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Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
PREMESSA
La presente Revisione discende dalla necessità di aggiornare la progettazione esecutiva con riferimento
alla soluzione di connessione alla RTN concessa da Terna S.p.A. con proprio provvedimento prot TE/P
2007000155 del 10 Dicembre 2006, Cod. id. n. 06021473.
In tale provvedimento TERNA ha stabilito una soluzione di allacciamento diversa dalle due proposte
nel progetto originale.
Infatti, come specificatamente rappresentato infra al Cap. IV paragrafo 10, la Soluzione Tecnica
Minima Generale (STMG) elaborata ai sensi dell’art. 3 del d.lgs n.79/99, della deliberazione n. 281/05
dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas e del Codice di Trasmissione, dispacciamento, sviluppo e
sicurezza della Rete (Codice di Rete), è così caratterizzata:
• Allacciamento in entra-esce sulla linea AT a 380 kV Matera-Taranto;
• Stazione Elettrica realizzata in prossimità della Masseria Gobetto nel vicino Comune di
Castellaneta quasi a ridosso del confine con Laterza, proprio al di sotto del tracciato
dell’elettrodotto a doppia terna a 380 kV ivi esistente.
Il posizionamento è da ritenersi definitivo e per gli effetti la Società ha provveduto alla acquisizione del
diritto di proprietà su porzione di Area di Utenza nella disponibilità dell’operatore elettrico capofila
della soluzione di connessione in entra – esce sulla linea 380 kV.
In ragione della soluzione sopra operata è stato possibile definitivizzare il posizionamento delle
infrastrutture elettriche ( cavidotti 20 kV etc.), delle infrastrutture di servizio in genere.
Inoltre la presente Revisione tiene anche conto della richiesta di aggiornamento operata dal Comune di
Laterza con Delibera C.C. n. 77 del 28 Dicembre 2006 con la quale gli operatori di settore, proponenti
dei progetti eolici, sono stati invitati a rappresentare graficamente e documentalmente la disponibilità
dei suoli di progetto.
Anche per gli effetti della richiesta comunale il progetto è stato debitamente aggiornato. Il puntuale
posizionamento degli aerogeneratori sul particellare riferito ai singoli atti di proprietà consente la
produzione in via definitiva della georeferenzazione che viene qui depositata come elaborato
aggiuntivo TAV V – Georeferenzazione.
Studio diImpatto Ambientale, p.1

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Il progetto originale, di cui la presente costituisce la 1 a Revisione, è stato elaborato seguendo
fedelmente i dettami imposti dalla Normativa vigente nella Regione Puglia nel settore degli impianti di
produzione di energia elettrica da fonte eolica, ed in particolare:
• Legge Regionale 12 Aprile 2001, n.11 “Norme sulla Valutazione di Impatto Ambientale”
• Deliberazione della Giunta Regionale 2 Marzo 2004, n. 131 “Art.7 L.R. n.11/2001- Direttive in
Ordine a Linee Guida per la valutazione Ambientale in relazione alla realizzazione di Impianti
eolici nella Regione Puglia”.
• Deliberazione della Giunta Regionale 31 Maggio 2005, n. 716 “Decreto Legislativo 29
dicembre 2003, n.387. Procedimento per il rilascio delle autorizzazioni alla costruzione ed
esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile”.
• REGOLAMENTO REGIONALE 04 Ottobre 2006, n. 16 – “Regolamento per la realizzazione
di impianti eolici nella Regione Puglia”.
Il Campo Eolico interessa la porzione settentrionale del Territorio Comunale di Laterza, in Provincia di
Taranto, al confine con i comuni di Castellaneta e Santeramo in Colle a Nord dalla Strada Statale n.7
“APPIA”, tutta ricadente in “aree idonee” ai sensi del succitato Regolamento Regionale di recente
pubblicazione.
Il Campo è formato da 18 Aerogeneratori presentati tutti in fase transitoria!
Tutte le aree interessate dal Campo Eolico ricadono in Zona Agricola Tipizzata “E” e non ricadono in
alcuno degli A.T.E. del PRG approvato con D.G.R. del 20.04.04 n.568 pubblicato sul BURP n.54 del
03.05.04, e sulla G.U. del 11.05.04 n.109.
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CAPITOLO I
QUADRO DI RIFERIMENTO NORMATIVO
REGOLAMENTO PER LA REALIZZAZIONE DI
IMPIANTI EOLICI NELLA REGIONE PUGLIA
(estratto dal BURP n. 128 del 06/10/2006)
Studio diImpatto Ambientale, p.3

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Articolo 1 Finalità ed oggetto del regolamento
Ai sensi dell’art. 7 della L.R. n. 11/2001 la Regione Puglia emana il presente Regolamento che
detta direttive per la valutazione ambientale nel-l’ambito della procedura per il rilascio delle autorizzazioni
previste dalla normativa vigente per l’i-stallazione di impianti eolici e delle opere accessorie
nel territorio della Regione Puglia.
Articolo 2 Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per: a) Impianto eolico: impianto costituito dall’insieme
dei dispositivi atti a trasformare l’energia
meccanica del vento in energia elettrica, comprensivi dell’area di occupazione dell’aerogeneratore
e delle opere connesse;
b) Impianti di piccola taglia: impianti aventi potenza massima complessiva di 60 kW, potenza
massima unitaria di 30 kW, diametro del rotore non superiore ai 10 metri, altezza del palo di
sostegno non superiore a 24 metri.
c) Opere accessorie o connesse: cavidotti ed elettrodotti di collegamento, stazioni di smistamento,
strade di servizio, ecc.
Articolo 3 Ambito di applicazione
1. 1. Il presente regolamento si applica agli impianti eolici di potenza superiore a 60 kW, se
costituiti da più di un aerogeneratore, e agli impianti eolici costituiti da un solo
aerogeneratore di potenza superiore a 1 MW.
2. 2. Ferme restando le propedeutiche procedure di valutazione ambientale ai sensi della L.R.
11/2001, l’installazione di impianti di produzione di energia eolica di piccola taglia, di cui
all’art. 2, sono assoggettati a un regime autorizzativo semplificato così come definito all’art.
3 della LR 9/2005.
3. 3. In deroga al comma precedente, le procedure di valutazione ambientale ai sensi della l.r.n.
11/2001, non si applicano agli impianti di energia eolica con un solo aerogeneratore, con
potenza nominale non superiore ai 20 kW, per i quali vige lo scambio sul posto ai sensi
dell’art. 6 del D.lgs. n. 387/2003, ovvero a servizio di utenze isolate, perché la distanza
dell’impianto dall’utenza elettrica servita non sia superiore ai 200 metri.
Articolo 4 Piani regolatori per l’installazione di impianti eolici (PRIE)
1. I Piani Regolatori per l’installazione di Impianti Eolici (PRIE) sono finalizzati all’identificazione
delle cosiddette aree non idonee ovvero quelle aree nelle quali non è consentito localizzare
gli aerogeneratori, in aggiunta a quelle di cui all’art. 6 comma 3 del presente Regolamento.
2. Ai fini della razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative di cui all’art. 12
del DPR 387/2003 le amministrazioni comunali si dotano di Piani Regolatori relativi
all’installazione di Impianti Eolici (PRIE).
1. 3. I PRIE sono redatti dalle Amministrazioni comunali in forma singola o associata tra
comuni confinanti (PRIE intercomunali).
2. 4. I PRIE intercomunali perseguono obiettivi di riduzione dell’impatto cumulativo e forme
di perequazione territoriale. I benefici derivanti dalla realizzazione degli impianti dovranno
essere distribuiti fra i comuni partecipanti alla aggregazione in maniera indipendente dalla
localizzazione degli impianti stessi, secondo forme e modalità stabilite in sede di
redazione/approvazione del PRIE.
Studio diImpatto Ambientale, p.4

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3. 5. E’ incentivata la aggregazione dei Comuni che vogliano procedere alla redazione di PRIE
intercomunali. In tal caso le procedure di cui al successivo art. 5 devono essere espletate da
ciascuna amministrazione coinvolta esprimendosi sul PRIE nella sua interezza.
4. 6. Le forme di incentivazione sono indicate al successivo art. 6 comma 3 lettera e) per
quanto attiene alle distanze dai confini e all’art. 13 comma 4 per quanto attiene al parametro
di controllo.
Articolo 5 Procedura di approvazione dei PRIE
1. 1. Ai fini dell’adozione e proposizione all’auto-rità competente ai sensi della l.r. n. 11/2001,
il Comune interessato o i Comuni associati redigono il PRIE, con presa d’atto dello stesso in
Giunta comunale.
2. 2. Entro dieci giorni dalla data di presa d’atto, il PRIE e i relativi elaborati sono depositati,
per quindici giorni consecutivi, presso la segreteria del Comune o dei Comuni interessati, in
libera visione al pubblico. Del deposito è dato avviso sull’albo comunale, su almeno due
quotidiani a diffusione nella provincia.
3. 3. Entro il termine di quindici giorni dalla data di scadenza del periodo di deposito di cui al
comma precedente, chiunque abbia interesse può presentare proprie osservazioni, ai sensi
dell’articolo 9 della L. 241/1990.
4. 4. Ai fini della adozione del PRIE il Comune proponente (o il Comune capofila per PRIE
interco
munali) entro i successivi trenta giorni si pronuncia sulle osservazioni presentate e convoca una
Conferenza dei Servizi ai sensi della L. 241/1990 cui partecipano gli Enti locali territorialmente
competenti, anche ai fini della verifica di compatibilità con la pianificazione di area vasta e di
settore, e gli Enti preposti alla tutela dei vincoli eventualmente pre-senti sul/i territorio/i
comunale/i, ai sensi della legislazione vigente.
1. 5. Entro il termine perentorio di trenta giorni dalla data di conclusione della Conferenza dei
Servizi, il Consiglio Comunale adotta il PRIE.
2. 6. Entro il termine di trenta giorni l’autorità competente, preso atto dell’esito della
Conferenza dei Servizi e della delibera di adozione del Consiglio Comunale, approva in via
definitiva il PRIE.
3. 7. La variante al PRIE segue lo stesso procedimento di formazione di cui ai commi
precedenti.
4. 8. Nel caso di PRIE intercomunali le procedure di cui ai commi precedenti devono essere
espletate da ciascuna amministrazione coinvolta con riferimento al piano nella sua interezza.
5. 9. Il PRIE, formalmente approvato ai sensi del precedente comma 6, sostituisce la
documentazione di cui all’art. 4.1 commi f) e g) delle Disposizioni di cui alla Delibera
31.05.2005 n. 716 “Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. Procedimento per il
rilascio delle autorizzazioni alla costruzione ed esercizio di impianti per la produzione di
energia elettrica da fonti rinnovabili”. I pareri espressi dagli enti competenti in sede di
Conferenza di servizi di cui al precedente comma 4, sono validi anche ai fini della Conferenza
dei Servizi di cui alla DGR n. 716/2005.
Studio diImpatto Ambientale, p.5

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Articolo 6 Criteri di redazione del PRIE
Criteri territoriali
Al fine della “tutela dei valori ambientali, storici e culturali espressi dal territorio, nonché
della sua riqualificazione, finalizzati allo sviluppo sostenibile della comunità regionale” (L.R.
20/2001), occorre effettuare una sintetica analisi dello stato delle risorse territoriali interessate
dalla redazione del PRIE per valutarne un corretto inserimento nel territorio e per rendere
coerenti i progetti con il quadro complessivo della pianificazione e programmazione
sul territorio. Conseguentemente la definizione delle aree non idonee dovrà discendere da:
1. 1. una ricognizione del sistema territoriale di area vasta e comunale e del relativo quadro
pianificatorio, programmatico e progettuale vigente e in itinere (regionale, provinciale,
comunale, di comunità montane, ecc.) (PUTT/P, PTCP in itinere, Parchi regionali e nazionali,
Siti Rete Natura 2000, PIT, PIS, PRG, PUG, ecc.);
2. 2. una ricognizione del sistema territoriale del comune e/o dei comuni interessati
dall’intervento, delle loro risorse ambientali, paesaggistiche, insediative, infrastrutturali, del
loro stato e dei rischi relativi (avvalendosi, per es. di elaborazioni già effettuate in altre sedi e
da altri enti e/o dagli uffici comunali) approfondendo in particolare:
.a. le risorse ambientali, relative ad aria, acqua, suolo, ecosistemi di flora e fauna, costitutive
dell’integrità fisica del territorio e che assicurano il rispetto della biodiversità, di cui evidenziare
i rischi connessi;
.b. le risorse paesaggistiche, costitutive dell’iden-tità ambientale, storica e culturale del territorio,
anche in relazione al PUTT/Paesaggio approvato con Delibera di Giunta Regionale n. 1748 del
15/12/2000, considerando in particolare: -gli elementi strutturanti il territorio riferibili,
secondo quanto indicato dal PUTT/P definiti Ambiti Territoriali Distinti e articolati nei tre
seguenti sistemi:
. •dell’assetto geologico, geomorfologico e idrogeologico, con particolare attenzione all’acclività
e ai rischi di frana;
. • della copertura botanico/vegetazionale e colturale e relativo contesto faunistico;
. • dei caratteri della stratificazione storica del-l’organizzazione insediativa;
-gli Ambiti Territoriali Estesi, secondo l’artico-lazione fornita dal PUTT/P e relativa disciplina di
salvaguardia e valorizzazione paesaggistica e ambientale;
-gli elementi identitari del territorio che costituiscono potenziali risorse per il futuro sviluppo;
-i diversi ambiti territoriali omogenei per qualità paesaggistica, da quelli di pregio elevato, a
quelli compromessi o degradati e quindi da riqualificare;
c. le risorse insediative, il complesso del sistema dell’insediamento urbano e di quello diffuso o
aggregato in nuclei nel territorio;
d. le risorse infrastrutturali per la mobilità di merci e persone e quelle tecnologiche (reti di
distribuzione, trasmissione dell’energia elettrica, acquedotti, metanodotti, ecc.) con l’indicazione
dello stato, della portata e dei flussi, nonché delle problematiche connesse.
3. una ricognizione degli aspetti socioeconomici da cui emergano le tendenze in atto sia in
termini di problematicità sia di potenzialità e prospettive di sviluppo locale.
Particolare attenzione merita il territorio rurale, per le sue potenzialità
Studio diImpatto Ambientale, p.6

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economico/produttive, paesaggistiche, ambientali e di presidio umano. Nella individuazione
delle aree non idonee è necessario tenere in considerazione l’obiettivo primario della sua
salvaguardia e valorizzazione, preservando, le zone di maggior pregio ambientale e
paesaggistico, il patrimonio edilizio esistente con particolare riguardo a quello a valore
storico/architettonico /ambientale, le funzioni economiche, ecologiche e sociali della
silvicoltura, non includendo quali aree non idonee quelle che mirano al recupero di aree
sottoposte a degrado.
Nella scelta di cui all’art. 4 comma 1, nelle more della definizione delle linee guida statali
di cui al comma 10 dell’art. 12 del D.lgs.n. 387/2003, sono ritenute non idonee le seguenti
aree: a) Aree Protette regionali istituite ex L.R. n. 19/97
e aree protette nazionali ex L. 394/91; Oasi di protezione ex L.R. 27/98; Aree pSIC e ZPS ex
Direttiva 92/43/CEE e Direttiva 79/409/CEE e ai sensi della DGR n. 1022 del 21/07/2005,
zone umide tutelate a livello internazionale dalla convenzione di Ramsar. Tali aree devono
essere considerate con un’area buffer di 200 m.
b) Crinali con pendenze superiori al 20% (così come individuati dallo strato informativo relativo
all’orografia del territorio regionale pre-sente nella Banca Dati Tossicologica) e relative
aree buffer di 150m.
c) Grotte, doline ed altre emergenze geomorfologiche, con relativa area buffer di almeno 100 m,
desunte dal PUTT/P o da altri eventuali censimenti ed elenchi realizzati da enti pubblici e/o
enti di ricerca.
d) Area edificabile urbana, così come definita dallo strumento urbanistico vigente al momento
della presentazione del PRIE con relativa area buffer di 1000 m.
e) Aree buffer di 500 metri dal confine amministrativo del comune che avvia la procedura di
approvazione del PRIE. In caso di PRIE intercomunali l’area buffer deve essere considerata
soltanto a partire dal limite amministrativo esterno della macroarea di aggregazione dei
Comuni.
f) Ambiti Territoriali Estesi (ATE) A e B del PUTT/P. In sede di redazione del PRIE, a seguito
degli approfondimenti richiesti al punto 2 del presente articolo è possibile procedere ad una
rivisitazione di quanto indicato dallo stesso PUTT/P.
g) Zone con segnalazione architettonica/archeolo-gica e relativo buffer di 100 m e Zone con
vincolo architettonico/archeologico e relativo buffer di 200 m così come censiti dalla
disciplina del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del
paesaggio, ai sensi dell’art. 10 della Legge 6 luglio 2002, n. 137.
La scelta e la disposizione delle aree non idonee dovrà tener conto della frapposizione di
impianti eventualmente già presenti, o di prevedibile installazione, tra i principali punti di
vista o di belvedere e il paesaggio circostante, al fine di evitare barriere paesaggistiche.
I PRIE provvedono alla ricognizione degli impianti eventualmente già realizzati nel
territorio comunale suggerendo le modalità per un eventuale riutilizzo dei siti eolici esistenti
nell’ambito di piani di ammodernamento e potenziamento degli impianti stessi.
Relativamente a questi impianti potrà essere proposta la delocalizzazione verso aree che
non sono state ritenute non idonee e/o la rilocalizzazione nelle stesse aree, anche in deroga ai
criteri di cui al pre-sente Regolamento, che prevedono comunque una riduzione del settanta
per cento del numero degli aerogeneratori già installati. Il PRIE, relativamente a detti
impianti, dovrà indicare le forme di recupero delle eventuali aree dismesse o in fase di
Studio diImpatto Ambientale, p.7

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dismissione.
I criteri tecnici, di seguito elencati per la individuazione di aree non idonee possono
assumere rilevanza diversa a seconda dei diversi contesti territoriali in cui si articola la
definizione dei PRIE e suggeriscono elementi di attenzione alla progettazione dei singoli
impianti eolici. A) Aree con indice di ventosità tale da non garan
tire almeno 1600 ore/equivalenti all’anno. Tale dato deve essere desunto da banche dati ufficiali
o dall’implementazione di modelli matematici accreditati da enti pubblici e/o di ricerca
o da adeguate campagne anemometriche della durata di almeno un anno.
B) Aree che non consentano di massimizzare le economie di scala per l’individuazione del punto
di connessione alla rete elettrica, tendenti sia al possibile sfruttamento in unico sito di
potenziali energetici rinnovabili di fonte diversa sia all’utilizzo di corridoi energetici
preesistenti.
C) Aree che non consentano di massimizzare le economie di scala per le opere di accesso ai
diversi siti durante la fase di cantiere e di esercizio.
Articolo 7 Documentazione del PRIE
La documentazione del PRIE va presentata sia su supporto cartaceo (in duplice copia)
che su sup-porto informatico non modificabile (.pdf). Ogni elaborato cartaceo deve essere
datato e vidimato dall’amministrazione proponente (o dalle amministrazioni in caso di
PRIE intercomunali).
La documentazione minima da presentare per il PRIE è la seguente:
1. 1. Relazione tecnica di accompagnamento con i contenuti di cui all’art. 6
2. 2. Cartografia in scala opportuna riportante:
- Inquadramento territoriale:
I aree Parco, ZPS e pSIC, Zone Umide, zone umide tutelate a livello internazionale
dalla convenzione di Ramsar, IBA, boschi, macchie, biotopi,;
II Aree soggette a Rischio Idrogeologico (ex PAI); Zone a rischio di Frana (ex PAI);
Zone soggette a rischio di inondazione (ex PAI);
III Ambiti Territoriali Estesi (ex PUTT/P); Ambiti Territoriali Distinti (ex PUTT/P) Vincoli
faunistici;
IV elementi emergenti dalle ricognizioni di cui all’art. 6.
- Analisi alla scala comunale, previsioni dello strumento urbanistico vigente, vincoli
architettonici e paesaggistici, vincoli idrografici, carta d’uso del suolo, emergenze
geomorfologiche;
.- Reti infrastrutturali di trasporto (strade e ferrovie)
.- Reti tecnologiche (elettriche, idriche, …)
- Altri aspetti specifici che si ritiene utile evidenziare
- Localizzazione e caratteristiche degli aerogeneratori esistenti sul territorio comunale
- Aree non idonee.
Tutta la cartografia, oltre che su supporto cartaceo e su supporto informatico, deve essere
presentata in formato utilizzabile in ambiente GIS secondo uno dei più comuni formati
Studio diImpatto Ambientale, p.8

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digitali (shp o dwg o formati comunque con questi compatibili) georeferenziata nel sistema
cartografico italiano Gauss-Boaga fuso Est.
Inoltre, allegati al PRIE, potranno essere presentati i seguenti documenti aggiuntivi:
1. 1. protocollo di intesa tra i comuni interessati da eventuali accordi associativi nella
definizione del PRIE;
2. 2. altra documentazione autorizzativa (anche in termini di pareri preliminari) che
consente una semplificazione del successivo iter di autorizzazione dei singoli
impianti.
Articolo 8 Valutazione integrata
1. 1. La valutazione integrata rappresenta la modalità con cui si espletano le procedure
previste dalla L.R. n. 11/2001, da parte dell’autorità competente ai sensi della
stessa legge, ai fini del prescritto parere ambientale, richiesto ai sensi della
Deliberazione di G.R. n° 716/2005 per il rilascio dell’Auto-rizzazione Unica ex art.
12 D. Lgs. n. 387/2003.
2. 2. Essa è operata in forma contestuale su distinte proposte progettuali di impianti
eolici insistenti in un PRIE, in modo da individuare elementi di incongruità o di
sovrapposizione, diversamente non valutabili, ovvero operare processi di razionalizzazione
delle diverse proposte.
3. 3. In presenza di PRIE formalmente approvati, la valutazione integrata terrà conto
delle compatibilità territoriali, urbanistiche, paesaggistiche ed ambientali in essi
riferite.
4. 4. Ai fini della valutazione integrata, i soggetti che intendono proporre
l’installazione di impianti eolici, a scadenze prefissate, presentano la documentazione,
di cui agli artt. 9, 10 e 11 del presente Regolamento, all’autorità
competente. Per il primo periodo di attuazione del presente Regolamento si
individuano tre scadenze temporali per l’avvio della valutazione integrata:
- I scadenza: 31 luglio
- II scadenza: 30 novembre
- III scadenza: 31 marzo
1. 5. Per i progetti presentati oltre una delle date di scadenza indicate i termini e le
procedure di cui alla LR n. 11/2001 e alla D.G.R. n. 716/2005 decorrono dalla data
della scadenza successiva e seguono l’iter procedurale rispettivamente previsto.
2. 6. Le eventuali prescrizioni indicate in esito alla procedura di valutazione dovranno
essere recepite dai proponenti in fase di autorizzazione unica e, quindi, nei progetti
definitivi secondo quanto previsto dalle procedure di cui alla D.G.R. n. 716/2005.
Articolo 9 Documentazione per la valutazione integrata.
1. 1. La documentazione per la valutazione integrata va presentata sia su supporto
cartaceo (in duplice copia) che su supporto informatico (in versione non
modificabile). Ogni elaborato cartaceo deve avere una copertina o frontespizio con
la firma del rappresentante legale del soggetto proponente e deve essere datato.
2. 2. La documentazione minima da presentare per la valutazione integrata è la
seguente: a) progetto preliminare e relativa cartografia b) relazione di impatto
Studio di Impatto Ambientale, p. 9

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ambientalE di cui alla L.R. n. 11/2001 e con i contenuti minimi di cui al successivo
art. 10 del presente Regolamento.
Articolo 10 Criteri per la redazione della relazione d’impatto ambientale per la
valutazione integrata
1. La progettazione degli impianti eolici e la valutazione degli impatti ambientali ex L.R.
11/2001 dovrà essere eseguita sulla base dei contenuti di seguito elencati.
a) Inquadramento nel PRIE di riferimento, così come formalmente approvato nella
Conferenza dei Servizi, riportando, se disponibile, ogni utile e particolare informazione
in ordine alla
-preesistenza,
-contestuale ed ulteriore presentazione
-possibile sostituzione (repowering) e deloca-
lizzazione di impianti eolici d’interesse per la stessa area. b) Impatto
visivo e paesaggistico In particolare si dovrà:
-prevedere l’utilizzo di aerogeneratori con torri tubolari e non a traliccio, per la cui
colorazione saranno inoltre previsti colori neutri e vernici non riflettenti;
-evitare il fenomeno del cosiddetto “effetto selva”, cioè l’addensamento di numerosi
aerogeneratori in aree relativamente ridotte. A tal fine si indica di assumere la distanza
minima tra le macchine di 3-5 diametri sulla stessa fila e 5-7 diametri su file parallele;
-fornire da parte del proponente una carta delle interferenze visive, elaborata in funzione
del-l’orografia dei luoghi, che consenta di valutare le aree su cui si manifesta l’impatto
visivo ed una visualizzazione in 3D fatta da tutti i punti che sono scenicamente in
stretta relazione con il sito e l’ambiente limitrofo, in modo da ottenere una o più
distribuzioni spaziali dell’im-pianto in esame;
-fornire l’analisi degli impatti cumulativi sulla componente paesaggistica derivante dalla
presenza di altri impianti eolici nella medesima area.
c) Impatto su flora, fauna ed ecosistemi
I. Gli impatti su vegetazione e flora dovranno essere valutati attraverso: -analisi
vegetazionale e floristica dell’area
vasta, attraverso l’individuazione e la descrizione delle tipologie vegetazionali
presenti, la loro caratterizzazione flogistica e attraverso l’analisi della vegetazione
significativa potenziale (specie e popolamenti vegetali di pregio sulla base delle
formazioni esistenti e del clima);
- analisi vegetazionale e floristica del sito di intervento attraverso, rilevamenti fitosociologici
dell’area e check-list delle specie botaniche presenti, con l’indicazione
del-l’eventuale appartenenza alle “Liste Rosse Regionali” della Società Botanica
Italiana;
-carta della vegetazione presente, intesa come essenze dominanti sulla base di analisi
ortofotografiche e di rilevazioni dirette su campo, in scala 1:10.000;
-analisi degli impatti cumulativi sulla vegetazione, causati dalla presenza di altri
Studio di Impatto Ambientale, p. 10

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impianti eolici nella medesima area.
II. Gli impatti sulla fauna dovranno essere valutati attraverso: -analisi faunistica
riguardo: mammiferi (in particolare Chirotteri), rettili, anfibi, uccelli nidificanti,
presenti nell’area di intervento e nell’area circostante, o presumibili dall’analisi degli
areali, degli habitat e della documentazione disponibile o da rilevamenti su campo.
L’analisi deve comprendere descrizione dei popolamenti, check-list, status
conservazionistico e indicazione dell’eventuale appartenenza alle “Liste Rosse dei
vertebrati”;
-indicazione e mappatura, sulla base di rilevamenti specifici, della presenza di aree di
importanza faunistica quali: siti di riproduzione, rifugio, svernamento e alimentazione;
-con particolare riguardo all’individuazione di siti di nidificazione e di caccia dei
rapaci; corridoi di transito utilizzati dall’a-vifauna migratoria; grotte utilizzate da
popolazioni di chirotteri;
-analisi dell’impatto cumulativo, in particolare sull’avifauna e sui chirotteri, derivante
dalla presenza di altri impianti eolici nella medesima area.
III.Gli impatti sugli ecosistemi dovranno essere valutati attraverso: -l’individuazione
cartografica in scala
1:10.000 delle unità ecosistemiche presenti nel territorio interessato dall’intervento;
-previsione degli impatti sulle unità ecosistemiche di particolare rilievo (Boschi in
fase di climax, corsi d’acqua, zone umide, praterie primarie, ecc.);
-analisi degli impatti cumulativi sugli ecosistemi derivanti dalla presenza di altri
impianti eolici nella medesima area.
d) Rumori e vibrazioni In particolare sono richieste analisi e valutazioni in grado di
accertare l’osservanza dei limiti indicati nel D.P.C.M. del 14.11.1997 e, quindi, il
livello di rumore di fondo e l’eventuale altera-
zione del campo sonoro prodotta dall’impianto.
A tal proposito dovranno essere prodotti i
seguenti elaborati tecnici:
-planimetria in scala adeguata (1:10.000) di tutta l’area, per una fascia di 1000 metri,
attorno al perimetro della zona in cui si vuole installare l’impianto eolico. Per tutta l’area
indicata sarà individuato il luogo più vicino all’impianto eolico adibito, o che in base al
PRG vigente può essere adibito, ad una permanenza della popolazione superiore a 4 ore
al giorno;
-indicazione, per ciascuno di tali luoghi e mediante l’ausilio di modelli di calcolo, del
Leq diurno e notturno, prima e dopo l’entrata in funzione dell’impianto eolico, facendo
riferimento alla velocità del vento corrispondente al funzionamento nelle condizioni
nominali dell’aerogeneratore. Nel caso in cui la differenza fra i precedenti Leq sia
maggiore di 5 dB(A) per il periodo diurno o maggiore di 3 dB(A) per il periodo
notturno, si dovranno indicare i provvedimenti che si intendono adottare per far
rientrare il rumore entro i limiti differenziali.
Il proponente dovrà inoltre evidenziare il livello di vibrazioni prodotte dall’impianto,
presso i recettori residenziali più prossimi, e confrontare tali valori con i livelli di
disturbo per la popolazione riportati dalla normativa tecnica nazionale e internazionale.
e) Campi elettromagnetici ed interferenze In particolare sono richieste analisi e valutazioni
in ordine a linee elettriche appositamente progettate e costruite, per le quali dovrà essere
Studio di Impatto Ambientale, p. 11

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allegata una tavola riassuntiva del tracciato e delle caratteristiche fisiche dell’elettrodotto
in modo da delineare i relativi valori del campo elettrico e del campo di induzione
magnetica rispetto ai limiti della Legge n. 36/2001 e dei relativi Decreti attuativi.
f) Norme di progettazione, caratteristiche tecniche degli impianti e capacità della rete a
sostenere la produzione di energia elettrica. In particolare è richiesta l’analisi e la valutazione
degli elementi di attenzione alla progettazione che possono assumere rilevanza
diversa a seconda dei diversi contesti territoriali così come richiamati nei Criteri Tecnici
di definizione dei PRIE.
g) Dati di progetto e sicurezza In particolare è richiesta l’analisi e la valutazione di dati
relativi a: -la dimostrazione della gittata massima degli
elementi rotanti in caso di rottura accidentale;
-documentazione attestante la certificazione degli aerogeneratori ad opera di soggetti
abilitati, tenendo conto delle condizioni meteorologiche estreme del sito (si consiglia
di considerare una velocità massima del vento avente periodo di ritorno pari a 100 anni
e durata pari a 1 secondo);
-gli sbancamenti e i riporti di terreno dovranno essere i più contenuti possibile; per le
opere di contenimento e ripristino saranno utilizzate le tecniche dell’ingegneria
naturalistica;
-data la pericolosità degli olii derivanti dal funzionamento a regime del parco eolico (per
esempio olii per lubrificazione del moltiplicatore di giri a tenuta, per freno meccanico
e centralina idraulica per i freni delle punte delle pale, olii presenti nei trasformatori
elevatori delle cabine degli aerogeneratori), va assicurato l’ade-guato trattamento degli
stessi e lo smaltimento presso il “Consorzio Obbligatorio degli olii esausti (D.Lgs. n.
95 del 27 gennaio 1992, Attuazione delle Direttive 75/439/CEE e 87/101/CEE relative
alla eliminazione degli olii usati).
h) Norme tecniche relative alle strade In particolare si richiede quanto segue: -la strada di
collegamento dell’impianto con la
rete viabile pubblica deve avere la lunghezza minima possibile. Si possono realizzare
nuovi tratti stradali soltanto ove si dimostri l’assenza di viabilità esistente. Salve
documentate esigenze di carattere tecnico, per le strade di accesso all’impianto e per le
strade di servizio dovrà essere utilizzata una pavimentazione permeabile (macadam o
simili);
-si deve predisporre un sistema di regimazione delle acque meteoriche cadute sul piano
via-bile. Le scarpate stradali al termine dei lavori di costruzione devono essere inerite;
-la larghezza della carreggiata, eventualmente utilizzata per i trasporti eccezionali, deve
essere ridotta al minimo indispensabile per il transito dei mezzi ordinari;
-il progetto delle strade di accesso all’impianto deve essere corredato dai profili
altimetrici e dalle sezioni tipo; ove l’acclività è elevata, dovranno essere elaborate
sezioni specifiche da cui risulti possibile evidenziare le modificazioni che saranno
apportate in quella sede. Tali sezioni dovranno essere accompagnate da una
simulazione fotografica.
Studio di Impatto Ambientale, p. 12

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i) Norme sulle linee elettriche In particolare si richiede quanto segue: -i cavidotti di
collegamento fra gli aerogeneratori e gli elettrodotti di MT e AT necessari alla
connessione dell’impianto alla Rete di Trasmissione Nazionale dovranno essere interrati
ad una profondità minima di 1 m, protetti, accessibili nei punti di giunzione ed opportunamente
segnalati;
-il tracciato del cavo interrato, sia MT che AT, deve seguire, ove possibile, il percorso
stradale esistente o la viabilità di servizio all’im-pianto eolico;
-le turbine di potenza superiore a 1 MW devono essere dotate di trasformatore all’interno
della torre;
-il valore del campo elettromagnetico dovuto alle linee elettriche da realizzare e/o potenziare,
non deve superare il valore previsto dalla Legge n. 36/2001;
-ove non fosse tecnicamente possibile la realizzazione di elettrodotti (MT e AT)
interrati, la linea in MT aerea deve essere dotata di conduttori riuniti all’interno di un
unico rivestimento isolante, in ogni caso sarà necessario prendere in esame in
particolare gli impatti sull’avifauna e sul paesaggio, nonché ogni possibile misura di
mitigazione.
j) Pertinenze In particolare si richiede quanto segue: -i piazzali di pertinenza dell’impianto
eolico
devono determinare la minima occupazione possibile di suolo e, ove possibile, devono
interessare aree degradate da recuperare o comunque suoli già disturbati e alterati.
Salvo documentate esigenze di carattere tecnico, si deve evitare la pavimentazione
impermeabile delle superfici;
-le scarpate, al termine dei lavori di costruzione, devono essere inerbite e si deve predisporre
un sistema di regimazione delle acque meteoriche cadute sui piazzali;
-la struttura di fondazione in calcestruzzo deve essere annegata sotto il profilo del suolo
per almeno 1 m;
k) Le fasi di cantiere In particolare si richiede quanto segue: -il cantiere deve occupare la
minima superficie
di suolo, aggiuntiva rispetto a quella occupata dall’impianto e deve interessare, ove
possibile, aree degradate da recuperare o comunque suoli già disturbati e alterati;
-dovrà essere predisposto un sistema di regimazione delle acque meteoriche cadute
sull’area di cantiere, e previsti idonei accorgimenti che evitino il dilavamento della
superficie del cantiere da parte di acque superficiali provenienti da monte;
-al termine dei lavori il proponente deve procedere al ripristino morfologico, alla
stabilizzazione ed inerbimento di tutte le aree soggette a movimento di terra e al
ripristino della viabilità pubblica e privata, utilizzata ed eventual-mente danneggiata in
seguito alle lavorazioni;
-nel caso sia indispensabile realizzare tratti viari di nuovo impianto essi andranno
accuratamente indicati; dovranno essere adottate quelle soluzioni che consentano il
Studio di Impatto Ambientale, p. 13

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ripristino dei luoghi una volta realizzato l’impianto, in particolare la realizzazione di
piste in terra o a bassa densità di impermeabilizzazione aderenti all’andamento del
terreno.
l) Dismissioni e ripristino dei luoghi Al fine di fornire le adeguate garanzie della reale fase
di dismissione degli impianti eolici, il progetto dovrà documentare il soddisfacimento
dei seguenti criteri: -fideiussione bancaria necessaria per coprire
gli oneri di ripristino del suolo nelle condizioni naturali da specificare nella
documentazione per la valutazione integrata. La polizza fideiussoria dovrà essere
stipulata in base all’art. 7 dello schema di convenzione di cui alla DGR 30 novembre
2005, n. 1747;
-rimozione completa delle linee elettriche e conferimento agli impianti di recupero e
trattamento secondo la normativa vigente;
-obbligo di comunicazione, a tutti gli Assessorati regionali interessati, della dismissione
di ciascun aerogeneratore. In caso di superamento del terzo anno di non funzionamento
dell’impianto eolico realizzato non a servizio di uno specifico insediamento
produttivo, ma per l’immissione di energia elettrica sulla rete di distribuzione della
stessa, l’impianto deve essere obbligatoriamente dismesso.
m) Misure di compensazione E’ opportuno che il proponente l’impianto pre-veda idonei
interventi compensativi quali sostituzione di linee elettriche aeree, miglioramento
dell’inserimento ambientale di infrastrutture esistenti, azioni di ripristino ambientale,
ecc.
Articolo 11 Requisiti della cartografia da allegare ai progetti
1. La cartografia di cui ai precedenti articoli 9 e10 deve avere i requisiti di cui ai commi
seguenti.
2. Le basi cartografiche, da adoperare come supporto alla progettazione ed alle verifiche
normate, saranno le più aggiornate disponibili.
3. I requisiti minimi dovranno seguire le indicazioni indicate di seguito:
-Cartografia di inquadramento (1:50.000 / 25.000);
-Cartografia a scala media: Carte tecniche numeriche (vettoriali) a livello regionale,
provinciale e comunale (C.T.N.R., C.T.N.P., C.T.N.C.) oppure, se non esistenti,
cartografia raster, ortofoto digitali alla scala nominale 1:10.000 (AIMA, AGEA, CGR,
etc.), immagini da satellite;
- Cartografia di dettaglio: (1:2.000/1.000): Carte tecniche numeriche esistenti.
4. Di seguito sono riepilogate le informazioni che dovranno essere necessariamente fornite
anche in formato digitale (in uno dei formati informatici commerciali più diffusi *.shp,
*.dwg, *.dxf) georiferiti nel sistema di riferimento cartografico ufficiale italiano Gauss-
Boaga fuso Est:
1. localizzazione (puntuale) delle pale
2. viabilità esistente (linee)
Studio di Impatto Ambientale, p. 14

