diritti dei cittadini all’informazione e dei<br />
giornalisti chiamati al lavoro di condizioni che consentano<br />
di garantirla con correttezza, proteggendola dalla<br />
minacce che da più parti arrivano, rinsaldando con<br />
l’opinione pubblica il legame rilevante che abbiamo ripreso<br />
a tessere in questi anni.<br />
Bergamo, città dei Mille, culla di un grande processo storico<br />
di costruzione e rinnovamento dell’Italia, ci aiuterà<br />
a scrivere pagine di futuro. Siamo fieri del nostro passato,<br />
impegnati ad attraversare la stagione del<br />
cambiamento e ad agire al futuro.<br />
*Segretario generale della <strong>Fnsi</strong><br />
9<br />
dicembre 1_2010
1_2010<br />
nella galassia dell’informazione<br />
Con la qualità della nostra professione<br />
abbiamo combattuto e vinto (per ora)<br />
Grazie ai giornalisti sul diritto all’informazione è nata un’alleanza nel Paese<br />
Ora ci aspettano gli ostacoli dei conflitti d’interesse di tanti editori impuri<br />
La nostra battaglia per l’autonomia è inutile se non si restituire dignità al lavoro<br />
Meno isolati rispetto alla società italiana,<br />
più consapevoli della forza con<br />
cui sappiamo difendere il nostro diritto-dovere<br />
di informare. È un bilancio positivo,<br />
quello che i giornalisti portano al<br />
congresso di Bergamo in materia di libertà.<br />
Senza immotivate presunzioni - perché lo sappiamo che<br />
certe battaglie non si vincono da soli - possiamo però<br />
considerarci parte rilevante di quel movimento di opinione<br />
pubblica che negli ultimi anni ha contrastato gli<br />
attacchi all’articolo 21. Se il disegno di legge sulle intercettazioni<br />
è finito (per ora) su un binario morto, non<br />
è solo merito delle divisioni laceranti che si sono aperte<br />
nel centrodestra, o della combattività delle opposizioni<br />
in Parlamento. Prima c’è stata una novità reale e diffusa<br />
che è maturata fuori dalle istituzioni. La piazza del Popolo<br />
stracolma del 3 ottobre 2009 diceva che - in un<br />
Paese in cui la comunicazione ha sempre maggiore rilevanza<br />
politica, sociale, culturale - sul diritto all’informazione<br />
è finalmente nata un’alleanza. Abbiamo saputo<br />
capire e far capire che il nostro diritto-dovere di professionisti<br />
ha valore in quanto corrisponde al diritto dei<br />
cittadini di sapere. Lo abbiamo fatto con credibilità,<br />
perché già ai tempi del governo di centrosinistra ci eravamo<br />
opposti ai propositi di bavaglio contenuti nel ddl<br />
Mastella. Lo abbiamo fatto senza pretendere di difendere<br />
tutto, anche l’indifendibile: abbiamo distinto nettamente<br />
tra le incursioni morbose nella vita privata e la<br />
necessità di raccontare le vicende di rilevanza sociale che<br />
coinvolgono chi amministra il potere. Abbiamo parlato<br />
del crack Parmalat o delle intercettazioni del dopo-terremoto,<br />
dei casi Cucchi e Aldrovandi o della clinica<br />
Santa Rita, e i nostri esempi hanno avuto più forza degli<br />
strepiti politici su presunte intimità violate. Il giornalismo<br />
italiano ha saputo usare un linguaggio non corporativo,<br />
e per questo possiamo dire oggi di aver rinsaldato<br />
i nostri rapporti con spettatori e lettori. C’è una categoria<br />
che non si rassegna a considerare normali i “pestaggi<br />
mediatici”, e che reagisce se un giudice viene<br />
messo alla berlina in tv per i suoi calzini color turchese.<br />
Una categoria che considera il “metodo Boffo” incompatibile<br />
con la dignità del giornalismo, e in questo rifiuto<br />
ritrova la migliore compattezza delle sue<br />
dicembre<br />
10<br />
di Roberto Natale*<br />
istituzioni: è significativa e promettente la<br />
condivisione piena che dal sindacato è venuta<br />
all’Ordine per le sue decisioni sulla vicenda<br />
Feltri, mentre tutto intorno prestigiosi direttori<br />
e commentatori perdevano la bussola<br />
rammaricandosi per il provvedimento ed invocando<br />
specialissime esenzioni.<br />
Fare questo bilancio non serve a gonfiare il petto, ma a<br />
ricordarci quale determinazione dovremo continuare a<br />
mostrare. Il ddl intercettazioni per ora è in un cassetto,<br />
ma nessuno può dire cosa accadrebbe con nuove Camere.<br />
E di sicuro, nell’immediato futuro, si scaricheranno<br />
sul sistema della comunicazione forzature proporzionali<br />
alle tensioni di questa complicatissima fase<br />
politica. Abbiamo un Presidente del Consiglio che ripete<br />
appelli contro la lettura dei giornali e attacca frontalmente<br />
il servizio pubblico. Che si vada o no al voto anticipato,<br />
è purtroppo ragionevole ipotizzare che sull’informazione<br />
permarrà un clima da campagna elettorale<br />
permanente, con i suoi frutti avvelenati. E intanto rimangono<br />
irrisolte tutte le storture di un sistema incapace<br />
di riformarsi. Il conflitto di interessi, al singolare: alla faccia<br />
di chi lo considera un noioso oggetto di antiquariato,<br />
conosce ora una nuova espansione, visto che proprio<br />
da gennaio 2011 la legge Gasparri consente a Mediaset<br />
di entrare nella proprietà di quotidiani o di fondarne di<br />
nuovi. I conflitti di interesse, al plurale: quelli dei tanti<br />
editori “impuri” che fanno dell’informazione merce di<br />
scambio per altri affari, meno confessabili e più redditizi<br />
della vendita di notizie. Il finanziamento statale ai<br />
giornali di idee, cooperativi e no profit, sottoposto a tagli<br />
indiscriminati e demagogici sempre più difficili da<br />
contrastare. Una Rai soffocata dal controllo politico al<br />
punto che i suoi programmi di maggior successo, e più<br />
rispondenti ai doveri di un servizio pubblico, vanno in<br />
onda a dispetto della sua dirigenza.<br />
Ma la nostra battaglia per l’autonomia sarà credibile tra<br />
i colleghi solo se sapremo dare eguale forza all’altra sfida<br />
capitale che è di fronte al sindacato: quella per il lavoro.<br />
In un Paese in cui soffia forte il vento dell’ideologia<br />
per la quale un posto a tempo indeterminato<br />
sembra un privilegio meritevole di smantellamento, e<br />
il cosiddetto “collegato lavoro” recentemente varato dal
Parlamento si incarica di frantumare ancora di più le<br />
tutele di legge per milioni di legge per milioni di precari.<br />
In una categoria che - per stare alle cifre drammaticamente<br />
eloquenti del rapporto Lsdi sullo stato<br />
della professione - vede più della metà dei 20mila e passa<br />
giornalisti autonomi annegare sotto i 5mila euro lordi<br />
all’anno. Come per il diritto all’informazione, la battaglia<br />
che ci tocca fare non serve solo a noi. Nella<br />
Repubblica “fondata sul lavoro”, tocca anche ai giornalisti<br />
ricordare che non dovrebbe esserci bisogno di arrampicarsi<br />
sulle gru o sui tetti per richiamare l’attenzione<br />
sui drammi della disoccupazione.<br />
E il precariato è una grande questione nazionale, che<br />
parla non solo dei diritti calpestati degli individui - e<br />
già non sarebbe poco - ma delle risorse sprecate da un<br />
Paese e da un sistema di imprese. “Senza la prospettiva<br />
di una pur graduale stabilizzazione dei rapporti di<br />
lavoro precari, si indebolisce l’accumulazione di capitale<br />
umano specifico, con effetti alla lunga negativi su<br />
produttività e profittabilità”: a dirlo non è un sindacalista,<br />
ma il Governatore della Banca d’Italia. Il richiamo<br />
di Draghi è rivolto a tutta l’imprenditoria italiana,<br />
ma sembra pronunciato su misura per il<br />
Due anni di Ossigeno<br />
Ci sono idee che faticano ad emergere, ma<br />
quando entrano in circolo si propagano in<br />
modo inarrestabile. È stato così per l’idea che<br />
per fare attività sindacale credibile in Italia i<br />
giornalisti devono occuparsi di più dei cronisti<br />
minacciati, intimiditi, vittime di abusi giudiziari,<br />
e devono ricordare ad ogni passo la<br />
memoria dei giornalisti italiani uccisi. La FNSI<br />
ha fatto il grande passo nel 2007, al Congresso<br />
di Castellaneta, ospite d’onore Lirio Abbate,<br />
costretto a una vita blindata. Dalla<br />
tribuna, insieme a Lirio e a Roberto Natale,<br />
con il sostegno di Franco Siddi e dei vertici<br />
dell’Ordine (c’erano Lorenzo Del Boca ed Enzo<br />
Iacopino) proposi di creare un osservatorio<br />
permanente sui cronisti minacciati e sulle notizie<br />
oscurate con la violenza, soprattutto mafiosa,<br />
ma non solo. Un organismo comune<br />
FNSI-Ordine dei Giornalisti, perché l’aspetto<br />
deontologico fa tutt’uno con profili sindacali,<br />
politici e legislativi, e perché l’autocensura,<br />
vero cancro del giornalismo dei giorni nostri, è<br />
l’altro dente della tenaglia. Sembrava un’utopia.<br />
Ma nel 2008 il sogno si realizzò. Nacque<br />
“Ossigeno per l’informazione”, senza mezzi,<br />
ma col sostegno del gruppo dirigente della<br />
FNSI e dell’Ordine, l’apporto di numerosi volontari,<br />
giornalisti e non-giornalisti, forte della<br />
testardaggine dei fondatori, fra i quali ricordo<br />
in particolare Angelo Agostini e Roberto Rossi.<br />
Inoltre c’era il supporto di Roberto Morrione<br />
e di Giuseppe Giulietti. Ossigeno è nato così e<br />
dal 2008 a oggi ha fatto il giro d’Italia, da Palermo<br />
a Cuneo, toccando trenta città per diffondere<br />
la consapevolezza del problema, per<br />
esplorare l’universo in cui i mafiosi ed i prepotenti<br />
d’altra risma - a volte con gli stessi<br />
metodi con cui esigono il pizzo dai commercianti,<br />
altre volte con metodi più subdoli - impongono<br />
il silenzio ai cronisti. Ossigeno ha<br />
nella galassia dell’informazione<br />
comparto editoriale: dove la dissipazione e l’umiliazione<br />
delle energie professionali dei collaboratori ha<br />
raggiunto livelli economici tanto miseri da non sfigurare<br />
al confronto con le forme di caporalato in uso in<br />
alcune aree dell’agricoltura e dell’agricoltura; dove è<br />
stata praticata diffusamente l’illusione di far profitti<br />
senza curarsi della qualità del lavoro e del prodotto.<br />
Ora che la crisi costringe tutti a immaginare strade diverse,<br />
e che la contrattazione nazionale di categoria ha<br />
consentito di difendere un quadro di regole, è nostro<br />
compito imporre agli editori un diverso rispetto di<br />
quel lavoro tenuto ai margini delle redazioni. Discutiamo<br />
pure di rete, di multimedialità, di nuovi business<br />
model. Ma ci sono questioni di dignità minima<br />
che nessuno sviluppo tecnologico potrà magicamente<br />
risolvere, se gli imprenditori del nostro settore non<br />
capiscono - se noi non li costringiamo a capire - che<br />
deve finire lo scandalo dei tre euro a pezzo: imprenditori<br />
che chiedono a noi di essere “moderni” perché<br />
loro possano essere più tranquillamente ottocenteschi.<br />
Il Congresso di Bergamo ha un grande tema di<br />
cui occuparsi.<br />
*Presidente della <strong>Fnsi</strong><br />
11<br />
pubblicato due Rapporti annuali sui siti FNSI<br />
e OdG. L’ultimo sarà presto disponibile anche<br />
in inglese, tedesco, spagnolo, cinese. Inquadra<br />
il 2009-2010, offre analisi e proposte, indica<br />
vuoti legislativi. Elenca i 55 cronisti<br />
minacciati individualmente e le 23 minacce<br />
collettive alla libertà di stampa che hanno<br />
coinvolto almeno 400 giornalisti. Il doppio del<br />
triennio precedente.<br />
Meno male che c’è Ossigeno, diciamo di<br />
fronte alla crescita esponenziale del fenomeno<br />
che fa dell’Italia un caso allarmante<br />
unico in Europa. Noi siamo in cammino. La<br />
strada è lunga. Siamo fiduciosi perché abbiamo<br />
tanti compagni di strada e sostenitori<br />
autorevoli: dall’UNESCO al presidente Giorgio<br />
Napolitano.<br />
Alberto Spampinato<br />
Direttore di Ossigeno per l’Informazione,<br />
consigliere uscente della <strong>Fnsi</strong><br />
dicembre<br />
1_2010
nella galassia dell’informazione<br />
Stare uniti nell’emergenza<br />
Silenzio complice dello sfruttamento<br />
È stato bello vedere piazza Navona invasa da bandiere tricolori<br />
È un dovere denunciare i comportamenti scorretti degli editori<br />
Il Congresso di Bergamo stabilisca la correttezza nei rapporti di lavoro<br />
La situazione non è difficile: è terribile.<br />
Ammetterlo non è un modo per esorcizzare<br />
i problemi. E riuscire ad ammetterlo<br />
con una voce sola è stata una conquista.<br />
Il dovere di essere uniti, tutti, nasce da questa<br />
emergenza lasciando ad altri momenti le diversità<br />
di opinione che possono esserci tra noi (e ci sono<br />
sicuramente) e che debbono essere vissute come opportunità<br />
di arricchimento reciproco. È stato bello vedere<br />
piazza Navona, il 1 luglio 2010, invasa da cittadini<br />
senza bandiere di parte se non quella, il tricolore, di<br />
chi crede in questo Paese e chiede rispetto per i diritti.<br />
Ed è stato bello registrare che questo messaggio è passato<br />
se nella sua prima manifestazione la neo segretaria della<br />
Cgil, Susanna Camusso, nel nome del diritto al lavoro,<br />
ha chiesto di partecipare senza le bandiere di partito.<br />
Chiariamolo subito, il qualunquismo è merce avariata e<br />
inquinante. Le bandiere di partito sono una cosa nobile.<br />
Ma quando - come accadeva, per limitarci alla nostra<br />
professione - si cerca di ledere con il provvedimento sulle<br />
intercettazioni il diritto di tutti, occorre rimuovere<br />
ogni simbolo di parte e valorizzare ciò che unisce.<br />
Non c’è moralità in compensi<br />
da due euro ad articolo<br />
Silenzio vuol dire complicità<br />
La sfida del prossimo anno deve prioritariamente riguardare<br />
un mondo, quello dei non tutelati, ampiamente<br />
maggioritario rispetto a quanti hanno un rapporto<br />
di lavoro subordinato.<br />
C’è una questione morale che deve essere motore<br />
di unità all’interno della categoria<br />
C’è moralità nell’accettare che un collega (non<br />
sempre giovane, come se l’età fosse una sorta di<br />
sciolina che autorizza a far precipitare qualcuno<br />
nell’arbitrio) venga compensato per il suo<br />
lavoro due euro o poco più ad articolo? C’è<br />
moralità nel fingere di credere che co.co.co o<br />
co.co.pro o - so che qualche amico storcerà il<br />
naso - assistenti ai programmi o programmisti<br />
registi o autori testi rispondano pienamente alle<br />
previsioni di legge?<br />
1_2010 dicembre<br />
12<br />
di Enzo Jacopino*<br />
No, non c’è moralità. Semmai il silenzio diventa<br />
complicità nello sfruttamento dei più<br />
giovani e dei più deboli.<br />
Denunciare i comportamenti scorretti degli<br />
editori è un dovere che deve essere onorato<br />
evitando di ragionare per categorie. Ci sono<br />
editori, i quali si occupano legittimamente dei loro interessi,<br />
che non possono essere assimilati a quanti altri<br />
nel mondo dell’informazione agiscono con una disinvoltura<br />
inquietante.<br />
Le sanzioni dell’Ordine<br />
sono la sconfitta di avere fra noi<br />
chi non onora la professionalità<br />
I primi possono essere, debbono essere interlocutori in<br />
un tentativo di varare un codice deontologico che<br />
sanzioni i comportamenti scorretti davanti ai quali fino<br />
ad ora ci sono stati troppi e imperdonabili silenzi<br />
della Fieg. Quando l’Ordine dei giornalisti sanziona un<br />
collega, responsabile della violazione delle norme che<br />
ci siamo dati, onora un dovere nei confronti dei cittadini<br />
e, contemporaneamente, registra una sconfitta,<br />
qual è il fatto che qualcuno tra noi non si comporta come<br />
dovrebbe. Ma l’Ordine lo fa, consapevole che rischia<br />
reazioni negative non solo da parte della politica,<br />
ma anche all’interno della categoria.<br />
Quando Confindustria trova il coraggio di annunciare<br />
l’espulsione di quanti pagano il pizzo lancia un messaggio<br />
nobile a tutta la società, chiarendo che non è terza<br />
nella lotta tra Stato e mafia.<br />
Quando la Fieg non trova la forza di denunciare<br />
i comportamenti scandalosi, che conosce,<br />
trasmette una sensazione di complicità con<br />
uno sfruttamento dei troppi “caporali” che circolano<br />
nel mondo dell’informazione.<br />
Eccola una sfida, per la Fieg e per tutti i giornalisti<br />
(non solo per la <strong>Fnsi</strong>): determinare le<br />
condizioni perché Bergamo segni una svolta e<br />
stabilisca che la correttezza nei rapporti di lavoro<br />
è un valore.<br />
Anche per gli editori. ◗<br />
*Presidente Ordine dei Giornalisti
1_2010<br />
nella galassia dell’informazione<br />
1911- 2011. Contratto da cento anni<br />
Giornalisti apripista del mondo del lavoro<br />
Una rivoluzione nell'Italia post-risorgimentale priva di norme di tutela<br />
Fino al 1910, editori e giornalisti uniti in una sola Federazione della Stampa<br />
Anche in quella occasione una parte della categoria non apprezzò il risultato<br />
Anche il 2011 è un anno di celebrazione<br />
centenaria per la Federazione della<br />
Stampa. Sono infatti trascorsi 100 anni<br />
dalla firma del primo contratto nazionale di lavoro<br />
giornalistico, che è anche il primo contratto<br />
nazionale collettivo di categoria stipulato<br />
in Italia. Un primato nel mondo del lavoro frutto della<br />
capacità dei giornalisti di riconoscersi in un organismo<br />
rappresentativo unitario, a prescindere dalle fedi e dalle<br />
professioni politiche. Sin dagli albori delle prime associazioni<br />
di stampa, la categoria si era posta il problema di<br />
come dare dignità e regolamentazione alla propria professione.<br />
Per anni, nell'ambito dell'Associazione della<br />
Stampa Periodica Italiana (Aspi), la più antica delle associazioni<br />
di stampa e l'antesignana dell'attuale "Romana",<br />
come dell'Associazione Lombarda dei Giornalisti, sorta<br />
