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questioni epistemologiche nella scienza della natura dell ... - Padis

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FACOLTÀ DI FILOSOFIA<br />

DIPARTIMENTO DI STUDI FILOSOFICI ED EPISTEMOLOGICI<br />

DOTTORATO IN FILOSOFIA<br />

QUESTIONI EPISTEMOLOGICHE NELLA SCIENZA<br />

Supervisori<br />

DELLA NATURA DELL’ULTIMO KANT<br />

Prof.ssa Mirella Capozzi<br />

Prof. Giorgio Stabile<br />

Silvia De Bianchi<br />

Ciclo XXII<br />

A.A. 2009/2010


Ma allora, se l’esperienza è l’alfa e l’omega di tutto<br />

il nostro sapere intorno alla realtà,<br />

qual è il posto che la ragione occupa <strong>nella</strong> <strong>scienza</strong>?<br />

A. Einstein


INDICE<br />

INTRODUZIONE iii-viii<br />

AVVERTENZA ix<br />

Parte I<br />

Metafisica e <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

CAPITOLO I<br />

Premesse teoriche per un passaggio dalla metafisica alla fisica<br />

Premessa 2<br />

1.1 L’oggetto in generale e quello <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica 5<br />

1.2 Spazio e tempo: forme <strong>dell</strong>’intuizione e intuizioni formali 20<br />

1.3 Intuizioni formali e il ruolo <strong>dell</strong>’unità <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi 32<br />

CAPITOLO II<br />

L’applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica per il passaggio alla fisica<br />

Premessa 43<br />

2.1 La Prefazione ai Metaphysische Anfangsgründe der Naturwisenschaft 45<br />

2.2 Il progresso in infinitum, ad infinitum, in indefinitum 58<br />

2.3 L’applicabilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica <strong>nella</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> 63<br />

2.4 Metaphysische Anfangsgründe der Naturwissenschaft: un “fallimento”?<br />

Il movimento <strong>nella</strong> Fenomenologia 82<br />

2.5 La materia cosmica e l’universo in espansione 86<br />

Parte II<br />

Epistemologia e ontologia: la <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> negli anni ‘90<br />

CAPITOLO III<br />

La prospettiva epistemologica aperta dalla Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio<br />

Premessa 108<br />

3.1 La prospettiva epistemologica 109<br />

3.2 Il concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> 119<br />

3.3 Forza e materia <strong>nella</strong> Kritik der Urtheilskraft 132<br />

Parte III<br />

La cosmologia e la fisica degli anni ’90<br />

CAPITOLO IV<br />

Il problema <strong><strong>dell</strong>a</strong> mediazione: la fisica sperimentale e il concetto di forza<br />

Premessa 146<br />

4.1 Il contesto di riferimento 147<br />

4.2 L’influenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica e <strong><strong>dell</strong>a</strong> chimica in Über die Vulkane im Monde 166<br />

4.3 La conferma <strong>dell</strong>’ipotesi cosmologica: il confronto con Herschel 171<br />

4.4 Principi matematici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> nell’Opus postumum 181<br />

4.5 Il problema del concetto metafisico di forza 193


CAPITOLO V<br />

La prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere:<br />

Il concetto di “esperienza” tra epistemologia e metafisica<br />

Premessa 205<br />

5.1 La prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere: una prova apagogica 210<br />

5.2 L’esistenza <strong>dell</strong>’etere provata ipoteticamente 216<br />

5.3 Ricostruzione <strong>dell</strong>’argomentazione e il problema <strong>dell</strong>’esibizione 218<br />

5.4 Il postulato del principio del Passaggio 222<br />

5.5 L’unità collettiva <strong>dell</strong>’esperienza e il principio Forma dat esse rei 230<br />

OSSERVAZIONI CONCLUSIVE 243<br />

APPENDICE<br />

Il posto <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione <strong>nella</strong> <strong>scienza</strong> 248<br />

Allegato I 287<br />

Allegato II 288<br />

BIBLIOGRAFIA 290


AVVERTENZA<br />

I testi kantiani sono citati dall’edizione <strong>dell</strong>’Akademie Ausgabe, Kants Gesammelte<br />

Schriften (indicato nel testo con KGS). Al titolo o alla sigla <strong>dell</strong>’opera segue<br />

l’indicazione del volume e <strong><strong>dell</strong>a</strong> pagina. Le indicazioni per le citazioni <strong>dell</strong>e opere di<br />

Kant sono fornite <strong>nella</strong> Bibliografia. I riferimenti alla traduzione italiana, laddove<br />

disponibile, sono indicati in nota. I passi tratti dall’Opus Postumum sono citati dal<br />

tedesco. Laddove sia disponibile la traduzione italiana <strong>dell</strong>’Opus postumum, a cura di V.<br />

Mathieu, viene indicato in nota e segue la pagina <strong>dell</strong>’edizione italiana.<br />

ix


INTRODUZIONE<br />

Questa ricerca sorge da una domanda circa il rapporto che può essere instaurato<br />

tra la filosofia trascendentale e la <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. A questa prima domanda è<br />

seguito il tentativo di condurre un’indagine approfondita sulla filosofia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> di<br />

Kant che possa facilitare il compito di una riflessione sul rapporto che intercorre oggi<br />

tra la filosofia e la <strong>scienza</strong>. Lo scopo <strong><strong>dell</strong>a</strong> ricerca vuole essere raggiunto attraverso<br />

un’analisi dei testi di Kant e del quadro storico-scientifico, così da rintracciare le<br />

<strong>questioni</strong> <strong>epistemologiche</strong> che hanno segnato l’ultima fase <strong><strong>dell</strong>a</strong> produzione kantiana.<br />

I manoscritti <strong>dell</strong>’Opus postumum, oggetto di numerosi studi nel corso del<br />

Novecento, costituiscono una fonte fondamentale per ricostruire la concezione kantiana<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e <strong>dell</strong>e sue forze, nonché per ricostruire l’insieme <strong>dell</strong>e problematiche e<br />

<strong>dell</strong>e prospettive <strong>epistemologiche</strong> aperte dalla Kritik der Urtheilskraft.<br />

I concetti fondamentali che vengono presi in esame, presenti come un filo rosso<br />

nel corso <strong><strong>dell</strong>a</strong> ricerca, sono i concetti di spazio (e tempo), forza e materia, capaci di<br />

gettare una luce sia sulla concezione kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica sia sulla configurazione<br />

del rapporto tra filosofia, matematica e fisica.<br />

Il lavoro è costituito da cinque capitoli e da un’Appendice, a cui è affidato il<br />

ruolo di illustrare brevemente l’influenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia kantiana, così come le sue<br />

acquisizioni e le critiche a cui è stata sottoposta, sul terreno <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica,<br />

<strong>dell</strong>’epistemologia e <strong>dell</strong>’ontologia contemporanee.<br />

iii


Nel corso <strong><strong>dell</strong>a</strong> prima parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> ricerca (Capitoli I e II), si ricostruiscono<br />

innanzitutto gli elementi caratterizzanti il metodo <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> di Kant e<br />

si pone attenzione al processo di costruzione del concetto di materia proposto nei<br />

Metaphysische Anfangsgründe der Naturwissenschaft del 1786. La ‘costruzione’<br />

(termine che Kant riserva di norma al procedere <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica) del concetto di<br />

materia è possibile grazie all’applicazione del metodo <strong><strong>dell</strong>a</strong> divisione metafisica (che va<br />

distinto da quello <strong><strong>dell</strong>a</strong> divisione logica), nonché al duplice confronto <strong>dell</strong>e<br />

rappresentazioni tra loro e <strong>dell</strong>e rappresentazioni con la co<strong>scienza</strong>. Poiché questo<br />

confronto avviene alla luce <strong><strong>dell</strong>a</strong> topica dei concetti di riflessione, la tesi si impegna in<br />

una ricostruzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> genesi di tali concetti, procedendo a ritroso, vale a dire<br />

prendendo come spunto l’attività sintetica del soggetto, posto nello spazio e nel tempo,<br />

per spiegare come questi sia in grado di originare la topica che Kant segue per la<br />

costruzione del concetto di materia.<br />

Questa indagine pone una domanda sul piano ontologico, ovvero se il concetto<br />

di materia in generale corrisponda o meno all’oggetto fisico. Nella metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong>, infatti, l’oggetto è costruito come un sistema di relazioni, di rapporti reciproci<br />

attivi tra le forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. La prima parte anticipa alcuni temi, che<br />

torneranno ad essere analizzati nel Capitolo V. Nella misura in cui la materia cosmica,<br />

identificata con l’etere, viene definita da Kant in termini di spazio ipostatizzato, la<br />

seconda parte del Capitolo I si occupa <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione kantiana <strong>dell</strong>o spazio e del<br />

tempo.<br />

Ricostruendo la concezione kantiana di epoca critica <strong>dell</strong>o spazio, come forma<br />

<strong>dell</strong>’intuizione e intuizione formale, si possono evidenziare le grandi potenzialità<br />

<strong>dell</strong>’approccio trascendentale che trova applicazione sia nei Metaphysische<br />

Anfangsgründe der Naturwissenschaft, sia <strong>nella</strong> filosofia <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica di Kant,<br />

laddove è determinante lo statuto <strong>dell</strong>’algebra. La doppia determinazione <strong>dell</strong>o spazio,<br />

quale intuizione formale e quale forma <strong>dell</strong>’intuizione, rende ‘flessibile’ la nozione<br />

<strong>dell</strong>o spazio e riesce a dare conto, sia <strong>dell</strong>’applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica alla fisica, sia<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> trattazione quantitativa <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia in generale, così come dei corpi fisici e <strong>dell</strong>e<br />

loro interazioni.<br />

Nel Capitolo II la tesi pone in evidenza il ruolo svolto dall’algebra <strong>nella</strong><br />

costruzione di spazi vettoriali nei Metaphysische Anfangsgründe der Naturwissenschaft<br />

e, al tempo stesso, mostra come le possibili sintesi progressive siano funzionali<br />

all’applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica alla fisica. Grazie all’analisi <strong><strong>dell</strong>a</strong> riflessione kantiana<br />

iv


sul concetto di serie infinita e di serie indefinita, si può comprendere al meglio in che<br />

senso l’algebra, secondo Kant, sia una <strong>scienza</strong> ampliativa, non solo <strong><strong>dell</strong>a</strong> geometria<br />

algebrica, ma anche <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica.<br />

Nella seconda parte (Capitolo III), la tesi affronta alcune <strong>questioni</strong><br />

<strong>epistemologiche</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> Kritik der Urtheilskraft per meglio inquadrare il problema <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

costruzione di una cosmologia e di una cosmogonia, e, dunque, il problema <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

possibilità di conoscere la totalità materiale. Tali <strong>questioni</strong> sono risultate di estrema<br />

importanza anche per tenere conto <strong><strong>dell</strong>a</strong> pubblicazione nel 1791 di un estratto del saggio<br />

precritico di Kant Allgemeine Naturgeschichte und Theorie des Himmels.<br />

Le pagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà teleologica del giudizio, in particolare quelle<br />

dedicate alla dialettica, mostrano come Kant configuri il rapporto tra ontologia ed<br />

epistemologia in maniera da fornire un quadro di riferimento all’attività <strong>dell</strong>o scienziato.<br />

Con il concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> Kant intende asserire che è impossibile giudicare<br />

teleologicamente sulla generazione <strong>natura</strong>le a partire da un fondamento ontologico<br />

esterno alla <strong>natura</strong> stessa. In questo modo il concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> (sulla base<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> cooperazione del giudicare determinante con il giudicare riflettente) diventa uno<br />

strumento concettuale adatto, per un verso, al processo, sempre provvisorio, di ricerca<br />

<strong>dell</strong>e cause <strong><strong>dell</strong>a</strong> generazione <strong>natura</strong>le e, per l’altro verso, all’elaborazione di una<br />

dottrina <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. In controtendenza con le interpretazioni dominanti di Brandt,<br />

Horstmann e Förster, è possibile individuare nel concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> la<br />

chiave di volta per la comprensione del rapporto tra il principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà teleologica<br />

del giudizio e il fondamento soprasensibile. Al tempo stesso, questo concetto può<br />

gettare una luce sulla novità <strong><strong>dell</strong>a</strong> terza Critica rispetto alla Kritik der reinen Vernunft.<br />

Nella terza parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> ricerca (Capitoli IV e V), la tesi ricostruisce, utilizzando<br />

un’ampia letteratura secondaria, le fonti scientifiche di Kant e l’influsso esercitato da<br />

esse anche su alcuni scritti minori, per offrire un quadro esauriente <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione<br />

kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza e <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. La tesi cerca poi di chiarire il rapporto tra filosofia,<br />

matematica e fisica che si configura in epoca tarda.<br />

Grazie ad un’analisi diretta dei manoscritti <strong>dell</strong>’Opus postumum e avvalendosi<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> riflessione di M. Jammer sulla <strong>natura</strong> metafisica del concetto di forza, si mette in<br />

luce l’esigenza di Kant <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematizzazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza, che lo conduce nell’Opus<br />

postumum all’uso del termine ‘energia’ (Energie), proprio per spiegare la dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia cosmica in termini di spostamento e trasferimento di forza. Questo approdo, che<br />

certamente non anticipa la teoria einsteiniana, dimostra come Kant non solo avesse fatto<br />

v


propri i principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> termologia di Lavoisier, ma anche che li avesse applicati alla<br />

materia cosmica.<br />

Il Capitolo V si occupa <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere da una doppia<br />

prospettiva, sia storica che filosofica. Da un lato, si mostra come il legame tra la prova<br />

<strong>dell</strong>’esistenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia cosmica e il piano <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione fosse un argomento<br />

topico <strong>dell</strong>’epoca. Dall’altro lato, la peculiare trattazione kantiana di una prova a priori<br />

<strong>dell</strong>’esistenza di un tutto materiale affonda le sue radici <strong>nella</strong> stessa filosofia critica.<br />

La prova effettivamente tentata da Kant è basata, oltre che sul principio di<br />

identità, anche su elementi presenti da sempre <strong>nella</strong> filosofia di Kant, come il rapporto<br />

fondamento-conseguenza (posita rationem ponitur rationatum), sviluppati <strong>nella</strong> Kritik<br />

der Urtheilskraft, specialmente là dove quel rapporto serve a determinare il principio<br />

del giudizio teleologico e il sostrato soprasensibile.<br />

Nell’Opus postumum, il principio forma dat esse rei, tradotto in chiave<br />

trascendentale, è legato alla materia cosmica proprio in questa specifica relazione. Per<br />

Kant non vi potrebbe essere filosofia trascendentale a fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza e<br />

<strong>dell</strong>’esperienza, senza la presupposizione <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia cosmica e <strong>dell</strong>e sue forze motrici<br />

riunite in un sistema del tutto <strong>dell</strong>e percezioni esterne, e senza la presupposizione <strong>dell</strong>e<br />

forze esercitate dal soggetto. Di qui la necessità di una dottrina <strong>dell</strong>’auto-posizione del<br />

soggetto che faccia da pendant a quella <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e che sia riunita con essa in un<br />

sistema del mondo (Weltsystem).<br />

La filosofia kantiana mostra chiaramente dei limiti legati allo stadio degli studi<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica e <strong><strong>dell</strong>a</strong> chimica <strong>dell</strong>’epoca. Tuttavia, piuttosto che valutare esclusivamente i<br />

limiti <strong>dell</strong>’approccio kantiano, è parso più proficuo mettere in luce in un’Appendice gli<br />

elementi che nell’epistemologia contemporanea sono stati ripresi e sviluppati a partire<br />

dall’analisi kantiana.<br />

La convinzione generata da questa ricerca è quella di un merito storico da<br />

attribuire alla filosofia trascendentale e al neo-kantismo, ossia quello di aver compreso<br />

il nesso tra una fisica matematica in espansione e la fisica sperimentale. Kant si colloca<br />

all’origine di questa acquisizione storica, che ha prodotto lo sviluppo di ricerche su<br />

potenti strumenti di rappresentazione e comprensione <strong><strong>dell</strong>a</strong> realtà fisica.<br />

Questa convinzione è stata generata dalla considerazione di due risultati<br />

fondamentali <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia di Kant che riguardano sia il processo di costruzione<br />

matematica sia la realtà fisica concepita come una rete interconnessa di rapporti<br />

reciproci attivi.<br />

vi


Nel primo caso, questa ricerca offre un’interpretazione <strong>dell</strong>o spazio flessibile<br />

caratterizzante l’idealismo trascendentale, tale da svelare l’importanza che per Kant<br />

aveva il rapporto tra la metafisica e l’ontologia con la fisica. Il punto di vista kantiano<br />

che mira all’unificazione del piano metafisico ed ontologico, attraverso lo strumento<br />

matematico, ha aperto la strada per la moderna epistemologia. Illustri matematici e fisici<br />

del Novecento, tra cui H. Weyl, hanno incarnato l’esempio da cui si possono trarre<br />

importanti conclusioni. Infatti, l’attualità degli studi kantiani oggi può dimostrarsi<br />

attraverso la connessione con le altre discipline. Nella fattispecie risulta emblematica la<br />

fecondità <strong>dell</strong>o studio sistematico <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> costruzione<br />

matematica e dei concetti di riflessione nel quadro <strong>dell</strong>’idealismo trascendentale,<br />

qualora tale studio venga legato allo sviluppo <strong><strong>dell</strong>a</strong> geometria algebrica e <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

topologia.<br />

Questa ricerca intende mostrare, in secondo luogo, come <strong>nella</strong> storia <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>scienza</strong>, ed in particolare modo nel caso <strong>dell</strong>’elaborazione <strong>dell</strong>e teorie di gauge, sia stato<br />

effettivamente possibile connettere filosofia e fisica grazie allo strumento <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

matematica, partendo da una concezione formalista <strong>dell</strong>o spazio-tempo.<br />

In terza istanza, proprio la domanda ontologica sullo spazio e sul tempo, che in<br />

questa sede ha trovato un’ampia trattazione proprio sulla loro <strong>natura</strong> flessibile e<br />

formale, può costituire il cuore per lo sviluppo di studi successivi.<br />

Nel 1989 J. Earman in World enough and space-time espresse una posizione che<br />

la presente ricerca ha tenuto presente nel condurre l’indagine. Secondo Earman, infatti,<br />

“the setting of classical space-time is flexible enough to accommodate coherent versions<br />

of both views: that all motion is relative motion and that motion involves some absolute<br />

quantities, whether velocity, acceleration or rotation: empirical adequacy favors the<br />

latter view”. 1 Earman, dunque, ha notato, come la concezione relativistica <strong>dell</strong>o spaziotempo<br />

si dimostri molto piú inospitale al relazionalismo <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione classica. 2<br />

La<br />

definizione operativa <strong>dell</strong>o spazio e del tempo, introdotta dalla relatività, non ha<br />

certamente risolto il problema di che cosa siano spazio e tempo, così come non ha di<br />

certo esaurito le prospettive <strong><strong>dell</strong>a</strong> ricerca contemporanea, che tengono presente le<br />

possibili risposte a questa domanda, confrontando relatività e fisica quantistica.<br />

1<br />

J. Earman, World enough and space-time: Absolute Versus Rational Theories of Space and Time,<br />

Cambridge 1989, pp. 108-111.<br />

2<br />

M. Jammer, Concepts of Space. The History of Theories of Space in Physics, New York 1993, p. 221:<br />

“Relativity theory, in either its special or general form, is more inimical to a relational conception than is<br />

classical physics”.<br />

vii


Ora, Kant si pose una questione epistemologica di questo tipo, circa la <strong>natura</strong><br />

assoluta o relazionale <strong>dell</strong>o spazio, tenendo ben ferme sullo sfondo <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua riflessione<br />

le figure di Leibniz e Newton. Come si vedrà nel corso <strong><strong>dell</strong>a</strong> trattazione, infatti, Kant ha<br />

cercato di elaborare con l’idealismo trascendentale una posizione che prevedesse la<br />

condizione di possibilità di una valutazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia (intesa come una realizzazione<br />

<strong>dell</strong>o spazio-tempo), sia da un punto di vista relazionale che assoluto.<br />

Questo approccio chiaramente investe la questione epistemologica<br />

sull’oggettività, di cui si parla nell’Appendice, ma che qui vale la pena di introdurre<br />

come il punto fondamentale da cui trarre le conseguenze filosofiche più feconde. Il fatto<br />

che Kant abbia identificato la realtà oggettiva in una rete di rapporti reciproci attivi, in<br />

cui il soggetto sia immerso, costituisce la premessa di tutta la sua metafisica. L’aspetto<br />

degno di nota è che questa premessa sia stata sostanzialmente mantenuta dagli artefici<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> rivoluzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> relatività. Di fatto questo sembra essere quel<br />

principio a priori che molta parte dei filosofi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> hanno cercato. Questo può<br />

essere trovato e legato effettivamente con le scienze fisico-matematiche, solo se si<br />

mantiene l’idealismo trascendentale di spazio e tempo, cioè solo se sul piano<br />

epistemologico si pone il soggetto all’interno di questa rete di rapporti reciproci e si<br />

riconosce una <strong>natura</strong> formale e flessibile di queste forme di organizzazione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

molteplicità. Un’organizzazione suscettibile di indefinite ed infinite possibilità, segno di<br />

un’inesauribilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> dimensione empirica e storica <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza umana.<br />

viii


PARTE I<br />

METAFISICA E SCIENZA DELLA NATURA


CAPITOLO I<br />

PREMESSE TEORICHE PER UN PASSAGGIO DALLA<br />

Premessa<br />

METAFISICA ALLA FISICA<br />

Questa sezione, che funge da premessa per l’analisi <strong>dell</strong>e sezioni e dei capitoli<br />

successivi, tenta in primo luogo di individuare gli elementi del metodo che Kant segue<br />

per la costituzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> come sistema. In secondo luogo, in<br />

questo capitolo si procede nel distinguere quello che Kant chiama “oggetto in generale”<br />

dall’oggetto fisico. Come possono essere, infatti, oggetti fisici i corpi e i fenomeni non<br />

direttamente osservabili? E’ questa una <strong>dell</strong>e domande fondamentali a cui Kant ha<br />

voluto rispondere nel Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla<br />

fisica e che ha impegnato buona parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua ultima produzione.<br />

Negli anni ’90 del XVIII secolo, infatti, la fisica sperimentale e l’astronomia<br />

erano progredite al punto da riconoscere l’esistenza in <strong>natura</strong> di fenomeni elettrici e<br />

magnetici in cui agivano forze sconosciute e che producevano mutamenti <strong>nella</strong><br />

composizione chimica dei corpi. Da qui la necessità, fatta propria da Kant, di stabilire<br />

<strong>dell</strong>e forze derivative <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia che connettessero i fenomeni con le forze<br />

fondamentali e primitive <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia.<br />

Un punto teorico che si vuole sottolineare in questo lavoro è proprio la<br />

consapevolezza da parte di Kant <strong><strong>dell</strong>a</strong> necessità sia di un fondamento materiale dei<br />

fenomeni indiretti sia di un apparato teorico adeguato alla fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica.<br />

Come risulterà evidente nel corso <strong><strong>dell</strong>a</strong> trattazione, Kant non sviluppa una teoria<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia a partire da puri fondamenti metafisici. Il tentativo di formulare anche<br />

2


diverse ipotesi sulla <strong>natura</strong> e sulla struttura <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, non prescinde dai risultati<br />

sperimentali <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica e <strong><strong>dell</strong>a</strong> chimica <strong>dell</strong>’epoca. Si può scorgere, infatti, uno<br />

sviluppo del metodo <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia trascendentale come mezzo di una teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

conoscenza, in vista <strong><strong>dell</strong>a</strong> costituzione di una filosofia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. 1<br />

Uno dei possibili modi per connettere la produzione precritica con quella<br />

successiva alla pubblicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio risiede proprio<br />

nell’analisi del rapporto di mediazione e conciliazione tra metafisica e fisica, dal<br />

momento che la riflessione sulla materia e sulle sue forze è una costante <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

produzione kantiana. Sul piano epistemologico si può tradurre questo rapporto come<br />

questione <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibile connessione di a priori ed empirico in un sistema. Nell’ultima<br />

fase <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua produzione lo sforzo di Kant di costituire un ponte tra i principi metafisici<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> e la fisica passa attraverso l’inclusione <strong><strong>dell</strong>a</strong> chimica tra le<br />

2 3<br />

scienze, la definizione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica come strumento <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione e la possibile<br />

separazione tra la trattazione geometrica <strong>dell</strong>o spazio e quella fisica.<br />

Tenendo presente quest’ultimo punto, è possibile riscontrare nell’Opus<br />

postumum una non perfetta aderenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> trattazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e quella <strong>dell</strong>o spazio<br />

geometrico. In sostanza, Kant era conscio del fatto che uno spazio fisico che<br />

rispecchiasse pienamente lo spazio geometrico euclideo non poteva darsi. Erano solo<br />

alcuni fenomeni legati al movimento dei pianeti o alla disposizione <strong>dell</strong>e galassie che<br />

potevano essere tradotti direttamente sul piano <strong>dell</strong>o spazio geometrico, <strong>nella</strong> meccanica<br />

pura. Vi erano invece fenomeni legati allo studio dei gas, all’elettricità, al magnetismo,<br />

alla statica e alla dinamica dei fluidi che implicavano un altro tipo di “mo<strong>dell</strong>izzazione”<br />

legato alla difficoltà <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematizzazione <strong>dell</strong>e forze primitive e derivative <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia, che necessitavano piuttosto di una trattazione qualitativa dei loro rapporti. Il<br />

comportamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia in questi casi – si pensi alla viscosità – poteva essere<br />

4<br />

rappresentato geometricamente, ma imponeva la duplice trattazione matematica <strong>dell</strong>e<br />

sue proprietà, attraverso il calcolo differenziale, e soprattutto presupponeva<br />

l’individuazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> chimica come uno strumento per determinarne gli effetti e la<br />

<strong>natura</strong>.<br />

1<br />

H. Lyre, Kants „Metaphysische Anfangsgründe der Naturwissenschaft“: gestern und heute, in Deutsche<br />

Zeitschrift für Philosophie, 3, 2006, pp. 401-416.<br />

2<br />

Cfr. Infra, Capitolo IV.<br />

3<br />

Cfr. Infra, Capitolo IV.<br />

4<br />

Attraverso una rappresentazione del continuo spazio-temporale e la localizzazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> regione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

sfera di influenza <strong>dell</strong>e forze fondamentali <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia.<br />

3


Per la filosofia trascendentale kantiana si delinea così la possibilità sia di<br />

rappresentare uno spazio fisico legato al concetto di sostanza fenomenica nello spazio,<br />

di cui si determiano le forze motrici, sia di pensare uno spazio geometrico come il<br />

risultato di rapporti dinamici tra le sue parti grazie ad una attività sintetica e allo<br />

strumento <strong>dell</strong>’algebra.<br />

Resta da chiedersi su quale base, per Kant, si apra la questione <strong><strong>dell</strong>a</strong> distinzione<br />

tra spazio fisico e spazio geometrico. Nel corso di questo lavoro si cercherà di<br />

argomentare che la risposta a questa domanda risiede nello stesso idealismo<br />

trascendentale. Quest’ultimo costituisce la premessa teorica che consente di pensare la<br />

possibilità di una non-identificazione tra spazio geometrico e spazio fisico, ma allo<br />

stesso tempo lascia margine per una loro possibile compatibilità, <strong>nella</strong> misura in cui si<br />

afferma la <strong>natura</strong> formale <strong>dell</strong>o spazio. Ciò da luogo ad una concezione <strong>dell</strong>o spazio<br />

‘flessibile’, le cui conseguenze verranno studiate nel Capitolo II, analizzando la<br />

possibilità di determinare spazi vettoriali grazie all’algebra lineare e dunque la<br />

possibilità di costruire lo spazio <strong><strong>dell</strong>a</strong> meccanica classica nei Metaphysischen<br />

Anfangsgründe der Naturwissenschaft del 1786.<br />

Questo risultato è possibile grazie alla posizione teorica <strong>dell</strong>’idealismo<br />

trascendentale che non presuppone affatto uno spazio come entità, cosa o oggetto, bensì<br />

vede lo spazio come funzione unificatrice, di organizzazione e collocazione di un<br />

molteplice eterogeneo.<br />

L’importanza capitale <strong>dell</strong>’idealità <strong>dell</strong>o spazio (e del tempo) per una<br />

comprensione <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> kantiana è stato il cuore <strong><strong>dell</strong>a</strong> tesi sostenuta<br />

da G. Martin in Kant’s Metaphysics and Theory of Science. Così come Martin prende le<br />

mosse da una certa interpretazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria kantiana <strong>dell</strong>o spazio e del tempo per<br />

giungere ad una conclusione sul piano <strong>dell</strong>’ontologia, la ricerca intende approdare<br />

all’epistemologia kantiana e alla sua connessione con l’ontologia, a partire<br />

dall’interpretazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo. Tuttavia, al contrario di<br />

Martin, si sostiene che Kant non ha riproposto una relazione di ispirazione aristotelica<br />

tra realtà e categorie ontologiche di spazio e tempo. 5<br />

L’idealismo trascendentale, bensì,<br />

non implica che ciò che occupa spazio sia reale, ma che un qualcosa (Etwas) può avere<br />

realtà solo <strong>nella</strong> dimensione spazio-temporale. In questo senso non può essere accettata<br />

la tesi di Martin, poiché per Kant dal punto di vista ontologico anche una figura<br />

geometrica è reale, in quanto spazio rappresentato come oggetto e costruito nel tempo.<br />

5 G. Martin, Kant’s Metaphysics and Theory of Science, Manchester 1955, pp.150-151.<br />

4


Inoltre Martin intende “realtà” (Realität), in termini hegeliani, come “effettualità”<br />

(Wirklichkeit), quando invece lo spazio, rappresentato oggettivamente, può essere reale<br />

senza trovare un oggetto fisico ad esso corrispondente, può infatti essere solo pensato.<br />

Questa impostazione teorica sullo spazio-tempo ha evidenti ricadute sulla<br />

concezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica, ma soprattutto permette di distinguere il piano filosofico<br />

da quello fisico: la rivoluzione del modo di pensare lo spazio e il tempo, non preclude a<br />

Kant la possibilità di mantenere una concezione dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e dei suoi<br />

principi meccanici. E’ proprio a partire dall’acquisizione <strong>dell</strong>’idealismo trascendentale<br />

che Kant è in grado negli anni ’90 di connettere sul piano epistemologico una teoria<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, posta all’interno di un Sistema del Mondo (Weltsystem), con principi<br />

razionali a priori. In questo quadro la matematica può assurgere a strumento <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

ragione per la fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica, poiché contiene in sé quell’elemento arbitrario<br />

(willkürlich) atto a specificare la dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, che a sua volta riposa su<br />

principi metafisici. Si procederà, dunque, ad una ricostruzione degli elementi <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

metafisica kantiana di epoca critica su cui si basa la possibile determinazione a priori<br />

del concetto di materia in generale, che verrà analizzata nel prossimo capitolo. Una<br />

volta stabilita la <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>’oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica, distinto dall’oggetto in generale, questo<br />

capitolo procede e si conclude con l’analisi <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione ‘flessibile’ <strong>dell</strong>o spazio (e<br />

del tempo) in epoca critica fino agli ultimi scritti.<br />

1.1 L’oggetto in generale e quello <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica<br />

Nell’ambito del Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla<br />

fisica, Kant inserisce in un medesimo quadro di riferimento, quello <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisiologia<br />

metafisica, sia la dimensione epistemologica sia la dimensione ontologica, quando<br />

propone una prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia cosmica a cui fa da pendant la dottrina<br />

<strong>dell</strong>’autoposizione (Selbstsetzungslehre):<br />

Dalla filosofia trascendentale o ontologia (Wesenlehre) segue la fisiologia (metafisica)<br />

degli oggetti <strong>dell</strong>’esperienza secondo principi a priori: la dottrina dei corpi e la dottrina<br />

<strong>dell</strong>’anima. Da esse discendono la cosmologia e la teologia. 6<br />

6 I. Kant, Opus postumum, KGS XXI, p. 458 : „Auf die transsc.[endentalen] Philos.[ophie] oder die<br />

Wesenlehre folgt die Physiologie (metaphysische) von Gegenständen der Erfahrung nach principien a<br />

priori Korperlehre und Seelenlehre. Auf sie Cosmologie u.[nd] Theologie”. Citazione modificata,<br />

parentesi mie, traduzione mia.<br />

5


Kant compie un’operazione nient’affatto scontata per l’epoca: separa, infatti, la<br />

nozione di oggetto in generale dalla sfera <strong><strong>dell</strong>a</strong> cosa in sé e trasferisce gran parte dei<br />

concetti <strong>dell</strong>’ontologia di Baumgarten nell’impianto <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia trascendentale,<br />

identificando quest’ultima con l’ontologia stessa (Wesenlehre). La prospettiva<br />

ontologica di Kant mira alla determinazione a priori <strong><strong>dell</strong>a</strong> realtà <strong>dell</strong>’ens nell’ambito<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> fisiologia, non più <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica generale. L’ultimo Kant configura un’ontologia<br />

fortemente legata alla classificazione <strong>dell</strong>’empirico, in linea con l’epistemologia<br />

professata <strong>nella</strong> Kritik der Urtheilskraft, che funge da pietra di paragone negativa per la<br />

Naturwissenschaft teoretica. Kant, dunque, attua una distinzione tra piano<br />

epistemologico e ontologico, ma i due sono riuniti nell’Opus postumum. 7<br />

Se per la metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> kantiana l’ens è la materia in generale,<br />

nell’Opus postumum la materia cosmica (Weltstoff) o etere (Aether), in quanto spazio<br />

8<br />

ipostatizzato, è la totalità <strong><strong>dell</strong>a</strong> sostanza che appare nel fenomeno e, come oggetto<br />

<strong>dell</strong>’esperienza possibile, deve necessariamente essere legata all’attività sintetica del<br />

soggetto, perché se ne possano determinare i caratteri attraverso i predicabili.<br />

Dal punto di vista ontologico, il concetto di movimento, che è un predicabile per<br />

Kant, è assunto come tale nei Metaphysische Anfangsgründe der Naturwissenschaft<br />

9<br />

proprio in vista <strong><strong>dell</strong>a</strong> determinazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia in generale. Per designare<br />

quest’ultima, Kant utilizza il temine Materie überhaupt designando con questo il mobile<br />

nello spazio, ciò le cui parti occupano spazio e non possono essere semplici. Con questa<br />

definizione Kant vuole dare una rappresentazione matematica di materia, che verrà<br />

analizzata più dettagliatamente nel prossimo capitolo. 10<br />

Nell’Opus postumum si assiste, invece, a qualcosa di diverso rispetto all’opera<br />

del 1786, in quanto il concetto <strong>dell</strong>’oggetto da determinare a priori non è più quello di<br />

materia in generale, ma quello di oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione per (für) l’esperienza, ovvero<br />

l’ens è ciò che può darsi empiricamente (dabile empirice), attraverso la costruzione di<br />

un sistema <strong>dell</strong>e forze motrici, che assumono il carattere di un predicabile, quello del<br />

movimento, ma dal punto di vista <strong><strong>dell</strong>a</strong> causalità, ovvero del nesso causa-effetto,<br />

7 Cfr. infra, Capitolo V.<br />

8 B. Falkenburg ha riconosciuto l’importanza di questo punto e ha trattato <strong>dell</strong>o spazio come totalità di<br />

relazioni, connettendo questo tema con la fisica di Einstein. Cfr. B. Falkenburg, Die Form der Materie,<br />

Zur Metaphysik Der Natur Bei Kant Und Hegel, Frankfurt am Main 1987.<br />

9 Cfr. Falkenburg (1987), p. 53 nota.<br />

10 Cfr. Opus postumum, KGS XXII, p. 163: “Die metaphys. Anf. Gr. der NW. legten von ihrem Objekt,<br />

der Materie, keinen andern Begriff zum Grunde als den des Beweglichen eines Dinges im Raum, und da<br />

kein Teil der Materie einfach sein kann so wird die Materie überhaupt und jeder Teil derselben auch als<br />

raumeinnehmend mithin als zusammengesetzt gedacht. — Das ist die mathematische Vorstellung der<br />

Materie”.<br />

6


implicando una rappresentazione dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia empirica, che può essere<br />

esposta attraverso concetti a priori:<br />

Es ist also möglich und so gar notwendig a priori für die Erfahrung Gegenstände der<br />

Wahrnehmung durch die bewegende Kräfte der Materie als empirischer Vorstellungen in einem<br />

System aufzustellen d.i. der Übergang von den metaphys. A. Gr. der NW. zur Physik ist<br />

möglich weil ohne dieselbe selbst der Begriff vom Nichtsein der Materie (ihrer Aufhebung)<br />

unmöglich wäre. Es ist widersinnig: Es scheint gar unmöglich zu sein das was nur durch<br />

Erfahrung gekannt werden kann (empirice dabile) und zwar Physik als dem Elementarsystem<br />

der bewegenden Kräfte der Materie in so fern Ursachen der Wahrnehmung sind und die<br />

Einteilung ein Gegenstand der Wahrnehmung der Erfahrung sein kann (empirice dabile) unter<br />

die Begriffe a priori zu stellen. 11<br />

In questo caso sono le forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, in quanto rappresentazioni<br />

empiriche, a costituire, da un lato, un sistema <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica, ma anche, dall’altro, le<br />

condizioni di possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione, in quanto sono causa <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione stessa.<br />

In questo modo le forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia causano l’attività <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione. Ma,<br />

per poterlo fare, necessitano <strong><strong>dell</strong>a</strong> posizione del soggetto, che è interno al sistema in cui<br />

esse operano e ne subisce l’azione, sebbene sia solamente la sua attività sintetica capace<br />

di riunirle in un sistema. Questo mutuo rapporto si traduce in un’interazione tra<br />

soggettivo ed oggettivo, che segue il rapporto Grund-Folge:<br />

Das Objektive in der Erscheinung setzt das subjektive voraus in den bewegenden<br />

Kräften oder, umgekehrt, das Empirische in der Wahrnehmung setzt die Form der<br />

Zusammensetzung der bewegenden Kräfte in Ansehung des Mechanischen voraus. 12<br />

Le profonde implicazioni di questa visione verranno discusse nei capitoli<br />

successivi e nell’Appendice. Per ora si noti come per Kant l’idea di oggettività,<br />

nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong>, contiene in sé l’unità di questi due momenti, del soggettivo e<br />

<strong>dell</strong>’oggettivo, che non solo non possono essere ridotti al concetto di oggetto in<br />

generale, ma acquistano significato nel contesto <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia trascendentale solamente<br />

in base ad un presupposto metafisico: la realtà è costituita dall’esistenza di rapporti<br />

reciproci attivi tra le parti. Al soggetto spetta la determinazione del nexus, <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

connessione tra queste parti, secondo principi a priori.<br />

Da questo punto di vista l’Übergang von den metaphysichen Anfangsgründe der<br />

Naturwissenschaft zur Physik costituisce un luogo privilegiato per l’analisi di questa<br />

ricerca, in quanto non solo è il luogo in cui Kant definisce l’oggetto fisico, distinto<br />

11 Opus postumum, KGS XXII, p. 371.<br />

12 Opus postumum, KGS XXII, p. 372.<br />

7


dall’oggetto in generale, ma anche la sede in cui viene rafforzato il legame <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

dimensione metafisica con quella <strong>dell</strong>’ontologia e <strong>dell</strong>’epistemologia. 13<br />

Ai fini <strong><strong>dell</strong>a</strong> presente ricerca un’analisi del concetto di oggetto in generale e<br />

<strong>dell</strong>’idealismo trascendentale può essere di estrema utilità, sia per definire la concezione<br />

kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia in generale, che per gettare luce sulle argomentazioni di cui egli<br />

si serve per provare l’esistenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia cosmica nel Passaggio dai principi<br />

metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica. Non è trascurabile, del resto, il fatto che<br />

la nozione kantiana di oggetto in generale rappresenti forse il più discusso argomento<br />

che la critica abbia mai sottoposto ad indagine. Questa nozione, corrispondente a quella<br />

di oggetto trascendentale o oggetto = X, è posta al centro del dibattito degli ultimi<br />

decenni sull’interpretazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia di Kant in termini di realismo ed<br />

14<br />

antirealismo.<br />

In questa sede è opportuno analizzare, pertanto, la definizione che Kant formula<br />

nell’Opus postumum, mostrando come il concetto di oggetto = X sia generato seguendo<br />

il filo conduttore <strong>dell</strong>e categorie e come esso riveli una dimensione fondativa per la<br />

metafisica governata dai concetti di riflessione. Non è irrilevante considerare, infatti,<br />

che il contraltare <strong><strong>dell</strong>a</strong> posizione <strong>nella</strong> co<strong>scienza</strong> <strong>dell</strong>’oggetto in generale sia il<br />

fenomeno e che entrambi siano posti in una relazione reciproca di fondamento (Grund)<br />

e conseguenza (Folge) che segue la dicotomia dei concetti di riflessione di interno ed<br />

15<br />

esterno.<br />

Il fenomeno è, quindi, presentato anche come la conseguenza esterna <strong>dell</strong>o<br />

stato interno di un substrato che è conoscibile solo attraverso le determinazioni<br />

fenomeniche <strong>dell</strong>e sue relazioni esterne. La cosa in sé (Ding an sich), che esiste a<br />

prescindere dal soggetto, è suscettibile di un processo mediante cui è resa oggetto nel<br />

fenomeno. Nella misura in cui il soggetto stesso si rende oggetto a se stesso, ovvero<br />

attua una comprensione <strong>dell</strong>e condizioni di possibilità <strong>dell</strong>’esperienza, determina questi<br />

principi e anche che cosa è oggetto per lui con certezza (Gewissheit). Questo processo<br />

indica una sostanziale unità di soggetto e oggetto nell’atto conoscitivo e dispiega il<br />

13 Come verrà esposto in seguito questo legame è stato articolato da Kant nel periodo critico grazie<br />

all’elaborazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> riflessione sull’algebra (Capitolo II) e alla riflessione sulla finalità condotta <strong>nella</strong><br />

Kritik der Urtheilskraft (Capitolo III).<br />

14<br />

Si pensi ad esempio al dibattito tra H E.Allison, Kant’s transcendental Idealism: an Interpretation and<br />

Defense, New Haven 1983, II ed. 2004, e K. Ameriks, Kant's Theory of Mind, Oxford 1982, II. Ed. 2000;<br />

oppure al testo di K. Westphal, Kant’s transcendental Proof of Realism, New York 2004. Ancora su<br />

questo si veda D. Heidemann, Kant und das Problem des metaphysischen Idealismus, Berlin 1998. Per la<br />

lettura di H. Putnam sul realismo interno kantiano, cfr. infra, Appendice.<br />

15<br />

Su questo punto cfr. P. Schulthess, Relation und Funktion, Berlin 1981, pp. 34 nota; 60-63; 79-88; 148;<br />

165.<br />

8


senso del mutuo rapporto di fondamento (Grund) e conseguenza (Folge) che Kant<br />

ascrive all’oggetto in generale e al fenomeno.<br />

a) L’oggetto in generale<br />

Nell’introdurre il concetto di oggetto in generale, in sede di Appendice<br />

all’Analitica trascendentale, Kant si pone in polemica con la tradizione metafisica di<br />

Wolff e Baumgarten, <strong>nella</strong> misura in cui afferma che:<br />

Il più alto concetto, con il quale si suole dare inizio ad una filosofia trascendentale, è<br />

comunemente la divisione in possibile e impossibile. Ma poiché ogni divisione presuppone un<br />

concetto da dividere, si deve fornire un concetto ancora più alto, e questo è il concetto di un<br />

oggetto in generale (quando lo si assuma problematicamente, e rimanga incerto se tale oggetto è<br />

qualcosa oppure nulla). Poiché le categorie sono gli unici concetti, che si riferiscano ad oggetti<br />

in generale, si procederà allora a distinguere se un oggetto sia qualcosa oppure nulla, seguendo<br />

l’ordine e l’indicazione <strong>dell</strong>e categorie. 16<br />

Il concetto di oggetto in generale si può definire secondo l’ordine <strong>dell</strong>e categorie<br />

e presuppone l’attività <strong><strong>dell</strong>a</strong> riflessione trascendentale e quella <strong>dell</strong>’unità<br />

<strong>dell</strong>’autoco<strong>scienza</strong>. Tale concetto deve essere assunto problematicamente dalla ragione,<br />

proprio come quello di noumeno, in quanto di esso non può darsi propriamente<br />

esperienza nel fenomeno, sebbene ogni esperienza e ogni organizzazione sistematica del<br />

sapere lo presupponga. Il concetto più alto <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia trascendentale coincide con la<br />

regola <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza possibile, ovvero che la nostra intuizione è di <strong>natura</strong> sensibile.<br />

Quindi, se si vuole determinare il sostrato fuori <strong>dell</strong>’autoco<strong>scienza</strong> (la materia),<br />

occorre determinarlo come esterno e come diverso dalla capacità rappresentativa<br />

soggettiva: il soggetto si conosce come fenomeno, cioè come conseguenza di una<br />

determinazione interna di un sostrato intelligibile esterno e allo stesso tempo, perché<br />

questo possa essere rappresentabile per il soggetto, deve produrre effetti sul contenuto<br />

empirico <strong><strong>dell</strong>a</strong> co<strong>scienza</strong>, <strong>nella</strong> sensazione.<br />

L’osservazione preliminare da fare è quella secondo cui la facoltà a cui viene<br />

ricondotta l’attività <strong><strong>dell</strong>a</strong> riflessione per la determinazione <strong>dell</strong>’oggetto in generale non è<br />

l’intelletto, bensì la sensibilità. In altre parole, la cosa stessa (die Sache selbst) per la<br />

filosofia trascendentale non è l’oggetto determinato in modo assoluto o in se stesso, ma<br />

la posizione di esso in termini relativi. La ‘cosa stessa’ è rappresentata dalle condizioni<br />

<strong>dell</strong>’esperienza possibile e questo indica che l’esperienza non può essere un che di<br />

16 KrV, A290/B346.<br />

9


pensato e nemmeno un che di puramente dato. L’esperienza è legata alla dimensione del<br />

fatto, e, dunque, in quanto risultato o parte di un processo, presuppone il soggetto e la<br />

sua attività.<br />

Da un punto di vista epistemologico, quindi, l’oggetto <strong>dell</strong>’esperienza possibile<br />

non può essere identificato se non si fonde con l’attività del soggetto. Allo stesso tempo<br />

però, sul piano ontologico, qualsiasi determinazione <strong>dell</strong>’oggetto in generale equivale a<br />

una sua limitazione che, secondo l’ordine <strong>dell</strong>e categorie, lo fa “cadere” nel qualcosa o<br />

nel nulla. Nell’assumere problematicamente, invece, l’oggetto in generale, si limitano le<br />

condizioni di possibilità <strong>dell</strong>’esperienza stessa, <strong>nella</strong> sua relatività, <strong>nella</strong> sua possibilità<br />

legata sempre all’attività <strong><strong>dell</strong>a</strong> co<strong>scienza</strong> e alle condizioni <strong>dell</strong>’intuizione sensibile, alle<br />

sue forme, ovvero allo spazio e al tempo. Il concetto di oggetto in generale diviene la<br />

pietra di paragone negativa per la determinazione <strong>dell</strong>e condizioni di possibilità<br />

<strong>dell</strong>’esperienza, <strong>dell</strong>e forme e dei principi <strong>dell</strong>e facoltà conoscitive, ovvero <strong>dell</strong>’oggetto<br />

del criticismo. La definizione kantiana di oggetto in generale è la seguente:<br />

L’oggetto in generale 1. secondo la forma <strong>dell</strong>’intuizione senza un qualcosa che<br />

contenga questa forma (spazio e tempo) 2. l’oggetto come qualcosa (aliquid est objectum<br />

qualificatum) è l’assegnazione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo senza di cui entrambi non sono altro che<br />

intuizioni vuote. Questo qualcosa è posto nello spazio e nel tempo <strong>nella</strong> seconda classe <strong>dell</strong>e<br />

categorie 3. questo reale nello spazio e nel tempo è determinato secondo le sue relazioni oppure<br />

è pensato a priori per le relazioni in se stesse 4. qualcosa come oggetto di una co<strong>scienza</strong><br />

empirica (immediata) di una cosa fuori di me. Contro l’idealismo. Perciò qualcosa come oggetto<br />

del senso, non <strong><strong>dell</strong>a</strong> semplice immaginazione. 17<br />

Questa definizione del concetto di oggetto in generale non era stata esplicitata da<br />

Kant <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura, sebbene in quella sede fosse chiaro che l’oggetto<br />

= X indicasse l’oggetto in generale come prima determinazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> capacità<br />

rappresentativa e primo vero inizio di ogni filosofia (da cui discendono le<br />

determinazioni del qualcosa e del nulla), in quanto l’oggetto in generale non è altro che<br />

il principio <strong>dell</strong>’unità per la possibilità <strong>dell</strong>’esperienza.<br />

L’oggetto in generale è secondo la forma <strong>dell</strong>’intuizione, ciò che contiene la<br />

forma senza un qualcosa, cioè è spazio e tempo. Comparare il concetto di oggetto in<br />

generale con la facoltà <strong><strong>dell</strong>a</strong> sensibilità conduce all’identificazione <strong>dell</strong>’oggetto di essa,<br />

17 I. Kant, Opus postumum, KGS XXI p. 458: “Das Objekt überhaupt 1. Der Form der Anschauung nach<br />

ohne ein Etwas was diese Form enthält (Raum u. Zeit). 2. Das Objekt als Etwas aliquid est objectum<br />

qualificatum, ist die Besetzung des Raumes u. der Zeit ohne die beide leere Anschauungen sind. Dieses<br />

Etwas ist in der Zweiten Klasse der Kategorien in den Raum u. Zeit gesetzt. 3. Dieses Real im Raume u.<br />

Zeit nach Verhältnissen desselben bestimmt oder für die Verhältnisse in denselben a priori gedacht. 4.<br />

Etwas als Gegenstand eines empirischen Bewusstseins (des Unmittelbaren) eines Dinges außer mir.<br />

Gegen den Idealismus. Also Etwas als Objekt der Sinne nicht bloß der Einbildung”.<br />

10


ovvero la forma senza la materia (Stoff). Questo significa che spazio e tempo dal punto<br />

di vista <strong><strong>dell</strong>a</strong> sensibilità, come pure forme o intuizioni sensibili, sono la prima<br />

condizione di possibilità perché si dia esperienza. L’oggetto in generale, per divenire<br />

qualcosa (Etwas), richiede l’assegnazione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo, senza che le due<br />

siano intuizioni vuote. La co<strong>scienza</strong> si appropria <strong>dell</strong>e sue rappresentazioni<br />

riempiendole di contenuto, cioè riconoscendo il diverso come contenuto <strong>dell</strong>’esperienza<br />

sebbene ancora indeterminato e, cioè, come qualcosa. Dunque, perché si dia esperienza<br />

serve che qualcosa sia dato, cioè sia reale <strong>nella</strong> forma <strong>dell</strong>’intuizione e questo qualcosa<br />

è in primo luogo il riconoscersi <strong><strong>dell</strong>a</strong> co<strong>scienza</strong> come identica nel diverso e come<br />

esistente <strong>nella</strong> determinazione del senso interno. Inoltre, come reale, determina le sue<br />

relazioni nello spazio-tempo, oppure è pensato a priori per le relazioni in se stesse.<br />

Infine come Gegenstand è qualcosa di esterno come oggetto immediato <strong><strong>dell</strong>a</strong> co<strong>scienza</strong><br />

empirica.<br />

Sebbene non possa corrispondere al concetto di oggetto in generale alcun<br />

oggetto particolare nell’intuizione, è rilevante, tuttavia, il fatto che Kant ritenga<br />

possibile sulla base dei concetti di riflessione e <strong>dell</strong>e categorie, una sorta di costruzione<br />

<strong>dell</strong>e determinazioni interne del concetto di oggetto in generale. Questa costruzione<br />

filosofica dei concetti è un darstellen, un esibire le condizioni di possibilità<br />

<strong>dell</strong>’esperienza e del giudicare. Dunque, il concetto di oggetto in generale è il frutto<br />

<strong>dell</strong>’attività <strong><strong>dell</strong>a</strong> co<strong>scienza</strong> di porsi nel tempo in rapporto con le sue rappresentazioni,<br />

che appartengono al senso esterno in generale.<br />

E’ evidente che si pone un problema in questo contesto rispetto allo spazio.<br />

L’autoaffezione e l’affezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> co<strong>scienza</strong> presuppongono, secondo la dottrina<br />

kantiana, la percezione, ovvero che le rappresentazioni <strong><strong>dell</strong>a</strong> co<strong>scienza</strong> abbiano un<br />

grado, ovvero realtà:<br />

Col porre la realtà di una cosa, io pongo senza dubbio qualcosa di più che la possibilità.<br />

Questo di più non lo pongo tuttavia <strong>nella</strong> cosa. In effetti, la cosa non potrà mai contenere, <strong>nella</strong><br />

realtà, più di quanto è contenuto <strong>nella</strong> sua completa possibilità. Piuttosto mentre la possibilità è<br />

semplicemente una posizione <strong><strong>dell</strong>a</strong> cosa in rapporto con l’intelletto (col suo uso empirico), la<br />

realtà è al tempo stesso una connessione <strong><strong>dell</strong>a</strong> cosa con la percezione. 18<br />

Dunque, come Kant sostiene <strong>nella</strong> confutazione <strong>dell</strong>’idealismo, per poter dare<br />

conto <strong><strong>dell</strong>a</strong> dimensione del senso interno per la determinazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> co<strong>scienza</strong>, non si<br />

può non presupporre a fondamento di questa possibilità una relazione esterna <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

18 KrV, A235/B288.<br />

11


co<strong>scienza</strong> e una dimensione del senso esterno che non sia corrispondente a una sostanza<br />

intuibile. Kant sottolinea, però, che la possibilità di percepire una qualsiasi<br />

determinazione di tempo, solo mediante la variazione dei rapporti esterni (il<br />

movimento), in relazione a ciò che è permanente nello spazio, dipende dal fatto che<br />

questo permanente che possiamo porre a fondamento <strong>dell</strong>’esperienza del senso esterno è<br />

la materia:<br />

E questa stessa permanenza non viene attinta dall’esperienza esterna, bensì è<br />

presupposta a priori come condizione necessaria di ogni determinazione temporale, e quindi<br />

anche come determinazione del senso interno rispetto alla nostra propria esistenza, mediante<br />

l’esistenza di cose esterne. 19<br />

Kant non professa qui assolutamente una forma di idealismo che implichi la<br />

necessità <strong>dell</strong>’esistenza di ogni rappresentazione intuitiva di cose esterne. Il discorso<br />

kantiano è più incentrato a mostrare la reciproca dipendenza tra esperienza interna ed<br />

esterna:<br />

Qui abbiamo voluto dimostrare soltanto che l’esperienza interna in generale è possibile<br />

unicamente attraverso la esperienza esterna in generale. 20<br />

La dipendenza <strong>dell</strong>’esperienza interna in generale da quella esterna implica una<br />

necessaria differenziazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> modalità del giudicare tra possibilità, realtà ed<br />

esistenza, pena il ricadere nell’idealismo. Questa differenza è posta in primo luogo <strong>nella</strong><br />

determinazione del “dato” come dabile, cioè <strong>nella</strong> possibilità del reale in generale, ma<br />

anche <strong>nella</strong> possibilità di determinare un reale, cioè di percepirlo e di averlo <strong>nella</strong><br />

sensazione con co<strong>scienza</strong>. In secondo luogo, ciò che è reale esiste in una certa<br />

connessione con l’intelletto e con altre cose fuori di noi. La posizione <strong>dell</strong>’esistenza,<br />

determinata come necessità in generale e al tempo stesso anche come contingenza<br />

nell’esperienza, contrassegna l’ontologia kantiana e la distanzia da tutta la tradizione<br />

precedente. L’ammissione <strong><strong>dell</strong>a</strong> compresenza di un carattere contingente e necessario<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza umana è la cifra <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia trascendentale e la premessa da cui può<br />

discendere anche il suo carattere progressivo:<br />

Il fatto che una qualsiasi esperienza presunta non sia semplicemente un’immaginazione,<br />

deve essere stabilito in base alle sue particolari determinazioni e mediante un confronto con i<br />

criteri di ogni esperienza reale. 21<br />

19 KrV, B278.<br />

20 KrV, B279.<br />

12


Questo continuo confronto necessario tra l’esperienza e le sue condizioni di<br />

possibilità garantisce un progresso come tendenza (Tendenz). Una possibile<br />

corrispondenza, che non è mai coincidenza, tra realtà ed esistenza non solo puó rendere<br />

conto <strong>dell</strong>’estrema varietà <strong>dell</strong>’empirico, ma asseconda anche la <strong>natura</strong> sistematica <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

ragione e dei suoi principi. 22<br />

Questa corrispondenza è segnata, peró, dalla contingenza<br />

del dominio <strong>dell</strong>’empirico, che permette al soggetto non la conoscenza <strong>dell</strong>e cose in sé,<br />

bensì, la conoscenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> connessione (nexus) reale <strong><strong>dell</strong>a</strong> cosa con la percezione<br />

(realtà) e dei fenomeni tra loro. Tale connessione è per noi determinabile a priori in<br />

base a principi <strong>dell</strong>’esperienza possibile, secondo le categorie di relazione, ed è per noi<br />

giudicabile e comunicabile universalmente, secondo le categorie di modalità.<br />

Per Kant, quindi, la connessione effettiva (nexus effectivus) nel fenomeno può<br />

essere giudicata secondo possibilità, realtà o necessità, ma ad un livello ontologico<br />

comunque viene considerata come un che di esistente in relazione alle nostre facoltà<br />

conoscitive. Si comprendono meglio, allora, le ragioni per cui la definizione di oggetto<br />

in generale corrisponda alle condizioni <strong>dell</strong>’esperienza possibile e che in sé un tale<br />

oggetto non possa essere completamente determinato. Se non è possibile farne<br />

esperienza è perché l’esperienza umana determinata è un che di contingente e che<br />

23<br />

contiene sempre una materia (Stoff) che deve essere “aspettata”. L’oggetto in generale<br />

è solo la forma di questa possibilità.<br />

Sotto questo profilo, Kant ribadisce il fatto che di qualcosa di puramente<br />

possibile non possiamo fare esperienza, possiamo enumerarne logicamente e a priori i<br />

predicati, anche in modo completo, ma mai ne potremmo predicare a priori l’esistenza,<br />

in quanto l’esistenza (Existenz) cessa di essere un predicato e diviene una posizione<br />

<strong>dell</strong>’esserci (Dasein) espresso da un giudizio quantomeno assertorio e che presuppone<br />

una realtà, un grado <strong>nella</strong> percezione. Risulta evidente l’importanza di questo punto per<br />

il chiarimento <strong>dell</strong>e pagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura, dove Kant osserva che:<br />

Se noi riflettiamo soltanto logicamente, ci limitiamo allora a confrontare tra loro,<br />

nell’intelletto, i nostri concetti, osservando se due concetti abbiano proprio lo stesso contenuto,<br />

se essi si contraddicano o no, se qualcosa sia contenuto entro il concetto, oppure si aggiunga ad<br />

21 KrV, B279.<br />

22 Quello che sembra problematico <strong>nella</strong> filosofia kantiana è proprio questa simmetria tra ragione e<br />

<strong>natura</strong>. Di questo si parlerà diffusamente in seguito, nel capitolo che si occupa di <strong>questioni</strong> squisitamente<br />

<strong>epistemologiche</strong>, dedicato alla Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio.<br />

23 Cfr. I. Kant, Kritik der Urteilskraft (KdU), KGS V, p. 407; trad. it. Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio, a<br />

cura di E. Garroni e H. Hohenegger, Torino 1999; KrV, A176/B218<br />

13


esso, e notando quale dei due sia dato, e quale invece debba considerarsi soltanto come un modo<br />

di pensare quello dato. Ma se io applico questi concetti ad un oggetto in generale (in senso<br />

trascendentale), senza determinare ulteriormente se esso sia un oggetto <strong>dell</strong>’intuizione sensibile<br />

oppure di quella intellettuale, si mostrano allora senz’altro certe limitazioni (perché non si<br />

oltrepassi questo concetto di un oggetto in generale), che sconvolgono ogni uso empirico dei<br />

concetti di riflessione, e proprio perciò dimostrano che la rappresentazione di un oggetto come<br />

cosa in generale non soltanto è insufficiente, ma è inoltre, senza una sua determinazione<br />

sensibile e indipendentemente da condizioni empiriche, contrastante in se stessa. Le suddette<br />

limitazioni dimostrano dunque, che si deve o astrarre da ogni oggetto (come avviene in logica),<br />

oppure se si assume un oggetto, pensarlo sotto le condizioni <strong>dell</strong>’intuizione sensibile. 24<br />

Nel rovesciare completamente la metafisica e la logica wolffiana per cui ogni<br />

determinazione completa implicava anche l’esistenza di qualcosa – il cui principio<br />

recita, omnimoda determinatio est existentia et existentia est omnimoda determinatio –<br />

Kant pone uno scarto affermando che la completa possibilità non è esperibile, perché<br />

non possiede un determinato corrispettivo reale <strong>nella</strong> percezione. Tuttavia Kant dirà,<br />

nell’Opus postumum, che in un solo caso speciale ciò che esiste, sebbene non possa<br />

essere percepibile, ed è però il tutto <strong>dell</strong>’esperienza del senso esterno, ovvero la materia<br />

cosmica, è reale perché è presupposto <strong>nella</strong> sua esistenza come un postulato necessario<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione in vista di ogni esperienza possibile e, dunque, di ogni modificazione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

sensibilità. Non è un caso che Kant dia una definizione completa <strong>dell</strong>’oggetto in<br />

generale proprio nell’Opus postumum, in quanto deve distinguere quelle che sono le<br />

condizioni di possibilità <strong>dell</strong>’esperienza in generale, da quelle <strong>dell</strong>’esperienza<br />

empiricamente determinata, in particolare <strong>dell</strong>’oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica. Kant giunge alla<br />

prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere, intendendola come materia cosmica, e dunque all’interno<br />

di un problema epistemologico di determinazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> totalità nel quadro del Sistema<br />

del Mondo e non più di una Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura. In secondo luogo, il ritornare sul<br />

problema <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, nell’ultima fase <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua produzione, conduce Kant ad una<br />

riflessione sulla filosofia trascendentale stessa, <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> sostanza e del<br />

rapporto che tra le forze motrici e la materia, che nel 1787 era definito nei seguenti<br />

termini:<br />

Noi conosciamo la sostanza nello spazio solo attraverso forze, che agiscono in un certo<br />

spazio, o con l’attirarvi altre sostanze (attrazione) o con l’impedire ad altre sostanze di<br />

penetrarvi (repulsione e impenetrabilità). Altre proprietà costituenti il concetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> sostanza,<br />

che appare nello spazio e che chiamiamo materia, noi non ne conosciamo. 25<br />

24 KrV, A279/B335.<br />

25 KrV, A265/B321.<br />

14


Non è un caso che nei Metaphysischen Anfangsgründe der Naturwissenschaft<br />

del 1786 Kant non attribuisca necessità alle forze di attrazione e repulsione e ne provi<br />

solo la possibilità, attraverso la negazione del loro contraddittorio. Al contrario<br />

nell’Opus postumum, sulla base <strong>dell</strong>e due forze primitive, Kant tenterà a priori una<br />

determinazione <strong>dell</strong>e proprietà <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, affermando che essa può essere<br />

apprensibile o impercettibile, coercibile o incoercibile, coesibile o incoesibile,<br />

esaustibile o inesaustibile. 26<br />

Come verrà analizzato nel capitolo V, dedicato alla prova<br />

<strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere, Kant legò profondamente e inscindibilmente alla dimensione<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione il concetto di materia e quello di forza, fondando su di essi e sul loro<br />

rapporto di fondamento-conseguenza la possibilità <strong>dell</strong>’esperienza stessa, quoad<br />

materiale. Per il momento è opportuno analizzare quale fosse la <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>’oggetto<br />

fisico, date le premesse esposte riguardanti l’oggetto in generale.<br />

b) L’oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> Fisica<br />

Nell’Opus postumum, Kant ha fornito numerose definizioni di quale dovrebbe<br />

essere l’oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica, che discende necessariamente dall’oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

Naturwissenschaft. Per Kant, infatti, l’oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> può essere o la<br />

materia in generale o il corpo fisico. La materia in generale è oggetto dei<br />

Metaphysischen Anfangsgründe der Naturwissenschaft e la sua trattazione nell’opera<br />

inedita Übergang von den metaphysischen Anfangsgründe der Naturwissenschaft zur<br />

Physik (Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica) permette<br />

di definire un corpo fisico e gli oggetti <strong>dell</strong>’intuizione empirica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia attraverso<br />

una divisione (Eintheilung), che si vedrà essere tra le più avanzate <strong>dell</strong>’epoca: 27<br />

oggetti <strong>dell</strong>’intuizione empirica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia<br />

forze elementi<br />

26 Cfr. Opus postumum, XXI, p. 599.<br />

27 Cfr. Opus postumum, KGS XXII, p. 374.<br />

materiali corpi fisici<br />

organici inorganici<br />

viventi vegetativi<br />

15


Ora, per Kant, nel passaggio dalla materia in generale ai corpi fisici è necessario<br />

trovare la determinazione, grazie ad una divisione interna al concetto di materia in<br />

generale, che sia in grado di connettere quest’ultima con l’altro membro che è oggetto<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> Naturwissenschaft, ovvero i corpi organici ed inorganici. I corpi organici possono<br />

essere trattati direttamente o indirettamente. Nel primo caso, come puri meccanismi<br />

sono conoscibili empiricamente, in quanto ciò che la materia in generale e il corpo<br />

fisico hanno in comune sono il movimento e la forza. Ma non semplicemente quella in<br />

generale, che Kant divide in attrattiva e repulsiva, quanto le sue conseguenze empiriche,<br />

ovvero la coesione e l’espansione.<br />

Per determinare a priori nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica le forze agenti nel mondo, Kant<br />

assume che bisogna considerarle in quanto cause efficienti. Allora, per determinare la<br />

materia, occorre partire dalla sua definizione di essere “il mobile nello spazio”. Questo<br />

significa che la fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica deve partire da un concetto empirico, quello di<br />

movimento, perché questo è l’unico che permetta una determinazione <strong>dell</strong>e forze<br />

motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia secondo una causalità efficiente, per noi determinabile e<br />

conoscibile con certezza apodittica:<br />

Ma tutte le forze fisiche sono contenute nel concetto di movimento come cause<br />

efficienti il cui effetto può essere <strong>nella</strong> sensazione e come elemento <strong>dell</strong>’esperienza ha<br />

fondamenti empirici, la cui causa non può essere data senz’altro a priori, come invece [può<br />

essere data] la forma dei diversi rapporti in cui esse devono essere poste per avere effetto. 28<br />

Assumere il movimento come concetto primo da determinare ha anche un’altra<br />

funzione, quella di agevolare una trattazione matematica e filosofica <strong>dell</strong>’oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

fisica. Questo è possibile sia perché il movimento può essere costruito, sia perché è<br />

possibile un’esibizione a priori <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e dei loro rapporti<br />

reciproci che determinano la materia come il tutto <strong>dell</strong>e sue forze motrici – il che si<br />

vedrà essere l’esperienza <strong>nella</strong> sua universalità collettiva.<br />

Seguendo il filo conduttore <strong>dell</strong>e funzioni logiche nei giudizi e il canone dei<br />

concetti di riflessione si ottiene la determinazione, sebbene solamente problematica e<br />

soggettiva, di tali rapporti reciproci attivi:<br />

28 I. Kant, Opus postumum, KGS XXI, p. 387 : „Alle physische Kräfte aber sind in dem Begriff der<br />

Bewegung als wirkender Ursache enthalten deren Wirkung mithin empfindbar ist und als Element der<br />

Erfahrung sich auf den empirischen gründen, deren Ursache nicht a priori gegeben werden kann wohl<br />

aber die Form der Verschiedenen Verhältnisse in die sie gesetzt werden müssen um zu wirken“.<br />

16


Der Einteilung dieser bewegenden Kräfte nach welche subjektiv und diskursiv in der<br />

Naturforschung das Elementarsystem der Materie entwirft und nur problematisch und subjektiv<br />

den Inbegriff dieser aktiven Verhältnisse vorstellig macht enthält folgende Tafel: — Die<br />

Materie ist entweder ponderabel oder imponderabel: coërcibel oder incoërcibel cohäsibel oder<br />

incohäsibel: exhaustibel oder inexhaustibel. — Gemäß der Tafel der Kategorien: Quantität<br />

Qualität Relation und Modalität wobei doch der Schematismus der Reflexionsbegriffe der<br />

Unterscheidung des Sinnlichen vom Intellektuellen in den Paralogismen der Urteilskraft<br />

vorwalten muss besonders aber das Dynamische voran gehen u. dann das mechanische folgen<br />

muss vide Kästner. — Bloße Empirie giebt kein Prinzip der Verbindung bewegender Kräfte und<br />

intellektueller Einheit des Systems ab und nur Erscheinung giebt ein solches ab. Aber indirekte<br />

Erscheinung d.i. Erscheinung der Erscheinung im empirischen Erkenntnis der Auffassung der<br />

bewegenden Kräfte ist wiederum in der Erfahrung die Sache selbst. Die Wahrnehmung der<br />

Stoffe z. B. in der Betastung und allen übrigen Berührungen der Sinnenorgane macht ein<br />

System der subjektiven empirischen Vorstellung. 29<br />

La divisione metafisica segue dei criteri <strong>nella</strong> determinazione <strong>dell</strong>e relazioni<br />

reciproche attive che rispondono ai concetti di riflessione. 30<br />

Perciò i concetti di interno<br />

ed esterno, secondo relazione, sono chiamati ad indicare la realtà oggettiva (grado) e<br />

non la mera possibilità logica dei rapporti tra le forze <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia (+A e –A) con la<br />

sensazione.<br />

Così il Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica<br />

dovrà considerare in primis le forze motrici esterne <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia in generale<br />

(meccaniche), in secondo luogo quelle interne (dinamiche), sebbene le prime<br />

discendano dalle seconde, come verrà mostrato nel capitolo IV, dove verrà sottolineata<br />

la polemica con Kästner e Gehler su questo punto.<br />

In secondo luogo, il Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

alla fisica considera le determinazioni dei limiti <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia stessa, attraverso le forze<br />

organiche (poiché la materia inerte non è presa in considerazione <strong>nella</strong> determinazione<br />

<strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia), e quella che Kant chiama Willenskraft <strong>dell</strong>’uomo,<br />

ovvero la forza motrice <strong>dell</strong>’uomo su un oggetto sensibile (sia esso il soggetto stesso<br />

<strong>nella</strong> sua intuizione interna, una cosa, o un altro soggetto). Con questo quarto termine<br />

Kant intende immettere nel dominio <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica anche la creatura come intelligenza e<br />

sorprendentemente ribadisce la totale estraneità di questa considerazione da qualsiasi<br />

tipo di causalità esterna libera. 31<br />

Il Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica, in<br />

sostanza, considera l’intelligenza <strong>nella</strong> sua capacità produttiva entro il dominio <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong>, senza considerare la causalità libera o qualsiasi dimensione teologica. Kant ha di<br />

29<br />

Opus postumum, KGS XXII, pp. 338-339. per la determinazione <strong>dell</strong>’esperienza come la cosa stessa.<br />

Cfr. infra, Capitolo V, §5.5.<br />

30<br />

Cfr. infra, Capitolo II.<br />

31<br />

I. Kant, Opus postumum, KGS XXII, p. 299.<br />

17


fatto svincolato la fisica, come fisiologia trascendentale, dalla considerazione di<br />

un’origine extramondana o divina <strong>dell</strong>’intelligenza. L’approccio kantiano, dunque,<br />

mostra una sua attualità quando pone in primo piano il problema <strong><strong>dell</strong>a</strong> vita per la fisica<br />

come <strong>scienza</strong>. Il considerare la vita una forza al pari <strong>dell</strong>e altre conduce alla sua<br />

definizione di “forza produttiva”. 32<br />

Ora questa spontaneità deve essere spiegata a partire<br />

dall’intrinseca capacità generatrice <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> e rappresenta il vero e proprio “mistero”<br />

da svelare, in quanto costituisce un “salto” ontologico e conoscitivo da un genere ad un<br />

altro.<br />

Per chiarire meglio questo punto si deve tener presente l’influenza che la terza<br />

Critica ha esercitato sugli appunti manoscritti, sulla possibile trattazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> dicotomia<br />

tra materia inerte e materia viva e tra corpi organici ed inorganici. Per Kant un corpo<br />

senza vita non è sinonimo di corpo inorganico, in quanto la forza produttiva a cui egli<br />

ha connesso la definizione di vita non contraddice la possibilità per un corpo inorganico<br />

di produrre e trasmettere forza produttiva.<br />

Tuttavia, non è possibile provare e dare una visione epistemologica coerente di<br />

qualunque passaggio o generazione da un corpo inorganico a uno organico, se essi<br />

vengono considerati e confrontati attraverso il concetto di vita. Piuttosto Kant cercò una<br />

soluzione per spiegare questo passaggio attraverso il concetto di forza produttiva<br />

comune ad entrambi. Si consideri il passo seguente <strong><strong>dell</strong>a</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di<br />

giudizio:<br />

Un’ipotesi di questo tipo si può chiamare un’audace avventura <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione, e pochi,<br />

perfino dei <strong>natura</strong>listi più acuti, debbono essere quelli cui non sia talvolta passata per la testa.<br />

Infatti non è appunto incongrua, come la generatio aequivoca, per la quale si intende la<br />

generazione di un essere organizzato mediante la meccanica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia bruta non<br />

organizzata. Essa sarebbe pur sempre generatio univoca nel significato più generale del termine,<br />

in quanto sarebbe generato solo qualcosa di organico da qualcos’altro di organico, sebbene<br />

specificamente distinto da quello nell’ambito di questo genere di esseri, per esempio se si<br />

sviluppassero progressivamente certi animali acquatici in animali palustri e da questi, dopo<br />

alcune generazioni, animali terrestri. A priori nel giudizio <strong><strong>dell</strong>a</strong> semplice ragione, la cosa non è<br />

contraddittoria. Solo che l’esperienza non mostra di ciò alcun esempio; secondo l’esperienza<br />

ogni generazione che conosciamo è piuttosto generatio homonyma, non è solo univoca in<br />

opposizione alla generazione da materia non organizzata, ma produce anche un prodotto<br />

omogeneo, nell’organizzazione stessa, al generante, e la generatio heteronyma non si riscontra<br />

da nessuna parte fin dove arriva la nostra conoscenza d’esperienza <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. 33<br />

Questa è solamente una <strong>dell</strong>e <strong>questioni</strong> <strong>epistemologiche</strong> che Kant lasciò aperte<br />

nel 1790, ma che ha avuto un’importanza capitale per definire le forme possibili di<br />

32 I. Kant, Opus postumum, KGS XXI, p. 211.<br />

33 KdU, KGS V, p. 419 nota.<br />

18


produzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> come sistema. Kant pensava, dunque, nell’ultima fase <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua<br />

produzione, che le forze organiche dovessero essere distinte da quelle meccaniche e<br />

dinamiche, in quanto verrebbero misurate nei corpi organici solo come cause finali. Per<br />

questa ragione Kant assegna, nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisiologia, lo status di “maximum del<br />

progresso” 34<br />

alla dicotomia organico/inorganico: è in questa di dicotomia che si cela sia<br />

la piú alta classificazione dei corpi fisici, sia la sfida per la <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, quella<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> spiegazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> generazione <strong>dell</strong>’organico. Questo iato di cui si<br />

deve dare conto è stato oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> Kritik der Urtheilskraft e rappresenta il nodo<br />

epistemologico che Kant lasciò insoluto nel 1790, ma che ha sempre tenuto sullo sfondo<br />

per la sua riflessione sulle possibili forme di produzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> come sistema. Di<br />

questo si parlerà estesamente, quando si metterà in luce l’importanza capitale che svolge<br />

il concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> per la risoluzione di problemi epistemologici <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

filosofia kantiana.<br />

Per ora basti inquadrare la divisione metafisica che Kant attua nell’Opus<br />

postumum che dovrebbe contenere tutte le forze che consentono alla fisica di avere un<br />

oggetto completamente determinato nel suo concetto e, dunque, di potersi costituire a<br />

sistema e non come semplice aggregato.<br />

A questo punto, però, sorge un problema fondamentale che questa ricerca deve<br />

affrontare: Kant afferma una sostanziale inconoscibilità diretta <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia in quanto<br />

sostanza, così come un’impossibilità di conoscere lo spazio. La materia, però, è ciò che,<br />

sebbene indirettamente, rende sensibile lo spazio.<br />

Nei prossimi paragrafi si indaga la <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>’idealismo trascendentale per<br />

mostrare come la concezione kantiana <strong>dell</strong>o spazio e del tempo possa essere coerente<br />

non solo con l’ipostatizzazione <strong>dell</strong>o spazio, ma anche con la possibile fondazione di<br />

un’interazione tra filosofia e matematica nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica.<br />

Secondo M. Jammer esiste un rapporto di fondamento e conseguenza tra<br />

l’interrogarsi sulla <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>o spazio-tempo e la costituzione di una teoria cosmologica<br />

e cosmogonica. 35<br />

Se si accetta questa visione si comprende l’enorme importanza di<br />

un’analisi sullo spazio e il tempo secondo l’idealismo trascendentale, così da chiarire lo<br />

statuto del Passaggio dai primi principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica.<br />

E’ infatti grazie ad un’analisi dettagliata del rapporto fra spazio, tempo e sintesi<br />

che si può chiarire la doppia <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>o spazio e del tempo come forme <strong>dell</strong>’intuizione<br />

34 I. Kant, Opus postumum, KGS XXI, p. 214.<br />

35 M. Jammer (1993).<br />

19


e intuizioni formali e conseguentemente gettare luce sulla nozione di spazio fisico o<br />

materiale, sulle diverse modalità di costruzione del movimento, <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e <strong>dell</strong>e sue<br />

forze. Solamente grazie al chiarimento <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibile applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica<br />

alla fisica, è possibile comprendere la concezione kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> loro fondazione e<br />

mutua relazione sulla base <strong>dell</strong>’idealismo trascendentale.<br />

1.2 Spazio e tempo: forme <strong>dell</strong>’intuizione e intuizioni formali<br />

La tesi di questa ricerca mira alla definizione <strong>dell</strong>o spazio kantiano come<br />

flessibile e all’individuazione del ruolo fondamentale <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi soggettiva <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

composizione (Zusammenstellung), capace per prima di determinare l’ordine <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

progressione <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi e di costituire un elemento fondamentale per la costruzione<br />

matematica.<br />

Un’analisi <strong>dell</strong>o spazio come intuizione formale e del ruolo importante giocato<br />

dalla sintesi per la geometria è stata condotta da R. Torretti in The Philosophy of<br />

Physics. 36<br />

Prendendo spunto dalla riflessione di Torretti, si sostiene che non è possibile<br />

determinare la concezione kantiana <strong>dell</strong>o spazio, senza tenere presente l’elemento<br />

<strong>dell</strong>’unità <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi <strong>dell</strong>’appercezione e, al tempo stesso, che è necessario spiegare le<br />

ragioni profonde <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità di una esposizione metafisica e di una trascendentale<br />

del concetto di spazio. Proprio grazie all’attività sintetica, infatti, è possibile una doppia<br />

determinazione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo come forme <strong>dell</strong>’intuizione e intuizioni formali<br />

e, dunque, l’applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica alla fisica, secondo la premessa<br />

<strong>dell</strong>’idealismo trascendentale.<br />

La concezione newtoniana e quella leibniziana rivelavano due opposti modi<br />

ontologici e metafisici di concepire lo spazio e il tempo. Kant, il quale aveva rigettato la<br />

visione realista di Newton <strong>dell</strong>o spazio e del tempo come assoluti, si è senz’altro<br />

distanziato da Leibniz, pur prendendo le mosse dalla metafisica razionalistica, <strong>nella</strong><br />

misura in cui ha definito lo spazio e il tempo come forme <strong>dell</strong>’intuizione e dunque come<br />

condizione di possibilità dei rapporti tra le cose e non come il loro risultato. E’ a partire<br />

da questo che Kant ha completamente ribaltato la prospettiva leibniziana di uno spazio<br />

relazionale, ma indissolubilmente legato alla dimensione metafisica <strong>dell</strong>e sostanze.<br />

In primo luogo è opportuno riassumere la posizione kantiana nel periodo critico.<br />

Nella Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura, oltre ad essere trattati come forme <strong>dell</strong>’intuizione,<br />

36 R. Torretti, The Philosophy of Physics, Cambridge 1999, pp. 113-118.<br />

20


spazio e tempo sono esposti come intuizioni formali. Questa loro trattazione trova luogo<br />

non solo nell’Analitica trascendentale, ma anche in parte <strong>dell</strong>’Estetica trascendentale,<br />

in particolare nell’Esposizione metafisica dei concetti di spazio e tempo. In questa sede<br />

spazio e tempo vengono presentati in qualità di ciò che contiene le determinazioni del<br />

concetto rappresentato a priori (cogitabile), a prescindere dalla funzione trascendentale<br />

per l’esperienza, secondo cui invece sono sempre forme <strong>dell</strong>’intuizione.<br />

Innanzitutto nell’Esposizione metafisica Kant afferma che lo spazio non è un<br />

concetto empirico e le sue parti sono in un rapporto di coordinazione e coesistenza, sia<br />

interna che esterna, mentre nel tempo le parti sono in rapporto di simultaneità o di<br />

successione. Entrambe sono necessarie rappresentazioni a priori. Lo spazio è a<br />

fondamento di tutte le intuizioni esterne, mentre il tempo di tutte le intuizioni, perché<br />

solo in esso è possibile la realtà del fenomeno.<br />

Da un lato lo spazio è un’intuizione pura, un unicum, le cui parti sono pensate<br />

entro di esso, dall’altro il tempo ha una sola dimensione e fonda gli assiomi del tempo<br />

in generale, cioè è posto a fondamento di tutte le rappresentazioni. Il punto cruciale di<br />

questa esposizione, che indica l’intimo legame <strong>dell</strong>’Estetica trascendentale con<br />

l’Analitica trascendentale, consiste nel fatto che il tempo ha una sola dimensione e,<br />

dunque, la sua infinità significa che ogni grandezza determinata di tempo è possibile<br />

solo con limitazioni <strong>dell</strong>’unico tempo che è alla base.<br />

D’altra parte lo spazio è rappresentato come un’infinita grandezza data e<br />

contiene in sé un numero infinito di rappresentazioni, perché le sue parti devono essere<br />

pensate entro un unicum illimitato e indeterminato.<br />

Queste due ultime osservazioni celano l’opera di una sintesi spontanea<br />

<strong>dell</strong>’intelletto attuata dall’immaginazione attraverso le funzioni logiche <strong><strong>dell</strong>a</strong> quantità e<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> qualità in riferimento ad un molteplice <strong>dell</strong>e rappresentazioni che può essere dato<br />

(dabile).<br />

L’osservazione più degna di nota è che quando si ha a che fare con lo spazio e il<br />

tempo, in quanto intuizioni formali, questi vengono trattati direttamente come quanta, 37<br />

sono cioè rappresentati oggettivamente secondo le funzioni logiche nei giudizi e i<br />

concetti <strong>dell</strong>e loro proprietà possono essere costruite nell’intuizione.<br />

Ora è opportuno chiedersi che cosa accade quando lo spazio venga rappresentato<br />

come oggetto e dunque sia rappresentato come il “materiale” che è sottoposto alla forma<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi <strong>dell</strong>’intelletto. In altre parole, si tratta di spiegare come sia possibile che lo<br />

37 Cfr. KrV, A140/B179-A147/B187.<br />

21


spazio e il tempo siano ontologicamente anche intuizioni formali e da dove derivi il<br />

fatto che lo spazio e il tempo, come forme <strong>dell</strong>’intuizione, rendono possibile la<br />

collocazione <strong>dell</strong>e rappresentazioni secondo <strong>dell</strong>e coordinate a priori.<br />

Per gettare luce su questi punti fondamentali <strong><strong>dell</strong>a</strong> produzione critica, si propone<br />

una ricostruzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo degli anni ’90, in cui Kant<br />

ha esplicitato molti passaggi oscuri <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua dottrina <strong>dell</strong>’intuizione.<br />

In epoca tarda Kant afferma che lo spazio e il tempo sono un prodotto <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

Vorstellungsvermögen, cioè <strong><strong>dell</strong>a</strong> Selbstätigkeit, in quanto spontaneitas, i quali<br />

svolgono la funzione di rappresentare l’intuibile (aspectabile) 38 come pensabile<br />

(cogitabile). 39 In un testo del Nachlass, risalente al maggio 1797 circa, Kant chiarisce<br />

che tutti gli oggetti (Objecte) sono: 1) il sensibile 2) l’intuibile (aspectabile) e 3)<br />

l’intelligibile. 40<br />

Questo significa che la distinzione kantiana tra fenomeno e cosa in sé<br />

indica due modi con cui il soggetto rappresenta se stesso in relazione ad un oggetto.<br />

Questi sono con<strong>natura</strong>ti alla spontaneità mediata, in quanto attività, e cioè fondati sulla<br />

capacità di porre se stessi e la rappresentazione con co<strong>scienza</strong> di se stessi sotto un<br />

doppio rispetto. Il seguente passaggio chiarisce questo punto, ricorrendo alle nozioni di<br />

cognitio primaria e secundaria:<br />

In dem Erkenntnis eines Gegenstandes liegt zweierlei Vorstellungsart 1. des<br />

Gegenstandes an sich 2 dem in der Erscheinung. Die erstere ist diejenige wodurch das Subjekt<br />

sich selbst uranfänglich in der Anschauung setzt (cognitio primaria) die zweite da es sich<br />

mittelbar selbst zum Gegenstande macht nach der Form wie er affiziert wird (cognitio<br />

secundaria), diese letztere ist die Anschauung seiner selbst in der Erscheinung, die Anschauung<br />

wodurch der Sinnengegenstand dem Subjekt gegeben wird ist die Vorstellung und<br />

Zusammensetzung des mannigfaltigen nach Raumes//und Zeitbedingungen. Das Objekt an sich<br />

= X ist nicht ein besonderer Gegenstand sondern das bloße Prinzip der synthetisch Erkenntnis a<br />

priori welches das formale der Einheit dieses Mannigfaltigen der Anschauung in sich enthalt<br />

(nicht ein besonderes Objekt). 41<br />

La distinzione kantiana tra spontaneità e recettività e tra fenomeno e noumeno,<br />

fondata sull’idealismo trascendentale, risponde concretamente alla fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

possibilità dei giudizi sintetici a priori. E’ solo grazie al doppio modo di “porsi in<br />

38<br />

Il termine “aspectabile” viene utilizzato da Kant solamente in epoca tarda nel periodo attestato<br />

posteriore al maggio 1797. Il termine deriva dal verbo latino aspicio, che significa guardare, rivolgere lo<br />

sguardo. In questo contesto dunque è il modo <strong><strong>dell</strong>a</strong> rappresentazione del soggetto che determina ciò verso<br />

cui possiamo rivolgere lo sguardo. Non è un caso che la funzione dinamica <strong>dell</strong>o spazio kantiano risponda<br />

perfettamente e con flessibilità all’esigenza di rendere pensabile ciò che è internamente riguardabile,<br />

intuibile.<br />

39<br />

Opus postumum, KGS XXII, p. 42.<br />

40<br />

I. Kant, Handschriftlicher Nachlass, n° 6344, in KGS XVIII, pp. 668-670.<br />

41<br />

Opus postumum, KGS XXII, p. 20.<br />

22


elazione” <strong><strong>dell</strong>a</strong> co<strong>scienza</strong> 42<br />

alle forme pure <strong>dell</strong>’intuizione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo che<br />

queste ultime sono in grado di fondare giudizi sintetici a priori, cioè è grazie ad<br />

un’attività sintetica che opera sulla sensibilità da cui riceve un materiale (Stoff):<br />

Bestimmungen a priori in Raum und Zeit fuhren notwendig zu der Aufgabe der<br />

transzendental Philosophie: Wie sind synthetische Erkenntnis a priori möglich und die Losung<br />

dieser Aufgabe fuhrt endlich zum Übergange von den metaphysischen Anfangsgründe der<br />

Naturwissenschaft zur Physik. Die Lösung dieser Aufgabe beruht auf dem Satz dass Raumes<br />

und Zeitobjekte nur als Erscheinungen nicht als dinge an sich d.i. dass sie im Verhältnis zu dem<br />

Sinne des Subjekts nicht abgezogen von diesem Verhältnis und unabhängig von ihm<br />

synthetische Sätze a priori liefern können. 43<br />

A partire da queste affermazioni, la posizione kantiana riguardo agli oggetti del<br />

senso esterno, prevede che questi, come molteplice nell’intuizione determinabile solo<br />

attraverso le sue relazioni nello spazio e nel tempo, stiano a priori sotto principi <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

rappresentazione degli oggetti come fenomeni. A questi ultimi si contrappone un altro<br />

modo necessario di rappresentazione nell’idea, quello <strong><strong>dell</strong>a</strong> cosa in sé, dove “cosa in sé”<br />

non significa (bedeutet) un altro oggetto, ma solamente un altro punto di vista, quello<br />

negativo, da cui è trattato lo stesso e medesimo oggetto.<br />

La cosa in sé, dunque, corrisponde al principio <strong>dell</strong>’idealità degli oggetti del<br />

senso esterno come fenomeni e “solo trattati da questo punto di vista possono trovare un<br />

loro statuto i principi sintetici a priori”. 44 In virtù <strong>dell</strong>’autonomia del soggetto che può<br />

anche porre se stesso come un Gegenstand = X, il principio <strong>dell</strong>’unità del molteplice è<br />

contenuto nel soggetto che si autodetermina, ovvero questa unità si ritrova nell’alveo di<br />

una perfetta corrispondenza e identità di soggetto e oggetto, che, sebbene dispieghi il<br />

regno <strong><strong>dell</strong>a</strong> libertà, però non comporta alcuna conoscenza. Infatti, l’io può conoscere se<br />

stesso solo conoscendo altre cose, 45<br />

ovvero passando per l’esperienza <strong>dell</strong>’oggetto nel<br />

fenomeno che gli è dato secondo le pure forme <strong>dell</strong>’intuizione di spazio e tempo e che<br />

può essere conosciuto grazie allo schematismo <strong>dell</strong>’immaginazione.<br />

42 Il porsi in relazione del soggetto è il Faktum der Vernunft cioè la libertà, non conoscibile eppure<br />

determinabile solo dalla ragione pura pratica come in rapporto di fondamento-conseguenza con la legge<br />

morale. Con questo tipo di analisi è possibile legare le pagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> Deduzione trascendentale in cui Kant<br />

parla del “paradosso del tempo” con la Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pratica, ovvero considerando il paradosso<br />

del tempo come la possibilità di porsi in un doppio rispetto da parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> co<strong>scienza</strong> secondo lo schema di<br />

causa. Se, infatti, l’oggetto nel fenomeno è positivamente determinabile, d’altra parte il soggetto nel<br />

noumeno, che si autodetermina, lo è solo negativamente, in quanto “inizio” (Anfang) originario di<br />

un’attività spontanea, ma ulteriormente non determinabile in senso conoscitivo, e in quanto “grenzenlos”,<br />

nello svolgersi <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua attività sintetica sempre identica a se stessa.<br />

43 Opus postumum, KGS XXII, p. 45.<br />

44 Opus postumum, XXII, p. 42.<br />

45 Cfr. M. Capozzi, L’io e la conoscenza di sé in Kant, in E. Canone (ed.), Per una storia del concetto di<br />

mente, vol. II, Olschki, Firenze 2007, pp. 267-326<br />

23


Nel particolare contesto del Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong> alla fisica compare esplicitamente una riconduzione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo<br />

alla spontaneità e, dunque, essi sono il prodotto di una posizione (Setzung) e di un<br />

actus, 46 senza che Kant cada in una posizione idealista, ma mantenendo la stretta<br />

distinzione fra noumeno e fenomeno e parallelamente l’idealismo trascendentale e il<br />

realismo empirico. La produzione da parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> spontaneità di una forma<br />

<strong>dell</strong>’intuizione, non <strong>dell</strong>’universale, ma degli unici (Einzelnen) <strong>dell</strong>o spazio e del tempo,<br />

fornisce il formale <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione (Zusammensetzung) come coordinazione e<br />

subordinazione e, dunque, come prima determinazione dei rapporti tra le parti di queste<br />

intuizioni, cioè tra il molteplice che in tal modo ha in sé la tendenza (Tendenz) ad essere<br />

ordinato come un sistema di percezioni. 47<br />

La tesi che qui viene presentata richiama alla mente quella <strong>dell</strong>’“acquisizione<br />

originaria” <strong>dell</strong>e forme pure <strong>dell</strong>’intuizione, proposta da M. Oberhausen, secondo cui è<br />

necessario ricostruire la genesi degli elementi a priori <strong>dell</strong>e facoltà conoscitive<br />

48<br />

all’interno del processo di sintesi costitutivo del soggetto.<br />

È necessario puntualizzare che questo aspetto del criticismo affonda <strong>dell</strong>e radici<br />

profonde che risalgono alla Dissertazione del 1770, in cui Kant pose esplicitamente il<br />

problema <strong>dell</strong>’origine <strong>dell</strong>e nostre facoltà conoscitive e <strong><strong>dell</strong>a</strong> loro distinzione in facultas<br />

sensibilis e intellectualis. Proprio in questa sede, per la prima volta, Kant si espose<br />

nell’attribuire uno specifico carattere allo spazio e al tempo rispetto alla tradizione<br />

49<br />

inglese (Locke, Berkeley e Newton) e a quella <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica tedesca (Leibniz,<br />

Baumgarten e Wolff). 50<br />

46 Cfr. R. Daval, La metaphysique de Kant, pp. 291-292.<br />

47 Cfr. Opus postumum, KGS XXII, p. 42. Questo aspetto non smentisce affatto le posizioni di Kant <strong>nella</strong><br />

Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura, ma mira ad approfondire un punto teorico <strong>dell</strong>’edizione del 1787 e che però<br />

nel contesto del Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica assume<br />

un’importanza capitale: è solo spiegando che cosa significhi guardare dal punto di vista <strong>dell</strong>’unità<br />

collettiva il complesso <strong>dell</strong>e percezioni in una esperienza, che secondo Kant è possibile la fondazione<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica.<br />

48 M. Oberhausen, Das neue A priori. Kants Lehre von einer „ursprünglichen Erwerbung“ apriorischer<br />

Vorstellungen, Stuttgart-Bad Cannstatt 1997, pp. 136-164.<br />

49 Su David Hume vale un discorso diverso. Su questo si veda H. E. Allison, Custom and Reason in<br />

Hume, Oxford 2008. Di particolare interesse risulta il capitolo Hume’s Theory of Space and Time, pp. 28-<br />

63, in cui Allison analizza la concezione di Hume <strong>dell</strong>o spazio e del tempo come ordini o modi di<br />

apparire. Allison discute la profonda tensione tra questa visione e il principio copia (copy principle), e lo<br />

mette a confronto con la concezione kantiana <strong>dell</strong>o spazio e del tempo come “forme <strong>dell</strong>e apparenze”.<br />

Sebbene la concezione di Hume <strong>dell</strong>’infinita divisibilità <strong>dell</strong>o spazio e del tempo sia uno dei temi più<br />

criticati da Kant, secondo Allison la teoria relazionale <strong>dell</strong>o spazio di Hume sarebbe molto vicina a quella<br />

di Leibniz e fonte di ispirazione per la teoria kantiana.<br />

50 Cfr. G. Martin (1955), pp. 1-41.<br />

24


Spazio e tempo sono qui esplicitamente definiti in quanto intuizioni e la loro<br />

trattazione, sebbene con notevoli modifiche evidentemente apportate, richiama alla<br />

mente quella presente nell’Estetica trascendentale <strong><strong>dell</strong>a</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura. Vi è<br />

un passo in particolar modo collocato al termine <strong><strong>dell</strong>a</strong> trattazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> De mundi<br />

sensibilis (sezione III) in cui si può apprezzare la radice del problema che sarà presente<br />

<strong>nella</strong> mente di Kant fino al Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

alla fisica:<br />

Ambedue i concetti, nondimeno, sono senza dubbio acquisiti, non in quanto astratti<br />

dalla sensazione degli oggetti (poiché la sensazione ci dà la materia, non la forma <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

conoscenza umana), ma dall’attività stessa <strong><strong>dell</strong>a</strong> mente che coordina le sue sensazioni secondo<br />

leggi permanenti, come tipo (typus) immutabile e perciò conoscibile intuitivamente. Le<br />

sensazioni infatti risvegliano questo atto <strong><strong>dell</strong>a</strong> mente, e non producono l’intuizione, e qui non<br />

c’è altro di innato che la legge <strong>dell</strong>’animo, secondo la quale esso riunisce in un determinato<br />

modo le sue sensazioni dipendentemente dalla presenza <strong>dell</strong>’oggetto. 51<br />

Oltre ad essere questa una <strong>dell</strong>e pochissime formulazioni che Kant fornisce<br />

<strong>dell</strong>’origine <strong><strong>dell</strong>a</strong> nostra intuizione dall’attività <strong><strong>dell</strong>a</strong> spontaneità, essa comprende anche<br />

il germe <strong><strong>dell</strong>a</strong> fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità di conoscere l’oggetto nel fenomeno sulla<br />

base <strong>dell</strong>’idealismo trascendentale e <strong><strong>dell</strong>a</strong> deduzione trascendentale.<br />

Si comprende come la dipendenza <strong>dell</strong>o spazio e del tempo dagli atti <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

spontaneità possa essere duplice, in quanto vi è un doppio modo (respectus) con cui si<br />

può riguardare il soggetto e con cui questo si rende oggetto a se stesso.<br />

Nel passo seguente si può apprezzare questo doppio modo di essere affetto dal<br />

soggetto, che origina due diverse connotazioni <strong>dell</strong>o spazio e del tempo, per rispondere<br />

ad altrettanti obiettivi, quello <strong><strong>dell</strong>a</strong> fondazione <strong>dell</strong>’oggetto <strong>dell</strong>’esperienza in generale e<br />

di quello <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica: 52<br />

Die Setzung und Wahrnehmung die Spontaneität und Rezeptivität das objektive u.<br />

subjektive Verhältnis sind zugleich weil sie identisch sind der Zeit nach als Erscheinungen wie<br />

das Subjekt affiziert wird also a priori in demselben Actus gegeben werden und zur Erfahrung<br />

fortschreitend sind als einem System der Wahrnehmungen. — Doch auf zweierlei Art, für die<br />

Physik als einem Gedankensystem und Theorie für den Gegenstand möglicher Erfahrung (oder<br />

die Möglichkeit der Erfahrung überhaupt) 2) für Gegenstände die allein in der Erfahrung und<br />

durch dieselbe können gegeben werden heteronomisch oder autonomisch. 53<br />

51<br />

I. Kant, De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis, (Forma et principiis); trad. it.,<br />

Forma e principi del mondo sensibile e del mondo intellegibile, a cura di A. Lamacchia, Milano 1995, p.<br />

117.<br />

52<br />

Per la definizione di oggetto in generale, cfr. infra, Capitolo I.<br />

53<br />

Opus postumum, KGS XXII, p. 466.<br />

25


Mediante il filo conduttore del rapporto tra spazio, tempo e sintesi analizzato in<br />

più luoghi <strong><strong>dell</strong>a</strong> produzione kantiana può essere scoperta una più esplicita definizione<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> Zusammensetzung trattata <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura. Questo atto fondante<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> spontaneità, quello del zusammensetzen, pone insieme, cioè collega secondo certe<br />

relazioni, le intuizioni del senso interno ed esterno con la co<strong>scienza</strong>, le riferisce a<br />

quest’ultima, così che lo spazio e il tempo sono solamente forme <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione del<br />

molteplice <strong>dell</strong>’intuizione pura, in grado di porre molteplici rappresentazioni neben und<br />

nach einander (iuxta vel post se invicem positorum).<br />

Come si evince dall’analisi <strong>dell</strong>e pagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura, la<br />

sintesi <strong><strong>dell</strong>a</strong> Zusammensetzung consiste nell’unità oggettiva 54 di una sintesi <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

composizione preceduta da quella <strong><strong>dell</strong>a</strong> Zusammenstellung, ovvero la sintesi soggettiva<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione, secondo coordinazione e subordinazione. Lo spazio e il tempo sono<br />

rese forme a priori e principi soggettivi <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione (coordinationis et<br />

subordinationis) <strong>dell</strong>’unità <strong>dell</strong>e percezioni che appartengono all’unità<br />

<strong>dell</strong>’esperienza. 55 L’unità <strong>dell</strong>’esperienza ha un elemento in sé di asintoticità e di<br />

tendenza alla totalità che trova fondamento nel suo contraltare, nel costituirsi a totalità<br />

asintotica e sintetica del soggetto come ciò che contiene il tutto indeterminato<br />