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3. tratti di strade esistenti da adeguare (linee)
4. strade da realizzare (linee)
5. tracciato del collegamento alla RTN (punti e linee)
6. rete elettrica esistente (linee)
7. cabine da realizzare
Articolo 12 Indicazioni per la realizzazione di impianti off-shore
Fermo restando la disciplina prevista da normativa e regolamenti di altri enti competenti,
nelle more della definizione delle linee guida statali di cui al comma 10 dell’art. 12 del
D.lgs.n. 387/2003, per la realizzazione di impianti eolici off-shore sono ritenute non
idonee le aree dei pSIC marini individuati ai sensi della direttiva 92/43/CE (cosiddetta
direttiva Habitat).
In considerazione dell’elevata presenza di habitat di pregio naturalistico (praterie di
Posidonia oceanica) lungo gran parte della costa pugliese e la forte vocazione turistica di
queste ultime, le relazioni ambientali relative alla realizzazione di impianti eolici off-shore
devono contenere una specifica analisi dei fondali interessati.
Le autorizzazioni per la realizzazione delle opere accessorie ad impianti eolici off-shore
(quali per esempio i collegamenti con la rete di terra) devono essere attivate presso i
comuni interessati contestualmente all’avvio delle procedure di autorizzazione
dell’impianto.
Articolo 13 Parametro di controllo
1. Con il presente Regolamento si introduce un parametro di controllo (P) che risponde
all’esigenza di regolare il numero di interventi in determinate aree territoriali (comunali e
intercomunali).
2. Il parametro P è il rapporto tra la somma delle lunghezze dei diametri di tutti gli
aerogeneratori (installati e autorizzati in un Comune) ed il lato del quadrato di area
uguale alla superficie comunale come da dato ISTAT.
3. Il presente Regolamento stabilisce che, per ciascun ambito comunale, il valore assunto
dal para-metro di controllo non può superare il valore di 0,75.
4. Nel caso di PRIE intercomunali il parametro di controllo è riferito alla superficie
dell’area territoriale dei comuni limitrofi associati e non può superare il valore di 1,0.
5. La Regione può aggiornare il valore limite del parametro di controllo e/o differenziarlo.
6. L’autorità competente preliminarmente al rilascio della autorizzazione unica, ex DGR n.
716 del 31 maggio 2005, verifica il rispetto del para-metro di controllo. Tale verifica sarà
reiterata per un periodo massimo di tre anni.
Articolo 14 Disposizioni transitorie
1. Le disposizioni transitorie, di cui al presente articolo, si applicano fino
all’approvazione dei PRIE ex articoli 4, 5, 6 e 7 e per un tempo massimo di 180 giorni
dalla data di entrata in vigore del presente Regolamento. Decorso tale termine, si
potranno realizzare impianti eolici solo se le Amministrazioni Comunali saranno dotate
dei suddetti PRIE.
Studio di Impatto Ambientale, p. 15

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2. Nella scelta delle aree destinate alla realizzazione di impianti eolici, in assenza di
PRIE, devono considerarsi non idonee:
A. aree protette regionali istituite ex L.R. n. 19/97 e aree protette nazionali ex L.394/91;
oasi di protezione ex L.R. 27/98; siti pSIC e ZPS ex direttiva 92/43/CEE, direttiva
79/409/CEE e ai sensi della DGR n. 1022 del 21/07/2005; zone umide tutelate a livello
internazionale dalla convenzione di Ramsar. Tali aree devono essere considerate con
un’area buffer di almeno 300 m;
B. aree di importanza avifaunistica (Important Birds Areas – IBA 2000 – Individuate da
Bird Life International);
C. l’area a pericolosità geomorfologica PG3, così come individuata nel Piano di Assetto
Idrogeologico; per le aree PG1 e PG2 si applicano le norme tecniche del PAI.
D. le aree classificate ad alta pericolosità idraulica AP, ai sensi del Piano di Assetto
Idrogeologico;
E. zone classificate a rischio R2, R3, R4, ai sensi del Piano di Assetto Idrogeologico;
F. crinali con pendenze superiori al 20% (così come individuati dallo strato informativo
relativo all’orografia del territorio regionale pre-sente nella Banca Dati Tossicologica) e
relative aree buffer di 150 m;
G. grotte, doline ed altre emergenze geomorfologiche, con relativa area buffer di almeno
100 m, desunte dal PUTT/P e da altri eventuali censimenti ed elenchi realizzati da enti
pubblici e/o enti di ricerca;
H. aree buffer di almeno 1 Km dal limite dell’area edificabile urbana così come definita
dallo strumento urbanistico vigente al momento della presentazione dell’istanza;
I. Ambiti Territoriali Estesi (ATE) A e B del PUTT/P;
J. Ambiti Territoriali Distinti (ATD) del PUTT/P con relativa area di pertinenza e area
annessa;
K. Zone con segnalazione architettonica/archeolo-gica e relativo buffer di 100 m e zone con
vincolo architettonico/archeologico e relativo buffer di 200 m così come censiti dalla
disciplina del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e
del paesaggio, ai sensi dell’art. 10 della Legge 6 luglio 2002, n. 137.
3. Individuazione dell’area per l’installazione di parchi eolici. Fatte salve le condizioni di
cui al comma precedente, l’individuazione di un’area per l’installa-zione di un impianto
eolico deve articolarsi in una serie di studi preliminari volti ad assicurare il sod-
disfacimento dei criteri tecnici di seguito elencati.
A. L’indice di ventosità delle aree deve essere tale da garantire almeno 1600 ore/equivalenti
all’anno alla potenza nominale dell’aerogenera-tore. Tale dato deve essere desunto da
banche dati o dall’implementazione di modelli matematici accreditati da enti pubblici
e/o di ricerca
o da campagne anemometriche della durata di almeno un anno. Il numero di
anemometri da utilizzare per l’attività di rilievo in sito deve essere adeguato alle
dimensioni del parco che si intende insediare.
B. Opere di allacciamento alla rete di trasmis-sione/distribuzione; al fine di
ridurre/azzerare gli impatti causati dalla realizzazione di nuovi elettrodotti la distanza
dell’elettrodotto di connessione con la Rete di Trasmissione Nazionale deve essere la
Studio di Impatto Ambientale, p. 16

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minima possibile (preferibilmente non superiore a 3 Km).
C. La distanza degli aerogeneratori da strade provinciali o nazionali, non può essere
inferiore a 300 m; tale distanza dovrà essere in ogni caso superiore alla gittata massima
degli elementi rotanti in caso di rottura accidentale.
D. Minimizzazione delle opere di accesso all’im-pianto durante la fase di cantiere e di
esercizio ubicazione lungo corridoi infrastrutturali (atteso che buona parte degli impatti
di un impianto eolico sono legati alle opere accessorie risulta evidente che sono
altamente preferibili quelle aree in cui esiste già una rete viaria sviluppata;
analogamente la scelta del sito di impianto dovrà tenere conto del criterio di minimizzare
la necessità di nuove piste o di pesanti interventi di adeguamento per le strade
già esistenti).
E. In generale vanno privilegiate aree da porre a servizio di distretti industriali e di attività
di piccola e media industria ed eventuali aree sede di impianti eolici preesistenti con
possibili interventi di sostituzione e di rilocalizzazione nel rispetto delle norme
transitorie di cui al pre-sente articolo.
F. La scelta dell’area dovrà essere tale da evitare che l’impianto installato si frapponga tra
i principali punti di vista o di belvedere e il paesaggio circostante, creando una barriera
paesaggistica.
4. La progettazione degli impianti eolici e la relazione/studio del relativo impatto
ambientale, ex L.R 11/2001, deve essere conforme ai contenuti di cui all’art. 10 dalle lettere
b) alla lettera n) e all’art. 11 del presente Regolamento.
5. E’ necessario che il soggetto proponente stipuli una convenzione con il comune (o i
comuni) in cui ricade l’area di intervento. La convenzione dovrà coinvolgere anche il
comune limitrofo nel caso in cui l’aerogeneratore più vicino disti meno di 500 metri dal suo
confine amministrativo. Tale veri-fica va effettuata rispetto all’area di ingombro dell’aerogeneratore,
considerata come un quadrato avente lato pari a 3 volte il diametro del
rotore.
6. Al fine di fornire le adeguate garanzie della reale fase di dismissione degli impianti
eolici, il progetto dovrà documentare il soddisfacimento dei seguenti criteri: -fideiussione
bancaria necessaria per coprire gli oneri di ripristino del suolo nelle condizioni naturali da
specificare nella documentazione per la valutazione integrata. La polizza fideiussoria dovrà
essere stipulata in base all’art. 7 dello schema di convenzione di cui alla DGR 30 novembre
2005, n. 1747.”
-rimozione completa delle linee elettriche e conferimento agli impianti di recupero e
trattamento secondo la normativa vigente;
-obbligo di comunicazione, a tutti gli Assessorati regionali interessati, della dismissione di
ciascun aerogeneratore.
In caso di superamento del terzo anno di non funzionamento dell’impianto eolico realizzato
non a servizio di uno specifico insediamento produttivo, ma per l’immissione di energia
elettrica sulla rete di distribuzione della stessa, l’impianto deve essere obbligatoriamente
dismesso.
Studio di Impatto Ambientale, p. 17

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7. Per l’intera durata di applicazione delle norme transitorie, il parametro di controllo
comunale di cui all’art. 13 del presente Regolamento, non potrà superare il valore di 0,25,
ivi compreso il territorio già interessato da impianti realizzati e/o autorizzati. I progetti
presentati prima dell’entrata in vigore del presente regolamento, pur concorrendo alla
definizione del predetto parametro di controllo per i progetti successivi, ne restano
comunque esclusi dalla relativa applicazione.
8. Quanto disposto dall’art. 6 comma 3 relativamente all’ammodernamento e al
potenziamento degli impianti esistenti potrà essere proposto anche nel periodo di validità
del presente articolo.
Articolo 15
Il “Regolamento per la realizzazione di impianti eolici nella Regione Puglia” n. 9
pubblicato sul BURP n. 79 del 27/06/2006 è abrogato.
Studio di Impatto Ambientale, p. 18

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APPLICAZIONE REGOLAMENTO REGIONALE 04 Ottobre 2006, n.16
Il presente progetto è stato elaborato rispettando punto per punto quanto contenuto nelle
Disposizioni Transitorie di cui all’articolo 14 del su riportato Regolamento Regionale.
Ed in particolare:
Comma 1, - fino all’approvazione dei PRIE e per un tempo massimo di 180 dalla data di
entrata in vigore del presente regolamento.
Comma 2, - Il Campo Eolico di Progetto non interessa aree non idonee con relative aree
buffer di almeno 300m:
aree protette regionali istituite ex L.R. n. 19/97 e aree protette nazionali ex L.394/91;
oasi di protezione ex L.R. 27/98; siti pSIC e ZPS ex direttiva 92/43/CEE,
direttiva 79/409/CEE e ai sensi della DGR n. 1022 del 21/07/2005; zone umide
tutelate a livello internazionale dalla convenzione di Ramsar. aree di importanza
avifaunistica (Important Birds Areas – IBA 2000 – Individuate da Bird Life
International);
le aree a pericolosità geomorfologica PG1, PG2, PG3, così come individuate nel
Piano di Assetto Idrogeologico;
le aree classificate ad alta pericolosità idraulica AP, ai sensi del Piano di Assetto
Idrogeologico;
zone classificate a rischio R2, R3, R4, ai sensi del Piano di Assetto Idrogeologico;
crinali con pendenze superiori al 20% (così come individuati dallo strato informativo
relativo all’orografia del territorio regionale presente nella Banca Dati
Tossicologica) e relative aree buffer di 150 m;
grotte, doline ed altre emergenze geomorfologiche, con relativa area buffer di
almeno 100 m, desunte dal PUTT/P e da altri eventuali censimenti ed elenchi
realizzati da enti pubblici e/o enti di ricerca;
aree buffer di almeno 1 Km dal limite dell’area edificabile urbana così come definita
dallo strumento urbanistico vigente al momento della presentazione dell’istanza;
Ambiti Territoriali Estesi (ATE) A e B del PUTT/P;
Ambiti Territoriali Distinti (ATD) del PUTT/P con relativa area di pertinenza e area
annessa;
Zone con segnalazione architettonica/archeologica e relativo buffer di 100 m e zone
con vincolo architettonico/archeologico e relativo buffer di 200 m così come
censiti dalla disciplina del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 “Codice
dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’art. 10 della Legge 6 luglio 2002,
n. 137.
Comma 3, - La scelta dell’area su cui è stato realizzato il Campo Eolico di Progetto è
stata effettuata a valle di una serie di studi preliminari volti ad assicurare il
soddisfacimento dei seguenti criteri tecnici:
Studio di Impatto Ambientale, p. 19

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L’indice di ventosità delle aree interessate supera le 2200 ore/equivalenti
all’anno alla potenza nominale dell’aerogeneratore. Tale dato è stato desunto
da opportune elaborazioni effettuate sui dati raccolti nel corso di una
specifica campagna anemometrica della durata di oltre un anno. Il numero di
anemometri da utilizzare per l’attività di rilievo in sito è adeguato alle
dimensioni del parco che si intende insediare;
Opere di allacciamento alla rete di trasmissione effettuata con un elettrodotto di
distanza minima (

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
CAPITOLO II
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE
CONDIZIONI INIZIALI
E
ANALISI DELLA QUALITA’ AMBIENTALE
Studio di Impatto Ambientale, p. 21

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
PARAGRAFO I
CONSIDERAZIONI GENERALI
Al fine di rendere più chiara ed assimilabile la presente trattazione si ritiene utile ricordare
il significato di alcune parole ormai di uso molto frequente.
• “Ambiente”, è un termine che deriva etimologicamente dal latino "ambire", ossia
circondare, stare intorno, implicitamente connesso ad un senso di centralità dell'uomo,
visto non come parte integrante della biosfera ma quale componente esterna, capace di
plasmarlo e modellarlo, secondo le proprie esigenze esistenziali, in quanto creato
appositamente per la sua crescita materiale e spirituale essendo l’unica creatura dotata di
doti intellettive superiori. Tale visione antropocentrica della realtà oggettiva ampiamente
condivisa nel passato, nel mondo greco-romano e nel pensiero cristiano-occidentale,
oggi ha perso di validità. Nella società moderna, infatti, i bisogni connessi alla crescita
demografica e l'utilizzo di tecnologie dall’ impatto sempre più pesante, possono alterare
profondamente l'ambiente stesso.
Il termine, quindi oggi va inteso come il luogo, o un sistema di condizioni esterne
materiali, che ospita l’esistenza di un organismo o di un insieme di organismi.
Esso è un insieme costituito da una pluralità di fattori, biotici, abiotici e flussi di
energia, in continuo rapporto dinamico tra di loro.
Nella sua costituzione concorrono, infatti, elementi naturali, chimici, fisici e biologici,
eventualmente in interazione ad altri di natura tipicamente antropica, quali elementi
psicologici, filosofici e sociali.
La parola ambiente è altresì generica riguardo alla dimensione.
“Ambiente” può, infatti, indicare un piccolo spazio, una singola area verde, una città, un
territorio, o addirittura l’intero pianeta.
Nella presente trattazione con il termine ambiente si vuole indicare l’insieme degli
elementi biotici ed abiotici che caratterizzano un ambito territoriale quali: morfologia,
geologia, idrologia, idrogeologia, flora, fauna, attività antropiche, con particolare
riferimento alle vestigia del passato ed ai relativi beni storici, artistici, architettonici,
visibilità e fruibilità delle sue componenti, interazioni tra elementi naturali ed antropici.
Studio di Impatto Ambientale, p. 22

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
“Paesaggio” è un termine complesso che rappresenta l’insieme dei caratteri di un territorio,
sottintende diverse dimensioni, quali fisionomia, eterogeneità, percezione, comunità
viventi, struttura geomorfologia, processi ed interazioni, pur rimanendo elastico nelle
unità spaziali, quindi valido a diverse scale spazio temporali.
Il Paesaggio costituisce un unico grande organismo vivente i cui caratteri biologici e le
cui forme percepibili sono la risultante della sovrapposizione dinamica di molteplici
componenti naturali e culturali i cui rapporti vengono continuamente aggiustati e
calibrati nel tempo, traendo cadenze di vita autonome e capaci di autosostenersi.
Per componenti ed azioni naturali si intendono tutti gli elementi, costituenti il complesso
ecosistema basato sulle leggi della Natura, che determinano la forma fisica e gli equilibri
biologici della Terra.
Per componenti ed azioni culturali si intendono, invece, tutte le azioni provocate
dall’Uomo, le loro sovrapposizioni storiche e le loro conseguenze sul territorio.
I caratteri di dette componenti possono essere scomposti ed esaminati a fini analitici, ma
devono essere poi considerati nella globalità dei loro rapporti ed interconnessioni
nell’ambito di ogni corretta operazione sul paesaggio ed in genere nella previsione di un
Impatto ambientale.
Con i termini di paesaggio e di ambiente, di seguito, si farà riferimento esclusivamente agli
aspetti specifici dell’ambito territoriale sul quale ricade il sito dell’Impianto Eolico.
Paesaggio è, altresì, inteso come l’insieme degli aspetti principali del mondo fisico che ci
circonda, formato da un complesso di beni ambientali ed antropico-culturali e dalle
relazioni che li correlano.
Al fine di rendere più organica e di facile lettura la trattazione nel seguito vengono riportati
alcuni concetti così come sono stati enunciati nel Piano Urbanistico Territoriale Tematico –
Paesaggio Beni Ambientali, al Capitolo 5 della relazione Generale.
Definire la componente ambientale “Paesaggio” è una operazione assai complessa che non
può che essere convenzionale ovvero correlata cioè al contesto disciplinare, inteso come
settore culturale e/o operativo, entro cui essa stessa si colloca.
Il Consiglio d’Europa nel “Manuel pour l’identification et l’évalutation des paysages en
veu de leur protection”, pubblicato a Strasburgo nel 1976, studio relativo alla
identificazione e la valutazione del paesaggio, ha formulato le seguenti definizioni:
Studio di Impatto Ambientale, p. 23

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
• paesaggio naturale - spazio inviolato dall’azione dell’uomo nel quale sia la flora che
la fauna si trovano allo stato naturale ossia sviluppate spontaneamente;
• paesaggio seminaturale - spazio con flora e fauna naturali che, per azione antropica,
differiscono dalle specie iniziali;
• luogo culturale - spazio caratterizzato dall’attività dell’uomo; le differenze con la
situazione naturale sono il risultato di azioni volute;
• valore naturale - valore delle caratteristiche naturali di uno spazio che permangono
dopo le attività trasformatrici dell’uomo, specie animali e vegetali, biotopi, geotopi,
etc;
• valore culturale - valore delle caratteristiche di uno spazio dovute all’insediamento
umano, edificazione ed infrastrutturazione, strutture storiche, reperti archeologici, etc;
• valore estetico - valore da correlarsi alla sua accezione sociale, psicologico/culturale;
nel quadro delle componenti fisiche che determinano il valore estetico di un paesaggio
figurano tra l’altro, la sua configurazione, cioè il modo con il quale il paesaggio ed i
suoi elementi naturali ed artificiali si manifestano all’osservatore, la struttura
geomorfologia; il livello di silenzio ed i diversi suoni /rumori; i cromatismi.
Il Paesaggio, in una visione ‘organica’ potrebbe essere definito come un unico grande
organismo vivente i cui caratteri biologici e le cui forme percepibili sono la risultante della
sovrapposizione dinamica di molteplici componenti naturali e culturali che in esso si
manifestano, i cui rapporti reciproci hanno un carattere dinamico nel tempo. Infatti, la
struttura paesistica sarebbe il risultato di molteplici e complesse interazioni tra le
componenti ed azioni naturali e culturali in un continuo rapporto dinamico.
Studio di Impatto Ambientale, p. 24

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PARAGRAFO II
IL PAESAGGIO
Nell’allegato II del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27/12/1988,
“Norme Tecniche per la Redazione del Giudizio di Compatibilità di cui all’art. 6 della
legge 8/08/ 1986 n. 349, adottata ai sensi dell’art. 3 del D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377”,
per la prima volta in Normativa, il “ paesaggio” viene definito inteso quale componente
ambientale.
Per tale componente, intesa come “caratterizzazione della qualità del paesaggio con
riferimento sia agli aspetti storico-testimoniali e culturali sia gli aspetti legati alla
percezione visiva”, si prescrive l’analisi allo scopo di “definire le azioni di disturbo
esercitate dal progetto e le modifiche introdotte in rapporto alla qualità dell’ambiente”.
La qualità del paesaggio è pertanto determinata attraverso le analisi concernenti:
a) il paesaggio nei suoi dinamismi spontanei, mediante l’esame delle componenti
naturali così come definite alle precedenti componenti;
b) le attività agricole, residenziali, produttive, turistiche, ricreazionali, le presenze
infrastrutturali, le loro stratificazioni e la relativa incidenza sul grado di naturalità
presente nel sistema;
c) le condizioni naturali e umane che hanno generato l’evoluzione del paesaggio;
d) lo studio strettamente visivo o culturale-semiologico del rapporto tra soggetto ed
ambiente, nonché delle radici della trasformazione e creazione del paesaggio da
parte dell’uomo;
e) i piani paesistici e territoriali;
f) i vincoli ambientali, archeologici, architettonici, artistici e storici.
La Regione Puglia con propria Delibera di Giunta n°1748 del 15 dicembre 2000 pubblicata
sul BURP n°8 del 17 gennaio 2001 ha approvato il Piano Urbanistico Tematico
Territoriale di governo del paesaggio (P.U.T.T./P.).
In tale piano, al capitolo 5 paragrafo 2 della Relazione Generale, il “Paesaggio” è definito
come: « “un’insieme integrale concreto, ......… un insieme geografico indissociabile che
evolve in blocco sia sotto l’effetto delle interazioni tra gli elementi che lo costituiscono, sia
Studio di Impatto Ambientale, p. 25

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sotto quello della dinamica propria di ognuno degli elementi considerati
separatamente”,……la cui Analisi non può essere elaborata in termini scientificamente
corretti se non attraverso la individuazione prima ed analisi dopo, delle sue componenti,
intese come elementi costituitivi, principali ».
Nel caso del P.U.T.T./Paesaggio della Regione Puglia le componenti principali sono state
individuati nei seguenti tre sistemi:
• geologico-morfologico-idrogeologico,
• botanico-vegetazionale-faunistico,
• della stratificazione storica dell’insediamento umano.
Qualsiasi intervento sul paesaggio deve necessariamente passare attraverso la approfondita
conoscenza di questi suoi elementi costitutivi.
Il comune di Laterza, che insieme ai Comuni di Massafra, Mottola, Palagianello,
Castellaneta, e Ginosa, è interessato dalla presenza delle "gravine", è caratterizzato da un
paesaggio che il P.U.T.T./P. della Regione Puglia descrive come paesaggio “dei pianori
calcarei delle gravine, con pareti a forte versante drammatizzate dai crolli e spesso sforate
da grotte naturali e scavate, con o senza acqua torrentizia in superficie sul fondo e
vegetazione sempre selvaggia a macchie che si dirada verso i cigli superiori”.
In armonia al nuovo Regolamento Regionale, l’intervento di progetto è chiaramente esterno
alla perimetrazione del neo istituito Parco Regionale “Terra delle Gravine”, e ubicato in un
territorio a vocazione fortemente agricola caratterizzato dalla presenza di vecchie
“masserie”.
Il territorio interessato dall’intervento di progetto è quindi caratterizzato da un paesaggio “a
pianoro, piatto a tratti ondulato, con la presenza calcarea in superficie evidenziata dagli
affioramenti tra la terra rossa e dai muretti a secco, intensamente coltivato a estensivo
ogni qualvolta il terreno lo consente,con radi superficiali impluvi.
Studio di Impatto Ambientale, p. 26

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PARAGRAFO III
UBICAZIONE GEOGRAFICA
Il territorio interessato dall’intervento di progetto ricade nella Provincia di Taranto
nell’area geografica su cui si insedia la Comunità Montana della Murgia Tarantina,
denominata anche “Murgia delle Gravine”, porzione sud orientale del comprensorio delle
Murge Pugliesi, al confine con la Murgia Materna.
Il termine murge deriva dalla parola latina “murex”, che significa muro a secco, sporgenza
roccia, pietra aguzza.
In Puglia tale termine indica in senso generale l'altopiano calcareo, a forma di grande
tavolato, che si estende per quasi tutta la regione in posizione centro meridionale compreso
tra il Tavoliere ed il Salento, in sovrapposizione alle province di Bari e Barletta-Andria-
Trani, e marginalmente a quelle di Brindisi e Taranto.
Le Murge rappresentano, infatti, una sub regione estesa per circa 70000 kmq, costituita da
un altopiano calcareo di forma rettangolare, delimitata a nord dal corso del fiume Ofanto, a
sud dalla cosiddetta “Soglia Messapica”, ad ovest dalla depressione Bradanica ed ad est dal
mare Adriatico.
Il paesaggio murgiano è tipicamente carsico, quasi desertico, non determinato da fenomeni
naturali, ma dall'azione millenaria dell'uomo. Infatti un tempo c'erano boschi, oggi invece
l'ambiente è quello della steppa, caratterizzato da estensioni di rocce e pietre, tra cui si
insinuano a viva forza erbe ed arbusti.
Le Murge Pugliesi si suddividono in Murge di Nord-Ovest e Murge di Sud Est.
In relazione, invece, alle caratteristiche morfologiche, le Murge possono anche essere
suddivise in:
Alta Murgia, che rappresenta la parte più alta e rocciosa, costituita prevalentemente da
bosco misto e dove la vegetazione è piuttosto povera,
Bassa Murgia, dove la terra è più fertile e ricoperta in prevalenza da oliveti.
Studio di Impatto Ambientale, p. 27

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Tradizionalmente le Murge vengono, ancora suddivise in varie sub regioni:
• Murgia Costiera
• Murgia dei Trulli
• Murge Tarantine
• Murge di Altamura, etc.
Il territorio interessato dall’intervento di progetto, compreso tra i 375 e 430 m. di altezza,
ricade nella porzione nord – occidentale dell’Arco Ionico Tarantino, laddove l’altopiano
delle Murge, nel suo lembo sud-occidentale, viene denominato Murgia Taratina o anche
Murge delle Gravine perchè caratterizzato da profonde incisioni carsiche dette, appunto,
gravine.
Questo è il territorio della Murgia meridionale, altopiano calcareo, senza ulivi o alberi da
frutta, territorio aspro e pietroso, caratterizzato dal forte contrasto tra il blu intenso del
cielo e il grigio della pietra e dalla presenza di molte gravine .
La Murgia vera e propria interessa solo l'area settentrionale dei territori comunali di
Laterza e di Castellaneta, al confine con le province di Matera e di Bari, tali aree sono così
denominate: Murgia Terlecchia, Murgia Fragennaro, Murgia Giovinazzi, Murgia S.
Francesco e Murgia S. Benedetto, dove si aprono la Gravina del Porto, di S. Benedetto e di
S. Croce.
L’area delle gravine si estende su un territorio compreso tra le province di Taranto e di
Matera, che pur appartenendo alla Basilicata, fa parte della Puglia sia per la sua storia sia
per la morfologia del suo territorio.
Le gravine sono gli elementi geomorfologici tipici dell’Altopiano delle Murge e possono
essere considerate tra le più importanti forme dell’evoluzione morfologica dell’arco ionico
tarantino.
La loro origine è dovuta all’erosione operata dalle acque superficiali, la cui canalizzazione
è stata favorita da sistemi di fratture o discontinuità presenti nelle rocce calcaree.
Studio di Impatto Ambientale, p. 28

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PARAGRAFO IV
INQUADRAMENTO TERRITORIALE
La conoscenza dei luoghi e lo studio anemologico preventivo hanno determinato
l’individuazione di alcuni siti ricadenti sulle colline del Comune di LATERZA poste nella
porzione Nord, Nord-Est del Territorio comunale al confine con Santeramo in Colle e
Castellaneta, a monte della SS n.7 Appia, in provincia di Taranto, zone a verde agricolo dal
vigente PRG, ritenuti idonei per la posa dell’impianto eolico in progetto, a ridosso delle
contrade:
• Lamie Cacoscia,
• Masseria Pietro Tucci.
L'area complessiva di progetto interessa una zona collinare di altitudine media di 370 mt
circa.
Con riferimento alla cartografia dell’Istituto Geografico Militare (IGM) a scala 1:50.000,
il Campo risulta compreso nella tavoletta:
• Foglio n. 473 “Gioia del Colle”
E più in dettaglio alla Carta Tecnica Regionale (CTR) in scala 1:5000
SEZIONE TAVOLE
473 104 101
103 102
L’area di interesse per il Campo Eolico si sviluppa lungo la SP n. 19 nel tratto a monte della
SS n.7 Appia: è delimitata a Nord dal Confine con il Comune di Santeramo in Colle ed ad
Est dal Confine con Castellaneta, a Sud dalla SS n.7 Appia ed ad Ovest dalla SP n.22.
Nell’area di interesse ricadono alcune “Masserie”, quali insediamenti abitativi stabili, per il
resto si rilevano solo rade case rurali a breve insediamento o magazzini a servizio
dell’attività agricolo-pastorale.
Il paesaggio è quello tipico della Murgia Tarantina, precedentemente descritta, abbastanza
spoglio di vegetazione, con rare presenze di doline e di boschi, con ampie zone utilizzate
per gli scopi agrari a coltivazione di cereali, foraggiere e zone incolte, caratterizzate dalla
presenza di rocce affioranti, prevalentemente utilizzate per il pascolo.
Studio di Impatto Ambientale, p. 29

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L’ambito territoriale di riferimento, area vasta, in cui si colloca l’intervento risulta
caratterizzato dalla presenza di edificazione rurale, masserie ed aziende agricole, nonché
dalla presenza di infrastrutture quali reti viarie, rete elettrica, rete telefonica,etc
In considerazione dell’elevato grado di antropizzazione caratterizzato da:
• utilizzo agricolo delle aree,
• presenza diffusa di aziende agricole,
• capillare presenza di reti di viabilità pubblica, ecc.
il territorio interessato dal Campo Eolico di progetto presenta caratteri con un
ridotto grado di ‘naturalità’.
In armonia al nuovo Regolamento Regionale, l’intervento di progetto è chiaramente
esterno:
• al proposto “Sito di Importanza Comunitaria, pS.I.C. - Area delle Gravine”- IT
9130007’ designato ai sensi della Direttiva 92/43, il quale risulta essere anche
“Zona di Protezione Speciale (Z.P.S.) Area delle Gravine” – IT 9130007’
designata ai sensi della Direttiva 79/409;
• al Parco Regionale di recente istituzione, con Legge Regionale n.18 del 20
dicembre 2005: “ Istituzione del Parco Naturale Regionale ‘Terra delle gravine’ ”,
pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia - n. 157 del 27-12-2005
Studio di Impatto Ambientale, p. 30

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PARAGRAFO V
CARATTERISTICHE CLIMATICHE
La caratterizzazione meteoclimatica del territorio comunale di Laterza può essere effettuata
agevolmente consultando la “Carta Bioclimatica d’Italia” elaborata da R.Tomaselli, A.
Balduzzi e S. Filipello nel 1972.
In tale Carta il territorio interessato dall’intervento di progetto viene classificato come
come zona a:
Dai seguenti significati:
Clima Mediterraneo
regione xeroterica
Sottoregione mesomediterranea di tipo C.
• Clima mediterraneo → curva termica sempre positiva e un periodo di aridità
estiva di durata variabile da uno ad otto mesi;
• Regione xeroterica → regione climatica nella quale il periodo di aridità
corrisponde ai mesi estivi;
• Mesomediterranea → sottoregione climatica caratterizzata da un periodo
secco estivo, con indice xerotermico compreso tra 40 e 100 (40

1.5.1 Regime Pluviometrico
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Il territorio del comune di Laterza (TA) interessato dall’intervento di progetto, ricade in
una zona al confine tra la Murgia Tarantina vera e propria e l’Arco Ionico Tarantino.
L’andamento mensile delle precipitazioni meteoriche in tale zona è riportato nella seguente
tabella:
mese eliofania relativa precipitazione
(%) (mm)
gennaio 0,37 59
febbraio 0,38 58
Marzo 0,40 54
Aprile 0,45 36
maggio 0,50 33
giugno 0,58 23
Luglio 0,69 22
agosto 0,68 23
settembre 0,58 37
ottobre 0,47 73
novembre 0,39 73
dicembre 0,38 63
Media o somma 0,5 554
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1.5.2 Regime Termometrico
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Il territorio del comune di Laterza (TA) interessato dall’intervento di progetto, ricade in
una zona al confine tra la Murgia Tarantina vera e propria e l’Arco Ionico Tarantino.
Tale zona è caratterizzata da:
inverni abbastanza miti con temperatura minima media 6 - 7 °C
temperature medie invernali prossime agli 8 °C
estati calde aride con temperatura massima media 25 - 26°C
temperature medie estive prossime 24,8 °C.
Mese T. max T. min T. media umidità media
(°C) (°C) (°C) (%)
Gennaio 11,8 4,6 8,2 77,8
Febbraio 12,8 4,9 8,8 76,6
Marzo 14,9 6,5 10,7 75,4
Aprile 18,3 8,7 13,5 72,9
Maggio 23,1 12,5 17,8 70,2
Giugno 27,5 16,4 22,0 65,7
Luglio 30,4 19,0 24,7 61,8
Agosto 30,5 19,2 24,8 63,6
Settembre 26,5 16,5 21,5 70,0
Ottobre 21,4 12,8 17,1 76,0
Novembre 16,8 9,0 12,9 78,9
Dicembre 13,4 6,2 9,8 78,9
Media o somma 20,6 11,4 16,0 72,3
Studio di Impatto Ambientale, p. 33

1.5.3 Regime Anemometrico.
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Sulla Terra il movimento di una massa d’aria viene generato dalla differenza dei valori che
la pressione atmosferica assume in due punti diversi: l’aria, ogni qual volta si determina un
gradiente di pressione, tende a spostarsi da zone a pressione maggiore a zone a pressione
minore.
Il movimento viene determinato esclusivamente dalla distribuzione orizzontale della
pressione atmosferica che, al livello del mare, viene rappresentata da un insieme di curve
denominate isobare, linee che congiungono i punti di eguale valore nel medesimo tempo.
Il moto inizialmente è ortogonale alle isobare, poi successivamente subisce una deviazione
dovuta all’effetto della rotazione terrestre, accelerazione di Coriolis, e tende a disporsi
parallelamente alle isobare, con deviazioni rotatorie, verso destra nell’emisfero boreale e
verso sinistra nell’emisfero australe.
In prossimità del suolo il movimento delle masse d’aria è influenzato anche dall’attrito
dovuto alla viscosità interna degli strati adiacenti in moto, e soprattutto dalla rugosità del
suolo stesso: ostacoli, boschi, edifici, catene montuose, etc.
Il moto del vento non è caratterizzato da è una corrente uniforme e regolare ma piuttosto da
una corrente turbolenta. Con lo spostamento di masse d’aria, si verificano arresti e rapide
accelerazioni di parti più o meno estese del fluido stesso, vortici, ed improvvise
componenti trasversali della velocità si succedono più o meno intensamente.
Nelle condizioni in cui la velocità del vento non supera 0,5 m/s, 1 nodo, si parla di periodi
di calma.
Il vento è una grandezza vettoriale univocamente caratterizzato da due parametri:
• direzione di provenienza
• velocità
La direzione di provenienza si esprime in decine di gradi, a partire da nord e ruotando in
senso orario.
La velocità si esprime in metri al secondo, o anche in nodi.
Studio di Impatto Ambientale, p. 34

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Valutare le caratteristiche anemologiche di un territorio è chiaramente il fattore meteo-
climatico più importante per la determinazione della Vocazione del territorio stesso ad
ospitare un Campo Eolico.
Tutti gli studi preliminari di fattibilità per un campo eolico sono infatti basati sull’analisi
anemometria finalizzata alla Valutazione della redditività dell’impianto, parametro
fondamentale alla determinazione della idoneità del sito analizzato, infatti l’utilizzazione
energetica del vento inizia ad essere vantaggiosa per velocità maggiori ai 4 m/s, sufficienti
a provocare la rotazione delle pale degli aerogeneratori.
Tabella dei valori medi mensili misurati nella stazione anemometria di Gioia del Colle.
Mese velocità del vento velocità del vento
(m/s) h 10m (m/s) h 2m
Gennaio 3,9 2,92
Febbraio 4,1 3,07
Marzo 3,9 2,92
Aprile 3,5 2,62
Maggio 3,2 2,39
Giugno 3,0 2,24
Luglio 3,2 2,39
Agosto 3,0 2,24
Settembre 3,0 2,24
Ottobre 3,3 2,47
Novembre 3,7 2,77
Dicembre 3,8 2,84
Media o somma 3,5 2,6
Studio di Impatto Ambientale, p. 35

