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Galassia - Fnsi

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sommario<br />

nome rubrica nella galassia dell’informazione<br />

nella galassia dell’informazione<br />

nella galassia dell’informazione<br />

in primo<br />

Con la qualità della<br />

nostra professione<br />

abbiamo combattuto<br />

e vinto<br />

piano<br />

di R. Natale<br />

08 10<br />

in primo 14<br />

Fieri del nostro<br />

piano<br />

passato siamo pronti<br />

1911-2011.<br />

ad agire al futuro<br />

Contratto da cento anni<br />

di F. Siddi<br />

di G. Tartaglia<br />

04<br />

04<br />

05<br />

05<br />

06<br />

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08<br />

10<br />

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23<br />

25<br />

Solo un giornalismo di qualità<br />

può affrontare la crisi globale<br />

Pirovano, Presidente Provincia<br />

Tentorio, Sindaco di Bergamo<br />

Malvestiti, Pres. Camera di Commercio<br />

I delegati al XXVI Congresso <strong>Fnsi</strong><br />

Calendario svolgimento<br />

lavori XXVI Congresso<br />

Fieri del nostro passato<br />

siamo pronti ad agire al futuro<br />

di Franco Siddi<br />

Con la qualità della nostra professione<br />

abbiamo combattuto e vinto (per ora)<br />

di Roberto Natale<br />

Stare uniti nell’emergenza<br />

Silenzio complice dello sfruttamento<br />

di Enzo Jacopino<br />

1911- 2011. Contratto da cento anni<br />

Giornalisti apripista del mondo del lavoro<br />

di Giancarlo Tartaglia<br />

La crisi peggiore del Dopoguerra<br />

da governare in nome del Welfare<br />

di Andrea Camporese<br />

Una professione molto frammentata<br />

di Pino Rea<br />

Formazione. Un antidoto<br />

per resistere e uscire dalla crisi<br />

di Enrico Ferri, Fabio Azzolini<br />

Cos’è la carta di Roma<br />

Uno scudo di diritti per chi arriva<br />

29<br />

30<br />

32<br />

34<br />

36<br />

38<br />

40<br />

42<br />

44<br />

47<br />

50<br />

Collaboratori, lavoro in fase calante<br />

È giunta l’ora dell’albo unico<br />

di Gino Falleri<br />

L’altra metà dei giornalisti lavora<br />

strangolata dalla competizione<br />

di Daniela Stigliano<br />

800 posti di lavoro persi in due anni<br />

Crisi strutturale, redazioni decapitate<br />

di Luigi Ronsisvalle<br />

I media italiani non trovano<br />

un adeguato modello industriale<br />

di Guido Besana<br />

EPolis un disastro editoriale<br />

C’erano segnali da troppo tempo<br />

di Giovanni Rossi<br />

Uffici stampa: dieci anni di 150<br />

La lunga latitanza dell’Aran<br />

di Giovanni Rossi<br />

Nel mercato multipiattaforma<br />

la Rai rischia il declino<br />

di Carlo Verna<br />

Metti una donna ai piani alti<br />

e concedi qualità all’informazione<br />

di Donatella Alfonso e Lucia Visca<br />

La dura vita del lavoratore<br />

tra certificazione e arbitrato<br />

di Bruno Del Vecchio<br />

Casagit. Welfare della categoria,<br />

un obiettivo da costruire con l’Inpgi<br />

di Daniele Cerrato<br />

Il Fondo giornalisti ha spalle solide<br />

ma non tutti colgono l’opportunità<br />

di Marina Cosi<br />

3<br />

Nella <strong>Galassia</strong> dell’Informazione<br />

Bimestrale della <strong>Fnsi</strong><br />

Federazione Nazionale Stampa<br />

Italiana – Sindacato unitario dei<br />

giornalisti italiani<br />

Corso Vittorio Emanuele II, 349<br />

00186 Roma (Italia)<br />

telefono +39-06-690081 (20 linee)<br />

fax +39 06-71444<br />

segreteria.fnsi@fnsi.it<br />

www.fnsi.it sito@fnsi.it<br />

Direttore responsabile<br />

Francesco Angelo Siddi<br />

Direzione, Redazione e Amministrazione<br />

Corso Vittorio Emanuele II 349<br />

00186 Roma (Italia)<br />

Stampa e Fotocomposizione<br />

Mediagraf Spa<br />

Stabilimento di Roma SO.GRA.RO.<br />

Via Ignazio Pettinengo 39 - 00159 Roma<br />

Sede legale:<br />

Viale della Navigazione interna 89<br />

35027 Noventa Padovana (Pd)<br />

Progetto grafico e Impaginazione<br />

Cohibadesign - Roma<br />

Fotografie<br />

Gianfilippo Oggioni, Studio F.N.,<br />

Angelo Palma, Foto A3 Srl<br />

Hanno collaborato a questo numero:<br />

Donatella Alfonso, Fabio Azzolini,<br />

Guido Besana, Andrea Camporese,<br />

Daniele Cerrato, Marina Cosi,<br />

Bruno Del Vecchio, Gino Falleri,<br />

Enrico Ferri, Enzo Jacopino, Pino Rea,<br />

Luigi Ronsisvalle, Giovanni Rossi,<br />

Daniela Stigliano, Carlo Verna,<br />

Lucia Visca.<br />

Finito di stampare nel mese di dicembre 2010<br />

dicembre<br />

1_2010<br />

aprile 0_2010


nella galassia dell’informazione<br />

Solo un giornalismo di qualità<br />

può affrontare la crisi globale<br />

Non si può pensare di uscire dall'emergenza solo con i tagli all’occupazione<br />

Occorrono iniziative lungimiranti da parte degli editori<br />

Il XXVI congresso della stampa italiana si svolgerà a<br />

Bergamo dall’11 al 14 gennaio 2011, nel centro<br />

congressi Giovanni XXIII. I lavori inizieranno nel<br />

pomeriggio di martedì 11. Il congresso sarà inaugurato<br />

con l’intervento<br />

del Presidente del<br />

Senato Renato<br />

Schifani.<br />

Sempre nel pomeriggio<br />

di martedì è<br />

prevista la costituzione<br />

e l’insediamento<br />

dell’ufficio<br />

di presidenza, le<br />

elezioni del presidente<br />

e dei due vicepresidenti<br />

del<br />

congresso e la nomina<br />

dei questori e della commissione per il coordinamento<br />

degli ordini del giorno.<br />

Nella mattina di mercoledì 12 i lavori si apriranno con la<br />

relazione del Segretario Generale, cui seguiranno gli interventi<br />

dei rappresentanti dell’Inpgi, della Casagit, del-<br />

Pirovano Presidente Provincia<br />

“Le eccellenze della nostra terra”<br />

Per un’amministrazione pubblica come la Provincia di<br />

Bergamo che crede fortemente nella comunicazione,<br />

nell’importanza di coinvolgere i media e, ancor più, i cittadini<br />

per informare e promuovere quanto l’Ente fa per<br />

il territorio, è un privilegio il fatto che proprio Bergamo<br />

possa ospitare un congresso di tale rilevanza per la stampa<br />

nazionale.<br />

Ci compiacciamo pertanto, che la Federazione nazionale<br />

della Stampa abbia preferito il nostro capoluogo ad altre<br />

sedi, puntando evidentemente oltre che sul fascino<br />

indiscusso di Bergamo, sulle tante potenzialità che la città<br />

offre a cominciare dalla facilità d’accesso grazie all’aeroporto<br />

di Orio, all’autostrada e alla ferrovia. Peculiarità<br />

che, amplificate dallo sforzo delle istituzioni locali<br />

1_2010 dicembre<br />

4<br />

speciale congresso<br />

l’Ordine e del Fondo di Previdenza Complementare, mentre<br />

nel pomeriggio ci saranno le relazioni del Presidente del<br />

collegio dei probiviri e della commissione verifica poteri.<br />

Il dibattito congressuale proseguirà anche nella giornata<br />

di giovedì 13 e<br />

nella mattinata di<br />

venerdì 14. Alle<br />

12.00 di venerdì<br />

è prevista la replica<br />

del segretario<br />

generale e nel pomeriggio<br />

le votazioni<br />

dei documenti<br />

e l’inizio<br />

delle operazioni<br />

di voto per l’elezione<br />

degli organi<br />

federali. Nella<br />

mattinata di sabato 15 si riunirà il nuovo consiglio nazionale<br />

per l’elezione del presidente della <strong>Fnsi</strong> e della<br />

giunta esecutiva. Al congresso partecipano 312 delegati<br />

in rappresentanza delle 20 associazioni regionali di<br />

stampa federate. ◗<br />

per aprire gli orizzonti a una<br />

prospettiva internazionale,<br />

negli anni hanno fatto in<br />

modo che Bergamo si sia<br />

affermata sempre più come<br />

Ettore Pirovano*<br />

luogo privilegiato all’accoglienza<br />

congressuale e di grandi eventi.<br />

Siamo sicuri, quindi, che in queste cinque giornate di lavori,<br />

giornalisti e relatori avranno la possibilità di godere<br />

dell’ospitalità che Bergamo sa offrire, grazie alle tante<br />

proposte d’arte, di turismo e di ottima cucina, tanto da<br />

diventare, a loro volta, testimoni delle eccellenze della<br />

nostra terra. ◗<br />

*Presidente della Provincia di Bergamo


speciale congresso<br />

Tentorio, Sindaco di Bergamo<br />

“Giornalisti con mente e cuori appassionati”<br />

ÈÈ davvero con grande piacere che Bergamo si<br />

prepara ad ospitare il XXVI Congresso nazionale<br />

<strong>Fnsi</strong>, in programma il prossimo gennaio<br />

Sono certo che la Città saprà accogliervi nel migliore dei<br />

modi, con l’ospitalità della sua gente e con le sue bellezze<br />

artistiche, aprendosi alla vostra curiosità nei momenti di<br />

svago che avrete a disposizione.<br />

Personalmente ritengo che l’importanza dell’informazione<br />

sia fondamentale per un’Amministrazione comunale,<br />

perché ci aiuta a portare a conoscenza dei cittadini<br />

le iniziative e i programmi che di volta in volta<br />

vengono realizzati. Ma grazie ai media riceviamo anche<br />

suggerimenti e critiche, utili soprattutto se volti ad un<br />

miglioramento del nostro operare.<br />

Ringrazio la Federazione Nazionale della Stampa<br />

per avere scelto Bergamo quale sede del XXVI<br />

congresso della sua storia. La <strong>Fnsi</strong> torna a celebrare<br />

un suo congresso in Lombardia, a distanza di<br />

oltre 20 anni dalla edizione, la ventesima, che si svolse<br />

a Bormio nel 1989. E che sia Bergamo ad accogliervi<br />

in questa nuova occasione è per noi motivo di profonda<br />

soddisfazione.<br />

Lo fate in un anno particolare per la nostra città. Le celebrazioni<br />

per i 150 anni dell’Unità d’Italia porranno infatti<br />

l’accento anche sul significativo contributo che questo<br />

territorio, con la partecipazione di molti bergamaschi<br />

alla spedizione dei Mille, ha offerto alle aspirazioni di libertà,<br />

unità e democrazia di quel periodo storico.<br />

E noi conosciamo l’importante contributo che la vostra<br />

Federazione, sin dalla sua costituzione nel 1908, ha offerto<br />

alle aspirazioni di democrazia di questo nostro<br />

paese, accompagnando l’Italia nei suoi cambiamenti,<br />

con grandi testimonianze di libertà e civiltà democratica,<br />

mantenendo fermi i valori di organizzazione libera,<br />

unitaria, pluralista.<br />

E anche questo vostro XXVI congresso si colloca in un<br />

periodo di significativi mutamenti, che coinvolgono le<br />

istituzioni del nostro paese, il loro funzionamento.<br />

Da mesi stiamo inoltre affrontando un periodo economico<br />

particolarmente difficile che richiede alle imprese<br />

Stiamo vivendo un periodo<br />

caratterizzato da trasformazioni<br />

profonde nel mondo<br />

della comunicazione e ritengo<br />

che proprio in questo<br />

momento, come ricordato<br />

Franco Tentorio*<br />

da Papa Benedetto XVI, ci<br />

sia bisogno di giornalisti con mente e cuore appassionati,<br />

ma anche con la professionalità di operatori competenti<br />

e dotati di mezzi efficaci.<br />

Se posso provare una sintesi conclusiva, oso dire che al giornalista<br />

è attribuita una delle missioni più importanti del vivere<br />

civile, quella di informare il pubblico sulla verità. ◗<br />

*Sindaco di Bergamo<br />

5<br />

nella galassia dell’informazione<br />

Malvestiti, Pres. Camera di Commercio<br />

“La libertà di informazione è condizione essenziale”<br />

e alle istituzioni vicine ad<br />

esse, come la Camera di<br />

Commercio, coraggio nell’affrontare<br />

le difficoltà del<br />

momento, nel sostenere innovazione<br />

e ricerca, per il<br />

comune benessere.<br />

Mutamenti e innovazioni<br />

che coinvolgono, e a volte Giovanni Paolo Malvestiti*<br />

colpiscono, anche le modalità<br />

e l’esercizio della vostra professione e che richiedono<br />

anche a voi di misurarsi con i problemi ma anche le opportunità<br />

che vi vengono posti dalle innovazioni della tecnologia<br />

e dalla informazione globale.<br />

Il mio personale augurio è che lavori del vostro congresso,<br />

anche in questa occasione, sappiano rispondere<br />

in modo adeguato alle sfide del momento, non perdendo<br />

mai di vista ciò che è un valore fondante della<br />

vostra organizzazione: la libertà di informazione è una<br />

condizione essenziale perché un Paese continui ad operare<br />

in democrazia.<br />

Un compito non facile, forse proprio per questo più esaltante<br />

per voi, certamente esso rappresenta un impegno<br />

essenziale al servizio della democrazia, dei cittadini e delle<br />

imprese di questo nostro Paese. ◗<br />

*Presidente della Camera di Commercio<br />

dicembre<br />

1_2010


1_2010<br />

nella galassia dell’informazione speciale congresso<br />

I delegati al XXVI Congresso <strong>Fnsi</strong><br />

Ancona<br />

Professionali<br />

Blasi Maurizio, Rossi Giovanni, Severini Piergiorgio, Varagona Vincenzo,<br />

Vitali Raffaele<br />

Collaboratori<br />

Bellini Giuseppe, Carnevali Agnese<br />

Aosta<br />

Professionali<br />

Assanti Fulvio Angelo, Macchiavello Giorgio, Porta Cristina, Romagnoli<br />

Enrico<br />

Collaboratori<br />

Mileto Francesco<br />

Bari<br />

Professionali<br />

Frallonardo Michele, Lorusso Raffaele, Martellotta Bepi, Matarrese<br />

Rosaria, Mazzarino Giuseppe, Sgambati Patrizia, Strippoli Francesco<br />

Collaboratori<br />

Campanella Roberta, Doronzo Luciana, Fiorella Raffaele<br />

Bologna<br />

Professionali<br />

Amaduzzi Marina, Benvenuti Giorgio, Bersani Serena, Borsari Riccardo,<br />

Casalengo Maria Luigia, Galba Camillo, Gardenghi Marco, Guagneli<br />

Valter, Leone Giorgio Maria, Picca Cesario, Rossi Giovanni, Zurlini<br />

Gianluca<br />

Collaboratori<br />

Barberini Pietro, Buono Sarah, Croce Gianluca<br />

Bolzano<br />

Professionali<br />

Angelucci Marco, Bert Chiara, Boccardi Roberta, Bortolin Sandra, Cerone<br />

Rocco, Cortese Marco, Wallisch Stefan<br />

Collaboratori<br />

Gottardi Udalrico<br />

Cagliari<br />

Professionali<br />

Birocchi Francesco, Farina Emiliano, Lasio Massimiliano, Paolini Paolo,<br />

Scano Daniela, Siddi Francesco Angelo, Spano Fausto, Tabasso<br />

Celestino, Carmelo<br />

Collaboratori<br />

Cossu Maria, Fiori Francesco, Fois Gesuina, Garrucciu Antonio, Girau<br />

Mario, Manunza Leyla, Masia Lucio, Porcu Andrea<br />

Campobasso<br />

Professionali<br />

Alberico Alfredo, Guazzo Gianmarco, Luongo Vincenzo, Ricci Stefano<br />

Collaboratori<br />

Formichella Michele, Vignale Monica<br />

Firenze<br />

Professionali<br />

Aterini Lucia, Bennucci Sandro, Ciampi Paolo, Fabbri Stefano, Fatucchi<br />

Marzio, Lozito Cristiano, Manzotti Michele, Mori Paolo, Paoli Luigi, Poli<br />

Simona, Vanni Pierandrea<br />

Collaboratori<br />

Bisogni Nazzareno, Contrafatto Claudio, Mascalchi Lucia<br />

dicembre<br />

6<br />

Genova<br />

Professionali<br />

Azzolini Fabio, Casaccia Mauro, Casazza Andrea, Costante Alessandra,<br />

Famà Natalino, Lava Pierpatrizia, Preve Marco, Zinola Marcello,<br />

Collaboratori<br />

Feleppa Giuseppina, Po Franco<br />

Milano<br />

Professionali<br />

Abruzzo Francesco, Acquaviva Piergiorgio, Alberizzi Massimo, Ambrosi<br />

Bruno, Andriolo Maurizio, Artioli Denis, Aspesi Natalia, Baiocchi<br />

Giuseppe, Barbacetto Gianni, Benati Fabio, Besana Guido, Bianchi Sara,<br />

Calvenzi Giovanna, Cavalera Fabio, Chiarelli Paolo, Cosi Marina, Crosti<br />

Michele, D'amico Paola, Defilippi Maria, Del Freo Anna, Espanet Luisa,<br />

Filippini Maria Antonietta, Focarete Michele, Fossati Simona, Gallizzi<br />

Pierfrancesco, Gariboldi Carlo E., Giuliani Gianfranco, Giuzzi Cesare,<br />

Golino Elena, Jesurum Stefano, Lega Achille, Magosso Renzo, Messina<br />

David, Mineo Francesca, Minotti Rossella, Molinari Maria Grazia,<br />

Montanari Andrea, Muscau Costantino, Nardi Giuseppe, Negri Giovanni,<br />

Nicastro Andrea, Nicotri Giuseppe (Pino), Paffumi Saverio, Pivetta Oreste,<br />

Porro Gabriele, Rho Edmondo, Rossani Ottavio, Sansonetti Vincenzo,<br />

Scarinzi Claudio, Sorrentino Riccardo, Stigliano Daniela, Volpati Marco,<br />

Vulpio Carlo, Zandonai Maxia<br />

Collaboratori<br />

Alberti Giuseppe, Bazzi Matteo, Caroprese Francesco, Cherubini Massimo,<br />

Gallizzi Andrea, Marelli Coppola Franco, Morabito Nicoletta, Pirogalli Paola,<br />

Poidimani Giuseppe, Santolini Francesca, Tedeschi Domenico<br />

Napoli<br />

Professionali<br />

Calenda Massimo, Cerino Maurizio, Chiariello Anna Maria, Colimoro<br />

Vincenzo, Coppola Gianfranco, D'errico Antonio, Grassi Paolo Elia,<br />

Licciardi Lucia, Pirozzi Alfonso, Russo Giovanni<br />

Collaboratori<br />

Campitiello Salvatore, Ciaravolo Angelo, De Luca Vera, Falco Domenico,<br />

Fellico Mauro, Fiorillo Elia, Spadaro Daniela<br />

Palermo<br />

Professionali<br />

Bellavia Enrico, Billitteri Daniele, Boemi Maria Ausilia, Cicero Alberto,<br />

Ginex Roberto, Gulletta Giuseppe, Ronsisvalle Luigi, Salvago Valentina<br />

Collaboratori<br />

Adorno Monica, Petralia Giuseppe, Randazzo Antonino, Trovato José<br />

I delegati (professionali e collaboratori)<br />

eletti nell’ambito delle associazioni risultano cosi suddivisi:<br />

DELEGAZIONI<br />

ANCONA<br />

AOSTA<br />

BARI<br />

BOLOGNA<br />

BOLZANO/TRENTO<br />

CAGLIARI<br />

CAMPOBASSO<br />

FIRENZE<br />

GENOVA<br />

MILANO<br />

NAPOLI<br />

PALERMO<br />

PERUGIA<br />

PESCARA<br />

POTENZA<br />

REGGIO CALABRIA<br />

ROMA<br />

TORINO<br />

TRIESTE<br />

VENEZIA<br />

PROF COLL<br />

5 2<br />

4 1<br />

7 3<br />

12 3<br />

7 1<br />

8 8<br />

4 2<br />

11 3<br />

8 2<br />

54 11<br />

10 7<br />

8 4<br />

5 2<br />

5 2<br />

4 2<br />

8 8<br />

44 5<br />

12 7<br />

8 3<br />

10 2<br />

Totali 234 78


speciale congresso<br />

Pescara<br />

Professionali<br />

Amore Antimo, Marcozzi Domenico, Marinucci Marina, Masciangioli<br />

Fabrizio, Pennella Patrizia<br />

Collaboratori<br />

Bellonio Nino, Di Sabatino Paolo<br />

Perugia<br />

Professionali<br />

Cicci Marta, Fiorucci Luca, Gasperini Remo, Lorusso Cosimo, Ricci Fabrizio<br />

Collaboratori<br />

Baffoni Andrea, Bugiardini Carlo<br />

Potenza<br />

Professionali<br />

Amendolara Fabio, Cantore Renato, Mafaro Giuseppe, Pallante Antonella<br />

Collaboratori<br />

Agata Margherita, Russo Francesco<br />

Reggio Calabria<br />

Professionali<br />

Cambareri Pierpaolo, Lombardo Rosario, Murgia Tiziana, Musmeci Andrea,<br />

Nano Giuseppe, Parisi Carlo Maria, Putrone Maurizio, Toscano Giuseppe<br />

Collaboratori<br />

Arcidiaco Francesco, Bruno Cosimo, Caminiti Luigi, De Franco<br />

Gianfranco, Marino Eugenio, Romeo Genoveffa G.A., Russo Anna,<br />

Strangio Giuseppe<br />

Roma<br />

Professionali<br />

Andriolo Vincenzo, Bartoloni Romano, Busi Maria Luisa, Butturini Paolo,<br />

Cannavò Laura, Catalano Gregorio, Cerasi Concezio, Cersosimo Francesca,<br />

Chianura Carlo, Concina Michele, Conti Stefania, Corsini Paolo, Covotta<br />

Andrea, Curci Beatrice, Curzi Candida, De Robert Daniela, Della Volpe<br />

nella galassia dell’informazione<br />

Santo, Di Giovampaolo Alfredo, D'ubaldo Guido, Ferrante Stefano, Franz<br />

Pierluigi, Garambois Silvia, Giustiniani Corrado, Guelfi Luciano, Lama<br />

Rossella, Lozzi Mauro, Maurizio Pierangelo, Mazzocchi Silvana, Monfredi<br />

Luigi, Montanari Andrea, Morabito Fabio, Natale Roberto, Nucci Gian<br />

Mario, Pesciarelli Andrea, Polidori Elena, Ricucci Amedeo, Romano Cinzia,<br />

Sardo Claudio, Signoretti Massimo, Smoljko Donatella, Spampinato<br />

Alberto, Suber Pietro, Trombin Paolo, Visca Anna Lucia<br />

Collaboratori<br />

Armati Ugo Mario, Davoli Rodolfo, Di Giacomo Enzo, Falleri Luigi,<br />

Rosati Franco<br />

Torino<br />

Professionali<br />

Bianucci Piero, Cabases Nicolas Luis, Caligaris Domenica, Cola Rita,<br />

Ferrero Barbara, Fumi Alberto, Gandolfo Giuseppe, Garbarino Silvia,<br />

Griseri Paolo, Levi Giorgio, Marandola Roberto, Tallia Stefano<br />

Collaboratori<br />

Calandra Antonino, Cincotti Fiorenzo, Cocciulillo Enrico, Egidi Bouchard<br />

Piera, Ercole Ezio, Ozzano Renzo, Torta Sergio<br />

Trieste<br />

Professionali<br />

Bekar Maurizio, Borando Clemente, Devetak Igor, Dolhar Poljanka,<br />

Gergolet Fabio, Martegani Alessandro, Rauber Pietro, Sabo Fulvio<br />

Collaboratori<br />

Cannalire Roberto, Culiat Erica, Sguazzin Alessandro<br />

Venezia<br />

Professionali<br />

Benanzato Antonella, Carlon Daniele, Chiarini Nicola, Doro Giuliano, Edel<br />

Stefano, Ferri Enrico, Francesconi Paolo, Paglialunga Maurizio, Rosa<br />

Raffaele, Trabona Claudio<br />

Collaboratori<br />

Merola Andrea, Vescovi Paola


nella galassia dell’informazione editoriale<br />

Fieri del nostro passato<br />

siamo pronti ad agire al futuro<br />

L’informazione professionale è prerogativa dei giornalisti facendo i conti con la realtà<br />