<strong>dell</strong>’intuizione. 56<br />

Si comprende, quindi, come nell’Opus postumum Kant abbia voluto esprimere<br />

l’esigenza di approfondire il cardine <strong>dell</strong>’idealità <strong>dell</strong>o spazio e del tempo (in quanto<br />

cardine <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia trascendentale stessa assieme al Faktum der Vernunft, la<br />

57<br />

libertà), arrivando a definirli rispettivamente Intussuszeption ed Extraposition, ovvero<br />

come Handlungen <strong><strong>dell</strong>a</strong> spontaneità ad essa riferite e da essa orientate all’esperienza: 58<br />

54 KrV, B201.<br />

55 Cfr. Opus postumum, XXII, p. 45.<br />

56 Cfr. Opus postumum, XXII, p. 69.<br />

57 E’ chiaro che ci si trova di fronte ad una chiara fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> nuova e purificata metafisica inscritta<br />

nel sistema <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia trascendentale, in particolare alla tesi sull’idealità <strong>dell</strong>o spazio e del tempo, e<br />

questo risulta evidente dalle parole <strong>dell</strong>o stesso Kant in Loses Blatt, KGS XVIII, (1797), p. 669: “Es giebt<br />

2 Cardinal Prinzipien der ganzen Metaphysik: die Idealität des Raums und der Zeit und die Realität des<br />

Freiheitsbegriffs. Räumt man die erstere nicht ein, so giebt es keine synthetische Sätze a priori für das<br />

theoretische Erkenntnis; ist das zweite nicht, so giebt es keine solche unbedingt praktische, d. i. keine<br />

Pflichtgesetze”.<br />

58 Le espressioni “Intussusception” ed “extraposition” possiedono due prefissi che chiaramente sono<br />

basati sull’io che si orienta e viene affetto, nel caso <strong>dell</strong>o spazio, all’interno, e che, nel caso del tempo, si<br />

proietta all’esterno. E’ evidente l’influenza esercitata dalla metafisica di Baumgarten su questo doppio<br />

modo, interno ed esterno, di poter pensare la determinazione del respectus e la regola <strong>dell</strong>’ordine tra le<br />

parti in relazione tra loro. Cfr. infra §1.4.<br />

26


Die Intussuszeption u. Extraposition. Von welcher von beiden geht man aus? Die erste<br />

ist Raum die zweite die Zeit so doch dass die innere Komposition des Mannigfaltigen der<br />

Anschauung vorhergeht oder vielmehr die eine mit der andern in wechselseitigem Verhältnis<br />

steht. Was ihre Komposition wechselseitig in Einer Anschauung bestimmt ist der Verstand in so<br />

fern er den Sinn überhaupt affiziert und das Sinnenobjekt als Erscheinung darstellt. Das<br />

darstellende innere Prinzip ist = X, wodurch das Ding sich selbst macht. 59<br />

In questo modo nel processo di composizione (Zusammensetzung) lo spazio e il<br />

tempo sono forme intese come concetti di relazione (Verhältnis Begriffe) 60<br />

nel soggetto.<br />

Quest’ultima definizione risulta molto problematica, perché sembra negare lo statuto di<br />

intuizioni <strong>dell</strong>o spazio e del tempo. Tuttavia, se si considera la funzione relazionale tra<br />

le parti e il tutto che essi rendono possibili, si chiarisce meglio il senso <strong>dell</strong>’espressione<br />

utilizzata da Kant. Infatti, l’ulteriore passaggio che compie la co<strong>scienza</strong>, distinta grazie<br />

alla sua attività <strong><strong>dell</strong>a</strong> Zusammenstellung dallo spazio e dal tempo, è quello di porre tra le<br />

parti <strong>dell</strong>o spazio e del tempo un rapporto di coordinazione (coordinatio) e<br />

subordinazione (subordinatio), mantenendosi distinta da esse e rendendosi<br />

autocosciente.<br />

A partire dall’analisi che svolge P. Schulthess in Relation und Funktion, si può<br />

mostrare come queste determinazioni <strong>dell</strong>e parti <strong>dell</strong>o spazio e del tempo siano<br />

pertinenti all’attività <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi intellettuale e, dunque, ancora alla sfera <strong>dell</strong>e funzioni<br />

logiche nei giudizi, applicate però alle forme <strong>dell</strong>’intuizione, che dunque sono<br />

61<br />

rappresentate come oggetti. In primo luogo, la sintesi intellettuale (synthesis<br />

intellectualis) diventa così Zusammenstellung, cioè incarna la funzione di determinare i<br />

rapporti fra le parti <strong>dell</strong>e intuizioni. In secondo luogo, come lo stesso Kant precisa <strong>nella</strong><br />

Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura, la Zusammenstellung conosce un momento superiore di<br />

unità sintetica che risiede <strong>nella</strong> Zusammensetzung, che come attività di composizione<br />

(compositio) costituisce la sintesi <strong>dell</strong>’omogeneo <strong><strong>dell</strong>a</strong> Verbindung, cioè la funzione<br />

<strong>dell</strong>’attività sintetica che è alla base <strong><strong>dell</strong>a</strong> costituzione di tutti i principi <strong>dell</strong>’intelletto<br />

puro. 62<br />

Lo spazio e il tempo sono il formale <strong><strong>dell</strong>a</strong> coordinazione e questo non significa<br />

altro che le parti <strong>dell</strong>o spazio e del tempo sono rappresentate dalla co<strong>scienza</strong><br />

63<br />

immediatamente in rapporto al tutto, secondo la forma. Questa conclusione è di facile<br />

59<br />

Opus postumum, KGS XXII, p. 69.<br />

60<br />

Cfr. Opus postumum, KGS XXII, p. 70.<br />

61<br />

Cfr. Schulthess (1981), pp. 106;112; 194.<br />

62<br />

KrV A162/B201.<br />

63<br />

Come si vedrà questo è uno dei presupposti per fondare il punto di vista <strong>dell</strong>’unità collettiva<br />

<strong>dell</strong>’esperienza unito a quella distributiva in vista <strong>dell</strong>’Übergang e <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere.<br />

27


comprensione non appena si ricorda che per Kant lo spazio e il tempo sono intuizioni,<br />

cioè rappresentazioni immediate e singolari.<br />

Già nel 1770 Kant aveva legato indissolubilmente, sulla base <strong><strong>dell</strong>a</strong> Metaphysica<br />

di Baumgarten, la coordinazione (coordinatio) e la composizione (compositio) ai<br />

concetti di spazio e di tempo, connotandoli come rappresentazioni singolari, intuizioni.<br />

Questo emerge dal passo seguente, in cui lo spazio:<br />

[…] è qualcosa di soggettivo e ideale, che deriva dalla <strong>natura</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> mente secondo una<br />

legge stabile, come uno schema destinato a coordinare tutte, assolutamente, le sensazioni<br />

esterne. 64<br />

E ancora più avanti si legge nel Corollario:<br />

Ecco dunque i due principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza sensitiva che non sono concetti generali,<br />

come nelle conoscenze intellettive, ma intuizioni singolari e tuttavia pure. 65<br />

Considerando i passi successivi compiuti <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura, con<br />

più precisione lo spazio e il tempo devono essere pensati come due relazioni al soggetto<br />

quanto al molteplice, che, come rappresentazioni, è contenuto nell’intuizione sensibile.<br />

Le due forme sensibili contengono un molteplice perché sono intuizioni sensibili,<br />

rappresentazioni immediate che accolgono un molteplice rappresentato come loro parti,<br />

ma ancora da determinare: essi contengono il determinabile (determinabilis) in<br />

generale. 66<br />

Lo scarto tra le pagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> dissertazione del 1770 e quelle successive <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura risiede <strong>nella</strong> seconda caratteristica fondamentale <strong>dell</strong>o spazio<br />

e del tempo pensati come forme <strong>dell</strong>’intuizione e intuizioni formali insieme. E questo<br />

scarto non si sarebbe potuto dare senza la deduzione trascendentale <strong>dell</strong>e categorie e la<br />

definizione <strong>dell</strong>’attività sintetica <strong>dell</strong>’io. Lo spazio e il tempo <strong><strong>dell</strong>a</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione<br />

pura non sono concetti <strong>nella</strong> misura in cui il loro contenuto, le loro parti in rapporto tra<br />

loro non lo sono ancora, ma possono e devono diventarlo in vista <strong>dell</strong>’esperienza<br />

conoscitiva, attraverso l’attività sintetica <strong><strong>dell</strong>a</strong> spontaneità che le pone in specifiche<br />

relazioni con la co<strong>scienza</strong>, secondo la sintesi <strong>dell</strong>’intelletto e la sintesi<br />

<strong>dell</strong>’immaginazione.<br />

64 Forma et principiis, p. 109. Cfr., pp. 77; 87;101 nota.<br />

65 Forma et principiis, p. 113.<br />

66 Cfr. Opus postumum, KGS XXII, pp. 44-46.<br />

28


Dunque, l’aspetto anticipatore <strong>nella</strong> teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza kantiana, spesso<br />

enfatizzato dagli interpreti <strong>dell</strong>’Opus postumum, non riguarda solamente l’esperienza<br />

quanto al materiale (quoad materiale), piuttosto anche e soprattutto quanto al formale,<br />

che veniva presentato già <strong>nella</strong> prima Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura e <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

facoltà del giudizio, come possibile grazie all’idealismo trascendentale. Per chiarire<br />

questo punto è utile confrontarsi con le stesse affermazioni di Kant:<br />

Raum und Zeit sind Anschauungen mit der dynamischen Funktion ein Mannigfaltiges<br />

der Anschauung als Erscheinung zu setzen (dabile) also auch ein aspectabile als Erscheinung<br />

welches vor aller Apprehensionsvorstellung (Wahrnehmung als empirischer Vorstellung mit<br />

Bewussten) vorhergehet und a priori synthetisch nach einem Prinzip als durchgängig<br />

bestimmend gedacht wird (intuitus quem sequitur conceptus) in welchem das Subjekt in der<br />

kollektiven Einheit des Mannigfaltigen der Anschauung sich selbst setzt. 67<br />

Si nota immediatamente che lo spazio e il tempo rendono possibile l’esperienza<br />

conoscitiva come processo sintetico a priori con una funzione “dinamica”, in quanto<br />

creano un orizzonte unico e collettivo di riferibilità (come aspectabile) <strong>dell</strong>e<br />

rappresentazioni all’unità <strong><strong>dell</strong>a</strong> co<strong>scienza</strong>, rendono cioè possibile collocare secondo una<br />

posizione (Stelle), completamente determinata, l’oggetto nel fenomeno.<br />

Per valutare questo ruolo <strong>dell</strong>’intuizione si deve tenere pressente la differenza tra<br />

la <strong>natura</strong> del concetto e quella <strong>dell</strong>’intuizione.<br />

Il primo atto <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà rappresentativa (facultas repraesentativa) è la<br />

rappresentazione di se stesso (apperceptio) attraverso cui il soggetto si rende oggetto<br />

(apprehensio simplex) e la sua rappresentazione è intuizione, ma non ancora concetto,<br />

ovvero è rappresentazione singolare (repraesentatio singularis) e non è ancora quella di<br />

una nota, cioè rappresentazione comune a molti (repraesentatio pluribus communis). Il<br />

concetto, di contro all’intuizione, è, infatti, una rappresentazione che vale in generale e<br />

universalmente e che si può incontrare in molti, al contrario <strong>dell</strong>’unicum intuitivo. 68<br />

Così lo spazio e il tempo non sono altro che relazioni quantitative e di<br />

riferimento <strong>dell</strong>’oggetto all’intuizione pura. Essi contengono principi a priori <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

composizione (Zusammenstellung) <strong>dell</strong>e loro parti come “iuxta et post se invicem<br />

positorum”, cioè del neben und nach einander seyn, solamente secondo il formale, in<br />

quanto il materiale (Stoff) è qualcosa che deve essere “aspettato” per essere determinato.<br />

67 Opus postumum, KGS XXII p. 44.<br />

68 Si ricordi inoltre che mentre le forme pure <strong>dell</strong>o spazio e del tempo sono date, mentre l’ordine <strong>dell</strong>e<br />

loro parti è fatto, i concetti sono tutti fatti grazie agli atti <strong>dell</strong>’intelletto <strong>dell</strong>’astrazione, comparazione e<br />

riflessione.<br />

29


Ma alla luce di ciò, è legittimo chiedersi come possa essere interpretato il<br />

passaggio di una lettera a Rehberg, 69<br />

in cui Kant afferma che lo spazio e il tempo come<br />

intuizioni formali forniscono la prova <strong><strong>dell</strong>a</strong> realtà degli oggetti esterni. Come si legge<br />

<strong>nella</strong> Rechtslehre, lo spazio, il tempo e l’esser posto o localizzato (positus), sono la<br />

triade che rende possibile la rappresentazione <strong>dell</strong>’oggetto esterno da un punto di vista<br />

empirico:<br />

L’espressione “un oggetto è fuori di me” può però significare o che esso è da me (dal<br />

soggetto) distinto, oppure anche che è un oggetto che si trova in un altro luogo (positus), nello<br />

spazio o nel tempo. 70<br />

Nella metà degli anni ’90 Kant ritiene, dunque, che la determinazione<br />

<strong>dell</strong>’intuizione empirica debba rispondere a priori a queste tre forme (spazio, tempo,<br />

positus), attraverso cui il soggetto si pensa in connessione con l’oggetto, mentre, da un<br />

punto di vista intelligibile, quello che Kant definisce “l’oggetto fuori di me” non sia<br />

altro che il frutto di una Unterscheidung posta dal soggetto, ovvero il soggetto pensa il<br />

soggetto e l’oggetto come distinti. 71<br />

Lo spazio e il tempo, peró, come intuizioni formali, in quanto sono frutto<br />

<strong>dell</strong>’attività del soggetto intuente, sono anche condizioni di possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

composizione oggettiva (Bedingungen der Zusammensetzung) <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi<br />

<strong>dell</strong>’intelletto. La doppia <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>o spazio e del tempo come forme <strong>dell</strong>’intuizione e<br />

intuizioni formali li rende in grado di essere sia forma determinante il molteplice<br />

<strong>dell</strong>’intuizione, sia unità indeterminata e dunque determinabili. Del resto, come si<br />

evince dal passo seguente, lo spazio e il tempo possono essere rappresentati come<br />

72<br />

grandezze infinite, proprio in virtù <strong><strong>dell</strong>a</strong> loro idealità, che permette la determinabilità<br />

infinita <strong>dell</strong>e loro parti:<br />

Ein Quantum, gegen welches jedes andere angebliche (dabile) nur als ein Teil eines<br />

noch größeren Quanti gedacht werden kann, ist unendlich. Das Quantum aber, was in<br />

Vergleichung mit jedem anderen assignabelen Quanto nur als ein Teil betrachtet werden kann,<br />

ist unendlich klein. Dass sich alle ausgedehnte Wesen in der Welt in einen Wassertropfen oder<br />

ins unendliche noch kleineren Raum bringen lassen, beweiset die Idealität des Raums, wenn<br />

alles immer als relativ, niemals absolut gros oder klein betrachtet wird. 73<br />

69 I. Kant, Briefwechsel, KGS XI, p. 210.<br />

70 I. Kant, Primi principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> dottrina del diritto, p. 79; KGS VI, p. 245.<br />

71 L’origine di questo terzo elemento si rinviene <strong>nella</strong> definizione di oggetto in generale, laddove un<br />

qualcosa deve essere collocato nello spazio e nel tempo.<br />

72 Cfr. Opus postumum, KGS XXII, pp. 42; 46.<br />

73 Loses Blatt, KGS XVIII, p. 669. Questo brano, spesso tenuto in considerazione dalla scuola di B.<br />

Falkenburg, ha numerose implicazioni sulla compatibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione kantiana <strong>dell</strong>o spazio con<br />

30


Se lo spazio è dunque da trattarsi sempre tutto come una grandezza relativa, oltre<br />

ad approfondire le tesi presentate nell’Estetica trascendentale, Kant si propone<br />

nell’ultima fase <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua produzione di fondare il punto di vista <strong>dell</strong>’unità collettiva<br />

<strong>dell</strong>’esperienza sull’idealismo trascendentale, piú precisamente, sulla funzione dinamica<br />

sopra menzionata <strong>dell</strong>o spazio e del tempo, <strong>nella</strong> misura in cui afferma:<br />

Dass Raum und Zeit in dem Mannigfaltigen was diese Vorstellungen enthalten (denn<br />

sie sind nicht apprehensibele Dinge, sondern nichts als Vorstellungen selbst) in zweierlei<br />

Verhältnissen zum Subjekt gedacht werden müssen: Erstlich in so fern sie Anschauungen und<br />

zwar sinnliche sind Zweitens wie das Mannigfaltige derselben überhaupt synthetische Sätze a<br />

priori möglich macht und so ein Prinzip synthetischer Sätze a priori hiermit aber auch eine<br />

Transzendentalphilosophie begründet welche notwendige Wissenschaft ohne das nicht statt<br />

haben würde. 74<br />

Questo è il fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia trascendentale e dunque <strong><strong>dell</strong>a</strong> domanda<br />

critica di come siano possibili giudizi sintetici a priori. Solamente in questo modo si<br />

può spiegare perché Kant ritorni fino all’ultimo sulla domanda “Come sono possibili<br />

giudizi sintetici a priori?”, rispondendo che lo sono attraverso un atto originario e<br />

spontaneo <strong><strong>dell</strong>a</strong> rappresentazione degli oggetti nello spazio e nel tempo in base a<br />

rapporti di coesistenza e successione, sia dal punto di vista di una relazione al soggetto<br />

sia di una relazione del soggetto a se stesso, in quanto oggetto nel fenomeno, seguendo<br />

un principio formale <strong><strong>dell</strong>a</strong> congiunzione (Verbindung).<br />

La conseguenza che Kant trae da questa argomentazione è che le forme a priori<br />

<strong>dell</strong>’intuizione non sono solamente lo spazio e il tempo, ma anche il risultato <strong>dell</strong>’ordine<br />

(Stelle) dato <strong>nella</strong> forma <strong>dell</strong>’intuizione del neben und nach einander seyn in rapporto<br />

alla determinazione del tempo (Zeitbestimmung):<br />

Spatium, tempus, positus sind nicht Objekte der Anschauung sondern selbst<br />

Anschauungsformen die a priori synthetisch aus dem Erkenntnisvermögen hervorgehen 75<br />

.<br />

Ma che cosa significa allora che queste forme <strong>dell</strong>’intuizione discendono<br />

sinteticamente a priori dalla facoltà conoscitiva? Di questo si occupa il prossimo<br />

paragrafo, cercando di gettare luce sulla questione che concerne la possibilità per la<br />

quella <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica quantistica. Su questo specifico punto, cfr. H. Pringe, Critique of the Quantum Power<br />

of Judgement, Berlin 2007.<br />

74<br />

Opus postumum, KGS XXII, p. 44.<br />

75<br />

Opus postumum, KGS XXII, p. 69.<br />

31


concezione kantiana <strong>dell</strong>o spazio di concepirne non solo la <strong>natura</strong> intuitiva, ma anche di<br />

poterlo pensare nel suo legame alla sfera concettuale.<br />

1.3 Intuizioni formali e il ruolo <strong>dell</strong>’unità <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi<br />

A questo punto è necessario indicare da dove sorga la flessibilità <strong>dell</strong>o spazio e<br />

quali siano le conseguenze da trarre rispetto all’argomento principale di questo lavoro<br />

che indaga la <strong>natura</strong> del rapporto tra la metafisica, la matematica e la fisica. Ciò<br />

significa che è possibile determinare le relazioni del molteplice <strong>dell</strong>’intuizione in forme<br />

spazio-temporali flessibili, perché soggette alla spontanea attività sintetica <strong>dell</strong>’intelletto<br />

e, come si vedrà nel prossimo capitolo, alla diversa combinazione e applicazione <strong>dell</strong>e<br />

funzioni algebriche sullo spazio geometrico.<br />

Le pagine <strong>dell</strong>’Opus postumum, che riguardano “una forma <strong>dell</strong>’intuizione”,<br />

quella di Stelle o positus, oltre allo spazio e al tempo, sono da ascriversi alla particolare<br />

concezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e <strong>dell</strong>e sue forze motrici. L’uso da parte di Kant del termine<br />

positus è confermato in un cospicuo numero di luoghi <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua produzione. Con molta<br />

probabilità il termine è stato mutuato dalla metafisica di Baumgarten.<br />

Proprio <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica di quest’ultimo Kant si serviva per tenere le sue lezioni.<br />

Nelle pagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> Metaphysica di Baumgarten, precisamente <strong>nella</strong> sezione che riguarda<br />

l’ontologia, si legge:<br />

Respectus entis ex coniunctione eius cum aliis determinatus est positus (Stelle). Ubi<br />

ergo positus, ibi leges. 76<br />

La relazione di un ente determinata dalla sua congiunzione ad un altro è positus,<br />

cioè è una localizzazione posta secondo una regola, in quanto dovunque vi sia una<br />

determinazione, secondo Baumgarten, c’è una legge. Inoltre, se questo ordine implica<br />

una o più relazioni (Verhältnisse), allora si ha un ordine composto (Zusammengesetzte<br />

Ordnung), 77<br />

che risponde alle determinazioni di interno ed esterno:<br />

DETERMINATIONES possibilis aut sunt in eo repraesentabiles, etiamsi nondum<br />

spectetur in nexu, ABSOLUTAE, aut tunc demum, quando spectatur in nexu, §. 10,<br />

RESPECTIVAE (assumptivae). Determinationes possibilium respectivae sunt RESPECTUS<br />

(habitudines, τα προς τι, relationes latius dictae, vel ad extra, vel ad intra). Respectus<br />

possibilium in iisdeni in se spectatis non repraesentabiles sunt RELATIONES (strictius dictae,<br />

76 A. G. Baumgarten, Metaphysica, Halle 1757; in KGS XIV, XV, XVII, §85.<br />

77 Cfr. Baumgarten, Metaphysica, §§ 37; 83-84.<br />

32


ad extra). Relationes possibilium sunt eorundem DETERMINATIONES EXTERNAE<br />

(relativae, ad extra, extrinsecae), reliquae omnes, INTERNAE. 78<br />

Baumgarten sostiene inoltre che l’ordine può essere composto laddove le regole<br />

che lo determinano siano molteplici:<br />

Ordinis si regula fuerit unica, SIMPLEX, si plures, ORDO COMPOSITUS vocatur. 79<br />

Nel caso del concetto di positus, Kant ha chiaramente ripreso un concetto <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

tradizione metafisica e lo ha trasposto sul piano <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia trascendentale:<br />

Substantia composita non potest exsistere, nisi ut complexus substantiarum aliarum<br />

extra se invicem positarum, §. 232, 155, certoque modo compositarum, §. 226. Ergo non potest<br />

exsistere, nisi ut determinatio aliorum, §. 36, 38. Ergo est accidens, §. 191, et, si videtur per se<br />

subsistere, ipsique vis tribuitur, est phaenomenon substantiatum, §. 193, 201. 80<br />

Se l’ordine, di cui parla Baumgarten, è anche per Kant riferito a Stelle, ovvero al<br />

neben und nach einander seyn, può essere compreso facilmente che esso può seguire la<br />

regola del suo ordinamento e tale regola è fornita da un principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi soggettiva<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione (Zusammenstellung):<br />

Si multa iuxta vel post se invicemjpormntur, CONIUNGUNTUR. Coniunctio plurium<br />

vel est eadem, vel diversa, §. 10, 38. Si prior, est COORDINATIO, et eius identitas ORDO.<br />

Ordinis scientia olim erat MUSICA LATIUS DICTA. 81<br />

Non deve stupire perciò la straordinaria vicinanza <strong><strong>dell</strong>a</strong> definizione <strong>dell</strong>o spazio<br />

e del tempo di Baumgarten con quella di Kant. Nella Metaphysica, infatti, compaiono le<br />

seguenti definizioni che svelano l’importanza del legame tra essi e il concetto di ordine<br />

e di positus:<br />

Ordo simultaneorum extra se invicem positorum est SPATIUM, successivorum<br />

TEMPUS. 82<br />

Positis siinultaneis extra se, ponitur spatium. Posito spatio extra se invicem ponuntur<br />

simultanea. Positis successivis, ponitur tempus, et posito tempore ponuntur. 83<br />

78 Baumgarten, Metaphysica, §37.<br />

79 Baumgarten, Metaphysica, §88.<br />

80 Baumgarten, Metaphysica, §233.<br />

81 Baumgarten, Metaphysica, §78.<br />

82 Baumgarten, Metaphysica, §239.<br />

83 Baumgarten, Metaphysica, §240.<br />

33


Che le proprietà <strong>dell</strong>o spazio, rappresentato oggettivamente come intuizione<br />

formale, siano flessibili, dipende dalla regola <strong>dell</strong>’ordine: nel caso di uno spazio<br />

euclideo, ad esempio, questa regola può determinare le proprietà <strong><strong>dell</strong>a</strong> tridimensionalità<br />

in vista <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità per il molteplice <strong>dell</strong>’intuizione di essere connesso alla<br />

co<strong>scienza</strong> empirica <strong>nella</strong> percezione. Allora la regola di quest’ordine, e quest’ordine<br />

stesso, forniscono il risultato di Gestalten e Reihen nelle tre dimensioni <strong>dell</strong>o spazio in<br />

vista <strong>dell</strong>’esperienza e come un che già dato a priori, di cui è infatti possibile una<br />

esposizione metafisica.<br />

La questione più rilevante riguarda, però, il caso in cui si cambiasse la regola<br />

che determina l’ordine <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi soggettiva <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione (Zusammenstellung).<br />

Nel caso di una diversa determinazione <strong>dell</strong>’ordine <strong><strong>dell</strong>a</strong> relazione tra le parti e <strong>dell</strong>e<br />

proprietà <strong>dell</strong>o spazio e del tempo, vi sarebbe una diversa determinazione di Gestalten e<br />

Reihen, un numero diverso <strong>dell</strong>e dimensioni <strong>dell</strong>o spazio, più in generale, una diversa<br />

determinazione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo come intuizioni formali. Questa è la condizione<br />

a partire dalla quale si può arrivare per Kant a concepire uno spazio a n dimensioni,<br />

senza dover rinunciare ad una fondazione <strong>dell</strong>e sue condizioni di possibilità a parte<br />

priori. 84<br />

L’argomentazione procede dall’assunto che, se spazio e tempo sono<br />

rappresentazioni singolari, non abbiamo a che fare con spazi e tempi, ma solo con lo<br />

spazio e il tempo. Dal fatto che abbiamo a che fare solamente con l’ordine di un neben<br />

und nach einander seyn <strong>dell</strong>e loro parti, Kant può arrivare alla conclusione che<br />

“Gestalten und Reihen die immer fortschreitend sind subjektiv in der<br />

85<br />

Zeitbestimmung”. Questo passo conferma che, sebbene Kant parli di una dimensione<br />

sempre spazio-temporale in cui si danno gli oggetti nel fenomeno, è pur sempre lasciata<br />

aperta la strada alla fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> costruzione di figure e serie<br />

infinite. Queste ultime, sebbene non si diano direttamente nel fenomeno, devono poter<br />

essere pensate dalla filosofia e poter essere costruite <strong>nella</strong> matematica, cioè devono<br />

poter essere esibite nell’intuizione a priori secondo la determinazione del tempo. Come<br />

si è messo in luce nel paragrafo precedente, c’è bisogno di un’attività sintetica unitaria<br />

di determinazione <strong>dell</strong>o spazio-tempo ed è indubbio che ciò avvenga in particolare con<br />

l’applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> quantità (Größe) come regola alle forme <strong>dell</strong>’intuizione, le quali<br />

diventano insieme alla co<strong>scienza</strong> oggetto di tale sintesi e contengono in se stessi un<br />

84<br />

Cfr. KrV, A25/B39.<br />

85<br />

I. Kant, Opus postumum, KGS XXII, p. 517.<br />

34


principio di unità, diventando rappresentabili come oggetti, ovvero diventando<br />

intuizioni formali.<br />

Non ci possono essere, infatti, spazio e tempo senza una Handlung che è la<br />

sintesi <strong>dell</strong>’aggregazione già introdotta nell’Estetica trascendentale.<br />

A questo punto si tratta di stabilire se la sintesi operata sulle forme<br />

<strong>dell</strong>’intuizione di spazio e di tempo, capace di renderle intuizioni formali, sia<br />

semplicemente la sintesi trascendentale <strong>dell</strong>’immaginazione. Si deve porre attenzione al<br />

fatto che la sintesi intellettuale vera e propria (synthesis intellectualis), come qualsiasi<br />

altra Verbindung <strong>dell</strong>’intelletto, è data insieme con le intuizioni formali, in modo che lo<br />

spazio e il tempo possono essere soggetti alla sintesi <strong>dell</strong>’aggregazione<br />

(Zusammenfassung), cioè ad una sintesi quantitativa.<br />

Tuttavia, dal momento che le categorie hanno un uso empirico e un significato<br />

trascendentale, se c’è un’applicazione di regole sulle intuizioni formali, queste seguono<br />

le funzioni logiche nei giudizi. Questo Kant lo stabilisce <strong>nella</strong> deduzione metafisica<br />

<strong>dell</strong>e categorie e in qualche modo lo prova <strong>nella</strong> deduzione trascendentale laddove<br />

spiega il paradosso del tempo. 86 In questa sede le categorie di unità e causa 87<br />

rispondenti rispettivamente alle funzioni logiche nei giudizi di quantità e relazione 88<br />

stanno a fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> rappresentazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> co<strong>scienza</strong> come<br />

unitaria e <strong>dell</strong>’autoaffezione del soggetto che può essere riguardato sotto un doppio<br />

rispetto, quello fenomenico e quello noumenico, cioè quello <strong>dell</strong>’eteronomia e quello<br />

<strong>dell</strong>’autonomia. 89<br />

Nel primo caso il soggetto è sia affetto dal molteplice empirico<br />

<strong>dell</strong>’intuizione sia a sua volta causa di un’affezione del molteplice stesso, dando luogo<br />

alla possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione; nel secondo caso, quello del punto di vista<br />

<strong>dell</strong>’autonomia, il soggetto si pone come causa <strong>dell</strong>’affezione di se stesso, motivo<br />

fondamentale per pensarsi <strong>nella</strong> determinazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua volontà libera dal punto di<br />

vista pratico.<br />

Ma c’è un’ulteriore prova del fatto che siano anche le funzioni logiche nei<br />

giudizi a fondare la possibilità di rappresentare lo spazio e il tempo oggettivamente,<br />

sebbene essi debbano essere visti come qualcosa di già dato dalla regola <strong>dell</strong>’ordine<br />

secondo rapporti reciproci fra le parti. Tale prova risiede <strong>nella</strong> definizione del concetto<br />

di oggetto in generale. Nell’attività spontanea <strong><strong>dell</strong>a</strong> riflessione è già presente la<br />

86 KrV, B162 nota.<br />

87 KrV, B162-163.<br />

88 KrV, B143.<br />

89 Si ricordi la nota citata nel paragrafo precedente sulla cognitio primaria e secundaria che sono alla base<br />

di questa distinzione di autonomia e eteronomia del soggetto.<br />

35


condizione di possibilità <strong>dell</strong>o spazio e del tempo come forme <strong>dell</strong>’intuizione, l’una del<br />

senso esterno e l’altra del senso interno, in vista <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong>dell</strong>’esperienza in<br />

generale.<br />

Ciò significa non solo che non vi è oggetto conoscibile senza spazio e tempo<br />

come forme <strong>dell</strong>’intuizione, ma soprattutto che non può esserci fondamento per<br />

rappresentarsi l’oggetto in rapporti di spazio-temporali senza le categorie e che neanche<br />

la rappresentazione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo come oggetti (intuizioni formali) può avere<br />

luogo senza un’attività sintetica <strong>dell</strong>’appercezione. 90<br />

La dimensione <strong>dell</strong>’oggetto in generale è comunque non ancora quella<br />

<strong>dell</strong>’esperienza fenomenica, sebbene sia in vista di essa. Pertanto, da un punto di vista<br />

metafisico, deve esserci una fondazione a priori <strong>dell</strong>o spazio e del tempo, grazie al<br />

principio <strong>dell</strong>’unità sintetica <strong>dell</strong>’appercezione, prima di qualsiasi sintesi<br />

<strong>dell</strong>’apprensione riferita ad un molteplice empirico dato nell’intuizione.<br />

Lo spazio come intuizione formale fornisce l’unità <strong><strong>dell</strong>a</strong> rappresentazione grazie<br />

alla previa sintesi <strong>dell</strong>’aggregazione (Zusammenfassung) del molteplice come quantum<br />

compiuta in una rappresentazione intuitiva. Ora, come Kant precisa in una nota <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura, lo spazio e il tempo come intuizioni formali forniscono<br />

l’unità <strong><strong>dell</strong>a</strong> rappresentazione, ma per poter essere dati per la prima volta come<br />

intuizioni presuppongono una sintesi <strong>dell</strong>’intelletto da cui discendono per la prima volta<br />

“tutti i concetti di spazio e tempo”:<br />

Lo spazio rappresentato in quanto oggetto (come realmente si richiede in geometria),<br />

contiene di più che la semplice forma <strong>dell</strong>’intuizione, cioè contiene la comprensione del datum<br />

molteplice, fornito secondo la forma <strong><strong>dell</strong>a</strong> sensibilità, in una rappresentazione intuitiva, cosicché<br />

la forma <strong>dell</strong>’intuizione da soltanto il molteplice, mentre l’intuizione formale fornisce l’unità<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> rappresentazione. Nell’Estetica, avevo attribuito quest’unità semplicemente alla<br />

sensibilità, col solo scopo di far osservare che essa precede ogni concetto, sebbene presupponga<br />

una sintesi, la quale non appartiene ai sensi, ma mediante la quale tutti i concetti di spazio e<br />

tempo risultano per la prima volta possibili. In effetti, dato che mediante tale sintesi (quando<br />

l’intelletto determina la sensibilità) il tempo e lo spazio vengono per la prima volta dati come<br />

intuizioni, allora l’unità di questa intuizione a priori appartiene allo spazio e al tempo, non già<br />

al concetto <strong>dell</strong>’intelletto (§24). 91<br />

In questo modo lo spazio prima di essere forma <strong>dell</strong>’intuizione che contiene in sé<br />

un molteplice, deve essere dato a priori con (mit) l’unità <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi, ovvero con una<br />

90 Cfr. KrV, B162 nota. Cfr. A149/B188-189, dove Kant lega la costituzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova <strong>dell</strong>e<br />

proposizioni fondamentali <strong>dell</strong>’intelletto da trarre dalle fonti soggettive <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità di una<br />

conoscenza di un oggetto in generale.<br />

91 KrV, B160-161.<br />

36


congiunzione (Verbindung). Infatti, è bene sottolineare che spazio e tempo sono “bloß<br />

in der Vorstellung (bloß subjektiv) gegebene Einzelne”, 92 ovvero essi sono intuizioni<br />

pure <strong>dell</strong>’oggetto, ma anche il formale <strong>dell</strong>’intuizione come rappresentazione unica (vi è<br />

un solo spazio e un solo tempo). In secondo luogo, che il dabile (oggetto) abbia luogo<br />

nell’intuizione è una condizione determinata completamente a priori. 93<br />

Sulla base <strong><strong>dell</strong>a</strong> definizione di spazio e tempo come intuizioni formali, Kant<br />

potrà stabilire, in epoca tarda, il seguente assioma, per l’unificazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica e<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia in vista <strong>dell</strong>’unità collettiva <strong>dell</strong>’esperienza:<br />

Es ist Ein Raum und Eine Zeit mithin als unendlich vorgestellt: aus welchen die<br />

Theoremen und Problemen a priori für Gegenstande der Anschauung in der Mathematik und im<br />

qualitativen Verhältnis für die Philosophie hervorgehen. 94<br />

Il Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica, come<br />

sistema, non ha a che fare con un oggetto d’esperienza o una cosa ipotetica, bensì con<br />

l’universalità collettiva, secondo principi a priori del dominio soggettivo, come il tutto<br />

<strong>dell</strong>e percezioni <strong>dell</strong>e forze motrici, e di quello oggettivo, 95<br />

motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, in vista <strong>dell</strong>’esperienza:<br />

come il tutto <strong>dell</strong>e forze<br />

Wie können wir aber a priori ein System empirischer Erkenntnisse verlangen welches<br />

selbst nicht empirisch ist noch sein kann? Die diskursive Allgemeinheit (Einheit in Vielem) ist<br />

von der intuitiven (Vieles in Einem) zu unterscheiden. Die letztere ist ein Act des<br />

Zusammensetzens und kollektiv jene des Auffassens und distributiv Axiomen der Anschauung<br />

gehen vor der Antizipation vorher welche die Basis der Wahrnehmungen ausmacht. 96<br />

92 Opus postumum, KGS XXII, p. 101.<br />

93 Opus postumum, KGS XXII, p. 101. Si veda in particolar modo come viene elaborata in queste pagine<br />

la doppia relazione tra l’appercezione e lo spazio-tempo, sia analiticamente che sinteticamente. Quanto<br />

affermato era già presente <strong>nella</strong> KrV nelle pagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> Deduzione trascendentale in KrV, B160-162.<br />

94 Opus postumum, KGS XXII, p. 101.<br />

95 Cfr. G. Lehmann, Ganzheitsbegriff und Weltidee in Kants Opus postumum, in Kant-Studien, 41, 1936,<br />

pp. 307–330, in particolare p. 323. Se non vi fosse la riunione in un sistema di soggettivo ed oggettivo,<br />

non sarebbe possibile un’applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica alla fisica e la trattazione di problemi matematici<br />

da parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia, in sostanza per Kant non sarebbe possibile un’interazione tra filosofia e fisica. Il<br />

tutto <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia può essere trattato oggettivamente solo quantitativamente e proprio<br />

solamente sotto questo aspetto è possibile una considerazione meccanica <strong>dell</strong>e leggi del movimento <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia a cui può venir applicata la matematica.<br />

96 Opus postumum, KGS XXII, p. 342. Questo passo assume rilevanza soprattutto nelle sue conseguenze,<br />

secondo cui se non si rendesse sensibile quanto al formale (mai quanto al materiale) lo spazio, cioè se non<br />

si determinasse secondo il fenomeno lo spazio sia dabile che cogitabile, il passaggio alla fisica sarebbe<br />

impossibile.<br />

37


Ciò significa che il sistema kantiano comprende principi sintetici a priori per la<br />

fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica, mediante una particolare determinazione di un punto di vista<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione, quello <strong>dell</strong>’universalità collettiva <strong>dell</strong>’esperienza. 97<br />

D’altra parte, però, è proprio grazie al mantenimento <strong>dell</strong>’idealismo<br />

trascendentale che si pone la condizione per la realizzazione <strong>dell</strong>’universalità collettiva,<br />

senza che la ragione cada in fallaciae o nel dogmatismo metafisico contrastato <strong>nella</strong><br />

Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura.<br />

L’idealismo trascendentale di spazio e tempo si configura quindi come chiave di<br />

volta per la definizione di uno statuto differente <strong><strong>dell</strong>a</strong> realtà oggettiva rispetto alla<br />

metafisica tedesca tradizionale. Proprio perché lo spazio e il tempo possono essere<br />

rappresentati oggettivamente e sono soggetti alla sintesi, allora possono essere trattati<br />

nel fenomeno o come cosa in sé. Solo come forma <strong>dell</strong>’intuizione e intuizione formale<br />

nel fenomeno essi sono reali, cioè hanno realtà oggettiva in senso trascendentale. 98<br />

Ciò<br />

accade proprio per via <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> stessa <strong>dell</strong>o spazio e del tempo come intuizioni, che<br />

sono rappresentazioni singolari, immediate, sempre completamente determinate e che<br />

ammettono la compresenza <strong>dell</strong>e loro parti ad infinitum, nel caso <strong>dell</strong>o spazio secondo<br />

tre dimensioni, nel caso del tempo in una dimensione.<br />

***<br />

La doppia determinazione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo come forme <strong>dell</strong>’intuizione e<br />

intuizioni formali concerne le condizioni di possibilità di porre l’oggetto (Gegenstand)<br />

fuori del soggetto. Si possono riassumere i risultati ottenuti come segue:<br />

Spazio, tempo e positus sono forme <strong>dell</strong>’intuizione. Attraverso l’attività<br />

spontanea e unificante <strong>dell</strong>’intelletto che opera su di essi o con essi, secondo una regola,<br />

si ottiene una Zusammenstellung, una sintesi unitaria soggettiva del molteplice<br />

97 Cfr. I. Kant, Prolegomena, KGS IV, p. 328; trad. it., Prolegomeni ad ogni futura metafisica che potrà<br />

presentarsi come <strong>scienza</strong>, a cura di P. Carabellese, introduzione di H. Hohenegger, Roma-Bari, Laterza<br />

1996, p. 171.<br />

98 E’ curioso il fatto che spesso Kant sia stato criticato per aver dato una connotazione soggettiva alle<br />

forme <strong>dell</strong>o spazio e del tempo. Il punto è che non si è saputo distinguere il piano <strong>dell</strong>’esistenza da quello<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> realtà. Infatti, che spazio e tempo siano reali (ma non esistenti o conoscibili come cose in sé) sia<br />

come forme <strong>dell</strong>’intuizione (soggettivamente) che come intuizioni formali (oggettivamente) non<br />

indebolisce in alcun modo o non preclude la via alla geometrizzazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica, in particolare <strong>nella</strong><br />

meccanica classica.<br />

38


<strong>dell</strong>’intuizione. Si hanno così almeno tre possibili rapporti <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi con lo spazio e il<br />

tempo:<br />

1. <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi che si attua con lo spazio e il tempo (sintesi <strong>dell</strong>’intelletto);<br />

2. <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi che si attua sullo spazio e il tempo (sintesi <strong>dell</strong>’immaginazione).<br />

3. <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi che si attua nello spazio e nel tempo.<br />

Nel primo caso spazio e tempo sono determinati come funzioni dinamiche di<br />

orientamento, cioè come ciò che è connesso all’unità <strong><strong>dell</strong>a</strong> congiunzione (Verbindung),<br />

mentre nel terzo caso come forme <strong>dell</strong>’intuizione che permette che sia dato un<br />

molteplice da sottoporre ad una congiunzione (Verbindung). Il secondo caso si riferisce<br />

alla possibilità di rappresentare oggettivamente spazio e tempo <strong>nella</strong> matematica.<br />

L’unità oggettiva <strong><strong>dell</strong>a</strong> Zusammenstellung deve trovarsi in un elemento<br />

superiore, quello <strong>dell</strong>’attività sintetica <strong><strong>dell</strong>a</strong> Zusammensetzung, come sintesi<br />

<strong>dell</strong>’omogeneo del molteplice <strong>dell</strong>’intuizione, secondo regole che corrispondono alle<br />

funzioni logiche nei giudizi di quantità e qualità, così che spazio e tempo siano<br />

rappresentabili come quantità discrete o continue. L’attività <strong><strong>dell</strong>a</strong> Zusammensetzung e<br />

quella <strong><strong>dell</strong>a</strong> Verknüpfung costituiscono il cuore <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

Verbindung, cioè <strong><strong>dell</strong>a</strong> congiunzione del molteplice <strong>dell</strong>’intuizione necessario per la<br />

fondazione dei principi <strong>dell</strong>’intelletto puro, dunque per la formulazione di giudizi<br />

sintetici a priori in vista <strong>dell</strong>’esperienza possibile.<br />

Pertanto è corretto dire che gli assiomi <strong>dell</strong>’intuizione e le anticipazioni <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

percezione sono evidentemente anche principi fondamentali per la possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

matematica, ma non solo non le appartengono, non sono neanche in grado di esaurire la<br />

mathesis (geometria, aritmetica e algebra). Quest’ultima, evidentemente, vista la <strong>natura</strong><br />

flessibile <strong>dell</strong>o spazio concepita da Kant, è in grado di evolvere e progredire nel numero<br />

dei suoi principi secondo leggi che le sono proprie e che appartengono alle proprietà<br />

fondamentali <strong>dell</strong>o spazio e del tempo, come la forma, la figura, la serie o la durata, e<br />

alle diverse determinazioni di esse che sintesi progressive secondo quantità e qualità<br />

possono produrre.<br />

È in questo senso forte che si può comprendere pienamente che cosa intenda<br />

Kant con il definire lo spazio e il tempo come determinabilis e determinantes e come,<br />

nel dominio <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica, vi siano principi propri <strong>dell</strong>’ordine <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi che<br />

possono dare vita a diverse configurazioni <strong>dell</strong>o spazio-tempo. Sebbene Kant non sia in<br />

39


alcun modo il fautore o l’anticipatore di geometrie non euclidee, si pose senz’altro il<br />

problema <strong><strong>dell</strong>a</strong> risoluzione dei paradossi o <strong>dell</strong>e aporie <strong><strong>dell</strong>a</strong> geometria euclidea. 99<br />

La configurazione flessibile <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione <strong>dell</strong>o spazio di Kant è una risposta<br />

a questi problemi, perché è in grado di lasciare aperta la strada di molteplici e differenti<br />

determinazioni <strong>dell</strong>o spazio, affidando ai matematici il compito di ritrovarle e<br />

teorizzarle. La concezione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo di Kant è compatibile con la<br />

geometria euclidea, ma rende possibile la sua coesistenza con altri tipi di prove<br />

matematiche e configurazioni <strong>dell</strong>o spazio, come si evince dal seguente Loses Blatt:<br />

Wie der Satz: wenn 2 parallel-Linien von einer dritten durchschnitten werden etc. etc.,<br />

durch eine philosophische Vorstellungsart durch Begriffe mit Vorbeigehung der Construction<br />

völlig strenge, aber doch nicht euclideisch bewiesen werden könne. 100<br />

Questo passaggio confuta una <strong>dell</strong>e più note asserzioni di R. Carnap, secondo<br />

cui Kant, come del resto fecero molti matematici <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua epoca, suppose la<br />

derivazione <strong>dell</strong>’assioma <strong>dell</strong>e parallele dagli altri postulati basati su un appello<br />

all’intuizione. 101 L’argomento che qui si sostiene contro la tesi di Carnap consiste nel<br />

mostrare come la concezione kantiana <strong>dell</strong>o spazio non sia fondata necessariamente su<br />

una considerazione percettiva degli oggetti <strong>dell</strong>’intuizione, sebbene possa essere ad essa<br />

riferita: la tridimensionalità <strong>dell</strong>o spazio è una <strong>dell</strong>e possibili proprietà di esso,<br />

compatibile con l’idealismo trascendentale, ma non l’unica. Secondo il passo citato,<br />

infatti, una geometria non euclidea e i suoi oggetti sarebbero pensabili e dovrebbero<br />

essere rappresentati qualitativamente, procedendo dai concetti alle intuizioni, cioè<br />

discorsivamente. 102<br />

Kant giunge a questa conclusione, anche a seguito <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua riflessione<br />

sull’algebra, secondo cui:<br />

Die allgemeine Arithmetik (Algebra) ist eine der maßen sich erweiternde Wissenschaft,<br />

dass man keine der Vernunftwissenschaften nennen kann, die es ihr hierin gleich täte, sogar,<br />

dass die übrige Theile der reinen Mathesis ihren Wachsthum größtenteils von der Erweiterung<br />

jener allgemeinen Größenlehre erwarten. Bestände diese nun aus bloß analytischen Urteilen , so<br />

wäre wenigstens die Definition der letzteren unrichtig, dass sie bloß erläuternde Urteile wären<br />

99<br />

Cfr. Jammer (1993), pp. 145-147 per un quadro sintetico del sorgere <strong>dell</strong>e geometrie non euclidee e<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> loro ricaduta sullo spazio-tempo fisico distinto da quello geometrico.<br />

100<br />

I. Kant, Loses Blatt, KGS XIV, p. 52 (1800).<br />

101<br />

Cfr. R. Carnap, Philosophical Foundations of Physics, New York/London 1966, p. 126.<br />

102<br />

Cfr. G. Brittan, Kant’s philosophy of mathematics, in G.Bird (a cura di), A companion to Kant, Oxford<br />

2006, pp. 222-35. In particolare p. 233.<br />

40


und denn wäre es ein wichtiges, schwer zu beantwortendes Problem: Wie ist Erweiterung des<br />

Erkenntnisse durch bloß analytische Urteile möglich. 103<br />

La seconda parte di questo passo indica chiaramente che Kant abbia negato<br />

all’algebra lo statuto di <strong>scienza</strong> costituita da puri giudizi analitici. Tuttavia, questo<br />

mostra come Kant abbia ammesso che una buona parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica possa essere<br />

costituita anche da giudizi analitici. La critica che Kant compie nei confronti del<br />

concetto di spazio assoluto e la posizione secondo cui lo spazio non può essere oggetto<br />

di esperienza diretta fa sì che, nell’alveo <strong>dell</strong>’idealismo trascendentale, questo assurga al<br />

ruolo di una funzione dinamica. 104<br />

Da un punto di vista matematico, invece, l’algebra, come <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> misura<br />

capace di espandersi, si trasforma nello strumento atto a determinare indefinitamente il<br />

105<br />

numero <strong>dell</strong>e dimensioni <strong>dell</strong>o spazio attraverso la sintesi <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione. Come<br />

si è cercato di mostrare, l’ordine <strong>dell</strong>o spazio e del tempo come forme <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

composizione (Zusammenstellung) determina a priori l’intuizione, secondo particolari<br />

relazioni di coordinazione e subordinazione tra le loro parti. Alcuni interpreti di questo<br />

aspetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia kantiana, tra cui D. Sutherland e M. Friedman, hanno visto qui<br />

un’influenza esercitata dalle proporzioni di Eudosso e dalla geometria algebrica<br />

euclidea. Tuttavia, questo aspetto relazionale <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione kantiana <strong>dell</strong>o spazio e<br />

del tempo sembra costituire più verosimilmente una continuità con la tradizione<br />

che certamente teneva presente aspetti rivisitati <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria eudossiana.<br />

Kant diede un taglio originale alla concezione tradizionale <strong>dell</strong>o spazio e del<br />

tempo <strong>nella</strong> misura in cui combinò la doppia connotazione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo<br />

come quantità estensive (secondo quantità) ed intensive (secondo qualità). Su questo<br />

leibniziana, 106<br />

punto è opportuno accettare, in prima istanza, la tesi di Sutherland che pone l’accento<br />

sull’importanza <strong>dell</strong>e proprietà matematiche fondamentali <strong>dell</strong>e grandezze fondate sulla<br />

107<br />

composizione, sulla relazione tutto-parti e sull’eguaglianza. In secondo luogo, è<br />

interessante la relazione che Sutherland vede tra questi principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria <strong>dell</strong>e<br />

proporzioni e la visione kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> geometria, <strong>dell</strong>’aritmetica e <strong>dell</strong>’algebra.<br />

103<br />

Lettera a Schultz (1788), Briefwechsel, KGS X, p. 554.<br />

104<br />

Cfr. Opus postumum, KGS XXII, pp. 435; 532-533.<br />

105<br />

Cfr. D. Sutherland Kant on Arithmetic, Algebra, and the Theory of Proportions.<br />

Journal of the History of Philosophy, 44, 4, 2006, pp. 533-58, in particolare, p. 549.<br />

106<br />

Come sottolinea anche Sutherland molti contemporanei di Leibniz, ma anche suoi successori come<br />

Wolff, riconsiderarono l’algebra in rapporto alla geometria. Cfr. Sutherland (2006), pp. 550-551; cfr. D.<br />

Sutherland, Kant on Fundamental Geometrical Relations, Archiv für Geschichte der Philosophie, 87,<br />

2005, pp. 117-58, in particolare, p. 118; 128 segg.<br />

107<br />

Cfr. Sutherland (2006), p. 538.<br />

41


Il punto che, però, segna un distacco dall’interpretazione di Sutherland concerne<br />

l’origine di queste proporzioni chiave e il modo in cui Kant fonda su di esse non solo<br />

principi matematici, ma anche quelli filosofici. L’origine di queste proporzioni risiede<br />

nell’attività sintetica del soggetto, nell’influenza che l’intelletto esercita sulla sensibilità.<br />

Se si considera ancora la distinzione tra intuizione formale e forma <strong>dell</strong>’intuizione,<br />

risulta chiaro il ruolo di primo piano giocato dalla sintesi: l’intuizione formale realizza<br />

in concreto la possibilità per il molteplice di essere immediatamente riferito a all’unità<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> co<strong>scienza</strong>, determinata nel tempo, secondo un ordine composto (neben und nach<br />

einander seyn) <strong><strong>dell</strong>a</strong> costruzione, ovvero uno schema, ad esempio quello di numero.<br />

D’altra parte, lo spazio e il tempo, come forme <strong>dell</strong>’intuizione, rendono possibile<br />

in generale l’unità del molteplice procedendo per concetti, cioè la sintesi<br />

<strong>dell</strong>’omogeneo, secondo quantità e qualità. 108 Ma come anche Sutherland riconosce, le<br />

categorie di quantità sono usate per riconoscere relazioni tra il tutto e le parti, 109<br />

sebbene non le producano affatto. Queste relazioni, piuttosto, sono prodotte da una<br />

sintesi che soggiace sia alla costruzione dei concetti in matematica, come anche al<br />

procedere discorsivo per concetti, alla filosofia. Come si è cercato di mostrare nei §§ 1.1<br />

e 1.2, questo ambito che soggiace all’esperienza in generale 1) concerne l’origine <strong>dell</strong>e<br />

forme <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi <strong>dell</strong>’intelletto in relazione allo spazio e al tempo; 2) può definire<br />

l’oggetto = X, cioè l’oggetto in generale. 110<br />

Questa dimensione trascendentale non è quella <strong><strong>dell</strong>a</strong> logica generale, sebbene<br />

essa presupponga il suo dominio come canone per la filosofia, bensì comprende<br />

l’applicazione <strong>dell</strong>e funzioni nei giudizi alle forme, cioè alle condizioni di possibilità<br />

<strong>dell</strong>’esperienza. Questa dimensione di un’attività sintetica e spontanea che rende<br />

“flessibile” lo spazio, mo<strong><strong>dell</strong>a</strong>ndolo, soggiace anche alla costruzione matematica e,<br />

come il prossimo capitolo cerca di mostrare, è posta, grazie all’impiego <strong>dell</strong>’algebra,<br />

alla base <strong><strong>dell</strong>a</strong> configurazione sia <strong>dell</strong>o spazio geometrico che di quello fisico.<br />

108<br />

Il riferimento qui è agli Assiomi <strong>dell</strong>’intuizione e alle Anticipazioni <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione.<br />

109<br />

Cfr. Sutherland (2005), p. 152.<br />

110<br />

Cfr. Brittan Kant’s philosophy of mathematics, in A companion to Kant, a cura di G. Bird, Oxford<br />

2006, pp. 222-35. In particolare, p. 231. Inoltre sull’oggetto in generale e sulla sua determinazione, cfr.<br />

Sutherland (2005), p. 117; cfr. KrV, B202.; A163/B204.<br />

42


CAPITOLO II<br />

L’APPLICAZIONE DELLA MATEMATICA PER IL PASSAGGIO<br />

Premessa<br />

ALLA FISICA<br />

Nel capitolo I si è voluta anticipare la trattazione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo<br />

secondo l’idealismo trascendentale, per rendere perspicua la trattazione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

costruzione del movimento nell’opera Metaphysischen Anfangsgründe der<br />

Naturwissenschaft del 1786. Nel corso <strong>dell</strong>’analisi di questo secondo capitolo, emerge,<br />

in primo luogo, la possibilità per l’idealismo trascendentale di ammettere l’algebra<br />

lineare per la costituzione di spazi vettoriali di cui si serve la meccanica classica. In<br />

secondo luogo, viene posta attenzione alla definizione <strong>dell</strong>o spazio fisico kantiano,<br />

paragonandolo a quello geometrico, al fine di mostrare come non vi sia una perfetta<br />

corrispondenza tra spazio geometrico e spazio fisico, ma anche come possa essere<br />

distinto uno spazio comune alla geometria e alla meccanica. Per Kant non è possibile,<br />

però, una riduzione <strong>dell</strong>o spazio fisico, inteso in termini dinamici, a una pura<br />

rappresentazione geometrica di esso.<br />

Nell’opera del 1786 l’assunzione <strong>dell</strong>’idealismo trascendentale è quanto mai<br />

necessaria non solo per la distinzione tra moto relativo e assoluto, tra attrazione<br />

43


universale e parziale, ma è anche il fondamento per l’applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica alla<br />

<strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>.<br />

Queste osservazioni permettono anche di gettare una luce sull’Opus postumum,<br />

in quanto chiariscono la concezione di uno spazio relativo e funzionale alla dinamica, su<br />

cui Kant intende fondare la trattazione meccanica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e <strong>dell</strong>e sue forze,<br />

definendo lo spazio assoluto come un’idea <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione. 1<br />

Dopo aver preso in esame la concezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica che Kant traccia <strong>nella</strong><br />

Prefazione all’opera del 1786, si procede alla trattazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> costruzione del<br />

movimento <strong>nella</strong> metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, prendendo in esame le sezioni <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

Foronomia e <strong><strong>dell</strong>a</strong> Fenomenologia. Nel §2.4 si discutono alcune <strong>dell</strong>e tesi fondamentali<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> letteratura critica, come quelle di B. Tuschling e M. Friedman, che hanno visto un<br />

elemento fondamentale per la comprensione <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia kantiana <strong>nella</strong><br />

chiarificazione del legame tra i Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> e il<br />

progetto del Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica.<br />

Tra gli obiettivi di questo capitolo c’è quello di mostrare come nel Passaggio dai<br />

principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica rimanga sì la compresenza <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

trattazione foronomica e fenomenologica del movimento, come afferma Friedman, ma<br />

si apra anche il panorama per una diversa e nuova definizione di fenomeni chimici,<br />

legati alla cristallizzazione o di quelli elettrici e magnetici, che, agli occhi di Kant,<br />

necessitavano di una fondazione <strong>dell</strong>e forze motrici derivative <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e di una<br />

teoria dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. Da questo punto di vista l’opera <strong>dell</strong>’86 non sembra<br />

costituire un fallimento, secondo quanto invece ha sostenuto B. Tuschling, 2<br />

ma la<br />

premessa di fondo che soggiace non solo alla trattazione del movimento, ma<br />

indirettamente anche a quella <strong>dell</strong>e forze fondamentali <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia secondo la<br />

meccanica classica.<br />

In sostanza senza i Metaphysischen Anfangsgründe der Naturwissenschaft non ci<br />

potrebbe essere un fondamento per l’applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica alla fisica.<br />

Quest’opera, dunque, assume il ruolo di un importante punto di passaggio, capace di<br />

1<br />

Di questo Kant tratta estesamente <strong>nella</strong> sezione Fenomenologia. Inoltre, a questo proposito, un<br />

paragrafo si incentra sull’analisi <strong>dell</strong>’impenetrabilità, che per Kant è il fenomeno fisico che meglio<br />

esprime la distinzione tra una concezione meccanica e una dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. Non mancano, però,<br />

esempi di questa distinzione proprio a fronte <strong><strong>dell</strong>a</strong> spiegazione dei fenomeni legati alla coesione,<br />

all’elettricità e al magnetismo. Sull’importanza del concetto kantiano di impenetrabilità, cfr. E. Watkins,<br />

Kant on extension and force: critical appropriations of Leibniz and Newton, in Between Leibniz, Newton<br />

and Kant. Philosophy of science in the Eighteenth century, a cura di W. Lefévre, Dordrecht 2001, pp.<br />

111-127.<br />

2<br />

B. Tuschling, Metaphysiche und transzendentale Dynamik in Kants Opus postumun, Berlin, Walter de<br />

Gruyter, 1971, pp. 60 segg.<br />

44


legare l’uso <strong>dell</strong>e funzioni logiche nei giudizi e l’idealismo trascendentale con l’ultima<br />

fase <strong><strong>dell</strong>a</strong> produzione kantiana, incentrata alla fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica come <strong>scienza</strong>.<br />

2.1 La Prefazione ai Metaphysische Anfangsgrunde der Naturwissenschaft: il<br />

ruolo <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica<br />

Sin dalle prime battute dei Metaphysischen Anfangsgründe der<br />

Naturwissenschaft, Kant stabilisce la relazione tra matematica e metafisica per la<br />

costituzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. E’ opportuno ora tracciare le premesse che Kant<br />

individua per raggiungere questo scopo.<br />

La prima osservazione da svolgere concerne il concetto di <strong>natura</strong> che Kant<br />

propone e che ha una serie di implicazioni <strong>epistemologiche</strong> di non poco conto. In prima<br />

istanza per Kant:<br />

La <strong>natura</strong>, d’altra parte viene considerata anche in senso materiale, non come una<br />

proprietà costitutiva, ma come il complesso di tutte le cose in quanto possono essere oggetto dei<br />

sensi – dunque anche <strong>dell</strong>’esperienza – con cui perciò si intende la totalità dei fenomeni, cioè il<br />

mondo sensibile, con l’esclusione di tutti gli oggetti non sensibili. 3<br />

È presente qui una posizione epistemologica secondo la quale non esiste una<br />

definizione univoca di <strong>natura</strong>. Quest’ultima può essere intesa in senso formale<br />

(formaliter) e materiale (materialiter). Nel caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> in senso materiale, Kant<br />

propone una visione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> come totalità dei fenomeni sia del senso esterno sia di<br />

quello interno, costituendo, così, una dottrina dei corpi e una <strong>dell</strong>’anima. 4<br />

La concezione kantiana di “<strong>natura</strong>” racchiude, dunque, in sé una duplicità di<br />

significato, ma soprattutto un’articolazione secondo la quale essa può essere definita<br />

attraverso l’indissolubile compresenza dei fenomeni del senso esterno e di quello<br />

interno: non si potrebbe dare <strong>natura</strong>, in senso materiale, senza considerare il soggetto<br />

pensante e senziente, da un lato, e gli oggetti <strong>dell</strong>’esperienza, dall’altro, riuniti in un<br />

sistema capace di svelare la possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> loro connessione.<br />

3 I. Kant, Metaphysische Anfangsgrunde der Naturwissenschaft, KGS IV (MAN); trad. it. P. Pecere (a<br />

cura di), Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, Milano 2003, p. 467. Accolgo qui la traduzione<br />

adottata da Pecere “Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>”, anziché “Primi principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>”.<br />

4 Proprio a partire da questa distinzione alcuni, tra cui D. Drivet, hanno prospettato un’interpretazione per<br />

la collocazione all’interno del sistema kantiano del Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong> alla fisica, che rappresenterebbe uno sviluppo <strong><strong>dell</strong>a</strong> parte dedicata alla Dottrina <strong>dell</strong>’anima. Cfr. D.<br />

Drivet, La genesi <strong>dell</strong>’Opus Postumum di Kant. Un dato filologico importante, in Studi Kantiani, XV,<br />

Pisa 2002, pp. 127-163. Per il momento si noti la congruenza con quanto si legge in Opus postumum,<br />

KGS XXI, p. 458.<br />

45


Questa sfida presenta una difficoltà: laddove si pensi la <strong>natura</strong> come totalità, si<br />

deve pensare anche l’intelligenza inserita in essa. Tuttavia, qualsiasi analisi del<br />

complesso di tutte le cose compiuta dalla ragione umana è pur sempre compresa entro la<br />

totalità stessa. Come si è anticipato nel capitolo precedente, a proposito <strong>dell</strong>’oggetto<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica, si pone qui un problema circa la possibilità di conoscere la <strong>natura</strong> e di poter<br />

dire qualcosa su di essa secondo giudizi sintetici a priori da parte del soggetto inserito<br />

entro un sistema di forze e nessi causali.<br />

A questa difficoltà Kant risponde con una divisione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> in<br />

una parte pura e in una empirica. La parte pura di essa corrisponde alla metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong> che viene delineata come <strong>scienza</strong> che procede a priori per giudizi analitici<br />

secondo leggi necessarie. 5<br />

Alla parte empirica è lasciato il compito di arricchire e di<br />

condurre indagini sulla <strong>natura</strong> puramente secondo leggi empiriche, che prendono in<br />

considerazione concetti empirici, in particolare quello di movimento, attraverso cui può<br />

essere data, sotto un certo rispetto, l’esibizione nell’intuizione del concetto <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>.<br />

In tal modo, in conformità alla concezione kantiana di sistema come un tutto<br />

che può accrescersi dall’interno, la <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> propriamente detta presuppone,<br />

dunque, una parte pura esposta senza alcuna mescolanza con quella empirica, così da<br />

poter determinare fino a che punto la ragione possa spingersi e dove cominci ad aver<br />

bisogno <strong>dell</strong>’aiuto di principi empirici.<br />

6<br />

Secondo Kant, infatti:<br />

La <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> che debba propriamente dirsi tale presuppone prima di tutto una<br />

metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>; infatti le leggi, cioè i principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> necessità di ciò che appartiene<br />

all’esistenza di una cosa, si occupano di un concetto che non si lascia costruire, perché<br />

l’esistenza non può essere rappresentata a priori in nessuna intuizione. 7<br />

Questa distinzione introduce una discriminante perché si dia <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong>: la presenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica <strong>nella</strong> sua costituzione. Quest’ultima supplisce alla<br />

mancanza <strong><strong>dell</strong>a</strong> costruzione diretta del concetto di materia in generale. La metafisica,<br />

grazie al processo divisorio e all’applicazione dei concetti di riflessione, accompagnata<br />

alla matematica, fornisce la base per la costruzione di un concetto di un oggetto le cui<br />

leggi necessarie <strong>dell</strong>e proprietà <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua esistenza procedono solo da concetti.<br />

5<br />

Cfr. Falkenburg (1987), p. 50: “Kant ist oft vorgeworfen worden, diese Konstruktion des<br />

Materiebegriffs sei nicht synthetisch, sondern analytisch, weil er aus der empirischen Beschaffenheit der<br />

Materie (z. B. ihrer Undurchdringlichkeit und Schwere) die entsprechenden begrifflichen Prädikate<br />

deduziere […]“.<br />

6<br />

Cfr. MAN, KGS IV, p. 469.<br />

7<br />

MAN, KGS IV, p. 469.<br />

46


Per distinguere il ruolo <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica, in prima istanza per via negativa, e per<br />

gettare luce su aspetti epistemologici presenti sia nei Metaphysische Anfangsgründe der<br />

Naturwissenschaft che nell’Opus postumum, è necessario chiarire se la filosofia<br />

kantiana consenta che la metafisica determini a priori concetti che sono rivolti<br />

all’esperienza, cioè che trovano applicazione a casi occorrenti nell’esperienza.<br />

La trattazione del problema epistemologico <strong>dell</strong>’esibizione del nesso o del<br />

passaggio dall’a priori all’empirico è un percorso obbligato nel quadro <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia di<br />

Kant, oltre che rappresentare un buon filo conduttore per affrontare le pagine<br />

manoscritte <strong>dell</strong>’Opus postumum.<br />

Nella Kritik der Urtheilskraft, i principi trascendentali vengono confrontati con i<br />

principi metafisici, i quali svelano una <strong>natura</strong> differente rispetto ai primi ed assumono<br />

una rilevanza sistematica nel pensiero kantiano:<br />

Un principio trascendentale è quel principio con il quale è rappresentata la condizione<br />

universale a priori sotto di cui, soltanto, le cose possono diventare oggetti <strong><strong>dell</strong>a</strong> nostra<br />

conoscenza in genere. Un principio si chiama invece metafisico, se esso rappresenta la<br />

condizione a priori sotto di cui, soltanto, possono essere ulteriormente determinati a priori<br />

oggetti il cui concetto deve essere dato empiricamente. 8<br />

Un particolare aspetto di questo problema investe la possibilità da parte <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

filosofia trascendentale di fondare una metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> capace, a sua volta, di una<br />

classificazione dei fenomeni e <strong>dell</strong>e leggi empiriche <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica.<br />

Se <strong>nella</strong> filosofia kantiana non si può parlare di una costruzione filosofica dei<br />

concetti vera e propria, non si può d’altra parte ignorare che, nel dominio per eccellenza<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione, cioè <strong>nella</strong> metafisica, vi sia un metodo di determinazione ed esibizione di<br />

un concetto dato in una intuizione a priori: nel caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> si<br />

ritrova l’intento di costruire il concetto di materia in generale (Materie überhaupt).<br />

Sebbene Kant, infatti, non abbia esplicitato una dottrina o un metodo per<br />

costruire filosoficamente il concetto di un oggetto in generale, la sua metafisica mostra<br />

come egli abbia voluto perseguire una esibizione <strong><strong>dell</strong>a</strong> forma del contenuto dei concetti,<br />

come quello <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, attraverso la costruzione del movimento, nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, o quello di diritto nell’alveo <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica dei costumi.<br />

La costruzione metafisica del concetto di materia in generale costituisce la pietra<br />

<strong>dell</strong>o scandalo <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia critica laddove è proprio il procedere discorsivo <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

8 Cfr. KdU , KGS V, p. 181.<br />

47


filosofia ad escludere dal suo dominio la costruzione, che invece è il metodo proprio<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica. 9<br />

La letteratura secondaria sull’argomento ormai concorda sul fatto che la<br />

costruzione metafisica del concetto di materia nei Metaphysische Anfangsgründe der<br />

Naturwissenschaft non è altro che una esibizione di rapporti tra predicati contenuti in<br />

alcuni concetti dati alla ragione che mira alla fondazione di primi principi metafisici e<br />

che, dunque, deve basarsi sugli elementi a priori del giudicare.<br />

Il primo aspetto da considerare circa la costruzione del concetto di materia è il<br />

fatto che Kant ricorra alla determinazione del concetto empirico di movimento, che è un<br />

predicabile. Il secondo aspetto riguarda la determinazione sul piano ontologico del<br />

concetto di materia attraverso lo strumento <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica. Proprio questa è la ragione<br />

plausibile per cui Kant scelse di definire in termini di ‘costruzione’ l’esibizione del<br />

concetto di materia.<br />

Una <strong>dell</strong>e prime interpretazioni più note <strong>dell</strong>’argomento è stata proposta da P.<br />

Plaass in Kants Theorie der Naturwissenschaft. Plaass ritiene che la concezione<br />

kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> costruzione metafisica (metaphysische Konstruktion) abbia giocato un<br />

ruolo fondamentale per la costruzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, proprio attraverso il concetto di<br />

movimento. 10 Questa particolare costruzione non sarebbe altro, infatti, che una<br />

esibizione (Darstellung) di rapporti specifici legati al moto, sebbene Kant non li abbia<br />

mai definiti chiaramente. 11<br />

Anche B. Falkenburg si è soffermata sulla costruzione metafisica del concetto di<br />

materia e propone una tesi particolarmente interessante circa l’esistenza di un legame<br />

profondo e sistematico tra concetti di riflessione di forma e materia e la costruzione<br />

12<br />

metafisica del concetto di materia.<br />

Il problema con cui si misura Kant nel 1786 è, secondo Falkenburg, quello di<br />

provare la fondazione dei principi a priori che la fisica può solamente postulare. Per<br />

risolvere questo problema, Kant ricorre alla costruzione del concetto di materia in<br />

generale, che passa per la costruzione del movimento secondo le funzioni logiche nei<br />

giudizi:<br />

9<br />

Cfr. KrV, A713/B741 segg.<br />

10<br />

P. Plaass, Kants Theorie der Naturwissenschaft, Göttingen 1965; trad. ingl. Kant’s theory of <strong>natura</strong>l<br />

science, a cura di A. e M. Miller; Introduzione di Carl Friedrich von Weizsacker, Boston 1994, p. 63.<br />

11<br />

Plaass (1994), pp. 67e segg.<br />

12<br />

Falkenburg (1987), pp. 49-51; 54-55.<br />

48


Foronomia secondo Quantità<br />

Dinamica secondo Qualità<br />

Meccanica secondo Relazione<br />

Fenomenologia secondo Modalità<br />

Rispetto a questa lettura di Falkenburg, 13<br />

Il predicato <strong><strong>dell</strong>a</strong> mobilità nello<br />

spazio secondo la sua quantità è la<br />

velocità relativa. La materia è<br />

considerata come un punto materiale.<br />

I predicati <strong>dell</strong>’impenetrabilità e<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> pesantezza vengono determinati<br />

attraverso la forza di attrazione e<br />

repulsione che riempie lo spazio. La<br />

materia ha dimensioni,<br />

impenetrabilità e pesantezza.<br />

Il predicato di una forza motrice<br />

attraverso cui diversi corpi materiali<br />

agiscono esternamente l’uno<br />

sull’altro. Qui viene inserito il<br />

concetto di massa e la discussione<br />

<strong>dell</strong>e leggi di Newton.<br />

I predicati di possibilità, realtà e<br />

necessità<br />

relativi.<br />

di diversi movimenti<br />

la presente ricerca tenta un passo<br />

ulteriore: mostrare come Kant segua tutti i concetti di riflessione <strong>nella</strong> determinazione<br />

del concetto di materia in generale.<br />

Il legame che questa ricerca istituisce tra il metodo divisorio e l’applicazione dei<br />

concetti di riflessione si basa non solamente sull’importanza che la trattazione dei<br />

concetti i riflessione ricopre <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura, ma anche sul riscontro di<br />

numerosi passi riferiti esplicitamente all’anfibolia dei concetti di riflessione che sono<br />

contenuti nel Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica.<br />

In queste occorrenze Kant ritiene indispensabile tale richiamo per evitare che si tratti la<br />

materia cosmica meccanicamente, come ad esempio fece Eulero, bensì dinamicamente.<br />

13 Falkenburg (1987), pp. 49-50. Falkenburg ritiene che la divisione riportata segua le categorie, in realtà<br />

si vede che sono le funzioni logiche nei giudizi a determinare la qudripartizione. All’interno <strong>dell</strong>e sezioni<br />

è poi riscontrabile un riferimento alle categorie.<br />

14 Cfr. Opus postumum, KGS XXI, pp. 43; 545; 637; 643; KGS XXII, pp. 556; 105; 565; 558; 570; 489;<br />

321; 326; 343; 353; 331; 339; 322-323; 313; 315; 291; 295; 290; 285-286; 308.<br />

14<br />

49


Risulta, dunque, di una certa rilevanza affrontare in via preliminare questi argomenti<br />

prima di accedere alla metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> vera e propria.<br />

Tuttavia, se si analizza più da vicino la costituzione dei principi metafisici, si<br />

scorge l’insufficienza di considerare solamente il loro legame con i concetti di<br />

riflessione, occorre affrontare e sciogliere il nodo <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità di una determinazione<br />

a priori di concetti, il cui oggetto non può essere dato direttamente nell’intuizione,<br />

eppure essi devono avere un riscontro empirico, grazie a un predicabile. Per tale ragione<br />

oltre che ai concetti di riflessione, la metafisica kantiana segue un metodo, quello <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

divisione metafisica dei concetti (metaphysische Eintheilung) per la promozione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

completezza e <strong><strong>dell</strong>a</strong> sistematicità <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza.<br />

Nel caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> divisione metafisica, Kant utilizza concetti tra loro opposti<br />

contraddittoriamente. Questo accade in virtù del fatto che la divisione metafisica ha una<br />

pretesa di determinazione <strong>dell</strong>e relazioni che riguardano la realtà dei predicati del<br />

concetto diviso, che ha un oggetto corrispondente. 15<br />

Della divisione (Eintheilung) Kant parla esplicitamente nelle sue lezioni di<br />

16<br />

logica, nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong> Dottrina generale del metodo:<br />

Ogni concetto contiene sotto di sé un molteplice, in quanto molteplice di elementi<br />

concordanti, ma anche in quanto molteplice di elementi discordanti. La determinazione di un<br />

concetto rispetto a tutto il possibile che è contenuto sotto di esso, <strong>nella</strong> misura in cui gli<br />

elementi del possibile sono opposti fra loro, cioè si distinguono fra loro, si chiama divisione<br />

logica del concetto. Il concetto superiore si chiama concetto diviso (divisuum) e i concetti<br />

inferiori si chiamano membri <strong><strong>dell</strong>a</strong> divisione (membra dividentia). 17<br />

Differenti divisioni di un concetto possono essere codivisioni o suddivisioni e<br />

possono entrambe procedere all’infinito. 18<br />

Quando però la divisione assume una forma<br />

a due o più membri Kant diventa più esplicito circa lo statuto del metodo divisorio:<br />

Una divisione in due membri si chiama dicotomia, ma se ha più di due membri si dice<br />

politomia. 1. Ogni politomia è empirica; la dicotomia è l’unica divisione basata su principi a<br />

priori, quindi è l’unica divisione primitiva. Infatti i membri <strong><strong>dell</strong>a</strong> divisione devono essere<br />

opposti tra loro, e l’opposto di ogni A non è altro che non A. 2. La politomia non può essere<br />

15<br />

Si noti che, <strong>nella</strong> misura in cui il concetto metafisico deve essere rivolto all’esperienza o fenomenica,<br />

come nel caso <strong>dell</strong>e forze <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, o noumenica, laddove <strong>nella</strong> dimensione <strong><strong>dell</strong>a</strong> morale entri in<br />

gioco il Faktum der Vernunft, la libertà, il riferimento alla realitas noumenon non viene precluso ai<br />

concetti di riflessione, purché non si attui un’anfibolia di essi, ovvero non si scambi la fonte conoscitiva<br />

da cui sorge il concetto di un oggetto e si rispetti la distinzione tra fenomeno e noumeno sulla base<br />

<strong>dell</strong>’idealismo trascendentale.<br />

16<br />

Cfr. Kant, Logik Jäsche, KGS IX, pp. 146-147; trad. it., Logica. Un manuale per lezioni, a cura di M.<br />

Capozzi, Napoli 1990.<br />

17<br />

Logik Jäsche, KGS IX, p.146.<br />

18<br />

Logik Jäsche, KGS IX, p. 147.<br />

50


insegnata in logica perché per questo occorre una conoscenza <strong>dell</strong>’oggetto. Ma la dicotomia ha<br />

bisogno solo del principio di contraddizione, senza conoscere quanto a contenuto il concetto che<br />

si vuole dividere. La politomia ha bisogno di intuizione, o a priori, come in matematica (ad<br />

esempio la divisione <strong>dell</strong>e sezioni coniche), o di intuizione empirica, come <strong>nella</strong> descrizione<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. Tuttavia la divisione condotta a partire dal principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi a priori presenta<br />

una tricotomia, cioè: 1) il concetto come condizione, 2) il condizionato e 3) la derivazione del<br />

secondo dal primo. 19<br />

Nella Rechstslehre Kant definisce la divisione metafisica (metaphysische<br />

Eintheilung) come una politomia, che indica la divisione di un concetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione.<br />

Questa divisione è una politomia del concetto a quattro termini, cioè è una tetracotomia,<br />

in cui si trovano i primi due termini derivati da una divisione analitica primitiva o logica<br />

e altri due che esibiscono le condizioni di possibilità per la connessione dei due<br />

predicati compresi sotto il concetto.<br />

Ora i predicati vengono connessi secondo un rapporto di fondamentoconseguenza<br />

(Grund-Folge), per esibire la condizione di possibilità che sta a<br />

fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> realtà <strong>dell</strong>’oggetto del concetto. Tale realtà è una posizione di <strong>natura</strong><br />

relativa e dinamica, mai assoluta, e la metafisica purificata da ogni dogmatismo ha il<br />

compito di esibire i rapporti reciproci di fondamento e conseguenza da cui scaturisce la<br />

determinazione del concetto. Il primo passo, dunque, per costruire un concetto in<br />

metafisica non consiste nell’esibire immediatamente i predicati in esso contenuti, bensì<br />

nel ricondurre il fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> realtà di quei predicati sotto principi di possibilità<br />

<strong>dell</strong>’esperienza in modo da costruire l’accordo tra questo fondamento e il concetto<br />

stesso:<br />

Come noi, <strong>nella</strong> matematica pura, non deduciamo immediatamente dal concetto le<br />

proprietà del suo oggetto, ma possiamo scoprirle solo attraverso la costruzione del concetto, così<br />

non è il concetto del diritto, ma piuttosto la coazione assolutamente reciproca ed uguale,<br />

ricondotta sotto leggi universali e che si accordi con esso, quella che permette l’esibizione di<br />

tale concetto. Poiché però <strong>nella</strong> matematica pura (ad esempio <strong>nella</strong> geometria) a fondamento di<br />

questo concetto dinamico ne sta ancora uno semplicemente formale, la ragione ha avuto cura di<br />

provvedere per quanto possibile anche l’intelletto di intuizioni a priori, per la costruzione del<br />

concetto di diritto. 20<br />

Agli occhi di Kant non sarebbe possibile alcuna costruzione di concetti in<br />

metafisica, pena il ricadere nel dogmatismo, senza la dottrina <strong>dell</strong>’idealismo<br />

trascendentale e il presupposto filosofico kantiano, secondo cui la realtà non è mai una<br />

posizione assoluta, ma relativa, ed è possibile esibirla per noi solamente se tradotta in<br />

19 Logik Jäsche, KGS IX, pp. 147-148.<br />

20 Kant, Metaphysische Anfangsgründe der Rechtslehre (RL), KGS VI, p. 233; trad. it. Primi principi<br />

metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> dottrina del diritto, a cura di F. Gonnelli, Bari 2005.<br />

51


termini relazionali, ovvero sotto leggi universali <strong>dell</strong>’azione reciproca tra i corpi.<br />

Proprio questa comunanza costituita da rapporti reciproci attivi ed effettivi è il<br />

presupposto metafisico per eccellenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia kantiana, rintracciabile sia negli<br />

scritti morali che teoretici.<br />

Qualsiasi concetto posto ad oggetto <strong>dell</strong>’indagine metafisica deve comprendere<br />

in sé una sintesi che appartiene alla possibilità <strong>dell</strong>’esperienza, cioè deve comprendere<br />

l’articolazione dei rapporti reciproci attivi da cui il suo oggetto o il suo corrispettivo<br />

nell’intuizione può sorgere e che costituiscono le sue condizioni di possibilità sotto un<br />

principio universale e necessario <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione.<br />

L’esplicazione del rapporto di fondamento-conseguenza tra questi rapporti<br />

reciproci e i principi universali <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione costituisce l’unica via possibile per una<br />

costruzione indiretta e filosofica di concetti. A tale scopo, Kant si serve di un tipo<br />

particolare di metodo divisorio.<br />

Al contrario di quelle divisioni del concetto, che Kant chiama trascendentali o<br />

tricotomiche, di <strong>natura</strong> sintetica, 21 la divisione metafisica ha una <strong>natura</strong> analitica e<br />

sintetica insieme, cioè chiarisce i rapporti reciproci attivi tra i predicati contenuti sotto il<br />

concetto diviso e guarda anche al contenuto, alla materia di esso. Proprio per la sua<br />

funzione di chiarire non semplicemente l’appartenenza o meno di predicati a un<br />

concetto, ma i rapporti reciproci tra essi, la divisione metafisica si differenzia quindi<br />

dalla divisione logica o dicotomica, 22 in quanto prevede una conoscenza indiretta<br />

<strong>dell</strong>’oggetto del concetto, con il ricorso ad una intuizione a priori o empirica, 23<br />

e<br />

l’ampliamento del contenuto concettuale, grazie alla determianzioni di rapporti che non<br />

sono immediatamente contenuti sotto di esso.<br />

La divisione metafisica esibisce, quindi, i predicati dei rapporti reciproci attivi<br />

reali, compresi sotto il concetto <strong>dell</strong>’oggetto, a cui non corrisponde un’intuizione<br />

sensibile, se non negli effetti che tale oggetto produce nel mondo. Riguardo alla<br />

divisione metafisica del concetto di diritto, ad esempio, Kant si esprime come segue:<br />

Ma la partizione di cui qui si tratta, ossia la partizione metafisica, può essere anche una<br />

tetracotomia; perché, oltre ai due membri semplici <strong><strong>dell</strong>a</strong> partizione, si aggiungono ancora due<br />

rapporti, ossia quelli <strong>dell</strong>e condizioni limitative del diritto, sotto le quali l’un diritto entra in<br />

connessione con l’altro; rapporti la cui possibilità richiede una indagine particolare. 24<br />

21 KdU, KGS V, p. 198 nota.<br />

22 Logik Jäsche, pp. 147-148.<br />

23 KdU, KGS V, 198 nota; Logik Jäsche, KGS IX, p. 147.<br />

24 RL, KGS VI, pp. 357-358.<br />

52


Da una parte la garanzia di questo procedimento divisorio risiede <strong>nella</strong> logica e<br />

nei suoi principi. 25<br />

Per altro verso la garanzia <strong>dell</strong>’oggettività dei predicati dipende<br />

dall’atto <strong><strong>dell</strong>a</strong> riflessione trascendentale e dall’applicazione dei concetti di riflessione.<br />

In altre parole, la garanzia <strong><strong>dell</strong>a</strong> correttezza <strong><strong>dell</strong>a</strong> costruzione del concetto di<br />

materia in generale risiede <strong>nella</strong> logica a parte priori, mentre la garanzia <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibile<br />

corrispondenza tra le relazioni dei predicati e la realtà fenomenica (cioè tra a priori ed<br />

empirico) viene fornita dal confronto tra le rappresentazioni e la co<strong>scienza</strong> del<br />

fenomeno mediante l’atto <strong><strong>dell</strong>a</strong> riflessione trascendentale e il rispetto <strong>dell</strong>e condizioni di<br />

possibilità <strong>dell</strong>’esperienza, secondo un principio metafisico <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione.<br />

I concetti, che diventano concetti metafisici, grazie a questo procedimento e al<br />

metodo divisorio metafisico, trovano un corrispettivo nell’intuizione, che deve essere<br />

pensato secondo un principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione. Per la metafisica è possibile una costruzione<br />

dei concetti, ovvero un’esibizione del concetto in una intuizione a priori, come emerge<br />

dal passo seguente tratto dalla Rechtslehre:<br />

La legge di una coazione reciproca che si accordi con la libertà di ciascuno, sotto il<br />

principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> libertà universale, è in certo qual modo la costruzione di quel concetto, ossia la<br />

sua esibizione in una intuizione pura a priori, secondo l’analogia <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità del moto<br />

libero dei corpi sotto la legge <strong><strong>dell</strong>a</strong> eguaglianza di azione e reazione. 26<br />

Questo passaggio fornisce un’indicazione importante sul metodo kantiano per la<br />

costituzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. Sebbene la ragione umana utilizzi la<br />

matematica come strumento per la costituzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica come <strong>scienza</strong>, il fondamento<br />

per la sua realizzazione è di <strong>natura</strong> filosofica.<br />

Nel caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> costruzione del concetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia in generale ci si trova di<br />

fronte ad una esibizione in una intuizione a priori (quella <strong>dell</strong>o spazio) del fondamento<br />

contenuto <strong>nella</strong> sua conseguenza empirica, come è il moto libero dei corpi, ovvero il<br />

rapporto reciproco attivo <strong>dell</strong>e forze motrici. L’esibizione nell’intuizione pura <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

possibilità del moto libero dei corpi, secondo il principio <strong>dell</strong>’azione e reazione, è<br />

possibile solamente attraverso la matematica.<br />

La metafisica, perciò, deve essere in grado di servirsi <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica per dare<br />

certezza apodittica ai principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. Tuttavia la <strong>scienza</strong> dei principi<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione assume ad oggetto concetti supremi del conoscere umano, la cui<br />

25 Logik Jäsche, KGS IX, pp. 146-147.<br />

26 RL, KGS VI, p. 232.<br />

53


determinazione deve tener conto <strong>dell</strong>e condizioni di possibilità <strong>dell</strong>’esperienza. I<br />

principi metafisici devono rispondere a questa necessità.<br />

Sebbene la trattazione kantiana non sia immediatamente chiara sulla possibilità<br />

di un metodo proprio <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica, è possibile riscontrare come ci sia un’intima<br />

connessione tra i concetti di riflessione, l’attività del giudicare e la divisione metafisica<br />

dei concetti. Ciò che permette la realizzazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> divisione metafisica, diversa da<br />

quella logica, che è sempre analitica e dicotomica, sono proprio i concetti di<br />

riflessione, 27<br />

infatti:<br />

che svelano la loro <strong>natura</strong> di canone per la metafisica. Secondo Kant<br />

Poiché tuttavia quando si tratta non già <strong><strong>dell</strong>a</strong> forma logica, bensì del contenuto dei<br />

concetti – cioè, di vedere se le cose siano identiche oppure diverse, in accordo oppure in<br />

contrasto, ecc. – le cose possono avere una duplice relazione con la nostra facoltà conoscitiva,<br />

ossia possono essere in rapporto con la sensibilità e con l’intelletto, e poiché d’altronde il modo<br />

in cui esse debbono appartenere l’una all’altra dipende da questa posizione, in cui rientrano, in<br />

tal caso la riflessione trascendentale – cioè il rapporto di rappresentazioni date con l’uno o<br />

l’altro modo di conoscenza – potrà essa sola determinare la relazione reciproca [corsivo mio ]<br />

di tali rappresentazioni. 28<br />

I rapporti reciproci attivi <strong>dell</strong>e rappresentazioni contenute nel concetto di ragione<br />

possono essere determinati <strong>nella</strong> costruzione del concetto esclusivamente attraverso la<br />

riflessione trascendentale. 29<br />

Un atto, quest’ultimo, che Kant definisce come “dovere da cui nessuno può<br />

30<br />

esimersi, quando si vuol formulare un qualche giudizio a priori sulle cose”.<br />

27 Alcuni studi sulla teoria kantiana dei concetti di riflessione sono stati condotti da P. Reuter, Kants<br />

Theorie der Reflexionbegriffe, eine Untersuchung zum Amphiboliekapitel der Kritik der reinen Vernunft,<br />

Würzburg 1989, e da von Stefan Heßbrüggen, Topik, Reflexion und Vorurteilskritik: Kants Amphibolie<br />

der Reflexionsbegriffe im Kontext, in Archiv für Geschichte der Philosophie, 2004, pp. 146-175. Oltre a<br />

sostenere l’oscurità <strong><strong>dell</strong>a</strong> sezione <strong>dell</strong>’Anfibolia e le difficoltà da parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> critica di spiegare i concetti<br />

di riflessione, von Stefan Heßbrüggen lega la riflessione trascendentale e i concetti di riflessione alla<br />

teoria logica dei pregiudizi, affermando che questo è l’unico modo per comprenderne la <strong>natura</strong>.<br />

In primo<br />

luogo, questo atto contiene il fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> comparazione oggettiva<br />

<strong>dell</strong>e rappresentazioni tra loro e fornisce di fatto un canone per la determinazione dei<br />

concetti metafisici. In secondo luogo, la riflessione trascendentale permette la<br />

correttezza di una topica trascendentale, la quale contiene le quattro coppie dei concetti<br />

28 KrV, A262/B318.<br />

29 Cfr. KrV, A262-263/B318-319. In questo luogo, Kant distingue la riflessione trascendentale (reflexio)<br />

da quella logica, affermando che quest’ultima è una semplice comparazione (comparatio), dato che in<br />

essa si astrae dalla facoltà conoscitiva, cui appartengono le rappresentazioni date, che vanno considerate<br />

come omogenee. Invece, la riflessione trascendentale contiene il fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

comparazione oggettiva <strong>dell</strong>e rappresentazioni tra loro, che appartengono a una diversa facoltà<br />

conoscitiva.<br />

30 KrV, A264/B319.<br />

54


di riflessione. Questi titoli (Titeln) si differenziano dalle categorie “per il fatto che<br />

mediante essi non viene presentato l’oggetto secondo ciò che costituisce il suo concetto<br />

(quantità, realtà), ma viene presentato soltanto, in tutta la sua varietà, il confronto <strong>dell</strong>e<br />

rappresentazioni che precede il concetto <strong>dell</strong>e cose”. 31<br />

Dunque, prima di costituire qualunque giudizio su un oggetto <strong>dell</strong>’esperienza<br />

possibile, Kant invoca il ricorso ai concetti di riflessione. La loro trattazione fornisce un<br />

indizio in più sulla possibile fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica come <strong>scienza</strong>. La riflessione<br />

trascendentale e i concetti di riflessione, infatti, sono la pietra di paragone per il corretto<br />

uso <strong>dell</strong>’intelletto e orientano la corretta determinazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> relazione <strong>dell</strong>e<br />

rappresentazioni con la co<strong>scienza</strong>, conducendo alla modalità del sapere <strong><strong>dell</strong>a</strong> Gewissheit<br />

32<br />

indispensabile <strong>nella</strong> dimensione <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> e <strong>nella</strong> fisica, ma anche<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> storia degli uomini. 33<br />

31 KrV, A269/B325. Cfr. M. Kugelstadt, Synthetische Reflexion: zur Stellung einer nach Kategorien<br />

reflektierenden Urteilskraft in Kants theoretischer Philosophie , in Kant-Studien.132 Berlin 1998.<br />

32 La certezza logica (logische Gewissheit) incarna la perfezione logica secondo modalità, essa possiede<br />

dunque un intrinseco legame col giudicare, in quanto ne costituisce il fondamento. Per la definizione dei<br />

diversi modi di Gewissheit cfr. Logik Jäsche, KGS IX, pp. 70-73. Cfr. M. Capozzi, Kant e la logica,<br />

Napoli 2002, pp. 571-573; sulle diverse modalità del tener per vero, cfr. KdU, KGS V, pp. 467 segg.;<br />

sull’applicazione <strong>dell</strong>e diverse modalità del sapere alla <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> in rapporto all’analogia, cfr.<br />

M. Capozzi, Matematica e metafisica <strong>nella</strong> “Naturgeschichte” di Kant, in Studi filosofici 1977-78, Siena<br />

1978, pp. 87-130; sull’importanza di questo argomento per l’epistemologia kantiana cfr. P. Grillenzoni,<br />

Kant e la <strong>scienza</strong>, Milano 1998, pp. 301-302.<br />

33 Nel passo <strong><strong>dell</strong>a</strong> Reflexion che segue, Kant fa riferimento a Bacone non solo come il sostenitore del<br />

metodo scientifico, basato sull’osservazione e l’esperimento, ma anche come colui che ha inaugurato<br />

l’epoca moderna <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> attraverso lo strumento <strong>dell</strong>’analogia. In questo contesto Kant poi traccia i<br />

caratteri fondamentali <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong>, astraendo da una <strong>scienza</strong> particolare. L’essenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> consiste<br />

nel suo distanziarsi dalla mera opinione attraverso la certezza (Gewissheit) che consiste nell’immutabilità<br />

del tener per vero, che, nel caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, assume un carattere oggettivo, accompagnato<br />

dalla co<strong>scienza</strong>, divenendo sapere (Wissen). Cfr. Handschriftlicher Nachlaß, KGS XVIII, pp. 287-288:<br />

“Unser Zeitalter ist das Zeitalter der Kritik, d.i. einer (scharfen) Beurteilung des Fundaments aller<br />

Behauptungen, zu welcher uns die Erfahrenheit langer Zeiten, vielleicht auch die durch den berühmten<br />

Baco von Verulam in Gang gebrachte behutsame Nachforschung der Natur durch Beobachtung und<br />

Experiment nicht allein in den Behauptungen der Naturwissenschaft, sondern nach der Analogie auch in<br />

allen übrigen gebracht hat, von welcher die Alten nichts wussten und so an schwankende Meinungen<br />

gewohnt waren. Hierin kann uns schwerlich ein künftiges Zeitalter übertreffen, wen wir gleich von diesen<br />

Prinzipien der Sicherlich übertrifft uns hierin kein Vergangenes (Zeitalter), und dieses kann also der<br />

(wissenschaftliche) Charakter des unsrigen genannt werden. In aller Wissenschaft ist, wenn wir von<br />

Menge von Kenntnissen abstrahieren, ist die Wesentliche Absicht, dass sie sich von der bloßen Meinung<br />

unterscheide, mithin die Gewissheit. Die Methode, deren man sich in ihr bedient, ist bloß das Mittel, zu<br />

dieser zu gelangen. Gewissheit ist die Unveränderlichkeit der Vorwarhaltens. Unveränderlich aber ist das<br />

Vorwarhalten entweder objektiv: wenn wir erkennen, dass kein überwiegender Grund zum Gegenteil an<br />

sich möglich sei, oder subjektiv: wenn wir überzeugt sind, dass weder wir noch irgend ein Mensch jemals<br />

größerer Gründe zum Gegenteil habhaft werden könne. Das (mit Bewusstsein) unveränderliche<br />

Vorwarhalten ist Wissen, das subjektiv unveränderliche Vorwarhalten Glauben. Das zwar Vorwarhalten<br />

mit dem Bewusstsein seiner Veränderlichkeit ist Meinen. Beispiel an der Geschichte. Das Wort Glauben<br />

kann entweder in Ansehung die Quelle unserer Erkenntnis oder die Art und den Grad des Vorwarhaltens<br />

derselben bedeuten. In der ersteren Bedeutung kann keine Erkenntnis durch der Geschichte anders als<br />

durch ein Zutrauen zu Zeugnissen anderer, d.i. dadurch, dass wir anderen Glauben, entspringen. In der<br />

zweiten Bedeutung kann eine Geschichtskunde allerdings ein Wissen sein und bedarf es nicht, dem Grade<br />

des Vorwarhaltens nach von der eigenen Erfahrung, der sie den Namen des Wissens nicht streiten,<br />

unterschieden zu durch die Benennung des Glaubens unterschieden zu werden. So weiß man, dass ein<br />

55


La dimensione fortemente storica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> e del suo metodo, di ispirazione<br />

baconiana, non preclude a Kant la possibilità di rinvenire gli elementi a priori sulle cui<br />

fondamenta può costruirsi una solida metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>.<br />

Il famoso passo kantiano secondo cui “in ogni dottrina particolare <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> si<br />

può trovare tanta <strong>scienza</strong> propriamente detta, quant’è la matematica che vi si trova”, 34<br />

richiede che venga data a priori l’intuizione corrispondente al concetto di materia in<br />

generale, cioè che esso venga costruito.<br />

La metafisica, infatti, permette che sia possibile la conoscenza di alcuni oggetti<br />

solo in base al loro semplice concetto, ma <strong>nella</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> si ha a che fare con<br />

leggi che si riferiscono a oggetti fisici esistenti. Per questo non può darsi una dottrina<br />

dei corpi in base alla sola metafisica, ma questa è possibile solo attraverso la<br />

35<br />

matematica, ovvero a quanta parte di essa può essere applicata <strong>nella</strong> dottrina <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong> (Naturlehre).<br />

Nonostante questi passi siano stati tra i più commentati <strong><strong>dell</strong>a</strong> produzione<br />

kantiana, non è stato rilevato, neppure da K. Pollok, che più che del rapporto tra <strong>scienza</strong><br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> e matematica, in queste pagine Kant si occupa <strong><strong>dell</strong>a</strong> differenza, ma anche<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> medesima origine, <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica e <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica.<br />

Solo a partire da questa osservazione si può dare conto del perché gli scienziati<br />

usino concetti e principi metafisici per la costituzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. Il<br />

sostrato comune alla metafisica e alla matematica risiede, secondo Kant, <strong>nella</strong> capacità<br />

di rappresentare le intuizioni formali di spazio e tempo come quanta, come due<br />

grandezze omogenee e continue: in ciò risiede la condizione di possibilità per la loro<br />

discretizzazione, 36<br />

per una distinzione <strong>dell</strong>o spazio geometrico da quello fisico e per una<br />

duplice trattazione dei fenomeni <strong>natura</strong>li legati al moto, ovvero la trattazione statica e<br />

quella dinamica.<br />

Su questo punto, che ha evidenti ricadute sullo statuto <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica, si snoda<br />

la sotterranea e potente critica a Newton. Come si mostrerà nei prossimi paragrafi, la<br />

differenza fondamentale con la visione newtoniana <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica consiste in prima<br />

istanza nel fatto che, per Kant, la geometria non era una branca speciale <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

Ludwig XIV. gelebt hat, ebenso sicher als ob er ihn selbst gesehen hätte, und so ist ein guter Teil der<br />

Geschichte wahre Wissenschaft; das Vorwarhalten ist darin objektiv unveränderlich. Es ist unmöglich,<br />

dass jemals hinreichende Gründe zum Gegenteil desselben”.<br />

34<br />

MAN, KGS IV, p. 470.<br />

35<br />

MAN, KGS IV, p. 470.<br />

36<br />

Cfr. K. Pollok, Kants „Metaphysische Anfangsgrunde der Naturwissenschaft“. Ein kritischer<br />

Kommentar , Hamburg 2001, pp. 219 segg.; cfr. KrV, B207-208; cfr. Infra, §2.3.<br />

56


e, in secondo luogo, nel fatto che la matematica traeva la sua fondazione<br />

su principi a priori <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione umana.<br />

meccanica, 37<br />

La differenza con Newton è però evidente, laddove Kant attua un rovesciamento<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> sua posizione, indicando la Foronomia come una <strong>scienza</strong> “ponte” tra la<br />

matematica e la fisica. Questa è, cioè, la dottrina pura <strong><strong>dell</strong>a</strong> quantità del movimento che<br />

può essere universalmente applicata al moto dei corpi grazie alla geometria e<br />

all’algebra. Pollok suggerisce che la Foronomia, occupandosi del movimento come<br />

quantum, abbia per oggetto un composto omogeneo, a cui poi verrebbero applicate<br />

grandezze determinate, cosicché le quantità algebriche impiegate in meccanica<br />

presuppongono un quantum come condizione <strong><strong>dell</strong>a</strong> loro realtà oggettiva.<br />