a Milano nel 1890 e come nelle altre associazioni territoriali<br />
costituite tra il finire dell'800 e i primi anni del<br />
nuovo secolo, erano stati costituiti collegi probivirali che<br />
avevano il compito di dirimere controversie di lavoro. I<br />
lodi di quei collegi probivirali costituirono i primi mattoni<br />
sui quali sarebbe stato costruito il corpo normativo<br />
del contratto collettivo. Ma in quegli anni, in un Paese com'era<br />
allora l'Italia liberale post-risorgimentale priva di<br />
qualsiasi norma legislativa a tutela del lavoro, nessuno<br />
pensava alla possibilità di arrivare a sottoscrivere tra le<br />
parti interessate, lavoratori e datori di lavoro, un contratto<br />
collettivo che potesse definire i trattamenti normativi.<br />
L'idea era lontana anche dalla mente dei giornalisti che,<br />
pur desiderando individuare norme di tutela collettiva, si<br />
andavano orientando verso la possibilità che fosse il Parlamento<br />
ad approvare una legge sui diritti minimi del lavoro<br />
giornalistico. Lo stesso Presidente dell'Associazione<br />
della Stampa Periodica di Roma, l'onorevole Luigi Luzzatti,<br />
se ne fece promotore, presentando un disegno di<br />
legge in Parlamento firmato da un numero consistente di<br />
parlamentari giornalisti. Quel disegno di legge non fu<br />
mai discusso. Con lo stesso esito, negativo, fu ripresentato<br />
dall'onorevole Gallini nella successiva legislatura e<br />
quando Luigi Luzzatti divenne Presidente del Consiglio<br />
lo fece ripresentare dal suo Ministro di Grazia e Giustizia,<br />
Cesare Fani, anche questa volta senza fortuna.<br />
Quanto più la via legislativa diventava impraticabile, tanto<br />
dicembre<br />
14<br />
Giancarlo Tartaglia*<br />
più i giornalisti si ritrovavano uniti nella volontà<br />
di arrivare ad una soluzione che vedesse<br />
regolamentato il loro lavoro. Abbandonata l'illusione<br />
parlamentare e considerata poco praticabile<br />
la via di una regolamentazione affidata<br />
esclusivamente ai lodi probivirali, iniziò a serpeggiare<br />
l'idea che ci si potesse accordare tra editori e giornalisti<br />
per definire un testo che contenesse le regole<br />
minime e condivise. Questa idea prese corpo grazie anche<br />
al fatto che gli amministratori dei giornali convivevano con<br />
i giornalisti nella stessa Federazione della Stampa. Quando,<br />
poi, nel corso del congresso di Genova nel 1910 gli amministratori<br />
dei giornali quotidiani decisero di costituire<br />
l'Unione nazionale degli editori, apparve chiaro che l'unica<br />
strada percorribile fosse quella della contrattazione collettiva<br />
e così a febbraio del 1911 il Consiglio federale decise<br />
che ci si dovesse impegnare per regolare "i rapporti tra assuntori<br />
e prestatori d'opera giornalistica", "mercé una speciale<br />
convenzione", pur con la formula cautelare "in attesa<br />
e senza pregiudizio della legge". Un passo politico importante.<br />
Nei mesi successivi la Federazione verificò la disponibilità<br />
editoriale fino ad avviare nei primi giorni di giugno<br />
un formale confronto con gli editori. L'8 giugno 1911 veniva<br />
stipulato, con la firma dell'allora Presidente della Federazione,<br />
Salvatore Barzilai, e del capo delegazione degli<br />
editori, Olindo Malagodi, la "convenzione d'opera giornalistica",<br />
il primo vero contratto collettivo: solo otto articoli,<br />
che sia pure modificati, resistono nell'attuale testo<br />
contrattuale. Anche in quella occasione, come spesso sarebbe<br />
accaduto in un secolo di rinnovi contrattuali, una<br />
parte della categoria non apprezzò il risultato ottenuto e<br />
l'acceso dibattito del congresso federale di quello stesso<br />
anno a Torino mise in luce tutte le richieste che non erano<br />
state accolte nella convenzione. Sospinto da questa insoddisfazione<br />
il consiglio generale della Federazione riaprì il tavolo<br />
di confronto con gli editori, arrivando ad accordarsi<br />
finalmente sul testo definitivo della convenzione che fu firmata<br />
il 17 dicembre 1911.<br />
Una data da celebrare e da ricordare come uno dei momenti<br />
più rilevanti nella storia della Federazione della<br />
Stampa, ma anche come data significativa per l'intero<br />
mondo del lavoro nel nostro Paese. ◗<br />
*Direttore generale <strong>Fnsi</strong>
nella galassia dell’informazione<br />
La crisi peggiore del Dopoguerra<br />
da governare in nome del Welfare<br />
L’Inpgi, nonostante tutto, chiude con un avanzo di 61 milioni di euro<br />
Entro giugno 2011 interventi per garantire la sostenibilità di lungo periodo<br />
Giusto considerare l’ipotesi di elevare l’età pensionabile delle donne<br />
La crisi peggiore del Dopoguerra deve<br />
essere governata, aggredita, piegata ad<br />
una idea di futuro, utilizzando tutte le<br />
leve a disposizione, contrattuali, previdenziali,<br />
di welfare e di assistenza. Mentre più di<br />
mille colleghi lasciano le redazioni, forzatamente<br />
per stato di crisi o incentivati ad andare in pensione<br />
in presenza di requisiti maturati, l’utilizzo di<br />
ammortizzatori sociali (disoccupazione, cassa integrazione<br />
e solidarietà) vede un aumento del 35 per cento<br />
toccando la considerevole cifra di oltre 15 milioni di<br />
euro anno. Si allungano i tempi necessari a ritrovare<br />
lavoro, il turn over è bloccato quasi ovunque, per la<br />
prima volta nell’ultimo decennio l’Inpgi registra una<br />
contrazione dei rapporti di lavoro di 267 unità. La negatività<br />
sarebbe stata ancor più pesante se la cosiddetta<br />
area Fieg (meno 475 rapporti di lavoro nel 2010) non<br />
fosse stata in parte compensata dalla crescita degli uffici<br />
stampa pubblici e privati e dal sistema della radiotelevisione<br />
locale e nazionale.<br />
In questo terreno accidentato spicca il bilancio dell’Istituto<br />
che si chiude con un avanzo di oltre 61 milioni<br />
di euro, consolazione non indifferente ma assolutamente<br />
insufficiente a descrivere il contesto in cui<br />
viviamo. Il punto focale non è la tenuta del nostro sistema<br />
nell’occhio del ciclone della crisi, che non è in<br />
discussione, ma gli effetti di questo momento sulle proiezioni<br />
future di sostenibilità, la grandezza della platea<br />
degli iscritti e quindi il grande tema dell’efficienza del<br />
mercato del lavoro, l’efficacia delle future rinnovazioni<br />
contrattuali, il problema della decrescita costante<br />
delle medie retributive.<br />
La categoria e gli Istituti che la rappresentano debbono<br />
stare al centro di questa dinamica, comprenderla profondamente,<br />
mettere in campo strategie sul lungo periodo<br />
e azioni emergenziali usando tutto il ventaglio delle<br />
iniziative possibili. La storia insegna che non si esce da<br />
una crisi strutturale se non si considera una professione<br />
come un sistema di vasi comunicanti.<br />
Gli oltre 2 miliardi e 200 milioni di patrimonio accantonato<br />
dall’Inpgi restano una garanzia, ma la previdenza<br />
si fa guardando ai decenni, la nostra responsabilità è<br />
garantire tra 50 anni non solo buone pensioni, ma an-<br />
1_2010 dicembre<br />
16<br />
di Andrea Camporese*<br />
che livelli di ammortizzazione sociale che non<br />
hanno eguali nel sistema del lavoro italiano.<br />
Disoccupazione a livelli quasi doppi rispetto<br />
all’Inps, mutui e prestiti a tassi inferiori di almeno<br />
due punti percentuali rispetto alla media<br />
bancaria, un’assicurazione contrattuale<br />
contro gli infortuni molto valida, pensioni che si rivalutano<br />
del 2,6 per cento annuo contro il 2 del sistema<br />
generale, un contratto di lavoro che vede crescite economiche<br />
automatiche inferiori rispetto al passato, ma comunque<br />
impensabili per la stragrande maggioranza dei<br />
lavoratori del Paese: tutto questo è il nostro sistema, un<br />
sistema che per essere mantenuto ha bisogno di unità di<br />
intenti, di confronto di idee, non di polemiche. Essere<br />
riusciti a porre in capo allo Stato e, in parte, agli editori<br />
il costo dei prepensionamenti ha evitato un maggior<br />
costo di circa 300 milioni di euro che avrebbe stressato<br />
enormemente il sistema.<br />
Dunque, che cosa si può e si deve fare? Non pretendo di<br />
avere le soluzioni in tasca, né ritengo ci si debba abbandonare<br />
ad inutili totem, allo stesso tempo sento il dovere,<br />
insieme ad un Cda che ha lavorato in straordinaria concordia<br />
in questa temperie, di indicare delle vie.<br />
In primo luogo, alla luce degli indicatori che ho descritto<br />
sinteticamente e del bilancio attuariale appena trasmesso<br />
ai Ministeri vigilanti, serve un’azione determinata e<br />
compatibile di messa in sicurezza dei conti prospettici<br />
dell’Inpgi. La “gobba” negativa dei nostri conti, che conosciamo<br />
da lungo tempo, in forza delle dinamiche descritte<br />
si allunga e si approfondisce. A partire dall’inizio<br />
degli anni ’20 i contributi in entrata non saranno sufficienti<br />
a pagare le prestazioni in uscita determinando<br />
un’erosione del patrimonio accantonato. Chi ci controlla<br />
non mancherà di sottolinearlo, come ha fatto negli ultimi<br />
anni, per questo è stata adottata all’unanimità una<br />
delibera che fissa al 30 giugno 2011 il termine per varare<br />
gli interventi necessari a garantire una sostenibilità<br />
di lungo periodo. Serve un aumento di più punti delle<br />
aliquote previdenziali a carico degli editori, serve uno stimolo<br />
vigoroso al mercato del lavoro attraverso sgravi alle<br />
aziende editoriali che assumono a tempo indeterminato,<br />
serve una riflessione regolamentare che non porti<br />
a tagli delle prestazioni e allo stesso tempo eviti di vederci
imporre una dinamica del sistema generale che potrebbe<br />
essere pesante, inevitabile e non lontana nel tempo.<br />
Da alcuni mesi avanza il confronto con le parti sociali<br />
(<strong>Fnsi</strong> e Fieg) in un clima di responsabilità condivisa che<br />
non può essere sottovalutato. L’aumento delle aliquote<br />
non potrà che essere graduale, spalmato in più anni, sostenibile<br />
nel momento della crisi, evitando una ulteriore<br />
depressione economica del settore. Gli incentivi dovranno<br />
essere importanti, centrati sul lavoro stabile,<br />
evitando, come è accaduto in passato, che possano essere<br />
usati solo come diminuzione del costo del lavoro attraverso<br />
contratti a tempo determinato mai stabilizzati. È<br />
giusto prendere in esame anche un’ipotesi di elevazione<br />
dell’età pensionabile delle donne. Il tema è delicatissimo<br />
e va approfondito in tute le sedi, ma credo che non farlo<br />
potrebbe significare danneggiare in primis le stesse colleghe.<br />
È evidente che il sistema generale presto imporrà<br />
al privato ciò che nel pubblico è stato attuato con il<br />
cosiddetto scalone: elevazione immediata di cinque anni<br />
da 60 a 65. Dal 2015 le pensioni nel sistema generale<br />
saranno automaticamente adeguate alla durata della<br />
nella galassia dell’informazione<br />
vita media, meccanismo che, associato a quello delle finestre<br />
mobili divenute legge con la finanziaria, porterà<br />
le donne ad andare in pensione a 61,5 anni e gli uomini<br />
a 66,5, sempre nel sistema Inps. In questo contesto,<br />
e volendo garantire all’intera platea degli iscritti per i<br />
prossimi 50 anni tutte le condizioni premianti che l’Inpgi<br />
assicura, non agire su questa leva potrebbe significare<br />
pagare un prezzo molto più alto attraverso una imposizione<br />
dall’esterno. Governare questo tema, al contrario,<br />
significa prevedere una riforma graduale e prospettica<br />
fatta di piccoli scalini, una salvaguardia per le 50enni di<br />
oggi, il mantenimento di “vie d’uscita” che nessun altro<br />
ha, basti pensare alla maturazione dei requisiti con 35<br />
anni di versamento, con 40 o attraverso i “vantaggi” previdenziali<br />
del prepensionamento.<br />
Queste linee di intervento, o altre che verificheremo nelle<br />
analisi e nei confronti, non possono essere eluse. Se lo<br />
facessimo non saremmo responsabili, equi, attenti alla<br />
solidarietà tra generazioni. ◗<br />
*Presidente Inpgi
Una professione<br />
molto frammentata<br />
19<br />
nella galassia dell’informazione<br />
Oltre 40.000 giornalisti “invisibili’’ e una vistosa frattura fra lavoro subordinato<br />
e lavoro autonomo. Lo rileva l’indagine di Lsdi Giornalismo: il lato emerso<br />
della professione. Una ricerca sulla condizione dei giornalisti italiani “visibili’’<br />
Pino Rea, Lsdi<br />
Su due giornalisti iscritti all’Ordine solo<br />
uno risulta attivo nella professione (o<br />
almeno è “visibile’’, nel senso che è titolare<br />
di una posizione contributiva all’Inpgi,<br />
in quanto lavoratore dipendente o autonomo),<br />
mentre il lavoro autonomo ha ormai<br />
sorpassato quello dipendente, anche se solo quantitativamente.<br />
Al 31 dicembre 2009 i giornalisti “attivi’’ erano infatti<br />
49.239: il 50,17% degli iscritti all’Ordine se si escludono<br />
albo speciale e stranieri, e il 45,4% se si considerano<br />
anche questi ultimi (complessivamente gli iscritti l’anno<br />
scorso erano 108.437).<br />
Il lavoro dipendente risulta ancora maggioritario, ma<br />
solo formalmente: conta infatti 26.026 giornalisti (il<br />
52,86%), contro i 23.213 autonomi, e se si eliminano<br />
le 6257 posizioni congelate per mancanza di contributi<br />
da almeno un anno (ma in quasi la metà dei casi anche<br />
da più di 5 anni), i subordinati attivi si riducono<br />
a 20.087.<br />
Con i 23.213 autonomi (gli iscritti all’Inpgi2 erano in<br />
realtà 30.170, ma 6.957 posizioni facevano riferimento<br />
a giornalisti dipendenti che svolgevano contemporaneamente<br />
anche lavoro autonomo, risultando quindi<br />
iscritti a entrambe le gestioni) si arriva a 43.300<br />
attivi effettivi.<br />
Una professione frammentata<br />
L’analisi dei dati fornisce il quadro di<br />
una professione frammentata, con status<br />
professionali ed economici molto<br />
vari e con differenze, a volte, molto<br />
profonde fra i vari segmenti che la<br />
compongono. E pone quindi diversi<br />
importanti interrogativi<br />
Primo fra tutti: dove sta e come è composta<br />
l’altra ‘metà’ dei giornalisti iscritti<br />
all’Ordine, quelli che sono completamente<br />
sconosciuti all’Inpgi?<br />
Escludendo pensionati, albo speciali<br />
e stranieri, si tratta di circa 40.000<br />
giornalisti, nella grandissima maggioranza pubblicisti,<br />
visto che professionisti e praticanti sono total-<br />
mente “visibili all’interno dell’Inpgi mentre<br />
dei 62.155 pubblicisti presenti nell’Ordine<br />
solo 4.086 risultano all’Inpgi come<br />
lavoratori dipendenti e 19.626 come<br />
lavoratori autonomi.<br />
La spaccatura fra lavoro dipendente<br />
e lavoro autonomo<br />
Una seconda questione - ‘politica’, sindacale e anche culturale<br />
- nasce dalla conferma (sulla base dei dati) della<br />
vistosa spaccatura fra lavoro dipendente (il lavoro che vive<br />
prevalentemente dentro le redazioni) e lavoro autonomo,<br />
che nell’industria editoriale cresce e diventa sempre<br />
più vitale per la macchina dell’informazione, ma che<br />
non riesce ad acquisire una vera, concreta, dignità professionale.<br />
Una condizione che, nelle fasce più basse e meno protette,<br />
confina visibilmente e si intreccia col precariato dai<br />
2,50 euro lordi a notizia e con tutto quel variegato<br />
mondo del lavoro sommerso che ruota all’esterno delle<br />
redazioni.<br />
Di fronte alla crescita del giornalismo garantito dai contratti<br />
e dagli istituti di categoria, il giornalismo autonomo<br />
ancora annaspa, senza riuscire a trovare uno statuto<br />
- contrattuale e professionale - adeguato alla sua forza<br />
quantitativa, che ormai è pari a quella<br />
del lavoro dipendente. E senza riuscire<br />
ancora, nonostante gli sforzi degli organismi<br />
di categoria, ad entrare nell’area<br />
del giornalismo “garantito”.<br />
Basti pensare che, nel 2009, mentre solo<br />
un lavoratore subordinato su 3 aveva<br />
un reddito annuo inferiore ai 30.000<br />
euro lordi, più della metà degli autonomi<br />
(il 55,25%) dichiaravano un reddito<br />
annuo inferiore ai 5.000 euro.<br />
Un divario che continua ad approfondirsi<br />
e che rappresenta probabilmente il<br />
problema più complesso che tutti gli organismi<br />
di categoria (<strong>Fnsi</strong> in primo luogo)<br />
devono affrontare.<br />
Anche perché i dati sulle prime pensioni da lavoro autonomo,<br />
pur essendo ancora del tutto marginali, non so-<br />
dicembre<br />
1_2010
120.000<br />
100.000<br />
80.000<br />
60.000<br />
40.000<br />
20.000<br />
0<br />
1975<br />
1980 1985 1990 1995 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009<br />
Iscritti all’Ordine dei Giornalisti 1975-2009 Fonte dati: Ordine Nazionale dei Giornalisti<br />
no rassicuranti, visto che il 63% dei trattamenti pensionistici<br />
da Inpgi2 non superano i 500 (cinquecento)<br />
euro lordi annui e solo il 17,4% (124 pensioni dirette)<br />
sono superiori ai 1.000 euro.<br />
Impoverimento delle fasce medie di reddito<br />
Fra il 2000 e il 2009 i redditi della fascia 50-60.000 euro<br />
sono scesi dal 10,13% al 7,77%, quelli 60-70.000 sono<br />
calati da 9,6% a 6,8% e quelli 70-80.000 euro da<br />
7,39% a 6,24%. Mentre sono cresciuti in percentuale gli<br />
stipendi più “ricchi”: dal 9,54% al 12,5% nella fascia da<br />
90 a 130.000 e da 2,8% a 6,22% per i guadagni superiori<br />
ai 130.000 euro.<br />
Nel campo del lavoro autonomo, il 55,25% dei giornalisti<br />
iscritti dichiara complessivamente entrate sotto il<br />
5.000 euro lordi annui, la stessa percentuale (55,01%)<br />