Libertà e diritto al lavoro qualificato traguardi irrinunciabili per il sindacato dei giornalisti<br />

Promuovere un nuovo welfare per sostenere accesso al lavoro, formazione e riqualificazione<br />

Editoria in crisi di idee, di business e in<br />

affanno da cambiamento, giornalisti in<br />

sofferenza e sempre più precari. Eppure<br />

il futuro è inevitabilmente dell’informazione,<br />

della sua qualità e della professione. La transizione<br />

è dura, durissima. Resistere e sopravvivere<br />

non è semplice. L’orizzonte, già nel medio periodo,<br />

può tornare sereno. Tante sono le sfide ineludibili. Si<br />

possono vincere con la professionalità, con visione lungimirante<br />

del sistema dei media e se anche gli editori riprenderanno<br />

a fare fino in fondo il proprio mestiere.<br />

Julian Assange, con WikiLeaks e la vicenda dei cablogrammi<br />

diplomatici americani, dimostra una volta di più<br />

che, nell’epoca di Internet, non può esservi il contingentamento<br />

degli spazi per l’informazione. La rete è<br />

uno spazio sovrabbondante a disposizione di qualsiasi<br />

cittadino, di qualsiasi utente che voglia comunicare o far<br />

circolare informazione.<br />

I confini degli strumenti tradizionali, ossia i giornali della<br />

carta stampata ma anche gli spazi delle televisioni sono<br />

definiti. I nuovi territori elettronici, no. In quest’area<br />

si giocano le nuove sfide della libertà<br />

dell’informazione e del lavoro professionale.<br />

Produrre informazione professionale è prerogativa dei<br />

giornalisti. Ma bisogna anche fare i conti con la realtà<br />

dei nuovi mezzi e con le impetuose, incerte trasformazioni<br />

del sistema industriale dei media, con conseguente<br />

e necessaria nuova declinazione dei principi<br />

per noi consolidati nei quali crediamo, a partire dall’art.<br />

21 della Costituzione.<br />

Che cosa significa dire che l’informazione è prerogativa<br />

dei giornalisti? E come a questa affermazione si può<br />

riuscire a dare nuovo significato nella definizione di un<br />

lavoro che sia, e resti, esercitato in condizioni di piena<br />

coscienza e di libertà nel confronto delle idee? Le risposte<br />

le possiamo trovare ragionando su quanto avvenuto<br />

negli ultimi mesi.<br />

Proprio l’intera vicenda di Wikileaks dimostra che non<br />

basta far circolare carte e documenti liberamente nella<br />

rete per fare buona e corretta informazione. Il giornalismo,<br />

inteso come attività professionale, mantiene una<br />

funzione centrale: in qualche modo certifica i fatti, indirizza<br />

verso la verità se esercitato in trasparenza, opera<br />

1_2010 dicembre<br />

8<br />

di Franco Siddi*<br />

l’indispensabile inserimento degli avvenimenti<br />

nei loro corretti contesti.<br />

A nessuno è preclusa la possibilità di scrivere<br />

e comunicare il proprio pensiero (in forza<br />

del già citato art. 21 della Costituzione) ma<br />

il lavoro giornalistico è fatto di questo e di altro.<br />

Scrivere e comunicare sono punto di partenza, non<br />

di arrivo. E se l’affermazione dei principi della libertà di<br />

stampa risiede, per l’Italia, nei fermenti del Risorgimento<br />

e, per tutto il mondo, nelle rivoluzioni che hanno<br />

attraversato tre secoli, dal Settecento al Novecento,<br />

e nella Costituzione americana, oggi in quei principi bisogna<br />

trovare le radici per ogni considerazione sul senso<br />

di appartenenza e sul ruolo di cui investire noi stessi<br />

per indirizzarci verso traguardi di altrettanto valore.<br />

Libertà e pluralismo dell’informazione, libertà e diritto<br />

al lavoro qualificato sono traguardi irrinunciabili per il<br />

sindacato dei giornalisti prima ancora che elementi strategici<br />

di costruzione del futuro; di un futuro nel quale<br />

siamo già immersi in conseguenza della sfida da affrontare<br />

e senza farsi ingoiare e dipendere indistintamente<br />

dall’enorme disponibilità di territori nuovi e immensi del<br />

comunicare. Una sfida per vincere la quale ci sono richieste<br />

visioni strategiche da articolare con intelligenza<br />

e lungimiranza.<br />

Il giornalismo è messo in discussione dalla trasformazione<br />

indotta dalle tecnologie e da incerti e ancora indefiniti<br />

modelli industriali. Nessuno strumento tecnico,<br />

per quanto sofisticato, potrà mai prendere il posto del<br />

pensiero, del lavoro dell’uomo, messo a rischio da minacce<br />

di ogni genere. I pozzi avvelenati sono ovunque.<br />

Nell’immenso spazio della rete, orientarsi fra il vero e<br />

l’artefatto è molto più complicato di un tempo. Affinché<br />

il lettore possa distinguere, vagliare l’autenticità delle<br />

fonti, avere certezza della notizie, contestualizzarle e<br />

assicurare un valore alle opinioni, è condizione indispensabile<br />

che esista non solo un giornalismo meglio attrezzato,<br />

culturalmente e anche tecnicamente, ma servono<br />

anche organizzazioni imprenditoriali capaci di<br />

marciare in sintonia con i tempi.<br />

Oggi paghiamo lo scotto di una riorganizzazione, connessa<br />

alla crisi economica e industriale (non solo del settore<br />

dei media) e figlia della disorganizzazione praticata


editoriale<br />

come strategia del sistema imprenditoriale.<br />

La crisi si manifesta con<br />

una costante emorragia di copie nei<br />

media tradizionali e si estende a tutto<br />

il sistema dell’informazione con<br />

riduzione e abbattimento degli impegni<br />

finanziari, anche per la distribuzione<br />

articolata, atomizzata, squilibrata verso i poli televisivi,<br />

delle risorse pubblicitarie, che solo i gruppi più<br />

organizzati, con offerte plurime e di identica qualità, riescono<br />

oggi a rendere remunerativa. Pesanti, e ben noti,<br />

conflitti di interesse, inoltre, continuano a bloccare il libero<br />

mercato dell’informazione e mortificano la competizione<br />

delle idee. E non dimentichiamo che chi è proprietario<br />

delle televisioni è oggi l’arbitro non solo di<br />

questo mercato ma della politica nazionale.<br />

Sono di ieri e di oggi i pesanti contraccolpi di questo<br />

stato delle cose sul mercato del lavoro, con perdite di<br />

posti che riguardano il giornalismo non solo italiano ed<br />

europeo ma tutto il mondo. Nel corso degli ultimi anni<br />

non ci sono solo settecento posti nell’editoria storica,<br />

o cartacea che dir si voglia, persi in Italia e solo in<br />

parte rimpiazzati finora nelle nuove iniziative o nei processi<br />

innovativi, ma dobbiamo registrare alcune decine<br />

di migliaia di posti perduti in Francia, in Gran<br />

Bretagna, negli Usa e così via. Per noi è d’obbligo non<br />

farci prendere dal panico, anche se talvolta è assai difficile<br />

intravvedere soluzioni. La <strong>Fnsi</strong> è il sindacato che<br />

si sta confrontando al presente con l’impatto di un futuro<br />

di cambiamenti strutturali nell’industria dei media<br />

e nel mercato dell’informazione. Guardando lontano,<br />

non possiamo non vedere il futuro certo del<br />

giornalismo e della sua funzione per conservare intatto<br />

il valore della democrazia attraverso la circolazione<br />

dei fatti e il confronto delle idee.<br />

Oggi ci siamo dovuti dedicare al salvataggio dei diritti<br />

fondamentali delle persone e alla salvaguardia dei pilastri<br />

essenziali della vita delle redazioni che non hanno più<br />

confini tradizionali. Ma fin da oggi siamo, al tempo stesso,<br />

ingaggiati nel contribuire a governare un processo di<br />

sviluppo nel quale, purtroppo, può non esserci sempre<br />

la soluzione immediata di ogni singola esigenza vitale. In<br />

questo processo ritroviamo però l’opportunità di essere<br />

protagonisti di un quadro nuovo più ampio, di lavoro e<br />

di diritti nel quale recuperare anche le soluzioni per<br />

problemi individuali. In una realtà fatta di situazioni<br />

sempre più frammentate, il problema non è assistere a<br />

un preteso inarrestabile declino dei vecchi giornali. Dobbiamo<br />

favorire nuova occupazione professionale anche<br />

in piccolissime realtà, promuovendo un nuovo welfare<br />

per sostenere l’accesso al lavoro, la formazione e la riqualificazione<br />

accanto agli interventi tradizionali di supporto<br />

e solidarietà.<br />

Più i giornalisti sapranno proporsi indiscutibilmente<br />

come professionisti di un’informazione certificata di<br />

nella galassia dell’informazione<br />

qualità, trattata con criteri, appunto,<br />

professionali, secondo parametri<br />

di deontologia riconoscibili ai fini<br />

della credibilità della proposta<br />

editoriale, più tutti i media, anche<br />

i vecchi, avranno una grande opportunità<br />

per occupare uno spazio<br />

più ampio. L’attività editoriale, dispiegandosi su più<br />

piattaforme, impiegando correttamente il lavoro professionale,<br />

può trovare sicuramente le vie del futuro. Per<br />

la loro parte, i giornalisti sono chiamati a recuperare ogni<br />

energia utile per una professione vitale che si proponga<br />

come componente essenziale della vita democratica, come<br />

pilastro indispensabile dei media indipendenti nella<br />

società moderna.<br />

Giornalismo e libertà di espressione viaggiano in parallelo.<br />

Torniamo all’articolo 21 della nostra Costituzione:<br />

ciascuno ha diritto di esprimere il suo pensiero e di farlo<br />

liberamente come meglio crede. Il mezzo dirompente,<br />

oggi, è la Rete. I siti, i blog, i social network sono per<br />

tutti l’apertura a un mondo immenso ma questa è anche<br />

una babele. E qui si riscopre tutto il bisogno di sistemi<br />

affidabili, di media vecchi che si fanno nuovi e di<br />

giornali che - a prescindere dal mezzo o dallo strumento<br />

di diffusione e di archiviazione - siano credibili e indipendenti,<br />

siano riconoscibili come espressione del sistema<br />

di libertà dell’informazione.<br />

È la sfida per i giornalisti di oggi ed è anche la sfida per<br />

la società civile. Il giornalismo e con esso l’industria editoriale<br />

devono riuscire a convincere i cittadini che l’informazione<br />

professionale si basa sui principi fondamentali<br />

dei diritti umani, di solidarietà e di progresso.<br />

La nostra è una lotta per percepire il nostro passato vivendo<br />

all’altezza dei beni e della responsabilità che ci ha<br />

trasferito e in linea con le aspettative di un futuro che ci<br />

chiede di combattere e abbattere le barriere della grande<br />

incertezza presente, per vincere depressione e pessimismo.<br />

Dobbiamo essere in grado di adattare il nostro<br />

impianto professionale, il nostro bagaglio etico, alla<br />

nuova era dell’informazione che non permette a nessuno<br />

alcun rinvio.<br />

Per noi si tratta di pensare il XXVI Congresso della<br />

Stampa Italiana come nuovo punto di partenza per l’affermazione<br />

dei diritti dei cittadini all’informazione e dei<br />

giornalisti chiamati al lavoro di condizioni che consentano<br />

di garantirla con correttezza, proteggendola dalla<br />

minacce che da più parti arrivano, rinsaldando con<br />

l’opinione pubblica il legame rilevante che abbiamo ripreso<br />

a tessere in questi anni.<br />

Bergamo, città dei Mille, culla di un grande processo storico<br />

di costruzione e rinnovamento dell’Italia, ci aiuterà<br />

a scrivere pagine di futuro. Siamo fieri del nostro passato,<br />

impegnati ad attraversare la stagione del<br />

cambiamento e ad agire al futuro.<br />

*Segretario generale della <strong>Fnsi</strong><br />

9<br />

dicembre 1_2010


1_2010<br />

nella galassia dell’informazione<br />

Con la qualità della nostra professione<br />

abbiamo combattuto e vinto (per ora)<br />

Grazie ai giornalisti sul diritto all’informazione è nata un’alleanza nel Paese<br />

Ora ci aspettano gli ostacoli dei conflitti d’interesse di tanti editori impuri<br />

La nostra battaglia per l’autonomia è inutile se non si restituire dignità al lavoro<br />