Del fatto che a Kant premesse in via preliminare una distinzione tra matematica<br />

e metafisica si ha evidenza dal passo dedicato alla definizione <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica e al suo<br />

carattere di completezza, che invece la matematica non può avere.<br />

Nella Prefazione, quindi, Kant ribadisce l’infinita possibilità di estensione per la<br />

matematica e la <strong>scienza</strong> empirica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, di contro alla completezza <strong><strong>dell</strong>a</strong> logica.<br />

Questa premessa risulta di grande importanza al fine di comprendere la strategia<br />

kantiana per la costituzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica come <strong>scienza</strong> e per la definizione <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibile<br />

interazione tra filosofia e <strong>scienza</strong>.<br />

Come lo stesso Kant sostiene nei Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>,<br />

in particolare <strong>nella</strong> Dinamica, la determinazione di alcuni caratteri specifici <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia, come la sua divisibilità, è un compito <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica che poggia però su principi<br />

metafisici e non matematici. Il prossimo paragrafo offre l’esempio concreto di questa<br />

fondazione che rende possibile l’applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica alla fisica e del ruolo<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> Dialettica trascendentale come catartico <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione, nonché <strong><strong>dell</strong>a</strong> logica come<br />

canone <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia.<br />

37 Cfr. Jammer (1993), pp. 96-97. Cfr. F. Cajori, Sir Isaac Newton’s Mathematical principles of <strong>natura</strong>l<br />

philosophy and his System of the World, Berkeley 1934, p. xvii: “Therefore geometry is founded in<br />

mechanical practice, and is nothing but that part of universal mechanics which accurately proposes and<br />

demonstrates the art of measuring”. Ancora più avanti, p. xvii, si legge: “For the description of right lines<br />

and circles, upon which geometry is founded, belongs to mechanics. Geometry does not teach us to draw<br />

these lines, but requires them to be drawn, for it requires that the learner should first be taught to describe<br />

these accurately before he enters upon geometry, then it shows how by these operations problems may be<br />

solved. To describe right lines and circles are problems, but not geometrical problems. The solution of<br />

these problems is required from mechanics, and by geometry the use of them, when so solved, is shown”.<br />

57


2.2 Il progresso in infinitum, ad infinitum, in indefinitum. Matematica e<br />

metafisica per la <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

Nell’Estetica trascendentale Kant offre la seguente definizione <strong>dell</strong>o spazio,<br />

come risultato di una sintesi ad infinitum esercitata per rappresentare l’intuizione del<br />

senso esterno:<br />

Lo spazio è rappresentato come un’infinita grandezza data. Orbene è vero che si deve<br />

pensare ogni concetto come una rappresentazione, la quale è contenuta in un numero infinito di<br />

differenti rappresentazioni possibili (come la loro caratteristica comune), e quindi comprende<br />

sotto di sé tali rappresentazioni, ma nessun concetto in quanto tale, può essere pensato come se<br />

contenesse in sé un numero infinito di rappresentazioni. Eppure lo spazio viene pensato a questo<br />

modo (poiché tutte le parti <strong>dell</strong>o spazio, sino ad un numero infinito, sussistono<br />

simultaneamente). La rappresentazione originaria <strong>dell</strong>o spazio è dunque un’intuizione a priori, e<br />

non un concetto. 38<br />

Lo spazio è determinato <strong>nella</strong> sua specifica <strong>natura</strong> di essere intuizione formale e<br />

forma <strong>dell</strong>’intuizione, caratterizzato, in quanto intuizione, da una particolare<br />

articolazione del rapporto tra il tutto e le sue parti, secondo un ordine <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

composizione sintetica. Lo spazio, però, non può essere oggetto di conoscenza diretta.<br />

La sintesi ad infinitum che lo caratterizza, quando lo si consideri <strong>nella</strong> forma <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

connessione tra le sue parti e il suo essere una singolarità, cioè un unicum, non è la<br />

stessa che ci si trova di fronte nel processo conoscitivo del movimento e dei fenomeni<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>.<br />

Per costituirsi a sistema, la <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> deve rispondere a principi di<br />

unità <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione e, soprattutto, essendo un sistema, deve poter trattare leggi empiriche<br />

e a priori <strong>dell</strong>’intelletto come sue parti a cui applica una sintesi regressiva o progressiva<br />

tra condizione e condizionato. Tale sintesi, che costituisce una serie (Reihe), segue una<br />

regola che è distinta da quella <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica. Di questo Kant ci da un chiaro esempio<br />

<strong>nella</strong> Dialettica trascendentale, in particolare quando parla <strong>dell</strong>e Antinomie <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

ragione pura, che di fatto si occupano <strong>dell</strong>’idea che più preme in sede di metafisica<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, quella di Mondo:<br />

A questo scopo, orbene, occorre anzitutto determinare esattamente la sintesi di una<br />

serie, in quanto non è mai completa. Ci si serve comunemente a questo proposito di due<br />

espressioni che vogliono distinguere qualcosa, senza che si sappia indicare chiaramente il<br />

fondamento di tale distinzione. I matematici parlano unicamente di un progressus in infinitum.<br />

38 KrV, B40.<br />

58


Gli indagatori dei concetti (filosofi) ammettono invece soltanto l’espressione: progressus in<br />

indefinitum. 39<br />

Siamo di fronte a tre tipi di sintesi: quella che riguarda la rappresentazione di un<br />

dato, cioè di una condizione (lo spazio come forma <strong>dell</strong>’intuizione), procede ad<br />

infinitum; quella che riguarda il progresso <strong>nella</strong> serie dal condizionato che può essere<br />

dato (dabile) e che può essere definita sia in indefinitum che in infinitum; infine quella<br />

che ascende dal condizionato alle condizioni che può essere un regresso all’infinito (in<br />

infinitum) o che si può estendere indefinitamente (in indefinitum). 40<br />

Sebbene non sia possibile trattare il Mondo (die Welt) come un tutto, secondo<br />

quantità, è però possibile trattare le leggi <strong>dell</strong>’intelletto sul Mondo secondo quantità. In<br />

sostanza è possibile applicare principi di ragione alle leggi del moto di Newton e, in<br />

virtù <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità di trattare sia come quantum che come quantità il movimento dal<br />

punto di vista matematico, è altresì possibile una <strong>scienza</strong> come la Foronomia posta alla<br />

base <strong><strong>dell</strong>a</strong> Meccanica. Ma questa possibilità risiede in ultima analisi sulla peculiare<br />

costituzione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo e sul legame intrinseco che queste forme<br />

intrattengono con il predicabile <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, ovvero il concetto empirico di<br />

movimento. Nel caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> questo legame, proprio in virtù <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

doppia <strong>natura</strong> di intuizioni formali e forme <strong>dell</strong>’intuizione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo,<br />

traccia la differenza fra il corpo fisico e quello matematico:<br />

Ein physischer Körper ist der welcher nur durch Erfahrung erkennbar ist. Ein<br />

mathematischer der a priori als beschränkter Raum nach den 3 Abmessungen erkannt wird. Der<br />

erstere setzt den letzteren voraus. 41<br />

Laddove si voglia conoscere completamente a priori un oggetto matematico, si<br />

deve considerare la forma che l’intuizione spaziale assume, secondo le tre dimensioni.<br />

Se ci si pone il problema <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibile rappresentazione di un corpo in generale, in<br />

base alla sua semplice possibilità, allora è grazie alla matematica che ciò avviene,<br />

mentre la possibilità di conoscere la sua realtà riposa sull’esperienza e sui principi<br />

<strong>dell</strong>’intelletto puro. Da un punto di vista puramente matematico, un corpo fisico può<br />

essere determinato a priori, come parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia divisa. Per chiarire questo punto<br />

Kant propone un esempio:<br />

39 KrV, A510-11/B538-39.<br />

40 KrV, A511-12/B539-40.<br />

41 Opus postumum, XXI, p. 575.<br />

59


Riguardo alla divisione di una materia data entro i suoi limiti (un corpo), occorre così<br />

dire che essa procede all’infinito. In effetti, questa materia è data totalmente – e quindi assieme<br />

a tutte le sue parti possibili – nell’intuizione empirica. 42<br />

Questo significa che se la condizione è data come totalità, la sintesi <strong>dell</strong>e sue<br />

parti procede all’infinito (in infinitum), senza trovare un incondizionato <strong>nella</strong> serie <strong>dell</strong>e<br />

condizioni che sono parti di questo tutto. Al contrario, se ci si trova di fronte ad una<br />

sintesi regressiva dal condizionato alla condizione, e la serie non è data <strong>nella</strong> sua<br />

totalità, tale sintesi procederà in indefinitum. 43<br />

A questo ragionamento Kant aggiunge:<br />

In nessuno dei due casi, né nel regressus in infinitum, né nel regressus in indefinitum, la<br />

serie <strong>dell</strong>e condizioni viene considerata come data nell’oggetto in quanto infinita. Non si tratta<br />

di cose, che vengano date in se stesse, ma si tratta soltanto di apparenze le quali sono date<br />

soltanto nel regresso stesso come condizioni l’una <strong>dell</strong>’altra. 44<br />

Come si nota immediatamente è solo nel caso <strong>dell</strong>’intuizione <strong>dell</strong>o spazio che si<br />

ha una sintesi ad infinitum, perché lo spazio è una forma <strong>dell</strong>’intuizione e non un<br />

concetto. 45 Infatti, poiché il mondo non può essere dato totalmente, il concetto <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

quantità del mondo è dato solamente mediante il regresso, e non può essere dato, in<br />

un’intuizione collettiva prima di questo regresso. Così tale regresso si stende<br />

indeterminatamente, per dare una quantità <strong>dell</strong>’esperienza, che diventa reale soltanto<br />

mediante questo regresso. 46 In sostanza, un progresso <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi all’infinito, per<br />

esempio <strong>nella</strong> divisione, procede finché la si può condurre. 47<br />

Dunque non è la divisione<br />

di un corpo in sé, ma la sintesi attuata dal soggetto a poter procedere all’infinito:<br />

Ogni spazio intuito nei suoi limiti è un tutto cosiffatto, le cui parti, nonostante ogni<br />

decomposizione, sono ancor sempre spazi. Ogni spazio intuito nei suoi limiti è perciò divisibile<br />

all’infinito. Di qui segue altresì, in modo del tutto <strong>natura</strong>le, la seconda applicazione, quella cioè<br />

ad un’apparenza esterna racchiusa nei suoi limiti (corpo). La divisibilità di un corposi fonda<br />

sulla divisibilità <strong>dell</strong>o spazio, il quale costituisce la possibilità del corpo come un tutto esteso.<br />

Un corpo è quindi divisibile all’infinito, senza che per questo debba constare di un numero<br />

infinito di parti. Può sembrare, a dire il vero, che un corpo, in quanto dev’essere rappresentato<br />

come sostanza nello spazio, differirà da quest’ultimo, per quanto riguarda la legge <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

divisibilità <strong>dell</strong>o spazio. 48<br />

42<br />

KrV, B541.<br />

43<br />

KrV, A513/B541.<br />

44<br />

KrV, A514/B542.<br />

45<br />

Di per sé sembra prevedere un infinito attuale, che il nostro intelletto non è in grado di cogliere.<br />

46<br />

KrV, A 523-24/B551-52.<br />

47<br />

Tale aspetto ha evidenti ricadute sulla teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. la divisibilità di essa non le appartiene<br />

ontologicamente, così come da un punto di vista epistemologico la si può pensare costituita da particelle<br />

elementari, finché non si trova un membro ulteriore <strong><strong>dell</strong>a</strong> divisione. Questa posizione affonda le sue<br />

origini già in F. Bacon, Novum Organum, II, p. 8. Cfr. infra, capitolo V.<br />

48<br />

KrV, A525/B553.<br />

60


Tuttavia il ragionamento kantiano non esclude assolutamente la possibilità di<br />

pensare uno spazio fisico diverso da quello geometrico, né la possibilità di determinare<br />

e di conoscere un corpo fisico, non determinandolo secondo le sole proprietà <strong>dell</strong>o<br />

spazio geometrico. La soluzione kantiana si presenta così in queste pagine <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

Dialettica trascendentale:<br />

La divisione infinita designa soltanto l’apparenza come quantum continuum, ed è<br />

inseparabile dal riempimento <strong>dell</strong>o spazio, poiché è proprio in tale riempimento che si trova la<br />

ragione <strong><strong>dell</strong>a</strong> divisibilità infinita. Ma non appena un qualcosa viene assunto come quantum<br />

discretum, la moltitudine <strong>dell</strong>e unità è in esso determinata, e quindi sempre uguale a un numero.<br />

Sino a che punto possa giungere l’organizzazione in un corpo articolato, può dunque essere<br />

stabilito solo dall’esperienza. 49<br />

Storicamente parlando è importante ricordare che questo approccio è corretto se<br />

si pensa alla fisica matematica <strong>dell</strong>’epoca. In fondo Kant non fa altro che tentare una<br />

fondazione del metodo scientifico che convalidava o meno le leggi fisiche attraverso la<br />

geometria euclidea e l’algebra. È anzi molto significativa la puntualizzazione di Kant.<br />

Quello che deve essere rappresentato su base geometrica è lo spazio-tempo <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

Foronomia, il movimento di un corpo fisico, inteso come punto materiale, ma non certo<br />

il corpo fisico stesso, che necessita invece di un altro tipo di approccio per essere<br />

conosciuto, quello che ricorre all’osservazione e all’esperimento, che considera le<br />

qualità interne <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, nonché l’interazione tra le forze motrici.<br />

C’è una corrispondenza per Kant tra la divisibilità matematica <strong>dell</strong>o spazio e la<br />

divisibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, mentre per il corpo fisico le cose stanno diversamente. Se si<br />

esaminano alcuni passaggi <strong><strong>dell</strong>a</strong> Dinamica, questo discorso appare più perspicuo. In<br />

questa sezione Kant afferma:<br />

Perciò fin dove si estende la divisibilità matematica <strong>dell</strong>o spazio, si estende anche la<br />

possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> separazione fisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> sostanza che lo riempie. Ma la divisibilità matematica<br />

procede all’infinito, di conseguenza anche quella fisica: la materia cioè è divisibile all’infinito e<br />

ciascuna <strong>dell</strong>e parti risultanti dalla divisione è a sua volta materia. 50<br />

Tuttavia è lo stesso Kant ad ammettere che la dimostrazione <strong>dell</strong>’infinita<br />

divisibilità <strong>dell</strong>o spazio non permette affatto di provare quella <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. L’unica<br />

condizione per dimostrarne la divisibilità infinita consiste <strong>nella</strong> premessa che in ogni<br />

49 KrV, A526/B554.<br />

50 MAN, KGS IV, p. 504.<br />

61


parte <strong>dell</strong>o spazio c’è sostanza materiale e che vi si trovano parti di per sé mobili.<br />

Questo significa che bisogna porre a fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova <strong>dell</strong>’infinita divisibilità<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia sia il suo essere mobile nello spazio sia il suo essere dotata, in ogni suo<br />

punto o parte, di forze motrici, 51<br />

che sono poi i principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> Foronomia e <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

Dinamica.<br />

Questo significa che, nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica, la divisione matematica <strong>dell</strong>o<br />

spazio materiale, comunque, presuppone una teoria dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia,<br />

rappresentata come un continuo, la cui espansione fa sì che le sue parti si allontanino<br />

52<br />

con una distanza tra loro infinitamente piccola. Nella Fenomenologia, infatti, per<br />

determinare e giustificare l’ipotesi di un plenum materiale, Kant ricorre ad<br />

argomentazioni che vanno ben oltre il piano logico, sebbene lo presuppongano.<br />

L’insostenibilità <strong>dell</strong>o spazio vuoto come cosa in sé trova il suo fondamento sul piano<br />

fisico e il principio logico di non contraddizione non è condizione sufficiente per<br />

provare la sua impossibilità.<br />

Questa posizione kantiana trae la sua origine sia dalla risoluzione <strong>dell</strong>e<br />

Antinomie <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura che dalla Dinamica, in cui compare il dilemma se lo<br />

spazio sia infinitamente divisibile o meno. La risoluzione consiste nell’applicare<br />

l’idealismo trascendentale, cioè nel negare lo statuto di cosa in sé <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e<br />

nell’affermare il suo carattere di totalità <strong><strong>dell</strong>a</strong> sostanza nel fenomeno la cui forma è lo<br />

spazio. Così che si può solo concludere che:<br />

[…] Di quei fenomeni la cui divisione va all’infinito si può dire solamente che hanno<br />

tante parti quante ne distinguiamo, fin tanto che vogliamo continuare a dividere. Le parti che<br />

appartengono all’esistenza di un fenomeno, infatti, esistono solo nel pensiero, cioè <strong>nella</strong><br />

divisione stessa. Ora, sebbene la divisione vada all’infinito, essa non è mai data come infinita:<br />

perciò dal fatto che la divisione va avanti all’infinito non consegue che l’oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

suddivisione, in se stesso e al di fuori <strong>dell</strong>e nostre rappresentazioni, contenga una quantità<br />

infinita di parti. 53<br />

In conclusione la fisica contempla oggetti che possono essere determinati e<br />

costruiti nell’intuizione grazie alla matematica, 54<br />

che può fornire loro la necessità <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

51<br />

MAN, KGS IV, p. 504.<br />

52<br />

MAN, KGS IV, p. 505.<br />

53<br />

MAN, KGS IV, p. 507.<br />

54<br />

La quantità di moto e di materia sono esempi classici di cui si serve Kant per chiarire il suo approccio.<br />

Un altro esempio è fornito dal caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> quiete, che per trovare un corrispettivo matematico deve essere<br />

considerata come una mera condizione di permanenza nello stesso luogo e non come proprietà dei corpi<br />

fisici. Solo così è possibile, agli occhi di Kant, assegnare un dato valore finito o infinitesimale in ogni<br />

istante ai corpi in quiete e dunque applicare la matematica anche a questi fenomeni fisici.<br />

62


<strong>scienza</strong> <strong>natura</strong>le. Tuttavia è solamente la prassi scientifica accompagnata dalle ipotesi e<br />

dall’analogia che può fornire un risultato concreto per la conoscenza dei corpi fisici.<br />

Questa osservazione è importante ancor più se si tiene presente che Kant<br />

elaborò, così, il suo tentativo di inquadrare i fenomeni fisici <strong>dell</strong>’elettricità e del<br />

magnetismo dentro lo stesso sistema di riferimento dei principi newtoniani. Sul piano<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> storia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> siamo evidentemente di fronte al tentativo di unificare secondo<br />

principi comuni la fisica teorica classica con quella sperimentale.<br />

2.3 L’applicabilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica <strong>nella</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>: il<br />

movimento e la trattazione dei corpi fisici su base geometrica<br />

Dopo aver gettato luce sul metodo che Kant individua per la trattazione<br />

metafisica dei concetti e sul carattere dinamico che spazio e tempo assumono con<br />

l’idealismo trascendentale, in questo paragrafo si traccia la differenza tra le sintesi<br />

progressive compiute dalla ragione, così da mostrarne le implicazioni <strong>nella</strong> metafisica<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. Questo approccio, infatti, rivela la possibilità di diverse costruzioni del<br />

movimento, che sono state trattate da Kant nei Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong>. Il movimento come mutamento di luogo è possibile solo attraverso la<br />

rappresentazione di tempo che di fatto è il modo in cui il soggetto si rappresenta come<br />

oggetto. 55<br />

Dunque, la diversa trattazione del movimento dipende dai diversi tipi di<br />

sintesi che il soggetto attua <strong>nella</strong> determinazione del tempo.<br />

La sintesi progressiva che soggiace alla costruzione di concetti e alla possibilità<br />

di rappresentare spazio e tempo come intuizioni formali è chiamata da Kant<br />

Zusammenstellung e questa ricopre un ruolo importante per la definizione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

concezione kantiana <strong>dell</strong>’algebra. Nella misura in cui sia la geometria che la Foronomia<br />

descrivono uno spazio, rappresentano un’intuizione formale. La loro differenza<br />

sostanziale è posta circa la possibilità di rappresentare anche il tempo e la quantità in<br />

modo diverso. Secondo Kant, questa differenza è posta dall’algebra. Si consideri questo<br />

aspetto come Kant lo ha sviluppato negli anni’90:<br />

Infatti <strong>nella</strong> valutazione intellettuale <strong>dell</strong>e grandezze (quella <strong>dell</strong>’aritmetica) si arriva<br />

altrettanto lontano, sia che si spinga la comprensione <strong>dell</strong>e unità al numero 10 (nel sistema<br />

decimale), sia solo fino al 4 (nel sistema tetradico); ma l’ulteriore produzione di grandezze <strong>nella</strong><br />

composizione, ovvero nell’apprensione, essendo il quantum dato nell’intuizione, viene eseguita<br />

solo progressivamente (non comprensivamente) secondo il principio di progressione che è stato<br />

55 KrV, A37/B54.<br />

63


assunto. L’intelletto in questa valutazione matematica <strong><strong>dell</strong>a</strong> grandezza è altrettanto ben servito e<br />

soddisfatto, sia che l’immaginazione scelga per unità una grandezza che si può cogliere in<br />

un’occhiata, per esempio un piede o una pertica, sia un miglio tedesco o addirittura un diametro<br />

terrestre, di cui è, sì, possibile l’apprensione, ma non la comprensione in una intuizione<br />

<strong>dell</strong>’immaginazione (non mediante la comprehensio aesthetica, sebbene, certo, mediante<br />

comprehensio logica in un concetto numerico). In entrambi i casi la valutazione logica <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

grandezza procede senza ostacoli all’infinito. 56<br />

L’algebra è l’arte (Kunst) che determina il principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> progressione in<br />

matematica ed essa può trovare nuovi tipi di regole empiricamente. 57 Questo lascia<br />

aperta la possibilità di uno spazio “flessibile” per la filosofia trascendentale e di infinite<br />

configurazioni <strong>dell</strong>o spazio geometrico. Secondo il passo citato in precedenza, non è<br />

possibile generare una grandezza (Größe) in composizione attraverso la comprensione,<br />

in quanto per Kant questo significherebbe conoscere qualcosa attraverso l’intuizione. 58<br />

Al contrario il principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> progressione, che è un’illimitata successione nel tempo,<br />

rende possibile una conoscenza discorsiva che fonda il processo di costruzione di<br />

concetti nell’intuizione.<br />

Questo processo è la comprehensio logica attraverso cui le rappresentazioni<br />

intuitive immediate possono essere tradotte o apprese in un concetto numerico<br />

attraverso uno schema, una regola.<br />

Nel caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> divisibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia possono essere seguite due regole<br />

possibili che determinano una sintesi in indefinitum o in infinitum. Infatti spazio e<br />

tempo come intuizioni possono essere considerati sia da un punto di vista quantitativo<br />

che qualitativo. Da un lato, Kant considera lo spazio e il tempo come grandezze<br />

estensive, cioè come mere forme <strong>dell</strong>e relazioni tutto-parti che seguono una sintesi<br />

secondo un principio di progressione in infinitum. 59 Dall’altro, da un punto di vista<br />

qualitativo, spazio e tempo sono composti come quanta continua, 60<br />

il cui processo di<br />

composizione procede in indefinitum.<br />

Questo approccio permette evidentemente una connessione tra filosofia e fisica,<br />

attraverso lo strumento <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica, e getta luce sul fatto che sia la matematica che<br />

la filosofia presuppongono l’assioma <strong>dell</strong>’unicità <strong>dell</strong>o spazio-tempo. La sintesi che<br />

56<br />

KdU, KGS V, pp. 251-52.<br />

57<br />

I. Kant, Reflexionen zur Mathematik, KGS XIV, pp. 58-59: “Würde man es nicht a priori beweisen<br />

können, dass ( in einem solchen Falle ) die mittlere proportional Größe eine Irrationalgröße sei, sondern<br />

fände sich dieses bloß empirisch: so musste man auf einen besonderen, im Zahlbegriffe ( des Verstandes )<br />

nicht enthaltenen, mithin subjektiven Grund in einer unerforschten Natur der Einbildungskraft raten,<br />

deren Natur das hervorbrächte, was dem der Verstand selbst im Denken nicht gleich kommen kann”.<br />

58<br />

Cfr. I. Kant, KGS XXIV, p. 845.<br />

59<br />

Cfr. KrV, A161/B203.<br />

60<br />

Cfr KrV, A 169/B212.<br />

64


ende possibile la trattazione <strong>dell</strong>e intuizioni formali da un punto di vista qualitativo è la<br />

sintesi oggettiva <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione, che presuppone sempre la sintesi soggettiva o<br />

Zusammestellung. Questo aspetto poco investigato dalla letteratura critica appare invece<br />

essenziale per comprendere le ricadute <strong>dell</strong>’applicazione alle intuizioni formali del<br />

principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> progressione all’infinito, 61<br />

come il passo seguente suggerisce:<br />

Se la sintesi del molteplice <strong>dell</strong>’apparenza è interrotta, si ha allora un aggregato di molte<br />

apparenze (e non propriamente un’apparenza intesa come quantum), il quale non viene<br />

costituito dalla semplice continuazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi produttiva di una certa specie, bensì dalla<br />

ripetizione di una sintesi sempre troncata. […] Orbene, dato che a fondamento di ogni numero<br />

deve stare comunque l’unità, così l’apparenza, in quanto unità, è un quantum, e come tale, è<br />

sempre un continuum. 62<br />

Ma l’aspetto più degno di nota è che questo principio di progressione può<br />

presentare differenti configurazioni <strong>dell</strong>e determinazioni <strong>dell</strong>o spazio, in quanto la sua<br />

regola può essere scelta, 63<br />

come Kant puntualizza <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio:<br />

In quanto semplice fenomeno, l’infinito del mondo dei sensi viene interamente<br />

compreso sotto un concetto <strong>nella</strong> valutazione intellettuale pura <strong><strong>dell</strong>a</strong> grandezza, sebbene esso<br />

non possa mai essere pensato interamente <strong>nella</strong> valutazione matematica mediante concetti<br />

numerici. […] Ora però, per la valutazione matematica <strong><strong>dell</strong>a</strong> grandezza, l’immaginazione è<br />

all’altezza di ogni oggetto al fine di darne una misura sufficiente, dato che i concetti numerici<br />

<strong>dell</strong>’intelletto, mediante la progressione, possono rendere adeguata ogni misura a qualsiasi<br />

grandezza data. 64<br />

E’ interessante notare che senza la sintesi <strong>dell</strong>’immaginazione, gli oggetti<br />

matematici non potrebbero essere dati. In secondo luogo, si noti come l’algebra 65<br />

renda<br />

possibile l’applicazione del principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> progressione <strong>nella</strong> costruzione, in quanto è<br />

l’arte di produrre grandezze dalla misura indipendentemente da ogni numero reale, ma<br />

semplicemente attraverso relazioni date che devono essere ordinate sotto una regola.<br />

Come scrive Kant nel 1790:<br />

Wenn wir nicht Begriffe vom Raum hatten, so würde die Große √2 für uns keine<br />

Bedeutung haben, weil man sich alsdann jede Zahl als Menge untheilbarer Einheiten vorstellen<br />

könnte. Nun stellen wir uns eine Linie als durch fluxion, mithin in der Zeit erzeugt vor, in der<br />

wir nichts Einfaches vorstellen, und können 1/10, 1/100 etc. etc. von der gegebenen Einheit<br />

denken. 66<br />

61<br />

Cfr. KdU, KGS V, p. 255.<br />

62<br />

KrV, A170/B212.<br />

63<br />

I. Kant, Reflexionen zur Mathematik, KGS XIV, p. 54.<br />

64<br />

KdU, KGS V, p. 256.<br />

65<br />

Per la definizione di algebra, cfr. I. Kant, Reflexionen zur Mathematik, KGS XIV, p. 54.<br />

66<br />

I. Kant, Reflexionen zur Mathematik, KGS XIV, p. 55. Cfr. KrV A170/B212.<br />

65


Pertanto solamente nel processo di costruzione del concetto di un particolare<br />

spazio (come una linea prodotta da un punto che si muove), una grandezza può essere<br />

prodotta nel tempo grazie alla posizione reiterata del tempo stesso, che diventa così<br />

intuizione formale. Inoltre è solamente <strong>nella</strong> costruzione di un particolare spazio che<br />

può essere pensata un’infinita progressione all’interno 67 <strong>dell</strong>’unità data. 68<br />

In matematica la relazione reciproca di spazio e tempo, come intuizioni formali è<br />

chiarificata con l’algebra, in quanto essa produce grandezze seguendo una regola di<br />

misura che determina la quantità procedendo da una pluralità fuori dall’unità (spazio) e<br />

dall’unità alla pluralità successivamente entro l’unità stessa (tempo). L’esibizione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

69<br />

misura e dunque il risultato <strong><strong>dell</strong>a</strong> costruzione di equazioni è possibile per Kant solo<br />

ricorrendo alla geometria, ma senza aritmetica e algebra non si potrebbe avere alcun<br />

concetto di grandezza, come quella <strong><strong>dell</strong>a</strong> diagonale di un quadrato. 70<br />

Inoltre, senza l’esibizione nello spazio, anche il tempo, come intuizione formale<br />

non potrebbe venir rappresentato, cioè rappresentato oggettivamente. Questo aspetto, di<br />

mutua interdipendenza di spazio e tempo, e non la <strong>natura</strong> soggettiva <strong>dell</strong>e forme<br />

<strong>dell</strong>’intuizione, è veramente l’indizio in base al quale collocare la concezione kantiana<br />

<strong>dell</strong>o spazio e del tempo rispetto alla rivoluzione <strong>dell</strong>e geometrie non euclidee e <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

fisica contemporanea. Come spiega chiaramente Jammer in Concepts of Space:<br />

Reichenbach in his systematic study of space and time similarly claimed that space<br />

measurements are reducible to time measurements. In fact he stated explicitly: “Time<br />

is…logically prior to space”. […] Finally, also in Basri’s recently published theory of space and<br />

time – in spite of the order in which these concepts appear in the title of his book – time<br />

precedes space in the order of constructing the foundations of theoretical physics. All these<br />

attempts to derive spatiality or extension from pure temporality, conceived as one-dimensional<br />

order of succession, seem, however, to be open to two serious objections […]. Only if time may<br />

be regarded, not as one-dimensional continuum of instants as conceived in the classical way, but<br />

rather as being endowed with a certain transversal extent, as intimated by Čapek, who followed<br />

in this context Bergson’s philosophy of extensive becoming and Whitehead’s idea of the<br />

creative advance of nature – only then does it seem to be possible to derive spatiality from<br />

temporality. But these similar metaphysical conceptions have not yet been absorbed by science:<br />

Geometry, in the sense of a science of space, has not yet been logically subordinated to<br />

chronometry, the science of time and its measurement. Finally, as far as classical conceptions of<br />

space are concerned, we may safely regard the concept of space as an elementary and primary<br />

notion. 71<br />

67<br />

In quanto il tempo è definito come “Intussusception” grazie alla sintesi <strong><strong>dell</strong>a</strong> Zusammenstellung.<br />

68<br />

Brittan (2006), pp. 232-33.<br />

69<br />

I. Kant, Reflexionen zur Mathematik, KGS XIV, p. 58.<br />

70<br />

I. Kant, Reflexionen zur Mathematik, KGS XIV, p. 54.<br />

71<br />

Jammer (1993), pp. 5-6.<br />

66


Poiché sarebbe oltre lo scopo di questo paragrafo continuare a discutere la<br />

relazione tra algebra, 72 aritmetica e geometria, 73<br />

si consideri quanto segue come una<br />

prospettiva auspicabile di studi futuri che possano chiarire al meglio la concezione<br />

kantiana <strong>dell</strong>o spazio e del tempo e saperla valutare alla luce sia <strong>dell</strong>’attuale progresso<br />

scientifico sia del quadro filosofico.<br />

Dal momento che l’algebra, in quanto aritmetica universale, espande se stessa e<br />

determina la regola <strong><strong>dell</strong>a</strong> progressione <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione in modi<br />

differenti, allora, per Kant, essa mostra differenti possibili configurazioni <strong><strong>dell</strong>a</strong> misura:<br />

lo schema di numero, legato alla dimensione temporale, può essere esibito in concreto<br />

nell’intuizione attraverso la determinazione del numero <strong>dell</strong>e dimensioni <strong>dell</strong>o spazio.<br />

Per riprendere le parole di Kant:<br />

L’aritmetica universale (algebra) è una <strong>scienza</strong> talmente auto-espansiva che non si può<br />

menzionare nessuna <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione che sin qui abbia fatto ciò, così che persino le altre<br />

parti restanti <strong><strong>dell</strong>a</strong> mathesis pura guardano allo sviluppo <strong>dell</strong>e proprie parti più importanti<br />

attraverso l’ampliamento di questa dottrina universale <strong>dell</strong>e grandezze. 74<br />

La possibile applicazione <strong>dell</strong>’algebra <strong>nella</strong> geometria è la chiave di volta per la<br />

comprensione dei Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, in quanto è solo con la<br />

possibile costituzione di spazi, che noi oggi definiamo vettoriali, che la meccanica<br />

classica trova una rappresentazione adeguata <strong>dell</strong>e leggi del moto. Consideriamo, infatti,<br />

le caratteristiche di uno spazio vettoriale.<br />

72 Per il ruolo euristico <strong>dell</strong>’algebra si veda anche I. Kant, Logik Jäsche, KGS IX, p. 20.<br />

73 La lettera a Rehberg (Settembre 1790) spiega questa relazione. Cfr. I. Kant, Briefwechsel, KGS XI, p.<br />

206. Su questo anche Friedman (1992), pp. 110-14.<br />

74 Si veda la lettera a Schultz (1788). Cfr. I. Kant, Briefwechsel, KGS X, p. 555: “Die allgemeine<br />

Arithmetik (Algebra) ist eine der maßen sich erweiternde Wissenschaft, dass man keine der<br />

Vernunftwissenschaften nennen kann, die es ihr hierin gleich täte, so gar, dass die übrige Theile der<br />

reinen Mathesis ihren Wachsthum größtenteils von der Erweiterung jener allgemeinen Größenlehre<br />

erwarten“. Il passo poi prosegue: “Bestände diese nun aus bloß analytischen Urteilen, so wäre wenigstens<br />

die Definition der letzteren unrichtig, dass sie bloß erläuternde Urteile wären und denn wäre es ein<br />

wichtiges, schwer zu beantwortendes Problem: Wie ist Erweiterung des Erkenntnisses durch bloß<br />

analytische Urteile möglich”.<br />

67


Figura 2.1 Esempio di spazio vettoriale<br />

Lo spazio vettoriale è descritto dalla combinazione di assi cartesiani che<br />

rappresentano la direzione di vettori in un dato sistema di riferimento che deve<br />

essere preso come insieme, cioè come unità.<br />

Per quanto riguarda la sezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> Foronomia, Kant fornisce una descrizione<br />

<strong>dell</strong>o spazio-tempo come oggetto, cioè come intuizione formale, proprio grazie<br />

all’algebra lineare. La Foronomia prende in considerazione solamente velocità e<br />

direzione come caratteristiche fisiche <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e non le sue proprietà interne o le<br />

sue forze motrici. Infine, non solo la Foronomia prevede un sistema di riferimento per<br />

la valutazione del movimento che è considerato come unità, cioè come composto<br />

omogeneo, come quantum, ma osservando il procedere <strong>nella</strong> trattazione, si trova inoltre<br />

che è solo attraverso la composizione o somma di movimenti, 75 secondo le regole <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

congruenza, 76 che la Foronomia può dare conto di movimenti composti rettilinei. Per<br />

tale ragione sulla Foronomia, in quanto questa è alla base per la comprensione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

composizione <strong>dell</strong>e forze in fisica, si basa la Meccanica. 77<br />

Che la Foronomia sia alla<br />

base <strong><strong>dell</strong>a</strong> costruzione di spazi vettoriali attraverso l’algebra, è evidente dall’esempio<br />

kantiano di interpretazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> regola del parallelogramma. L’unico Teorema <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

Foronomia è il seguente:<br />

La composizione di due movimenti <strong>dell</strong>o stesso punto si può pensare solo in modo tale<br />

che uno dei due venga rappresentato nello spazio assoluto, mentre, invece nell’altro movimento,<br />

75 Cfr. MAN, KGS IV, p. 486: “Costruire il concetto di un movimento composto significa rappresentare a<br />

priori nell’intuizione un movimento, in quanto risulta dal congiungimento in un solo mobile di due o più<br />

movimenti dati”.<br />

76 Cfr. MAN, KGS IV, pp. 493; 494-495: “La composizione dei movimenti, allo scopo di determinare il<br />

loro rapporto reciproco in quanto grandezze, deve avvenire secondo le regole <strong><strong>dell</strong>a</strong> congruenza, il che in<br />

tutti e tre i casi è possibile solo mediante il movimento <strong>dell</strong>o spazio congruente con uno dei due<br />

movimenti dati, di modo che entrambi i movimenti siano congruenti con quello composto”.<br />

77 MAN, KGS IV, p. 487.<br />

68


viene rappresentato, come ad esso equivalente, un movimento <strong>dell</strong>o spazio relativo che abbia la<br />

stessa velocità, ma direzione opposta. 78<br />

L’obiettivo di Kant è quello di mostrare come le dimostrazioni <strong>dell</strong>’epoca di<br />

questo teorema, non fossero altro che dimostrazioni meccaniche e non foronomiche.<br />

Secondo Kant le soluzioni meccaniche ricorrevano a <strong>dell</strong>e cause motrici, “mediante le<br />

quali un movimento dato congiunto con un altro ne produceva un terzo, senza fornire la<br />

prova che questi due movimenti sono identici al terzo e come tali si lasciano<br />

rappresentare a priori nell’intuizione pura”. 79 Nella definizione del teorema, infatti, con<br />

la parola composizione (Zusammensetzung) si intende che entrambi i movimenti dati<br />

siano contenuti in un terzo, cioè che siano identici ad esso, e non che ne producano un<br />

terzo in quanto l’uno modifica l’altro. 80<br />

Nell’esame del terzo caso <strong>nella</strong> Dimostrazione al Teorema Kant prende in esame<br />

il caso in cui due movimenti di uno stesso punto, lungo direzioni che racchiudono un<br />

angolo, vengano rappresentati congiuntamente, come mostra la seguente figura:<br />

Fig. 2.2 Immagine tratta dai MAN<br />

Per dimostrare che la diagonale AD esprime sia la direzione che la velocità del<br />

movimento composto, l’argomento mostra che nell’ultimo istante di tempo il corpo A si<br />

trova nel punto D e che nel corso del tempo si trova su tutti i punti <strong><strong>dell</strong>a</strong> diagonale AD.<br />

Per giungere a questa conclusione Kant presuppone che tale costruzione del movimento<br />

78 MAN, KGS IV, p. 490.<br />

79 Cfr. MAN, KGS IV, p. 493.<br />

80 Cfr. MAN, KGS IV, p. 492.<br />

69


è possibile solo mediante la congiunzione del movimento del corpo col movimento<br />

<strong>dell</strong>o spazio: 81<br />

Si supponga che il movimento AC proceda nello spazio assoluto e al movimento AB si<br />

sostituisca il movimento <strong>dell</strong>o spazio relativo <strong>nella</strong> direzione opposta. Si divida la linea AC in<br />

tre parti uguali AE, EF, FC. Ora, mentre il corpo A percorre la linea AE nello spazio assoluto, lo<br />

spazio relativo, insieme al punto E, percorre lo spazio Ee = MA; mentre il corpo percorre le due<br />

parti che insieme sono uguali ad AF, lo spazio relativo, insieme al punto F, descrive la linea Ff<br />

= NA; mentre infine il corpo percorre l’intera linea AC, lo spazio, insieme al punto C percorre<br />

la linea Cc = BA; tutto ciò è lo stesso che se il corpo A, in questi tre intervalli di tempo, avesse<br />

percorso le linee Em, Fn e CD, rispettivamente uguali ad AM, AN, AB e, nell’intero tempo<br />

impiegato a percorrere AC, avesse percorso la linea CD = AB. 82<br />

Nella dimostrazione Kant tiene presente la costruzione del moto rettilineo e non<br />

di quello curvilineo, che è invece oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> Meccanica. Questo significa, al<br />

contrario di quello che M. Friedman sostiene, 83 e che riporta fedelmente P. Pecere<br />

nell’edizione italiana, che Kant si distacca da Newton sul modo di costruzione del<br />

movimento, proprio in virtù <strong><strong>dell</strong>a</strong> diversa concezione <strong>dell</strong>o spazio-tempo e <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

geometria che sviluppa negli anni immediatamente successivi alla Dissertazione del<br />

1770. Questo è evidente non appena si consideri la figura, che Newton impiega nei<br />

Principia, e i corollari che l’accompagnano. 84<br />

Nel Corollario 4 al Lemma 3 Newton<br />

afferma:<br />

E per conseguenza queste ultime figure (quanto ai loro perimetri acE) non sono<br />

rettilinee, ma sono limiti curvilinei di figure rettilinee. 85<br />

Questo conseguentemente impone nel Corollario 86<br />

che, se due quantità qualsiasi<br />

sono divise in egual numero di parti qualsiasi, e che, se queste parti hanno fra di loro<br />

ordinatamente una ragione, allorché il loro numero aumenta e la loro grandezza<br />

diminuisce all’infinito, anche le quantità stesse avranno lo stesso rapporto.<br />

81<br />

Cfr. MAN, KGS IV, p. 494.<br />

82<br />

MAN, KGS IV, p. 493.<br />

83<br />

Cfr. I. Kant, Metaphysical Foundations of Natural Science, trad. ingl. a cura di M. Friedman,<br />

Cambridge 2004, p. 29 nota.<br />

84<br />

I. Newton, Principi di filosofia <strong>natura</strong>le. Teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> gravitazione, (Principia), a cura di F. Enriques e<br />

U. Forti, Roma 1990, pp. 84-85.<br />

85<br />

Newton, Principia, p. 85.<br />

86<br />

Newton, Principia, p. 86.<br />

70


Fig. 2.3 Regola <strong><strong>dell</strong>a</strong> somma dei parallelogrammi di Newton<br />

Questa concezione di Newton è sottoscritta da Kant <strong>nella</strong> Meccanica, ma non<br />

<strong>nella</strong> Foronomia, in quanto quest’ultima deve svolgere la funzione di rendere possibile<br />

la rappresentazione del movimento e <strong>dell</strong>e leggi <strong><strong>dell</strong>a</strong> meccanica classica fondate<br />

sull’idealismo trascendentale di spazio e tempo. Il movimento preso in considerazione<br />

dai Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, infatti, è quello che può venir<br />

costruito e che costituisce la descrizione di uno spazio:<br />

Il movimento di un oggetto nello spazio non appartiene ad una <strong>scienza</strong> pura, e quindi<br />

neppure alla geometria: in effetti, che un qualcosa sia mobile può essere conosciuto non già a<br />

priori, bensì solo attraverso l’esperienza. Il movimento come descrizione di uno spazio, invece,<br />

è un atto puro <strong><strong>dell</strong>a</strong> successiva sintesi del molteplice <strong>dell</strong>’intuizione esterna in generale,<br />

attraverso la capacità produttiva <strong>dell</strong>’immaginazione, ed appartiene non soltanto alla geometria,<br />

ma anche alla filosofia trascendentale. 87<br />

Questa concezione kantiana del movimento implica una visione <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia<br />

come il mobile nello spazio, cioè, affinché lo spazio venga descritto si deve considerare<br />

il movimento, cioè occorre che vi sia materia, che lo spazio sia riempito di essa, perché<br />

possa avvenire una descrizione dei fenomeni. 88<br />

Per il momento, dunque, ci si limiterà all’analisi <strong>dell</strong>e possibili sintesi che<br />

soggiacciono al processo di costruzione del movimento e dunque ai possibili modi di<br />

descrivere lo spazio <strong>nella</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. Questo di riflesso getterà luce anche sulla<br />

trattazione kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. Sin dalle prime battute <strong><strong>dell</strong>a</strong> Foronomia si trova la<br />

89<br />

distinzione capitale per la possibilità di pensare il movimento come relativo, che<br />

87<br />

KrV, B155 nota.<br />

88<br />

Tuttavia é possibile considerare il movimento da più punti di vista, non solo da quello foronomico,<br />

come Kant indica <strong>nella</strong> sezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> Fenomenologia.<br />

89<br />

MAN, KGS IV, p. 562: “Non si ha dunque movimento assoluto neanche se si pensa un corpo che si<br />

muove nello spazio vuoto rispetto ad un altro corpo; in questo caso, il movimento dei due corpi non viene<br />

71


poggia sulla distinzione tra spazio assoluto e spazio relativo. Quest’ultimo è lo spazio<br />

che si muove o spazio materiale, mentre lo spazio assoluto è definito come “ogni<br />

ulteriore spazio relativo che io posso sempre pensare al di fuori di quello dato”, 90<br />

o<br />

anche come spazio puro, non empirico.<br />

Il punto di vista kantiano tende ad una definizione operativa <strong>dell</strong>o spazio<br />

91<br />

assoluto, che poi <strong>nella</strong> Fenomenologia ricoprirà un ruolo puramente regolativo e non<br />

certo costitutivo per la costruzione del concetto di materia e per la fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>.<br />

Questa osservazione porta alla conclusione che Kant mostrava un aspetto di<br />

continuità con la concezione relazionale <strong>dell</strong>o spazio di Leibniz. Del fatto che Kant non<br />

abbracciasse ciecamente la dottrina newtoniana se ne trae un esempio dal fatto che sin<br />

dall’epoca precritica, la prova accettata da Kant <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza centrifuga era quella<br />

92<br />

geometrica di Huygens e non quella formulata da Newton. La ragione di questo rifiuto<br />

sta nel fatto che la formulazione newtoniana non prevedeva una definizione di spazio<br />

assoluto, che noi oggi chiameremo “operativa”, ma una sua definizione ontologica e<br />

metafisica, come risulta evidente dall’enunciato del teorema sulle forze centripete:<br />

Le aree che i corpi spinti da forze descrivono durante un movimento curvilineo attorno<br />

ad un centro immobile, giacciono in un piano immobile, e sono proporzionali ai tempi. 93<br />

Tuttavia un’analisi più attenta svela anche un aspetto di differenza con Leibniz:<br />

la premessa fondamentale <strong><strong>dell</strong>a</strong> Foronomia è che questa dottrina definisce il concetto di<br />

materia grazie a quello di movimento e prescinde da quello di estensione, cosicché la<br />

materia possa essere considerata come un punto materiale e il movimento possa essere<br />

definito come “il cambiamento dei rapporti esterni di una cosa rispetto a uno spazio<br />

dato”. 94 Questo costituisce il sistema di riferimento secondo cui la materia è, in quanto<br />

mobile, unità, per cui il movimento di una cosa è differente dal movimento <strong>nella</strong> cosa. 95<br />

considerato relativamente allo spazio circostante, ma solo rispetto allo spazio che li separa, inteso come<br />

spazio assoluto, il quale però determina solo il loro rapporto reciproco: di nuovo, dunque, il movimento<br />

non è che un relativo”.<br />

90<br />

MAN, KGS IV, p. 481.<br />

91<br />

Per ulteriori spunti cfr. Jammer (1993), p. 140. La critica di Kant allo spazio assoluto di Newton è un<br />

oggetto di indagine interessante se messo in relazione con la teoria di Maxwell e il superamento del<br />

concetto di spazio assoluto in fisica.<br />

92<br />

Cfr. infra, Capitolo IV.<br />

93<br />

Newton, Principia, p. 99.<br />

94<br />

MAN, KGS IV, p. 483.<br />

95<br />

MAN, KGS IV, p. 483. Si noti come queste affermazioni siano in linea col principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> relatività<br />

classica.<br />

72


Lo sviluppo <strong><strong>dell</strong>a</strong> molteplice trattazione del movimento, svelata <strong>nella</strong> sezione<br />

Fenomenologia, prende le mosse dalla prima sezione, la Foronomia, che può essere<br />

letta come una dichiarazione di intenti da parte di Kant di volersi distinguere dalla<br />

posizione di Newton e da quella di Leibniz.<br />

Attraverso la costruzione foronomica Kant vuole classificare i movimenti<br />

rotatori e traslatori. In questi ultimi sono inclusi i movimenti rettilinei e curvilinei e<br />

quelli circolari o oscillatori. 96<br />

Direzione e velocità (V=S/T) sono i due momenti che<br />

intervengono <strong>nella</strong> considerazione del movimento, se si astrae dalle altre proprietà <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia:<br />

Nella Foronomia, noi impieghiamo la parola velocità nel solo significato spaziale<br />

V=S/T. 97<br />

Con questa formula Kant ritiene che si possa dar conto del moto rettilineo<br />

uniforme e uniformemente accelerato, ma non di movimenti rotatori il cui grado di<br />

velocità è preso in esame, invece, <strong>nella</strong> Meccanica. Ma è rispetto al concetto fisico di<br />

quiete che Kant elabora una posizione interessante:<br />

Non si deve dunque definire la quiete come la mancanza di movimento, dato che questa,<br />

in quanto velocità uguale a zero, non è affatto suscettibile di costruzione, ma come la presenza<br />

persistente nello stesso luogo, dato che questo concetto si può costruire in un tempo finito anche<br />

per mezzo <strong><strong>dell</strong>a</strong> rappresentazione di un movimento con velocità infinitamente piccola, e quindi<br />

può essere impiegato per la successiva applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica alla <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. 98<br />

La Foronomia ha il compito di determinare a priori la costruzione dei<br />

movimenti in generale in quanto grandezze, sia secondo la loro velocità che secondo la<br />

loro direzione e dunque anche secondo la loro composizione (Zusammensetzung). Il<br />

concetto determinato di una grandezza è il concetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> produzione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

rappresentazione di un oggetto mediante la composizione <strong>dell</strong>’omogeneo e, dunque,<br />

oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> Foronomia è il movimento stesso e la composizione dei movimenti. 99<br />

Riguardo alla composizione del movimento Kant sostiene che:<br />

96 MAN, KGS IV, p. 483.<br />

97 MAN, KGS IV, p. 484.<br />

98 MAN, KGS IV, p. 486.<br />

99 MAN, KGS IV, p. 489.<br />

73


Costruire il concetto di un movimento composto significa rappresentare a priori<br />

nell’intuizione un movimento, in quanto risulta dal congiungimento in un solo mobile di due o<br />

più movimenti dati. 100<br />

Tuttavia una domanda legittima sorge, laddove ci si interroghi sull’effettiva<br />

differenza tra Foronomia e Meccanica. A questa domanda Kant risponde come segue:<br />

Nella Foronomia, dunque, in cui tratto solo del movimento di un corpo rispetto allo<br />

spazio (sulla quiete o sul movimento del quale il corpo non ha alcun influsso), è in sé del tutto<br />

indeterminato e arbitrario, se e in che misura io voglia attribuire al corpo o allo spazio la<br />

velocità del movimento dato; in seguito, <strong>nella</strong> Meccanica, poiché si dovrà trattare <strong>dell</strong>’azione<br />

effettiva di un corpo che si muove sugli altri corpi presenti nello spazio del suo movimento, la<br />

cosa non sarà più così indifferente. 101<br />

Nella Meccanica, infatti, occorre prendere in considerazione la causa del<br />

movimento che viene prodotto come effetto. Ma c’è un’ulteriore e importante<br />

distinzione da compiere prima di procedere. Altro aspetto fondamentale per questa<br />

ricerca consiste, infatti, nell’esplicitare la distinzione tra la geometria e la Foronomia,<br />

per poter indagare la possibile duplice trattazione fisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e la possibilità per<br />

la matematica di descrivere infiniti spazi. Nei Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong> si legge:<br />

Nella Foronomia […] posso considerare il movimento soltanto come descrizione di uno<br />

spazio, in modo tale però da prendere in considerazione non solo lo spazio che viene descritto,<br />

come <strong>nella</strong> geometria, ma anche il tempo impiegato e dunque la velocità con cui il punto<br />

descrive lo spazio. 102<br />

Sulla base di questa premessa, Kant ritiene che la Foronomia sia la dottrina pura<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> quantità (mathesis) dei movimenti e in particolare non contiene nient’altro che il<br />

teorema <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione del movimento che riguarda la possibilità del solo<br />

movimento rettilineo. 103 La composizione del movimento curvilineo ha bisogno, infatti,<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> considerazione di forze agenti sulla direzione del movimento ed è preso in esame<br />

dalla Meccanica. La composizione dei movimenti si basa per Kant sulla congruenza,<br />

richiamandosi alla costruzione geometrica, secondo cui essa è la completa similitudine e<br />

uguaglianza, in quanto può venire riconosciuta <strong>nella</strong> sola intuizione. 104<br />

100 MAN, KGS IV, p. 486.<br />

101 MAN, KGS IV, p. 488.<br />

102 MAN, KGS IV, p. 489.<br />

103 MAN, KGS IV, p. 495.<br />

104 MAN, KGS IV, p. 493.<br />

74


Poiché la Foronomia riguarda la costruzione del concetto di velocità, in quanto<br />

grandezza, prevede la congiunzione del movimento del corpo con il movimento <strong>dell</strong>o<br />

spazio. Dal momento che la velocità è una grandezza intensiva, il suo concetto si può<br />

costruire solamente con la composizione indiretta di due movimenti equivalenti (quello<br />

del corpo e quello <strong>dell</strong>o spazio relativo <strong>nella</strong> direzione opposta). 105<br />

La prima sezione dei<br />

Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> si chiude con un’osservazione preziosa:<br />

Poiché il concetto di una grandezza in generale contiene sempre quello <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

composizione <strong>dell</strong>’omogeneo, la dottrina <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione dei movimenti coincide con la loro<br />

dottrina pura <strong><strong>dell</strong>a</strong> quantità, e precisamente secondo tutti e tre i momenti che ci fornisce lo<br />

spazio: l’unità di linea e direzione, la molteplicità <strong>dell</strong>e direzioni su una stessa linea e infine la<br />

totalità <strong>dell</strong>e direzioni e <strong>dell</strong>e linee secondo cui può avvenire il movimento. 106<br />

Si vede da questo passo che <strong>nella</strong> metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> le categorie di unità,<br />

molteplicità e totalità possono venir applicate allo spazio come intuizione formale, che<br />

può venir descritto secondo la determinazione del tempo. Mediante questa operazione è<br />

altresì possibile la dottrina <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione dei movimenti su base foronomica e<br />

dunque una resa del tempo in termini spaziali.<br />

Leggendo approfonditamente le pagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> Foronomia e <strong>dell</strong>e altre tre sezioni<br />

<strong>dell</strong>’opera, risulta di estremo interesse confrontarsi con l’interpretazione <strong>dell</strong>e<br />

determinazioni del movimento di B. Falkenburg esposta nel paragrafo precedente. E’<br />

possibile infatti mostrare come la determinazione del predicabile del movimento esposta<br />

da Falkenburg possa essere integrata anche con una ricostruzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> presenza dei<br />

concetti di riflessione corrispondenti alle singole sezioni <strong>dell</strong>’opera, segno <strong>dell</strong>’attività<br />

che soggiace alla rappresentazione oggettiva <strong>dell</strong>o spazio e del tempo. Prima di esporre<br />

questa ricostruzione si tratta brevemente il presupposto interpretativo alla base di essa.<br />

***<br />

Per comprendere meglio quanto anticipato nel Capitolo I e quanto si è detto in<br />

merito alla costruzione del concetto di materia nell’opera del 1786, una digressione<br />

sull’origine dei concetti di riflessione si presenta come un utile strumento di<br />

approfondimento. Kant compie l’analisi dei concetti di riflessione nell’Appendice<br />

all’Analitica trascendentale e nei Prolegomena. Partendo dall’assunto kantiano secondo<br />

cui i concetti <strong>dell</strong>’intelletto presuppongono sempre un’attività (anche le categorie<br />

105 MAN, KGS IV, p. 494.<br />

106 MAN, KGS IV, p. 495.<br />

75


presuppongono per essere trovate un’attività, che è quella del giudicare), si può<br />

mostrare come sorgano i concetti di riflessione da un atto <strong><strong>dell</strong>a</strong> spontaneità e come siano<br />

necessariamente connessi alla dimensione <strong>dell</strong>’appercezione empirica:<br />

Ciò che rende oltremodo utile questa critica <strong>dell</strong>e conclusioni dedotte dai semplici atti<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> riflessione, è il fatto che essa mostra chiaramente la nullità di tutte le conclusioni su<br />

oggetti confrontati tra loro unicamente nell’intelletto, e conferma al tempo stesso quello che noi<br />

abbiamo messo principalmente in rilievo, ossia che le apparenze, sebbene non siano comprese<br />

come cose in sé tra gli oggetti <strong>dell</strong>’intelletto puro, sono tuttavia i soli oggetti, rispetto a cui la<br />

nostra conoscenza possa avere una realtà oggettiva, rispetto a cui cioè corrisponda ai concetti<br />

un’intuizione. 107<br />

I concetti di identità/diversità, interno/esterno, accordo/contrasto, forma/materia<br />

sono il risultato dei differenti modi di relazione possibili tra la co<strong>scienza</strong> e le proprie<br />

rappresentazioni. Tutta la metafisica kantiana ha bisogno di questi concetti per<br />

determinare a priori il luogo (Ort) del contenuto rappresentativo di qualsiasi concetto<br />

(anche quello di materia) in relazione alla co<strong>scienza</strong>, “in uno stato <strong>dell</strong>’animo”. 108<br />

Da un punto di vista logico, questi concetti, sono il risultato <strong><strong>dell</strong>a</strong> complessa<br />

attività <strong>dell</strong>’astrazione, comparazione e riflessione che la co<strong>scienza</strong> compie nel<br />

confrontare le proprie rappresentazioni con le proprie fonti conoscitive a prescindere da<br />

un contenuto empirico dato. Non stupisce, perciò, che Kant leghi indissolubilmente i<br />

concetti di riflessione all’attività del giudicare in un primo momento attraverso la<br />

spiegazione <strong>dell</strong>’attività <strong><strong>dell</strong>a</strong> riflessione logica:<br />

Prima di costituire un qualsiasi giudizio oggettivo, noi confrontiamo i concetti, per<br />

giungere all’identità (di molte rappresentazioni subordinatamente ad un solo concetto), in vista<br />

di giudizi universali, o alla diversità di tali rappresentazioni, per la produzione di giudizi<br />

particolari; all’accordo, onde possono risultare giudizi affermativi, e al contrasto, onde possono<br />

risultare giudizi negativi. 109<br />

L’attività <strong><strong>dell</strong>a</strong> riflessione logica di confronto tra le rappresentazioni e la<br />

co<strong>scienza</strong>, secondo le categorie (per esempio nel caso dei giudizi universali interviene la<br />

funzione <strong>dell</strong>’unità di molte rappresentazioni sotto un concetto), è però diversa dalla<br />

riflessione trascendentale, che contiene, invece, il fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

comparazione oggettiva <strong>dell</strong>e rappresentazioni tra loro e che soggiace alla<br />

determinazione di concetti dati alla ragione attraverso concetti di riflessione.<br />

107 KrV, A278-9/B334-5.<br />

108 KrV, A261/B317.<br />

109 KrV, A262/B317-8.<br />

76


Il riferimento che Kant fa esplicitamente ai Topici di Aristotele 110 non implica<br />

che la genesi dei concetti di riflessione sia da rinvenire <strong>nella</strong> pura dimensione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

tradizione logica, come invece tra gli altri ha sostenuto B. Falkenburg. 111 Sebbene<br />

Baumgarten tratti <strong>nella</strong> sua Metaphysica le dicotomie dei concetti di identità/diversità,<br />

interno/esterno, non li connette all’atto <strong><strong>dell</strong>a</strong> riflessione trascendentale, bensì all’essenza<br />

e all’ordine <strong>dell</strong>e sostanze. 112<br />

Invece per Kant, perché si diano i concetti di riflessione, deve essere presupposta<br />

solamente l’unità <strong>dell</strong>’autoco<strong>scienza</strong>, in quanto tali concetti soggiacciono alla<br />

113<br />

formulazione dei giudizi, sono in vista di essi. Sebbene i concetti di riflessione siano<br />

posti all’interno del dominio <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica, per originarli è presupposta una<br />

dimensione trascendentale o meta-teoretica, come la definisce Natterer, 114<br />

quella<br />

<strong>dell</strong>’appercezione trascendentale.<br />

Il nesso tra quelli che Kant indica come concetti di riflessione appartenenti alla<br />

topica trascendentale e il processo di determinazione dei rapporti reciproci tra predicati<br />

era già stato trattato da Aristotele nei Topici, come mostra il passo seguente:<br />

110 Cfr. Aristotele, Topici, in Organon, Milano 2003, pp. 405-643. In particolare per i concetti di identitàdiversità,<br />

pp. 411-412; per quelli di accordo e contrasto, pp. 425-426; Cfr. KrV, A268-269/B324-325:<br />

“Ogni concetto, ogni titolo sotto cui rientrino molte conoscenze può essere chiamato luogo logico. Su ciò<br />

si fonda la topica logica di Aristotele”. Quest’ultima, si deve assolutamente distinguere dalla topica<br />

trascendentale. Tuttavia ciò che accomuna l’indagine aristotelica dei topici a quella kantiana è<br />

sicuramente la costruzione di un sistema di orientamento, di un metodo di definizione e determinazione<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza secondo principi, che, però secondo Kant, Aristotele avrebbe rinvenuto per<br />

induzione e non attraverso una deduzione, riscontrando non poche difficoltà nel dover dimostrare perché<br />

quei principi e non altri erano a fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza e <strong>dell</strong>’ontologia. Ciò che è interessante<br />

notare a livello di storia <strong><strong>dell</strong>a</strong> logica è il fatto che <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura Kant afferma che la<br />

topica aristotelica ha finito per diventare funzionale alle diatribe sofistiche, sebbene fosse nata con<br />

l’intento opposto di preservare le conoscenze da esse. Per Kant la topica trascendentale è l’unica dotata di<br />

una rilevanza scientifica. Tuttavia, nell’ultima parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua produzione e nelle tarde lezioni logiche,<br />

Kant ritorna esplicitamente sulla questione <strong><strong>dell</strong>a</strong> topica e anzi torna ad esaltare il ruolo che essa può<br />

giocare nell’ambito di proposizioni fondamentali euristiche, <strong>nella</strong> classificazione dei concetti, predicabili<br />

<strong>dell</strong>’intelletto: la topica va a costituirsi come la disciplina, la tecnica che dà i titoli ai predicabili.<br />

Chiaramente Kant non arriva a tali osservazioni perché aveva in mente una combinatoria come quella<br />

leibniziana, ma se di una sorta di combinatoria bisogna parlare, essa assume un carattere definito nel<br />

numero, in quanto la tavola <strong><strong>dell</strong>a</strong> topica avrà come base le dodici categorie, così da produrre un ulteriore<br />

incasellamento dei predicabili. Questi ultimi che sono concetti originari <strong>dell</strong>’intelletto, ma derivati dalle<br />

categorie, vanno a costituire una griglia di classificazione dei concetti, secondo i titoli <strong>dell</strong>e categorie,<br />

assecondando, in tal modo, una fortissima esigenza di completezza sistematica. Tale progetto è già<br />

presente nei Prolegomena zu einer jeden künftigen Metaphysik, die als Wissenschaft wird auftreten<br />

können, KGS IV, pp. 322-327 e <strong>nella</strong> nota relativa redatta da Kant, in KGS IV, p. 326.<br />

111 Falkenburg (1987), p. 43.<br />

112 Cfr. Baumgarten, Metaphysica, §37: “Relationes possibilium sunt eorundem DETERMINATIONES<br />

EXTERNAE (relativae, ad extra, extrinsecae), reliquae omnes, INTERNAE”; cfr. §38: “Si in A sunt,<br />

quae in B, A et B sunt EADEM. Non eadem sunt DIVERSA (alia)”.<br />

113 KrV , A262/B317-8.<br />

114 P. Natterer, Systematischer Kommentar zur Kritik der reinen Vernunft, Berlin 2003, p. 368.<br />

77


Dato che i contrari si connettono l’uno all’altro in sei modi – ma ad un’opposizione<br />

danno luogo se congiunti in quattro di questi modi – occorre assumere i contrari <strong>nella</strong> forma in<br />

cui sia utile, tanto per chi demolisce quanto per chi consolida un’affermazione. Che dunque si<br />

connettano in sei modi, è evidente. In primo luogo infatti potrà avvenire che ciascuna <strong>dell</strong>e due<br />

determinazioni contrarie si congiunga a ciascuno dei due oggetti contrari; questo poi accade in<br />

due modi: ad esempio, far del bene agli amici e far del male ai nemici, o inversamente, far del<br />

male agli amici e far del bene ai nemici. In secondo luogo, potrà darsi che entrambe le<br />

determinazioni contrarie vengano attribuite ad un unico oggetto; anche questo avviene in due<br />

modi: ad esempio, far del bene agli amici e far del male agli amici, oppure, far del bene ai<br />

nemici e far del male ai nemici. In terzo luogo, potrà avvenire che un’unica determinazione sia<br />

riferita ad entrambi gli oggetti contrari; anche questo infine accade in due modi: ad esempio, far<br />

del bene agli amici e far del bene ai nemici, oppure far del male agli amici e far del male ai<br />

nemici. 115<br />

E’ possibile che Kant avesse presente i Topici di Aristotele. Tuttavia, Kant se ne<br />

discosta, in primo luogo, perché designa i concetti di riflessione e la divisione<br />

metafisica come gli strumenti per orientarsi <strong>nella</strong> costituzione sistematica <strong><strong>dell</strong>a</strong> “nuova”<br />

metafisica. In secondo luogo, Kant non lega i concetti di riflessione alle categorie, bensì<br />

alle funzioni logiche nei giudizi (quantità, qualità, relazione e modalità).<br />

L’aspetto cruciale <strong><strong>dell</strong>a</strong> distinzione kantiana tra categorie e funzioni logiche nei<br />

giudizi è stato analizzato da S. Marcucci in Funzioni logiche e categorie in Kant, 116 in<br />

cui le categorie e le funzioni logiche si muovono su due piani diversi, anche se tra loro<br />

strettamente connessi. 117 Le funzioni logiche sono viste da Marcucci come quel ponte<br />

che rende possibile l’Übergang tra logica formale e logica trascendentale. 118<br />

Ora, proprio sulla base degli studi di Marcucci e <strong>dell</strong>’interpretazione di Natterer<br />

si può procedere nel proporre un esame di tutte le dicotomie dei concetti di riflessione<br />

secondo l’ipotesi <strong><strong>dell</strong>a</strong> loro derivazione dall’attività <strong><strong>dell</strong>a</strong> spontaneità, cercando di<br />

mostrare come la stessa appercezione trascendentale sia determinata attraverso di essi<br />

realizzando il passaggio dall’appercezione pura a quella empirica.<br />

Quella che segue è l’ipotesi circa la genesi sul piano trascendentale dei concetti<br />

di riflessione:<br />

QUANTITÀ<br />

1. Identità/diversità. Questa prima coppia di concetti deriva dall’atto<br />

immediato del soggetto di porsi come identico nel diverso, dall’atto di differenziazione<br />

115 Aristotele, Topici, in Organon, Milano 2003, pp. 448-449.<br />

116 S. Marcucci, Funzioni logiche e categorie in Kant, in AA.VV. Kant und sein Jahrhundert, a cura di C.<br />

Cesa e N. Hinske, Frankfurt am Main-Berlin-Bern-New York, 1993, pp. 123-146.<br />

117 Marcucci (1993), p. 127.<br />

118 Marcucci (1993), p. 130.<br />

78


tra sé e le sue rappresentazioni. Lo scorrere <strong>dell</strong>e rappresentazioni nel senso interno<br />

viene riconosciuto come altro da sé e la co<strong>scienza</strong> si riconosce come identica in ogni<br />

singolo e dunque diverso istante.<br />

QUALITÀ<br />

2. Accordo/contrasto. Questa diade presuppone la precedente e un esame<br />

attento rivela che essa è il frutto del confronto <strong>dell</strong>e rappresentazioni <strong><strong>dell</strong>a</strong> co<strong>scienza</strong><br />

con altre rappresentazioni. Esse possono accordarsi o meno tra loro e con la co<strong>scienza</strong>,<br />

ma questo presuppone, comunque, una connessione con la co<strong>scienza</strong> <strong>dell</strong>e<br />

rappresentazioni esterne tra loro (diverse numericamente). 119<br />

RELAZIONE<br />

3. Interno/esterno. La terza coppia di concetti presuppone le prime due, in<br />

quanto nell’attività <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi intellettuale la co<strong>scienza</strong> riconosce le sue<br />

rappresentazioni come distinte da sé. Questa coppia di concetti svela come le<br />

rappresentazioni singolari di spazio e tempo, ovvero come le intuizioni pure, ci possono<br />

essere date in termini di forme del senso esterno ed interno prima di qualsiasi sintesi<br />

<strong>dell</strong>’immaginazione. Infatti la co<strong>scienza</strong> riconosce come sue, rappresentazioni che sono<br />

altro da sé e si relaziona ad esse compiendo un continuo movimento interno/esterno per<br />

appropriarsene. Non solo le rappresentazioni sono diverse dalla co<strong>scienza</strong>, ma sono<br />

119 Cfr. KdU, KGS V, p. 203 nota: “La definizione del gusto, messa qui a fondamento, è che esso sia la<br />

facoltà di giudicare il bello. Ma ciò che è richiesto per dire bello un oggetto, deve rivelarlo l’analisi dei<br />

giudizi del gusto. Ho messo insieme i momenti, che concernono questa facoltà di giudicare <strong>nella</strong> sua<br />

riflessione, seguendo la guida <strong>dell</strong>e funzioni logiche del giudicare (poiché nei giudizi di gusto è contenuto<br />

pur sempre un riferimento all’intelletto). Ho trattato in primo luogo la funzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> qualità perché il<br />

giudizio estetico sul bello la riguarda in primo luogo”. Cfr. Erste Einleitung in die Kritik der<br />

Urtheilskraft, KGS XX, pp. 225-6. I concetti di accordo e contrasto <strong>nella</strong> loro applicazione sono legati<br />

all’esempio di un piacere che controbilancia un dolore. Di questo esempio si ha traccia anche in epoca<br />

tarda proprio in relazione all’anfibolia dei concetti di riflessione, cfr. Opus postumum, KGS XXI, p. 461.<br />

Questa osservazione assume rilevanza nel quadro del dibattito sullo statuto del principio di conformità a<br />

scopi del giudizio riflettente, ma ancor di più in quello <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria kantiana del sublime. Se il piacere è<br />

infatti ciò che colpisce i sensi immediatamente e il piacevole è ciò che piace al gusto mediante<br />

sensazione, un discorso particolare vale per il piacere sublime che l’uomo prova dinnanzi alla grandezza e<br />

alla potenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. Se lette con la lente dei concetti di riflessione, le pagine dedicate al sublime<br />

svelano questo continuo gioco <strong>dell</strong>e rappresentazioni <strong>nella</strong> sensazione legate ai concetti di accordo e<br />

contrasto con la co<strong>scienza</strong> che suscitano un sentimento di piacere o dispiacere. Il molteplice <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

non viene determinato, quanto è il rapporto di queste rappresentazioni con la co<strong>scienza</strong> e poi con le<br />

facoltà <strong>dell</strong>’animo a generare il sentimento, che svela così una <strong>natura</strong> mediata rispetto all’immediatezza<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> sensazione.<br />

79


diverse o uguali tra loro. Sono l’una esterna all’altra, ma <strong>nella</strong> stessa dimensione unica,<br />

il tempo. 120<br />

La co<strong>scienza</strong> si riconosce in relazione ad esse e le pensa in relazione a sé.<br />

MODALITÀ<br />

4. Forma/materia. L’ultima coppia rappresenta il momento più alto <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

riflessione e onnicomprensivo. La co<strong>scienza</strong> riflette se stessa come identica con le sue<br />

rappresentazioni, che ne costituiscono la materia, ma si riconosce anche come unità<br />

superiore ad esse (diventa autoco<strong>scienza</strong>). La co<strong>scienza</strong> si riflette come forma capace di<br />

ricomprendere le sue parti (il determinabile) sotto una più alta unità. La co<strong>scienza</strong> è<br />

forma (determinazione) che si fa materia (determinabile) e può diventare oggetto a se<br />

stessa.<br />

Questa lettura <strong><strong>dell</strong>a</strong> genesi dei concetti di riflessione permette di chiarire sia la<br />

<strong>natura</strong> del rapporto <strong><strong>dell</strong>a</strong> spontaneità (innere Handlung) con i suoi prodotti sia cosa<br />

comporti la doppia modalità in cui Kant determina l’Io-penso quanto alla forma,<br />

distinguendolo dal possibile contenuto materiale (Stoff) del molteplice <strong>dell</strong>e<br />

rappresentazioni. In secondo luogo, la lettura <strong><strong>dell</strong>a</strong> genesi dei concetti di riflessione<br />

sopra proposta, si può fondare proprio sull’attività <strong><strong>dell</strong>a</strong> spontaneità capace di dare vita<br />

a un concetto, come si evince dall’Anthropologie in Pragmatischer Hinsicht:<br />

Se noi ci rappresentiamo l’azione interna (spontaneità) per cui è possibile un concetto<br />

(un pensiero), cioè la riflessione, e la sensibilità (recettività), per cui è possibile una percezione<br />

(perceptio) o un’intuizione empirica, cioè l’apprensione, come ambedue fornite di co<strong>scienza</strong><br />

allora la co<strong>scienza</strong> di se stesso (apperceptio) si può dividere in quella <strong><strong>dell</strong>a</strong> riflessione e quella<br />

<strong>dell</strong>’apprensione. La prima è una co<strong>scienza</strong> <strong>dell</strong>’intelletto, la seconda è il senso interno; quella è<br />

chiamata l’appercezione pura, questa la empirica, e quindi quella è definita erroneamente come<br />

il senso interno. – Nella psicologia noi indaghiamo noi stessi secondo le rappresentazioni del<br />

nostro senso interno, <strong>nella</strong> logica invece secondo ciò che la co<strong>scienza</strong> intellettuale ci offre. –<br />

Qui dunque l’io ci appare doppio (il che sarebbe contraddittorio): 1) l’io come soggetto del<br />

pensiero (<strong>nella</strong> logica), a cui si riferisce l’appercezione pura (l’io che soltanto riflette), e di cui<br />

nulla più si può dire fuor che è una rappresentazione del tutto semplice; 2) l’io come oggetto<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione e quindi del senso interno, che include una molteplicità di determinazioni, le<br />

quali rendono possibile un’esperienza interna. La questione, se nelle diverse alterazioni interne<br />

<strong>dell</strong>’animo ( <strong><strong>dell</strong>a</strong> memoria o dei principi ammessi da lui) l’uomo, quando è cosciente di tali<br />

alterazioni, possa ancora dire di essere il medesimo (in ciò che concerne l’anima), è assurda;<br />

perché egli può essere cosciente di tali alterazioni solo per il fatto che egli si rappresenta nelle<br />

120 Una possibile applicazione di questi concetti di riflessione è presente nei Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, laddove Kant non solo impiega la coppia di concetti di materia e forma, ma anche di<br />

interno ed esterno per la definizione metafisica di materia. Cfr. MAN, KGS IV, p. 481.<br />

80


diverse condizioni come un solo e medesimo soggetto, e l’io <strong>dell</strong>’uomo è sì duplice quanto alla<br />

forma (al modo di rappresentarsi), ma non quanto alla materia ( al contenuto). 121<br />

***<br />

E’ possibile, date queste premesse, mostrare ora il rinvenimento<br />

<strong>dell</strong>’applicazione dei concetti di riflessione per la costituzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong>, nell’ambito <strong>dell</strong>e quattro sezioni dei Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong>:<br />

1. Identità/diversità <strong>nella</strong> Foronomia<br />

La composizione del movimento è la rappresentazione del movimento di un punto come<br />

identico a due o più movimenti del punto congiunti in uno solo. 122<br />

2. Accordo/contrasto <strong>nella</strong> Dinamica<br />

La forza attrattiva è la forza motrice per cui una materia può essere causa del fatto che<br />

un’altra materia le si avvicini (o, il che è lo stesso, per cui l’una si oppone all’allontanamento<br />

<strong>dell</strong>’altra). La forza repulsiva è quella per cui una materia può essere causa del fatto che altre se<br />

ne allontanino(o, che è lo stesso, per cui l’una oppone resistenza all’avvicinamento <strong>dell</strong>e altre).<br />

Quest’ultima la chiameremo talvolta anche la forza respingente, la prima forza traente. 123<br />

3. Interno/esterno <strong>nella</strong> Meccanica<br />

121<br />

I. Kant, Anthropologie in pragmatischer Hinsicht, KGS VII, p. 134 nota: “Wenn wir uns die innere<br />

Handlung (Spontaneität), wodurch ein Begriff (ein Gedanke) möglich wird, die Reflexion, die<br />

Empfänglichkeit (Rezeptivität), wodurch eine Wahrnehmung ( perceptio ), d.i. empirische Anschauung,<br />

möglich wird, die Apprehension, beide Acte aber mit Bewusstsein vorstellen, so kann das Bewusstsein<br />

seiner selbst ( apperceptio ) in das der Reflexion und das der Apprehension eingeteilt werden. Das erstere<br />

ist ein Bewusstsein des Verstandes, das zweite der innere Sinn; jenes die reine, dieses die empirische<br />

Apperzeption, da dann jene fälschlich der innere Sinn genannt wird. - In der Psychologie erforschen wir<br />

uns selbst nach unseren Vorstellungen des inneren Sinnes; in der Logik aber nach dem, was das<br />

intellektuelle Bewusstsein an die Hand giebt. - Hier scheint uns nun das Ich doppelt zu sein (welches<br />

widersprechend wäre): 1) das Ich als Subjekt des Denkens (in der Logik), welches die reine Apperzeption<br />

bedeutet (das bloß reflektierende Ich), und von welchem gar nichts weiter zu sagen, sondern das eine<br />

ganz einfache Vorstellung ist; 2)das Ich als das Objekt der Wahrnehmung, mithin des inneren Sinnes, was<br />

eine Mannigfaltigkeit von Bestimmungen enthält, die eine innere Erfahrung möglich machen. Die Frage,<br />

ob bei den verschiedenen inneren Veränderungen des Gemüts (seines Gedächtnisses oder der von ihm<br />

angenommenen Grundsätze) der Mensch, wenn er sich dieser Veränderung bewusst ist, noch sagen<br />

könne, er sei ebenderselbe (der Seele nach), ist eine ungereimte Frage; denn er kann sich dieser<br />

Veränderungen nur dadurch bewusst sein, dass er sich in den verschiedenen Zuständen als ein und<br />

dasselbe Subjekt vorstellt, und das ich des Menschen ist zwar der Form (der Vorstellungsart) nach, aber<br />

nicht der Materie (dem Inhalte) nach zwiefach”. Cfr. trad. it. Antropologia pragmatica, a cura di G.<br />

Vidari e A. Guerra, Bari 1969, pp. 16-17 nota.<br />

122<br />

MAN, KGS IV, p. 489.<br />

123<br />

MAN, KGS IV, p. 498.<br />

81


Che la quantità di materia possa essere pensata solo come l’insieme di ciò che si muove<br />

(composto di parti reciprocamente esterne), come afferma la definizione, è una notevole<br />

proposizione fondamentale <strong><strong>dell</strong>a</strong> meccanica generale. Essa, infatti, mostra che la materia non ha<br />

altra grandezza che quella consistente nell’insieme del molteplice <strong>dell</strong>e sue parti reciprocamente<br />

esterne, e di conseguenza, data una certa velocità, non possiede alcun grado di forza motrice che<br />

non dipenda da questo insieme e che si possa trattare semplicemente come una grandezza<br />

intensiva. 124<br />

4. Materia/forma <strong>nella</strong> Fenomenologia<br />

Il mobile, dunque, diviene come tale oggetto <strong>dell</strong>’esperienza quando un particolare<br />

oggetto (in questo caso una cosa materiale) viene pensato come determinato rispetto al predicato<br />

del movimento. 125<br />

Si nota che, grazie ai concetti di riflessione, il concetto di materia può essere<br />

costruito attraverso il concetto empirico di movimento, che presuppone una relazione<br />

con la co<strong>scienza</strong>. Per Kant la materia deve da un punto di vista teorico, a) essere un<br />

punto mobile nello spazio o punto materiale, b) essere dotata di forza attrattiva e<br />

repulsiva, c) non avere altra grandezza che quella consistente nell’insieme del<br />

molteplice <strong>dell</strong>e sue parti reciprocamente esterne, d) avere come forma il movimento, in<br />

quanto solo attraverso di esso può essere conosciuta nel fenomeno.<br />

Queste osservazioni, oltre a confermare l’analisi svolta nei paragrafi precedenti<br />

sull’idealismo trascendentale di spazio e tempo, ribadiscono l’appartenenza <strong>dell</strong>e<br />

funzioni logiche nei giudizi, <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi soggettiva <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione, <strong>dell</strong>e forme<br />

<strong>dell</strong>o spazio e del tempo a una dimensione comune che fonda la possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

matematica, così come <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica. 126<br />

2.4 Metaphysische Anfangsgründe der Naturwissenschaft: un “fallimento”?<br />

Il movimento <strong>nella</strong> Fenomenologia<br />

L’ultima sezione dei Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> è alla base<br />

non solo <strong><strong>dell</strong>a</strong> comprensione <strong>dell</strong>e sezioni precedenti, ma offre anche una spiegazione<br />

effettiva <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong>dell</strong>’esperienza, gettando luce sul ruolo <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione e dei suoi<br />

principi.<br />

E’ <strong>nella</strong> Fenomenologia, cioè <strong>nella</strong> <strong>scienza</strong> del fenomeno, che Kant afferma che<br />

l’unico modo per rendere effettiva l’esperienza del fenomeno del movimento è quella di<br />

124 MAN, KGS IV, pp. 539-540.<br />

125 MAN, KGS IV, p. 554.<br />

126 La metafisica così come la matematica, sebbene differiscano nel loro metodo, hanno però un oggetto<br />

comune come punto di partenza, quello di grandezza. Cfr. Falkenburg (1987), pp. 49 segg.<br />

82


pensare un particolare oggetto come determinato rispetto al predicato del movimento. 127<br />

Nella Fenomenologia si dispiega uno dei più alti compiti <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia, quello di<br />

trasformare il fenomeno in esperienza. 128<br />

Questo si traduce <strong>nella</strong> consapevolezza <strong><strong>dell</strong>a</strong> differenziazione <strong>dell</strong>e modalità di<br />

movimento dei corpi e <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, che possono essere riguardati da un punto di vista<br />

più alto, ovvero quello dei principi di ragione per il suo uso empirico. Il movimento nel<br />

fenomeno può essere attribuito da un punto di vista foronomico sia a un corpo che allo<br />

spazio relativo indifferentemente e la quantità del movimento è composta come un<br />

omogeneo, matematicamente. Al contrario se si pensa il mobile nello spazio come<br />

determinato in quanto tale, secondo il suo movimento e in vista di un’esperienza<br />

possibile, è necessario indicare a quali condizioni l’oggetto (la materia) possa essere<br />

determinato con il predicato di movimento.<br />

In una lunga nota <strong>nella</strong> sezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> Meccanica Kant compara quest’ultima con<br />

la Foronomia. La Foronomia considera il movimento di un corpo solo rispetto allo<br />

spazio, cioè la quantità di movimento <strong>dell</strong>o spazio è soltanto velocità, così come quella<br />

del corpo. Per questa ragione lo spazio relativo e il corpo possono essere rappresentati<br />

come punti materiali in movimento. Al contrario Kant sottolinea che:<br />

Nella Meccanica, dato che un corpo viene considerato in movimento verso un altro<br />

corpo, rispetto al quale, mediante questo movimento, sta in un rapporto causale […], non è più<br />

indifferente attribuire il movimento opposto a uno di questi corpi o allo spazio. Infatti qui entra<br />

in gioco un diverso concetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> quantità di movimento: non si tratta più di quella che viene<br />

pensata solo in rapporto allo spazio e che consiste <strong>nella</strong> semplice velocità, ma di quella in cui si<br />

deve prendere in considerazione anche la quantità di sostanza (in quanto causa motrice); in<br />

questo caso dunque non è più indifferente, ma necessario ammettere che entrambi i corpi siano<br />

in moto e dotati <strong><strong>dell</strong>a</strong> stessa quantità di movimento in direzioni opposte. 129<br />

In primo luogo, Kant esplicita nel Teorema III <strong><strong>dell</strong>a</strong> Fenomenologia che ogni<br />

movimento con cui un corpo esercita un’azione motrice su un altro corpo è associato<br />

necessariamente a un movimento uguale ed opposto a quest’ultimo. In secondo luogo,<br />

la realtà di questo movimento deriva immediatamente dal concetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> relazione tra il<br />

corpo che si muove nello spazio e ogni altro corpo che può essere mosso dal precedente:<br />

di conseguenza, il movimento di quest’ultimo corpo è necessario. 130<br />

Questo teorema<br />

determina la modalità del movimento rispetto alla Meccanica.<br />

127<br />

MAN, KGS IV, pp. 554-555.<br />

128<br />

MAN, KGS IV, p. 555.<br />

129<br />

MAN, KGS IV, p. 548.<br />

130<br />

MAN, KGS IV, p. 558.<br />

83


Ma <strong>nella</strong> Fenomenologia, anche il movimento rispetto alla Dinamica viene<br />

differenziato, per cui il movimento circolare di una materia, diversamente da quello<br />

opposto <strong>dell</strong>o spazio, è un predicato reale <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. 131<br />

sostenendo che:<br />

Kant giustifica questo<br />

Un movimento che non può aver luogo senza l’influsso di una forza motrice esterna che<br />

agisca con continuità, dà prova, mediatamente o immediatamente, <strong>dell</strong>’azione di forze motrici<br />

originarie <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, sia <strong>dell</strong>’attrazione sia <strong><strong>dell</strong>a</strong> repulsione. 132<br />

A questo punto, individuato il ruolo fondamentale <strong><strong>dell</strong>a</strong> Fenomenologia e il suo<br />

legame profondo con la Dinamica, può essere avanzata un’ipotesi interpretativa<br />

alternativa circa l’Opus postumum a quella di M. Friedman e B. Tuschling.<br />

Secondo Friedman, Kant tratterebbe ancora negli ultimi manoscritti la materia su<br />

base foronomica, mentre secondo Tuschling i Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong> sarebbero un “fallimento” che ha indotto Kant alla stesura di un Passaggio dai<br />

Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica e a una diversa trattazione in<br />

esso <strong><strong>dell</strong>a</strong> Dinamica.<br />

In realtà, se si tengono presenti le osservazioni svolte in questo capitolo, risulta<br />

chiaro che la trattazione foronomica non fonda tutta la “<strong>scienza</strong> del fenomeno”, ma solo<br />

la Meccanica e che la trattazione del movimento nell’Opus postumum è differente da<br />

quella dei Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, in quanto per questi ultimi<br />

l’oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> costruzione è il movimento <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia secondo diverse modalità,<br />

mentre nel secondo caso si è di fronte alla costituzione di un sistema di forze motrici<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia per spiegare le sue proprietà intrinseche e dunque la trattazione<br />

foronomica del movimento non viene più posta a fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> Meccanica, la quale<br />

invece è esplicitamente fondata sulla Dinamica:<br />

Risulta evidente, poi, che più che di un “fallimento” <strong>dell</strong>’opera del 1786, occorre<br />

parlare di un’insufficienza di prove dirette <strong><strong>dell</strong>a</strong> realtà <strong>dell</strong>e forze di attrazione e<br />

repulsione inerenti alla materia.<br />

Su questo punto si tornerà nel paragrafo successivo, ma in questo contesto è<br />

sufficiente puntualizzare che questo elemento non è condizione per parlare di un<br />

fallimento <strong><strong>dell</strong>a</strong> costruzione del movimento secondo la Dinamica: si è semplicemente di<br />

fronte ad una prova per modus tollens <strong>nella</strong> Nota Generale alla Dinamica e al tentativo<br />

131 MAN, KGS IV, p. 556.<br />

132 MAN, KGS IV, p. 557.<br />

84


di costituzione di un tipo speciale di prova, quella <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere, nell’Opus<br />

postumum.<br />

Dunque, per sintetizzare questa breve analisi sul rapporto tra metafisica e<br />

<strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> nei Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, è necessario<br />

ricordare che Foronomia, Dinamica e Meccanica, dal punto di vista <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

Fenomenologia corrispondono alle categorie di possibilità, realtà e necessità, in quanto<br />

non sono altro che tre modi diversi di rapportare le rappresentazioni contenute nel<br />

giudizio con la co<strong>scienza</strong>, cioè con la determinazione di essa nel tempo. Per questo le<br />

tre sezioni dei Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> corrispondono ai giudizi<br />

alternativi, disgiuntivi e distributivi:<br />

Nella stessa Fenomenologia, però, laddove il movimento non viene considerato in<br />

maniera solo foronomica, ma in maniera dinamica, la proposizione disgiuntiva va presa in senso<br />

oggettivo: cioè, io non posso sostituire la rotazione di un corpo con la sua quiete e ammettere in<br />

suo luogo il movimento opposto <strong>dell</strong>o spazio. 133<br />

A questo punto Kant ritiene opportuno introdurre la seguente considerazione.<br />

Mentre la formula “o…o…”, in logica, designa sempre la forma di un giudizio<br />

disgiuntivo, <strong>nella</strong> <strong>scienza</strong> del fenomeno, le determinazioni di “alternativo”,<br />

“disgiuntivo” e “distributivo” di un concetto, rispetto a predicati opposti, indicano<br />

diverse maniere di considerare il movimento.<br />

Nell’opera del 1786, dunque, la logica viene confermata nel suo statuto di<br />

canone <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia. In secondo luogo, l’elemento soggettivo <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza e del<br />

giudicare, inserito <strong>nella</strong> Foronomia e da essa contemplato per la determinazione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

quantità del movimento come velocità, deve essere accompagnato da quello oggettivo<br />

<strong>nella</strong> Fenomenologia. Secondo quest’ultimo momento <strong><strong>dell</strong>a</strong> modalità, il movimento va<br />

considerato foronomicamente, dinamicamente e meccanicamente, perciò il giudizio di<br />

forma disgiuntiva si deve necessariamente riferire all’oggetto in modo distributivo, in<br />

quanto i principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> meccanica prevedono che il movimento venga ripartito tra due<br />

corpi in pari quantità. Agli occhi di Kant, per riuscire in questo intento, è necessario<br />

però riconoscere che le leggi matematiche <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione del movimento devono<br />

essere presupposte alla Meccanica.<br />

In sostanza la terza legge newtoniana del moto, quella di azione e reazione, deve<br />

essere enunciata, presupponendo la trattazione meccanica del movimento e ancor prima<br />

la sua trattazione foronomica, ma per divenire esperienza, cioè per trovare un<br />

133 MAN, KGS IV, pp. 559-560 nota.<br />

85


corrispettivo empirico, ed essere al tempo stesso un principio metafisico <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong><br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, deve essere inquadrata dalla ragione sulla base <strong><strong>dell</strong>a</strong> trattazione dinamica<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, attraverso un sistema di forze derivative di essa. Questo intento, che sarà<br />

più esplicito nell’Opus postumum, è già presente nei Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong><br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>:<br />

Infatti le regole <strong><strong>dell</strong>a</strong> connessione dei movimenti mediante cause fisiche, cioè mediante<br />

le forze, non si possono esporre rigorosamente senza aver posto a fondamento in modo<br />

puramente matematico i principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> loro composizione in generale. 134<br />

Piú in generale, l’aspetto veramente degno di nota di questi passaggi e che rende<br />

Kant apprezzabile ancora oggi, consiste nel fatto che egli non veda affatto come<br />

incompatibili l’approccio statico e quello dinamico, bensì, grazie al punto di vista <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

Fenomenologia, Kant ha ammesso la possibilità di una loro compresenza, e il fatto che<br />

nessuno dei due approcci, preso di per se stesso, possa dare conto esaurientemente del<br />

movimento dei corpi fisici e del nostro modo di rappresentarlo matematicamente.<br />

2.5 La materia cosmica e l’universo in espansione<br />

La ricostruzione di M. Jammer <strong>dell</strong>’intrinseco legame tra concetti di spazio e<br />

tempo e le teorie fisiche considera questi come costituenti originari del pensiero fisico.<br />

Analizzando la crescente importanza che la concezione relazionale <strong>dell</strong>o spazio ha<br />

rivestito negli ultimi cinquanta anni per lo sviluppo <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica, Jammer osserva che:<br />

In fact, pure relationalism, by defining spatio-temporal properties as relations among<br />

bodies, already renounces the primacy as well as ontological autonomy of these notions and<br />

argues that any statement about topological or metrical properties of space and space-time are<br />

testable only by recourse to the behaviour of physical objects. […] the conclusion that the<br />

traditional concepts of space and time are applicable only to macroscopic systems prompted E.<br />

J. Zimmerman to suggest that these concepts, “arise from, but do not have analogs in, the<br />

properties of microscopic particles, in the same way that thermodynamic properties arise as a<br />

result of interactions among the many actually existing particles of the universe”. 135<br />

Nel campo d’indagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> presente ricerca, l’approccio storico ed<br />

epistemologico di Jammer può essere tradotto <strong>nella</strong> trattazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione<br />

kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e <strong>dell</strong>’universo in espansione.<br />

134 MAN, KGS IV, p. 487.<br />

135 Jammer, (1993), pp. 237-238.<br />

86


Sin dal periodo precritico, la visione kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> ha subito<br />

l’influenza sia <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica newtoniana sia <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica leibniziana. Nonostante<br />

alcuni mutamenti dovuti allo sviluppo del sistema <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia trascendentale, negli<br />

anni ’90 Kant confermò molti degli aspetti teorici presenti <strong>nella</strong> sua opera cosmologica<br />

e cosmogonica del 1755, Allgemeine Naturgeschichte und Theorie des Himmels. Kant<br />

confermò, ancora nel 1791, i passaggi fondamentali sulla costituzione <strong>dell</strong>’universo e<br />

sulla sua espansione. 136<br />

Nell’Opus postumum è rintracciabile il continuo tentativo di Kant di ampliare la<br />

sua teoria cosmologica e cosmogonica, enfatizzando, da un lato, il ruolo <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

matematica e la sua applicabilità alla fisica, e, dall’altro, concentrandosi sulla<br />

determinazione <strong>dell</strong>e proprietà fondamentali <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e <strong>dell</strong>e sue forze, attraverso<br />

una fondazione metafisica.<br />

Il dibattito contemporaneo sulla concezione kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

cerca di mettere in luce le ragioni per cui si rese necessario il riempimento di un gap<br />

attraverso un passaggio alla fisica interno alla filosofia trascendentale. Per un verso, si<br />

ritrovano interpretazioni, come quella di E. Förster, il quale in Kant’s Final Synthesis ha<br />

sottolineato il ruolo fondamentale <strong><strong>dell</strong>a</strong> tarda riflessione kantiana sulla matematica per<br />

una nuova fondazione filosofica <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica come <strong>scienza</strong>. 137<br />

D’altro canto è necessario ricordare la tesi di M. Friedman, secondo cui le nuove<br />

scoperte <strong><strong>dell</strong>a</strong> chimica e <strong>dell</strong>’astronomia nel quadro epistemologico <strong><strong>dell</strong>a</strong> terza Critica<br />

avrebbero generato e motivato la scelta di Kant di tornare su vecchi temi risalenti al<br />

138<br />

primo periodo precritico. La maggior parte <strong>dell</strong>e interpretazioni tendono in ogni caso<br />

a rappresentare i manoscritti <strong>dell</strong>’Opus postumum come un tentativo di rivisitare la<br />

filosofia trascendentale, soprattutto per quanto concerne l’idealismo trascendentale o la<br />

concezione kantiana <strong>dell</strong>’oggettività, facendo leva sulla presenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova<br />

<strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere e sul suo fallimento.<br />

Tuttavia un altro approccio potrebbe forse essere più utile, anche per includere<br />

parti di queste differenti interpretazioni. Occorre considerare, innanzitutto, la<br />

concezione kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e il problema epistemologico che Kant si trovava di<br />

136 Nel 1791 Gensichen curò l’edizione di un Auszug del testo kantiano del 1755. Si veda W. Herschel,<br />

Über den Bau des Himmels. Drei Abhandlungen aus dem Englischen übersetzt von Michael Sommer.<br />

Nebst einem authentischen Auszug aus Kants allgemeiner Naturgeschichte und Theorie des Himmels, a<br />

cura di J. F. Gensichen, Königsberg 1791. Possediamo anche uno scambio epistolare tra Gensichen e<br />

Kant, in cui quest’ultimo da indicazioni editoriali circa il contenuto da pubblicare. Cfr. Kant,<br />

Briefwechseln, KGS, XI, 252-3. Cfr. infra, Capitolo IV.<br />

137 E. Förster, Kant’s Final Synthesis. An Essay on the Opus postumum, Cambridge-London 2000.<br />

138 M. Friedman, Kant and the Exact Sciences, Cambridge-London 1992.<br />

87


fronte nel formulare la sua cosmologia a seguito <strong><strong>dell</strong>a</strong> svolta copernicana <strong><strong>dell</strong>a</strong> Critica<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura. Questo problema, infatti, coinvolge il concetto metafisico di forza,<br />

che è necessario sia alla fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica sia, in particolare, di una teoria dinamica<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, nonché alla possibile applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica alla fisica. La<br />

concezione kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia nell’Opus postumum va inquadrata all’interno <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

costituzione di un Sistema del Mondo e dunque all’interno di un quadro epistemologico<br />

di una spiegazione unitaria di fenomeni fisici, secondo una prospettiva <strong><strong>dell</strong>a</strong> totalità<br />

propria <strong><strong>dell</strong>a</strong> cosmologia.<br />

Si procederà ora tenendo presente le opere in cui Kant ha discusso le proprietà<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia sia nel periodo pre-critico che in quello critico. In secondo luogo, si<br />

analizzeranno gli argomenti, di cui Kant si serve nei Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong><br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> del 1786, per la determinazione <strong>dell</strong>’universo in espansione.<br />

a) Il periodo precritico<br />

Sin dal primo scritto sulla vera valutazione <strong>dell</strong>e forze vive del 1747, Kant ha<br />

mostrato un forte interesse per l’indagine filosofica 1) <strong><strong>dell</strong>a</strong> relazione tra metafisica,<br />

matematica e fisica, 2) <strong><strong>dell</strong>a</strong> definizione <strong>dell</strong>o spazio, <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza e del movimento, 3)<br />

<strong>dell</strong>’esplicazione <strong>dell</strong>e proprietà fondamentali <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia.<br />

Dal 1754 al 1756 Kant pubblicò lavori sulla rotazione assiale <strong><strong>dell</strong>a</strong> terra, sulla<br />

teoria del fuoco, sulla composizione <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e la <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>o spazio, sulla<br />

definizione di forza e moto. 139<br />

Tutti questi argomenti, centrali <strong>nella</strong> prima fase <strong><strong>dell</strong>a</strong> produzione di Kant<br />

possono essere rintracciati in Allgemeine Naturgeschichte und Theorie des Himmels<br />

(1755).<br />

Si possono fare rilevanti osservazioni a partire da quest’opera, che è classificata<br />

come esemplare <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria cosmologica e cosmogonica di Kant. Quest’ultima si<br />

colloca a metà strada tra quella newtoniana e leibniziana e mostra anche elementi di<br />

forte critica nei confronti del materialismo. Kant criticava, infatti, sia la spiegazione<br />

newtoniana <strong><strong>dell</strong>a</strong> creazione e <strong>dell</strong>’azione di ordinamento di Dio sulla materia, sia la<br />

teodicea leibniziana e l’armonia prestabilita.<br />

139 Nella Nova dilucidatio Kant sviluppa anche una critica esplicita dei principi filosofici e logici di Wolff<br />

e Crusius, mostrando come la riflessione metafisica sulla causalità dovesse essere rivisitata e posta a<br />

fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> spiegazione dei fenomeni fisici. Se si considera questo “cluster” di opere precritiche<br />

non può sfuggire ad un osservatore attento che è dalla riflessione sulla <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> e sulle leggi<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia che Kant prende le mosse per una critica alla metafisica tradizionale.<br />

88


Per Kant, sebbene Dio abbia creato la materia, il primo movimento <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia<br />

e l’inizio <strong><strong>dell</strong>a</strong> storia <strong>dell</strong>’universo era qualcosa che doveva riguardare la <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong> e la metafisica, e doveva essere tenuta ben separata dal dominio <strong><strong>dell</strong>a</strong> teologia.<br />

La storia <strong>dell</strong>’universo inizierebbe, dunque, da un primo movimento originato a<br />

partire da un punto materiale medio, che possiede il più alto grado di densità e su cui<br />

viene esercitata una causa materiale, ovvero il maximum di gravità e forza attrattiva:<br />

Se quindi in uno spazio molto vasto si può trovare un punto in cui gli elementi<br />

esercitano un’attrazione più forte che altrove, allora tutto il materiale di base <strong>dell</strong>e particelle<br />

elementari diffuso in quello spazio cadrà su di esso. Il primo effetto di questa caduta generale è<br />

la formazione in questo punto centrale di attrazione, di un corpo, il quale, per così dire, da un<br />

seme infinitamente piccolo cresce molto velocemente, ma <strong>nella</strong> misura in cui questa massa<br />

aumenta, aumenta anche la forza con cui attira a sé le particelle che la circondano. 140<br />

La scelta di Kant di rappresentare l’inizio del mondo come un intero processo di<br />

materia in espansione e originata da un punto materiale necessita di un’ulteriore analisi:<br />