1.5.4 RILIEVO ANEMOMETRICO
Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
A seguito di specifica analisi anemologica preliminare del territorio e della successiva
ricerca bibliografica di carte tematiche, pubblicazioni ITAV, e soprattutto dell’“Atlante
Eolico dell’Italia” edito dal Dipartimento di Fisica dell’Università di Genova e dal CESI
Centro Elettrotecnico Sperimentale Italiano SpA, con il conforto dei primi risultati ottenuti
e dalla analisi dei dati anemometrici pluriennali acquisiti dalla vicina Stazione ITAV di
Gioia del Colle, a fine 2004 è stata installata in posizione idonea una prima stazione
anemometrica per la registrazione in continuo di velocità e direzione del vento, e
temperatura dell’aria, al fine di acquisire tutti i dati possibili per il corretto
proporzionamento del Campo Eolico di progetto.
Nell’Aprile 2005 è stata istallata una seconda stazione di misura molto più sofisticata della
prima, formata da una torre anemometria alta 40m e dotata di tre anemometri istallati a
quote diverse: 20m, 30m e 40m.
I dati registrati sono stati ampiamente e ripetutamente controllati e tarati con l’ausilio di
postazioni di misura mobili al fine di verificare la congruità dei dati sull’area vasta, in
relazione alla morfologia ed alla orografia del territorio interessato e dei Comuni circostanti.
Da tali rilievi, tuttora in corso, è stato possibile valutare la producibilità energetica del
Campo Eolico e la relativa entità economica.
1.5.5 RISULTATI DEL RILIEVO
L’elaborazione de dati raccolti nel corso di più di un anno di registrazioni ha dato i seguenti
risultati:
• i venti che presentano maggior contenuto energetico sono quelli provenienti da NW
(maestrale) con il 53.4 % e da SW (libeccio) con il 16.9%;
• la velocità media annua è pari a 6.36 m/s;
• Le ore equivalenti anno sono pari ad h = 2’430 ore / anno, con VESTAS V-90, 3.0 MW;
Le variazioni stagionale sono molto deboli rispetto ai valori medi annuali.
La disposizione planimetrica degli aerogeneratori all’interno del Campo Eolico è stata
effettuata in funzione della direzione di provenienza dei venti di maggior contenuto
energetico, assimilabili ai venti prevalenti.
Studio di Impatto Ambientale, p. 36

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PARAGRAFO VI
ATMOSFERA
La qualità dell’aria di una zona è strettamente correlata con le caratteristiche del suo
“ambiente” naturale e con le attività che in esso vengono svolte.
La introduzione di sostanze derivanti dalle attività nella miscela di aria ‘indisturbata’
caratteristica di una zona viene definito ‘inquinamento’.
Infatti, l’aria può subire ‘modificazioni ovvero inquinamento’ per la presenza, di
componenti estranei che provocano alterazioni rispetto al suo stato ‘indisturbato’ ovvero
‘puro’.
L’inquinamento dell’aria può essere prodotto da sostanze gassose, pulviscolari ovvero da
agenti microbici.
L’inquinamento dell’aria prodotto da sostanze di tipo gassoso può essere ricondotto
all’immissione nell’aria di prodotti derivati delle combustioni di origine sia industriale che
domestica oppure da emissioni specifiche.
L’inquinamento dell’aria prodotto da sostanze di tipo pulviscolare può essere ricondotto ad
attività dell’uomo quali ad esempio la conduzione agricola dei campi, la frantumazione
delle pietre, e similari ovvero alla presenza della vegetazione (pulviscolo di origine
vegetale).
L’inquinamento dell’aria prodotto da sostanze di tipo microbico può essere ricondotto ad
aerosol provenienti da impianti di depurazione di tipo biologico, da operazioni di
spandimento dei concimi organici in fase liquida e/o solida di provenienza animale, e
similari.
Generalmente l’inquinamento di questa specie è confinato in ambiti abbastanza ristretti e
può essere presente anche in modo discontinuo.
L’inquinamento atmosferico, in generale, produce effetti pericolosi per la salute dell’uomo
e per la esistenza delle varie specie animali, siano esse più o meno protette, nonché per la
integrità dell’ambiente.
Tra le varie sostanze e miscele che determinano condizioni di inquinamento dell’aria, quali
ad esempio il benzene, il monossido di carbonio, la anidride solforosa, gli idrocarburi, il
Studio di Impatto Ambientale, p. 37

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
biossido di azoto) il più rilevante è quello riconducibile alla
presenza delle ‘polveri sottili sospese’, espresso dalla sigla ‘Pm10’, costituito da una
miscela di particelle solide e liquide di diametro fino a 10 micron, alcune abbastanza grosse
da essere visibili come fumo o fuliggine, altre individuabili solamente al microscopio
elettronico.
La attenzione manifestata proprio riguardo alla concentrazione del ‘Pm10’ nell’aria è
rilevabile, ad esempio, dalla possibilità di adottare misure restrittive nella circolazione
autoveicolare nei centri abitati quando si supera per più giorni il limite di 44.8
microgrammi per metro cubo.
Di seguito saranno analizzate ed esposte alcune delle principali categorie di sorgenti che
immettono sostanze inquinanti direttamente nello strato “sanitariamente significativo”
dell’atmosfera, cioè quello dove l’uomo vive ed opera.
1.6.1 Impianti di riscaldamento
La combustione di idrocarburi per il riscaldamento domestico genera la immissione
nell’atmosfera di sostanze inquinanti in qualità ed in quantità strettamente dipendente dalla
natura del combustibile utilizzato, dalle modalità di combustione e dalla potenzialità
dell’impianto. I principali prodotti della combustione, rilevanti agli effetti
dell’inquinamento atmosferico sono:
• particelle solide incombuste e/o incombustibili;
• composti ossigenati dallo zolfo, in maggior quantità costituiti dalla anidride solforosa ed
in minori quantità piccole quantità costituiti dalla anidride solforica, la cui quantità e
funzione dello zolfo presente nel combustibile;
• idrocarburi incombusti;
• ossidi di azoto, derivanti dalla combustione dell’ossigeno e dell’azoto atmosferici e
funzione della temperatura di combustione;
• ossido di carbonio, la cui presenza nei gas di scarico indica che la combustione è
avvenuta in modo incompleto, con conseguente diminuzione del rendimento.
Questi prodotti di combustione sono suscettibili di determinare stati di alterazione dell’aria
e d’inquinamento in dintorni più o meno estesi dal punto della loro immissione
nell’atmosfera.
Studio di Impatto Ambientale, p. 38

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Studi di settore effettuati nella Regione Puglia riportano misure medie di emissioni di
anidride solforosa pari a 0.0008 Kg/mq e di emissioni di anidride solforica pari a 1 x 10 -5
Kg/mq.
Nel territorio di Laterza ed in particolare nella zona interessata dal Campo Eolico di
progetto l’incidenza quantitativa di tale tipo di inquinamento è molto bassa.
Ciò è determinato dalle seguenti considerazioni:
- Area industriale di Taranto a 40 km ad Est;
- Area PIP di Laterza a 7 km a Nord;
- Area Industriale di Laterza a 7 km a Nord;
- Area Industriale di Matera a 38 km a Ovest;
- concentrazione demografica nel centro cittadino;
- contenuta dimensione demografica di Laterza;
- dalla forma ‘aperta’ del tessuto edificato;
- collocazione ‘collinare’ del paese;
- utilizzazione di fonti energetiche ‘pulite’ quali il gas metano da rete;
- dalla rilevante distanza del sito dell’impianto eolico progettato dal centro abitato.
1.6.2 Traffico veicolare.
La circolazione degli autoveicoli ha una rilevanza particolare per gli effetti
dell’inquinamento atmosferico nell’ambiente ed, in particolare, a ridosso dei centri
abitati. Infatti, in questa specie le emissioni avvengono a pochi decimetri di altezza da
terra sicché la loro diluizione e neutralizzazione, normalmente determinata dalla
mescolanza con i volumi d’aria degli strati soprastanti, avvengono con sensibile ritardo.
Le emissioni prodotte dagli autoveicoli si differenziano quantitativamente
qualitativamente a seconda che si tratti di motori ad accensione spontanea (a “ciclo
Diesel” funzionanti a gasolio o a nafta) o di motori ad accensione comandata (a “ciclo
otto”, funzionanti a benzina o a gas).
Le principali sostanze inquinanti emesse dai motori, attraverso il tubo di scarico, sono di
seguito riportate:
Studio di Impatto Ambientale, p. 39

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• l’ossido di carbonio, emesso in quantitativi maggiori dai motore ad accensione
comandata;
• gli ossidi di azoto, emessi in quantità superiore dai motori a ciclo diesel per litro di
combustibile consumato;
• gli idrocarburi, emessi soprattutto dai veicoli ad accensione comandata;
• l’anidride solforosa, dovuta alla presenza di zolfo nei combustibili, e pertanto emessa in
misura trascurabile dai motori a benzina ed in quantità sensibile dai motori a gasolio;
• le aldeidi, derivanti dall’alterazione degli olii lubrificanti e dall’incompleta ossidazione
dei combustibili;
• i composti di piombo, in quantità variabili a secondo delle quantità di piombo presenti
nelle benzine.
• I motori ad accensione comandata emettono inoltre prodotti a base di cloro e bromo (in
misure proporzionalmente molto minori di quelle delle sostanze prima viste) ed i motori
“diesel” sovente fumi neri, dovuti a particelle di carbonio incombusto di piccolissimo
diametro.
La quantità di tali prodotti inquinanti varia secondo il tipo di motore, la sua potenza, il
regime di marcia, l’usura e le condizioni di esercizio e manutenzione.
La letteratura specialistica di settore, con riferimento all’inquinamento prodotto dalla
circolazione dei mezzi di trasporto, evidenzia che gli impatti rivenienti da alcuni
inquinanti dell’atmosfera interessano comunque ridotte fasce di territorio.
Nel territorio di Laterza ed in particolare, nella zona in cui ricade l’Impianto Eolico di
Progetto l’incidenza quantitativa riferibile a questo tipo di inquinamento è molto bassa.
La zona è servita da un reticolo di strade ben sviluppato di cui le più importanti
risultano essere la SS n.7 APPIA, e, in misura di gran lunga inferiore, la Provinciale
n.17, tutte le altre strade sono di ridotte caratteristiche in quanto rappresentato nella
maggior parte dei casi da strade provinciali, comunali, vicinali ed interpoderali, tutte
strade nelle quali la circolazione è di tipo locale o, al più, intercomunale.
Inoltre, il territorio comunale nel suo complesso è parecchio esteso in termini di
superficie e non presenta poli di attrazione quali zone industriali e/o artigianali, zone
turistiche o altro in grado di determinare un volume di traffico significativo.
La SS n.7 “APPIA”, a sud del Campo Eolico, rappresenta l’ unica arteria stradale ad
Studio di Impatto Ambientale, p. 40

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
essere interessata da un significativo flusso di traffico in entrambi i sensi di marcia,
verso Matera e verso Taranto, con una piccola percentuale di veicoli pesanti, mentre
sono assenti nuclei urbani ad alta densità abitativa con numero di autoveicoli
consistente, pertanto l’effetto delle sorgenti di emissione rappresentate dai tracciati viari
esistenti può avere un significato solo nelle immediate vicinanze dei tracciati stessi,
effetto che diventa pressocchè trascurabile all’interno del Campo Eolico di progetto in
virtù della distanza di rispetto maggiore di 300m dalle strade statali e provinciali.
1.6.3 Insediamenti produttivi.
La immissione nell’atmosfera di sostanze inquinanti da cicli produttivi, SO2, NOX,
polveri, corrisponde ad una sorgente significativa delle principali fonti di inquinamento,
specie quando questi insediamenti sono raggruppati in aree abbastanza estese, ossia
nelle zone industriali.
L’inquinamento atmosferico correlato alle attività industriali e/o artigianali può
interessare ambiti anche parecchio estesi, coprendo anche distanze fino a 30 Km, in
dipendenza delle caratteristiche dell’ambiente nel quale si situano, quali ad esempio la
morfologia del territorio, la presenza di venti dominanti di notevole intensità e
persistenza, dei fattori climatici e di altre variabili.
In considerazione della distanza dalle aree industriali di Taranto e di Matera, alla
estensione ed alla distanza degli insediamenti industriali e artigianali di tipo inquinante
presenti anche nel Territorio comunale di Laterza, si può ritenere pressocché nulla
l’incidenza quantitativa dell’inquinamento riveniente dalle emissioni di impianti
industriali e/o artigianali, nell’area interessata dal Campo Eolico di progetto.
1.6.4 Le cave e lo spietramento dei campi
Le Cave esistenti sul territorio comunale di Laterza sono ormai in disuso quindi ad oggi
non è presente alcuna attività estrattiva, che possa costituire fonte di particolato.
Lo ‘spietramento’ dei campi, ossia la frantumazione e polverizzazione delle pietre
finalizzata ad una migliore utilizzazione dei campi ai fini agricoli, invece produce
particolato e polveri immesse direttamente nell’aria.
Studio di Impatto Ambientale, p. 41

1.6.5 Inquinamento biologico
Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Le fonti principali di tale tipo di inquinamento dell’aria sono rappresentate dallo
spandimento di concimi liquidi e solidi di provenienza animale, dall’areosol degli
impianti di depurazione di tipo biologico e da altre sorgenti similari.
Nell’area interessata dal Campo Eolico di progetto non sono presenti impianti di
depurazione ma viene praticato, a rotazione, lo spandimento di concimi di natura
organica proveniente dalle stalle presenti nella zona.
Tale presenza di stalle nelle masserie e/o nelle aziende agricole più prossime, nelle quali
dimorano abitualmente mucche e cavalli, può essere ritenuta ininfluente a causa della
assai rarefatta dislocazione sul territorio.
In definitiva nell’area interessata dal Campo Eolico di progetto si può ritenere che la
incidenza quantitativa dell’inquinamento di tipo microbico sia scarsamente rilevante.
1.6.6 Conclusioni.
In conclusione, in aggiunta ai confortanti risultanti ai quali cui si è pervenuti attraverso
la analisi delle componenti e dei fattori che potenzialmente potrebbero produrre
inquinamento dell’aria, si segnala che la Giunta della Regione Puglia, con Delibera
n°1666 del 7/12/99 ha individuato le zone che presentano rischio di inquinamento
atmosferico (oltre ai Comuni già individuati con DM 25/11/94).
In tale elenco per la Provincia di Taranto vengono riportati i seguenti comuni:
Crispiano, Manduria, Martina Franca, Massafra, Montemesola, Statte, Taranto.
Il Comune di Laterza non compare a conferma che lo stato di qualità dell’atmosfera
risulta ancora buono anche all’interno del tessuto edificato.
Studio di Impatto Ambientale, p. 42

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PARAGRAFO VII
CARATTERISTICHE GEOLOGICHE DELLA MURGIA DELLE GRAVINE
Il Campo Eolico di progetto, è ubicato a circa 5.0 km dal Centro Urbano di Laterza in
direzione Ovest – Nord-Ovest, mentre la distanza netta tra il confine del Campo ed il limite
del PdF prevista dal vigente PRG è mediamente superiore ai 3.0 Km.
Il Campo ricade completamente nel foglio n°201 “Matera” della Carta Geologica d’Italia
redatta in scala 1:100.000.
Il Campo ricade sulle ultime propaggini delle “Murge” al confine con il territorio delle
Gravine vero e proprio.
A sud del Campo, infatti, inizia la Gravina di Ginosa, mentre quella di Laterza è a qualche
chilometro di distanza in direzione est.
1.7.1 Le Murge
Il passato geologico del territorio è documentato dai fossili di antiche conchiglie marine
che ancora oggi possono essere rinvenute nel suolo, elemento che alcuni mettono alla base
della etimologia di murgia.
Circa 130 milioni di anni fa, durante il Cretacico, si formarono le rocce carbonatiche che
costituiscono la Piattaforma Appula comune ai tre blocchi fondamentali:
• Salento,
• Gargano,
• Murgia.
Le condizioni ambientali in cui avvenne la sedimentazione erano probabilmente
rappresentate da un bacino poco profondo, vicino al continente emerso, con acque limpide
e abbastanza tranquille.
La emersione successiva della piattaforma e la formazione dei tre blocchi fondamentali,
Salento, Gargano e Murgia, hanno delineato i principali caratteri morfologici del territorio
che manifesta peculiarità specifiche per ognuno di essi, favorendo quella curiosa
definizione delle Murge rappresentata come "la meno italiana delle terre italiane,
collegate all'Appennino senza esserne parte".
Studio di Impatto Ambientale, p. 43

7.2 Le Gravine
Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Il territorio delle Gravine è costituito dagli ultimi gradoni murgiani che si affacciano sulla
pianura costiera del Golfo di Taranto da Ovest verso Est, da Matera sino a Grottaglie.
Le Gravine sono ampi solchi profondi, antichi letti di fiume, incisi nell’altopiano delle
Murge, nella calcarenite che poggia sui calcari di Altamura e, talvolta anche in questi stessi
calcari.
Possono raggiungere una lunghezza superiore ai 10 Km e le loro pareti sono molto ripide e
scoscese, quasi verticali, a volte alte fino a 200 metri.
Sul fondo piatto, largo solo pochi metri, vengono spesso a formarsi dei ristagni d'acqua.
Questi spettacolari canyons si sono formati nel corso delle Ere Geologiche grazie all’azione
dei seguenti fattori:
• azione erosiva delle acque pluviali sulle rocce calcaree;
• sollevamenti tettonici e movimenti tellurici.
La formazione delle gravine risale all'Era Terziaria, circa 60 milioni di anni fa, e sono
ancora oggi in piena evoluzione.
Enormi quantità d'acqua scivolavano violentemente dall'altopiano murgiano al mare.
L'acqua scavava, modellava, smantellava il solido calcare, si insinuava tra le fratture della
rocce, vulnerabile alla sua forza impetuosa creando fiumi sotterranei che erodevano in
profondità. Scorreva trascinando ciottoli e massi che, scagliati contro le pareti rocciose, le
frantumavano lasciando profonde cavità. Affiorata in superficie l'acqua depositava quei
sedimenti che, cementandosi fra loro, davano origine alle più morbide rocce calcarenitiche
di gravina, quelle rocce comunemente dette "tufi".
Crolli successivi dovuti a fenomeni sismici e l'azione erosiva del vento, del sole e del gelo
contribuirono ad allargare progressivamente questa fessura che nel tempo è diventata
"grava" o meglio, come oggi viene definita, "gravina".
Nell'arido e sterminato banco roccioso dell'altopiano delle Murge, le gravine rappresentano
autentiche oasi di natura e costituiscono un vero esempio di valli di erosione: stratificazioni
della roccia nelle quali, come pagine di un libro, è scritta una storia millenaria di erosione
carsica.
Calcareniti, sabbie e argille affiorano portando con sé i resti della loro antichissima origine
marina.
Grotte costellate di fossili si trovano in tutto l'arco delle Gravine.
Per una più chiara visione d’insieme si rimanda alla Relazione Geologica Tav, M1 ed alla
relativa cartografia.
Studio di Impatto Ambientale, p. 44

Idrologia
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PARAGRAFO VIII
IDROLOGIA ED IDROGEOLOGIA
Le gravine consistono in profonde valli carsiche, originatesi in seguito all’azione erosiva
dell’acqua lungo fratture di origine tettonica, che occupano le ultime propaggini delle
Murge ed in particolare la scarpata che divide le Murge dalla pianura ionica. Le principali
gravine prima citate hanno una lunghezza che raggiunge i dieci chilometri, una profondità
che può arrivare ai 200 metri e una larghezza massima superiore ai 400 metri.
Le gravine sono delle vere e proprie spaccature del suolo, specie di canyon incisi nel bel
mezzo dell'altopiano delle Murge, e presenti soltanto in questa parte di Italia
In direzione sud, le gravine si estinguono, lasciando il posto alle "lame" che, insieme ad
alcune zone che costeggiano il fiume Lato soggette ad impaludarsi, costituiscono le
cosiddette zone umide. Le lame rientrano nella tipologia del fenomeno carsico, ma la loro
caratteristica è che esse si sono sviluppate in larghezza più che in profondità, a causa della
composizione geologica del terreno più friabile.
Le più grandi e più belle gravine della Puglia sono concentrate lungo l'arco jonico, che
comprende il territorio dei comuni di Ginosa, Laterza Castellaneta, Mottola, Massafra,
Palagianello, che potremmo definire "la Murgia delle Gravine", e che corrisponde alla
porzione sud-orientale dell'altopiano delle Murge.
Le più grandi e spettacolari sono quelle di Laterza e Castellaneta.
A Castellaneta la "Gravina Grande" è quella più rilevante dal punto di vista delle
dimensioni, ma ve ne sono delle altre: Gravina di S. Stefano, Gravina di Coriglione,
Gravina di Montecamplo, Gravina del Porto. Lunga circa 12 km, profonda in alcuni tratti
oltre 200 m e larga anche 500 m, le gravine hanno, in quella di Laterza, l'esempio più
spettacolare per estensione e profondità.
Quella di Ginosa, meno profonda, circonda la città a semicerchio e si snoda anch'essa in
una serie di anse.
Studio di Impatto Ambientale, p. 45

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Sessanta gravine, tutte con la propria particolare identità paesaggistica, floristica, faunistica
ed anche storica per la presenza della civiltà rupestre che ha arricchito questi luoghi con
chiese, villaggi, ripari, tutti scavati nella roccia.
Un mondo di roccia che si presenta come un insieme di pareti verticali, cavità, pinnacoli,
speroni, nel cui corso meandriforme e spettacolare si è concentrata tutta quella natura che fa
delle gravine un'area unica e suggestiva.
Come già precedentemente detto, le caratteristiche geo-litologiche della Murgia sono
tipiche del basamento carbonatico costituito da calcari e dalle dolomie affioranti.
Caratteristica delle rocce carbonatiche, è rappresentata dal fenomeno carsico che
condiziona sia l’alimentazione della falda carsica che le modalità della sua circolazione.
Nella Murgia Tarantina l’idrografia superficiale coincide con lo sviluppo delle Gravine, nel
territorio comunale di San Giorgio, al confine Est dell'arco delle Gravine, il fenomeno
diventa meno imponente ed in luogo delle Gravine si incontrano più ampie e meno aspre
Lame.
Con la denominazione “Lame” vengono indicati i solchi erosivi, diversamente profondi e
di apprezzabile ampiezza, originati dal ruscellamento superficiale, reticolo idrografico
fossile, unico presente in formazioni carbonatiche a causa del fenomeno del carsismo, nei
quali si raccolgono e scorrono le acque di origine meteorica, in particolare quelle relative a
precipitazioni intense e di breve durata.
Idrogeologia
L’area in esame – come già detto – è caratterizzata in affioramento essenzialmente dalle
rocce carbonatiche mesozoiche che costituiscono la Murgia di Matera e Laterza, a luoghi
ricoperte per trasgressione da sedimenti calcarenitici e/o sabbioso-conglomeratici. La
distribuzione dei caratteri di permeabilità nelle rocce carbonatiche è legata principalmente
all’evoluzione del fenomeno carsico che non ha ovunque le stesse caratteristiche di
intensità.
I vari litotipi presenti nell’area in esame presentano nel complesso una buona permeabilià
(prova ne è la sostanziale assenza di un reticolo idrografico superficiale). Sono
rappresentati ambedue i tipi di permeabilità: quella primaria, per posorità, è presente nella
Calcarenite di Gravina e nei sedimenti sabbioso-ghiaiosi pleistocenici; quella secondaria,
Studio di Impatto Ambientale, p. 46

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per fatturazione e carsismo, è diffusa nel Calcare di Altamura. Litotipi praticamente
impermeabili sono rappresentati dalle Argille Subappennine che affiorano subito più a nord
dell’area in esame.
In base a ciò è stata elaborata la Carta Idrogeologica allegata, in cui i litotipi affioranti
sono stati classificati in base ai caratteri di permeabilità, secondo le seguenti classi così
individuate:
• terreni molto permeabili calcare
• terreni mediamente permeabili calcarenite
• terreni scarsamente permeabili conglomerato sabbioso-ghiaioso
• terreni praticamente impermeabili argilla e alluvioni limoso-argillose
Nel complesso quindi la predominanza di litotipi permeabili determina una forte
infiltrazione nel sottosuolo delle acque meteoriche e nel contempo l’assenza di un reticolo
idrografico superficiale. Solo in corrispondenza degli affioramenti delle Argille
subappennine le infiltrazione si riducono permettendo così l’instaurarsi di una idrografia
più fitta.
La buona permeabilità complessiva presentata dalle formazioni calcaree e calcarenitiche
consente non soltanto una elevata infiltrazione ma anche una intensa circolazione delle
acque sotterranee che dà origine ad una imponente falda acquifera profonda.
Tale falda profonda fa parte di un sistema acquifero molto vasto ed importante a livello
dell’intera regione pugliese, traendo alimentazione dagli apporti ricadenti su tutto il
massiccio calcareo delle Murge. Qui le acque di precipitazione si infiltrano nel sottosuolo
ed attraverso una fitta rete di discontinuità strutturali e cavità carsiche raggiungono i livelli
più profondi dove si raccolgono sostenute dalle acque marine di invasione continentale su
cui galleggiano per la minore densità.
Dati disponibili su scala regionale testimoniano dell’intensa salinizzazione a carico della
falda profonda, causata da uno sfruttamento spesso incontrollato ed irrazionale avvenuto in
passato mediante emungimenti spinti ben oltre le possibilità di rigenerazione della stessa
falda.
Studio di Impatto Ambientale, p. 47

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Le profondità di rinvenimento variano a seconda dell’altitudine dei luoghi e della
profondità del substrato carbonatico. Osservazioni sui livelli statici della falda, variabili in
generale da circa 15 m s.l.m. fino a pochi decimetri al disopra del livello del mare,
sembrano evidenziare due diverse direzioni preferenziali di deflusso rispettivamente
secondo le direttrici NE-SO e NO-SE su scala regionale.
L’intervento di Progetto è distante dall’area delle Gravine e non provoca interferenze alla
idrologia ed alla idrogeologia del territorio..
Studio di Impatto Ambientale, p. 48

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PARAGRAFO IX
VEGETAZIONE
La Gravina di Laterza, uno tra i più grandi canyon d'Europa, è l'espressione più imponente
di un particolare territorio noto come Gravine dell'Arco Jonico, che si estende da Ginosa a
Grottaglie.
L'attuale paesaggio è il risultato di millenni di frequentazione umana che hanno stravolto le
forme originarie dell'ambiente; nonostante ciò le gravine rappresentano ancora delle vere e
proprie oasi di natura.
Dal punto di vista naturalistico la Gravina è simile ad "un'isola" dove diverse specie
vegetali ed animali di grande interesse sono rimaste isolate dall'originario contesto
ambientale che, soprattutto per motivi antropici, è mutato radicalmente negli ultimi secoli.
Sono così sopravvissuti, grazie all'asprezza dei luoghi, boschi di Quercus trojana (Fragno)
presente in Italia solo sulle Murge pugliesi e materane, l’endemica Campanula versicolor,
dai bei fiori viola pallido, che fiorisce da giugno ad ottobre e ricopre a chiazze le pareti
della Gravina.
Sulle pareti meno ripide e sempreverdi per la presenza del Leccio (Quercus ilex) si
arrampicano l'Euforbia arborescente, il cisto, il terebinto, il lentisco e il ginepro.
In primavera lungo i sentieri della Gravina è possibile ammirare variopinte fioriture di
orchidee
Come già precedentemente accennato la vegetazione naturale appare assai ricca e varia, si
conservano grandi boschi in cui domina il Fragno (Quercus trojana) ( circa 11.000 ha), una
quercia tipica dell'Europa Sud-orientale, presente in Italia soltanto in questa zona ed
ulteriore testimonianza della particolare geologia delle gravine, mentre la Roverella
(Quercus pubescens) si presenta come specie di importanza secondaria.
Nei boschi al fragno ed alla roverella si associano il frassino, la carpinella e l'acero
minore.
A mano a mano che ci si avvicina al litorale, le specie dominanti sono il leccio (Quercus
ilex), soprattutto allo stato di macchia, e il pino d'Aleppo, una specie riverasca che dà vita a
fitti boschi sia sul litorale sia nelle gravine stesse.
Diversi alberelli ed arbusti arricchiscono il fogliame del sottobosco: il lentisco, il teberinto,
il pungitopo, il laurotino, il corbezzolo , l'asparago selvativo e, nelle zone più calde, anche
il carrubo e l'olivo selvatico.
Studio di Impatto Ambientale, p. 49

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Non è difficile distinguere tra il verde della macchia il caprifoglio, dai profumati fiori
violetto, il lilla dei ciclamini, il biancospino, le delicate rose selvatiche, il rosso della
smilace.
Notevolissima è inoltre la presenza di specie di origine balcanica quali l'Asyneuma
limonifolium, la Salvia triloba, la Phlomis fruticosa, la Campanula versicolor, l'Aegilops
uniaristata, oltre al già citato Fragno,.
Le pareti rocciose delle gravine ospitano una flora differenziata a seconda della presenza di
luce e di umidità.
Nelle zone più aride e degradate la vegetazione è quella tipica della Murgia stepposa,
caratterizzata da asfodelo, urginea, cisto, timo.
A primavera, nelle zone più illuminate sia delle rupi che della macchia, spiccano i colori
dell'euforbia, della campanula, il rosso della valeriana e del ginepro, i bellissimi fiori gialli
della ginestra e le infinite sfumature delle splendide orchidee spontanee.
Sulla calcarenite vegetano anche il cappero e l'alloro, largamente usati nella gastronomia
mediterranea.
Gli angoli più umidi e meno luminosi sono il regno delle felci, del capelvenere, del
polipodio, mentre il fondo delle gravine , spesso occupato da laghetti, stagni o ruscelli,
ospita la tipica vegetazione delle zone umide: salici, pioppi, giunghi, canne, ecc..
Non si possono, infine, trascurare le numerose specie vegetali introdotte dall'uomo: basti
pensare all'agave o al fico d'India, ormai naturalizzati, o alle piante spontanee di
melograno, cotogno, pruno, ecc..
Con riferimento al sistema della copertura botanico-vegetazionale e colturale e della
potenzialità faunistica si rappresenta che il territorio di Laterza risulta interessato da
limitate compagini boschive tutte contemplate dal PRG Vigente e rientranti nella
perimetreazione sia nel pSIC-ZPS “Area delle Gravine”, sia del Parco Regionale “Terra
delle Gravine”.
Tali boschi misti hanno costituito per molti secoli, ed ancora oggi costituiscono, la base
alimentare per l’allevamento zootecnico ovino e caprino molto diffuso nel territorio e
pertanto rappresentano, oltre che una componente paesaggistica di rilievo, anche una
sorgente trofica insostituibile in un ambiente in cui la siccità estiva rappresenta un fattore
ecologico limitante.
Sono altresì presenti sul territorio beni diffusi nel paesaggio agrario quali piante isolate o a
gruppi di rilevante importanza per età, per dimensione e per significato scientifico che
ormai costituiscono solo la testimonianza delle antiche ed estese compagini boschive
Studio di Impatto Ambientale, p. 50

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
preesistenti scomparse a seguito della messa a coltura delle aree.
I predetti beni diffusi testimoniano quella che rappresenta la vegetazione naturale
potenziale del territorio ovvero la vegetazione che spontaneamente si ricostituirebbe
qualora cessasse la pressione antropica.
Sono presenti altresi’, in maniera alquanto diffusa nel territorio in esame,filari arbustivi,
posizionati generalmente a ridosso dei muretti a secco (ovvero nelle aree marginali dei
campi non soggette a coltivazione) che costituiscono sia elementi paesaggistici
caratterizzanti, peraltro soggetti a specifica tutela da parte del P.U.T.T./P che li definisce
“beni diffusi del paesaggio agrario” (art 3.14 N.T.A. del P.U.T.T./P.), nonché costituiscono
altresi’ Habitat molto importanti per alcune specie di rettili.
Oltre alle aree boscate risulta rilevante la presenza di aree utilizzate a pascolo (pseudo-
steppa mediterranea).
Per quanto attiene alla copertura colturale risultano diffuse, in forma nettamente prevalente
rispetto alle compagini boschive, i seminativi (grano, foraggio) mentre risultano ridotte le
colture arboree da frutto (mandorle, olivo, vigneto).
Pur essendo abbastanza diffusa la superficie territoriale interessata da bosco, la potenzialità
faunistica del territorio è molto elevata e trova specie animali ed associazioni vegetali
soggette a specifica tutela in quanto rappresentano ambienti di interesse biologico-
naturalistico.
Resta evidente che nelle aree dove è comunque intervenuto un utilizzo a coltivo e/o a
pascolo intensivo, che ne ha profondamente alterato e degradato le caratteristiche
ambientali originarie e/o interrotto i “corridoi ecologici”, si rileva comunque, uno scarso
valore sotto il profilo naturalistico.
Si segnala in particolare le aree interessate dalla presenza di biotopi e da siti di interesse
naturalistico eventualmente caratterizzate da specie vegetali e animali soggette a specifica
tutela, già contemplate dal PRG vigente, rientrano comunque nella perimetrazione del
pSIC-ZPS “Area delle Gravine” e del Parco Regionale.
All’interno del territorio comunale si rileva la presenza di Habitat prioritari della Direttiva
92/43/CEE ed Habitat di interesse comunitario nonchè specie vegetali prioritarie; sono
presenti altresì specie animali di pregio soggette a specifica tutela (soprattutto avifauna).
In armonia alle disposizioni del Regolamento Regionale il Campo Eolico di progetto
ricade in aree a basso grado di naturalità, non interessa aree protette, pSIC-ZPS etc,
e non provoca alcuna interferenza con le stesse.
Studio di Impatto Ambientale, p. 51

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
PARAGRAFO X
FLORA
Le gravine sono dei canyons di origine erosiva originatisi, sulle ultime propaggini delle
Murge, da corsi d'acqua sovraimposti a fratture della crosta rocciosa superficiale.
Esse costituiscono habitat rupestri di grande valore botanico.
Nel sito sono presenti alcuni querceti a Quercus trojana ben conservati e pinete spontanee
a Pino d'Aleppo su calcarenite.
Inoltre vi e' la presenza di garighe di Euphorbia spinosa e boschi di Quercus virgiliana
Il paesaggio murgiano è tipicamente carsico, quasi desertico, non determinato da fenomeni
naturali, ma dall'azione millenaria dell'uomo. Infatti un tempo c'erano boschi, oggi invece
l'ambiente è quello della steppa, caratterizzato da estensioni di rocce e pietre, tra cui si
insinuano a viva forza erbe ed arbusti.
La specie dominante è la stipa, detta comunemente lino delle fate per i suoi lunghi
filamenti piumosi e iridescenti.
Questo ambiente, uno dei più caratteristici presenti nella Murgia, il cui valore è stato
riconosciuto dalla Direttiva dell’Unione Europea 92/43/CEE, detta anche Direttiva Habitat,
è rappresentato dalle vaste ed aride distese di vegetazione erbacea, caratterizzate dalla
presenza di specie quali la Stipa, dalla quale deriva il termine steppa.
Le steppe sono presenti in Puglia in corrispondenza delle tre grandi aree carsiche e,
pertanto oltre che sulla Murgia, anche nel dal Salento e nel Gargano.
Questo ambiente si caratterizza sia per la scarsa copertura arborea, essendo rara la presenza
di alberi e di arbusti, sia per la conseguente limitata capacità di trattenere il terreno agrario,
spesso completamente assente in aree caratterizzate dall’affioramento della piattaforma
calcarea. In tali condizioni, il substrato privo della naturale copertura vegetale, subisce
maggiormente la azione dei fattori ambientali e climatici consistenti sostanzialmente nella
aridità, nella azione dei venti, nel forte soleggiamento.
Pertanto, l’ambiente della steppa per molti studiosi è ritenuto l'ultimo stadio di degrado
della vegetazione spontanea mediterranea risultante dell'azione combinata del
disboscamento, del dilavamento meteorico del substrato, della forte siccità estiva e della
Studio di Impatto Ambientale, p. 52