Meno isolati rispetto alla società italiana,<br />

più consapevoli della forza con<br />

cui sappiamo difendere il nostro diritto-dovere<br />

di informare. È un bilancio positivo,<br />

quello che i giornalisti portano al<br />

congresso di Bergamo in materia di libertà.<br />

Senza immotivate presunzioni - perché lo sappiamo che<br />

certe battaglie non si vincono da soli - possiamo però<br />

considerarci parte rilevante di quel movimento di opinione<br />

pubblica che negli ultimi anni ha contrastato gli<br />

attacchi all’articolo 21. Se il disegno di legge sulle intercettazioni<br />

è finito (per ora) su un binario morto, non<br />

è solo merito delle divisioni laceranti che si sono aperte<br />

nel centrodestra, o della combattività delle opposizioni<br />

in Parlamento. Prima c’è stata una novità reale e diffusa<br />

che è maturata fuori dalle istituzioni. La piazza del Popolo<br />

stracolma del 3 ottobre 2009 diceva che - in un<br />

Paese in cui la comunicazione ha sempre maggiore rilevanza<br />

politica, sociale, culturale - sul diritto all’informazione<br />

è finalmente nata un’alleanza. Abbiamo saputo<br />

capire e far capire che il nostro diritto-dovere di professionisti<br />

ha valore in quanto corrisponde al diritto dei<br />

cittadini di sapere. Lo abbiamo fatto con credibilità,<br />

perché già ai tempi del governo di centrosinistra ci eravamo<br />

opposti ai propositi di bavaglio contenuti nel ddl<br />

Mastella. Lo abbiamo fatto senza pretendere di difendere<br />

tutto, anche l’indifendibile: abbiamo distinto nettamente<br />

tra le incursioni morbose nella vita privata e la<br />

necessità di raccontare le vicende di rilevanza sociale che<br />

coinvolgono chi amministra il potere. Abbiamo parlato<br />

del crack Parmalat o delle intercettazioni del dopo-terremoto,<br />

dei casi Cucchi e Aldrovandi o della clinica<br />

Santa Rita, e i nostri esempi hanno avuto più forza degli<br />

strepiti politici su presunte intimità violate. Il giornalismo<br />

italiano ha saputo usare un linguaggio non corporativo,<br />

e per questo possiamo dire oggi di aver rinsaldato<br />

i nostri rapporti con spettatori e lettori. C’è una categoria<br />

che non si rassegna a considerare normali i “pestaggi<br />

mediatici”, e che reagisce se un giudice viene<br />

messo alla berlina in tv per i suoi calzini color turchese.<br />

Una categoria che considera il “metodo Boffo” incompatibile<br />

con la dignità del giornalismo, e in questo rifiuto<br />

ritrova la migliore compattezza delle sue<br />

dicembre<br />

10<br />

di Roberto Natale*<br />

istituzioni: è significativa e promettente la<br />

condivisione piena che dal sindacato è venuta<br />

all’Ordine per le sue decisioni sulla vicenda<br />

Feltri, mentre tutto intorno prestigiosi direttori<br />

e commentatori perdevano la bussola<br />

rammaricandosi per il provvedimento ed invocando<br />

specialissime esenzioni.<br />

Fare questo bilancio non serve a gonfiare il petto, ma a<br />

ricordarci quale determinazione dovremo continuare a<br />

mostrare. Il ddl intercettazioni per ora è in un cassetto,<br />

ma nessuno può dire cosa accadrebbe con nuove Camere.<br />

E di sicuro, nell’immediato futuro, si scaricheranno<br />

sul sistema della comunicazione forzature proporzionali<br />

alle tensioni di questa complicatissima fase<br />

politica. Abbiamo un Presidente del Consiglio che ripete<br />

appelli contro la lettura dei giornali e attacca frontalmente<br />

il servizio pubblico. Che si vada o no al voto anticipato,<br />

è purtroppo ragionevole ipotizzare che sull’informazione<br />

permarrà un clima da campagna elettorale<br />

permanente, con i suoi frutti avvelenati. E intanto rimangono<br />

irrisolte tutte le storture di un sistema incapace<br />

di riformarsi. Il conflitto di interessi, al singolare: alla faccia<br />

di chi lo considera un noioso oggetto di antiquariato,<br />

conosce ora una nuova espansione, visto che proprio<br />

da gennaio 2011 la legge Gasparri consente a Mediaset<br />

di entrare nella proprietà di quotidiani o di fondarne di<br />

nuovi. I conflitti di interesse, al plurale: quelli dei tanti<br />

editori “impuri” che fanno dell’informazione merce di<br />

scambio per altri affari, meno confessabili e più redditizi<br />

della vendita di notizie. Il finanziamento statale ai<br />

giornali di idee, cooperativi e no profit, sottoposto a tagli<br />

indiscriminati e demagogici sempre più difficili da<br />

contrastare. Una Rai soffocata dal controllo politico al<br />

punto che i suoi programmi di maggior successo, e più<br />

rispondenti ai doveri di un servizio pubblico, vanno in<br />

onda a dispetto della sua dirigenza.<br />

Ma la nostra battaglia per l’autonomia sarà credibile tra<br />

i colleghi solo se sapremo dare eguale forza all’altra sfida<br />

capitale che è di fronte al sindacato: quella per il lavoro.<br />

In un Paese in cui soffia forte il vento dell’ideologia<br />

per la quale un posto a tempo indeterminato<br />

sembra un privilegio meritevole di smantellamento, e<br />

il cosiddetto “collegato lavoro” recentemente varato dal


Parlamento si incarica di frantumare ancora di più le<br />

tutele di legge per milioni di legge per milioni di precari.<br />

In una categoria che - per stare alle cifre drammaticamente<br />

eloquenti del rapporto Lsdi sullo stato<br />

della professione - vede più della metà dei 20mila e passa<br />

giornalisti autonomi annegare sotto i 5mila euro lordi<br />

all’anno. Come per il diritto all’informazione, la battaglia<br />

che ci tocca fare non serve solo a noi. Nella<br />

Repubblica “fondata sul lavoro”, tocca anche ai giornalisti<br />

ricordare che non dovrebbe esserci bisogno di arrampicarsi<br />

sulle gru o sui tetti per richiamare l’attenzione<br />

sui drammi della disoccupazione.<br />

E il precariato è una grande questione nazionale, che<br />

parla non solo dei diritti calpestati degli individui - e<br />

già non sarebbe poco - ma delle risorse sprecate da un<br />

Paese e da un sistema di imprese. “Senza la prospettiva<br />

di una pur graduale stabilizzazione dei rapporti di<br />

lavoro precari, si indebolisce l’accumulazione di capitale<br />

umano specifico, con effetti alla lunga negativi su<br />

produttività e profittabilità”: a dirlo non è un sindacalista,<br />

ma il Governatore della Banca d’Italia. Il richiamo<br />

di Draghi è rivolto a tutta l’imprenditoria italiana,<br />

ma sembra pronunciato su misura per il<br />

Due anni di Ossigeno<br />

Ci sono idee che faticano ad emergere, ma<br />

quando entrano in circolo si propagano in<br />

modo inarrestabile. È stato così per l’idea che<br />

per fare attività sindacale credibile in Italia i<br />

giornalisti devono occuparsi di più dei cronisti<br />

minacciati, intimiditi, vittime di abusi giudiziari,<br />

e devono ricordare ad ogni passo la<br />

memoria dei giornalisti italiani uccisi. La FNSI<br />

ha fatto il grande passo nel 2007, al Congresso<br />

di Castellaneta, ospite d’onore Lirio Abbate,<br />

costretto a una vita blindata. Dalla<br />

tribuna, insieme a Lirio e a Roberto Natale,<br />

con il sostegno di Franco Siddi e dei vertici<br />

dell’Ordine (c’erano Lorenzo Del Boca ed Enzo<br />

Iacopino) proposi di creare un osservatorio<br />

permanente sui cronisti minacciati e sulle notizie<br />

oscurate con la violenza, soprattutto mafiosa,<br />

ma non solo. Un organismo comune<br />

FNSI-Ordine dei Giornalisti, perché l’aspetto<br />

deontologico fa tutt’uno con profili sindacali,<br />

politici e legislativi, e perché l’autocensura,<br />

vero cancro del giornalismo dei giorni nostri, è<br />

l’altro dente della tenaglia. Sembrava un’utopia.<br />

Ma nel 2008 il sogno si realizzò. Nacque<br />

“Ossigeno per l’informazione”, senza mezzi,<br />

ma col sostegno del gruppo dirigente della<br />

FNSI e dell’Ordine, l’apporto di numerosi volontari,<br />

giornalisti e non-giornalisti, forte della<br />

testardaggine dei fondatori, fra i quali ricordo<br />

in particolare Angelo Agostini e Roberto Rossi.<br />

Inoltre c’era il supporto di Roberto Morrione<br />

e di Giuseppe Giulietti. Ossigeno è nato così e<br />

dal 2008 a oggi ha fatto il giro d’Italia, da Palermo<br />

a Cuneo, toccando trenta città per diffondere<br />

la consapevolezza del problema, per<br />

esplorare l’universo in cui i mafiosi ed i prepotenti<br />

d’altra risma - a volte con gli stessi<br />

metodi con cui esigono il pizzo dai commercianti,<br />

altre volte con metodi più subdoli - impongono<br />

il silenzio ai cronisti. Ossigeno ha<br />

nella galassia dell’informazione<br />

comparto editoriale: dove la dissipazione e l’umiliazione<br />

delle energie professionali dei collaboratori ha<br />

raggiunto livelli economici tanto miseri da non sfigurare<br />

al confronto con le forme di caporalato in uso in<br />

alcune aree dell’agricoltura e dell’agricoltura; dove è<br />

stata praticata diffusamente l’illusione di far profitti<br />

senza curarsi della qualità del lavoro e del prodotto.<br />

Ora che la crisi costringe tutti a immaginare strade diverse,<br />

e che la contrattazione nazionale di categoria ha<br />

consentito di difendere un quadro di regole, è nostro<br />

compito imporre agli editori un diverso rispetto di<br />

quel lavoro tenuto ai margini delle redazioni. Discutiamo<br />

pure di rete, di multimedialità, di nuovi business<br />

model. Ma ci sono questioni di dignità minima<br />

che nessuno sviluppo tecnologico potrà magicamente<br />

risolvere, se gli imprenditori del nostro settore non<br />

capiscono - se noi non li costringiamo a capire - che<br />

deve finire lo scandalo dei tre euro a pezzo: imprenditori<br />

che chiedono a noi di essere “moderni” perché<br />

loro possano essere più tranquillamente ottocenteschi.<br />

Il Congresso di Bergamo ha un grande tema di<br />

cui occuparsi.<br />

*Presidente della <strong>Fnsi</strong><br />

11<br />

pubblicato due Rapporti annuali sui siti FNSI<br />

e OdG. L’ultimo sarà presto disponibile anche<br />

in inglese, tedesco, spagnolo, cinese. Inquadra<br />

il 2009-2010, offre analisi e proposte, indica<br />

vuoti legislativi. Elenca i 55 cronisti<br />

minacciati individualmente e le 23 minacce<br />

collettive alla libertà di stampa che hanno<br />

coinvolto almeno 400 giornalisti. Il doppio del<br />

triennio precedente.<br />

Meno male che c’è Ossigeno, diciamo di<br />

fronte alla crescita esponenziale del fenomeno<br />

che fa dell’Italia un caso allarmante<br />

unico in Europa. Noi siamo in cammino. La<br />

strada è lunga. Siamo fiduciosi perché abbiamo<br />

tanti compagni di strada e sostenitori<br />

autorevoli: dall’UNESCO al presidente Giorgio<br />

Napolitano.<br />

Alberto Spampinato<br />

Direttore di Ossigeno per l’Informazione,<br />

consigliere uscente della <strong>Fnsi</strong><br />

dicembre<br />

1_2010


nella galassia dell’informazione<br />

Stare uniti nell’emergenza<br />

Silenzio complice dello sfruttamento<br />

È stato bello vedere piazza Navona invasa da bandiere tricolori<br />

È un dovere denunciare i comportamenti scorretti degli editori<br />

Il Congresso di Bergamo stabilisca la correttezza nei rapporti di lavoro<br />

La situazione non è difficile: è terribile.<br />

Ammetterlo non è un modo per esorcizzare<br />

i problemi. E riuscire ad ammetterlo<br />

con una voce sola è stata una conquista.<br />

Il dovere di essere uniti, tutti, nasce da questa<br />

emergenza lasciando ad altri momenti le diversità<br />

di opinione che possono esserci tra noi (e ci sono<br />

sicuramente) e che debbono essere vissute come opportunità<br />

di arricchimento reciproco. È stato bello vedere<br />

piazza Navona, il 1 luglio 2010, invasa da cittadini<br />

senza bandiere di parte se non quella, il tricolore, di<br />

chi crede in questo Paese e chiede rispetto per i diritti.<br />

Ed è stato bello registrare che questo messaggio è passato<br />

se nella sua prima manifestazione la neo segretaria della<br />

Cgil, Susanna Camusso, nel nome del diritto al lavoro,<br />

ha chiesto di partecipare senza le bandiere di partito.<br />

Chiariamolo subito, il qualunquismo è merce avariata e<br />

inquinante. Le bandiere di partito sono una cosa nobile.<br />

Ma quando - come accadeva, per limitarci alla nostra<br />

professione - si cerca di ledere con il provvedimento sulle<br />

intercettazioni il diritto di tutti, occorre rimuovere<br />

ogni simbolo di parte e valorizzare ciò che unisce.<br />

Non c’è moralità in compensi<br />

da due euro ad articolo<br />

Silenzio vuol dire complicità<br />

La sfida del prossimo anno deve prioritariamente riguardare<br />

un mondo, quello dei non tutelati, ampiamente<br />

maggioritario rispetto a quanti hanno un rapporto<br />

di lavoro subordinato.<br />

C’è una questione morale che deve essere motore<br />

di unità all’interno della categoria<br />

C’è moralità nell’accettare che un collega (non<br />

sempre giovane, come se l’età fosse una sorta di<br />

sciolina che autorizza a far precipitare qualcuno<br />

nell’arbitrio) venga compensato per il suo<br />

lavoro due euro o poco più ad articolo? C’è<br />

moralità nel fingere di credere che co.co.co o<br />

co.co.pro o - so che qualche amico storcerà il<br />

naso - assistenti ai programmi o programmisti<br />

registi o autori testi rispondano pienamente alle<br />

previsioni di legge?<br />

1_2010 dicembre<br />

12<br />

di Enzo Jacopino*<br />

No, non c’è moralità. Semmai il silenzio diventa<br />

complicità nello sfruttamento dei più<br />

giovani e dei più deboli.<br />

Denunciare i comportamenti scorretti degli<br />

editori è un dovere che deve essere onorato<br />

evitando di ragionare per categorie. Ci sono<br />

editori, i quali si occupano legittimamente dei loro interessi,<br />

che non possono essere assimilati a quanti altri<br />

nel mondo dell’informazione agiscono con una disinvoltura<br />

inquietante.<br />

Le sanzioni dell’Ordine<br />

sono la sconfitta di avere fra noi<br />

chi non onora la professionalità<br />

I primi possono essere, debbono essere interlocutori in<br />

un tentativo di varare un codice deontologico che<br />

sanzioni i comportamenti scorretti davanti ai quali fino<br />

ad ora ci sono stati troppi e imperdonabili silenzi<br />

della Fieg. Quando l’Ordine dei giornalisti sanziona un<br />

collega, responsabile della violazione delle norme che<br />

ci siamo dati, onora un dovere nei confronti dei cittadini<br />

e, contemporaneamente, registra una sconfitta,<br />

qual è il fatto che qualcuno tra noi non si comporta come<br />

dovrebbe. Ma l’Ordine lo fa, consapevole che rischia<br />

reazioni negative non solo da parte della politica,<br />

ma anche all’interno della categoria.<br />

Quando Confindustria trova il coraggio di annunciare<br />

l’espulsione di quanti pagano il pizzo lancia un messaggio<br />

nobile a tutta la società, chiarendo che non è terza<br />

nella lotta tra Stato e mafia.<br />

Quando la Fieg non trova la forza di denunciare<br />

i comportamenti scandalosi, che conosce,<br />

trasmette una sensazione di complicità con<br />

uno sfruttamento dei troppi “caporali” che circolano<br />

nel mondo dell’informazione.<br />

Eccola una sfida, per la Fieg e per tutti i giornalisti<br />

(non solo per la <strong>Fnsi</strong>): determinare le<br />

condizioni perché Bergamo segni una svolta e<br />

stabilisca che la correttezza nei rapporti di lavoro<br />

è un valore.<br />

Anche per gli editori. ◗<br />

*Presidente Ordine dei Giornalisti


1_2010<br />

nella galassia dell’informazione<br />

1911- 2011. Contratto da cento anni<br />

Giornalisti apripista del mondo del lavoro<br />

Una rivoluzione nell'Italia post-risorgimentale priva di norme di tutela<br />

Fino al 1910, editori e giornalisti uniti in una sola Federazione della Stampa<br />

Anche in quella occasione una parte della categoria non apprezzò il risultato<br />

Anche il 2011 è un anno di celebrazione<br />

centenaria per la Federazione della<br />

Stampa. Sono infatti trascorsi 100 anni<br />

dalla firma del primo contratto nazionale di lavoro<br />

giornalistico, che è anche il primo contratto<br />

nazionale collettivo di categoria stipulato<br />

in Italia. Un primato nel mondo del lavoro frutto della<br />

capacità dei giornalisti di riconoscersi in un organismo<br />

rappresentativo unitario, a prescindere dalle fedi e dalle<br />

professioni politiche. Sin dagli albori delle prime associazioni<br />

di stampa, la categoria si era posta il problema di<br />

come dare dignità e regolamentazione alla propria professione.<br />

Per anni, nell'ambito dell'Associazione della<br />

Stampa Periodica Italiana (Aspi), la più antica delle associazioni<br />

di stampa e l'antesignana dell'attuale "Romana",<br />

come dell'Associazione Lombarda dei Giornalisti, sorta<br />

a Milano nel 1890 e come nelle altre associazioni territoriali<br />

costituite tra il finire dell'800 e i primi anni del<br />

nuovo secolo, erano stati costituiti collegi probivirali che<br />

avevano il compito di dirimere controversie di lavoro. I<br />

lodi di quei collegi probivirali costituirono i primi mattoni<br />

sui quali sarebbe stato costruito il corpo normativo<br />

del contratto collettivo. Ma in quegli anni, in un Paese com'era<br />

allora l'Italia liberale post-risorgimentale priva di<br />

qualsiasi norma legislativa a tutela del lavoro, nessuno<br />

pensava alla possibilità di arrivare a sottoscrivere tra le<br />

parti interessate, lavoratori e datori di lavoro, un contratto<br />

collettivo che potesse definire i trattamenti normativi.<br />

L'idea era lontana anche dalla mente dei giornalisti che,<br />

pur desiderando individuare norme di tutela collettiva, si<br />

andavano orientando verso la possibilità che fosse il Parlamento<br />

ad approvare una legge sui diritti minimi del lavoro<br />

giornalistico. Lo stesso Presidente dell'Associazione<br />

della Stampa Periodica di Roma, l'onorevole Luigi Luzzatti,<br />

se ne fece promotore, presentando un disegno di<br />

legge in Parlamento firmato da un numero consistente di<br />

parlamentari giornalisti. Quel disegno di legge non fu<br />

mai discusso. Con lo stesso esito, negativo, fu ripresentato<br />

dall'onorevole Gallini nella successiva legislatura e<br />

quando Luigi Luzzatti divenne Presidente del Consiglio<br />

lo fece ripresentare dal suo Ministro di Grazia e Giustizia,<br />

Cesare Fani, anche questa volta senza fortuna.<br />

Quanto più la via legislativa diventava impraticabile, tanto<br />

dicembre<br />

14<br />

Giancarlo Tartaglia*<br />

più i giornalisti si ritrovavano uniti nella volontà<br />

di arrivare ad una soluzione che vedesse<br />

regolamentato il loro lavoro. Abbandonata l'illusione<br />

parlamentare e considerata poco praticabile<br />

la via di una regolamentazione affidata<br />

esclusivamente ai lodi probivirali, iniziò a serpeggiare<br />

l'idea che ci si potesse accordare tra editori e giornalisti<br />

per definire un testo che contenesse le regole<br />

minime e condivise. Questa idea prese corpo grazie anche<br />

al fatto che gli amministratori dei giornali convivevano con<br />

i giornalisti nella stessa Federazione della Stampa. Quando,<br />

poi, nel corso del congresso di Genova nel 1910 gli amministratori<br />

dei giornali quotidiani decisero di costituire<br />

l'Unione nazionale degli editori, apparve chiaro che l'unica<br />

strada percorribile fosse quella della contrattazione collettiva<br />

e così a febbraio del 1911 il Consiglio federale decise<br />

che ci si dovesse impegnare per regolare "i rapporti tra assuntori<br />

e prestatori d'opera giornalistica", "mercé una speciale<br />

convenzione", pur con la formula cautelare "in attesa<br />

e senza pregiudizio della legge". Un passo politico importante.<br />

Nei mesi successivi la Federazione verificò la disponibilità<br />

editoriale fino ad avviare nei primi giorni di giugno<br />

un formale confronto con gli editori. L'8 giugno 1911 veniva<br />

stipulato, con la firma dell'allora Presidente della Federazione,<br />

Salvatore Barzilai, e del capo delegazione degli<br />

editori, Olindo Malagodi, la "convenzione d'opera giornalistica",<br />

il primo vero contratto collettivo: solo otto articoli,<br />

che sia pure modificati, resistono nell'attuale testo<br />

contrattuale. Anche in quella occasione, come spesso sarebbe<br />

accaduto in un secolo di rinnovi contrattuali, una<br />

parte della categoria non apprezzò il risultato ottenuto e<br />

l'acceso dibattito del congresso federale di quello stesso<br />

anno a Torino mise in luce tutte le richieste che non erano<br />

state accolte nella convenzione. Sospinto da questa insoddisfazione<br />

il consiglio generale della Federazione riaprì il tavolo<br />

di confronto con gli editori, arrivando ad accordarsi<br />

finalmente sul testo definitivo della convenzione che fu firmata<br />

il 17 dicembre 1911.<br />

Una data da celebrare e da ricordare come uno dei momenti<br />

più rilevanti nella storia della Federazione della<br />

Stampa, ma anche come data significativa per l'intero<br />

mondo del lavoro nel nostro Paese. ◗<br />

*Direttore generale <strong>Fnsi</strong>


nella galassia dell’informazione<br />

La crisi peggiore del Dopoguerra<br />

da governare in nome del Welfare<br />

L’Inpgi, nonostante tutto, chiude con un avanzo di 61 milioni di euro<br />

Entro giugno 2011 interventi per garantire la sostenibilità di lungo periodo<br />

Giusto considerare l’ipotesi di elevare l’età pensionabile delle donne<br />

La crisi peggiore del Dopoguerra deve<br />

essere governata, aggredita, piegata ad<br />

una idea di futuro, utilizzando tutte le<br />

leve a disposizione, contrattuali, previdenziali,<br />

di welfare e di assistenza. Mentre più di<br />

mille colleghi lasciano le redazioni, forzatamente<br />

per stato di crisi o incentivati ad andare in pensione<br />

in presenza di requisiti maturati, l’utilizzo di<br />

ammortizzatori sociali (disoccupazione, cassa integrazione<br />

e solidarietà) vede un aumento del 35 per cento<br />

toccando la considerevole cifra di oltre 15 milioni di<br />

euro anno. Si allungano i tempi necessari a ritrovare<br />

lavoro, il turn over è bloccato quasi ovunque, per la<br />

prima volta nell’ultimo decennio l’Inpgi registra una<br />

contrazione dei rapporti di lavoro di 267 unità. La negatività<br />

sarebbe stata ancor più pesante se la cosiddetta<br />

area Fieg (meno 475 rapporti di lavoro nel 2010) non<br />

fosse stata in parte compensata dalla crescita degli uffici<br />

stampa pubblici e privati e dal sistema della radiotelevisione<br />

locale e nazionale.<br />

In questo terreno accidentato spicca il bilancio dell’Istituto<br />

che si chiude con un avanzo di oltre 61 milioni<br />

di euro, consolazione non indifferente ma assolutamente<br />

insufficiente a descrivere il contesto in cui<br />

viviamo. Il punto focale non è la tenuta del nostro sistema<br />

nell’occhio del ciclone della crisi, che non è in<br />

discussione, ma gli effetti di questo momento sulle proiezioni<br />

future di sostenibilità, la grandezza della platea<br />

degli iscritti e quindi il grande tema dell’efficienza del<br />

mercato del lavoro, l’efficacia delle future rinnovazioni<br />

contrattuali, il problema della decrescita costante<br />

delle medie retributive.<br />

La categoria e gli Istituti che la rappresentano debbono<br />

stare al centro di questa dinamica, comprenderla profondamente,<br />

mettere in campo strategie sul lungo periodo<br />

e azioni emergenziali usando tutto il ventaglio delle<br />

iniziative possibili. La storia insegna che non si esce da<br />

una crisi strutturale se non si considera una professione<br />

come un sistema di vasi comunicanti.<br />

Gli oltre 2 miliardi e 200 milioni di patrimonio accantonato<br />

dall’Inpgi restano una garanzia, ma la previdenza<br />

si fa guardando ai decenni, la nostra responsabilità è<br />

garantire tra 50 anni non solo buone pensioni, ma an-<br />

1_2010 dicembre<br />

16<br />

di Andrea Camporese*<br />

che livelli di ammortizzazione sociale che non<br />

hanno eguali nel sistema del lavoro italiano.<br />

Disoccupazione a livelli quasi doppi rispetto<br />

all’Inps, mutui e prestiti a tassi inferiori di almeno<br />

due punti percentuali rispetto alla media<br />

bancaria, un’assicurazione contrattuale<br />

contro gli infortuni molto valida, pensioni che si rivalutano<br />

del 2,6 per cento annuo contro il 2 del sistema<br />

generale, un contratto di lavoro che vede crescite economiche<br />

automatiche inferiori rispetto al passato, ma comunque<br />

impensabili per la stragrande maggioranza dei<br />

lavoratori del Paese: tutto questo è il nostro sistema, un<br />

sistema che per essere mantenuto ha bisogno di unità di<br />

intenti, di confronto di idee, non di polemiche. Essere<br />

riusciti a porre in capo allo Stato e, in parte, agli editori<br />

il costo dei prepensionamenti ha evitato un maggior<br />

costo di circa 300 milioni di euro che avrebbe stressato<br />

enormemente il sistema.<br />

Dunque, che cosa si può e si deve fare? Non pretendo di<br />

avere le soluzioni in tasca, né ritengo ci si debba abbandonare<br />

ad inutili totem, allo stesso tempo sento il dovere,<br />

insieme ad un Cda che ha lavorato in straordinaria concordia<br />

in questa temperie, di indicare delle vie.<br />

In primo luogo, alla luce degli indicatori che ho descritto<br />

sinteticamente e del bilancio attuariale appena trasmesso<br />

ai Ministeri vigilanti, serve un’azione determinata e<br />

compatibile di messa in sicurezza dei conti prospettici<br />

dell’Inpgi. La “gobba” negativa dei nostri conti, che conosciamo<br />

da lungo tempo, in forza delle dinamiche descritte<br />

si allunga e si approfondisce. A partire dall’inizio<br />

degli anni ’20 i contributi in entrata non saranno sufficienti<br />

a pagare le prestazioni in uscita determinando<br />

un’erosione del patrimonio accantonato. Chi ci controlla<br />

non mancherà di sottolinearlo, come ha fatto negli ultimi<br />

anni, per questo è stata adottata all’unanimità una<br />

delibera che fissa al 30 giugno 2011 il termine per varare<br />

gli interventi necessari a garantire una sostenibilità<br />

di lungo periodo. Serve un aumento di più punti delle<br />

aliquote previdenziali a carico degli editori, serve uno stimolo<br />

vigoroso al mercato del lavoro attraverso sgravi alle<br />

aziende editoriali che assumono a tempo indeterminato,<br />

serve una riflessione regolamentare che non porti<br />

a tagli delle prestazioni e allo stesso tempo eviti di vederci


imporre una dinamica del sistema generale che potrebbe<br />

essere pesante, inevitabile e non lontana nel tempo.<br />

Da alcuni mesi avanza il confronto con le parti sociali<br />

(<strong>Fnsi</strong> e Fieg) in un clima di responsabilità condivisa che<br />

non può essere sottovalutato. L’aumento delle aliquote<br />

non potrà che essere graduale, spalmato in più anni, sostenibile<br />

nel momento della crisi, evitando una ulteriore<br />

depressione economica del settore. Gli incentivi dovranno<br />

essere importanti, centrati sul lavoro stabile,<br />

evitando, come è accaduto in passato, che possano essere<br />

usati solo come diminuzione del costo del lavoro attraverso<br />

contratti a tempo determinato mai stabilizzati. È<br />

giusto prendere in esame anche un’ipotesi di elevazione<br />

dell’età pensionabile delle donne. Il tema è delicatissimo<br />

e va approfondito in tute le sedi, ma credo che non farlo<br />

potrebbe significare danneggiare in primis le stesse colleghe.<br />

È evidente che il sistema generale presto imporrà<br />

al privato ciò che nel pubblico è stato attuato con il<br />

cosiddetto scalone: elevazione immediata di cinque anni<br />

da 60 a 65. Dal 2015 le pensioni nel sistema generale<br />

saranno automaticamente adeguate alla durata della<br />

nella galassia dell’informazione<br />

vita media, meccanismo che, associato a quello delle finestre<br />

mobili divenute legge con la finanziaria, porterà<br />

le donne ad andare in pensione a 61,5 anni e gli uomini<br />

a 66,5, sempre nel sistema Inps. In questo contesto,<br />

e volendo garantire all’intera platea degli iscritti per i<br />

prossimi 50 anni tutte le condizioni premianti che l’Inpgi<br />

assicura, non agire su questa leva potrebbe significare<br />

pagare un prezzo molto più alto attraverso una imposizione<br />

dall’esterno. Governare questo tema, al contrario,<br />

significa prevedere una riforma graduale e prospettica<br />

fatta di piccoli scalini, una salvaguardia per le 50enni di<br />

oggi, il mantenimento di “vie d’uscita” che nessun altro<br />

ha, basti pensare alla maturazione dei requisiti con 35<br />

anni di versamento, con 40 o attraverso i “vantaggi” previdenziali<br />

del prepensionamento.<br />

Queste linee di intervento, o altre che verificheremo nelle<br />

analisi e nei confronti, non possono essere eluse. Se lo<br />

facessimo non saremmo responsabili, equi, attenti alla<br />

solidarietà tra generazioni. ◗<br />

*Presidente Inpgi


Una professione<br />

molto frammentata<br />

19<br />

nella galassia dell’informazione<br />

Oltre 40.000 giornalisti “invisibili’’ e una vistosa frattura fra lavoro subordinato<br />

e lavoro autonomo. Lo rileva l’indagine di Lsdi Giornalismo: il lato emerso<br />

della professione. Una ricerca sulla condizione dei giornalisti italiani “visibili’’<br />

Pino Rea, Lsdi<br />

Su due giornalisti iscritti all’Ordine solo<br />

uno risulta attivo nella professione (o<br />

almeno è “visibile’’, nel senso che è titolare<br />

di una posizione contributiva all’Inpgi,<br />

in quanto lavoratore dipendente o autonomo),<br />

mentre il lavoro autonomo ha ormai<br />

sorpassato quello dipendente, anche se solo quantitativamente.<br />

Al 31 dicembre 2009 i giornalisti “attivi’’ erano infatti<br />

49.239: il 50,17% degli iscritti all’Ordine se si escludono<br />

albo speciale e stranieri, e il 45,4% se si considerano<br />

anche questi ultimi (complessivamente gli iscritti l’anno<br />

scorso erano 108.437).<br />

Il lavoro dipendente risulta ancora maggioritario, ma<br />

solo formalmente: conta infatti 26.026 giornalisti (il<br />

52,86%), contro i 23.213 autonomi, e se si eliminano<br />

le 6257 posizioni congelate per mancanza di contributi<br />

da almeno un anno (ma in quasi la metà dei casi anche<br />

da più di 5 anni), i subordinati attivi si riducono<br />

a 20.087.<br />

Con i 23.213 autonomi (gli iscritti all’Inpgi2 erano in<br />

realtà 30.170, ma 6.957 posizioni facevano riferimento<br />

a giornalisti dipendenti che svolgevano contemporaneamente<br />

anche lavoro autonomo, risultando quindi<br />

iscritti a entrambe le gestioni) si arriva a 43.300<br />

attivi effettivi.<br />

Una professione frammentata<br />

L’analisi dei dati fornisce il quadro di<br />

una professione frammentata, con status<br />

professionali ed economici molto<br />

vari e con differenze, a volte, molto<br />

profonde fra i vari segmenti che la<br />

compongono. E pone quindi diversi<br />

importanti interrogativi<br />

Primo fra tutti: dove sta e come è composta<br />

l’altra ‘metà’ dei giornalisti iscritti<br />

all’Ordine, quelli che sono completamente<br />

sconosciuti all’Inpgi?<br />

Escludendo pensionati, albo speciali<br />

e stranieri, si tratta di circa 40.000<br />

giornalisti, nella grandissima maggioranza pubblicisti,<br />

visto che professionisti e praticanti sono total-<br />

mente “visibili all’interno dell’Inpgi mentre<br />

dei 62.155 pubblicisti presenti nell’Ordine<br />

solo 4.086 risultano all’Inpgi come<br />

lavoratori dipendenti e 19.626 come<br />

lavoratori autonomi.<br />

La spaccatura fra lavoro dipendente<br />

e lavoro autonomo<br />

Una seconda questione - ‘politica’, sindacale e anche culturale<br />

- nasce dalla conferma (sulla base dei dati) della<br />

vistosa spaccatura fra lavoro dipendente (il lavoro che vive<br />

prevalentemente dentro le redazioni) e lavoro autonomo,<br />

che nell’industria editoriale cresce e diventa sempre<br />

più vitale per la macchina dell’informazione, ma che<br />

non riesce ad acquisire una vera, concreta, dignità professionale.<br />

Una condizione che, nelle fasce più basse e meno protette,<br />

confina visibilmente e si intreccia col precariato dai<br />

2,50 euro lordi a notizia e con tutto quel variegato<br />

mondo del lavoro sommerso che ruota all’esterno delle<br />

redazioni.<br />

Di fronte alla crescita del giornalismo garantito dai contratti<br />

e dagli istituti di categoria, il giornalismo autonomo<br />

ancora annaspa, senza riuscire a trovare uno statuto<br />

- contrattuale e professionale - adeguato alla sua forza<br />

quantitativa, che ormai è pari a quella<br />

del lavoro dipendente. E senza riuscire<br />

ancora, nonostante gli sforzi degli organismi<br />

di categoria, ad entrare nell’area<br />

del giornalismo “garantito”.<br />

Basti pensare che, nel 2009, mentre solo<br />

un lavoratore subordinato su 3 aveva<br />

un reddito annuo inferiore ai 30.000<br />

euro lordi, più della metà degli autonomi<br />

(il 55,25%) dichiaravano un reddito<br />

annuo inferiore ai 5.000 euro.<br />

Un divario che continua ad approfondirsi<br />

e che rappresenta probabilmente il<br />

problema più complesso che tutti gli organismi<br />

di categoria (<strong>Fnsi</strong> in primo luogo)<br />

devono affrontare.<br />

Anche perché i dati sulle prime pensioni da lavoro autonomo,<br />

pur essendo ancora del tutto marginali, non so-<br />

dicembre<br />

1_2010


120.000<br />

100.000<br />

80.000<br />

60.000<br />

40.000<br />

20.000<br />

0<br />

1975<br />

1980 1985 1990 1995 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009<br />