Assumo, dunque, che tutte le materie di cui consistono le sfere, le comete e tutti i corpi<br />

che appartengono al nostro sistema solare fossero dissolte in origine nel loro materiale di base e<br />

occupassero l’intero spazio in cui adesso ruotano i corpi formatisi da esse. Questo stato <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong>, anche se non lo si considera in vista di un sistema, ma in sé e per sé, sembra essere il più<br />

semplice che sia potuto seguire al nulla. Allora non c’era ancora niente di formato. La<br />

formazione dei corpi celesti a una determinata distanza l’uno dall’altro, le loro distanze<br />

proporzionate alle forze d’attrazione, la loro configurazione derivante dall’equilibrio <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia raccoltasi, appartengono tutti a uno stato successivo. La <strong>natura</strong>, immediatamente dopo<br />

la creazione, era il più possibile grezza e informe. 141<br />

Con l’assunzione di un caos originario, ovvero di una materia inerte e caotica,<br />

Kant riteneva che il suo movimento dovesse essere inteso come una conseguenza del<br />

gioco tra forza attrattiva e repulsiva. Queste forze producono calore, movimento e<br />

differenti condizioni di aggregazione, ovvero differenti masse e volumi, dunque<br />

differenti gradi di densità <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia.<br />

Sul piano cosmogonico sembra, dunque, che Kant tenda già dal 1755 a fondare<br />

la spiegazione meccanica su una concezione dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. Infatti, c’è un’altra<br />

premessa da considerare che consiste <strong>nella</strong> varietà degli elementi di cui la materia è<br />

composta all’inizio <strong><strong>dell</strong>a</strong> storia <strong>dell</strong>’universo:<br />

140<br />

I. Kant, Allgemeine Naturgeschichte und Theorie des Himmels (TH), trad. It. a cura di G. Scarpelli e S.<br />

Velotti,Roma 2009, p. 83.<br />

141<br />

TH, p. 81.<br />

89


Ma la varietà dei generi degli elementi contribuisce in maniera determinante al<br />

movimento <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e all’organizzazione del caos, sia rompendo la quiete che, nel caso di<br />

un’omogeneità universale degli elementi dispersi, regnerebbe indisturbata, sia iniziando a dar<br />

forma al caos in quei punti dove si concentrano particelle dotate <strong>dell</strong>’attrazione più forte. I<br />

generi di questo materiale di base, a giudicare dalla smisuratezza che caratterizza la <strong>natura</strong> in<br />

tutti i suoi aspetti, sono senza dubbio infinitamente vari. 142<br />

Questi elementi hanno forze essenziali, attrattive e repulsive, con cui si mettono<br />

in moto reciprocamente e dunque sono essi stessi una fonte di vita, 143 in quanto la<br />

materia inizia a tendere a formarsi da se stessa. 144<br />

seguenti termini:<br />

Kant descrive la sua ipotesi nei<br />

Ma la <strong>natura</strong> possiede altre forze di riserva che si manifestano specialmente quando la<br />

materia è diluita in particelle sottili, inducendo queste ultime a respingersi reciprocamente, e<br />

producendo, mediante il loro conflitto con l’attrazione, quel movimento che in certo qual modo<br />

costituisce la vita perenne <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. Mediante tale forza di repulsione, che si manifesta<br />

nell’elasticità dei gas, negli efflussi dei corpi odorosi e nell’espansione di tutte le materie<br />

volatili – e che è un fenomeno <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> indiscusso – gli elementi che cadono verso i loro<br />

punti d’attrazione vengono deviati dal proprio moto rettilineo, così che la loro caduta verticale<br />

si trasforma in un moto rotatorio attorno al centro. 145<br />

Pertanto secondo la cosmologia kantiana la materia è disseminate nell’universo<br />

mostrando differenti gradi di densità. Questa varietà influenza la distribuzione <strong>dell</strong>e<br />

strutture galattiche sorte da strutture nebulari.<br />

Il sistema solare è la più piccola di queste strutture ed è incluso insieme ad altri<br />

sistemi solari in una struttura più ampia, la galassia <strong><strong>dell</strong>a</strong> via Lattea. Quest’ultima a sua<br />

volta non è altro che una <strong>dell</strong>e altre galassie incluse in un sistema rotante più grande.<br />

L’universo come un tutto, perciò, consiste in una sequenza indefinitamente<br />

estesa di strutture galattiche rotanti che sono incluse in una sequenza ancora più grande<br />

di strutture nebulose.<br />

Perciò per pensare la rotazione e le posizioni relative di tutti questi sistemi deve<br />

essere pensato un centro di gravità comune di tutta la materia, in relazione a cui tutti i<br />

movimenti nel cosmo, concepito come un tutto, possono essere determinati.<br />

Questo centro <strong>dell</strong>o spazio in cui converge la sequenza di spazi relativi è stata<br />

interpretata da M. Friedman come un’idea regolativa <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione:<br />

142 TH, p. 81.<br />

143 TH, p. 82.<br />

144 TH, p. 82.<br />

145 TH, p. 82.<br />

90


What Kant calls the “common center of gravity of all matter”, relative to which all the<br />

motions in the cosmos as a whole can now be determinately considered, is never actually<br />

reached in this sequence; it is rather to be viewed as a forever unattainable regolative idea of<br />

reason towards which our sequence of (always empirically accessibile) relative spaces is<br />

converging. 146<br />

Tuttavia, tenendo presente la concezione kantiana, secondo cui la materia<br />

riempie lo spazio, in quanto mobile in esso, e possiede in sé le due forze fondamentali<br />

di attrazione e repulsione, dovrebbe anche essere considerato che il punto materiale<br />

intermedio da cui si origina l’universo è determinato come il punto massimo di densità e<br />

come punto su cui è esercitato il massimo di forza attrattiva. In secondo luogo, Kant<br />

stesso ipotizza che la densità <strong>dell</strong>’intero universo possa essere valutata sulla base di una<br />

sorta di legge statica.<br />

Quella di un punto di massima densità non sembra essere una mera idea<br />

regolativa, piuttosto, un’ipotesi cosmogonica meccanica fondata su una teoria dinamica<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. Questa tesi è suffragata, peraltro, dal fatto che l’origine di una visione<br />

<strong>dell</strong>’universo, dei differenti gradi di densità <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, si ritrova anche nel Systema<br />

cosmicum di Galilei, che Kant possedeva <strong>nella</strong> sua biblioteca personale. 147<br />

L’universo è<br />

concepito da Kant proprio in termini dinamici secondo due forze inerenti alla materia<br />

che le permettono di muoversi e riempire lo spazio.<br />

Ad ogni modo, l’obiettivo di Kant consisteva nel fornire una spiegazione<br />

meccanica <strong>dell</strong>’origine <strong>dell</strong>’universo, che senza una visione dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia<br />

148<br />

sarebbe impossibile.<br />

L’acquisizione dei principi fisici di Newton è evidente in quest’opera del 1755,<br />

sebbene Kant rimanga scettico sulla possibilità <strong>dell</strong>’azione a distanza nello spazio<br />

vuoto. Come è noto, Newton stesso era conscio di questa difficoltà, tanto che<br />

nell’Ottica e <strong>nella</strong> seconda edizione dei Principia, ricorse all’etere, alla materia sottile,<br />

come medium per la propagazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> gravità.<br />

Proprio a queste riflessioni di Newton sembra ispirarsi Kant, sebbene egli<br />

rigettasse non solo la concezione newtoniana di spazio assoluto e l’esistenza <strong>dell</strong>o<br />

146 M. Friedman, Introduction, p. xiii, in I. Kant, Metaphysical Foundations of Natural Science,<br />

Cambridge 2004. Questa posizione di Friedman più che essere un errore è la conseguenza del suo<br />

pensiero di filosofo <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong>, favorevole ad una concezione relazionale <strong>dell</strong>o spazio-tempo e alla<br />

rivalutazione del sistema di Leibniz per questo fine. Per tale motivo M. Friedman tende ad enfatizzare la<br />

vicinanza tra Newton e Kant e il distacco di quest’ultimo da Leibniz circa la concezione <strong>dell</strong>o spazio<br />

fisico e metafisico. Cfr. M. Jammer (1993), pp. 215-230.<br />

147 Cfr. A. Warda, Immanuel Kants Bücher, Berlin 1922.<br />

148 Grazie alla teoria dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e alla nozione di densità apparente, Kant è stato in gradi di<br />

sviluppare peraltro una spiegazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> rappresentazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> Via Lattea e conseguentemente <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

struttura sistematica del cosmo.<br />

91


spazio vuoto, ma anche la sua dimostrazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza centrifuga. Per la<br />

formalizzazione di quest’ultima Kant tenne presente Huygens. Correntemente, infatti, la<br />

formula <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza centrifuga esprime una forza fittizia, mentre Huygens e gli scienziati<br />

<strong>dell</strong>’epoca ritenevano che essa fosse una forza reale.<br />

Della forza centrifuga Huygens costruì una dimostrazione geometrica 149<br />

che<br />

anticipava la teoria newtoniana, in particolare la seconda legge del moto. Nella formula<br />

F = mv²/r, v denota la velocità e m la massa <strong><strong>dell</strong>a</strong> particella e r il radio del suo percorso<br />

circolare. Se la particella cade a una distanza s = r/2, cioè a ¼ del diametro, la sua<br />

velocità sarà v = 2gs<br />

= gr e conseguentemente la sua forza centrifuga sarà mg.<br />

H<br />

A<br />

C<br />

G<br />

B<br />

F<br />

E D I<br />

Figura 4.4 Metodo geometrico di Huygens per la misura <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza centrifuga<br />

Huygens, studiando le proprietà <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza centrifuga, realizzò la possibilità che<br />

questa forza potesse controbilanciare la forza di gravitazione esercitata dal Sole sugli<br />

altri pianeti, facendogli mantenere le proprie orbite. L’intensità <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza centrifuga<br />

può essere misurata dalla distanza in cui il corpo si deflette, entro una piccola unità di<br />

tempo, dalla direzione tangenziale in cui questo si sarebbe mosso in assenza di questa<br />

forza.<br />

Dall’opera del 1755 ci viene consegnata, dunque, una cosmologia con un<br />

background newtoniano legato alla fisica sperimentale e con la chiara influenza <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

concezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza di Leibniz e Huygens.<br />

149 C. Huygens, Oeuvres complète, vol. 16 (1929), p. 316.<br />

92


Proprio grazie ad una concezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza di stampo leibniziano, Kant voleva<br />

dar conto <strong>dell</strong>’elasticità e <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza espansiva <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, senza accogliere<br />

l’equilibrio dinamico come unica chiave di lettura per la spiegazione del cosmo. 150<br />

Questo è il filo rosso che lega la prima parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> produzione kantiana agli<br />

ultimi manoscritti <strong>dell</strong>’ Opus postumum, in cui Kant elabora una soluzione secondo cui<br />

la rarefazione <strong>dell</strong>’etere può essere misurata dal calcolo differenziale.<br />

L’etere riempie lo spazio esercitando una forza viva tale da considerare lo spazio<br />

“come se fosse vuoto”, cioè con un grado di riempimento che tende a zero. 151 Questo<br />

significa che le molecole o sfere <strong>dell</strong>’etere oltre che una densità, seppure la più piccola<br />

possibile, possiedono una forza repulsiva che esercitano reciprocamente e sulle<br />

molecole di altri corpi. Questa forza istante per istante viene esercitata su un corpo con<br />

una funzione ε = lim→ 0. 152<br />

In questo modo Kant pensava di mantenere sia le conquiste di Newton che l’idea<br />

<strong>dell</strong>’universo come un tutto materiale in espansione, le cui conseguenze sono tra le più<br />

153<br />

suggestive.<br />

L’ipotesi nebulare di Kant trovò, infatti, nuova vita nel 1944, quando Karl F. von<br />

154<br />

Weizsäcker e Hannes Alfvén, tentarono di perfezionarla. Von Weizsäcker, nel 1944,<br />

propose un suo mo<strong>dell</strong>o detto “<strong><strong>dell</strong>a</strong> turbolenza”, che dimostrava che una nebulosa<br />

originariamente sferica, 155<br />

sotto l’azione combinata di gravità e attrito interno, avrebbe<br />

assunto la forma di un disco con un addensamento centrale, che lentamente avrebbe<br />

150<br />

TH, pp. 82-87.<br />

151<br />

In sostanza per Kant la quiete è qualcosa che non può essere nel fenomeno, bensì solo nell’istante e<br />

dunque non può esserci esperienza <strong><strong>dell</strong>a</strong> quiete, così come <strong>dell</strong>o spazio assoluto o <strong>dell</strong>’azione a distanza.<br />

Queste sono idee <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione di cui si sono serviti i fisici per applicare la matematica alla fisica.<br />

Tuttavia l’ingegnosità del ragionamento kantiano consiste nell’aver “salvato” una concezione del<br />

fenomeno fisico istantanea e dinamica insieme, così da ricomprendere la meccanica e la dinamica <strong>nella</strong><br />

<strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>.<br />

152<br />

Cfr. Newton, Principia, pp. 88-90.<br />

153<br />

Nella Fenomenologia Kant afferma che il movimento assoluto sarebbe solo quello che appartenesse a<br />

un corpo indipendentemente da qualunque altra materia e che tale movimento sarebbe solo quello<br />

rettilineo <strong>dell</strong>’universo intero, cioè del sistema di tutta la materia. Cfr. MAN, KGS IV, p. 562. questa<br />

concezione crea però il problema <strong>dell</strong>’instabilità del cosmo che sposterebbe continuamente il centro<br />

comune di gravità di tutta la materia. D’altra parte secondo Kant non comporta nessun vantaggio neanche<br />

il pensare solamente l’universo in rotazione intorno al proprio asse. Quello che Kant vuole però ribadire è<br />

che in qualsiasi modo l’universo si espanda comunque lo fa in rispetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> legge <strong>dell</strong>’antagonismo in<br />

ogni reciprocità di movimento <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. cfr. MAN, KGS IV, p. 563.<br />

154<br />

Weizsäcker formula anche un’interpretazione del concetto di materia in Kant, confrontandosi con le<br />

tesi di Plaass, cfr. C. F. von Weizsäcker, Die Einheit der Natur, München 1974, pp. 405-427. In secondo<br />

luogo, ancor prima, riprese nelle sue lezioni del 1948 il mo<strong>dell</strong>o kantiano <strong>dell</strong>e Antinomie <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione<br />

pura per la trattazione dei problemi epistemologici e ontologici aperti dalla fisica quantistica, cfr. C. F.<br />

von Weizsäcker, Der begriffliche Aufbau der theoretischen Physik, Leipzig 2004, pp. 240-242. Sulla<br />

teoria cosmologica, cfr. C. F. von Weizsäcker, Die Geschichte der Natur, Stuttgart 1948.<br />

155<br />

Cfr. M. Capozzi, La sfera infinita <strong>dell</strong>’universo <strong>nella</strong> Naturgeschichte di Kant, in Sphaera. Forma,<br />

Immagine e Metafora tra Medioevo ed Età Moderna, a cura di P. Totaro e L. Valente, Firenze (in corso di<br />

stampa).<br />

93


potuto evolvere verso la formazione di una stella, mentre alla periferia si sarebbero<br />

create <strong>dell</strong>e turbolenze secondarie che avrebbero sviluppato vortici e sottovortici<br />

ciascuno dei quali avrebbe successivamente dato vita a pianeti e satelliti. 156<br />

L’ipotesi cosmogonica <strong><strong>dell</strong>a</strong> nebulosa, oggi nota come ipotesi di Kant e Laplace,<br />

ha dunque esercitato notevole influsso <strong>nella</strong> cosmologia moderna. Spesso citati insieme,<br />

i nomi di Kant e Laplace celano però due diverse assunzioni di partenza.<br />

L’ipotesi formulata da Kant prospettava un universo inizialmente riempito di gas<br />

freddi e dotati di movimenti interni disordinati in cui le regioni di maggiore densità<br />

avrebbero agito da centri di aggregazione formando le stelle.<br />

A distanze diverse, i nuclei più piccoli avrebbero dato origine ai pianeti e ai<br />

satelliti che oggi ruotano nel senso del movimento che si sarebbe originato,<br />

spontaneamente, all’interno <strong><strong>dell</strong>a</strong> nebulosa.<br />

Questa ipotesi si differenzia da quella di Laplace, che nel 1796 avanzò l’ipotesi<br />

che una nube calda di gas e polvere in via di contrazione fosse dotata, fin dall’inizio, di<br />

regolare movimento di rotazione. Più essa si contraeva e più aumentava la sua velocità.<br />

Questo fenomeno è dovuto alla conservazione del momento angolare. 157<br />

La critica più seria al mo<strong>dell</strong>o di Kant e Laplace, tuttavia, riguarda proprio la<br />

conservazione del momento angolare. I pianeti, i quali rappresentano solo lo 0,13%<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> massa di tutto il sistema solare, possiedono invece il 98% del momento angolare<br />

complessivo. In altre parole, se il Sole e i pianeti si fossero formati dalla stessa nube di<br />

156 Il mo<strong>dell</strong>o di Weizsäcker esposto in Die Geschichte der Natur fu completato e arricchito<br />

dall’astronomo statunitense di origine olandese Gerard Pieter Kuiper (1905-1973), il quale osservava che<br />

il sistema solare potrebbe essere il risultato di una stella doppia degenerata in cui la seconda massa,<br />

anziché condensarsi in una singola stella, si sarebbe sbriciolata in frammenti; a ciò sarebbe seguito un<br />

processo di aggregazione che avrebbe portato alla formazione di pianeti e satelliti. Secondo Kuiper, la<br />

compagna degenerata del Sole avrebbe formato, in un primo momento, dei protopianeti la cui massa<br />

doveva essere molto maggiore di quella posseduta dagli attuali pianeti e solo successivamente, quando<br />

questi protopianeti si raffreddarono e si condensarono, si sarebbe verificato un processo di<br />

sedimentazione che avrebbe trasferito i materiali più pesanti al centro lasciando quelli più leggeri in<br />

superficie. I gas più leggeri (come H e He) che formavano quella che potrebbe essere definita l’atmosfera<br />

primordiale dei pianeti in formazione, si dispersero perché la forza di gravità non era sufficiente per<br />

trattenerli. Quelli che sarebbero diventati i pianeti si liberarono quindi di una quantità di materia<br />

proporzionale alla loro massa.<br />

157 Generalmente si definisce momento angolare (o più precisamente momento <strong><strong>dell</strong>a</strong> quantità di moto) di<br />

un corpo in rotazione (sia esso un pianeta che gira intorno al Sole, o semplicemente una particella di un<br />

oggetto qualsiasi in rotazione) il prodotto <strong><strong>dell</strong>a</strong> massa m di questo corpo per la sua velocità v e per la<br />

distanza d dall’asse di rotazione (il momento angolare vale quindi m·v·d). Ebbene, una legge<br />

fondamentale <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica impone che il momento angolare totale di un sistema isolato in rotazione (ad<br />

esempio proprio il sistema solare) debba restare costante nel tempo. Pertanto, qualora aumentasse la<br />

distanza di un pianeta dal Sole dovrebbe diminuire la sua velocità (la massa non cambia) per compensare<br />

l’aumento del primo fattore e viceversa. Questo è esattamente ciò che si verifica per la Terra nel suo moto<br />

intorno al Sole. La Terra gira più velocemente quando si trova in perielio, ossia quando è più vicina al<br />

Sole e più lentamente quando si trova in afelio, cioè quando è più lontana dal Sole: questa variazione di<br />

velocità a distanze diverse dall’asse di rotazione è una conseguenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> conservazione del momento<br />

angolare.<br />

94


gas in rotazione il momento angolare <strong><strong>dell</strong>a</strong> nube dovrebbe essersi ripartito equamente<br />

fra i componenti del sistema stesso e non nel modo che appare. Si è osservato, infatti,<br />

che il Sole, nel quale è concentrata la quasi totalità <strong><strong>dell</strong>a</strong> massa, gira molto lentamente<br />

intorno al proprio asse. Viceversa i pianeti, che hanno una massa di poco più di un<br />

millesimo <strong><strong>dell</strong>a</strong> massa del Sole, possiedono quasi il 98% del momento angolare<br />

complessivo. Viene da chiedersi pertanto per quale ragione quasi tutto il momento<br />

angolare sia stato trasferito a quegli esigui anelli di materia che si staccarono dal corpo<br />

centrale, e solo in così piccola misura esso sia rimasto legato al Sole. 158<br />

A causa <strong><strong>dell</strong>a</strong> rotazione sempre più veloce, secondo l’ipotesi di Laplace, la<br />

nebulosa primordiale subì un appiattimento fino al punto che all’equatore la forza<br />

centrifuga superò la forza di gravità che agisce verso il centro: dalla massa centrale si<br />

staccò allora un anello di materia che si portò con sé anche una parte del momento<br />

angolare e da questo anello si formò poi per condensazione un pianeta. Con la perdita di<br />

parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua materia la nube rallentò il proprio moto che tuttavia, con il protrarsi del<br />

processo di contrazione, conseguente all’azione gravitazionale che continuava ad<br />

operare su di esso, riprese ad accelerare, raggiungendo nuovamente una velocità tale da<br />

causare l’allontanamento di un secondo anello di materia. L’ipotesi di Laplace si<br />

differenzia da quella di Kant per la nebulosa di partenza e per il modo in cui si sono<br />

formati i pianeti del sistema solare: tutti insieme e quindi coevi, secondo Kant, uno per<br />

volta, per cui quelli esterni sarebbero stati più vecchi di quelli interni, secondo<br />

159<br />

Laplace.<br />

Nella sua opera del 1755, Kant sostiene, infatti, che tutti i pianeti fossero in<br />

origine disciolti in un unico materiale di base riempiente lo spazio, che ancora oggi<br />

occuperebbe il sistema solare:<br />

La formazione dei pianeti in questo sistema, fra tutte quelle possibili, poggia<br />

innanzitutto su questa concezione: l’origine <strong>dell</strong>e masse è simultanea all’origine dei pianeti e<br />

alla posizione <strong>dell</strong>e orbite; in tal modo si chiariscono subito sia la concordanza, sia le deviazioni<br />

rispetto all’estrema precisione di questo sistema. I pianeti si formano da particelle che,<br />

all’altezza in cui sono sospese, si muovono esattamente in orbite circolari: quindi le masse da<br />

158 Il fisico svedese Hannes Olaf Alfvén (1908-1995) ha avanzato l’ipotesi che atomi ionizzati possano<br />

essere stati catturati dal Sole nel loro viaggio attraverso lo spazio, fino a formare anelli di gas col<br />

momento angolare richiesto. Poiché la Galassia contiene numerose nuvole di gas e polveri, non è da<br />

escludere l’eventualità che sistemi planetari possano essersi formati raccogliendo questo materiale attorno<br />

alle stelle. Se così fosse, potrebbero essere molti i sistemi solari, anche qualora si ammetta che solo una<br />

piccola parte <strong>dell</strong>’enorme quantità di gas presente <strong>nella</strong> Via Lattea possa essere stata attratta dalle stelle e<br />

trasformata in pianeti.<br />

159 Il mo<strong>dell</strong>o di Laplace si ispirava alla nebulosa di Andromeda che si pensava fosse una nube di polvere<br />

e gas in rotazione e non un ammasso di stelle. Per questo motivo la proposta di Laplace prese il nome di<br />

“ipotesi <strong><strong>dell</strong>a</strong> nebulosa”.<br />

95


esse composte seguiranno proprio i medesimi movimenti, sia nel grado che <strong>nella</strong> direzione. […]<br />

Ma quando la formazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> massa di un pianeta è dovuta al materiale di base sottile,<br />

disperso in uno spazio celeste molto ampio, la differenza <strong>dell</strong>e distanze dal Sole, e, di<br />

conseguenza, quella <strong>dell</strong>e loro velocità non è più trascurabile. 160<br />

Questa concezione sembra avere <strong>dell</strong>e ricadute disastrose nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza di Kant. Apparentemente, infatti, si crea una contraddizione con<br />

quanto affermato nelle Antinomie <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura, ovvero che è impossibile<br />

conoscere partendo dalla serie del condizionato la condizione ultima nel tempo<br />

<strong>dell</strong>’origine del Mondo. Questa posizione è attestata già negli anni ’70, come mostra la<br />

seguente Reflexion:<br />

Bewegung der Welt im leeren Raum und die Veränderung des Anfangs der Welt in der<br />

leeren Zeit sind leere Vorstellungen, indem sie eine Beziehung auf nichts ausdrücken. 161<br />

In realtà, come si nota nel periodo critico e, poi, dalle pagine <strong>dell</strong>’Opus<br />

postumum, Kant ritorna necessariamente su questo punto, per spiegare la compatibilità<br />

con la sua posizione teoretica e la possibilità stessa di una cosmogonia.<br />

La soluzione di questa contraddizione sta <strong>nella</strong> doppia considerazione kantiana<br />

del tempo. Per un verso, in relazione alla categoria di causa, esso può essere<br />

determinato come istantaneo, simultaneo o in successione. Ovverosia nel primo caso, il<br />

tempo, rappresentato come quantità intensiva, può essere ipostatizzato nell’istante.<br />

Questo significa che per Kant non è possibile conoscere direttamente con l’osservazione<br />

e l’esperimento il processo di formazione dei pianeti passati, sebbene certamente sia<br />

possibile farlo per quelli futuri, ma è necessario ricorrere a strumenti epistemologici<br />

quali l’analogia e ad una posizione epistemica fondata sulla negazione <strong>dell</strong>o spazio<br />

vuoto. Già nel 1755, del resto, Kant riteneva che l’azione a distanza <strong>dell</strong>’attrazione<br />

newtoniana non passasse per lo spazio vuoto. Per chiarire questo punto, Kant ricorse,<br />

piuttosto, alle leggi ordinarie <strong><strong>dell</strong>a</strong> combinazione:<br />

Il principio dei pianeti in formazione non è da rintracciare soltanto nell’attrazione<br />

newtoniana. Questa sarebbe troppo debole e lenta per particelle così sottili. È meglio dire che, in<br />

questo spazio, la prima formazione avviene per il concorrere di elementi che si uniscono<br />

secondo le leggi ordinarie <strong><strong>dell</strong>a</strong> combinazione, finché quegli agglomerati che ne scaturiscono<br />

non diventano grandi abbastanza da consentire alla forza d’attrazione newtoniana di esercitare<br />

un’azione a distanza capace di accrescersi. 162<br />

160<br />

TH, pp. 85-86.<br />

161<br />

Reflexionen zur Physik und Chemie, KGS XIV, p. 270 (1773-1775).<br />

162<br />

TH, p. 85 nota.<br />

96


Ciò significa che è possibile pensare, senza contraddizione, una formazione<br />

simultanea dei pianeti discendente da un’unica causa, la materia cosmica originaria<br />

(Urstoff), composta di particelle, in grado di combinarsi fra loro, e avente in sé le forze<br />

di attrazione e repulsione. Inoltre questo materiale cosmico deve essere pensato in un<br />

movimento continuo oscillatorio. Di questo parere Kant rimarrà anche nell’Opus<br />

postumum:<br />

Eine Bewegung die dazu geeignet ist von selbst anzufangen muss auch die bewegende<br />

Kraft haben sie gleichförmig und immerwährend fortzusetzen denn im widrigen Fall müsste<br />

eine Ursache des Aufhörens der Bewegung sein welches ohne entgegen wirkende Kraft nicht<br />

denkbar ist. Soll dieser Urstoff der Körperwelt also gleichförmig und unaufhörlich bewegend<br />

sein so muss, weil alle uranfängliche aktive Bewegung von einer Agitation durch Anziehung<br />

und Abstoßung herrührt dieser sich innerlich selbst bewegende Urstoff als in einer beständig<br />

oszillierenden Bewegung begriffen gedacht werden und kann so allein wenn gleich nur<br />

mittelbar ein Gegenstand möglicher Erfahrung sein. 163<br />

L’importanza capitale di questa concezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e la sua stretta<br />

connessione con la teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza si evince anche dal passo che segue:<br />

Das Denken eines Elementarsystems der bewegenden Kräfte der Materie (cogitatio)<br />

geht notwendig vor der Wahrnehmung derselben (perceptio) voraus und ist als subjektives<br />

Prinzip der Verbindung dieser Elementartheile derselben in einem Ganzen a priori durch die<br />

Vernunft im Subjekt gegeben (Forma dat eße rei). — Das Ganze als Gegenstand möglicher<br />

Erfahrung welches also nicht aus der Zusammensetzung des Leeren mit dem Vollen atomistisch<br />

und also nicht mechanisch sondern muss als Verbindung von äußerlich wechselseitig<br />

einander agitierenden Kräften (durch uranfanglich einander durch Anziehung und Abstoßung<br />

des im Raume durchgängig und gleichförmig verbreiteten Elementarstoffs als alle Bewegung<br />

zuerst anhebend und so ins unendliche gleichmäßig fortsetzend) dynamisch hervor gehen. —<br />

Dieser Satz gehört noch zu den metaphysischen Anf. Gr. der N. W. in Beziehung auf das Ganze<br />

Einer möglichen Erfahrung; denn Erfahrungen können nur als Theile einer gesamten nach<br />

Einem Prinzip vereinigten Erfahrung zusammen gedacht werden. 164<br />

Questo significa che 1) il concetto di forza repulsiva ha acquisito sempre<br />

maggior importanza nel sistema cosmologico e <strong>nella</strong> cosmogonia kantiana, passando<br />

per l’opera del 1786 e la KrV; 2) un presupposto come la doppia trattazione del tempo e,<br />

dunque, di una simultanea formazione dovuta all’azione istantanea <strong>dell</strong>’attrazione e<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> repulsione dei pianeti, fosse concepibile nel quadro di una forte giustificazione<br />

teoretica, che solo la KrV e i MAN potevano offrire; 3) Kant non era affatto estraneo ad<br />

una concezione secondo cui le forze repulsive e quelle attrattive <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, agenti sul<br />

163 Opus postumum, KGS XXI, p. 561.<br />

164 Opus postumum, KGS XXI, pp. 552-553.<br />

97


piano elementare e microscopico, sarebbero state in grado di modificare lo spazio-<br />

tempo, il movimento e l’organizzazione dei corpi fisici. 165<br />

b) Il periodo critico<br />

Nei Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> del 1786 Kant annuncia già<br />

dalla Prefazione l’intento di costruire il concetto di materia secondo la linea guida <strong>dell</strong>e<br />

funzioni logiche nei giudizi, così da avere una definizione completa <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e <strong>dell</strong>e<br />

sue proprietà da un punto di vista metafisico. 166<br />

Questa impresa è indicata da Kant come<br />

un desideratum per i fisici e i matematici, perché definirebbe i principi metafisici di cui<br />

essi si servono <strong>nella</strong> fisica generale. La definizione kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia è possibile<br />

attraverso il concetto empirico di movimento: l’esperienza che noi facciamo di<br />

fenomeni <strong>natura</strong>li sono dovute al cambiamento di stato, all’attività e alla trasformazione<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia che riempie lo spazio in quanto possiede una forza motrice. Questo è il<br />

fondamento teorico kantiano per una possibile fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> meccanica sulla<br />

dinamica.<br />

Tuttavia <strong>nella</strong> Nota generale alla Dinamica si presenta la sfida per la metafisica<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> di Kant: l’impossibilità di dimostrare la realtà <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza di attrazione e<br />

repulsione, bensì solo la loro possibilità. Al fine di definire la varietà <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, che<br />

è il compito vero e proprio <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica, devono essere presupposte forze originarie e<br />

primitive <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. A questo segue un tentativo di fondazione dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica<br />

e il rigetto <strong>dell</strong>’impenetrabilità assoluta e <strong>dell</strong>o spazio assoluto. In particolare, <strong>nella</strong> nota<br />

alla Definizione 5 del Teorema 3 <strong>nella</strong> Dinamica, grazie al concetto di impenetrabilità<br />

167<br />

relativa o dinamica, Kant costruisce un sillogismo per provare l’esistenza <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia e la sua intima costituzione dinamica.<br />

Il sillogismo è il seguente:<br />

- Maior<br />

165 Opus postumum, KGS XXI, p. 301 (Settembre-Ottobre 1798): “Alle Materien die jetzt vest sind, sind<br />

vorher geflossen gewesen. Das sieht man an Metallen, Steinen, vegetabilischen Produkten als Holtz<br />

Flachs, Hanf, oder animalischen Seide, Fleischfasern Knochen etc. Zum flüssigen Zustande aber ward<br />

vorher Wärmestoff erfordert. Also ist alle Materie in welcher Relation die Theile derselben auch unter<br />

einander stehen mögen in solche doch immer zuerst durch jenen bewegenden Urstoff gesetzt worden”.<br />

Processo spiegato ancora meglio in Opus postumum, KGS XXI, p. 501.<br />

166 Come sottolineato <strong>nella</strong> prima sezione, il metodo per la costituzione metafisica di cui Kant si serve<br />

parte dall’assunzione di un concetto empirico (come quello di movimento o di materia) e poi procede a<br />

priori nel determinare il concetto <strong>dell</strong>’oggetto che non può essere esibito a priori nell’intuizione.<br />

167 Cfr. MAN, KGS IV, p. 502.<br />

98


Il concetto di sostanza designa il soggetto ultimo <strong>dell</strong>’esistenza.<br />

- Minor<br />

Ora, la materia è il soggetto di tutto ciò che nello spazio può essere attribuito<br />

all’esistenza <strong>dell</strong>e cose.<br />

- Conclusio<br />

La materia, dunque, in quanto mobile nello spazio, costituisce in esso la<br />

sostanza.<br />

La conclusione di Kant implica che “la mobilità propria <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, o di una<br />

sua parte qualsiasi, costituisce immediatamente una prova che questo mobile, e una<br />

qualunque parte mobile di esso, sono sostanze”. 168<br />

Si presenta, dunque, agli occhi di Kant, la necessità di fondare una cosmogonia e<br />

una cosmologia meccanica sulla spiegazione dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, come<br />

intrinsecamente mobile e dotata di forze. A questo punto, però, è necessario porre<br />

l’accento sul fatto che l’intrinseca necessità di forze inerenti alla materia, come<br />

attrazione e repulsione, non viene provata direttamente. Per Kant, non è possibile avere<br />

un’esperienza o una conoscenza diretta <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, ma solo una indiretta, ovvero si<br />

può solamente misurare e fare esperienza degli effetti <strong>dell</strong>e forze e del movimento dei<br />

corpi fisici. Per questa ragione, rimane la possibilità di una prova apagogica <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza<br />

attrattiva e di quella repulsiva, attraverso la negazione <strong>dell</strong>o spazio assoluto e <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

169<br />

visione atomistica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia.<br />

Per gettare luce su questo punto, si deve tenere presente che <strong>nella</strong> Nota generale<br />

alla Dinamica Kant accosta la trattazione meccanica del movimento con quella<br />

geometrica. Nel rappresentare un corpo che si muove da A a B ci si rappresenta il<br />

movimento di un punto matematico, piuttosto che di un corpo fisico. Questo approccio<br />

pone l’esigenza di una fondazione dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong> considerazione meccanica <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia, grazie al punto di vista <strong><strong>dell</strong>a</strong> Fenomenologia. Questo approccio, cioè, propone<br />

quello che secondo Kant è il più alto scopo <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>:<br />

168 Cfr. MAN, KGS IV, p. 503.<br />

169 Proprio la presupposizione <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere come medium per la propagazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> luce e del<br />

calore permise a Kant di legare i fenomeni <strong>dell</strong>’elettricità e del magnetismo all’attrazione. Nel contesto<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> trattazione <strong>dell</strong>’elettricità e del magnetismo Kant parla di spazio vuoto e azione a distanza, ma<br />

intendendo sempre la presenza <strong>dell</strong>’etere con un riempimento <strong>dell</strong>o spazio che tende a zero.<br />

99


Ora per quanto riguarda il procedimento che la <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> deve adottare per<br />

risolvere il più importante dei suoi compiti, quello cioè di spiegare la diversità specifica <strong>dell</strong>e<br />

materie, che potrebbe essere infinita, si possono seguire solo due vie: il metodo meccanico, che<br />

spiega ogni diversità <strong>dell</strong>e materie mediante la combinazione del pieno e del vuoto assoluti, e il<br />

metodo dinamico, ad esso opposto, che la spiega mediante la sola diversità nell’azione<br />

congiunta <strong>dell</strong>e forze originarie <strong>dell</strong>’attrazione e <strong><strong>dell</strong>a</strong> repulsione. 170<br />

Ma che tipo di conseguenze ha questo approccio sulla concezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e<br />

<strong>dell</strong>’universo in espansione? Sia <strong>nella</strong> Nota generale alla Dinamica che <strong>nella</strong><br />

Fenomenologia, Kant propone la tesi di un plenum materiale e l’impossibilità <strong>dell</strong>o<br />

spazio vuoto. Questa concezione è lontana dall’azione a distanza newtoniana nello<br />

spazio vuoto, ma richiama la visione del Newton legato all’idea <strong>dell</strong>’etere nell’Ottica e<br />

<strong>nella</strong> seconda edizione dei Principia. 171<br />

Quindi Kant è un sostenitore <strong><strong>dell</strong>a</strong> gravitazione universale come forza generata<br />

dalla forza attrattiva primitiva <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e che agisce per contatto in uno spazio<br />

riempito dall’etere. Quest’ultimo possiede secondo Kant il più alto grado di intensità di<br />

forza repulsiva, il maximum di rarefazione e di elasticità. Questa concezione permette<br />

un modo di spiegazione meccanico di alcuni fenomeni e il calcolo dei moti orbitali dei<br />

pianeti, in quanto la densità <strong>dell</strong>’etere non è solo la minore in tutto l’universo, ma tende<br />

a zero. In altri termini, la quantità di movimento <strong>dell</strong>’etere e la sua densità possono<br />

essere considerati come una grandezza infinitesimale attraverso il calcolo differenziale.<br />

Perciò nei Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> Kant propone l’ipotesi<br />

<strong>dell</strong>’etere e il suo uso, per giustificare l’espansione <strong>dell</strong>’universo e la critica al concetto<br />

di spazio assoluto e di assoluta impenetrabilità.<br />

Nella Dinamica sulla base del Teorema 3, Kant afferma che la forza originaria<br />

con cui una materia tende ad espandersi in tutte le direzioni, al di là del dato spazio che<br />

occupa, se viene racchiusa in uno spazio minore deve essere maggiore e, se viene<br />

compressa in uno spazio infinitamente piccolo, deve essere infinita. 172 Proprio in questa<br />

sezione, inoltre, Kant ritiene possibile postulare una forza elastica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, cioè<br />

una forza espansiva esercitata da ogni punto materiale in ogni direzione, 173<br />

in grado di<br />

definirne una forma specifica, quella <strong><strong>dell</strong>a</strong> sfera.<br />

La confutazione di Kant <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> corpuscolare e <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

spiegazione meccanica <strong><strong>dell</strong>a</strong> varietà <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia procede nel mostrarne il dogmatismo<br />

170<br />

MAN, KGS IV, p. 532.<br />

171<br />

Sulla preponderanza degli studi in Germania, e in particolare all’Albertina, all’epoca <strong><strong>dell</strong>a</strong> formazione<br />

di Kant, cfr. R. Pozzo, M. Oberhausen, The Place of Science in Kant’s University, in History of Science ,<br />

40, 2002, pp. 353-68.<br />

172<br />

MAN, KGS IV, p. 501.<br />

173<br />

MAN, KGS IV, pp. 501-502.<br />

100


di presupporre come necessità inevitabile lo spazio vuoto per spiegare le differenze<br />

specifiche di densità <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. 174<br />

Perciò Kant rifiuta il postulato del modo meccanico di spiegazione, avanzando<br />

una prospettiva che spieghi le differenze specifiche di densità <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia senza<br />

175<br />

interposizione di spazi vuoti. La possibilità di questa soluzione risiede nel fatto che la<br />

materia non deve essere concepita come ciò che riempie lo spazio grazie ad una assoluta<br />

impenetrabilità, ma piuttosto grazie alla forza repulsiva che ha un grado che può essere<br />

differente in differenti materiali.<br />

Dal momento che non ha nulla in comune, ma è anzi opposta alla forza<br />

attrattiva, che dipende dalla quantità di materia, la forza repulsiva può essere<br />

originariamente differente per grado in diversi materiali, la cui forza attrattiva è però la<br />

stessa. Pertanto il grado di espansione di questi materiali, anche quando la loro quantità<br />

sia la stessa, e la quantità <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia occupi lo stesso volume, cioè abbia la stessa<br />

densità, è in grado di ammettere un gran numero di differenze specifiche:<br />

Allo stesso modo non sembrerebbe impossibile pensare una materia (come ci si<br />

rappresenta l’etere) che riempia lo spazio senza alcun vuoto e tuttavia con una quantità di<br />

materia che a parità di volume sia incomparabilmente minore di quella di ogni altro corpo che si<br />

possa sottoporre ai nostri esperimenti. 176<br />

Sebbene possano essere ammessi spazi vuoti <strong>nella</strong> loro possibilità, nessuna<br />

esperienza può giustificare l’assunzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> realtà di spazi vuoti. Così Kant conclude<br />

la sua argomentazione:<br />

Ogni esperienza, infatti, ci fa conoscere soltanto spazi relativamente vuoti, e questi si<br />

possono perfettamente spiegare, quale che sia il loro grado, grazie alla proprietà che ha la<br />

materia di riempire lo spazio con una forza espansiva che può crescere o diminuire all’infinito,<br />

senza bisogno di ammettere spazi vuoti. 177<br />

Questa conclusione comporta una domanda più generale sull’universo preso<br />

come un tutto e sulla sua forza espansiva. Cosa succede quando si considera il<br />

movimento <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia cosmica come un tutto e la relazione tra le sue parti? Per<br />

rispondere a questa domanda e sostenere una visione di un universo in espansione, Kant<br />

si serve ancora di prove apagogiche attraverso la negazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> realtà <strong>dell</strong>o spazio<br />

vuoto, svelando la <strong>natura</strong> dogmatica di tale concetto.<br />

174 MAN, KGS IV, p. 533.<br />

175 MAN, KGS IV, p. 533.<br />

176 MAN, KGS IV, p. 533.<br />

177 MAN, KGS IV, pp. 534-535.<br />

101


Nella Fenomenologia Kant afferma che “ai diversi concetti del movimento e<br />

<strong>dell</strong>e forze motrici sono collegati anche i diversi concetti <strong>dell</strong>o spazio vuoto”, 178<br />

perciò<br />

ci sono quattro sensi in cui il concetto di spazio vuoto può essere inteso e questi quattro<br />

sensi corrispondono a quello foronomico, dinamico, meccanico e fenomenologico. In<br />

questa sezione Kant conferma l’impossibilità di negare gli spazi vuoti nell’universo<br />

attraverso il mero principio logico di non contraddizione.<br />

Per provare la loro impossibilità, infatti, Kant ricorre ad un altro tipo di<br />

argomento, laddove viene avanzata la possibilità di un vacuum extramundanum, cioè di<br />

uno spazio vuoto fuori dalla materia cosmica, progressivamente riempito dall’etere.<br />

Kant rigetta fermamente questa possibilità, negando l’esistenza e la realtà sia di un<br />

vacuum mundanum che di uno extramundanum.<br />

Questa visione implica che l’universo sia un tutto di materia in espansione,<br />

sebbene la sua forza espansiva possa tendere a diminuire infinitamente. 179<br />

Per questa<br />

ragione la realtà di uno spazio vuoto fuori dal mondo è impossibile da un punto di vista<br />

fisico:<br />

Uno spazio vuoto fuori del mondo – se con mondo si intende il complesso di tutte le<br />

materie attrattive per eccellenza (dei grandi corpi celesti) – sarebbe impossibile per le stesse<br />

ragioni: infatti, <strong>nella</strong> misura in cui cresce la distanza da questi corpi, decresce in proporzione<br />

inversa l’attrazione da essi esercitata sull’etere (che racchiude tutti quei corpi e, venendone<br />

attratto, ne mantiene la densità comprimendoli), per cui la densità di quest’ultimo non farebbe<br />

che diminuire all’infinito, senza mai lasciare lo spazio del tutto vuoto. 180<br />

Come lo stesso Kant ammette, la confutazione <strong>dell</strong>o spazio vuoto procede<br />

ipoteticamente, in quanto non vi sono ragioni sufficienti per sostenere la realtà <strong>dell</strong>o<br />

spazio vuoto e l’impossibilità <strong>dell</strong>o spazio pieno.<br />

Ma questa difficoltà riposa in generale su una specifica questione, assai ardua da<br />

risolvere, circa la <strong>natura</strong> di una forza espansiva elastica inerente alla materia cosmica, su<br />

cui Kant lavorerà nell’ultima fase <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua produzione:<br />

Per quanto riguarda infine lo spazio vuoto in senso meccanico, esso è il vuoto che si<br />

concentra all’interno <strong>dell</strong>’universo in modo da permettere ai corpi di muoversi liberamente. Si<br />

vede subito che la sua possibilità o impossibilità non si basa su leggi metafisiche, ma sul vero e<br />

proprio mistero <strong>natura</strong>le, difficilmente risolubile, del modo in cui la material pone dei limiti alla<br />

sua propria forza espansiva. Ciononostante, se si concede quanto è stato detto <strong>nella</strong> Nota<br />

generale alla Dinamica, a proposito del fatto che l’estensione di materiali specificamente<br />

diversi, dotati di una stessa quantità di materia (secondo il peso), può crescere all’infinito,<br />

178<br />

MAN, KGS IV, p. 563.<br />

179<br />

Da questo punto di vista Kant concepisce un universo elastico, in grado di espandersi e contrarsi.<br />

180<br />

MAN, KGS IV, p. 564.<br />

102


potrebbe allora non essere necessario uno spazio vuoto, come condizione del movimento libero<br />

e durevole dei corpi celesti, perché la resistenza del mezzo, anche nel caso di uno spazio del<br />

tutto pieno, potrebbe essere pensata arbitrariamente piccola. 181<br />

Da questo passo risulta chiaro che Kant assegna un valore infinitesimale al<br />

calcolo <strong><strong>dell</strong>a</strong> quantità di moto con l’introduzione <strong>dell</strong>’etere, per poter pensare la<br />

resistenza in un grado piccolo quanto si vuole e, dunque, per pensare lo spazio come<br />

riempito di materia attraverso le sue forze motrici che possono essere così misurate.<br />

L’etere si presenta, quindi, come un postulato che permette l’applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

matematica, quella leibniziana, alla fisica, sebbene resti ancora da provarne l’intrinseca<br />

forza espansiva.<br />

c) L’ultima produzione<br />

Si tratta ora di vedere come Kant mantenga le premesse introdotte <strong>nella</strong> sua<br />

produzione precedente anche nei manoscritti <strong>dell</strong>’Opus postumum, sviluppando questa<br />

visione <strong>dell</strong>’universo in espansione. L’assunzione <strong>dell</strong>’etere diffuso in tutto l’universo<br />

come materia onnipenetrante e semovente è necessaria per l’identificazione di una base<br />

(Basis) <strong>dell</strong>e forze di attrazione e repulsione che, a loro volta, sono l’origine <strong>dell</strong>e forze<br />

motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. Da queste ultime si originano fenomeni <strong>natura</strong>li legati al<br />

magnetismo, alla cristallizzazione o alla refrazione.<br />

La grande questione che Kant lasciò aperta nel 1786 consisteva nel dare un<br />

fondamento in termini dinamici alla coesione (Zusammenhang). Vi era, infatti, un<br />

insieme di fenomeni che mostravano differenti livelli di coesione che potevano essere<br />

spiegati solo con l’identificazione di un fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> coesione in una forza<br />

fondamentale inerente alla materia come la forza attrattiva.<br />

Da un punto di vista metafisico ancora nel 1786 Kant è molto vicino a Leibniz,<br />

laddove ritiene possibile dare una spiegazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> coesione attraverso l’assunzione di<br />

una forza primitiva che la generi. Questa forza non è dipendente dall’esistenza di<br />

particelle dure, piuttosto i corpi e altre forze di impatto sono il risultato <strong>dell</strong>’esistenza di<br />

questa forza primitiva.<br />

Per Kant la coesione si basa sull’attrazione parziale, mentre la gravitazione<br />

newtoniana si basa sulla forza attrattiva universale. Al contrario l’impenetrabilità e la<br />

181 MAN, KGS IV, p. 564.<br />

103


esistenza dipendono dalla forza repulsiva che può agire come forza di superficie, per<br />

contatto.<br />

Si presenta così nelle pagine manoscritte <strong>dell</strong>’Opus postumum una visione <strong>dell</strong>e<br />

forze di attrazione e repulsione inerenti all’etere, come materia cosmica, <strong>nella</strong> misura in<br />

cui esse sono concepite come forze supreme che governano la struttura <strong>dell</strong>’universo.<br />

Tuttavia, la repulsione è la forza in grado di determinare differenti gradi di<br />

riempimento <strong>dell</strong>o spazio e dunque differenti gradi di densità e composizione dei<br />

materiali. In questo modo Kant vuole spiegare la coesione <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia ponderabile, la<br />

varietà <strong>dell</strong>’aggregazione, il fenomeno <strong><strong>dell</strong>a</strong> capillarità e la stessa gravitazione,<br />

attraverso il postulato <strong>dell</strong>’etere le cui modificazioni sono la luce e il calore. 182<br />

Questa visione implica una concezione dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia che sottolinea una<br />

presa di distanza dalla visione atomistica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, specialmente riguardo alla<br />

spiegazione <strong>dell</strong>’impenetrabilità, <strong>dell</strong>’elasticità, <strong><strong>dell</strong>a</strong> variazione sia <strong><strong>dell</strong>a</strong> densità sia<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> massa, e, infine, <strong><strong>dell</strong>a</strong> coesione.<br />

Considerando che la forza repulsiva originaria e interna alla materia, è il cuore<br />

<strong>dell</strong>’argomento kantiano, è possibile sintetizzare la sua visione dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia<br />

nel passaggio che segue:<br />

Man kann eine im Innern einer Materie bloß durch innere repulsive Kräfte (die also<br />

durch eine äußere begrenzt werden muss) weder flüssig noch fest nennen denn zu beiden wird<br />

Zusammenhang erfordert dadurch sich die Materie von sich selbst begrenzt (ein tropfbar<br />

flüssiges), sondern sie kann nur eine Materie sein welche ins Unendliche des Raumes expansiv<br />

ist aber auch durch eben diese Unendlichkeit allein attraktiv und dadurch ein sich selbst<br />

begrenzendes Quantum ist d. i. den Äther als die Basis aller den Weltraum erfüllenden Materie<br />

dessen innere von dem ersten stoß in ewige Zitterungen gesetzte Bewegung eine lebendige<br />

Kraft (nicht tote durch den Druck) ist, ausmacht. 183<br />

L’eco di Leibniz è fortissima e la sua influenza sulla concezione kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia e <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza permette anche di chiarire questa visione cosmogonica determinata<br />

da un primo movimento <strong>dell</strong>’universo che segue le leggi <strong>dell</strong>’impatto.<br />

Questo primo movimento è l’effetto <strong>dell</strong>’impatto tra porzioni di materia che a<br />

sua volta è generato dall’interazione di attrazione e repulsione. Sebbene sia evidente il<br />

182 Alcuni interpretazioni tendono a vedere qui una ripresa <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> sostanza di Spinoza,<br />

autore molto citato nei fogli manoscritti. Il rapporto tra le modificazioni e la sostanza materiale sarebbe<br />

accostato da Kant a quello che intercorre tra la sostanza e le sue modificazioni <strong>nella</strong> filosofia di Spinoza.<br />

Cfr. J. Edwards, Spinozism, Freedom, and Transcendental Dynamics in Kant’s Final System of<br />

Transcendental Idealism, in S. Sedgwick (ed.), The Reception of Kant’s Critical Philosophy, Cambridge<br />

2000, pp. 54-77; P. Guyer, The Unity of Nature and Freedom:Kant’s Conception of the System of<br />

Philosophy, Oxford 2005. Guyer è contrario all’ipotesi, in quanto i riferimenti in cui Kant cita Spinoza<br />

segnalano una presa di distanza e non un accordo, pp. 278-279.<br />

183 Opus postumum, KGS XXI, p. 380.<br />

104


ichiamo all’opera del 1755, si deve sottolineare come Kant abbia sviluppato la sua<br />

concezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e l’aspetto <strong>dell</strong>’ineludibile compresenza <strong>dell</strong>e forze di<br />

attrazione e repulsione, grazie a cui la materia può essere considerata come un quanto<br />

(Quantum) auto-limitante, ma anche come materia espansiva all’infinito.<br />

Dunque, per fornire una spiegazione meccanica e una stima matematica <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia, è ancor prima necessaria una sua trattazione dinamica, che assuma l’esistenza<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia cosmica come mobile nello spazio indefinitamente e in continua<br />

espansione, così da poter determinare il moto relativo <strong>dell</strong>e galassie o dei pianeti del<br />

sistema solare. Grazie a questa analisi e a quella svolta nel capitolo precedente sulla<br />

<strong>natura</strong> <strong>dell</strong>o spazio e del tempo, si è ora in grado di comprendere le premesse <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere, di cui si tratta estesamente nel Capitolo V.<br />

E’ evidente che l’argomentazione kantiana doveva poggiare su un presupposto<br />

unico nel suo genere e che caratterizzava anche l’unicità <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova stessa: la visione<br />

dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e il sistema <strong>dell</strong>e sue forze motrici erano la strada che poteva<br />

condurre alla possibilità di concepire l’universo come un tutto per completare un<br />

Sistema del Mondo (Weltsystem).<br />

La concezione kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, non solo si lega con una visione di un<br />

universo in espansione, ma anche con la questione epistemologica sollevata dalla Kritik<br />

der Urtheilskraft sullo statuto dei corpi organici nel campo <strong>dell</strong>’indagine scientifica. 184<br />

La prospettiva kantiana di unificare principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong>dell</strong>’esperienza in<br />

un sistema del mondo arriva nell’ultima fase a rispecchiarsi <strong>nella</strong> costituzione di un<br />

sistema <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia.<br />

Attraverso questo sistema, Kant voleva permettere alla fisica di diventare una<br />

<strong>scienza</strong> compiuta e di colmare lo iato tra metafisica e fisica. Il gap che l’Übergang<br />

voleva colmare risiedeva <strong>nella</strong> spiegazione del nesso reale e causale tra la forza, che è<br />

un concetto metafisico, e i corpi fisici reali, che mostrano anche una finalità interna.<br />

La stima matematica <strong>dell</strong>e forze e la sua applicazione ai fenomeni <strong>natura</strong>li sono<br />

possibili solo attraverso la spiegazione di questo passaggio e allo stesso tempo<br />

garantiscono la certezza e la necessità per il giudicare determinante. 185<br />

Il progetto <strong>dell</strong>’Übergang passa, dunque, attraverso la fondazione del giudizio<br />

riflettente e su una rivisitazione <strong>dell</strong>’ontologia critica in chiave epistemologica, ovvero,<br />

su un arricchimento <strong><strong>dell</strong>a</strong> nozione di realtà che include come cose di fatto i prodotti<br />

184 Cfr. infra, Capitolo III.<br />

185 Cfr. infra, Capitolo IV.<br />

105


<strong><strong>dell</strong>a</strong> costruzione matematica. Per questo il prossimo capitolo si occuperà di questi<br />

argomenti salienti <strong>dell</strong>’opera del 1790.<br />

106


PARTE II<br />

EPISTEMOLOGIA E ONTOLOGIA:<br />

LA SCIENZA DELLA NATURA NEGLI ANNI ‘90


CAPITOLO III<br />

LA PROSPETTIVA EPISTEMOLOGICA APERTA DALLA<br />

Premessa<br />

CRITICA DELLA FACOLTÀ DI GIUDIZIO<br />

Il quadro epistemologico entro il quale si inserisce la costituzione del Sistema<br />

del Mondo del Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica<br />

è quello aperto dalla Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio. Questa parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> ricerca ha la<br />

funzione di esaminare alcuni elementi fondamentali per la comprensione del<br />

problema che Kant si pose, ovvero il problema epistemologico <strong><strong>dell</strong>a</strong> totalità in<br />

<strong>natura</strong>, del suo statuto ontologico, da un lato, e <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibile comprensione di essa,<br />

dall’altro. Se la Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura ha posto un limite alla possibilità di<br />

conoscere il mondo <strong>nella</strong> totalità <strong><strong>dell</strong>a</strong> serie dei fenomeni, la Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di<br />

giudizio ha imposto la necessità di pensare processi organici come parte di un<br />

sistema <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. Quest’ultimo, inteso come totalità, fa sorgere l’esigenza di dare<br />

conto <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibile interazione tra il giudicare secondo un nexus effectivus e quello<br />

secondo un nexus finalis. Si dischiude, così, a) l’orizzonte epistemologico <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

capacità del giudizio riflettente e del ricorso al concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>; b)<br />

una posizione che presuppone un certo accordo tra ragione e <strong>natura</strong>; c)<br />

l’armonizzarsi <strong>dell</strong>e facoltà, secondo un principio soggettivo, ma necessario, quello<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> conformità interna a scopi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>.<br />

108


A questo orizzonte si contrappone la mancanza sul piano ontologico di un<br />

principio unitario e sistematico <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, concepita come serie di processi fisici e<br />

organici. Quello che resta poco discusso, se non lasciato da parte, <strong>nella</strong> terza Critica,<br />

è proprio il problema <strong>dell</strong>’individuazione di un corrispettivo materiale che garantisca<br />

la continuità e, dunque, la reciproca dipendenza <strong>dell</strong>e parti di una totalità: quello che<br />

manca ancora, nel 1790, è una prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia cosmica.<br />

Come si è mostrato <strong>nella</strong> sezione precedente, i Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> del 1786 avevano presentato una cosmologia basata sull’idea di<br />

un tutto materiale in espansione, ma rappresentavano anche la spina nel fianco per la<br />

fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> secondo la prospettiva trascendentale: le forze<br />

di attrazione e repulsione erano presupposti metafisici che non potevano essere<br />

provati direttamente <strong>nella</strong> loro necessità, ma solo attraverso la negazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> loro<br />

impossibilità. Questa sezione ha, dunque, lo scopo di mostrare come gradualmente<br />

Kant abbia avanzato l’esigenza di pronunciarsi sulla fondazione metafisica e<br />

ontologica <strong>dell</strong>e forze originarie <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, fino ad elaborare una prova<br />

<strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere.<br />

L’analisi, dunque, parte dalla prospettiva epistemologica aperta dalla Critica<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio, tenendo presenti le interpretazioni di P. Kitcher e M.<br />

Friedman, per tracciare il rapporto, seppur negativo e di pietra di paragone, che la<br />

teleologia kantiana intrattiene con la <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. In secondo luogo, è<br />

necessario chiarire in che modo Kant abbia voluto risolvere sul piano epistemologico<br />

la compresenza del giudicare riflettente e determinante attraverso il concetto di<br />

tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. Il capitolo termina con l’indagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> trattazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia<br />

e <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza <strong>nella</strong> terza Critica e apre alla sezione successiva dedicata agli scritti<br />

tardi e all’Opus postumum.<br />

3.1 La prospettiva epistemologica<br />

La centralità <strong><strong>dell</strong>a</strong> fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> Naturwissenschaft emersa <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

ragione pura e nei Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> ritorna <strong>nella</strong> terza<br />

Critica. In quest’opera Kant mette in luce il ruolo di pietra di paragone <strong><strong>dell</strong>a</strong> telelologia<br />

per la <strong>scienza</strong> teoretica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>:<br />

La teleologia come <strong>scienza</strong> non appartiene dunque ad alcuna dottrina, ma solo alla<br />

critica, e precisamente alla critica di una speciale facoltà conoscitiva, cioè <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di<br />

109


giudizio. Ma in quanto contiene principi a priori, essa può e deve addurre il metodo in base al<br />

quale si deve giudicare <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> secondo il principio <strong>dell</strong>e cause finali, e così la dottrina del<br />

metodo ha almeno un influsso negativo sul procedimento <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> teoretica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>,<br />

nonché sul rapporto che questa, in quanto propedeutica, può avere <strong>nella</strong> metafisica con la<br />

teologia. 1<br />

La classificazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> teleologia come <strong>scienza</strong> limita la <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

teoretica (Theoretische Naturwissenschaft). Allo stesso tempo il metodo del giudicare la<br />

<strong>natura</strong> secondo scopi appartiene alla descrizione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> (Naturbeschreibung) e<br />

fornisce un filo conduttore per l’attività del <strong>natura</strong>lista. Tenendo presente la Critica<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio, si mostra come non possa darsi “una via dall'alto” e “una via<br />

dal basso” nel giudicare la <strong>natura</strong>, indipendentemente dal problema <strong><strong>dell</strong>a</strong> costituzione<br />

sistematica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. Da un punto di vista epistemologico, infatti, si<br />

determina un ruolo di primo piano del principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> conformità a scopi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

(Zweckmässigket) per la pratica scientifica, per l’ampliamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza e per lo<br />

sviluppo <strong><strong>dell</strong>a</strong> dottrina <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> come sistema.<br />

Nella misura in cui il principio teleologico soggettivo e universale <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

conformità a scopi si presenta come la pietra di paragone per la <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

teoretica, esso viene assunto come criterio per la determinazione dei limiti del dominio<br />

di questa. La facoltà di giudizio si deve esercitare, secondo Kant, <strong>nella</strong> prassi scientifica,<br />

nel continuo confronto con ciò che l’esperienza fornisce per la Naturbeschreibung,<br />

procurando un principio adeguato 1) all’orientamento <strong>dell</strong>'attività <strong>dell</strong>o scienziato di<br />

fronte alla contingenza dei fenomeni <strong>natura</strong>li, 2) all’ordinamento <strong>dell</strong>e diverse leggi<br />

empiriche sotto principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione, 3) all'uso di strumenti epistemologici necessari<br />

per l’ampliamento <strong>dell</strong>e conoscenze e per la ricerca di una possibile coesistenza fra il<br />

nexus effectivus e il nexus finalis riscontrati nei nostri giudizi sulla <strong>natura</strong>.<br />

Tutti gli strumenti metodologici, come l’analogia, l’induzione e l’ipotesi, che<br />

Kant considera indispensabili per la Naturbeschreibung, sono tali perché vi è un<br />

principio a priori, quello <strong><strong>dell</strong>a</strong> conformità <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> a scopi, che funge da pietra di<br />

paragone per il loro uso nel giudicare:<br />

Questa analogia <strong>dell</strong>e forme, in quanto, al di là di ogni diversità, sembrano essere<br />

generate conformemente ad un archetipo comune, rafforza la congettura di una loro affinità<br />

reale <strong>nella</strong> generazione da una comune madre originaria mediante il graduale avvicinamento di<br />

una specie animale all'altra, a partire da quelle in cui il principio degli scopi sembra essersi<br />

maggiormente affermato, cioè dall'uomo fino al polipo, da questo addirittura fino ai muschi ei<br />

licheni, e infine ai gradi più bassi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> da noi apprezzabili, fino alla materia bruta, da cui<br />

e dalle cui forze sembra discendere, secondo leggi meccaniche (come quelle secondo le quali la<br />

1 KdU, KGS V, p. 417.<br />

110


<strong>natura</strong> agisce nelle generazioni cristalline), l'intera tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, che è per noi così<br />

incomprensibile negli esseri organizzati che ci crediamo obbligati a pensare per essi a un<br />

principio diverso. 2<br />

Considerando questo passo ci sono diverse <strong>questioni</strong> che si presentano, alcune<br />

<strong>dell</strong>e quali meritano particolare attenzione prima di svolgerne altre di <strong>natura</strong> puramente<br />

epistemologica. In primo luogo, si osservi come Kant traduca nel contesto <strong>dell</strong>’indagine<br />

<strong>natura</strong>le la legge di continuità specificazione e affinità, che sono principi regolativi <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

ragione pura per l’unità sistematica. Essi assumono il carattere di congettura<br />

nell’esercizio <strong><strong>dell</strong>a</strong> ricerca e svolgono una funzione orientativa, permettendo di<br />

rinvenire un loro corrispettivo reale: la varietà <strong>dell</strong>e specie, l’affinità tra le forme di<br />

esse, la loro comune generazione. In secondo luogo, si noti il riferimento che Kant fa<br />

alle forze <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia che saranno prese in esame nel Passaggio dai principi metafisici<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica. Non è un caso, infatti, che Kant abbia inserito nel<br />

sistema elementare <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia anche quelle organiche. Questo è<br />

uno degli influssi fondamentali <strong><strong>dell</strong>a</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio sull’ultima fase<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> produzione kantiana.<br />

Dare conto, secondo principi costitutivi e a priori, anche <strong>dell</strong>e forze che<br />

agiscono nei corpi organici, in quanto corpi materiali, diviene un obiettivo necessario<br />

nell’Opus postumum. Da tali forze discende ciò che Kant chiama tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>,<br />

vale a dire l’unità <strong>dell</strong>’auto-produzione, interna alla <strong>natura</strong>, di varietà di forme viventi e<br />

vegetali. Questo concetto, che gioca un ruolo importante <strong>nella</strong> terza Critica, permetterà<br />

a Kant di prendere in esame nell'Opus postumum anche il fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> generazione<br />

<strong>natura</strong>le, che richiede alla base una materia, individuata nell’etere, e una particolare<br />

forma di organizzazione e di relazione tra le parti <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia.<br />

La Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio rappresenta un punto di svolta nel sistema<br />

kantiano, oltre ad essere una <strong>dell</strong>e fonti più ricche per individuare le <strong>questioni</strong><br />

<strong>epistemologiche</strong> con cui Kant si è misurato. 3 Uno studio sul ruolo <strong>dell</strong>’induzione, come<br />

quello condotto da P. Kitcher <strong>nella</strong> KdU può fornire un primo spunto per l’ulteriore<br />

analisi che in questo paragrafo si vuole sviluppare. Kitcher in Unity of Science and the<br />

Unity of Nature 4<br />

ha restituito un'immagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio come<br />

un’opera che porta con sé lo sviluppo degli elementi metodologici del sistema kantiano.<br />

Il limite riscontrato da Kitcher nelle interpretazioni più diffuse del kantismo risiede<br />

2<br />

KdU, KGS V, pp. 418-19.<br />

3<br />

Cfr. E. Garroni, Estetica ed epistemologia. Riflessioni sulla Critica del Giudizio, Roma 1976.<br />

4<br />

P. Kitcher, Unity of Science and the Unity of Nature, in Kant and Contemporary Epistemology, a cura di<br />

P. Parrini Dordrecht 1994, pp. 253–272.<br />

111


nell’aver enfatizzato il carattere <strong>dell</strong>’a priori, nell’aver scelto, cioè, di prediligere “la via<br />

dall’alto” per la costituzione sistematica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. Il Kant che Kitcher<br />

vuole far emergere, o meglio, gli elementi del sistema kantiano che occupano il suo<br />

studio, si identificano con una “via dal basso” che tiene conto <strong><strong>dell</strong>a</strong> centralità<br />

<strong>dell</strong>’empirico, piuttosto che <strong>dell</strong>’a priori:<br />

These last remarks are highly speculative and incomplete. Nevertheless, they might<br />

provide some motivation for thinking that Kant's ideas about scientific inquiry are not entirely<br />

irrelevant to contemporary concerns about law, explanation, inference, and the growth of<br />

knowledge. In his route from below, I find, in embryo, an attractive way of responding to some<br />

of our current epistemological problems about science. [...] Yet, for all the interest of his<br />

complex and ingenious derivations, I wonder whether our focus on the aprioristic Kant has not<br />

blinded us to some of his most pertinent insights. 5<br />

Kitcher prende in esame una conseguenza <strong>dell</strong>’induzione, quello <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

generalizzazione e la sua approssimazione all’universalità (“approximate to<br />

universality”) come congettura che nel tempo può essere adottata e garantire il<br />

permanere di uno schema <strong><strong>dell</strong>a</strong> nostra sistematizzazione. 6 Secondo Kitcher, infatti,<br />

“[…] we encounter Kant's acknowledgment source of contingency. However, if we<br />

presuppose the principle of purposiveness, then currently adopted explanatory<br />

dependences will be approximations to those that would emerge in the limit of<br />

L'aspetto asintotico <strong>dell</strong>’esperienza, che gioca un ruolo fondamentale<br />

nell’Opus postumum, come del resto in tutto il sistema kantiano, è legato a parte<br />

inquiry”. 7<br />

posteriori alla costituzione di fronte alla contingenza di un’universalità (Allgemeinheit)<br />

come generalità, piuttosto che alla costituzione <strong>dell</strong>’universalità logica. Tale generalità è<br />

raggiunta attraverso l’induzione, ma il processo <strong><strong>dell</strong>a</strong> generalizzazione e la ricognizione<br />

di leggi empiriche è suscettibile di un orientamento a fini da parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione.<br />

Le inferenze <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio sono definite, dal punto di vista logico,<br />

come mediate e sono guidate da un principio, che come si vedrà, gioca un ruolo<br />

fondamentale <strong>nella</strong> definizione del rapporto tra la costituzione <strong>dell</strong>e nostre facoltà<br />

umane e quelle di un intelletto archetipo. In base a tale rapporto, infatti, Kant<br />

giustificherà l’intero impianto <strong><strong>dell</strong>a</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà teleologica del giudizio.<br />

Il principio che soggiace alle inferenze in questione è il seguente:<br />

5 Kitcher (1994), p. 268.<br />

6 Kitcher (1994), p. 268.<br />

7 Kitcher, (1994), p. 268.<br />

112


Sind die Schlüsse der Urteilskraft unmittelbare Schlüsse? Nein, es liegt ihnen ein Prinzip der<br />

Urtheilskraft zum Grunde: dass nämlich vieles nicht ohne Gemeinschaftlichen Grund in einem<br />

Zusammenstimmen werde, dass also das, was ihm so zukommt, aus einem gemeinschaftlichen<br />

Grunde werde notwendig sein. (-- Analogie, Induktion). 8<br />

Questo principio, secondo cui ogni molteplicità empirica, se ricondotta ad unità,<br />

deve avere a fondamento un principio generale e comune, soggiace all’analogia e<br />

all’induzione, ovverosia al metodo empirico per eccellenza.<br />

Kant ha, quindi, concesso uno statuto autonomo al metodo che procede<br />

dall’empirico, ma tale autonomia trova una garanzia nell’unità sistematica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione.<br />

La tesi di M. Friedman secondo cui una “via dall’alto” non può essere separata da una<br />

“via dal basso”, e viceversa, è stata parzialmente criticata da Kitcher, che invece<br />

sostiene una netta separazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> “via dal basso” <strong>nella</strong> metodologia scientifica, al fine<br />

di stabilire un “dialogo” tra la filosofia kantiana e i problemi epistemologici<br />

contemporanei.<br />

La posizione di Kitcher, che per certi versi è complementare a quella di<br />

Friedman, sebbene spesso i due siano posti in antitesi, non mostra un punto<br />

fondamentale: la spiegazione dei fenomeni <strong>natura</strong>li, per Kant, non può prescindere da<br />

principi a priori. La nostra conoscenza, fosse anche il prodotto <strong>dell</strong>’osservazione o<br />

<strong>dell</strong>’induzione, è comunque condotta sulla base di principi a priori, a cui Kant<br />

attribuisce diverse funzioni (principi regolativi o costitutivi), ma che di fatto sono<br />

necessari perché si dia la materia per una forma di sistematizzazione, anche di carattere<br />

provvisorio.<br />

L'assetto sistematico <strong><strong>dell</strong>a</strong> terza Critica non lascia dubbio sul fatto che il<br />

giudicare secondo conformità a scopi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> ci presenta come problema per la<br />

<strong>scienza</strong> <strong>natura</strong>le il dare conto di un “contingente necessario”, su cui si giudica<br />

provvisoriamente, ma con una pretesa di certezza e oggettività. Kant è, però, molto<br />

chiaro circa lo statuto <strong>dell</strong>’induzione che produce proposizioni generali, ma non<br />

necessarie. La certezza di tali proposizioni è empirica e, dunque, non è in grado di<br />

fondare la <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> pura, ma senz’altro è in grado di ampliare la <strong>scienza</strong><br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> applicata.<br />

La concezione del giudicare provvisorio, legato profondamente all’induzione e<br />

all’analogia, è un punto teorico fondamentale su cui Kant prende posizione, seguendo le<br />

orme di Bacone. La ricerca scientifica non potrebbe avanzare senza quelli che Kant<br />

chiama giudizi previi e che include <strong>nella</strong> sua dottrina logica, assegnando ad essi un<br />

8 I. Kant, Reflexion 3200, KGS XVI, p. 709.<br />

113


valore e una dignità conoscitiva che, agli occhi di Kant, la logica tradizionale wolffiana<br />

avrebbe negato:<br />

Um etwas zu entdecken (was entweder in uns selbst oder anderwärts verborgen liegt),<br />

dazu gehört in vielen Fällen ein besonderes Talent, Bescheid zu wissen, wie man gut suchen<br />

soll: eine Naturgabe vorläufig zu urteilen ( iudicii praevii ), wo die Wahrheit wohl möchte zu<br />

finden sein; den Dingen auf die Spur zu kommen und die kleinsten Anlässe der Verwandtschaft<br />

zu benutzen, um das Gesuchte zu entdecken oder zu erfinden. Die Logik der Schulen lehrt uns<br />

nichts hierüber. Aber ein Baco von Verulam gab ein glänzendes Beispiel an seinem Organon<br />

von der Methode, wie durch Experimente die verborgene Beschaffenheit der Naturdinge könne<br />

aufgedeckt werden. Aber selbst dieses Beispiel reicht nicht zu, eine Belehrung nach bestimmten<br />

Regeln zu geben, wie man mit Glück suchen solle, denn man muss immer hierbei etwas zuerst<br />

voraussetzen (von einer Hypothese anfangen), von da man seinen Gang antreten will, und das<br />

muss nach Prinzipien gewissen Anzeigen zu Folge haben, und daran liegt eben, wie man diese<br />

auswittern soll. 9<br />

Dal punto di vista epistemologico, la terza Critica apre la prospettiva di uno iato<br />

tra a priori ed empirico e di una loro possibile conciliazione all’interno <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

Naturwissenschaft. Questo problema fondamentale è la cornice entro cui si inseriscono i<br />

seguenti aspetti epistemologici, di cui Kant tiene conto <strong>nella</strong> fase matura del suo<br />

pensiero:<br />

1. In prima battuta la prassi <strong>dell</strong>’indagine scientifica procede attraverso<br />

inferenze induttive. L’induzione ricopre un ruolo fondamentale per la scoperta e,<br />

dunque, per l’avanzamento e l’ampliamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> nostra conoscenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>.<br />

L’inquadramento di una Urtheilskraft in un suo dominio e il rinvenimento di un suo<br />

principio trovano nel sistema kantiano una loro controparte nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong> logica. Le<br />

inferenze <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio, l’induzione e l’analogia, ricoprono un ruolo centrale<br />

anche <strong>nella</strong> produzione logica di Kant. La loro classificazione rompe, infatti, con tutta la<br />

tradizione logica precedente. Queste inferenze non sono sillogismi, hanno un Grund del<br />

tutto differente dalle inferenze proprie <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione e sono definite da Kant come<br />

“presunzioni” logiche, che danno vita a proposizioni, piuttosto che a giudizi. Sia<br />

l’induzione che l’analogia seguono un proprio principio:<br />

L’induzione, dunque, inferisce dal particolare all’universale (a particulari ad<br />

universale) secondo il principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> generalizzazione: ciò che conviene a molte cose di un<br />

genere, conviene anche alle rimanenti. 10<br />

Per l’analogia le cose stanno in modo diverso:<br />

9 I. Kant, Anthropologie in pragmatischer Hinsicht, KGS VII, p. 223.<br />

10<br />

Logik Jäsche, p. 154.<br />

114


L'analogia inferisce dalla parziale alla totale somiglianza di due cose secondo il<br />

principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> specificazione: cose di un genere, <strong>dell</strong>e quali si sa che concordano su molto,<br />

concordano anche nel rimanente, ossia quello che noi conosciamo in alcune cose di questo<br />

genere, ma non percepiamo in altre. 11<br />

La Gewissheit <strong>dell</strong>e inferenze <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio ha uno statuto<br />

completamente differente da quello dei giudizi sintetici a priori dei Principi<br />

<strong>dell</strong>’intelletto puro: tale certezza è, infatti, empirica. Questo elemento ha <strong>dell</strong>e ricadute<br />

notevoli sul modo di procedere nell’indagine <strong>natura</strong>le. In primo luogo, Kant sottolinea<br />

anche <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura come l’induzione sia lo strumento che può<br />

condurre proposizioni all’universalità generale o correlativa, ma non a quella<br />

universalità necessaria e assoluta di cui godono invece i giudizi sintetici a priori <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

nostra conoscenza. Effettivamente di fronte alla varietà dei fenomeni <strong>natura</strong>li, di fronte<br />

al contenuto empirico contingente di cui è carica l’esperienza, l’indagine <strong>natura</strong>le<br />

necessita di strumenti che raccolgano tale varietà sotto un’unità più alta. Questa è, però,<br />

un’unità solamente relativa, non assoluta, essa è un’universalità correlativa, una<br />

generalizzazione il cui limite tende a spostarsi quanto più l’esperienza continua ad<br />

arricchirsi di una quantità e di qualità di varietà di fenomeni. Nella Logik si legge:<br />

Uno in molti, dunque in tutti: induzione; molto in uno (che è anche in altri), dunque<br />

anche il rimanente nello stesso uno: analogia. [...] Nell'inferenza per analogia però si richiede<br />

solo l’identità del fondamento (par ratio). 12<br />

Senza induzione e analogia non potrebbe essere alla nostra portata<br />

l’ampliamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> nostra conoscenza empirica, verrebbe meno sia la possibilità del<br />

progresso e <strong>dell</strong>’arricchimento <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza come sistema sia il sistema<br />

<strong>dell</strong>’esperienza in genere. Il progressivo assorbimento del contingente nel sistema<br />

<strong>dell</strong>’esperienza avviene a parte priori, così come a parte posteriori, seguendo principi<br />

per l’uso del giudicare. Nel caso <strong>dell</strong>’induzione e <strong>dell</strong>’analogia ci si trova di fronte a uno<br />

strumento potente di riduzione a unità e generalizzazione indispensabile per l’indagine<br />

scientifica e che però necessita di un principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio, un principio<br />

regolativo, appunto, in grado di orientare questa attività. Inoltre l’induzione e l’analogia<br />

sono anche lo strumento che fornisce un grado di probabilità ad un’ipotesi, come<br />

sottolineato <strong>nella</strong> Logik:<br />

11 Logik Jäsche, p. 154.<br />

12 Logik Jäsche, p. 154.<br />

115


Ciò nondimeno, la probabilità di un'ipotesi può anche crescere ed elevarsi a un<br />

analogon <strong><strong>dell</strong>a</strong> certezza, è cioè quando tutte le conseguenze che ci si sono presentate finora<br />

possono essere spiegate derivandole dal fondamento supposto. In tal caso, infatti, non v'è<br />

ragione per cui non dovremmo ammettere che si potranno spiegare tutte le possibili<br />

conseguenze derivandole da esso. In questo caso, allora, noi ci affidiamo all'ipotesi come se<br />

fosse del tutto certa, sebbene lo sia solo per induzione. 13<br />

2. A questo punto la distinzione kantiana tra principi regolativi e<br />

costitutivi, tracciata <strong>nella</strong> prima Critica, assume un particolare connotato. Una volta<br />

colti gli strumenti <strong>dell</strong>’attuazione <strong>dell</strong>e regole <strong><strong>dell</strong>a</strong> generalizzazione, così come quelle<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> specificazione, che stanno alla base <strong><strong>dell</strong>a</strong> ricerca scientifica, si presenta una<br />

scommessa per la filosofia kantiana, quella <strong>dell</strong>’armonizzazione del risultato di questo<br />

processo con i principi universali e necessari a priori che determinano la nostra<br />

esperienza. La grande sfida <strong>nella</strong> terza Critica viene tracciata da Kant nei termini di un<br />

giudicare riflettente e di uno determinante da combinare insieme <strong>nella</strong> formazione del<br />

sistema <strong>dell</strong>’esperienza, come suggerisce il §61:<br />

[Il giudicare teleologico] appartiene quindi alla facoltà riflettente di giudizio, non a<br />

quella determinante. Il concetto di legami e forme <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> secondo scopi è però almeno un<br />

principio in più per portare sotto regole i fenomeni <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> quando le leggi <strong><strong>dell</strong>a</strong> causalità<br />

secondo il suo semplice meccanismo non bastano.<br />

L’interazione tra empirico e a priori si incontra, laddove, attraverso induzione e<br />

analogia, la facoltà di giudizio ha già compiuto il processo di generalizzazione<br />

necessario per il rinvenimento di leggi empiriche. Tali leggi come ha sottolineato M.<br />

Friedman <strong>nella</strong> sua analisi in Kant and the Exact Sciences, sebbene esprimano una<br />

generalizzazione empirica, sono pur sempre leggi, e possono assumere una validità a<br />

priori nel progredire <strong>dell</strong>’indagine scientifica, qualora sia indicato un loro fondamento<br />

certo o ritenuto tale per induzione e per assenza di prove del suo contrario.<br />

È proprio al livello <strong>dell</strong>e leggi empiriche che si può riscontrare l’incontro tra<br />

empirico e a priori, tra il giudicare riflettente e quello determinante. Le leggi empiriche<br />

stesse diventano l’oggetto di una comprensione sistematica secondo i principi regolativi<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione. La comprensione sistematica riesce a dare conto a parte priori <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

compresenza di due diversi modi del giudicare, necessari alla costituzione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

Naturwissenschaft. D’altro canto, a parte posteriori, Kant definisce come segue il<br />

processo epistemologico che soggiace alla condizione del giudicare sugli scopi <strong>natura</strong>li<br />

sul piano <strong>dell</strong>’indagine scientifica:<br />

13 Logik Jäsche, p. 100.<br />

116


Infatti, noi chiamiamo in causa un principio teleologico quando attribuiamo al concetto<br />

di un oggetto, come se si trovasse <strong>nella</strong> <strong>natura</strong> (non in noi), una causalità rispetto all'oggetto, o<br />

piuttosto ci rappresentiamo la possibilità <strong>dell</strong>'oggetto, secondo l'analogia di una tale causalità<br />

(quale noi troviamo in noi stessi), e con ciò pensiamo la <strong>natura</strong> come tecnica in ragione di una<br />

sua propria capacità, mentre, se non le attribuiamo un tal modo di avere effetti, la sua causalità<br />

dovrebbe essere rappresentata come cieco meccanismo. 14<br />

Non si tratta, dunque, per Kant di stabilire la preminenza dei principi costitutivi<br />

su quelli regolativi o del giudicare determinante su quello riflettente. Si tratta piuttosto<br />

di dare conto <strong><strong>dell</strong>a</strong> reale interazione tra principi di <strong>natura</strong> diversa, frutto di diversi modi<br />

del giudicare e del pensare la causalità. Il punto epistemologico importante che emerge<br />

dalla terza Critica risiede dunque nell’aver previsto la possibilità per il giudizio<br />

riflettente di subentrare nel corso <strong>dell</strong>’indagine scientifica al giudizio determinante. La<br />

complessità <strong>dell</strong>’esperienza e, in particolare <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza scientifica, viene così<br />

salvaguardata, ne vengono limitati la validità e i confini attraverso una subordinazione<br />

<strong>dell</strong>e leggi empiriche ad un’unità sistematica grazie all’armonizzarsi del principio <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

conformità a scopi con i principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione. Il giudicare riflettente, sebbene non<br />

determini l’oggetto in alcun modo, inferisce da concetti particolari a concetti universali<br />

e dunque riflette sull’oggetto “per ottenerne la conoscenza”. Pertanto i due modi di<br />

inferire del giudizio, l’induzione e l’analogia, “consegnano” e preparano rapporti di<br />

concordanza secondo un principio: i molti non concorderanno in uno senza un<br />

fondamento comune, ma ciò che conviene in questo modo ai molti sarà necessario a<br />

partire da un fondamento comune, sebbene indeterminato. 15<br />

3. Il principio di conformità <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> a scopi nel giudicare riflettente<br />

produce però <strong>dell</strong>e conseguenze <strong>epistemologiche</strong> profonde. Occorre essere chiari su un<br />

punto imprescindibile: il giudicare riflettente ha, sì, a fondamento un principio<br />

soggettivo, quello <strong><strong>dell</strong>a</strong> conformità <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> a scopi, tuttavia, la pretesa di oggettività<br />

che lo scienziato avanza si basa sulla presupposizione di un principio interno alla <strong>natura</strong>,<br />

di un corrispettivo di questo principio soggettivo, da cui derivano gli effetti come scopi<br />

<strong>natura</strong>li. In altre parole, il concetto chiave di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> permette di poter<br />

pensare gli organismi come scopi <strong>natura</strong>li, generati secondo principi interni alla <strong>natura</strong><br />

stessa, senza cadere <strong>nella</strong> teleologia assoluta e oggettiva. È un dato però che vi siano dei<br />

particolari oggetti che non si lasciano spiegare da pure leggi meccaniche e che anzi<br />

richiedano un’idea del tutto per spiegare il rapporto tra le loro parti (si pensi alle<br />

14 KdU, KGS V, p. 360.<br />

15 KdU, KGS V, pp. 317-18.<br />

117


cellule). Per Kant non è possibile una coesistenza del nexus effectivus e del nexus finalis<br />

in <strong>natura</strong> a partire dalla distinzione del giudicare tra erklären e darstellen, sebbene sia<br />

impossibile conoscere il fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> loro compresenza, che sul piano oggettivo<br />

viene ricondotto alla tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. Compare, dunque, da un lato una<br />

corrispondenza tra pensiero ed essere laddove il giudicare, riconoscendo connessioni<br />

causali (meccaniche o finali) di <strong>natura</strong> differente, è in grado di ordinarle secondo forme<br />

e scopi altrettanto differenti. Tale capacità del soggetto è “alienata” <strong>nella</strong> <strong>natura</strong>, viene<br />

attribuita ad essa una capacità produttiva di forme, come se esse fossero state ordinate<br />

da un intelletto sebbene non il nostro. Riscontrata <strong>nella</strong> <strong>natura</strong> una conformità a scopi<br />

che si armonizza con i principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione, è possibile dare conto <strong><strong>dell</strong>a</strong> contingenza in<br />

modo necessario. La soddisfazione di fronte a questa corrispondenza stupefacente è<br />

però sempre messa in discussione dall’ampliamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza, dal continuo<br />

confronto con il contingente.<br />

In questo senso, per riprendere P. Kitcher, la via dal basso che Kant ha<br />

tracciato per l’ampliamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza empirica non è una via, ma è la via<br />

maestra per il progredire <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong>. Nella Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio si<br />

affronta il nodo del progressivo assorbimento <strong>dell</strong>'empirico nel sistema <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong>,<br />

grazie al filo conduttore del principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> conformità a scopi. Tuttavia, è solo la<br />

costituzione sistematica, possibile attraverso principi a priori che affondano le loro<br />

radici <strong>nella</strong> dottrina logica kantiana, che può realizzarsi la connessione fra empirico e<br />

a priori.<br />

È dal reciproco limitarsi <strong><strong>dell</strong>a</strong> teleologia come <strong>scienza</strong>, cioè la<br />

Naturbeschreibung, e <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> teoretica (theoretische Naturwissenschaft)<br />

che è possibile trovare una pietra di paragone per la Naturwissenschaft. Ma è anche<br />

vero che il loro limitarsi reciproco lascia intravedere come una fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> sia indispensabile per definire la pretesa del giudicare teleologico.<br />

Dopo aver tracciato la via dal basso alle leggi empiriche e il dominio <strong><strong>dell</strong>a</strong> teleologia,<br />

Kant si pone il problema di costituire un ponte o un passaggio dall’a priori<br />

all’empirico, dai principi trascendentali, non più solo a quelli metafisici, ma a quelli<br />

empirici. Di qui la necessità di prendere in esame non più la materia come mobile<br />

nello spazio, ma le forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e di dare una certezza apodittica,<br />

attraverso la matematica, ai giudizi che legano metafisica e fisica. È questa la ragione<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> costituzione del Passaggio dai Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla<br />

fisica, questa la ragione <strong>dell</strong>o iato da colmare che impegnerà Kant nell’opera postuma.<br />

118


3.2 Il concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

Per rendere perspicuo uno degli aspetti principali <strong><strong>dell</strong>a</strong> teleologia kantiana,<br />

ovvero la relazione a livello epistemologico tra <strong>natura</strong> e ragione, è necessario<br />

sottolineare l’importanza del concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> di cui Kant si serve <strong>nella</strong><br />

Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio. In primo luogo, si deve tenere presente la relazione tra<br />

la tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> e le leggi di ragione per rappresentare l’accordo tra i principi<br />

trascendentali <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione con la <strong>natura</strong>. In secondo luogo, occorre mostrare che la<br />

possibilità di questo accordo riposa sulla mediazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio tra la<br />

ragione umana e la contingenza riscontrata in <strong>natura</strong>.<br />

È chiaro dalle pagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> terza Critica, infatti, che il concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong> assume un ruolo fruttuoso esponendo, attraverso un’analogia con le facoltà<br />

umane, l’attività produttiva <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, come se la sua attività fosse orientata a fini.<br />

Pensare la <strong>natura</strong> in termini di produzione spontanea orientata a fini è qualcosa di<br />

richiesto per rendere intelligibili i suoi prodotti e le sue leggi. Questo obiettivo, che è<br />

poi fondamentale per l’approccio <strong><strong>dell</strong>a</strong> ricerca scientifica, può essere perseguito<br />

assumendo il concetto di conformità a scopi come il filo conduttore <strong><strong>dell</strong>a</strong> capacità<br />

riflettente del giudizio.<br />

In sostanza, il concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> è la chiave per rispondere alla<br />

domanda che Kant si pone sulla possibile relazione tra nexus effectivus e nexus finalis,<br />

in quanto attraverso questo concetto può essere dato un riferimento e un significato<br />

unitario alla finalità oggettiva <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. Quest’ultima, come è noto, non può essere<br />

oggetto di conoscenza attraverso un principio o di esibizione diretta nell’intuizione.<br />

Eppure non può essere esclusa dall’indagine filosofica, in quanto vi è un particolare<br />

fenomeno, quello <strong><strong>dell</strong>a</strong> riproduzione umana, che risponde a uno schema di finalità<br />

oggettiva, esterna e necessaria. Il concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> è pensato da Kant<br />

proprio per risolvere il possibile contrasto tra nexus effectivus e nexus finalis e per dar<br />

conto di processi produttivi e riproduttivi basati evidentemente su un’organizzazione<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia rispondente a degli scopi interni alla <strong>natura</strong> stessa. 16<br />

Per sostenere questo<br />

16 Nella terza Critica Kant afferma che esiste una sola forma di finalità esterna, incarnata dalla coppia. Il<br />

maschile e il femminile sono, infatti, finalizzati necessariamente allo scopo riproduttivo e la loro stessa<br />

forma coincide con il loro scopo. L’aspetto più degno di nota è che questa definizione <strong>dell</strong>o statuto<br />

“eccezionale” <strong><strong>dell</strong>a</strong> coppia, ritorna nelle sue conseguenze nell’alveo <strong><strong>dell</strong>a</strong> Rechtslehre kantiana, là dove<br />

Kant tratta del matrimonio e sostiene una sospensione del diritto, dunque <strong><strong>dell</strong>a</strong> libertà, nell’attuazione<br />

<strong>dell</strong>o scambio degli organi sessuali maschili e femminili finalizzato alla procreazione. Questa concezione<br />

119


argomento viene considerato in via preliminare il carattere <strong><strong>dell</strong>a</strong> capacità teleologica di<br />

giudizio unitamente a quello <strong><strong>dell</strong>a</strong> finalità oggettiva.<br />

a) Come sorge il concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>?<br />

Numerosi tentativi di analizzare i §§36-41 e i §§76-78 <strong><strong>dell</strong>a</strong> terza Critica hanno<br />

cercato di rilevare la distinzione tra capacità del giudizio estetico e di quello teleologico,<br />

nonchè il ruolo di quest’ultimo come un medium tra ragione e sensibilità. 17<br />

L’attenzione posta sugli elementi empirici considerati nel §36 ritorna in primo<br />

piano <strong>nella</strong> parte dedicata alla facoltà di giudizio teleologico. Secondo Kant, i giudizi<br />

propri <strong><strong>dell</strong>a</strong> Naturforschung, che riguardano fenomeni chimici, fisici e biologici,<br />

18<br />

dovrebbero essere fondati su fini prodotti dalla <strong>natura</strong> stessa. La distinzione generale<br />

tra giudizi estetici e teleologici è così tracciata:<br />

Su ciò si fonda la divisione <strong><strong>dell</strong>a</strong> critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio in critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà<br />

estetica e in critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà teleologica, intendendosi con la prima la facoltà di giudicare la<br />

conformità a scopi formale (detta altrimenti anche soggettiva) mediante il sentimento del<br />

piacere o del dispiacere, e con la seconda la facoltà di giudicare la conformità a scopi reale<br />

(oggettiva) <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> mediante l’intelletto e la ragione. 19<br />

Prima di procedere è bene chiarire su quale fondamento possa poggiare questa<br />

distinzione. È un fatto che l’eccessiva molteplicità <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> nelle sue forme conduce<br />

a un’altra rappresentazione di oggetto <strong>natura</strong>le, 20 e che “il concetto di legami e forme<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> secondo scopi è però almeno un principio in più per portare sotto regole i<br />

fenomeni <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> quando le leggi <strong><strong>dell</strong>a</strong> causalità secondo il suo semplice<br />

meccanismo non bastano”. 21<br />

Perciò, secondo Kant, lo scopo (Zweck) è determinato<br />

come l’elemento capace di soddisfare il bisogno di universalità da due punti di vista:<br />

uno formale soggettivo e uno reale oggettivo. Nel primo caso, quello <strong><strong>dell</strong>a</strong> capacità<br />

estetica di giudizio, l’universalità è fondata sulla pretesa del Gusto, senza che ad esso<br />

sia adeguato alcun concetto. Nel secondo caso, quello riscontrato nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

di Kant svela sia quanto la terza Critica sia fondamentale per la dottrina del diritto kantiana, ma<br />

soprattutto svela l’importanza e il legame profondo tra il principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> conformità a scopi, l’esercizio del<br />

nostro giudicare e la libertà, intesa come Faktum der Vernunft e non come arbitrio. Il fatto che<br />

giudichiamo la <strong>natura</strong> secondo scopi e secondo una finalità interna, piuttosto che una finalità esterna,<br />

dispiega la <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>e nostre facoltà, una <strong>natura</strong> libera e intelligibile.<br />

17<br />

Per quanto riguarda l’analisi su questo punto, cfr. A. Nuzzo, Kant and the Unity of Reason, West<br />

Lafayette, 2005.<br />

18<br />

Nuzzo (2005), p. 89.<br />

19<br />

KdU, KGS V, p. 193.<br />

20<br />

KdU, KGS V, p. 193.<br />

21<br />

KdU, KGS V, p. 360.<br />

120


facoltà del giudizio teleologico, deve essere seguito il filo conduttore (Leitfaden) <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

Zweckmäßigkeit, ovvero <strong><strong>dell</strong>a</strong> conformità a scopi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, come se (als ob) fosse un<br />

concetto, attraverso il quale nel giudizio é possibile riferire universalità agli organismi.<br />

Oltre a ciò, si noti come <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà del giudizio estetico non è<br />

indicato alcun concetto per determinare la relazione tra le rappresentazioni e i predicati<br />

nel giudizio, mentre <strong>nella</strong> parte dedicata alla facoltà di giudizio teleologico le<br />

rappresentazioni sono riferite alla conformità a scopi. Perciò la conformità a scopi è<br />

presentata da Kant come fondamento per i giudizi teleologici, perché la loro<br />

costituzione ha bisogno di pensare questo principio oggettivamente nel riferire predicati<br />

a particolari oggetti di esperienza, quali sono gli organismi.<br />

Horstmann in Why Must There Be a Transcendental Deduction in Kant’s<br />

Critique of Judgment? ha sostenuto che “we can see why Kant always emphasizes that<br />

there is a structural difference between aesthetic and teleological judgments in relation<br />

to the faculty of judgment”. 22 Sebbene si possa affermare che la conformità a scopi sia<br />

un principio trascendentale per la facoltà di giudizio estetico, è più difficile definirne lo<br />

statuto nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio teleologico, in quanto la possibilità del<br />

giudicare teleologico sembra dipendere dalla possibilità di applicare ad un oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong> il concetto di scopo inteso come un concetto di ragione. 23 Questo punto conduce<br />

al ruolo fondamentale <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione kantiana di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>: 24<br />

come può<br />

essere compresa in un sistema la varietà di fenomeni <strong>natura</strong>li, non solo chimici e<br />

biologici, ma anche fisici? In secondo luogo, com’è possibile, nel fare esperienza,<br />

riuscire anche a connettere il nexus effectivus con il nexus finalis, se il principio di<br />

conformità a scopi è trascendentale, ma sembra fondare l’universalità dei giudizi<br />

teleologici <strong>nella</strong> <strong>natura</strong> stessa?<br />

Una risposta a questo problema è stata, ad esempio, quella di M. Morrison, che<br />

sostiene la presupposta unità di <strong>natura</strong> e ragione <strong>nella</strong> terza Critica come conditio sine<br />

25<br />

qua non per pensare l’universalità e l’unità dei giudizi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>.<br />

Tuttavia, da un punto di vista epistemologico, il nodo da sciogliere è rappresentato dalla<br />

22 Cfr. R. P. Horstmann, Why Must There Be a Transcendental Deduction in Kant’s Critique of<br />

Judgment?, in Kant's Transcendental Deductions: The Three Critiques and the Opus Postumum, a cura di<br />

E. Förster, Stanford 1989, pp. 173-175. Cfr. KdU, pp. 24-30.<br />

23 Horstmann (1989), p. 174.<br />

24 L’argomento precedente riguarda la ragione per cui Kant presentò lo stesso concetto <strong>nella</strong> Prima<br />

Introduzione alla Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio, ma strettamente legato alla tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di<br />

giudizio. Cfr. I. Kant, Erste Einleitung in die Kritik der Urtheilskraft, (AA:XX, 204-5; 215; 219-21; 228-<br />

9; 248-51).<br />

25 M. Morrison, Reduction, Unity and the Nature of Science: Kant's Legacy?, in Kant and Philosophy of<br />

Science Today, a cura di M. Massimi, Royal Institute of Philosophy Supplement, 83, Cambridge 2008, pp.<br />

37-62. In particolare, p. 39.<br />

121


domanda sulla possibilità o meno di combinare esibizione (Darstellung) e spiegazione<br />

(Erklärung) di fronte al processo cognitivo <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. È chiaro che la funzione che<br />

Kant attribuisce alla facoltà del giudizio teleologico è essenziale per l’orientamento<br />

nell’esperienza, 26<br />

in particolare nel contesto di una esperienza determinata, che, messa a<br />

confronto con altri casi, é capace di unificare diverse leggi empiriche sotto un principio<br />

comune.<br />

Da questo punto di vista, non si può non vedere in questa funzione come Kant<br />

abbia cercato di fornire l’esibizione del ruolo effettivo <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione come facoltà <strong>dell</strong>e<br />

regole di unificazione e organizzazione dei principi <strong>dell</strong>’intelletto, orientati verso<br />

27<br />

l’esperienza possibile. L’uso empirico <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione trova in quello <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà del<br />

giudizio teleologico la sua incarnazione nel particolare, <strong>nella</strong> prassi scientifica, nel<br />

confronto diretto con l’esperienza determinata. Dal punto di vista epistemologico, il<br />

concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> svolge più funzioni, proprio per permettere una<br />

rappresentazione <strong>dell</strong>’origine <strong><strong>dell</strong>a</strong> generazione interna alla <strong>natura</strong> e soprattutto per dare<br />

un significato all’unità <strong><strong>dell</strong>a</strong> generazione <strong>natura</strong>le.<br />

b) Tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> e leggi di ragione<br />

Brandt ha analizzato la relazione tra tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> e leggi di ragione in The<br />

Deductions in the Critique of Judgment: Comments on Hampshire an Horstmann. 28<br />

Brandt rivolge la sua attenzione ai principi di ragione e, come fa anche Morrison,<br />

sostiene che vi sia un accordo presupposto tra i principi logici di unità, specificazione e<br />

affinità con la <strong>natura</strong> stessa, così che questi possono anche diventare principi<br />

trascendentali nel loro uso.<br />

Brandt rileva qui una doppia difficoltà: da un lato, c’è un’oscillazione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

prospettiva da cui sono visti i principi di ragione e, dall’altro, l’esposizione kantiana<br />

tende a enfatizzare la relazione tra la convenienza <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> con le facoltà umane e la<br />

29<br />

conformità a scopi tra le parti stesse <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. Considerando che questo accordo tra<br />

26<br />

Cfr. KdU, KGS V, p. 194.<br />

27<br />

Su questo punto si riprendono le interpretazioni di chi ha sostenuto una continuità tra la terza Critica e<br />

Il Canone <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura, visto come l’origine per lo sviluppo <strong><strong>dell</strong>a</strong> tematica del 1790.<br />

28<br />

R. Brandt, The Deductions in the Critique of Judgment: Comments on Hampshire an Horstmann, in<br />

Kant's Transcendental Deductions: The Three Critiques and the Opus Postumum, a cura di E. Förster,<br />