del 2000.<br />
In linea la percentuale fra i Co.co.co, che al 49,5% dichiarano<br />
redditi fra lo zero e i 5.000 euro.<br />
Invecchiamento della professione<br />
Fra i giornalisti subordinati, le posizioni relative a redattori<br />
con meno di 40 anni, che nel 2000 erano oltre<br />
la metà (il 50,67%), sono scese al 40%, mentre quelle<br />
relative a redattori con oltre 50 anni sono passate dal<br />
17,3% del 2000 al 25,77% del 2009.<br />
Per quanto riguarda l’Inpgi2 si registra una netta diminuzione<br />
percentuale, fra il 1997 e il 2009, degli iscritti con<br />
meno di 30 anni (dal 20,2 al 12,18%) e di quelli fra i 30<br />
e i 40 anni (dal 42,37 al 35,19%), accompagnata invece<br />
da un aumento degli iscritti fra i 40 e i 50 anni (dal 22,9<br />
al 29,9%), di quelli fra i 50 e i 60 anni (dal 12,3 al<br />
16,34%) e di quelli con 61 anni e oltre (dal 2,4 al 6,39%).<br />
Avanzano le donne (ma resta il gap economico)<br />
Sul piano del lavoro subordinato, ad esempio, nel 2009<br />
le donne erano il 40,71% - contro il 9,3% del 1975! -,<br />
ma rappresentavano il 43,02% dei rapporti di lavoro nelle<br />
fasce di reddito più basse (entro i 30.000 euro annui)<br />
e soltanto il 15,08% dei salari nelle fasce di reddito alte,<br />
sopra gli 80.000 euro annui.<br />
Un divario che nasconde probabilmente analoghe difficoltà<br />
a livello di carriera.<br />
nella galassia dell’informazione<br />
Gli iscritti all’Ordine<br />
Crescono al sud (dal 16,9% al 24,8%, fra 1985 e 2009).<br />
Relativamente ‘ridimensionate’ Roma e Milano (dal<br />
46% al 42,3% di tutti gli iscritti). Intanto, quasi un giornalista<br />
su due (il 47,8%) è al nord.<br />
Resta costante la prevalenza dei pubblicisti: nel 1975 erano<br />
il 64,33% contro il 32,53%; nel 2009 63,32% contro<br />
23,05% (esclusi i pensionati e i praticanti). Prevalenza<br />
che viene confermata nel lavoro autonomo, dove<br />
i pubblicisti sono il 65% rispetto al 32,2% dei professionisti<br />
(nel 1997 erano il 59%, contro il 40,1%).<br />
A livello di lavoro subordinato i pubblicisti rappresentano<br />
solo il 15,7% degli attivi Inpgi1 (erano comunque solo il<br />
6,23% nel 2001, quando passarono dall’Inps all’Inpgi).<br />
I rapporti di lavoro<br />
Nel campo del lavoro subordinato, i cosiddetti art. 1 sono<br />
cresciuti fra il 2000 e il 2009 del 22,27%, passando<br />
da 14.776 a 18.067. Un incremento relativamente modesto<br />
se confrontato all’aumento generale dei rapporti di<br />
lavoro subordinato, pari nel decennio a 42,94%.<br />
E mentre si registrano lievi oscillazioni per gli art. 2 (collaboratori<br />
fissi subordinati) e 12 (corrispondenti), crescono<br />
in maniera notevole i rapporti ex art. 36 (pubblicisti<br />
part-time nelle redazioni decentrate), passando da 891 del<br />
2001 a 2.892 del 2009, con una progressione del 224,6%.<br />
Un aumento che farebbe pensare anche a un uso sempre<br />
più ampio degli articoli 36 da parte degli editori come<br />
surrogato dell’articolo 1 (ovviamente più costoso) per<br />
redattori utilizzati di fatto a tempo pieno. Lo sviluppo<br />
degli art. 1 si lega alla strategia <strong>Fnsi</strong> di applicazione<br />
contrattuale diversificata per i vari settori editoriali.<br />
Si registra infatti un fortissimo aumento nell’emittenza<br />
locale (da 127 a 2.020 posizioni contrattuali, + 1.490%),<br />
negli enti pubblici (da 211 a 548; +160%). Aumenti più<br />
contenuti, ma pur sempre rilevanti, anche nell’emittenza<br />
nazionale (da 1.214 a 2.029; +67,13%), mentre i<br />
periodici crescono del 28,5% e i quotidiani del 18,4%<br />
(da 6.618 a 7.836). La carta stampata copre sempre però<br />
la maggioranza dei dipendenti: 11.773 su 22.121, il<br />
53,22% (contro il 62,55% del 2000).<br />
Per il lavoro autonomo, nel 2009 i professionisti iscritti<br />
all’Inpgi2 erano il 32,81% (contro il 40,1% del 1997), i<br />
pubblicisti il 65,05% (contro il 59%) e i praticanti (compresi<br />
quelli pubblicisti) il 2,13% (contro lo 0,9%).<br />
Pensioni<br />
Nel 2009 le pensioni Inpgi1 erano 6.495 (5.023 nel<br />
2000, + 29,32%). Un terzo delle quali (il 34,26%) di importo<br />
superiore ai 65.000 euro lordi l’anno, mentre nel<br />
2000 solo il 14,59% superavano i 100 milioni di lire.<br />
Per quanto riguarda le pensioni da Inpgi2 (in tutto<br />
794), il 63% non superano i 500 (cinquecento) euro lordi<br />
annui e solo il 17,4% (124 pensioni dirette) sono superiori<br />
ai 1.000 euro. ◗<br />
21<br />
dicembre 1_2010
23<br />
nella galassia dell’informazione<br />
Formazione. Un antidoto<br />
per resistere e uscire dalla crisi<br />
Serve uno sportello nazionale di consulenza sindacale<br />
ma anche una diffusione di interventi capillare sul territorio<br />
Pensare a un ente bilaterale che agisca azienda per azienda<br />
per resistere alla crisi”. Un “antidoto”<br />
che potrebbe funzionare in questa<br />
“Formare<br />
fase di trasformazione del modo di produrre,<br />
distribuire e consumare informazione. I giornalisti<br />
che lavorano, quelli che il lavoro l’hanno perso e<br />
quanti sono alla ricerca di un primo impiego devono<br />
potere contare su due strumenti: la conoscenza del contratto<br />
di lavoro e delle leggi a tutela della professione;<br />
una formazione professionale permanente. La <strong>Fnsi</strong> nel<br />
corso di questa “legislatura” ha affrontato positivamente<br />
la prima questione. Il Dipartimento Formazione e Comunicazione<br />
e Servizi sindacali, in collaborazione con<br />
l’Inpgi, ha organizzato una serie di seminari su argomenti<br />
contrattuali che hanno coinvolto centinaia di colleghi.<br />
Lavoro a termine, previdenza, lettura della busta<br />
paga, strumenti per la gestione degli stati di crisi, lavoro<br />
autonomo, analisi del nuovo contratto di lavoro, i poteri<br />
dei Comitati di redazione e dei fiduciari, sono stati<br />
tra i temi trattati. Nel frattempo però la legislazione del<br />
lavoro e le norme previdenziali sono cambiate e ancora<br />
cambieranno. La formazione ha quindi bisogno di una<br />
diffusione più capillare. Uno sportello nazionale di<br />
consulenza sindacale potrebbe rappresentare un ulteriore<br />
supporto. Tale sportello in futuro potrebbe coinvolgere<br />
Inpgi, Casagit e Fondo complementare nella<br />
costituzione di un Centro servizi.<br />
La formazione continua dei giornalisti precari, autonomi<br />
e disoccupati trae invece base dall’articolo 4 del Contratto<br />
di lavoro <strong>Fnsi</strong>-Fieg 2009-2013. Si legge: “La Fieg e la<br />
<strong>Fnsi</strong> realizzaranno corsi di aggiornamento professionale<br />
per i giornalisti privi di occupazione o che non abbiamo<br />
un rapporto di lavoro subordinato”. Iniziative di<br />
formazione concordate tra le parti sociali aprono interessanti<br />
prospettive sul versante dell’occupazione. Per dare<br />
gambe alle previsioni del contratto si potrebbe costituire<br />
un Ente bilaterale per la Formazione che veda tra i soggetti<br />
promotori la <strong>Fnsi</strong>, l’Inpgi e la Fieg. La <strong>Fnsi</strong> e le Ars<br />
avevano messo in campo il Formedia, uno strumento locale<br />
per la formazione insediato in Basilicata e curato dall’Associazione<br />
di stampa regionale che ha prodotto una serie<br />
di iniziative e che ora potrebbe essere rilanciato. Infine,<br />
piani di formazione continua, contrattati azienda per<br />
azienda, sono decisivi per non subire le nuove tecnologie.<br />
Nel mese di ottobre, per iniziativa dell’Inpgi, a Roma si è<br />
tenuto un seminario che ha visto riuniti i vertici della professione<br />
giornalistica. Sindacato, e enti economici (previdenza<br />
e assistenza) della categoria hanno proposto di affrontare<br />
in modo coordinato la crisi. E molto si è detto<br />
rispetto alla necessità di formazione sindacale e professionale.<br />
Ora si tratta di rimboccarsi le maniche. Compito del<br />
Congresso sarà fornire idee e risorse per realizzarle. ◗<br />
*Vicesegretario nazionale <strong>Fnsi</strong><br />
**Membro della giunta esecutiva <strong>Fnsi</strong><br />
Un’occasione per emergere<br />
dal precariato<br />
di Enrico Ferri*, Fabio Azzolini**<br />
Stipulata una convenzione tra Confcredito, l’Istituto di Garanzia<br />
più all’avanguardia della regione ed Assostampa Campania,<br />
l’associazione sindacale di categoria unitaria. Grazie alla convenzione,<br />
i giornalisti che intenderanno intraprendere un’attività<br />
in proprio avranno una possibilità in più. L’accordo, infatti, assecondando<br />
i mutamenti sociali, sposa comunicazione, informazione,<br />
cultura, editoria e giornalismo alle nuove esigenze<br />
occupazionali. Alle imprese giornalistiche formate da giornalisti<br />
professionisti e pubblicisti, alle cooperative di addetti alla comunicazione,<br />
vengono offerte le opportunità finora previste solo<br />
per altre categorie di piccole e medie imprese, favorendole in finanziamenti<br />
a tassi agevolati, fidi e fideiussioni previste dall’affiancamento<br />
aziendale a tuttotondo offerto da Confcredito per<br />
le altre categorie di piccole e medie imprese.<br />
Un accordo che coniuga insieme la filosofia di questo confidi, che<br />
ha sedi a Napoli, Salerno, Caserta e Benevento e che ridisegna<br />
la tradizionale ingessatura dell’accesso al credito previsto dal sistema<br />
bancario, e l’analisi di Assostampa Campania, che, consapevole<br />
di quanto la professione giornalistica stia cambiando,<br />
intende mettere a disposizione degli operatori della comunicazione<br />
occasioni nuove. II tutto con particolare riferimento alle<br />
nuove opportunità offerte dalle moderne tecnologie e alla necessità<br />
di fare fronte al precariato della professione giornalistica.<br />
“La convenzione stipulata per consentire ai colleghi che intendono<br />
scommettere su se stessi di accedere al credito agevolato arriva in<br />
un momento particolare di mutazione genetica della professione<br />
sempre più tendente alla libera professione e sempre meno al lavoro<br />
dipendente tradizionalmente concepito. La massima attenzione,<br />
d’intesa con Confcredito, sarà data ai colleghi, sempre più<br />
tecnologicamente professionalizzati che intenderanno inserirsi direttamente<br />
nel mercato dell’informazione e della notizia”, spiega<br />
Enzo Colimoro, Presidente di Assostampa Campania.<br />
Per informazioni:<br />
info@assostampanapoli.it, commerciale@confcredito.it<br />
dicembre<br />
1_2010
Il 12 giugno 2008 il Consiglio<br />
Nazionale dell’Ordine<br />
dei Giornalisti e la<br />
Federazione della Stampa Italiana,<br />
d’intesa con l’Alto<br />
commissariato delle Nazioni<br />
Unite per i Rifugiati<br />
(UNHCR), hanno approvato<br />
la Carta di Roma - Protocollo<br />
deontologico concernente<br />
richiedenti asilo,<br />
rifugiati, vittime della tratta e<br />
migranti. Parte integrante degli<br />
strumenti culturali del giornalismo italiano, la Carta<br />
di Roma promuove una maggiore consapevolezza rela tiva<br />
all’informazione inerente tematiche e soggetti legati all’immigrazione<br />
nel territorio della Repubblica italiana e altrove,<br />
facendo leva sui dettati della Carta dei Doveri del<br />
giornalista e sul criterio deontologico che, all’articolo 2<br />
della legge istitutiva dell’Ordine, invita al rispetto della verità<br />
sostanziale dei fatti osservati.<br />
Le linee guida fornite dalla Carta di Roma pongono l’attenzione<br />
sulla necessità di sostenere un’informazione responsabile<br />
che prenda le distanze da comportamenti non<br />
corretti e superficiali e dalla diffusione di informazioni alterate<br />
o generalizzate, quando non imprecise. Nello spe-<br />
è lo strumento, previsto dal Protocollo<br />
deontologico e promosso dall’Associa-<br />
L’Osservatorio<br />
zione “Carta di Roma” nata per promuovere le<br />
finalità, ed ha l’intento di valorizzare le esperienze di ricerca<br />
diffuse su tutto il territorio nazionale e che coinvolge<br />
numerose Università italiane. Tra queste hanno già<br />
aderito: la Sapienza, la Lumsa, Roma Tre, Pisa, Firenze,<br />
Bologna, Bergamo, Torino, Verona e Palermo. La direzione<br />
scientifica è stata affidata a Mario Morcellini. Partecipano<br />
al progetto anche organizzazioni e Istituti di ricerca<br />
del settore, impegnati in attività di analisi,<br />
formazione e comunicazione riguardanti le diverse di-<br />
nella galassia dell’informazione<br />
Cos’è la carta di Roma<br />
Uno scudo di diritti per chi arriva<br />
Un protocollo deontologico che riguarda chi richiede asilo, i rifugiati, le vittime<br />
della tratta e i migranti. Obiettivo promuovere una maggiore consapevolezza<br />
sull’informazione inerente temi e soggetti riferiti all’immigrazione nel territorio<br />
Roberto Natale, Franco Siddi, Enzo Jacopino,<br />
con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.<br />
cifico, tale strumento chiede<br />
al giornalismo italiano di trattare<br />
questi argomenti con la<br />
massima accortezza soprattutto<br />
per quanto riguarda<br />
l’impiego di termini corretti<br />
dal punto di vista giuridico -<br />
allegando al documento un<br />
piccolo ma fonda mentale<br />
glossario che riporta le specifiche<br />
di ogni status (rifugiato,<br />
richiedente asilo, migrante irregolare<br />
ecc.) - e l’associazione<br />
non appropriate di notizie ai soggetti protagonisti della<br />
notizia stessa, che possano creare danni in termini di<br />
allarmismo ingiustificato e di conseguente indebolimento<br />
della credibilità accordata alla categoria dei giornalisti.<br />
L’impegno dei promotori ha portato, inoltre, all’inserimento<br />
di questi temi tra gli argomenti affrontati nelle attività<br />
di formazione dei giornalisti, che verranno altresì<br />
approfonditi periodicamente attraverso seminari di studio,<br />
all’istituzione di un osservatorio autonomo con il<br />
compito di monitorare l’evoluzione del modo di fare informazione<br />
su tali tematiche e di premi speciali dedica -<br />
ti all’informazione sui richiedenti asilo, rifugiati, vittime<br />
della tratta e migranti. ◗<br />
Un Osservatorio lavora a rapporti annuali<br />
mensioni del fenomeno migra torio come il Cospe (Cooperazione<br />
per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti), l’Agenzia<br />
Redattore Sociale, l’Associazione Lunaria e Paralleli<br />
- Istituto Euromediterraneo del Nord Ovest. Una “Ricerca<br />
nazionale su immigrazione e asilo nei media italiani”,<br />
condotta dalla Facoltà di Scienze della Comu -<br />
nicazione della Sapienza e presentata nel dicembre 2009,<br />
ha costituito il primo step dell’attività dell’Osservatorio<br />
Carta di Roma, mentre le ricerche anticipate in questo<br />
numero saranno poi descritte con maggiore dettaglio nel<br />
rapporto annuale preparato dall’Osservatorio.<br />
Maggiori informazioni: www.cartadiroma.org ◗<br />
25<br />
dicembre<br />
1_2010
nella galassia dell’informazione<br />
Quel che resta di Rosarno<br />
Le cornici interpretative<br />
Come i quotidiani nazi onali hanno cercato di comprendere e spiegare la rivolta di Rosarno?<br />
L’analisi del contenuto degli articoli, della loro disposizione,<br />
della scelta dei titoli, dei termini e delle immagini nella definizione della vicenda<br />
La trattazione del caso Rosarno nei principali quotidiani<br />
nazi onali ha evidenziato l’esigenza della<br />
carta stampata di inquadrare una vicenda presenta -<br />
ta inizialmente, per la sua straordinarietà, in modo allarmistico.<br />
Quattro sono le cornici interpretative emerse<br />
dall’analisi complessiva delle prime pagine, delle sezioni<br />
delegate alla trattazione del tema, dal contenuto e dalla disposizione<br />
degli articoli, dalla scelta dei titoli e delle immagini<br />
e dalla terminologia usata per definire i<br />
protagonisti dei fatti.<br />
L’allarme sociale, nella mag gior parte dei quotidiani, è<br />
stata la cornice interpretativa di riferimento del caso<br />
Rosarno appena i fatti sono accaduti ed è stata definita<br />
dall’uso di una terminologia e di immagini evocative<br />
di un clima di violenza e, in alcuni casi, di vera e<br />
propria guerra civile, delineato da espressioni quali<br />
quelle di “battaglia”, di “una Rosarno messa a ferro e<br />
fuoco”, di “emergenza razzismo”, di “depor tazione dei<br />
neri”. L’atteggiamento di allarme è stato l’approccio iniziale<br />
di molti giornali che poi hanno normalizzato la<br />
presentazione del caso con un’analisi dei motivi e l’individuazione<br />
dei responsabili.<br />
L’analisi dei motivi è risultato il frame maggiormente utilizzato<br />
dai quotidiani per indagare le ragioni alla base<br />
della rivolta degli immigrati. I filoni interpretativi hanno<br />
spazi ato dalle ragioni politico-amministrative alle<br />
implicazioni della criminalità organizzata nel trattamento<br />
riservato ai lavoratori stagionali in Calabria. La<br />
dimensione analitica è emersa an che dalla tendenza ad<br />
Le parole sono pietre<br />
1_2010 dicembre<br />
Pierre Bourdieu ha mostrato quanto sia importante<br />
per un gruppo sociale “il venir nominati”,<br />
ovve ro l’essere catalogati, classificati. In occasione<br />
dei fatti di Rosarno, i primi due titoli de Il<br />
Giornale destano notevole scalpore, per l’uso<br />
del termine “negri”. La scelta, volutamente provocatoria,<br />
sembra “aprire una vertenza” sul linguaggio<br />
e sul politically correct e il caso genera<br />
un ef fetto eco su altre testate che la criticano<br />
in editoriali e commenti. Non solo. Il Giornale, a<br />
questo punto “normalizzandone” l’uso, ricorre al<br />
termine “negri” anche in altre occasioni, ad<br />
esempio: “Sindacati contro immigrati. Sciopero<br />
vietato ai negri” (21/1/2010) in previsione dello<br />