Iscritti all’Ordine dei Giornalisti 1975-2009 Fonte dati: Ordine Nazionale dei Giornalisti<br />

no rassicuranti, visto che il 63% dei trattamenti pensionistici<br />

da Inpgi2 non superano i 500 (cinquecento)<br />

euro lordi annui e solo il 17,4% (124 pensioni dirette)<br />

sono superiori ai 1.000 euro.<br />

Impoverimento delle fasce medie di reddito<br />

Fra il 2000 e il 2009 i redditi della fascia 50-60.000 euro<br />

sono scesi dal 10,13% al 7,77%, quelli 60-70.000 sono<br />

calati da 9,6% a 6,8% e quelli 70-80.000 euro da<br />

7,39% a 6,24%. Mentre sono cresciuti in percentuale gli<br />

stipendi più “ricchi”: dal 9,54% al 12,5% nella fascia da<br />

90 a 130.000 e da 2,8% a 6,22% per i guadagni superiori<br />

ai 130.000 euro.<br />

Nel campo del lavoro autonomo, il 55,25% dei giornalisti<br />

iscritti dichiara complessivamente entrate sotto il<br />

5.000 euro lordi annui, la stessa percentuale (55,01%)<br />

del 2000.<br />

In linea la percentuale fra i Co.co.co, che al 49,5% dichiarano<br />

redditi fra lo zero e i 5.000 euro.<br />

Invecchiamento della professione<br />

Fra i giornalisti subordinati, le posizioni relative a redattori<br />

con meno di 40 anni, che nel 2000 erano oltre<br />

la metà (il 50,67%), sono scese al 40%, mentre quelle<br />

relative a redattori con oltre 50 anni sono passate dal<br />

17,3% del 2000 al 25,77% del 2009.<br />

Per quanto riguarda l’Inpgi2 si registra una netta diminuzione<br />

percentuale, fra il 1997 e il 2009, degli iscritti con<br />

meno di 30 anni (dal 20,2 al 12,18%) e di quelli fra i 30<br />

e i 40 anni (dal 42,37 al 35,19%), accompagnata invece<br />

da un aumento degli iscritti fra i 40 e i 50 anni (dal 22,9<br />

al 29,9%), di quelli fra i 50 e i 60 anni (dal 12,3 al<br />

16,34%) e di quelli con 61 anni e oltre (dal 2,4 al 6,39%).<br />

Avanzano le donne (ma resta il gap economico)<br />

Sul piano del lavoro subordinato, ad esempio, nel 2009<br />

le donne erano il 40,71% - contro il 9,3% del 1975! -,<br />

ma rappresentavano il 43,02% dei rapporti di lavoro nelle<br />

fasce di reddito più basse (entro i 30.000 euro annui)<br />

e soltanto il 15,08% dei salari nelle fasce di reddito alte,<br />

sopra gli 80.000 euro annui.<br />

Un divario che nasconde probabilmente analoghe difficoltà<br />

a livello di carriera.<br />

nella galassia dell’informazione<br />

Gli iscritti all’Ordine<br />

Crescono al sud (dal 16,9% al 24,8%, fra 1985 e 2009).<br />

Relativamente ‘ridimensionate’ Roma e Milano (dal<br />

46% al 42,3% di tutti gli iscritti). Intanto, quasi un giornalista<br />

su due (il 47,8%) è al nord.<br />

Resta costante la prevalenza dei pubblicisti: nel 1975 erano<br />

il 64,33% contro il 32,53%; nel 2009 63,32% contro<br />

23,05% (esclusi i pensionati e i praticanti). Prevalenza<br />

che viene confermata nel lavoro autonomo, dove<br />

i pubblicisti sono il 65% rispetto al 32,2% dei professionisti<br />

(nel 1997 erano il 59%, contro il 40,1%).<br />

A livello di lavoro subordinato i pubblicisti rappresentano<br />

solo il 15,7% degli attivi Inpgi1 (erano comunque solo il<br />

6,23% nel 2001, quando passarono dall’Inps all’Inpgi).<br />

I rapporti di lavoro<br />

Nel campo del lavoro subordinato, i cosiddetti art. 1 sono<br />

cresciuti fra il 2000 e il 2009 del 22,27%, passando<br />

da 14.776 a 18.067. Un incremento relativamente modesto<br />

se confrontato all’aumento generale dei rapporti di<br />

lavoro subordinato, pari nel decennio a 42,94%.<br />

E mentre si registrano lievi oscillazioni per gli art. 2 (collaboratori<br />

fissi subordinati) e 12 (corrispondenti), crescono<br />

in maniera notevole i rapporti ex art. 36 (pubblicisti<br />

part-time nelle redazioni decentrate), passando da 891 del<br />

2001 a 2.892 del 2009, con una progressione del 224,6%.<br />

Un aumento che farebbe pensare anche a un uso sempre<br />

più ampio degli articoli 36 da parte degli editori come<br />

surrogato dell’articolo 1 (ovviamente più costoso) per<br />

redattori utilizzati di fatto a tempo pieno. Lo sviluppo<br />

degli art. 1 si lega alla strategia <strong>Fnsi</strong> di applicazione<br />

contrattuale diversificata per i vari settori editoriali.<br />

Si registra infatti un fortissimo aumento nell’emittenza<br />

locale (da 127 a 2.020 posizioni contrattuali, + 1.490%),<br />

negli enti pubblici (da 211 a 548; +160%). Aumenti più<br />

contenuti, ma pur sempre rilevanti, anche nell’emittenza<br />

nazionale (da 1.214 a 2.029; +67,13%), mentre i<br />

periodici crescono del 28,5% e i quotidiani del 18,4%<br />

(da 6.618 a 7.836). La carta stampata copre sempre però<br />

la maggioranza dei dipendenti: 11.773 su 22.121, il<br />

53,22% (contro il 62,55% del 2000).<br />

Per il lavoro autonomo, nel 2009 i professionisti iscritti<br />

all’Inpgi2 erano il 32,81% (contro il 40,1% del 1997), i<br />

pubblicisti il 65,05% (contro il 59%) e i praticanti (compresi<br />

quelli pubblicisti) il 2,13% (contro lo 0,9%).<br />

Pensioni<br />

Nel 2009 le pensioni Inpgi1 erano 6.495 (5.023 nel<br />

2000, + 29,32%). Un terzo delle quali (il 34,26%) di importo<br />

superiore ai 65.000 euro lordi l’anno, mentre nel<br />

2000 solo il 14,59% superavano i 100 milioni di lire.<br />

Per quanto riguarda le pensioni da Inpgi2 (in tutto<br />

794), il 63% non superano i 500 (cinquecento) euro lordi<br />

annui e solo il 17,4% (124 pensioni dirette) sono superiori<br />

ai 1.000 euro. ◗<br />

21<br />

dicembre 1_2010


23<br />

nella galassia dell’informazione<br />

Formazione. Un antidoto<br />

per resistere e uscire dalla crisi<br />

Serve uno sportello nazionale di consulenza sindacale<br />

ma anche una diffusione di interventi capillare sul territorio<br />

Pensare a un ente bilaterale che agisca azienda per azienda<br />

per resistere alla crisi”. Un “antidoto”<br />

che potrebbe funzionare in questa<br />

“Formare<br />

fase di trasformazione del modo di produrre,<br />

distribuire e consumare informazione. I giornalisti<br />

che lavorano, quelli che il lavoro l’hanno perso e<br />

quanti sono alla ricerca di un primo impiego devono<br />

potere contare su due strumenti: la conoscenza del contratto<br />

di lavoro e delle leggi a tutela della professione;<br />

una formazione professionale permanente. La <strong>Fnsi</strong> nel<br />

corso di questa “legislatura” ha affrontato positivamente<br />

la prima questione. Il Dipartimento Formazione e Comunicazione<br />

e Servizi sindacali, in collaborazione con<br />

l’Inpgi, ha organizzato una serie di seminari su argomenti<br />

contrattuali che hanno coinvolto centinaia di colleghi.<br />

Lavoro a termine, previdenza, lettura della busta<br />

paga, strumenti per la gestione degli stati di crisi, lavoro<br />

autonomo, analisi del nuovo contratto di lavoro, i poteri<br />

dei Comitati di redazione e dei fiduciari, sono stati<br />

tra i temi trattati. Nel frattempo però la legislazione del<br />

lavoro e le norme previdenziali sono cambiate e ancora<br />

cambieranno. La formazione ha quindi bisogno di una<br />

diffusione più capillare. Uno sportello nazionale di<br />

consulenza sindacale potrebbe rappresentare un ulteriore<br />

supporto. Tale sportello in futuro potrebbe coinvolgere<br />

Inpgi, Casagit e Fondo complementare nella<br />

costituzione di un Centro servizi.<br />

La formazione continua dei giornalisti precari, autonomi<br />

e disoccupati trae invece base dall’articolo 4 del Contratto<br />

di lavoro <strong>Fnsi</strong>-Fieg 2009-2013. Si legge: “La Fieg e la<br />

<strong>Fnsi</strong> realizzaranno corsi di aggiornamento professionale<br />

per i giornalisti privi di occupazione o che non abbiamo<br />

un rapporto di lavoro subordinato”. Iniziative di<br />

formazione concordate tra le parti sociali aprono interessanti<br />

prospettive sul versante dell’occupazione. Per dare<br />

gambe alle previsioni del contratto si potrebbe costituire<br />

un Ente bilaterale per la Formazione che veda tra i soggetti<br />

promotori la <strong>Fnsi</strong>, l’Inpgi e la Fieg. La <strong>Fnsi</strong> e le Ars<br />

avevano messo in campo il Formedia, uno strumento locale<br />

per la formazione insediato in Basilicata e curato dall’Associazione<br />

di stampa regionale che ha prodotto una serie<br />

di iniziative e che ora potrebbe essere rilanciato. Infine,<br />

piani di formazione continua, contrattati azienda per<br />

azienda, sono decisivi per non subire le nuove tecnologie.<br />

Nel mese di ottobre, per iniziativa dell’Inpgi, a Roma si è<br />

tenuto un seminario che ha visto riuniti i vertici della professione<br />

giornalistica. Sindacato, e enti economici (previdenza<br />

e assistenza) della categoria hanno proposto di affrontare<br />

in modo coordinato la crisi. E molto si è detto<br />

rispetto alla necessità di formazione sindacale e professionale.<br />

Ora si tratta di rimboccarsi le maniche. Compito del<br />

Congresso sarà fornire idee e risorse per realizzarle. ◗<br />

*Vicesegretario nazionale <strong>Fnsi</strong><br />

**Membro della giunta esecutiva <strong>Fnsi</strong><br />

Un’occasione per emergere<br />

dal precariato<br />

di Enrico Ferri*, Fabio Azzolini**<br />

Stipulata una convenzione tra Confcredito, l’Istituto di Garanzia<br />

più all’avanguardia della regione ed Assostampa Campania,<br />

l’associazione sindacale di categoria unitaria. Grazie alla convenzione,<br />

i giornalisti che intenderanno intraprendere un’attività<br />

in proprio avranno una possibilità in più. L’accordo, infatti, assecondando<br />

i mutamenti sociali, sposa comunicazione, informazione,<br />

cultura, editoria e giornalismo alle nuove esigenze<br />

occupazionali. Alle imprese giornalistiche formate da giornalisti<br />

professionisti e pubblicisti, alle cooperative di addetti alla comunicazione,<br />

vengono offerte le opportunità finora previste solo<br />

per altre categorie di piccole e medie imprese, favorendole in finanziamenti<br />

a tassi agevolati, fidi e fideiussioni previste dall’affiancamento<br />

aziendale a tuttotondo offerto da Confcredito per<br />

le altre categorie di piccole e medie imprese.<br />

Un accordo che coniuga insieme la filosofia di questo confidi, che<br />

ha sedi a Napoli, Salerno, Caserta e Benevento e che ridisegna<br />

la tradizionale ingessatura dell’accesso al credito previsto dal sistema<br />

bancario, e l’analisi di Assostampa Campania, che, consapevole<br />

di quanto la professione giornalistica stia cambiando,<br />

intende mettere a disposizione degli operatori della comunicazione<br />

occasioni nuove. II tutto con particolare riferimento alle<br />

nuove opportunità offerte dalle moderne tecnologie e alla necessità<br />

di fare fronte al precariato della professione giornalistica.<br />

“La convenzione stipulata per consentire ai colleghi che intendono<br />

scommettere su se stessi di accedere al credito agevolato arriva in<br />

un momento particolare di mutazione genetica della professione<br />

sempre più tendente alla libera professione e sempre meno al lavoro<br />

dipendente tradizionalmente concepito. La massima attenzione,<br />

d’intesa con Confcredito, sarà data ai colleghi, sempre più<br />

tecnologicamente professionalizzati che intenderanno inserirsi direttamente<br />

nel mercato dell’informazione e della notizia”, spiega<br />

Enzo Colimoro, Presidente di Assostampa Campania.<br />

Per informazioni:<br />

info@assostampanapoli.it, commerciale@confcredito.it<br />

dicembre<br />

1_2010


Il 12 giugno 2008 il Consiglio<br />

Nazionale dell’Ordine<br />

dei Giornalisti e la<br />

Federazione della Stampa Italiana,<br />

d’intesa con l’Alto<br />

commissariato delle Nazioni<br />

Unite per i Rifugiati<br />

(UNHCR), hanno approvato<br />

la Carta di Roma - Protocollo<br />

deontologico concernente<br />

richiedenti asilo,<br />

rifugiati, vittime della tratta e<br />

migranti. Parte integrante degli<br />

strumenti culturali del giornalismo italiano, la Carta<br />

di Roma promuove una maggiore consapevolezza rela tiva<br />

all’informazione inerente tematiche e soggetti legati all’immigrazione<br />

nel territorio della Repubblica italiana e altrove,<br />

facendo leva sui dettati della Carta dei Doveri del<br />

giornalista e sul criterio deontologico che, all’articolo 2<br />

della legge istitutiva dell’Ordine, invita al rispetto della verità<br />

sostanziale dei fatti osservati.<br />

Le linee guida fornite dalla Carta di Roma pongono l’attenzione<br />

sulla necessità di sostenere un’informazione responsabile<br />

che prenda le distanze da comportamenti non<br />

corretti e superficiali e dalla diffusione di informazioni alterate<br />

o generalizzate, quando non imprecise. Nello spe-<br />

è lo strumento, previsto dal Protocollo<br />

deontologico e promosso dall’Associa-<br />

L’Osservatorio<br />

zione “Carta di Roma” nata per promuovere le<br />

finalità, ed ha l’intento di valorizzare le esperienze di ricerca<br />

diffuse su tutto il territorio nazionale e che coinvolge<br />

numerose Università italiane. Tra queste hanno già<br />

aderito: la Sapienza, la Lumsa, Roma Tre, Pisa, Firenze,<br />

Bologna, Bergamo, Torino, Verona e Palermo. La direzione<br />

scientifica è stata affidata a Mario Morcellini. Partecipano<br />

al progetto anche organizzazioni e Istituti di ricerca<br />

del settore, impegnati in attività di analisi,<br />

formazione e comunicazione riguardanti le diverse di-<br />

nella galassia dell’informazione<br />

Cos’è la carta di Roma<br />

Uno scudo di diritti per chi arriva<br />

Un protocollo deontologico che riguarda chi richiede asilo, i rifugiati, le vittime<br />

della tratta e i migranti. Obiettivo promuovere una maggiore consapevolezza<br />

sull’informazione inerente temi e soggetti riferiti all’immigrazione nel territorio<br />

Roberto Natale, Franco Siddi, Enzo Jacopino,<br />

con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.<br />

cifico, tale strumento chiede<br />

al giornalismo italiano di trattare<br />

questi argomenti con la<br />

massima accortezza soprattutto<br />

per quanto riguarda<br />

l’impiego di termini corretti<br />

dal punto di vista giuridico -<br />

allegando al documento un<br />

piccolo ma fonda mentale<br />

glossario che riporta le specifiche<br />

di ogni status (rifugiato,<br />

richiedente asilo, migrante irregolare<br />

ecc.) - e l’associazione<br />

non appropriate di notizie ai soggetti protagonisti della<br />

notizia stessa, che possano creare danni in termini di<br />

allarmismo ingiustificato e di conseguente indebolimento<br />

della credibilità accordata alla categoria dei giornalisti.<br />

L’impegno dei promotori ha portato, inoltre, all’inserimento<br />

di questi temi tra gli argomenti affrontati nelle attività<br />

di formazione dei giornalisti, che verranno altresì<br />

approfonditi periodicamente attraverso seminari di studio,<br />

all’istituzione di un osservatorio autonomo con il<br />

compito di monitorare l’evoluzione del modo di fare informazione<br />

su tali tematiche e di premi speciali dedica -<br />

ti all’informazione sui richiedenti asilo, rifugiati, vittime<br />

della tratta e migranti. ◗<br />

Un Osservatorio lavora a rapporti annuali<br />

mensioni del fenomeno migra torio come il Cospe (Cooperazione<br />

per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti), l’Agenzia<br />

Redattore Sociale, l’Associazione Lunaria e Paralleli<br />

- Istituto Euromediterraneo del Nord Ovest. Una “Ricerca<br />

nazionale su immigrazione e asilo nei media italiani”,<br />

condotta dalla Facoltà di Scienze della Comu -<br />

nicazione della Sapienza e presentata nel dicembre 2009,<br />

ha costituito il primo step dell’attività dell’Osservatorio<br />

Carta di Roma, mentre le ricerche anticipate in questo<br />

numero saranno poi descritte con maggiore dettaglio nel<br />

rapporto annuale preparato dall’Osservatorio.<br />

Maggiori informazioni: www.cartadiroma.org ◗<br />

25<br />

dicembre<br />

1_2010


nella galassia dell’informazione<br />

Quel che resta di Rosarno<br />

Le cornici interpretative<br />

Come i quotidiani nazi onali hanno cercato di comprendere e spiegare la rivolta di Rosarno?<br />

L’analisi del contenuto degli articoli, della loro disposizione,<br />

della scelta dei titoli, dei termini e delle immagini nella definizione della vicenda<br />

La trattazione del caso Rosarno nei principali quotidiani<br />

nazi onali ha evidenziato l’esigenza della<br />

carta stampata di inquadrare una vicenda presenta -<br />

ta inizialmente, per la sua straordinarietà, in modo allarmistico.<br />

Quattro sono le cornici interpretative emerse<br />

dall’analisi complessiva delle prime pagine, delle sezioni<br />

delegate alla trattazione del tema, dal contenuto e dalla disposizione<br />

degli articoli, dalla scelta dei titoli e delle immagini<br />

e dalla terminologia usata per definire i<br />

protagonisti dei fatti.<br />

L’allarme sociale, nella mag gior parte dei quotidiani, è<br />

stata la cornice interpretativa di riferimento del caso<br />

Rosarno appena i fatti sono accaduti ed è stata definita<br />

dall’uso di una terminologia e di immagini evocative<br />

di un clima di violenza e, in alcuni casi, di vera e<br />

propria guerra civile, delineato da espressioni quali<br />

quelle di “battaglia”, di “una Rosarno messa a ferro e<br />

fuoco”, di “emergenza razzismo”, di “depor tazione dei<br />

neri”. L’atteggiamento di allarme è stato l’approccio iniziale<br />

di molti giornali che poi hanno normalizzato la<br />

presentazione del caso con un’analisi dei motivi e l’individuazione<br />

dei responsabili.<br />

L’analisi dei motivi è risultato il frame maggiormente utilizzato<br />

dai quotidiani per indagare le ragioni alla base<br />

della rivolta degli immigrati. I filoni interpretativi hanno<br />

spazi ato dalle ragioni politico-amministrative alle<br />

implicazioni della criminalità organizzata nel trattamento<br />

riservato ai lavoratori stagionali in Calabria. La<br />

dimensione analitica è emersa an che dalla tendenza ad<br />

Le parole sono pietre<br />

1_2010 dicembre<br />

Pierre Bourdieu ha mostrato quanto sia importante<br />

per un gruppo sociale “il venir nominati”,<br />

ovve ro l’essere catalogati, classificati. In occasione<br />

dei fatti di Rosarno, i primi due titoli de Il<br />

Giornale destano notevole scalpore, per l’uso<br />

del termine “negri”. La scelta, volutamente provocatoria,<br />

sembra “aprire una vertenza” sul linguaggio<br />

e sul politically correct e il caso genera<br />

un ef fetto eco su altre testate che la criticano<br />

in editoriali e commenti. Non solo. Il Giornale, a<br />

questo punto “normalizzandone” l’uso, ricorre al<br />

termine “negri” anche in altre occasioni, ad<br />

esempio: “Sindacati contro immigrati. Sciopero<br />

vietato ai negri” (21/1/2010) in previsione dello<br />

sciopero degli immigrati di marzo.<br />

Il potere di nom inare l’altro è la prima forma di<br />

esercizio di dominio da parte di una maggioranza<br />

su una minoranza o su gruppi svantaggiati,<br />

e la storia e il carico semantico del termine<br />

“negro” lo dimostra, in dipendentemente<br />

dal suo significato strettamente etimologico.<br />

“Negro” è e resta un insulto, negli Usa sareb-<br />

26<br />

Camilla Rumi e Francesca Ieracitano<br />

affiancare agli articoli di cronaca numerose inchieste, reportage<br />

e dossier, volti a contestualizzare gli eventi entro<br />

uno scenario socio-politico e culturale.<br />

Il processo di costruzione sim bolica di un nemico, mai<br />

esplicito né intenzionale, nasce dall’esigenza di individuare<br />

delle responsabilità nello snodo drammatico che han no<br />

avuto le vicende o nella deter minazione delle cause scatenanti.<br />

Tale posizione emerge in maniera molto netta ne<br />

L’Unità con l’articolo “Chi strangola la Calabria”, ne Il<br />

Giornale e, soprattutto, in Libero, che individua l’origine<br />

della rivolta nel fenomeno dell’immigrazione clan destina.<br />

La cornice interpretativa orientata all’intervento e alla<br />

ricerca di possibili soluzioni può, infine, essere distinta<br />

tra la proposta di soluzioni concrete (l’inasprimento<br />

delle leggi sull’immigrazione e l’emanazione di<br />

piani anti-mafia) e l’incentivo alla costituzione di una<br />

nuova mentalità volta al riconoscimento dei diritti<br />

degli immigrati. Su quest’ultima linea si pone L’Avvenire,<br />

così come Il Manifesto e L’Unità, ricorrendo all’uso<br />

di un tono prevalentemente solidaristico nei<br />

confronti degli immigrati (che il quotidiano cattolico<br />

definisce come “schiavi stagionali”, “persone titolari di<br />

diritti”, “fratelli”).<br />

L’insieme degli elementi presi in esame ha, dunque,<br />

contribuito a ricostruire un mosaico di significati sul<br />

quale ha inciso fortemente la linea editoriale di ciascuna<br />

testata, limitando così le chiavi interpretative necessarie<br />

al lettore per comprendere una vicenda complessa<br />

e multidimen sionale. ◗<br />

be più simile a nigger che a ne gro, dove non a<br />

caso si usa black o african american. La correctness<br />

non è altro che il lasciare ai soggetti<br />

“nominati” (almeno) la facoltà di definire quale<br />

linguaggio li offende. Marco Bruno


sistemare mastro dx sx<br />

Rosarno-Italia:<br />

news in fiamme<br />

27<br />

nella galassia dell’informazione<br />

Prime ipotesi di ricerca e interpretazioni sul Caso Rosarno.<br />

Quali le cause della rivolta, qual è stata l’attenzione dell’informazione,<br />

quali le spiegazioni fornite al pubblico?<br />

Il racconto degli avvenimenti accaduti a Rosarno<br />

trova spazio, nelle testate analizzate, dall’8 al 14 gennaio<br />

2010. I fatti di Rosarno, terza cittadina italiana<br />

per densità di stranieri presenti in ordine al numero<br />

degli abitanti e già commissariato per infiltrazioni mafiose,<br />

divengono ben presto un caso mediatico. La rilevazione<br />

di quanto accaduto nel 2010 evidenzia che sulla<br />

stampa il “caso Rosarno” si risolve sostanzialmente in<br />

pochi giorni, contribuendo a tenere alta l’attenzione sul<br />

contesto rosarnese che progressivamente si trasforma da<br />

fatto di cronaca locale a questione nazionale in ordine<br />

alla sicurezza, a introspezione collettiva sulla presenza o<br />

meno di elementi xenofobi nella cultura italiana, fino<br />

all’emersione del caso diplomatico attraverso le accuse<br />

del Governo egiziano. I quotidiani in esame, in un<br />

primo momento si soffermano sulla dimensione emo-<br />

Invertire una tendenza?<br />

Le notizie sull’immigrazione tra quotidianità e “buone pratiche”<br />

Il percorso di ricerca sulle “buone notizie” ricorda che, pur in presenza di criticità<br />