Stanford 1989.<br />

29<br />

Brandt (1989), p. 180. Brandt sottolinea come l’origine di questi problemi sia da trovarsi già <strong>nella</strong><br />

Dissertatio del 1770. Concordo, però, con l’interpretazione di Guyer, secondo cui il problema sopra<br />

esposto può essere rinvenuto ancor prima e con chiarezza nel Beweisgrund. Per ulteriori dettagli si veda<br />

P. Guyer, Kant’s System of Nature and Freedom, Oxford 2005, pp. 89-92. Inoltre riporto l’interessante<br />

122


agione e <strong>natura</strong> garantisce la verità di un sistema strutturato di conoscenze empiriche,<br />

Brandt afferma che la Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura e la Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio<br />

mostrano una continuità, tolti alcuni shifts come accade in tutta la produzione kantiana<br />

tra il 1781 e il 1790. Inoltre Brandt sostiene che “the Judgment presents reason with no<br />

goals for its maximal use, but rather supplies with the concept of purposiveness a<br />

fundamental possibility: to think as unity something that, for the understanding, would<br />

remain only accidental and incomprehensible”. 30 Tuttavia Brandt argomenta che “in the<br />

final introduction to the Critique of Judgment and in the work itself (with one exception<br />

in CJ §23, 5:246), Kant has abandoned the concept of a technique of nature in the<br />

principle of suitability of nature to our cognitive faculty; it is now applied only to<br />

organic bodies, that is where nature itself shows the form of a system”. 31<br />

A questa considerazione di Brandt va però fatta una critica, proprio perché, se si<br />

32<br />

considera il concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, può essere mostrato che esso non si<br />

riferisce solo ai corpi organici, ma anche alle forme geometriche che si riconoscono in<br />

<strong>natura</strong> (strutture dei cristalli, simmetrie anatomiche). 33<br />

La funzione propria del concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> consiste nel porre la<br />

questione di un altro genere di generazione, quello secondo cause finali, al fine di<br />

fondare l’unità <strong><strong>dell</strong>a</strong> contingenza riscontrata in <strong>natura</strong> e di permettere che essa sia<br />

compatibile con la necessità <strong><strong>dell</strong>a</strong> spiegazione meccanica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> secondo cause<br />

efficienti.<br />

Pertanto il primo passo da compiere riguarda l’identificazione del filo conduttore<br />

da seguire per inquadrare il problema, così come Kant lo presenta <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

facoltà di giudizio:<br />

Finora nessuno ha messo in dubbio la giustezza del principio che su certe cose <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong> (esseri organizzati) e la loro possibilità si debba giudicare secondo il concetto <strong>dell</strong>e cause<br />

finali, anche se soltanto si vuole trovare il filo conduttore per imparare a conoscere mediante<br />

l’osservazione la loro costituzione, senza osare di spingersi fino alla ricerca sulla loro prima<br />

origine. 34<br />

Kant chiarisce che il concetto di cause finali deve essere “un certo presentimento<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> nostra ragione o un cenno che, per così dire, la <strong>natura</strong> ci da, il fatto che noi per<br />

osservazione di Nuzzo (2005), p. 342, per cui il nucleo problematico circa la fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> produzione<br />

<strong>natura</strong>le e la sua conformità al nostro giudicare trae origine nell’Allgemeine Naturgeschichte del 1755.<br />

30<br />

Brandt (1989), p. 187.<br />

31<br />

Su questo punto l’analisi di Brandt sembra corretta. Cfr. Brandt (1989), pp. 186-187.<br />

32<br />

Cfr. KdU, KGS V, pp. 360-61.<br />

33<br />

Cfr. KdU,KGS V, pp. 418-19.<br />

34<br />

KdU, KGS V, pp. 389-90.<br />

123


mezzo di quel concetto di cause finali ci si possa spingere addirittura oltre la <strong>natura</strong> e<br />

fissarla essa stessa al punto più alto <strong>nella</strong> serie <strong>dell</strong>e cause, solo che si abbandoni la<br />

ricerca <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> […] e, prima si tenti di appurare dove conduce quel forestiero <strong>nella</strong><br />

<strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, vale a dire il concetto di scopi <strong>natura</strong>li”. 35<br />

Sotto un certo punto di<br />

vista è possibile concludere che le cause finali possono essere pensate attraverso il<br />

concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>.<br />

Certamente il concetto di cause finali può essere usato come massima, in vista<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, sebbene comporti contraddizioni e notevoli problemi, se<br />

considerato come mezzo per andare al di là <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> stessa, ovvero se è preso come<br />

fondamento del giudicare determinante sulla <strong>natura</strong>. Così come Kant ha rilevato<br />

l’impossibilità di conoscere qualcosa, circa il fondamento del principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> conformità<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> a scopi, e, dunque, di conoscere la ragione <strong><strong>dell</strong>a</strong> conformazione <strong>dell</strong>e<br />

facoltà umane, allo stesso modo ritiene impossibile determinare la tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

in se stessa, sebbene egli affermi che questo concetto sia di importanza capitale per<br />

pensare un’altra causalità, cioè la Wirkungsart <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, come suggerisce il passo<br />

seguente:<br />

Infatti, noi chiamiamo in causa un principio teleologico quando attribuiamo al concetto<br />

di un oggetto, come se si trovasse <strong>nella</strong> <strong>natura</strong> (non in noi), una causalità rispetto all’oggetto, o<br />

piuttosto ci rappresentiamo la possibilità <strong>dell</strong>’oggetto, secondo l’analogia di una tale causalità<br />

(quale troviamo in noi stessi), e con ciò pensiamo la <strong>natura</strong> come tecnica in ragione di una sua<br />

propria capacità, mentre, se non le attribuiamo un tal modo di avere effetti, la sua causalità<br />

dovrebbe essere rappresentata come un cieco meccanismo. 36<br />

Kant configura qui un doppio problema. Da un lato sorge la domanda<br />

trascendentale circa la possibilità di connettere fini riconosciuti in <strong>natura</strong> con principi<br />

oggettivi.<br />

Dall’altro deve essere trovato un fondamento in un tipo speciale di causalità per i<br />

nostri asserti circa alcuni fenomeni <strong>natura</strong>li e connessioni finali. Questo tipo speciale di<br />

causalità deve però accordarsi con le leggi di <strong>natura</strong>, così che sia attuabile una<br />

connessione tra nexus effectivus e nexus finalis. Questa connessione è resa pensabile<br />

solo grazie al concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>:<br />

35 KdU, KGS V, pp. 390-91.<br />

36 KdU, KGS V, p. 360.<br />

124


Dal momento che, a causa di ciò che di simile a scopi troviamo nei suoi prodotti,<br />

chiamiamo tecnica il procedimento (causalità) <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, vogliamo dividerla in intenzionale<br />

(technica intentionalis) e inintenzionale (technica <strong>natura</strong>lis). 37<br />

Alla luce dei passi presi in esame e <strong>dell</strong>’intento più generale <strong><strong>dell</strong>a</strong> terza Critica,<br />

l’analisi di Brandt dovrebbe essere rigettata nelle sue premesse. Occorre piuttosto<br />

indagare la questione che riguarda l’intenzionalità secondo scopi, ovvero il rapporto che<br />

intercorre fra realtà e facoltà umane, secondo un rapporto <strong><strong>dell</strong>a</strong> conseguenza (Folge)<br />

con il suo fondamento (Grund).<br />

c) Cosa significa pensare il mondo come prodotto di<br />

un’intelligenza?<br />

Sul piano ontologico il concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> introduce la domanda<br />

sulla possibilità di un principio comune che rappresenti l’azione, secondo intenzioni. Il<br />

concetto di una conformità oggettiva a scopi è un principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione per la facoltà<br />

del giudizio riflettente, una massima che la ragione prescrive:<br />

Non posso giudicare altrimenti sulla possibilità di quelle cose e la loro generazione,<br />

secondo la peculiare costituzione <strong>dell</strong>e mie facoltà conoscitive, se non penso per esse una causa<br />

che agisce secondo intenzioni, e quindi a un essere che, secondo l’analogia con la causalità di un<br />

intelletto, è produttivo. 38<br />

In questo caso la ragione determina l’uso di facoltà cognitive secondo il loro<br />

speciale carattere e con le condizioni essenziali così come i limiti del loro dominio.<br />

Perciò il giudicare teleologico è introdotto giustamente nell’indagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, ma<br />

solo problematicamente, per favorire l’osservazione, in analogia con una causalità<br />

secondo fini, senza presumere di spiegarli. Questa seconda funzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> spiegazione<br />

(Erklärung) è propriamente quella del giudicare determinante, mentre la massima<br />

prescritta dalla ragione per la facoltà del giudizio risponde a uno speciale bisogno. Del<br />

resto, è necessario sottoporre la <strong>natura</strong> al concetto di un’intenzione, se si vuole portare a<br />

compimento la ricerca sui suoi prodotti organizzati attraverso una continua<br />

osservazione. Questo concetto di intenzione è perciò già una massima assolutamente<br />

necessaria per l’uso <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione in vista <strong>dell</strong>’esperienza, cioè per il suo uso empirico.<br />

37 KdU, KGS V, pp. 390-91.<br />

38 KdU, KGS V, p. 398.<br />

125


Se si devono connettere leggi di <strong>natura</strong> in accordo con ciò che è garantito<br />

conoscere alla <strong>natura</strong> umana – secondo i limiti e le condizioni di possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

ragione –, “non possiamo assolutamente porre a fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità di quegli<br />

scopi <strong>natura</strong>li nient’altro che un essere intelligente, il che è l’unico fondamento<br />

conforme alla massima <strong><strong>dell</strong>a</strong> nostra facoltà riflettente di giudizio, conforme di<br />

conseguenza a un fondamento soggettivo, ma irremissibilmente inerente al genere<br />

umano”. 39<br />

Questa posizione kantiana assume una sua originalità, senza abbracciare lo<br />

spinozismo o l’ilozoismo, e senza tornare indietro alla teleologia esterna wolffiana. Il<br />

concetto di conformità a scopi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, usato come massima in vista <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

conoscenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, conduce tuttavia ad una questione controversa che consiste<br />

<strong>nella</strong> coesistenza nel giudicare dei fenomeni <strong>natura</strong>li secondo un nexus effectivus e un<br />

nexus finalis, <strong>nella</strong> coesistenza cioè di diverse causalità in <strong>natura</strong>. L’appello a un<br />

fondamento soprasensibile per dare unità a questi principi rispondenti a un nexus<br />

effectivus o a un nexus finalis implica che deve esserci un substratum indeterminato e<br />

inconoscibile che renda possibile la loro combinazione. La questione ontologica, se il<br />

mondo sia ordinato in sé secondo una causa finale, viene risolta da Kant affermando la<br />

possibilità di definire questo fondamento (Grund) o substratum nei suoi effetti (Folgen),<br />

che sono giudicati secondo il concetto di conformità a scopi. Allo stesso tempo però<br />

l’intelletto procede nel giudicare l’esistenza attraverso la determinazione <strong>dell</strong>’azione<br />

(Wirkungsart):<br />

Se parliamo ora dei sistemi di spiegazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> in termini di cause finali, si deve<br />

osservare che nel complesso essi sono dogmaticamente in conflitto tra di loro, cioè sui principi<br />

oggettivi <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong>dell</strong>e cose, vale a dire in forza di cause che agiscono intenzionalmente<br />

oppure soltanto inintenzionalmente, non però sulla massima soggettiva di giudicare<br />

semplicemente sulla causa di tali prodotti conformi a scopi: in quest’ultimo caso I principi<br />

disparati potrebbero ancora essere riuniti, mentre nel primo caso principi opposti<br />

contraddittoriamente si eliminano l’un l’altro e non possono sussistere l’uno vicino all’altro. 40<br />

Perciò è possibile pensare una connessione di principi spiegati da un nexus<br />

effectivus con quelli di un nexus finalis, solo considerandoli come principi disparati e<br />

presupponendo un loro principio comune intelligibile, senza di cui sarebbe impossibile<br />

pensare il concetto di conformità a scopi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> e la libera azione umana nel<br />

mondo o l’origine spontanea di una serie.<br />

39 KdU, KGS V, pp. 400-1.<br />

40 KdU, KGS V, p. 391.<br />

126


In sostanza, la possibilità di essere orientati nell’esperienza, soprattutto in quella<br />

che investe gli organismi, e di riconoscere le leggi empiriche generali <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

risiede <strong>nella</strong> presupposizione di questo fondamento intelligibile, anche se esso va<br />

considerato come un filo conduttore e non può essere ulteriormente determinato o<br />

provato <strong>nella</strong> sua realtà oggettiva. Questo aspetto si traduce poi nel rigetto da parte di<br />

Kant di ogni teologia fisica e, di contro, <strong>nella</strong> fondazione di una fisiologia sul principio<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà teleologica del giudizio.<br />

È chiaro che il concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> assume, nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

fisiologia, una funzione necessaria per fornire un certo riferimento oggettivo all’origine<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> generazione in <strong>natura</strong>: è il substratum <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza produttiva inerente alla <strong>natura</strong><br />

stessa, mentre il substratum soggettivo fornisce un riferimento universale e soggettivo<br />

alle leggi <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione per accordarle con la conformità a scopi.<br />

Dal momento che il concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> assume un ruolo <strong>nella</strong><br />

fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> contingenza nel mondo, si può concludere come fa A.<br />

Nuzzo che “we must assume that nature proceeds as if it were producing its form<br />

technically, precisely because we are ourselves beings who belong to nature and who<br />

are able to act in a purposive way”. 41<br />

Dunque, le conseguenze <strong><strong>dell</strong>a</strong> posizione kantiana<br />

possono essere determinate in un duplice senso: da un lato emerge una forte istanza<br />

epistemologica e dall’altro si apre la dimensione pratica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione, là dove la<br />

fisiologia può trovare un momento superiore nell’eticoteologia, sebbene quest’ultima e<br />

la teologia morale siano nettamente distinti dalla dimensione <strong><strong>dell</strong>a</strong> vecchia teologia<br />

fisica.<br />

d) La relazione tutto-parti: la costituzione <strong>dell</strong>e facoltà<br />

La possibilità di pensare un substratum intelligibile conduce Kant alla questione<br />

epistemologica dei modi possibili di concepire la relazione tra il tutto e le sue parti, in<br />

altre parole, alla questione <strong><strong>dell</strong>a</strong> costituzione <strong>dell</strong>’unità sistematica secondo le nostre<br />

facoltà.<br />

La domanda circa la costituzione <strong>dell</strong>e facoltà (Vermögen) implica la divisione<br />

tra intelletto e intuizione. Secondo Kant queste fonti conoscitive sono complementari e,<br />

secondo combinazioni differenti, rendono possibile la distinzione ontologica tra<br />

41 Nuzzo (2005), p. 253.<br />

127


possibilità e realtà <strong>dell</strong>e cose. Dunque, il piano ontologico e quello epistemologico sono<br />

profondamente legati <strong>nella</strong> terza Critica:<br />

Esso [il concetto di un essere assolutamente necessario] vale però per l’uso <strong>dell</strong>e nostre<br />

facoltà conoscitive, secondo la loro peculiare costituzione, e quindi non per l’oggetto e dunque<br />

non per ogni essere conoscente, perchè non posso presupporre in ognuno di essi il pensiero e<br />

l’intuizione come due distinte condizioni <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità e <strong><strong>dell</strong>a</strong> realtà <strong>dell</strong>e cose. Per un<br />

intelletto in cui non si desse questa distinzione vorrebbe dire che tutti gli oggetti che conosco<br />

sono (esistono) e che la possibilità di alcuni che non esistessero, cioè la loro contingenza<br />

qualora non esistano, e quindi anche la necessità che deve essere distinta da essa, non<br />

potrebbero affatto entrare <strong>nella</strong> rappresentazione di un tale essere. 42<br />

Come risultato, la definizione che Kant da di intelletto intuitivo dipende dalla<br />

costituzione particolare <strong>dell</strong>e nostre facoltà e il concetto di un essere assolutamente<br />

necessario è un’idea indispensabile <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione, ma rimane un concetto problematico<br />

per l’intelletto umano. Questa sembra essere la premessa necessaria per la fondazione<br />

<strong>dell</strong>’unificabilità del nexus effectivus con il nexus finalis insieme alla distinzione che<br />

Kant attua tra l’universale analitico e quello sintetico del concetto di causa come<br />

prodotto (Wirkugsart):<br />

Ne va dunque del rapporto tra il nostro intelletto e la facoltà di giudizio, cioè del fatto<br />

che in ciò rinveniamo una certa contingenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> costituzione del nostro intelletto per farne un<br />

contrassegno <strong><strong>dell</strong>a</strong> peculiarità di esso a differenza degli altri intelletti possibili. 43<br />

Il carattere peculiare <strong><strong>dell</strong>a</strong> contingenza <strong>dell</strong>’intelletto umano è assunto come<br />

contrassegno attraverso la prassi del giudicare, poiché è proprio nel giudicare e<br />

nell’osservare la <strong>natura</strong> che:<br />

Questa contingenza si trova del tutto <strong>natura</strong>lmente nel particolare che la facoltà di<br />

giudizio deve portare sotto l’universale dei concetti <strong>dell</strong>’intelletto; infatti, mediante l’universale<br />

del nostro (umano) intelletto il particolare non è determinato; ed è contingente in quanti vari<br />

modi possano presentarsi alla nostra percezione cose diverse che pure convengono in una nota<br />

comune. 44<br />

Per pensare un possibile accordo di un certo prodotto <strong>natura</strong>le con la facoltà del<br />

giudizio si deve pensare un altro intelletto, sebbene non il nostro, in relazione al quale<br />

può essere rappresentato l’accordo <strong>dell</strong>e leggi <strong>natura</strong>li con la facoltà di giudizio. Come<br />

si è anticipato, questo problema è risolto <strong>nella</strong> fisiologia dall’uso del concetto di tecnica<br />

42 KdU, KGS V, pp. 402-3.<br />

43 KdU, KGS V, p. 406.<br />

44 KdU, KGS V, p. 406.<br />

128


<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> come chiave di volta per unificare il molteplice nel tutto <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> senza<br />

dover attribuire un’esistenza esterna al concetto di cause finali:<br />

Il nostro intelletto ha, infatti, la proprietà di dover andare nelle sue conoscenze, per<br />

esempio <strong><strong>dell</strong>a</strong> causa di un prodotto, dall’universale analitico (dai concetti) al particolare<br />

(<strong>dell</strong>’intuizione empirica data); con il che quindi non determina nulla riguardo alla molteplicità<br />

del particolare, ma deve aspettare questa determinazione, attraverso la facoltà di giudizio, dalla<br />

sussunzione <strong>dell</strong>’intuizione empirica (se l’oggetto è un prodotto <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>) sotto il concetto. 45<br />

Per Kant è necessario porre la differenza tra un intelletto discorsivo e quello<br />

intuitivo (determinato solo negativamente come non discorsivo), posseduto da un<br />

mo<strong>dell</strong>o archetipo di intelletto, per poter pensare la <strong>natura</strong> su due livelli, e per concepire<br />

la contingenza che è allo stesso tempo necessaria per l’intelletto discorsivo. L’altro<br />

intelletto, quello intuitivo, procede dal tutto alle parti, cioè, dall’universalità sintetica al<br />

particolare, in cui non si ritrova alcuna contingenza <strong>dell</strong>e parti. Queste sono concepite<br />

come fondamenti di differenti forme possibili che sono conseguenze da sussumere<br />

semplicemente. Inoltre l’intelletto intuitivo può concepire la possibilità <strong>dell</strong>e parti come<br />

dipendenti dal tutto, solo rappresentando un tutto contenente in sé il fondamento per la<br />

possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua forma e per la connessione tra le sue parti.<br />

Tuttavia l’intelletto umano procede nel considerare l’azione e nel determinare la<br />

relazione tra causa ed effetto, secondo possibili modi rappresentativi, ovvero concepisce<br />

un tutto reale <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, visto però solo come effetto <strong>dell</strong>e forze motrici concorrenti<br />

fra le parti:<br />

È solo una conseguenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> particolare costituzione del nostro intelletto se noi ci<br />

rappresentiamo prodotti <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> come possibili secondo un tipo di causalità diverso da<br />

quello <strong>dell</strong>e leggi <strong>natura</strong>li <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, cioè solo secondo quella degli scopi e <strong>dell</strong>e cause finali,<br />

e che questo principio non riguarda la possibilità di queste cose stesse (anche considerate come<br />

fenomeni) secondo questo tipo di generazione, ma solo il giudicar di esse che è possibile al<br />

nostro intelletto. 46<br />

Perciò le cause finali non devono essere considerate come connesse al modo di<br />

generare o essere generate <strong>dell</strong>e cose in se stesse, ma sono connesse solo al nostro modo<br />

di giudicare l’unità dei fenomeni. Se tra gli oggetti esterni, come fenomeni, non può<br />

essere trovata una ragione sufficiente, allora questo fondamento deve essere cercato<br />

ancora solamente in un sostrato soprasensibile <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. Poiché è assolutamente<br />

impossibile ricavare dalla <strong>natura</strong> stessa un fondamento di spiegazione di connessioni<br />

45 KdU, KGS V, p. 406.<br />

46 KdU, KGS V, p. 408.<br />

129


finali e, secondo la costituzione <strong>dell</strong>e facoltà conoscitive umane, è necessario ricercare il<br />

fondamento di certe connessioni in un intelletto originario come causa del mondo. 47<br />

Questa è la conseguenza più importante <strong><strong>dell</strong>a</strong> risoluzione kantiana<br />

<strong>dell</strong>’antinomia <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà teleologica del giudizio.<br />

Kant sottolinea che il fondamento per connessioni finali deve essere ritrovato in<br />

un sostrato inconoscibile, che, laddove si consideri la <strong>natura</strong> come un tutto, deve essere<br />

visto come un intelletto originario, causa del mondo. Tuttavia, proprio considerando la<br />

tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> dentro la <strong>natura</strong> stessa e sviluppando lo strumento <strong>dell</strong>’analogia,<br />

Kant è lontano dall’abbracciare una soluzione teologica. Al contrario, egli traccia una<br />

conseguenza coerente <strong>dell</strong>’approccio trascendentale alla conoscenza e all’esperienza,<br />

attraverso una critica alla fisicoteologia.<br />

Infatti, l’unico modo per fondare la finalità a scopi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, consiste nel<br />

riflettere questo nexus finalis nei giudizi come se (als ob) fosse un prodotto di<br />

un’intelligenza superiore capace di pensare la <strong>natura</strong> come un sistema e di creare serie<br />

di eventi che vengono giudicati secondo fini. Questo permette la coesistenza nello<br />

stesso mondo <strong>dell</strong>e leggi <strong>natura</strong>li meccaniche e <strong><strong>dell</strong>a</strong> libertà. Per rappresentare questa<br />

funzione Kant sceglie il concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> come l’agente che è capace di<br />

attuare la corrispondenza tra una sostanza inconoscibile e il modo umano di<br />

rappresentare e giudicare specifici eventi e prodotti <strong>natura</strong>li. Tuttavia, nel procedere<br />

<strong>dell</strong>’argomentazione, Kant non si ferma all’uso del “come se” per giustificare questa<br />

corrispondenza, ma aggiunge che essa dipende dalla costituzione <strong>dell</strong>e facoltà e dalla<br />

capacità degli esseri umani di concepire la loro azione libera secondo fini razionali, cioè<br />

secondo un’intenzionalità libera, di cui deve esserci un Grund <strong>nella</strong> misura in cui la<br />

libertà diviene una verità di fatto capace di darsi nel Mondo.<br />

e) Explicatio ed Expositio: come connettere nexus effectivus e<br />

nexus finalis?<br />

Come sottolineato in precedenza, la connessione tra nexus effectivus e nexus<br />

finalis rivela il legame tra ragione e facoltà di giudizio. In secondo luogo, questo legame<br />

da una risposta analogica alla molteplicità e all’accordo di molti generi in <strong>natura</strong>. Uno<br />

dei passi più dibattuti dalla critica è quello del §78, dove Kant si concentra su un<br />

47 Cfr. KdU, KGS V, p. 410. La domanda circa l’elemento che permette il fondamento per la possibilità<br />

degli organismi, rappresentato come “Basis” <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong>dell</strong>e sue parti è posta da Kant anche<br />

nell’Opus postumum. Cfr. Förster (2000); Edwards (2000); Friedman (1992); Emundts (2004).<br />

130


possibile fondamento comune di unificazione di nexus effectivus e nexus finalis,<br />

attraverso la necessaria subordinazione del principio del meccanismo al principio<br />

teleologico <strong>nella</strong> spiegazione <strong>dell</strong>’organismo. 48<br />

L’unificazione del principio del meccanismo universale <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia con il<br />

principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> giudizio teleologico è realizzato attraverso il concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong>. Da qui nascono <strong>dell</strong>e difficoltà, in quanto entrambi i concetti che rendono<br />

possibile questa unità, quello di spiegazione e quello di esposizione, lasciano <strong>dell</strong>e<br />

ambiguità. In altre parole è possibile unificare effetti sotto cause finali attraverso una<br />

49<br />

Darstellung, che è l’unico modo che noi abbiamo per rappresentare la possibilità degli<br />

oggetti <strong>natura</strong>li, mentre l’esposizione (Expositio), grazie all’analogia, permette alle<br />

cause finali di essere rappresentate indirettamente nell’intuizione.<br />

Questa è la ragione sostanziale per cui il concetto di tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> è<br />

determinato solo considerando e giudicando gli effetti che la <strong>natura</strong> produce, in quanto<br />

sarebbe impossibile rendere conoscibile un sostrato intelligibile <strong><strong>dell</strong>a</strong> generazione<br />

<strong>natura</strong>le, senza riceverlo nell’intuizione. Non si può, dunque, definire in cosa consista la<br />

tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, sebbene solo attraverso questo concetto si possa ammettere<br />

l’unificazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> contingenza con la necessità in <strong>natura</strong>:<br />

Ma, se accade che si presentino oggetti <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> che non possono essere da noi<br />

pensati <strong>nella</strong> loro possibilità secondo il principio del meccanismo (che sempre, riguardo a un<br />

essere <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> avanza diritti) senza appoggiarci su principi teleologici, possiamo supporre<br />

che sia solo lecito indagare tranquillamente le leggi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> conformemente a entrambi<br />

[…], senza turbarsi <strong><strong>dell</strong>a</strong> parvente contraddizione che si manifesta tra i principi per giudicarlo,<br />

poiché almeno la possibilità che entrambi possano essere accordati anche oggettivamente in un<br />

principio (in quanto essi concernono fenomeni che presuppongono un fondamento<br />

soprasensibile) è assicurata. 50<br />

Tuttavia è possibile ottenere, secondo l’uso <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio, il principio<br />

universale <strong><strong>dell</strong>a</strong> capacità riflettente del giudizio per il tutto <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, rendendo<br />

compatibili nexus effectivus e nexus finalis, senza confonderli:<br />

Perché la ragione di questa compatibilità sta in ciò che non è né l’uno né l’altro (né<br />

meccanismo, né legame secondo scopi), ma è il sostrato soprasensibile <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, di cui non<br />

conosciamo nulla, i due modi rappresentativi <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità di tali oggetti, per la nostra<br />

(umana) ragione, non debbono essere fusi insieme, ma non possiamo giudicarli altrimenti che<br />

fondati, secondo il collegamento <strong>dell</strong>e cause finali, in un intelletto superiore, con il che dunque<br />

non si toglie nulla al tipo di spiegazione teleologico. 51<br />

48<br />

Per la definizione di scopo (Zweck), cfr. KdU, KGS V, p. 408.<br />

49<br />

Per altri dettagli sulla relazione tra Darstellung e tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, cfr. Nuzzo (2005), pp. 239-41.<br />

50<br />

KdU, KGS V, pp. 412-13.<br />

51<br />

KdU, KGS V, p. 414.<br />

131


L’autorizzazione e l’obbligo di dare una spiegazione meccanica di tutti i prodotti<br />

e gli eventi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> sono possibili perché questi sono suscettibili di indagine solo<br />

sotto il concetto di fine <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione, cioè sono, in ultima analisi, subordinati alla<br />

causalità <strong><strong>dell</strong>a</strong> libertà.<br />

Non è un caso, infatti, che la parte conclusiva del §78 è volta a determinare il<br />

carattere pratico <strong>dell</strong>’attività teoretica. L’orizzonte pratico <strong><strong>dell</strong>a</strong> terza Critica è la<br />

dimensione propria degli esseri razionali: questa sembra essere la vera considerazione<br />

da cui parte l’idea e il progetto di un forte impianto antropologico presente nel sistema<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia trascendentale.<br />

L’attività (Handlung) <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi è il fondamento originario che influenza la<br />

costituzione <strong>dell</strong>e nostre facoltà. 52<br />

Secondo una premessa di questo tipo, il concetto di<br />

tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> permette la rappresentazione di una causa interna <strong><strong>dell</strong>a</strong> generazione<br />

in <strong>natura</strong> compatibile con la costituzione <strong>dell</strong>e facoltà umane. Inoltre il concetto di<br />

tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> assume un ruolo fruttuoso agli occhi di Kant per determinare la<br />

relazione fra ragione e facoltà di giudizio nel processo cognitivo di fronte alla<br />

contingenza, sia nel campo <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> sia dei processi storici. Dunque anche <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

storia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong>. Questa concezione kantiana lascia spazio, infine, ad uno schema<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> tendenza, ovvero ad un’idea di organizzazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> che dipende da un<br />

principio o da una forza immateriale, intelligibile, che rappresenta il limite a cui la<br />

ragione teoretica deve tendere e che la ragione pratica deve presupporre:<br />

L’ammirazione invece è una meraviglia che sempre ritorna […]. Di conseguenza<br />

quest’ultima è un effetto del tutto <strong>natura</strong>le di quella conformità a scopi osservata nell’essenza<br />

<strong>dell</strong>e cose (in quanto fenomeni), che pure non può essere biasimata, in quanto la compatibilità<br />

con quella forma <strong>dell</strong>’intuizione sensibile (che si chiama spazio) con la facoltà dei concetti<br />

(intelletto), non solo ci è inspiegabile perché sia proprio questa e non un’altra, ma oltre a ciò è<br />

anche qualcosa che estende l’animo in modo, per così dire, da far presentire qualcosa che sta<br />

oltre, al di là di quelle rappresentazioni sensibili, in cui potrebbe essere trovato il fondamento<br />

ultimo, sebbene a noi sconosciuto di quell’accordo. 53<br />

3.3 Forza e materia <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio<br />

Il tema centrale del giudicare teleologico sorge nell’ambito <strong>dell</strong>’Antinomia tra le<br />

massime <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio che vengono trasformate in principi costitutivi:<br />

52 Per un’analisi su questo punto nell’ambito <strong>dell</strong>’antropologia kantiana e il suo background storico, si<br />

veda H. Caygill, Kant's Apology for Sensibility, in Essays on Kant's Anthropology, Cambridge 2003, pp.<br />

164-193.<br />

53 KdU, KGS V, p. 365.<br />

132


La prima massima <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio è la seguente tesi: Ogni generazione di cose<br />

materiali e <strong>dell</strong>e loro forme deve essere giudicata come possibile secondo leggi solo<br />

meccaniche. La seconda massima è l’antitesi: Alcuni prodotti <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> non possono essere<br />

giudicati come possibili secondo leggi solo meccaniche (il loro giudizio richiede una legge del<br />

tutto diversa <strong><strong>dell</strong>a</strong> causalità, vale a dire quella <strong>dell</strong>e cause finali). Se si trasformano questi<br />

principi regolativi <strong><strong>dell</strong>a</strong> ricerca in principi costitutivi, cioè <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità degli oggetti stessi,<br />

essi suonerebbero così: Tesi: Ogni generazione di cose materiali è possibile secondo leggi solo<br />

meccaniche. Antitesi: Alcune generazioni di quelle stesse cose non sono possibili secondo leggi<br />

solo meccaniche. 54<br />

Alla risoluzione <strong>dell</strong>’Antinomia seguono importanti considerazioni sulla<br />

causalità, in base a cui il concetto di forza può essere strutturato. Si nota, infatti, una<br />

corrispondenza fra la maggiore complessità del tema <strong><strong>dell</strong>a</strong> causalità, affrontato <strong>nella</strong><br />

terza Critica, e la trattazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza e <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia negli anni ‘90.<br />

La prima osservazione da compiere consiste nel fatto che, tanto il concetto di<br />

forza, quanto quello di materia, sono legati alla trattazione dei corpi organici. Sebbene<br />

Kant indichi una contraddizione nell’espressione “materia vivente”, è un fatto che <strong>nella</strong><br />

Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio si ponga il problema <strong><strong>dell</strong>a</strong> coesistenza di un modo di<br />

spiegazione meccanico dei corpi fisici e di uno teleologico per i corpi organici che<br />

interagiscono con la materia inerte e che ne sono parte. Di ciò si ha evidenza nel passo<br />

che segue:<br />

Ma la possibilità di una materia vivente (il cui concetto contiene una contraddizione,<br />

perché l’assenza di vita, inertia, costituisce il suo carattere essenziale) non può neanche essere<br />

pensata; la possibilità di una materia viva e <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> nel suo insieme come di un animale può<br />

essere usata come estrema risorsa (in funzione di un’ipotesi <strong><strong>dell</strong>a</strong> conformità <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> a<br />

scopi, in grande) solo <strong>nella</strong> misura in cui ci viene rivelata nell’esperienza riguardo<br />

all’organizzazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, in piccolo, ma in nessun modo essere compresa a priori secondo<br />

la sua possibilità. Si deve essere incorsi in un circolo <strong>nella</strong> definizione, se si intende derivare la<br />

conformità <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> a scopi negli esseri organizzati dalla vita <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e a sua volta non<br />

si riconosce questa vita se non negli esseri organizzati e, senza tal esperienza, non ci si può fare<br />

quindi alcun concetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> loro possibilità. 55<br />

È da questa prima osservazione che si sviluppa per Kant la necessità di indagare<br />

il rapporto tra figura (Figur) e organismo, corrispondenti rispettivamente, a quello di<br />

testura o configurazione strutturale interna (Textur) e a quello di materia. Il concetto di<br />

figura legato all’organismo ha <strong>dell</strong>e ricadute fondamentali per la filosofia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> di<br />

Kant. Come la materia, infatti, occupa con le forze motrici uno spazio e assume una<br />

diversa composizione <strong>dell</strong>e sue parti, che vengono orientate, a seconda <strong>dell</strong>e forze<br />

54 KdU, KGS V, p. 387.<br />

55 KdU, KGS V, p. 394.<br />

133


esercitate, così l’organismo ha una particolare configurazione, cioè una particolare<br />

struttura che gli permette di occupare lo spazio in modo differente dalla “materia bruta”.<br />

L’organizzazione <strong>dell</strong>e parti nello spazio e <strong>dell</strong>e loro funzioni in un rapporto di<br />

mezzo-fine con il tutto, costituisce la cifra per la definizione degli organismi come<br />

sistemi chiusi, come strutture che occupano lo spazio in modo del tutto diverso da<br />

quello dei corpi inorganici. Di questo si ha evidenza non solo a partire dal testo del ’90,<br />

ma anche nell’Opus postumum, laddove Kant ritiene necessario inserire le forze<br />

organiche nel Sistema elementare <strong>dell</strong>e forze motrici e pensa i corpi fisici come oggetto<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica, di cui fanno parte anche i corpi organici. 56<br />

Questa riflessione può far<br />

comprendere come il fattore <strong>dell</strong>’occupazione <strong>dell</strong>o spazio, caratteristica propria dei<br />

corpi organici ed inorganici, non sia la discriminante per distinguerli, quanto invece sia<br />

la causa, in base alla quale essi occupano in un certo modo lo spazio, a costituire il vero<br />

discrimine.<br />

Nel caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia tale causa è da far coincidere con le forze di attrazione e<br />

repulsione, nel caso dei corpi organici le forze organiche non sono altro che funzioni<br />

differenti attribuite alle parti di un sistema che è il loro fine. Per comprendere<br />

pienamente la concezione kantiana è bene entrare nello specifico degli esempi di cui si<br />

serve <strong>nella</strong> terza Critica, traendo spunto da diversi casi, appartenenti ai corpi organici e<br />

a quelli inorganici. Prendiamo ad esempio il caso del fenomeno <strong><strong>dell</strong>a</strong> cristallizzazione.<br />

Nel §58 Kant discute la necessità di porre a fondamento <strong>dell</strong>’indagine <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong> la massima <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione contro la moltiplicazione dei principi. In questo<br />

contesto si colloca la seguente affermazione:<br />

[…] La <strong>natura</strong> mostra dappertutto nelle sue libere formazioni una forte tendenza<br />

meccanica alla generazione di forme che, per così dire, sembrano fatte per l’uso estetico <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

nostra facoltà di giudizio, senza fornirci la minima ragione in favore <strong><strong>dell</strong>a</strong> presunzione che<br />

occorre ancora,per ciò, qualcosa di più del suo meccanismo, semplicemente come <strong>natura</strong>, per<br />

cui quelle formazioni, senza alcuna idea che stia a loro fondamento, possano essere conformi a<br />

scopi per il nostro giudicare. 57<br />

Qui per libera formazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> Kant intende un processo di aggregazione<br />

o solidificazione improvvisa di un fluido in quiete assimilato alla cristallizzazione. Ora,<br />

questo fenomeno è reso possibile dalla volatilizzazione o separazione del calorico:<br />

Ma per libera formazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> intendo quella per cui a partire da un fluido in<br />

quiete, mediante volatilizzazione o separazione di una sua parte (talora solo del calorico), il<br />

56 Cfr. infra, Capitolo I.<br />

57 KdU, KGS V, p. 347.<br />

134


esto assume <strong>nella</strong> solidificazione una determinata configurazione o trama (figura o testura), che<br />

è diversa secondo la specifica diversità <strong>dell</strong>e materie, ma in ciascuna di esse esattamente la<br />

medesima. 58<br />

In questo passo, dunque, Kant si serve <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria del calorico per dar conto<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> causa da cui scaturisce il fenomeno <strong><strong>dell</strong>a</strong> cristallizzazione. La materia che si separa<br />

istantaneamente <strong>nella</strong> solidificazione è un quantum di calorico e questo processo<br />

soggiace alla trasformazione <strong>dell</strong>’acqua in ghiaccio o alla formazione di sali e pietre.<br />

Anche la generazione di cristallizzazioni minerali viene spiegata da Kant in questi<br />

termini e a questa si aggiunge che il criterio per giudicarle, ovvero per classificarle, si<br />

basa sulla particolare testura interna che mostrano. 59<br />

Come si vedrà anche nel prossimo capitolo, dedicato in parte alla ricostruzione<br />

del quadro storico scientifico <strong>dell</strong>’epoca kantiana, l’importanza <strong>dell</strong>’influsso <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

cristallografia e degli studi sull’elettricità e il magnetismo, è determinante per la stesura<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> terza Critica e per l’elaborazione <strong>dell</strong>’epistemologia kantiana. Il termine chiave<br />

Textur, utilizzato in queste pagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> KdU è, infatti, preso dal vocabolario scientifico<br />

<strong>dell</strong>’epoca. Nella <strong>scienza</strong> dei materiali, questo indica la distribuzione degli orientamenti<br />

cristallografici di policristalli. Quando in alcuni minerali o metalli, formati da molteplici<br />

cristalli, l’orientamento cristallografico non è casuale, ma mostra un ordine con un<br />

orientamento preferenziale, allora questo possiede una testura, cioé una strutturazione<br />

preferenziale interna orientata. La testura è stata spesso rappresentata geometricamente<br />

usando una figura ad assi, in cui uno specifico asse o polo cristallografico è tradotto in<br />

una proiezione stereografica, lungo tutte le direzioni utili a definire la storia del<br />

processo del materiale.<br />

La perfezione e l’ordine che mostra la distibuzione degli assi dei cristalli, tanto<br />

da poter essere tradotti graficamente dalla geometria, conduce Kant a sostenere che,<br />

sebbene le formazioni minerali siano conosciute in base al processo meccanico che le ha<br />

generate, eppure esse ammettono anche un giudizio estetico, proprio in virtù <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

perfezione che mostrano, ad esempio, <strong>nella</strong> perfetta proporzione matematica eseguita<br />

58 KdU, KGS V, p. 348.<br />

59 Per argomentare questo punto Kant si serve anche di un esempio che riguarda la siderurgia, in<br />

particolare Kant si riferisce all’esperimento <strong><strong>dell</strong>a</strong> spillatura, usato nel processo di lavorazione <strong>dell</strong>’acciaio.<br />

Nel XVIII secolo la spillatura iniziava ad essere utilizzata nel Continente. Questa è la tecnica utilizzata<br />

per l’estrazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> ghisa fusa. La ghisa è una lega ferro-carbonio prodotta da una serie di processi<br />

chimici e termici. Grazie alla formazione di monossido di carbonio (CO), avviene una reazione di<br />

FeO+CO, e si separa l’ossigeno dal ferro presente nei minerali. Durante il processo di lavorazione<br />

l’ossido di carbonio si scinde in anidride carbonica e in carbonio libero (C), producendo molto calore.<br />

Questi processi di lavorazione venivano considerati cruciali in chimica, per la teoria del calorico e per<br />

quella del flogisto. Cfr. KdU, KGS V, p. 349: “In taluni metalli, che esternamente si erano induriti dopo la<br />

fusione, mentre all’interno erano ancora fluidi, si é osservato qualcosa di simile grazie alla spillatura”.<br />

135


<strong>nella</strong> formazione del ghiaccio dai piccoli raggi che si connettono tra loro secondo angoli<br />

di 60 gradi. 60<br />

Fig. 3.1 Wulff net usato <strong>nella</strong> descrizione geometrica<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> testura.<br />

Così cristalli, come l’aragonite o l’ematite “danno spesso configurazioni<br />

estremamente belle, come solo l’arte potrebbe mai escogitare” e “la magnificenza <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

grotta di Antiparo è semplicemente il prodotto di acqua che filtra attraverso uno strato di<br />

gesso”. 61<br />

È a questo punto che il discorso kantiano acquista un notevole interesse:<br />

In generale, secondo ogni apparenza, il fluido è più antico del solido e le piante, così<br />

come i corpi animali, sono costituite di materia nutritiva fluida, in quanto questa si forma in<br />

quiete. 62<br />

Salta subito agli occhi che Kant vorrebbe applicare la teoria del calorico anche<br />

agli esseri viventi così da unificare il regno animale, vegetale e minerale sotto un<br />

medesimo principio fisico di spiegazione: la legge universale <strong>dell</strong>’affinità <strong>dell</strong>e<br />

materie. 63<br />

Qui si ha evidenza di due criteri per la classificazione degli esseri viventi. In<br />

primo luogo, essi devono possedere un interno e un esterno, che possano costituire un<br />

sistema di riferimento al cui interno un fluido è in quiete, così da garantire una<br />

trasformazione <strong>dell</strong>o stato di aggregazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. In secondo luogo, è bene<br />

notare che Kant sta qui proponendo un criterio storico per giudicare i processi <strong>natura</strong>li e<br />

che riguardano non solo la storia del pianeta Terra, che si sarebbe formato da una massa<br />

fluida successivamente raffreddata e solidificata, ma anche gli organismi sarebbero<br />

soggetti a questo processo di perdita di calorico. Il filo rosso <strong>dell</strong>’argomentazione<br />

kantiana conduce ad una duplice considerazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> generazione <strong>natura</strong>le, una<br />

meccanica e una tecnica, come ha sostenuto C. Ferrini in L’organizzazione<br />

60 KdU, KGS V, p. 349.<br />

61 KdU, KGS V, p. 349.<br />

62 KdU, KGS V, p. 349.<br />

63 KdU, KGS V, p. 349.<br />

136


<strong>dell</strong>’inorganico. 64 In sostanza, di fronte alla questione di come sia possibile che la<br />

materia allo stato fluido possa essere ritenuta dotata di un principio interno di<br />

autorganizzazione, Kant avrebbe trovato una soluzione nel significato materiale di<br />

organizzazione, 65 <strong>nella</strong> sua composizione chimica rispondente a principi empirici che<br />

dessero conto <strong><strong>dell</strong>a</strong> varietà <strong>dell</strong>e materie l’una in relazione alle altre. 66<br />

Ma c’è una precisazione da fare sul piano epistemologico e che lo stesso Kant<br />

compie in queste pagine. Risulta di capitale importanza la distinzione tra una posizione<br />

che chiameremo di idealismo estetico (IE) e quella di realismo teleologico (RT) nel<br />

giudicare la <strong>natura</strong> e i suoi prodotti. Questa differenza acquista valore se si pensa anche<br />

all’attuale modalità di scelta di mo<strong>dell</strong>i scientifici di spiegazione che tengono conto non<br />

solo <strong>dell</strong>’efficacia applicativa di strumenti matematici, ma anche <strong><strong>dell</strong>a</strong> bellezza, <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

simmetria e <strong>dell</strong>’eleganza che un mo<strong>dell</strong>o esprime.<br />

Senz’altro Kant lega il giudicare estetico con l’attività scientifica secondo un<br />

principio di IE:<br />

Ora, come i vapori acquei disciolti in un’atmosfera, che è una miscela di diversi tipi di<br />

gas, generano, quando quelli si separano da questi per perdita di calore, figure di neve che,<br />

secondo la diversità <strong><strong>dell</strong>a</strong> precedente miscela di gas, hanno spesso figura estremamente bella<br />

che spesso appare fatta proprio ad arte, così si può ben pensare, senza nulla togliere al principio<br />

teleologico del giudicare <strong>dell</strong>’organizzazione, che per ciò che riguarda la bellezza dei fiori, <strong>dell</strong>e<br />

penne degli uccelli, <strong>dell</strong>e conchiglie, sia <strong>nella</strong> loro forma che nel loro colore, questa possa essere<br />

ascritta alla <strong>natura</strong> e alla sua capacità di formarsi, pur in modo esteticamente a scopi, <strong>nella</strong> sua<br />

libertà, senza scopi determinati a ciò diretti, secondo leggi chimiche, mediante la deposizione<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia richiesta per l’organizzazione. 67<br />

Questo approccio connota la posizione IE come quella secondo cui si pone a<br />

fondamento del giudizio estetico il principio <strong>dell</strong>’idealità <strong><strong>dell</strong>a</strong> conformità a scopi nel<br />

bello <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, come principio soggettivo che riposa sul libero gioco<br />

<strong>dell</strong>’immaginazione e che considera il modo in cui apprendiamo la <strong>natura</strong> e le sue<br />

forme.<br />

Come si nota immediatamente dal passo precedente questa posizione<br />

epistemologica di IE permette la coesistenza del giudicare estetico, secondo conformità<br />

a scopi, con una spiegazione meccanica attraverso leggi empiriche <strong><strong>dell</strong>a</strong> chimica per<br />

quel che riguarda gran parte dei processi organici ed inorganici osservabili.<br />

64<br />

C. Ferrini, L’organizzazione <strong>dell</strong>’inorganico: Naturzweck e affinità chimica negli sviluppi del pensiero<br />

kantiano, in Filosofia e scienze, a cura di G. Gembillo e G. Cotroneo, Cosenza 2005, pp. 240-257. In<br />

particolare, pp. 244-245.<br />

65<br />

Ferrini (2005), pp. 256-257.<br />

66<br />

Cfr. Lettera di Kant a Sömmering, 10 agosto 1795.<br />

67<br />

KdU, KGS V, p. 349.<br />

137


A questa posizione si accosta quella di RT, più difficile da conciliare con un<br />

modo di spiegazione meccanico, nel senso che questa giudica teleologicamente,<br />

secondo un principio del realismo, una certa predisposizione originaria diretta a scopi<br />

presente negli organismi e nei vegetali. 68<br />

La posizione di RT nasce dalla seguente<br />

premessa che investe la concezione kantiana di causalità e il concetto di scopo <strong>natura</strong>le<br />

(che non ha alcuna realtà oggettiva), a cui non possiamo non ricorrere nel giudicare<br />

riflettente:<br />

[…] Non solo non si può stabilire se cose <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, considerate come scopi <strong>natura</strong>li,<br />

richiedono per la loro generazione una causalità di tipo del tutto speciale (quella secondo<br />

intenzioni), oppure no, ma non si può neppure porre la questione, perché il concetto di uno<br />

scopo <strong>natura</strong>le non è attestabile secondo la sua realtà oggettiva mediante la ragione (cioè non è<br />

costitutivo per la facoltà determinante di giudizio, ma è solo regolativo per quella riflettente).<br />

Che non lo sia è però chiaro per il fatto che esso, come concetto di un prodotto <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>,<br />

comprende in sé, proprio <strong>nella</strong> stessa cosa come scopo, e necessità <strong>natura</strong>le e però nello stesso<br />

tempo una contingenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> forma <strong>dell</strong>’oggetto (relativamente a semplici leggi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>). 69<br />

La posizione di RT assume il concetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> conformità <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> a scopi nei<br />

suoi prodotti, senza guardare alla determinazione degli oggetti stessi. RT rispecchia un<br />

principio soggettivo <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione per la facoltà di giudizio e non per l’intelletto (per<br />

questo può sorgere l’apparente conflitto tra giudicare riflettente e determinate). In<br />

quanto regolativo, questo principio vale per la facoltà umana di giudizio, come se (als<br />

ob) fosse un principio oggettivo. Dunque, si vede che il “necessario contingente”, di cui<br />

si parla continuamente nelle pagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> terza Critica, in fondo non riguarda<br />

direttamente gli organismi come prodotti <strong>natura</strong>li, bensì la costituzione stessa <strong>dell</strong>e<br />

facoltà umane. 70<br />

Quale elemento in <strong>natura</strong> mostra una conformità interna a scopi più<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> nostra capacità intellettiva e razionale di proiettare fini e di agire secondo idee?<br />

Come si è sottolineato nel paragrafo precedente, Kant ricorre al concetto di<br />

tecnica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> e di sostrato intelligibile per trattare unitariamente la <strong>natura</strong> <strong>nella</strong><br />

sua generazione di diverse specie e prodotti:<br />

Quindi il <strong>natura</strong>lista per non lavorare in pura perdita, deve sempre porre a fondamento,<br />

nel giudicare le cose il cui concetto come scopi <strong>natura</strong>li è indebitamente fondato (cioè gli esseri<br />

organizzati), una qualche organizzazione originaria che utilizza quello stesso meccanismo per<br />

produrre altre forme organizzate o per sviluppare le proprie in nuove configurazioni (che però<br />

conseguono sempre da quello scopo e conformemente ad esso). 71<br />

68 KdU, KGS V, p. 350.<br />

69 KdU, KGS V, p. 396.<br />

70 Cfr. KdU, KGS V, pp. 420-21.<br />

71 KdU, KGS V, p. 418.<br />

138


Ora, lo stesso concetto di scopo <strong>natura</strong>le e quello di conformità <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> a<br />

scopi, in quanto sono principi regolativi, 72<br />

non hanno altra funzione che quella di<br />

svelare la contingenza del nostro intelletto, ma anche la libertà, l’autonomia del giudizio<br />

secondo principi supremi a priori <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione:<br />

Questo elemento distintivo sta però nel fatto che l’idea citata [quella di scopo <strong>natura</strong>le] è<br />

un principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione non per l’intelletto, ma per la facoltà di giudizio, ed è quindi solo<br />

l’applicazione di un intelletto in genere a oggetti possibili <strong>dell</strong>’esperienza; e precisamente: là<br />

dove il giudizio può essere non determinante, ma solo riflettente, l’oggetto è quindi dato, sì,<br />

nell’esperienza, ma su di esso, conformemente all’idea, neanche si può giudicare<br />

determinatamente (per non dire in modo completamente adeguato), ma ci si può solo riflettere.<br />

Si tratta dunque di una peculiarità del nostro (umano) intelletto riguardo alla facoltà di giudizio,<br />

<strong>nella</strong> riflessione di questa su cose <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. 73<br />

È a questo punto che Kant svela la sua strategia per una determinazione per via<br />

negativa <strong>dell</strong>e facoltà. In questo senso acquista valore la critica che Salomon Maimon<br />

aveva rivolto a Kant proprio sulla mancanza di un fondamento per la determinazione<br />

<strong>dell</strong>e fonti conoscitive. In effetti, non c’è un fondamento oggettivo e positivo per la<br />

determinazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> costituzione <strong>dell</strong>’intelletto e <strong><strong>dell</strong>a</strong> sensibilità. La “deduzione”<br />

kantiana poggia su un principio negativo, sulla possibilità di comparare il modo di<br />

procedere nel giudicare la causalità in <strong>natura</strong> del nostro intelletto, limitato, discorsivo e<br />

contingente con un altro intelletto diverso, e superiore al nostro:<br />

Ma, se le cose stanno così, allora deve stare a fondamento l’idea di un intelletto<br />

possibile diverso da quello umano (così come <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura dovevamo pensare<br />

un’altra intuizione possibile, se si doveva ritenere la nostra come una specie particolare, cioè<br />

quella per cui gli oggetti valgono solo come fenomeni), in modo che si possa dire: certi prodotti<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> debbono, secondo la particolare costituzione del nostro intelletto, essere considerati<br />

da noi, <strong>nella</strong> loro possibilità, generati intenzionalmente e come scopi, senza per questo<br />

pretendere che realmente ci sia una causa particolare che ha la rappresentazione di uno scopo<br />

come suo principio di determinazione, e quindi senza contestare che un intelletto diverso<br />

(superiore) da quello umano potrebbe trovare il fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità di tali prodotti<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> anche nel meccanismo <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, cioè in un legame causale per il quale non viene<br />

non viene assunto in modo esclusivo un intelletto come causa. Ne va qui dunque del rapporto tra<br />

il nostro intelletto e la facoltà di giudizio, cioè del fatto che in ciò rinveniamo una certa<br />

contingenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> costituzione del nostro intelletto per farne un contrassegno <strong><strong>dell</strong>a</strong> peculiarità di<br />

esso a differenza degli altri intelletti possibili. 74<br />

Il fondamento profondo di questa argomentazione risiede <strong>nella</strong> dottrina logica di<br />

Kant e ha <strong>dell</strong>e ricadute sulla visione <strong>dell</strong>’empirico come fonte continua di materiale per<br />

l’esperienza.<br />

72 KdU, KGS V, p. 404.<br />

73 KdU, KGS V, p. 405.<br />

74 KdU, KGS V, pp. 405-6.<br />

139


La contingenza del nostro intelletto coincide con la contingenza dei vari modi<br />

con cui si possono presentare alla percezione cose diverse che possono “convenire in<br />

una nota comune”, 75 cioè che possono essere concettualizzate. Il modo di procedere<br />

<strong>dell</strong>’intelletto <strong>nella</strong> determinazione del particolare, laddove entra in gioco la facoltà di<br />

giudizio assume il carattere secondo cui il particolare non viene determinato mediante<br />

l’universale, sebbene questo particolare debba “armonizzarsi” con l’universale per<br />

essere sussunto sotto leggi e concetti. Tale armonia “deve essere assai contingente e, per<br />

la facoltà di giudizio, senza un principio determinato”. 76<br />

L’armonizzarsi <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio con le leggi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> è<br />

rappresentabile dall’intelletto solamente grazie al “connettivo” (Verbindungsmittel)<br />

costituito dagli scopi e il modo di procedere <strong>dell</strong>’intelletto – riguardo per esempio alla<br />

causa di un prodotto – va dall’universale analitico (da concetti) al particolare<br />

<strong>dell</strong>’intuizione empirica data. Sulla base di questa premessa, infatti, Kant prosegue:<br />

Secondo la costituzione del nostro intelletto, invece, un tutto reale <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> deve<br />

essere considerato solo come effetto <strong>dell</strong>e concorrenti forze motrici <strong>dell</strong>e parti. […] Ora poiché<br />

però il tutto sarebbe solo un effetto (un prodotto) la cui rappresentazione considerata la causa<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> sua possibilità, e il prodotto di una causa, il cui principio di determinazione è solo la<br />

rappresentazione del suo effetto, si chiama scopo, da ciò segue che è solo una conseguenza <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

particolare costituzione del nostro intelletto se noi ci rappresentiamo prodotti <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> come<br />

possibili secondo un tipo di causalità diverso da quello <strong>dell</strong>e leggi <strong>natura</strong>li <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, cioè<br />

solo secondo quella degli scopi e <strong>dell</strong>e cause finali, e che questo principio non riguarda la<br />

possibilità di queste cose stesse (anche considerate come fenomeni) secondo questo tipo di<br />

generazione,ma solo il giudicare di esse che è possibile al nostro intelletto. 77<br />

Questo aspetto può essere tradotto dal piano logico a quello epistemologico e ha<br />

<strong>dell</strong>e ricadute evidenti sulla concezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, laddove si pensa al<br />

problema cosmologico di un tutto <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia o agli studi condotti sugli organismi.<br />

È lo stesso Kant, sulla scorta di queste considerazioni, infatti, che riconosce il<br />

limite nelle scienze <strong>natura</strong>li <strong><strong>dell</strong>a</strong> spiegazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, mediante una causalità<br />

secondo scopi. L’esempio a cui Kant si richiama è proprio quello del tutto <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia,<br />

che apre la via al problema dei manoscritti <strong>dell</strong>’Opus postumum. Nella terza Critica si<br />

legge:<br />

Ora, se consideriamo un tutto <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, secondo la sua forma, come un prodotto<br />

<strong>dell</strong>e parti e <strong>dell</strong>e sue forze, e <strong><strong>dell</strong>a</strong> capacità di legarsi da sé (pensandovi anche altre materie che<br />

75 KdU, KGS V, p. 406.<br />

76 KdU, KGS V, p. 407.<br />

77 KdU, KGS V, p. 407.<br />

140


esse si scambiano l’un l’altra), allora ci rappresentiamo un tipo di generazione meccanico di<br />

quel tutto. 78<br />

Ma lo scopo del Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla<br />

fisica sarà anche quello di mostrare questa affermazione kantiana, che non poteva essere<br />

data per scontata nel 1790. Ciò significa, come verrà mostrato nel dettaglio nel Capitolo<br />

V, che la prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere, corrisponde alla prova <strong>dell</strong>’esistenza di un<br />

oggetto di ragione che è reale, in quanto universale e necessario sostrato del tutto <strong>dell</strong>e<br />

forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia.<br />

In sostanza, da un punto di vista epistemologico, Kant lega l’etere e le forze<br />

motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia attraverso il concetto di scopo. Così, il regno dei corpi organici e<br />

quello dei corpi inorganici sono unificati dalla materia cosmica, secondo principi <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

ragione, 79<br />

in vista <strong>dell</strong>’unità <strong>dell</strong>’esperienza, sebbene da un punto di vista ontologico<br />

non possa essere dimostrata e conosciuta direttamente l’esistenza di tale materia. È<br />

infatti evidente che <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio Kant distingue il piano del<br />

giudicare <strong>dell</strong>’esistenza, come prodotto di una causalità, dalla causalità stessa.<br />

Nel secondo caso è il principio di spiegazione meccanico che deve essere<br />

impiegato per dare conto dei fenomeni fisici, mentre nel primo caso Kant ritiene che<br />

possa esserci la possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> coesistenza del giudicare secondo conformità a scopi e<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> spiegazione meccanica. Quest’ultima può e deve essere perseguita nelle scienze<br />

<strong>natura</strong>li, laddove si voglia spiegare il processo esterno <strong><strong>dell</strong>a</strong> generazione di un corpo o<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> in generale, ma laddove si voglia rinvenire il fondamento, come causa<br />

interna, alla base <strong><strong>dell</strong>a</strong> generazione, allora si deve presupporre un fondamento reale<br />

soprasensibile e un principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> causalità mediante scopi.<br />

Quando si pensa alla rappresentazione di qualcosa che contiene il fondamento<br />

dei movimenti nel mondo (essere soprasensibile come primo motore) e la relazione di<br />

questo fondamento con questi movimenti, in quanto loro causa, non si conosce<br />

minimamente questo essere soprasensibile, rappresentabile con l’idea di Dio. Come<br />

risultato si ha solo uno schema vuoto di causa.<br />

Di questo Kant aveva già trattato sia <strong>nella</strong> Deduzione trascendentale <strong>nella</strong><br />

Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura sia <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pratica. Il rapporto di<br />

78 KdU, KGS V, p. 408.<br />

79 Cfr. KdU, KGS V, p. 409: “Allora, infatti, l’unità che costituisce il fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong>dell</strong>e<br />

formazioni <strong>natura</strong>li, sarebbe semplicemente l’unità <strong>dell</strong>o spazio, che però non è il fondamento reale <strong>dell</strong>e<br />

generazioni, ma solo la condizione formale di esse, sebbene abbia una qualche somiglianza con il<br />

fondamento reale che cerchiamo nel fatto che in esso nessuna parte può essere determinata senza un<br />

rapporto al tutto (la cui rappresentazione sta dunque a fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong>dell</strong>e parti)”.<br />

141


fondamento e conseguenza, non può essere determinante per il giudizio di un contenuto<br />

empirico, se non c’è appunto un contenuto intuitivo corrispondente <strong>nella</strong> percezione,<br />

tanto che un essere soprasensibile non può essere né spazializzato né temporalizzato. Al<br />

contrario:<br />

Quando attribuisco forza motrice a un corpo e quindi lo penso mediante la categoria<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> causalità, nello stesso tempo in questo modo lo conosco, cioè determino il suo concetto in<br />

quanto oggetto in genere mediante ciò che gli spetta per sé (quale condizione di possibilità di<br />

quella relazione) in quanto oggetto dei sensi. Infatti, se la forza motrice che gli attribuisco è una<br />

forza repulsiva, gli spetta (sebbene io non gli ponga ancora accanto un altro corpo contro cui<br />

esso la eserciti) un luogo nello spazio e inoltre un’estensione, cioè uno spazio in esso stesso,<br />

oltre a ciò il riempimento di questo spazio mediante le forze repulsive <strong>dell</strong>e sue parti, e infine<br />

anche la legge di questo riempimento (che il grado <strong><strong>dell</strong>a</strong> repulsione <strong>dell</strong>e parti debba diminuire<br />

<strong>nella</strong> stessa proporzione in cui l’estensione del corpo cresce e aumenta lo spazio che esso<br />

riempie con queste stesse parti mediante quella forza). 80<br />

La trattazione del concetto di forza rispecchia, per ciò che riguarda la<br />

spiegazione meccanica, quanto Kant aveva già affermato nei Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> e <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura.<br />

Vi è però un ampliamento <strong>dell</strong>’analisi come <strong>natura</strong>le conseguenza <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

trattazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà del giudizio e del principio di conformità a scopi. Oltre alle<br />

forze motrici e meccaniche <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, Kant introduce la legittimità del concetto di<br />

forza formativa per i corpi organici e per la spiegazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> generazione <strong>dell</strong>e specie,<br />

purché non venga pretesa l’unità del fondamento del legame degli elementi esterni gli<br />

uni agli altri in questi prodotti. Il concetto di forza non solo deve assumere una valenza<br />

fisica, secondo cui è esercitata o si esercita su un corpo, ma anche una valenza<br />

teleologica, ovvero essa è produttiva formativa e determina lo sviluppo, la produzione e<br />

la riproduzione <strong>dell</strong>e specie. La posizione di Kant su questo punto è inquadrabile in<br />

modo più adeguato se si tengono presenti le teorie <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua epoca circa i processi<br />

formativi dei corpi organici.<br />

In particolare, è opportuno trattare brevemente l’idea di Buffon, che a<br />

fondamento materiale <strong><strong>dell</strong>a</strong> vita poneva le molecole organiche, una sorta di atomi vitali<br />

indistruttibili che si aggregano e disgregano formando gli organismi. In base a questa<br />

teoria, Buffon sviluppa una concezione biologica generale che, pur apparendo<br />

speculativa, contribuì al superamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione preformista <strong><strong>dell</strong>a</strong> generazione e<br />

condusse a una nuova teoria epigenetica <strong>dell</strong>o sviluppo. Buffon, elaborando una<br />

concezione già proposta da Pierre-Luis Moureau de Maupertuis, pensa che le molecole<br />

80 KdU, KGS V, p. 483.<br />

142


organiche contenute nel cibo vengano assimilate dai vari organi, dove subiscono<br />

l’effetto di un’impronta, di uno stampo interno tipico di ciascuna specie. Le molecole<br />

sovrabbondanti, raccolte negli organi genitali e quindi nel seme maschile e femminile,<br />

si mescolano nel concepimento e ognuna si dispone a costituire l’organo corrispondente<br />

a quello da cui deriva, spiegando in tal modo sia la somiglianza di un figlio con<br />

ambedue i genitori sia i processi di rigenerazione.<br />

Benché sostenitore <strong><strong>dell</strong>a</strong> generazione spontanea, Buffon riteneva che il preciso<br />

ordine <strong>dell</strong>e molecole organiche e <strong>dell</strong>e forze ad esse inerenti comportasse una costante<br />

riproduzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> specie e concepva la specie come l’unico concetto valido nello studio<br />

<strong>dell</strong>e forme viventi. Buffon respinse, quindi, come artificiali tutte le categorie introdotte<br />

per la classificazione, polemizzando in particolare con Linneo, che pose divisioni<br />

arbitrarie <strong>nella</strong> <strong>natura</strong>, per sé caratterizzata da una continuità completa di tutte le forme<br />

e di tutti i processi. Pur sostenendo questa continuità, che lega tutti i viventi alla<br />

trasformazione storica <strong><strong>dell</strong>a</strong> Terra, Buffon non accettò la concezione evoluzionistica,<br />

proposta in particolare da Maupertuis; riteneva, infatti, che soltanto alcune specie<br />

fossero derivate da altre, in genere per un processo degenerativo, e pensava che varietà e<br />

razze fossero sorte per effetto del clima e <strong>dell</strong>e condizioni ambientali. Così <strong>nella</strong><br />

Histoire naturelle de l'homme, e in altri scritti, sostenne l’unità <strong><strong>dell</strong>a</strong> specie umana posta<br />

in dubbio da vari contemporanei che tendevano a fare di ogni razza una specie distinta.<br />

Nel §81 Kant dedica spazio alla discussione critica <strong>dell</strong>e teorie <strong>dell</strong>’epoca<br />

<strong>dell</strong>’occasionalismo, del prestabilismo e del preformismo. Riferendosi esplicitamente a<br />

J. F. Blumenbach, però, Kant rivolge particolare attenzione alla teoria epigenetica, che<br />

sembra meglio avvicinarsi all’approccio alla <strong>scienza</strong> <strong>natura</strong>le <strong><strong>dell</strong>a</strong> terza Critica.<br />

Infatti, agli occhi di Kant, la teoria <strong>dell</strong>’epigenesi considerava gli enti <strong>natura</strong>li<br />

rappresentati originariamente come possibili solo secondo la causalità degli scopi –<br />

come nel caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> procreazione – , ovvero come produttivi e non solo come<br />

sviluppanti se stessi (autopoietici), senza appello all’azione divina. Per Kant l’epigenesi<br />

affidava alla <strong>natura</strong> tutto ciò che segue il primo inizio, che la fisica fallisce nel<br />

determinare attraverso pure forze meccaniche. In questo contesto, il concetto di forza<br />

viene connotato come impulso, per meglio rendere l’idea di uno scopo formale a cui è<br />

diretto lo sviluppo di certi caratteri ed elementi <strong>dell</strong>’organizzazione. Sulla teoria<br />

epigenetica di Blumenbach, Kant si pronuncia come segue:<br />

[Blumenbach] inizia ogni tipo di spiegazione fisica di queste formazioni a partire dalla<br />

materia organizzata. Infatti, a buon diritto dichiara contrario alla ragione che la materia bruta si<br />

143


sia originariamente formata da sé secondo leggi meccaniche, che dalla <strong>natura</strong> di ciò che è senza<br />

vita sia potuta sorgere la vita e che la materia si sia potuta comporre da sé <strong>nella</strong> forma di una<br />

conformità a scopi che si auto conserva; ma nello stesso tempo, sotto questo per noi<br />

inesplorabile principio di un’organizzazione originaria, lascia al meccanismo <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> una<br />

parte indeterminabile e però nello stesso tempo non disconoscibile, per cui la capacità <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia (a differenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza formativa semplicemente meccanica universalmente presente in<br />

essa) in un corpo organizzato (che sta per così dire sotto la superiore guida e istruzione di quella<br />

organizzazione) è da lui chiamata impulso formativo. 81<br />

Come anticipato nel primo capitolo <strong><strong>dell</strong>a</strong> ricerca, nell’Opus postumum Kant<br />

modificherà ancora il concetto di forza, tentando di unificare forze organiche e<br />

meccaniche <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia connotando tale concetto come forza produttiva, segnando<br />

l’abbandono definitivo del concetto di forma per la definizione di forza organica e<br />

dunque svincolando la nascente biologia, ma anche parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica dal fattore spaziale<br />

per la determinazione <strong>dell</strong>e caratteristiche <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia organica.<br />

Sarà proprio nell’Opus postumum, infatti, che Kant ricorrerà al concetto di<br />

energia (Energie), oltre che a quello di forza (Kraft), di fronte alla necessità di una<br />

spiegazione di fenomeni elettrici e magnetici, che venivano rilevati all’epoca per via<br />

sperimentale e attraverso la presupposizione di determinate proprietà <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia.<br />

81 KdU, KGS V, p. 425.<br />

144


PARTE III<br />

LA COSMOLOGIA E LA FISICA DEGLI ANNI ’90


CAPITOLO IV<br />

IL PROBLEMA DELLA MEDIAZIONE: LA FISICA<br />

Premessa<br />

SPERIMENTALE E IL CONCETTO DI FORZA<br />

Seguendo il percorso tracciato nei capitoli precedenti, si può passare ora<br />

all’analisi <strong>dell</strong>e fonti e <strong>dell</strong>’influsso esercitato su Kant dagli scienziati a lui<br />

contemporanei. Attraverso questo capitolo si giunge alla parte conclusiva di questa<br />

ricerca, ovvero alla trattazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere <strong>dell</strong>’Opus postumum<br />

passando per la filosofia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> degli anni ’90.<br />

Spesso si è indagata la <strong>natura</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> ripresa da parte di Kant in epoca tarda di<br />

temi squisitamente precritici. L’interpretazione proposta nei capitoli precedenti ha<br />

voluto evidenziare la forte connessione tra la fase precritica e quella degli anni ’90<br />

attraverso i concetti chiave di forza e materia, inquadrati nel problema cosmogonico e<br />

cosmologico che, infatti, come un fiume carsico pervade le opere di Kant fino agli<br />

ultimi anni di vita. In questo capitolo, verranno presi in considerazione innanzitutto<br />

alcuni scritti critici minori kantiani – Über die Vulkane im Monde (1785) e Etwas über<br />

den Einfluss des Mondes auf die Witterung (1794) – e alcuni manoscritti del Passaggio<br />

dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica. Cercheremo così di<br />

argomentare che proprio lo sviluppo <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica sperimentale, <strong>dell</strong>’astronomia e <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

chimica hanno condotto Kant a lavorare, ancora negli anni ’90, sulla materia e ad<br />

146


implementare la sua teoria cosmologica e cosmogonica, indicando <strong>nella</strong> matematica lo<br />

strumento <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione per l’inverarsi di principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>.<br />

4.1 Il contesto di riferimento<br />

J. L. Heilbron in Elements of Early Modern Physics ha sostenuto che nel XVIII<br />

secolo si diffuse un nuovo valore semantico del termine “fisica”, grazie all’opera di<br />

Voltaire in Francia e di ‘sGravesande in Olanda. A questo termine, in contrasto con il<br />

punto di vista aristotelico dominante, venne dato il significato di “filosofia <strong>natura</strong>le<br />

confermata da esperimenti”. 1<br />

Ancora <strong>nella</strong> prima metà del secolo, diversi approcci si contendevano la<br />

diffusione del sapere scientifico. In particolare, in Germania, si riscontrava l’originalità<br />

2<br />

<strong>dell</strong>’approccio di Hamberger e la rigidità e il dogmatismo <strong>dell</strong>’impostazione di Wolff e<br />

Krüger, che davano pochissimo spazio alla fisica sperimentale e alla biologia. Gli<br />

Anfangsgründe der Naturlehre di Erxleben (1772) furono il punto di riferimento per due<br />

generazioni che si formarono in Germania. 3<br />

Questo manuale, che venne adottato anche<br />

da Kant, era il più completo e trattava le materie allora considerate standard: il moto, la<br />

gravità, l’elasticità, la coesione, l’idrostatica, la pneumatica, l’ottica, il calore,<br />

l’elettricità, il magnetismo, l’astronomia elementare e la geofisica.<br />

Come ricorda giustamente Heilbron, in Germania fu di fatto Lichtenberg ad<br />

introdurre l’uso sistematico <strong>dell</strong>’esperimento nell’insegnamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica nelle<br />

università, ad aver promosso il testo di Erxleben, incoraggiando così indirettamente<br />

anche la diffusione dei dizionari fisici <strong>dell</strong>’epoca, quello di Gehler, prima, e quello di<br />

Fischer, poi.<br />

Il sistema newtoniano si era diffuso in Europa e, sebbene la seconda legge del<br />

moto avesse incontrato diverse resistenze in Germania, lo stesso Kant non poté esimersi<br />

dal confrontarsi con essa sin dalla sua tesi di laurea. L’idea di Newton, come ricorda<br />

Heilbron, era la seguente:<br />

The whole business of philosophy seems to consists in this – from the phenomena of<br />

motions to investigate the forces of nature, and then from these forces to demonstrate the other<br />

1 J. L. Heilbron, Elements of Early Modern Physics, Berkeley-Los Angeles 1982, p. 6.<br />

2 Heilbron (1982), p. 7. Heilbron ritiene che gli Elementa Physicae di Hamberger fossero il luogo dove<br />

rintracciare lo shift semantico proprio perché si ripudiava un concetto di fisica come studio di tutte le cose<br />

<strong>natura</strong>li. Il 1700 è il secolo in cui la fisica si apprestava a divenire <strong>scienza</strong> in senso proprio, distinguendo<br />

il suo dominio.<br />

3 Heilbron (1982), p. 8.<br />

147


phenomena. […] To investigate the forces of nature means to infer mathematical propositions<br />

about forces, somehow known to exist; to demonstrate the other phenomena means to compare<br />

quantitative data with logical consequences of the propositions. If the procedure succeeds, the<br />

propositions, according to Newton, must be regarded as true; for (they) are deduced from<br />

phenomena and made general by induction: which is the highest evidence that a proposition can<br />

have in this philosophy. 4<br />

Questo procedimento newtoniano era quanto di più distante dall’impostazione<br />

filosofica dominante in Germania e, di fatto, il Newton che si studiava al tempo era<br />

quello legato alla fisica sperimentale <strong>dell</strong>’Ottica, nonché mediato dai fisici olandesi,<br />

‘sGravesande e Musschenbroek. In ogni caso le leggi del moto e la formula <strong><strong>dell</strong>a</strong> gravità<br />

erano perfettamente conosciute da Kant, ma all’inizio egli non trasse le sue conoscenze<br />

dalla prima e dalla terza edizione dei Principia, né attinse direttamente da essi per la sua<br />

formazione fisica. L’influenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica leibniziana, <strong>dell</strong>’Ottica di Newton, <strong>dell</strong>e<br />

riviste scientifiche, <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica sperimentale legata alla pneumatica, agli studi sul calore<br />

e sui fluidi hanno giocato un ruolo di primo piano <strong>nella</strong> gestazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria kantiana<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. Di questo si possono vedere gli effetti <strong>nella</strong> produzione precritica.<br />

Tuttavia, il quadro di riferimento che qui si vuole sviluppare mira<br />

all’identificazione di alcuni grandi temi scientifici che hanno inevitabilmente<br />

influenzato la riflessione kantiana di epoca critica e di cui si ha traccia fino alle ultime<br />

pagine manoscritte.<br />

a) Dalla termologia alla termodinamica<br />

Nella prima metà del Settecento vi furono numerosi studi sul perfezionamento di<br />

strumenti come il termometro per la misurazione dei gradi del calore. Quest’ultimo<br />

concetto riuniva genericamente sia la sensazione termica che il calore. Mentre i fisici si<br />

occupavano <strong><strong>dell</strong>a</strong> misura del calore, i chimici si occupavano <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> del calore.<br />

Le due teorie dominanti erano quella cinetica (sostenuta da Bacone e Keplero e<br />

ripresa da Eulero nel 1738) e quella sostanziale che associava il calore all’elemento<br />

“fuoco”. 5<br />

Daniel Bernoulli propugnò la teoria cinetica dei fluidi elastici, o gas, <strong>nella</strong> quale<br />

il calore interveniva come un acceleratore di molecole gassose, ma senza spiegarne bene<br />

il meccanismo. Da Bernoulli trasse spunto Lomonosov per la sua teoria, che sì<br />

4 Heilbron (1982), pp. 38-39.<br />

5 Cfr. M. Gliozzi (2005), Storia <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica, Torino 2005, p. 416. Kant a volte sembra abbracciare una<br />

teoria complementare, che ammette cioè sia una posizione sostanzialista che cinematica, cfr. Kant, Opus<br />

postumum, trad. it. a cura di V. Mathieu, Bari 2004, p. 112.<br />

148


affermava gli urti elastici bernoulliani, ma come fenomeno secondario, conseguente<br />

all’attrazione newtoniana e al moto rotatorio degli atomi. Con la teoria di Bernoulli era<br />

possibile indicare che il meccanismo che consente di percepire il moto è il calore. 6<br />

7<br />

Nell’Hydrodynamica, che Kant possedeva, Bernoulli sosteneva che le particelle<br />

dei gas sono in rapido movimento in tutte le direzioni 8 e che gli spazi che un fluido<br />

elastico occupa sono in ragione inversa <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza elastica del gas, confermando la<br />

legge di Boyle. Secondo Bernoulli, inoltre, la temperatura aumenta la velocità <strong>dell</strong>e<br />

particelle e la forza espansiva del gas risulta proporzionale al quadrato <strong>dell</strong>’aumento<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> velocità, perché con l’aumentare <strong><strong>dell</strong>a</strong> temperatura aumentano sia il numero di<br />

urti, sia l’intensità di ciascuno. Gli studi sull’elasticità dei fluidi compiuti da Bernoulli<br />

sono rilevanti per la comprensione <strong><strong>dell</strong>a</strong> visione kantiana <strong>dell</strong>’elasticità <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia<br />

cosmica e del suo grado di rarefazione, che lo porterà a rievocare in epoca tarda il<br />

concetto di forza viva. 9<br />

Per ora è sufficiente aggiungere che la ripresa del termine “forza<br />

viva”, in epoca tarda, non ha nulla a che fare con l’uso che Leibniz ne faceva e che Kant<br />

discusse nel periodo precritico. Nell’Opus postumum questo termine va ad indicare<br />

l’energia (Energie) e, come si vedrà nei prossimi paragrafi, risulta un concetto chiave<br />

per la spiegazione di taluni comportamenti <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia.<br />

Ma nel XVIII secolo la teoria cinetica fu offuscata da quella fluidistica di più<br />

facile e immediata comprensione e che trovò un ‘felice connubio’ con la teoria del<br />

flogisto di Stahl (1660-1734). Il flogisto era concepito come un fluido speciale presente<br />

nei corpi combustibili e nei metalli, il quale all’atto <strong><strong>dell</strong>a</strong> combustione o <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

calcinazione, cioè <strong>dell</strong>’ossidazione, si libera dal corpo e si manifesta sotto forma di<br />

calore. La riduzione, invece, consiste <strong>nella</strong> restituzione al corpo del flogisto di cui era<br />

stato privato. Il flogisto non era calore, ma quando si liberava dai corpi produceva<br />

calore. La teoria perciò non si identificava con la teoria sostanziale del calore.<br />

Lavoisier fece tramontare la teoria del flogisto, ma diede maggior vigore alla<br />

teoria sostanziale del calore, ponendo il calorico tra gli elementi. 10<br />

Nel suo trattato di<br />

meteorologia del 1786, De Luc aveva condotto esperimenti sul calore latente e aveva<br />

modificato, sulla scorta <strong>dell</strong>e osservazioni di Black e Watt, la teoria di Le Roy:<br />

l’evaporazione non è una soluzione di acqua in aria, ma una soluzione di acqua in<br />

6<br />

Gliozzi (2005), p. 419.<br />

7<br />

Questo è testimoniato da Warda.<br />

8<br />

D. Bernoulli, Hydrodynamica, sive de viribus et motionibus fluidorum commentarii, Argentorati 1738,<br />

pp. 200-203.<br />

9<br />

Cfr. infra, Capitolo II, §2.5.<br />

10<br />

Fu Lavoisier che diffuse la teoria e la nomenclatura del calorico nel suo Traité elementare de chimie.<br />

149


Lavoisier prendendo spunto da queste affermazioni di De Luc sostenne nel<br />

Traité elementare de chimie, présenté dans un ordre nouveau, et après les découvertes<br />

modernes del 1789 che l’evaporazione è una soluzione di liquido parzialmente in aria e<br />

parzialmente in calorico. Mentre l’evaporazione di un liquido in ebollizione è un<br />

fenomeno differente, nel senso che la parte di liquido disciolta in aria è quasi<br />

trascurabile rispetto alla parte di liquido disciolta nel calorico. Lavoisier pertanto<br />

propose di chiamare il primo fenomeno evaporazione e il secondo vaporizzazione.<br />

calore. 11<br />

Proprio sul fenomeno <strong><strong>dell</strong>a</strong> vaporizzazione Kant si era da sempre documentato,<br />

come traspare dalle opere precritiche, con il riferimento agli esperimenti di chimica di<br />

Boyle, e come viene ribadito nel breve saggio del 1785 Über die Vulkane im Monde,<br />

dove il fenomeno è esplicitamente legato all’attrazione chimica che soggiace alla<br />

12<br />

formazione dei pianeti per attrazione cosmologica.<br />

Tra il 1750 e il 1781 la fisica era riuscita a distinguere il concetto di calore da<br />

quello di temperatura, aveva scoperto e misurato il calore di fusione e di evaporazione,<br />

aveva formulato il concetto di capacità termica e aveva introdotto due metodi di misura<br />

tutt’ora utilizzati. Eppure, scienziati come Black, De Luc, Laplace e Lavoisier<br />

lamentavano la mancanza di un linguaggio specialistico condiviso che permettesse di<br />

evitare gli equivoci.<br />

Di questo si trova conferma nel fatto che l’uso, che Kant stesso fa, del termine<br />

“calore” o “calorico” (Wärmestoff) non è univoco e le tesi che spesso vengono riportate<br />

sulla sua aderenza alla teoria di Lavoisier sono inesatte. Si consideri uno degli esempi<br />

trattati nel Capitolo III: <strong>nella</strong> terza Critica Kant parla <strong><strong>dell</strong>a</strong> perdita <strong>nella</strong> cristallizzazione<br />

di “un quantum di calorico”. Si nota come Kant avesse sì presente la teoria fluidistica di<br />

Lavoisier, ma confrontando questi passaggi con i manoscritti più tardi, lo stesso Kant<br />

ondeggiava tra una posizione sostanzialista e una non sostanzialista. Inoltre, come<br />

mostrano numerosi passaggi, per spiegare l’elasticità <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, Kant aderì anche<br />

alla spiegazione di Bernoulli, che sosteneva invece la teoria cinetica anziché quella<br />

fluidistica.<br />

Un dato è però certo: la fisica sperimentale e la chimica hanno largamente<br />

influenzato la produzione kantiana, tanto che si può trovare un sincretismo <strong>nella</strong> sua<br />

posizione mediatrice tra l’impostazione sostanzialista e quella cinetica, a dimostrazione<br />

11 De Luc, Idées sur la Météorologie, London 1786-1787, vol. I, p. 83.<br />

12 Ci sono numerosi riferimenti alla teoria di Lavoisier <strong>nella</strong> tarda produzione kantiana che lasciano<br />

intendere la sua adesione alla nuova proposta <strong>dell</strong>o scienziato francese. Cfr. Kant, Die Metaphysik der<br />

Sitten, KGS VI, p. 207.<br />

150


del fatto che la concezione kantiana <strong>dell</strong>o spazio-tempo e <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza mirava ad una<br />

possibile fondazione per entrambe queste impostazioni.<br />

Sebbene non fosse ancora una <strong>scienza</strong> sistematica, la chimica era la disciplina da<br />

cui poteva provenire il materiale per l’adempimento del più alto compito <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong><br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>: la spiegazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> molteplice varietà <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. Per questa ragione è<br />

molto probabile che Kant si aggiornasse costantemente sugli studi di chimica e che<br />

avesse letto, oltre a Vegetable Staticks di S. Hales, già in epoca precritica, il Mémoire<br />

sur le chaleur di Lavoisier e Laplace, pubblicato nel 1780 e riedito nel 1784. Vale la<br />

pena in questa sede avanzare l’ipotesi che proprio da quest’opera Kant trasse spunto per<br />

modificare ed approfondire alcuni aspetti <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. 13<br />

Il quarto<br />

articolo del Mémoire è intitolato “Della combustione e <strong><strong>dell</strong>a</strong> respirazione”, ed è quasi<br />

del tutto opera di Lavoisier. In questo articolo l’autore riprende un suo precedente<br />

lavoro sulla combustione intitolato Mémoire sur la combustion en général (1779), in cui<br />

aveva criticato la teoria del flogisto e, come testimoniano i riferimenti a Crawford negli<br />

scritti minori, Kant mostrava vivo interesse per le teorie sulla respirazione e la<br />

combustione per una definizione del ruolo giocato dai processi chimici sia sui corpi<br />

inorganici che organici.<br />

Proprio al Mémoire occorre dedicare particolare attenzione, anche per un’altra<br />

ragione: i principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> negazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> logica leibniziana sono utilizzati da Lavoisier in<br />

relazione all’approccio empirico ed euristico del metodo <strong><strong>dell</strong>a</strong> “nuova chimica”. In<br />

particolare la struttura argomentativa ed espositiva mostra l’uso costante del principio<br />

14<br />

leibniziano “non est non est est non”, che si differenzia dall’uso <strong><strong>dell</strong>a</strong> negazione nel<br />

procedimento probatorio che invece usa Laplace. Lavoisier impiega principi logici<br />

come “non est non est est non” per assecondare la sua attenzione all’empirico e<br />

all’euristica. Attenzione che assecondò anche Leibniz, il quale, come Lavoisier, aveva<br />

avuto una formazione nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong> giurisprudenza.<br />

Non si può escludere che Kant avesse letto il Mémoire, che oltre a vantare un<br />

linguaggio chimico, permetteva un’agile consultazione e soprattutto fu l’opera che sancì<br />

l’inizio, sebbene come fallimento, di un percorso di unificazione <strong>dell</strong>e teorie del calore<br />

in un’unica teoria del calore. Il punto cruciale consiste nel fatto che in quest’opera i due<br />

13 Lavoisier-Laplace, Mémoire sur la Chaleur, in Histoire et Mémoires de l’Académie Royale de<br />

Sciences, Paris 1784, pp. 355-408. Cfr. Opus postumum, KGS XXI, pp. 243; 406; 625 ; KGS XXII, pp.<br />

205-206. In queste pagine ci sono chiari riferimenti allo scienziato francese.<br />

14 Per la teoria leibniziana <strong><strong>dell</strong>a</strong> negazione cfr. W. Lenzen, 'Non est' non est 'est non'. Zu Leibnizens<br />

Theorie der Negation, in Studia Leibnitiana, 18, 1986, pp. 1-37 (1986); W. Lenzen, 'Unbestimmte<br />

Begriffe' bei Leibniz, in Studia Leibnitiana, 16, 1984, pp. 1-26. Cfr. W. Lenzen, Calculus universalis :<br />

Studien zur Logik von G. W. Leibniz, Paderborn 2004.<br />

151


scienziati proposero con forza la matematizzazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria fluidistica sulla base<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> semplice osservazione che qualunque sia la causa che produce la sensazione di<br />

caldo, essa può aumentare o diminuire di grado, e perciò essere soggetta al calcolo.<br />

Non deve stupire, leggendo queste pagine, la forte analogia con quanto Kant<br />

scrisse <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura, circa le Anticipazioni <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione: il grado<br />

è lo schema del tempo di un qualcosa <strong>nella</strong> sensazione accompagnato da co<strong>scienza</strong> e<br />

suscettibile di essere valutato come grandezza intensiva.<br />

Soprattutto alla luce di questa impostazione dominante <strong>nella</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> fine<br />

del XVIII secolo, non deve stupire che nell’Opus postumum, nel formulare la prova<br />

<strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere, Kant intendesse unificare il sistema del tutto <strong>dell</strong>e percezioni<br />

del senso esterno e del senso interno con quello <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, grazie<br />

allo strumento <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica, capace sia di discretizzare la materia sia di<br />

rappresentarla come un continuo. 15<br />

Il Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong><br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica, se pubblicato, sarebbe stato assolutamente in linea con il<br />

dibattito che riguardava le scienze sperimentali e la chimica <strong>dell</strong>’epoca.<br />

Il Mémoire riveste una grande importanza storica per vari motivi: è l’indice di un<br />

lento avvicinamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> nuova chimica di Lavoisier alla fisica; è interessante da un<br />

punto di vista sperimentale, perché descrive apparati fondamentali per la storia <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

calorimetria; è importante anche dal punto di vista teorico, perché confronta le due<br />

ipotesi sulla <strong>natura</strong> del calore che erano alla base di due teorie antagoniste, e sulle quali<br />

i due autori avevano opinioni differenti. Sulla base degli studi di A. Drago e A. Venezia<br />

condotti sul testo di Laplace e Lavoisier, si possono comprendere le ragioni che<br />

spingeranno Kant a una rivisitazione del concetto di forza viva nell’Opus postumum.<br />

La prima ipotesi sulla <strong>natura</strong> del calore presa in considerazione da Lavoisier e<br />

Laplace, viene introdotta dicendo che “la maggior parte dei fisici 16 credono che il calore<br />

sia un fluido che è distribuito in <strong>natura</strong> e penetra in maniera diversa tutti i corpi a<br />

secondo <strong><strong>dell</strong>a</strong> loro temperatura e <strong><strong>dell</strong>a</strong> loro capacità a trattenerlo”. 17 La seconda ipotesi<br />

è presentata dicendo che “altri [fisici] invece credono che il calore altro non sia che il<br />

moto invisibile <strong>dell</strong>e molecole <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia”. 18<br />

L’esposizione di questa ipotesi alternativa, nota oggi come teoria cinetica del<br />

calore, è da attribuirsi a Laplace e probabilmente riflette la sua preferenza a quel tempo.<br />

15 Cfr. infra, Capitolo V.<br />

16 Tra cui si riconosceva anche Lavoisier.<br />

17 Mémoire, p. 10.<br />

18 Mémoire, p. 10.<br />

152


Tutti i corpi, così come sostenuto anche da Newton nell’Ottica, sono pieni di vuoti e<br />

questo vuoto è di gran lunga superiore alla materia del corpo stesso. Questo spazio<br />

vuoto permette alle particelle dei corpi di muoversi (oscillando solamente) in tutte le<br />

direzioni.<br />

Per sviluppare questa ipotesi, secondo Laplace e Lavoisier, esiste una legge<br />

generale, che i “geometri” chiamano principio di conservazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza viva,<br />

secondo la quale in un sistema di corpi interagenti la forza viva, cioè il prodotto di<br />

ciascuna massa per il quadrato <strong><strong>dell</strong>a</strong> velocità, è costante. Se due corpi a differente<br />

temperatura sono messi a contatto, all’inizio la forza viva <strong>dell</strong>e rispettive molecole non<br />

è la stessa, ma gradualmente la forza viva <strong>dell</strong>e molecole del corpo più freddo aumenta,<br />

mentre quella <strong>dell</strong>e molecole del corpo più caldo diminuisce, fino a che le molecole di<br />

entrambi i corpi raggiungono mediamente la stessa velocità. In questa formulazione<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria del calore, come suggeriscono Drago e Venezia, Laplace avrebbe applicato<br />

allo studio del moto <strong>dell</strong>e particelle microscopiche i concetti basilari <strong><strong>dell</strong>a</strong> meccanica<br />

dei corpi celesti.<br />

In realtà la teoria cinetica del calore era stata già proposta da Huygens e Leibniz.<br />

Laplace potrebbe essere stato influenzato in questa scelta da questi o dalla lettura <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

già menzionata Hydrodinamica di D. Bernoulli, in cui l’autore ipotizza che il calore sia<br />

associato con il moto <strong>dell</strong>e particelle per dimostrare che in un fluido, a volume costante,<br />

la pressione è proporzionale alla temperatura.<br />

Lavoisier e Laplace, in un passo del loro articolo, dichiarano di voler evitare<br />

scientemente di decidere quale <strong>dell</strong>e due ipotesi sia quella giusta:<br />

Noi non decideremo tra le due ipotesi precedenti; molti fenomeni sembrano favorevoli<br />

alla seconda; per esempio, quello del calore prodotto dallo strofinio di due corpi solidi; ma ci<br />

sono altri fenomeni a cui si applica più semplicemente la prima ipotesi; può anche essere che<br />

esse hanno luogo tutte e due alla volta. 19<br />

Quindi, secondo Lavoisier e Laplace, gli esperimenti non permettono di<br />

scegliere univocamente tra le due ipotesi, ma, “poiché non si possono formulare sulla<br />

<strong>natura</strong> del calore altre ipotesi che non siano le due menzionate, si devono ammettere<br />

quei principi che ad esse sono comuni; allora, seguendo sia l’una che l’altra, in una<br />

miscela semplice di corpi la quantità di calore libero resta sempre la stessa. [Questo<br />

principio] è evidente se il calore è visto come un fluido che tende a portarsi<br />

all’equilibrio [termico], mentre se il calore è visto come la forza viva risultante dal<br />

19 Mémoire, p. 12.<br />

153


movimento interno <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, questo principio è una conseguenza di quello <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

conservazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza viva”. 20<br />

Quindi, compatibile con entrambe le ipotesi è un principio di conservazione di<br />

carattere generale: la quantità totale di calore di un sistema di corpi isolato<br />

termicamente si conserva, sia che il calore sia visto come una sostanza materiale, che<br />

non si crea e non si distrugge, sia che sia visto come risultante <strong>dell</strong>e forze vive, che si<br />

conservano. Questo principio, secondo Lavoisier e Laplace, è in primo luogo<br />

indipendente dalle due ipotesi sul calore e può essere generalmente ammesso da tutti i<br />

fisici.<br />

In secondo luogo, “esso si può esprimere in una forma ancora più generale<br />

[dicendo che] tutte le variazioni di calore, sia reali che apparenti, alle quali è sottoposto<br />

un sistema di corpi nei cambiamenti di stato, se riprodotte nell’ordine inverso, fanno sì<br />

che il sistema ritorni nello stato iniziale”. 21<br />

A conclusione di questa sezione Lavoisier e Laplace affermano che, data<br />

l’ignoranza sulla <strong>natura</strong> del calore, questo non può essere valutato che in base<br />

all’osservazione dei suoi effetti.<br />

Il modo con cui Lavoisier e Laplace hanno affrontato il problema <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

del calore offre alcuni spunti di riflessione riguardo il rapporto tra la componente<br />

sperimentale e i principi di una teoria scientifica.<br />

Infatti, una questione fondamentale sollevata dal Mémoire, è quella<br />

<strong>dell</strong>’indecidibilità tra due tesi, ovvero che in certi casi è impossibile decidere tra due<br />

principi antagonisti (le due ipotesi sulla <strong>natura</strong> del calore in questo caso) attraverso la<br />

sola componente sperimentale. Questa impossibilità di decidere con un esperimento tra<br />

due ipotesi antagoniste si è proposta <strong>nella</strong> storia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> anche nel caso <strong>dell</strong>e due<br />

ipotesi, quella ondulatoria e corpuscolare, circa la <strong>natura</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> luce, che nel XVII secolo<br />

stavano alla base di due distinte teorie ottiche, quella di Huygens e quella di Newton:<br />

entrambe mostravano una validità da un punto di vista sperimentale.<br />

Come rilevano anche Drago e Venezia, alla fine del XIX secolo, Poincaré,<br />

prendendo spunto proprio da queste due teorie, ha formulato una riflessione generale sul<br />

rapporto tra gli esperimenti e i principi fisici, attribuendo all’incertezza del metodo<br />

20<br />

Mémoire, p. 12.<br />

21<br />

Mémoire, p. 13. Oggi si sa che questa affermazione è valida solo per sistemi di corpi soggetti a forze<br />

conservative e a fenomeni reversibili.<br />

154


induttivo l’impossibilità di avere un’unica soluzione teorica, a partire da meri risultati<br />

sperimentali: da qui sarebbe sorta la sua “soluzione” convenzionalista. 22<br />

Infatti, quando in un esperimento, oltre alla legge fisica da verificare, sono<br />

coinvolte ulteriori assunzioni o ipotesi aggiuntive, se il test sperimentale è negativo, lo<br />

scienziato può scegliere se rifiutare la legge fisica, oppure accettare la legge fisica e<br />

rifiutare le ipotesi aggiuntive. In altri termini, secondo Poincaré, non esiste<br />

l’esperimento cruciale, che da solo sia sufficiente a verificare la teoria.<br />

Oltre alle osservazioni di Poincaré, la constatazione di Lavoisier e Laplace,<br />

secondo cui “può essere che [le due ipotesi] hanno luogo tutte e due alla volta”, 23<br />

richiama, secondo Drago e Venezia, anche un’altra teoria fisica in cui questa<br />

impossibilità sperimentale di decidere tra due ipotesi antagoniste è stata assorbita <strong>nella</strong><br />

teoria come un dualismo <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>: l’ipotesi corpuscolare e quella ondulatoria che ha<br />

trovato <strong>nella</strong> Meccanica Quantistica una formulazione in termini di un principio più<br />

generale, quello di complementarietà. Lavoisier e Laplace avrebbero risolto il problema<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> del calore con una strategia molto simile, formulando un principio<br />

matematico più generale e astratto (il principio di conservazione del calore libero), che<br />

risultava compatibile con entrambe le ipotesi formulate. In altre parole, la parte<br />

informale <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria resta sperimentalmente indecisa; Lavoisier e Laplace, pur<br />

sostenendo ognuno un’ipotesi diversa, anche per motivi di carattere filosofico, sono,<br />

però, d’accordo sulla formalizzazione del problema: la parte formale <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria, quella<br />

matematica, è in grado di smussare le differenze filosofiche di partenza.<br />

A questo punto è opportuno domandarsi se Lavoisier e Laplace fossero<br />

veramente d’accordo sulla formalizzazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria. Per risolvere questo problema<br />

storico, posto dal Mémoire, è utile seguire il filo conduttore di due elementi<br />

fondamentali per l’interpretazione di una teoria scientifica. Il primo riguarda la scelta<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> logica, che soggiace all’organizzazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria. In tre articoli del Mémoire gli<br />

enunciati fondamentali <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria del calore e <strong>dell</strong>e sue proprietà vengono presentati<br />

attraverso una doppia negazione, seguendo palesemente il principio non est non est est<br />

non.<br />

L’altro elemento fondamentale riguarda la matematica che può essere basata<br />

sull’infinito in atto, ad esempio gli infinitesimi del calcolo differenziale di Newton, o<br />

22 H. Poincaré, La Scienza e l'Ipotesi (1902). Trad. it. a cura di G. Porcelli, Bari 1989; Il Valore <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

Scienza (1905). Trad. it. a cura di F. Albergàmo, Firenze 1994; Scienza e metodo (1908). Trad. it. a cura<br />

di C. Bartocci, Torino 1997.<br />

23 Mémoire, p. 12.<br />

155


costruttiva, basata solo sull’infinito potenziale, ad esempio la matematica “elementare”<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> termodinamica di Carnot, oppure quella <strong><strong>dell</strong>a</strong> chimica. Seguendo questo tipo di<br />

interpretazione, le due ipotesi sulla <strong>natura</strong> del calore, su cui divergono Lavoisier e<br />

Laplace, possono essere distinte utilizzando l’opzione sul tipo di logica adottata.<br />

Infatti, l’analisi linguistica del Mémoire rivela la presenza di alcune frasi<br />

doppiamente negate in tre dei quattro articoli pubblicati:<br />

− Articolo I:<br />

I.1) “Altri fisici pensano che il calore non può non essere<br />

che il risultato del<br />

movimento insensibile <strong>dell</strong>e molecole” (Mémoire, p. 10).<br />

I.2) “ Non si possono formare altre ipotesi sulla <strong>natura</strong> del calore che non siano<br />

le due menzionate” (Mémoire, p. 12).<br />

I.3) “[Il calore] non può essere che la forza viva che risulta dal movimento<br />

interno <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia” (Mémoire, p. 12).<br />