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
scarsa capacità di ritenzione idrica di un substrato fortemente fessurato in seguito ai
fenomeni carsici.
La vegetazione erbacea presente si è adattata in modi differenti a condizioni di vita spesso
estreme. Alcune piante, ad esempio, si difendono dalla siccità con la presenza di foglie e
fusti carnosi, ricchi di tessuti all’interno dei quali è immagazzinata l’acqua. Altre piante
riducono al minimo la evapo-traspirazione per la presenza di una fitta peluria sulle foglie e
sul fusto. Molte altre specie si difendono con la tendenza alla microfillia, ossia riducendo la
superficie fogliare, come ad esempio nel caso del timo, della santoreggia, della micromeria.
L’adattamento più diffuso consiste della capacità di dotarsi di un organo vegetativo
sotterraneo, il bulbo nel quale immagazzinare le riserve d’acqua che permettono alla pianta
di superare i periodi climaticamente avversi, come ad esempio nel caso dell’asfodelo e
dell’urginea marittima, delle orchidee, presenti queste ultime con numerosissime specie
che danno origine a splendide fioriture primaverili.
Tra le piante annuali tipiche della steppa mediterranea un posto di rilievo è occupato dalle
graminacee, alcune delle quali risultano rare e di elevato valore scientifico, le quali hanno
adattato il loro ciclo vegetativo alle caratteristiche climatiche: germinano infatti in autunno,
sostenendosi con la condensa della rugiada che si verifica in tale periodo, si accrescono
durante l’inverno, fioriscono e si riproducono in primavera, superando quindi l’estate sotto
forma di seme.
L'asprezza del paesaggio è comunque addolcita dai freschi colori di numerose piante
geofite, per esempio l'asfodelo, l'urginea, la stembergia lutea, le delicate orchidee
selvatiche.
Pochi gli arbusti presenti tra le rocce: la ferula, detta finocchio selvatico, il biancospino, il
perastro, l'amareno selvatico .
Si rinvengono anche il residuo di quei boschi che anticamente ricoprivano tutto il territorio
e che negli ultimi due secoli sono stati distrutti dal disboscamento.
Questi boschi sono prevalentemente costituiti da Roverella (Quercus Pubescens) associata
con il Fragno (Quercus trojana), la Coccifera ed il Leccio, mentre verso il fianco delle
Murge rivolto verso la Fossa Bradanica sono presenti anche lembi di bosco di Cerro e
Farneto.
Il governo del bosco è a ceduo con presenza di un ricco sottobosco costituito da Perazzo,
Rosa canina, Pistacia, Asparagus, ed altro.
Studio di Impatto Ambientale, p. 53

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Le forme più degradate di bosco ceduo sono costituite dalle “garighe” a Cisti, ad Euforbia,
Salvia trilobata, a Timo capiato e dalle distese ad Asfodelo.
Il nome gariga deriva dal provenzale garrigue, cioè "terra incolta" per effetto della
degradazione della macchia mediterranea sebbene possieda associazioni vegetali proprie,
costituita da specie che non compaiono né nella macchia, né nella foresta.
I pascoli occupano i terreni più impervi e sassosi ricoperti da una vegetazione erbacea e
spontanea, rara ed endemica quali Iris pseudopumila, Arum apulum, Crocus tomasii,
Campanula versicolor, oltre ad un notevole popolamento di orchidee (endemica l'Ophris
mateolana).
Di recente si sono verificati problemi legati a energiche forme di dissodamento
(spietramento / diroccamento / frangitura) e messa a coltura anche di molti pascoli
degradati hanno modificato sia gli habitat per molte delle specie floro-faunistiche e sia
l'identità paesaggistica del territorio.
La specie guida è il Leccio (Quercus ilex), accompagnato da varie specie arbustive come la
Fillirea (Phillyrea latifolia), il Lentisco (Pistacia lentiscus), l'Alaterno (Rhamnus alaternus),
il Corbezzolo (Arbutus unedo), il Mirto (Mirtus communis), ed il Viburno (Viburnum
tinus).
Anticipando quanto sarà trattato di seguito nei paragrafi 3.2., 3.3. e 3.7., “l’Area delle
Gravine” è stata classificata come proposto Sito di Interesse Comunitario identificato dal
codice IT9130007 dal mese di giugno dell’anno 1995, con D.M. Ambiente del 3/4/2000
G.U.95 del 22/04/2000, in attuazione della Direttiva dell’Unione Europea 92/43/CEE, detta
anche Direttiva Habitat per la quale sono stati elencati i seguenti habitat da sottoporre a
salvaguardia:
Querceti di Quercus troiana
Percorsi substeppici di graminee e piante annue (Thero-Brachypodietea) (*)
Versanti calcarei della Grecia mediterranea
Pinete mediterranee di pini mesogeni endemici
Grotte non ancora sfruttate a livello turistico
Foreste di Quercus ilex
Formazioni di Euphorbia dendroides
10%
10%
10%
8%
5%
5%
2%
(*) Habitat definiti prioritari ai sensi della Direttiva 92/43/CEE: habitat in pericolo di estinzione sul
territorio degli Stati membri, per la cui conservazione l'Unione Europea si assume una particolare
responsabilita'.
Per una più chiara visione d’insieme e maggiori dettagli si rimanda alla Tav. L3 Relazione
Flogistica e Faunistica
In armonia alle disposizioni del Regolamento Regionale il Campo Eolico di progetto
ricade in aree a basso grado di naturalità, non interessa aree protette, pSIC-ZPS etc,
e non provoca alcuna interferenza con le stesse.
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PARAGRAFO XI
FAUNA
L'ambiente delle gravine, così vario e poco accessibile all'uomo, presenta una straordinaria
ricchezza di specie animali.
Un'altra particolarità è il microclima: all’interno della Gravina si crea un'inversione
termica, per cui la temperatura è sempre più calda d'inverno e più fresca d'estate,
l'ambiente ideale per la vita di piante e animali
Le Gravine custodiscono alcune delle specie di volatili a più alto rischio d’estinzione
dell’Europa meridionale: rappresentano infatti l’ultimo sito di nidificazione in Puglia, del
capovaccaio, l’avvoltoio degli egizi.
Come uccelli sono presenti anche il lanario, il falco pellegrino, il gufo reale, l’allocco, il
barbagianni, il gufo comune, il corvo imperiale, il gheppio ed il passero solitario.
Rari sono i mammiferi, si può osservare la volpe e la faina mentre, difficile è l’incontro con
il tasso e l’istrice.
Le pietraie assolate, ambiente xerofilo delle gravine, sono il regno di molti rettili, come la
lucertola, la tartaruga, i coloratissimi ramarri, e di serpenti quali il biacco, il cervone.
Tra le diciannove specie di rettili presenti due sono di grande interesse naturalistico: il
bellissimo e innocuo colubro leopardino un serpente dai bellissimi colori rossoneri
somigliante alla ormai rara vipera, ed il geco di kotschy, un piccolo rettile, presente in Italia
solo in Puglia,che vive in prossimità delle zone rocciose comunemente chiamato lucertola
marcia.
Tra i rettili notturni si ricorda la tarantola muraiola ed il geco comune.
Nelle pozze di calcare, presenti sul fondo della Gravina, si riproducono l’ululone dal ventre
giallo, la raganella, la rana verde e il tritone italico.
I "signori della rupe" sono sicuramente i rapaci: il lanario, il grillaio e il gheppio, falchi di
piccole dimensioni, ma anche il nibbio bruno, la poiana e il biancone, un'aquila che si nutre
quasi esclusivamente di serpenti.
Tra le rupi non è difficile sentire il verso rauco del corvo imperiale, dall'inconfondibile
piumaggio nero, e quelli della gazza, del piccione selvatico, del rondone, del balestruccio;
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tra le pareti rocciose nidificano anche il passero solitario, la monachella, la bellissima
ghiandaia marina, dai festosi colori, ed il Rondone alpino.
La notte è il regno del gufo reale, che nidifica in Puglia solo nelle Gravine e sul Gargano,
del barbagianni, della civetta e dei pipistrelli.
Nelle gravine ammantate di boschi l'avifauna si arricchisce di numerose specie.
Tra il fitto fogliame della macchia si diffonde il canto dell'occhiocotto, della sterpazzola,
della sterpazzolina e si levano in volo la capinera, lo scricciolo e moltissimi passeriformi,
tra cui la cinciallegra, il codibugnolo, il rampichino.
Nei "quartieri alti" del bosco nidificano il fringuello e il verzellino, le averle, la ghiandaia
comune e di notte è riconoscibile il monotono richiamo dell' assiolo e del gufo comune.
Boschi e gravine ospitano anche tanti mammiferi: la volpe, il tasso, la faina, la puzzola, la
donnola, piccoli roditori come il riccio, il quercino, il moscardino, e due presenze
d'eccezione, il gatto selvatico e l'istrice.
Tra i mammiferi si sottolinea la presenza del pipistrello rinolofo di Mehely e delle altre
specie più comuni.
Negli stagni naturali delle gravine, e nelle pozze d'acqua sul fondo, oltre alla rana e al
rospo, vivono altre specie rare, come il tritone, l'ululoneappenninico dal ventre giallo che
nella Puglia meridionale vive solo nelle gravine, le raganelle, la biscia dal collare ed il
granchio di fiume.
Anche la fauna ha le sue particolarità e gli uccelli sono ben rappresentati con specie di
assoluto fascino e di notevole importanza conservazionistica: maestosi Capovaccai (gli
avvoltoi degli egizi) e più agili grillai percorrono in lungo e in largo la gravina, mentre in
primavera riecheggia il canto melodioso del Passero solitario e la Monachella si esibisce
nei suoi voli nuziali.
Moltissimi esemplari di piccoli Passeriformi come Sterpazzolina, Scricciolo e
Occhiocotto vivono e si riproducono nel folto dei cespugli e degli arbusti.
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Un ambiente così particolare e per certi versi unico fornisce rifugio anche a molte specie di
rettili ed anfibi, insetti e mammiferi di notevole interesse, proprio perché presenti soltanto
nell'area delle gravine.
Ed ancora alcune specie di pipistrelli che frequentano gli anfratti rocciosi delle pareti e che
nelle sere di estate escono in cerca di insetti di cui nutrirsi.
L’ambiente steppico della Murgia, pur all’apparenza arido ed inospitale, brulica per la
presenza di grande abbondanza di insetti che si nutrono delle piante della steppa murgiana.
Ciò è in grado di attirare e di mantenere in questa zona, soprattutto in primavera ed in
estate, le specie animali che cacciano e si cibano degli insetti presenti.
L’altopiano delle Murge, infatti, è classificato come comprensorio ambientale di particolare
interesse ornitologico nel quale è riconosciuta la presenza di 84 specie nidificanti delle
quali 30 specie sono non passeriformi e 54 sono passeriformi.
Tra gli uccelli presenti meritano particolare menzione: il falco grillaio (specie protetta), lo
sparvier (specie protetta), la poiana (specie protetta), il lodolaio (specie protetta), e il
lanario (specie protetta), il gufo reale, la civetta,
barbaggianni, allocco, nibbio reale, falco pellegrino, gheppio, merlo, cornacchia, gazza,
tortora, tordo, bottacio, beccaccia, fagiano, gallina prataiola, quaglia, colombaccio,
pettirosso, cinciarella, fringuello, rigogolo, passero, ghiandaia, allodola.
Inoltre va segnalata la presenza di altri animali selvatici interessanti o rari: la testuggine
comune, il tritone crestato, l'ululone dal ventre giallo (piccolo rospo acquatico con la parte
inferiore del corpo di un bel giallo brillante), il cervone (un serpente che in casi eccezionali
può raggiungere anche i 2,5 metri di lunghezza), il geco di Kotschy(di colore grigio, simile
a una lucertolina), l'istrice, il tasso, volpe, rarissima la lepre, il gatto selvatico e il cinghiale.
La contrazione delle aree boschive e il depauperamento vegetazionale hanno prodotto
effetti negativi sulla quantità e qualità della fauna selvatica.
Anticipando quanto sarà trattato di seguito nei paragrafi 3.2., 3.3. e 3.7., “l’Area delle
Gravine” è stata individuata come Zona di Protezione Speciale (ZPS) ed identificata con il
codice IT9130007 dal mese di dicembre dell’anno 1998 in attuazione della Direttiva
dell’Unione Europea 79/409/CEE, detta anche Direttiva Uccelli per la quale sono stati
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elencati i seguenti habitat da sottoporre a salvaguardia:
SPECIE FAUNA DIRETTIVA 79/409/CEE E 92/43/CEE all. II
Mammiferi:
Uccelli: Anthus campestris, Bubo bubo, Burhinus oedicnemus, Calandrella brachydactyla,
Caprimulgus europaeus, Circaetus galicus, Circus aeruginosus, Circus pygargus,
Coacias garrulus, Falco biarmicus, Falco naumanni, Falco eleonorae, Pluvialis
apricaria, Lanius minor, Lullula arborea, Melanocorypha calandra, Milvus migrans,
Milvus milvus, Neophron percnopterus, Pernis apivorus, Ficedula albicollis.
Rettili e anfibi: Testudo hermanni, Bombina variegata, Elaphe quatuorlineata, Elaphe situla.
Pesci:
Invertebrati:
Il Falco Naumanni o Grillaio
Altro falco è il grillaio (Falco naumanni), del quale sulle Murge sopravvive la popolazione
più numerosa a livello europeo.
L’areale di nidificazione del grillaio va dal bacino del Mediterraneo alla Cina; trattandosi
di una specie migratrice, lo svernamento avviene principalmente nell’Africa meridionale.
Stime piuttosto approssimative riportano una popolazione mondiale di 25.000-30.000
individui; una stima più accurata è possibile solo limitatamente all’Europa ed all’Africa
mediterranea, dove nel 1996 si stimavano in totale 17.000-21.000 coppie, delle quali circa
8.000 nidificano in Spagna.
I dati relativi all’Europa occidentale permettono di calcolare un declino del 95% circa dal
1950, mentre per l’intera popolazione mondiale si stima un declino di oltre il 30% ogni 10
anni (Biber, 1996). Pertanto la specie è classificata come vulnerabile dall’Unione
Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), e come prioritaria dalla Direttiva
79/409/CEE.
Il grillaio è un falco coloniale; in Puglia e Basilicata le colonie sono situate pressoché
esclusivamente nei quartieri storici dei centri abitati, utilizzando come siti di nidificazione i
sottotetti, i sottocoppi, gli anfratti e le sporgenze degli edifici (Palumbo, 1997).
Da censimenti effettuati al termine del periodo di nidificazione emergono i seguenti dati:
nelle città di Altamura (BA), Gravina in Puglia (BA), Matera, Minervino Murge (BA) e
Santeramo in Colle (BA) sono stati censiti oltre 1000 individui postriproduttivi; colonie
dell’ordine di 200-1000 individui postriproduttivi si trovano a Cassano delle Murge (BA),
Gioia del Colle (BA) e Ginosa (TA); meno di 200 esemplari sono stati censiti nelle città
di Acquaviva delle Fonti (BA), Laterza (TA) e Montescaglioso (MT).
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Colonie di poche coppie sono presenti anche in altri centri abitati lucani e pugliesi, fuori
dall’ambito murgiano (Palumbo, 1997).
La popolazione di grillaio delle Murge è interessata da un aumento sia del numero delle
colonie che degli individui postriproduttivi censiti: si è infatti passati da 6.135 nel 1997 a
10.138 nel 2000 a 12.270 nel 2001. Sebbene questo aumento sia in parte solo apparente, in
quanto ascrivibile al raffinamento delle tecniche di conteggio, la tendenza all’incremento
della popolazione è certa e costituisce un dato singolare, dal momento che si tratta di una
specie in diminuzione a livello mondiale (Sigismondi et al., 2001; Sigismondi et al., 2003).
Sono state identificate numerose minacce certe e potenziali a carico del grillaio.
Un fattore limitante è sicuramente la disponibilità di siti di nidificazione: ricerche effettuate
in Spagna e Portogallo mostrano come gli interventi di restauro e ristrutturazione degli
edifici condotti senza tenere in debita considerazione le esigenze di nidificazione di questa
specie possano portare all’estinzione di intere colonie (Marques et al., 2001).
Come indica il suo nome volgare, il grillaio si nutre fondamentalmente di Ortotteri: per la
popolazione appulolucana gli insetti appartenenti a tale Ordine costituiscono oltre il 40%
delle prede totali, tra cui rientrano con quote significative anche Coleotteri, Dermatteri,
Aracnidi, Chilopodi e piccoli mammiferi (Palumbo, 1997). Uno studio condotto in
Andalusia mostra come la disponibilità di grandi Ortotteri (generi Locusta, Anacridium,
Ephippiger, Decticus, Platycleis) sia determinante per il successo riproduttivo del grillaio
(Rodríguez et al., 2001).
I terreni di caccia utilizzati sono, pertanto, quelli in grado di offrire sufficienti quantità di
Ortotteri ed altri Artropodi. Nell’areale murgiano il grillaio è attivo soprattutto sulle
superfici di pseudosteppa e, in misura più limitata, sui seminativi e sulle stoppie (Palumbo,
1997). I terreni con bestiame al pascolo sono particolarmente ricercati dal grillaio, mentre i
rimboschimenti di pini sono assolutamente inutilizzati come territori di caccia (Franco &
Sutherland, 2004).
L’irrigazione sembra costituire una minaccia per via dei cambiamenti che può provocare
nell’uso del suolo, permettendo una conversione di sistemi agricoli estensivi in intensivi: in
Spagna il grillaio, in comprensori irrigui, evita le colture legnose ed i campi di mais,
preferendo piuttosto come territori di caccia i medicai ed i margini dei campi (Ursúa et al.,
2005).
Studio di Impatto Ambientale, p. 59

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Ricerche condotte nella Spagna settentrionale hanno dimostrato che gli stormi di grillai in
epoca postriproduttiva selezionano come terreno di caccia le stoppie dei cereali, evitando
invece i campi arati e le colture irrigue (Olea et al., 2004). Da queste osservazioni traspare
l’importanza di un’adeguata gestione delle stoppie, che eviti interramenti anticipati delle
stesse, nonché l’anacronistica pratica del debbio (bruciatura delle stoppie).
Il successo riproduttivo delle colonie è, inoltre, strettamente dipendente dalla prossimità
delle aree trofiche ai siti di nidificazione: studi attuati in Israele, Spagna e Portogallo
dimostrano che la corretta gestione agroambientale delle superfici agricole vicine alle
colonie è fondamentale per la conservazione di questa specie (Negro et al., 2001; Reis et
al., 2001; Schulman et al., 2001).
Gli individui di una stessa colonia utilizzano come dormitorio, prima dell’inizio della
nidificazione, alcuni alberi (soprattutto pini) situati generalmente nei centri abitati: tale
comportamento sarebbe da associare a funzioni sociali e di difesa dai predatori. Lo stesso
comportamento gregario si manifesta nuovamente dopo l’involo dei giovani, anche se, in
questo momento, si osserva una forte tendenza alla dispersione verso altre colonie
(Palumbo, 1997). Il mantenimento e l’incremento degli alberi utilizzati come dormitorio
deve essere perciò accuratamente considerato nella gestione del verde urbano delle città
murgiane.
Un fattore di minaccia nei confronti del grillaio è identificabile nella perdita di habitat
nell’areale di svernamento: la desertificazione, dovuta al sovrappascolo ed agli incendi, ha
distrutto importanti superfici di savana e steppa; argini e dighe hanno causato la perdita di
vaste aree di esondazione, che nella stagione secca costituiscono un importante luogo di
caccia; gli sciami di locuste si sono rarefatti, a causa della distruzione delle savane e
dell’uso di pesticidi (Biber, 1996).
La predazione da parte di ratti (Rattus spp.) e volpi (Vulpes vulpes) può seriamente
compromettere la sopravvivenza di piccole colonie (Negro et al., 2001), mentre la
competizione con le taccole (Corvus monedula), che spesso formano colonie miste con i
grillai, non sembra ridurre significativamente il successo riproduttivo della specie in
oggetto (Biber, 1996).
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Le coppie condividono gli stessi territori durante la riproduzione che ricorre nel periodo
compreso tra giugno e luglio durante il quale hanno abitudini differenti il giorno dalla
notte. Infatti, se di giorno i grillai trasportano le prede ai loro piccoli che occupano i nidi
esistenti nei centri abitati di notte, tutti i componenti della stessa colonia, si radunano su
alberi di grandi dimensioni sempre presenti nei centri abitati, dove trascorrono la notte
insieme per difendersi dalle aggressioni di altri predatori.
I grillai si nutrono principalmente di ortotteri, ossia di grilli e di cavallette, che popolano
numerosi le aride e pietrose distese di vegetazione erbacea, caratteristica delle steppe
mediterranee della Murgia.
In questi luoghi non è difficile incontrarli mentre cacciano in gruppi: perlustrano il
territorio dall’alto di un posatoio o, più frequentemente, in volo con una tecnica
caratteristica, definita dello «spirito santo», in quanto i falchetti restano immobili librandosi
nell’aria per poi picchiare sulla preda all’improvviso.
Le aree coltivate, come i seminativi, costituiscono invece una limitata fonte di prede
per il Grillaio, soprattutto dopo la trebbiatura.
Gli individui di una colonia utilizzano, anno dopo anno, sempre gli stessi dormitori
all’interno o nelle immediate vicinanze dei centri abitati ai quali sono molto fedeli nel
periodo pre-riproduttivo mentre nel periodo di dispersione post-riproduttivo, tendono a
distribuirsi anche su altri alberi, lontani dai centri urbani o in altre colonie.
I dati relativi all’utilizzo trofico del territorio hanno evidenziato come la specie utilizzi per
le sue attività trofiche soprattutto le aree di steppa.
Questo aspetto pare dipendere dalle attività colturali svolte che influenzano la disponibilità
delle prede nelle aree coltivate.
Mentre da aprile a maggio le coltivazioni di cereali risultano ben utilizzate dai Grillai, più
avanti nella stagione, con la trebbiatura e soprattutto la conseguente aratura, questi
ambienti riducono notevolmente la loro disponibilità trofica in quanto si trasformano in
deserti di terra arata.
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VULNERABILITA':
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Gli habitat rupestri sono a bassa fragilita' ma sono continuamente sottoposti ad abusivismo
edilizio, abbandono di rifiuti, scarico di acque fognarie.
Problemi di incendi nelle gravine del settore orientale con copertura a pineta.
I residui di pascoli steppici, habitat prioritario, sono sottoposti di recente a messa a coltura
attraverso frantumazione e macinatura del substrato roccioso.
Un rischio per la sussistenza della specie, evidenziato come vulnerabilità nella scheda
relativa alla ZPS Area delle Gravine, è rappresentato dallo spietramento (si veda il
successivo paragrafo:”2.8.2. Gli spietramenti”) allo scopo di impiantare nuove colture, con
conseguente scomparsa di importanti aree trofiche.
Anche la bruciatura anticipata delle stoppie e l’uso eccessivo di prodotti chimici nelle
colture cerealicole, riducono la qualità degli ambienti coltivati come aree trofiche per i
Grillai. Inoltre, ristrutturazioni poco rispettose chiudendo i buchi e le cavità nei centri
storici, riducendo il numero di siti di nidificazione adatti per i Grillai.
Per una più chiara visione d’insieme e maggiori dettagli si rimanda alla Tav. L3 Relazione
Floristica e Faunistica
In armonia alle disposizioni del Regolamento Regionale il Campo Eolico di progetto
ricade in aree a basso grado di naturalità, non interessa aree protette, pSIC-ZPS etc,
e non provoca alcuna interferenza con le stesse.
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PARAGRAFO XII
HABITAT
Le Gravine sono sistemi ecologici vivi e dinamici che accolgono in sé forme di vita
peculiari e conservano ancora un ricchissimo patrimonio naturale.
Sulle pareti rocciose, laddove la frantumazione del calcare ha creato cavità più profonde,
emergono e paiono scaturire dalla roccia, piante e arbusti, essenze aromatiche e
sempreverdi, enormi cespugli, la macchia mediterranea che emana, soprattutto d'estate, un
profumo intenso e piacevole.
I corsi d'acqua provenienti dall'altopiano delle Murge creano, soprattutto in primavera,
laghetti d'acqua dolce e piccoli torrenti che scorrono sul fondo e percorrono la gola fino alla
piana costiera.
In questa stagione i laghetti ospitano nutrite corti d'anfibi: brevi periodi nei quali la
presenza d'acqua riporta le gravine alle loro originarie funzioni.
Un'altra particolarità è il microclima che viene a crearsi: all'interno si ha un'inversione
termica, per cui la temperatura è sempre più calda d'inverno e più fresca d'estate, l'ambiente
ideale per la vita di piante e animali.
Tipi di habitat
Landes, Broussailles, Recrus, Maquis et Garrigues, Phrygana Heath, Scrub, Maquis and
Garrigue, Phygrana
25 %
Pelouses sèches, Steppes Dry grassland, Steppes 50 %
Forêts sempervirentes non résineuses Evergreen woodland 10 %
Rochers intérieurs, Eboulis rocheux, Dunes intérieures, Neige ou
glace permanente
Inland rocks, Screes, Sands, Permanent Snow and ice
15 %
Copertura totale habitat 100 %
Tra gli habitat individuati alcuni sono considerati dalla Comunità quali habitat prioritari,
quegli habitat cioè che rischiano di scomparire nel territorio degli Stati Membri e per la cui
conservazione la Comunità ha una responsabilità particolare.
Tra gli habitat considerati prioritari rientra anche l'habitat del Thero - brachypodietea.
Studio di Impatto Ambientale, p. 63

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I siti caratterizzati dalla presenza dell'habitat prioritario del Thero - brachypodietea sono
dominati da vegetazione erbacea annuale tipica di ambiente caldo - arido e si caratterizzano
per la presenza di aspetti vegetazionali che rappresentano diversi stadi dinamici. Il nome di
questo habitat deriva da Theros = annuale e da Brachypodium, che è un genere
caratteristico di graminacee.
Le praterie con terofite (terofite = piante che svolgono il loro ciclo biologico entro un
anno; germinano infatti in autunno, sfruttando la condensa autunnale della rugiada, si
accrescono durante l’inverno, e si riproducono in primavera, superando quindi l’estate sotto
forma di seme) si alternano in genere alle aree a macchia mediterranea e alle aree con
querceti mediterranei.
Questi siti si caratterizzano inoltre per la diffusa presenza di affioramenti rocciosi, in
prevalenza carbonatici.
I percorsi substeppici di graminacee e piante annue, come viene anche definito l'habitat del
Thero - brachypodietea, costituiscono uno dei più caratteristici ambienti presenti in Puglia,
nelle tre grandi aree carsiche della regione, il Salento, il Gargano e le Murge.
Questo ambiente si caratterizza quindi per la scarsa copertura arborea, rari sono infatti gli
alberi e persino gli arbusti, e per la conseguente limitata capacità di trattenere il terreno
agrario, spesso completamente assente in aree caratterizzate dall’affioramento della roccia
calcarea sottostante. Il substrato, privo della naturale copertura vegetale, subisce in maniera
maggiore l’influenza limitante dei fattori ambientali e climatici (aridità, azione dei venti,
forte soleggiamento).
I percorsi substeppici per molti studiosi rappresentano l'ultimo stadio di degrado della
vegetazione spontanea mediterranea, traendo origine dall'azione millenaria dell'uomo,
come risultato dell'azione combinata del disboscamento, del successivo dilavamento
meteorico del substrato, della forte siccità estiva e della scarsa capacità di ritenzione idrica
di un substrato fortemente fessurato in seguito ai fenomeni carsici.
L’habitat del Thero - brachypodietea, pur all’apparenza arido ed inospitale, risulta uno dei
più ricchi per la presenza di specie faunistiche e uno dei più importanti per numerose di
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queste. La ricchissima presenza, soprattutto in primavera, di insetti che si nutrono delle
piante presenti, attira in queste aree un numero considerevole di specie di uccelli: sono
infatti almeno una decina le specie strettamente legate a questo ambiente, molte delle quali
ritenute meritevoli di protezione da parte dell’Unione Europea. Molti rapaci frequentano la
steppa alla ricerca di cibo (poiana, lanario, biancone, gheppio), ma tra di essi assume
assoluta preminenza la presenza del falco grillaio, raro a livello europeo, ma presente con
colonie molto numerose nella Murgia barese e materana.
Tra le specie vegetali più rappresentative delle praterie a terofite vanno segnalate:
GRAMINACEE
• Brachypodium ramosum
• Brachypodium distachium
• Stipa sp.
• Vulpia sp.
• Dasypyrum villosum
• Lagurus ovatus
LEGUMINOSE
• Trifolium campestre
• Trifolium stellatum
• Trifolium angustifolium
• Medicago sp.
• Scorpiurus muricatus
• Coronilla scorpioides
Tra gli indicatori di un buono stato di conservazione di questo habitat vanno ascritti:
• la ricchezza di specie
• la presenza di elementi seriali prossimi alla tappa matura
• un basso numero di specie cosmopolite
• un basso valore di copertura di specie nitrofile
• la presenza di uccelli tipici delle steppe aride
Tra le possibili minacce vanno segnalati:
• Fenomeni di degradazione del suolo per compattazione, dovuti a calpestio
umano o animale
• Fenomeni di degradazione del suolo per erosione idrica incanalata
• Pascolo non controllato
• Spietramento
• Trasformazioni in colture
• Incendio
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Il sistema delle gravine dell’arco ionico costituisce un sistema ambientale complesso e di
grandissimo interesse, caratterizzato dalla presenza di numerosi habitat differenti, tra cui
quello prioritario del Thero – Brachypodietea, che garantiscono ancora oggi la presenza di
un'elevata biodiversità.
L’habitat dei versanti calcarei rappresenta uno dei pochi siti di nidificazione per numerosi
uccelli, soprattutto rapaci, tra cui si segnala la specie prioritaria del Falco biarmicus e gli
ormai rari Bubo bubo e Neophron percnopterus, presente in Puglia con un’unica coppia
nidificante proprio nell’area delle Gravine. L’habitat delle pinete mediterranee di pini
mesogeni rappresenta uno dei pochi casi di pinete spontanee endemiche, mentre i querceti
di Quercus trojana rappresentano una caratteristica specifica di quest’area visto il carattere
transegeico della specie. L’habitat prioritario dei Thero – Brachypodietea rappresenta
infine un sito importantissimo per la nidificazione di numerose specie (Melanocoripha
calandra, Calandrella brachydactyla, Lullula arborea, Anthus campestris, Burhinus
oedicnemus), incluse nella Direttiva Uccelli, oltre a rappresentare un insostituibile
ambiente trofico per le specie prioritarie del Falco naumanni e del Falco biarmicus, e
numerose altre incluse nella citata Direttiva.
Una antropizzazione aggressiva e diffusa ha impoverito la biodiversità dell'ecomosaico
ecologico delle gravine dell'arco ionico, riducendo a isole, sempre di minore estensione e
prive di continuità tra loro, habitat prioritari come quello del Thero – Brachypodietea. La
non consapevolezza dell’importanza della tenuta della biodiversità tra i proprietari delle
aree e tra le comunità locali fa sì che, anche gli habitat prioritari, siano considerati come
terreni di possibile coltivazione per i primi e di inutilità per i secondi.
Da studi scientifici, per quanto non esaustivi, condotti sull’area delle gravine si evince la
presenza di ben 567 taxa, numero molto elevato (pari a circa il 10% dei taxa presenti in
Italia e al 5% di quelli europei) in considerazione della limitata superficie territoriale
occupata, indice quindi di un elevato grado di biodiversità. Le principali forme biologiche
presenti sono le terofite (226 taxa presenti, pari al 40% del totale), strettamente connesse
alla presenza dell’habitat prioritario dei Thero – Brachypodietea. Da un punto di vista
biogeografico le specie presenti all’interno del SIC sono di estremo interesse, dal momento
che si registra la presenza di almeno 11 specie endemiche o sub-endemiche, quali
l’Helianthimum jonium, la Crepis apula, l’Iris pseudopumila e l’Ophrys fuciflora; a queste
si aggiungono poi alcune specie paleoegeiche quali la Quercus troiana, l’Asyneuma
limonifolium, la Campanula versicolor, la Phlomis fruticosa e la Salvia triloba. Numerose
sono le specie vegetali incluse nella Lista Rossa, quali la Campanula versicolor, il
Leontodon apulum, l’Aegilops uniaristata e il Carum multiflorum.
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La forma stretta e allungata delle gravine contribuisce a determinarne l’enorme valore
come corridoi ecologici in un territorio per il resto fortemente antropizzato. La stessa forma
genera però la presenza di numerosi ambienti ecotonali, sul margine superiore delle gravine
stesse, sottoposti a fortissime pressioni antropiche, in particolare a causa delle
trasformazioni agricole, dell’infrastrutturazione e della diffusione di discariche abusive. Va
inoltre aggiunto che nella maggior parte dei casi la fascia ecotonale sul margine delle
gravine è caratterizzata dalla presenza dell’habitat dei Thero – Brachypodietea, habitat
prioritario secondo la direttiva europea e paradossalmente quello più in pericolo, anche a
causa della scarsa sensibilizzazione delle comunità locali sul suo elevatissimo valore
ecologico.
La forte antropizzazione del territorio sta inoltre compromettendo i collegamenti ecologici
trasversali tra le differenti gravine, spesso caratterizzati dalla presenza di vaste aree a Thero
– Brachypodietea, comportando un forte rischio di insularizzazione dei singoli solchi.
Il paesaggio della Murgia attualmente mostra come possano convivere nello stesso
territorio habitat profondamente diversi tra loro:
• le steppe mediterranee, i pascoli rocciosi, cespugliosi, erborati e garrighe di estensione
pari a circa il 50%, ormai molto rare in Italia, costituenti un habitat di estremo interesse
comunitario in quanto ospitano una delle più importanti concentrazioni di specie legate
a questo ambiente.
Il nome gariga deriva dal provenzale garrigue, cioè "terra incolta", e indica ciò che
rimane in seguito alla degradazione della macchia mediterranea.
Pensare alla gariga come a una macchia ridotta al lumicino, però, sarebbe un errore.
Essa, infatti, possiede associazioni vegetali proprie, ricche di specie che non compaiono
né nella macchia, né nella foresta.
Inoltre, non è detto che la gariga rimanga tale per sempre: può evolversi e ritornare
macchia mediterranea, e addirittura diventare foresta, se le si concedono ..... i secoli
necessari.
I pascoli occupano i terreni più impervi e sassosi ricoperti da una vegetazione erbacea e
spontanea, rara ed endemica quali Iris pseudopumila, Arum apulum, Crocus tomasii,
Campanula versicolor, oltre ad un notevole popolamento di orchidee (endemica l'Ophris
mateolana).
Nei pascoli rocciosi, in un ambiente incontaminato, cresce e si sviluppa l'allevamento
ovino, oggi associato ad una organizzazione dell'attività zootecnica su base più ampia
(bovina, suina, avicola).
Studio di Impatto Ambientale, p. 67

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La trasformazione del latte sostiene il comparto caseario con la consolidata produzione
di formaggio pecorino, ricotta di pecora e formaggio a pasta filata.
• le aree utilizzate per gli scopi agricoli, di estensione pari a circa il 32%, utilizzate
principalmente per le coltivazioni cerealicole (tre quinti della estensione essenzialmente
grano duro) e foraggiere (due quinti della estensione, essenzialmente graminacee e
leguminose) in corrispondenza degli incisi vallivi, e, laddove il substrato e le pendenze
lo consentono, per le colture arboree (della vite, dell'olivo, del mandorlo) e, in misura
minore, per piccoli appezzamenti di colture orticole.
• I residui dei boschi cedui e le aree rimboschite con conifere, di estensione
complessivamente pari a circa l’10%. I boschi oggi presenti sono il residuo di quei
boschi che anticamente ricoprivano tutto il territorio e che negli ultimi due secoli sono
stati distrutti dal disboscamento. Questi boschi sono prevalentemente costituiti da
Roverella (Quercus Pubescens) associata con il Fragno, la Coccifera ed il Leccio,
mentre verso il fianco delle Murge rivolto verso la Fossa Bradanica troviamo lembi di
bosco di Cerro e Farneto. Il governo del bosco è a ceduo con presenza di un ricco
sottobosco costituito da Perazzo, Rosa canina, Pistacia, Asparagus, ed altro. Le forme
più degradate di bosco ceduo sono le garighe a Cisti, ad Euforbia, Salvia trilobata, a
Timo capiato o le distese ad Asfodelo.
• la coltivazione delle cave;
• la localizzazione di impianti tecnologici(quali i ponti radio, le stazioni per le
telecomunicazioni, le antenne ripetitrici della telefonia mobile, ecc.);
• la localizzazione di attività militari. I rischi maggiori per l’ambiente della Murgia oggi
sono rappresentati dalla apertura e coltivazione di cave non autorizzate e la pratica dello
spietramento.
Si rimanda anche alla Tav. L3.
In armonia alle disposizioni del Regolamento Regionale il Campo Eolico di progetto
ricade in aree a basso grado di naturalità, non interessa aree protette, pSIC-ZPS etc,
e non provoca alcuna interferenza con le stesse.
2.12.1 Le cave
Le cave presenti sul territorio Comunale di Laterza sono ormai da anni in disuso.
Studio di Impatto Ambientale, p. 68