nella rappresentazione dei migranti, un “diverso giornalismo” è possibile<br />

e che distorsioni e semplificazioni non sono inevitabili.<br />

L’Osservatorio ha tentato di analizzare anche gli<br />

esempi positivi rintracciabili nel corpus di materiali<br />

raccolti e a sviluppare la riflessione sulla<br />

buone pratiche di giornalismo in materia di<br />

immigrazioni e diversità. In realtà, su 1540<br />

articoli analizzati, le notizie “non cattive” sono<br />

solo 85, il 5,5% del totale. Un terzo di queste<br />

sono classificabili come neutre: ripor tano fatti<br />

o commenti sull’immigrazione, o aventi per<br />

protagonisti immigrati, che in sé non sono né<br />

positivi né riconducibili a episodi di nera, incidenti<br />

o problemi di sicurezza. Le altre (55,<br />

pari al 3,7% del cam pione) sono le “buone notizie”:<br />

storie di vita o inchieste sulle con dizioni<br />

difficili o ingiuste in cui vivono gli immigrati, che<br />

trattano del riconoscimento dei diritti e di azi -<br />

oni di affermazione positiva, che danno spazio<br />

e voce ai bisogni delle minoranze, a vicende di<br />

integrazione riuscita, emblematiche della convivenza<br />

possibile.<br />

Vi sono poi “buone notizie sul giornalismo”,<br />

quelle che si distinguono per adeguatezza dei<br />

linguaggi e degli stili utilizzati, pur all’interno della<br />

cronaca nera: news che anche per fatti negativi<br />

adottano uno stile non semplificatorio e<br />

che non genera ricadute in termini di stigmatizzazione<br />

di interi gruppi. Ciò è possibile rispondendo<br />

a poche ma efficaci indicazioni:<br />

non limitarsi agli elementi che definiscono l’immigrato<br />

solo in termini di status di soggiorno (irregolare,<br />

clandestino, etc.); evitare, soprattutto<br />

nella titolazione, un linguaggio di estraneità che<br />

accentua la definizione della persona come colui<br />

che “viene dal di fuori”: extra comunitario,<br />

straniero, oppure le varie etichette nazionali (albanese,<br />

rumeno, etc., come sostantivi) che implicitamente<br />

affermano una diversità con la comunità<br />

autoctona. In questi casi l’effetto<br />

(ampia mente mostrato da ricerche sociologiche<br />

e psicosociali) è quello di criminalizzare l’altro<br />

e di accentuare una sup posta diversità “morale”<br />

dei vari gruppi. Limitare, poi, forme linguistiche<br />

che insistono su paura o ansia, ma anche<br />

su pietismo o compassione, oppure toni allar-<br />

Arije Antinori e Luisa Chiellino<br />

tiva dell’evento, evidenziando l’allarme manifestatosi a<br />

seguito della “rivolta” dei migranti, per poi fornire un’informazione<br />

più rassicurante, volta ad interpretare in<br />

modo più analitico l’evento di cronaca in questione,<br />

contribuendo a fornire al lettore una visione più comprensibile,<br />

spesso scegliendo tra le molteplici chiavi interpretative<br />

quella concentrata sull’origine straniera dei<br />

suoi protagonisti o sulle politiche in campo migratorio.<br />

Perché Rosarno diventa un “caso”? I fatti di Rosarno si<br />

sono trasformati ben presto in notizia, risultando mediaticamente<br />

appetibili grazie a una miscela di caratteristiche<br />

quali la spettacolarità, le dimensioni del conflitto<br />

(numero di persone coinvolte, episodi di violenza, significato<br />

simbolico delle immagini) e la forma riot di devianza<br />

collettiva, inconsueta in Italia ma ampiamente riscontrata<br />

a livello internazionale. ◗<br />

mistici o eccessivamente enfatici. Aggiungere<br />

poi alla descrizione, se possibile, pluralità di voci,<br />

ad esempio usando esperti, operatori del settore,<br />

etc. come fonti in grado di fornire dati, informazioni<br />

dettagliate, storie di vita, e,<br />

soprattutto, punti di vista non scontati per affron<br />

tare le notizie sull’immigrazione in modo<br />

originale e attento alla comp lessità.<br />

Si tratta di immag inare la responsabilità della<br />

professione giornalistica verso la diversità<br />

culturale (forte mente voluta dall’approvazione<br />

della Carta di Roma) come un diverso approccio,<br />

in cui i giornalisti (sviluppando in piena<br />

autonomia le proprie pratiche, competenze<br />

e sensibilità) siano agenti responsa bili di<br />

una riflessione profonda sul cambiamento della<br />

società italiana e che af frontino in maniera<br />

proattiva il delicato ruolo di mediazione e di<br />

accompagna mento del nuovo che inevitabilmente<br />

ricade sulle loro spalle.<br />

Marco Bruno, Valeria Lai, Gaia Peruzzi<br />

dicembre 1_2010


nella galassia dell’informazione<br />

D’altro canto, la rivolta dei migranti sem bra evidenziare<br />

un vero e proprio nodo culturale ancora irrisolto, che<br />

car atterizza non solo la Calabria, ma tutta la società italiana:<br />

la presenza degli stranieri e la loro integrazi one. In<br />

ordine alle cause della rivolta non è possibile non porre<br />

l’attenzione su altre criticità sedimentate nel tempo: la<br />

compressione economica che caratterizza il territorio<br />

calabrese, i continui episodi di vessazione cui gli stessi sono<br />

stati sottoposti nel corso degli anni, nonché le condizioni<br />

di povertà e disagio sociale che caratterizzano la<br />

comunità dei braccianti africani e il significativo mutamento<br />

negli ul timi anni delle politiche eu ropee sul settore<br />

agricolo. Tuttavia, vi è da evidenziare un’ulteriore linea<br />

interpretativa, che mette in luce l’anomalia<br />

dell’esplosività del fenomeno rivoltoso proprio in un tessuto<br />

sociale ed economico fortemente governato e culturalmente<br />

condizionato dalla ‘Ndrangheta. ◗<br />

1_2010 dicembre<br />

28<br />

120<br />

100<br />

80<br />

60<br />

40<br />

20<br />

0<br />

7<br />

Totale articoli Aperture<br />

8 9 10 11 12 13 14<br />

gennaio 2010<br />

Il grafico riporta il dato quantitativo dell’attenzione dei giornali<br />

sul caso Rosarno


di Gino Falleri<br />

Siamo arrivati al XXVI Congresso, con scenari<br />

diversi da quelli esistenti alla vigilia di quello<br />

di Castellaneta Marina, e la domanda ricorrente<br />

è sempre la stessa. Cosa è stato<br />

realizzato e quale futuro per i pubblicisti, ovvero<br />

per i collaboratori? Non è agevole fornire<br />

una risposta adeguata. Si può dire che il bilancio non<br />

appare esaltante ed il triennio è stato speso per risolvere<br />

una miriade di vertenze e nella difesa del duplice diritto<br />

di informare ed essere informati. Due diritti fondamentali<br />

che l’ordinamento penale osteggia. È illiberale<br />

mentre la libera informazione è l’unico deterrente contro<br />

il Potere ovunque sia esercitato. Anche in casa nostra<br />

e noi dovremmo essere di esempio.<br />

Il congresso, a parte i bilanci, è sinonimo di confronto,<br />

proposte ed aspettative. Tutto su una base reale e non da<br />

mondo dei sogni, che tenga conto delle vere potenzialità<br />

del Paese a produrre ricchezza. L’editoria nazionale<br />

non vive un momento facile come peraltro i giornalisti.<br />

Senza i contributi pubblici navigherebbe in acque più<br />

agitate e la conseguenza sarebbe l’aumento dei non occupati,<br />

che già sono tanti. Tuttavia il futuro è alquanto<br />

incerto e non solo per l’editoria se si dovesse dare il dovuto<br />

peso ad un articolo sull’euro, apparso su “Affari e<br />

Finanza” dell’ultimo lunedì del passato mese di novembre.<br />

Gli scenari potrebbero essere più che crepuscolari.<br />

Gl’interventi pubblici fanno parte della nostra storia fin<br />

dall’epoca di Beneduce e dell’IRI. Anche negli altri paesi<br />

dell’U.E. si interviene a favore dell’editoria. C’è da registrare<br />

una positiva novità sulle risorse. Nel patto di stabilità<br />

sono stati stanziati cento milioni per cooperative<br />

e fogli di partito ed i contributi verranno erogati sulla base<br />

delle copie vendute e distribuite. Questo significa una<br />

momentanea tranquillità anche per i collaboratori. Poi<br />

ci sono le Regioni che non lesinano sull’informazione.<br />

Si potrebbero suggerire gli stessi metodi. Si forniscono<br />

aiuti se si assumono redattori e collaboratori. Finora una<br />

siffatta regola non è stata aurea.<br />

Ritorniamo ai collaboratori. Le lamentele ci sono come<br />

i problemi. Sulla previdenza era stata adottata una delibera<br />

per esentare chi era sotto quota 3.000 euro, ma è<br />

ferma sul tavolo del ministro Sacconi<br />

Il ministero è su una posizione negativa e non tiene in<br />

considerazione che il sistema contributivo frutta<br />

scarsi redditi. Irrisori si potrebbe affermare.<br />

L’attenzione dei collaboratori è allo stato attuale<br />

puntata sugli irridenti compensi e sulle<br />

occasioni di lavoro in fase calante. L’offerta è di<br />

gran lunga inferiore alla domanda. In prospettiva,<br />

con il costante incremento degli iscritti, potrebbero<br />

scendere ancora. Al riguardo è bene ricordare un articolo<br />

di Guido Besana dal significativo titolo “Cosa ci<br />

fanno centomila giornalisti in Italia”. Si potrebbe affermare<br />

che siamo dinnanzi ad un Muro del Pianto, ma allo<br />

stato attuale trovare soluzioni, al di là del tariffario concordato<br />

con l’Uspi, non sembra facile. Qualcuno sostiene<br />

che occorre una inversione nella politica sindacale: non<br />

più una difesa ad oltranza dell’esistente, ma soggetto protagonista<br />

del nostro futuro. Alla pari che indichi soluzioni<br />

e le imponga. Per esempio, se l’ordine professionale è<br />

indispensabile, l’albo unico. La differenza il tempo pieno<br />

e quello parziale e tutti all’esame di idoneità selettivo. ◗<br />

*Segretario generale aggiunto pubblicista <strong>Fnsi</strong><br />

29<br />

nella galassia dell’informazione<br />

Collaboratori, lavoro in fase calante<br />

È giunta l’ora dell’albo unico<br />

Contributi pubblici erogati in base alle copie vendute e distribuite portano tranquillità a tutti<br />

Poche le soluzioni individuate al di là dei patti di recente sottoscritti con l’Uspi<br />

Attesa per l’esenzione dalla quota sulla previdenza per chi ha compensi inferiori ai 3000 euro<br />

DELEGAZIONI<br />

ANCONA<br />

AOSTA<br />

BARI<br />

BOLOGNA<br />

BOLZANO<br />

CAGLIARI<br />

CAMPOBASSO<br />

FIRENZE<br />

GENOVA<br />

MILANO<br />

NAPOLI<br />

PALERMO<br />

PERUGIA<br />

PESCARA<br />

POTENZA<br />

REGGIO CALABRIA<br />

ROMA<br />

TORINO<br />

TRIESTE<br />

VENEZIA<br />

Collab. Iscr.<br />

31-12-2009<br />

90<br />

43<br />

205<br />

298<br />

49<br />

954<br />

124<br />

277<br />

150<br />

1516<br />

775<br />

408<br />

65<br />

63<br />

189<br />

901<br />

601<br />

835<br />

249<br />

185<br />

TOTALE 7977<br />

dicembre 1_2010


nella galassia dell’informazione<br />

L’altra metà dei giornalisti lavora<br />

strangolata dalla competizione<br />

24 mila colleghi producono informazione sui vari media ma sono privi di regole e certezze<br />

Il lavoro autonomo e il precariato fra i temi centrali del XXVI congresso di Bergamo<br />

Grande il ruolo dei Comitati di redazione per costruire un patto fra dipendenti e collaboratori<br />

Un grande e articolato piano d’azione<br />

per i giornalisti freelance e precari. Che<br />

combini una vertenza nazionale con<br />

gli editori, per ottenere compensi e condizioni<br />

di lavoro dignitosi, diritti certi, prospettive sicure.<br />

Una pressione costante sulle Istituzioni,<br />

per elevare il sistema delle protezioni sociali. E un’alleanza<br />

forte, vera, tra chi sta dentro e fuori dalle redazioni.<br />

Il tema del lavoro autonomo e del precariato nella nostra<br />

professione dovrà essere uno degli argomenti di dibattito<br />

e decisioni politiche centrali, nei quattro giorni<br />

del XXVI Congresso della <strong>Fnsi</strong>. Il punto di partenza per<br />

costruire un sistema dell’informazione più forte, più libero<br />

e più autonomo.<br />

I freelance hanno bisogno di risposte, di azioni, di proposte,<br />

di impegno. E ne hanno bisogno subito. Lo<br />

ripetono da tempo i gruppi spontanei, i movimenti, i coordinamenti<br />

che si sono organizzati in molte aree d’Italia.<br />

E il messaggio, chiarissimo, è arrivato anche dai primi<br />

mesi di lavoro della Commissione per il Lavoro<br />

autonomo, che sulla necessità di trovare soluzioni e<br />

fornire risposte sta improntando la propria azione<br />

(vedere articolo in basso).<br />

Stiamo del resto parlando di un mondo di quasi 24 mila<br />

persone, a fronte di 20 mila contrattualizzati, l’“altra<br />

metà” dell’informazione su giornali, radio, tv, agenzie e<br />

siti internet italiani, stretti tra diritti pochi o nulli e una<br />

competizione senza regole con un esercito di concorrenti<br />

- quei 50-60 mila iscritti all’Ordine di cui non si riesce<br />

a inquadrare l’attività, a cui si aggiungono centinaia, migliaia<br />

di aspiranti giornalisti - pronti a lavorare per<br />

qualche centesimo.<br />

I numeri sulle retribuzioni medie elaboratori da Lsdi nella<br />

sua indagine “Giornalismo: il lato emerso della professione“,<br />

sulla base di dati dell’Inpgi 2, sono eloquenti: un<br />

freelance su cinque nel 2009 ha avuto un reddito pari a<br />

zero e oltre il 55% di lavoratori autonomi e co.co.co. è sotto<br />

i 5 mila euro lordi l’anno. Ma l’elemento che più dovrebbe<br />

far riflettere è l’invecchiamento medio di colleghe<br />

e colleghi iscritti alla Gestione separata dell’Inpgi: nonostante<br />

l’aumento impetuoso del numero complessivo (da<br />

nemmeno 5 mila a oltre 30 mila in 13 anni), la percentuale<br />

degli ultra-quarantenni è salita dal 38% del 1997 al<br />

1_2010 dicembre<br />

30<br />

di Daniela Stigliano*<br />

45% del 2004 fino al 53% del 2009, mentre<br />

i giovani sotto i 30 anni sono passati dal 20%<br />

al 15% e ancora al 12%.<br />

I freelance, insomma, sono oggi quasi sempre<br />

sottopagati e costretti a una lunga vita di<br />

precarietà senza uscita. Eppure, grossa parte<br />

dell’informazione è nelle loro mani. Ma quale tipo di<br />

informazione può essere garantita da chi guadagna<br />

pochi spiccioli a pezzo, quale forza si può opporre alla<br />

prepotenza dei poteri forti, all’invadenza del marketing,<br />

ai diktat della pubblicità? La battaglia per la<br />

dignità del lavoro dei freelance è la battaglia per la libertà<br />

e l’autonomia dell’informazione. Per questo sono<br />

necessari l’impegno e la consapevolezza di tuttti. Quel<br />

patto tra freelance e dipendenti che il Sindacato deve<br />

riuscire a promuovere e governare, attraverso la sensibilizzazione<br />

e il coinvolgimento dei Comitati di<br />

Commissione lavoro autonomo <strong>Fnsi</strong><br />

Un questionario rivolto ai freelance<br />

Un questionario rivolto ai freelance, per elaborare un rapporto-denuncia<br />

sulle loro condizioni di lavoro ed aprire una vertenza con gli<br />

editori. È stato questo il primo impegno operativo, realizzato in autunno,<br />

della Commissione Lavoro Autonomo. L’intento è quello di far<br />

seguire nel 2011 un monitoraggio capillare ed approfondito, con<br />

frequenza annuale, tramite il quale avviare ulteriori iniziative sindacali<br />

e di denuncia.<br />

Parallelamente è stato elaborato un programma per affrontare nei<br />

prossimi mesi varie problematiche irrisolte del lavoro autonomo: le<br />

sottoretribuzioni e la mancaza di un tariffario minimo, i mancati rispetti<br />

delle norme contrattuali, i ritardi nei pagamenti, e la legge della<br />

jungla esistente in settori come l’on line. Il miglioramento delle<br />

collaborazioni con Ordine, Inpgi e Casagit e del welfare per i lavoratori<br />

autonomi; l’apertura di canali di informazione e contatto su<br />

web e di consulenza on line. E il potenziamento dei rapporti (spesso<br />

labili o inesistenti) tra freelance e sindacato.<br />

Si tratta di obiettivi impegnativi, che per divenire realtà necessitano<br />

di un forte e continuativo supporto del sindacato e di tutta<br />

la categoria. Perché incidono drammaticamente sulla vita<br />

quotidiana e sulle prospettive di migliaia di colleghi, i meno tutelati<br />

e senza voce, destinati fra breve a divenire la maggioranza<br />

della professione. E dovrebbe bastare questo elemento per<br />

portare tutti a chiedersi a cosa sta portando la crescente precarizzazione<br />

del giornalismo.<br />

Maurizio Bekar


Classe di età 1997 2004 2009<br />

fino a 30 anni<br />

da 31 a 35 anni<br />

da 36 a 40 anni<br />

da 41 a 45 anni<br />

da 46 a 50 anni<br />

da 51 a 55 anni<br />

da 56 a 60 anni<br />

da 61 a 65 anni<br />

oltre 65 anni<br />

TOTALE<br />

TABELLA FREELANCE<br />

redazione e dei colleghi con responsabilità di desk e coordinamento<br />

redazionale.<br />

Aprire una vertenza a tutto campo con gli editori significa<br />

prima di tutto pretendere che la flessibilità,<br />

quindi il lavoro dei collaboratori e dei contratti a termine,<br />

costi più dei rapporti a tempo indeterminato.<br />

31<br />

nella galassia dell’informazione<br />

Significa stabilire tempi certi, e rispettati, per i pagamenti.<br />

Significa premiare il merito e la qualità. Perché<br />

dalla concorrenza emerga con chiarezza chi questo<br />

mestiere lo sa fare, con professionalità, e deve continuare<br />

a poterlo fare con maggiori garanzie; e chi, invece,<br />

non sarà in grado di sostenere un confronto sul valore<br />

del lavoro e dell’informazione, e sarà costretto ai margini<br />

del giornalismo.<br />

Alla politica, invece, bisogna chiedere nuove norme dello<br />

Stato sociale che ridiano dignità ai freelance e cancellino<br />

il precariato a lungo termine. In questo senso, un<br />

contributo importante potrebbe arrivare dalle due<br />

indagini parlamentari in svolgimento al Senato. La prima<br />

vuole analizzare direttamente le condizioni dei giornalisti<br />

freelance (vedere articolo in basso). Mentre la<br />

Commissione Lavoro di Palazzo Madama ha deliberato<br />

lo scorso 4 novembre di “svolgere un’indagine conoscitiva<br />

sul trattamento normativo ed economico nel settore<br />

dell’editoria”, che comprenderà anche i compensi dei<br />

freelance. ◗<br />

*Vicesegretario nazionale <strong>Fnsi</strong>,<br />

presidente della Commissione per il lavoro autonomo<br />

Iniziativa bipartisan approvata dalla Commissione Lavoro del Senato<br />

Un’indagine parlamentare sulle condizioni dei giornalisti freelance<br />

La condizione dei giornalisti freelance viene<br />

finalmente allo scoperto. Esce dal cono d’ombra<br />

di un’attività sottopagata ma essenziale<br />

al sistema dell’informazione, per diventare<br />

test su scala nazionale.<br />

L’occasione è un’indagine parlamentare promossa,<br />

in chiave bipartisan, dai senatori<br />

Maurizio Castro (Pdl) e Giorgio Roilo (Pd), e<br />

poi approvata all’unanimità da tutta la Commissione<br />

Lavoro, che mette finalmente sotto<br />

la lente la questione dei giornalisti freelance.<br />

Coloro che negli ultimi anni sono<br />

diventati la “maggioranza” tra gli operatori<br />

dell’informazione, ma che senza tutele e con-<br />

959 2816 3675<br />

1141 3664 5241<br />

888 3935 5377<br />

625 2945 5118<br />

471 2143 3899<br />

334 1560 2862<br />

255 1130 2069<br />

108 643 1464<br />

7 12 465<br />

4788 18848 30170<br />

Iscritti alla Gestione Previdenziale Separata 1996 - 2009 distribuiti per anno di denuncia e redditi.<br />