sciopero degli immigrati di marzo.<br />
Il potere di nom inare l’altro è la prima forma di<br />
esercizio di dominio da parte di una maggioranza<br />
su una minoranza o su gruppi svantaggiati,<br />
e la storia e il carico semantico del termine<br />
“negro” lo dimostra, in dipendentemente<br />
dal suo significato strettamente etimologico.<br />
“Negro” è e resta un insulto, negli Usa sareb-<br />
26<br />
Camilla Rumi e Francesca Ieracitano<br />
affiancare agli articoli di cronaca numerose inchieste, reportage<br />
e dossier, volti a contestualizzare gli eventi entro<br />
uno scenario socio-politico e culturale.<br />
Il processo di costruzione sim bolica di un nemico, mai<br />
esplicito né intenzionale, nasce dall’esigenza di individuare<br />
delle responsabilità nello snodo drammatico che han no<br />
avuto le vicende o nella deter minazione delle cause scatenanti.<br />
Tale posizione emerge in maniera molto netta ne<br />
L’Unità con l’articolo “Chi strangola la Calabria”, ne Il<br />
Giornale e, soprattutto, in Libero, che individua l’origine<br />
della rivolta nel fenomeno dell’immigrazione clan destina.<br />
La cornice interpretativa orientata all’intervento e alla<br />
ricerca di possibili soluzioni può, infine, essere distinta<br />
tra la proposta di soluzioni concrete (l’inasprimento<br />
delle leggi sull’immigrazione e l’emanazione di<br />
piani anti-mafia) e l’incentivo alla costituzione di una<br />
nuova mentalità volta al riconoscimento dei diritti<br />
degli immigrati. Su quest’ultima linea si pone L’Avvenire,<br />
così come Il Manifesto e L’Unità, ricorrendo all’uso<br />
di un tono prevalentemente solidaristico nei<br />
confronti degli immigrati (che il quotidiano cattolico<br />
definisce come “schiavi stagionali”, “persone titolari di<br />
diritti”, “fratelli”).<br />
L’insieme degli elementi presi in esame ha, dunque,<br />
contribuito a ricostruire un mosaico di significati sul<br />
quale ha inciso fortemente la linea editoriale di ciascuna<br />
testata, limitando così le chiavi interpretative necessarie<br />
al lettore per comprendere una vicenda complessa<br />
e multidimen sionale. ◗<br />
be più simile a nigger che a ne gro, dove non a<br />
caso si usa black o african american. La correctness<br />
non è altro che il lasciare ai soggetti<br />
“nominati” (almeno) la facoltà di definire quale<br />
linguaggio li offende. Marco Bruno
sistemare mastro dx sx<br />
Rosarno-Italia:<br />
news in fiamme<br />
27<br />
nella galassia dell’informazione<br />
Prime ipotesi di ricerca e interpretazioni sul Caso Rosarno.<br />
Quali le cause della rivolta, qual è stata l’attenzione dell’informazione,<br />
quali le spiegazioni fornite al pubblico?<br />
Il racconto degli avvenimenti accaduti a Rosarno<br />
trova spazio, nelle testate analizzate, dall’8 al 14 gennaio<br />
2010. I fatti di Rosarno, terza cittadina italiana<br />
per densità di stranieri presenti in ordine al numero<br />
degli abitanti e già commissariato per infiltrazioni mafiose,<br />
divengono ben presto un caso mediatico. La rilevazione<br />
di quanto accaduto nel 2010 evidenzia che sulla<br />
stampa il “caso Rosarno” si risolve sostanzialmente in<br />
pochi giorni, contribuendo a tenere alta l’attenzione sul<br />
contesto rosarnese che progressivamente si trasforma da<br />
fatto di cronaca locale a questione nazionale in ordine<br />
alla sicurezza, a introspezione collettiva sulla presenza o<br />
meno di elementi xenofobi nella cultura italiana, fino<br />
all’emersione del caso diplomatico attraverso le accuse<br />
del Governo egiziano. I quotidiani in esame, in un<br />
primo momento si soffermano sulla dimensione emo-<br />
Invertire una tendenza?<br />
Le notizie sull’immigrazione tra quotidianità e “buone pratiche”<br />
Il percorso di ricerca sulle “buone notizie” ricorda che, pur in presenza di criticità<br />
nella rappresentazione dei migranti, un “diverso giornalismo” è possibile<br />
e che distorsioni e semplificazioni non sono inevitabili.<br />
L’Osservatorio ha tentato di analizzare anche gli<br />
esempi positivi rintracciabili nel corpus di materiali<br />
raccolti e a sviluppare la riflessione sulla<br />
buone pratiche di giornalismo in materia di<br />
immigrazioni e diversità. In realtà, su 1540<br />
articoli analizzati, le notizie “non cattive” sono<br />
solo 85, il 5,5% del totale. Un terzo di queste<br />
sono classificabili come neutre: ripor tano fatti<br />
o commenti sull’immigrazione, o aventi per<br />
protagonisti immigrati, che in sé non sono né<br />
positivi né riconducibili a episodi di nera, incidenti<br />
o problemi di sicurezza. Le altre (55,<br />
pari al 3,7% del cam pione) sono le “buone notizie”:<br />
storie di vita o inchieste sulle con dizioni<br />
difficili o ingiuste in cui vivono gli immigrati, che<br />
trattano del riconoscimento dei diritti e di azi -<br />
oni di affermazione positiva, che danno spazio<br />
e voce ai bisogni delle minoranze, a vicende di<br />
integrazione riuscita, emblematiche della convivenza<br />
possibile.<br />
Vi sono poi “buone notizie sul giornalismo”,<br />
quelle che si distinguono per adeguatezza dei<br />
linguaggi e degli stili utilizzati, pur all’interno della<br />
cronaca nera: news che anche per fatti negativi<br />
adottano uno stile non semplificatorio e<br />
che non genera ricadute in termini di stigmatizzazione<br />
di interi gruppi. Ciò è possibile rispondendo<br />
a poche ma efficaci indicazioni:<br />
non limitarsi agli elementi che definiscono l’immigrato<br />
solo in termini di status di soggiorno (irregolare,<br />
clandestino, etc.); evitare, soprattutto<br />
nella titolazione, un linguaggio di estraneità che<br />
accentua la definizione della persona come colui<br />
che “viene dal di fuori”: extra comunitario,<br />
straniero, oppure le varie etichette nazionali (albanese,<br />
rumeno, etc., come sostantivi) che implicitamente<br />
affermano una diversità con la comunità<br />
autoctona. In questi casi l’effetto<br />
(ampia mente mostrato da ricerche sociologiche<br />
e psicosociali) è quello di criminalizzare l’altro<br />
e di accentuare una sup posta diversità “morale”<br />
dei vari gruppi. Limitare, poi, forme linguistiche<br />
che insistono su paura o ansia, ma anche<br />
su pietismo o compassione, oppure toni allar-<br />
Arije Antinori e Luisa Chiellino<br />
tiva dell’evento, evidenziando l’allarme manifestatosi a<br />
seguito della “rivolta” dei migranti, per poi fornire un’informazione<br />
più rassicurante, volta ad interpretare in<br />
modo più analitico l’evento di cronaca in questione,<br />
contribuendo a fornire al lettore una visione più comprensibile,<br />
spesso scegliendo tra le molteplici chiavi interpretative<br />
quella concentrata sull’origine straniera dei<br />
suoi protagonisti o sulle politiche in campo migratorio.<br />
Perché Rosarno diventa un “caso”? I fatti di Rosarno si<br />
sono trasformati ben presto in notizia, risultando mediaticamente<br />
appetibili grazie a una miscela di caratteristiche<br />
quali la spettacolarità, le dimensioni del conflitto<br />
(numero di persone coinvolte, episodi di violenza, significato<br />
simbolico delle immagini) e la forma riot di devianza<br />
collettiva, inconsueta in Italia ma ampiamente riscontrata<br />
a livello internazionale. ◗<br />
mistici o eccessivamente enfatici. Aggiungere<br />
poi alla descrizione, se possibile, pluralità di voci,<br />
ad esempio usando esperti, operatori del settore,<br />
etc. come fonti in grado di fornire dati, informazioni<br />
dettagliate, storie di vita, e,<br />
soprattutto, punti di vista non scontati per affron<br />
tare le notizie sull’immigrazione in modo<br />
originale e attento alla comp lessità.<br />
Si tratta di immag inare la responsabilità della<br />
professione giornalistica verso la diversità<br />
culturale (forte mente voluta dall’approvazione<br />
della Carta di Roma) come un diverso approccio,<br />
in cui i giornalisti (sviluppando in piena<br />
autonomia le proprie pratiche, competenze<br />
e sensibilità) siano agenti responsa bili di<br />
una riflessione profonda sul cambiamento della<br />
società italiana e che af frontino in maniera<br />
proattiva il delicato ruolo di mediazione e di<br />
accompagna mento del nuovo che inevitabilmente<br />
ricade sulle loro spalle.<br />
Marco Bruno, Valeria Lai, Gaia Peruzzi<br />
dicembre 1_2010
nella galassia dell’informazione<br />
D’altro canto, la rivolta dei migranti sem bra evidenziare<br />
un vero e proprio nodo culturale ancora irrisolto, che<br />
car atterizza non solo la Calabria, ma tutta la società italiana:<br />
la presenza degli stranieri e la loro integrazi one. In<br />
ordine alle cause della rivolta non è possibile non porre<br />
l’attenzione su altre criticità sedimentate nel tempo: la<br />
compressione economica che caratterizza il territorio<br />
calabrese, i continui episodi di vessazione cui gli stessi sono<br />
stati sottoposti nel corso degli anni, nonché le condizioni<br />
di povertà e disagio sociale che caratterizzano la<br />
comunità dei braccianti africani e il significativo mutamento<br />
negli ul timi anni delle politiche eu ropee sul settore<br />
agricolo. Tuttavia, vi è da evidenziare un’ulteriore linea<br />
interpretativa, che mette in luce l’anomalia<br />
dell’esplosività del fenomeno rivoltoso proprio in un tessuto<br />
sociale ed economico fortemente governato e culturalmente<br />
condizionato dalla ‘Ndrangheta. ◗<br />
1_2010 dicembre<br />
28<br />
120<br />
100<br />
80<br />
60<br />
40<br />
20<br />
0<br />
7<br />
Totale articoli Aperture<br />
8 9 10 11 12 13 14<br />
gennaio 2010<br />
Il grafico riporta il dato quantitativo dell’attenzione dei giornali<br />
sul caso Rosarno
di Gino Falleri<br />
Siamo arrivati al XXVI Congresso, con scenari<br />
diversi da quelli esistenti alla vigilia di quello<br />
di Castellaneta Marina, e la domanda ricorrente<br />
è sempre la stessa. Cosa è stato<br />
realizzato e quale futuro per i pubblicisti, ovvero<br />
per i collaboratori? Non è agevole fornire<br />
una risposta adeguata. Si può dire che il bilancio non<br />
appare esaltante ed il triennio è stato speso per risolvere<br />
una miriade di vertenze e nella difesa del duplice diritto<br />
di informare ed essere informati. Due diritti fondamentali<br />
che l’ordinamento penale osteggia. È illiberale<br />
mentre la libera informazione è l’unico deterrente contro<br />
il Potere ovunque sia esercitato. Anche in casa nostra<br />
e noi dovremmo essere di esempio.<br />
Il congresso, a parte i bilanci, è sinonimo di confronto,<br />
proposte ed aspettative. Tutto su una base reale e non da<br />
mondo dei sogni, che tenga conto delle vere potenzialità<br />
del Paese a produrre ricchezza. L’editoria nazionale<br />
non vive un momento facile come peraltro i giornalisti.<br />
Senza i contributi pubblici navigherebbe in acque più<br />
agitate e la conseguenza sarebbe l’aumento dei non occupati,<br />
che già sono tanti. Tuttavia il futuro è alquanto<br />
incerto e non solo per l’editoria se si dovesse dare il dovuto<br />
peso ad un articolo sull’euro, apparso su “Affari e<br />
Finanza” dell’ultimo lunedì del passato mese di novembre.<br />
Gli scenari potrebbero essere più che crepuscolari.<br />
Gl’interventi pubblici fanno parte della nostra storia fin<br />
dall’epoca di Beneduce e dell’IRI. Anche negli altri paesi<br />
dell’U.E. si interviene a favore dell’editoria. C’è da registrare<br />
una positiva novità sulle risorse. Nel patto di stabilità<br />
sono stati stanziati cento milioni per cooperative<br />
e fogli di partito ed i contributi verranno erogati sulla base<br />
delle copie vendute e distribuite. Questo significa una<br />
momentanea tranquillità anche per i collaboratori. Poi<br />
ci sono le Regioni che non lesinano sull’informazione.<br />
Si potrebbero suggerire gli stessi metodi. Si forniscono<br />
aiuti se si assumono redattori e collaboratori. Finora una<br />
siffatta regola non è stata aurea.<br />
Ritorniamo ai collaboratori. Le lamentele ci sono come<br />
i problemi. Sulla previdenza era stata adottata una delibera<br />
per esentare chi era sotto quota 3.000 euro, ma è<br />
ferma sul tavolo del ministro Sacconi<br />
Il ministero è su una posizione negativa e non tiene in<br />
considerazione che il sistema contributivo frutta<br />
scarsi redditi. Irrisori si potrebbe affermare.<br />
L’attenzione dei collaboratori è allo stato attuale<br />
puntata sugli irridenti compensi e sulle<br />
occasioni di lavoro in fase calante. L’offerta è di<br />
gran lunga inferiore alla domanda. In prospettiva,<br />
con il costante incremento degli iscritti, potrebbero<br />
scendere ancora. Al riguardo è bene ricordare un articolo<br />
di Guido Besana dal significativo titolo “Cosa ci<br />
fanno centomila giornalisti in Italia”. Si potrebbe affermare<br />
che siamo dinnanzi ad un Muro del Pianto, ma allo<br />
stato attuale trovare soluzioni, al di là del tariffario concordato<br />
con l’Uspi, non sembra facile. Qualcuno sostiene<br />
che occorre una inversione nella politica sindacale: non<br />
più una difesa ad oltranza dell’esistente, ma soggetto protagonista<br />
del nostro futuro. Alla pari che indichi soluzioni<br />
e le imponga. Per esempio, se l’ordine professionale è<br />
indispensabile, l’albo unico. La differenza il tempo pieno<br />
e quello parziale e tutti all’esame di idoneità selettivo. ◗<br />
*Segretario generale aggiunto pubblicista <strong>Fnsi</strong><br />
29<br />
nella galassia dell’informazione<br />
Collaboratori, lavoro in fase calante<br />
È giunta l’ora dell’albo unico<br />
Contributi pubblici erogati in base alle copie vendute e distribuite portano tranquillità a tutti<br />
Poche le soluzioni individuate al di là dei patti di recente sottoscritti con l’Uspi<br />
Attesa per l’esenzione dalla quota sulla previdenza per chi ha compensi inferiori ai 3000 euro<br />
DELEGAZIONI<br />
ANCONA<br />
AOSTA<br />
BARI<br />
BOLOGNA<br />
BOLZANO<br />
CAGLIARI<br />
CAMPOBASSO<br />
FIRENZE<br />
GENOVA<br />
MILANO<br />
NAPOLI<br />
PALERMO<br />
PERUGIA<br />
PESCARA<br />
POTENZA<br />
REGGIO CALABRIA<br />
ROMA<br />
TORINO<br />
TRIESTE<br />
VENEZIA<br />
Collab. Iscr.<br />
31-12-2009<br />
90<br />
43<br />
205<br />
298<br />
49<br />
954<br />
124<br />
277<br />
150<br />
1516<br />
775<br />
408<br />
65<br />
63<br />
189<br />
901<br />
601<br />
835<br />
249<br />
185<br />
TOTALE 7977<br />
dicembre 1_2010
nella galassia dell’informazione<br />
L’altra metà dei giornalisti lavora<br />
strangolata dalla competizione<br />
24 mila colleghi producono informazione sui vari media ma sono privi di regole e certezze<br />
Il lavoro autonomo e il precariato fra i temi centrali del XXVI congresso di Bergamo<br />
Grande il ruolo dei Comitati di redazione per costruire un patto fra dipendenti e collaboratori<br />
Un grande e articolato piano d’azione<br />
per i giornalisti freelance e precari. Che<br />
combini una vertenza nazionale con<br />
gli editori, per ottenere compensi e condizioni<br />
di lavoro dignitosi, diritti certi, prospettive sicure.<br />
Una pressione costante sulle Istituzioni,<br />
per elevare il sistema delle protezioni sociali. E un’alleanza<br />
forte, vera, tra chi sta dentro e fuori dalle redazioni.<br />
Il tema del lavoro autonomo e del precariato nella nostra<br />
professione dovrà essere uno degli argomenti di dibattito<br />
e decisioni politiche centrali, nei quattro giorni<br />
del XXVI Congresso della <strong>Fnsi</strong>. Il punto di partenza per<br />
costruire un sistema dell’informazione più forte, più libero<br />
e più autonomo.<br />
I freelance hanno bisogno di risposte, di azioni, di proposte,<br />
di impegno. E ne hanno bisogno subito. Lo<br />
ripetono da tempo i gruppi spontanei, i movimenti, i coordinamenti<br />
che si sono organizzati in molte aree d’Italia.<br />
E il messaggio, chiarissimo, è arrivato anche dai primi<br />
mesi di lavoro della Commissione per il Lavoro<br />
autonomo, che sulla necessità di trovare soluzioni e<br />
fornire risposte sta improntando la propria azione<br />
(vedere articolo in basso).<br />
Stiamo del resto parlando di un mondo di quasi 24 mila<br />
persone, a fronte di 20 mila contrattualizzati, l’“altra<br />
metà” dell’informazione su giornali, radio, tv, agenzie e<br />
siti internet italiani, stretti tra diritti pochi o nulli e una<br />
competizione senza regole con un esercito di concorrenti<br />
- quei 50-60 mila iscritti all’Ordine di cui non si riesce<br />
a inquadrare l’attività, a cui si aggiungono centinaia, migliaia<br />
di aspiranti giornalisti - pronti a lavorare per<br />
qualche centesimo.<br />
I numeri sulle retribuzioni medie elaboratori da Lsdi nella<br />
sua indagine “Giornalismo: il lato emerso della professione“,<br />
sulla base di dati dell’Inpgi 2, sono eloquenti: un<br />
freelance su cinque nel 2009 ha avuto un reddito pari a<br />
zero e oltre il 55% di lavoratori autonomi e co.co.co. è sotto<br />
i 5 mila euro lordi l’anno. Ma l’elemento che più dovrebbe<br />
far riflettere è l’invecchiamento medio di colleghe<br />
e colleghi iscritti alla Gestione separata dell’Inpgi: nonostante<br />
l’aumento impetuoso del numero complessivo (da<br />
nemmeno 5 mila a oltre 30 mila in 13 anni), la percentuale<br />
degli ultra-quarantenni è salita dal 38% del 1997 al<br />
1_2010 dicembre<br />
30<br />
di Daniela Stigliano*<br />
45% del 2004 fino al 53% del 2009, mentre<br />
i giovani sotto i 30 anni sono passati dal 20%<br />
al 15% e ancora al 12%.<br />
I freelance, insomma, sono oggi quasi sempre<br />
sottopagati e costretti a una lunga vita di<br />
precarietà senza uscita. Eppure, grossa parte<br />
dell’informazione è nelle loro mani. Ma quale tipo di<br />