2.12.2 Gli spietramenti.
Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Come già detto in precedenza, parlando degli habitat del Grillaio, la ZPS “ Area delle
Gravine” annovera tra le vulnerabilità del territorio, quale fattore distruttivo di maggiore
entità, lo spietramento del substrato calcareo che viene poi sfarinato con mezzi meccanici.
Nell’area della Murgia è sempre stata diffusa la pratica della “spietratura” che consisteva
nella rimozione delle pietre affioranti dai campi coltivati alla fine di ogni ciclo produttivo.
Le stesse pietre venivano impiegate come materiale da costruzione per la realizzazione di
numerosi manufatti rurali, quali trulli, lamie, muretti, e similari che ancora oggi è possibile
ritrovare sul territorio.
Di recente, la “spietratura” è stata sostituita dallo “spietramento” che invece consiste
nella lavorazione profonda del terreno con la frantumazione meccanica della roccia
presente per trasformare i terreni generalmente utilizzati per pascoli in terreni produttivi per
le culture a seminativo.
Questa pratica, legittimata dalla Legge Regionale 54/81 ed incentivata dalla erogazione di
finanziamenti pubblici regionali ed europei, si è diffusa nell’area murgiana, “distruggendo”
letteralmente migliaia di ettari di pascoli e mettendo a rischio la conservazione del delicato
ecosistema fondato sulla sussistenza della steppa mediterranea.
Molteplici sono state e saranno ancora in futuro le conseguenza di tale pratica (per esempio
la distruzione di innumerevoli segni della cultura materiale contadina e la scomparsa della
vegetazione tipica della steppa mediterranea e, per quanto detto trattando la fauna
(paragrafo 2.7) conseguentemente delle specie animali legate a questo ambiente).
A ciò va aggiunto il crescente rischio desertificazione in seguito alla perdita di sostanza
organica causata proprio da queste pratiche agricole scorrette e all’aumento dei fenomeni
erosivi dovuti principalmente all’azione dell’acqua (pioggia battente e scorrimento
superficiale), molto più accentuati su terreni privi o con scarsa copertura vegetale come
sono quelli spietrati.
Il fenomeno dello spietramento costituisce una delle più gravi cause di desertificazione del
territorio.
Infatti se facendo propria la definizione data dall’ONU in relazione al fenomeno della
desertificazione, con la quale si intende il “degrado delle terre nelle aree aride, semiaride e
sub-umide secche, attribuibile a varie cause, fra le quali variazioni climatiche ed attività
antropiche” l’effetto dello spietramento rientrerebbe tra le cause legate alle attività
antropiche in aggiunta a quelle tradizionalmente riconosciute quali: l’utilizzo irrazionale
delle risorse idriche, la deforestazione, gli incendi, l’uso irrazionale della meccanizzazione
in agricoltura, la diffusione eccessiva dell’allevamento intensivo, la diffusione
indiscriminata dell’urbanizzazione.
Studio di Impatto Ambientale, p. 69

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PARAGRAFO XIII
GEOMORFOLOGIA ED ANTROPIZZAZIONE STORICA
Il territorio delle Murge è solcato dalle gravine profonde incisioni scavate nelle rocce
calcaree tempi immemorabili.
La presenza delle gravine ha notevolmente influenzato la storia del popolamento del
territorio. Numerose tracce di insediamenti archeologici testimoniano, infatti, che esse
furono frequentate dall'uomo fin dalla prestoria; nelle sue grotte, poi, nel Medioevo fiorì la
cosiddetta civiltà rupestre, con interi villaggi scavati nelle rocce e cripte sacre ricche di
affreschi.
Le gravine, inoltre, hanno favorito la stessa nascita di Castellaneta, Laterza e Palagianello, i
cui nuclei originari si sono sviluppati nel Medioevo ai margini di burroni che costituivano
un'ottima difesa naturale.
Questi profondi avallamenti sono stati creati dallo scorrere di corsi d’acqua sotterranei che,
pur segnando in modo indelebile il territorio, lo hanno reso fertile, permettendo così la
nascita di grossi centri agricoli come Altamura, Gravina, Laterza e Mottola.
Decine sono le gravine disposte a ventaglio intorno al golfo di Taranto, ciascuna diversa
per dimensione e morfologia. Intorno e dentro di esse si è sviluppata in millenni di storia
una civiltà rupestre che ha lasciato tracce evidenti nella cultura, nella storia, nell'arte e,
soprattutto, in una concezione della vita a stretto contatto con la natura.
Eccezionale è anche l’importanza di questa area come zona di maggiore concentrazione
dell’Europa occidentale degli insediamenti rupestri.
Per tale motivo le gravine rappresentano nel loro insieme una testimonianza unica del
patrimonio naturalistico pugliese, tanto da motivare ampiamente la proposta dell'istituzione
del “Parco Regionale delle Gravine”.
Numerose tracce di insediamenti archeologici testimoniano, infatti, che esse furono
frequentate dall'uomo fin dalla preistoria; nelle sue grotte, nel Medioevo, fiorì la cosiddetta
civiltà rupestre con interi villaggi scavati nelle rocce e cripte sacre ricche di affreschi.
Il termine rupestre, da rupe = roccia, indica gli ambienti ricavati in grotta nei quali si sono
sviluppate forme di vita civile e religiosa.
Studio di Impatto Ambientale, p. 70

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La definizione di civiltà rupestre, però, si riferisce ad un particolare momento storico di
questo fenomeno, quello sviluppatosi nel corso del Medioevo quando diverse ragioni
determinarono un recupero della vita in grotte.
Tra il V e il X sec., infatti, la Puglia visse un periodo di notevole decadenza politica ed
economica e fu ripetutamente attaccata da popolazioni straniere: prima i Goti, poi i
Longobardi e i Saraceni.
Necessità economiche e difensive spinsero, quindi, le comunità locali a cercare rifugio
negli anfratti delle numerose gravine del territorio, luoghi ben nascosti e di difficile
accesso.
In quelle stesse gravine trovarono riparo anche molti monaci greci, giunti dall'Oriente, a
partire dall'VIII sec., per sfuggire alla lotta iconoclasta di Leone III Isaurico.
A cavallo tra il X e l'XI secolo, la relativa stabilità politica e la ripresa della vita economica,
sociale e religiosa diedero un particolare impulso all'habitat rupestre che visse il suo
periodo di massima espansione fino al XII - XIII secolo, per poi perdere interesse a causa
delle mutate condizioni storiche e sociali.
Il fenomeno della civiltà rupestre interessa l'intera Puglia e parte della Basilicata. Nell'Arco
Ionico è veramente imponente e spettacolare nella regione delle gravine che va da Matera a
Grottaglie, quindi anche a Laterza, Castellaneta e Palagianello.
Parte notevole di questi insediamenti sono le cripte sacre che presentano un'architettura
sommaria e pareti decorate da affreschi raffiguranti il Cristo Pantocratore, la Vergine e
moltissimi santi orientali.
Nicchie ecologiche di estremo interesse per la flora e la fauna che le caratterizza, le
Gravine costituiscono anche uno scrigno di testimonianze storiche, conservando
insediamenti umani - o almeno tracce degli stessi - a partire dal Neolitico sino a tutto il
Medioevo e, talvolta, sino all'età moderna.
Nei villaggi rupestri di Massafra e dei contigui Comuni di Mottola, Castellaneta, Ginosa,
Laterza, Crispiano, Statte, e Grottaglie si hanno esempi di organizzazione urbana
sviluppata su più registri, con viabilità che si sviluppa, oltre che in orizzontale, attraverso
sentieri a varia altezza sui fianchi dei valloni delle Gravine, anche in verticale, con un
complesso sistema di scalette.
Studio di Impatto Ambientale, p. 71

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Interessante l'osservazione della cura posta nella captazione, depurazione e raccolta delle
acque piovane.
Nei villaggi più estesi sono presenti anche testimonianze di impianti produttivi
(particolarmente frantoi oleari) risalenti a varie epoche.
Le presenze più note, sin ora, sono costituite dalle chiese rupestri ed ipogee, sovente ricche
di affreschi, di cui è testimonianza anche nei territori di Palagiano (San Marco dei Lupini) e
di San Giorgio Jonico (San Giovanni), che pure sono ai margini dell’Arco delle Gravine.
Numerosissime sono le gravine che solcano il territorio di Massafra: nella breve
descrizione le seguiremo idealmente da ovest ad est e da nord a sud.
Generalmente sono interessanti, dal punto di vista ambientale, per la folta pineta di Pinus
Halepensis e per le essenze floristiche tipiche della "Macchia mediterranea" che le
caratterizza.
Gravina di S. Elia degli Schiavi o d'Ognico: è la più imponente gravina posta nella zona
nord del comune di Massafra (calcare cretacico) e forma con l'altura di Monte S. Elia un
habitat naturalistico di rilievo; numerose sono le specie floro-faunistiche presenti; è
interessata, assieme all'omonimo monte, dal progetto di "Parco Naturale Attrezzato di
Gravina e Monte S. Elia" oltre che dall'oasi WWF; rappresenta l'origine di un lungo asse
orografico che proseguendo con la gravina di Colombato e poi con la Lama della Palata,
termina, "sfocia" sul litorale Jonico tramite il fiume Patemisco.
Sempre nella zona nord troviamo le gravine dette "della Polvere" e "del Vùolo" che,
almeno parzialmente, rientrano nel territorio della ex Riserva Naturale Orientata Murge
Orientali (ora della Murgia Tarantina), e sono limitrofe al Parco comunale "Le Pianelle",
sito nel Comune di Martina Franca, ed ancora, la Gravina Lama di Rose le cui
manifestazioni artistiche, legate agli usi cultuali della "Civiltà rupestre", sono testimoniate
dalle cripte di "Madonna delle Rose" e "Panareddozza" I e II, sottostanti la masseria
omonima.
La zona del primo gradone murgico è quella più densamente caratterizzata da questo
fenomeno naturale; qui troviamo oltre alla "Gravina di Capo di Gàvito" (posta al confine
tra Massafra e Mottola), la "Gravina Canale lungo" che nella sua parte alta porta il nome di
canale di S. Lorenzo e dove sono localizzati il villaggio rupestre e l'insediamento religioso
(Cripta e cenobio) di "S. Simeone in Famosa" dal nome della contrada; vi sono ancora le
Studio di Impatto Ambientale, p. 72

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gravine di "Giulieno", "Portico del Ladro", "Palombaro", tutte con tracce di insediamenti
antropici, e la maestosa "Gravina di Colombato" che è sicuramente tra le gravine
paesaggisticamente più belle ed interessanti sia per geomorfologia e vegetazione sia per gli
aspetti antropici. In essa sono presenti semplici ripari sotto roccia o più complessi
insediamenti in grotte naturali e sono stati rinvenuti reperti di varia natura (silicei,
ceramici) e tipologia. L'intera area circostante è interessata da insediamenti funerari
(necropoli) di varia epoca: all'Eneolitico-Bronzo Antico risalgono due tombe a grotticella
di tipo siculo, all'Età del Ferro sono invece databili alcune sepolture a tumulo, mentre
all'Età Classica sono da attribuire alcune sepolture a fossa. Infine, le tracce della civiltà
contadina e latifondista testimoniata dalle masserie di Colombato Piccola (o C. di sopra) e
Colombato Grande (o C. di sotto): da quest'ultima rinviene anche una lapide con iscrizione
latina; la Masseria di Colombato grande presenta anche una cappella databile tra il XVII ed
il XVIII secolo. I Pianori limitrofi alla gravina, dove non coperti dalla folta pineta, lo sono
da "boschi" di olivi secolari. La tenuta compare già nel 1609 (cfr. Jacovelli '83) col nome di
"Serra del Fragno", toponimo che testimonia una probabile diversità vegetazionale rispetto
all'oggi e, successivamente, nell'Atlante del Rizzi-Zannoni (1803) compare col toponimo di
"Colomba".
V'è poi la "Gravina Madonna della Scala" ove è posto, probabilmente il primo
insediamento antropico di Massafra. Il villaggio rupestre omonimo conta oltre trecento
grotte (censite) che hanno documentato frequentazione antropica e che hanno restituito
materiale archeologico di grande interesse: la sua frequentazione, in quanto nucleo demico,
è databile, senza soluzione di continuità, dal Neolitico Medio al XII-XV secolo d.C.. Tra le
grotte che costituiscono il villaggio, alcune hanno una toponomastica divenuta ormai
famosa: la "Grotta del Ciclope", la "Farmacia del Mago Greguro", la "Grotta del tesoretto"
(dove si sono rinvenute circa 135 monete del V-VI secolo di emissione vandala e
bizantina), la "Grotta del frantoio" in cui è visibile una grossa vasca monolitica da frantoio
del tipo "trapetum" romano. Ad esse vanno aggiunte: la cripta distrutta di S.ta Maria Prisca,
la cripta "inferiore" Madonna della Scala, la cripta della Madonna della Greca e la cripta
della Buona Nuova, prospiciente il Santuario tardobarocco della Madonna della Scala e
adorna di suggestivi affreschi.
Studio di Impatto Ambientale, p. 73

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Questa gravina rappresenta un importante habitat naturale per la presenza (schedata) di
alcune centinaia di erbe officinali e di alcune specie animali.
Rilevante sotto l'aspetto storico ed antropico è anche la "Gravina di Trovanza" che presenta
un complesso villaggio rupestre con insediamento monastico. Tra le peculiarità la
cosiddetta "Farmacia" e la Cripta "Mater Domini" (X secolo) con affreschi databili tra il
XII ed il XIII secolo. In prossimità gli insediamenti agricoli, più recenti, di Masseria
Trovanza (XVI-XVII secolo) e Masseria Mastropaolo (XIX secolo). Ormai al centro
dell'abitato è la "Gravina di S. Marco": l'odierno abitato di Massafra, che si erge sopra i
suoi spalti, costituisce la naturale espansione del villaggio rupestre che testimonia una
frequentazione sin dall'Età Classica; in questa gravina troviamo ben sei cripte rupestri: S.
Marco, La Candelora, la cripta di Vico IV Canali o di "Serafino", Santa Marina, i resti della
cripta di S. Biagio, SS. Pietro e Paolo; altra testimonianza della "Civiltà Rupestre" è data
dalla "Casa dell'Igumeno", una struttura rupestre pluripiano. Immagine emblematica è
sicuramente quella del Castello medievale che sovrasta e domina la gravina ed il villaggio
da uno sperone roccioso dello spalto destro; altrettanto diffusa e suggestiva è la "cartolina"
del ponte Garibaldi che, costruito nel 1861 su progetto dell'Architetto Sante Simone, mette
in comunicazione diretta i due spalti con il Centro Storico ad ovest ed il Borgo ottocentesco
ad est.
Urbane sono ormai anche le gravine di "Santa Caterina" (caratterizzata dalla presenza di
due cripte, Santa Caterina e Santo Barbato, entrambe con tracce d'affreschi e di quattro
tombe a grotticella) e di "S. Oronzo".
Per completezza di trattazione si ricorda che il territorio in narrativa si attesta sulle ultime
propaggini delle Murge, degradanti verso il litorale ionico.
I caratteri strutturali dei calcari cretacei nonché il carsismo costituiscono i fattori
fondamentali della definizione e del modellamento dei caratteri morfologici del paesaggio
della Murgia.
Come già detto in precedenza l’etimo di "Murgia" deriva dalla parola latina murex che
significa letteralmente pietra aguzza, sporgenza rocciosa ovvero può anche significare
conchiglia mentre nel linguaggio locale si identifica con il "terreno sterile" che rappresenta
il paesaggio prevalente e comune nella regione della Murgia.
Studio di Impatto Ambientale, p. 74

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Infatti la Murgia, ad un primo sguardo appare come una distesa sconfinata di pietra, di
"rude e selvaggia tristezza".
In realtà, ad una osservazione più approfondita, si riconoscono nella Murgia le
testimonianze di un passato rigoglioso sebbene non esista alcun altro luogo della Puglia,
assetato e sconfinato, coperto prevalentemente da povera vegetazione spontanea nella quale
si inseriscono sporadici lembi di selva antica e di querce superstiti.
Da millenni questa terra ha ospitato l’uomo, alla cui testimonianza è chiamata lo
straordinario ritrovamento dello scheletro fossile dell'Uomo di Altamura, garantendo il
sostentamento ad agricoltori e allevatori, alla cui testimonianza sono chiamate le
numerose e diffuse strutture agricolo-pastorali quali:
• il sistema di tratturi della transumanza, ossia antiche "vie erbose" lungo la quale le
greggi transumanti dovevano spostarsi per raggiungere i pascoli. In prossimità del
Campo Eolico, sono presenti i seguenti Tratturi:
o Tratturo n.21 -“Melfi Castellaneta”,
o Tratturo n.72 -“Martinese”,
o Tratturo n.73 -“Santeramo in Colle – Laterza Martinese”,
• le Poste, ossia locazioni recintate con muretti a secco, costruite per proteggere gli
armenti dai rigori del vento e del freddo;
• gli iazzi, ossia strutture destinate all'allevamento degli ovini, solitamente situate a sud ed
in pendenza, in zone interne;
• i mungituri;
• i pagliari;
• le piscine ed i pozzi, ossia i sistemi per la raccolta delle acque;
• le emergenze archeologiche, dalla trama dei muri a secco;
• i trulli;
• le specchie;
• il sistema delle masserie;
• il sistema dei centri storici.
Gli studiosi sono concordi nel riconoscere che l’ambiente naturale nella Murgia è
strettamente legato alle vicissitudini dell’uomo e delle sue attività tanto che la Murgia
Studio di Impatto Ambientale, p. 75

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
stessa e la sua natura non esisterebbero senza l’uomo: l’elemento maggiormente
caratterizzante del territorio è il suo essere nudo scheletro roccioso privo di copertura
arborea.
Eppure non è sempre stato così: la storiografia, la analisi dei parametri bioclimatici, le
correlazioni tra le specie botaniche ancora oggi presenti ed il loro habitat naturale
forniscono elementi tali da far ritenere che le Murge fossero in tempi passati ricoperti da
lussureggianti boschi di latifoglie.
Il ritrovamento sull’altopiano della Murgia del gigaro pugliese (Arum apulum), pianta che
vive all’ombra dei lembi estremi dei boschi in quanto predilige ambienti freschi e ombrosi,
infatti testimonia la presenza del bosco.
L’assenza attuale del bosco è da imputare alla azione dell’uomo che allo scopo di ricavare
sempre maggiore territorio per soddisfare le crescenti esigenze della pastorizia e della
agricoltura lo ha tagliato e bruciato ripetutamente. A ciò si è combinata la azione di
erosione provocata dalle acque meteoriche che ruscellando superficialmente trasportavano
a valle il terreno agrario contribuendo , nei casi estremi, a mettere a nudo la roccia calcarea.
Questo è stato per anni un processo progressivo e difficilmente reversibile che ha impedito
al bosco di rigenerarsi: si stima che la copertura boschiva della Murgia si è ridotta nel
periodo di 150 anni di circa il 90% passando da 52.600 ettari del 1850 agli attuali 5000
ettari.
Il territorio interessato dal Campo Eolico di progetto, si presenta caratterizzato da ripiani
debolmente ondulati che rendono il paesaggio piuttosto uniforme e privo di elevazioni e di
emergenze particolari.
I terreni sono costituiti da una continua alternanza di superfici pressoché pianeggianti e di
blandi dislivelli.
Il territorio ha perso ormai da tempo le originali caratteristiche di naturalità e si presenta
fortemente trasformato in virtù della continua azione antropica nel corso dei secoli: pratica
della spietramento, utilizzazione a fini agricolo-zootecnici, creazione di infrastrutture di
collegamento, etc
Studio di Impatto Ambientale, p. 76

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
PARAGRAFO XIV
STRAGRAFIA STORICA DELLA ORGANIZZAZIONE INSEDIATIVA
Con riferimento al sistema della stratificazione storica dell’organizzazione insediativa, il
territorio in esame si presenta poco condizionato dalla presenza di una popolazione
residente numericamente significativa diffusa nell’agro.
Molti degli insediamenti quali masserie e/o case rurali, si presentano anche in maniera
addensata in complessi caratterizzati da forme colturali tradizionali consolidate.
Sono presenti, oltre che poche seconde case soprattutto insediamenti produttivi a carattere
prevalentemente zootecnico di epoca recente.
Sono altresì presenti alcune “masserie”, complessi masserizi di antico impianto, che in
virtù del vigente PRG presentano peculiarità degne di tutela.
Studio di Impatto Ambientale, p. 77

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PARAGRAFO XV
IL PAESAGGIO DEL TERRITORIO COMUNALE
Il paesaggio all’interno del territorio comunale di Laterza è caratterizzato dalla unione ed a
tratti dalla sovrapposizione di tre componenti nettamente distinte tra loro:
• gravine
• centro urbano
• murge.
Per la caratterizzazione delle gravine, distani dal Campo Eolico, si rimanda ai precedenti
paragrafi.
Nella restante parte sono ancora presenti lembi di paesaggio agrario di notevole interesse
storico-culturale dove ancora sono leggibili i segni della stratificazione storica
dell’organizzazione insediativa nell’agro (edifici rurali) e delle tecniche di conduzione
agricola (specchie, muretti a secco, terrazzamenti).
A ridosso del centro abitato si segnala invece la presenza di una diffusa edificazione,
soprattutto di epoca recente, che ha già modificato in maniera significativa e pressoché
irreversibile i caratteri paesaggistici che originariamente configuravano i luoghi.
Le tipologie di paesaggio presenti non trovano dei lembi di «paesaggio naturale», ovvero
spazi inviolati dall’azione dell’uomo e con flora e fauna naturali sviluppate
spontaneamente.
Sono invece presenti relitti di «paesaggio seminaturale», ovvero spazi con flora e fauna
naturali che per azione antropica differiscono dalle specie iniziali; è presente in maniera
nettamente prevalente una tipologia di «paesaggio culturale» ovvero spazi caratterizzati
dall’attività dell’uomo dove le differenze con la situazione naturale sono il risultato di
azioni volute.
Pur in presenza delle rilevanti attività trasformatrici dell’uomo il «valore naturale» che
permane nel paesaggio è da reputarsi comunque ancora medio alto mentre il «valore
culturale» presente risulta invece di bassa entità (limitata presenza di strutture storiche,
zone archeologiche, masserie di pregio, ecc..).
Studio di Impatto Ambientale, p. 78

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Per quanto attiene invece al «valore estetico», ovvero la configurazione con la quale il
paesaggio ed i suoi elementi naturali ed artificiali si manifestano all’osservatore, sono
presenti valori di media-bassa entità stante soprattutto le caratteristiche geomorfologiche
dei luoghi che, presentandosi con blandi dislivelli, non realizzano pertanto condizioni
visuali e percettive a vasta scala, tali da produrre evidenti effetti scenici e/o cromatici.
Per quanto attiene al «valore psicologico-culturale» sono presenti , anche se limitatamente
all’area della Murgia vera e propria, valori di alta entità attesa la silenziosità dei luoghi, la
bellezza dei cromatismi, il limitato numero di insediamenti nell’agro che attribuisce ai
luoghi della Murgia una connotazione di territorio selvaggio ed isolato meritevole di tutela.
In sintesi il grado di equipaggiamento paesistico del territorio comunale in esame è da
reputarsi, nel suo complesso, di medio-alta entità e qualità soprattutto nelle aree più
decentrate rispetto al tessuto edificato dove risultano presenti, con maggiore densità,
soprattutto gli elementi paesaggistici strutturanti appartenenti al sistema botanico
vegetazionale, al sistema della stratificazione storica dell’organizzazione insediativa
nell’agro, al sistema geo-morfoidrogeologico (classificazione C e D secondo il
P.U.T.T./P.).
L’intervento di progetto interessa un territorio che ha perso ormai da tempo le originali
caratteristiche di naturalità.
Studio di Impatto Ambientale, p. 79

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
PARAGRAFO XVI
RADIAZIONI IONIZZANTI
Con il termine radiazione si intende la propagazione di energia attraverso lo spazio o un
qualunque mezzo materiale,sotto forma di onde o di energia cinetica propria di alcune
particelle. Le radiazioni si propagano nel vuoto senza mutare le proprie caratteristiche;
viceversa, quando incontrano un mezzo materiale (solido, liquido, aeriforme), trasferiscono
parzialmente o totalmente la loro energia al mezzo attraversato. Per radiazioni ionizzanti si
indicano le radiazioni elettromagnetiche e le particelle atomiche ad alta energia in grado di
ionizzare la materia che attraversano. La ionizzazione è il fenomeno per cui, mediante
interazione elettrica o urto, vengono strappati elettroni agli atomi o vengono dissociate
molecole neutre in parti con cariche elettriche positive e negative (ioni). Le radiazioni
ionizzantì possono essere raggi x e γ; protoni ed elettroni provenienti dai raggi cosmici;
raggi α, costituiti da fasci di nuclei di elio (due protoni e due neutroni), e raggi β formati da
elettroni e positroni, provenienti da nuclei atomici radioattivi; neutroni prodotti nella
fissione atomica naturale e più spesso in reazioni nucleari artificiali. L’effetto di una
radiazione ionizzante è legato al numero di ionizzazioni che in media è in grado di
provocare attraversando un materiale prima di arrestarsi. Particolarmente pericolosi sono
gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti perché la loro azione modifica la struttura dei
composti chimici che regolano l’attività delle cellule ed alterano il D.N.A. inducendo
mutazioni genetiche (effetto mutogeno). L’esposizione a radiazioni ionizzanti può
provocare tumori e leucemie causate da cellule geneticamente mutate; l’effetto dipende
dalla quantità di radiazioni ionizzanti assorbita complessivamente e non dal tempo di
esposizione. Gli effetti delle radiazioni ionizzanti sui tessuti possono però essere sfruttati
anche in maniera positiva ovvero per fermare la proliferazione di cellule tumorali. Entrando
nel merito dell’ambito oggetto d’intervento si rappresenta che, mancando specifici studi a
riguardo, non si è in grado di descrivere gli attuali livelli medi e massimi di radiazioni
ionizzanti presenti per cause naturali ed antropiche, nell’ambito e nell’area interessata
dall’intervento.
Studio di Impatto Ambientale, p. 80

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
PARAGRAFO XVII
RADIAZIONI NON IONIZZANTI
Le radiazioni non ionizzanti sono invece onde elettromagnetiche che non hanno
energia sufficiente per rimuovere un elettrone dall’atomo con cui interagiscono e creare
una coppia ionica. L’IRPA (International Radiation Protection Agency) definisce le
radiazioni non ionizzanti come radiazioni elettromagnetiche aventi lunghezza d’onda di
l00nm o più, o frequenze inferiori a 3 x 1015 Hz, e le suddivide come segue:
- campi statici elettrici e magnetici;
- campi a frequenze estremamente basse (ELF,EMF)
- radiofrequenze (incluse le microonde);
- radiazioni infrarosse (IR)
- radiazioni visibili ed ultraviolette (UV)
- campi acustici con frequenze superiori a 20 KHz (ultrasuoni) e inferiori a 20 Hz
(infrasuoni).
Le ricerche più recenti, che misurano l’intensità dei campi elettrici in V/m (volt/metro) e di
quelli magnetici in T (tesla), hanno dimostrato che il principale effetto dovuto a elevati
livelli di esposizione a radiazioni non ionizzanti deriva dalla generazione di calore nei
tessuti. L’esposizione a campi elettromagnetici a bassa frequenza (ELF) generati
principalmente dalle linee elettriche aeree provoca effetti negativi sulla salute (patologie
neoplastiche) attribuibili soprattutto alla componente magnetica del campo più che alla
componente elettrica in quanto quest’ ultima viene quasi sempre schermata dai muri delle
case o da altri ostacoli come alberi, siepi, recinzioni. Con il termine elettrodotto è
generalmente inteso l’insieme delle tecnologie proposte al trasporto, alla trasformazione ed
alla distribuzione dell’energia elettrica alla frequenza di 50Hz. La tecnica usata per il
trasporto dell’energia elettrica è quella di utilizzare tensioni molto elevate e correnti
relativamente basse, allo scopo di minimizzare le perdite. A causa della bassa frequenza
con la quale l’energia elettrica è prodotta e trasportata, le linee degli elettrodotti non
irradiano un campo elettromagnetico, ma generano separatamente un campo elettrico ed un
campo magnetico. Il campo elettrico misurato in V/m, dipende esclusivamente dalla
tensione dell’elettrodotto. Per il trasporto dell’energia elettrica sono utilizzate tensioni di
Studio di Impatto Ambientale, p. 81

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380kV, 220kV, 150kV e 132kV. Tensioni più basse sono utilizzate per la distribuzione ai
bacini di utenza. Maggiore è la tensione della linea, maggiore è il campo elettrico da essa
prodotto. Poiché la tensione di esercizio per ciascun tipo di linea ha un valore costante, il
campo elettrico generato è costante e diminuisce molto rapidamente con la distanza dalla
linea. Il campo magnetico generato da un elettrodotto dipende dalla corrente trasportata,
cioè dalle condizioni di carico della linea che non sono costanti poiché sono legate alla
richiesta di energia che varia durante le ore del giorno e i periodo dell’anno. Maggiore è
l’energia richiesta maggiore è la corrente trasportata dalle linee e quindi maggiore è il
campo magnetico da esse generato. Anche il campo magnetico espresso in termini di
induzione magnetica, diminuisce molto rapidamente con la distanza dalla linea. In
prossimità di una linea di alta tensione (380 kV), ad una distanza di circa 30 metri, i valori
del campo elettrico sono inferiori ad 1 kV/m i valori del campo magnetico sono dell’ordine
del µT.
I campi elettrico e magnetico dipendono anche dal numero e dalla disposizione geometrica
dei conduttori, nonché dalla distribuzione delle fasi della corrente tra i conduttori stessi. In
particolare le linee di trasporto possono viaggiare in terna singola (una linea per i tre
conduttori per le tre fasi) o in terna doppia (due linee per i tre conduttori ciascuna su di
un’unica serie di tralicci).
Il campo elettrico è facilmente schermabile da parte di materiali quali il legno o i metalli,
ma anche alberi ed edifici: tra l’esterno e l’interno degli edifici si ha quindi una riduzione
del campo elettrico.
Il campo magnetico è invece difficilmente schermabile e diminuisce soltanto all’aumentare
della distanza dalla sorgente.
L’interramento delle linee permette di diminuire i valori del campo nello spazio circostante,
ed inoltre tale campo di induzione decade molto più rapidamente: già ad una distanza
dall’asse del sistema di circa 5 m si ha una riduzione del campo di un ordine di grandezza
rispetto al valore massimo.
Da un punto di vista puramente paesaggistico-ambientale, un ulteriore vantaggio della
soluzione interrata, è rappresentato dalla scarsa “visibilità” implicita in un simile sistema.
La soluzione presenta tuttavia costi elevati e può essere effettuata solo per tratti limitati.
Studio di Impatto Ambientale, p. 82

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La normativa vigente in materia è rappresentata dalla Legge quadro n. 36 del 22 febbraio
2001 «sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici».
Essa rappresenta la prima legge nel panorama giuridico mondiale sulla protezione della
salute e dell’ambiente dalle esposizioni ai campi elettromagnetici a tutte le frequenze
possibili. Obiettivo di tale legge è, infatti, quello di dettare i principi fondamentali per la
tutela della salute dei lavoratori e della popolazione dall’esposizione a campi elettrici,
magnetici ed elettromagnetici con frequenze comprese tra 0 Hz e 300 GHz.
Ad attuazione di questa legge è stato poi emanato il DPCM 08/07/2003, il quale fissa i
valori « dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la
protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza
di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti».
Studio di Impatto Ambientale, p. 83

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PARAGRAFO XVIII
ZONA SISMICA
Il Campo Eolico di progetto ricade in un’area ricompresa fra le zone dichiarate NC ai sensi
del D.M. 23 settembre 1981, mentre di recente è stata discharata sismica in Zona 3 ai sensi
dell’Ordinanza n.3274 del 20.03.03 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, pubblicato
nel supplemento ordinario n.72 alla G.U. n. 105 del 08/05/03, in materia di “Primi elementi
in materia di criteri generali per la classificazine sismica del territorio nazionale e di
normative tecniche per le costruzioni in zona sismica”.
La normativa di riferimento è la legge 02/02/1974 n.64 e successivi aggiornamenti.
I progetti esecutivi saranno redatti ed eseguiti conformemente alla vigente normativa in
materia.
Nei termini di legge verrà espletato il relativo iter al competente Ufficio del Genio Civile di
Taranto.
Ai fini dell’applicazione di queste norme l’intero territorio nazionale è stato suddiviso in 4
zone sismiche, ciascuna contrassegnata da un diverso valore del parametro ag. Per le aree
ricadenti in detta zona sismica 3 la normativa indica, per la accelerazione massima al suolo
da assumere per le verifiche di progetto, espressa come frazione della accelerazione di
gravità g, il valore nominale ag = 0.15g .
In fase esecutiva, ai fini della determinazione della azione sismica di progetto, saranno
condotte specifiche indagini atte a caratterizzare i terreni di fondazione sulla base del
parametro sperimentale Vs30 (velocità media delle onde sismiche di taglio entro i 30 m di
profondità).
Studio di Impatto Ambientale, p. 84

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CAPITOLO III
QUADRO DI RIFERIMENTO TERRITORIALE
MISURE DI TUTELA, SALVAGUARDIA, CONSERVAZIONE
AMBIENTALE E
POLITICHE TERRITORIALI.
Studio di Impatto Ambientale, p. 85

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PARAGRAFO I
CONSIDERAZIONI GENERALI
Le attività di tutela, di salvaguardia, conservazione del patrimonio ambientale, naturale,
culturale, storico, architettonico, archeologico e delle tradizioni relative ad un ambito
territoriale viene esercitata a vari livelli istituzionali, sia in ragione delle competenze
specifiche attribuite agli Enti preposti sia in forza delle disposizioni legislative e normative
vigenti.
Le azioni di tutela, di salvaguardia e di conservazione possono essere esercitate in
modo diffuso sugli ambiti territoriali ovvero in modo mirato e diretto sui singoli
componenti ambientali (naturali e/o costruiti).
In questo contesto, le opere e/o gli interventi (tra le quali rientra anche una proposta di
Centrale Eolica) che presumibilmente possono interferire con le componenti ambientali da
tutelare, da salvaguardare e da conservare, vengono assoggettate ad una preventiva
procedura di valutazione con lo scopo di individuare le interferenze ambientali che la loro
realizzazione determinerebbe e di giudicare se le interferenze individuate possano essere
considerate ammissibili o meno.
La realizzazione di opere e/o di interventi è subordinata al riconoscimento della
compatibilità ambientale.
Pertanto, allo scopo di eseguire la procedura di valutazione atta ad accertare la
compatibilità ambientale della Centrale Eolica di progetto, saranno elencate di seguito le
attività che interessano l’ambito territoriale in questione, indicando per ciascuna di esse lo
stato giuridico ed il rapporto con il sito della proposta Centrale Eolica.
Studio di Impatto Ambientale, p. 86

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PARAGRAFO II
I SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA (pSIC)
La Direttiva Comunitaria 92/43/CEE del Consiglio della Unione Europea del 21 maggio
1992, detta anche “Direttiva Habitat”, recepita in Italia con il D.P.R. 8 Settembre 1997
n°357, pubblicato sulla G.U., serie generale, n°248 del 23 ottobre 1997, fu emanata per la
conservazione degli habitat naturali e seminaturali di flora e fauna selvatiche da
attuare con la organizzata e disciplinata costituzione di una rete ecologica,
denominata “Natura 2000”, composta dalle aree perimetrate degli habitat naturali e
seminaturali nei quali è possibile individuare le specie che la medesima Direttiva
europea elencava.
Le aree, così individuate e perimetrate, costituiscono i proposti Siti di Importanza
Comunitaria (pSIC).
In Italia il lavoro è stato svolto nell’ambito di un progetto di ricerca nazionale denominato
Progetto Bioitaly che è stato realizzato negli anni 1995-1997.
Tale attività ha portato alla individuazione, nella sola regione pugliese, di settantasette
pSIC dei quali sei designati anche come Zone di Protezione Speciale (ZPS).
Per ogni sito pSIC è stata compilata una scheda che riporta le seguenti informazioni
caratteristiche:
• ubicazione, identificazione e localizzazione del sito pSIC;
• tipi di habitat presenti;
• specie di animali e vegetali presenti;
• stato di protezione del sito;
• attività antropiche;
• vulnerabilità.
Inoltre, la Direttiva Habitat, ha imposto agli Stati della comunità e, nel caso dell’Italia alle
Regioni, di mantenere le zone pSIC “in un soddisfacente stato di conservazione”
specificando che “lo stato di conservazione di habitat e specie è soddisfacente quando i
parametri relativi a superficie, struttura, ripartizione naturale, andamento delle popolazioni
e area di ripartizione delle specie non sono in declino, sono stabili o in aumento”.
Studio di Impatto Ambientale, p. 87

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Tali condizioni dovranno essere verificate almeno fino alla designazione delle Zone
Speciali di Conservazione (ZSC), scelte tra i pSIC entro l’anno 2004 con il
riconoscimento della loro importanza e con la validazione mediante l’inserimento
definitivo nella rete di “Natura 2000” operato da parte di una apposita Commissione e
dagli stessi Stati della Comunità europea.
Per ciascuna delle ZSC sarà adottato un piano di gestione che preveda specifiche norme di
salvaguardia finalizzate alla disciplina delle attività in tali zone.
Attualmente, in attesa che siano adottate le ZSC, pur non esistendo specifiche norme di
salvaguardia, la Direttiva Habitat ha previsto che i piani, i programmi ed i progetti che non
siano strettamente necessari per la tutela del sito ma che viceversa possano incidere sugli
habitat e sulle specie tutelate e salvaguardate dal pSIC, siano sottoposti preventivamente a
specifica Valutazione di Incidenza, in ottemperanza a quanto stabilito dall’art.5 del
D.P.R. n°357/97 ed espressamente disciplinato in Puglia dalla Legge della Regione Puglia
12 aprile 2001 n°11, “Norme sulla Valutazione dell’Impatto Ambientale”.
Il nuovo Regolamento Regionale del 04 Ottobre 2006 n. 16 include i pSIC, ed un’area
buffer di almeno 300m all’intorno, tra le aree “ non idone “ alla realizzazione di impianti
eolici, quindi in ottemperanza a tali disposizioni il Campo Eolico di progetto non interessa
alcun pSIC.
Studio di Impatto Ambientale, p. 88