Fonte dati: Archivio Inpgi Posizioni Contributive<br />

tratto, lavorano al di fuori delle redazioni. All’indagine<br />

seguirà un’audizione al Senato alla<br />

quale parteciperanno colleghi freelance di<br />

tutt’Italia che presenteranno le cifre, i contenuti,<br />

le mancanze di una categoria di professionalità<br />

fondamentali che, per dimensioni<br />

e impiego, hanno superato da tempo gli<br />

stabilizzati.<br />

L’iniziativa, voluta e promossa da Re:Fusi Coordinamento<br />

Giornalisti Freelance Veneti, dal<br />

Sindacato dei Giornalisti del Veneto, dalla<br />

Commissione Nazionale Lavoro Autonomo -<br />

<strong>Fnsi</strong>, ha l’obiettivo di sensibilizzare editori,<br />

colleghi, e ovviamente la politica affinché<br />

possa portare all’attenzione dell’opinione<br />

pubblica una questione ormai ineludibile.<br />

La neonata Commissione Nazionale Lavoro<br />

Autonomo ha avviato il monitoraggio della<br />

situazione dei freelance su scala nazionale<br />

attraverso la distribuzione di questionari in<br />

forma anonima. I risultati verranno presentati<br />

in occasione del XXVI Congresso della<br />

<strong>Fnsi</strong> in programma a Bergamo dall’11 al 14<br />

gennaio.<br />

Antonella Benanzato<br />

Commissione Nazionale Lavoro Autonomo<br />

Giunta Sindacato Giornalisti del Veneto<br />

dicembre<br />

1_2010


nella galassia dell’informazione<br />

800 posti di lavoro persi in due anni<br />

Crisi strutturale, redazioni decapitate<br />

Secondo i piani presentati da 58 aziende gli esuberi sarebbero stati oltre mille<br />

Le emergenze sono state gestite attraverso vertenze governate grazie agli strumenti<br />

previsti dal rinnovato contratto nazionale e di intesa con gli editori<br />

Ottocento posti di lavoro persi negli ultimi<br />

due anni. Circa 800 prepensionamenti<br />

che hanno già prosciugato il<br />

fondo di 20 milioni di euro stanziati dal governo.<br />

Sono questi gli effetti della crisi che -<br />

anche a causa del crollo degli investimenti pubblicitari<br />

- ha travolto il mondo dell’editoria. Un bilancio<br />

pesante che poteva però essere ancora più drammatico,<br />

considerando che le 58 aziende che hanno chiesto lo stato<br />

di crisi hanno denunciato oltre un migliaio di esuberi<br />

strutturali, ovvero giornalisti considerati in sopranuamero<br />

anche se ancora lontani dall’età della pensione.<br />

Ottocento carriere stoppate, ottocento storie professionali<br />

sfregiate, ottocento colleghi e altrettante famiglie che<br />

hanno visto cambiare il loro destino nello spazio di un paio<br />

di mesi, legate alla scelta non facile, e nella quasi totalità<br />

dei casi obbligata, tra la cassa integrazione e la pensione<br />

anticipata. Decine di redazioni decapitate, costrette a fare<br />

a meno di professionalità importanti e a sacrifici anche<br />

pesanti (come la cassa integrazione a rotazione o i contratti<br />

di solidarietà) per salvare i posti di lavoro.<br />

L’esperienza diretta ci ha dimostrato quanto possa essere<br />

devastante per le redazioni e per i singoli la gestione<br />

di uno stato di crisi. Di fronte ai bilanci in rosso e alla<br />

pubblicità in drammatico calo, molti editori hanno usato<br />

lo strumento della 416 come mezzo principale per fare<br />

fronte alla crisi, in molti casi cercando un’intesa condivisa<br />

col sindacato nel tentativo di rilanciare le aziende.<br />

Altri, invece, individuato il numero di esuberi utile per<br />

dare ossigeno alle casse, si sono lanciati in ristrutturazioni<br />

che non riuscivano a nascondere il vero obiettivo: abbattere<br />

il costo del lavoro mandando via i giornalisti.<br />

Il sindacato si è così trovato costretto a sostenere una lotta<br />

impari. Con le grandi aziende, sorrette spesso dalla politica,<br />

da un lato, e dall’altro uno sparuto numero di colleghi<br />

impegnati a difendere i posti di lavoro ad uno a<br />

uno, in trattative estenuanti, talvolta dure e “cattive”, per<br />

abbassare il numero degli esuberi, per ridurre il numero<br />

delle casse integrazioni, armati solo di buona volontà<br />

e degli strumenti messi a disposizione dal contratto<br />

(una fortuna averlo firmato!), dalle intese (determinante<br />

l’obbligo per le aziende di versare il 30% di ogni prepensionamento<br />

richiesto), e dalle leggi.<br />

Alla logica della salvaguardia della professionalità e del-<br />

1_2010 dicembre<br />

32<br />

di Luigi Ronsisvalle<br />

la qualità del lavoro giornalistico, le aziende<br />

hanno però quasi sempre contrapposto la<br />

fredda logica dei numeri e del risparmio, con<br />

l’evidente obiettivo di mandare a casa i giornalisti<br />

più anziani che costano troppo ma<br />

con la convinzione ferma di non volere cambiare<br />

strutturalmente il prodotto da offrire ai lettori: in<br />

sostanza meno giornalisti contrattualizzati ma stesso<br />

numero di pagine. Quindi più lavoro per chi resta e<br />

maggiore uso di collaborazioni esterne, precariato nascosto<br />

e sfruttamento di freelance e collaboratori.<br />

In questo quadro deprimente, il sindacato si è impegnato<br />

in negoziati estenuanti, durati settimane e talvolta anche<br />

mesi. In alcune circostanze anche drammatici. Ha lavorato<br />

per cercare di garantire un’uscita quanto più serena,<br />

dignitosa e meno traumatica possibile ai prepensionati,<br />

trattando allo spasimo sul numero degli esuberi,<br />

facendo le pulci ai bilanci delle aziende, mettendo sotto<br />

torchio i direttori sugli organici redazionali falcidiati,<br />

in alcuni casi rifiutandosi di firmare le intese al ministero<br />

del Lavoro perché in disaccordo con Cdr troppo<br />

aziendalisti, ma cercando anche di garantire i colleghi<br />

che restano nelle redazioni spesso avvilite e ridotte all’osso<br />

da questi tagli.<br />

Ecco il paradosso della 416: da un lato c’è chi deve andare<br />

via non volendolo e sapendo di potere dare ancora<br />

tanto alla professione; dall’altro c’è chi deve restare pur<br />

non volendolo, sapendo invece di dovere lavorare di più,<br />

in condizioni difficili e senza alcuna soddisfazione. Nel<br />

mezzo ci sono i più giovani, i precari, il cui destino è legato<br />

al rinnovo, mai scontato, di un contratto a termine<br />

o di una collaborazione. Interessi diversi e contrapposti<br />

tra chi deve uscire e chi spera di entrare stabilmente<br />

nella professione.<br />

Ma questo è oggi il mondo del giornalismo: con 110 mila<br />

iscritti all’Ordine e solo 20 mila contrattualizzati.<br />

Con 24 mila iscritti all’Inpgi 2, di cui oltre la metà con<br />

un reddito inferiore ai 5 mila euro l’anno, e una massa<br />

di giornalisti sconosciuti, che vivono ai margini delle redazioni<br />

e della professione, offrendo competitività al ribasso.<br />

Una situazione esplosiva che tende a peggiorare a<br />

causa delle migliaia di ingressi nella professione permessi<br />

dalla ormai illogica e vetusta legge del 1963 e dalla<br />

miope e totalmente superata politica dell’Ordine.


Intanto però la situazione resta drammatica. Esperienze<br />

devastanti come quella di ePolis devono farci riflettere.<br />

Il fallimento del giornale, ideato da Grauso e portato al<br />

disastro finale da Rigotti, ha creato un buco di quasi 4<br />

milioni di euro di contributi non versati nella casse dell’Inpgi<br />

e di poco meno di un milione nelle casse della<br />

Casagit. A questo danno, già consumato, occorre aggiungere,<br />

dopo il fallimento dell’azienda, anche il pesante<br />

onere che graverà sull’Inpgi per il pagamento delle<br />

ultime tre mensilità, dei Tfr, delle casse integrazioni<br />

e delle disoccupazioni per 136 giornalisti rimasti senza<br />

lavoro. Andando a spanne siamo ben oltre i 15 milioni<br />

di euro. Una cifra inaccettabile che graverà sulle spalle<br />

Coop. RINASCITA<br />

EDISPORT Editoriale S.p.A.<br />

e EDIMOTO s.r.l.<br />

Editoriale DOMUS<br />

ANSA<br />

HEARST - MONDADORI<br />

EDITORIALE DEL MEZZOGIORNO<br />

CORRIERE DEL MEZZOGIORNO<br />

CORRIERE DELLO SPORT S.R.L.<br />

GRUNER UND JAHR MONDADORI<br />

REED BUSINESS INFORMATION<br />

IL SOLE 24 ORE SPA<br />

(quotidiano ed Agenzia Radiocor)<br />

NOVI MATAJUR<br />

LA RINASCITA DELLA SINISTRA<br />

Coop. CARTA<br />

COOPRESS Cooperativa giornalistica<br />

AGA – Agenzia Giornali Associati<br />

ST. PAULS INTERNATIONAL s.r.l.<br />

EDITORIALE CIOCIARIA OGGI<br />

Editrice QUADRATUM<br />

RASSEGNA SINDACALE<br />

GIORNALI E ASSOCIATI SPA<br />

30 GIORNI<br />

L’INFORMAZIONE – IL DOMANI DI BOLOGNA<br />

MAG Editoriale – Dnews<br />

IL MANIFESTO<br />

MRC – LIBERAZIONE<br />

Fallimento TODAY IN LIQUIDAZIONE<br />

IL GIORNALE<br />

13 gennaio<br />

19 gennaio<br />

28 gennaio<br />

29 gennaio<br />

29 gennaio<br />

12 febbraio<br />

22 febbraio<br />

8 marzo<br />

12 marzo<br />

25 marzo<br />

26 marzo<br />

28/4 - 15/9/10<br />

1° aprile<br />

16 giugno<br />

30 giugno<br />

22 luglio<br />

6 agosto<br />

30 luglio<br />

5 agosto<br />

4 agosto<br />

2 agosto<br />

31 agosto<br />

1° settembre<br />

15 settembre<br />

3 novembre<br />

10 novembre<br />

33<br />

nella galassia dell’informazione<br />

di tutti noi e che impone fin d’ora serie riflessioni sulla<br />

difesa che dovremo organizzare per il nostro Istituto di<br />

previdenza e per la Cassa, evitando che editori senza<br />

scrupoli possano condurli al dissesto. Occorrerà essere<br />

molto più attenti e severi. Forse anche cinici. Ma d’ora<br />

in avanti non dovrà più essere permesso ad alcuno di restare<br />

sul mercato violando le leggi e il contratto, sfruttando<br />

il lavoro dei colleghi e appropriandosi illecitamente<br />

dei loro soldi, creando danni così ingenti alle<br />

istituzioni della categoria. Occorrerà intervenire prima.<br />

Molto prima. E con la massima decisione. Ne va del destino<br />

dell’intera categoria. Di tutti noi. ◗<br />

*Vicesegretario nazionale <strong>Fnsi</strong><br />

1 prepensionamento<br />

X EDISPORT: ricorso alla Cigs a rotazione o al contr. di Solidarietà per tutto il corpo<br />

redaz. x 6/8 giornate al mese. X EDIMOTO: Contr. di solidarietà: riduzione impegno<br />

lavorativo ai due giorn. impiegati a tempo pieno (1 o 2 giorni a settimana)<br />

22 esuberi<br />

55 esuberi<br />

2 esuberi<br />

7 unità di cui 4 su Napoli e 3 su Bari<br />

12 giornalisti ex art. 1 - 5 corrispondenti ex art. 12 - 1 giornalista ex art. 2<br />

22 giornalisti in esubero di cui 12 strutturali<br />

18 giornalisti<br />

40 giornalisti (di cui 37 per Quotidiano e 3 per Agenzia Radiocor)<br />

Eccedenza di 2 giornalisti<br />

Richiesta di proroga Cigs per 11 giornalisti<br />

Esubero di 3 giornalisti, di cui 2 prepensionabili<br />

4 unità<br />

2 giornalisti operanti su Club3-Vivere in armonia<br />

30 giornalisti<br />

Chiusura della testata VS con effetto dal mese di marzo 2010 ( 5 giornalisti in<br />

eccedenza) - Rolling Stones : riduzione di 2 unità giornalistiche. - Totale<br />

eccedenze giornalistiche: 7 unità<br />

5 unità<br />

Fallimento<br />

Per n. 1 giornalista Cigs finalizzata al prepensionamento<br />

6 unità giornalistiche<br />

(risultati dalla cessazione delle edizioni di Bergamo e Verona)<br />

20 esuberi<br />

5 eccedenze strutturali<br />

14 giornalisti tutti collocati in Cigs senza rotazione sino al 3 dicembre 2010<br />

che cesseranno il rapporto di lavoro alla data medesima<br />

22 giornalisti ex art. 1 (sedi Milano, Roma e Genova),14 collaboratori ex art. 2;<br />

4 collaboratori art. 12<br />

dicembre 1_2010


nella galassia dell’informazione<br />

I media italiani non trovano<br />

un adeguato modello industriale<br />

Le novità rese possibili da iPad e tablet spingono alcuni a creare applicazioni specifiche<br />

Il processo della convergenza e dell’integrazione è ancora lungo ma va negoziato<br />

Sono necessari contenuti e informazione di qualità per i quali il pubblico sia disposto a pagare<br />

La natura della crisi, strutturale e congiunturale,<br />

che si è abbattuta sul sistema<br />

dell’informazione italiano sta<br />

rilevando alcune caratteristiche qualitative<br />

dell’impresa editoriale che rendono ancora<br />

più fosco di quanto già non sia l’orizzonte<br />

delle prospettive. La più evidente di queste caratteristiche<br />

è l’apparente, si spera, incapacità di costruire, o<br />

anche immaginare, un nuovo modello industriale.<br />

Nonostante la forte sollecitazione messa in campo con<br />

il rinnovo del Contratto Nazionale di Lavoro FIEG<br />

FNSI la multimedialità, per fare l’esempio più evidente,<br />

rimane una parola pressoché vuota.<br />

Tutti attendono che sia qualcun altro<br />

a fare la prima mossa<br />

Nel corso delle innumerevoli trattative per affrontare piani<br />

di riorganizzazione svoltesi nell’ultimo biennio al<br />

momento di parlare di investimenti e sviluppo il modello<br />

più gettonato dalle imprese per impegnarsi sul<br />

web è stato quello della riproposizione in formato elettronico<br />

dei contenuti del giornale cartaceo. Una parte<br />

delle aziende ha proposto un modello in cui il giornalista,<br />

a fianco della sua normale attività, trova il tempo per:<br />

“scrivere dieci righe da mettere in Internet”.<br />

Pochi immaginano una integrazione con i social network,<br />

pochissimi la web tv, l’approccio alla grafica e all’impaginazione<br />

resta quello tradizionale. L’arrivo sul<br />

mercato dell’iPad e degli altri tablet, e la diffusione degli<br />

smartphone, stanno spingendo alcune grandi aziende<br />

a creare applicazioni specifiche, ma l’integrazione resta<br />

lontana e i modelli di business incerti. Nessuno ha<br />

pensato di integrare carta, web, mobile, radio e tv, come<br />

ormai tecnologicamente è possibile nell’era della<br />

convergenza. La povertà della proposta di rilancio va di<br />

pari passo con la scarsa considerazione per il problema<br />

dei contenuti. Che vengono visti come l’ultimo dei tasselli<br />

di un puzzle ancora irrisolto. Eppure il concetto di<br />

“premium” ha ormai fatto breccia nel comune parlare dei<br />

manager, e dovrebbe essere chiaro come solo prodotti di<br />

qualità possono essere remunerativi nel mercato elettronico,<br />

web o broadcasting poco cambia. Certamente<br />

1_2010 dicembre<br />

34<br />

di Guida Besana<br />

il processo della convergenza e dell’integrazione<br />

tra media diversi è ancora lungo, sicuramente<br />

non può avvenire solo per spinta<br />

delle imprese, ma va negoziato. Eppure si<br />

percepisce un ritardo preoccupante, si vive<br />

come in una sospensione in cui tutti attendono<br />

che sia qualcun altro a fare la prima mossa.<br />

Inevitabilmente qualcuno prima o poi darà il via, e in quel<br />

momento si dovrà giocare, in tempi strettissimi, una partita<br />

vitale per il sistema dei media, per la sopravvivenza<br />

delle imprese e, non ultimo, per il mercato del lavoro. In<br />

termini brutali: più sarà il lavoro affidato ai giornalisti più<br />

saranno i posti di lavoro per i giornalisti stessi. È superfluo<br />

spiegare perché ci servono più posti di lavoro, per i<br />

precari, per i disoccupati, per i freelance, per i giovani.<br />

Il rischio di un futuro alla catena<br />

di montaggio del copia e incolla<br />

Bisogna quindi capire quanto lavoro in più può derivare<br />

da questo processo, ma soprattutto quale tipo di lavoro<br />

e quale tipo di posti di lavoro si possono creare. Perché<br />

non è certo auspicabile un futuro alla catena di<br />

montaggio del copia e incolla.<br />

Obiettivo non certo agevole, non avendo ancora un<br />

modello chiaro di impresa su cui modulare le varie esigenze.<br />

Tuttavia è chiaro che un’impresa multimediale<br />

economicamente sana, capace di sostenere il lavoro,<br />

deve poter contare sia sulla pubblicità che sul prezzo<br />

di diffusione.<br />

Sono quindi necessari contenuti per i quali il pubblico<br />

sia disposto a pagare, e nel caso dell’informazione questa<br />

deve essere di qualità e ben scelta. Mai come oggi formazione<br />

e professionalità dei giornalisti diventano essenziali.<br />

◗<br />

*Vicesegretario nazionale della <strong>Fnsi</strong>


nella galassia dell’informazione<br />

EPolis un disastro editoriale<br />

C’erano segnali da troppo tempo<br />

L’azienda scompare nel nulla e non rispetta gli accordi sottoscritti all’inizio di ottobre<br />

Stipendi in ritardo da mesi e totalmente ignorati i collaboratori esterni<br />

Ai giornalisti non resta che l’amara speranza nella cassa integrazione<br />

EPolis, un disastro editoriale annunciato,<br />

del quale c’erano segnali da tempo,<br />

troppo tempo. Ben 108 milioni di euro<br />

di sbilancio che hanno prodotto 146 lavoratori,<br />

tra giornalisti (la stragrande parte, essendo<br />

ben 118) e poligrafici in Cassa<br />

integrazione motivata con la cessazione dell’attività.<br />

I debiti dell’azienda nei confronti dei lavoratori, al momento<br />

della stipula dell’accordo per la Cigs al Ministero<br />

del Lavoro (avvenuta il 7 di ottobre), riguardavano gli<br />

stipendi da giugno a settembre.<br />

Un debito che è enorme anche nei confronti dell’Inpgi,<br />

della Casagit e del Fondo complementare per contributi<br />

non versati. Altro denaro sottratto ai colleghi. Sempre al<br />

Ministero è stata ratificata una intesa raggiunta in sede<br />

sindacale con la quale EPolis spa si impegnava a versare gli<br />

stipendi pregressi ai propri dipendenti secondo una precisa<br />

scansione temporale che avrebbe dovuto concludersi<br />

a fine anno. “Avrebbe”, appunto. L’azienda, infatti, dopo<br />

aver pagato - in ritardo sulla tabella di marcia - quanto<br />

dovuto relativamente al mese di giugno si è fatta di nebbia,<br />

come si usa dire. La data successiva è slittata in continuazione,<br />

poi è scomparsa nel nulla e l’azienda è<br />

diventata muta non dando più segnali di sé.<br />

Un buco da 108 milioni di euro<br />

Pagherà il “Pantalone di turno”<br />

Per non parlare dei collaboratori esterni, non contrattualizzati.<br />

L’azienda, entro 15 giorni dalla stipula delle intese,<br />

avrebbe dovuto fornire un quadro<br />

delle pendenze nei loro confronti<br />

e valutare con il Sindacato come farvi<br />

fronte. Nulla di questo è accaduto<br />

e, quindi, sono legittime le più nere<br />

previsioni per il futuro.<br />

Tutto questo accade mentre il dr. Alberto<br />

Rigotti ipotizza la nascita di<br />

una “EPolis due”, che dovrebbe chiamarsi<br />

EPolis Italia, la quale, sempre<br />

collocata in quel di Cagliari e con<br />

una quindicina di redattori, almeno a<br />

quanto è stato detto, dovrebbe ven-<br />

1_2010 dicembre<br />

36<br />

di Giovanni Rossi*<br />

dere le pagine nazionali a tante rinate EPolis<br />

locali, autonome tra loro, perché editate da<br />

compagini in toto o in maggioranza detenute<br />

da imprenditori individuati in loco. Il Sindacato<br />

dei giornalisti, pur scettico di fronte a<br />

questo embrione di progetto, ha fatto scrivere<br />

nelle intese ministeriali che quelle eventuali “nuove”<br />

redazioni dovranno essere costituite, in via prioritaria,<br />

dai giornalisti della “vecchia” EPolis e riattivando la rete<br />

dei precedenti collaboratori. Sarà anche questa un’intesa<br />

scritta sull’acqua?<br />

Già nei primi giorni di novembre si ipotizzavano nuove<br />

uscite, ma anche in questo caso vi sono state voci su<br />

voci, preannunci vari, ma niente di fatto. Un buco da<br />

108 milioni di euro che ci si domanda come sia possibile<br />

realizzare senza che accada qualcosa prima e che la<br />

dice lunga su come la legislazione italiana abbia più di<br />

una carenza se tutto ciò possa accadere ed i costi ricadano,<br />

come sempre, sul “Pantalone” di turno.<br />

Decine e decine di colleghi<br />

lavoravano nelle testate locali<br />

Nel momento in cui scriviamo la Federazione nazionale<br />

della stampa italiana sta valutando quali siano le più<br />

opportune iniziative anche di natura legale per tutelare,<br />

al meglio possibile, in un simile, drammatico, frangente,<br />

le decine e decine di colleghi che lavoravano nelle<br />

diciannove testate locali la cui vita professionale è<br />

stata travolta dal tracollo del castello di carta rappresentato<br />

da EPolis spa. Ed intanto ha<br />

chiesto al Ministero del Lavoro di<br />

rendere le più rapide possibili le procedure<br />

per la concessione della Cassa<br />

integrazione che è, ad oggi, il più<br />

concreto dei provvedimenti che possono<br />

ridare un minimo di reddito ai<br />

giornalisti che hanno fin qui lavorato<br />

per EPolis. ◗<br />

*Segretario generale aggiunto<br />

della Fsni


1_2010<br />

nella galassia dell’informazione<br />

Uffici stampa: dieci anni di 150<br />

La lunga latitanza dell’Aran<br />

Serve un profilo professionale specifico da inserire nella contrattazione pubblica<br />

L’ostilità dei sindacati confederali al tavolo della trattativa<br />

Il quadro generale tende al pessimismo della ragione ma la <strong>Fnsi</strong> non demorde<br />