informazione può essere garantita da chi guadagna<br />
pochi spiccioli a pezzo, quale forza si può opporre alla<br />
prepotenza dei poteri forti, all’invadenza del marketing,<br />
ai diktat della pubblicità? La battaglia per la<br />
dignità del lavoro dei freelance è la battaglia per la libertà<br />
e l’autonomia dell’informazione. Per questo sono<br />
necessari l’impegno e la consapevolezza di tuttti. Quel<br />
patto tra freelance e dipendenti che il Sindacato deve<br />
riuscire a promuovere e governare, attraverso la sensibilizzazione<br />
e il coinvolgimento dei Comitati di<br />
Commissione lavoro autonomo <strong>Fnsi</strong><br />
Un questionario rivolto ai freelance<br />
Un questionario rivolto ai freelance, per elaborare un rapporto-denuncia<br />
sulle loro condizioni di lavoro ed aprire una vertenza con gli<br />
editori. È stato questo il primo impegno operativo, realizzato in autunno,<br />
della Commissione Lavoro Autonomo. L’intento è quello di far<br />
seguire nel 2011 un monitoraggio capillare ed approfondito, con<br />
frequenza annuale, tramite il quale avviare ulteriori iniziative sindacali<br />
e di denuncia.<br />
Parallelamente è stato elaborato un programma per affrontare nei<br />
prossimi mesi varie problematiche irrisolte del lavoro autonomo: le<br />
sottoretribuzioni e la mancaza di un tariffario minimo, i mancati rispetti<br />
delle norme contrattuali, i ritardi nei pagamenti, e la legge della<br />
jungla esistente in settori come l’on line. Il miglioramento delle<br />
collaborazioni con Ordine, Inpgi e Casagit e del welfare per i lavoratori<br />
autonomi; l’apertura di canali di informazione e contatto su<br />
web e di consulenza on line. E il potenziamento dei rapporti (spesso<br />
labili o inesistenti) tra freelance e sindacato.<br />
Si tratta di obiettivi impegnativi, che per divenire realtà necessitano<br />
di un forte e continuativo supporto del sindacato e di tutta<br />
la categoria. Perché incidono drammaticamente sulla vita<br />
quotidiana e sulle prospettive di migliaia di colleghi, i meno tutelati<br />
e senza voce, destinati fra breve a divenire la maggioranza<br />
della professione. E dovrebbe bastare questo elemento per<br />
portare tutti a chiedersi a cosa sta portando la crescente precarizzazione<br />
del giornalismo.<br />
Maurizio Bekar
Classe di età 1997 2004 2009<br />
fino a 30 anni<br />
da 31 a 35 anni<br />
da 36 a 40 anni<br />
da 41 a 45 anni<br />
da 46 a 50 anni<br />
da 51 a 55 anni<br />
da 56 a 60 anni<br />
da 61 a 65 anni<br />
oltre 65 anni<br />
TOTALE<br />
TABELLA FREELANCE<br />
redazione e dei colleghi con responsabilità di desk e coordinamento<br />
redazionale.<br />
Aprire una vertenza a tutto campo con gli editori significa<br />
prima di tutto pretendere che la flessibilità,<br />
quindi il lavoro dei collaboratori e dei contratti a termine,<br />
costi più dei rapporti a tempo indeterminato.<br />
31<br />
nella galassia dell’informazione<br />
Significa stabilire tempi certi, e rispettati, per i pagamenti.<br />
Significa premiare il merito e la qualità. Perché<br />
dalla concorrenza emerga con chiarezza chi questo<br />
mestiere lo sa fare, con professionalità, e deve continuare<br />
a poterlo fare con maggiori garanzie; e chi, invece,<br />
non sarà in grado di sostenere un confronto sul valore<br />
del lavoro e dell’informazione, e sarà costretto ai margini<br />
del giornalismo.<br />
Alla politica, invece, bisogna chiedere nuove norme dello<br />
Stato sociale che ridiano dignità ai freelance e cancellino<br />
il precariato a lungo termine. In questo senso, un<br />
contributo importante potrebbe arrivare dalle due<br />
indagini parlamentari in svolgimento al Senato. La prima<br />
vuole analizzare direttamente le condizioni dei giornalisti<br />
freelance (vedere articolo in basso). Mentre la<br />
Commissione Lavoro di Palazzo Madama ha deliberato<br />
lo scorso 4 novembre di “svolgere un’indagine conoscitiva<br />
sul trattamento normativo ed economico nel settore<br />
dell’editoria”, che comprenderà anche i compensi dei<br />
freelance. ◗<br />
*Vicesegretario nazionale <strong>Fnsi</strong>,<br />
presidente della Commissione per il lavoro autonomo<br />
Iniziativa bipartisan approvata dalla Commissione Lavoro del Senato<br />
Un’indagine parlamentare sulle condizioni dei giornalisti freelance<br />
La condizione dei giornalisti freelance viene<br />
finalmente allo scoperto. Esce dal cono d’ombra<br />
di un’attività sottopagata ma essenziale<br />
al sistema dell’informazione, per diventare<br />
test su scala nazionale.<br />
L’occasione è un’indagine parlamentare promossa,<br />
in chiave bipartisan, dai senatori<br />
Maurizio Castro (Pdl) e Giorgio Roilo (Pd), e<br />
poi approvata all’unanimità da tutta la Commissione<br />
Lavoro, che mette finalmente sotto<br />
la lente la questione dei giornalisti freelance.<br />
Coloro che negli ultimi anni sono<br />
diventati la “maggioranza” tra gli operatori<br />
dell’informazione, ma che senza tutele e con-<br />
959 2816 3675<br />
1141 3664 5241<br />
888 3935 5377<br />
625 2945 5118<br />
471 2143 3899<br />
334 1560 2862<br />
255 1130 2069<br />
108 643 1464<br />
7 12 465<br />
4788 18848 30170<br />
Iscritti alla Gestione Previdenziale Separata 1996 - 2009 distribuiti per anno di denuncia e redditi.<br />
Fonte dati: Archivio Inpgi Posizioni Contributive<br />
tratto, lavorano al di fuori delle redazioni. All’indagine<br />
seguirà un’audizione al Senato alla<br />
quale parteciperanno colleghi freelance di<br />
tutt’Italia che presenteranno le cifre, i contenuti,<br />
le mancanze di una categoria di professionalità<br />
fondamentali che, per dimensioni<br />
e impiego, hanno superato da tempo gli<br />
stabilizzati.<br />
L’iniziativa, voluta e promossa da Re:Fusi Coordinamento<br />
Giornalisti Freelance Veneti, dal<br />
Sindacato dei Giornalisti del Veneto, dalla<br />
Commissione Nazionale Lavoro Autonomo -<br />
<strong>Fnsi</strong>, ha l’obiettivo di sensibilizzare editori,<br />
colleghi, e ovviamente la politica affinché<br />
possa portare all’attenzione dell’opinione<br />
pubblica una questione ormai ineludibile.<br />
La neonata Commissione Nazionale Lavoro<br />
Autonomo ha avviato il monitoraggio della<br />
situazione dei freelance su scala nazionale<br />
attraverso la distribuzione di questionari in<br />
forma anonima. I risultati verranno presentati<br />
in occasione del XXVI Congresso della<br />
<strong>Fnsi</strong> in programma a Bergamo dall’11 al 14<br />
gennaio.<br />
Antonella Benanzato<br />
Commissione Nazionale Lavoro Autonomo<br />
Giunta Sindacato Giornalisti del Veneto<br />
dicembre<br />
1_2010
nella galassia dell’informazione<br />
800 posti di lavoro persi in due anni<br />
Crisi strutturale, redazioni decapitate<br />
Secondo i piani presentati da 58 aziende gli esuberi sarebbero stati oltre mille<br />
Le emergenze sono state gestite attraverso vertenze governate grazie agli strumenti<br />
previsti dal rinnovato contratto nazionale e di intesa con gli editori<br />
Ottocento posti di lavoro persi negli ultimi<br />
due anni. Circa 800 prepensionamenti<br />
che hanno già prosciugato il<br />
fondo di 20 milioni di euro stanziati dal governo.<br />
Sono questi gli effetti della crisi che -<br />
anche a causa del crollo degli investimenti pubblicitari<br />
- ha travolto il mondo dell’editoria. Un bilancio<br />
pesante che poteva però essere ancora più drammatico,<br />
considerando che le 58 aziende che hanno chiesto lo stato<br />
di crisi hanno denunciato oltre un migliaio di esuberi<br />
strutturali, ovvero giornalisti considerati in sopranuamero<br />
anche se ancora lontani dall’età della pensione.<br />
Ottocento carriere stoppate, ottocento storie professionali<br />
sfregiate, ottocento colleghi e altrettante famiglie che<br />
hanno visto cambiare il loro destino nello spazio di un paio<br />
di mesi, legate alla scelta non facile, e nella quasi totalità<br />
dei casi obbligata, tra la cassa integrazione e la pensione<br />
anticipata. Decine di redazioni decapitate, costrette a fare<br />
a meno di professionalità importanti e a sacrifici anche<br />
pesanti (come la cassa integrazione a rotazione o i contratti<br />
di solidarietà) per salvare i posti di lavoro.<br />
L’esperienza diretta ci ha dimostrato quanto possa essere<br />
devastante per le redazioni e per i singoli la gestione<br />
di uno stato di crisi. Di fronte ai bilanci in rosso e alla<br />
pubblicità in drammatico calo, molti editori hanno usato<br />
lo strumento della 416 come mezzo principale per fare<br />
fronte alla crisi, in molti casi cercando un’intesa condivisa<br />
col sindacato nel tentativo di rilanciare le aziende.<br />
Altri, invece, individuato il numero di esuberi utile per<br />
dare ossigeno alle casse, si sono lanciati in ristrutturazioni<br />
che non riuscivano a nascondere il vero obiettivo: abbattere<br />
il costo del lavoro mandando via i giornalisti.<br />
Il sindacato si è così trovato costretto a sostenere una lotta<br />
impari. Con le grandi aziende, sorrette spesso dalla politica,<br />
da un lato, e dall’altro uno sparuto numero di colleghi<br />
impegnati a difendere i posti di lavoro ad uno a<br />
uno, in trattative estenuanti, talvolta dure e “cattive”, per<br />
abbassare il numero degli esuberi, per ridurre il numero<br />
delle casse integrazioni, armati solo di buona volontà<br />
e degli strumenti messi a disposizione dal contratto<br />
(una fortuna averlo firmato!), dalle intese (determinante<br />
l’obbligo per le aziende di versare il 30% di ogni prepensionamento<br />
richiesto), e dalle leggi.<br />
Alla logica della salvaguardia della professionalità e del-<br />
1_2010 dicembre<br />
32<br />
di Luigi Ronsisvalle<br />
la qualità del lavoro giornalistico, le aziende<br />
hanno però quasi sempre contrapposto la<br />
fredda logica dei numeri e del risparmio, con<br />
l’evidente obiettivo di mandare a casa i giornalisti<br />
più anziani che costano troppo ma<br />
con la convinzione ferma di non volere cambiare<br />
strutturalmente il prodotto da offrire ai lettori: in<br />
sostanza meno giornalisti contrattualizzati ma stesso<br />
numero di pagine. Quindi più lavoro per chi resta e<br />
maggiore uso di collaborazioni esterne, precariato nascosto<br />
e sfruttamento di freelance e collaboratori.<br />
In questo quadro deprimente, il sindacato si è impegnato<br />
in negoziati estenuanti, durati settimane e talvolta anche<br />
mesi. In alcune circostanze anche drammatici. Ha lavorato<br />
per cercare di garantire un’uscita quanto più serena,<br />
dignitosa e meno traumatica possibile ai prepensionati,<br />
trattando allo spasimo sul numero degli esuberi,<br />
facendo le pulci ai bilanci delle aziende, mettendo sotto<br />
torchio i direttori sugli organici redazionali falcidiati,<br />
in alcuni casi rifiutandosi di firmare le intese al ministero<br />
del Lavoro perché in disaccordo con Cdr troppo<br />
aziendalisti, ma cercando anche di garantire i colleghi<br />
che restano nelle redazioni spesso avvilite e ridotte all’osso<br />
da questi tagli.<br />
Ecco il paradosso della 416: da un lato c’è chi deve andare<br />
via non volendolo e sapendo di potere dare ancora<br />
tanto alla professione; dall’altro c’è chi deve restare pur<br />
non volendolo, sapendo invece di dovere lavorare di più,<br />
in condizioni difficili e senza alcuna soddisfazione. Nel<br />
mezzo ci sono i più giovani, i precari, il cui destino è legato<br />
al rinnovo, mai scontato, di un contratto a termine<br />
o di una collaborazione. Interessi diversi e contrapposti<br />
tra chi deve uscire e chi spera di entrare stabilmente<br />
nella professione.<br />
Ma questo è oggi il mondo del giornalismo: con 110 mila<br />
iscritti all’Ordine e solo 20 mila contrattualizzati.<br />
Con 24 mila iscritti all’Inpgi 2, di cui oltre la metà con<br />
un reddito inferiore ai 5 mila euro l’anno, e una massa<br />
di giornalisti sconosciuti, che vivono ai margini delle redazioni<br />
e della professione, offrendo competitività al ribasso.<br />
Una situazione esplosiva che tende a peggiorare a<br />
causa delle migliaia di ingressi nella professione permessi<br />
dalla ormai illogica e vetusta legge del 1963 e dalla<br />
miope e totalmente superata politica dell’Ordine.
Intanto però la situazione resta drammatica. Esperienze<br />
devastanti come quella di ePolis devono farci riflettere.<br />
Il fallimento del giornale, ideato da Grauso e portato al<br />
disastro finale da Rigotti, ha creato un buco di quasi 4<br />
milioni di euro di contributi non versati nella casse dell’Inpgi<br />
e di poco meno di un milione nelle casse della<br />
Casagit. A questo danno, già consumato, occorre aggiungere,<br />
dopo il fallimento dell’azienda, anche il pesante<br />
onere che graverà sull’Inpgi per il pagamento delle<br />
ultime tre mensilità, dei Tfr, delle casse integrazioni<br />
e delle disoccupazioni per 136 giornalisti rimasti senza<br />
lavoro. Andando a spanne siamo ben oltre i 15 milioni<br />
di euro. Una cifra inaccettabile che graverà sulle spalle<br />
Coop. RINASCITA<br />
EDISPORT Editoriale S.p.A.<br />
e EDIMOTO s.r.l.<br />
Editoriale DOMUS<br />
ANSA<br />
HEARST - MONDADORI<br />
EDITORIALE DEL MEZZOGIORNO<br />
CORRIERE DEL MEZZOGIORNO<br />
CORRIERE DELLO SPORT S.R.L.<br />
GRUNER UND JAHR MONDADORI<br />
REED BUSINESS INFORMATION<br />
IL SOLE 24 ORE SPA<br />
(quotidiano ed Agenzia Radiocor)<br />
NOVI MATAJUR<br />
LA RINASCITA DELLA SINISTRA<br />
Coop. CARTA<br />
COOPRESS Cooperativa giornalistica<br />
AGA – Agenzia Giornali Associati<br />
ST. PAULS INTERNATIONAL s.r.l.<br />
EDITORIALE CIOCIARIA OGGI<br />
Editrice QUADRATUM<br />
RASSEGNA SINDACALE<br />
GIORNALI E ASSOCIATI SPA<br />
30 GIORNI<br />
L’INFORMAZIONE – IL DOMANI DI BOLOGNA<br />
MAG Editoriale – Dnews<br />
IL MANIFESTO<br />
MRC – LIBERAZIONE<br />
Fallimento TODAY IN LIQUIDAZIONE<br />
IL GIORNALE<br />
13 gennaio<br />
19 gennaio<br />
28 gennaio<br />
29 gennaio<br />
29 gennaio<br />
12 febbraio<br />
22 febbraio<br />
8 marzo<br />
12 marzo<br />
25 marzo<br />
26 marzo<br />
28/4 - 15/9/10<br />
1° aprile<br />
16 giugno<br />
30 giugno<br />
22 luglio<br />
6 agosto<br />
30 luglio<br />
5 agosto<br />
4 agosto<br />
2 agosto<br />
31 agosto<br />
1° settembre<br />
15 settembre<br />
3 novembre<br />
10 novembre<br />
33<br />
nella galassia dell’informazione<br />
di tutti noi e che impone fin d’ora serie riflessioni sulla<br />
difesa che dovremo organizzare per il nostro Istituto di<br />
previdenza e per la Cassa, evitando che editori senza<br />
scrupoli possano condurli al dissesto. Occorrerà essere<br />
molto più attenti e severi. Forse anche cinici. Ma d’ora<br />
in avanti non dovrà più essere permesso ad alcuno di restare<br />
sul mercato violando le leggi e il contratto, sfruttando<br />
il lavoro dei colleghi e appropriandosi illecitamente<br />
dei loro soldi, creando danni così ingenti alle<br />
istituzioni della categoria. Occorrerà intervenire prima.<br />
Molto prima. E con la massima decisione. Ne va del destino<br />
dell’intera categoria. Di tutti noi. ◗<br />
*Vicesegretario nazionale <strong>Fnsi</strong><br />
1 prepensionamento<br />
X EDISPORT: ricorso alla Cigs a rotazione o al contr. di Solidarietà per tutto il corpo<br />
redaz. x 6/8 giornate al mese. X EDIMOTO: Contr. di solidarietà: riduzione impegno<br />
lavorativo ai due giorn. impiegati a tempo pieno (1 o 2 giorni a settimana)<br />
22 esuberi<br />
55 esuberi<br />
2 esuberi<br />
7 unità di cui 4 su Napoli e 3 su Bari<br />
12 giornalisti ex art. 1 - 5 corrispondenti ex art. 12 - 1 giornalista ex art. 2<br />
22 giornalisti in esubero di cui 12 strutturali<br />
18 giornalisti<br />
40 giornalisti (di cui 37 per Quotidiano e 3 per Agenzia Radiocor)<br />
Eccedenza di 2 giornalisti<br />
Richiesta di proroga Cigs per 11 giornalisti<br />
Esubero di 3 giornalisti, di cui 2 prepensionabili<br />
4 unità<br />
2 giornalisti operanti su Club3-Vivere in armonia<br />
30 giornalisti<br />
Chiusura della testata VS con effetto dal mese di marzo 2010 ( 5 giornalisti in<br />
eccedenza) - Rolling Stones : riduzione di 2 unità giornalistiche. - Totale<br />
eccedenze giornalistiche: 7 unità<br />
5 unità<br />
Fallimento<br />
Per n. 1 giornalista Cigs finalizzata al prepensionamento<br />
6 unità giornalistiche<br />
(risultati dalla cessazione delle edizioni di Bergamo e Verona)<br />
20 esuberi<br />
5 eccedenze strutturali<br />
14 giornalisti tutti collocati in Cigs senza rotazione sino al 3 dicembre 2010<br />
che cesseranno il rapporto di lavoro alla data medesima<br />
22 giornalisti ex art. 1 (sedi Milano, Roma e Genova),14 collaboratori ex art. 2;<br />
4 collaboratori art. 12<br />
dicembre 1_2010
nella galassia dell’informazione<br />
I media italiani non trovano<br />
un adeguato modello industriale<br />
Le novità rese possibili da iPad e tablet spingono alcuni a creare applicazioni specifiche<br />
Il processo della convergenza e dell’integrazione è ancora lungo ma va negoziato<br />
Sono necessari contenuti e informazione di qualità per i quali il pubblico sia disposto a pagare<br />
La natura della crisi, strutturale e congiunturale,<br />
che si è abbattuta sul sistema<br />
dell’informazione italiano sta<br />
rilevando alcune caratteristiche qualitative<br />
dell’impresa editoriale che rendono ancora<br />
più fosco di quanto già non sia l’orizzonte<br />
delle prospettive. La più evidente di queste caratteristiche<br />
è l’apparente, si spera, incapacità di costruire, o<br />
anche immaginare, un nuovo modello industriale.<br />
Nonostante la forte sollecitazione messa in campo con<br />
il rinnovo del Contratto Nazionale di Lavoro FIEG<br />
FNSI la multimedialità, per fare l’esempio più evidente,<br />
