NUMERO 7 - Latina per Strada

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QUARTIERI PER STRADA 8 Pronti a rilanciarsi Stare in periferia non è sempre facile. Non lo è perchè bisogna crescere in fretta ma anche perchè agli occhi di tutti appare come una zona disagiata. Un disagio che però a volte sembra essere confermato dall’indifferenza degli esponenti più importanti della città che assistono inermi al declino di un quartiere. è già accaduto in alcune zone della città anche se non sempre il Comune risulta assente. Come il caso di via Mercurio del Pantanaccio, un problema per il quartiere poi risolto dopo qualche settimana dalla nostra pubblicazione (ci piace pensare non sia stato un caso). Come via Mercurio anche altre fette della città hanno bisogno di una mano, di un segnale importante della sua gente. Parliamo di Piazza Moro, sicuramente una delle zone più discusse, a volte piombata sotto l’attenzione di tutti per fatti di cronaca o di violenza. Se però si pensa ad una zona pericolosa o “malavitosa” si fa un torto per tutta la gente onesta che ci vive da anni. è vero che le strade hanno bisogno di lavori Piazza Moro, una delle zone più antiche della città Il nostro viaggio arriva in una delle zone più discusse come Piazza Moro. Sembrava in declino ma dovrebbe esserci un piano di ripresa importanti ma le buche purtroppo cominciano ad essere un problema continuo per tutta la città. A volte arrivano le risposte dal Comune mentre altre volte c’è la completa assenza. Piazza Moro vive questi disagi come altri quartieri della città ma ha sicuramente un bisogno estremo di un restyling completo. A sorpresa però la riqualificazione del quartiere sembra essere all’ordine del giorno e potrebbe esserci, tra qualche settimana, la presentazione di un progetto ufficiale che permetterebbe alla zona di potersi rilanciare. Una riqualificazione completa dopo che comunque il quartiere aveva già superato un momento delicato negli anni ‘80 dove la delinquenza sembrava davvero troppo diffusa. Questo progetto potrebbe dare il la a questa riqualificazione. Una rinascita che servirebbe a Piazza Moro anche dal punto di vista dell’immagine perchè si sa, in questa città l’apparenza a volte sembra essere proprio il lato più importante. Stefano Scala
Ilda Cucca, insieme per l’Hospice Il sorriso le appartiene, così come un gran cuore. Se metti una bella notizia su Facebook sarà tra le prime a commentare. Non fai in tempo a chiederle un aiuto che già ti ha risolto il problema. Ilda Cucca è così, scattante e allegra. Un marito, due figlie, una nipotina, tanta voglia di vivere nel mondo. Da qualche anno la sua generosità l’ha vista impegnata in prima linea nell’associazione Insieme per l’Hospice San Marco di Latina, impegnata a portare conforto e sostegno a chi sta vivendo la fase terminale della malattia. Visto dall'esterno il vostro impegno è senza speranza. È molto difficile da capire, forse in questo tipo di volontariato occorre una forza maggiore Non è affatto senza speranza: noi non andiamo a guarire, andiamo a sostenere e a vivere insieme al paziente e alla famiglia un pezzo di strada che porta ad un passaggio estremo… ma se si pensa che tutto ha un inizio e tutto ha una fine il percorso è un evento naturale anche se doloroso specie nei casi di giovane età. Il nostro compito è anche aiutare nella rielaborazione del lutto a superare (non eliminare) il dolore. Il volontariato richiede un forte spirito di gruppo, dove ognuno deve derogare al proprio egocentrismo. È molto difficile a volte mettere da parte il proprio carattere e il proprio pensiero sul come agire in gruppo, ma con la supervisione delle psicologhe del reparto, con le riunioni di gruppo con le esperienze che ognuno porta e di cui si discute insieme piano piano si arriva ad un comune intento che è sempre lo stesso: migliorare il più possibile la qualità di vita dei pazienti e del loro nucleo familiare. Viene quindi meno sia il naturale antagonismo sia la voglia di supremazia. Resta la volontà di mettersi al servizio di chi soffre. Che tipo di preparazione deve affrontare chi vuole impegnarsi con voi? Da ciò che ho detto è evidente che ci deve essere una preparazione di base, che tra l’altro la federazione italiana delle cure palliative sta inserendo legalmente tra le nozioni da acquisire per diventare volontario palliativista. Lo staff medico stesso insegna nei corsi sia teorici di circa 20 ore che pratici. C’è un tirocinio affiancati dagli infermieri di circa 22 ore, alternando le varie figure professionali: medico palliativista, infermiere, psicologhe, e guida spirituale. È capitato di vedere volontari pieni di entusiasmo, ma che, una volta "sul campo" abbiano abbandonato perché non ce la facevano Sì, è vero, si parte sempre con molto entusiasmo, ma poi capita che nella pratica qualcuno si renda conto che è troppo doloroso o impegnativo fare assistenza diretta.. altre volte capita che la vita cambi percorso e pur volendo si è costretti a ritirarsi dal servizio, ma devo dire che da noi in tutti i casi sono rimasti vicino al gruppo aiutandoci comunque nelle attività di promozione ,questo perché essere in un gruppo di questo tipo di volontariato sviluppa una presa di coscienza che accanto a noi tutti c’è il prossimo e che nella stessa situazione potremo esserci noi e chi ha già vissuto un’esperienza simile in casa sa quanto è importante soprattutto non sentirsi abbandonati a se stessi. Perché si fa volontariato L’input di fare volontariato nasce da situazioni diverse e molto personali, di chi ha vissuto l’esperienza in casa di un malato terminale, di chi si sente solo e vuole sentirsi parte di un gruppo ,chi si sente fortunato e vuole compensare la sorte aiutando chi non lo è, di chi invece ha dentro di sé le capacità e le mette in pratica in questo settore. Si dice che fare volontariato è la più grande forma di egoismo. Perché per quanto dai ciò che ricevi è sempre molto di più e io lo confermo per quanto mi riguarda. Maria Corsetti DONNE IN PRIMA FILA 9
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