Il 2010 è l’anno del decennale della legge 150. Dieci anni<br />

passati invano? Il caso di questa legge e della sua applicazione<br />

è di quelli che richiamano alla mente il detto<br />

gramsciano relativo al “pessimismo della ragione”<br />

contrapposto all’“ottimismo della volontà”.<br />

Aran<br />

(Agenzia per la negoziazione<br />

contrattuale<br />

nelle pubbliche amministrazioni)<br />

Infatti, ci vuole un bel po’ di ottimismo per reggere alla<br />

fatica di Sisifo rappresentata dal tentativo di dialogare<br />

con questa struttura. Prima l’ostilità di un Presidente<br />

coniugata con l’analoga ostilità dei Sindacati<br />

confederali, poi la sola contrarietà dei confederali, malgrado<br />

una sentenza della Magistratura, hanno impedi-<br />

La Valle d’Aosta prepara il contratto<br />

Con un’accelerazione che si è concretizzata questa estate, la Valle<br />

d’Aosta ha regolamentato l’attività di informazione e comunicazione<br />

nell’amministrazione pubblica, recependo, con propria norma,<br />

la “150” dello Stato.<br />

L’Assemblea regionale valdostana si è così attivata mettendo ordine<br />

negli uffici stampa della propria organizzazione, vedi la struttura<br />

in capo a Giunta e Consiglio, e dell’intero comparto unico che<br />

abbraccia comunità montane, comuni e realtà partecipate. Un passaggio<br />

che può aprire le porte a qualche spazio occupazionale a favore<br />

della categoria.<br />

All’interno della legge regionale 94/2010 dello scorso 15 luglio,<br />

“Nuova disciplina dell’organizzazione dell’Amministrazione regionale<br />

e degli enti del comparto unico della Valle d’Aosta”, l’Assemblea<br />

valdostana ha fatto propri due articoli che riguardano nello<br />

specifico gli uffici stampa. Un percorso che ha visto l’Associazione<br />

Stampa Valdostana in prima linea audita, assieme all’Ordine, dalla<br />

commissione regionale competente.<br />

Il giudizio del sindacato di categoria è fondamentalmente positivo,<br />

principalmente perché il Consiglio ha previsto fare riferimento<br />

al contratto nazionale di lavoro giornalistico, a favore degli<br />

effettivi negli uffici stampa, uscendo da una situazione di prolungata<br />

incertezza.<br />

L’Associazione Stampa Valdostana è ora attiva, come sindacato<br />

unitario dei giornalisti, quale interlocutore dell’Amministrazione per<br />

la stesura, nei suoi dettagli, del contratto rivolto ai colleghi attivi<br />

negli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni.<br />

Fulvio Assanti<br />

dicembre<br />

38<br />

to il concretizzarsi di quel confronto che la legge aveva<br />

previsto per la definizione del profilo professionale del<br />

giornalista dipendente pubblico. Non l’applicazione di<br />

un contratto giornalistico pari pari, ma l’individuazione<br />

di un profilo professionale specifico da inserire nella<br />

contrattazione pubblica. Ad un certo punto un tavolo si<br />

è aperto, ma non è riuscito a produrre ancora il sospirato<br />

profilo professionale. Viene da domandarsi: l’Aran,<br />

ancorché commissariata dal Ministero della Funzione<br />

pubblica, batterà il fatidico colpo per dire che c’è ed ha<br />

un proprio ruolo autonomo?<br />

I Sindacati confederali<br />

Neppure un accordo siglato tra la <strong>Fnsi</strong> e le categorie pubbliche<br />

aderenti a Cgil, Cisl e Uil ha messo fino alla sostanziale<br />

ostilità di queste organizzazioni a che i giornalisti,<br />

sulla base di una legge, abbiano il loro profilo<br />

professionale da applicare ai dipendenti pubblici che<br />

svolgono l’attività per la quale sono iscritti all’Ordine dei<br />

Giornalisti. I rappresentanti delle segreterie confederali,<br />

al tavolo comune con l’Aran, hanno disconosciuto<br />

l’accordo <strong>Fnsi</strong>-Funzioni pubbliche di Cgil, Cisl e Uil,<br />

con ciò condizionando fortemente la già debole Aran al<br />

punto che il dialogo per definire un testo propedeutico<br />

al profilo vero e proprio si è bloccato mesi fa. A quando<br />

il riconoscimento vero del valore, nella pubblica amministrazione,<br />

di una informazione professionalizzata?<br />

Anci<br />

Upi<br />

Conferenza delle Regioni d’Italia<br />

di Giovanni Rossi*<br />

Eppure l’esigenza di dare certezze d’inquadramento non<br />

riguarda solo i giornalisti interessati, ma è una forte esigenza<br />

delle amministrazioni pubbliche. Per questo la<br />

<strong>Fnsi</strong> ritiene che la costruzione di un confronto diretto<br />

con chi rappresenta politicamente ed organizzativamente<br />

i Comuni, le Province e le Regioni (ma anche le<br />

Ausl, le aziende pubbliche, le Comunità montane…) sia,<br />

oggi, assolutamente necessario perché qualcosa si muova.<br />

Gli enti locali, il più generale sistema delle Autonomie<br />

che costituisce il tessuto istituzionale del nostro<br />

Paese, hanno bisogno di certezze, anche in questo limi


tato campo, onde evitare contenziosi sindacali, amministrativi<br />

e giudiziari che sono sempre in agguato quando<br />

tutto diventa discrezionale perché si impedisce pervicacemente<br />

di definire una regola generale.<br />

Per tale ragione la <strong>Fnsi</strong> ha avviato incontri e confronti<br />

con le associazioni e gli organi di rappresentanza del<br />

sistema delle Autonomie locali e regionali. Il Sindacato<br />

guarda con estremo interesse ad iniziative come i<br />

protocolli d’intesa siglati in alcune regioni dalle Associazioni<br />

regionali di stampa, come è accaduto di recente<br />

nel Veneto (vedi altro articolo di questo giornale). O<br />

a trattative nelle quali il nostro Sindacato si spende in<br />

prima persona come sta accedendo in Valle d’Aosta (altra<br />

esperienza di cui si parla in questo numero di <strong>Galassia</strong>).<br />

Esperienze che altre Associazioni regionali di<br />

stampa hanno fatto negli anni scorsi. Il risultato di questi<br />

confronti non può certo sostituire il profilo professionale,<br />

ma può produrre indirizzi comuni, orientamenti<br />

condivisi che possono anticiparlo se non,<br />

39<br />

nella galassia dell’informazione<br />

addirittura, aiutare a costruirlo.<br />

Un discorso a parte merita il capitolo Regioni dove sia<br />

pure con una lieve prevalenza viene applicato anche il<br />

contratto di natura privatistica <strong>Fnsi</strong>-Fieg. Si tratta di<br />

consolidare e sviluppare questo orientamento, sempre a<br />

rischio a causa della ostilità di fondo che spesso ci riserva<br />

la burocrazia e dalla ricorrente voglia della politica di<br />

fare del giornalista il proprio portavoce privato.<br />

Conclusioni<br />

Il quadro, inutile negarlo, tende più al pessimismo della<br />

ragione che all’ottimismo della volontà. Eppure c’è un<br />

dato che non va trascurato: ed è la pervicace volontà del<br />

nostro Sindacato di non demordere. La <strong>Fnsi</strong> è coerentemente<br />

impegnata su questo fronte: non perde occasione<br />

di parlarne e di essere promotrice di iniziative. È<br />

sempre a fianco di quelle Associazioni che ne chiedono<br />

l’intervento e l’assistenza.<br />

Fuori da ogni demagogia propagandistica vede anche i<br />

problemi aperti come quelli di alcune centinaia di colleghi<br />

del comparto pubblico che transitando obbligatoriamente<br />

dall’Inpdap all’Inpgi ne hanno avuto un danno<br />

previdenziale.<br />

Ne sono testimonianza le interrogazioni parlamentari in<br />

materia e la stessa proposta di legge (primo firmatario<br />

l’on. Sandra Zampa, una giornalista) che propone una<br />

soluzione del problema. ◗<br />

*Responsabile del Dipartimento Uffici stampa della <strong>Fnsi</strong><br />

Il Sindacato giornalisti del Veneto firma un protocollo d’intesa con AnciVeneto<br />

Fra i punti dell’accordo distinzione fra addetto stampa e portavoce,<br />

obbligo di iscrizione all’Inpgi e di rispetto del welfare di categoria<br />

Un quadro di regole minime per favorire l’applicazione<br />

della legge 150 del 2000 negli uffici<br />

stampa dei Comuni veneti, aiutare l’ente<br />

pubblico nella redazione dei bandi di concorso,<br />

ridurre le incertezze interpretative e il<br />

contenzioso che può derivare. È il significato<br />

del protocollo d’intesa firmato il 15 ottobre a<br />

Cittadella (Padova) da Daniele Carlon, segretario<br />

del Sindacato giornalisti del Veneto, in<br />

rappresentanza anche del Gus, e dal presidente<br />

di AnciVeneto, Giorgio Dal Negro in un<br />

convegno su media e informazione a cui<br />

hanno partecipato anche Giovanni Rossi, responsabile<br />

nazionale uffici stampa della <strong>Fnsi</strong>,<br />

Enrico Ferri, vicesegretario nazionale <strong>Fnsi</strong>,<br />

Mimma Iorio, vicedirettore generale Inpgi,<br />

Maria Fiorenza Coppari, vicepresidente dell’Ordine<br />

dei giornalisti del Veneto.<br />

Riconoscimento del ruolo e della rilevanza dell’attività<br />

degli uffici stampa per garantire un<br />

efficace sistema di informazione e comunica-<br />

zione istituzionale, distinzione tra addetto<br />

stampa e portavoce, obbligo di stipulare contratti<br />

con giornalisti iscritti all’Ordine dei giornalisti<br />

(pubblicisti o professionisti) sia nei<br />

rapporti di lavoro subordinato sia negli incarichi<br />

co.co.co. o con partita Iva. Chiarezza sui<br />

titoli di studio richiesti. Obbligo di iscrizione all’Inpgi<br />

e del rispetto della normativa sul welfare<br />

della categoria.<br />

Sono questi alcuni dei punti fermi ribaditi dall’intesa<br />

a fronte di una realtà non di rado confusa<br />

quando non addirittura fuori regola anche<br />

in una regione come il Veneto che è la sesta in<br />

Italia per numero di addetti stampa pubblici<br />

(63) “ufficiali”. La situazione complessiva fotografata<br />

dall’Inpgi richiede interventi: «L’Inpgi ha<br />

svolto 112 ispezioni in Italia nel comparto pubblico<br />

- ha ricordato Mimma Ioro - comminando<br />

sanzioni per 4,5 milioni di euro. In Veneto le verifiche<br />

hanno interessato 12 enti. Metà delle irregolarità<br />

rilevate riguarda l’errato versamento<br />

contributivo. L’altro 50% invece ha a che fare<br />

rapporti di lavoro formalmente definiti come<br />

co.co.co. ma che invece mascherano a nostro<br />

avviso forme di rapporti di lavoro subordinato».<br />

Per il presidente dell’AnciVeneto (581 Comuni),<br />

Dal Negro, «il protocollo è un passo<br />

avanti importante per accrescere la capacità<br />

di informare di tutti i Comuni, in particolare di<br />

quelli piccoli. Dobbiamo ora estendere all’informazione<br />

gli strumenti previsti dalla legge<br />

per i consorzi e le convenzioni tra Comuni». Da<br />

parte sua, il segretario Carlon, ha ribadito<br />

come «sia indispensabile un quadro di regole<br />

certe in cui muoversi» e ha invitato le amministrazioni<br />

«ad adoperarsi per una maggiore<br />

diffusione e conoscenza dei bandi che talvolta<br />

restano “nascosti”. La professionalità oggi è<br />

più che mai necessaria».<br />

Paolo Francesconi<br />

Dipartimento Uffici stampa<br />

Sindacato giornalisti del Veneto<br />

dicembre 1_2010


nella galassia dell’informazione<br />

Nel mercato multipiattaforma<br />

la Rai rischia il declino<br />

Viale Mazzini potrà contare su 12 o 13 reti ma dovrà riempirle di contenuti<br />

C’è necessità di una governance aziendale libera dalle influenze dei partiti<br />

Risorse: il Governo non sa, o non vuole, affrontare la lotta all’evasione al canone<br />

clamoroso per l’entità della partecipazione<br />

e le proporzioni del dis-<br />

L’esito<br />

senso sull’operato di Mauro Masi ha<br />

come rovescio della medaglia anche una tonica<br />

espressione di fiducia nel sindacato. A<br />

pochi mesi dal congresso di Salsomaggiore che<br />

ha rieletto gli organismi dirigenti l’Usigrai ha rischiato<br />

su un’iniziativa nuova, senza precedenti che poteva non<br />

decollare, ma è stata ampiamente premiata dai colleghi,<br />

che hanno capito come ci si trovi ad un punto di svolta.<br />

Non c’è da cantar vittoria, la gestione Masi è un problema<br />

nel problema e a nessuno deve sfuggire che una crisi della<br />

Rai, oltre ad essere un dramma sociale, avrebbe ripercussioni<br />

molto serie sul sistema della categoria dei giornalisti,<br />

per le conseguenze dirette su Inpgi e Casagit.<br />

La questione del servizio pubblico radiotelevisivo è complessa<br />

a prescindere da chi lo ha diretto molto male nell’ultimo<br />

biennio.<br />

L’appuntamento col futuro è ora. È oggi che si gioca la<br />

partita sul ruolo in Italia del servizio pubblico radiotelevisivo<br />

in un mercato multipiattaforma, caratterizzato<br />

dall’avvento del digtale e dalla convergenza fra web e tv.<br />

L’offerta rischia la polverizzazione, la Rai il declino.<br />

Non ci sarà una concorrenza fra canali ma fra bouquet,<br />

viale Mazzini potrà contare su 12 o 13 reti, dovrà riempirle<br />

di contenuti. Il punto è come? Con quali risorse?<br />

Con quale agilità sul mercato? Con quale autonomia industriale<br />

ed editoriale? In che modo la trasformazione sarà<br />

possibile? Insomma agli antichi nodi se ne aggiungono<br />

di nuovi. Piovono canali, c’è sempre più necessità di<br />

un elemento di naturale regolazione del mercato, che è<br />

quello per cui non conta il profitto, ma la redditività sociale,<br />

dove l’editore non è un privato, ma l’insieme dei<br />

cittadini, ecco perché il servizio pubblico dovrà adeguare<br />

la quantità della sua offerta alle nuove dimensioni, e dovrà<br />

farlo mantenendo gli standard.Per intenderci qualche<br />

replica può starci, ma il cartello che a lungo annuncia<br />

l’inizio di un programma no.Questa operazione<br />

andrà fatta in contemporanea con un’altra: la rivoluzione<br />

tecnologica col rinnovamento di apparecchiture e<br />

strumenti di lavoro, col passaggio, anche nella fase di<br />

preparazione del prodotto, al digitale.<br />

Una vitalità indispensabile è richiesta ad un’azienda in-<br />

1_2010 dicembre<br />

40<br />

di Carlo Verna*<br />

vece strozzata da almeno tre ordini di fattori.<br />

Il primo riguarda la questione dell’autonomia,<br />

di una governance aziendale libera<br />

dalle influenze dei partiti che tirano la Rai da<br />

tutte le parti e non le consentono di intraprendere<br />

una rotta univoca individuata sulla<br />

base di scelte esclusivamente industriali. È un’aria soffocante<br />

quella che si respira, in cui le capacità individuali,<br />

da troppo tempo, sono sopraffatte da scelte effettuate<br />

sulla base dell’appartenenza. C’è poi il secondo<br />

fattore, la natura giuridica. Occorrerebbe una riforma<br />

che consentisse all’azienda di non essere sottoposta a vincoli<br />

simili a quelli che giustamente esistono per le pubbliche<br />

amministrazioni. C’è un pugile, sul ring del mercato,<br />

che combatte con le mani legate. Non c’è match.<br />

E così non c’è neanche futuro. Le preoccupazioni, poi,<br />

arrivano a mille se si considera che il Governo non sa o<br />

non vuole affrontare la lotta all’evasione del canone.<br />

Quasi tre soggetti su dieci,che sarebbero tenuti a pagarlo,<br />

non danno il loro contributo. Se non si interviene,<br />

la Rai finisce nel baratro. Ma sembra che la principale<br />

preoccupazione del Direttore generale sia quella di chiudere<br />

trasmissioni o cancellare Direttori e conduttori,<br />

piuttosto che pretendere attenzione alla questione. È<br />

chiaro che anche noi dovremo essere pronti a fare la nostra<br />

parte, dovremo essere capaci di capire che la sfida col<br />

cambiamento va giocata, perché se si rinuncia si è sconfitti<br />

a priori. Pronti dunque a discutere di di profonde<br />

trasformazioni, ma con premesse chiare:<br />

1) la ricetta contro il malgoverno della Rai non può essere<br />

la svendita ai privati, se una privatizzazione c’è è<br />

l’uso di parte che lottizzazione ed occupazione hanno<br />

determinato;<br />

2) non si può toccare la Rai senza l’autorevolezza che nasce<br />

dall’indipendenza e dall’autonomia;<br />

3) occorre dunque una legge urgente condivisa multipartisan<br />

che separi gestione e controllo, che allontani<br />

la morsa dei partiti, uns orta di disarmo<br />

multilaterale.<br />

È necessario insomma una dose di autonomia e di indipendenza,<br />

è il caso di dire, da cavallo proprio come<br />

quello di viale Mazzini. ◗<br />

*Segretario del sindacato dei giornalisti della Rai, Usigrai


1_2010<br />

nella galassia dell’informazione<br />

Metti una donna ai piani alti<br />

e concedi qualità all’informazione<br />

Il numero delle giornaliste aumenta in modo esponenziale ma in ruoli marginali<br />

La questione delle carriere è centrale per superare il gender gap<br />

Un altro fronte aperto è quello della disparità salariale che pesa anche sulle pensioni<br />

Sarebbe bello poter contribuire alla<br />

rimozione degli ostacoli che si frappongono<br />

alla piena partecipazione<br />

di genere alla vita del sindacato. I diritti acquisiti<br />

con il contratto nazionale e, dove<br />

esistono, con gli integrativi aziendali, rischiano<br />

di essere cancellati da manrovesci<br />

veri e propri se il lavoro è quello delle<br />

donne. Per le quali, come ormai confermano i dati dell’Ordine<br />

e dell’Inpgi, si va verso una parità di presenze<br />

nel mondo dell’informazione. Ma resta ben lontano<br />

dall’essere colmato il gender gap. Paradossalmente, le<br />

catene di prepensionamenti nelle principali aziende<br />

editoriali italiane potrebbero in parte cambiare lo scenario:<br />

la generazione più “matura”, quella prepensionata,<br />

era a prevalenza maschile. Adesso si tratta di<br />

vedere quali saranno le scelte delle diverse aziende editoriali<br />

nel garantire pari accessi alle carriere. E di vigilare,<br />

senza mai stancarsi. Non casualmente l’attenzione<br />

dell’attuale Cpo si è mossa proprio sulle carriere: perché<br />

solo permettendo alle donne di andare verso i<br />

“piani alti” si può intervenire sulla qualità dei mezzi di<br />

informazione.<br />

Mobbing: è auspicabile la costruzione<br />

di un osservatorio d’intesa con la Casagit<br />

Questo è uno degli elementi forti della nostra azione,<br />

chiedendo in primo luogo all’Inpgi di svelare ciò che tutti<br />

sapevamo, cioè le disparità salariali; cercando di avviare<br />

anche con sigle sindacali diverse, di ogni categoria, un<br />

lavoro per incidere sulle attività legislative. Le difficoltà<br />

di rapporto tra le diverse sigle sindacali - in nessun caso<br />

mai con la <strong>Fnsi</strong>, che ha fatto da capofila arrivando a<br />

un’audizione in Senato - non ha permesso di giungere a<br />

un testo unico, ma ha avviato un confronto diretto tra<br />

la Cpo dei giornalisti e quelle delle altre categorie produttive.<br />

Per nostra parte, si è cominciato aprendo un<br />

confronto sui dati di carriere e stipendi con un il gruppo<br />

Repubblica-Espresso; confronto che si intende ripetere<br />

con le altre realtà editoriali e coinvolgendo la Fieg.<br />

L’altro impegno specifico è stato affrontare il tema del<br />

mobbing o, meglio ancora, dei disagi lavorativi. Perché<br />

dicembre<br />

42<br />

di Donatella Alfonso*, Lucia Visca**<br />

in tutti i luoghi di lavoro, e nelle aziende editoriali<br />

come altrove, la qualità della vita lavorativa<br />

è nettamente peggiorata. Da qui la<br />

necessità di garantire, attraverso un la costituzione<br />

di un osservatorio e, tramite un’intesa<br />

con la Casagit, la possibilità di ricorrere a specialisti<br />

che certifichino veri e propri episodi<br />

di mobbing.<br />

Ancora necessario combattere contro<br />

modelli degradanti dell’immagine femminile<br />

E intanto per le donne giornaliste è cronaca quotidiana<br />

vedersela con il ritorno a modelli di immagine femminile<br />

che si confidava fossero superati. Per questo non è<br />

superata l’idea che il sindacato, mentre affronta crisi e<br />

vertenze aziendali, lavori per intervenire su questi modelli<br />

degradanti e degradati dell’immagine femminile.<br />

Infine, ma non per questo marginale, la questione della<br />

partecipazione. È sempre più necessario che a rappresentare<br />

una componente numerosa come quella delle<br />

donne professioniste dell’informazione ci siano più<br />

donne. Questo potrà verificarsi se si avrà chiaro che il lavoro<br />

sindacale serve, a tutte e a tutti, evitando discussioni<br />

burocratiche che guardano, anche se onorevolmente,<br />

indietro, piuttosto che ad una mobilitazione reale su<br />

condizioni di lavoro, rappresentanza, presenza nei luoghi<br />

della decisione, salari e stili di vita.<br />

Partecipazione: più donne nella vita<br />

e le rappresentanze del sindacato<br />

Un obiettivo che non può essere estraneo alle scelte della<br />

segreteria e della giunta <strong>Fnsi</strong>, con le quali è necessario<br />

un rapporto sempre più stretto: la Commissione Pari<br />

Opportunità, nella sua realtà attuale, ha lavorato in questa<br />

direzione. Con l’unico rammarico che alcuni settori del<br />

nostro mondo non abbiano colto appieno la necessità di<br />

questo impegno. Che è invece irrinunciabile. ◗<br />

* Coordinatrice Commissione nazionale Pari Opportunità <strong>Fnsi</strong><br />

** Giunta esecutiva, Presidente Commissione nazionale<br />

Pari Opportunità <strong>Fnsi</strong>


nella galassia dell’informazione<br />

La dura vita del lavoratore<br />

tra certificazione e arbitrato<br />

Le novità introdotte dalla legge 183 permettono di inserire elementi peggiorativi<br />

nei contratti individuali e nei giustificati motivi di licenziamento<br />

Il bisogno di lavoro potrebbe indurre i dipendenti a derogare dai propri diritti<br />