rimane una parola pressoché vuota.<br />
Tutti attendono che sia qualcun altro<br />
a fare la prima mossa<br />
Nel corso delle innumerevoli trattative per affrontare piani<br />
di riorganizzazione svoltesi nell’ultimo biennio al<br />
momento di parlare di investimenti e sviluppo il modello<br />
più gettonato dalle imprese per impegnarsi sul<br />
web è stato quello della riproposizione in formato elettronico<br />
dei contenuti del giornale cartaceo. Una parte<br />
delle aziende ha proposto un modello in cui il giornalista,<br />
a fianco della sua normale attività, trova il tempo per:<br />
“scrivere dieci righe da mettere in Internet”.<br />
Pochi immaginano una integrazione con i social network,<br />
pochissimi la web tv, l’approccio alla grafica e all’impaginazione<br />
resta quello tradizionale. L’arrivo sul<br />
mercato dell’iPad e degli altri tablet, e la diffusione degli<br />
smartphone, stanno spingendo alcune grandi aziende<br />
a creare applicazioni specifiche, ma l’integrazione resta<br />
lontana e i modelli di business incerti. Nessuno ha<br />
pensato di integrare carta, web, mobile, radio e tv, come<br />
ormai tecnologicamente è possibile nell’era della<br />
convergenza. La povertà della proposta di rilancio va di<br />
pari passo con la scarsa considerazione per il problema<br />
dei contenuti. Che vengono visti come l’ultimo dei tasselli<br />
di un puzzle ancora irrisolto. Eppure il concetto di<br />
“premium” ha ormai fatto breccia nel comune parlare dei<br />
manager, e dovrebbe essere chiaro come solo prodotti di<br />
qualità possono essere remunerativi nel mercato elettronico,<br />
web o broadcasting poco cambia. Certamente<br />
1_2010 dicembre<br />
34<br />
di Guida Besana<br />
il processo della convergenza e dell’integrazione<br />
tra media diversi è ancora lungo, sicuramente<br />
non può avvenire solo per spinta<br />
delle imprese, ma va negoziato. Eppure si<br />
percepisce un ritardo preoccupante, si vive<br />
come in una sospensione in cui tutti attendono<br />
che sia qualcun altro a fare la prima mossa.<br />
Inevitabilmente qualcuno prima o poi darà il via, e in quel<br />
momento si dovrà giocare, in tempi strettissimi, una partita<br />
vitale per il sistema dei media, per la sopravvivenza<br />
delle imprese e, non ultimo, per il mercato del lavoro. In<br />
termini brutali: più sarà il lavoro affidato ai giornalisti più<br />
saranno i posti di lavoro per i giornalisti stessi. È superfluo<br />
spiegare perché ci servono più posti di lavoro, per i<br />
precari, per i disoccupati, per i freelance, per i giovani.<br />
Il rischio di un futuro alla catena<br />
di montaggio del copia e incolla<br />
Bisogna quindi capire quanto lavoro in più può derivare<br />
da questo processo, ma soprattutto quale tipo di lavoro<br />
e quale tipo di posti di lavoro si possono creare. Perché<br />
non è certo auspicabile un futuro alla catena di<br />
montaggio del copia e incolla.<br />
Obiettivo non certo agevole, non avendo ancora un<br />
modello chiaro di impresa su cui modulare le varie esigenze.<br />
Tuttavia è chiaro che un’impresa multimediale<br />
economicamente sana, capace di sostenere il lavoro,<br />
deve poter contare sia sulla pubblicità che sul prezzo<br />
di diffusione.<br />
Sono quindi necessari contenuti per i quali il pubblico<br />
sia disposto a pagare, e nel caso dell’informazione questa<br />
deve essere di qualità e ben scelta. Mai come oggi formazione<br />
e professionalità dei giornalisti diventano essenziali.<br />
◗<br />
*Vicesegretario nazionale della <strong>Fnsi</strong>
nella galassia dell’informazione<br />
EPolis un disastro editoriale<br />
C’erano segnali da troppo tempo<br />
L’azienda scompare nel nulla e non rispetta gli accordi sottoscritti all’inizio di ottobre<br />
Stipendi in ritardo da mesi e totalmente ignorati i collaboratori esterni<br />
Ai giornalisti non resta che l’amara speranza nella cassa integrazione<br />
EPolis, un disastro editoriale annunciato,<br />
del quale c’erano segnali da tempo,<br />
troppo tempo. Ben 108 milioni di euro<br />
di sbilancio che hanno prodotto 146 lavoratori,<br />
tra giornalisti (la stragrande parte, essendo<br />
ben 118) e poligrafici in Cassa<br />
integrazione motivata con la cessazione dell’attività.<br />
I debiti dell’azienda nei confronti dei lavoratori, al momento<br />
della stipula dell’accordo per la Cigs al Ministero<br />
del Lavoro (avvenuta il 7 di ottobre), riguardavano gli<br />
stipendi da giugno a settembre.<br />
Un debito che è enorme anche nei confronti dell’Inpgi,<br />
della Casagit e del Fondo complementare per contributi<br />
non versati. Altro denaro sottratto ai colleghi. Sempre al<br />
Ministero è stata ratificata una intesa raggiunta in sede<br />
sindacale con la quale EPolis spa si impegnava a versare gli<br />
stipendi pregressi ai propri dipendenti secondo una precisa<br />
scansione temporale che avrebbe dovuto concludersi<br />
a fine anno. “Avrebbe”, appunto. L’azienda, infatti, dopo<br />
aver pagato - in ritardo sulla tabella di marcia - quanto<br />
dovuto relativamente al mese di giugno si è fatta di nebbia,<br />
come si usa dire. La data successiva è slittata in continuazione,<br />
poi è scomparsa nel nulla e l’azienda è<br />
diventata muta non dando più segnali di sé.<br />
Un buco da 108 milioni di euro<br />
Pagherà il “Pantalone di turno”<br />
Per non parlare dei collaboratori esterni, non contrattualizzati.<br />
L’azienda, entro 15 giorni dalla stipula delle intese,<br />
avrebbe dovuto fornire un quadro<br />
delle pendenze nei loro confronti<br />
e valutare con il Sindacato come farvi<br />
fronte. Nulla di questo è accaduto<br />
e, quindi, sono legittime le più nere<br />
previsioni per il futuro.<br />
Tutto questo accade mentre il dr. Alberto<br />
Rigotti ipotizza la nascita di<br />
una “EPolis due”, che dovrebbe chiamarsi<br />
EPolis Italia, la quale, sempre<br />
collocata in quel di Cagliari e con<br />
una quindicina di redattori, almeno a<br />
quanto è stato detto, dovrebbe ven-<br />
1_2010 dicembre<br />
36<br />
di Giovanni Rossi*<br />
dere le pagine nazionali a tante rinate EPolis<br />
locali, autonome tra loro, perché editate da<br />
compagini in toto o in maggioranza detenute<br />
da imprenditori individuati in loco. Il Sindacato<br />
dei giornalisti, pur scettico di fronte a<br />
questo embrione di progetto, ha fatto scrivere<br />
nelle intese ministeriali che quelle eventuali “nuove”<br />
redazioni dovranno essere costituite, in via prioritaria,<br />
dai giornalisti della “vecchia” EPolis e riattivando la rete<br />
dei precedenti collaboratori. Sarà anche questa un’intesa<br />
scritta sull’acqua?<br />
Già nei primi giorni di novembre si ipotizzavano nuove<br />
uscite, ma anche in questo caso vi sono state voci su<br />
voci, preannunci vari, ma niente di fatto. Un buco da<br />
108 milioni di euro che ci si domanda come sia possibile<br />
realizzare senza che accada qualcosa prima e che la<br />
dice lunga su come la legislazione italiana abbia più di<br />
una carenza se tutto ciò possa accadere ed i costi ricadano,<br />
come sempre, sul “Pantalone” di turno.<br />
Decine e decine di colleghi<br />
lavoravano nelle testate locali<br />
Nel momento in cui scriviamo la Federazione nazionale<br />
della stampa italiana sta valutando quali siano le più<br />
opportune iniziative anche di natura legale per tutelare,<br />
al meglio possibile, in un simile, drammatico, frangente,<br />
le decine e decine di colleghi che lavoravano nelle<br />
diciannove testate locali la cui vita professionale è<br />
stata travolta dal tracollo del castello di carta rappresentato<br />
da EPolis spa. Ed intanto ha<br />
chiesto al Ministero del Lavoro di<br />
rendere le più rapide possibili le procedure<br />
per la concessione della Cassa<br />
integrazione che è, ad oggi, il più<br />
concreto dei provvedimenti che possono<br />
ridare un minimo di reddito ai<br />
giornalisti che hanno fin qui lavorato<br />
per EPolis. ◗<br />
*Segretario generale aggiunto<br />
della Fsni
1_2010<br />
nella galassia dell’informazione<br />
Uffici stampa: dieci anni di 150<br />
La lunga latitanza dell’Aran<br />
Serve un profilo professionale specifico da inserire nella contrattazione pubblica<br />
L’ostilità dei sindacati confederali al tavolo della trattativa<br />
Il quadro generale tende al pessimismo della ragione ma la <strong>Fnsi</strong> non demorde<br />
Il 2010 è l’anno del decennale della legge 150. Dieci anni<br />
passati invano? Il caso di questa legge e della sua applicazione<br />
è di quelli che richiamano alla mente il detto<br />
gramsciano relativo al “pessimismo della ragione”<br />
contrapposto all’“ottimismo della volontà”.<br />
Aran<br />
(Agenzia per la negoziazione<br />
contrattuale<br />
nelle pubbliche amministrazioni)<br />
Infatti, ci vuole un bel po’ di ottimismo per reggere alla<br />
fatica di Sisifo rappresentata dal tentativo di dialogare<br />
con questa struttura. Prima l’ostilità di un Presidente<br />
coniugata con l’analoga ostilità dei Sindacati<br />
confederali, poi la sola contrarietà dei confederali, malgrado<br />
una sentenza della Magistratura, hanno impedi-<br />
La Valle d’Aosta prepara il contratto<br />
Con un’accelerazione che si è concretizzata questa estate, la Valle<br />
d’Aosta ha regolamentato l’attività di informazione e comunicazione<br />
nell’amministrazione pubblica, recependo, con propria norma,<br />
la “150” dello Stato.<br />
L’Assemblea regionale valdostana si è così attivata mettendo ordine<br />
negli uffici stampa della propria organizzazione, vedi la struttura<br />
in capo a Giunta e Consiglio, e dell’intero comparto unico che<br />
abbraccia comunità montane, comuni e realtà partecipate. Un passaggio<br />
che può aprire le porte a qualche spazio occupazionale a favore<br />
della categoria.<br />
All’interno della legge regionale 94/2010 dello scorso 15 luglio,<br />
“Nuova disciplina dell’organizzazione dell’Amministrazione regionale<br />
e degli enti del comparto unico della Valle d’Aosta”, l’Assemblea<br />
valdostana ha fatto propri due articoli che riguardano nello<br />
specifico gli uffici stampa. Un percorso che ha visto l’Associazione<br />
Stampa Valdostana in prima linea audita, assieme all’Ordine, dalla<br />
commissione regionale competente.<br />
Il giudizio del sindacato di categoria è fondamentalmente positivo,<br />
principalmente perché il Consiglio ha previsto fare riferimento<br />
al contratto nazionale di lavoro giornalistico, a favore degli<br />
effettivi negli uffici stampa, uscendo da una situazione di prolungata<br />
incertezza.<br />
L’Associazione Stampa Valdostana è ora attiva, come sindacato<br />
unitario dei giornalisti, quale interlocutore dell’Amministrazione per<br />
la stesura, nei suoi dettagli, del contratto rivolto ai colleghi attivi<br />
negli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni.<br />
Fulvio Assanti<br />
dicembre<br />
38<br />
to il concretizzarsi di quel confronto che la legge aveva<br />
previsto per la definizione del profilo professionale del<br />
giornalista dipendente pubblico. Non l’applicazione di<br />
un contratto giornalistico pari pari, ma l’individuazione<br />
di un profilo professionale specifico da inserire nella<br />
contrattazione pubblica. Ad un certo punto un tavolo si<br />
è aperto, ma non è riuscito a produrre ancora il sospirato<br />
profilo professionale. Viene da domandarsi: l’Aran,<br />
ancorché commissariata dal Ministero della Funzione<br />
pubblica, batterà il fatidico colpo per dire che c’è ed ha<br />
un proprio ruolo autonomo?<br />
I Sindacati confederali<br />
Neppure un accordo siglato tra la <strong>Fnsi</strong> e le categorie pubbliche<br />
aderenti a Cgil, Cisl e Uil ha messo fino alla sostanziale<br />
ostilità di queste organizzazioni a che i giornalisti,<br />
sulla base di una legge, abbiano il loro profilo<br />
professionale da applicare ai dipendenti pubblici che<br />
svolgono l’attività per la quale sono iscritti all’Ordine dei<br />
Giornalisti. I rappresentanti delle segreterie confederali,<br />
al tavolo comune con l’Aran, hanno disconosciuto<br />
l’accordo <strong>Fnsi</strong>-Funzioni pubbliche di Cgil, Cisl e Uil,<br />
con ciò condizionando fortemente la già debole Aran al<br />
punto che il dialogo per definire un testo propedeutico<br />
al profilo vero e proprio si è bloccato mesi fa. A quando<br />
il riconoscimento vero del valore, nella pubblica amministrazione,<br />
di una informazione professionalizzata?<br />
Anci<br />
Upi<br />
Conferenza delle Regioni d’Italia<br />
di Giovanni Rossi*<br />
Eppure l’esigenza di dare certezze d’inquadramento non<br />
riguarda solo i giornalisti interessati, ma è una forte esigenza<br />
delle amministrazioni pubbliche. Per questo la<br />
<strong>Fnsi</strong> ritiene che la costruzione di un confronto diretto<br />
con chi rappresenta politicamente ed organizzativamente<br />
i Comuni, le Province e le Regioni (ma anche le<br />
Ausl, le aziende pubbliche, le Comunità montane…) sia,<br />
oggi, assolutamente necessario perché qualcosa si muova.<br />
Gli enti locali, il più generale sistema delle Autonomie<br />
che costituisce il tessuto istituzionale del nostro<br />
Paese, hanno bisogno di certezze, anche in questo limi
tato campo, onde evitare contenziosi sindacali, amministrativi<br />
e giudiziari che sono sempre in agguato quando<br />
tutto diventa discrezionale perché si impedisce pervicacemente<br />
di definire una regola generale.<br />
Per tale ragione la <strong>Fnsi</strong> ha avviato incontri e confronti<br />
con le associazioni e gli organi di rappresentanza del<br />
sistema delle Autonomie locali e regionali. Il Sindacato<br />
guarda con estremo interesse ad iniziative come i<br />
protocolli d’intesa siglati in alcune regioni dalle Associazioni<br />
regionali di stampa, come è accaduto di recente<br />
nel Veneto (vedi altro articolo di questo giornale). O<br />
a trattative nelle quali il nostro Sindacato si spende in<br />
prima persona come sta accedendo in Valle d’Aosta (altra<br />
esperienza di cui si parla in questo numero di <strong>Galassia</strong>).<br />
Esperienze che altre Associazioni regionali di<br />
stampa hanno fatto negli anni scorsi. Il risultato di questi<br />
confronti non può certo sostituire il profilo professionale,<br />
ma può produrre indirizzi comuni, orientamenti<br />
condivisi che possono anticiparlo se non,<br />
39<br />
nella galassia dell’informazione<br />
addirittura, aiutare a costruirlo.<br />
Un discorso a parte merita il capitolo Regioni dove sia<br />
pure con una lieve prevalenza viene applicato anche il<br />
contratto di natura privatistica <strong>Fnsi</strong>-Fieg. Si tratta di<br />
consolidare e sviluppare questo orientamento, sempre a<br />
rischio a causa della ostilità di fondo che spesso ci riserva<br />
la burocrazia e dalla ricorrente voglia della politica di<br />
fare del giornalista il proprio portavoce privato.<br />
Conclusioni<br />
Il quadro, inutile negarlo, tende più al pessimismo della<br />
ragione che all’ottimismo della volontà. Eppure c’è un<br />
dato che non va trascurato: ed è la pervicace volontà del<br />
nostro Sindacato di non demordere. La <strong>Fnsi</strong> è coerentemente<br />
impegnata su questo fronte: non perde occasione<br />
di parlarne e di essere promotrice di iniziative. È<br />
sempre a fianco di quelle Associazioni che ne chiedono<br />
l’intervento e l’assistenza.<br />
Fuori da ogni demagogia propagandistica vede anche i<br />
problemi aperti come quelli di alcune centinaia di colleghi<br />
del comparto pubblico che transitando obbligatoriamente<br />
dall’Inpdap all’Inpgi ne hanno avuto un danno<br />
previdenziale.<br />
Ne sono testimonianza le interrogazioni parlamentari in<br />
materia e la stessa proposta di legge (primo firmatario<br />
l’on. Sandra Zampa, una giornalista) che propone una<br />
soluzione del problema. ◗<br />
*Responsabile del Dipartimento Uffici stampa della <strong>Fnsi</strong><br />
Il Sindacato giornalisti del Veneto firma un protocollo d’intesa con AnciVeneto<br />
Fra i punti dell’accordo distinzione fra addetto stampa e portavoce,<br />
obbligo di iscrizione all’Inpgi e di rispetto del welfare di categoria<br />
Un quadro di regole minime per favorire l’applicazione<br />
della legge 150 del 2000 negli uffici<br />
stampa dei Comuni veneti, aiutare l’ente<br />
pubblico nella redazione dei bandi di concorso,<br />
ridurre le incertezze interpretative e il<br />
contenzioso che può derivare. È il significato<br />
del protocollo d’intesa firmato il 15 ottobre a<br />
Cittadella (Padova) da Daniele Carlon, segretario<br />
del Sindacato giornalisti del Veneto, in<br />
rappresentanza anche del Gus, e dal presidente<br />
di AnciVeneto, Giorgio Dal Negro in un<br />
convegno su media e informazione a cui<br />
hanno partecipato anche Giovanni Rossi, responsabile<br />
nazionale uffici stampa della <strong>Fnsi</strong>,<br />
Enrico Ferri, vicesegretario nazionale <strong>Fnsi</strong>,<br />
Mimma Iorio, vicedirettore generale Inpgi,<br />
Maria Fiorenza Coppari, vicepresidente dell’Ordine<br />
dei giornalisti del Veneto.<br />
Riconoscimento del ruolo e della rilevanza dell’attività<br />
degli uffici stampa per garantire un<br />
efficace sistema di informazione e comunica-<br />
zione istituzionale, distinzione tra addetto<br />
stampa e portavoce, obbligo di stipulare contratti<br />
con giornalisti iscritti all’Ordine dei giornalisti<br />
(pubblicisti o professionisti) sia nei<br />
rapporti di lavoro subordinato sia negli incarichi<br />
co.co.co. o con partita Iva. Chiarezza sui<br />
titoli di studio richiesti. Obbligo di iscrizione all’Inpgi<br />
e del rispetto della normativa sul welfare<br />
della categoria.<br />