I.4) “ Non vi è alcuna cosa che non indichi<br />

a priori che il calore libero sia lo<br />

stesso prima e dopo la combinazione” (Mémoire, p. 13).<br />

I.5) “Data l’ignoranza che abbiamo sulla <strong>natura</strong> del calore, non possiamo fare<br />

altro che non sia osservarne<br />

− Articolo III:<br />

gli effetti” (Mémoire, p. 14).<br />

III.1) “Per costruire una teoria completa del calore, occorrerebbe avere un<br />

termometro… che può misurare tutti i gradi di temperatura possibile. Occorrerebbe<br />

conoscere la legge che esiste tra il calore <strong>dell</strong>e diverse sostanze e i gradi corrispondenti<br />

del termometro… sarebbe inoltre necessario conoscere il calore assoluto contenuto in<br />

un corpo ad una data temperatura. Infine occorrerebbe sapere la quantità di calore libero<br />

che si forma o si perde in una combinazione o decomposizione. Con questi dati sarebbe<br />

possibile risolvere tutti i problemi relativi al calore;…ma questi dati non si possono<br />

ottenere se non con un numero quasi infinito di esperimenti molto delicati e fatti a<br />

gradi molto diversi di temperatura” (Mémoire, p. 40-41).<br />

III.2) “Gli esperimenti <strong>dell</strong>’articolo precedente non danno i rapporti di quantità<br />

assolute [=non relative] del calore dei corpi [⎺danno rapporti relativi].<br />

156


III.3) [Gli esperimenti] non fanno conoscere altro che non sia<br />

III.4) “Occorrerebbe supporre che queste quantità siano proporzionali alle loro<br />

differenze; ma questa ipotesi è alquanto precaria, e<br />

il rapporto di<br />

quantità di calore necessarie per elevare di uno stesso numero di gradi la temperatura”<br />

(Mémoire, p. 42).<br />

dopo numerose esperienze” (Mémoire, p. 42).<br />

− Articolo IV:<br />

non può essere ammessa se non<br />

IV.1) “Fino a poco tempo fa, sul fenomeno del calore <strong>nella</strong> combustione e la<br />

respirazione non si avevano idee che non fossero vaghe e molto imperfette ” (Mémoire,<br />

p. 57).<br />

IV.2) “L’esperienza ha mostrato che i corpi non possono bruciare e gli animali<br />

respirare se non per mezzo <strong>dell</strong>’aria atmosferica” (Mémoire, p. 58).<br />

IV.3) “l’opinione più generalmente diffusa non attribuisce a questo fluido<br />

[l’aria] altri compiti che non siano quello di rinfrescare il sangue” (Mémoire, p. 58).<br />

IV.4) “L’aria non agisce affatto in questi fenomeni [combustione e respirazione]<br />

come una semplice causa meccanica [=non chimica], ma come principio di nuove<br />

combinazioni.” (Mémoire, p. 58).<br />

IV.5) “Tutto ciò che riguarda la combustione e la respirazione si spiega, sotto<br />

queste ipotesi [l’aria come agente], in una maniera così <strong>natura</strong>le e così semplice che non<br />

esiterò a proporla, se non come una verità dimostrata, almeno come una congettura<br />

molto verosimile e degna <strong>dell</strong>’attenzione dei fisici.” (Mémoire, p. 58-59).<br />

In questi tre articoli la parte sperimentale è introdotta da considerazioni generali,<br />

di carattere speculativo: è solo in queste parti che si trovano enunciati con doppia<br />

negazione. Nei paragrafi introduttivi, invece, si formulano ipotesi e principi per i quali<br />

non è detto ci sia una verifica sperimentale diretta; per questo motivo non è detto che la<br />

doppia negazione affermi.<br />

Una seconda osservazione riguarda l’uso <strong>dell</strong>e doppie negazioni fatto da<br />

Lavoisier e da Laplace. Nell’articolo IV, che Guerlac attribuisce interamente a<br />

Lavoisier, si trova la proposizione IV.1 che è la definizione, mediante una doppia<br />

negazione, di due problemi operativamente fondati e centrali <strong>nella</strong> teoria del calore, cioè<br />

la combustione e la respirazione. La frase IV.2 è un principio metodologico mediante il<br />

157


quale Lavoisier cerca di risolvere i due problemi posti <strong>nella</strong> IV.1. L’autore non asserisce<br />

che “I corpi possono bruciare e gli animali respirare per mezzo <strong>dell</strong>’aria atmosferica”. In<br />

questo stadio <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua trattazione, Lavoisier non ha ancora l’evidenza sperimentale per<br />

poter affermare questo principio in generale; per poter avanzare però <strong>nella</strong> ricerca e<br />

trovare un metodo di soluzione per il suo problema principale ricorre alla doppia<br />

negazione.<br />

Le frasi successive sono altri principi metodologici che specificano il principio<br />

IV.2, il quale non poteva essere reso vero sopprimendo semplicemente le due negazioni.<br />

Nella proposizione IV.4, posta a conclusione di questa linea di ragionamento, Lavoisier<br />

rifiuta esplicitamente, per il fenomeno <strong><strong>dell</strong>a</strong> combustione e <strong><strong>dell</strong>a</strong> respirazione, il<br />

mo<strong>dell</strong>o meccanico basato sul concetto di causa (che era invece alla base <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria dei<br />

moti celesti di Newton e di Laplace).<br />

Il risultato, che non ha alcuna evidenza sperimentale, è una “congettura<br />

verosimile”, a favore <strong><strong>dell</strong>a</strong> quale l’autore può addurre, provvisoriamente, solo motivi<br />

logici. Con essa si riesce ad esprimere in maniera “<strong>natura</strong>le e semplice”, così come è<br />

espresso <strong>nella</strong> IV.5, ogni fenomeno riguardante la combustione e la respirazione. La<br />

IV.4 non è dunque un assioma, a partire dalla quale vengono dedotte altre proposizioni.<br />

Lavoisier ammette la IV.4, anche se non la può dimostrare, e prosegue ad analizzare<br />

mediante questo principio alcuni esperimenti, mostrando che essi non lo contraddicono.<br />

In questo modo ne verifica indirettamente la validità.<br />

Nell’articolo III, che secondo Guerlac, è interamente frutto di Laplace, si nota<br />

invece un uso differente <strong>dell</strong>e doppie negazioni. Nella III.1 vengono enumerate quattro<br />

condizioni astratte e generalissime, indispensabili per risolvere tutti i problemi relativi<br />

al calore. Nella proposizione c’è l’elenco dei requisiti che dovrebbe possedere una<br />

teoria “completa” del calore. In questo caso Laplace tenta di proporre un’organizzazione<br />

totalmente deduttiva <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria del calore. I requisiti citati da Laplace sono dei veri e<br />

propri postulati, riguardanti l’esistenza di un termometro universale, la conoscenza di<br />

una relazione generale tra la temperatura misurata da un termometro e il calore<br />

posseduto dal corpo, la conoscenza del calore assoluto di ogni sostanza ad una data<br />

temperatura e la conoscenza del calore scambiato in qualsivoglia composizione o<br />

decomposizione di corpi.<br />

L’organizzazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria presa a mo<strong>dell</strong>o consiste nel voler far discendere<br />

tutta la teoria da pochi postulati generalissimi. C’è una sostanziale differenza tra l’uso<br />

<strong>dell</strong>e doppie negazioni da parte di Lavoisier e da parte di Laplace. In Lavoisier la doppia<br />

158


negazione sta all’inizio <strong><strong>dell</strong>a</strong> trattazione e serve ad esprimere un principio<br />

metodologico, che <strong>nella</strong> forma affermativa è operativamente non verificabile. Per<br />

Laplace la doppia negazione è posta al termine di una tentata assiomatizzazione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

teoria e serve a sancire l’impossibilità sperimentale di tale formulazione; l’autore ricorre<br />

ad un ragionamento per assurdo (III.1) di fronte all’impossibilità di proseguire la<br />

trattazione con la deduzione classica.<br />

Nel Mémoire, il progetto di Lavoisier e Laplace di rifondare la chimica mediante<br />

il metodo assiomatico, “il metodo dei geometri”, è lontano dall’essere realizzato. La<br />

formalizzazione matematica <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria del calore è ancora limitata ad un principio di<br />

conservazione su cui i due autori convergono, ma con le ambiguità precedentemente<br />

esaminate riguardo all’oggetto che si conserva.<br />

Per le parti restanti del Mémoire, Lavoisier e Laplace organizzano la teoria in<br />

due modi sostanzialmente diversi.<br />

Il Mémoire fu, quindi, una collaborazione riuscita solo sul piano sperimentale,<br />

mentre fallì sul piano teorico, essendo troppo eterogeneo nelle sue parti. Invece di<br />

segnare l’incontro <strong><strong>dell</strong>a</strong> nuova chimica con la fisica, come sostenuto da Guerlac, 24<br />

esso<br />

rappresentava solo un tentativo, non riuscito, di Laplace di riorganizzare la chimica<br />

secondo il mo<strong>dell</strong>o newtoniano, quindi, secondo quella che <strong>nella</strong> Francia del XVIII<br />

secolo era considerata la <strong>scienza</strong> per eccellenza. Guerlac sostiene che a questo progetto<br />

abbia continuato a lavorare lo stesso Lavoisier anche negli anni seguenti al 1784, non<br />

riuscendo a portare a termine i suoi studi.<br />

Tuttavia, sembra proprio la consapevolezza del fallimento del programma del<br />

Mémoire a guidare Lavoisier ad un progetto di teoria alternativo a quello tradizionale di<br />

Laplace.<br />

Infatti, a seguito del Mémoire, non vi sono altre collaborazioni sperimentali tra<br />

Laplace e Lavoisier. Inoltre dopo il 1784 Lavoisier abbandonerà il progetto di una teoria<br />

chimico-fisica, sia legata alla matematica <strong><strong>dell</strong>a</strong> meccanica, sia basata sul mo<strong>dell</strong>o<br />

deduttivo. 25<br />

24 H. Guerlac, Chemistry as a branch of Physics. Laplace’s collaboration with Lavoisier, in Historical<br />

Studies of Physical Sciences, vol. 7, pp. 193-276, 1976; H. Guerlac, Quantification in Chemistry, in Isis,<br />

52 (168), 1961, pp. 194-214.<br />

Nel suo Traité élémentaire de chimie egli esprime esplicitamente dei dubbi<br />

25 Laplace, invece, nel 1796, due anni dopo la morte di Lavoisier, scrive Exposition du système du monde,<br />

in cui nel capitolo XVIII intitolato De l’attraction moleculaire dichiara che tutte le combinazioni<br />

chimiche sono il risultato di forze; la forza molecolare attrattiva è la causa <strong>dell</strong>’aggregazione <strong>dell</strong>e<br />

molecole; lo studio di queste forze è l’obiettivo principale <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> chimica. In sostanza, il<br />

programma di Laplace è che tutti i problemi chimici possono e devono ridursi a quelli meccanici <strong>nella</strong><br />

scala del microscopico. In una breve nota egli avverte, però, le difficoltà sperimentali che ancora sono<br />

presenti per la completa attuazione di questo programma. Le varie forze attrattive, infatti, dovrebbero<br />

159


sulla possibilità di poter spiegare tutta la chimica in termini di affinità e forze<br />

molecolari, così come sosteneva invece Laplace.<br />

L’assunto di fondo <strong><strong>dell</strong>a</strong> nuova chimica di Lavoisier è espresso da una frase<br />

doppiamente negata che non afferma: “Non è vero che la materia è divisibile<br />

all’infinito”. Usando la logica classica, in cui la doppia negazione equivale ad una<br />

affermazione, si dovrebbe poter dire: “La materia è divisibile al finito.”<br />

Questa proposizione non è operativamente giustificata. Tuttavia, la negazione<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> stessa frase, cioè “La materia non è divisibile al finito” è evidentemente falsa,<br />

perché l’esistenza <strong>dell</strong>e analisi chimiche non concorda con l’enunciato.<br />

Solo la doppia negazione definisce bene il concetto alla base <strong><strong>dell</strong>a</strong> nuova<br />

chimica e, <strong>nella</strong> forma di un principio metodologico, indica come risolvere il problema<br />

di quali siano i costituenti <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. Lavoisier, dunque, punto di riferimento del<br />

Kant maturo, esce fuori dallo schema deduttivo classico, ma soprattutto sembra meglio<br />

incarnare la posizione kantiana, riportata nel Capitolo II, secondo cui la divisione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia procede sin dove arriva il processo divisorio.<br />

In conclusione, tornando al Mémoire, come osserva Gliozzi, 26<br />

i due scienziati,<br />

che avevano due visioni differenti – Lavoisier era un sostenitore <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria fluidista e<br />

Laplace di quella meccanicista – giunsero a una conclusione di sintesi secondo cui, in<br />

condizione di equilibrio termico, i raggi luminosi hanno impulso inapprezzabile<br />

(proporzionale alla semplice velocità), mentre producono calore proporzionale al<br />

quadrato <strong><strong>dell</strong>a</strong> velocità. In queste pagine è in nuce l’applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza viva come<br />

ciò che lega calore, temperatura e movimento, dunque, come la base per il passaggio<br />

dalla termologia alla termodinamica e premessa per lo sviluppo del concetto di<br />

“lavoro”.<br />

Il fatto che ancora nelle pagine <strong>dell</strong>’Opus postumum, Kant ripresenti il concetto<br />

di forza viva, sebbene sotto altre spoglie, è sicuramente anche il segno del suo effettivo<br />

27<br />

confronto con la termologia <strong>dell</strong>’epoca e con la fisica sperimentale. In secondo luogo,<br />

il confronto di Kant con Lavoisier non inizia certamente solo nel 1789, bensì proprio a<br />

seguito <strong><strong>dell</strong>a</strong> pubblicazione del Mémoire e <strong><strong>dell</strong>a</strong> diffusione <strong>dell</strong>e teorie di Crawford, che,<br />

come si vedrà in seguito, Kant aveva presenti almeno dal 1785.<br />

dipendere dalla forma e dalla posizione <strong>dell</strong>e molecole, in modo tale che tutti i fenomeni chimici possano<br />

essere spiegati in termini <strong><strong>dell</strong>a</strong> legge fisica <strong>dell</strong>’attrazione universale. Ancora una volta Laplace considera<br />

una limitazione essenziale: l’impossibilità sperimentale di conoscere forma e distanza tra le molecole<br />

rende la fisica dei corpi terrestri ancora lontana dal grado di perfezione raggiunta dalla fisica celeste con<br />

la legge di gravitazione universale.<br />

26 Cfr. M. Gliozzi (2005), p. 429.<br />

27 Cfr. infra, §4.5.<br />

160


) Gli studi di Lichtenberg ed Aepinus<br />

Uno dei primi fisici, in Germania, ad introdurre sistematicamente esperimenti<br />

nelle sue lezioni, fu Lichtenberg, una <strong>dell</strong>e figure più conosciute e rispettate nei circoli<br />

europei <strong>dell</strong>’epoca. 28 Lichtenberg intrattenne rapporti con Kant, 29 ma anche con Goethe<br />

e Volta. Nel 1777 Lichtenberg costruì un elettroforo 30 per generare elettricità statica con<br />

l’induzione. Con questo strumento scoprì il principio che è alla base <strong><strong>dell</strong>a</strong> moderna<br />

xerografia e viene anche ricordato oggi come uno dei precursori <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica del plasma.<br />

Scaricando un punto di alto voltaggio vicino a un isolante, Lichtenberg rilevò uno<br />

schema particolare a tre rami <strong>nella</strong> polvere fissata: queste figure di Lichtenberg sono<br />

considerati oggi come i primi esempi di frattali. 31<br />

Con esperimenti condotti<br />

all’università di Gottinga (1777), Lichtenberg osservò la formazione di figure diverse in<br />

diverse condizioni di carica. Anche Alessandro Volta volle osservare i suoi esperimenti,<br />

tra l’altro contemporanei a quelli di Franklin sui fulmini. Tali figure si possono<br />

facilmente ottenere usando talco in polvere su lastre isolanti con diverse configurazioni<br />

elettrodiche.<br />

Le figure risultano ramificate e diversificate. La forma e l’estensione <strong>dell</strong>e figure<br />

può rivelare la presenza di un campo elettrico, la sua intensità, la posizione e la polarità<br />

di elettrodi a punta. Il fatto che le figure fossero orientate lasciava intravedere il legame<br />

tra gli studi sull’elettricità e il magnetismo con la cristallografia.<br />

28 Fu anche uno dei docenti di Karl Friedrich Gauss. La sua fama gli valse nel 1793 l’elezione a membro<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> Royal Society. Come fisico si ricorda oggi per la sua indagine sull’elettricità che lo condusse alla<br />

scoperta di quelle che oggi sono chiamate ‘figure di Lichtenberg’.<br />

29 Numerosi sono i riferimenti a Lichtenberg <strong>nella</strong> produzione kantiana. Di lui Kant parlava anche a<br />

lezione, come testimoniano le pagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> DanzikerPhysik, KGS XXIX, vol. 1.1, p. 98. cfr. Opus<br />

postumum, KGS XXI, pp. 6; 30; 39; 41; 43; 45; 52; 69; 7; 96; 98; 127; 130; 131; 135; KGS XXII, pp. 55;<br />

126.<br />

30 Uno dei più grandi mai costruiti: aveva un diametro di 2 metri e poteva produrre scintille di 38 cm.<br />

31 Le figure di Lichtenberg sono descritte dettagliatamente <strong>nella</strong> sua memoria Super nova methodo motum<br />

ac <strong>natura</strong>m fluidi electrici investigandi, in Göttinger Novi Commentarii, Göttingen 1777.<br />

161


Figura 4.1. Esempio di figura di Lichtenberg in 3D.<br />

Figura 4.2. Esempio di figura di Lichtenberg in 2D.<br />

Lichtenberg oltre ad essere stato uno dei primi docenti universitari a introdurre<br />

gli studi di Benjamin Franklin in Germania, nel 1784 curò la ripubblicazione del<br />

manuale di J. C. Erxleben, Anfangsgründe der Naturlehre. Kant conosceva i risultati<br />

<strong>dell</strong>e ricerche di Lichtenberg e apprezzava i suoi studi. Il suo interesse era motivato dal<br />

fatto che le figure di Lichtenberg mostravano la possibilità di aprire una via alla<br />

geometrizzazione dei fenomeni elettrici e alla prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>e forze di<br />

attrazione e repulsione.<br />

Come mostrano le Figure 4.1 e 4.2, gli studi di Lichtenberg, proprio come gli<br />

studi di cristallografia, a cui Kant fa riferimento <strong>nella</strong> terza Critica, fornivano ancora<br />

una prova di come la <strong>natura</strong> sia organizzata non solo in forme ordinate e misurabili, ,ma<br />

anche in forme armoniche e simmetriche.<br />

La matematizzazione dei fenomeni elettrici era un tema caro anche a U. T.<br />

Aepinus (1724-1802), che già nel Tentamen theoriae electricitatis et magnetismi (1759)<br />

162


cercò di dare una veste matematica alla sua teoria, senza però ottenere particolari<br />

successi. 32<br />

Tuttavia di Aepinus restano le sue osservazioni e i suoi esperimenti: un vero<br />

e proprio patrimonio per la fisica <strong>dell</strong>’epoca.<br />

Aepinus fece diverse riflessioni molto proficue per l’avanzamento degli studi dei<br />

fenomeni elettrici. In particolare scoprì nel 1756 quello che in epoca più tarda si sarebbe<br />

33<br />

chiamata la piroelettricità.<br />

Alla base dei primi esperimenti di Aepinus c’era l’impiego <strong><strong>dell</strong>a</strong> tormalina, una<br />

pietra che, se scaldata su carboni, attira e respinge alternativamente le ceneri circostanti.<br />

Sebbene anche Eulero avesse avuto il sospetto che si trattasse di un fenomeno di <strong>natura</strong><br />

elettrica, fu di Aepinus la scoperta che tale fenomeno elettrico si produceva per<br />

riscaldamento e la tormalina elettrizzata mostrava sempre una sua estremità elettrizzata<br />

34<br />

positivamente e l’altra negativamente.<br />

Nel 1759 nel Tentamen dimostrò attraverso un esperimento che anche i metalli si<br />

elettrizzano per strofinio, sebbene ancora non avesse stabilito che la distinzione tra<br />

conduttori e non conduttori non è la triboelettricità inerente ai metalli, ma<br />

semplicemente la loro conduttività.<br />

Come sottolinea Gliozzi “le modalità del fenomeno di influenza elettrostatica<br />

rilevate da Aepinus potevano prestarsi, oltre ogni intenzione <strong>dell</strong>o scienziato, come<br />

valido argomento alla teoria dei due fluidi, proposta nello stesso anno da Symmer”. 35<br />

Questa polemica divise gli scienziati e diede linfa vitale agli studi sui fenomeni<br />

elettrostatici. Grazie alle osservazioni di Cigna, che aveva preso parte alla polemica,<br />

Volta inventò l’elettroforo, prototipo <strong><strong>dell</strong>a</strong> macchina a influenza e in grado di rilevare<br />

piccole cariche.<br />

Quest’ultima invenzione, tra l’altro, indusse Lichtenberg a compiere le sue<br />

prime ricerche sui semiconduttori e alla costruzione <strong>dell</strong>e famose figure.<br />

Ma andiamo ad analizzare i principi che Aepinus pose alla base <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua<br />

trattazione matematica:<br />

1) Ogni corpo possiede nel suo stato <strong>natura</strong>le una ben determinata<br />

quantità di elettricità.<br />

2) Le particelle del fluido elettrico si respingono tra loro e sono attratte<br />

dalla materia ordinaria.<br />

32<br />

Gliozzi (2005), p. 459.<br />

33<br />

Cfr. Gliozzi (2005), p. 456. La scoperta di Aepinus fu possibile in base a diverse osservazioni ed<br />

esperimenti ripetuti sulla base di quelli di Nollet e Franklin.<br />

34<br />

Sulla polemica suscitata da queste osservazioni, cfr. Gliozzi (2005), p. 458.<br />

35<br />

Gliozzi (2005), p. 461.<br />

163


3) I fenomeni elettrici si manifestano quando un corpo possiede fluido<br />

elettrico in più o in meno di quello che gli compete allo stato <strong>natura</strong>le.<br />

Analoghi principi valgono per il magnetismo. Aepinus era infatti sostenitore, al<br />

contrario di Volta, di una teoria “unitaria” di elettricità e magnetismo.<br />

Aepinus supponeva che le forze tra le cariche elettriche fossero proporzionali<br />

alle cariche stesse, ma indipendenti dalla loro distanza e dalla loro distribuzione nei<br />

conduttori. Per Aepinus le forze dipendevano sì dalla distanza, ma, ignorando la legge<br />

di variazione, non ne volle tenere conto. Dunque ammise come postulato quello che<br />

anche Coulomb più tardi sostenne: la forza tra due cariche elettriche è proporzionale al<br />

loro prodotto.<br />

L’ipotesi di Aepinus fu tenuta in considerazione da Cavendish, che nel 1771<br />

sostenne che l’attrazione tra le cariche elettriche è inversamente proporzionale a una<br />

potenza di una distanza, non specificata.<br />

Questa ipotesi implicava che l’azione elettrica si estendesse a distanza infinita,<br />

mentre le concezioni teoriche del tempo prevedevano l’esistenza di “atmosfere” e che<br />

l’azione elettrica si manifestasse entro il breve spazio del corpo elettrizzato.<br />

Aepinus rifiutò la teoria <strong>dell</strong>e “atmosfere” e più tardi Cavendish concluse che le<br />

forze elettriche devono potersi esplicare con una forza inversamente proporzionale a<br />

una potenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> distanza di esponente minore di 3.<br />

Riguardo al magnetismo invece il panorama <strong>dell</strong>e teorie <strong>dell</strong>’epoca si<br />

configuravano così: la teoria cartesiana dei vortici, 36<br />

ormai screditata, a cui però aderì<br />

Eulero, subiva l’avanzamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria unitaria di Aepinus e <strong><strong>dell</strong>a</strong> contrapposta teoria<br />

dualistica.<br />

La teoria unitaria sosteneva l’unicità del fluido elettrico, mentre la teoria<br />

dualistica ammetteva l’esistenza di due fluidi magnetici che si separerebbero<br />

37<br />

all’estremità nell’atto <strong><strong>dell</strong>a</strong> calamitazione. Osservazioni, che Coulomb condusse<br />

successivamente, mostrarono che l’esperienza contraddiceva entrambe le teorie, se esse<br />

fossero state prese di per sé, dogmaticamente.<br />

36<br />

Cfr. Heilbron (1982), pp. 25-26.<br />

37<br />

Cfr. Gliozzi (2005), p. 495. In particolare, anche se Gliozzi non lo ricorda, si noti come queste<br />

esperienze di fatto mostravano la possibilità di un monopolo e di un dipolo elettrico e l’impossibilità<br />

invece di trovare un monopolo magnetico, sfida ancora aperta per la fisica contemporanea.<br />

164


di Franklin. 38<br />

W. Bonsiepen ricorda le modifiche che Aepinus e Volta apportarono alla teoria<br />

In particolare, preme sottolineare come Aepinus credeva che anche ai<br />

fenomeni <strong>dell</strong>’elettricità soggiacesse una legge come quella newtoniana per cui sia il<br />

magnetismo che l’elettricità agiscono in proporzione inversa al quadrato <strong><strong>dell</strong>a</strong> distanza.<br />

Kant cita Aepinus in più luoghi <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua produzione, sebbene vi sia uno studio<br />

di A. Nordmann, che sostiene l’influenza di Aepinus su Kant già nel saggio del 1763,<br />

Versuch den Begriff der negativen Größen in die Weltweisheit einzuführen:<br />

To be sure, KANT (1763), pp. 33 f. deals with polarity and electricity without referring<br />

to Symmer. Instead, he takes his cue from Aepinus’s “unitarian” assumptions (see above, end of<br />

§ II) which maintain the universality of repulsion between all particles of matter. 39<br />

Aepinus assume un ruolo di primo piano per lo studio <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia<br />

di Kant, in quanto pone notevole interesse ed attenzione alla forza repulsiva nei<br />

fenomeni elettrici. 40<br />

Se già nel 1756 Kant parlava <strong><strong>dell</strong>a</strong> sfera <strong>dell</strong>e monadi fisiche e <strong>dell</strong>’azione<br />

esercitata dalla repulsione con una misura proporzionale all’inverso del cubo <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

distanza, è nel saggio del 1763 che Kant riconosce effettivamente il merito<br />

<strong>dell</strong>’approccio di Aepinus nel voler unificare magnetismo e elettricità, ma soprattutto<br />

ritiene che dai fenomeni elettrici e magnetici possa essere trovata la legge che esprime<br />

in termini matematici la repulsione.<br />

Kant, inoltre, mostrava interesse per la teoria di Aepinus, perché questa era<br />

compatibile con la presupposizione di un medium materiale, ovvero l’etere, capace di<br />

spiegare molteplici fenomeni in <strong>natura</strong>. 41<br />

Kant era fermo sostenitore, infatti, non solo <strong>dell</strong>’esigenza di un’unità sistematica<br />

dei fenomeni <strong>natura</strong>li, ma anche che questa passasse sia attraverso principi<br />

trascendentali, sia attraverso un loro corrispettivo materiale.<br />

38<br />

W. Bonsiepen, Die Begründung einer Naturphilosophie bei Kant, Schelling, Fries und Hegel, Frankfurt<br />

am Main 1997, p. 236.<br />

39<br />

A. Nordmann, From “Electricity Minus” to “-E”: Attempts to Introduce the Concept of Negative<br />

Magnitude into Worldly Wisdom, in Nuova Voltiana, Pavia 2003, p. 8 nota.<br />

40<br />

Nordmann, p. 4: “The second, empirical difficulty is more straightforward and had to be addressed. It<br />

concerns the mutual repulsion of negatively charged bodies, a phenomenon unaccounted for by Franklin’s<br />

theory: why should the mere lack of electrical fire give rise to a very definite repulsive force? Franz<br />

Ulrich Aepinus showed in 1759 that, for this and more principled reasons, Franklin’s theory had to be<br />

amended by the assumption that negatively electrified matter will repel similar matter. Though Franklin’s<br />

view as appended by Aepinus’s assumption is said to have currency even today, there is something<br />

obviously awkward and inelegant, if not ad hoc about this assumption”.<br />

41<br />

Kant, Versuch den Begriff der negativen Größen in die Weltweisheit einzuführen, KGS II, pp. 185-187.<br />

165


Di questa esigenza kantiana si ha traccia in epoca critica anche in uno scritto<br />

minore, ma che riveste grande importanza: Über die Vulkane im Monde.<br />

4.2 L’influenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica e <strong><strong>dell</strong>a</strong> chimica in Über die Vulkane im Monde<br />

Über die Vulkane im Monde è un breve saggio specialistico del 1785, scritto un<br />

anno prima <strong><strong>dell</strong>a</strong> pubblicazione dei Metaphysische Anfangsgrunde der<br />

Naturwissenschaft. Possono essere svolte importanti considerazioni a partire dall’analisi<br />

del breve trattato sulla <strong>natura</strong> e l’origine dei crateri riscontrati dalle osservazioni<br />

telescopiche sul satellite terrestre. Si nota, infatti, che Kant si teneva costantemente<br />

aggiornato sui risultati <strong>dell</strong>e ricerche contemporanee in ambito astronomico, sugli studi<br />

<strong>dell</strong>’elettricità e <strong><strong>dell</strong>a</strong> chimica dei gas.<br />

In questo scritto Kant si confronta con Herschel e Buffon, oltre che con<br />

Beccaria, Aepinus, Crawford e Lichtenberg.<br />

In particolare Kant era a conoscenza dei risultati <strong><strong>dell</strong>a</strong> scoperta di Herschel di un<br />

cratere lunare, pubblicati nel 1783 e basati sulle osservazioni del nipote di Beccaria e di<br />

Don Antonio de Ulloa (1716-1795). Lo scritto kantiano è pervaso da una vena polemica<br />

nei confronti di Herschel e <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua spiegazione sui dati raccolti. Kant, dopo aver<br />

riportato le dimensioni dei dati osservati, nota che la lunghezza del diametro del cratere<br />

lunare osservato è notevolmente inferiore a quella dei crateri terrestri. La critica di Kant<br />

parte da un assunto metodologico: se il sistema osservato, la Luna, diviene oggetto di<br />

indagine per analogia con la Terra, allora i dati riscontrati sul satellite devono essere<br />

commisurati ai fenomeni <strong><strong>dell</strong>a</strong> crosta terrestre, sia per <strong>natura</strong> che per dimensioni.<br />

Le dimensioni del cratere osservato da Herschel sono incommensurabilmente<br />

più grandi di quelle del cratere del Vesuvio, il cui diametro fu misurato da Della<br />

Torre. 42<br />

Si rivela così la profonda osservazione critica di Kant nei confronti di Herschel,<br />

non senza una punta di sarcasmo:<br />

Alsdann aber hat Hrn. Herschel Beobachtung zwar die Idee von Vulkanen im Monde<br />

bestätig, aber nur von solchen, deren Krater weder von ihm noch von jemand anders gesehen<br />

worden ist, noch gesehen werden kann; hingegen hat sie nicht die Meinung bestätig, dass sie<br />

sichtbaren ringförmigen Konfigurationen auf der Mondsflache vulkanische Kraters waren.<br />

Denn das sind sie (wenn man hier nach er Analogie mit ähnlichen großen Bassins auf der Erde<br />

urteilen soll) aller Wahrscheinlichkeit nach nicht. 43<br />

42 Giovanni Maria <strong><strong>dell</strong>a</strong> Torre pubblicò nel 1755 Storia e fenomeni del Vesuvio.<br />

43 I. Kant, Über die Vulkane im Monde, KGS VIII, p. 71.<br />

166


Secondo Kant, dunque, a partire non solo dal parametro <strong><strong>dell</strong>a</strong> forma (Gestalt) ma<br />

anche da quello <strong><strong>dell</strong>a</strong> grandezza (Grösse), è necessario precisare che non c’è alcuna<br />

prova diretta per stabilire che i crateri osservati da Herschel siano di <strong>natura</strong> vulcanica.<br />

L’osservazione di Kant è quanto mai pertinente.<br />

La causa che avrebbe generato una tale conformazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> crosta lunare non<br />

risiede in un’eruzione vulcanica e sulla base degli attuali studi sappiamo che sono<br />

entrati in gioco altri fattori <strong>nella</strong> determinazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> crosta lunare. Kant avanza<br />

un’ipotesi in linea con la teoria fluidistica:<br />

Ich denke: dass, wenn man sich die Erde ursprünglich als ein im Wasser aufgelöstes<br />

Chaos vorstellt, die ersten Eruptionen, die allerwärts, selbst aus der größten Tiefe entspringen<br />

mussten, atmosphärisch (im eigentlichen Sinn des Worts) gewesen sein werden. Denn man kann<br />

sehr wohl annehmen: dass unser Luftmeer (Aerosphäre), das sich jetzt über der Erdfläche<br />

befindet, vorher mit den übrigen Materien der Erdmasse in einem Chaos vermischt gewesen;<br />

dass es zusamt vielen andern elastischen Dünsten aus der erhitzten Kugel gleichsam in großen<br />

Blasen ausgebrochen; in diese Ebullition (davon kein Teil der Erdfläche frei war) die Materien,<br />

welche die ursprünglichen Gebirge ausmachen, kraterförmig ausgeworfen und dadurch die<br />

Grundlage zu allen Bassins der Ströme, womit als den Maschen eines Netzes das ganze feste<br />

Land durchwirkt ist, gelegt habe. 44<br />

La terra viene rappresentata originariamente come un caos di materiali disciolti<br />

in acqua e le eruzioni verificatesi in questo stadio iniziale devono essere classificate<br />

come eruzioni atmosferiche:<br />

Also war die erste bildende Ursache der Unebenheiten der Oberfläche eine<br />

atmosphärische Ebullition, die ich aber lieber chaotisch nennen möchte, um den ersten Anfang<br />

derselben zu bezeichnen. 45<br />

In questo stadio primordiale di ebollizione in cui le sostanze <strong>dell</strong>’atmosfera<br />

terrestre erano mescolate con altre sostanze <strong><strong>dell</strong>a</strong> crosta si verificarono eruzioni da cui si<br />

sarebbero formati sia le montagne che i bacini acquiferi. A questo punto Kant si<br />

confronta con la tesi di Buffon, 46<br />

secondo cui i bacini d’acqua sarebbero sorti a seguito<br />

44<br />

Über die Vulkane im Monde, KGS VIII, p. 72<br />

45<br />

Über die Vulkane im Monde, KGS VIII, p. 73.<br />

46<br />

L'opera di Buffon diede un contributo decisivo alla geologia, alla biologia e alla filosofia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

del Settecento. Alle descrizioni minuziose dei <strong>natura</strong>listi del primo Settecento che ricercavano <strong>nella</strong><br />

<strong>natura</strong> la perfezione meccanica del disegno divino, ricostruito nei termini di una <strong>scienza</strong> e di una filosofia<br />

di derivazione cartesiana, Buffon contrappose una visione plastica e immediata degli animali,<br />

specialmente quadrupedi e uccelli, più vicini all'esperienza applicata e quotidiana <strong>dell</strong>'uomo, e nello<br />

stesso tempo elaborò una nuova concezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> e <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, superando, sulla scorta di<br />

Newton e Locke, la concezione meccanicistica cartesiana: la materia non è passiva, ma attiva. La <strong>natura</strong><br />

non deve quindi essere riportata a un disegno statico e prestabilito, ma a un ordine autonomo di leggi, a<br />

un processo continuo di interazione fra cause ed effetti che deve essere seguito risalendo al passato. In tal<br />

modo la storia <strong>natura</strong>le diviene storia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. La sua grande opera inizia infatti con una Histoire et<br />

théorie de la Terre, una trattazione geologica e cosmologica (integrata nel 1778 con le Époques de la<br />

167


di alluvioni e grandi perturbazioni atmosferiche. L’idea di Kant è quella di avvalorare<br />

un’ipotesi secondo cui alcune montagne si sarebbero formate a seguito di eruzioni.<br />

Tuttavia le eruzioni vulcaniche non possono essere le uniche cause <strong><strong>dell</strong>a</strong> conformazione<br />

idrogeologica <strong><strong>dell</strong>a</strong> terra e devono avere una datazione più tarda. 47<br />

Nonostante la vena polemica e le critiche di Kant alle tesi di Herschel e Buffon,<br />

dal testo emerge l’importanza che essi ricoprono per l’elaborazione di una teoria<br />

cosmogonica unitaria:<br />

Der Nutzen nun, den der Gedanke obgedachter berühmter Männer haben kann, und den<br />

die Herschelsche Entdeckung, obzwar nur indirekt, bestätigt, ist in Ansehung der Kosmogonie<br />

von Erheblichkeit: dass nämlich die Weltkörper ziemlich auf ähnliche Art ihre erste Bildung<br />

empfangen haben. Sie waren insgesamt anfänglich in flüssigem Zustande; das beweiset ihre<br />

kugelrunde und, wo sie sich beobachten lässt, auch nach Maßgabe. 48<br />

In questo contesto Kant abbraccia la teoria fluidistica per spiegare l’origine <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

terra e dei corpi celesti e questo si traduce, come si è visto nelle pagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> terza<br />

Critica, anche nell’applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria del calorico alle formazioni cristalline e ai<br />

composti chimici. Stabilita la medesima origine <strong><strong>dell</strong>a</strong> formazione dei corpi celesti da<br />

uno stato fluido generato dal calore, Kant afferma la necessaria esistenza di un elemento<br />

originario (Wärmestoff) da cui potesse essere innescato il processo di formazione dei<br />

pianeti. 49 Si nota facilmente, dunque, che la presupposizione <strong>dell</strong>’esistenza di una<br />

materia cosmica diffusa nell’universo non è certo una tematica pertinente ai manoscritti<br />

<strong>dell</strong>’Opus postumum, 50<br />

ma permea tutta la produzione kantiana e ricopre un’ importanza<br />

nature) <strong>nella</strong> quale Buffon rompe con la cosmogonia mosaica e suppone che la Terra abbia ca. 75.000<br />

anni e che la causa più importante <strong>dell</strong>e sue trasformazioni non sia stato il diluvio biblico, ma l'insieme di<br />

fattori <strong>natura</strong>li che agiscono lentamente e tuttora, come il calore e l'erosione <strong>dell</strong>e acque. Qui, tra l'altro,<br />

espone la nota ipotesi sull'origine <strong><strong>dell</strong>a</strong> Terra staccatasi dalla materia incandescente del Sole per l'urto di<br />

una cometa e sulla cui superficie, raffreddatasi in epoche successive, la vita è sorta per effetto <strong>dell</strong>e sole<br />

forze <strong>natura</strong>li.<br />

47 Über die Vulkane im Monde, KGS VIII, p. 74: “Unter einem allgemeinen Ozean, wie Buffon will, und<br />

durch Seeströme im Grunde desselben lässt sich eine Wegwaschung nach einer solchen Regel gar nicht<br />

denken: weil unter dem Wasser kein Abfluss nach der Abschüssigkeit des Bodens, die doch hier das<br />

Wesentlichste ausmacht, möglich ist. Die vulkanischen Eruptionen scheinen die spätesten gewesen zu<br />

sein, nämlich nachdem die Erde schon auf ihrer Oberfläche fest geworden war. Sie haben auch nicht das<br />

Land mit seinem hydraulisch regelmäßigen Bauwerk zum Ablauf der Ströme, sondern etwa nur einzelne<br />

Berge gebildet, die in Vergleichung mit dem Gebäude des ganzen festen Landes und seiner Gebirge nur<br />

eine Kleinigkeit sind”.<br />

48 Über die Vulkane im Monde, KGS VIII, p. 74.<br />

49 Si noti qui la variante che, però, è solo in forma di approfondimento <strong>dell</strong>e tesi del 1755 in cui Kant<br />

parlava di affinità tra le molecole degli elementi e ascriveva la forza repulsiva e non attrattiva a tali<br />

processi chimici. In questo contesto Kant sta muovendo una forte critica a Buffon, accusandolo, sebbene<br />

implicitamente, di non spingere alle estreme conseguenze e di non dare un fondamento alla sua posizione.<br />

Buffon, infatti, faceva generare il calore che fluidificava la massa dei pianeti in formazione al calore del<br />

sole, ma non spiegava da dove derivasse il calore prodotto dal sole stesso.<br />

50 Cfr. Opus postumum, KGS XXI, p. 301: “Alle Materien die jetzt fest sind, sind vorher geflossen<br />

gewesen. Das sieht man an Metallen, Steinen, vegetabilischen Produkten als Holtz Flachs, Hanf, oder<br />

animalischen Seide, Fleischfasern Knochen etc. Zum flüssigen Zustande aber ward vorher Wärmestoff<br />

168


capitale per fondare la cosmologia kantiana. Dal 1755 Kant non aveva smesso di<br />

interrogarsi sulla <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>e forze agenti in <strong>natura</strong> e si era interessato alla letteratura<br />

scientifica che studiava per via sperimentale il comportamento elastico dei corpi, alla<br />

teoria fluidistica, a quella <strong>dell</strong>’elettricità e alla chimica, poiché vedeva in queste la<br />

possibilità di ritrovare una spiegazione <strong>dell</strong>e molteplici forze <strong>natura</strong>li da unificare.<br />

Kant puntualizza, infatti, che l’elemento originario, presente in forma di vapore<br />

diffuso in tutto l’universo, ha formato i pianeti dapprima grazie all’attrazione chimica e<br />

poi soprattutto grazie a quella cosmologica, generando un calore diffuso:<br />

Wenn man annimmt (welches auch aus andern Gründen sehr wahrscheinlich ist), dass<br />

der Urstoff aller Weltkörper in dem ganzen weiten Raume, worin sie sich jetzt bewegen,<br />

Anfangs dunstförmig verbreitet gewesen, und sich daraus nach Gesetzen zuerst der chemischen,<br />

hernach und vornehmlich der kosmologischen Attraktion gebildet haben: so geben Crawfords<br />

Entdeckungen einen Wink, mit der Bildung der Weltkörper zugleich die Erzeugung so großer<br />

Grade der Hitze, als man selbst will, begreiflich zu machen. Denn wenn das Element der Wärme<br />

für sich im Weltraum allerwärts gleichförmig ausgebreitet ist, sich aber nur an verschiedene<br />

Materien in dem Maße hängt, als sie es verschiedentlich anziehen; wenn, wie er beweiset,<br />

dunstförmig ausgebreitete Materien weit mehr Elementarwärme in sich fassen und auch zu einer<br />

dunstförmigen Verbreitung bedürfen, als sie halten können, sobald sie in den Zustand dichter<br />

Massen übergehen, d. i. sich zu Weltkugeln vereinigen: so müssen diese Kugeln ein Übermaß<br />

von Warmmaterie über das natürliche Gleichgewicht mit der Warmmaterie im Raume, worin sie<br />

sich befinden, enthalten; d. i. ihre relative Wärme in Ansehung des Weltraums wird<br />

angewachsen sein. 51<br />

E’ evidente in questo passaggio il riferimento ad A. Crawford. Fisico e<br />

professore di chimica a Londra, Crawford (1749-1795) scrisse nel 1779 Experiments<br />

and Observations on Animal and Heat and the Inflamation of Combustible Bodies ...<br />

etc. 52<br />

Crawford è tra i precursori <strong><strong>dell</strong>a</strong> termodinamica e apparteneva agli esponenti <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

teoria fluidistica. Questo approccio qualitativo al meccanismo di formazione dei corpi<br />

viene ripreso da Kant nel testo, laddove afferma che la rarefazione originaria deve<br />

dipendere dal grado di attrazione che unisce la materia diffusa nell’universo. Ma questa<br />

attrazione a sua volta dipende dalla quantità <strong><strong>dell</strong>a</strong> sostanza che forma il corpo. In sintesi<br />

Kant concordava con Crawford che quanto più calore viene prodotto, tanto più è<br />

erfordert. Also ist alle Materie in welcher Relation die Theile derselben auch unter einander stehen mögen<br />

in solche doch immer zuerst durch jenen bewegenden Urstoff gesetzt worden“.<br />

51<br />

Über die Vulkane im Monde, KGS VIII, pp. 74-75.<br />

52<br />

A. Crawford, Experiments and Observations on Animal and Heat and the Inflamation of Combustible<br />

Bodies ... etc London, 1779. Su questo si veda anche la nota di Adickes, KGS VIII, p. 477). Uscì anche<br />

una traduzione italiana Del calore animale e <strong><strong>dell</strong>a</strong> combustione. Sperienze ed osservazioni di A.<br />

Crawford, trad. a cura di G. Venturoli, Bologna 1800; ristampa Bibliobazaar 2008. In particolare si veda<br />

in quest’ultima edizione per la composizione <strong>dell</strong>’atmosfera e le eruzioni vulcaniche p. 420; per<br />

l’attrazione chimica, pp. 256; 307-309.<br />

169


presente la quantità di sostanza a cui il calorico può legarsi: il calore è direttamente<br />

proporzionale alla quantità <strong><strong>dell</strong>a</strong> sostanza. 53<br />

Oltre ad essere utile per comprendere la posizione kantiana nel panorama a lui<br />

contemporaneo, questo breve testo svela uno dei principali intenti <strong>dell</strong>’indagine<br />

kantiana. Kant intende perseguire un obiettivo che ritiene imprescindibile per la <strong>scienza</strong>,<br />

ovvero, quello di fornire un principio di derivazione e spiegazione universale <strong>dell</strong>e<br />

eruzioni terrestri, ma anche lunari e solari:<br />

Auch würde uns die gebirgichte Bildung der Oberflächen der Weltkörper, auf welche<br />

unsere Beobachtung reicht, der Erde, des Mondes und der Venus, aus atmosphärischen<br />

Eruptionen ihrer ursprünglich erhitzten chaotisch = flüssigen Masse als ein ziemlich<br />

allgemeines Gesetz erscheinen. Endlich würden die vulkanischen Eruptionen aus der Erde, dem<br />

Monde und sogar der Sonne (deren Kraters Wilson in den Flecken derselben sah, indem er ihre<br />

Erscheinungen, wie Huygens die des Saturnringes sinnreich untereinander verglich) ein<br />

allgemeines Prinzip der Ableitung und Erklärung bekommen. 54<br />

Nell’ultima parte del saggio, la critica a Buffon si sposta sul piano <strong>dell</strong>’ipotesi di<br />

derivazione idrografica del pianeta terra al suo metodo. Questa è una notevole<br />

differenza rispetto allo scritto del 1755, in cui Kant consacrava le intuizioni <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria<br />

di Buffon, sia a livello <strong>natura</strong>listico che cosmologico, come una <strong>dell</strong>e più grandi che<br />

l’umanità avesse conosciuto. Secondo Kant un approccio metodologico come quello di<br />

Buffon non garantisce alcun avanzamento per la ricerca perché pone a fondamento di<br />

processi <strong>natura</strong>li l’azione divina:<br />

Wollte man hier den Tadel, den ich oben in Buffons Erklärungsart fand, auf mich<br />

zurückschieben und fragen: woher kam denn die erste Bewegung jener Atomen im Weltraume?<br />

So würde ich antworten: dass ich mich dadurch nicht anheischig gemacht habe, die erste aller<br />

Naturveränderungen anzugeben, welches in der Tat unmöglich ist. 55<br />

Lo scritto si conclude nel pieno <strong>dell</strong>o spirito <strong><strong>dell</strong>a</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura e<br />

<strong>dell</strong>e conquiste <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia trascendentale. Grazie al catartico <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione, alla<br />

Dialettica trascendentale, Kant aveva rivelato che la <strong>natura</strong> come un tutto, sebbene mai<br />

direttamente conoscibile, costituisce il problema da cui si origina il bisogno stesso <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

ragione di ricercare l’origine, seguendo catene causali, di processi di volta in volta<br />

53 Über die Vulkane im Monde, KGS VIII, p. 75: “Da die letztere nun auf den Grad der Anziehung, die<br />

den zerstreuten Stoff vereinigte, diese aber auf die Quantität der Materie des sich bildenden Weltkörpers<br />

ankommt: so musste die Größe der Erhitzung der letzteren auch proportionirlich sein. Auf die Weise<br />

würden wir einsehen, warum der Zentralkörper (als die größte Masse in jedem Weltsystem) auch die<br />

größte Hitze haben und allerwärts eine Sonne sein könne; im gleichen mit einiger Wahrscheinlichkeit<br />

vermuten, dass die höhern Planeten, weil sie teils meistens größer sind, teils aus verdünnterem Stoffe<br />

gebildet worden als die niedrigern, mehr innere Wärme als diese haben können, welche sie auch (da sie<br />

von der Sonne beinahe nur Licht genug zum sehen bekommen) zu bedürfen scheinen”.<br />

54 Über die Vulkane im Monde, KGS VIII, p. 75.<br />

55 Über die Vulkane im Monde, KGS VIII, pp. 75-76.<br />

170


considerati dalla storia degli uomini e dalla storia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, che si trasforma<br />

inevitabilmente in storia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong>:<br />

Dennoch aber halte ich es für unzulässig, bei einer Naturbeschaffenheit, z. B. der Hitze<br />

der Sonne, die mit Erscheinungen, deren Ursache wir nach sonst bekannten Gesetzen<br />

wenigstens mutmaßen können, Ähnlichkeit hat, stehen zu bleiben und verzweifelter Weise die<br />

unmittelbare göttliche Anordnung zum Erklärungsgrunde herbei zu rufen. Diese letzte muss<br />

zwar, wenn von Natur im Ganzen die Rede ist, unvermeidlich unsere Nachfrage beschließen;<br />

aber bei jeder Epoche der Natur, da keine derselben in einer Sinnenwelt als die schlechthin erste<br />

angegeben werden kann, sind wir darum von der Verbindlichkeit nicht befreit, unter den<br />

Weltursachen zu suchen, so weit es uns nur möglich ist, und ihre Kette nach uns bekannten<br />

Gesetzen, so lange sie aneinander hängt, zu verfolgen. 56<br />

Come mostra il prossimo paragrafo, a questo scritto fa da pendant un altro breve<br />

saggio, Etwas über den Einfluß des Mondes auf die Witterung del 1794, in cui Kant<br />

riprende alcune osservazioni sull’origine e la <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>’atmosfera terrestre e lunare, ma<br />

con un impianto teorico molto più interessante ai fini di questa ricerca, perché teso a<br />

risolvere il problema epistemologico di un gap tra teoria ed esperienza <strong>nella</strong> pratica<br />

scientifica applicata ad un caso specifico.<br />

4.3 La conferma <strong>dell</strong>’ipotesi cosmologica: il confronto con Herschel<br />

A seguito <strong>dell</strong>o sviluppo di ricerche cosmologiche come quella di W. Herschel<br />

(1738-1822), negli anni ’90 Kant ritorna a confrontarsi direttamente con la sua ipotesi<br />

cosmologica presentata in Allgemeine Naturgeschichte und Theorie des Himmels<br />

(1755). William Herschel è passato alla storia anche come colui che fu in grado di<br />

costruire più di 400 telescopi, di cui il più famoso è quello dotato di una lente focale di<br />

12 m e un’apertura di 126 cm di diametro [figura 4.3]. 57<br />

Grazie a questo strumento <strong>nella</strong><br />

sua carriera Herschel scoprì due lune di Saturno, Mimas and Enceladus (1789), e due<br />

lune di Urano Titania e Oberon.<br />

56<br />

Über die Vulkane im Monde, KGS VIII, p. 76.<br />

57<br />

Cfr. E. S. Holden, Sir William Herschel: His Life and Works. New York 1881; J. B. Sidgwick, William<br />

Herschel: Explorer of the Heavens. London 1953; B. Lovell, Herschel's Work on the Structure of the<br />

Universe; in Notes and Records of the Royal Society of London, Vol. 33, n.1, 1978, pp. 57-75.<br />

171


Figura 4.3 Immagine del telescopio (12 m) di Herschel.<br />

Lavorò, inoltre, alla creazione di un catalogo esteso <strong>dell</strong>e nebulose e sulle stelle<br />

doppie: fu il primo a scoprire che la maggior parte <strong>dell</strong>e stelle doppie non sono illusioni<br />

ottiche, ma vere e proprie stelle binarie e, dunque, diede una prima evidenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> legge<br />

di gravitazione di Newton applicata al di fuori del sistema solare. 58<br />

Herschel elaborò un metodo per scoprire se vi fosse un legame tra l’attività<br />

solare e il clima terrestre, ovvero collezionare le variazioni di prezzo del grano poteva<br />

essere una misurazione indiretta <strong>dell</strong>e condizioni meteorologiche. Herschel teorizzò che<br />

il prezzo del grano fosse connesso al raccolto e dunque alle condizioni climatiche di<br />

ogni anno.<br />

Questo tentativo non ebbe successo, perché mancavano osservazioni precedenti<br />

del sole con cui comparare il prezzo del grano, sebbene tecniche simili furono usate<br />

successivamente con successo. I riferimenti in Etwas über den Einfluß des Mondes auf<br />

die Witterung ai vantaggi che la navigazione e l’agricoltura possono trarre dagli studi<br />

sull’influenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> luna sulle condizioni atmosferiche lasciano intravedere che Kant<br />

avesse ben presente il tentativo di Herschel di studiare tale influenza attraverso la<br />

ricostruzione <strong>dell</strong>’andamento del prezzo del grano, istituendo un legame forte tra ciclo<br />

economico produttivo, fenomeni <strong>natura</strong>li e sperimentazione scientifica.<br />

In secondo luogo, Herschel spinse le sue speculazioni fino a ritenere che ogni<br />

pianeta fosse abitato, anche il Sole. egli credeva, infatti, che il Sole avesse una<br />

superficie solida fredda protetta dalla sua atmosfera calda, coperta da una coltre di nubi<br />

e che essa fosse abitata da esseri con una testa di proporzioni superiori a quella <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

58 Famosi sono anche gli studi di Herschel sul moto <strong>dell</strong>e stelle. In On the Proper Motion of the Solar<br />

System in Space (1783) affermò che il sistema solare si muoveva nello spazio e determinò la direzione<br />

approssimativa di questo movimento. Herschel concluse, inoltre, dagli studi sulla Via Lattea, che questa<br />

avesse la forma di un disco.<br />

172


azza umana. Herschel riteneva che tali creature avessero una testa così grande perché<br />

fu calcolato che una testa come quella umana a quelle condizioni atmosferiche sarebbe<br />

esplosa. Le ipotesi che riguardavano la vita sul Sole traevano origine dall’osservazione<br />

del movimento <strong>dell</strong>e macchie solari sulla sua superficie. 59<br />

Su questi argomenti Herschel<br />

non incontrò il favore di Kant, il quale aveva sì trattato <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> vita su<br />

altri pianeti nel 1755, ma non riteneva possibile, almeno in età matura, l’esistenza <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

vita su ogni pianeta del sistema Solare. Tuttavia, in comune con Herschel, Kant aveva<br />

un’idea dinamica <strong>dell</strong>o sviluppo dei pianeti del sistema Solare.<br />

In terzo luogo, un confronto con l’opera di Herschel può essere fruttuoso<br />

tenendo presente la sua scoperta <strong><strong>dell</strong>a</strong> radiazione infrarossa. Nel 1800 osservando<br />

macchie solari usò dei filtri e quando usava quello rosso trovò molto calore prodotto.<br />

Herschel scoprì la radiazione infrarossa facendo passare la luce solare attraverso un<br />

prisma e posizionando un termometro proprio dopo la fine del rosso alla fine <strong>dell</strong>o<br />

spettro visibile.<br />

Questo termometro doveva controllare la misura <strong><strong>dell</strong>a</strong> temperatura <strong>dell</strong>’aria<br />

circostante. Herschel vide che la temperatura più alta si registrava dopo lo spettro<br />

visibile. Ulteriori esperimenti condussero Herschel a concludere che doveva esserci una<br />

forma invisibile di luce oltre lo spettro visibile. Le ricerche di Herschel non erano un<br />

caso isolato in Europa, soprattutto in Inghilterra. L’esperimento di Young, capace di<br />

mostrare la <strong>natura</strong> ondulatoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> luce, fu realizzato nel 1801, ma esperimenti con<br />

lamelle per studiare i fenomeni <strong>dell</strong>’interferenza erano assai noti, anche a Kant, come<br />

testimoniano alcuni passi <strong>dell</strong>’Opus postumum. 60<br />

Forse è proprio grazie a queste scoperte che Kant arrivò alla metà degli anni ’90<br />

a pensare la possibilità di corpi oscuri (dunkele Körpern) che si sottraggono<br />

all’osservazione e la cui esistenza avrebbe spiegato deviazioni e apparenti anomalie dei<br />

movimenti di corpi celesti remoti.<br />

L’occasione diretta, però, del confronto con Herschel sorge dalla pubblicazione<br />

di Über den Bau des Himmels di Herschel, la cui edizione tedesca era stata curata da J.<br />

F. Gensichen e che Kant aveva ben presente. Sia A. Cozzi che P. Grillenzoni ricordano<br />

le parole di Kant, riportate nell’edizione <strong>dell</strong>e opere kantiane curata da Hartenstein. Nel<br />

1791 Kant avrebbe dichiarato:<br />

59<br />

Cfr. W. Soon, S. H. Yaskell, The Maunder Minimum and the variable sun-earth connection, Singapore<br />

2003, pp. 88-89.<br />

60<br />

Opus postumum, KGS XXI, p. 339; XXII, pp. 185-186.<br />

173


Grande è la probabilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> mia teoria sull’anello di Saturno, la cui origine devesi a<br />

materia gassosa emanata dal pianeta e mossa secondo le leggi <strong>dell</strong>e forze centrali.<br />

L’osservazione spiega e conferma questa mia teoria estendendola anche alla formazione dei<br />

grandi astri, da me, del resto, dedotta in base alle stesse leggi, con la sola differenza che questi<br />

traggono la loro forza d’impulso dalla caduta <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia primitiva sotto il dominio del peso<br />

universale, e non dalla rotazione assiale del corpo di centro. La probabile verità di questa teoria<br />

diventa ancora più certa, se si tiene conto di un complemento aggiunto più tardi e che vanta<br />

l’approvazione <strong>dell</strong>’aulico Consigliere Lichtenberg: il vapore originariamente diffuso nello<br />

spazio, che conteneva allo stato elastico, le infinite varietà <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, ha dato origine agli<br />

astri sotto l’esclusiva azione <strong>dell</strong>’affinità chimica. Quando cioè le molecole dotate di tale<br />

affinità venivano ad incontrarsi cadendo, annientavano reciprocamente la propria elasticità e si<br />

combinavano in masse più dense. Il calore risultante dalla combinazione dava vita ai corpi<br />

maggiori <strong>dell</strong>’universo, ai soli per irradiazione luminosa all’esterno, e ai corpi minori, i pianeti,<br />

per il calore interno. 61<br />

Gensichen 62<br />

La lettera del 19 aprile 1791, conservata in lingua inglese, fu inviata da Kant a<br />

e può essere un primo indizio per ricostruire la visione kantiana<br />

<strong>dell</strong>’universo <strong>nella</strong> sua tarda produzione. Le osservazioni di Kant sono state inserite<br />

nell’edizione da Gensichen come note di chiusura e con l’aggiunta di una<br />

considerazione sul ruolo <strong><strong>dell</strong>a</strong> cosmologia kantiana. Ma andiamo a vedere più da vicino<br />

che cosa preme a Kant puntualizzare:<br />

In primo luogo che la rappresentazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> Via Lattea, come un sistema di soli che si<br />

muovono, molto simile al nostro sistema planetario, è stata data da me sei anni prima di quella<br />

simile pubblicata da Lambert nelle sue lettere cosmologiche. 63<br />

Innanzitutto Kant vuole puntualizzare la priorità <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua ipotesi sulla<br />

costituzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> via Lattea, rispetto a quella proposta nelle Kosmologische Briefe über<br />

die Einrichtung des Weltbaues di J. H. Lambert nel 1761, sei anni dopo la pubblicazione<br />

kantiana. In particolare Kant si sta riferendo alle lettere X e XI 64<br />

in cui Lambert fornisce<br />

una spiegazione non dissimile da quella che Kant aveva dato nell’opera del 1755 sulla<br />

costituzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> nebulosa come struttura costituita da sistemi solari rotanti attorno a un<br />

61 Cfr. Storia universale <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> e teoria del cielo, a cura di A. Cozzi, p. 81 nota; P. Grillenzoni,<br />

Kant e la <strong>scienza</strong>, vol. I, Milano 1998, p. 383 nota. Grillenzoni segnala qui uno shift, secondo cui a<br />

distanza di trentasei anni Kant avrebbe riletto in chiave chimica la sua teoria. Sulla base di quanto<br />

argomentato nel paragrafo precedente, è chiaro invece che Kant tenesse in considerazione questo aspetto<br />

già dai primi anni ’80 e anche nel periodo precritico, sebbene in forma più embrionale, presentava la<br />

predilezione per l’interazione e l’integrazione tra fisica e chimica, tra spiegazione dinamica e meccanica<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e <strong>dell</strong>e sue forze.<br />

62 Kant, Briefwechsel, 446, KGS, XI, pp. 252-3.<br />

63 Briefwechsel, 446, KGS, XI, p. 252: “1st that the representation of the milky way, as a system of<br />

moving suns, resembling our planetary system, is given by me, six years before the similar one, published<br />

by Lambert in his cosmological letters.”<br />

64 Lambert, Kosmologische Briefe über die Einrichtung des Weltbaues, Augsburg 1761, pp. 145-6; 158.<br />

174


centro comune di attrazione. 65<br />

Nella lettera di Kant a Gensichen, compare una seconda<br />

puntualizzazione:<br />

In secondo luogo che la rappresentazione <strong>dell</strong>e stelle nebulose, come un numero<br />

qualsivoglia di galassie remote, in conformità a quanto riporta Erxleben <strong>nella</strong> sua filosofia<br />

<strong>natura</strong>le del 1772, p. 540, e come ancora compare <strong>nella</strong> nuova edizione, argomentata dal<br />

consigliere Lichtenberg, non è un’idea di Lambert, il quale piuttosto suppose che esse (o al<br />

massimo una di esse) fossero corpi oscuri. 66<br />

In questo passo invece Kant prende le distanze dall’interpretazione di Erxleben<br />

(Anfangsgründe der Naturlehre, 1772) e Lichtenberg <strong>dell</strong>’opera di Lambert. Secondo<br />

Kant, infatti, entrambi riportano in modo scorretto l’ipotesi che Lambert propugnava<br />

circa la <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>e nebulose. Per Lambert questi non erano altro che corpi oscuri,<br />

illuminati da altri soli, mentre per Kant erano galassie remote proprio come la via<br />

Lattea. Kant tende a rivendicare con forza questo punto che segna un maggior distacco<br />

dalla teoria cosmologica di Lambert. 67<br />

Se la prima parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> lettera a Gensichen può<br />

essere vista come una presa di distanza da Lambert e una rivendicazione di una teoria<br />

cosmologica indipendente, la seconda parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> lettera è una chiara presa di posizione<br />

di Kant sul valore <strong>dell</strong>e sue ipotesi cosmologiche. Kant, in effetti, riuscì a svolgere già<br />

nel 1755 importanti riflessioni sulla costituzione di Saturno, in particolare sulla struttura<br />

e il comportamento dei suoi anelli:<br />

In terzo luogo, che io abbia rappresentato molto tempo fa, in modo molto vicino a<br />

quello che le osservazioni hanno insegnato, la produzione e la conservazione <strong>dell</strong>’anello di<br />

Saturno, secondo la sola legge <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza centripeta, che sembra ora essere ben confermata,<br />

ovvero: una polvere che si muove attorno al suo centro (che è al tempo stesso quello di<br />

Saturno), che è composta di particelle, non regolari, ma rotanti indipendentemente e che<br />

compiono le loro orbite in tempi differenti secondo la loro distanza dal centro; in base a ciò<br />

sembrano essere sanciti una volta per tutte il tempo di rotazione sul suo asse, che io ho inferito<br />

da ciò, e la sua superficie piana. 68<br />

65 Anche di questo Lambert parla diffusamente. Cfr. Lambert (1761), p. 219.<br />

66 Briefwechsel, 446, KGS, XI, p. 252: “2nd That the representation of the foggy stars, as a like number<br />

remote milky ways is not, as Erxleben says in his <strong>natura</strong>l philosophy 1772, p. 540, and as is still extant in<br />

the new edition, augmented by the counsellor Lichtenberg an idea, ventured by Lambert, who rather<br />

supposed them (at least one of them) to be obscure bodies”.<br />

67 Cfr. Lambert (1761), p. 243; 258.<br />

68 Briefwechsel, 446, KGS, XI, p. 253: “3 rd That I have represented a long time ago, very nearly to that,<br />

what recent observations have taught, the production and conservation of the ring of Saturn, according to<br />

the mere laws of the centripetal force, which appears now to be so well confirmed, viz: a mist, moving<br />

round its centre (which in the same time is that of Saturn), which is composed of particles, not steady, but<br />

independently revolving and performing their orbits in times, different according to their distance from<br />

the centre; whereby at once the time of Saturn’s revolution on its axis, which I inferred from it, and its<br />

flatness, seem to be ratified.”<br />

175


Come si evince dal terzo punto <strong><strong>dell</strong>a</strong> lettera, soltanto con le osservazioni<br />

astronomiche più recenti si era potuta osservare la <strong>natura</strong> degli anelli di Saturno e il<br />

fatto che anch’essi ruotassero attorno all’asse del pianeta. Ma già nel 1755 Kant<br />

prevedeva la conferma <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua teoria costruita attraverso la considerazione del<br />

rapporto tra forza centrifuga e forza peso, così come elaborato da Huygens in De vi<br />

centrifuga e nell’Horologium oscillatorium (1659). 69<br />

Sulla base <strong>dell</strong>e dimostrazioni<br />

matematiche e <strong>dell</strong>e osservazioni astronomiche, Kant affermò già nel 1755:<br />

[…] Non vorrei illudermi, ma l’astronomia, che specie per quanto riguarda i suoi mezzi<br />

d’osservazione va perfezionandosi continuamente, un giorno sarà forse in grado di rilevare, con<br />

l’aiuto di quegli stessi strumenti, questa proprietà tanto singolare di Saturno.[…] Prendendo<br />

spunto dal modo di prodursi <strong>dell</strong>’anello di Saturno, abbiamo osato determinare il suo tempo di<br />

rotazione servendoci solo del calcolo, non potendo usufruire a questo scopo del cannocchiale.<br />

Permettendoci ora di appoggiare questa predizione fisica con un’altra riguardante lo stesso<br />

pianeta, la quale deve attendere la conferma <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua correttezza dal futuro perfezionamento<br />

degli strumenti. 70<br />

La riflessione più rilevante, però, è quella che riguarda la conferma per via<br />

sperimentale <strong><strong>dell</strong>a</strong> formazione degli anelli da cui Kant trae le più importanti conclusioni<br />

nel punto 4:<br />

In quarto luogo, che questo accordo <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> produzione <strong>dell</strong>’anello da una<br />

materia vaporosa, che si muove secondo le leggi <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza centripeta, è un punto a favore <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> produzione dei grandi globi secondo le stesse leggi, eccetto che la loro proprietà di<br />

rotazione è originariamente prodotta dalla caduta di questa sostanza dispersa dalla gravità<br />

generale. La materia primordiale, vaporizzata e sparsa in tutto l’universo, che conteneva tutti i<br />

materiali di una varietà innumerevole in uno stato elastico, formando i globi, ha prodotto effetti<br />

solo in questo modo: che i materiali di una certa affinità chimica, se <strong>nella</strong> loro traiettoria si<br />

aggregano secondo la legge di gravitazione, distrussero vicendevolmente la loro elasticità,<br />

produssero da ciò i corpi e in essi quel calore, appartenente ai globi più grandi (i soli)<br />

esternamente, con le proprietà illuminanti, in quelli più piccoli (i pianeti), con il calore interno. 71<br />

Queste considerazioni rappresentano lo sbocco <strong>natura</strong>le che già dagli anni ’80 si<br />

poteva intravedere nello scritto Über die Vulkane im Monde e poi nel 1790 con la<br />

69 Cfr. infra, Capitolo II, §2.5.<br />

70 TH, pp. 117-118.<br />

71 Briefwechsel, 446, KGS, XI, p. 253: “4 th That this agreement of the theory of the production of yon ring<br />

from a vaporous matter, moving after the laws of the centripetal force, is somewhat favourable to the<br />

theory of the production of the great globes themselves according to the same laws, except that their<br />

property of rotation is originally produced by the fall of this dispersed substance by the general gravity.<br />

Yon prime matter, vaporously dispersed through the universe, which contained all stuffs of an<br />

innumerable variety in an elastic state, forming the globes, effected it only in this manner, that the matters<br />

of any chemical affinity, if in their course, they met together according to the laws of gravitation,<br />

destroyed mutually their elasticity, produced by it bodies and in them that heat, joined in the larger<br />

globes, (the suns) externally with the illuminated property, in the smaller ones (the planets) with the<br />

interior heat”.<br />

176


Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio, quando Kant mostrava l’esigenza di trovare un<br />

principio di affinità <strong>nella</strong> <strong>natura</strong>.<br />

In riferimento a ciò, si può prendere in esame lo scritto del 1794 Etwas über den<br />

Einfluß des Mondes auf die Witterung.<br />

In generale si nota come vi sia un duplice approccio da parte di Kant alla <strong>scienza</strong><br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>: da un lato si ha un approccio fondativo <strong>nella</strong> prima Critica e nei Principi<br />

metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, dall’altro si ha un approccio applicativo, immerso<br />

<strong>nella</strong> <strong>scienza</strong> <strong>natura</strong>le sperimentale, come si evince dagli scritti minori e dall’Opus<br />

postumum.<br />

Già <strong>nella</strong> produzione precritica, Kant aveva mostrato questa duplicità di intenti,<br />

nel voler trattare <strong>questioni</strong> squisitamente metafisiche e nell’affrontare sulla base degli<br />

studi e degli esperimenti più recenti la composizione <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e la <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>e<br />

sostanze. Di fatto sembra essere stata una costante del suo pensiero la preoccupazione di<br />

integrare i più alti principi logici e metafisici con l’empirico in senso stretto, con<br />

l’esperienza e le osservazioni direttamente ricavate da essa. Tuttavia, come ribadito nel<br />

Capitolo II e come si vedrà specificamente nel prossimo paragrafo, il fine <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione<br />

di unificare questi due regni per fondare la <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> in tutti i suoi rami non<br />

può essere raggiunto per Kant senza lo strumento <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica.<br />

Procedendo per gradi, occorre prendere in considerazione in prima battuta<br />

l’appendice pubblicata nel 1791 e poi lo scritto del 1794 così da entrare nel vivo <strong>dell</strong>e<br />

pagine <strong>dell</strong>’Opus postumum.<br />

Nell’Appendice del 1791 si trova la ripresa <strong>dell</strong>e tesi contenute in Allgemeine<br />

Naturgeschichte und Theorie des Himmels. Kant sceglie di ripubblicare dopo trentasei<br />

anni la Parte II del testo del 1755 e il capitolo V sull’origine <strong>dell</strong>’anello di Saturno. Il<br />

ruolo primario <strong>dell</strong>’attrazione, il fatto che i sistemi solari siano omogenei, cioè, siano<br />

regolati dalle stesse leggi fisiche e che le stelle possono avere un movimento rotatorio<br />

attorno a un centro medio comune o possono averne di più, 72 sono solo alcuni punti che<br />

Kant conferma. Anche l’ipotesi sulla genesi del movimento dei pianeti, l’importanza del<br />

fattore densità per la definizione <strong><strong>dell</strong>a</strong> struttura <strong>dell</strong>’universo 73 e la teoria sulle forze di<br />

attrazione e repulsione che permeano intimamente la materia, 74<br />

costituiscono elementi<br />

di continuità con la produzione precedente.<br />

72 W. Herschel, Über den Bau des Himmels. Drei Abhandlungen aus dem Englischen übersetzt von<br />

Michael Sommer. Nebst einem authentischen Auszug aus Kants allgemeiner Naturgeschichte und Theorie<br />

des Himmels, a cura di J. F. Gensichen, Königsberg 1791 (Anhang), p. 165.<br />

73 Anhang, p. 181.<br />

74 Anhang, p. 171.<br />

177


Uno dei due aspetti di novità da prendere in considerazione riguarda l’effetto<br />

<strong>dell</strong>’attrazione chimica:<br />

Wenn demnach ein Punkt in einem sehr großen Raum befindlich ist, wo die Anziehung<br />

der daselbst befindlichen Elemente stärker, als in allen andern Orten um sich wirkt; so wird der<br />

in dem ganzen Umfange ausgebreitete Grundstoff elementarischer Partikeln sich zu diesem<br />

hinsenken. Die erste Wirkung dieser allgemeinen Senkung ist die Bildung eines Körpers in<br />

diesem Mittelpunkte der Attraktion, welcher so zu sagen von einem unendlich kleinen Keime<br />

anfänglich langsam (durch die chemische Anziehung), darauf aber in schnellen Graden (durch<br />

die so genannte Newtonische) fort wachset, aber in eben dem Verhältnis, als diese Masse sich<br />

vermehrt, auch mit stärkerer Kraft die umgebenden Teilen zu seiner Vereinigung bewegt. 75<br />

Il secondo aspetto di novità da osservare concerne l’ipotesi sulla formazione<br />

degli anelli di Saturno, come chiarisce una nota:<br />

In der Theorie des Himmels selbst nimmt der Hr. Verfasser an, Saturn habe ehemals mit<br />

einer der kosmetischen ähnlichen Bewegung etliche Umläufe mit größeren Exzentrizität<br />

zurückgelegt, und durch die Hisse, welche sich ihm in seiner Sonnennahe einverleibt, sei der<br />

leichte Stoff von seiner Oberflache erhoben worden, oder er habe eine kosmetische Atmosphäre<br />

um sich ausgebreitet. – In der Folge aber ist er auf die sich noch mehr empfehlende Vorstellung<br />

gekommen, dass durch die Vermischung der Materien, die bei der Bildung der Planeten<br />

vorgegangen ist, eine Warme in ihrem Innern erzeugt worden sei, und diese habe beim Saturn<br />

die angezeigte Wirkung gehabt. 76<br />

Come anticipato, Gensichen aggiunge <strong>dell</strong>e note di chiusura in cui<br />

sostanzialmente riprende le osservazioni che Kant aveva scritto nell’aprile del 1791 e a<br />

cui aggiunge la seguente riflessione:<br />

Die höchst wahrscheinliche Richtigkeit der Theorie der Erzeugung dieses Ringes aus<br />

dunstförmigem Stoffe, der sich nach Zentralengesetzen bewegte, wirkt zugleich ein sehr<br />

verteiltes Licht auf die Theorie von der Entstehung der großen Weltkörper selbst, nach eben<br />

denselben Gesetzen, nur dass ihre Wurstkraft durch den von der allgemeinen Schwere<br />

verursachten fall des zerstreuten Grundstoffs, nicht durch die Achsendrehung des<br />

Zentralkörpers, erzeugt worden; vornehmlich, wenn man (ich bediene mich hier eigener Worte<br />

des H. Prof. Kant) die durch H. Hofr. Lichtengergs wichtigsten Beifall gewürdigte spätere, als<br />

Supplement zur Theorie des Himmelshinzugekommene Meinung damit verbindet: dass nämlich<br />

jener dunstförmig im Weltraum verbreitete Urstoff, der alle Materien von unendlich<br />

verschiedener Art im elastischen Zustande in sich enthielt, indem er die Weltkörper bildete, es<br />

nur dadurch tat, dass die Materien , welche von chemischen Affinität waren, wenn sie in ihrem<br />

Fall nach Gravitationsgesetzen auf einander trafen, wechselseitig ihre Elastizität vernichteten,<br />

dadurch aber dichte Massen, und in diesen diejenige Hitze hervorbrachten, welche in den<br />

größten Weltkörpern (den Sonnen) äußerlich mit der leuchtenden Eigenschaft, an den kleinern<br />

aber (den Planeten) mit inwendiger warme verbunden ist. 77<br />

75 Anhang, p. 173.<br />

76 Anhang, pp. 189-190.<br />

77 Anhang, pp. 203-204.<br />

178


Gensichen illustra qui il peso degli studi di Lichtenberg per la teoria kantiana<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e per l’affermazione <strong>dell</strong>’esistenza di un materiale elastico originario,<br />

universalmente diffuso. Ma <strong>dell</strong>’influenza di Lichtenberg c’è ancora un’altra traccia.<br />

Nel 1794 Kant scrive Über den Einfluss des Mondes auf die Witterung,<br />

prendendo spunto proprio dagli studi contemporanei e dalle considerazioni di<br />

Lichtenberg.<br />

Proprio in apertura Kant dichiara di voler discutere la celebre affermazione di<br />

Lichtenberg secondo cui “la luna non dovrebbe avere un influsso sulle condizioni<br />

climatiche; eppure ne ha uno”. 78<br />

Kant costruisce questo saggio sotto forma di antinomia in cui si mettono a<br />

confronto la tesi secondo cui la luna non dovrebbe avere influsso (A) e quella secondo<br />

cui la luna di fatto avrebbe di fatto un influsso sulle condizioni climatiche (B). Per<br />

comprendere i termini <strong><strong>dell</strong>a</strong> questione si propone il seguente schema:<br />

(A) La luna non dovrebbe<br />

influire<br />

1- Sulla superficie terrestre<br />

attraverso la luce che riflette.<br />

2- Sul peso <strong>dell</strong>’atmosfera<br />

attraverso la sua forza attrattiva<br />

(troppo piccola perché sia<br />

rilevata dal barometro).<br />

(B) La luna influisce<br />

1- Sul vento<br />

2- Sul clima<br />

Questa antinomia da vita ad un conflitto apparentemente irrisolvibile:<br />

Hier ist nun zwischen der Theorie, die dem Monde ein Vermögen abspricht, und der<br />

Erfahrung, die es ihm zuspricht, ein Widerstreit. 79<br />

La soluzione <strong>dell</strong>’antinomia gioca sui concetti di influenza diretta e indiretta che<br />

la luna esercita sulle condizioni atmosferiche:<br />

78 I. Kant, Über den Einfluss des Mondes auf die Witterung, KGS VIII, p. 317.<br />

79 Über den Einfluss des Mondes auf die Witterung, KGS VIII, p. 321.<br />

179


A TESI B ANTITESI<br />

L’attrazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> luna con la sua<br />

forza motrice, attraverso cui può<br />

avere un’influenza sull’atmosfera<br />

e sulle condizioni climatiche,<br />

agisce direttamente sull’aria<br />

secondo leggi statiche, in quanto<br />

l’aria è un fluido ponderabile. Ma<br />

in tal caso la luna non da vita ad<br />

una sostanziale alterazione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

posizione del barometro.<br />

Per avere un effetto reale<br />

sull’atmosfera, deve essere<br />

presupposta allora la presenza<br />

di una materia imponderabile (o<br />

di sostanze materiali). Questa<br />

materia si estende di molto oltre<br />

l’altezza <strong>dell</strong>’aria ponderabile,<br />

ricopre l’atmosfera ed è mossa<br />

dall’attrazione lunare. La<br />

materia imponderabile, sia<br />

mescolata che separata dall’aria,<br />

è capace grazie ad un’affinità<br />

chimica con essa sia di<br />

aumentare che diminuire la sua<br />

elasticità e così mediatamente di<br />

alterare il peso <strong>dell</strong>’aria<br />

determinando il deflusso o<br />

l’afflusso <strong>dell</strong>e colonne di aria.<br />

Si vede così che la luna<br />

influisce indirettamente sulle<br />

condizioni atmosferiche,<br />

secondo leggi chimiche. 80<br />

Così facendo, tra la tesi, la luna non esercita un’influenza diretta sulle condizioni<br />

atmosferiche, e l’antitesi, la luna ha un’influenza indiretta su di esse, non c’è alcuna<br />

contraddizione. Il breve testo si chiude con una critica a De Luc 81<br />

e con la prospettiva<br />

80<br />

Kant propone anche di considerare l’etere come materia incoercibile, che non può, cioè, mescolarsi o<br />

essere racchiusa da altre sostanze, se non da quelle con cui si trova in affinità chimica.<br />

81<br />

Jean-André De luc (1727-1817) ha compiuto studi nel campo <strong><strong>dell</strong>a</strong> geologia e <strong><strong>dell</strong>a</strong> meteorologia. In<br />

particolare si interessò alle proprietà <strong>dell</strong>’atmosfera e alla misurazione <strong>dell</strong>e altitudini. Secondo il parere<br />

di Georges Cuvier, De Luc fu uno tra i primi e capaci geologi <strong>dell</strong>’epoca. La sua opera principale di<br />

geologia, Lettres physiques et morales sur les montagnes et sur l'histoire de la terre et de l'homme, fu<br />

pubblicata nel 1778. In questa, De Luc tratta la conformazione <strong>dell</strong>e montagne e l’ancestrale origine <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

razza umana attraverso il racconto biblico <strong><strong>dell</strong>a</strong> creazione cui corrisponderebbero sei epoche precedenti lo<br />

stato attuale <strong><strong>dell</strong>a</strong> terra e attribuì il diluvio al riempimento <strong>dell</strong>e cavità supposte di essere state lasciate<br />

vuote all’interno <strong><strong>dell</strong>a</strong> terra. Pubblicò poi serie di volumi, tradotti anche in inglese, sui viaggi geologici in<br />

180


aperta di studi futuri che spieghino più nel dettaglio l’influenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> luna sull’atmosfera<br />

e i vantaggi che la meteorologia può trarre dalla chimica applicata.<br />

4.4 Principi matematici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> nell’Opus postumum<br />

Alla luce <strong>dell</strong>’analisi sviluppata nei precedenti paragrafi, è evidente che Kant<br />

ponesse particolare attenzione agli studi sulla fluidità e l’elasticità, i quali, grazie a<br />

Lavoisier e a Laplace, stavano avanzando <strong>nella</strong> loro matematizzazione.<br />

A questo punto <strong><strong>dell</strong>a</strong> ricerca si vuole mettere in luce come la matematica<br />

nell’Opus postumum giochi un ruolo decisivo per la costituzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica come<br />

<strong>scienza</strong>. Per raggiungere questo obiettivo è necessario prendere in considerazione<br />

l’evoluzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica nei manoscritti.<br />

Che la matematica per Kant ricoprisse un ruolo privilegiato per la <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong>, è storicamente in linea con il tentativo di fondare la fisica grazie al connubio di<br />

matematica e metafisica.<br />

Il problema epistemologico centrale a cui ci si trova di fronte nel Passaggio dai<br />

principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica riguarda la possibilità di<br />

connettere principi a priori e principi empirici. Nel titolo stesso <strong>dell</strong>’opera, dunque,<br />

risiede l’enunciazione del problema teoretico di fondo per la cui soluzione è richiesto un<br />

particolare approccio, quello del passaggio, <strong><strong>dell</strong>a</strong> connessione tra a priori ed empirico<br />

Europa settentrionale (1810), in Inghilterra (1811), e in Francia, Svizzera e Germania (1813). Gli<br />

esperimenti di De Luc riguardarono la meteorologia e furono molto apprezzati dai <strong>natura</strong>listi, poiché<br />

scoprì numerosi fatti importanti che legavano il calore e l’umidità. Notò, infatti, la scomparsa di calore<br />

nello scioglimento del ghiaccio nello stesso periodo in cui Joseph Black fondò su questo fenomeno la sua<br />

ipotesi sul calore latente. De Luc accertò che l’acqua era più densa a 40º F, più che alla temperatura di<br />

congelamento, espandendosi omogeneamente per ogni lato del maximum; inoltre fu l’ideatore <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria<br />

che poi fu aggiornata e rivista da John Dalton, secondo cui la quantità di vapore acque contenuta in ogni<br />

spazio è indipendente dalla presenza o dalla densità <strong>dell</strong>’aria o di qualsiasi altro fluido elastico. Le sue<br />

Recherches sur les modifications de l'atmosphere (1772 ;1784) contengono esperimenti accurati<br />

sull’umidità, l’evaporazione e le indicazioni <strong>dell</strong>’igrometri e dei termometri applicati al barometro<br />

impiegato per determinare l’altitudine. In Philosophical Transactions del 1773, comparve la nuova<br />

struttura del suo igrometro, che sembrava un termometro a mercurio, con un bulbo d’avorio che si<br />

espandeva con l’aumentare <strong>dell</strong>’umidità e causava la diminuzione del mercurio. Tra le altre opere si<br />

ricordi Lettres sur l'histoire physique de la terre (1798), indirizzata a Johann Friedrich Blumenbach, e che<br />

contiene alcuni passaggi sulle sue conversazioni con Voltaire e Rousseau. Da un punto di vista teorico De<br />

Luc era un ardente ammiratore di Bacone, su cui pubblicò due opera, Bacon tel quil est (1800) e Précis de<br />

la philosophie de Bacon (1802), in cui fornisce una lettura affascinante del progresso <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong>. Nelle Lettres sur le Christianisme (1803), invece emerge con forza la controversia con il Dottor<br />

Teller di Berlino circa la cosmogonia Mosaica, che De Luc difese anche nel Traté elementaire de<br />

geologie (1809), per confutare James Hutton e John Playfair, i quali giustamente sostenevano che la<br />

geologia era influenzata dall’operazione del calore interno alla terra e all’erosione. Proprio su<br />

quest’ultimo punto anche Kant è in netto disaccordo con De Luc. Nell’Opus postumum si trovano<br />

riferimenti diretti in KGS XXI, pp. 70; 85;195-197; 299; 338; 501; KGS XXII, pp. 224;418; 427-428.<br />

181


che si configura come tendenza, come trasformazione e divenire da una posizione del<br />

pensiero ad un’altra, mediante concetti:<br />

Aber diese Tendenz im Übergange von der Metaph. zur Physik kann nicht unmittelbar<br />

und durch einen Sprung geschehen denn die Begriffe welche von dem System einer gewissen<br />

Art zu einem anderen herüber führen müssen einerseits Prinzipien a priori anderenteils aber<br />

auch empirische bei sich führen welche weil sie komparative Allgemeinheit enthalten auch<br />

gleich den allgemeinen zum System der Physik benutzt werden können. — Es ist also zwischen<br />

den Metaphys. Anfangs. Gr. d. N. W. u. der Physik noch eine Lücke auszufüllen deren<br />

Ausfüllung ein Übergang von der einen zur anderen genannt wird. 82<br />

Da questo passo si evince che Kant ha confermato, ancora in epoca tarda, quanto<br />

sostenuto <strong>nella</strong> seconda introduzione alla Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura, che porta con sé il<br />

segno lasciato dai Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. Quando Kant, infatti,<br />

afferma, <strong>nella</strong> Prefazione alla seconda edizione <strong><strong>dell</strong>a</strong> prima Critica, che l’esperienza<br />

non conferisce mai ai suoi giudizi vera e rigorosa “universalità”, ma solo presunta o<br />

comparativa (mediante induzione), si riferisce ai giudizi che caratterizzano la<br />

conoscenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, 83<br />

in particolare quelli <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> sperimentale.<br />

Se un giudizio è pensato in forma rigorosamente universale, cioè in modo che<br />

non sia ammessa la possibilità di nessuna eccezione, allora esso non è ricavato<br />

dall’esperienza, ma valido assolutamente a priori.<br />

L’universalità empirica è, dunque, un’elevazione arbitraria di validità, da quella<br />

che vale <strong>nella</strong> maggior parte dei casi a quella che vale in tutti.<br />

Quello che Kant propone nel Passaggio è un metodo per far assurgere<br />

l’universalità empirica a universalità a priori: la matematica, in quanto strumento <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

ragione, può dare universalità e necessità nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> ai<br />

giudizi la cui universalità è comparativa. Come analizzato nel §5.1, questa posizione<br />

kantiana era in linea con gli studi <strong><strong>dell</strong>a</strong> termologia e con la visione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> di<br />

Lavoisier.<br />

Si tratta ora di vedere, sulla scorta <strong>dell</strong>e considerazioni avanzate <strong>nella</strong> Critica<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio, come si delinea il rapporto tra metafisica e fisica, attraverso lo<br />

strumento <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica nell’ultima fase <strong><strong>dell</strong>a</strong> produzione kantiana. 84<br />

Il problema<br />

82<br />

Opus postumum, KGS XXI, p. 482.<br />

83<br />

Tanto che si deve dire, propriamente, secondo Kant, che “per quanto noi abbiamo fin qui percepito, non<br />

si trova eccezione a questa o a quella regola”.<br />

84<br />

Cfr. Opus postumum, KGS XXI, p. 123: “Alles unser Erkenntnis ist entweder empirisch oder<br />

Erkenntnis a priori (Sinnen, oder Vernunfterkenntnis). Das letztere ist entweder systematisch<br />

(wissenschaftlich szientifisch.) — Das Vernunft (nicht bloß wissenschaftliche//) Erkenntnis als<br />

Wissenschaft ist entweder Philosophie oder Mathematik. Die Philosophie hat aber noch einen Größeren<br />

Umfang der Wissenschaft a priori denn man kann auch über die Mathematik philosophieren wenn sie<br />

182


<strong>dell</strong>’unificazione tra empirico e a priori viene sollevato con chiarezza <strong>nella</strong> terza<br />

Critica:<br />

Solo che ci sono così molteplici forme <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, per così dire così tante<br />

modificazioni dei concetti trascendentali universali <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, le quali sono lasciate<br />

indeterminate da quelle leggi che l’intelletto puro dà a priori […] che perciò debbono esserci<br />

anche leggi che, in quanto empiriche, possono, sì, essere considerate contingenti secondo il<br />

modo di intendere del nostro intelletto, e che però, se le si debbono chiamare leggi […] debbono<br />

essere considerate necessarie a partire da un principio, sebbene a noi sconosciuto, <strong>dell</strong>’unità del<br />

molteplice. 85<br />

Nelle pagine manoscritte del Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong><br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica si legge:<br />

La filosofia trascendentale è la dottrina a priori in cui matematica e filosofia sono<br />

dipendenti completamente in rapporto reciproco di fondamento e conseguenza secondo un<br />

principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza. 86<br />

La concezione kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica come strumento <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione per il<br />

raggiungimento <strong>dell</strong>’applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica alla fisica è nota, in quanto non si<br />

discosta di molto da quanto sostenuto nei Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

e <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura. Tuttavia, c’è uno scarto rispetto alla fase critica del<br />

rapporto tra filosofia e matematica. La matematica si rende essa stessa filosofia se<br />

conferisce certezza apodittica alle conoscenze <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica, ovvero se la costituisce come<br />

<strong>scienza</strong>.<br />

È opportuno indagare, dunque, perché proprio la matematica sia in grado di<br />

compiere il passaggio dai giudizi dotati di universalità empirica a quelli dotati di<br />

universalità a priori. In primo luogo, la matematica, in quanto può trattare lo spazio e il<br />

tempo come intuizioni formali, cioè li rappresenta come oggetto, è lo strumento di cui la<br />

filosofia deve servirsi per costituire l’oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica, la materia (corporea e non il<br />

suo concetto in generale), dunque per rendere percepibile lo spazio. Quest’ultimo, se si<br />

tiene presente quanto sostenuto nel Capitolo I, non è altro che l’oggetto in generale<br />

secondo quantità, cioè forma senza contenuto, d’altra parte, esso è anche determinabile<br />

bloß als Mittel (Instrument) zu einer anderen Absicht nämlich zur Philosophie gebraucht wird und ihr in<br />

so fern untergeordnet wird u. ist Handwerk indem sie auf Raumes und Zeitanschauung beschrankt ist<br />

wodurch der Philosoph nicht beschränkt wird.”<br />

85 KdU, KGS V, p. 179.<br />

86 Opus postumum, KGS XXI, p. 133. La matematica è conseguenza <strong>dell</strong>’appercezione trascendentale, ma<br />

è anche la prova <strong>dell</strong>’appercezione empirica. Sul reciproco rapporto fondativo di matematica e filosofia,<br />

cfr. G. Banham, Kant’s Transcendental Imagination, London-New York, Palgrave Macmillan, 2006.<br />

183


attraverso i concetti di riflessione – appartenenti alla metafisica – e dalla sintesi <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

Zusammenstellung. Se si esamina il passo seguente, si rende perspicuo l’intento di Kant:<br />

Es giebt eine Philosophie (und diese ist die Metaphysik) welche die Mathematik bloß<br />

als Instrument braucht um die empirische Sinnenvorstellungen (nach) einem Prinzip a<br />

priori (also nicht wiederum selbst empirisch) unter zu ordnen und welche den Schematismus<br />

der Reflexionsbegriffe zuerst in einem System darzustellen die reine Anschauungen (der Form<br />

nach) klassifiziert und zwar a priori. 87<br />

Come secondo aspetto <strong>nella</strong> determinazione <strong>dell</strong>’oggetto in generale, lo spazio,<br />

(così come il tempo) deve contenere un Etwas, un qualcosa, ma in primo luogo, in<br />

quanto esso stesso si rende oggetto determinabile per l’intuizione, mentre il tempo per<br />

la sensazione. Così Kant arriva formulare il connubio tra filosofia e matematica per la<br />

fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica come <strong>scienza</strong>:<br />

Die Prinzipien der Natur//Wissensch. machen also eine szientifische Wissenschaft als<br />

System welches 1. philosophisch ist aus Begriffen a priori 2 durch Mathematik als Instrument<br />

der Sinnenvorstellung als reine Anschauung gegeben ist. Der Raum selbst muss zuerst als<br />

äußerer und die Zeit als innerer Gegenstand der Sinne (jener für die Anschauung diese für die<br />

Empfindung) gegeben sein und Gemeinschaft der Substanzen hat erstlich mathematische<br />

Verhältnisse der Bewegung durch äußere Raumesverhältnisse welche mechanisch dann aber<br />

auch dynamisch der Qualität nach welche zur Physik eine Tendenz haben. Stoffe als<br />

besondere bewegende Kräfte der Materie. Jene sind Anziehung u. Abstoßung. 88<br />

Ora, per costruire un sistema <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, non occorre<br />

solamente la determinazione <strong>dell</strong>e relazioni interne del loro concetto, cioè del concetto<br />

di movimento, che ha un corrispettivo empirico, ma <strong>dell</strong>e relazioni interne ed esterne da<br />

loro prodotte. Kant afferma la possibilità che le forze producano effetti interni ed<br />

esterni, che la matematica può esibire, in quanto rappresenta come oggetto lo spazio e il<br />

tempo:<br />

Die Stellen für die bewegende Kräfte im Raum äußerlich und die Grade ihrer Wirkung<br />

in der Zeit innerlich enthalten die Prinzipien a priori zu Einem System derselben und der<br />

Übergang der nicht mehr eine Metaphysik aber auch noch nicht Physik enthält den<br />

Verhältnisbegriff der quantitativen und qualitativen Einheit eines Systems in der Reziprozität<br />

(Wechselseitigkeit) ihrer Bestimmungen. Der Raum ist in der allgemeinen Anziehung zugleich<br />

bestimmend und bestimmt. 89<br />

87 Opus postumum, KGS XXII, p. 490.<br />

88 Opus postumum, KGS XXII, p. 531.<br />

89 Opus postumum, KGS XXII, pp. 532-33<br />

184


Si comprende così sia l’importanza <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> flessibile <strong>dell</strong>o spazio, su cui si è<br />

incentrata parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> presente ricerca, sia l’attenzione posta da Kant allo sviluppo <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

riflessione sull’algebra negli anni ‘90.<br />

Il passo seguente, d’altra parte, si presta molto bene a chiarire la funzione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

sintesi soggettiva <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione (Zusammenstellung) <strong>dell</strong>o spazio e del tempo per<br />

l’applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica alla fisica:<br />

Was erstlich die Verhältnisse der bewegenden Kräfte (im Raume) betrifft so<br />

bediente sich Newton des Begriffs der Attraktion aller Weltkörper im unendlichen Raume<br />

und deren Bewegungen durch jene Kräfte in der Zeit. Zweitens der Repulsion aller Teile der<br />

Materie die sich nach eben demselben Gesetz im Weltraum durchs Licht und dessen<br />

Bewegungsgesetze in Farben (imponderabel, incoërcibel, incohäsibel, inexhaustibel) wobei<br />

durchgängig Mathematik ist: dann aber auch der Flüssigkeit und Festigkeit. Wir haben es nicht<br />

mit Materien sondern der Materie ebenso wenig mit Erfahrungen sondern der Erfahrung zu tun.<br />

Die Körper aber als sich selbst durch innere Kräfte der Materie beschränkende Teile der Materie<br />

sind eine Menge. Auch nicht mit Räumen u. Zeiten sondern dem Raum u. der Zeit zu tun und<br />

nicht Teilen des Raumes und der Zeit sondern Stellen (positus) im Raum u. der Zeit. Gestalten<br />

und Reihen die immer fortschreitend sind subjektiv in der Zeitbestimmung. 90<br />

In secondo luogo, la matematica è presentata come <strong>scienza</strong> autonoma dalla<br />

filosofia e allo stesso tempo passibile di un uso in vista di un fine (Zweck): la fisica<br />

come <strong>scienza</strong>. I principi metafisici, infatti, per essere orientati alla fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

fisica e per essere connessi ad essa, non possono non servirsi <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica. Per<br />

questa ragione la matematica si fa strumento per eccellenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione:<br />

Perciò la matematica è il più potente strumento per la fisica e per tutte le conoscenze<br />

(per il modo sensibile di conoscere) coinvolte, ma pur sempre solo strumento in vista di un altro<br />

intento […]. E’ filosofia la matematica come strumento da usarsi <strong>nella</strong> <strong>scienza</strong> per la fisica, ma<br />

la matematica non è essa stessa un principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia e non contiene i suoi concetti. 91<br />

Ma la matematica è autonoma dalla filosofia, tanto che i Mathematische<br />

Anfangsgründe der Naturwissenschaft sono ciò che permette la determinabilità <strong>dell</strong>e tre<br />

dimensioni <strong>dell</strong>o spazio e di quella del tempo:<br />

Die Quantität der Materie kann nur die Anziehung (Gravitation) in eben derselben<br />

Weite von dem ziehenden Weltkörper (durch Wägen) und dem umgekehrten Verhältnis des<br />

Quadrats der Entfernung gemessen werden und die Kräfte haben ihre Stellen die a priori für<br />

einen Körper bestimmbar sind ohne dass dieser darin gegenwärtig ist. Das gehört zu den<br />

mathem. Anf. Gr. der NW. durch welche der Raum nach seinen drei Dimensionen und die<br />

Zeit für Eine (der Empfindung als Grad der Wahrnehmung) bestimmbar ist von einer Größe = 0<br />

ins Unendliche wachsen oder abnehmen oder durch a - a verschwinden kann. 92<br />

90 Opus postumum, KGS XXII, p. 517.<br />

91 Opus postumum, KGS XXII, p. 490.<br />

92 Opus postumum, KGS XXII, pp. 533-4.<br />

185


La <strong>natura</strong> del rapporto tra filosofia e matematica può essere specificato,<br />

servendosi del confronto con la fisica di Newton. E’ dal confronto con quest’ultimo che<br />

Kant integra la fisica nel quadro <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza, e poi delinea il piano<br />

metodologico di confronto con Newton.<br />

La <strong>scienza</strong> del Passaggio, cioè <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia è lo schematismo <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione <strong>dell</strong>e forze motrici in quanto costituiscono<br />

un sistema rispondente alla forma <strong><strong>dell</strong>a</strong> classificazione a priori e dunque l’architettonica<br />

<strong>dell</strong>’indagine <strong>natura</strong>le.<br />

Spetta ai principi a priori <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong>dell</strong>’esperienza, all’indagine <strong>natura</strong>le,<br />

cioè al principio soggettivo <strong>dell</strong>o schematismo <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio (secondo il<br />

principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> conformità <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> a scopi), classificare in generale le forze motrici<br />

empiricamente date e passare alla fisica come sistema <strong><strong>dell</strong>a</strong> varietà degli effetti di forze.<br />

Tale composto non può mai come tale essere conosciuto mediante la mera intuizione,<br />

ma solo mediante il comporre con co<strong>scienza</strong> <strong>dell</strong>’unità di questa connessione. Questo<br />

comporre, pertanto, precede quello ed è pensabile a priori; col che il concetto prodotto<br />

si qualifica come schematismo dei concetti, cioè del composto in generale.<br />

Tradotto in termini fisici ciò significa che nel considerare un corpo A, che si<br />

muove su una traiettoria B, si inserisce un concetto intermedio, quello di forza. Così non<br />

si considera il fenomeno secondo le semplici leggi <strong><strong>dell</strong>a</strong> cinematica, ma lo si inquadra in<br />

una configurazione complessa o costellazione di corpi C, D, ecc…i quali possono<br />

gravitare, essere carichi elettricamente o magnetizzati. 93<br />

Quello che viene composto è<br />

proprio la costellazione dei corpi, ma indirettamente, attraverso la composizione <strong>dell</strong>e<br />

forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. Questo assunto era presente anche nel 1786, laddove Kant<br />

ha distinto la Foronomia dalla Meccanica.<br />

Secondo il seguente schema può essere visualizzato il progetto del Passaggio<br />

dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica:<br />

***<br />

93 Cfr. M. Jammer, Concepts of Force, New York, 1957; II edizione 1999, p. 244.<br />

186


Le forze motrici primitive <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia per Kant sono quelle di attrazione e<br />

repulsione, mentre le forze meccaniche sono derivative: la prima forza motrice è quella<br />

<strong>dell</strong>’attrazione esterna, in quanto essa non è limitata da repulsione, ovvero la<br />

gravitazione; la seconda è quella <strong><strong>dell</strong>a</strong> repulsione interna, in quanto essa è limitata<br />

dall’attrazione.<br />

Entrambe formano corpi, i quali determinano da sé il loro spazio secondo<br />

quantità e qualità. 94<br />

In tal senso si ha una determinazione come limitazione reciproca <strong>dell</strong>e forze di<br />

attrazione e repulsione, la cui origine storicamente può essere fatta risalire a Keplero e il<br />

cui sviluppo formale fu compiuto da Newton con la terza legge del moto.<br />

Questa limitazione dialettica assume la forma <strong>dell</strong>’opposizione, di una dicotomia<br />

intrinseca alla materia, dunque di un’opposizione non semplicemente logica, bensì<br />

reale.<br />

Vi è poi la distinzione fondamentale tra la trattazione dinamica e quella<br />

meccanica <strong>dell</strong>e forze, che ne svela la <strong>natura</strong> molteplice:<br />