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PARAGRAFO III
LE ZONE DI PROTEZIONE SPECIALE (ZPS)
L’attività di lavoro svolta nell’ambito del progetto di ricerca nazionale finalizzata alla
individuazioni dei siti dei pSIC, della quale si è riferito nel paragrafo precedente, il
Progetto Bioitaly, è stato utilizzato anche per designare, nel mese di dicembre 1998, sei dei
settantasette siti pSIC come Zona di Protezione Speciale (ZPS) ai sensi della Direttiva
Comunitaria 79/409/CEE, detta anche “Direttiva Uccelli”, recepita dallo Stato Italiano con
la Legge 11 febbraio 1992 n°157 il cui scopo fondamentale consiste nel salvaguardare la
conservazione degli uccelli selvatici.
Ai sensi dell’art. 6 della Direttiva Habitat, le zone ZPS entrano a far parte della rete
“Natura 2000” e pertanto non sono richiesti ulteriori adempimenti di validazione
comunitaria previsti invece per le aree individuate come pSIC.
Il nuovo Regolamento Regionale del 04 Ottobre 2006 n. 16 include le aree ZPS, ed un’area
buffer di almeno 300m all’intorno, tra le aree “ non idone “ alla realizzazione di impianti
eolici, quindi in ottemperanza a tali disposizioni il Campo Eolico di progetto non interessa
alcuna ZPS.
Studio di Impatto Ambientale, p. 89

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PARAGRAFO IV
IL PARCO TERRA DELLE GRAVINE
Con la LEGGE REGIONALE 20 dicembre 2005, n. 18 “Istituzione del Parco naturale
regionale “Terra delle gravine”, in applicazione dell’articolo 6 della legge regionale 24
luglio 1997, n. 19 “Norme per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette nella
Regione Puglia”, è istituito il Parco naturale regionale “Terra delle gravine”, la cui
perimetrazione ricadente sui territori dei comuni di: Castellaneta, Crispiano, Ginosa,
Grottaglie, Laterza, Martina Franca, Massafra, Montemesola, Mottola, Palagianello,
Palagiano, S. Marzano di S. Giuseppe, Statte e Villa Castelli, è riportata nella cartografia in
scala 1:50.000 nel seguito allegata.
All’ Art. 2, comma 1, della Legge Regionale 20 dicembre 2005, n. 18 vengono disposte le
finalità istitutive del Parco naturale regionale “Terra delle gravine”:
a) conservare e recuperare le biocenosi, con particolare riferimento agli habitat e alle
specie animali e vegetali individuate nelle direttive 79/409/CEE del Consiglio, del 2
aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici e 92/43/CEE del
Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e
seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, nonché i valori paesaggistici, gli
equilibri ecologici, gli equilibri idraulici e idrogeologici superficiali e sotterranei;
b) salvaguardare e valorizzare i beni storico-architettonici, il patrimonio antropologico e
le attività produttive agro-silvo-pastorali e artigianali tradizionali;
c) migliorare la qualità strutturale dei boschi e aumentarne le superfici;
d) salvaguardare i solchi gravinali e la qualità delle acque presenti;
e) favorire la connessione ecologica dei diversi ambienti naturali;
f) promuovere attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, nonché
attività ricreative sostenibili;
g) favorire la mobilità lenta e l’accoglienza diffusa;
h) promuovere e riqualificare le attività economiche, in particolare quelle agro-silvopastorali,
del turismo, dell’artigianato e dei servizi, compatibili con le finalità del
presente articolo, al fine di migliorare la qualità della vita delle popolazioni residenti;
i) promuovere l’integrazione tra le risorse naturali, le attività umane, le risorse sto-ricoarchitettoniche,
i valori antropologici, le espressioni culturali, le identità delle
comunità locali.
All’Art. 3 viene definita la Zonizzazione provvisoria, sino all’approvazione del Piano di cui
all’ar-ticolo 7:
Studio di Impatto Ambientale, p. 90

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a) zona 1, di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico e/o storico-culturale,
caratterizzata dalla presenza di solchi erosivi, boschi e vegetazione spontanea;
b) zona 2, di valore naturalistico, paesaggistico e/o storico culturale con presenza di
un maggior grado di antropizzazione e di attività agraria.
All’ Art. 4 vengono definite le Azioni di valorizzazione del territorio e norme di tutela:
1. Ai comuni e alle province il cui territorio è compreso, in tutto o in parte, entro i
confini del Parco naturale regionale “Terra delle gravine” è attribuita priorità nella
concessione di finanziamenti dell’Unione europea, dello Stato e della Regione richiesti
per la realizzazione, entro i confini del parco, degli interventi previsti nel Piano di cui
all’articolo 7; la priorità in detti finanziamenti è, altresì, attribuita ai privati, singoli o
associati, che intendano realizzare iniziative produttive o di servizio compatibili con le
finalità istitutive del Parco.
2. Sull’intero territorio del Parco naturale regionale “Terra delle gravine” l’Ente di
gestione di cui all’articolo 5 promuove azioni di valorizzazione e, in particolare:
a) il restauro dei centri storici ed edifici di particolare valore storico e culturale;
b) il recupero dei nuclei abitati rurali;
c) le opere igieniche e idropotabili e di risanamento dell’acqua, dell’aria e del suolo;
d) la conservazione e il recupero dei biotopi naturali e delle specie di fauna e flora
selvatica rara e minacciata;
e) le opere di conservazione e di ripristino ambientale del territorio attraverso pratiche
di ingegneria naturalistica;
f) le attività culturali nei campi di interesse del parco;
g) l’agriturismo, il turismo storico-cultu-rale, il turismo enogastronomico;
h) la realizzazione di percorsi escursionistici legati a forme di mobilità lenta e le
attività sportive compatibili;
i) la promozione del risparmio energetico, l’utilizzazione di fonti energetiche a
basso impatto ambientale quali il metano e altri gas combustibili, nonché
l’autoproduzione energetica attraverso l’uso di energie rinnovabili, in particolare
del fotovoltaico;
7. Allo scopo di perseguire le finalità di salvaguardia e valorizzazione dell’ambiente
naturale, nel Parco naturale regionale “Terra delle gravine” non è consentito:
a) aprire nuove cave, miniere e discariche. L’attività delle cave in esercizio è
consentita sino alla scadenza delle autorizzazioni. Le cave già esistenti, ma non in
esercizio, che, all’atto dell’entrata in vigore della presente legge, siano in possesso
di tutte le autorizzazioni paesaggistiche e ambientali previste dalle leggi statali e
regionali possono esercitare l’attività previa conclusione dell’iter autorizzativo. In
tutti i casi, devono essere rispettate le disposizioni di cui alla legge regionale 12
novembre 2004, n. 21 (Disposizioni in materia di attività estrattiva);
b) effettuare opere di movimento terra che alterino consistentemente la morfologia
del terreno, a eccezione delle normali pratiche agronomiche, e dei cambi colturali
e fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo
unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a
norma dell’articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352);
c) trasformare le superfici coperte da vegetazione spontanea;
Studio di Impatto Ambientale, p. 91

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d) esercitare l’attività venatoria; sono fatti salvi, su autorizzazione dell’Ente di
gestione, gli interventi di controllo delle specie previsti dall’articolo 11, comma 4,
della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), ed
eventuali prelievi effettuati a fini scientifici;
e) alterare e modificare le condizioni di vita degli animali selvatici e raccogliere o
danneggiare le specie vegetali spontanee, a eccezione degli interventi a fini
scientifici preventivamente autorizzati dall’Ente di gestione, tranne quanto
disposto dal comma 3, lettera c);
f) asportare minerali e materiale d’interesse geologico, fatti salvi i prelievi a scopi
scientifici preventivamente autorizzati dall’Ente di gestione;
g) introdurre nell’ambiente a vegetazione spontanea specie faunistiche e floristiche
non autoctone;
h) apportare modificazioni agli equilibri ecologici, idraulici e idrogeotermici o tali da
incidere sulle finalità di cui all’articolo 2;
i) transitare con mezzi motorizzati fuori dalle strade statali, provinciali, comunali,
private e vicinali gravate dai servizi di pubblico passaggio, fatta eccezione per i
mezzi di servizio e per le attività agro-silvo-pastorali;
j) costruire nuove strade e ampliare le esistenti se non in funzione delle attività agrosilvo-pastorali;
k) effettuare, fino all’approvazione del Piano di cui all’articolo 7, interventi sulle
aree boscate e tagli boschivi senza l’auto-rizzazione dei competenti uffici dell’Assessorato
regionale alle risorse agroalimentari;
l) costruire, fino all’approvazione del Piano di cui all’articolo 7, nuovi edifici o
opere all’esterno dei centri edificati così come delimitati ai sensi della legge 22
ottobre 1971, n.865 (Programmi e coordinamento per l’edilizia residenziale
pubblica);
m) mutare, fino all’approvazione del Piano di cui all’articolo 7, la destinazione dei
terreni, fatte salve le normali operazioni connesse allo svolgimento, nei terreni in
coltivazione, delle attività agricole, forestali e pastorali.
All’ Art. 6 vengono definiti gli Strumenti di attuazione di cui dovrà dotarsi l’Ente Gestore
per l’attuazione delle finalità del Parco naturale regionale “Terra delle gravine”:
a) Piano territoriale dell’area naturale protetta, di cui all’articolo 20 della l.r.
19/1997;
b) Piano pluriennale economico sociale del-l’area naturale protetta, di cui all’articolo
21 della l.r. 19/1997;
c) Regolamento dell’area naturale protetta, di cui all’articolo 22 della l.r. 19/1997.
Il nuovo Regolamento Regionale del 04 Ottobre 2006 n. 16include le aree protette regionali
istituite ex L.R. n.19/97, ed un’area buffer di almeno 300m all’intorno, tra le aree “ non
idone “ alla realizzazione di impianti eolici, quindi in ottemperanza a tali disposizioni il
Campo Eolico di progetto non interessa alcuna area protetta regionale o nazionale.
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Studio di Impatto Ambientale, p. 93

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PARAGRAFO V
PIANO URBANISTICO TERRITORIALE TEMATICO/PAESAGGIO PUTT/P
Il Piano Urbanistico Territoriale per il Paesaggio (P.U.T.T./ P.) è stato adottato con
Delibera di Giunta della Regione Puglia n°880 del 25 luglio 1994 e, successivamente, è
stato definitivamente approvato con Delibera di Giunta della Regione Puglia n° 1.748 del
15 dicembre 2000 pubblicata sul BURP n° 6 dell’l1 gennaio 2001.
Il P.U.T.T./P. risponde ai requisiti di contenuto di cui alle lettere c) - d) dell’art. 4 e di
procedura di cui all’art. 8 della Legge Regionale n.56/80 nonché si configura come Piano
Urbanistico Territoriale con riguardo ai valori paesistici ed ambientali, come previsto
dall’art. 149 del D. Lvo n.490/99. Le norme del P.U.T.T./P., che disciplinano la
trasformazione in funzione degli obiettivi generali e specifici di salvaguardia e
valorizzazione paesistica, di cui al Titolo II “ambiti territoriali estesi” ed al Titolo III
“ambiti territoriali distinti”, non trovano applicazione all’interno dei cosiddetti “territori
costruiti”, definiti dall’art. 1.03 punto 5 delle N.T.A. del P.U.T.T./P. né le norme dello
strumento di pianificazione urbanistica territoriale tematica regionale trovano applicazione
negli “ambiti estesi” di valore normale E dove non è direttamente dichiarabile un
significaativo valore paesaggistico.
Il P.U.T.T./P. ha individuato gli elementi strutturanti il territorio articolandoli nei
sottosistemi e relative componenti paesistico-ambientali di pregio che rappresentano le
peculiarità degne di tutela e li ha suddiviso nell’ambito di tre sistemi fondamentali in
ragione dei quali, localizzandoli sul territorio, ha proceduto alla perimetrazione del
territorio regionale nei sistemi delle ‘aree omogenee per i caratteri costitutivi fondamentali
delle strutture paesistiche’ quali:
• il sistema delle aree omogenee per l’assetto geologico, geomorfologico ed
idrogeologico,
• il sistema delle aree omogenee per la copertura botanico-vegetazionale e colturale e del
contesto faunistico attuale e potenziale che queste determinano,
• il sistema delle aree omogenee per i caratteri della stratifìcazione storica
dell’organizzazione insediativa.
Studio di Impatto Ambientale, p. 94

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Il P.U.T.T./P., sulla base del livello dei valori paesaggistici individuati, ha individuato le
aree omogenee dei cosiddetti ‘ambiti territoriali estesi’ nelle quali disciplina con le N.T.A.
ad esse relative, la tutela dei valori paesistici identificati stabilendo altresì, in funzione della
dotazione di valori paesistico-ambientale individuati il grado di trasformabilità dell’attuale
assetto paesaggistico. Infatti, Il P.U.T.T./P. in funzione del livello della tutela paesaggistica
giunge ad inibire ogni possibilità rasformazione in alcune specifiche aree interessate dalla
presenza di ‘ambiti territoriali distinti’ ovvero da ‘emergenze’ e/o ‘componenti ed insiemi
di pregio’ che costituiscono gli elementi caratterizzanti e strutturanti il territorio dal punto
di vista paesaggistico come identificati e definiti dal titolo III delle N.T.A. del P.U.T.T./P.
Tuttavia, nelle aree ove l’assetto paesaggistico lo consenta, le attività di trasformazione
vengono disciplinate dalle N.T.A. del P.U.T.T./P. che oltre a procedere alle «definizioni»
delle stesse peculiarità paesaggistiche individuate nella fase di analisi, fissa altresì, in
funzione della tutela delle stesse, i cosiddetti «indirizzi di tutela», le «direttive di tutela»
nonché le «prescrizioni di base».
In particolare le ‘prescrizioni di base’, in quanto ritenute livello minimo di tutela, sono
direttamente ed immediatamente vincolanti in quanto prevalenti rispetto ad ogni strumento
di pianificazione vigente e/o in corso di formazione e dovranno essere obbligatoriamente
osservate sia dagli operatori privati che pubblici.
Nello specifico, il Campo Eolico di progetto ricade completamente in un’area non
classificata dal P.U.T.T./P. Cfr Tav 4-1.
L’intervento di progetto, inoltre, non rientra complessivamente nella specie degli intervento
di «rilevante trasformazione» (ex art. 4.01 delle NTA del PUTT/P), e quindi non necessita
di alcuna richiesta di variante allo strumento di pianificazione comunale vigente.
Con riferimento alle analisi conoscitive svolte dal PUTT/P verranno di seguito elencate le
principali emergenze che ricadono nel territorio comunale di Laterza in aree limitrofe al
sito del Campo Eolico.
3.5.1 Catasto delle Grotte
A circa 4 km a Sud dal Campo Eolico il PUTT/PBA ha censito la presenza di una grotta:
o Grotta De Bellis,n.409, in prossimità della Masseria Cicciogallo all’inizio del
Studio di Impatto Ambientale, p. 95

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centro abitato vero e proprio.
Mentre in prossimità della Masseria Pietro Tucci, e distante più di 300 m
dall’aerogeneratore n. 9, è presente:
o Grotta LA CRAVE ,n.422, contigua al Vallone Silica.
• 3.5.2 Vincoli ex LEGE 1497/39
In tutta l’area interessata dal Campo Eolico di progetto, e nelle aree limitrofe, il
PUTT/PBA non segnala la presenza dei vincoli di cui alla legge 1497/39.
3.5.3 Decreti Galasso: LEGGE 431/85.
In tutta l’area interessata dal Campo Eolico di progetto, e nelle aree limitrofe, il
PUTT/PBA non segnala la presenza dei vincoli di cui alla legge 431/85, “ Decreti
Galasso”.
3.5.4 Elenco vincoli e segnalazioni archeologiche e architettoniche
In prossimità del territorio interessato dal Campo Eolico il PUTT/PBA ha censito la
presenza delle seguenti emergenze:
o Tratturo n.21 -“Melfi Castellaneta”,
o Tratturo n.72 -“Martinese”,
3.5.5 Elenco idrologia superficiale
o Tratturo n.73 -“Santeramo in Colle – Laterza Martinese”,
In tutta l’area interessata dal Campo Eolico di progetto, e nelle aree limitrofe, il
PUTT/PBA non segnala la presenza di alcun corso idrologico superficiale.
Per una più chiara visione di insieme di quanto illustrato nel presente paragrafo rispetto alle
emergenze segnalate dal PUTT / P-BA, si rimanda allo specifico elaborato, TAV A4-1
Studio di Impatto Ambientale, p. 96

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PARAGRAFO VI
IL PIANO DI RISANAMENTO DELLE ACQUE
La situazione regionale pugliese in tema di tutela e salvaguardia delle risorse idriche vede,
a partire dal 1983, con la legge regionale n. 24 di approvazione del piano di risanamento
delle acque ai sensi della L. 319/76, il primo strumento di governo della risorsa idrica.
Successivamente, anche se con un certo ritardo rispetto alla emanazione della legge, sono
stati emanati regolamenti regionali, fra la fine del 1989 e gli inizi del 1990, che meglio
disciplinavano le modalità e gli attuativi della legge.
In termini pratici il piano di risanamento delle acque non ha avuto la dovuta attuazione sia
per quanto riguarda gli aspetti legati alla riduzione dei carichi inquinanti e quindi di
interventi in campo fognario-depurativo, sia per quanto attiene all’aspetto della gestione e
della pianificazione delle risorse idriche regionali, con particolare riferimento alle risorse
idriche sotterranee.
Successivamente, quindi, il Ministro dell’Interno, delegato per il Coordinamento delle
Protezione Civile, con propria ordinanza del 22.3.2002, n. 3184, ha emanato le disposizioni
per fronteggiare la dichiarata emergenza nel settore dei rifiuti urbani, bonifica e
risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinanti, nonché in materia
di tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione nella Regione
Puglia, attribuendo al Presidente della Regione Puglia la delega di Commissario per
l’attuazione degli interventi necessari al raggiungimento della cessazione dello stato di
emergenza. La stessa ordinanza, inoltre, ha assegnato al Commissario Delegato la
predisposizione del ‘Piano di Tutela delle Acque’.
Il Commissario Delegato per l’Emergenza Socio Economico Ambientale della Regione
Puglia ha quindi affidato alla Sogesid, attraverso un apposito decreto datato 04/08/02, la
predisposizione del Piano di Tutela delle acque, attraverso l’approvazione del relativo
“Programma Operativo”.
La Sogesid ha infatti elaborato la progettazione in modo duale: la elaborazione del
Programma Operativo e la redazione del Piano di Tutela.
La elaborazione del Programma Operativo, pur nella consapevolezza di dover operare in
ottemperanza al D.Lgs.n.152/99, è risultata fondamentale sia in considerazione di un
Studio di Impatto Ambientale, p. 97

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patrimonio conoscitivo ridondante ma spesso disarticolato (in termini di collocazione,
titolarità e completezza), sia degli obiettivi specifici che è necessario raggiungere in
considerazione delle notevoli difficoltà nella gestione della risorsa idrica, in modo
particolare quella sotterranea.
Si è così giunti alla elaborazione del Piano Direttore della Regione Puglia, a stralcio del
Piano di Tutela.
Il Piano Direttore in sintesi ha definito:
• i criteri per la individuazione dei recapiti finali delle acque reflue depurate da
impianti a servizio dei centri abitati, al fine di consentire la definizione degli
interventi di adeguamento degli impianti di depurazione, in considerazione della
realtà territoriale pugliese;
• le modifiche ai limiti di emissione per gli scarichi di acque reflue sul suolo, che in
molti casi rappresenta il recapito finale di numerosi impianti, con la presenza di
concentrazioni di sostanze nei reflui non eliminabili attraverso i trattamenti di
depurazione (si fa esplicito riferimento ai cloruri ed al boro per i quali sono state
adottate deroghe ai limiti tabellari del D.Lgs.152/99);
• i criteri per la disciplina delle acque meteoriche di prima pioggia e di lavaggio delle
aree esterne, di cui all’art. 39 del D.Lgs. 152/99, in considerazione della realtà
regionale che vede spesso tali acque recapitate nel sottosuolo e talora direttamente in
falda;
• i limiti dei parametri chimico-fisici e microbiologici per il riutilizzo irriguo delle
acque reflue, che rappresenta uno degli obiettivi principali da perseguire a breve e
medio termine in considerazione della grave carenza di risorse idriche da destinare al
comparto agricolo.
3.6.1 L’ area di intervento
Il Campo Eolico di progetto, in virtù della sua tipologia e della ubicazione, non interferisce
con le previsioni del Piano Direttore precedentemente citato.
Studio di Impatto Ambientale, p. 98

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PARAGRAFO VII
IL PIANO DELLE ATTIVITA’ ESTRATTIVE
La attività estrattiva nella Regione Puglia è attualmente regolamentata dalla legge della
Regione Puglia n° 37/1985.
Tale legge regolamenta la procedura di autorizzazione per la coltivazione di cave ed
istituisce il Piano Regionale Attività Estrattiva (P.R.A.E.) con il quale viene programmato
il razionale svolgimento dell’attività.
In particolare, il rilascio di autorizzazione alla coltivazione di una cava è subordinato al
rilascio di garanzie relativamente al recupero ambientale della cava ed al riuso del sito alla
conclusione del ciclo di attività estrattiva.
Il P.R.A.E., ad oggi, risulta solamente adottato e, pertanto, è in itinere la procedura per la
approvazione.
Il P.R.A.E. individua le norme con le quali regolamentare qualsiasi attività di
trasformazione del territorio cha sia finalizzata al reperimento e allo sfruttamento delle
risorse minerali di seconda categoria.
In dettaglio, il P.R.A.E. prevede le seguenti principali finalità:
• individuare, attraverso indagini giacimentologiche e tecnico — produttive, le zone più
favorevoli per lo sviluppo dell’attività estrattiva in cui consentire, per un periodo di
dieci anni, la coltivazione delle cave esistenti e l’apertura di nuove cave;
• conciliare le esigenze industriali legate all’estrazione e trasformazione dei materiali con
i principi di salvaguardia dell’ambiente;
• fornire norme e prescrizioni alle quali dovranno adeguarsi sia le attività esistenti che
quelle da intraprendere;
• indicare le norme, i criteri e le modalità di attuazione per le aree maggiormente
interessate e/o degradate dell’attività estrattiva;
• definire i comprensori per i quali si dovrà procedere alla redazione di piani attuativi
indicando i criteri e i tempi per la loro attuazione;
• stimare i fabbisogni dei mercati nazionali ed esteri dei vari materiali, secondo ipotesi a
medio e lungo periodo.
Il P.R.A.E., si pone come strumento capace di dare ausilio alle Pubbliche Amministrazioni
per assumere orientamenti e decisioni attraverso le norme di salvaguardia.
Nel contempo il piano si pone come strumento capace di far assumere in permanenza delle
Studio di Impatto Ambientale, p. 99

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decisioni che debbono essere inserite in un quadro globale di coerenza e di compatibilità.
Gli aspetti più importanti che si sono concretizzati nella proposta di Piano sono i seguenti:
• l’attività estrattiva attuale risulta estremamente dispersa e non segue alcuna regola di
programmazione e pianificazione;
• l’attività estrattiva, per contro, è a tutti gli effetti un’attività industriale, anche perché
alla stessa spesso si associano gli impianti di prima lavorazione e/o trasformazione del
materiale;
• un’attività così dispersa comporta una carenza nel controllo e nella gestione che
determina una conciliazione non adeguata tra l’aspetto economico — produttivo da una
parte e quello ambientale dall’altra e una non attenta programmazione e
razionalizzazione di risorse non più rinnovabili;
• il problema della determinazione della quantità di materiale estratto o da estrarre nei
prossimi anni, è un problema davanti al quale si sono trovate tutte le amministrazioni
regionali;
• non si può prescindere dall’attuale assetto produttivo che ha richiesto anche onerosi
investimenti e per contro non si può dallo stesso farsi condizionare; a tal proposito il
PRAE distingue due fasi, una “transitoria”, l’altra “di regime”.
A regime, l’attività estrattiva dovrà essere concentrata in poli o bacini estrattivi che sono
stati individuati in tre differenti tipologie:
• BPP -‘Bacino da sottopone a piano particolareggiato. Si tratta di un’area di rilevante
interesse economico oltre che ambientale e per le quali occorrono degli approfondimenti
negli studi’;
• BC -‘Bacino di completamento con cave in attività’;
• BN -‘Bacino di nuova apertura senza cave in attività’.
Questi ultimi due tipi di bacini possono ricadere anche in aree vincolate, nel qual caso
vengono denominati “BV” — Bacino in Aree Vincolate.
Per ciascuna differente tipologia di area estrattiva saranno fornite indicazioni relative alla
coltivazione mineraria sulla scorta di un programma unitario da definire mediante piani
attuativi che, a seconda della tipologia, saranno particolareggiati, di riordino o di bacino, e
saranno redatti sulla scorta delle previsioni, delle indicazioni e delle prescrizioni del
P.R.A.E. All’interno del singolo bacino dovranno trovare localizzazione tutte le attività
connesse con quella estrattiva e quindi le aree industriali o artigianali attrezzate, le aree per
la discarica dei detriti, i servizi comuni a tutte le attività, le infrastrutture di servizio. La
situazione di regime potrà essere raggiunta dopo un periodo transitorio in cui sarà
Studio di Impatto Ambientale, p. 100

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consentita per le cave già autorizzate l’attività estrattiva anche al di fuori dei poli estrattivi.
Il periodo transitorio dovrà essere proporzionale agli investimenti effettuati e alle
potenzialità dei giacimenti. I bacini estrattivi è avvenuta successivamente alla saranno
individuati successivamente alla individuazione delle aree del territorio regionale che
debbono essere salvaguardate dall’attività estrattiva in quanto questa potrebbe alterare i
suoi valori, procedendo alla definizione e perimetrazione di aree che, per peculiari
caratteristiche, risultano vincolate da leggi esistenti sebbene si è potuto dimostrare che il
sistema cava-ambiente possa coesistere nonostante la presenza di Vincoli.
Nella scelta di piano a regime si sono definite delle aree soggette a vincolo ostativo
all’attività estrattiva e indicate nelle carte di piano come aree di salvaguardia ambientale.
Tale aree risultano individuate e perimetrate dall’inviluppo delle seguenti:
• aree vincolate paesisticamente (Legge 1497/39);
• aree vincolate paesisticamente (decreti Mi BB AA del 1985);
• aree vincolate paesisticamente (Legge Galasso n. 431/85);
• aree vincolate archeologicamente (Legge 1089/39);
• aree in cui ricadono boschi e foreste; o oasi di protezione, riserve naturali, zone umide;
• zone militari.
A riguardo dei ‘Galassini’, atteso le vicende che hanno fatto decadere tali decreti, sono
state valutate con attenzione le aree dagli stessi sottoposte a vincolo senza automatica
inclusione di queste in quelle sottoposte a vincolo ostativo.
La sovrapposizione della carta del vincolo ostativo alla carta delle risorse, ha consentito di
effettuare una prima selezione della localizzazione delle risorse, all’interno delle quali sono
stati successivamente individuati i poli estrattivi. Per inciso, si precisa che alcuni poli sono
stati individuati anche in aree con “vincolo ostativo”, unicamente nei casi di conclamato
degrado ambientale e/o produttivo tanto da far ritenere che la localizzazione di attività
estrattive viene proposta come programma di coltivazione finalizzato al recupero
ambientale (Piani di riordino o Piani particolareggiati). In altri casi, i poli ricadono in zone
vincolate e sono stati tipizzati “BV”, ma il vincolo su di esse gravanti non è stato ritenuto
ostativo, potendo facilmente individuare modalità di coltivazione e di sistemazione
compatibili con il tipo di vincolo (ad esempio zone con vincolo idrogeologico).
Il passo successivo è stato quello di definire l’esatta perimetrazione dei poli attorno ad
attività esistenti, tenendo anche conto dei luoghi di utilizzazione e trasformazione del
materiale. Il P.R.A.E. ha contenuto quanto più possibile il numero di tali aree, sebbene,
questa necessità contrasti con la esigenza di de-localizzazione e di distribuzione sul
Studio di Impatto Ambientale, p. 101

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territorio per tenere conto dei diversi settori produttivi e del bacino di gravitazione relativo
al materiale e del prodotto trasformato. Per la scelta dei poli di estrazione, normalmente, si
è tenuto conto dei seguenti fattori:
• la esigenza di materiali per i vari usi nelle diverse zone;
• la densità delle cave nelle varie aree;
• la durata dell’autorizzazione rilasciata o semplicemente richiesta; la capacità produttiva
delle singole aziende;
• la presenza di stabilimenti per trasformazione delle materie prime estratte (laterifici,
cementifici, impianti di frantumazione, di betonaggio, ecc.);
• la forza lavoro impiegata; la unicità e/o la qualità del prodotto estratto;
• gli aspetti specifici dell’attività estrattiva.
Ciò ha consentito la più idonea, a giudizio degli autori, localizzazione delle aree estrattive,
alla cui esatta perimetrazione si è giunti tenendo conto anche delle presumibili produzioni a
regime, della viabilità esistente, delle condizioni stratigrafiche e strutturali dei luoghi, oltre
che dell’esigenze di aree a servizi (viabilità interna, discarica, ecc.) e della necessità di non
superare determinati indici di utilizzazione superficiale, definiti in funzione delle
produzione e delle dimensioni delle cave ricadenti attualmente nell’area e/o delle
produzioni di quelle che, a regime, dovranno in esse confluire.
3.7.1 L’area di intervento
Non essendoci cave in esercizio nel territorio Comunale di Laterza, il Campo Eolico di
progetto non interferisce con quanto regolamentato dal Piano Regionale delle Attività
estrattive.
Studio di Impatto Ambientale, p. 102

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PARAGRAFO VIII
PIANO REGOLATORE VIGENTE
Tutte le aree interessate dal Campo Eolico ricadono in Zona Agricola Tipizzata “E” e non
sono iscritte in alcuno degli A.T.E. del PRG approvato con D.G.R. del 20.04.04 n.568
pubblicato sul BURP n.54 del 03.05.04, e sulla G.U. del 11.05.04 n.109.
La somma delle aree di ingombro di tutto il Campo Eolico è pari a 131.22 Ha, calcolata
come da vecchio Regolamento Regionale.
In realtà la superficie netta occupata in fase di esercizio è costituita dal solo ingombro delle
torri alla base al quale bisogna sommare l’area occupata dalla Stazione Elettrica di
Trasformazione e di Allacciamento alla Rete.
L’ingombro alla base non supera i 5 m di diametro, da cui S ≈ 20mq, qundi ST= 360 mq.
La Cabina Elettrica, invece, occuperà una superficie molto più grande pari a circa 13’000
mq.
La superficie netta complessivamente occupata è dunque pari a circa 13'500 mq.
E’ opportuno precisare che l’intervento in progetto, in quanto ricadente in area tipizzata
«agricola» dallo strumento urbanistico generale vigente, non produrrà, dal punto di vista
urbanistico, squilibri sull’attuale dimensionamento delle aree a standards rivenienti dalla
qualificazione ed individuazione operata dallo strumento urbanistico comunale vigente.
L’intervento in progetto, in considerazione della sua ubicazione, non produrrà altresì
interferenze significative con le attuali aree tipizzate di espansione e/o con eventuali opere
pubbliche di previsione.
A riguardo delle opere di urbanizzazione primaria le aree di intervento risultano già
ampiamente servite.
L’area di intervento risulta essere servita da una viabilità pubblica con caratteristiche
geometriche sufficienti a consentire un agevole scorrimento del traffico veicolare che
subirà un incremento di intensità a causa dalla realizzazione del programma costruttivo in
progetto, limitatamente alla fase di cantierizzazione dell’opera.
Studio di Impatto Ambientale, p. 103

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PARAGRAFO IX
LA PROGRAMMAZIONE COMUNALE NEL SETTORE EOLICO
L’Amministrazione Comunale di Laterza, nell’ambito della propria programmazione delle
attività produttive non ha, finora, individuato alcuna porzione del proprio territorio
comunale da destinare ad impianti per la produzione di energia da fonte eolica.
Studio di Impatto Ambientale, p. 104

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PARAGRAFO X
IL PARCO DEI TRATTURI
Con LEGGE REGIONALE 23 dicembre 2003, n. 29, pubblicata su BU Puglia n. 152 del
29/12/2003, è stato istituito il Parco Dei Tratturi della Puglia, così specificato:
Art. 1 (Parco dei tratturi della Puglia)
1 . I tratturi, in quanto monumento della storia economica e sociale del territorio pugliese
interessato dalle migrazioni stagionali degli armenti e in quanto testimonianza archeologica
di insediamenti di varia epoca, vengono conservati al demanio armentizio regionale di cui
all'articolo 1 della legge regionale 9 giugno 1980, n. 67 e costituiscono il "Parco dei tratturi
della Puglia".
I “tratturi” della transumanza sono stati quindi assunti quale monumento della storia e
economica e sociale del territorio pugliese, a valle di un studio approfondito finalizzato alla
identificazione delle aree tratturali di sicuro interesse archeologico e di che invece ne sono
prive.
In questa ipotesi le competenze della conservazione, della valorizzazione e della tutela dei
tratturi è della regione, prevedendo una sanatoria per le costruzioni abusive mai
regolarizzate purché siano esistenti alla data di entrata in vigore della legge, purché
rispettino tutti gli altri vincoli territoriali, sia acquisito il parere favorevole della
soprintendenza archeologica per le opere realizzate dopo la vigenza del decreto
Ministeriale del 1983 e sia acquistato il suolo a cui fa riferimento la sanatoria.
Il Campo Eolico di progetto non interferisce con le previsioni del Parco.
Studio di Impatto Ambientale, p. 105

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
PARAGRAFO XI
AUTORITA’ DI BACINO E PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO
Il territorio interessato dal Campo Eolico di progetto ricade copletamente sotto la
competenza della:
• Autorità di Bacino della Puglia istituita con Legge Regionale n. 19 del 9
Dicembre 2002
L’ Autorità di Bacino ha provveduto, tra l’altro, ad elaborare il relativo Piano di Assetto
Idrogeologio di competenza territoriale con la determinazione delle zone a Rischio:
• Aree soggette a Rischio Idrogeologico;
• Zone a rischio di Frana;
• Zone soggette a rischio di inondazione;
Nel territorio interessato dal Campo Eolico di progetto non viene segnalata alcuna
emergenza nel Piano di Assetto Ideologico da parte della Autorità di Bacino.
Studio di Impatto Ambientale, p. 106

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Fig. 1 - PAI Reg Puglia (agg. 17/07/2006)
Studio di Impatto Ambientale, p. 107

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PARAGRAFO XII
INTERAZIONE TRA IL CAMPO EOLICO E LE ATTIVITA’
DI TUTELA, DI SALVAGUARDIA E DI CONSERVAZIONE
In questo paragrafo saranno esplicitati i rapporti tra il sito del Parco Eolico e le attività di
tutela, di salvaguardia e di conservazione vigenti e/o in corso di istituzione delle quali si è
detto nei precedenti paragrafi del presente capitolo.
3.11.1 IL pSIC E ZPS “AREA DELLE GRAVINE”.
ZPS p-SIC “AREA DELLE GRAVINE”
cod. IT9130007
I comuni inclusi nella ZPS-pSIC sono: Laterza,
Ginosa, Castellaneta, Palagianello, Crispiano,
Massafra, Mottola, Palagiano, Statte
Il territorio delle Gravine rientra tra le aree
individuate dalla Legge Regionale 19/97 sulle aree
naturali protette come “Gravine arco Jonico” scheda
B1.
L’area è stata individuata da BirdLife International
quale IBA - Important Bird Area per la presenza di
Falco biarmicus, Neophron percnopterus, Bubo bubo.
Tutte le gravine della ZPS sono sottoposte a:
• Vincolo Idrogeologico (RD 3267/1923 e succ.)
• Vincolo di tutela del paesaggio L. 1497/1939
• Vincolo di salvaguardia ambientale L. 431/1985 (Galasso)
• L.R. 56/80 rispetto dalla Gravina per 200 m dal ciglio.
Il Sito di Importanza Comunitaria “Area delle Gravine” comprende le
principali gravine dell’arco ionico delle Murge, quali quelle di Laterza,
Castellaneta, Massafra, Monte S.Elia, Petruscio, Montecamplo, Ginosa e
Palagianello, e rientra nel territorio di sette Comuni della Provincia di Taranto
(Palagianello, Mottola, Laterza, Ginosa, Castellaneta, Statte, Massafra).
Studio di Impatto Ambientale, p. 108