La legge n. 183 del 4 novembre 2010<br />

(pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 9<br />

novembre successivo) ha introdotto<br />

molte novità in materia di diritto del lavoro.<br />

Mi soffermerò brevemente solo su due questioni<br />

tra le rilevanti (la certificazione del contratto<br />

individuale di lavoro e l’arbitrato), con un rapido<br />

e conclusivo accenno al nuovo regime, restrittivo, delle<br />

decadenze. Un contratto certificato dalle apposite commissioni<br />

(già costituite in molte sedi ed altre, con ogni<br />

probabilità, se costituiranno nei prossimi mesi) è un<br />

contratto finalizzato a fissare la volontà delle parti all’atto<br />

dell’assunzione e non consente al lavoratore di<br />

contestare, successivamente, il relativo contenuto. L’istituto<br />

della certificazione, introdotto per la prima nel<br />

2003 (c.d. Riforma Biagi) ha avuto scarsissima diffusione<br />

per i vincoli posti dalla legge al punto di renderlo,<br />

fino ad ora, poco conveniente per le imprese. La nuova<br />

legge tende invece a dare nuovo impulso all’istituto, allargando<br />

notevolmente la possibilità di sua utilizzazione.<br />

Non è stato toccato l’“articolo 18”<br />

ma sarà più facile licenziare<br />

Oggi, oltre alla qualificazione dei contratti le commissioni<br />

potranno, tra l’altro: a) certificare le clausole inserite<br />

nel contratto individuale di lavoro; b) attribuire<br />

piena legittimità alle tipizzazioni di giusta causa e giustificato<br />

motivo di licenziamento inserite nel contratto<br />

individuale; c) attribuire piena legittimità alla clausola<br />

compromissoria che apre la strada all’arbitrato su base<br />

equitativa; d) certificare, altresì, elementi e parametri che<br />

consentono di quantificare il risarcimento per le ipotesi<br />

di licenziamento per il quale non è prevista la reintegrazione.<br />

La legge ha quindi introdotto una forma di derogabilità<br />

assistita. E cioè, attraverso la procedura di<br />

certificazione sarà possibile inserire nel contratto individuale<br />

clausole, elementi e parametri anche peggiorativi<br />

rispetto a quelli stabiliti dalle norme legali e di contrattazione<br />

collettiva (ad esempio in materia di<br />

retribuzione, giorni di ferie, ecc.) posti a tutela del prestatore<br />

di lavoro, eliminando la possibilità di ogni contestazione<br />

successiva.<br />

1_2010 dicembre<br />

44<br />

di Bruno Del Vecchio*<br />

Il famoso “articolo 18” non è stato toccato,<br />

ma attraverso la procedura di certificazione<br />

diventerà quindi più agevole licenziare un lavoratore<br />

in quanto nel contratto certificato,<br />

come visto, potrà darsi piena legittimità alle<br />

“personali” tipizzazioni di giusta causa e giustificato<br />

motivo. La legge, come noto, non pone una definizione<br />

generale di giusta causa o giustificato motivo<br />

di licenziamento. Le relative tipizzazioni sono, a volte,<br />

previste dalla contrattazione collettiva (nel settore giornalistico<br />

l’art. 50 del CNLG ne prevede solo una, la violazione<br />

degli obblighi previsti dall’art. 8 - esclusiva -, rinviando<br />

per il resto alla generale normativa sui<br />

licenziamenti) e definite nel corso degli anni dalla giurisprudenza.<br />

Con la “nuova” certificazione sarà invece<br />

possibile per le parti fissare, nel contratto individuale di<br />

lavoro, ipotesi particolari di recesso, anche molto “lievi”,<br />

ed il giudice sarà quindi vincolato ad esse.<br />

Nel messaggio del marzo 2010, con il quale venne rinviata<br />

alle Camere la legge avente contenuto simile alla presente,<br />

il Presidente della Repubblica mise in evidenza che in<br />

caso di marcato squilibrio di potere contrattuale tra le parti,<br />

la Corte costituzionale aveva avuto già modo di riconoscere<br />

la necessità di garantire l’effettiva volontarietà<br />

delle negoziazioni e delle eventuali rinunce.<br />

È evidente che un lavoratore, allorquando ha l’impellente<br />

necessità di stipulare un contratto, può essere “obbligato”<br />

ad accettare anche alcune clausole peggiorative<br />

rispetto alla generale normativa legale e contrattuale<br />

posta in suo favore. Per questo, l’effettiva soggezione del<br />

lavoratore, soprattutto nel momento in cui inizia a prestare<br />

la sua attività, deve essere contemperata dalla possibile<br />

applicazione di tutte quelle norme di origine comunitaria,<br />

nazionale o di contrattazione collettiva che<br />

negli anni sono state poste a sua tutela.<br />

Una Commissione per attenuare<br />

la debolezza del dipendente<br />

Èquesto un principio di civiltà giuridica che ha oltretutto<br />

un fondamento costituzionale, come ricorda proprio il<br />

Capo dello Stato, che appare violato da questa incisiva<br />

forma di derogabilità assistita, ora introdotta. È vero che


il lavoratore, in sede di certificazione, non è solo dinanzi<br />

al datore di lavoro, ma non si vede come la presenza di<br />

una commissione possa attenuare la sua debolezza. Se<br />

decide di accedere alla procedura, vuol dire che ha già accettato<br />

le proposte del datore di lavoro, eventualmente<br />

condizionato dalle personali necessità.<br />

L’incentivazione all’arbitrato in materia di lavoro (sia privato<br />

che pubblico) è uno degli scopi che il nuovo provvedimento<br />

si propone. Non vi è dubbio che esso potrebbe<br />

essere un valido strumento di deflazione del<br />

contenzioso, ma è necessario che vengano assicurati almeno<br />

due requisiti: a) l’attribuzione della stessa tutela sostanziale<br />

garantita nel giudizio ordinario; b) sostanziale<br />

posizione di equilibrio delle parti.<br />

Insidie e difficoltà dell’arbitrato:<br />

non impugnabile in base al merito<br />

La nuova legge prevede che in caso di arbitrato le parti<br />

devono indicare, tra l’altro, l’eventuale richiesta di decidere<br />

secondo equità e cioè senza la rigorosa osservanza<br />

delle regole di diritto oggettivo. Ma nel complessivo<br />

sistema del diritto del lavoro, dove le norme legali e di<br />

contrattazione collettiva sono essenzialmente poste a<br />

tutela della parte debole del rapporto, un giudizio che<br />

può prescindere da esse si appalesa un giudizio che ipotizza,<br />

di per sé, la concreta possibilità di forte limitazione<br />

di tali tutele. È vero che la nuova disposizione fa salvi<br />

i principi generali dell’ordinamento e i principi<br />

regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari,<br />

ma l’individuazione concreta di tali principi<br />

può risultare estremamente difficile, con una conseguente<br />

ampia discrezionalità degli arbitri. Peraltro, il giudizio<br />

di questi ultimi può essere impugnato solo per motivi<br />

di carattere formale, essendo preclusa una nuova<br />

valutazione di merito.<br />

Sarà possibile farsi assistere<br />

da un legale o un rappresentante sindacale<br />

La procedura arbitrale, secondo quanto stabilito numerose<br />

volte dalla Corte Costituzionale, deve essere una<br />

scelta libera delle parti, ma vi è comunque da considerare<br />

che la libertà del lavoratore, nella pratica, potrebbe<br />

risultare fortemente condizionata. Nella precedente versione,<br />

“bocciata” dal Presidente della Repubblica nel<br />

marzo scorso, la legge confermava, come adesso, la generale<br />

facoltatività del giudizio arbitrale, ma consentiva<br />

nella galassia dell’informazione<br />

la sottoscrizione del relativo vincolo al momento della<br />

firma del contratto “certificato”. Nel nuovo provvedimento,<br />

la sottoscrizione dell’impegno all’arbitrato (che<br />

comunque non può riguardare controversie relative alla<br />

risoluzione del rapporto) è spostata in avanti: non più<br />

all’atto della stipula del contratto ma dopo il superamento<br />

del periodo di prova o, comunque, dopo trenta<br />

giorni. Le preoccupazioni sollevate a marzo dal Capo<br />

dello Stato sembrano così superate solo in minima parte<br />

in quanto, nel caso in cui il lavoratore decida di non<br />

sottoscrivere la clausola, rischia comunque di compromettere<br />

la sua posizione nell’impresa, anche perché è presumibile<br />

che abbia, su proposta del datore di lavoro, assunto<br />

in precedenza un impegno “morale” in tal senso,<br />

un impegno che sarà difficile non onorare, anche se davanti<br />

alle commissioni di certificazione (così prevede la<br />

nuova disciplina) le parti possono farsi assistere da un legale<br />

di fiducia o da un rappresentante sindacale.<br />

Soltanto due mesi di tempo<br />

per l’impugnazione dei contratti in corso<br />

È comunque opportuno sottolineare un ulteriore aspetto<br />

in merito all’arbitrato, che coinvolge direttamente le<br />

prerogative sindacali. La pattuizione delle clausole arbitrali<br />

è possibile solo ove ciò sia già previsto da accordi<br />

collettivi. Ma, in assenza dei medesimi, il Ministro del<br />

Lavoro potrà avocare a sé la determinazione della relativa<br />

disciplina, consentendo così l’inserimento della<br />

clausola arbitrale nei contratti, superando in tal modo le<br />

decisioni assunte dalle parti sociali. Quello dei nuovi termini<br />

di decadenza è un ulteriore capitolo che meriterebbe<br />

di essere approfondito. Le novità sono molte. Sono<br />

stati previsti, tra gli altri, termini ristretti per azionare<br />

una causa di licenziamento e contestare la legittimità dei<br />

contratti a termine. A quest’ultimo proposito (il precariato<br />

nell’editoria, come in altri settori, è molto utilizzato),<br />

si deve sottolineare che le nuove norme si applicano<br />

anche ai contratti in corso e, addirittura, a tutti<br />

quelli già conclusi. Per quelli in corso e per i successivi<br />

che verranno stipulati, vi è un termine brevissimo per<br />

l’impugnazione (sessanta giorni dalla loro conclusione);<br />

per quelli già conclusi, anche da tempo, il termine è di<br />

sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della nuova<br />

legge. Gli interessati dovranno quindi fare molta attenzione<br />

- e subito - se non vogliono precludersi la possibilità<br />

di agire. ◗<br />

* Giuslavorista<br />

45<br />

dicembre 1_2010


PRESIDENTE:<br />

Andrea Camporese<br />

VICE PRESIDENTI:<br />

Maurizio Andriolo (vicario), Alberto Donati<br />

DIRETTORE GENERALE<br />

Tommaso Costantini<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

VICE DIRETTORE GENERALE VICARIO<br />

Mimma Iorio<br />

<br />

<br />

Ulteriori informazioni sono disponibili nel sito http://www.inpgi.it


La Casagit va verso un bilancio con un<br />

importante attivo. Parliamo di previsioni,<br />

prudenti che consigliano altrettanta<br />

prudenza nello snocciolare numeri.<br />

Alcune cifre sono già “girate” ma i conti, per<br />

quanto importantissimi, non sono tutto. Ci<br />

sono elementi più immediati che in questi mesi abbiamo<br />

percepito. I colleghi hanno accettato le nuove regole,<br />

prima fra tutte quella sui tempi di consegna delle<br />

pratiche per i rimborsi, in modo assolutamente maturo<br />

e consapevole. Hanno sopportato, tutto sommato con<br />

poche lamentele, che i tempi di rimborso nei mesi scorsi<br />

si allungassero. Era prevedibile che la rincorsa a “spedire”<br />

tutto per non correre rischi determinasse un fenomeno<br />

di “ingolfamento”.<br />

Su 49 mila giornalisti attivi a fine 2009<br />

poco più della metà usufruiscono<br />

dell’assistenza sanitaria integrativa<br />

Oggi siamo tornati alla normalità, intorno ai 60 giorni<br />

“di calendario”, quello vissuto e sopportato era un passaggio<br />

inevitabile. La struttura, gli uffici, si sono mobilitati<br />

in modo forte per smaltire “pile” di pratiche -<br />

talvolta imponenti - che si accumulavano sulle scrivanie.<br />

Ad agosto la Casagit non ha chiuso neanche un<br />

giorno e al sabato mattina molti impiegati si sono presentati<br />

al lavoro per mantenere “bassi” i tempi. Ma<br />

quello che ci attende è anche più complesso. Abbiamo<br />

iniziato ad affrontare in concreto due temi importanti<br />

per il nostro futuro: quello di un aggiornamento dello<br />

Statuto e una riforma che ci permetterà di rendere più<br />

aperta, conveniente e duttile Casagit 2. Le Commissioni<br />

sono all’opera per mettere a punto una proposta di riforma<br />

statutaria da portare all’Assemblea Nazionale di<br />

maggio. Per la Casagit 2 una o più formule verranno<br />

condivise con tutti i colleghi in un giro d’Italia, in primavera,<br />

in tutte le Consulte. Cosa vogliamo ottenere?<br />

Una semplificazione delle regole della Casagit, innanzitutto,<br />

ma anche rendere questo strumento di Welfare di<br />

categoria più rispondente alle trasformazioni che i giornalisti<br />

italiani hanno vissuto in quasi 40 anni. Nel caso<br />

di Casagit 2, quella volontaria che non riguarda i colleghi<br />

contrattualizzati e a fronte di costi più contenuti<br />

nella galassia dell’informazione<br />

Casagit. Welfare della categoria,<br />

un obiettivo da costruire con l’Inpgi<br />

Le nuove regole sono ben sopportate dai colleghi e cominciano a dare frutti<br />

Ora ci aspettano la riforma dello Statuto e l’offerta ai non contrattualizzati<br />

Si lavora anche a interventi di sostegno alla natalità e per i colleghi anziani<br />

di Daniele Cerrato*<br />

offre minori coperture, riteniamo debba diventare<br />

uno strumento in grado di accogliere<br />

quanti, pur vivendo di giornalismo, non<br />

hanno contratti che rendono stabili i loro<br />

redditi. Tanti free lance, tantissimi collaboratori<br />

che guadagnando poco e in modo discontinuo.<br />

Più di altri necessitano di una copertura<br />

assicurativa sanitaria in grado di mettere al riparo i loro<br />

redditi da eventuali pesanti esborsi dovuti a problemi di<br />

salute. Sotto l’ombrello della Casagit, con regole nuove<br />

che non mettano in discussione l’equilibrio dei conti,<br />

devono trovar posto anche i meno garantiti di una categoria<br />

costretta a confrontarsi con regole di mercato<br />

aggressive e nessuna tutela. Basti pensare che alla fine<br />

del 2009 risultavano attivi come giornalisti, con una posizione<br />

contributiva Inpgi (Inpgi 2 compresa) oltre<br />

49.000 colleghi. Poco più della metà risultano iscritti<br />

alla Casagit. Mancano i tanti che vorrebbero ma non<br />

possono, che guardano dai vetri. Ci attende uno sforzo<br />

di fantasia ma soprattutto, ancora una volta, di solidarietà<br />

concreta. Questi due importanti obiettivi non sono<br />

però soli. Di sfondo, ma in modo sempre più concreto<br />

e incalzante, c’è la trasformazione del nostro sistema Sanitario<br />

Pubblico. L’Italia sta facendo i conti, regione per<br />

regione, con il peso economico della Sanità. Sta emergendo<br />

una sorta di “controriforma” sanitaria. Maturata<br />

negli ultimi anni e sotto governi di segno opposto, sta<br />

portando ad una differente disponibilità di servizi alla<br />

persona. Costringe, più che convince, ad utilizzare sempre<br />

più le vie dell’intramoenia o di prestazioni in clinica,<br />

a pagamento.<br />

Il decreto Sacconi fissa criteri<br />

che già sono nella nostra vocazione<br />

I conti ci portano verso il futuro<br />

Dobbiamo attrezzarci anche per questa nuova fase. In<br />

collaborazione con l’Inpgi abbiamo iniziato a ragionare<br />

di “Welfare di categoria” mettendo insieme le competenze<br />

dei due enti chiamati ad assicurare pensione e tutela<br />

della salute ai giornalisti italiani. Il Decreto Sacconi<br />

ha fissato i connotati dei Fondi Sanitari dando un’identità<br />

precisa al nostro ruolo. In cambio del mantenimento<br />

della deducibilità fiscale del nostro contributo<br />

47<br />

dicembre 1_2010


1_2010<br />

nella galassia dell’informazione<br />

chiede di rispondere alla missione dell’assistenza sanitaria<br />

in via esclusiva e la capacità di destinare almeno il<br />

20% della spesa per quei capitoli che la Sanità Pubblica<br />

non ha mai affrontato o finirà col non poter più supportare.<br />

I giornalisti italiani, che hanno già enti separati<br />

per previdenza e assistenza sanitaria, si trovano avvantaggiati<br />

rispetto ad altre professioni che guardano alla<br />

nostra esperienza con crescente interesse. La possibilità<br />

di lavorare con le energie di entrambi gli istituti per un<br />

unico Welfare di categoria potrebbe dare frutti interessanti.<br />

Un esempio possibile, sebbene tutto da verificare,<br />

potrebbe riguardare le residenze per giornalisti anziani:<br />

AUMENTA<br />

LA TUA PENSIONE!<br />

TRASFERISCI AL FONDO<br />

IL TFR PREGRESSO<br />

SE SEI ISCRITTO AL FONDO PENSIONE COMPLEMENTARE DEI GIORNALISTI DA<br />

GENNAIO 2007 SEI TENUTO A FAR CONFLUIRE SULLA TUA POSIZIONE IL TFR CHE<br />

MATURA DI ANNO IN ANNO, MENTRE IL TFR MATURATO SINO AL DICEMBRE 2006<br />

RIMANE PRESSO LA TUA AZIENDA E TI SARÀ EROGATO AL MOMENTO DELLA<br />

RISOLUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO.<br />

SE VUOI PUOI DESTINARE AL FONDO ANCHE IL TFR PRECEDENTE, QUELLO ACCANTONATO IN<br />

AZIENDA. LO PUOI FARE SEMPLICEMENTE CON UN ACCORDO CON IL TUO DATORE DI LAVORO<br />

CHIEDENDO DI TRASFERIRE AL FONDO IL TUO TFR.<br />

L’AGENZIA DELLE ENTRATE E LA COVIP, COMMISSIONE DI VIGILANZA SUI FONDI PENSIONE COMPLEMENTARE,<br />

HANNO DATO UNA CONFORME INTERPRETAZIONE DELL’ART.8 COMMA 1 DEL DLGS 5 DICEMBRE 2005 N.252,<br />

CONFERMATA NELLA LEGGE FINANZIARIA PER IL 2008 (LEGGE N.244/2007) E CHIARITO CHE È POSSIBILE<br />

TRASFERIRE AI FONDI PENSIONE COMPLEMENTARE ANCHE IL TFR PREGRESSO ACCANTONATO PRESSO<br />

L’AZIENDA DI CIASCUN LAVORATORE.<br />

dicembre<br />

WWW.FONDOGIORNALISTI.IT<br />

48<br />

investimento immobiliare per l’Inpgi e impegno sanitario<br />

garantito da Casagit. Altre attenzioni, più specifiche<br />

della Cassa, potrebbero riguardare il capitolo della<br />

natalità con un sostegno nei primi tre anni di vita da<br />

erogare nel caso di parto avvenuto a carico del SSN,<br />

quindi senza costi per la Casagit. Un dibattito appena<br />

iniziato che ha però già chiaro l’obiettivo: consolidare e<br />

far evolvere un welfare già importante. Per queste ragioni<br />

un bilancio positivo conta più dei numeri che presenta.<br />

Dice che abbiamo l’energia per affrontare le sfide<br />

che ci attendono. ◗<br />

*Presidente Casagit


nella galassia dell’informazione<br />

Il Fondo giornalisti ha spalle solide<br />

ma non tutti colgono l’opportunità<br />

Uno scudo contro l’impoverimento delle pensioni di chi oggi è ancora giovane<br />

A tutela dei più deboli abbiamo chiesto di poter accogliere tutti i giornalisti<br />

Gli editori prendono tempo e non ne vogliono sapere di precariato e free lance<br />

Preoccuparsi è opportuno, disperarsi<br />

dannoso, incentivare la disperazione<br />

criminale. Non c’è dibattito ormai in<br />

cui qualcuno non affermi con voce cupa “I<br />

giovani ormai la pensione se la sognano”. Col<br />

risultato di disincentivare i meno avvertiti<br />

della nuova generazione dall’investire sul proprio futuro.<br />

Più onesto invece è distinguere fra sostenibilità economica<br />

e sostenibilità sociale. La tenuta del sistema previdenziale<br />

italiano e di categoria (Inps ed Inpgi), inteso<br />

come primo pilastro, non è in discussione; quello che si<br />

modifica è il tasso di sostituzione, cioè il rapporto fra<br />

entità della pensione ed entità dello stipendio, che potrà<br />

arrivare al 50%. Cioè gli attuali giovani con le attuali<br />

regole prenderanno, secondo le proiezioni, più o meno<br />

la metà dell’ultima loro busta paga. Quindi il problema<br />

sarà non “se” ma “quanto”; da qui la preoccupazione per<br />

la sostenibilità sociale, ovvero per le conseguenze che<br />

redditi pensionistici bassi avranno sul tenore di vita dei<br />

futuri anziani. Non proseguo oltre sui destini del primo<br />

pilastro - ci pensa già ottimamente il presidente dell’Inpgi-,<br />

ma come responsabile del Fondo da qui parto per<br />

sottolineare presso i colleghi l’indispensabile costruzione<br />

d’un secondo vitalizio.<br />

Il nostro Fondo ha spalle solide, costi bassissimi, investimenti<br />

sicuri e trasparenti, buoni rendimenti. Non lo<br />

dico io, lo dicono gli analisti, lo conferma la Covip. Però<br />

ovviamente il Fondo gestisce quel che c’è. E se i colleghi<br />

non versano, perché non vogliono non sanno o<br />

non possono, ovvero se prelevano sino al 75% dell’accantonamento,<br />

come peraltro<br />

è loro diritto, la conclusione<br />

è che non resta loro<br />

granchè per costruirci sopra<br />

una rendita. Vediamo la casistica.<br />

Chi conosce l’opportunità<br />

e non vuole iscriversi<br />

ne ha, ovviamente, piena facoltà;<br />

tuttavia è nostro dovere<br />

istituzionale non dico<br />

insistere, ma almeno offrire<br />

tutte le informazioni e gli aggiornamenti<br />

perché la deci-<br />

1_2010 dicembre<br />

50<br />

di Marina Cosi*<br />

sione sia ponderata. Chi invece non conosce<br />

i benefici dell’iscrizione al Fondo va raggiunto<br />

ed informato e su quest’opera di divulgazione<br />

da una parte ringraziamo le Associazioni<br />

territoriali e dall’altra sollecitiamo i<br />

Comitati di redazione (informateci sui nuovi<br />

contratti, anche a termine, chè poi ci pensiamo noi a<br />

contattare i colleghi...). E chi infine non può? Chi è un<br />

articolo 12 o un part-time o un disoccupato e guadagna<br />

poco o punto? Redditi bassi e carriere professionali a singhiozzo<br />

sono la vera tragedia di un’intera generazione di<br />

lavoratori, alla quale il lavoro giornalistico purtroppo<br />

non si sottrae. Sembrerebbe che su questo punto il Fondo<br />

non possa che allargare le braccia. Invece due idee ce<br />

le siamo fatte venire, ma gli editori le osteggiano, per cui<br />

abbiamo bisogno dell’appoggio di tutti i colleghi. Le due<br />

proposte si basano su altrettanti principi ben noti al bagaglio<br />

sindacale: opportunità e solidarietà.<br />

Bisogna creare delle nuove opportunità perché poi saranno<br />

i lavoratori a battersi per averle applicate a sé. Da<br />

qui la nostra richiesta di aprire il Fondo a tutti i giornalisti,<br />

non importa che tipo di contratto abbiano (già<br />

ora si è ottenuto, grazie alla normativa sul Tfr, che possano<br />

aderire anche i contrattualizzati ex articoli 2, 12 e<br />

36) o soprattutto non abbiano.<br />

Gli editori fanno le barricate, non vogliono l’ingresso dei<br />

freelance, perché sanno che prima o poi dovranno confrontarsi<br />

con la marea montante del precariato e la mutata<br />

organizzazione del lavoro, nonché coi vincoli europei,<br />

ma intanto prendono tempo. Comunque un passo<br />

avanti importante l’abbiamo fatto, ottenendo il consenso<br />

dell’ente vigilante. Non ci sono precedenti? Potremmo<br />

rappresentarlo noi. Quanto alla solidarietà, la nostra<br />

ipotesi non è la tradizionale mano tesa intra-professionale:<br />

orizzontale (perequazione o aiuti fra chi è in difficoltà<br />

e chi può) oppure verticale (fra diversi scaglioni retributivi<br />

o fra pensionati e occupati). Bensì vorremmo<br />

varare una solidarietà “sociale”, dove la generazione dei<br />

padri fornisce a quella dei figli un salvadanaio su cui costruire<br />

una decente previdenza. Basta consentire ai soci<br />

di iscrivere al Fondo i figli, con proprie posizioni distinte<br />

e finché non siano a carico. Fa bene ai giovani, fa bene<br />

al fondo, fa bene al cuore. ◗ *Presidente Fpcgi.

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