Wenn Anziehung eines Körpers außerhalb dem kein anderer Körper als existierend<br />

gedacht wird doch bewegende Kräfte in Verschiedenen Entfernungen in dem Raum gesetzt<br />

werden so würden diese wiederum in aktiven Verhältnisse im leeren Raum gegen einander<br />

stehend vorgestellt werden und der Raum selber eine bewegende Kraft seiner Teile gegen<br />

einander enthalten müssen. Es ist also nicht eine Vorstellung der Räume als Sachen (dieser<br />

Anziehung) sondern ein bloßer Verhältnisbegriff möglicher Anziehungen der Körper — —<br />

nicht durch Zentrifugal u. Zentripetal Kraft sondern durch Anziehung und Abstoßung bewegend<br />

zu sein Stoffe sind radikal oder direkt bewegende Kräfte der Materie in welchen die Basis<br />

d.i. der Vereinigungspunkt dieser Kräfte angetroffen wird. Der Stoff (materia ex qua).<br />

Verschiedene Elemente der Materie sind Stoffe nicht verschiedene Momente der<br />

Bewegung der ersteren. 95<br />

94 Opus postumum, trad. it. A cura di V. Mathieu, pp. 114-5.<br />

95 Opus postumum, KGS XXII, pp. 533-34.<br />

187


Ma vediamo più nel dettaglio in che senso le forze derivative svelano quelle<br />

primitive. Kant fornisce alcuni esempi di ciò:<br />

Alla ponderabilità meccanica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia si richiede che essa sia dinamicamente<br />

imponderabile, perché senza questa forza motrice interna (non locomotiva) anche il pesare<br />

sarebbe impensabile. Del pari, perché la materia con la sua forza motrice sia coercibile è<br />

necessaria una materia incoercibile e cioè dinamicamente: la materia del calore.<br />

Originariamente fluida è la materia che rende fluide tutte le altre, permeandole: pertanto essa è<br />

incoercibile. 2) <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza motrice <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia mediante la coercibilità del calorico, in quanto<br />

forza agente meccanicamente o dinamicamente. L’una è il fenomeno <strong>dell</strong>’altra, o il mezzo per la<br />

esibizione <strong>dell</strong>’altra. I principi oggettivi <strong>dell</strong>e leggi per le forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia sono quelli<br />

che vengono dati a priori dalla divisione razionale di tutti questi rapporti attivi possibili,<br />

secondo il formale. I principi soggettivi sono quelli <strong><strong>dell</strong>a</strong> meccanica, secondo i quali poniamo in<br />

moto (action) queste forze, e sono di origine empirica, e pertanto a propri <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica. I primi<br />

sono propri del passaggio dai principi metafisici alla fisica. 96<br />

Qui Kant sta parlando <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità di calcolare la forza peso (mg)<br />

meccanicamente come una grandezza scalare, ma perché ciò sia possibile, la forza peso<br />

deve essere prodotta dall’azione di una forza interna, la quale non è soggetta alla forza<br />

peso stessa, la gravità.<br />

Si comprende, dunque, in che senso il sistema <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia<br />

arrivi a determinare le proprietà fondamentali <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia: tali proprietà non sono<br />

conoscibili direttamente, ma esprimono il punto di contatto (Vereinigungspunkt) <strong>dell</strong>e<br />

relazioni tra le forze primitive e quelle derivative.<br />

Kant voleva, dunque, costituire una <strong>scienza</strong>, quella del Passaggio, che avrebbe<br />

unificato in un unico sistema, capace di fondare la fisica, “la via all’in su” (dal<br />

particolare al generale) e quella “all’in giù” (dall’universale al particolare), per usare le<br />

espressioni di P. Kitcher.<br />

Al pari <strong>dell</strong>e cause efficienti, anche le cause finali sono inserite nel sistema <strong>dell</strong>e<br />

forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, e il Passaggio deve mostrare se e come ciò avvenga,<br />

secondo il principio di conformità a scopi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. 97<br />

L’idea di ragione verso cui è diretto il processo di ordinamento <strong>dell</strong>e leggi<br />

empiriche è quella di tendenza (Tendenz) <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> ad organizzarsi sulla base di un<br />

96 Opus postumum, trad. it, p. 115.<br />

97 Cfr. Opus postumum, trad. it., a cura di V. Mathieu, p. 120: “La divisione <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia, in quanto questa ha la tendenza a formare corpi organici ed inorganici, appartiene, dunque anche<br />

alla forma del loro collegamento in un sistema, ma è soltanto un principio <strong>dell</strong>’indagine <strong>natura</strong>le , il quale<br />

precede a priori l’empirico, come idea che, nel passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

alla fisica, non può mancare <strong>nella</strong> divisione completa, sebbene essa sia semplicemente problematica e non<br />

costituisca alcuna attestazione, secondo proposizioni d’esperienza <strong><strong>dell</strong>a</strong> esistenza o non esistenza di tali<br />

corpi o forze”.<br />

188


principio di affinità di tutta la materia per analogia con l’assunzione di un intelletto<br />

indipendente dalla materia, che sia architettonico rispetto a tali forme. Questa<br />

limitazione reciproca originaria è esplicitata nel sistema <strong>dell</strong>e idee trascendentali dal<br />

1801 con le idee di Mondo e di Dio. 98<br />

Ma ciò che attrae più attenzione è come Kant configuri la possibilità di un via<br />

all’empirico a parte priori, grazie alla matematica. Prendiamo il caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza<br />

99<br />

primitiva <strong>dell</strong>’attrazione che fonda la gravitazione. Quest’ultima, che concettualmente<br />

è una forza centrale, viene espressa secondo la formula:<br />

Ora, essa determina non solo un moto circolare, ma indica anche una certa<br />

determinazione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo come intuizioni formali.<br />

E’ solo grazie alla matematica che concetti metafisici, come quelli di attrazione,<br />

repulsione o di forza centrale possono essere inverati in un Sistema del Mondo<br />

(Weltsystem) e, dunque, come in questo caso, è solo grazie alla matematica, che é<br />

possibile l’applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza centrifuga al moto dei pianeti per calcolarne le<br />

orbite.<br />

Come Kant precisa, l’espressione matematica <strong><strong>dell</strong>a</strong> gravitazione è soggettiva,<br />

possiede cioè un grado di arbitrarietà come tutta la matematica che procede per<br />

costruzione di concetti:<br />

Aber wie können Kräfte im Raum den die reine Anziehung beherrscht als koexistierend<br />

in welchen die Körper gesetzt werden können um Bewegung der Körper zu bewirken<br />

angetroffen werden ohne dass Dinge (Substanzen) Stellen in demselben einnehmen und<br />

gleichsam sie erwarten Denn die Anziehung wirkt im ganzen Weltraum nach jenem<br />

mathematischen Verhältnis in allen Punkten desselben. — Die Abstoßung da sie in der<br />

Berührung wirkend sein kann, kann die Kräfte fortpflanzend an verschiedenen Orten fortsetzen<br />

wo die Wirkung nicht mehr ist? Das mathematische Prinzip der allgemeinen Attraktion ist<br />

eigentlich nicht objektiv sondern nur subjektiv ein Prinzip des Verstandes in Ansehung der<br />

bewegenden Kräfte im Raum nicht mechanisch sondern dynamisch den Raum zu bestimmen. —<br />

Die mechanische Bestimmung der bewegenden Kräfte durch Zentripetalkräfte u.<br />

98 Cfr. infra, Capitolo V.<br />

99 Cfr. R. Feynman, The Character of Physical Law, London 1965; trad. it, La legge fisica, a cura di L.A.<br />

Radicati, Torino 1971. In maniera esemplare Feynman descrive la legge di gravità nel primo capitolo di<br />

quest’opera e propone una lettura del terzo principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> dinamica, che viene considerato, al pari <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

legge di gravitazione universale, una <strong>dell</strong>e due sole cose sulla <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>e forze che Newton disse.<br />

Secondo Feynman, Newton caratterizzò il concetto di forza tramite l'enunciazione di un principio<br />

generale (il terzo principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> dinamica, appunto) e tramite la formulazione di una legge di forza<br />

particolare (quella gravitazionale).<br />

189


Zentrifugalkräfte wie sie durch einen Schleuderstein bewirkt wird setzt schon Bewegungen und<br />

Erfahrungsobjekt der Kräfte voraus. Die dynamische durch den leeren Raum ist ein<br />

Kräftenprinzip der Bewegung der Materie durch Anziehung u. Abstoßung in der Entfernung<br />

Körper zu bewegen (gravitatio et sensatio in distans: lux). 100<br />

Tuttavia, secondo Kant, proprio perché la matematica è solo strumento <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

ragione, il ruolo centrale per la costituzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica come sistema è giocato dalla<br />

filosofia:<br />

Wo die Bewegungen vorhergehen müssen wenn bewegende Kräfte statt finden sollen<br />

sind die Prinzipien mathematisch wo aber diese vorhergehen müssen wenn jene statt haben<br />

sollen sind die Kräfte für die Physik welche eine Erfahrungswissenschaft ist geeignet. — Beide<br />

sind philosophische Wissenschaften die eine direkt auf die Naturwissenschaft unmittelbar<br />

bezogen die andere indirekt vermittelst des Gebrauchs den die Mathematik als Instrument von<br />

den Begriffen der bewegenden Kräfte machen kann. Wenn aber gleich die Mathematik direk t<br />

philosophische Prinzipien der Mathematik aufzustellen hat so wirkt sie doch indirekt durch<br />

Aufstellung von Aufgaben welche zur Physik (mithin auch zur Philosophie) und den<br />

bewegenden Kräften der Materie hinweisen und die drei berühmte Analogien Kepler's<br />

führten zu einem Machtstreich Newtons Gravitationsanziehung durch eine kühne aber<br />

unumgängliche Hypothese für die Physik auszurufen wodurch die Mathematik zum Behuf der<br />

Naturwissenschaft mit einem Vermögen bewaffnet wurde a priori der Natur Gesetze<br />

vorzuschreiben die sie ohne jenes Organ schlechterdings nicht für die Philosophie hätte<br />

benutzen können und doch war dieser Übergang ein Schritt. Man kann zwar nicht durch<br />

Mathematik aber doch über sie und die Anknüpfung mit ihr philosophieren. Durch Philosophie<br />

also nicht durch Mathematik hat Newton die wichtigste Eroberung gemacht. 101<br />

In particolare merita attenzione il paragone che Kant compie tra le leggi di<br />

Keplero e quelle di Newton. 102<br />

Kant sostiene che le tre leggi di Keplero, senza quelle<br />

newtoniane, non sarebbero state altro che analogie.<br />

È solo presupponendo la nozione metafisica di forza centrale, di cui la forza di<br />

gravitazione universale è un esempio, che è possibile l’applicazione e la giustificazione<br />

<strong>dell</strong>e leggi kepleriane.<br />

103<br />

Secondo Kant non si può giungere con la matematica ad una conoscenza<br />

filosofica, al contrario, però, occorre postulare in vista dei fenomeni una connessione<br />

causale, quella <strong>dell</strong>’attrazione e <strong><strong>dell</strong>a</strong> repulsione <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, attraverso un concetto<br />

intermedio, quello <strong>dell</strong>e sue forze motrici.<br />

Pertanto, agli occhi di Kant, Newton è colui che ha portato sulla scena una<br />

nuova forza, non dedotta da quella centrifuga e centripeta, ma ha dedotto la gravitazione<br />

100 Opus postumum, KGS XXII, p. 533.<br />

101 Opus postumum, KGS XXII, p. 513.<br />

102 Cfr. Opus postumum, KGS XXII, pp. 513-4.<br />

103 La prima legge di Keplero può essere collegata alla conservazione del momento <strong><strong>dell</strong>a</strong> quantità del<br />

moto o impulso angolare. La seconda legge implica che sul pianeta venga esercitata una forza centrale, di<br />

cui quella gravitazionale è un esempio.<br />

190


dalle forze attrattive e repulsive (forze primarie) <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, la cui fondazione è<br />

filosofica prima che matematica.<br />

Piuttosto la matematica (incarnata nelle tre leggi di Keplero e nei i principi <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

forza centrifuga e di quella centripeta) è strumento per l’inverarsi di principi filosofici<br />

sulla costituzione ultima <strong>dell</strong>’universo.<br />

La visione di Kant, almeno in epoca tarda, implica una metodologia scientifica<br />

che vede l’interazione di filosofia e matematica, dove quest’ultima è organon per la<br />

scoperta di forze primarie <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua costituzione.<br />

La matematica è una Instrumentalwissenschaft, un mero strumento in vista di<br />

altro, ma è anche saggezza intesa come Weltweisheit attraverso il raffinamento del<br />

talento (Talent) in generale. 104<br />

Rispetto agli anni ’80 si nota un avanzamento nel delineare il rapporto tra<br />

matematica e filosofia, se si tiene presente l’enfasi che Kant pose nel 1790 sul ruolo<br />

<strong>dell</strong>’immaginazione, sull’ampliamento <strong>dell</strong>’algebra e <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua applicabilità alla<br />

105<br />

fisica.<br />

Kant ritiene che la matematica applicata alla fisica, unita all’affinamento del<br />

talento, conduca ad un miglioramento <strong><strong>dell</strong>a</strong> tecnica applicata alla vita umana, allo stare<br />

nel mondo, al progettare la costruzione non solo di mo<strong>dell</strong>i teorici, ma anche<br />

<strong>dell</strong>’abitare il mondo.<br />

La concezione dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia influenza anche il modo di considerare la<br />

matematica applicata alla fisica. Kant, in particolare, è stato in grado di tracciare lo<br />

sviluppo <strong>dell</strong>e macchine. Da un punto di vista tecnico, infatti, la fisica applicata alle<br />

macchine ne svelava la diversa <strong>natura</strong> e finalità.<br />

Si prenda in considerazione il caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> critica a Kästner e Gehler. 106<br />

La loro rappresentazione meccanica <strong><strong>dell</strong>a</strong> leva celava non solo il rifiuto <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

107<br />

repulsione come fenomeno universale dei corpi, ma anche la negazione che le forze<br />

meccaniche siano fondate su quelle dinamiche <strong>dell</strong>’etere. Nei manoscritti <strong>dell</strong>’Opus<br />

postumum si legge:<br />

104<br />

Opus postumum, KGS XX1, p. 120.<br />

105<br />

Tentativo ad esempio che Desaguliers perseguì anche con l’applicazione del calcolo leibniziano alla<br />

fisica.<br />

106<br />

Cfr. Gehler, Physikalisches Wörterbuch, Leipzig 1787-1796; ed. a cura di W. Bonsiepen, Stuttgart<br />

1995, vol. II, pp. 565 e segg. In questa sede Gehler ricostruisce la teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> leva fino agli ultimi<br />

sviluppi del XVIII secolo. Riferimenti espliciti a Gehler si trovano anche nell’Opus postumum. Cfr. Opus<br />

postumum, KGS XXI, pp. 161;257;303;327;339;381;480; KGS XII, p. 212. Cfr. B. Tuschling,<br />

Metaphysische und Transzendentale Dynamik in Kants Opus Postumum, Berlin 1971, pp. 29-30<br />

107<br />

Cfr. Opus postumum, trad. it., a cura di V. Mathieu, p. 180 nota.<br />

191


Si abbia ad esempio una sbarra ab, di spessore cd, e si supponga caricato ciascun<br />

braccio, in a e in b con lo stesso peso. Codesta leva, per il peso attaccato, o per il suo proprio, si<br />

spezzerà <strong>nella</strong> sezione mediana, se a quei pesi non resiste una sufficiente attrazione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia nelle direzioni ad e bd. La teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> leva, per quanto elegantemente il sig. Kästner<br />

l’abbia sviluppata, non si può spiegare solo matematicamente, assumendo semplicemente la<br />

leva come una linea inflessibile; poiché quest’assunzione è fisicamente impossibile; infatti se il<br />

braccio db non resistesse sulla linea (o superficie) grazie a una particolare forza (di attrazione) a<br />

quella separazione in cd, o se, in luogo <strong><strong>dell</strong>a</strong> sbarra ab, di un certo spessore, la leva diviene una<br />

semplice linea (sparendo lo spessore <strong><strong>dell</strong>a</strong> sbarra), invano postulo un’attrazione dei due bracci<br />

che resistono alla flessione, poiché a ciò si richiede una forza che agisca dinamicamente; e se la<br />

leva si assottigliasse fino alla tenuità di un filo, penderebbe, per il suo stesso peso, dalle due<br />

parti, dando luogo a un altro tipo di macchina, e cioè al movimento su un rullo mediante fune e<br />

puleggia (trochlea e polyspastus). 108<br />

Figura 4.5 Leva disegnata da Kant<br />

Se si rappresentasse la leva come una linea non si darebbe conto <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

generazione del momento dato dalla trazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> superficie superiore e <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

compressione di quella inferiore.<br />

Nell’esempio di Kant, in sostanza, si ritrova la seguente tesi: non si può dare<br />

ragione del comportamento fisico di equilibrio <strong><strong>dell</strong>a</strong> leva, se non la si rappresenta con<br />

uno spessore e se non si rappresentano così due forze uguali e opposte che si esercitano<br />

da a verso d e da d verso a e, parimenti, da b verso d e da d verso b.<br />

Al contrario, se si rappresenta una linea cui sono attaccati due pesi e la si<br />

considera in condizione di sforzo normale, allora si ha una condizione di equilibrio in<br />

configurazione deformata: la linea rappresenterebbe un filo che si deforma e genera non<br />

la leva, ma simula il movimento di fune e puleggia su un rullo.<br />

Kant aveva ben presente, dunque, che la rappresentazione matematica dei<br />

fenomeni fisici non è altro che un’astrazione del comportamento fisico dei corpi.<br />

Allo stesso tempo Kant non negava la possibilità di una rappresentazione<br />

matematica dei fenomeni fisici, ma le negava capacità fondativa <strong>nella</strong> spiegazione del<br />

comportamento dei corpi, rivendicando la supremazia di un approccio dinamico alla<br />

base di quello matematico-meccanico, che noi oggi definiamo statico.<br />

108 Opus postumum, KGS XXI, p. 607. Cfr. Opus postumum, KGS XXII, p. 228.<br />

192


tecnologia.<br />

Queste osservazioni risultano chiare alla luce <strong><strong>dell</strong>a</strong> riflessione kantiana sulla<br />

A questo aspetto la letteratura secondaria non ha dedicato spazio, seppure Kant<br />

tenne un atteggiamento particolare nei confronti <strong><strong>dell</strong>a</strong> tecnologia, rintracciabile non solo<br />

<strong>nella</strong> terza Critica, ma anche in altri scritti minori, nell’antropologia e nell’Opus<br />

postumum. Per Kant la matematica come strumento <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione trova<br />

nell’applicazione tecnica una sua realizzazione e la tecnologia, incarnata in macchine<br />

come la leva o la puleggia, non è altro che la realizzazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> rappresentazione fisica<br />

di fenomeni costruiti matematicamente.<br />

4.5 Il problema del concetto metafisico di forza<br />

La concezione dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia presuppone una costruzione <strong>dell</strong>e forze<br />

motrici di essa, così che per l’applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica alla fisica si rende<br />

necessaria una valutazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza. Ora, Kant distinse il concetto metafisico di forza<br />

già nel suo primo scritto sulla valutazione <strong>dell</strong>e forze vive (1747), attribuendo al<br />

concetto di forza leibniziano un carattere prettamente metafisico, come causa del<br />

movimento, in quanto vis activa.<br />

Questo carattere metafisico del concetto di forza accompagna tutta la produzione<br />

kantiana, anche quando, nel 1786, Kant sembra avvicinarsi alla visione newtoniana<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> forza.<br />

In generale, occorre tenere presente che, non solo, come è ovvio, questo concetto<br />

rappresenta un cardine per la filosofia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> di Kant, ma anche che questo<br />

rappresenta un nodo problematico di non poco conto.<br />

Tra l’altro, se si prende in esame un manuale come il Physikalisches Wörterbuch<br />

di Gehler, alla voce “Kraft”, 109<br />

si trova immediatamente un problema che questa<br />

ricerca vuole discutere: come e perché <strong>nella</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> si ricorre al concetto<br />

metafisico di forza? Gehler colse perfettamente il problema, di cui era cosciente lo<br />

stesso Kant:<br />

Noi ci aiutiamo col concetto di forza per definire il movimento e il mutamento in certi<br />

fenomeni, sebbene la sua <strong>natura</strong> resti per noi un segreto non svelabile (unerforschliches<br />

Geheimnis). 110<br />

109 Gehler (1787-1796), vol. II, pp. 796 e segg.<br />

110 Gehler (1787-1796), vol. II, p. 797.<br />

193


A questo atteggiamento di Gehler, che riconosceva il problema, ma non offriva<br />

una soluzione o una spiegazione, si contrappone l’approccio di Kant.<br />

Kant pensava che il concetto di forza fosse problematico e che esso fosse un<br />

concetto metafisico. Non vedeva, però, un che di negativo nell’uso di tale concetto <strong>nella</strong><br />

fisica. Anzi, lo reputava il concetto per eccellenza sulla base del quale costruire il<br />

Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica.<br />

Se si mettono a confronto le definizioni e le partizioni <strong>dell</strong>e forze, che ha dato<br />

Gehler, con quelle di Kant, presenti nel sistema elementare <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia, salta agli occhi il tentativo di quest’ultimo di riduzione e di unificazione <strong>dell</strong>e<br />

forze come via per una loro più facile valutazione su basi dinamiche.<br />

Le forze del sistema elementare kantiano sono forze derivate da quelle primitive,<br />

dall’attrazione e dalla repulsione, inerenti alla materia.<br />

Gehler invece, sostenendo un approccio meccanico alla trattazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia<br />

e <strong>dell</strong>e sue forze, si limita di fatto a compilare un elenco <strong>dell</strong>e forze conosciute, o<br />

presunte tali, e dei loro effetti.<br />

Proprio contro questa tendenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica alla compilazione, tendenza molto<br />

diffusa all’epoca di Kant, si sarebbe dovuto contrapporre il Passaggio dai principi<br />

metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica.<br />

Secondo Gehler, una forza motrice è “die ganze in eine gewisse Masse wirkende<br />

Kraft, welche sich durch das Produkt der beschleunigenden Kraft f in die Masse oder<br />

Anzahl der Theile, also durch Mf ausdrücken lässt, und dem Drücke P gleich ist, den sie<br />

ausübt, wenn keine Bewegung erfolgen kann“. 111<br />

112<br />

Ma Gehler segnala anche un altro uso, quello di potenze, e un altro significato<br />

di forza motrice:<br />

In einer andern Bedeutung hat man das Wort: bewegende Kraft für dasjenige Bestreben<br />

genommen, mit welchem ein ruhender Körper das Hindernis, auf das er drückt, oder ein<br />

bewegter Körper den andern, dem er begegnet, in Bewegung zu setzen sucht. 113<br />

Si noterà subito la differenza tra la valutazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza di Gehler da quella di<br />

Kant, tenendo presente lo schema seguente:<br />

111 Gehler (1787-1796), vol. II, p. 802.<br />

112 Gehler (1787-1796), vol. II, p. 811.<br />

113 Gehler (1787-1796), vol. II, p. 802-803.<br />

194


Forze motrici <strong>dell</strong>e macchine<br />

di Gehler<br />

Forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia di<br />

Kant 114 (KGS XXII, p. 308 )<br />

Kraft der Menschen Mechanisch<br />

Kräfte der Thiere Dynamisch<br />

Kraft des Wassers Organisch<br />

Kraft des Windes Willenskraft<br />

Kraft des Feuers<br />

Kraft der Gewichte<br />

Kraft der Federn (Elasticitatät)<br />

Max Jammer, in Concepts of Force, propone una tesi che va attentamente<br />

valutata, in quanto non solo chiama in gioco la concezione kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza, ma<br />

riesce a sintetizzare con eleganza un problema che né la fisica né la filosofia sono state<br />

ancora in grado di risolvere.<br />

Il concetto di forza, infatti, oltre ad essere stato soggetto nei secoli ad una<br />

polisemantica, ha subito una profonda mutazione con il passaggio dalla fisica di<br />

impianto newtoniano alla teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> relatività: da concetto metafisico che indicava un<br />

114 Cfr. Opus postumum, KGS XXII, p. 308 : “1. Mechanisch//bewegende Kräfte der Materie durch einen<br />

andern Körper z. B. vectis 2. Dieses sein inneres Bewegungsvermögen dynamisch die Steifigkeit des<br />

Hebels die Zähigkeit des Seils und der Rolle, und die Gegenwirkungen der Affinität 3. Organisch durch<br />

ein immaterielles Prinzip der inneren Zweckmäßigkeit, dazu die Tiere gehören. Zu No 3. gehört das<br />

Prinzip der Einteilung a priori wo das Individuum vergeht, die Spezies bleibt 4. Die Willenskraft d.i. die<br />

mit Bewusstsein bewegende Kräfte des Menschen. Die mechanisch//dynamisch//organisch// und durch<br />

die Willenskraft eines Sinnenobjekts (Subjekts) des Menschen bewegende Kräfte der Materie enthalten<br />

alle aktive Verhältnisse der bewegenden Kräfte welche die Physik auf das Objekt ausübt u. worauf das<br />

Subjekt derselben reagiert”. Secondo Karen Gloy la politomia qui riportata ha un significato relativo<br />

rispetto al complesso <strong>dell</strong>’opera, ma riconosce che è il frutto di una divisione che segue la tavola <strong>dell</strong>e<br />

categorie, cfr. K. Gloy, Die Kantische Theorie der Naturwissenschaft, p. 199 nota. Se si assume la tesi di<br />

Gloy, non è però immediatamente comprensibile perché Kant abbia attuato una politomia di questo tipo<br />

anche in KGS XXII, pp. 299, 315 e 375, dal momento che la divisione dovrebbe procedere a priori da<br />

concetti e configurarsi come una dicotomia. Una risposta a nostro avviso plausibile, a seguito del<br />

confronto con altre opere kantiane, può essere quella per cui la distinzione presente nell’opera tra dabilis<br />

e cogitabilis dia vita a una divisione <strong>dell</strong>’eterogeneo e una <strong>dell</strong>’omogeneo secondo le forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia che va a configurarsi come qui riportato, in base ai rapporti reciproci attivi tra di esse. I mo<strong>dell</strong>i<br />

topici <strong><strong>dell</strong>a</strong> divisione presenti nell’Opus postumum mirano sostanzialmente a mostrare come cogitabile il<br />

tutto <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi possibile dei rapporti tra i corpi materiali da un punto di vista esterno ed interno,<br />

oggettivo e soggettivo. Tali punti di vista corrispondono a principi metafisici specifici dotati di necessità<br />

tali da permettere un passaggio alla fisica generale come mo<strong>dell</strong>o sistematico per la ricerca scientifica nel<br />

campo <strong>dell</strong>’empirico. La divisione di ciò che è dabilis solo attraverso (durch) e non per (für) l’esperienza,<br />

dovrà presentarsi necessariamente come una politomia, procedente all’infinito poiché la fisica come<br />

<strong>scienza</strong> sperimentale può e deve sempre essere ampliata dal punto di vista del suo contenuto. Inoltre, Kant<br />

riserva un posto speciale al quarto termine di questa divisione metafisica, Willenskraft, come se esso fosse<br />

membro interno <strong><strong>dell</strong>a</strong> divisione, ma anche esterno ad essa, mediatore a sua volta per una superiore<br />

unificazione <strong>dell</strong>e forze.<br />

195


agente esterno sulla materia si è trasformato in una funzione matematica che indica un<br />

trasferimento di momento. 115<br />

La strada che vale la pena tentare è di vedere come Kant avesse colto il carattere<br />

problematico del concetto metafisico di forza e come lo avesse declinato nell’ultima<br />

fase <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua produzione.<br />

Sulla ricostruzione <strong>dell</strong>’origine e <strong><strong>dell</strong>a</strong> formazione del concetto di forza in<br />

generale, Jammer propone una lettura secondo cui questo sarebbe stato pensato in<br />

analogia con la volontà umana, con l’influenza spirituale o con lo sforzo muscolare, 116<br />

mentre avrebbe poi assunto le vesti di una nozione puramente relazionale. Il problema<br />

che il concetto di forza presentò agli scienziati del XVIII secolo fu sintetizzato da<br />

d’Alembert <strong>nella</strong> Prefazione al Traité de dynamique del 1743, anno in cui gli si<br />

attribuisce la risoluzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> disputa fra i sostenitori <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza viva leibniziana e la<br />

forza, intesa come momento, dei cartesiani. Per d’Alembert la disputa poteva essere<br />

risolta, individuando un fraintendimento che soggiaceva alla definizione di “forza”, ma<br />

lo stesso Kant si pose criticamente nei suoi confronti, riuscendo a cogliere già nel 1747<br />

che il problema <strong><strong>dell</strong>a</strong> valutazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza non si basava su un misunderstanding, ma<br />

su due diverse visioni del mondo, su due sistemi, quello leibniziano e quello cartesiano<br />

che si scontravano per la supremazia sul Continente. Senza contare che questo scontro<br />

investiva molto di più che la definizione di forza, investiva la fisica e la metafisica. Di<br />

questo aspetto Jammer sembra tener conto quando afferma: “Force has a unique<br />

position among all possible basic concepts in physical science since it may be regarded<br />

as having a direct relation to the concept of cause. Indeed many students of the problem<br />

and foremost among these the Kantian school of thought, consider “force” the exact<br />

physical formulation of “cause” and causality”. 117<br />

Proprio sulla base di questa considerazione metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza, Kant<br />

abbracciava un’idea secondo cui non è mai possibile una conoscenza diretta <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza.<br />

La forza non era un fenomeno osservabile o valutabile direttamente nell’esperienza, ma<br />

solo indirettamente e andava valutato esclusivamente nei suoi effetti. La lettura che<br />

Jammer propone di Kant è pertinente, ma ha il limite di non prendere in considerazione<br />

la Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio e il Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong><br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica, risultando manchevole di un tassello fondamentale per la<br />

ricostruzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e dunque <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza.<br />

115 Cfr. Jammer (1957), vi.<br />

116 Jammer (1957), p. 7.<br />

117 Jammer (1957), p. 15.<br />

196


Ma il vero scarto si ha, chiedendosi che tipo di concezione formale <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza<br />

avesse Kant. In sostanza occorre chiedersi se Kant ritenesse le forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia fossero esistenti fisicamente.<br />

Secondo una prima impressione la risposta dovrebbe essere affermativa. L’idea<br />

kantiana di forze inerenti alla materia, come attrazione e repulsione, richiama una<br />

visione simile <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza simile a quella di Musschenbroek, ‘sGravesande e Leibniz,<br />

mentre per alcuni versi ricordano quella di Keplero 118 e Huygens. 119 Ma il confronto più<br />

fruttuoso deve essere attuato con Newton. Jammer nota come Newton intendesse il<br />

concetto di forza impressa secondo un principio metafisico <strong><strong>dell</strong>a</strong> Scolastica: Cessante<br />

causa cessat effectus. 120 Alcuni passi dei Principia lasciano intuire che il concetto di<br />

forza sia di <strong>natura</strong> intuitiva, in analogia con la forza muscolare umana, ma allo stesso<br />

tempo le forze fisiche debbano essere considerate matematicamente. Newton si<br />

muoveva nell’ambito di un’indecidibilità sulla <strong>natura</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza e puntava<br />

all’irriducibilità nel suo sistema <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza gravitazionale, la cui <strong>natura</strong> profonda<br />

restava sconosciuta. 121<br />

Tuttavia, i seguaci di Newton, come J. Keill, tornarono ad<br />

un’accezione metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza di gravità, ma non è solo questa la recezione che<br />

Kant ebbe del problema. Kant conosceva anche i tentativi di Newton di dedurre il<br />

fenomeno <strong><strong>dell</strong>a</strong> gravità da due assunti: una stratificazione <strong>dell</strong>e particelle <strong>dell</strong>’etere<br />

elastico che variavano continuamente sottilità e che permeavano la terra e la loro<br />

irriducibile tendenza alla dilatazione.<br />

Sia in una lettera a Oldenburg del 1675 che in una a Boyle del Febbraio 1678,<br />

Newton afferma la possibilità di spiegare la gravità attraverso un medium materiale,<br />

l’etere. Nella lettera a Boyle si legge:<br />

I shall set down on conjecture more…it is about the cause of gravity. For this end I will<br />

suppose aether to consist of parts differing from one another in subtility by indefinite degrees:<br />

that in the pores of bodies, there is less of the grosser aether in proportion to the finer, than in<br />

open spaces; and consequently, that in the great body of the earth there is much less of the<br />

grosser aether, in proportion to the finer, than in the regions of the air. 122<br />

In sostanza Newton non rigettò la possibile esistenza <strong>dell</strong>’etere, strumento<br />

essenziale per una teoria cinetica <strong><strong>dell</strong>a</strong> gravità che non riusciva a provare l’azione a<br />

118<br />

Jammer (1957), pp. 85-91. In particolare, Keplero insisteva sulla reciprocità <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza e sulla<br />

presupposizione di una forza regolativa, che andava costruita per legare matematica e fenomeni <strong>natura</strong>li.<br />

119<br />

Jammer (1957), pp. 110-114.<br />

120<br />

Jammer (1957), p. 121.<br />

121<br />

Jammer (1957), p. 141.<br />

122<br />

Isaaci Newton Opera, ed. S. Horsley, vol. IV, London 1779-1785, p. 385.<br />

197


distanza. Come è noto Newton oscillò, senza mai dare una risposta definitiva, tra la<br />

posizione secondo cui la gravità era il frutto di un’azione a distanza e quella che ne<br />

rintracciava la causa nell’azione contigua tra le particelle di etere. Newton non<br />

intendeva prendere una decisione definitiva, anche perché, metodologicamente, per<br />

Newton la forza e la gravitazione erano un fatto irriducibile di esperienza. 123<br />

Nel quadro <strong>dell</strong>’analisi svolta da Jammer emerge che, prima che per Newton,<br />

anche per Keplero il concetto di forza ha svolto una funzione di convenienza per la<br />

spiegazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> connessione tra i cambiamenti di velocità del moto dei pianeti e le<br />

variazioni di distanza. Fu grazie al lavoro di Mach, Kirchhoff e Hertz che si completò il<br />

processo di eliminazione del concetto di forza dalla meccanica e questo fu possibile<br />

grazie allo sviluppo <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica matematica.<br />

Ora, quello che vale la pena considerare alla luce <strong>dell</strong>’analisi compiuta da<br />

Jammer, è il fatto che Kant attribuì al concetto di forza e alle relazioni possibili tra le<br />

forze proprio un ruolo di mediazione nel contesto <strong>dell</strong>’Übergang. Jammer indica nelle<br />

sue conclusioni come la forza non sia altro che uno strumento metodologico che<br />

permette lo studio di aspetti cinematici, prima e indipendentemente da ogni particolare<br />

situazione fisica dei corpi che sono presi in considerazione:<br />

The concept of force in contemporary physics plays the role of a methodological<br />

intermediate comparable to the so called middle term in the traditional syllogism. In order to<br />

show that “Socrates is mortal”, we introduce the middle term “man” and state the two premises:<br />

(I) All men are mortal; (2) Socrates is a man. In our final conclusion, “Socrates is mortal” the<br />

middle term “man” drops out. Likewise, to show or to predict that a certain body A moves on a<br />

certain trajectory B, when surrounded by a given constellation of bodies C, D,…, which may be<br />

gravitating, electrically charged, magnetized, and so forth, we introduce the middle term “force”<br />

and state the two “premises”: (I) the constellation C, D,…gives rise to a force F (according to<br />

the laws of motion) makes the body A move on the trajectory B. In our final conclusion, “Body<br />

A surrounded by C, D,…under the given circumstances, moves along trajectory B”, the middle<br />

term “force” again drops out. Instead of connecting directly the cinematic behaviour of body A<br />

with the arbitrarily given configuration C, D, …we are splitting the situation up, so to say, into<br />

two parts. 124<br />

Per Jammer, la particolarità <strong><strong>dell</strong>a</strong> formula ma = Φ (X) consiste nello svelare la<br />

doppia <strong>natura</strong> del concetto di forza.<br />

Da un lato una <strong>natura</strong> a priori, legata alla sua definizione, dall’altro lato<br />

empirica legata al fatto che ma, in quanto funzione di X, denota la configurazione come<br />

123 Cfr. Pecere (2009), pp. 293-294.<br />

124 Jammer (1957), p. 244.<br />

198


somma <strong>dell</strong>e masse gravitazionali, come cariche elettriche, come momenti magnetici,<br />

così come costellazioni geometriche. 125<br />

Di fatto però non esiste un unico corrispettivo empirico <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza, anzi tale<br />

concetto abbraccia un composto da determinare e da costruire matematicamente.<br />

Quanto più questo composto viene via via determinato, arricchito di caratteri che ne<br />

spiegano i nessi interni, tanto meno si rende necessario il concetto di forza.<br />

A questo punto si può avanzare un’ipotesi epistemologica e interpretativa<br />

<strong>dell</strong>’ultima produzione kantiana: l’esigenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematizzazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza è<br />

pienamente rispondente all’obiettivo perseguito nel Passaggio dai principi metafisici<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica.<br />

Kant colse perfettamente sia il problema <strong><strong>dell</strong>a</strong> mediazione, <strong><strong>dell</strong>a</strong> necessità di<br />

leggi ponte <strong>nella</strong> fisica, sia <strong><strong>dell</strong>a</strong> fondazione <strong>dell</strong>’applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica ad essa.<br />

Kant, dunque, sosteneva la <strong>natura</strong> parzialmente metafisica del concetto di forza,<br />

ma anche la necessità di considerarlo uno strumento per la spiegazione di fenomeni<br />

fisici colti dalla meccanica e, per attuare questo passaggio dalla sfera metafisica alla<br />

fisica, designò la matematica come lo strumento che poteva “tradurre” il concetto di<br />

forza <strong>nella</strong> <strong>natura</strong>.<br />

L’altro aspetto su cui vale la pena riflettere concerne il concetto di energia e il<br />

suo legame con quello di forza. A questo proposito Jammer sostiene che il concetto di<br />

forza era il comune denominatore di tutti i fenomeni fisici e sembrava un promettente<br />

strumento per ridurre tutti gli eventi fisici ad un’unica legge fondamentale. Poi<br />

aggiunge:<br />

But more important, perhaps, is that the concept of force was instrumental in the<br />

construction of the concept of energy, a notion whose contribution to a unified conception of<br />

physical phenomena is unquestioned. 126<br />

Il processo che ha portato alla trasformazione del concetto di forza <strong>nella</strong><br />

relatività ha condotto anche alla riduzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> gravità a forza fittizia, come accadde<br />

nel caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza centrifuga. La tesi di Jammer è anche un auspicio per la fisica,<br />

ovvero quello di sottoporre forze elettromagnetiche e nucleari allo stesso trattamento<br />

che Einstein riservò alla gravità, così da trovare una “unified field theory”. 127<br />

125 Jammer (1957), pp. 244-245.<br />

126 Jammer (1957), p. 243.<br />

127 Cfr. Jammer (1957), pp. 263-264.<br />

199


Questo coinciderebbe con la fine del concetto di forza <strong>nella</strong> fisica, che sebbene<br />

usato come un membro intermedio, ma necessario dalla meccanica classica, cesserebbe<br />

di occupare anche questa posizione in una teoria di campi unificata.<br />

Nonostante Kant non perseguisse certo un programma per una teoria unificata di<br />

campi e di forze, come ha sottolineato M. Morrison, 128 riconosceva però uno schema<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> tendenza (Tendenz) all’unificazione dei sistemi e <strong>dell</strong>e teorie e dunque anche <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

fisica come <strong>scienza</strong>. 129<br />

A fronte del problema epistemologico <strong><strong>dell</strong>a</strong> totalità che si è analizzato nel<br />

capitolo precedente, e <strong>dell</strong>o sviluppo storico <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica <strong>dell</strong>’epoca, risulta plausibile<br />

l’idea che Kant sia ricorso al concetto di energia, perché in grado di sintetizzare in fisica<br />

quel concetto di leibniziana memoria di “intensità” <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza, la cui differenza di grado<br />

determinava una differenziazione infinita <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia continua:<br />

Wenn alle Ursache der Bewegung bloß mathematisch nicht auch dynamisch geschätzt<br />

werden sollte so würde weil die bewegende Kraft = MC ist ob ich C vermindere und M um<br />

ebenso viel vermehre das facit ebenso ausfallen als ob ich C vermehrt und M um ebenso viel<br />

vermindert hätte. — Nun aber hört die Bewegung eines gegen die Richtung der Schwere<br />

bewegten Körpers mit einem Moment auf womit der Körper immer noch bewegende Kraft<br />

obgleich noch keine Bewegung hat wenn ich aber das Volumen desselben verringere so hört er<br />

mit dem gänzlichen Verschwinden des Volumens mit Nichts auf. Also muss die Quantität der<br />

Materie was das Reale derselben betrifft nicht nach dem Volumen sondern der energie der<br />

bewegenden Kraft geschatzt werden und alle Materialität hat einen Grad der äußer der Menge<br />

der Materie noch hinzu gedacht werden kann und die letztere kann in stetigen Materien<br />

unendlich verschieden sein weil die Materien der Qualität nach nämlich nach der Intensität ihrer<br />

Kraft verschieden sein können. — Oder man müsste annehmen keine Materie könne ein<br />

continuum sein müsse leere Zwischenräume in sich enthalten. 130<br />

La quantità <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia deve essere misurata per Kant secondo l’energia <strong>dell</strong>e<br />

forze motrici che sono differenti infinitamente nel continuo, poiché le materie possono<br />

essere diverse secondo l’intensità <strong>dell</strong>e forze che sprigionano. In base a quanto detto nel<br />

capitolo II, nell’Opus postumum Kant non basa la meccanica solo sulla Foronomia, ma<br />

anche e soprattutto sulla Dinamica.<br />

In più luoghi <strong>dell</strong>’Übergang Kant utilizza il termine “energia” (Energie)<br />

ponendolo alla base per la spiegazione <strong>dell</strong>’attività <strong>dell</strong>e forze motrici sia dei corpi che<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia cosmica.<br />

128 Morrison, (2008), pp.37-62.<br />

129 Morrison, (2008), pp. 37 segg.<br />

130 Opus postumum, KGS XXI, p. 466.<br />

200


In un primo passaggio Kant sostiene che le forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia possono<br />

essere considerate da un punto di vista foronomico o secondo la loro energia come<br />

cause efficienti degli spostamenti dei corpi.<br />

Ci si trova di fronte, dunque, ad una specificazione del concetto di forza,<br />

attraverso il concetto di energia, ancora una volta legato alla causalità:<br />

Die bewegende Kräfte der Materie und mit dieser auch der Körper können nach dem<br />

Förmlichen den Gesetzen der Bewegung derselben als Veränderungen ihrer Örter im Raum<br />

(phoronomisch) oder auch nach ihrer Energie als wirkende Ursachen dieser Veränderungen d. i.<br />

ihrem Gehalte nach erwogen werden welcher wenn er nur durch Erfahrung erkennbar ist<br />

physisch//dynamische Anfangsgründe enthält; da dann diese von den mathematischen als<br />

welche gänzlich auf Prinzipien a priori beruhen (z. B. Newtons Philosophiae <strong>natura</strong>lis principia<br />

mathematica) abzusondern sind indem sie bloß das Formale der bewegenden Kräfte<br />

enthalten. 131<br />

Kant specifica la compatibilità di questo duplice approccio <strong>nella</strong> valutazione<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> quantità di materia, in quanto essa può essere considerata come grandezza<br />

estensiva, ma anche intensiva:<br />

Ebenso die letztere Quantität soweit ich will verkleinern u. jenes Moment vergrößern.<br />

Die Quantität der Materie ist also so wohl extensiv als intensiv zu schätzen und wenn in<br />

gleicher Höhe vom attraktionspunkt das Volumen mag sein welches es wolle die bewegende<br />

Kraft an demselben Hebelarm größer ist so ist die Quantität der Materie mathematisch für<br />

dieselben anzunehmen obzwar es möglich wäre dass auch die Qualität derselben nämlich<br />

größere Energie der einen über die Andere nicht die bloße Menge die Ursache davon wäre. 132<br />

Ma l’analisi di Kant si spinge oltre, quando lega esplicitamente il concetto di<br />

energia alla materia cosmica per rappresentarne meglio il carattere universale e per<br />

svelare il carattere strumentale anche del concetto di contatto (Berührung), che va<br />

pensato come determinazione <strong>dell</strong>o spazio:<br />

Die Attribute dieses Stoffes (weil er allbefassend einzeln (unica) und die Basis aller<br />

zur Einsicht des Objects der (einen) Erfahrung ist) sind nun nach dem Satz der Identität gegeben<br />

nämlich dass er allverbreitet, alldurchdringend und allbewegend ist (nicht aber<br />

dass er selbst in seinem Platze beweglich (locomotiva d. i. Ortverändernd) und es als ein solcher<br />

notwendig d. i. auch alldaurend ist. Denn Sempiternitas est neceßitas phaenomenon. Mann<br />

nennt diesen Stoff Wärmestoff; nicht darum dass er Wärme um sich verbreitet denn diese<br />

kann bei aller jener Energie desselben in Beziehung auf die Körper in die er wirkt ganz mangeln<br />

wie sie denn auch eine Wirkung ist die sich nur aufs Gefühl subjektiv nicht auf das Objekt<br />

der Vorstellung bezieht sondern weil eine seiner Tätigkeiten darin besteht diesen Zustand<br />

zu bewirken anstatt dessen man das Vermögen Körper die er durchdringt auszudehnen diese<br />

Materie besser in völliger Allgemeinheit bezeichnen würde. Daher denkt man sich a priori in<br />

einem erwärmten Raum könne kein Teil desselben kalt bleiben und jene Materie müsse diese<br />

131 Opus postumum, KGS XXI, p. 352.<br />

132 Opus postumum, KGS XXI, p. 436.<br />

201


Wirksamkeit notwendig außerhalb mittheilen, wenn außer ihr etwas ist was mit ihr eine<br />

gemeinschaftliche Grenze hat. Das Wort Berührung findet hiebei nicht statt (weil es schon<br />

eine bewegende Kraft in seinem Begriffe enthält): es müsste denn wie der angulus contactus in<br />

der Geometrie eine bloße Raumesbestimmung nicht Naturbestimmung einer Materie gedacht<br />

werden Eine andere Benennung würde eben dieselbe auch am Lichtstoffe erhalten der auch<br />

gewisse Körper durchdringend angetroffen wird, und eben so Gemeinschaft der bewegenden<br />

Kräfte der Materie der Weltkörper bewirkt; alle diese Begriffe aber zwecken darauf ab um ein<br />

materielles Prinzip der Einheit möglicher Erfahrung welche alle Erfahrungen zu Einer<br />

verbindet, zu haben ohne welche und deren Form kein Zusammenhangendes Ganze der<br />

Erfahrung die alsdann nur Aggregat der Wahrnehmungen nicht Erfahrung als System sein<br />

würde statt findet. 133<br />

Questo passo merita un’attenta valutazione, perché è in grado di fornire la<br />

ragione del ricorso all’etere per fondare la cosmologia dinamica di epoca tarda.<br />

In primo luogo, la presupposizione <strong>dell</strong>’etere serve per poter pensare a priori le<br />

parti di uno spazio non soggette a completo raffreddamento, perché questa materia<br />

cosmica è in grado di trasferire calore e luce ai corpi.<br />

Se pensato come riempiente tutto lo spazio cosmico, l’etere e le forze motrici<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia insieme, formano un principio materiale <strong>dell</strong>’unità <strong>dell</strong>’esperienza<br />

possibile 134<br />

che riunisce tutte le esperienze in una sola esperienza, vale a dire in un<br />

sistema <strong>dell</strong>’unità e <strong>dell</strong>’universalità collettiva.<br />

In secondo luogo, l’universo kantiano non risponde solamente alle forze di<br />

attrazione e repulsione, come i suoi immediati successori e numerosi interpreti hanno<br />

ritenuto.<br />

È evidente che Kant avesse fatto propri gli studi sulla convezione e li avesse<br />

inseriti nel quadro <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua cosmologia e di uno spazio cosmico.<br />

Questo si evince sia dal fatto che Kant fornisce una definizione del concetto<br />

fisico e geometrico di contatto, sia dal fatto che già nel 1755 aveva definito l’esistenza<br />

di una legge fisica statica (o idrostatica) <strong>dell</strong>’universo per determinare i diversi gradi di<br />

densità <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, accompagnandola ad una visione <strong>dell</strong>e leggi <strong>dell</strong>’interazione<br />

chimica e <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza repulsiva capace di creare diversi stati di aggregazione. Non<br />

stupisce, poi, che Kant attribuisca all’etere caratteri chimici tipici dei fluidi e dei gas e<br />

utilizzi il nome Basis per classificarla.<br />

Infatti, il fenomeno <strong><strong>dell</strong>a</strong> convezione termica<br />

contatto con un corpo la cui temperatura è maggiore <strong><strong>dell</strong>a</strong> propria.<br />

si ha quando un fluido entra in<br />

Aumentando la temperatura, il fluido a contatto con l'oggetto si espande e<br />

diminuisce di densità, e sale verso l’alto ( principio di Archimede)<br />

dal momento che,<br />

133<br />

Opus postumum, KGS XXI, pp. 584-5.<br />

134<br />

Principio che Kant si augurava di rinvenire già <strong>nella</strong> terza Critica. Cfr. infra, Capitolo III.<br />

202


essendo meno denso, pesa anche di meno. In questo modo si generano dei moti<br />

convettivi in cui il fluido caldo sale verso l’alto e quello freddo scende verso il basso.<br />

Sarà ora il fluido sceso in basso a scaldarsi perché a contatto con il corpo più caldo e<br />

quello migrato verso l’alto a raffreddarsi di nuovo, dando vita ad un nuovo scambio. 135<br />

C’è un aspetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> convezione che merita considerazione, cioè quello <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua<br />

determinabilità sotto l’azione <strong><strong>dell</strong>a</strong> gravitazione.<br />

Poiché il fenomeno <strong><strong>dell</strong>a</strong> convezione necessita di un orientamento nello spazio,<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> definizione di un sopra e un sotto e di una superficie di contatto, questo fenomeno<br />

non si da al di fuori di un campo gravitazionale. All’epoca di Kant non c’era evidenza<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> consapevolezza di questo aspetto.<br />

Tuttavia, risulta molto interessante che la cosmologia di epoca tarda mantenga la<br />

definizione <strong>dell</strong>e regioni <strong>dell</strong>o spazio cosmico a partire dall’orizzonte del piano <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

Via Lattea e, in secondo luogo, che, per Kant, uno spazio in espansione dovesse essere<br />

pensato come riempito di materia per poter trasferire luce, calore ed energia.<br />

Questa visione implicava chiaramente sul piano teoretico una filosofia<br />

<strong>dell</strong>’Übergang, del passaggio o del transito.<br />

Nell’Opus postumum si ritrova un passo rilevante per questo, sebbene di<br />

significato oscuro e quasi pittoresco, se non si collega ad un quadro più generale:<br />

Principium continui Logicum Leibnitzii suppositio geometrica. Qvicqvid valet de<br />

corore in aliud molem impingens qvarunqve hoc celeritate moventis valet etiam si hoc vt<br />

qviescens aßumseris. Nam quies est motus infinite parvus. Haec regula autem ipsum redarguit<br />

auctorem in quaestione de omnibus vivis. Princip. continui transßc. Non datur progreßus a<br />

ratione data ad realiter oppositam secundum regulam nisi per intermedium determinationis quae<br />

aeqvivalet ziphoni s. nullitati vtriuspve h.e. indifferens, e.g. in oscillatione — in magnete — (in<br />

transitu a vitio ad virtutem —) in transitu a voluptate ad taedium. 136<br />

L’universo può essere così determinato anche attraverso le leggi <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

termodinamica, che avrebbero svelato l’importanza fondamentale <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

135 Per esempio all’interno del Sole, il calore si propaga soprattutto per convezione. La temperatura al<br />

centro può raggiungere livelli tali <strong>nella</strong> fase protostellare da determinare l’innesco <strong><strong>dell</strong>a</strong> fusione del<br />

deuterio, che mantiene caldo il centro <strong><strong>dell</strong>a</strong> protostella e produce lo sviluppo del fenomeno <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

convezione. La convezione agisce attraverso lo sviluppo di movimenti di masse di gas che producono sia<br />

il livellamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> temperatura <strong>nella</strong> regione interessata dal fenomeno, che il rimescolamento <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia e la omogeneizzazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione chimica <strong>nella</strong> stessa zona. Anche se il processo di<br />

fusione del deuterio si esaurisce in breve tempo, la convezione invece prosegue, favorita dal fatto che la<br />

stella in formazione, è capace di emettere una intensa radiazione, che si propaga verso l’esterno dalla sua<br />

superficie. Per questo motivo la superficie <strong><strong>dell</strong>a</strong> stella si raffredda rapidamente; in tal modo è il dislivello<br />

di temperatura, che si crea tra gli strati esterni e quelli interni <strong><strong>dell</strong>a</strong> stella divenuta ormai visibile, a<br />

mantenere attiva la convezione.<br />

136 Opus Postumum, KGS XXI, p. 461.<br />

203


forza viva di Leibniz, come nucleo concettuale e matematico di base per la definizione<br />

<strong>dell</strong>’energia cinetica.<br />

A questo punto si possiedono sufficienti elementi per procedere all’analisi <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere, evidenziando le <strong>questioni</strong> <strong>epistemologiche</strong> che ne<br />

costituiscono il sostrato e la ragione per cui Kant volle dedicare ad essa così tanta<br />

attenzione.<br />

204


CAPITOLO V<br />

LA PROVA DELL’ESISTENZA DELL’ETERE: IL<br />

CONCETTO DI “ESPERIENZA” TRA EPISTEMOLOGIA E<br />

Premessa<br />

METAFISICA<br />

Nel corso <strong>dell</strong>’analisi svolta dalla ricerca si è tentato di dare un quadro<br />

complessivo <strong>dell</strong>e <strong>questioni</strong> <strong>epistemologiche</strong> aperte dalla Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà del<br />

giudizio e <strong><strong>dell</strong>a</strong> risposta che Kant ha cercato di elaborare in un’opera, che, seppure<br />

postuma, ha assunto ormai un’importanza capitale per gli studi kantiani.<br />

Il Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica è<br />

capace, infatti, di racchiudere in sé i risultati del criticismo e di applicarli concretamente<br />

alla scienze <strong>natura</strong>li, grazie alla prospettiva epistemologica aperta dalla terza Critica.<br />

In questa parte conclusiva <strong><strong>dell</strong>a</strong> ricerca si prende in esame la prova <strong>dell</strong>’esistenza<br />

<strong>dell</strong>’etere, il significato che essa assume e le sue eventuali ricadute sull’intero sistema<br />

kantiano e il suo oggetto.<br />

I fenomeni legati al calore, in particolare alla sensazione del calore, alla<br />

dilatazione e all’espansione dei corpi, furono presi in grande considerazione dalla<br />

<strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> moderna. Vi erano in particolare due alternative che si<br />

contendevano la spiegazione di questi fenomeni. La prima, sostenuta anche da<br />

Gassendi, presupponeva l’azione di una materia del calore (Wärmematerie) sottile ed<br />

205


elastica. La seconda, abbracciata da Bacone, spiegava tali fenomeni attraverso il<br />

movimento di parti microscopiche dei corpi.<br />

Nella letteratura scientifica tedesca del XVIII secolo, dominava la teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia del calore (Stofftheorie), supportata tra gli altri da Wolff, Eberhard, Erxleben e<br />

Karsten. 1 Tutte fonti che Kant aveva presenti. Oltre a queste, già in epoca precritica,<br />

Kant prese in grande considerazione gli studi sul fuoco di Boerhaave, contenuti in<br />

Elementa chemiae del 1732. 2<br />

L’uso del termine Wärmestoff come sinonimo del temine francese “calorique” è<br />

3<br />

di epoca più tarda ed è attestato verso la fine degli anni ’80 del XVIII secolo. Sino ad<br />

allora si erano alternati termini come Elementarfeuer, Feuerelement e Materie des<br />

Feuers, a cui si attribuivano diversi significati, proprio in mancanza di una teoria del<br />

calore unificata, per la quale si doveva aspettare lo studio di Lavoisier e Laplace e la sua<br />

conseguente diffusione nel Continente. Questi termini potevano indicare o un fluido<br />

sottile che soggiaceva a specifici fenomeni del calore o un materiale capace di dar conto<br />

anche dei fenomeni <strong><strong>dell</strong>a</strong> luce, finanche a identificarsi con l’etere stesso.<br />

È importante notare come prima del 1770 questo materiale o Elementarfeuer non<br />

fosse ritenuto una sostanza che permettesse il legame chimico con altre sostanze e si<br />

distinguesse così dal flogisto, che invece era considerato una sostanza chimica a tutti gli<br />

effetti capace di contenere il materiale del fuoco.<br />

Con gli sviluppi <strong><strong>dell</strong>a</strong> chimica di Black e De Luc successivi al 1770 e ai loro<br />

studi sul calore libero e il calore latente, dominò per un decennio la teoria del materiale<br />

del calore in generale, da cui il fenomeno del calore latente venne inteso in analogia alla<br />

neutralizzazione dei legami chimici e, dunque, l’elemento del fuoco di regola venne<br />

concepito come una sostanza chimica. 4<br />

A questa fase ne seguì una posteriore agli studi di De Luc e Black. Il calorico<br />

venne inteso come una materia sottile che con il suo movimento ondulatorio poteva<br />

spiegare i fenomeni del calore. Questa visione si distingue però ancora dall’accezione<br />

1<br />

C. Wolff, Vernünftige Gedanken von den Wirkungen der Natur. Physik I, Halle 1723, §§ 72 segg.; J. P.<br />

Eberhard, Erste Gründe der Naturlehre, Halle 1753, §§ 311 segg.; J. C. Erxleben, Anfangsgründe der<br />

Naturlehre, Göttingen 1772, §§ 449 segg.; 478; W. J. Karsten, Anleitung zur gemeinnuetzlichen<br />

Kenntniss der Natur besonders für angehende Ärzte, Kameralisten und Oeconomen, Halle 1783 §§<br />

15;137.<br />

2 Come riporta anche E. Adickes, Zur Lehre von der Wärme von Fr. Bacon bis Kant, in Kant-Studien, 27,<br />

1922, pp. 328-368.<br />

3<br />

Guyton de Morveau, Lavoisier, Berthollet, Fourcroy, Méthode de nomenclature chimique, Paris 1787. Il<br />

testo venne tradotto in tedesco nel 1793.<br />

4<br />

Cfr. F. Rosenberger, Die Geschichte der Physik in Grundzügen : mit synchronistischen Tabellen der<br />

Mathematik, der Chemie und beschreibenden Naturwissenschaften sowie der allgemeinen Geschichte,<br />

Braunschweig 1882 – 1890, vol. II, pp. 345 segg.<br />

206


più tarda di Wärmestoff: attraverso la mera accumulazione di riscaldamento e sulla base<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> forza repulsiva <strong>dell</strong>e sue particelle si riteneva capace di causare la dilatazione dei<br />

corpi riscaldati, così come il mutamento degli stati di aggregazione. 5<br />

Kant ha abbracciato nel De Igne e nel Tentativo per introdurre <strong>nella</strong> filosofia il<br />

concetto <strong>dell</strong>e quantità negative la teoria di Gassendi di una Wärmematerie, perché<br />

identificava l’Elementarfeuer con l’etere e con la materia <strong><strong>dell</strong>a</strong> luce e del calore, in vista<br />

anche <strong><strong>dell</strong>a</strong> spiegazione dei fenomeni elettrici e magnetici. 6<br />

Alla fine degli anni ’70, invece, Kant tende a distinguere l’etere e la materia del<br />

calore (calorico). Quest’ultima viene designata come un materiale ipotetico, di cui gli<br />

scienziati si servono per la spiegazione di certi fenomeni. Sulla <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>’etere, invece,<br />

l’elaborazione tarda <strong><strong>dell</strong>a</strong> posizione kantiana troverà sbocco nei tentativi <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> sua esistenza nel Passaggio dai primi principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

alla fisica.<br />

Come si è anticipato, <strong>nella</strong> produzione kantiana l’ipotesi <strong>dell</strong>’etere è sempre<br />

stata al centro <strong>dell</strong>e riflessioni sulla fisica. In Meditationum quarundam de igne<br />

succincta delineatio, Kant presenta l’etere come ipotesi, simile a quello ammesso da<br />

Eulero, e teorizzato dal Newton <strong><strong>dell</strong>a</strong> Query 31 <strong>dell</strong>’Ottica, costituito di particelle<br />

microscopiche discrete.<br />

Figura 5.1 Immagine tratta dal De Igne (1755)<br />

In Allgemeine Naturgeschichte und Theorie des Himmels, Kant pone alla base<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> sua ipotesi cosmologica l’esistenza di una materia originaria, diffusa in tutto lo<br />

spazio, in cui l’interazione <strong>dell</strong>e forze newtoniane produce la formazione dei corpi<br />

celesti.<br />

5<br />

Cfr. R. Fox, The caloric theory of gases: from Lavoisier to Regnault, Oxford 1971, Cap. I.<br />

6<br />

Cfr. De igne, KGS I, p. 377; Versuch den Begriff der negativen Größen in die Weltweisheit einzuführen,<br />

KGS II, p. 187.<br />

207


Ma la ricerca newtoniana sull’etere trovava un illustre predecessore. Infatti, il<br />

problema fisico <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova <strong>dell</strong>’esistenza di una materia cosmica onnipenetrante e<br />

semovente compare già <strong>nella</strong> riflessione di Francis Bacon. Il filosofo <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

inglese, molto apprezzato da Kant, come testimonia l’esergo <strong><strong>dell</strong>a</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione<br />

pura, è definito come il primo e il più grande scienziato <strong><strong>dell</strong>a</strong> modernità nell’edizione<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> Logik Jäsche. 7<br />

L’idea di una materia cosmica e la negazione del vuoto, così come la critica<br />

all’atomismo, sono i caratteri salienti del sistema del mondo di Bacone:<br />

Neque propterea res deducetur ad Atomum, qui praesupponit vacuum et materiam non<br />

fluxam (quorum utrumque falsum est), sed ad particulas veras, quales inveniuntur. 8<br />

La letteratura secondaria ha esplorato il legame tra Kant e Bacone e, in virtù di<br />

numerosi studi, è possibile mostrare come questa influenza abbia lasciato il segno anche<br />

nelle pagine <strong>dell</strong>’Opus postumum. In Bacon und Kant, Kim ha ricostruito il rapporto di<br />

Kant con le opere e il pensiero di Bacone. 9 L’aspetto che risulta di particolare interesse,<br />

consiste nel fatto che Kant sembra essere ispirato da Bacone, laddove per provare<br />

l’esistenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia cosmica, ricorre alla negazione del vuoto ed assume il carattere<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> fluidità (Flüssigkeit) come primario per la determinazione di essa. Anche la<br />

polemica con l’atomismo, sostenuta in più pagine manoscritte, riprende le<br />

argomentazioni baconiane. 10<br />

Sebbene Bacone sia stato senza dubbio fonte di ispirazione per Kant, in<br />

generale, la riflessione sull’etere attraversa un’evoluzione che rispecchia lo stato di<br />

11<br />

incertezza <strong>dell</strong>e ipotesi dominanti <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> del tempo. Come si è visto nel caso<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> storia <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria del calore, così che <strong>nella</strong> produzione kantiana si riscontrano<br />

diversi modi di definirne lo statuto.<br />

7<br />

Logik Jäsche, KGS IX, p. 32.<br />

8<br />

F. Bacon, Novum Organon, II, p. 8. Cfr. infra, Capitolo II, §2.2.<br />

9<br />

Shi-Hyong Kim, Bacon und Kant. Ein erkenntnistheoretischer Vergleich zwischen dem "Novum<br />

Organum" und der "Kritik der reinen Vernunft", Berlin 2008.<br />

10<br />

Cfr. Kim (2008), pp. 65-66, in cui ricostruisce la posizione di Adickes sul rapporto di Kant con Bacone;<br />

pp.132-133 per la trattazione del rapporto tra materia e intuizione nei due autori; pp. 149-150 per il<br />

rapporto tra intuizione e oggetto del senso esterno; pp. 235 e segg. per la relazione tra fisica e metafisica<br />

in Bacone. Nel 1790 Maimon scrisse un piccolo saggio sull’argomento. Cfr. S. Maimon, Baco und Kant,<br />

1790, in Gesammelte Werke, vol. II, a cura di V. Verra, Hildesheim 1965-1976, pp. 499-522.<br />

11<br />

Cfr. Heilbron, pp. 44-45.<br />

208


Nella Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura sono presenti dei riferimenti inequivocabili alla<br />

materia onnipenetrante che fonda a livello cosmico l’azione <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia e la possibilità di conoscerle 12<br />

. Anche <strong>nella</strong> Kritik der Urtheilskraft si legge:<br />

Così l’etere dei nuovi fisici, un fluido elastico che penetra tutte le altre materie (con esse<br />

internamente mescolato), è solo una cosa <strong>dell</strong>’opinione, ma pur sempre del tipo per cui, se i<br />

sensi esterni fossero acuiti in sommo grado, esso potrebbe essere percepito, e che però non mai<br />

può essere esibito in una qualsiasi osservazione o esperimento. 13<br />

Nelle pagine manoscritte <strong>dell</strong>’Übergang von den Metaphysischen<br />

Anfangsgründen der Naturwissenschaft zur Physik merita un’analisi attenta la prova<br />

<strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere, 14 che Kant individua come il principio materiale (Urstoff o<br />

Weltstoff), su cui basare il sistema <strong>dell</strong>e forze motrici per la <strong>scienza</strong> del Passaggio dai<br />

principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica. 15<br />

Si tratta di vedere se Kant non contravvenga con la prova <strong>dell</strong>’esistenza<br />

<strong>dell</strong>’etere ad uno degli assunti fondamentali del criticismo, secondo cui la<br />

determinazione completa di un concetto non implica l’esistenza <strong>dell</strong>’oggetto<br />

corrispondente ad esso. Ma se anche si dimostrasse che la prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere<br />

fosse congruente con l’idealismo trascendentale, comunque ci viene riconsegnata la<br />

filosofia di Kant sotto una luce diversa.<br />

La letteratura che si è confrontata sull’argomento e le posizioni che emergono<br />

non sono ancora riuscite a concordare su alcuni punti centrali. 16<br />

In primo luogo sulla<br />

valenza che la prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere assume per la metafisica e per la filosofia<br />

trascendentale, in quanto prova indiretta, ipotetica e unica nel suo genere. In secondo<br />

luogo, occorre stabilire se Kant sia autorizzato o meno a postulare l’esistenza <strong>dell</strong>’etere<br />

e, infine, su quale base Kant possa parlare <strong>dell</strong>’etere come concetto <strong>dell</strong>’unità collettiva<br />

<strong>dell</strong>’esperienza. Più in generale, l’intento di questo capitolo consiste nell’affrontare<br />

l’analisi di alcuni passaggi salienti <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere, tentando di<br />

offrire <strong>dell</strong>e risposte sui punti esposti, collocandoli all’interno di una riflessione e di una<br />

12<br />

Cfr. KrV, A 649-50/B 677-78.<br />

13<br />

KdU, p. 299.<br />

14<br />

Nell’Opus postumum appaiono numerose versioni <strong><strong>dell</strong>a</strong> trattazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere.<br />

I passi più significativi e completi nell’argomentazione sono contenuti in KGS XXI, pp. 582-610.<br />

15<br />

Cfr. Opus postumum, KGS XXI, p. 600.<br />

16<br />

Fondamentali sono da considerarsi gli studi di P. Guyer, Kant’s System of Nature and Freedom, Oxford<br />

2005; M. Friedman, Kant and the Exact Sciences, Cambridge-London 1992; J. Edwards, Substance,<br />

Force and the Possibility of Knowledge: On Kant’s Philosophy of Material Nature, Berkeley 2000; S.<br />

Marcucci, Kant e la conoscenza scientifica, Lucca 1988; V. Mathieu, La filosofia trascendentale e<br />

l’“Opus postumum” di Kant, Torino 1958; B. Tuschling, Metaphysische und Transzendentale Dynamik<br />

in Kants Opus postumum, Berlin 1971.<br />

209


icostruzione più ampia <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia kantiana, che tenga conto sia <strong><strong>dell</strong>a</strong> configurazione<br />

del rapporto <strong>dell</strong>’Io con la materia, sia <strong><strong>dell</strong>a</strong> visione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. In<br />

secondo luogo, il concetto stesso di esperienza (Erfahrung) viene modificato dallo<br />

scopo <strong>dell</strong>’ultima opera e con esso si configura un’idea <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> molto più<br />

complessa di quello che le pagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura avevano proposto.<br />

L’universalità collettiva <strong>dell</strong>’esperienza, da un lato, e la strategia kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

costruzione di mo<strong>dell</strong>i scientifici, dall’altro, sono la cornice entro cui la prova<br />

<strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere vuole essere inquadrata, al fine di mettere a fuoco da un punto<br />

di vista epistemologico i concetti di materia e <strong>dell</strong>e sue forze motrici. 17<br />

Questa cornice,<br />

come anticipato nel capitolo IV, non è quella <strong><strong>dell</strong>a</strong> vulgata: le forze di attrazione e<br />

repulsione non sono la sola ragione per spiegare il mondo, ad esse vanno unite in un<br />

unico sistema le leggi <strong><strong>dell</strong>a</strong> termologia e il principio di continuità.<br />

5.1 La prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere: una prova apagogica<br />

Nell’Übergang, in virtù <strong><strong>dell</strong>a</strong> tendenza asintotica tra metafisica e fisica, si ha<br />

uno sdoppiamento di piani da cui può essere considerato l’etere, così che esso è assunto<br />

come un postulato 18 per il passaggio dalla metafisica alla fisica, ma costituisce una mera<br />

ipotesi per lo scienziato che procede mediante osservazione e ed esperimento. 19<br />

Questa duplicità di piani si riferisce al duplice modo <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione di trattare<br />

oggetti del pensiero o in relazione tra loro o in relazione alle facoltà umane.<br />

E’ lo stesso Kant a dire, infatti, che trattato direttamente l’etere sarebbe provato<br />

<strong>nella</strong> sua esistenza solo ipoteticamente, come la <strong>scienza</strong> contemporanea stava cercando<br />

di fare. 20<br />

17<br />

Cfr. Friedman (1992), pp. 213 segg.; Edwards (2000), pp. 93 segg. ; Förster (2000), pp. 75-147; Pecere<br />

(2009), pp. 730-774, per la trattazione <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia con un approccio storico e di<br />

ricostruzione <strong>dell</strong>e diverse fasi di elaborazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere.<br />

18<br />

Opus postumum, KGS XXI, p. 219: “Der empfindbare Raum, der Gegenstand der empirischen<br />

Anschauung desselben ist der Inbegriff der bewegenden Kräfte der Materie ohne welche er kein<br />

Gegenstand möglicher Erfahrung und als leer gar kein Sinnenobjekt sein würde. Dieser Urstoff der bloß<br />

in Gedanken da ist mit der Eigenschaft die wir ihm beilegen müssen uranfänglich bewegend zu sein ist<br />

nun kein hypothetisches Ding auch nicht ein Erfahrungsobjekt denn da würde dieser zur Physik gehören<br />

hat aber doch Realität und seine Existenz kann postuliert werden weil ohne die Annahme eines solchen<br />

Weltstoffs und der bewegenden Kräfte desselben der Raum kein Sinnenobjekt sein und Erfahrung über<br />

dasselbe weder bejahend noch verneinend statt finden würde. — Von einem solchen formlosen alle<br />

Räume durchdringenden nur durch die Vernunft zu bewährenden Urstoffe von welchem wir nichts mehr<br />

als bloß im Raume verbreitete und alldurchdringende bewegende Kräfte denken lässt sich seine<br />

Wirklichkeit auch vor der Erfahrung mithin a priori zum Behuf möglicher Erfahrung postulieren”.<br />

19<br />

Cfr. KrV, A 613-14/B 641-42. In queste pagine Kant sostiene che l’etere rimanga un fondamento<br />

insondabile per lo scienziato <strong>natura</strong>le.<br />

20<br />

Cfr. M. Gliozzi, Storia <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica, pp. 420; 448.<br />

210


Ma non è certo da un punto di vista empirico che Kant pretende di provare<br />

l’esistenza <strong>dell</strong>’etere: non si tratta affatto di provare l’esistenza quoad materiale di esso.<br />

L’etere trattato indirettamente, cioè quoad formale, secondo principi a priori,<br />

possiede lo statuto di una cosa (Ding), la cui esistenza viene presupposta nel pensiero,<br />

in favore <strong>dell</strong>’esperienza, attraverso una prova di <strong>natura</strong> ipotetica e secondo principi a<br />

priori:<br />

[…] Eine Materie annehmen deren Gegenstand das Ganze aller möglichen Erfahrung d.<br />

i. ein alldurchdringender allverbreiteter und allbewegender Weltstoff ist der zwar direkt<br />

betrachtet bloß ein hypothetischer Stoff ist (Wie etwa die welcher man den Nahmen des<br />

Wärmestoffs gibt) denn seine Annahme soll nicht auf Erfahrung gegründet sein wird aber auch<br />

nicht zum Prinzip der Erklärung gewisser Phänomene willkürlich verwandt: — indirekt aber ist<br />

er als formales Prinzip der Möglichkeit des Ganzen der Erfahrung überhaupt ein zum System<br />

der bew. Kr. notwendig mithin a priori gegebener Stoff der allen bewegenden Kräften der<br />

Materie im Elementarsystem derselben zur Basis dient. 21<br />

L’etere non è quindi trattato come ipotesi, bensì come principio formale <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

possibilità del tutto materiale <strong>dell</strong>’esperienza in generale. Questo viene considerato<br />

come la materia (il mobile nello spazio) posta a priori e necessaria al sistema <strong>dell</strong>e forze<br />

motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia stessa, diventando quindi la loro base (Basis) nell’Elementar<br />

System.<br />

L’analisi di queste pagine manoscritte, tra le più complesse e commentate<br />

<strong>dell</strong>’intero corpus kantiano, non può non partire, pertanto, dalla domanda sullo statuto<br />

di questa prova, che Kant stesso definisce in primo luogo come “indiretta e unica nel<br />

suo genere”. L’unicità di questa prova deriva dal fatto che per Kant il ricorso a prove<br />

apagogiche in filosofia é sconsigliato. Le prove indirette o apagogiche procedono per<br />

modus tollens, il cui modo di inferire procede tramite la falsificazione del<br />

contraddittorio, partendo dalle premesse “se p allora q” e “non-q” facendo seguire la<br />

conclusione “non-p”. 22<br />

Nel caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere, Kant ritiene necessario giungere<br />

alla verità <strong><strong>dell</strong>a</strong> proposizione <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere mediante le sue conseguenze e<br />

secondo una <strong>dell</strong>e regole formali del modo di inferire indiretto o apagogico, enunciata<br />

anche <strong>nella</strong> Logik:<br />

21 Opus postumum, KGS XXI, p. 543.<br />

22 Cfr. Logik Jäsche, KGS IX, p. 106; KrV, A 791/B819; M. Capozzi, Kant e la logica, vol. I, Napoli<br />

2002, pp. 437-438, in particolare p. 438, in cui si nota come “Kant non solo distingue fra il modus tollens<br />

e la prova indiretta che ne fa uso, ma pone in luce che <strong>nella</strong> prova indiretta: 1) si assume la contraddittoria<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> proposizione da provare, 2) se ne trae una conseguenza, 3) si mostra che tale conseguenza è falsa, 4)<br />

si conclude applicando il modus tollens – che la contraddittoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> proposizione assunta è falsa, 5) per<br />

il principio del terzo escluso si prova apagogicamente che la proposizione che si voleva provare è vera”.<br />

211


Dalla verità <strong><strong>dell</strong>a</strong> conseguenza si può inferire la verità <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza come<br />

fondamento, ma solo negativamente: se da una conoscenza segue una conseguenza falsa, la<br />

conoscenza stessa è falsa. 23<br />

L’esistenza <strong>dell</strong>’etere, come materia onnipenetrante, riempiente completamente<br />

lo spazio cosmico, è ottenuta negando l’esistenza del suo opposto contraddittorio,<br />

ovvero che lo spazio vuoto esista in senso assoluto, poiché il non essere non può essere<br />

percepito e, dunque, non può essere conosciuto.<br />

Il cuore <strong>dell</strong>’argomentazione è costituito dalla convinzione di Kant che se lo<br />

spazio non fosse riempito di materia non ci potrebbe essere esperienza:<br />

Vom leeren Raum kann es keine Erfahrung, auch keinen Schluss auf das Objekt<br />

derselben geben. Von der Existenz einer Materie belehrt zu sein dazu bedarf ich Einfluss einer<br />

Materie auf meine Sinne. Der Satz also: es gibt leere Räume kann nie ein weder mittelbarer<br />

noch unmittelbarer Erfahrungssatz sein: sondern ist bloß vernünftelt. 24<br />

L’esistenza <strong>dell</strong>o spazio vuoto assoluto, in sostanza, non può essere un giudizio<br />

d’esperienza né direttamente, né indirettamente, e, sebbene Kant ne avesse indicato<br />

<strong>nella</strong> Fenomenologia la funzione regolativa, non può certo essere un principio<br />

determinante in vista <strong>dell</strong>’esperienza e <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. 25<br />

Ma la prova indiretta non si arresta all’uso del modus tollens. Essa procede nel<br />

provare la verità <strong><strong>dell</strong>a</strong> proposizione che asserisce l’esistenza <strong>dell</strong>’etere secondo il<br />

principio del terzo escluso.<br />

Ovviamente tale principio è un criterio puramente formale dotato di una <strong>natura</strong><br />

logica e, come anche nel caso del principio di ragion sufficiente, non intrattiene alcun<br />

rapporto con la realtà effettiva <strong>dell</strong>e cose, ma riguarda la loro semplice possibilità in<br />

base a concetti. Nel caso in questione, infatti, l’etere viene intesa come Ding, come cosa<br />

del pensiero, e non come Sache o Erscheinung, tanto che Kant giunge a sostenere che il<br />

nome ad esso attribuito (etere o calorico) potrebbe anche essere diverso, e che deve<br />

solamente essere assunta la <strong>natura</strong> direttamente impercettibile di esso.<br />

Ora, per Kant, la prova <strong>dell</strong>’esistenza di una cosa che non è immediatamente<br />

percepibile può essere indiretta secondo principi <strong>dell</strong>’accordo (Zusammenstimmung o<br />

23 Logik Jäsche, KGS IX, p. 52.<br />

24 Opus postumum, KGS XXI, p. 600.<br />

25 Questa posizione emerge già nell’ultima sezione dei Metaphysische Anfangsgründe der<br />

Naturwissenschaft del 1786. Kant ammette però, nell’ultima fase <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua produzione, che sia dato un<br />

vuoto di materia, o meglio un’impercettibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia per spiegare certi fenomeni fisici, dal punto di<br />

vista meccanico.<br />

212


Zusammenhang) del concetto di questa esistenza con le sole determinazioni<br />

<strong>dell</strong>’esperienza possibile:<br />

Beweise der Existenz eines Dinges welches nicht unmittelbar als Sinnenobjekt<br />

perceptibel ist können auf zweierlei Art geführt werden: entweder direkt aus Gründen der<br />

Erfahrung oder indirekt aus Prinzipien der Zusammenstimmung des Begriffs dieser Existenz<br />

bloß mit den Bedingungen möglicher Erfahrung. Im ersteren Falle ist er empirisch begründet im<br />

zweiten stützt er sich auf Begriffen a priori. 26<br />

L’esistenza <strong>dell</strong>’etere non è certamente provata a partire dall’esperienza, ma<br />

neppure è sufficiente ricorrere esclusivamente a criteri formali di verità per conferire<br />

oggettività ed effettualità al concetto di etere. Per porre adeguatamente le premesse<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> prova occorre ricordare che per Kant l’esistenza secondo il principio di identità è<br />

contenuta già nel concetto di materia semovente e che essa non può essere solo un<br />

oggetto del pensiero, ma un oggetto esistente <strong>dell</strong>’esperienza possibile che è reale anche<br />

fuori dalla rappresentazione che ne ha il soggetto, sebbene la sensazione del soggetto<br />

stesso dipenda da esso:<br />

Dieser in seiner Art einzige Fall aber tritt alsdann doch ein wenn die subjektive<br />

Möglichkeit eine Erfahrung zu machen sie mag nun in Ansehung des Objekts und seiner<br />

Existenz bejahend oder Verneinend sein zugleich der Grund des Erfahrungssatzes selbst ist.<br />

Nun kann man im leeren (im gleichen in einem zum Teil leeren zum Teil vollen) Raume keine<br />

Erfahrung machen als nur in so fern er ein mit Materie erfüllter Raum ist und dieser also nicht<br />

bloßes Gedankending sondern ein existierendes Objekt möglicher Erfahrung und außer der<br />

Vorstellung wirklich ist. — Alle Erfahrungen aber sind unter einander verknüpft und das Objekt<br />

derselben macht die Materie aus, ist also ein Objekt aller vereinigten möglichen Erfahrung. —<br />

Nach der Regel der Identität also und a priori aus bloßen Begriffen ohne eine Hypothese zum<br />

Grunde zu legen ist die Basis aller äußeren Sinnenvorstellungen d. i. des allerfüllenden Stoffs<br />

als Gegenstand für alle mögliche bewegende Kräfte der Materie gegeben. 27<br />

A questa professione di realismo empirico, segue l’osservazione, però, che il<br />

sostrato capace di generare l’affezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> sensazione non è altro che lo spazio<br />

rappresentato ipostaticamente. Perciò di questo fondamento si può pensare la sua<br />

esistenza come già posta nel suo concetto (in esso contenuta), in accordo con le<br />

condizioni di possibilità <strong>dell</strong>’esperienza. Poiché lo spazio esiste come forma<br />

<strong>dell</strong>’intuizione e intuizione formale, come forma del tutto <strong>dell</strong>’esperienza del senso<br />

esterno, solamente attraverso di esso è possibile pensare il rapporto tutto-parti<br />

26 Opus postumum, KGS XXI, p. 546.<br />

27 Opus postumum, KGS XXI, p. 538. Questo passo risulta di notevole rilevanza, poiché denota come<br />

Kant non avesse assunto affatto anche nell’ultima fase <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua produzione una posizione in favore<br />

<strong>dell</strong>’idealismo di Schelling o Fichte, ma avesse mantenuto la fondazione <strong>dell</strong>’impianto critico<br />

<strong>dell</strong>’idealismo trascendentale.<br />

213


<strong>dell</strong>’esperienza – ovvero le molteplici esperienze come raccolte in una sola esperienza –<br />

come un unicum, tanto che da questo punto di vista l’esistenza <strong>dell</strong>’etere può, secondo<br />

Kant, venir postulata.<br />

L’ipostatizzazione <strong>dell</strong>o spazio è il fondamento per postulare la necessità<br />

<strong>dell</strong>’etere, sebbene tale necessità sia inscritta nell’alveo di un modo di provarne<br />

l’esistenza che ha un fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova soggettivo, cioè quello <strong>dell</strong>e condizioni di<br />

possibilità <strong>dell</strong>’esperienza che pone le forze motrici in un sistema:<br />

Diese Beweisart der Existenz eines eigenen alle Körper durchdringenden und sie<br />

innerlich beharrlich durch Anziehung und Abstoßung agitierenden Weltstoffs hat etwas<br />

befremdliches in sich; denn der Beweisgrund ist subjektiv, von den Bedingungen der<br />

Möglichkeit der Erfahrung hergenommen, welche bewegende Kräfte voraussetzt und das Leere<br />

ausschließt um den Raum mit einer immer regen Materie zu erfüllen welche allenfalls<br />

Wärmestoff oder Äther etc. genannt werden mag und dieser Satz a priori ohne Hypothese auf<br />

Begriffe zu gründen. — Nicht bloß die Befugnis dazu sondern auch die Notwendigkeit<br />

dergleichen allgemein verbreiteten Stoff zu postulieren hat ihren Grund in dem Begriffe<br />

desselben als hypostatisch gedachten Raumes. — Der Raum (wie auch die Zeit) ist eine Größe<br />

die nicht existieren kann ohne bloß als Teil eines noch größeren Ganzen. Da es aber ungereimt<br />

ist dass da Teile notwendig Gründe der Möglichkeit eines Ganzen sind ein Ding an sich bloß als<br />

Teil existieren könne denn das Ganze muss zuerst gegeben sein damit das Mannigfaltige in ihm<br />

als Teil gedacht werde 28<br />

.<br />

Alla luce dei capitoli precedenti, si può formulare l’ipotesi che la fondazione<br />

kantiana <strong>dell</strong>’Übergang ammetta la presupposizione <strong>dell</strong>’esistenza di una materia<br />

riempiente lo spazio, poiché mira all’unificazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> trattazione meccanica e<br />

dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia attraverso l’uso <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica, 29<br />

così che deve poter esserci<br />

un solo oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibile esperienza esterna nel campo <strong><strong>dell</strong>a</strong> causalità <strong>dell</strong>e<br />

percezioni <strong>dell</strong>e cose esterne:<br />

Diese indirekte Beweisart der Existenz eines Dinges ist einzig in ihrer Art und darum<br />

auch befremdlich; aber sie wird weniger befremden, wenn man bedenkt dass der Gegenstand<br />

derselben auch einzeln und kein Begriff ist der mehreren gemein ist. Denn so wie es nur Einen<br />

Raum und nur Eine Zeit (als Objekte der reinen Anschauung) gibt so gibt es auch nur einen<br />

Gegenstand möglicher äußerer Erfahrung im Felde der Kausalität der Wahrnehmung von<br />

Außendingen; denn alle so genannte Erfahrungen sind immer nur als Teile einer Erfahrung<br />

vermöge des allverbreiteten unbeschränkten Wärmestoffs welcher alle Weltkörper in einem<br />

System verbunden und in Gemeinschaft der Wechselwirkung versetzt. 30<br />

L’etere (Wärmestoff) è unico e il suo non è un concetto comune a molti. Proprio<br />

come le intuizioni pure di spazio e tempo hanno per oggetto un solo spazio e un solo<br />

28 Opus postumum, KGS XXI, p. 221.<br />

29 Cfr. Opus postumum, KGS XXII, pp. 84-85. E’ spiegabile anche da questo punto di vista perché Kant<br />

definisca l’etere come un concetto intermedio (Mittelbegriff), che in qualità di spazio ipostatizzato è sia<br />

fondamento per la costruzione di concetti, ma anche oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> costruzione.<br />

30 Opus postumum, KGS XXII, p. 554.<br />

214


tempo, vi può essere solo un oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibile esperienza esterna nel campo <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

causalità <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione <strong>dell</strong>e cose esterne in generale.<br />

Proprio a partire da questa unicità del concetto del solo oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibile<br />

esperienza esterna si chiarisce la seconda caratteristica <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova <strong>dell</strong>’esistenza<br />

<strong>dell</strong>’etere, quella <strong>dell</strong>’unicità. La prova è unica nel suo genere, e può essere impiegata in<br />

una trattazione filosofica, perché il suo oggetto è un unicum, nel senso che è un concetto<br />

da considerare come genere sommo. Così le esperienze non sono altro che parti di una<br />

esperienza resa possibile dall’infinito e perenne etere che connette tutti i corpi cosmici<br />

in un sistema e li pone <strong>nella</strong> comunanza di azione reciproca attraverso <strong>dell</strong>e forze:<br />

Also nur die Erscheinung des Ganzen der bewegenden Kräfte der Materie das<br />

Formale wie das Subjekt afficirt wird giebt a priori ein Prinzip an die Hand durch das<br />

Subjektive sie durch Einteilung ihrer aktiven und reaktiven realen Verhältnisse zu spezifizieren<br />

(nach den Axiomen der Anschauung, den Antizipationen der Wahrnehmung den Analogien der<br />

Erfahrung und der Affinität (Beigesellung, Koordination) der empirischen Vorstellung zur<br />

Einheit der Erfahrung) nicht fragmentarisch sondern das Materiale der Sinnenvorstellung<br />

systematisch zur collectiven Einheit des Bewusstseins vermittelst der Naturforschung zu<br />

verknüpfen. (denn das letztere enthält allein das formale Prinzip derselben was a priori zur<br />

empirischen Erkenntnis eines Ganzen der bewegenden Kräfte konform der Einheit des Raumes<br />

und der Zeit wodurch was analytisch dem Begriffe nach synthetisch in der empirischen<br />

Anschauung verbunden wird. 31<br />

Ci si trova di fronte ad un’altra configurazione <strong>dell</strong>o spazio come intuizione<br />

formale, uno spazio diverso da quello geometrico, compatibile con uno spazio-tempo<br />

relazionale. 32<br />

Questa rappresentazione <strong>dell</strong>’unità materiale spazio-temporale, secondo i<br />

principi <strong>dell</strong>’intelletto puro, rende possibile la conoscenza empirica, nel fenomeno, di un<br />

tutto <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, la cui azione può essere localizzata attraverso la<br />

composizione di esse e secondo una coordinazione <strong>dell</strong>e parti reciprocamente agenti,<br />

anche in base all’uso dei concetti di riflessione di identità, diversità, interno, esterno,<br />

accordo, contrasto, materia e forma.<br />

Perciò, quando Kant parla <strong>dell</strong>’etere come materia riempiente tutto lo spazio<br />

cosmico, e dunque di una materia che coincide con esso, si riferisce allo spazio<br />

ipostatizzato, che riempie di contenuto l’intuizione pura del senso esterno, ovvero<br />

conferisce ad esso oggettività secondo regole formali. Lo spazio ipostatizzato viene in<br />

questo modo pensato come fondamento, come sostanza, come ciò che soggiace alle<br />

proprietà percepibili <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, viste come sue conseguenze.<br />

31 Opus postumum, KGS XXII, p. 338.<br />

32 Cfr. infra, Appendice.<br />

215


Ora, se queste non sono altro che il sistema dei rapporti reciproci attivi di forze<br />

derivate da attrazione e repulsione, se ne deduce che il loro fondamento, il loro sostrato,<br />

non sia altro che loro condizione di possibilità reale, oggettiva, che noi possiamo<br />

accogliere, sebbene indirettamente, nel senso esterno, e ciò non può essere lo spazio<br />

vuoto, in cui il movimento non sarebbe trasferibile con continuità da un corpo ad un<br />

altro, bensì lo spazio completamente riempito, che da un punto di vista formale deve<br />

essere pensato come una materia riempiente lo spazio, continua, onnipenetrante e<br />

semovente.<br />

5.2 L’esistenza <strong>dell</strong>’etere provata ipoteticamente<br />

Prima di procedere è necessario spiegare perché e in che senso la prova sia di<br />

<strong>natura</strong> ipotetica, cioè abbia non solo il carattere di una prova indiretta e soggettiva la cui<br />

verità procede a priori dal principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong>dell</strong>’esperienza in generale, ma<br />

anche da un fondamento negativo <strong>dell</strong>’accordo del concetto di un’esistenza di una<br />

materia con le condizioni <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong>dell</strong>’esperienza. Nell’Übergang si legge:<br />

Der Wärmestoff ist also kein hypothetischer Stoff: der Beweis aber seiner Wirklichkeit<br />

ist ein hypothetischer Beweis weil seine Wahrheit auf dem Prinzip der Übereinstimmung<br />

desselben mit der Möglichkeit der Erfahrung von dem Gegenstande desselben beruht. Der<br />

Beweis hat einen negativen Grund […]. Die Existenz eines gewissen Stoffs den man sich denkt<br />

steht unter dem negativen Prinzip der Einstimmung des Begriffs von ihm „mit den Bedingungen<br />

der Möglichkeit der Erfahrung von demselben“. 33<br />

Il concetto di una materia onnipenetrante, perennemente oscillante e semovente,<br />

trae il suo fondamento negativo dal fatto che se lo spazio non fosse percepito allora non<br />

sarebbe un oggetto 34<br />

. E lo spazio vuoto è un non ente, perciò il suo contrario secondo il<br />

principio di identità è necessario da un punto di vista logico. Ma dal punto di vista<br />

trascendentale la negazione <strong>dell</strong>o spazio vuoto svela un principio sintetico a priori a<br />

fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> posizione <strong>dell</strong>’etere:<br />

33 Opus postumum, KGS XXI, p. 545; 547; 216: “Diese indirekte Beweisart nicht objektiv aus Erfahrung<br />

(empirisch) sondern aus dem Prinzip der Möglichkeit der Erfahrung überhaupt (a priori) folglich<br />

subjektiv Beweis zu führen hat etwas Befremdliches an sich; denn eine solche Schlussart scheint überall<br />

nicht folgerecht und möglich zu sein. — Man will wissen ob so etwas als der im Universum verbreitete<br />

alldurchdringende Stoff (er heiße nun Wärmestoff oder Äther oder sonst wie) existiere und bekommt zur<br />

Antwort dass wenn er nicht existierte selbst die Möglichkeit der Erfahrung von einem solchen unstatthaft<br />

sein würde welche doch a priori feststehend nicht bezweifelt werden kann“.<br />

34 Opus postumum, KGS XXII, p. 421.<br />

216


Das Subjektive der Bestimmung meiner selbst ist zugleich objektiv nach der Regel der<br />

Identität nach einem Prinzip der synthetischen Erkenntnis a priori u. es ist nur Ein Raum u.<br />

Eine Zeit welche jede ein unbedingtes Ganze der Anschauung in der Anschauung d.i. als<br />

unendlich vorgestellt werden und mein synthetisches Erkenntnis a priori ist als Trans: Phil. ein<br />

Überschritt von den metaphysischen A. Gr. der N. W. zur Physik d.i. zur Möglichkeit der<br />

Erfahrung. 35<br />

Secondo le parole di Kant è possibile risalire dalla realtà effettiva <strong>dell</strong>e<br />

conseguenze – le relazioni reciproche <strong>dell</strong>e proprietà <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia – alla realtà effettiva<br />

del fondamento – la materia come etere –, che è in grado non solo di unificare il sistema<br />

oggettivo <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, ma anche il sistema soggettivo <strong>dell</strong>e forze<br />

motrici da cui il soggetto è affetto, così da accordarsi con le condizioni di possibilità<br />

<strong>dell</strong>’esperienza.<br />

Se si possono percepire, ordinare e conoscere gli effetti dei rapporti reciproci<br />

attivi <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, allora ciò significa, per Kant, che anche il loro fondamento ha un<br />

grado di realtà. Se il complesso <strong>dell</strong>e percezioni dei rapporti reciproci attivi <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia può trarre il suo fondamento di determinazione completa dall’etere, allora<br />

quest’ultimo esiste perché in accordo con le condizioni <strong>dell</strong>’esperienza possibile ed è<br />

per questo completamente determinato. Le pagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura<br />

possono gettare luce sulla prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere, soprattutto se si considera la<br />

sezione riguardante i postulati del pensiero empirico in generale, sotto l’aspetto <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

conoscibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> realtà oggettiva dei concetti e <strong>dell</strong>’esistenza di una cosa la cui<br />

percezione possa precederne il concetto. Sul primo punto Kant è esplicito e lega la<br />

nozione di verità trascendentale agli schemi <strong><strong>dell</strong>a</strong> relazione (le analogie<br />

<strong>dell</strong>’esperienza):<br />

E’ quindi solo dal fatto che questi concetti esprimano a priori i rapporti <strong>dell</strong>e percezioni<br />

in ogni esperienza, che si conosce la loro realtà oggettiva, ossia la loro verità trascendentale, e<br />

ciò, senza dubbio, indipendentemente dall’esperienza, ma non indipendentemente da ogni<br />

relazione con la forma di un’esperienza in generale, e con l’unità sintetica in cui soltanto<br />

possono venir conosciuti empiricamente gli oggetti. 36<br />

E veniamo al paradosso <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere: come è possibile<br />

provarne l’esistenza a priori e secondo concetti, se “nel semplice concetto di una cosa,<br />

non si può affatto ritrovare alcun carattere <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua esistenza”? 37<br />

Peraltro anche <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura Kant ribadisce che l’esistenza è<br />

toccata soltanto dalla questione se una cosa ci sia data in modo che la percezione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

35 Opus postumum, KGS XXII, p. 85.<br />

36 KrV, A221-222/B269.<br />

37 KrV, A225/B272.<br />

217


cosa possa precedere il concetto. Dunque, la percezione è il carattere originario ed<br />

autentico <strong><strong>dell</strong>a</strong> realtà.<br />

L’etere, di cui è impossibile una percezione immediata, è tuttavia esistente <strong>nella</strong><br />

misura in cui la sua esistenza si connette con le percezioni in un’esperienza possibile,<br />

secondo le proposizioni fondamentali <strong><strong>dell</strong>a</strong> loro connessione empirica, ossia le analogie<br />

<strong>dell</strong>’esperienza. Il connettivo in questione, l’elemento che media tra ragione e <strong>natura</strong>, è<br />

rappresentato dalle forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, che influiscono sull’affezione sensibile<br />

del soggetto e sul movimento dei corpi fisici.<br />

5.3 Ricostruzione <strong>dell</strong>’argomentazione e il problema <strong>dell</strong>’esibizione<br />

Come si è anticipato, esistono diversi lavori di ricostruzione <strong>dell</strong>e molte versioni<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere, tra cui quelli di Pecere, in Italia, e quelli di Förster,<br />

Edwards e Friedman nell’ambito anglosassone. Grazie a questo materiale, e a quello<br />

raccolto da I. Heidemann <strong>nella</strong> sua edizione <strong>dell</strong>’Übergang von den metaphysischen<br />

Anfangsgründen der Naturwissenschaft zur Physik del 1996, è possibile accedere al<br />

cuore <strong>dell</strong>’argomentazione kantiana. Questa ricerca, tenendo presente l’importanza del<br />

ruolo giocato dalla logica nello sviluppo del pensiero kantiano, attribuisce alla ragione<br />

la capacità di compiere il Passaggio dai principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica.<br />

La ragione, infatti, come facoltà dei principi e <strong>dell</strong>e idee, compie, assecondando<br />

la sua <strong>natura</strong> sistematica e totalizzante, il seguente sillogismo:<br />

1- Il tutto <strong>dell</strong>e percezioni appartiene all’unità <strong>dell</strong>’esperienza come effetto <strong>dell</strong>e<br />

forze motrici impressionanti il soggetto.<br />

2- L’omnitudo collettiva <strong>dell</strong>e forze motrici è l’effetto del tutto <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia che<br />

influisce sul soggetto.<br />

3- Il tutto <strong>dell</strong>e percezioni è esibizione (Darstellung) <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia che è Basis<br />

del sistema <strong>dell</strong>e forze motrici.<br />

Il principio che soggiace a questa catena di inferenze <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione afferma che<br />

ciò che appartiene all’esperienza, che è solo una, come suo fondamento di<br />

determinazione, è reale.<br />

218


Ora, le interpretazioni che hanno additato la prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere come<br />

segno di forte discontinuità con la prima Critica, di fronte a questa osservazione,<br />

possono essere accantonate, in quanto questo principio non sembra essere in alcun<br />

modo contrario al più genuino criticismo. Il principio ontologico di matrice wolffiana<br />

Omnimoda determinatio est existentia et existentia est omnimoda determinatio viene<br />

trattato approfonditamente da Kant sia nelle lezioni di metafisica che <strong>nella</strong> KrV a<br />

proposito <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova ontologica <strong>dell</strong>’esistenza di Dio. E’ noto che Kant avesse ripreso<br />

principi ontologici e metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> scolastica (come il principio forma dat esse rei) e<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> tradizione tedesca, declinandoli però nell’alveo <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia trascendentale. Nel<br />

caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> determinazione completa Kant fa valere l’impossibilità del passaggio dalla<br />

possibilità alla realtà (a posse ad esse non valet consequentia) e riduce la definizione<br />

wolffiana a existentia est omnimoda determinatio:<br />

Wenn nun ein gewisser zwar anfangs nur hypothetisch angenommener Stoff als<br />

Gegenstand möglicher Erfahrung gedacht wird so ist die Zusammenstimmung seiner Reqvisite<br />

wenn der Begriff davon zugleich die durchgängige Bestimmung desselben nach dem Satz der<br />