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DENOMINAZIONE : AREA DELLE GRAVINE
DATI GENERALI
Classificazione: proposto Sito d'Importanza Comunitaria (pSIC)
Zona di Protezione Speciale (ZPS)
Codice: IT9130007
Data compilazione schede: 01/1995
Data proposta SIC: 06/1995 (D.M. Ambiente del 3/4/2000 G.U.95 del 22/04/2000)
Data designazione ZPS: 12/1998
Estensione: ha 26740
Altezza minima: m 32
Altezza massima: m 519
Regione biogeografica: Mediterranea
Provincia: Taranto
Comune/i: Ginosa, Laterza, Castellaneta, Palagianello, Mottola, Massafra,
Crispiano, Statte.
Comunita' Montane: Comunita' montana della Murgia tarantina
Riferimenti cartografici:
IGM 1:50.000 fogli 473-492, sezioni 1:10.000 nn. 473090, 473110,
473120, 473130, 473140, 473150, 473160, 474060, 474090,
474100, 474130, 474140, 474150, 492010, 492020, 492030,
492040, 493010, 493020, 493030, 493060, 493070
CARATTERISTICHE AMBIENTALI
Le gravine sono dei canyons di origine erosiva originatisi da corsi d'acqua sovraimposti a fratture della crosta
rocciosa superficiale. Esse costituiscono habitat rupestri di grande valore botanico. Nel sito sono presenti alcuni
querceti a Quercus trojana ben conservati e pinete spontanee a Pino d'Aleppo su calcarenite. Inoltre vi e' la
presenza di garighe di Euphorbia spinosa e boschi di Quercus virgiliana.
HABITAT DIRETTIVA 92/43/CEE
Querceti di Quercus trojana
Percorsi substeppici di graminee e piante annue (Thero-Brachypodietea) (*)
Versanti calcarei della Grecia mediterranea
Pinete mediterranee di pini mesogeni endemici
Grotte non ancora sfruttate a livello turistico
Foreste di Quercus ilex
Formazioni di Euphorbia dendroides
SPECIE FAUNA DIRETTIVA 79/409/CEE E 92/43/CEE all. II
Mammiferi:
Uccelli: Anthus campestris, Bubo bubo, Burhinus oedicnemus, Calandrella brachydactyla,
Caprimulgus europaeus, Circaetus galicus, Circus aeruginosus, Circus pygargus,
Coacias garrulus, Falco biarmicus, Falco naumanni, Falco eleonorae, Pluvialis
apricaria, Lanius minor, Lullula arborea, Melanocorypha calandra, Milvus migrans,
Milvus milvus, Neophron percnopterus, Pernis apivorus, Ficedula albicollis.
Rettili e anfibi: Testudo hermanni, Bombina variegata, Elaphe quatuorlineata, Elaphe situla.
Pesci:
Invertebrati:
SPECIE FLORA DIRETTIVA 92/43/CEE all. II
VULNERABILITA':
Gli habitat rupestri sono a bassa fragilita' ma sono continuamente sottoposti ad abusivismo edilizio, abbandono di rifiuti, scarico di acque
fognarie. Problemi di incendi nelle gravine del settore orientale con copertura a pineta. I residui di pascoli steppici, habitat prioritario, sono
sottoposti di recente a messa a coltura attraverso frantumazione e macinatura del substrato roccioso.
(*) Habitat definiti prioritari ai sensi della Direttiva 92/43/CEE: habitat in pericolo di estinzione sul territorio degli Stati membri, per la cui
conservazione l'Unione Europea si assume una particolare responsabilita'.
10%
10%
10%
8%
5%
5%
2%
Studio di Impatto Ambientale, p. 109

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La Regione Puglia, con Deliberazione di Giunta n°2.305 del 30 maggio 1995, accettò di
realizzare sul proprio territorio il censimento dei Siti di Importanza Comunitaria e dei
biotipi di importanza regionale o locale.
Nelle vicinanze del Campo Eolico è stato censito il sito pSIC – ZPS “Area delle Gravine”,
di cui alla scheda precedente.
L’ambiente, diffusamente trattato nel precedente cap. 2 e come sinteticamente riportato
nella scheda riassuntiva precedente, è caratterizzato dalla presenza di vaste estensioni di
habitat elencati nella Direttiva 92/43/CEE, detta “Direttiva HABITAT”, in particolare:
• Querceti di Quercus Troiana;
• Percorsi substeppici di graminee e piante annue (Thero-Brachypodietea) (habitat e
specie definiti prioritari ai sensi della Direttiva 92/43/CEE: habitat e specie in pericolo
di estinsione sul territorio degli stati membri, per la cui conservazione l’Unione Europea
si assume una particolare responsibalità);
• Versanti calcarei della Grecia mediterranea;
• Pinete mediterranee;
• Grotte non sfruttate a livello turistico;
• Foreste di quercus ilex;
• Formazioni di Euphorbia dendroides;
Dal punto di vista faunistico l’Area delle Gravine comprende una elevata diversità di specie
tra cui le più significative, elencate nelle direttive comunitarie 79/409/CEE e 92/43/CEE,
sono:
• Uccelli: Anthus campestris, Bubo bubo, Burhinus oedicnemus, Calandrella
brachydactyla, Caprimulgus europaeus, Circaetus galicus, Circus
aeruginosus, Circus pygargus, Coacias garrulus, Falco biarmicus, Falco
naumanni, Falco eleonorae, Pluvialis apricaria, Lanius minor, Lullula
arborea, Melanocorypha calandra, Milvus migrans, Milvus milvus, Neophron
percnopterus, Pernis apivorus, Ficedula albicollis.
• Rettili: Testudo hermanni, Bombina variegata, Elaphe quatuorlineata, Elaphe
situla.
Studio di Impatto Ambientale, p. 110

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L’area ospita la più importante popolazione italiana della specie prioritaria Grillaio (Falco
naumanni) ed è una delle più numerose della Unione europea.
In Italia il grillaio nidifica soltanto in Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna.
Come gia illustrato al Capitolo 2 la popolazione presente nella zona di Laterza, conta meno
di 200 esemplari.
Con le popolazioni della vicina “Murgia Alta”, stimate in 1.500-1.600 coppie,
costituiscono circa il 60% della popolazione italiana e la quasi totalità di quella
peninsulare.
A livello comunitario questa popolazione rappresenta il 15-20% del totale.
Questa popolazione costituisce una frazione importante non solo a livello nazionale ma
anche comunitario e presenta, inoltra, una notevole importanza scientifica sia dal punto di
vista etologico (utilizzo dormitori notturni – “roost” – urbani durante la stagione
riproduttiva) che ecologico (marcato sinantropismo con assenza di colonie extraurbane),
con una diretta ricaduta socioculturale in quanto la specie è nota alla popolazione locale.
La popolazione pugliese e lucana presenta caratteristiche spiccatamente sinantropiche,
molto più evidenti rispetto alla popolazione spagnola, dove sono presenti situazioni miste
con coppie nidificanti sia su pareti naturali che in contesti urbani.
Le popolazioni presenti nidificano unicamente nei centri urbani, utilizzando in modo
particolare i centri storici dei comuni.
Vengono attivamente selezionate cavità presenti sui muri perimetrali di vecchie costruzioni
e sottotetti non sottoposti ad interventi di recente manutenzione. L’insieme di questi
elementi hanno portato alla inclusione della intera sub-regione murgiana nella lista delle
aree del progetto comunitario “Natura 2000”.
La scheda relativa al sito pSIC e ZPS “Area delle Gravine” in riferimento alla vulnerabilità
riporta testualmente quanto segue: “Il fattore distruttivo di maggiore entità è rappresentato
dallo spietramento del substrato calcareo che viene poi sfarinato con mezzi meccanici.
In armonia al nuovo Regolamento Regionale del 23 giugno 2006 n. 9, il Campo Eolico di
progetto non interessa il vicino pSIC, ZPS “Area delle Gravine”.
Studio di Impatto Ambientale, p. 111

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3.12.2 IL PARCO REGIONALE “TERRA DELLE GRAVINE”
Con la LEGGE REGIONALE 20 dicembre 2005, n. 18 “Istituzione del Parco naturale
regionale “Terra delle gravine”, in applicazione dell’articolo 6 della legge regionale 24
luglio 1997, n. 19 “Norme per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette nella
Regione Puglia”, è stato istituito il Parco Naturale Regionale “Terra delle Gravine”, la cui
perimetrazione ricade sui territori dei comuni di: Castellaneta, Crispiano, Ginosa, Grotta-
glie, Laterza, Martina Franca, Massafra, Montemesola, Mottola, Palagianello, Palagiano, S.
Marzano di S. Giuseppe, Statte e Villa Castelli.
Il Parco nel suo insieme interessa un territorio molto più esteso del pSIC ZPS – Area delle
Gravine.
In armonia al nuovo Regolamento Regionale del 23 giugno 2006 n. 9, il Campo Eolico di
progetto non interessa il vicino Parco Regionale “Terra delle Gravine”.
3.12.3 Il Piano Urbanistico Territoriale Tematico del Paesaggio e Beni Ambientali - PUTT/PBA
Le aree interessate dalla realizzazione del Campo Eolico di progetto non interferisce con
alcuna delle emergenze segnalate dal PUTT/PBA, né con le relative aree di rispetto e di
pertinenza, come ampiamente analizzato al paragrafo 5.
3.12.4 Il Parco dei Tratturi.
Le aree interessate dalla realizzazione del Campo Eolico di progetto non interferisce con
quanto normato dalla legge di istituzione del Parco dei Tratturi.
3.12.5 Piano di Assetto Idrogeologico - PAI
Sulle aree interessate dal Campo Eolico non vi sono segnalazioni di alcun tipo di Rischio,
Idrogeologico, di Frana e di inondazione da parte dell’Autorità di Bacino della Puglia.
3.12.6 Conclusioni.
Non riscontrando particolari problemi di interferenze, per una più chiara visione di insieme
di quanto illustrato nel presente paragrafo, si rimanda agli specifici elaborati ,
TAVV. A4-1 – A4-6
Studio di Impatto Ambientale, p. 112

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CAPITOLO IV
QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE
Studio di Impatto Ambientale, p. 113

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PARAGRAFO I
GENERALITA’
Un Campo Eolico è una vera e propria centrale che trasforma l’energia cinetica posseduta
dal vento in energia elettrica da immettere in Rete.
La denominazione “Campo Eolico” presuppone l’istallazione di un certo numero di
aerogeneratori per definizione maggiore di 1.
Tali aerogeneratori fondamentalmente sono costituiti da 3 elementi strutturali:
1. Torre di sostegno
2. Navicella
3. Rotore
In particolare il rotore, formato dalle pale e dal mozzo, viene sorretto dalla navicella che a
sua vola poggia sulla torre.
A rigore le torri potrebbero essere costruite con un materiale qualsiasi normalmente
utilizzato in Opere di Ingegneria Civile, ma per consentire la realizzazione di strutture più
snelle che meglio possono inserirsi nel paesaggio, generalmente esse sono realizzate in
acciaio.
Ciascuna torre viene ancorata al terreno mediante mediante opere di fondazione dirette o
indirette, in virtù delle caratteristiche meccaniche dei terreni di fondazione.
Il numero degli aerogeneratori da installare e la loro posizione all’interno di un Campo
Eolico viene determinato a valle di uno specifico studio anemometrico a larga scala che
tiene conto, attraverso complesse elaborazioni, principalmente della orografia e della
morfologia del territorio, delle caratteristiche del vento e della tipologia delle torri,
applicando un’analisi multicriteri finalizzata alla conciliazione tra due opposte esigenze:
1. produttività economica dell’impianto
2. salvaguardia dell’ambiente
La produttività economica dell’impianto presuppone il funzionamento ottimale a pieno
regime degli aerogeneratori, mentre la salvaguardia dell’ambiente nel quale si inseriscono
implicano la riduzione e/o l’eliminazione, per quanto possibile, delle le interferenze
ambientali a carico:
Studio di Impatto Ambientale, p. 114

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
• del paesaggio,
• delle interferenze sulle telecomunicazioni,
• degli effetti elettromagnetici,
• dei livelli indotti di pressione sonora,
• dell’impatto visivo,
• dell’impatto sulle emergenze architettoniche ed archeologiche.
Gli aerogeneratori rappresentano il cuore vero e proprio dell’impianto eolico: essi sono
demandati alla trasformazione dell’energia eolica del vento in energia elettrica utilizzabile.
Tale energia elettrica generalmente prodotta a BT a circa 650 V, viene trasformata in MT a
20 kV da un trasformatore istallato al piede di ciascuna torre all’interno della torre stessa, e
quindi convogliata alla Cabina di Trasformazione tramite una rete di elettrodotti interrati in
MT.
Nalla Cabina di Trasformazione la tensione viene elevata in AT a 200 kV e convogliata
nella adiacente Stazione di Consegna dove avviene l’immissione in Rete GRTN.
Studio di Impatto Ambientale, p. 115

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PARAGRAFO II
UBICAZIONE
La Società in epigrafe, committente del Campo Eolico di progetto, ha in corso di stipula
specifici contratti di convenzione con i proprietari dei suoli su cui ricade l’area di sedime
della fondazione di ciascuna turbina.
I terreni complessivamente convenzionati sono censiti al Catasto dei Terreni del comune di
Laterza (TA).
Tutti i suoli sono interessati da coltivazioni cerealicole estensive, e da diffuse attività
zootecniche.
La superficie di ingombro complessiva del Campo Eolico è pari a 131.22 ettari: in realtà
tale area è fruibile quasi per intero, per usi precedenti, ad eccezione delle aree di effettivo
sedime delle basi delle torri pari a circa 360mq e dell’area occupata dalla Cabina di
Trasformazione.
I collegamenti di viabilità interna e le piazzole per la costruzione della torre aerogeneratrice
costituiscono delle opere necessarie per la sola fase di cantiere, che verranno rimosse a
realizzazione avvenuta.
Per una più chiara visione di insieme si rimanda agli elaborati grafici di progetto, ed al
successivo paragrafo 5.7.3.
Le stradine interne, esclusivamente di carattere provvisorio, presentano una larghezza di
circa 4m, opportunamente allargate in curva, con il fondo sistemato con massicciata di
pietra calcarea.
Studio di Impatto Ambientale, p. 116

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
I territori interessati dal Campo Eolico di progetto sono caratterizzati dai segni di una
diffusa e rilevante antropizzazione determinata dai seguenti fattori:
- relativa vicinanza al centro abitato di Laterza;
- presenza di una rete stradale capillare: SS n.7, SP n.17, SP n.19, SP n.20 ed SP n.22, ed
altre strade di tipo locale per raggiungere le località del territorio ed anche di livello
intercomunale;
- abbondanza di terreni a copertura della piattaforma carbonatica ;
- maggiore fertilità dei terreni, pertanto, utilizzati per scopi agricoli.
L’antropizzazione rilevabile è caratterizzata dall’uso agricolo a carattere estensivo di
quansi tutto il territorio, zona fertili e facilmente coltivabile.
Tuttavia, nelle vicinanze del sito non mancano anche testimonianze di interventi più
pesanti operati dall’uomo sul territorio essendo possibile rilevare la presenza di:
• una rete capillare di strade principali, secondarie e vicinali;
• effetti dello spietramento allo scopo di ottenere terreni più fertili;
• cave di calcare abbandonate;
• altri impianti tecnologici (ripetitori, ponti radio e tv, ecc.) che occupano i promontori
quali postazioni delle antenne e dei ripetitori;c. ecc. convivono con la steppa
mediterranea.
La utilizzazione da parte dell’uomo del territorio circostante il sito della Centrale Eolica,
sebbene posto in contiguità con gli ambienti steppici e con i residui boschi cedui secondo
una alternanza casuale tipica e caratteristica del paesaggio della Murgia Tarantina, ha tolto
ad esso le caratteristiche di naturalità originarie e lo ha reso di fatto incapace di ospitare gli
habitat naturali e seminaturali oggetto della tutela operata con la perimetrazione del pSIC e
della ZPS “Area delle Gravine” di cui si è parlato nel precedente capitolo 3.
Studio di Impatto Ambientale, p. 117

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PARAGRAFO III
LE CARATTERISTICHE AMBIENTALI DEL SITO
Le caratteristiche ambientali delle aree interessate dalla realizzazione del Campo Eolico di
progetto, di quelle immediatamente limitrofe, sono state attentamente studiate nel corso di
numerosi specifici sopralluoghi, successivi allo studio preliminare della bibliografia
esistente in merito e della cartografia disponibile,
• Carta Tecnica della Regione Puglia in scala 1:5.000,
• Ortofoto I.G.M. eseguite con Apparecchiatura WILD 15/14 UAGA/F N.13128
152,82,
si precisa che il rilievo aerofotogrammetrico analizzato è quello di più recente
pubblicazione.
Il territorio interessato si presenta pressocchè uniforme e privo di emergenze ambientali di
rilievo, né di particolari caratterizzazioni geomorfologiche ed attualmente è in gran parte a
vocazione agricolo – zootecnica.
Nella zona infatti sono presenti numerose aziende zootecniche per l’allevamento del
bestiame in forma intensiva, con annessi vasti appezzamenti per la produzione di foraggio.
Come già detto in precedenza, il territorio all’intorno del Campo Eolico ha perso ormai da
tempo le originali caratteristiche di naturalità e si presenta attualmente trasformato in un
Ecosistema Artificiale specificamente agricolo – zootecnico.
Il territorio interessato dal Campo Eolico è infatti esterno alle aree non idonee
• del pSIC-ZPS “Area delle Gravine”,
• del Parco Naturale Regionale “Terra delle Gravine”,
ed alle relative aree buffer, pur essendo ad esse limitrofo.
Il territorio ricade sotto la competenza della:
• Autorità di Bacino della Puglia
Studio di Impatto Ambientale, p. 118

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Tutto il territorio interessato dal Campo Eolico di progetto risulta risultano pressocchè
totalmente interessate dalla attività agricola zootecnica.
Tutta l’area interessata dal Campo eolico, dal PUTT/PBA, non è sottoposta ad alcun
vincolo.
Studio di Impatto Ambientale, p. 119

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PARAGRAFO IV
CARATTERISTICHE GEOMORFOLOGICHE
Per la trattazzione di questo Argomento si rimanda allo studio specifico:
RELAZIONE GEOLOGICA, TAV. M1
Studio di Impatto Ambientale, p. 120

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PARAGRAFO V
LINEAMENTI GEOTECNICI
Per la trattazzione di questo Argomento si rimanda allo studio specifico:
RELAZIONE GEOLOGICA, TAV. M1
Studio di Impatto Ambientale, p. 121

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PARAGRAFO VI
DESCRIZIONE GENERALE DEL PROGETTO
La conoscenza dei luoghi e lo studio anemologico preventivo hanno determinato
l’individuazione di alcuni siti ricadenti sulle colline del Comune di LATERZA poste nella
porzione Nord, Nord-Est del Territorio comunale al confine con Santeramo in Colle e
Castellaneta, a monte della SS n.7 Appia, in provincia di Taranto, zone a verde agricolo dal
vigente PRG, ritenuti idonei per la posa dell’impianto eolico in progetto, a ridosso delle
contrade:
• Lamie Cacoscia,
• Masseria Pietro Tucci.
L'area complessiva di progetto interessa una zona collinare di altitudine media di 370 mt
circa.
Con riferimento alla cartografia dell’Istituto Geografico Militare (IGM) a scala 1:50.000,
il Campo risulta compreso nella tavoletta:
• Foglio n. 473 “Gioia del Colle”
E più in dettaglio alla Carta Tecnica Regionale (CTR) in scala 1:5000
SEZIONE TAVOLE
473 104 101
103 102
L’area di interesse per il Campo Eolico si sviluppa lungo la SP n. 19 nel tratto a monte della
SS n.7 Appia: è delimitata a Nord dal Confine con il Comune di Santeramo in Colle ed ad
Est dala Confine con Castellaneta, a Sud dalla SS n.7 Appia ed ad Ovest dalla SP n.22.
Nell’area di interesse ricadono alcune “Masserie”, quali insediamenti abitativi stabili, per il
resto si rilevano solo rade case rurali a breve insediamento o magazzini a servizio
dell’attività agricolo-pastorale.
Gli studi effettuati, mediante modelli matematici, sull’area di interesse ha evidenziato un
potenziale energetico pienamente idoneo alla realizzazione di un Campo Eolico composto
da
• numero 18 aerogeneratori
Studio di Impatto Ambientale, p. 122

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Tali aerogeneratori saranno scelti tra quelli elencati al paragrafo 9 che presentano una
potenza P = 2.3 – 3 MW, diametro D = 90 – 94 m, e H = 80-100m.
L’effettiva scelta verrà effettuata in fase esecutiva.
Nella presente fase progettuale per le turbine le verifiche verranno effettuate considerando
le condizioni più gravose in ciascuna ipotesi di lavoro:
Impatto acustico rumorosità maggiore,
Impatto elettromagnetico potenza maggiore,
Impatto visivo Ingombri maggiori,
• numero 18 aerogeneratori Vestas V90 da 3.0MW
Tale configurazione è da intendersi preliminare e propositiva, finalizzata a massimizzare la
producibilità energetica, e suscettibile di eventuali variazioni in fase di espletamento
dell’iter autorizzativo.
L'energia prodotta da tutti gli aerogeneratori verrà convogliata alla Cabina di
Trasformazione – Consegna, mediante una rete di elettrodotti interrati in MT, e quindi
allacciata direttamente alla linea GRTN che sovrasta la Stazione Elettrica.
Tale cabina è costituita da due aree:
• Area utente 20 / 150 kV
• Area Gestore 150 / 380 kV e consegna
Tra l’area utenete e l’area gestore viene realizzato un elettrodotto interrato a 150 kV.
Studio di Impatto Ambientale, p. 123

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PARAGRAFO VII
ACCESSIBILITÀ
Le aree interessate dal Campo Eolico sono facilmente raggiungibili:
Dal porto di Taranto, a circa 45 km, percorrendo le locali Strade Statali, Provinciali e
Comunali esistenti.
Dall’autostrada A16, uscita Mottola-Castellaneta, e proseguendo per la SS7-Appia.
Premesso che la viabilità nell’area è prevalentemente esistente, nella definizione del layout
d'impianto si è cercato di sfruttare, per quanto possibile, la viabilità e i tracciati esistenti dai
quali è possibile raggiungere i luoghi di progetto, onde ridurre al minimo gli interventi di
urbanizzazione primaria dei siti.Tav A2
In fase di costruzione verrà realizzata una viabilità di cantiere sterrata di natura
essenzialmente provvisoria, necessaria per poter installare i principali componenti
dell’impianto, aerogeneratori, cabina di consegna, torri anemometriche, e per poter
realizzare i necessari cavidotti. Tav. C1
Ad intervento di progetto realizzato la viabilità di cantiere verrà rimossa ed il terreno di
impianto verrà riportato alle condizioni originarie.
E’ fondamentale che la viabilità sia caratterizzata da una modesta pendenza, che non
possegga curve a stretto raggio, che gli incroci siano privi di spazi di manovra e che il
fondo stradale sia privo di buche e sconnessioni e che possegga una adeguata resistenza ai
carichi. Per i valori minimi dei raggi di curvatura si rimanda alla Tav E2, in cui tra l’altro
vengono riportati i disciplinari Nordex per le specifiche sulla viabilità.
Si sottolinea che la viabilità esistente è idonea al transito degli autoarticolati per il trasporto
eccezionale e che, pertanto, gli interventi di sistemazione stradale siano limitati e di
modesta entità.
Per gli interventi di adeguamento sulla viabilità si rimanda alla Tav. C1.
Studio di Impatto Ambientale, p. 124

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
PARAGRAFO VIII
CRITERI PROGETTUALI
Il campo Eolico LATERZA ricade nel territorio del Comune di LATERZA al confine con
Castellaneta e Santeramo in Colle, ed interessa un unico altopiano di natura collinare.
La disposizione planimetrica delle macchine sul territorio occupato, cioè la configurazione
finale del Campo Eolico, lay-out di impianto, nel pieno rispetto del Regolamento Regionale
n. 9 è stata effettuata in considerazione di numerosi fattori tra i quali:
• anemologia,
• orografia, morfologia del sito,
• aspetti geologici ed idrogeologici,
• aspetti vincolistici,
• distanze di rispetto in genere,
• viabilità esistente, piste, sentieri,
• criteri di massimo rendimento energetico dei singoli aerogeneratori.
Gli aerogeneratori, infatti, al fine di minimizzare le mutue interazioni che possono
ingenerarsi fra di loro per effetto scia, distacco di vortici ecc., ottimizzarne il rendimento e
la producibilità, in situazioni ottimali di orografia, assenza di ostacoli ecc., in genere
vengono disposti ad interasse reciproco pari a:
• 3-5 D circa in direzione perpendicolare ai venti prevalenti,
• 5-7 D circa in direzione parallela ai venti prevalenti,
dove D è il diametro esterno delle pale.
Nell’elaborazione del lay-out dell’impianto si è dovuto tener conto della presenza di zone
territoriali vincolate che di fatto hanno determinato il Lay-Out finale del Campo Eolico,
onde meglio tutelare gli aspetti paesaggistici e l’habitat naturale.
Studio di Impatto Ambientale, p. 125

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Il progetto, subordinatamente al rispetto degli aspetti vincolistici, è stato poi configurato
sviluppando la disposizione delle macchine sul sito in esame (lay-out di impianto) in
relazione a vari fattori, i principali di essi riguardano innanzitutto:
- la anemologia, fondamentale per stabilire la redditività dell’iniziativa e la conseguente
validità del progetto;
- la conformazione orografica del sito;
- la accessibilità dei siti di progetto con esame della viabilità esistente al fine della
minimizzazione degli interventi di urbanizzazione;
- gli elettrodotti esistenti al fine della minimizzazione degli interventi per l’allacciamento e
cessione in rete della e.e. prodotta;
- la presenza di insediamenti;
La possibilità di scegliere tra aerogeneratori di potenza diversa risponde alla esigenza di
ottimizzazione dei parametri di efficienza energetica (curva di produzione) riferiti alle
risultanze della configurazione sviluppata con riferimento alla anemologia, all’orografia ed
all’accessibilità dei siti di progetto.
Linee guida della progettazione gli schemi di “pine-tree array” (a), della Wind Farm di
Zeebrugge (b) , della Wind Farm di Vindeby (c), Wind Farm di Masnedø (d).
Dalla relazione tra i vari schemi, anche in relazione alle mutue interazioni che possono
ingenerarsi per gli effetti scia, distacco di vortici ecc., si è ricavata la progettualità finale.
“pine-tree array” (a) Wind Farm di Zeebrugge (b)
Studio di Impatto Ambientale, p. 126

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Wind Farm di Vindeby (c) Wind Farm di Masnedø (d)
Ovviamente tali configurazioni base hanno subito modeste variazioni onde adattare i valori
teorici, in gran parte rispettati, alla morfologia del sito.
Si ribadisce che la progettazione è stata effettuata seguendo minuziosamente le disposizioni
del nuovo Regolamento Regionale 04 Ottobre 2006, n. 16 ed in particolare dell’art. 14
”Disposizioni Transitorie”:
• Esclusione delle aree considerate non “idonee” e delle relative aree buffer,
• Opere di allacciamento alla rete di distanza minima,
• Il Parametro di Controllo, di cui all’art. 13, non supera i valore di 0,25;
• Il campo eolico non crea barriere paesaggistica,
• Rispetto delle distanze dalle strade provinciali e nazionali,
• Indice di ventosità superiore a 1600 ore equivalenti all’anno,
• Minimizzazione delle Opere di accesso in fase di cantiere e di esercizio.
- la distanza tra due aerogeneratori contigui non è inferiore a 3 D in senso longitudinale e non
inferiore a 5 D in senso trasversale;
- la distanza dal perimetro del centro urbano è maggiore di 1000m;
- il lay-out assicura il rispetto della normativa in materia di inquinamento acustico
- il lay-out assicura il rispetto della normativa in materia di inquinamento elettromagnetico
Studio di Impatto Ambientale, p. 127

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
- il lay-out, è stato redatto in maniera tale da non costituire effetto barriera aerodinamica né
paesaggistica, e con una dislocazione degli aerogeneratori geometricamente regolare.
- la configurazione del campo eolico, come già evidenziato, è stata progettualmente
subordinata alla minimizzazione dell’impatto previa accurata valutazione della viabilità
esistente al fine della minimizzazione degli interventi di urbanizzazione; previa accurata
valutazione delle linee elettriche esistenti al fine della minimizzazione degli interventi per
l’allacciamento e cessione in rete della E.E. Tanto ha contribuito alla formulazione di un
piano di cantiere che per effetto delle scelte progettuali rassegnate ( es. gli interventi sulla
viabilità hanno tutti carattere provvisorio, es. la soluzione di allacciamento in AT, riduce le
esecuzioni dei cavidotti e le aree interessate da dette esecuzioni, etc..) necessita di
pochissime misure di mitigazione.
Sulla base dei criteri sopra descritti sono state ipotizzate diverse configurazioni
dell'impianto raggiungendo, nella presente soluzione progettuale, l'ottimizzazione
dell'iniziativa.
Studio di Impatto Ambientale, p. 128

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
PARAGRAFO IX
CARATTERISTICHE DEGLI AEROGENERATORI
Nel Campo Eolico di progetto, viene prevista la possibilità di installare diverse tipologie di
aerogeneratori, scelte a valle di una Analisi Multicriteri in funzione tra l’altro del diametro
delle pale, delle caratteristiche anemometriche del sito, dell’accessibilità dei luoghi, delle
caratteristiche morfologiche del territorio circostante, e della percorribilità della viabilità
esistente.
L’analisi multicriteri effettuata ha ridotto la possibilità di scelta alle seguenti 9 tipologie di
Aerogeneratori:
DITTA Turbina Diametro Potenza
M MW
VESTAS V-90 90 3.00
VESTAS V-100 100 2.75
Ecotècnia 100 100 3.00
ZxÇxÜtÄ XÄxààÜ|v GE-3.0 90 – 94 2.5 -3.0
Win Wind D-3 90 – 94 3.0
Nordex N90 90 2.3 – 2.5
Mitsubishi MWT 92 / 2.4 92 2.4
Repower MM92 92.5 2.0
FuhrLänder FL 2500 90 2.5
L’effettiva scelta aziendale della tipologia di aerogeneratore da installare verrà effettuata
insindacabilmente all’Atto della realizzazione in relazione alla effettiva disponibilità sul
mercato ed opportune valutazione tecnico-economiche.
L’aerogeneratore consente la trasformazione dell’energia cinetica posseduta dal vento
direttamente in energia elettrica da utilizzare; è una macchina composita costituita
essenzialmente dai seguenti elementi strutturali:
• pale con controllo di pitch
• rotore
• navicella con controllo di imbardata
• moltiplicatore di giri
• generatore elettrico
• freno meccanico ed aerodinamico
• torre
• cabina di macchina
• fondazione
Studio di Impatto Ambientale, p. 129

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Per il Campo Eolico di progetto è previsto l'utilizzo di aerogeneratori con le seguenti
caratteristiche principali:
- P = 2.0-3.0 MW - potenza installata;
- D = 90m diametro del rotore tripala; posto sopravvento alla torre di sostegno, realizzato
con resina epossidica rinforzata con fibra di vetro e con mozzo in acciaio;
- navicella in carpenteria metallica con carenatura in vetroresina e lamiera, al cui interno
sono presenti il moltiplicatore di giri, il freno, il generatore elettrico asincrono e le
apparecchiature idrauliche ed elettriche di comando e controllo;
- H = 80÷100m altezza del mozzo (centro del rotore) dal suolo torre di sostegno, La torre
tubolare tronco conica in acciaio su cui poggia direttamente la navicella presenterà un
diametro alla base Ø = 4,20÷5,00 m, ed in sommità Ø = 2,0÷3,00 m.
- regolazione della potenza per velocità del vento superiori al valore nominale mediante
controllo del passo delle pale.
- opportuni cavi convogliano al suolo l’energia elettrica prodotta in un box (cabina di
macchina), posto all’interno della torre dell’aerogeneratore, in cui avviene la
trasformazione da bassa a media tensione, e trasmettono i segnali necessari per il
funzionamento.
Con riferimento alla taglia di progetto P = 2.00÷3.0 MW che ottimizza i parametri di
rendimento energetico della ventosità verificata in sito, nella TAV E2 si riportano le
specifiche tecniche degli aerogeneratori proposti per il Campo Eolico di progetto.
Il progetto in narrativa viene sviluppato prevedendo l’istallazione di aerogeneratori Vestas
V90 da 3.0 MW di potenza e d=90m di diametro.
Studio di Impatto Ambientale, p. 130

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
PARAGRAFO X
LAY – OUT CAMPO EOLICO
Il Campo Eolico “LATERZA” sarà costituito da
o 18 aerogeneratori Vestas V90, D = 90m e P = 3.0 MW con generazione in BT
o 1 rete di cavidotti interrati per il convogliamento dell'energia in MT.
o 1 Stazione Elettrica di Trasformazione MT/AT 20 kV / 150 kV – Area Utente:
controllo dell'impianto, raccolta dell'energia elettrica prodotta, elevazione della
tensione a 150 kV (stazione di trasformazione), collegamento elettrico alla Area
Gestore TERNA;
o 1 Stazione Elettrica di Trasformazione AT/AT 150 kV / 380 kV ed
Allacciamento alla Rete – Area Gestore: controllo dell'impianto, convogliamento
della energia elettrica prodotta, elevazione della tensione a 380 kV (stazione di
trasformazione), collegamento elettrico alla Rete Ettrica Nazionale (interruttori,
sezionatori, apparecchiature di misura e protezione). Tale stazione verrà realizzata da
altro operatore di iniziative eoliche nel vicino comune di Castellaneta.
o 1 elettrodotto a 150kV di collegamento tra le due aree;
o 1 torre anemometrica, per la misura del vento;
La scelta degli aerogeneratori di un unico diametro pari a 90m è stata dettata dal rispetto
delle aree di ingombro del Campo eolico nel suo insieme:
Da cui
• D = 90m ( 3 D ) 2 = ( 3 x 90 ) 2 = 7,29 ha
• 18 x 7.29 = 131.22 ha
• Superficie totale Campo Eolico = 131.22 ha
• Superficie Comunale = 15’969 ha
All’art. 13 del Regolamento Regionale 04 ottobre 2006, n. 16 viene così definito il
Parametro di controllo P : ”Il parametro P è il rapporto tra la somma delle lunghezze dei
diametri di tutti gli aerogeneratori installati ed autorizzati in un Comune ed il lato del
quadrato di area uguale alla superficie comunale come da dato ISTAT”.
Studio di Impatto Ambientale, p. 131

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
P ∑
=
L
D
i i
Qsc
Il Campo Eolico di progetto prevede l’installazione di 18 Aerogeneratori con rotore di
diametro pari a 90 m, eventualmente intercambiabili con quelli elencati al paragrafo 2.
Il territorio comunale di Laterza presenta una superficie totale pari a:
SSC = 15969 Ha
Il Parametro di Controllo Può così essere calcolato:
L Qsc
P =
=
159690000 = 12636.
85m
1620
12636.
85
=
0.
128
<
0.
25
Il Parametro di controllo risulta dunque verificato secondo quanto previsto all’art. 14
comma 7.
4.10.1 Cabina di Macchina
La cabina di macchina, con annesso trasformatore BT / AT verrà realizzato all’interno di
ciascuna Torre, in armonia al comma 1, voce i, dell’ Art. 10 del Regolamento Regionale
con indiscutibile ulteriore profilo di minimizzazione degli interventi di utilizzazione del
suolo.
La cabina contiene tutte le apparecchiature di media tensione,( trasformatore MT-BT,
quadro MT di sezionamento e protezione) e di bassa tensione ( quadro di comando e
controllo aerogeneratore).
All’interno la cabina è divisa in due sezioni opportunamente isolate tra loro.
Nella prima arrivano i cavi dall’aerogeneratore, conduttori elettrici a 690V dai quali
l’energia viene convogliata fino ad un trasformatore di potenza 2,5 – 3.5 MVA e portata ad
una tensione di 20.000 V.
Di qui l’energia viene immessa nei cavi interrati.
Nella seconda, unità di controllo, un computer misura e controlla in ogni istante i parametri
del vento, direzione e velocità, e determina la posizione ottimale delle pale nel piano
verticale e della navicella nel piano orizzontale; misura la potenza ed i vari parametri
Studio di Impatto Ambientale, p. 132

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elettrici e regola il rifasamento provvedendo in automatico a segnalare l’emergenza ed ad
arrestare il funzionamento in caso di necessità.
In definitiva il computer è dotato di specifico software gestionale e costituisce un vero e
proprio sistema di controllo che assolve principalmente a due importanti funzioni:
• gestione dell’aerogeneratore nelle diverse condizioni di lavoro;
• azionamento del dispositivo di sicurezza di bloccaggio dell’aerogeneratore in caso
di cattivo funzionamento e/o di sovraccarico dovuto ad eccessiva velocità del
vento.
Tutti i trasformatori di tensione installati all'interno delle cabine di macchina (trasformatori
BT/MT) saranno del tipo a resina e pertanto privi di olio.
4.10.2 - Rete di cavidotti interrati
L’energia elettrica prodotta da ciascun Aerogeneratore verrà convogliata alla Cabina
Elettrica di Trasformazione mediante una “rete” di cavidotti interrati in MT a 20 kV
esclusivamente a servizio di estremità.
Tali cavidotti interrati seguono principalmente il tracciato della viabilità esistente al fine
della posa in opera ciglio-strada.
I cavi saranno posati in opera su letto di sabbia secondo quanto descritto dalla modalità M
delle norme CEI 11-17, Tav C2, il percorso è invece individuato nella Tav. D1.
In corrispondenza degli attraversamenti stradali, lo strato di sabbia viene chiuso in
superficie, a contatto con il manto stradale, da un getto di cls magro di altezza 30 cm.
Nei percorsi lontani dalla sede stradale la presenza della via cavo interrata sarà
adeguatamente segnalata in superficie, mediante coppi in cemento o ghisa, nei tratti
rettilinei ed in corrispondenza di ogni deviazione di tracciato.
La realizzazione delle opere non determinerà variazione alla morfologia dei siti e ciò in
quanto la movimentazione di terra per la posa dei cavidotti sarà di modesta entità.
Il percorso dei cavidotti, tutti interrati, non interessa aree vincolate.
4.10.3.1 - Stazione Elettrica di Trasformazione ed Allacciamento.
La Stazione Elettrica, nel suo complesso formata da Area Utente ed Area Gestore,
provvede quindi alla trasformazione, MT/AT dell’ Energia Elettrica prodotta dal Campo
Eolico, ed all’immissione in Rete, mediante allacciamento in entra-esce.
Studio di Impatto Ambientale, p. 133