Sono questi alcuni dei punti fermi ribaditi dall’intesa<br />
a fronte di una realtà non di rado confusa<br />
quando non addirittura fuori regola anche<br />
in una regione come il Veneto che è la sesta in<br />
Italia per numero di addetti stampa pubblici<br />
(63) “ufficiali”. La situazione complessiva fotografata<br />
dall’Inpgi richiede interventi: «L’Inpgi ha<br />
svolto 112 ispezioni in Italia nel comparto pubblico<br />
- ha ricordato Mimma Ioro - comminando<br />
sanzioni per 4,5 milioni di euro. In Veneto le verifiche<br />
hanno interessato 12 enti. Metà delle irregolarità<br />
rilevate riguarda l’errato versamento<br />
contributivo. L’altro 50% invece ha a che fare<br />
rapporti di lavoro formalmente definiti come<br />
co.co.co. ma che invece mascherano a nostro<br />
avviso forme di rapporti di lavoro subordinato».<br />
Per il presidente dell’AnciVeneto (581 Comuni),<br />
Dal Negro, «il protocollo è un passo<br />
avanti importante per accrescere la capacità<br />
di informare di tutti i Comuni, in particolare di<br />
quelli piccoli. Dobbiamo ora estendere all’informazione<br />
gli strumenti previsti dalla legge<br />
per i consorzi e le convenzioni tra Comuni». Da<br />
parte sua, il segretario Carlon, ha ribadito<br />
come «sia indispensabile un quadro di regole<br />
certe in cui muoversi» e ha invitato le amministrazioni<br />
«ad adoperarsi per una maggiore<br />
diffusione e conoscenza dei bandi che talvolta<br />
restano “nascosti”. La professionalità oggi è<br />
più che mai necessaria».<br />
Paolo Francesconi<br />
Dipartimento Uffici stampa<br />
Sindacato giornalisti del Veneto<br />
dicembre 1_2010
nella galassia dell’informazione<br />
Nel mercato multipiattaforma<br />
la Rai rischia il declino<br />
Viale Mazzini potrà contare su 12 o 13 reti ma dovrà riempirle di contenuti<br />
C’è necessità di una governance aziendale libera dalle influenze dei partiti<br />
Risorse: il Governo non sa, o non vuole, affrontare la lotta all’evasione al canone<br />
clamoroso per l’entità della partecipazione<br />
e le proporzioni del dis-<br />
L’esito<br />
senso sull’operato di Mauro Masi ha<br />
come rovescio della medaglia anche una tonica<br />
espressione di fiducia nel sindacato. A<br />
pochi mesi dal congresso di Salsomaggiore che<br />
ha rieletto gli organismi dirigenti l’Usigrai ha rischiato<br />
su un’iniziativa nuova, senza precedenti che poteva non<br />
decollare, ma è stata ampiamente premiata dai colleghi,<br />
che hanno capito come ci si trovi ad un punto di svolta.<br />
Non c’è da cantar vittoria, la gestione Masi è un problema<br />
nel problema e a nessuno deve sfuggire che una crisi della<br />
Rai, oltre ad essere un dramma sociale, avrebbe ripercussioni<br />
molto serie sul sistema della categoria dei giornalisti,<br />
per le conseguenze dirette su Inpgi e Casagit.<br />
La questione del servizio pubblico radiotelevisivo è complessa<br />
a prescindere da chi lo ha diretto molto male nell’ultimo<br />
biennio.<br />
L’appuntamento col futuro è ora. È oggi che si gioca la<br />
partita sul ruolo in Italia del servizio pubblico radiotelevisivo<br />
in un mercato multipiattaforma, caratterizzato<br />
dall’avvento del digtale e dalla convergenza fra web e tv.<br />
L’offerta rischia la polverizzazione, la Rai il declino.<br />
Non ci sarà una concorrenza fra canali ma fra bouquet,<br />
viale Mazzini potrà contare su 12 o 13 reti, dovrà riempirle<br />
di contenuti. Il punto è come? Con quali risorse?<br />
Con quale agilità sul mercato? Con quale autonomia industriale<br />
ed editoriale? In che modo la trasformazione sarà<br />
possibile? Insomma agli antichi nodi se ne aggiungono<br />
di nuovi. Piovono canali, c’è sempre più necessità di<br />
un elemento di naturale regolazione del mercato, che è<br />
quello per cui non conta il profitto, ma la redditività sociale,<br />
dove l’editore non è un privato, ma l’insieme dei<br />
cittadini, ecco perché il servizio pubblico dovrà adeguare<br />
la quantità della sua offerta alle nuove dimensioni, e dovrà<br />
farlo mantenendo gli standard.Per intenderci qualche<br />
replica può starci, ma il cartello che a lungo annuncia<br />
l’inizio di un programma no.Questa operazione<br />
andrà fatta in contemporanea con un’altra: la rivoluzione<br />
tecnologica col rinnovamento di apparecchiture e<br />
strumenti di lavoro, col passaggio, anche nella fase di<br />
preparazione del prodotto, al digitale.<br />
Una vitalità indispensabile è richiesta ad un’azienda in-<br />
1_2010 dicembre<br />
40<br />
di Carlo Verna*<br />
vece strozzata da almeno tre ordini di fattori.<br />
Il primo riguarda la questione dell’autonomia,<br />
di una governance aziendale libera<br />
dalle influenze dei partiti che tirano la Rai da<br />
tutte le parti e non le consentono di intraprendere<br />
una rotta univoca individuata sulla<br />
base di scelte esclusivamente industriali. È un’aria soffocante<br />
quella che si respira, in cui le capacità individuali,<br />
da troppo tempo, sono sopraffatte da scelte effettuate<br />
sulla base dell’appartenenza. C’è poi il secondo<br />
fattore, la natura giuridica. Occorrerebbe una riforma<br />
che consentisse all’azienda di non essere sottoposta a vincoli<br />
simili a quelli che giustamente esistono per le pubbliche<br />
amministrazioni. C’è un pugile, sul ring del mercato,<br />
che combatte con le mani legate. Non c’è match.<br />
E così non c’è neanche futuro. Le preoccupazioni, poi,<br />
arrivano a mille se si considera che il Governo non sa o<br />
non vuole affrontare la lotta all’evasione del canone.<br />
Quasi tre soggetti su dieci,che sarebbero tenuti a pagarlo,<br />
non danno il loro contributo. Se non si interviene,<br />
la Rai finisce nel baratro. Ma sembra che la principale<br />
preoccupazione del Direttore generale sia quella di chiudere<br />
trasmissioni o cancellare Direttori e conduttori,<br />
piuttosto che pretendere attenzione alla questione. È<br />
chiaro che anche noi dovremo essere pronti a fare la nostra<br />
parte, dovremo essere capaci di capire che la sfida col<br />
cambiamento va giocata, perché se si rinuncia si è sconfitti<br />
a priori. Pronti dunque a discutere di di profonde<br />
trasformazioni, ma con premesse chiare:<br />
1) la ricetta contro il malgoverno della Rai non può essere<br />
la svendita ai privati, se una privatizzazione c’è è<br />
l’uso di parte che lottizzazione ed occupazione hanno<br />
determinato;<br />
2) non si può toccare la Rai senza l’autorevolezza che nasce<br />
dall’indipendenza e dall’autonomia;<br />
3) occorre dunque una legge urgente condivisa multipartisan<br />
che separi gestione e controllo, che allontani<br />
la morsa dei partiti, uns orta di disarmo<br />
multilaterale.<br />
È necessario insomma una dose di autonomia e di indipendenza,<br />
è il caso di dire, da cavallo proprio come<br />
quello di viale Mazzini. ◗<br />
*Segretario del sindacato dei giornalisti della Rai, Usigrai
1_2010<br />
nella galassia dell’informazione<br />
Metti una donna ai piani alti<br />
e concedi qualità all’informazione<br />
Il numero delle giornaliste aumenta in modo esponenziale ma in ruoli marginali<br />
La questione delle carriere è centrale per superare il gender gap<br />
Un altro fronte aperto è quello della disparità salariale che pesa anche sulle pensioni<br />
Sarebbe bello poter contribuire alla<br />
rimozione degli ostacoli che si frappongono<br />
alla piena partecipazione<br />
di genere alla vita del sindacato. I diritti acquisiti<br />
con il contratto nazionale e, dove<br />
esistono, con gli integrativi aziendali, rischiano<br />
di essere cancellati da manrovesci<br />
veri e propri se il lavoro è quello delle<br />
donne. Per le quali, come ormai confermano i dati dell’Ordine<br />
e dell’Inpgi, si va verso una parità di presenze<br />
nel mondo dell’informazione. Ma resta ben lontano<br />
dall’essere colmato il gender gap. Paradossalmente, le<br />
catene di prepensionamenti nelle principali aziende<br />
editoriali italiane potrebbero in parte cambiare lo scenario:<br />
la generazione più “matura”, quella prepensionata,<br />
era a prevalenza maschile. Adesso si tratta di<br />
vedere quali saranno le scelte delle diverse aziende editoriali<br />
nel garantire pari accessi alle carriere. E di vigilare,<br />
senza mai stancarsi. Non casualmente l’attenzione<br />
dell’attuale Cpo si è mossa proprio sulle carriere: perché<br />
solo permettendo alle donne di andare verso i<br />
“piani alti” si può intervenire sulla qualità dei mezzi di<br />
informazione.<br />
Mobbing: è auspicabile la costruzione<br />
di un osservatorio d’intesa con la Casagit<br />
Questo è uno degli elementi forti della nostra azione,<br />
chiedendo in primo luogo all’Inpgi di svelare ciò che tutti<br />
sapevamo, cioè le disparità salariali; cercando di avviare<br />
anche con sigle sindacali diverse, di ogni categoria, un<br />
lavoro per incidere sulle attività legislative. Le difficoltà<br />
di rapporto tra le diverse sigle sindacali - in nessun caso<br />
mai con la <strong>Fnsi</strong>, che ha fatto da capofila arrivando a<br />
un’audizione in Senato - non ha permesso di giungere a<br />
un testo unico, ma ha avviato un confronto diretto tra<br />
la Cpo dei giornalisti e quelle delle altre categorie produttive.<br />
Per nostra parte, si è cominciato aprendo un<br />
confronto sui dati di carriere e stipendi con un il gruppo<br />
Repubblica-Espresso; confronto che si intende ripetere<br />
con le altre realtà editoriali e coinvolgendo la Fieg.<br />
L’altro impegno specifico è stato affrontare il tema del<br />
mobbing o, meglio ancora, dei disagi lavorativi. Perché<br />
dicembre<br />
42<br />
di Donatella Alfonso*, Lucia Visca**<br />
in tutti i luoghi di lavoro, e nelle aziende editoriali<br />
come altrove, la qualità della vita lavorativa<br />
è nettamente peggiorata. Da qui la<br />
necessità di garantire, attraverso un la costituzione<br />
di un osservatorio e, tramite un’intesa<br />
con la Casagit, la possibilità di ricorrere a specialisti<br />
che certifichino veri e propri episodi<br />
di mobbing.<br />
Ancora necessario combattere contro<br />
modelli degradanti dell’immagine femminile<br />
E intanto per le donne giornaliste è cronaca quotidiana<br />
vedersela con il ritorno a modelli di immagine femminile<br />
che si confidava fossero superati. Per questo non è<br />
superata l’idea che il sindacato, mentre affronta crisi e<br />
vertenze aziendali, lavori per intervenire su questi modelli<br />
degradanti e degradati dell’immagine femminile.<br />
Infine, ma non per questo marginale, la questione della<br />
partecipazione. È sempre più necessario che a rappresentare<br />
una componente numerosa come quella delle<br />
donne professioniste dell’informazione ci siano più<br />
donne. Questo potrà verificarsi se si avrà chiaro che il lavoro<br />
sindacale serve, a tutte e a tutti, evitando discussioni<br />
burocratiche che guardano, anche se onorevolmente,<br />
indietro, piuttosto che ad una mobilitazione reale su<br />
condizioni di lavoro, rappresentanza, presenza nei luoghi<br />
della decisione, salari e stili di vita.<br />
Partecipazione: più donne nella vita<br />
e le rappresentanze del sindacato<br />
Un obiettivo che non può essere estraneo alle scelte della<br />
segreteria e della giunta <strong>Fnsi</strong>, con le quali è necessario<br />
un rapporto sempre più stretto: la Commissione Pari<br />
Opportunità, nella sua realtà attuale, ha lavorato in questa<br />
direzione. Con l’unico rammarico che alcuni settori del<br />
nostro mondo non abbiano colto appieno la necessità di<br />
questo impegno. Che è invece irrinunciabile. ◗<br />
* Coordinatrice Commissione nazionale Pari Opportunità <strong>Fnsi</strong><br />
** Giunta esecutiva, Presidente Commissione nazionale<br />
Pari Opportunità <strong>Fnsi</strong>
nella galassia dell’informazione<br />
La dura vita del lavoratore<br />
tra certificazione e arbitrato<br />
Le novità introdotte dalla legge 183 permettono di inserire elementi peggiorativi<br />
nei contratti individuali e nei giustificati motivi di licenziamento<br />
Il bisogno di lavoro potrebbe indurre i dipendenti a derogare dai propri diritti<br />
La legge n. 183 del 4 novembre 2010<br />
(pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 9<br />
novembre successivo) ha introdotto<br />
molte novità in materia di diritto del lavoro.<br />
Mi soffermerò brevemente solo su due questioni<br />
tra le rilevanti (la certificazione del contratto<br />
individuale di lavoro e l’arbitrato), con un rapido<br />
e conclusivo accenno al nuovo regime, restrittivo, delle<br />
decadenze. Un contratto certificato dalle apposite commissioni<br />
(già costituite in molte sedi ed altre, con ogni<br />
probabilità, se costituiranno nei prossimi mesi) è un<br />
contratto finalizzato a fissare la volontà delle parti all’atto<br />
dell’assunzione e non consente al lavoratore di<br />
contestare, successivamente, il relativo contenuto. L’istituto<br />
della certificazione, introdotto per la prima nel<br />
2003 (c.d. Riforma Biagi) ha avuto scarsissima diffusione<br />
per i vincoli posti dalla legge al punto di renderlo,<br />
fino ad ora, poco conveniente per le imprese. La nuova<br />
legge tende invece a dare nuovo impulso all’istituto, allargando<br />
notevolmente la possibilità di sua utilizzazione.<br />
Non è stato toccato l’“articolo 18”<br />
ma sarà più facile licenziare<br />
Oggi, oltre alla qualificazione dei contratti le commissioni<br />
potranno, tra l’altro: a) certificare le clausole inserite<br />
nel contratto individuale di lavoro; b) attribuire<br />
piena legittimità alle tipizzazioni di giusta causa e giustificato<br />
motivo di licenziamento inserite nel contratto<br />
individuale; c) attribuire piena legittimità alla clausola<br />
compromissoria che apre la strada all’arbitrato su base<br />
equitativa; d) certificare, altresì, elementi e parametri che<br />
consentono di quantificare il risarcimento per le ipotesi<br />
di licenziamento per il quale non è prevista la reintegrazione.<br />
La legge ha quindi introdotto una forma di derogabilità<br />
assistita. E cioè, attraverso la procedura di<br />
certificazione sarà possibile inserire nel contratto individuale<br />
clausole, elementi e parametri anche peggiorativi<br />
rispetto a quelli stabiliti dalle norme legali e di contrattazione<br />
collettiva (ad esempio in materia di<br />
retribuzione, giorni di ferie, ecc.) posti a tutela del prestatore<br />
di lavoro, eliminando la possibilità di ogni contestazione<br />
successiva.<br />
1_2010 dicembre<br />
44<br />
di Bruno Del Vecchio*<br />
Il famoso “articolo 18” non è stato toccato,<br />
ma attraverso la procedura di certificazione<br />
diventerà quindi più agevole licenziare un lavoratore<br />
in quanto nel contratto certificato,<br />
come visto, potrà darsi piena legittimità alle<br />
“personali” tipizzazioni di giusta causa e giustificato<br />
motivo. La legge, come noto, non pone una definizione<br />
generale di giusta causa o giustificato motivo<br />
di licenziamento. Le relative tipizzazioni sono, a volte,<br />
previste dalla contrattazione collettiva (nel settore giornalistico<br />
l’art. 50 del CNLG ne prevede solo una, la violazione<br />
degli obblighi previsti dall’art. 8 - esclusiva -, rinviando<br />
per il resto alla generale normativa sui<br />
licenziamenti) e definite nel corso degli anni dalla giurisprudenza.<br />
Con la “nuova” certificazione sarà invece<br />
possibile per le parti fissare, nel contratto individuale di<br />
lavoro, ipotesi particolari di recesso, anche molto “lievi”,<br />
ed il giudice sarà quindi vincolato ad esse.<br />
Nel messaggio del marzo 2010, con il quale venne rinviata<br />
alle Camere la legge avente contenuto simile alla presente,<br />
il Presidente della Repubblica mise in evidenza che in<br />
caso di marcato squilibrio di potere contrattuale tra le parti,<br />
la Corte costituzionale aveva avuto già modo di riconoscere<br />
la necessità di garantire l’effettiva volontarietà<br />
delle negoziazioni e delle eventuali rinunce.<br />
È evidente che un lavoratore, allorquando ha l’impellente<br />
necessità di stipulare un contratto, può essere “obbligato”<br />
ad accettare anche alcune clausole peggiorative<br />
rispetto alla generale normativa legale e contrattuale<br />
posta in suo favore. Per questo, l’effettiva soggezione del<br />
lavoratore, soprattutto nel momento in cui inizia a prestare<br />
la sua attività, deve essere contemperata dalla possibile<br />
applicazione di tutte quelle norme di origine comunitaria,<br />
nazionale o di contrattazione collettiva che<br />
negli anni sono state poste a sua tutela.<br />
Una Commissione per attenuare<br />
la debolezza del dipendente<br />
Èquesto un principio di civiltà giuridica che ha oltretutto<br />
un fondamento costituzionale, come ricorda proprio il<br />
Capo dello Stato, che appare violato da questa incisiva<br />
forma di derogabilità assistita, ora introdotta. È vero che
il lavoratore, in sede di certificazione, non è solo dinanzi<br />
al datore di lavoro, ma non si vede come la presenza di<br />
una commissione possa attenuare la sua debolezza. Se<br />
decide di accedere alla procedura, vuol dire che ha già accettato<br />
le proposte del datore di lavoro, eventualmente<br />
condizionato dalle personali necessità.<br />
L’incentivazione all’arbitrato in materia di lavoro (sia privato<br />
che pubblico) è uno degli scopi che il nuovo provvedimento<br />
si propone. Non vi è dubbio che esso potrebbe<br />
essere un valido strumento di deflazione del<br />
contenzioso, ma è necessario che vengano assicurati almeno<br />
due requisiti: a) l’attribuzione della stessa tutela sostanziale<br />