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Per tale stazione TERNA ha stabilito una soluzione di allacciamento diversa da quelle
proposte nel progetto originale, così sinteticamente descritta:
• Allacciamento in entra-esce sulla linea AT a 380 kV Matera-Taranto;
• Stazione Elettrica realizzata in prossimità della Masseria Gobetto nel vicino Comune
di Castellaneta, quasi a ridosso del confine con Laterza, proprio al di sotto del
tracciato dell’elettrodotto a doppia terna a 380 kV ivi esistente.
Si evidenzia che seppure tale soluzione prevede l’allacciamento in RETE a 380 kV, la
tensione di immisione nell’area Gestore TERNA è pari a 150 kV.
4.10.3.2 - Stazione Elettrica di Trasformazione Area Utente.
L’Area Utente, stazione elettrica di trasformazione MT/AT 20 kV/150 kV, occuperà una
area pari a complessivi 5500 mq, opportunamente sistemata e delimitata da una recinzione
di altezza h=2.50 m, costituita da un cordolo in calcestruzzo sormontato da pannelli in
grigliato metallico verniciato, su tutto il perimetro.
In pianta l’area Utente è formata da due rettangoli adiacenti:
• Area 4 Trafo e Locali 115.00 x 42.50
• Area Connessione AT 25.00 x 16.00
Complessivamente la superficie recintata è pari a ST = 5500 mq di cui solo 180-280 mq
interessati dalla cabina vera e propria a cui si sommano circa 600 mq di viabilità interna.
Nell’Area Utente saranno alloggiati:
• Edificio Quadri 39.20 x 4.40 x 2.50 m
• Misuratori - Contatori
• Trasformatori
• Collegamenti
• sezionatori
• Viabilità interna
Il tutto come meglio evidenziato in Tavv. E2-E4 cui si rimanda.
Le pareti esterne della cabina hanno un rivestimento murale plastico idrorepellente a base
di resine sintetiche, polvere di quarzo e ossidi coloranti.
Studio di Impatto Ambientale, p. 134

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Le porte di accesso e le finestre di aerazione saranno in lamiera zincata verniciata (o
similari).
La fondazione sarà del tipo a platea, anch'essa prefabbricata.
I trasformatori MT/AT saranno del tipo con isolamento in olio minerale (privo di PCB e/o
PCT), e sarà equipaggiato con tutte le apparecchiature di sicurezza e controllo normalmente
previste per questo tipo di macchine. Al di sotto del trasformatore verrà realizzata una
vasca di contenimento in grado di ricevere l’intero volume di olio contenuto nella stessa
qualora si dovesse verificare, per motivi accidentali, uno sversamento dello stesso.
Lo scarico della vasca sarà dotato di "trappola" per olio, in modo da garantirne il
contenimento anche in presenza di parziale o totale allagamento della vasca da parte di
acqua meteorica.
La Stazione Elettrica provvede alla trasformazione, MT/AT dell’ Energia Elettrica prodotta
dal Campo Eolico, ed al convogliamento all’Area Gestore TERNA.
L’ubicazione di tale Area Utente è fortemente condizionata dal costo dell’elettrodotto di
collegamento tra il Campo Eolico e la Stazione Elettrica a Castellaneta:
• In adiacenza Area Gestore a Castellaneta, con elettrodotto a 20 kV;
• In prossimità del Campo Eolico con elettrodotto a 150 kV.
Nella seconda ipotesi l’ubicazione può essere ricondotta alle precedenti soluzioni
progettuali.
4.10.3.3 - Stazione Elettrica di Trasformazione ed Allacciamento Area Gestore TERNA.
L‘ Area Gestrore TERNA che costituisce la Stazione Elettrica vera e propria, sarà realizzata
quale infrastruttura primaria presente sul Territorio da altro operatore nel settore eolico per
conto di TERNA nel Comune di Castellaneta.
4.10.3.4 – Elettrodotto di collegamento Area Utente - Area Gestore TERNA.
L’elettrodotto sarà di tipo interrato e presenterà tensione di esercizio pari a 20 kV o a 150
kV in virtù di determinazione strettamente di carattere economico.
Studio di Impatto Ambientale, p. 135

4.10.4 – Collegamento “entra-esce”
Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Il collegamento alla Rete Elettrica Nazionale in AT a 380 kV esistente sarà realizzato in
entra-esci sul tratto di linea aerea a 380 kV Matera-Taranto che ivi sovrapassa la Stazione
Elettrica. Tav A2
4.10.5 - Torre Anemometrica
In fase d'esercizio dell'impianto, allo scopo di monitorare la producibilità complessiva, è
prevista l'installazione di 1 torre anemometrica, con altezza di circa 40 - 60 m, in posizione
idonea. Al fine di limitare gli ingombri in pianta, la torre sarà di tipo autoportante a
struttura metallica, ancorata ad un opportuno blocco di fondazione interrato in calcestruzzo.
Studio di Impatto Ambientale, p. 136

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
PARAGRAFO XI
INFRASTRUTTURE ED OPERE CIVILI
Per l’aerogeneratore gli elementi strutturali di competenza del progettista si riducono alle
sole opere in fondazione mentre le torri, la navicella, il rotore e le pale sono di competenza
del produttore: tali elementi infatti sono spesso coperti da brevetti.
Tutte le infrastrutture del Campo Eolico rientrano invece nelle competenze progettuali e
consistono:
- esecuzione dei basamenti di fondazione, interrati, degli aerogeneratori e delle torri
anemometriche;
- realizzazione dei basamenti e dei cunicoli per la cabina di impianto;
- realizzazione dei cavidotti interrati di collegamento tra gli aerogeneratori, le torri
anemometriche e la cabina di impianto;
- posa in opera della cabina di impianto e delle opere accessorie;
- adeguamento delle strade carrabili esistenti per la sistemazione della viabilità di accesso
al sito;
- viabilità interna all'area dell'impianto, per i collegamenti tra gli aerogeneratori, le torri
anemometriche e la cabina di impianto, essenzialmente di carattere provvisorio: verrà
rimossa ad intervento ultimato.
Le infrastrutture e le opere civili rispettano le esigenze del produttore degli aerogeneratori,
qualunque sia la scelta tra quelli proposti, rispettando altresì i contenuti degli appositi
disciplinari di fornitura, realizzazione e collaudo, ed i relativi controlli di Qualità.
Il controllo della viabilità esistente e provvisoria da realizzare, per il trasporto dei
macchinari e delle apparecchiature, è stato eseguito mediante analisi delle tavole di
progetto seguito da opportuno sopralluogo congiunto ai tecnici all’uopo abilitati.
Studio di Impatto Ambientale, p. 137

4.11.2 Fondazioni Aerogeneratori
Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
In virtù delle caratteristiche dei terreni di fondazione, Calcari di Altamura presenti su tutta
l’estensione del Campo Eolico, in linea generale si prevedono fondazioni in C.A. di tipo
diretto, platea di fondazione a tronco di piramide:
Area di base 18.00 x 18.00 m
Area in sommità 6.00 x 6.00m
Profondità H = 4.00 – 6.00 m
Attese le caratteristiche degli aerogeneratori, pressocchè similari, tali fondazioni non
subiranno variazioni in funzione della scelta degli aerogeneratori in elevazione: gli unici
cambiamenti si riducono alla zona di ancoraggio torre fondazione che invece segue le
specifiche della ditta costruttrice e variano in genere da turbina a turbina.
Le fondazioni dirette saranno formate da un basamento inferiore, impostato ad una
profondità indicativa di 4.0-6.0 mt dal piano medio di campagna, e da un dado di
collegamento superiore nel quale sarà annegato il cestello della torre di sostegno.
Il tutto in cls RcK300.
Tale previsione è di carattere provvisorio e relativa alla presente fase preliminare di
progettazione, in fase esecutiva, verrà eseguita una dettagliata indagine geognostica
corredata, tra l’altro, di almeno una prova geognostica per ciascuna area di sedime, onde
determinare le effettive capacità portanti del sottosuolo, e verificare la presenza di eventuali
fenomeni Carsici.
Eventualmente dunque le fondazioni indirette saranno dimensionate all’acquisizione dei
dati geotecnici provenienti dai campioni indisturbati prelevati durante la campagna
geognostica.
Nella fondazione, oltre al cestello previsto per l'ancoraggio della torre, saranno ospitate le
tubazioni passacavo in PVC corrugato, nonché gli opportuni collegamenti alla rete di terra.
La base della torre di sostegno verrà affogata nel dado di fondazione superiore.
Il dimensionamento finale delle fondazioni sarà effettuato in funzione dei risultati ottenuti
dalle indagini geologiche-geotecniche eseguite in sito, in armonia con le prescrizioni che
saranno richieste dalla ditta fornitrice degli aerogeneratori.
Studio di Impatto Ambientale, p. 138

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
La realizzazione delle opere non determinerà variazione alla morfologia dei siti, in quanto
la movimentazione di terra derivante dallo scavo per la posa in opera delle fondazioni degli
aerogeneratori sarà regolarmente conferita presso la più vicina discarica regolarmente
autorizzata.
4.11.3 Piazzole Aerogeneratori
4.11.4 Viabilità
In Fase di cantiere verranno predisposte in corrispondenza della ubicazione di progetto di
ogni aerogeneratore opportune piazzole atte ad accogliere le relative fondazioni, i dispersori
di terra, le necessarie vie cavo interrate ed i mezzi di sollevamento durante la fase di
installazione della torre di sostegno dell’aerogeneratore.
Si procederà allo scotico superficiale, spianatura con riporto di materiale vagliato e la
compattazione di una superficie di circa 500m 2 .
A montaggio ultimato l’intera superficie della piazzola, eccettuata la sola area occupata dal
dado di ancoraggio della torre dell’aerogeneratore, D = 6 m, verrà ripristinata come “ante
operam” con riporto di terreno vegetale, posa in opera ove necessario di geostuoia, semina
delle essenze tipiche della vegetazione spontanea locale.
Come evidenziato l'accesso al sito avverrà sfruttando la viabilità esistente.
La viabilità esistente esterna all’area di progetto si presenta pressocchè idonea e non
necessita di interventi particolari.
Nell’eventualità in fase di cantiere necessitassero interventi per la migliore fruibilità della
viabilità esistente ( es. risagomatura planimetrica, rifacimento del manto stradale
dissestato….) gli interventi delineati si profilerebbero interventi di miglioria a vantaggio
dell’Amministrazione comunale o dell’Ente di competenza.
La viabilità di cantiere si concreterà nella apertura di piste carrabili in sterrato
opportunamente stabilizzato.
La viabilità di cantiere ha carattere provvisorio, ad ultimazione dei lavori verrà rimosso lo
strato di stabilizzante al fine di consentire il normale utilizzo del suolo ante operam.
Nella fase di gestione le operazioni di piccola manutenzione potranno essere assolte
mediante impiego di mezzi fuoristrada sui suoli oggetto di convenzione ed utilizzo delle
carrarecce esistenti.
Studio di Impatto Ambientale, p. 139

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Per le operazioni di grande manutenzione di volta in volta si procederà con idonei interventi
a carattere provvisorio dimensionati alle esigenze di esecuzione.
I tratti delle carrarecce esistenti che dovessero necessitare di migliorie vedrebbero la
realizzazione dell’intervento in massicciata tipo "Mac Adam" compatibile con la realtà
paesaggistica del luogo.
La massicciata sarà composta da uno strato di fondazione in stabilizzato di 40 cm;
superiormente sarà previsto uno strato di finitura/usura in ghiaietto stabilizzato, dello
spessore di 10 cm.
L'area di impianto ricade in zone adibite ad attività di tipo agricolo, che pertanto presentano
un traffico veicolare estremamente ridotto.
Poichè non è prevista la presenza di personale per la conduzione dell'impianto, che verrà
gestito tramite ispezioni a cadenza bi-trisettimanale, sarà praticamente nulla l'incidenza sul
traffico veicolare conseguente all'esercizio dell'impianto.
In fase progettuale tutti gli interventi sulla viabilità vengono eseguiti, tra l’altro, in
conformità ai Disciplinari Nordex, e/o similari, riportati in Tav. E2.
4.11.4.1 Sistemazione viabilità esistente
Le strade esistenti devono consentire il transito automezzi per trasporti eccezionali, con
bilici lunghi anche 55-60 metri il cui peso, a pieno carico, potrà raggiungere le 100
tonnellate per il trasporto delle pale, della navicella, dei conci della torre tubolare, della
gru, etc.
Gli interventi sulla rete stradale esistente sono molto limitati ed interessano esclusivamente
le strade comunali ed interpoderali interne al Campo Eolico di Progetto e di collegamento
alla Strada Statale n. 7 APPIA, la quale non necessita di alcun intervento semprecchè i
lavori attualmente in corso tra lo svincolo di Mottola sulla A14 e la variante intorno a
Laterza siano conclusi all’atto della realizzazione dell’impianto.
Gli interventi di adeguamento riguardano:
• incroci a raso di innesto con la SS7
• curve strette
• larghezza sezione stradale in rettilineo 4m ed in curva 6-8m
• pavimentazione con misto stabilizzato di 40 cm + ghiaietto superiore di 10 cm
Studio di Impatto Ambientale, p. 140

4.11.4.2 Viabilità provvisoria
Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
La viabilità provvisoria verrà realizzata ex novo per consentire i collegamenti interni al
Campo Eolico.
Le fasi esecutive possono così essere sintetizzate:
Rimozione del terreno agrario lungo il tracciato della strada interna e stoccaggio
provvisorio all’interno del Campo Eolico per la sua riutilizzazione;
Sbancamento superficiale con mezzi meccanici, limitatamente alla superficie di
intervento;
Realizzazione di fondazione stradale con misto stabilizzato di 40 cm;
Realizzazione di pavimentazione stradale a macadam costituita da stesura,
innaffiamento e rullatura di un primo strato di 15cm circa (10cm compresso) di
pietrisco calcareo di 4-7 cm nonché stesura, innaffiamento e rullatura di un secondo
strato di 12-15 cm circa (10 cm compresso) di pietrisco calcareo di 2-4 cm.
Erette le torri e installate su ciascuna delle loro sommità la navicella, si potrebbe decidere
di smantellare i collegamenti di servizio interni, ripristinando il loro luogo lo stato quo ante
ossia riconfigurando il terreno agrario precedentemente rimosso.
Le opere da eseguire per ciò saranno le seguenti:
Sbancamento superficiale con ruspa o escavatore, limitatamente alla superficie di
intervento;
Trasporto a rifiuto degli inerti calcarei di risulta;
Riconfigurazione del piano di campagna adoperando il terreno agrario
precedentemente rimosso e messo a dimora.
4.11.5 Conferimento e posa in opera degli Aerogeneratori.
Le fasi di trasporto, montaggio ed installazione degli Aerogeneratori saranno effettuate e
coordinate direttamente dalla ditta produttrice che dispone di mezzi meccanici adeguati allo
scopo, personale altamente specializzato e con un notevole bagaglio di esperienza maturato
nel corso degli anni nei punti più disparati della terra.
Infatti molto spesso le ditte produttrici effettuano finanche la realizzazione dell’intero
Campo Eolico “chiavi in mano”.
Si ribadisce che il presente progetto rispetta tutte le esigenze esecutive peculiari di ognuna
delle ditte produttrici degli aerogeneratori proposti: l’esperienza progettuale maturata da
anni nel settore e gli incontri con i tecnici abilitati hanno consentito di effettuare un
“inviluppo” tra tutte le esigenze specifiche.
Studio di Impatto Ambientale, p. 141

4.11.6 Cavidotti
Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
L’energia prodotta dagli aerogeneratori in BT (690 V) viene trasformata in MT (20 kV) e
trasportata fino alla cabina di impianto – cabina MT dove viene trasformata in AT (150 kV)
prima di essere collegata alla Cabina Primaria di Enel Distribuzione.
Quanto ai tracciati di progetto per cavidotti interrati, i cavi saranno posati in opera su letto
di sabbia secondo quanto descritto dalla modalità M delle norme CEI 11-17 il cui percorso
è individuato nella D1.
In corrispondenza degli attraversamenti stradali, lo strato di sabbia viene chiuso in
superficie, a contatto con il manto stradale, da un getto di cls magro di altezza 30 cm.
La Sezione tipo del cavidotto è in TAV. C2.
Nei percorsi lontani dalla sede stradale la presenza della via cavo interrata sarà
adeguatamente segnalata in superficie, mediante cippi in cemento o ghisa, nei tratti
rettilinei ed in corrispondenza di ogni deviazione di tracciato.
La realizzazione delle opere non determinerà variazione alla morfologia dei siti e ciò in
quanto la movimentazione di terra per la posa dei cavidotti sarà di modesta entità.
4.11.7 Conclusioni
Si rappresenta che la progettazione è stata eseguita in modo da ridurre al minimo i
movimenti di terra, e che tale possibilità è stata consensentita anche dalla “dolce”orografia
del territorio di sedime.
Il ripristino dello stato dei luoghi verrà eseguito prediligendo tecniche di ingegneria
naturalistica.
Studio di Impatto Ambientale, p. 142

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
PARAGRAFO XII
OPERE ELETTROMECCANICHE ED IMPIANTISTICHE
4.12.1 Quadro generale
Quanto alle opere elettromeccaniche ed impiantistiche, gli interventi si possono così
riassumere:
- l'installazione degli aerogeneratori e dei relativi impianti;
- l'installazione della torre anemometrica;
- realizzazione dei collegamenti elettrici, in cavidotti interrati, tra gli aerogeneratori, le
torri anemometriche;
- realizzazione dei collegamenti elettrici della rete di impianto alla rete di linea;
- realizzazione del sistema di monitoraggio, controllo e misura (MCM).
La centrale eolica sarà composta da18 aerogeneratori dotati di generatori asincroni trifasi in
BT (690 V).
La tensione verrà elevata localmente in corrispondenza della cabina di macchina, posta
all'interno di ciascuna torre di aerogeneratore, tramite un trasformatore BT/MT ad un
livello di tensione di 20 kV.
Gli aerogeneratori collegati fra loro si connetteranno alla cabina di sottocampo mediante
quadri a media tensione MT. Nella stessa cabina di impianto sarà ubicato il sistema di
monitoraggio, comando, misura e supervisione (MCM) dell'impianto che consentirà di
valutare in modo complessivo il funzionamento e le prestazioni dell'impianto ai fini della
sua gestione.
Ogni aerogeneratore risulterà elettricamente indipendente dagli altri anche dal punto di
vista delle funzioni di controllo e protezione.
Studio di Impatto Ambientale, p. 143

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Per quanto riguarda le opere elettromeccaniche, l'impianto può essere scomposto nelle
seguenti parti principali:
N.18 cabine di macchina interne
N.1 cabina di impianto – stazione MT/AT
Impianto di terra e di protezione contro i fulmini
Impianto per la trasmissione dell'energia prodotta (cavi di potenza in MT)
Impianto per l'alimentazione delle torri anemometriche (cavi in BT)
collegamento diretto alla Cabina primaria Enel
Impianto per la trasmissione di segnali e comandi (fibre ottiche)
4.12.2 Cabina di macchina
Ne sarà sistemata una all'interno di ogni un aerogeneratore, racchiuderà al suo interno:
- il trasformatore BT (400 V) di alimentazione dei servizi ausiliari della cabina;
- armadio batterie 110 V cc per l'alimentazione di emergenza;
- il sistema di monitoraggio, comando, misura e supervisione (MCM)
dell'impianto.
4.12.3 Stazione di Trasformazione e Allacciamento alla Rete
La cabina di impianto sarà composta dal modulo MT e dal modulo AT.
Complessivamente nei due moduli saranno contenuti:
- cella MT di ricezione linea (IMS) con misure e protezioni; cella MT di interfaccia
(pannello di interfaccia);
- cella MT per misure fiscali di energia, contatori UTF (Ufficio Tecnico delle Finanze);
- quadro BT di alimentazione dei servizi ausiliari di cabina;
- sistema MCM di supervisione dell'intera centrale eolica.
Studio di Impatto Ambientale, p. 144

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
4.12.4 Impianto di terra e protezione contro i fulmini
L'efficienza della rete di terra di un'officina elettrica, centrali, sottostazioni, cabine ecc., e
quindi anche di un impianto eolico, si può ritenere raggiunta quando, alla presenza delle
massime correnti di corto circuito legate al sistema elettrico d'alimentazione dell'impianto
stesso, non si determinino tensioni di contatto e di passo pericolose per persone all'interno
ed alla periferia dell'area interessata. L'efficienza della rete di terra è quindi legata ad una
sufficiente capacità di disperdere la corrente di guasto (basso valore di resistenza totale) in
misura maggiore, ed ad un'uniformità del potenziale su tutta l'area dell'impianto utilizzatore
(tensioni di passo e di contatto, gradienti periferici e differenze di potenziale fra diverse
masse metalliche di valore limitato).
L'impianto di terra sarà pertanto costituito dalle seguenti parti:
- n. 1 dispersore lineare di collegamento equipotenziale di tutte le macchine e le relative
cabine di macchina;
- rete di terra per la cabina di impianto e la stazione di consegna.
Per integrare e quindi migliorare le capacità disperdenti, il dispersore dovrà essere
interconnesso in più punti anche con le armature dei plinti di fondazione degli
aerogeneratori.
Il conduttore di terra avrà una sezione adeguata con un valore minimo pari a 50 rnmq,
ricavato avendo assunto in via cautelativa un valore di resistività del terreno pari a 400 Ώm
e condizioni di interfaccia tipiche con la rete elettrica (Valore della corrente di corto
circuito monofase a terra Ig; Tempo di eliminazione del guasto t).
Per quanto riguarda la protezione contro i fulmini di impianti eolici, i problemi principali
riguardano l' 1% del possibile irraggiamento degli aerogeneratori eolici per fulminazione
diretta ed il possibile deterioramento del sistema di monitoraggio e di controllo per
fulminazioni generalmente indirette che interessano, non solo gli aerogeneratori installati
ma l'impianto eolico nel suo complesso.
Infatti, le fulminazioni dirette sugli aerogeneratori possono danneggiare in modo particolare
le pale, mentre i fulmini nell'impianto generano tensioni transitorie che interessano i circuiti
Studio di Impatto Ambientale, p. 145

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
degli aerogeneratori, le cabine di macchina, la cabina di impianto e possono danneggiare i
loro sistemi elettronici (che sono particolarmente vulnerabili).
Si preferisce usare il solo dispersore di terra, poiché gli aerogeneratori risultano essere già
predisposti con idoneo sistema di protezione, collegato al dispersore di terra in due punti.
Con riferimento alla normativa e alla tipologia d'impianto, il progetto del dispersore fa
riferimento al dispersore di tipo B (dispersore ad anello esterno alla struttura in contatto con
il suolo per almeno l' 80% della lunghezza totale e dispersore di fondazione).
Il cerchio equivalente all'area racchiusa dal dispersore ad anello non deve essere inferiore al
valore = 1 rilevato dal grafico riportato nella norma CEI 81-1, in corrispondenza del valore
di resistività del suolo ipotizzata ρ = 400 Ώm.
La settorializzazione del campo garantisce il funzionamento degli impianti, almeno
parziale, anche in caso di eventi naturali imprevisti.
Studio di Impatto Ambientale, p. 146

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
PARAGRAFO XIII
GEOREFERENZAZIONE
In armonia a quanto disposto al comma 4 dell’art. 11 del Regolamento Regionale n.16, nel
seguito si riportano le coordinate degli aerogeneratori georiferiti nel sistema di riferimento
cartografico ufficiale italiano Gauss-Goaga fuso Est.
Tali parametri verranno forniti anche in supporto digitale.
Per la lettura dei Valori delle coordinate si rimanda allo specifico elaborato TAV. V –
Georeferenzazione.
Studio di Impatto Ambientale, p. 147

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
PARAGRAFO XIV
GITTATA MASSIMA DEGLI ELEMENTI ROTANTI
Il comma 1, dell’art. 10 lettera g) Dati di progetto e sicurezza, richede la “dimostrazione
della gittata massima deli elementi rotanti in caso di rottura accidentale.”
La tecnologia costruttiva degli aerogeneratori è molto sofisticata e di chiara derivazione
aeronautica, per cui la valutazione della gittata massima degli elementi rotanti di un
aerogeneratore, in caso di rottura accidentale, presuppone specifiche conoscenze di
derivaazione aeronautica spesso coperte anche da brevetti.
I modelli teorici che meglio possono caratterizzare il moto nello spazio dei frammenti di
pala o dell’intera pala possono essere ricondotti ai casi seguenti:
1. Primo caso - traiettoria a giavellotto con minore resistenza aerodinamica;
Case 1: Non Rotational Motion, Calcolo della gittata massima del generico frammento
di ala, in assenza di moto rotazionale intorno ad un asse qualsiasi, con traiettoria e
dimensione media del frammento complanari al rotore.
2. Secondo caso - traiettoria a giavellotto con maggiore resistenza aerodinamica; Case 2:
Non Rotational Motion, Calcolo della gittata massima del generico frammento di ala,
sempre in assenza di moto rotazionale intorno ad un asse qualsiasi, con traiettoria
complanare al rotore e dimensione media del frammento ortogonale al piano del
rotore.
3. Terzo caso - Case 3: Complex Rotational Motion, più vicino alla realtà. Calcolo della
gittata massima in presenza di moti di rotazione intorno a ciascuno dei tre assi
principali del frammento stesso.
In caso di rottura, infatti, per il principio di conservazione del momento angolare, il
generico spezzone di pala tende a ruotare intorno all’asse ortogonale al proprio piano;
inoltre, a causa delle diverse pressioni cinetiche esercitate dal vento, lo spezzone di
pala tende anche a ruotare intorno a ciascuno dei due assi principali appartenenti al
proprio piano.
Il calcolo matematico di previsione della gittata massima può essere effettuato solo nel
primo caso, di minore resistenza aerodinamica con resistenza dell’aria trascurabile: la
gittata così calcolata viene dunque riferita alla “traiettoria nel vuoto”.
Studio di Impatto Ambientale, p. 148

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Tale traiettoria è dunque in assoluto quella più lunga, in quanto al primo caso competono le
minori resistenze aerodinamiche al moto, al secondo caso compete una maggiore resistenza
aerodinamica, nel terzo caso infine gli elementi ruotano su se stessi mentre cadono:
l’energia cinetica globale si dissipa nel secondo caso per attrito contro l’aria, nel terzo caso
con i moti di rotazione.
Quindi facendo riferimento al Caso 1, il calcolo della gittata può essere fatto con semplici
calcoli matematici applicando le formule valide per il calcolo della traiettoria nel vuoto,
valide nelle seguenti ipotesi:
1. corpo pesante;
2. bassa velocità iniziale;
3. resistenza dell'aria trascurabile.
Nel vuoto, infatti, il frammento di pala subirebbe l’azione di due sole forze tra loro
indipendenti:
1. Impulso iniziale impresso al momento della rottura;
2. Peso proprio.
L'impulso iniziale tende ad imprimere al frammento della pala un moto uniforme e
rettilineo, mentre la forza peso tende a far cadere il frammento verso il suolo con moto
uniformemente accelerato con a = 9,81 m/sec 2 , la combinazione dei due moti fanno
descrivere al frammento una traiettoria parabolica, dalle seguenti caratteristiche:
• la traiettoria è determinata solo dalla velocità iniziale ed è indipendente dalla
forma e dal peso del corpo lanciato;
• l'asse della parabola è verticale e divide la curva in due rami, ascendente e
discendente, simmetrici;
• l'angolo di partenza è eguale all'angolo di caduta;
• la velocità iniziale è eguale alla velocità di caduta;
• la gittata massima si ha per un angolo di partenza di 45°.
Studio di Impatto Ambientale, p. 149

Ditta De Biasi Giuseppe – CAMPO EOLICO “ENRICO” - LATERZA
Valori al vertice della traiettoria
Valori nel punto di caduta
Y
L
max
max =
V
=
V
2
o
2
o
2
sen α
2g
sen2α
Tale trattazione è fisicamente valida per descrivere la traiettoria di un giavellotto.
In realtà la traiettoria atmosferica tanto più si avvicina a quella nel vuoto quanto più pesante
è il corpo lanciato e quanto più bassa è la velocità iniziale.
In tali ipotesi la pala al momento della rottura si discosta dalla traiettoria di moto circolare
uniforme seguita fino ad allora e continua il suo moto lungo la tangente alla circonferenza
nel punto di rottura.
La gittata massima viene dunque calcolata:
1. concentrando tutta la massa nel baricentro;
2. ubicando inferiormente il baricentro ad 1/3 della lunghezza della pala;
3. calcolando la velocità iniziale relativa al baricentro nel punto di rottura;
4. ipotizzando che la rottura avvenga quando la pala si trova in anticipo di 45°
rispetto al punto morto superiore, con azimut di 135°;
5. trascurando l’azione delle forze aerodinamiche viscose.
Applicando le formule illustrate precedentemente si può disegnare la parabola descritta
dalla pala dopo la rottura, fissando l’origine degli assi nel baricentro al momento della
rottura: la gittata massima viene poi calcolata al suolo sulla prosecuzione del ramo
discendente della traiettoria, considerando anche il valore dell’altezza della torre e della
lunghezza della pala stessa.
In condizioni ordinarie la frequenza di rotazione delle pale gli aerogeneratori intorno al
mozzo è pari a 9.0 ÷ 16.0 giri al minuto, in relazione alle condizioni ottimali di
funzionamento dei generatori elettrici collegati al mozzo tramite il moltiplicatore di giri.
g
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1.- Funzionamento in condizioni ordinarie f = 16 giri /min.
GITTATA ROTORE
CARATTERISTICHE AEROGENERATORE
altezza mozzo H = 100 m
ROTTURA PALA
angolo gittata α = 45 ° 0,785398 rad
CARATTERISTICHE DEL MOTO
frequenza f = 16 giri / min
ω = 2πf = 1,675515 rad / s velocità angolare
Vo = ωR m / s velocità tangenziale
a = v 2 /R m / s 2
accelerazione centrifuga
elemento Ri V0 A L gittata hmax Hmax Lmax
m m / s m / s 2
m m m M
0 18 30,2 50,5 92,7 23,2 112,7 145,9
2.- Funzionamento in condizioni strordinarie f = 20 giri /min.
CARATTERISTICHE DEL MOTO
Frequenza f = 20 giri / min
ω = 2πf = 2,094393 rad / s velocità angolare
Elemento Ri V0 a L gittata hmax Hmax Lmax
m m / s m / s 2
m m m M
0 18 37,7 79,0 144,9 36,2 112,7 206,6
Dove Ri indica la distanza del baricentro della pala dal mozzo.
Studio di Impatto Ambientale, p. 151

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Si sottolinea che la frequenza di rotazione, in condizioni ordinarie, in base alla quale si
calcola la velocità di rotazione delle pale e quindi si determina il valore della gittata
massima dei frammenti in caso di rottura in genere varia con il modello di aerogeneratore
da istallare nel campo eolico di progetto, come si può evincere dalla seguente tabella, in cui
sono elencati 4 diversi aerogeneratori di grossa potenza:
TURBINA POTENZA FREQUENZA
Ditta/Modello MW giri / min giri / min
VESTAS V90 3.00 9.00 ÷ 19.00
ZxÇxÜtÄ XÄxààÜ|v GE-3.0 2.5 ÷ 3.0 8.80 ÷ 14.90
Win Wind D-3 3.0 7.20 ÷ 15.30
NORDEX N90 2.50 9.60 ÷ 14.85
Mitsubishi MWT 92 2.40 9.00 ÷ 16.90
REpOWER MM92 2.00 7.80 ÷ 15.00
Usare nei calcoli frequenze di rotazione maggiori a quelle di regime per valori di velocità
del vento inferiori a 25 m/s, come ad esempio f = 20 giri/min, porta alla sovrastima delle
traiettorie, ma può tener conto di eventuali transitori dovuti allo slittamento del generatore
ed agli effetti del sistema di pendenza.
Si ricorda che la traiettoria prededentemente calcolate è quella che comporta la traiettoria
più lunga:
• assenza di attrito dell’aria,
• trascurando le caratteristiche aerodinamiche della pala,
• distacco della pala quando la stessa è a 45 gradi dalla verticale.
La presenza dell’aria, però, genera comunque delle forze di resistenza viscose che agendo
sulla superficie del frammento ne riducono tempo di volo e distanza.
A questa azione vanno aggiunte le forze aerodinamiche di portanza che possono innescarsi
sul frammento di pala in virtù del profilo aerodinamico secondo il quale vengono modellate
le sezioni trasversali della pala stessa, tale portanza potrebbe addirittura prolungare il volo
e allungare la distanza percorsa. Tale possibilità è correlata, tra l’altro, al rollio,
all’imbardata ed all’impennarsi della pala durante il volo. L’azione della portanza può
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essere ricondotta e schematizzata nei calcoli con un riduzione % della Forza peso.
E’ doveroso però sottolineare che affinchè si inneschino azioni di portanza è necessario che
la pala venga investita costantemente da una corrente d’aria proveniente da una direzione
ben precisa, quindi tale eventualità è da considerarsi una pura astrazione teorica, che in
pratica non può verificarsi.
La gittata massima della pala in caso di rottura, calcoltata secondo le ipotesi di traiettoria a
giavellotto precedentemente illustrate, è pari a 207 m e risulta la massima gittata per la pala
stessa.
Per completezza di trattazione è doveroso citare lo studio eseguito dalla PB Power Ltd. per
conto della società Vestas Wind System AS :“VESTAS V80 – Blade throw calculation
under normal operating conditions” (2001) riportato nel Documento del 30/03/2004 “V80
blade thrownaway study Rev2.doc”, nel quale si analizza la gittata di tre tipi di spezzoni di
pala in caso di rottura accidentale, seguendo le 3 ipotesi di moto precedentemente descritte.
Alla luce dei valori di gittata precedentemente calcolati ed estrapolando al Campo Eolico di
progetto le risultanze di tale studio, riferito ad un aerogeneratore Vestas V80 con pale più
corte e più leggere di quelle del Vestas V90, ed anche degli altri aerogeneratori alternativi
proposti nel presente progetto, si può affermare che:
in caso di rottura accidentale, il valore di gittata massima degli elementi rotanti di un
aerogeneratore risulta sempre inferiore ai 300 metri definiti dal vigente Regolamento
Regionale quale area buffer minima da Strade Provinciali e Statali.
Infine per completazza di trattazione si fa presente che finora al mondo si sono verificati
solo due casi di rottura di pale:
• il primo si è verificato a causa di un fulmine,
• il secondo per un errore di montaggio,
e comunque mai in condizioni di esercizio né per l’azione dinamica del vento.
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PARAGRAFO XIV
CERTIFICAZIONE DEGLI AEROGENERATORI
ALLE CONDIZIONI ESTREME
Il comma 1, dell’art. 10 lettera g) Dati di progetto e sicurezza, richede la “documentazione
attestante la certificazione degli aerogeneratori ad opera di soggetti abilitati, tenedo conto
delle condizioni metereologiche estreme del sito: si consiglia di considerare una velocità
massima del vento avente periodo di ritorno pari a 100 anni e durata pari a 1 secondo.”
In linea generale bisogna premettere che le verifice di resistenza dell’aerogeneratore nel suo
insieme, pale, rotore, torre e fondazione, verranno esaurientemente trattate in fase di
deposito dei Calcoli Statici, laddove insieme ai problemi di resistenza statica all’evento
estremo , saranno anche analizzate le sollecitazioni dinamiche.
Si rappresenta infatti che durante la rotazione gli elementi strutturali sono sollecitati
ciclicamente richiedendo quindi verifiche di resistenza a fatica e misure atte a scongiurare
eventuali gravi pericoli di fenomeni di risonanza.
La Normativa Italiana, con il D.M. del 16/1/96, “Norme tecniche relative ai criteri generali
per la verifica di sicurezza delle costruzioni e dei carichi e sovraccarichi”, e s.m.i., per il
calcolo della pressione cinetica del vento qref fa riferimento ad un periodo di ritorno T=50
anni.
Eventi estremi come quello consigliato dal Regolamento Regionale n.9, in narrativa, sono
invece previsti dai costruttori degli aerogeneratori per progettare e verificare gli elementi
strutturali nelle condizioni di esercizio più proibitive per istallazioni in ogni parte del
mondo.
Basta pensare ai siti realizzati nei Paesi del Nord, ai siti off-shore sul mar del Nord ed alle
istallazioni nei Paesi Tropicali, tutti luoghi dove le sollecitazioni del vento sono ben più
grandi che sul nostro territorio nazionale e nel bacino del Mediterraneo in genere.
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Per convenzione internazionale l’Organismo IEC ha classificato tutti i luoghi della terra in
4 classi in funzione del regime anemometrica della zona, tale suddivisione viene riportata
nella tabella seguente:
Il territorio in cui viene istallato un campo Eolico appartiene ad una delle 4 classi, il
produttore fornisce allora aerogeneratori certificati per tale classe di appartenza, di
conseguenza tutti gli elementi strutturali sono verificati alle relative sollecitazioni.
In particolare la NORDEX nella tabella “Daten und Fakten, um die sich alles dreht”, di cui
alla Tav. E2, riporta come valore estremo in calsse 1 IEC
“Uberlebenswind-geschwindigkeit”
V = 70 m/s
Secondo tali norme a questo valore estremo viene associato ad una durata di 3 s.
Eventuali ulteriori documentazioni e cerificazioni relative al comportamento statico
dell’aerogeneratore sotto l’azione di un evento estremo relativo ad un periodo di ritorno
T=100 anni per la durata di 1 seconso, di chiara competenza della ditta costruttrice, qualora
ritenute necessarie, verranno prodotte in sede di deposito del Calcoli Strutturali, in fase
esecutrice.
Il Progettista
Ing Francesco La Marca
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