garantita nel giudizio ordinario; b) sostanziale<br />
posizione di equilibrio delle parti.<br />
Insidie e difficoltà dell’arbitrato:<br />
non impugnabile in base al merito<br />
La nuova legge prevede che in caso di arbitrato le parti<br />
devono indicare, tra l’altro, l’eventuale richiesta di decidere<br />
secondo equità e cioè senza la rigorosa osservanza<br />
delle regole di diritto oggettivo. Ma nel complessivo<br />
sistema del diritto del lavoro, dove le norme legali e di<br />
contrattazione collettiva sono essenzialmente poste a<br />
tutela della parte debole del rapporto, un giudizio che<br />
può prescindere da esse si appalesa un giudizio che ipotizza,<br />
di per sé, la concreta possibilità di forte limitazione<br />
di tali tutele. È vero che la nuova disposizione fa salvi<br />
i principi generali dell’ordinamento e i principi<br />
regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari,<br />
ma l’individuazione concreta di tali principi<br />
può risultare estremamente difficile, con una conseguente<br />
ampia discrezionalità degli arbitri. Peraltro, il giudizio<br />
di questi ultimi può essere impugnato solo per motivi<br />
di carattere formale, essendo preclusa una nuova<br />
valutazione di merito.<br />
Sarà possibile farsi assistere<br />
da un legale o un rappresentante sindacale<br />
La procedura arbitrale, secondo quanto stabilito numerose<br />
volte dalla Corte Costituzionale, deve essere una<br />
scelta libera delle parti, ma vi è comunque da considerare<br />
che la libertà del lavoratore, nella pratica, potrebbe<br />
risultare fortemente condizionata. Nella precedente versione,<br />
“bocciata” dal Presidente della Repubblica nel<br />
marzo scorso, la legge confermava, come adesso, la generale<br />
facoltatività del giudizio arbitrale, ma consentiva<br />
nella galassia dell’informazione<br />
la sottoscrizione del relativo vincolo al momento della<br />
firma del contratto “certificato”. Nel nuovo provvedimento,<br />
la sottoscrizione dell’impegno all’arbitrato (che<br />
comunque non può riguardare controversie relative alla<br />
risoluzione del rapporto) è spostata in avanti: non più<br />
all’atto della stipula del contratto ma dopo il superamento<br />
del periodo di prova o, comunque, dopo trenta<br />
giorni. Le preoccupazioni sollevate a marzo dal Capo<br />
dello Stato sembrano così superate solo in minima parte<br />
in quanto, nel caso in cui il lavoratore decida di non<br />
sottoscrivere la clausola, rischia comunque di compromettere<br />
la sua posizione nell’impresa, anche perché è presumibile<br />
che abbia, su proposta del datore di lavoro, assunto<br />
in precedenza un impegno “morale” in tal senso,<br />
un impegno che sarà difficile non onorare, anche se davanti<br />
alle commissioni di certificazione (così prevede la<br />
nuova disciplina) le parti possono farsi assistere da un legale<br />
di fiducia o da un rappresentante sindacale.<br />
Soltanto due mesi di tempo<br />
per l’impugnazione dei contratti in corso<br />
È comunque opportuno sottolineare un ulteriore aspetto<br />
in merito all’arbitrato, che coinvolge direttamente le<br />
prerogative sindacali. La pattuizione delle clausole arbitrali<br />
è possibile solo ove ciò sia già previsto da accordi<br />
collettivi. Ma, in assenza dei medesimi, il Ministro del<br />
Lavoro potrà avocare a sé la determinazione della relativa<br />
disciplina, consentendo così l’inserimento della<br />
clausola arbitrale nei contratti, superando in tal modo le<br />
decisioni assunte dalle parti sociali. Quello dei nuovi termini<br />
di decadenza è un ulteriore capitolo che meriterebbe<br />
di essere approfondito. Le novità sono molte. Sono<br />
stati previsti, tra gli altri, termini ristretti per azionare<br />
una causa di licenziamento e contestare la legittimità dei<br />
contratti a termine. A quest’ultimo proposito (il precariato<br />
nell’editoria, come in altri settori, è molto utilizzato),<br />
si deve sottolineare che le nuove norme si applicano<br />
anche ai contratti in corso e, addirittura, a tutti<br />
quelli già conclusi. Per quelli in corso e per i successivi<br />
che verranno stipulati, vi è un termine brevissimo per<br />
l’impugnazione (sessanta giorni dalla loro conclusione);<br />
per quelli già conclusi, anche da tempo, il termine è di<br />
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della nuova<br />
legge. Gli interessati dovranno quindi fare molta attenzione<br />
- e subito - se non vogliono precludersi la possibilità<br />
di agire. ◗<br />
* Giuslavorista<br />
45<br />
dicembre 1_2010
PRESIDENTE:<br />
Andrea Camporese<br />
VICE PRESIDENTI:<br />
Maurizio Andriolo (vicario), Alberto Donati<br />
DIRETTORE GENERALE<br />
Tommaso Costantini<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
VICE DIRETTORE GENERALE VICARIO<br />
Mimma Iorio<br />
<br />
<br />
Ulteriori informazioni sono disponibili nel sito http://www.inpgi.it
La Casagit va verso un bilancio con un<br />
importante attivo. Parliamo di previsioni,<br />
prudenti che consigliano altrettanta<br />
prudenza nello snocciolare numeri.<br />
Alcune cifre sono già “girate” ma i conti, per<br />
quanto importantissimi, non sono tutto. Ci<br />
sono elementi più immediati che in questi mesi abbiamo<br />
percepito. I colleghi hanno accettato le nuove regole,<br />
prima fra tutte quella sui tempi di consegna delle<br />
pratiche per i rimborsi, in modo assolutamente maturo<br />
e consapevole. Hanno sopportato, tutto sommato con<br />
poche lamentele, che i tempi di rimborso nei mesi scorsi<br />
si allungassero. Era prevedibile che la rincorsa a “spedire”<br />
tutto per non correre rischi determinasse un fenomeno<br />
di “ingolfamento”.<br />
Su 49 mila giornalisti attivi a fine 2009<br />
poco più della metà usufruiscono<br />
dell’assistenza sanitaria integrativa<br />
Oggi siamo tornati alla normalità, intorno ai 60 giorni<br />
“di calendario”, quello vissuto e sopportato era un passaggio<br />
inevitabile. La struttura, gli uffici, si sono mobilitati<br />
in modo forte per smaltire “pile” di pratiche -<br />
talvolta imponenti - che si accumulavano sulle scrivanie.<br />
Ad agosto la Casagit non ha chiuso neanche un<br />
giorno e al sabato mattina molti impiegati si sono presentati<br />
al lavoro per mantenere “bassi” i tempi. Ma<br />
quello che ci attende è anche più complesso. Abbiamo<br />
iniziato ad affrontare in concreto due temi importanti<br />
per il nostro futuro: quello di un aggiornamento dello<br />
Statuto e una riforma che ci permetterà di rendere più<br />
aperta, conveniente e duttile Casagit 2. Le Commissioni<br />
sono all’opera per mettere a punto una proposta di riforma<br />
statutaria da portare all’Assemblea Nazionale di<br />
maggio. Per la Casagit 2 una o più formule verranno<br />
condivise con tutti i colleghi in un giro d’Italia, in primavera,<br />
in tutte le Consulte. Cosa vogliamo ottenere?<br />
Una semplificazione delle regole della Casagit, innanzitutto,<br />
ma anche rendere questo strumento di Welfare di<br />
categoria più rispondente alle trasformazioni che i giornalisti<br />
italiani hanno vissuto in quasi 40 anni. Nel caso<br />
di Casagit 2, quella volontaria che non riguarda i colleghi<br />
contrattualizzati e a fronte di costi più contenuti<br />
nella galassia dell’informazione<br />
Casagit. Welfare della categoria,<br />
un obiettivo da costruire con l’Inpgi<br />
Le nuove regole sono ben sopportate dai colleghi e cominciano a dare frutti<br />
Ora ci aspettano la riforma dello Statuto e l’offerta ai non contrattualizzati<br />
Si lavora anche a interventi di sostegno alla natalità e per i colleghi anziani<br />
di Daniele Cerrato*<br />
offre minori coperture, riteniamo debba diventare<br />
uno strumento in grado di accogliere<br />
quanti, pur vivendo di giornalismo, non<br />
hanno contratti che rendono stabili i loro<br />
redditi. Tanti free lance, tantissimi collaboratori<br />
che guadagnando poco e in modo discontinuo.<br />
Più di altri necessitano di una copertura<br />
assicurativa sanitaria in grado di mettere al riparo i loro<br />
redditi da eventuali pesanti esborsi dovuti a problemi di<br />
salute. Sotto l’ombrello della Casagit, con regole nuove<br />
che non mettano in discussione l’equilibrio dei conti,<br />
devono trovar posto anche i meno garantiti di una categoria<br />
costretta a confrontarsi con regole di mercato<br />
aggressive e nessuna tutela. Basti pensare che alla fine<br />
del 2009 risultavano attivi come giornalisti, con una posizione<br />
contributiva Inpgi (Inpgi 2 compresa) oltre<br />
49.000 colleghi. Poco più della metà risultano iscritti<br />
alla Casagit. Mancano i tanti che vorrebbero ma non<br />
possono, che guardano dai vetri. Ci attende uno sforzo<br />
di fantasia ma soprattutto, ancora una volta, di solidarietà<br />
concreta. Questi due importanti obiettivi non sono<br />
però soli. Di sfondo, ma in modo sempre più concreto<br />
e incalzante, c’è la trasformazione del nostro sistema Sanitario<br />
Pubblico. L’Italia sta facendo i conti, regione per<br />
regione, con il peso economico della Sanità. Sta emergendo<br />
una sorta di “controriforma” sanitaria. Maturata<br />
negli ultimi anni e sotto governi di segno opposto, sta<br />
portando ad una differente disponibilità di servizi alla<br />
persona. Costringe, più che convince, ad utilizzare sempre<br />
più le vie dell’intramoenia o di prestazioni in clinica,<br />
a pagamento.<br />
Il decreto Sacconi fissa criteri<br />
che già sono nella nostra vocazione<br />
I conti ci portano verso il futuro<br />
Dobbiamo attrezzarci anche per questa nuova fase. In<br />
collaborazione con l’Inpgi abbiamo iniziato a ragionare<br />
di “Welfare di categoria” mettendo insieme le competenze<br />
dei due enti chiamati ad assicurare pensione e tutela<br />
della salute ai giornalisti italiani. Il Decreto Sacconi<br />
ha fissato i connotati dei Fondi Sanitari dando un’identità<br />
precisa al nostro ruolo. In cambio del mantenimento<br />
della deducibilità fiscale del nostro contributo<br />
47<br />
dicembre 1_2010
1_2010<br />
nella galassia dell’informazione<br />
chiede di rispondere alla missione dell’assistenza sanitaria<br />
in via esclusiva e la capacità di destinare almeno il<br />
20% della spesa per quei capitoli che la Sanità Pubblica<br />
non ha mai affrontato o finirà col non poter più supportare.<br />
I giornalisti italiani, che hanno già enti separati<br />
per previdenza e assistenza sanitaria, si trovano avvantaggiati<br />
rispetto ad altre professioni che guardano alla<br />
nostra esperienza con crescente interesse. La possibilità<br />
di lavorare con le energie di entrambi gli istituti per un<br />
unico Welfare di categoria potrebbe dare frutti interessanti.<br />
Un esempio possibile, sebbene tutto da verificare,<br />
potrebbe riguardare le residenze per giornalisti anziani:<br />
AUMENTA<br />
LA TUA PENSIONE!<br />
TRASFERISCI AL FONDO<br />
IL TFR PREGRESSO<br />
SE SEI ISCRITTO AL FONDO PENSIONE COMPLEMENTARE DEI GIORNALISTI DA<br />
GENNAIO 2007 SEI TENUTO A FAR CONFLUIRE SULLA TUA POSIZIONE IL TFR CHE<br />
MATURA DI ANNO IN ANNO, MENTRE IL TFR MATURATO SINO AL DICEMBRE 2006<br />
RIMANE PRESSO LA TUA AZIENDA E TI SARÀ EROGATO AL MOMENTO DELLA<br />
RISOLUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO.<br />
SE VUOI PUOI DESTINARE AL FONDO ANCHE IL TFR PRECEDENTE, QUELLO ACCANTONATO IN<br />
AZIENDA. LO PUOI FARE SEMPLICEMENTE CON UN ACCORDO CON IL TUO DATORE DI LAVORO<br />
CHIEDENDO DI TRASFERIRE AL FONDO IL TUO TFR.<br />
L’AGENZIA DELLE ENTRATE E LA COVIP, COMMISSIONE DI VIGILANZA SUI FONDI PENSIONE COMPLEMENTARE,<br />
HANNO DATO UNA CONFORME INTERPRETAZIONE DELL’ART.8 COMMA 1 DEL DLGS 5 DICEMBRE 2005 N.252,<br />
CONFERMATA NELLA LEGGE FINANZIARIA PER IL 2008 (LEGGE N.244/2007) E CHIARITO CHE È POSSIBILE<br />
TRASFERIRE AI FONDI PENSIONE COMPLEMENTARE ANCHE IL TFR PREGRESSO ACCANTONATO PRESSO<br />
L’AZIENDA DI CIASCUN LAVORATORE.<br />
dicembre<br />
WWW.FONDOGIORNALISTI.IT<br />
48<br />
investimento immobiliare per l’Inpgi e impegno sanitario<br />
garantito da Casagit. Altre attenzioni, più specifiche<br />
della Cassa, potrebbero riguardare il capitolo della<br />
natalità con un sostegno nei primi tre anni di vita da<br />
erogare nel caso di parto avvenuto a carico del SSN,<br />
quindi senza costi per la Casagit. Un dibattito appena<br />
iniziato che ha però già chiaro l’obiettivo: consolidare e<br />
far evolvere un welfare già importante. Per queste ragioni<br />
un bilancio positivo conta più dei numeri che presenta.<br />
Dice che abbiamo l’energia per affrontare le sfide<br />
che ci attendono. ◗<br />
*Presidente Casagit
nella galassia dell’informazione<br />
Il Fondo giornalisti ha spalle solide<br />
ma non tutti colgono l’opportunità<br />
Uno scudo contro l’impoverimento delle pensioni di chi oggi è ancora giovane<br />
A tutela dei più deboli abbiamo chiesto di poter accogliere tutti i giornalisti<br />
Gli editori prendono tempo e non ne vogliono sapere di precariato e free lance<br />
Preoccuparsi è opportuno, disperarsi<br />
dannoso, incentivare la disperazione<br />
criminale. Non c’è dibattito ormai in<br />
cui qualcuno non affermi con voce cupa “I<br />
giovani ormai la pensione se la sognano”. Col<br />
risultato di disincentivare i meno avvertiti<br />
della nuova generazione dall’investire sul proprio futuro.<br />
Più onesto invece è distinguere fra sostenibilità economica<br />
e sostenibilità sociale. La tenuta del sistema previdenziale<br />
italiano e di categoria (Inps ed Inpgi), inteso<br />
come primo pilastro, non è in discussione; quello che si<br />
modifica è il tasso di sostituzione, cioè il rapporto fra<br />
entità della pensione ed entità dello stipendio, che potrà<br />
arrivare al 50%. Cioè gli attuali giovani con le attuali<br />
regole prenderanno, secondo le proiezioni, più o meno<br />
la metà dell’ultima loro busta paga. Quindi il problema<br />
sarà non “se” ma “quanto”; da qui la preoccupazione per<br />
la sostenibilità sociale, ovvero per le conseguenze che<br />
redditi pensionistici bassi avranno sul tenore di vita dei<br />
futuri anziani. Non proseguo oltre sui destini del primo<br />
pilastro - ci pensa già ottimamente il presidente dell’Inpgi-,<br />
ma come responsabile del Fondo da qui parto per<br />
sottolineare presso i colleghi l’indispensabile costruzione<br />
d’un secondo vitalizio.<br />
Il nostro Fondo ha spalle solide, costi bassissimi, investimenti<br />
sicuri e trasparenti, buoni rendimenti. Non lo<br />
dico io, lo dicono gli analisti, lo conferma la Covip. Però<br />
ovviamente il Fondo gestisce quel che c’è. E se i colleghi<br />
non versano, perché non vogliono non sanno o<br />
non possono, ovvero se prelevano sino al 75% dell’accantonamento,<br />
come peraltro<br />
è loro diritto, la conclusione<br />
è che non resta loro<br />
granchè per costruirci sopra<br />
una rendita. Vediamo la casistica.<br />
Chi conosce l’opportunità<br />
e non vuole iscriversi<br />
ne ha, ovviamente, piena facoltà;<br />
tuttavia è nostro dovere<br />
istituzionale non dico<br />
insistere, ma almeno offrire<br />
tutte le informazioni e gli aggiornamenti<br />
perché la deci-<br />
1_2010 dicembre<br />
50<br />
di Marina Cosi*<br />
sione sia ponderata. Chi invece non conosce<br />
i benefici dell’iscrizione al Fondo va raggiunto<br />
ed informato e su quest’opera di divulgazione<br />
da una parte ringraziamo le Associazioni<br />
territoriali e dall’altra sollecitiamo i<br />
Comitati di redazione (informateci sui nuovi<br />
contratti, anche a termine, chè poi ci pensiamo noi a<br />
contattare i colleghi...). E chi infine non può? Chi è un<br />
articolo 12 o un part-time o un disoccupato e guadagna<br />
poco o punto? Redditi bassi e carriere professionali a singhiozzo<br />
sono la vera tragedia di un’intera generazione di<br />
lavoratori, alla quale il lavoro giornalistico purtroppo<br />
non si sottrae. Sembrerebbe che su questo punto il Fondo<br />
non possa che allargare le braccia. Invece due idee ce<br />
le siamo fatte venire, ma gli editori le osteggiano, per cui<br />
abbiamo bisogno dell’appoggio di tutti i colleghi. Le due<br />
proposte si basano su altrettanti principi ben noti al bagaglio<br />
sindacale: opportunità e solidarietà.<br />
Bisogna creare delle nuove opportunità perché poi saranno<br />
i lavoratori a battersi per averle applicate a sé. Da<br />
qui la nostra richiesta di aprire il Fondo a tutti i giornalisti,<br />
non importa che tipo di contratto abbiano (già<br />
ora si è ottenuto, grazie alla normativa sul Tfr, che possano<br />
aderire anche i contrattualizzati ex articoli 2, 12 e<br />
36) o soprattutto non abbiano.<br />
Gli editori fanno le barricate, non vogliono l’ingresso dei<br />
freelance, perché sanno che prima o poi dovranno confrontarsi<br />
con la marea montante del precariato e la mutata<br />
organizzazione del lavoro, nonché coi vincoli europei,<br />
ma intanto prendono tempo. Comunque un passo<br />
avanti importante l’abbiamo fatto, ottenendo il consenso<br />
dell’ente vigilante. Non ci sono precedenti? Potremmo<br />
rappresentarlo noi. Quanto alla solidarietà, la nostra<br />
ipotesi non è la tradizionale mano tesa intra-professionale:<br />
orizzontale (perequazione o aiuti fra chi è in difficoltà<br />
e chi può) oppure verticale (fra diversi scaglioni retributivi<br />
o fra pensionati e occupati). Bensì vorremmo<br />
varare una solidarietà “sociale”, dove la generazione dei<br />
padri fornisce a quella dei figli un salvadanaio su cui costruire<br />
una decente previdenza. Basta consentire ai soci<br />
di iscrivere al Fondo i figli, con proprie posizioni distinte<br />
e finché non siano a carico. Fa bene ai giovani, fa bene<br />
al fondo, fa bene al cuore. ◗ *Presidente Fpcgi.