Identität enthält zugleich ein Beweis seiner Wirklichkeit (existentia est omnimoda determinatio)<br />

und da diese auf das All der mit einander Verbundenen Kräfte geht seiner Einzigkeit (vnicitas)<br />

dass nämlich jedes Ganze desselben im Raumesverhältnis zu anderen Systemen mit diesen<br />

relativ auf die bewegende Kräfte der Materie ein absolutes Ganze und absolute Einheit aller<br />

möglicher Gegenstände der Erfahrung hiermit aber zugleich die Existenz eines solchen Ganzen<br />

ausmacht, dessen Erkennbarkeit mithin Möglichkeit das Dasein einer solchen a priori (als<br />

notwendig) darzutun davon die Folge ist. 38<br />

Nel Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica, Kant<br />

ricorre al principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> determinazione completa, attribuendo quest’ultima all’etere. In<br />

primo luogo, perché esso è una materia (come vi è uno spazio, un tempo e una sola<br />

esperienza) ed è per questa unicità completamente determinato nel suo concetto, in cui è<br />

posta anche l’esistenza. Vale a dire: la sua possibilità é posta solo se esso viene inteso<br />

come un unicum continuo:<br />

So ist die erste Frage ist jener Satz analytisch oder synthetisch — Im ersteren Falle ist<br />

das Dasein im Begriffe enthalten im zweiten kommt es über den Begriff als Bestimmung<br />

desselben hinzu. Beides aber ist falsch so wohl dass ein Dasein im Begriffe enthalten sei oder<br />

dass das Dasein etwas sei was als Bestimmung eines Dinges über den Begriff desselben zu ihm<br />

hinzukommt. Denn der Begriff des Dinges wird hierdurch nicht erweitert sondern das Ding<br />

selbst nur gesetzt. Also enthalt diese Frage nur ein Verhältnis der Dinge zum Denken aber nicht<br />

zu einander: Ob mein Denken (setzen oder aufheben) notwendig oder zufällig ist. 39<br />

38 Opus postumum, KGS XXI, pp. 577-578.<br />

39 Loses Blatt, KGS XX, p. 350.<br />

219


L’esistenza <strong>dell</strong>’etere è posta, nel senso che l’etere stesso come Ding (come cosa<br />

del pensiero) è posto, 40<br />

ma solo in relazione al pensiero stesso ed il suo esser posto<br />

come esistente mantiene col pensiero una relazione di necessità. In primo luogo, infatti,<br />

senza una materia, che con le sue forze generi impressioni nel soggetto, la sensazione<br />

non sarebbe possibile. Il fatto che essa contenga un grado e che <strong>nella</strong> percezione sia<br />

coinvolta una co<strong>scienza</strong> è una prova, sebbene indiretta, <strong>dell</strong>’esistenza di una materia. In<br />

secondo luogo, l’etere, in quanto unico, è il fondamento di determinazione per l’unità<br />

collettiva <strong>dell</strong>’esperienza come sistema <strong>dell</strong>e percezioni che vengono rappresentate<br />

come un tutto connesso:<br />

Dieser indirekte Beweis ist einzig in seiner Art welches nicht befremden darf, da er<br />

auch einen einzelnen Gegenstand welcher nicht logische sondern reale Allgemeinheit bei sich<br />

führt, betrifft. — Es ist hier eine Gestammtheit (omnitudo collectiva) der Gegenstände Einer<br />

Erfahrung statt der verteilbaren (omnitudo distributiva) welche bloß logisch ist und von der<br />

Existenz des Objekts abstrahiert, vorhanden. Was mit jener zusammenstimmt ist wirklich<br />

(existentia est determinatio omnimoda heißt es in der Ontologie); aber diese durchgängige<br />

Bestimmung empirisch (wie im Übergange von den metaphys. Anf. Gr. zur Physik beabsichtigt<br />

wird) zu Stande zu bringen ist schlechterdings unmöglich; wohl aber in Beziehung auf die<br />

absolute Einheit möglicher Erfahrung überhaupt in so fern das Objekt dieses Begriffs Eines und<br />

Alles der äußeren Sinnenobjekte ist und die Deduktion des Wärmestoffs als der Basis jenes<br />

Systems bewegender Kräfte hat ein Prinzip a priori nämlich das der notwendigen Einheit in<br />

dem Gesammtbegriffe der Möglichkeit Einer Erfahrung zum Grunde liegen welche zugleich die<br />

Wirklichkeit dieses Objekts identisch also nicht synthetisch sondern analytisch mithin zu Folge<br />

einem Prinzip a priori bei sich führt. — Es kommt nicht darauf an auszumachen welche<br />

Objekte uns für die Erfahrung gegeben sind sondern wie die Erfahrungen beschaffen sein<br />

müssen um diese Objekte zu geben. 41<br />

L’universalità collettiva (omnitudo collectiva) cioè l’universalità reale 42<br />

contenuta nell’oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova. Poiché l’oggetto di questo concetto è uno, in quanto<br />

tutto degli oggetti del senso esterno. Infatti, lo spazio ipostatizzato può essere<br />

rappresentato come tutto (unico), oppure come diviso in un’infinità di parti, secondo il<br />

principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua rappresentazione, che è la singolarità. Proprio per il suo carattere di<br />

forma <strong>dell</strong>’intuizione, lo spazio consente di procedere dalle parti al tutto e viceversa dal<br />

tutto alle parti secondo il principio di identità.<br />

La ragione fornisce un’ipostatizzazione <strong>dell</strong>’idea <strong><strong>dell</strong>a</strong> somma di tutto il reale<br />

(etere come somma <strong><strong>dell</strong>a</strong> realtà materiale), ovvero lo spazio (forma pura del senso<br />

40 Si noti come l’Erläuterung, il chiarimento, abbia a che fare con il porre. Questo passaggio può aprire<br />

una riflessione sul significato in Kant di “analitico”.<br />

41 Opus postumum, KGS XXI, p. 586.<br />

42 Opus postumum, KGS XXI, pp. 582-83: “Es ist äußere Erfahrung als collectives Ganze aller<br />

Wahrnehmungen d. i. als Eine allbefassende mögliche Erfahrung Es existiert ein Sinnenobjekt außer uns<br />

zu dessen Wahrnehmung äußerlich bewegende Kräfte der Materie erfordert werden deren empirische<br />

Vorstellung in einem Subjekt verbunden die Basis aller Erscheinungen ist die zusammen die Einheit der<br />

Erfahrung ausmachen“.<br />

è<br />

220


esterno) ipostatizzato o realizzato, in cui sono inclusi i rapporti reciproci interni tra<br />

soggetto, forze motrici e materia:<br />

Ein Ganzes zugleich existierender äußerer Sinnenobjekte ist gegeben (wenn man nicht<br />

den Idealismus adoptieren will dessen Behauptung zu einem anderen Fache der Philosophie<br />

gehört, von dem hier nicht die Rede ist). — Das Prinzip der Zusammenstimmung aller<br />

Wahrnehmungen mit den Bedingungen der Möglichkeit der Erfahrung schließt alles Leere aus<br />

weil es kein Gegenstand möglicher Erfahrung ist — Erfahrung aber von Außendingen kann was<br />

das Materiale betrifft nur als Wirkung der Sinnenobjekte auf das anschauende Subjekt gedacht<br />

werden. — Also kann der Allgemeinheit dieses Satzes halber nicht die Erfahrung selbst<br />

(objektiv) sondern muss die Bedingung der Möglichkeit der Erfahrung überhaupt (d. i. subjektiv<br />

für das Erkenntnisvermögen) also kann es auch nur indirekt die Existenz eines solchen<br />

allgemein verbreiteten Weltstoffs und zwar nach Prinzipien a priori beweisen; daher auch dieser<br />

Beweis der einzige seiner Art ist weil die Idee von der distributiven Einheit aller möglichen<br />

Erfahrung überhaupt hier mit der collectiven in einen Begriff zusammenfällt. 43<br />

Solo nel concetto di un oggetto <strong>dell</strong>’esperienza possibile, che non è dedotto da<br />

alcuna esperienza, ma anzi la rende possibile, viene rinvenuta la realtà oggettiva, non<br />

sinteticamente, ma analiticamente, secondo il principio di identità e l’omnimoda<br />

determinatio ne prova la necessità (perché il suo contrario, ovvero il concetto <strong>dell</strong>o<br />

spazio vuoto, è impossibile e non è in accordo con i principi <strong>dell</strong>’esperienza possibile).<br />

L’esistenza <strong>dell</strong>’etere è un postulato, ottenuto mediante una prova indiretta,<br />

asseconda un compito necessario, ma è anche un principio dotato di necessità<br />

soggettiva, in quanto é un principio formale <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità del tutto <strong>dell</strong>’esperienza in<br />

generale, necessario per costituire un sistema <strong>dell</strong>e forze motrici. 44<br />

Kant gioca con dei concetti chiave che in realtà visti da punti di vista diversi<br />

rispondono ad un rapporto di fondamento-conseguenza (Grund-Folge): esperienza,<br />

materia, forza e percezioni devono essere unificati secondo l’universalità collettiva <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

loro connessione grazie ad un fondamento (Basis) o etere.<br />

Ciò che fa problema è stabilire se effettivamente questo fondamento possa<br />

rendere conto di tutte le conseguenze possibili in vista <strong>dell</strong>’esperienza, ovvero come<br />

siano possibili giudizi sintetici a priori e dunque l’esperienza stessa, intesa come<br />

complesso <strong>dell</strong>e percezioni e dei rapporti reciproci attivi fra le forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia in un tutto sistematico.<br />

43 Opus postumum, KGS XXI, p. 552.<br />

44 Si noti qui la differenza con la Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio, in cui il sostrato soprasensibile invocato<br />

da Kant è inscritto in una fondazione trascendentale, per risolvere un problema epistemologico<br />

<strong>dell</strong>’esibizione <strong><strong>dell</strong>a</strong> conformità a scopi. Nell’Opus postumum invece la fondazione del tutto<br />

<strong>dell</strong>’esperienza possibile ricorre ad una fondazione logica e metafisica che mira all’esibizione<br />

(Darstellung) del suo concetto determinando un corrispettivo, per così dire costruito a priori: l’etere.<br />

221


E’ necessario mostrare dunque se possa essere mantenuta la validità<br />

<strong>dell</strong>’Idealismo trascendentale e del Sistema dei principi <strong>dell</strong>’intelletto puro, come<br />

scaturenti dal medesimo fondamento. Questo tipo di analisi darebbe conto di uno dei<br />

passaggi più controversi, presenti nell’Opus postumum, quello concernente quella che<br />

Vittorio Mathieu ha chiamato “la Dottrina <strong>dell</strong>’auto-posizione”. Essa non è altro che la<br />

riformulazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> deduzione <strong>dell</strong>’unità sintetica <strong>dell</strong>’appercezione, <strong>dell</strong>’Io,<br />

rispondente allo scopo di essere sempre legata alla dimensione spazio-temporale ed<br />

essere condizione di possibilità dei principi intelletto puro.<br />

La deduzione è però posta in un rapporto di fondamento-conseguenza con la<br />

prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere. Sebbene il concetto di ragione di quest’ultimo sia trattato<br />

in modo particolare, sicuramente non viene trattato come l’idea di Dio, 45 ma come<br />

quella <strong>dell</strong>’Io, con una differenza specifica che riguarda la sua <strong>natura</strong> di principio di<br />

determinazione del complesso <strong>dell</strong>e percezioni del senso esterno. 46<br />

5.4 Il postulato del principio del Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong><br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica<br />

L’aspetto che più colpisce nelle sezioni <strong>dell</strong>’Opus postumum sulla deduzione<br />

<strong>dell</strong>’etere è quello per cui esso sembra diventare un postulato, costitutivo del Sistema<br />

elementare <strong>dell</strong>e forze motrici e del Sistema del Mondo in un tutto 47 , così che deve<br />

essere necessariamente esistente. Kant giunge ad attribuirgli in parte proprietà di<br />

un’ipotesi necessaria, dall’altra di postulato, ricalcando il mo<strong>dell</strong>o seguito <strong>nella</strong><br />

costituzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> proposizione “Dio esiste”. Questa è problematica, se presa per sé<br />

stante, ma non è tenuta per vera problematicamente, in quanto oggetto di una fede<br />

razionale morale. 48<br />

Nella KdU, Kant scrive in riferimento ad un essere di ragione (ens<br />

rationis ratiocinatae):<br />

Di quest’ultimo è possibile provare sufficientemente la realtà oggettiva del suo<br />

concetto, almeno per l’uso pratico <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione, poiché questo uso, che ha a priori i suoi<br />

principi peculiari e apoditticamente certi, perfino lo esige (lo postula) 49<br />

.<br />

45<br />

Questa tesi è invece sostenuta da M. Friedman (1992).<br />

46<br />

Cfr. Opus postumum, KGS XXII, pp. 554-555, 420, 84-85.<br />

47<br />

A tale proposito Mathieu ha sviluppato l’ipotesi che sia proprio la prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere ciò<br />

che permette il passaggio dal sistema elementare <strong>dell</strong>e forze motrici al sistema del mondo.<br />

48<br />

Per una chiara esposizione <strong><strong>dell</strong>a</strong> deduzione <strong>dell</strong>’etere cfr, Michael Friedman, Kant and the Exact<br />

Sciences, Cambridge-London 1992, pp. 220-222 e 290-341; Vittorio Mathieu, L’Opus postumum di Kant,<br />

Napoli 1991, pp. 117 e segg. Per la comparazione tra la proposizione che afferma l’esistenza di Dio e<br />

quella <strong>dell</strong>’etere, cfr. M. Capozzi, Kant e la logica, vol. I, pp. 684-685.<br />

49<br />

KdU, KGS V, p. 468.<br />

222


E’ questa l’anomalia che non convince. L’esistenza <strong>dell</strong>’etere è per il<br />

cosmotheoros non per il cosmopolites. L’anomalia risiede nel fatto che la prova<br />

<strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere procede come se il suo concetto potesse essere oggetto <strong>dell</strong>’uso<br />

pratico <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione. Nella KdU si legge:<br />

Oggetti per concetti la cui realtà oggettiva può essere provata (…) sono cose di fatto<br />

(res facti). 50<br />

Lo scarto tra l’idea di Dio è il concetto <strong>dell</strong>’etere è che di quest’ultimo ci può<br />

essere esibizione nell’ambito <strong>dell</strong>’Übergang, cioè il suo concetto può venir costruito<br />

secondo principi metafisici, seguendo il filo conduttore <strong>dell</strong>e funzioni logiche nei<br />

giudizi, e può essere tradotto nel dominio <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica grazie alla valutazione matematica<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> forza.<br />

Il concetto di etere deve essere presupposto e costruito a priori secondo le<br />

proprietà fondamentali <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, ovvero è necessaria la<br />

presupposizione <strong>dell</strong>’esistenza di esso per poter procedere alla costituzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica<br />

come sistema. Come accadeva nel caso del concetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia in generale, l’etere<br />

non è conoscibile direttamente e la divisione <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia non serve<br />

per conoscere l’etere, bensì per darne un’esibizione (Darstellung), a partire dalla quale<br />

il filosofo <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> pensa la connessione tra metafisica e fisica.<br />

Il problema che può essere sollevato, dunque, circa la trattazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova<br />

<strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere, ovvero che questo concetto, in quanto fondamento, sia trattato<br />

similmente a quello di Dio, cioè venga postulato, in realtà può essere risolto se si<br />

considera il legame con l’agire, cioè da un lato con l’uso <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> del Passaggio,<br />

che viene fatto dal filosofo <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, dall’altro con la peculiare capacità<br />

<strong>dell</strong>’intelletto di fare concetti e <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione di escogitare principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> forma <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

connessione sistematica e del rapporto reciproco <strong>dell</strong>e nostre conoscenze 51<br />

.<br />

Non è un caso, infatti, che Kant in queste pagine manoscritte, abbia insistito così<br />

tanto sul fatto che non sia sufficiente il talento di un bravo matematico, fisico, chimico o<br />

poeta, perché un uomo sia “degno” <strong><strong>dell</strong>a</strong> Menschheit, occorre altresì che lo scienziato<br />

50 KdU, KGS V, p. 468.<br />

51 Cfr. Opus postumum, KGS XXI, p. 226: “Dass ein Stoff im Weltraume existiere der die Basis aller<br />

bewegenden Kräfte der Materie ausmache kann a priori schon nach dem Prinzip der Identität schon<br />

daraus gefolgert werden weil selbst die Wirklichkeit (actualitas) des leeren Raums ohne Begrenzung<br />

durch den vollen kein Gegenstand möglicher Erfahrung sein würde. Die Materie wirkt Die Willkür<br />

handelt Der nach Zwecken (artificialiter) handelnde operiert. agere, facere, operari.”<br />

223


abbia non solo il talento (Talent), ma anche un legame con la dimensione etico-pratica,<br />

non solo tecnico-pratica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione e che subordini quest’ultima alla prima.<br />

Il soggetto <strong>dell</strong>’Übergang è connotato chiaramente: è il cosmotheoros, colui che<br />

contempla il mondo, colui che è in grado di averne una rappresentazione e di darne una<br />

esibizione che tenda alla completezza e alla sistematicità, che sa vedere le connessioni<br />

che si danno in esso e che sa escogitare nuove forme di comprensione <strong><strong>dell</strong>a</strong> molteplicità<br />

secondo principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione. 52<br />

Come è possibile, infatti, mantenere la conquista <strong><strong>dell</strong>a</strong> separazione tra fenomeno<br />

e noumeno, seppure ce ne può essere un’unificazione nel soggetto che pensa la<br />

relazione reciproca sia del dabile che del cogitabile, e dunque come mantenere in piedi<br />

la filosofia trascendentale senza contravvenire al criticismo, avanzando la pretesa<br />

<strong>dell</strong>’esistenza (omnimoda determinatio) di ciò che è dato a priori con una prova<br />

analitica? Il grande tentativo di Kant risiede nell’operazione di voler conseguire il<br />

fondamento del reale <strong>dell</strong>’etere, come condizione di possibilità per la rappresentazione<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> totalità <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, dal punto di vista soggettivo secondo il<br />

principio Forma dat esse rei.<br />

Si vede così che non è l’etere in sé ad essere postulato, ma, sviluppando elementi<br />

già presenti <strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura <strong>nella</strong> dottrina <strong>dell</strong>’autoposizione, è<br />

postulato il formale <strong><strong>dell</strong>a</strong> connessione del reale <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione, a cui l’etere come<br />

concetto reale può conformarsi. Nella prima Critica si legge:<br />

L’unità <strong>dell</strong>’universo, nel quale debbono essere connesse tutte le apparenze, è<br />

evidentemente una semplice deduzione dalla proposizione fondamentale – tacitamente assunta –<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> comunanza di tutte le sostanze che sono simultanee. In effetti, se tali sostanze fossero<br />

isolate, esse non costituirebbero, come parti, un tutto; e se la loro connessione (azione reciproca<br />

del molteplice) non fosse già necessaria in vista <strong><strong>dell</strong>a</strong> simultaneità, che è una relazione<br />

semplicemente ideale, dedurre quella connessione, che è una relazione reale. Tuttavia, noi, in<br />

luogo opportuno, abbiamo mostrato che la comunanza è davvero il fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità<br />

di una conoscenza empirica <strong><strong>dell</strong>a</strong> coesistenza e che perciò si può concludere propriamente dalla<br />

coesistenza alla comunanza, solo intendendo quest’ultima come condizione. 53<br />

A fronte di queste considerazioni è possibile comprendere al meglio l’attributo<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> realtà <strong>dell</strong>’etere, in sede di Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

52 Ancora nell’ultima fase <strong><strong>dell</strong>a</strong> produzione kantiana ci si trova di fronte al rafforzamento del ruolo<br />

architettonico <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione e <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua capacità di costruire sistemi, il che viene confermato dalla<br />

costituzione di ciò che Kant chiama il punto di vista supremo <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia nel sistema <strong>dell</strong>e idee<br />

trascendentali: Dio, Mondo e Uomo nel Mondo. Da questo sistema viene esclusa la materia cosmica, ma<br />

al contrario di ciò che appare, Kant non abbraccia per questo una posizione idealista, anzi, il fatto che la<br />

materia <strong>dell</strong>’Übergang non sia inserita in un sistema <strong>dell</strong>e idee trascendentali è il sintomo del profondo<br />

legame tra questa e la percezione.<br />

53 KrV, B 266 nota.<br />

224


<strong>natura</strong> alla fisica. L’etere é determinato completamente come condizione di possibilità<br />

<strong>dell</strong>’esperienza sia soggettiva che oggettiva <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione, in quanto questa<br />

esperienza è l’effetto <strong>dell</strong>’azione di forze motrici sugli organi dei sensi ed anche<br />

un’anticipazione, come effetto <strong>dell</strong>’attività <strong>dell</strong>’autoco<strong>scienza</strong>, che si pone come<br />

fenomeno nello spazio e nel tempo. La condizione perché si possa formulare la<br />

proposizione “vi sono corpi fisici” poggia sulla condizione di una materia che per sé<br />

forma un tutto come base (Basis) di tutte le altre materie dotate di movimento e per se<br />

stesso forma il tutto cosmico di un elemento che designa universalmente l’esistenza di<br />

una materia, l’etere appunto, in perenne movimento. Questo aspetto esprime l’esigenza<br />

trascendentale di uno spazio pieno, a fronte <strong><strong>dell</strong>a</strong> proposizione del problema, in nuce già<br />

<strong>nella</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura, <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> come totalità dinamica,<br />

ammettendo l’influsso fisico tra le sostanze come fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> loro comunanza in<br />

una totalità reale. Per questa ragione l’etere deve assumere il carattere <strong><strong>dell</strong>a</strong> totalità <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia, dotata a priori del movimento originario.<br />

Nell’ultima fase di elaborazione del Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica, Kant considera lo spazio stesso come una posizione del<br />

soggetto, e l’azione del soggetto sull’oggetto sensibile esterno rappresenta tale oggetto<br />

nel fenomeno, e precisamente con le forze motrici dirette sul soggetto, le quali sono la<br />

causa <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione. Pertanto l’affezione mediante forze motrici risulta come una<br />

situazione anticipata a priori in vista <strong>dell</strong>’esperienza e come azione del soggetto su se<br />

stesso. 54<br />

L’io penso trova in sé il suo fondamento di determinazione agendo su un<br />

materiale (Stoff), e la deduzione presente nel Passaggio è necessaria per unire filosofia<br />

e fisica. Questo materiale da determinare non è la materia in generale, ma<br />

l’anticipazione di un materiale universalmente diffuso nello spazio. Kant pone l’etere<br />

come condizione materiale <strong>dell</strong>’esperienza, a fondamento del tutto collettivo <strong>dell</strong>e<br />

percezioni basate sull’azione <strong>dell</strong>e forze, così che il sistema <strong>dell</strong>e forze motrici sia il<br />

55<br />

fondamento del sistema <strong>dell</strong>e percezioni fisiche:<br />

54 Cfr. Opus postumum, pp. 232-233: “La cosa sta così: la percezione è rappresentazione empirica con<br />

co<strong>scienza</strong> che essa è tale, e non semplicemente intuizione spaziale pura. Ora l’azione del soggetto<br />

sull’oggetto sensibile esterno rappresenta tale oggetto nel fenomeno, e precisamente con le forze motrici<br />

dirette sul soggetto, le quali sono la causa <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione. Si possono dunque determinare a priori<br />

queste forze, che pongono in atto la percezione, come anticipazioni <strong>dell</strong>e rappresentazioni sensibili<br />

nell’intuizione empirica, purché si esibisca in generale a priori, secondo principi del movimento, l’azione<br />

e la reazione <strong>dell</strong>e forze motrici (tra le quali forze van compresi anche l’intelletto e il desiderio), la cui<br />

rappresentazione è identica con la percezione; queste come potenze dinamiche, sono specificate e<br />

classificate dall’intelletto secondo le categorie”.<br />

55 Cfr. Opus postumum, KGS XXII, p. 614.<br />

225


E’ strano: pare affatto impossibile esibire a priori percezioni in favore <strong>dell</strong>’esperienza;<br />

eppure senza di ciò non si avrebbe punto una fisica, la quale è un loro sistema. Bisogna poter<br />

enumerare queste forze reagenti. Ciò interessa il problema dei principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> indagine <strong>natura</strong>le.<br />

Solo quelle forze che noi possiamo porre nei fenomeni, possiamo trarle dall’empirico in favore<br />

<strong>dell</strong>’esperienza. Non l’osservare, ma lo sperimentare è il mezzo per scoprire la <strong>natura</strong> e le sue<br />

forze. Gli assiomi <strong>dell</strong>’intuizione possono e debbono essere fondati a priori. Ma qui sono<br />

anticipazioni di concetti empirici quelle che vengono elevate a principi, e, pertanto, anche a<br />

principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza a priori. 56<br />

Pertanto, è solamente a partire dalla necessità di un’universalità collettiva posta<br />

a fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità di pensare l’etere e dalla distinzione effettuata tra dabilis<br />

e cogitabilis, 57<br />

che può essere formulata l’ammissione a priori di uno spazio<br />

continuamente riempito e ipostatizzato, come principio del sistema elementare <strong>dell</strong>e<br />

forze:<br />

Assumere l’esistenza di una materia diffusa ovunque, onnipenetrante e che muove ogni<br />

cosa (e per ciò che concerne il tempo, si può ancora aggiungere: che è l’inizio primo di tutti i<br />

movimenti), la quale riempie lo spazio cosmico, è un’ipotesi che non è bensì – né può essere –<br />

appoggiata su alcuna esperienza, e che, quindi se ha un fondamento, dovrebbe risultare a priori,<br />

come un’idea, dalla ragione: o che serva a spiegare certi fenomeni (nel qual caso quella materia<br />

è solo pensata come un elemento semplicemente ipotetico), o che la si postuli, perché in un<br />

qualsiasi movimento le forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia devono pur cominciare ad agitare, oppure se<br />

quell’elemento debba essere considerato assolutamente come oggetto <strong>dell</strong>’esperienza (dato).<br />

[…] Ma soggettivamente, le percezioni esterne (…) prima ancora che si chieda quali oggetti dei<br />

sensi possano o non possano essere oggetti <strong>dell</strong>’esperienza, esse vengono postulate, sempre che<br />

si parli <strong><strong>dell</strong>a</strong> forma <strong><strong>dell</strong>a</strong> loro connessione, cioè del formale d’una esperienza possibile, e ci si<br />

domandi se l’oggetto sia ad essa conforme o no (Forma dat esse rei): nel qual caso ci si riferisce<br />

all’unità collettiva <strong>dell</strong>’esperienza e alle sue condizioni. La loro unità <strong>nella</strong> determinazione<br />

completa <strong>dell</strong>’oggetto è, al tempo stesso, la realtà di esso. 58<br />

Una volta stabilito a) il duplice statuto <strong>dell</strong>o spazio come fenomeno secondo il<br />

formale, come forma pura <strong>dell</strong>’intuizione, 59 e b) che lo spazio possa essere oggetto<br />

sensibile solo mediatamente, 60 il principio sulla base del quale risulta possibile questa<br />

configurazione <strong>dell</strong>o spazio è quello del Forma dat esse rei, capace di rendere il<br />

complesso <strong>dell</strong>’esperienza come un tutto assoluto, e di presentare mediante la<br />

postulazione <strong>dell</strong>o spazio ipostatizzato, il concetto del rapporto col fondamento del<br />

reale: 61<br />

56 Opus postumum, trad. it., a cura di V. Mathieu, p. 232.<br />

57 Cfr. Opus postumum, trad. it., a cura di V. Mathieu, p. 258.<br />

58 Opus postumum, trad. it., a cura di V. Mathieu, pp. 167-169.<br />

59 Opus postumum, KGS XXI, p. 271.<br />

60 Opus postumum, KGS XXI, p. 272.<br />

61 Cfr. Opus postumum, KGS XXI, pp. 261-270 per il principio di determinazione completa.<br />

226


L’x come intelligibile che impressiona il soggetto non è una cosa data, esistente per sé,<br />

o un oggetto sensibile, bensì l’ens rationis che si trova nell’intelletto, e che è semplicemente il<br />

rapporto del fondamento del reale. 62<br />

Si torna così ai fondamenti teorici analizzati nel Capitolo I, in merito all’oggetto<br />

= X e all’idealismo trascendentale di spazio e tempo. Lo schematismo <strong>dell</strong>o spazio<br />

assoluto è possibile, se e solo se lo si considera come un Gedankending. Infatti, il tempo<br />

presuppone sempre lo spazio e che questo sia un continuum, divisibile all’infinito e,<br />

dunque, mai completamente determinato, ma solo determinabile. Lo spazio può essere<br />

sia forma pura <strong><strong>dell</strong>a</strong> sensibilità, dunque elemento soggettivo <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza, sia<br />

rappresentabile come oggetto, sebbene solamente cogitabilis, come intuizione formale.<br />

Lo spazio diviene pensabile come oggetto d’esperienza, in quanto riempito totalmente<br />

di materia, per rispondere all’esigenza di continuità percettiva <strong>dell</strong>’esperienza.<br />

Resta, in ultima analisi, da affrontare l’ultimo passaggio inerente alla deduzione<br />

<strong>dell</strong>’etere, ovvero quello <strong>dell</strong>’inferirne l’esistenza mediante una prova secondo il<br />

principio di identità, in base alla considerazione del fatto che il modo di essere di una<br />

condizione materiale percettiva <strong>dell</strong>’esperienza è l’esistenza, così che ammettere che lo<br />

spazio pieno è condizione <strong>dell</strong>’esperienza significa ammetterne l’esistenza: l’etere<br />

diventa senz’altro un materiale cosmico posto dalla ragione. 63<br />

Le interpretazioni che non scelgono di indagare il campo <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica aperto<br />

dalla filosofia trascendentale considerano l’esito <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere<br />

nell’Opus postumum altamente problematico e fallimentare dal punto di vista <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

64<br />

storia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong>.<br />

Nonostante l’evidente fallimento sul piano scientifico, accompagnato però<br />

all’elaborazione di un sistema di forze e a una classificazione dei corpi <strong>natura</strong>li più<br />

avanzate per l’epoca, questa ricerca sostiene anche che l’esito e lo svolgimento <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

prova mostrano una continuità con gli elementi precedenti <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia kantiana e<br />

certo rappresentano un arricchimento <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia trascendentale. Gli appunti<br />

<strong>dell</strong>’Opus postumum lasciano spazio a considerazioni di più ampio respiro sulla<br />

65<br />

filosofia trascendentale stessa e sulla concezione kantiana di Naturphilosophie. Dal<br />

62<br />

Opus postumum, KGS XXI, p. 266.<br />

63<br />

Opus postumum, KGS XXII, p. 554: “Il calorico è esistente, perché il concetto di esso (insieme agli<br />

attributi che noi ascriviamo ad esso) rende possibile la totalità <strong>dell</strong>’esperienza”.<br />

64<br />

Si veda a proposito del fallimento <strong><strong>dell</strong>a</strong> deduzione <strong>dell</strong>’etere l’analisi condotta da M. Friedman, Kant<br />

and the Exact Sciences, pp. 325-328 e per la ricostruzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova <strong>dell</strong>’etere E. Forster, Kant’s Final<br />

Synthesis, p. 89.<br />

65<br />

Cfr. S. Marcucci, Kant e la conoscenza scientifica, Lucca 1988.<br />

227


passo seguente, ad esempio, si deduce che Kant abbia ripensato il concetto di<br />

“analitico”:<br />

Es ist aber in der reinen Anschauung des Raumes und der Zeit a priori auch der Begriff<br />

der Einheit der durchgängigen Verbindung der Materie d. i. eines beweglichen und bewegenden<br />

Stoffs enthalten welcher ein Elementarsystem der bewegenden Kräfte der Materie<br />

notwendigerweise, doch nur in der Idee, darstellt welches ein Gegenstand möglicher Erfahrung<br />

ist in welchem ihre bewegende Kräfte im Akt der Bewegung d. i. als agitierend (wirklich<br />

bewegend) sind denn ohne das wären sie nicht Gegenstände möglicher Erfahrung weil sie gar<br />

nicht auf äußere Sinne wirkten und es kann subjektiv d. i. für die äußere Sinne in der Welt kein<br />

schlechthin leerer Raum (und eine dergleichen leere Zeit) sein ohne dass beide durch Materie<br />

und ihre bewegende Kräfte erfüllet würden, ein Satz der seinen Beweis von keiner Erfahrung<br />

entlehnt sondern nach dem Prinzip der Identität schon im Begriffe der Materie als eines<br />

agitierenden Stoffs enthalten ist. — Die Frage ist ob jener Satz analytisch oder synthetisch das<br />

letztere aber nur indirekt sei? 66<br />

La <strong>scienza</strong> del Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla<br />

fisica si costituisce a partire dal suo principio supremo, la materia nel suo concetto<br />

collettivo, che è in grado di garantire l’unità del sistema soggettivo (dabile) quoad<br />

materiale <strong>dell</strong>e forze motrici e di quello oggettivo (cogitabile) quoad formale <strong>dell</strong>e<br />

forze motrici, cioè <strong>dell</strong>e sue proprietà in cui il soggetto è inserito, in quanto affetto<br />

dall’azione <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, sebbene indirettamente.<br />

E’ ora utile richiamare la distinzione kantiana tra l’ appercezione pura e quella<br />

empirica come fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> distinzione <strong>dell</strong>’azione esercitata dalla materia sul<br />

soggetto stesso, il quale a sua volta compie un atto di determinazione a priori <strong>dell</strong>e<br />

proprietà fondamentali <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia.<br />

Il gap che colma il Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

alla fisica è quello tra fondamento di determinazione <strong>dell</strong>’esperienza e conseguenze<br />

determinate-determinabili (il tutto <strong>dell</strong>’esperienza stessa) in rapporto tra loro <strong>nella</strong><br />

forma sistematica, tra fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione e tutto del composto grazie ad<br />

uno schema del composto stesso. 67<br />

66 Opus postumum, KGS XXI, p. 539.<br />

67 Per ulteriori chiarimenti sull’importanza di questo concetto in epoca tarda, si veda la lettera di Kant a<br />

Tieftrunk del dicembre 1797, cfr. KGS XII, pp. 222-223: “Der Begriff des Zusammengesetzten überhaupt<br />

ist keine besondere Kategorie, sondern in allen Kategorien (als synthetische Einheit der Apperzeption)<br />

enthalten. Das Zusammengesetzte nämlich kann, als ein solches, nicht angeschaut werden; sondern der<br />

Begriff oder das Bewusstsein des Zusammensetzens (einer Funktion die allen Kategorien als<br />

synthetischer Einheit der Apperzeption zum Grunde liegt) muss vorhergehen, um das mannigfaltige der<br />

Anschauung gegebene sich in einem Bewusstsein verbunden, d. i. das Objekt sich als etwas<br />

Zusammengesetztes zu denken, welches durch den Schematismus der Urteilskraft geschieht indem das<br />

Zusammensetzen mit Bewusstsein zum innern Sinn, der Zeitvorstellung gemäß einerseits, zugleich aber<br />

auch auf das Mannigfaltige in der Anschauung gegebene Andererseits bezogen wird. - Alle Kategorien<br />

gehen auf etwas a priori Zusammengesetztes und enthalten, wenn dieses gleichartig ist, mathematische<br />

Funktionen, ist es aber ungleichartig dynamische Funktionen z.B. was die ersten betrifft: die Kategorie<br />

228


Il rapporto reciproco di fondamento e conseguenza alla base di questa<br />

operazione è quello tra materia e appercezione, che è in grado di unificare il soggettivo<br />

e l’oggettivo in un unico sistema. Questa problematica si apre <strong>nella</strong> KrV, nel Canone<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura e viene spiegata <strong>nella</strong> KdU, senza trovare una soluzione definitiva<br />

nelle opere pubblicate. Kant non ha mai pensato alla determinazione <strong>dell</strong>’esistenza<br />

materiale <strong>dell</strong>’etere, né a sostituire la materia in generale dei Principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> con esso.<br />

La posizione kantiana raggiunta <strong>nella</strong> terza Critica <strong>dell</strong>’affermazione di un<br />

fondamento interno alla <strong>natura</strong> di cui noi determiniamo l’unità <strong><strong>dell</strong>a</strong> forma viene ripreso<br />

largamente nell’Übergang, tanto che quest’ultimo assume inevitabilmente anche i<br />

caratteri di una fisiologia.<br />

Per Kant, <strong>nella</strong> <strong>scienza</strong> di mezzo e di connessione sistematica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong>, in quel territorio dove le rive <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica e <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica si toccano e dove la<br />

filosofia e la matematica procedono parallelamente <strong>nella</strong> medesima direzione, occorre<br />

trovare, determinare e provare l’esistenza di un fondamento per l’unità collettiva<br />

<strong>dell</strong>’esperienza, in cui il soggetto stesso è inserito e si rende oggetto a se stesso. In<br />

questo contesto, l’a priori e la dimensione legata all’empirico <strong>dell</strong>’appercezione, così<br />

come quella <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, devono poter essere riuniti secondo un’unità collettiva in<br />

vista <strong>dell</strong>’esperienza.<br />

Le considerazioni che possono essere svolte su questo argomento devono tener<br />

presente il carattere ideale <strong>dell</strong>’etere che però è allo stesso tempo fondamento <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

condizione materiale <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi <strong>dell</strong>e relazioni <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia in un sistema, sulla base<br />

del quale poter costituire la fisica come <strong>scienza</strong>. L’impressione che si ha leggendo il<br />

corpus degli appunti postumi è quella di un estremo tentativo di raggiungere questo<br />

obiettivo proprio in virtù <strong>dell</strong>’ordinamento sistematico dato dalla ragione alla materia<br />

del Passaggio, che non mira alla determinazione di come la <strong>natura</strong> debba essere, né alla<br />

sua mera descrizione.<br />

Piuttosto, il fine sembra quello di costituire un sistema <strong>dell</strong>e condizioni di<br />

possibilità originarie e secondarie, ma pur sempre a priori, espresse dai principi<br />

metafisici, appunto di ciò che sta alla base dei fenomeni <strong>natura</strong>li e del nostro modo di<br />

der extensiven Größe betrifft: Eines in Vielen; was die Qualität oder intensive Größe betrifft Vieles in<br />

Einem. Jenes die Menge des Gleichartigen (z. B. der Quadratzolle in einer Fläche); dieses der Grad (z.B.<br />

der Erleuchtung eines Zimmers). Was aber die dynamische angeht, die Zusammensetzung des<br />

Mannigfaltigen, sofern es entweder einander im Dasein untergeordnet ist (die Kategorie der Kausalität)<br />

oder eine der andern zur Einheit der Erfahrung beigeordnet ist (der Modalität als notwendige<br />

Bestimmung des Daseins der Erscheinungen in der Zeit.).”<br />

229


conoscerli <strong>nella</strong> loro molteplicità, giungendo ad esibire il sistema dei concetti e dei<br />

principi senza di cui qualsiasi ipotesi scientifica o mo<strong>dell</strong>o sarebbe privo di un orizzonte<br />

necessario e completo dei nessi <strong>dell</strong>e forze motrici anticipati a priori a cui rifarsi,<br />

risultando un mero aggregato.<br />

5.5 L’unità collettiva <strong>dell</strong>’esperienza e il principio Forma dat esse rei<br />

La complessità <strong><strong>dell</strong>a</strong> trattazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere, dovuta alla<br />

frammentarietà dei manoscritti, non preclude la possibilità di una comprensione<br />

<strong>dell</strong>’Opus postumum nel suo legame con la produzione precedente di Kant.<br />

Parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> letteratura secondaria, ispirata dall’interpretazione di Adickes, ha<br />

avuto la tendenza di liquidare i manoscritti kantiani, attribuendo ad essi la debolezza<br />

teoretica frutto <strong><strong>dell</strong>a</strong> malattia e <strong><strong>dell</strong>a</strong> vecchiaia di Kant. 68<br />

69 70<br />

Numerosi studi, invece, alcuni recenti, altri meno, come quelli di Mathieu,<br />

hanno avuto il pregio di voler collocare l’opera postuma e di volerla connettere con altre<br />

opere del sistema kantiano, cercando di rinvenire l’origine <strong><strong>dell</strong>a</strong> necessità di una prova a<br />

priori <strong>dell</strong>’esistenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia.<br />

L’Übergang costituisce, infatti, un’opera sistematica, almeno nell’intento di<br />

Kant, sebbene sia rimasta sconosciuta al pubblico <strong>dell</strong>’epoca. Questa avrebbe dovuto<br />

costituire un particolare sistema <strong>dell</strong>’esperienza, fondato su una prova unica nel suo<br />

genere, <strong><strong>dell</strong>a</strong> cui necessità Kant, però avvertiva il bisogno, anche per ragioni legate alla<br />

sua cosmologia e alla sua teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia.<br />

Per chiarire questo punto è opportuno mostrare, in primo luogo, che tipo di<br />

sistema <strong>dell</strong>’esperienza si configura nell’Opus postumum. In secondo luogo, si deve<br />

chiarire l’origine del problema <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere, anche sul piano fisico, che<br />

come si vedrà, trae la sua giustificazione su un piano trascendentale, grazie al principio<br />

forma dat esse rei.<br />

Il sistema <strong>dell</strong>’esperienza che Kant presenta nell’Opus postumum assume il<br />

carattere <strong>dell</strong>’unità collettiva. Compito che solamente un sistema <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione può<br />

68 E. Adickes, Kant als Naturforscher, vol. II, Berlin 1925.<br />

69 Friedman (1992); Edwards (2000); E. Förster, Kant’s Selbstsetzungslehre in Kant’s Transcendental<br />

Deductions. The Three Critiques and the Opus postumum, Stanford, 1989, pp. 217-238; Die Idee des<br />

Übergangs. Überlegungen zum Elementarsystem der bewegenden Kräfte, in Übergang. Untersuchungen<br />

zum Spätwerk Immanuel Kants, Frankfurt 1991, pp. 28-48; Zwei neu aufgefundene Lose Blätter zum Opus<br />

postumum, in Kant-Studien, 95, 2004, pp. 21-28.<br />

70 V. Mathieu Kants Opus postumum, Frankfurt am Main 1989.<br />

230


adempiere e che evidentemente rappresenta un punto di vista metafisico mancante nel<br />

resto <strong><strong>dell</strong>a</strong> produzione kantiana.<br />

Procedendo per gradi, è opportuno mostrare dove e in che modo Kant abbia<br />

trattato <strong>dell</strong>’unità collettiva in più luoghi <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua produzione.<br />

Nella Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura, infatti, la nozione di unità collettiva di un tutto<br />

<strong>dell</strong>’esperienza costituisce la surrezione trascendentale <strong>dell</strong>’unità distributiva <strong>dell</strong>’uso<br />

empirico <strong>dell</strong>’intelletto. Tale surrezione origina la dialettica <strong><strong>dell</strong>a</strong> terza idea di ragione,<br />

per cui una cosa (Ding) che contiene in sé tutta la realtà empirica, cioè il tutto dei<br />

fenomeni, viene tradotta nel concetto di una cosa che é somma di tutte le realtà, Dio:<br />

D’altro canto la ragione per cui noi ipostatizziamo in seguito questa idea <strong>dell</strong>’insieme di<br />

ogni realtà, è la seguente. L’unità distributiva <strong>dell</strong>’uso di esperienza <strong>dell</strong>’intelletto, noi la<br />

trasformiamo dialetticamente nell’unità collettiva di un tutto di esperienza, e questo tutto<br />

<strong>dell</strong>’apparenza noi lo pensiamo come una cosa singola, che contiene in sé ogni realtà empirica.<br />

Tale cosa poi viene scambiata – mediante la già ricordata surrezione trascendentale – con il<br />

concetto di una cosa, che sta al vertice <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità di tutte le cose, fornendo le condizioni<br />

reali per la loro completa determinazione. 71<br />

Sebbene in questo contesto l’unità collettiva <strong>dell</strong>’esperienza sia impossibile da<br />

determinare secondo i principi <strong>dell</strong>’intelletto, è però vero che la ragione si serve di<br />

questo tipo di unità per dirigere le operazioni <strong>dell</strong>’intelletto. L’unità collettiva è una<br />

funzione del metodo <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione, imprescindibile per la sua <strong>natura</strong> architettonica:<br />

La ragione quindi ha propriamente come oggetto soltanto l’intelletto e l’impiego di<br />

questo in conformità di un fine. E allo stesso modo che l’intelletto riunisce il molteplice<br />

nell’oggetto mediante concetti, così la ragione riunisce dal canto suo il molteplice dei concetti<br />

mediante idee, ponendo una certa unità collettiva come scopo <strong>dell</strong>’attività <strong>dell</strong>’intelletto, la<br />

quale altrimenti riguarda soltanto l’unità distributiva. 72<br />

Kant distingue, così, un duplice modo di guardare all’esperienza, che altrimenti<br />

non sarebbe altro che un molteplice di esperienza, un aggregato e mai un sistema. Dire<br />

ogni esperienza è diverso dal dire il tutto <strong>dell</strong>’esperienza, come risulta chiaramente dalla<br />

Reflexion che segue:<br />

Distributive oder collective Einheit der Erfahrungen überhaupt. Alle Erfahrung ist nicht<br />

das All der Erfahrung, und das ganze möglicher Erfahrung ist kein Gegenstand der Erfahrung.<br />

Aber hierbei kommt doch das vor, wodurch was die Bedingung der Möglichkeit eines Ganzen<br />

ist. 73<br />

71 KrV A582-583/B610-611.<br />

72 KrV A644/B672.<br />

73 Reflexion, KGS XVIII, p. 246 (1780-1783 circa).<br />

231


Ora, il punto centrale da comprendere e che segna uno scarto rispetto alla Critica<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura, è che nell’Opus postumum è possibile designare l’etere come il tutto<br />

<strong>dell</strong>’esperienza possibile, che resta non passibile di esperienza diretta, ma diviene<br />

oggetto di una prova che, almeno soggettivamente, ne fa conseguire la realtà:<br />

Wenn bewiesen werden kann dass die Einheit des Ganzen möglicher Erfahrung auf der<br />

Existenz eines solchen Stoffs (mit den genannten Eigenschaften desselben) beruhe so ist auch<br />

die Wirklichkeit desselben zwar nicht durch Erfahrung sondern a priori, bloß aus Bedingungen<br />

der bloßen Möglichkeit derselben für die Erfahrung bewiesen. Denn die bewegende Kräfte der<br />

Materie können zur collectiv//allgemeinen Einheit der Wahrnehmungen in einer möglichen<br />

Erfahrung nur zusammenstimmen in sofern das Subjekt durch sie äußerlich und innerlich in<br />

Einen Begriff vereinigt sich selbst afficirt. 74<br />

Come emerge da questo passo, l’unità del tutto <strong>dell</strong>’esperienza possibile deve<br />

poter discendere dall’esistenza <strong>dell</strong>’etere. Qui Kant usa il termine Existenz che designa<br />

una posizione del pensiero. Ma subito dopo specifica che anche l’effettiva realtà<br />

<strong>dell</strong>’etere deve essere provata a priori dalle semplici condizioni di possibilità in vista di<br />

e per (für) l’esperienza. E’ a questo punto che risulta ancora più chiara la connessione<br />

tra il sistema <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e quello <strong>dell</strong>e percezioni nell’Opus<br />

postumum. L’unità collettiva <strong>dell</strong>e percezioni equivale all’unità collettiva<br />

<strong>dell</strong>’esperienza, così che una volta provata la connessione reale tra percezioni e forze<br />

motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, l’esistenza <strong>dell</strong>’etere è a fondamento e prova l’unità e<br />

l’universalità del tutto <strong>dell</strong>’esperienza:<br />

Äußere Wahrnehmungen aber zur möglichen Erfahrung (denen nur noch die Form<br />

der Verknüpfung derselben mangelt) sind selbst nichts anders als Wirkung agitierender Kräfte<br />

der Materie auf das wahrnehmende Subjekt und ehe noch gefragt wird welche Objekte der<br />

Sinne Gegenstände der Erfahrung sein oder nicht sein mögen ist nur von der Form ihrer<br />

Verknüpfung d. i. vom Formalen möglicher Erfahrung die Rede und die Frage ob es dieser<br />

gemäß sei oder nicht (Forma dat eße rei), wo von der collectiven Einheit der Erfahrung und den<br />

Bedingungen derselben gehandelt wird Die Einheit derselben in der durchgängigen<br />

Bestimmung des Objekts ist zugleich die Wirklichkeit desselben. 75<br />

L’unità collettiva va nettamente distinta dall’universalità collettiva, sebbene<br />

siano trattate insieme nell’ambito <strong>dell</strong>’Übergang e <strong><strong>dell</strong>a</strong> cosmologia. L’unità e il totale<br />

(das All) <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia sono i caratteri del problema epistemologico <strong><strong>dell</strong>a</strong> totalità <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia, che in quanto spazio ipostatizzato, è la realizzazione di un concetto singolare<br />

da una rappresentazione singolare, che è quella <strong>dell</strong>’intuizione <strong>dell</strong>o spazio:<br />

74 Opus postumum, KGS XXI, p. 572.<br />

75 Opus postumum, KGS XXI, p. 577.<br />

232


„Es existiert ein Absolut//Ganzes als System der bewegenden Kräfte der Materie denn<br />

der Begriff von einem solchen ist objektiv ein Erfahrungsbegriff mithin ist ein solcher gedachte<br />

Gegenstand wirklich” (hier, aber auch nur in diesem einzigen Fall, kann gesagt werden a<br />

poße ad esse valet consequentia) Dieser Begriff ist einzig in seiner Art (vnicus), darum weil<br />

sein Objekt auch einzeln (conceptus singularis) ist; denn das All der Materie bezeichnet<br />

nicht eine distributive sondern collective Allgemeinheit der Gegenstände die zur Absoluten<br />

Einheit aller möglichen Erfahrung gehören. 76<br />

Il rapporto tra universalità collettiva e distributiva dei principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione si<br />

configura come quello che intercorre <strong>nella</strong> Kritik der Urtheilskraft tra il nexus effectivus<br />

e il nexus finalis. Pertanto l’universalità collettiva può essere connessa con quella<br />

distributiva, sottoponendo quest’ultima alla prima in un sistema di principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong><br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>.<br />

Dieses System der Grundsätze der NW. ist keine Propädeutik als für sich bestehende<br />

Präliminarlehre sondern collective Allgemeinheit der Prinzipien, Erfahrung anzustellen mit<br />

distributiver Allgemeinheit verbunden. 77<br />

Questo aspetto è chiarito, se si considera una riflessione di Kant sul concetto di<br />

volontà, in cui nel sistema <strong>dell</strong>’eticità è racchiusa la triplice unità <strong><strong>dell</strong>a</strong> volontà, secondo<br />

tre facce <strong>dell</strong>’universalità, le prime due distributive e la terza collettiva:<br />

Die Sittlichkeit ist die praktische allgemeine Bedingung der Glückseeligkeit, und sie ist<br />

ein System derselben aus Freiheit sich der Glückseeligkeit würdig zu machen; dreifache Einheit<br />

der Willkür aus dreifacher Allgemeinheit: 1, Unbedingte Allgemeinheit gegen jedermann und<br />

allezeit. 2. Bedingte nach dem Maas des Vermögens und eignen Glücks gegen einen oder<br />

andern. 3. Collective Allgemeinheit gegen die universalitatem (diese ist etwas Einzelnes). 78<br />

Per ogni idea, cioè per ogni concetto di ragione esiste un punto di vista<br />

<strong>dell</strong>’universalità collettiva, perché esiste una premessa, sul piano logico, che consiste<br />

<strong>nella</strong> determinazione <strong>dell</strong>’universalità dei concetti singolari, come è ad esempio quello<br />

di verità. In questo caso Kant mostra che l’universalità collettiva dei principi è in grado<br />

di unificare l’unità collettiva insieme a quella distributiva, iscrivendo in una totalità,<br />

intesa come sistema o come singolarità, le determinazioni del concetto di ragione, che,<br />

in quanto idea, non è passibile di un grado:<br />

76 Opus postumum, KGS XXI, p. 592.<br />

77 Opus postumum, KGS XXII, p. 288.<br />

78 Loses Blatt, KGS XIX, p. 286.<br />

233


Wahrheit hat keine Grade. Mehr als, allzu wahr. Die distributive, die collective<br />

Allgemeinheit der Wahrheit. 1. es ist etwas Falsches in einem übrigens wahren Erkenntnis. 2.<br />

oder: nicht alle Wahrheit, die ganze Wahrheit. 79<br />

Ora, proprio nell’alveo <strong><strong>dell</strong>a</strong> riflessione kantiana sulla totalità si apre la<br />

possibilità di stabilire una connessione sistematica tra ontologia e metafisica.<br />

Questo accade in virtù del fatto che il problema ontologico <strong>dell</strong>’esistenza, risolto<br />

in epoca critica grazie all’idealismo trascendentale e alla logica, ritorna sotto un’altra<br />

veste, coinvolgendo la teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza kantiana a livello del sistema <strong>dell</strong>e<br />

percezioni. Dunque l’effettualità su un piano metafisico, ovvero il sistema dei rapporti<br />

reciproci attivi, si ricongiunge al piano ontologico ed epistemologico, attraverso il<br />

concetto di materia, come etere (Wärmestoff). Quest’ultimo è legato intimamente con<br />

l’affezione, in quanto sostrato <strong>dell</strong>e forze motrici.<br />

Per comprendere questo punto, ancor più che la letteratura secondaria, è di aiuto<br />

la corrispondenza che Kant intrattenne con C. F. Hellwag. In una lettera del dicembre<br />

1790, quest’ultimo pone a Kant <strong>dell</strong>e domande cruciali sulla sua visione <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia<br />

cosmica e sul principio di azione e reazione reciproca, che venne esposto da Kant nei<br />

Metaphysische Anfangsgünde der Naturwissenschaft.<br />

Hellwag, autore di studi sulla teoria dei suoni e dei colori, nonché sul<br />

linguaggio, presuppose l’esistenza di una materia universalmente diffusa, un medium<br />

continuo reale, sulla cui esistenza e consistenza chiede parere a Kant proprio <strong>nella</strong> stessa<br />

lettera.<br />

La risposta di Kant non si lascia attendere. Nel gennaio 1791 scrive:<br />

Alle unsere Begriffe von Materie enthalten nichts als bloß Vorstellung von äußeren<br />

Verhältnissen (wie dann der Raum auch nichts anders vorstellig macht) das aber, was wir im<br />

Raume als existierend setzen, bedeutet nichts weiter, als ein Etwas überhaupt, woran wir uns<br />

auch keine andre Prädikate, als die eines äußeren Verhältnisses vorstellen müssen, so fern wir es<br />

als bloße Materie betrachten, mithin nichts was schlechterdings innerlich ist (Vorstellungskraft,<br />

Gefühl, Begierde). Hieraus folgt: dass, da alle Veränderung eine Ursache voraussetzt und eine<br />

schlechthin = innerliche Ursache der Veränderung äußerer Verhältnisse (kein Leben) in der<br />

bloßen Materie nicht gedacht werden muss, die Ursache aller Veränderung (aus der Ruhe in<br />

Bewegung und umgekehrt, zusammt den Bestimmungen der letzteren) in der Materie außerhalb<br />

liegen müsse, mithin ohne eine solche keine Veränderung statt finden könne; woraus folgt, dass<br />

kein besonderes positives Prinzip der Beharrlichkeit der Bewegung, in der ein Körper einmal<br />

ist, erforderlich sei, sondern bloß das negative, da keine Ursache der Veränderung da ist. - Was<br />

das zweite Gesetz betrifft, so gründet es sich auf dem Verhältnisse der wirkenden Kräfte im<br />

Raume überhaupt, welches Verhältnis notwendig wechselseitig einander entgegengesetzt und<br />

jederzeit gleich sein muss (actio est aequalis reactioni), weil der Raum keine einseitige, sondern<br />

jederzeit wechselseitige Verhältnisse, mithin auch die Veränderung derselben d. i. die<br />

Bewegung und die Wirkung der Körper auf einander sie hervorzubringen lauter wechselseitige<br />

79 Reflexion 2210, KGS XVI, p. 272.<br />

234


und gleiche einander entgegengesetzte Bewegungen möglich macht. Ich kann mir keine Linien<br />

von dem Körper A zu allen Punkten des Körpers B gezogen denken, ohne auch umgekehrt eben<br />

so viel gleiche Linien von Körper A zu B zu ziehen und die Veränderung dieses Verhältnisses<br />

eines Körpers (B) durch den Stoß des andern (A) zu diesem als wechselseitig und gleich zu<br />

denken. Es bedarf hier also eben so wenig einer positiven besonderen Ursache der<br />

Gegenwirkung des Körpers in den gewirkt wird, als beim obigen Gesetze der Trägheit; im<br />

Raume und der Eigenschaft desselben, dass in ihm die Verhältnisse wechselseitig<br />

entgegengesetzt und zugleich sind (welches beim Verhältnisse successiver Zustände in der Zeit<br />

nicht der Fall ist) liegt der alleinige hinreichende Grund dieser Gesetze. Übrigens werde ich<br />

Lamberts Meinung über diesen Punkt in seinen Beiträgen nachsehen. 80<br />

Ora, <strong>nella</strong> sua lettera a Kant, Hellwag aveva definito la posizione di Bacone<br />

insufficiente, mentre aveva indicato la concezione del moto dei corpi di Lambert come<br />

illuminante per spiegare il fondamento <strong>dell</strong>’azione reciproca tra i corpi. Ma Kant <strong>nella</strong><br />

sua risposta lascia intendere di non essersi basato sugli studi di Lambert per la<br />

trattazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> Meccanica nei Metaphysische Anfangsgründe der Naturwissenschaft.<br />

Il punto più interessante del carteggio riguarda l’affermazione kantiana secondo<br />

cui “<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia non si può dire altro che essere un qualcosa fuori di me e non ancora<br />

determinato nelle sue proprietà”, e proprio per tale ragione Kant ritiene plausibile<br />

l’ipotesi di Hellwag di una base materiale, di un medium continuo per la trasmissione<br />

del suono, purché la sua trattazione non coincida con la costruzione del concetto di<br />

materia in generale.<br />

Come si è visto nel Capitolo I, <strong>nella</strong> definizione di oggetto in generale, su cui<br />

Kant torna proprio nell’Opus postumum, l’oggetto=X, secondo qualità, é un Etwas a cui<br />

viene assegnata posizione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo. Nel caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia per assegnare<br />

la posizione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo è necessario il grado, ma questo come anche per<br />

Hume, non era garanzia di definizione di azione causale.<br />

Anche per questa ragione Kant attribuisce un nesso causale tra l’etere e le sue<br />

proprietà, le sue forze motrici. Del resto, c’è anche una ragione storica per questo.<br />

Secondo lo studio di Kleinschmidt, nel XVIII secolo la teoria del grado <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia o<br />

<strong>dell</strong>’intensità <strong><strong>dell</strong>a</strong> luce era contemplato nell’ambito <strong>dell</strong>’ottica e trovava supporto sul<br />

piano teoretico ed estetico in Leibniz, Baumgarten e Lambert. 81 Prima di Lambert e<br />

Leibniz, fu Huygens a legare il concetto di intensità a quello di forza. In particolare<br />

l’intensità si riferisce al modo in cui operano le forze al seno di incidenza nei fenomeni<br />

rifrattivi nell’ottica. 82<br />

80<br />

Lettera a Hellwag, KGS XI, pp. 246-247.<br />

81<br />

E. Kleinschmidt, Die Entdeckung der Intensität: Geschichte einer Denkfigur im 18. Jahrhundert,<br />

Göttingen 2004, pp. 15-18; 76.<br />

82<br />

Cfr. Kleinschmidt (2004), p. 36: “Das Gradmoment der Intensität verweist so über eine nur<br />

energetische Abstufung hinaus, die für die von Christian Huygens und Leonard Euler eingeführte<br />

235


Il fatto che Kant leghi la sua teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione, che nelle Anticipazioni<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione risente <strong>dell</strong>’influsso dei Nouveaux Essais di Leibniz, al sistema <strong>dell</strong>e<br />

forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e alle proprietà <strong>dell</strong>’etere, mostra come Kant non si muova<br />

solamente nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica nell’Übergang, ma coinvolga il piano ontologico<br />

ed epistemologico. Per Leibniz il grado e l’intensità erano indispensabili per dar conto<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> velocità e del movimento dei corpi fisici. Kant riprende la tesi leibniziana e la<br />

traspone sul piano dei principi <strong>dell</strong>’intelletto puro, là dove parlando <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione le<br />

attribuisce quantità intensiva, cioè un grado che può venir misurato. 83<br />

Sempre secondo Kleinschmidt, questo legame tra la concezione <strong>dell</strong>’intensità e<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione, che determina un campo di indagine in cui epistemologia e fisica<br />

convivono, è senz’altro un’eredità di Fermat che introdusse i termini di grado e intensità<br />

<strong>nella</strong> trattazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> luce, dunque nell’ottica, ma al fine di ottenere una distinzione dei<br />

diversi gradi di realtà per una sistematizzazione e una classificazione dei fenomeni<br />

<strong>natura</strong>li. Obiettivo al quale Kant non era certamente estraneo.<br />

Non stupisce, dunque, che Kant nell’Opus postumum scelga di considerare il<br />

legame tra forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e il sistema <strong>dell</strong>e percezioni, secondo il principio<br />

forma dat esse rei:<br />

Das Formale dieser Verbindung geht a priori vorher (forma dat eße rei) um eine Physik<br />

zu begründen d.i. wir können nichts aus ihr ausheben als was wir in sie hineingelegt haben weil<br />

das Objekt der Physik das All der bewegenden Kräfte der Materie nur als in einem System (in<br />

der Natur) gegeben vorgestellt werden muss folglich auch jede Kraft in Beziehung auf alle<br />

andere ohne welche wechselseitige aktive Verhältnisse in einem System was und wie viel der<br />

Elemente der empirischen Naturlehre sie (die Physik) keine Wissenschaft sondern nur ein<br />

fragmentarisches Aggregat der bewegenden Kräfte sein würde welches nur durch Herumtappen<br />

unter Wahrnehmungen dem denkenden Subjekt nicht allein kein Ganzes derselben sondern auch<br />

keinen gegebenen Teil als zu jenem gehörend sichern würde wonach das Prinzip der<br />

Naturforschung in dem Übergange zur Physik seine Richtung und seinen Umfang erhält. 84<br />

Il principio grazie al quale Kant riesce a riconnettere sistematicamente i principi<br />

metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> e la fisica è sintetizzato da questa formula di origine<br />

scolastica. Tradotto in veste trascendentale, questo principio è diretto principalmente al<br />

piano <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione e <strong>dell</strong>’intuizione. E’ possibile finalmente comprendere quanto<br />

sostenuto nel Capitolo I, quando si è voluta anticipare l’importanza <strong>dell</strong>’affermazione<br />

Wellentheorie des Lichts die Basis bildet, auf einen grundsätzlich weiterführenden Aspekt“. Sui fenomeni<br />

ottici legati all’intensità, cfr. E. Proverbio, R. G. Boscovich and the measurement of the refractive quality<br />

of lenses, in Memorie <strong><strong>dell</strong>a</strong> Società Astronomica Italiana, Vol. 60, 1989, pp. 837-886.<br />

83 Cfr. Kleinschmidt (2004), pp. 24-25, per una ricostruzione <strong>dell</strong>’importanza <strong><strong>dell</strong>a</strong> definizione di<br />

gradazione (climax) e intensità nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong> retorica e <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria del calore legate agli studi sulla<br />

temperatura.<br />

84 Opus postumum, KGS XXII, p. 306.<br />

236


kantiana <strong>dell</strong>’esistenza di tre forme <strong>dell</strong>’intuizione, spazio, tempo e positus in vista<br />

<strong>dell</strong>’esperienza esterna. 85<br />

Esaminando con attenzione i seguenti passaggi e tenendo presente la prova<br />

<strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere esposta nel presente capitolo, è chiaro che Kant amplia la sua<br />

teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza, ma senza abbandonare l’idealismo trascendentale. Va inoltre<br />

sottolineato che la sintesi soggettiva <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione (Zusammenstellung) svolge un<br />

ruolo di primo piano per l’applicazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica alla fisica e per la traduzione<br />

in chiave ontologica del presupposto metafisico dei rapporti reciproci attivi. Nell’ambito<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica e <strong>dell</strong>’Übergang tale presupposto viene arricchito da elementi<br />

epistemologici, fino a trasformarsi <strong>nella</strong> cosa stessa: il fenomeno che secondo la forma<br />

porta con sé l’unità assoluta, ma come conseguenza <strong><strong>dell</strong>a</strong> costituzione di un sistema<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza empirica:<br />

Physik ist Erkenntnis der Sinnengegenstande in der Erfahrung. Diese aber enthalt die<br />

Vorstellung der Gegenstände als Erscheinungen (phaenomena) die nicht was die Objekte an<br />

sich selbst sind sondern wie sie den Sinn afficiren darstellt (exhibet) und die bewegende Kräfte<br />

nach der Beschaffenheit des afficirten Subjekts innerlich nicht nach ihrer Beschaffenheit<br />

äußerlich empirisch d.i. gegeben ist (dabile) und die Verknüpfung des Mannigfaltigen der<br />

Sinnenvorstellung wie sie a priori der Form der Zusammensetzung nach gedacht wird<br />

(cogitabile) zum Prinzip macht, und so Erfahrung als System empirischer Erkenntnis welches<br />

absolute Einheit zur Folge hat deren Form objektiv die Sache selbst als Phänomen (nach der<br />

Regel: forma dat eße rei) schon in seinem Begriffe bei sich führt. 86<br />

Sebbene il rapporto tra la trattazione fisica dei corpi con il piano <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

percezione risulti chiaro, di meno lo è quello con l’intuizione. Per svolgere la prova<br />

<strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere è necessario ammettere oltre allo spazio e al tempo, anche<br />

l’elemento del positus, in modo da porre quella condizione di possibilità <strong>dell</strong>’oggetto in<br />

generale di poter essere assegnato ad una posizione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo. Questa<br />

operazione viene condotta attraverso una sintesi <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione da parte<br />

<strong>dell</strong>’intelletto, la quale, sebbene sia solo soggettiva, è di primaria importanza per poter<br />

avere un’unità <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi del neben und nach einander seyn nell’intuizione e per poter<br />

trovare una pluralità (pluralitas) dall’unicità (singularitas): 87<br />

85 Cfr. infra, Capitolo. I, §§1.3;1.4.<br />

86 Opus postumum, KGS XXII, p. 318.<br />

87 Opus postumum, KGS XXII, pp. 318-19: “Physik ist also die Lehre von der Verknüpfung des<br />

Empirisch//vorgestellten zur Einheit der Erfahrung und also subjektiv in einem System fortzuschreiten<br />

und die Einzelheit (singularitas) der möglichen Erfahrung welche durch die synthetische Einheit der<br />

neben// und nach einander in der reinen Anschauung gegebenen Vorstellungen des Raumes und der Zeit<br />

(pluralitas) die absolute Einheit der Erfahrung. Daher muss es heißen: „Es ist nur Eine Erfahrung und<br />

wenn man von Erfahrungen reden hört so muss darunter immer nur ein Aggregat der<br />

Wahrnehmungen verstanden werden welches zu Einer Erfahrung gehört”.<br />

237


Empirisch die bewegende Kräfte der Materie aufzufassen und fragmentarisch zu<br />

sammeln kann keine Physik als Wissenschaft begründen vielmehr muss sie als Ganzes nicht als<br />

Aggregat (sparsim) sondern als System (coniunctim) nach einem Prinzip a priori welches die<br />

Zahl und Ordnung derselben bestimmt aufgestellt werden können welches nicht anders<br />

geschehen kann als dass nicht was wir aus dem Aggregat der Wahrnehmungen ausheben<br />

sondern was wir zum Behufe der Möglichkeit der Erfahrung (folglich nach einem formalen<br />

Prinzip) hineinlegen bringt diese Wissenschaft zu Stande in welcher die Naturforschung (durch<br />

Observation und Experiment) von der Erscheinung der Erscheinungen und so nach einem<br />

Prinzip a priori ausgeht und so zwar indirekt doch nicht als unbestimmt herumschweifende<br />

Zusammenhäufung (cognitio vaga) sondern nach Prinzipien der Einteilung des Mannigfaltigen<br />

nach Begriffen möglich macht weil nicht die Anschauung sondern der Verstand nicht das<br />

Empfindbahre (sensibile) sondern das Denkbare (cogitabile) nach dem Grundsatze aller<br />

Zusammenstellung (forma dat eße rei) vor aller. 88<br />

Per mostrare come si traduce sul piano <strong><strong>dell</strong>a</strong> prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere<br />

questo ampliamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria kantiana <strong>dell</strong>’esperienza, occorre considerare come<br />

avvenga il passaggio dal soggettivo all’oggettivo <strong><strong>dell</strong>a</strong> connessione del molteplice <strong>dell</strong>e<br />

rappresentazioni empiriche. Questo passaggio passa per il principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione<br />

oggettiva che viene intesa come coordinazione (coordinatio) <strong>dell</strong>e parti in un tutto<br />

sistematico nell’esperienza:<br />

Das Formale einer solchen Verknüpfung des empirischen Mannigfaltigen unter dem<br />

Prinzip dieser Zusammensetzung (coordinatio) macht das Subjektive derselben objektiv und a<br />

priori zu einem Ganzen derselben (forme dat eße rei) in der Erfahrung weil das Empirische<br />

derselben zu einem System der Wahrnehmungen unbedingt (absolute) mithin notwendig<br />

verbunden ist und macht es möglich dass durch Observation und Experiment in der<br />

Zusammenstellung des Empirischen synthetische Einheit angetroffen werden kann welche<br />

notwendig ist weil was a priori als Erscheinung gegeben ist zugleich im Bewusst sei der<br />

Existenz des Objekts selber anerkannt wird. 89<br />

L’unità <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi soggettiva <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione <strong>dell</strong>’empirico, cioè <strong>dell</strong>e<br />

percezioni, diviene oggettiva e necessaria <strong>nella</strong> misura in cui fornisce un ordine a priori<br />

del fenomeno, in quanto ciò che è dato a priori <strong>nella</strong> percezione è riconosciuto <strong>nella</strong><br />

co<strong>scienza</strong> appartenere all’esistenza <strong>dell</strong>’oggetto.<br />

Lo spazio ipostatizzato, o etere, in quanto tutto <strong>dell</strong>e percezioni del senso esterno<br />

è ordinato e organizzato secondo rapporti di coordinazione, inverando il presupposto<br />

metafisico kantiano dei rapporti reciproci attivi. Come si è visto nel Capitolo I, i<br />

rapporti di coordinazione in generale sono il frutto <strong>dell</strong>’attività sintetica del soggetto,<br />

che modifica, nel venire modificato, la percezione, la materia (Stoff) appunto, attraverso<br />

una sintesi <strong>dell</strong>’intelletto operata sull’intuizione <strong>dell</strong>o spazio.<br />

88 Opus postumum, KGS XXII, p. 322.<br />

89 Opus postumum, KGS XXII, pp. 368-369.<br />

238


Ritorna così la dialettica forma/materia, tanto importante nei Metaphysische<br />

Anfangsgründe der Naturwissenschaft, così come nell’Opus postumum. La possibilità di<br />

rendere forma (cogitabile) <strong><strong>dell</strong>a</strong> connessione <strong>dell</strong>e rappresentazioni empiriche ciò che<br />

ne costituisce il materiale (dabile), è garantita ora sul piano ontologico dal principio<br />

forma dat esse rei:<br />

Physik ist die systematische Lehre der empirischen Naturforschung: als der Tendenz der<br />

metaphys. A. Gr. der Naturwissenschaft. Die der Naturforschung nach a priori zum Grunde<br />

liegenden Prinzipien ist die der Metaphys. A. Gr. der N. W. Physik ist die Wissenschaft der<br />

Prinzipien die bewegende Kräfte der Natur in einem System der Erfahrung zu verknüpfen. Dazu<br />

gehöret 1.) das Materiale der empirischen Vorstellungen (dabile) 2. das Formale der<br />

Zusammenstellung des Mannigfaltigen derselben in einem System (cogitabile) welches das<br />

Gesetz der Verknüpfung von jenen zum Behuf der Möglichkeit der Erfahrung als Einheit enthält<br />

und als Idee der Verknüpfung a priori zum Grunde gelegt werden muss (forma dat eße rei). 90<br />

C’è una differenza sostanziale con la prima Critica, sebbene anche in sede di<br />

Prefazione alla seconda edizione, Kant avesse rilevato la capacità <strong><strong>dell</strong>a</strong> forma di<br />

determinare la materia e che le forme da noi immesse <strong>nella</strong> <strong>natura</strong> sono oggetto di<br />

conoscenza possibile e allo stesso tempo fonte <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong>dell</strong>’esperienza.<br />

Nell’Opus postumum, infatti, Kant non tratta del principio <strong>dell</strong>’esperienza in generale,<br />

cioè non tratta solamente <strong>dell</strong>’unità collettiva di ogni esperienza (il che implicherebbe la<br />

considerazione <strong>dell</strong>’universalità distributiva <strong>dell</strong>’esperienza), ma del principio<br />

<strong>dell</strong>’esperienza come un tutto (il tutto <strong>dell</strong>’esperienza possibile), che implica la sua<br />

universalità collettiva capace di includere in un sistema sia l’unità collettiva sia l’unità<br />

distributiva di ogni esperienza. In questo modo è più facile comprendere lo scopo a cui<br />

Kant tende nel considerare l’esperienza dal punto di vista <strong>dell</strong>’universalità collettiva.<br />

Tale punto di vista è incarnato <strong>nella</strong> costituzione di un tutto capace di unificare il<br />

sistema <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e quello <strong>dell</strong>e percezioni. Una volta costituito<br />

questo tutto sistematico, secondo Kant, è possibile enumerare e classificare le forze<br />

motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia in vista <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza empirica e del sistema degli oggetti del<br />

senso:<br />

Das Formale der Verbindung derselben zum Behuf der Möglichkeit der Erfahrung von<br />

dem Verhältnis dieser Kräfte zum Subjekt macht das Prinzip der Möglichkeit der Erfahrung als<br />

eines subjektiven Systems aus welches zugleich objektiv gegeben ist. Forma dat eße rei und<br />

weil die bewegende Kräfte, welche die Ursache der Wahrnehmungen zum Behuf des<br />

empirischen Erkenntnisses ausmachen als Erscheinungen a priori gegeben sind so können auch<br />

a priori diejenige aufgezahlt u. classificirt werden welche das empirische Aggregat zum Behuf<br />

eines Systems der Sinnenobjekte ausmachen. Die bewegende Kräfte 1.) in der Erscheinung<br />

Subjektiv 2. in der Wahrnehmung objektiv 3.) in der Zusammensetzung des<br />

90 Opus postumum, KGS XXII, p. 313.<br />

239


Mannigfaltigen der Wahrnehmungen zum Begriffe in meinem Bewusstsein 4.) ein Prinzip der<br />

Möglichkeit der Erfahrung (des empirischen Denkens überhaupt) im System der bewegenden<br />

Kräfte objektiv überhaupt das cogitabile zum dabile zu machen als dem Überschritt zur Physik<br />

z. B. die Vorstellung organischer Körper, als entia rationis (Gedankendinge) welche<br />

subjektive Realität haben, im Inbegriffe der Natur überhaupt das Elementarsystem zu<br />

classificiren und das Elementarsystem a priori zu organisieren. Erscheinung (Anschauung a<br />

priori) und Erfahrung was gegeben u. was gemacht oder gedacht wird. 91<br />

Il principio forma dat esse rei si rivela essere il principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi <strong>dell</strong>e<br />

percezioni in un’unità collettiva sistematica, che può divenire sistema <strong>dell</strong>e<br />

determinazioni del molteplice empirico prodotto dalle forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia.<br />

Queste a loro volta costituiscono un sistema che conferisce effettualità (Wirklichkeit)<br />

alla realtà (Realität):<br />

Alles was wir a priori und zwar synthetisch erkennen sollen kann nur als Objekt in der<br />

Erscheinung nicht als der Gegenstand an sich selbst beurteilt werden mithin können<br />

Erfahrungsgegenstände nur die Zusammenstimmung der Erscheinungen unter einander in<br />

demselben Objekt die Realität desselben ausmachen und die bloße Form der<br />

Zusammenstimmung des Mannigfaltigen desselben in der synthetischen Vorstellung kann<br />

jenem den Beweis der Wirklichkeit verschaffen (forma dat eße rei). Also ist es nur das Prinzip<br />

der Synthesis der Wahrnehmungen zur Einheit derselben in einem — nicht Aggregat sondern —<br />

System möglicher empirischer Bestimmungen des Objekts durch bewegende Kräfte der<br />

Materie die man also aufzählen muss. 92<br />

La prova <strong>dell</strong>’esistenza <strong>dell</strong>’etere, dunque, rappresenta un elemento di critica<br />

molto forte all’idealismo e alle nuove tendenze filosofiche <strong>dell</strong>’epoca. D’altra parte<br />

Kant non abbraccia una forma di materialismo, sebbene reputi necessaria<br />

soggettivamente la realtà effettiva <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia perché si dia percezione e, dunque, che<br />

un qualcosa fuori di noi esista. In virtù <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua esistenza, la completa determinazione<br />

<strong>dell</strong>’etere, come si è visto, dipende dalla costituzione di un sistema <strong>dell</strong>e forze motrici<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, e dunque dall’elemento formale, <strong><strong>dell</strong>a</strong> classificazione e <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

matematizzazione, che viene inserito nell’esperienza dal soggetto. Quest’ultimo, non<br />

solo comprende le forze in un sistema e determina la materia, ma inserendosi all’interno<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> totalità dei rapporti reciproci attivi tra le forze, si scopre come determinato anche<br />

da essa:<br />

Also Raum u. Zeit und die Verbindung des Aggregats der Wahrnehmungen zu<br />

einem Ganzen der Möglichen Erfahrung in beiden als System derselben (für// nicht<br />

durch Erfahrung) ist das Formale. — Raum, Zeit, und die synthetische Einheit<br />

des Mannigfaltigen derselben in der Anschauung als Erscheinung des<br />

Sinnenobjekts wie das Subjekt von ihm als einem absoluten Ganzen<br />

91 Opus postumum, KGS XXII, pp. 385-86.<br />

92 Opus postumum, KGS XXII, p. 375.<br />

240


afficirt wird.Der Raum und die Zeit ist nicht die Synthesis d.i. Zusammensetzung des<br />

Mannigfaltigen der Anschauung durch Begriffe denn er und die Zeit sind schon mit der<br />

synthetischen Einheit des Mannigfaltigen der Anschauung identisch gegeben (nicht davon<br />

abgeleitet). Das Formale der Anschauung als Einheit ist in der Synthesis des Mannigfaltigen<br />

derselben a priori identisch enthalten. Das Mannigfaltige der Anschauung derselben ist nicht<br />

durch Wahrnehmungen (empirische Vorstellungen mit Bewusstsein) sondern a priori in der<br />

reinen Anschauung gegeben und das Aggregat der letzteren zum Behuf der Möglichkeit der<br />

Erfahrung setzt jene (Anschauung) das Formale vor dem Materialen voraus Raum, Zeit und<br />

synthetische Einheit des Mannigfaltigen der Anschauung im Raum und der Zeit. Alle drei sind<br />

Formen. Forma dat esse rei sind unendlich. Die erste 2 gehen das Objekt das dritte das die<br />

gedachte Objekte in einem Begriff verbindende Subjekt an. 93<br />

La posizione epistemologica di Kant, che ci viene riconsegnata dalle pagine<br />

<strong>dell</strong>’Opus postumum, mostra che sia l’idealismo trascendentale sia il realismo empirico<br />

– secondo cui è un fatto che si dia esperienza – siano mantenuti rispetto al periodo<br />

critico. In secondo luogo, emerge con forza l’idea che l’oggetto <strong>dell</strong>’Übergang sia il<br />

risultato del processo di trasformazione del soggettivo nell’oggettivo, <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia <strong>nella</strong><br />

forma, il cui risultato viene condotto ad un’unità più alta:<br />

Es kommt bei Lösung der Aufgabe nämlich der Frage über die Existenz des Wärmestoffs als<br />

mit bewegenden Kräften versehener Materie wenn a priori darüber geurteilt werden soll nicht<br />

darauf an auszumachen wie das Objekt (quaestionis) sondern wie die Erfahrung von diesem als<br />

Gesamtbegriff desselben in seiner collectiven Einheit nämlich Einer Erfahrung mithin subjektiv<br />

möglich ist; denn stimmt dieser Begriff mit den Bedingungen der Möglichkeit Einer Erfahrung<br />

(der Einheit derselben) zusammen so ist jener Gegenstand subjektiv wirklich; denn es wird hier<br />

nicht nach dem gegebenen Gegenstande sondern nur nach unserer Erkenntnis des Gegenstandes<br />

gefragt: und dieses ist zur Lösung unserer Aufgabe als welche nicht Begriffe aus der Erfahrung<br />

sondern Erfahrung aus Begriffen ableitet, hinreichend. 94<br />

L’universalità collettiva <strong>dell</strong>’esperienza è l’oggetto di indagine. Lo scopo di<br />

Kant consiste nel mostrare come l’esperienza <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia dotata di forze motrici possa<br />

divenire un Gesamtbegriff, ma non sia dato come un Gegenstand, attraverso l’attività<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> spontaneità. Kant ha tentato di mostrare come si determina l’esperienza da<br />

concetti. Secondo il principio forma dat esse rei e sulla base del presupposto metafisico<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> coazione reciproca tra i corpi e le forze motrici, Kant avanzò la pretesa di<br />

determinare il piano ontologico, cioè le condizioni di possibilità <strong>dell</strong>’esperienza stesse,<br />

procedendo da concetti. Allo stesso tempo Kant legò indissolubilmente alla dimensione<br />

ontologica quella epistemologica <strong>nella</strong> misura in cui il presupposto metafisico dei<br />

rapporti reciproci attivi obbliga ad un mutuo scambio il sistema <strong>dell</strong>e percezioni e<br />

93 Opus postumum, KGS XXII, p. 446:<br />

94 Opus postumum, KGS XXI, p. 581.<br />

241


quello <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, in vista <strong>dell</strong>’oggettività <strong>dell</strong>’esperienza.<br />

Si comprende, così, perché per Kant l’opera postuma fosse un’impresa tantalica, <strong>nella</strong><br />

misura in cui prevedeva la riflessione sul suo sistema e un bilancio <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia<br />

trascendentale stessa.<br />

242


OSSERVAZIONI CONCLUSIVE<br />

Il percorso tracciato dalla ricerca conduce ad un ampio e vivo dibattito<br />

sull’importanza e sull’utilità <strong>dell</strong>’approccio trascendentale <strong>nella</strong> filosofia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> e<br />

nell’epistemologia contemporanee. Di esso se ne tratta brevemente nell’Appendice al<br />

fine di aprire un terreno di confronto con la filosofia contemporanea e per gettare le basi<br />

di un’ulteriore ricerca. Prima di procedere in tal senso, è opportuno sintetizzare i punti<br />

di maggior rilievo che la tesi ha voluto approfondire e sostenere nell’affrontare le<br />

<strong>questioni</strong> <strong>epistemologiche</strong> emerse soprattutto nell’ultima produzione kantiana.<br />

Il primo aspetto su cui si è voluto insistere concerne la <strong>natura</strong> ‘flessibile’ <strong>dell</strong>o<br />

spazio kantiano, inteso come intuizione formale e forma <strong>dell</strong>’intuizione. Sebbene questo<br />

tipo di lettura sia stata alla base <strong>dell</strong>e interpretazioni neo-kantiane di Cohen e Cassirer,<br />

l’elemento <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi soggettiva <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione (Zusammenstellung) non era stato<br />

messo chiaramente in connessione con l’algebra per la determinazione di proprietà <strong>dell</strong>o<br />

spazio. La chiarificazione di tale rapporto, sulla base <strong>dell</strong>o studio <strong><strong>dell</strong>a</strong> Kritik der reinen<br />

Vernunft e dei Metaphysiche Anfangsgründe der Naturwissenschaft, vorrebbe<br />

aggiungere un tassello alla ricostruzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica di Kant. In<br />

secondo luogo, questa lettura permette il dispiegamento <strong>dell</strong>e potenzialità <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

concezione <strong>dell</strong>o spazio e <strong>dell</strong>’algebra nell’alveo <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> di Kant,<br />

grazie all’analisi <strong><strong>dell</strong>a</strong> Kritik der Urtheilskraft e degli scritti inediti. La terza Critica si è<br />

rivelata una miniera d’oro da cui attingere a piene mani sia per lo sviluppo di temi<br />

kantiani, sia per approfondire aspetti squisitamente epistemologici, sia per la ricerca<br />

contemporanea sull’approccio trascendentale alla fisica moderna.<br />

Dal punto di vista <strong><strong>dell</strong>a</strong> storia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> è possibile ritrovare almeno due<br />

aspetti <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> di Kant innovativi per la sua epoca. Il primo di<br />

questi aspetti riguarda il sistema <strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia (Elementarsystem) che<br />

Kant delinea nell’Übergang von den metaphysischen Anfangsgründe der<br />

Naturwissenschaft zur Physik: paragonato con l’opera enciclopedica coeva di Gehler, il<br />

sistema <strong>dell</strong>e forze di Kant risulta essere più snello e capace di inserire nell’alveo <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

fisiologia anche l’intelligenza umana. Il secondo aspetto degno di nota è il fatto che<br />

Kant abbia parlato di una misurazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> quantità di materia in termini di energia<br />

(Energie) nei manoscritti <strong>dell</strong>’Opus postumum. Questo aspetto, intrinsecamente legato<br />

alla <strong>natura</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia cosmica, oltre a confermare la concezione dinamica <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia e <strong>dell</strong>e sue forze motrici, permette di cogliere l’importanza <strong>dell</strong>’influsso <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

243


termologia di Laplace e Lavoisier sulla produzione kantiana, ma anche la straordinaria<br />

capacità del criticismo di adattarsi alla <strong>scienza</strong> del suo tempo, fino a spingersi per certi<br />

versi, oltre di essa.<br />

Infatti, l’interesse mostrato da diversi studi, in diversi periodi storici, sulla<br />

filosofia kantiana e il suo rapporto con le scienze, fino ad arrivare ad affermare<br />

erroneamente anticipazioni di teorie fisiche contemporanee, affonda probabilmente le<br />

sue radici <strong>nella</strong> ricognizione di una straordinaria flessibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia<br />

trascendentale, che si configura come un sistema aperto e certo non cristallizzato nel<br />

dogmatismo di un a priori statico. E’ del resto nota l’interpretazione di un a priori<br />

dinamico e relativizzato che diedero i neo-kantiani e Reichenbach, ripresa qualche<br />

decennio fa da M. Friedman. 1<br />

Tuttavia è proprio con il problema <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia che Kant si è voluto misurare e<br />

ha fornito <strong>dell</strong>e coordinate ben precise circa l’unicità <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e il fatto che non si<br />

possano non presupporre <strong>dell</strong>e proprietà di essa per una sua rappresentazione e una sua<br />

misurazione. Tali proprietà non sono, però, oggetto di un’osservazione diretta o di un<br />

esperimento cruciale, quanto sono frutto di un processo di analisi e procedono da<br />

concetti. Alla filosofia, dunque, spetta un compito sistematico, quello di riunire in un<br />

sistema concettuale e di classificare, secondo principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione, quei concetti<br />

intermedi, come quello di forza, indispensabili per una teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia.<br />

Agli occhi di Kant, poi, la conoscenza vera e propria <strong>dell</strong>e caratteristiche <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia quoad materiale dipende dall’attività sintetica che, attraverso la fisica<br />

matematica, configura l’essere <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia. Il principio forma dat esse rei costituisce il<br />

cuore <strong>dell</strong>’argomentazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> tesi di questa ricerca, secondo cui l’epistemologia<br />

kantiana procederebbe di pari passo con una fondazione <strong>dell</strong>’ontologia.<br />

Da quest’ultima prende le mosse la fisica, che <strong>nella</strong> sua fondazione, dunque,<br />

presuppone il soggetto come parte integrante di un sistema del mondo e come essere<br />

capace di determinare attraverso la fisica matematica, l’oggetto fisico. Si mostra così<br />

l’altra faccia <strong><strong>dell</strong>a</strong> medaglia del pensiero kantiano, che fa da pendant a quello <strong>dell</strong>’a<br />

priori e da cui si può certamente partire per rintracciare aspetti <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia<br />

trascendentale <strong>nella</strong> <strong>scienza</strong> contemporanea o per mostrarne la compatibilità.<br />

Nella filosofia di Kant, il rapporto tra epistemologia e ontologia si presenta in<br />

una veste dinamica, se si considera la capacità del soggetto di escogitare nuove forme di<br />

connessione secondo regole per la determinazione degli enti. La stessa Kritik der<br />

1 Sebbene questa interpretazione abbia numerosi limiti, che storicamente si sono presentati e che hanno<br />

strettamente a che vedere con le moderne teorie <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia.<br />

244


Urtheilskraft mostra questo aspetto metodologico, laddove, pur non stabilendo alcun<br />

principio determinante direttamente l’oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza, determina<br />

costitutivamente il rapporto tra le facoltà del soggetto: queste sono libere di generare<br />

indefinite forme di connessione nel sistema <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> e ancora più esplicitamente<br />

nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong> matematica, come stabilito nel §62. L’applicazione di questo<br />

avanzamento nell’empirico e nel contingente, frutto di un ampliamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> Kritik der<br />

reinen Venrnunft, trova il suo luogo ideale <strong>nella</strong> fisiologia sviluppata, ma mai<br />

pubblicata <strong>dell</strong>’Übergang von den metaphysischen Anfangsgründe der<br />

Naturwissenschaft zur Physik.<br />

La dimensione metafisica presente negli anni di pieno criticismo, lascia il posto<br />

negli anni ’90 al presupposto metafisico, secondo cui la realtà <strong>dell</strong>e sostanze deve essere<br />

rappresentata <strong>nella</strong> forma <strong>dell</strong>e loro relazioni reciproche attive. I concetti di riflessione,<br />

posti a fondamento per la costruzione del concetto di materia in generale, mantengono<br />

un ruolo di canone per evitare l’anfibolia, ma lasciano il posto a funzioni di reciprocità<br />

<strong>dell</strong>e forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia che guardano ai fenomeni fisici studiati dalle scienze<br />

<strong>natura</strong>li.<br />

Sia nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong> questione del realismo sull’oggetto fisico sia sul piano<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza, la posizione di Kant non sembra passibile di una<br />

definizione univoca. La posizione kantiana sfugge alle etichette tanto del realismo<br />

epistemico, quanto del realismo scientifico. Infatti, le condizioni di possibilità del<br />

conoscere, assunte ad oggetto dalla filosofia trascendentale, possiedono una realtà,<br />

hanno un Grund, che, però, non è oggetto <strong>dell</strong>’esperienza, è la cosa in sé, l’intima<br />

costituzione <strong>dell</strong>e nostre facoltà, di cui solamente la forma <strong>dell</strong>’attività può essere<br />

chiarita. Le condizioni di possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> realtà <strong>dell</strong>’oggetto fisico possono invece<br />

essere costruite attraverso la matematica e annoverano la percezione come un<br />

fondamento necessario per la realtà di una connessione necessaria <strong>dell</strong>e forze motrici<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, la cui esistenza deve essere presupposta, perché possa darsi sia la fisica<br />

come <strong>scienza</strong>, sia un’esperienza percettiva continua ed interconnessa.<br />

Kant, in sostanza, ribalterebbe il problema attuale <strong><strong>dell</strong>a</strong> disputa tra realismi: il<br />

problema non risiede nel fatto se l’oggetto epistemico o quello fisico siano reali o meno,<br />

quanto in che modo e se possiamo stabilire e conoscere la regola <strong><strong>dell</strong>a</strong> connessione o la<br />

forma di ciò che ci rappresentiamo come oggetto in generale, ma che non è ancora<br />

oggetto per noi, il fenomeno. L’oggetto propriamente detto “arriva” in un secondo<br />

tempo, arricchito da questo processo, da questo movimento del soggetto e dal prodotto<br />

245


<strong><strong>dell</strong>a</strong> sua attività: quello che Kant chiama Stoff, o molteplice <strong><strong>dell</strong>a</strong> rappresentazione, è il<br />

primo passo di un processo, che solamente attraverso una sintesi e al riconoscimento di<br />

un nesso <strong><strong>dell</strong>a</strong> comunanza giunge ad essere Gegenstand. Quest’ultimo è riconosciuto<br />

come ontologicamente dipendente da questo processo. Allo stesso modo, però, a<br />

seconda di come l’autoco<strong>scienza</strong> si pone nel tempo, questo è anche in grado di essere<br />

visto come Ding, ontologicamente indipendente dal processo conoscitivo, ma pur<br />

sempre passibile di una comprensione razionale.<br />

Sia nel caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> definizione in filosofia sia del caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> costruzione in<br />

matematica, l’attività sintetica presupposta determina la costituzione <strong>dell</strong>’oggetto per<br />

noi. Ma questa non è ancora la nozione kantiana di oggettività. Quest’ultima si<br />

raggiunge solo con un’unificazione del soggettivo e <strong>dell</strong>’oggettivo sotto un principio<br />

saputo con certezza (Gewissheit). La necessità <strong>dell</strong>’oggettività non vale solo in ambito<br />

teoretico, ma anche pratico e svela la complessa <strong>natura</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia trascendentale<br />

come sistema dei fini, che certo non si lascia totalmente inquadrare dal dibattito sul<br />

realismo. Peraltro una chiara indicazione su questo è fornita dallo stesso Kant, quando<br />

definisce la necessità di una duplice presenza per la determinazione <strong>dell</strong>’oggetto per noi<br />

quale l’idealismo trascendentale e il realismo empirico. Entrambi sono inscindibili.<br />

Quella trascendentale è sempre una duplice posizione circa l’oggetto e l’oggettività,<br />

poiché unisce l’aspetto epistemologico con quello ontologico, i quali però non<br />

coincidono sempre.<br />

Ci sono stati tentativi di tematizzare la complessità <strong><strong>dell</strong>a</strong> posizione kantiana. Per<br />

ora preme sottolineare, in questa breve nota conclusiva, che la ricerca svolta ha tentato<br />

di gettare una luce sul pensiero kantiano da una prospettiva che lo restituisce alla<br />

contemporaneità con limiti, ma anche e soprattutto con una veste di straordinaria<br />

ricchezza, in grado di colmare per certi aspetti la lacuna degli studi sulle opere minori e<br />

sulla sua fatica tantalica <strong>dell</strong>’Übergang. Da questa prospettiva, tanta parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong><br />

e <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> ha certamente ancora un conto in sospeso con la filosofia<br />

trascendentale.<br />

246


APPENDICE


IL POSTO DELLA RAGIONE NELLA SCIENZA<br />

Lo scopo di questa Appendice consiste nel valorizzare la riflessione kantiana nel<br />

delineare l’interazione tra filosofia e <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> e nel tracciare un quadro del<br />

rapporto che l’epistemologia contemporanea ha voluto e vuole ancora istaurare con la<br />

filosofia trascendentale. Questa Appendice vuole sì saggiare l’attualità di temi kantiani<br />

per la ricerca contemporanea, ma soprattutto intende andare oltre Kant per gettare luce<br />

sulle prospettive che possono ancora aprirsi nell’alveo di un approccio trascendentale<br />

alla <strong>scienza</strong>. Questo percorso può essere intrapreso, traendo spunto dalla domanda che<br />

pose A. Einstein: “se l’esperienza è l’alfa e l’omega <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza del mondo, allora<br />

che posto occupa la ragione <strong>nella</strong> <strong>scienza</strong>?”. 1<br />

Per aprire un confronto, si è scelto di trattare l’immagine che <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia<br />

kantiana è stata restituita non solo dai filosofi, ma anche dagli scienziati del secolo<br />

scorso e dagli epistemologi contemporanei. Si è scelto di presentare questa tesi alla fine<br />

di un lavoro di ricerca e di interpretazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> e<br />

<strong>dell</strong>’epistemologia kantiana per delineare un’ipotesi di lavoro ulteriore e per mostrare<br />

l’attualità degli studi kantiani nel settore di storia e filosofia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong>.<br />

La tesi che si è proposta in questo lavoro vuole collocarsi in prospettiva in un<br />

punto ben preciso <strong>dell</strong>’attuale ricerca, in quello spazio, cioè, aperto nel 2003 da<br />

1 A. Einstein, Come io vedo il Mondo, Roma 1988, p. 41.<br />

248


Symmetries in Physics e dagli studi raccolti nel 2009 in Constituting Objectivity.<br />

Transcendental Perspectives on Modern Physics. Questi ultimi propongono un<br />

approccio trascendentale sistematico sia alla fisica teorica sia all’epistemologia,<br />

delineando così una prospettiva di rinnovamento <strong>dell</strong>’ontologia. 2<br />

Data la vastità <strong>dell</strong>’argomento che richiederebbe un’ampia e articolata ricerca, si<br />

sono scelti tre punti sulla base dei quali svolgere l’analisi.<br />

Il primo punto riguarda l’intento <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia kantiana di costituire un sistema<br />

<strong>dell</strong>e condizioni di possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza scientifica. In questa prima sezione si<br />

attua una ricognizione degli elementi del pensiero kantiano che hanno influenzato<br />

aspetti <strong><strong>dell</strong>a</strong> produzione H. Weyl, per poi attuare un confronto diretto con i testi di<br />

Einstein.<br />

Il secondo punto concerne la questione epistemologica circa il problema<br />

<strong>dell</strong>’oggettività e di oggetto epistemico, che, così come è stata presentata nel 2007 da L.<br />

Daston e P. Galison in Objectivity, affonderebbe le sue radici proprio nel pensiero di<br />

Kant. Questa sezione ha lo scopo di ricostruire la tesi di Daston e Galison e vedere se, e<br />

in che misura, la loro interpretazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione kantiana di oggettività sia<br />

aderente alla filosofia trascendentale.<br />

L’ultimo punto consiste nell’analisi del fenomeno “back to Kant” che ha<br />

caratterizzato la posizione filosofica di H. Putnam nel 1981 e nei primi anni ‘90. Ma la<br />

ripresa <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia kantiana nel corso del ‘900 annovera una lunga serie di<br />

sostenitori. Un altro esempio, che costituisce un invito ad un “ritorno” a Kant<br />

nell’ambito epistemologico, è stato compiuto da P. Kitcher con un rimando continuo<br />

all’epistemologia <strong><strong>dell</strong>a</strong> Critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> facoltà di giudizio. 3 B. Falkenburg e altri 4 hanno<br />

lavorato sulla filosofia kantiana per ricostruire la fondazione epistemologica e<br />

ontologica <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica teorica e in particolare anche <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria quantistica. Le posizioni<br />

attuali, dunque, nel panorama internazionale sono più che mai diversificate. Tuttavia, è<br />

un fatto, che anche uno dei più forti oppositori <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia kantiana e del suo<br />

possibile legame con la fisica, R. Feynmann, abbia tenuto in considerazione Kant. 5<br />

Non<br />

2 Un caso precedente é costituito dalla raccolta di saggi sull’epistemologia contemporanea e il ruolo che<br />

un confronto con la filosofia kantiana poteva giocare al suo interno. Cfr. AA. VV., Kant and<br />

Contemporary Epistemology, a cura di P. Parrini, Dordrecht 1994.<br />

3 Cfr. infra, Capitolo III, §3.1.<br />

4 H. Pringe, Critique of the Quantum Power of Judgment, Berlin 2007.<br />

5 Cfr. R. Feynman, The Character of Physical Law, London 1965; trad. it, La legge fisica, a cura di L.A.<br />

Radicati, Torino 1971. Si noti la trattazione <strong>dell</strong>e leggi empiriche e la somiglianza con il procedimento<br />

epistemologico di Kant presente <strong>nella</strong> KdU, pp. 138; 141-142. Ancora sull’ipotesi cosmogonica, pp. 95-<br />

98, e sulla materia cosmica, p. 168, si noti la vicinanza col pensiero kantiano. Per le somiglianze dal<br />

punto di vista metodologico per la costituzione del sistema fisico, cfr. pp. 179; 187.<br />

249


è trascurabile neanche il numero di pagine dedicate al suo pensiero nel testo di Daston e<br />

Galison, sebbene il loro approdo sia lontano dall’abbracciare un’epistemologia kantiana.<br />

L’obiettivo comune di queste tre sezioni consiste nel tentativo di gettare luce<br />

sulla concezione kantiana di oggettività, che sfugge alle etichette che il dibattito<br />

contemporaneo sul realismo e sull’anti-realismo – sia ontologico che epistemologico –<br />

vorrebbe attribuirgli.<br />

L’aspetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> profonda rivoluzione che Kant apportò nell’ambito<br />

<strong>dell</strong>’ontologia e <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza ha inevitabilmente influenzato la sua<br />

visione del rapporto tra metafisica e fisica. D’altra parte, come questa ricerca ha cercato<br />

di mostrare, il confronto continuo con la fisica sperimentale <strong>dell</strong>’epoca ha anche<br />

delineato aspetti tipici del criticismo, lasciando traccia evidente di un’attenzione<br />

costante da parte di Kant ad un interscambio tra teoria e prassi scientifica.<br />

Nel confronto con la posizione di Galison e Daston, infatti, si rileva come per<br />

Kant ciò che è oggettivo e l’oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza non si identifichi affatto con la<br />

nozione di oggettività. Anzi, quest’ultima nozione sorge proprio dall’unità di un<br />

elemento soggettivo e di uno oggettivo: il patrimonio <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia kantiana oggi può<br />

offrire molto alla metodologia scientifica <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica teorica, in quanto è un tentativo di<br />

una possibile unificazione tra epistemologia ed ontologia, incastonato nel progressivo<br />

assorbimento del punto di vista del soggetto in un sistema del mondo. 6<br />

Sebbene la costituzione sistematica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> sia di estrema importanza per<br />

la filosofia kantiana, è bene precisare che non può darsi un sistema completo di essa,<br />

eccezion fatta per l’unica <strong>scienza</strong> che vanta, per Kant, un sistema completo: la logica.<br />

Come si è cercato di mettere in luce nel corso <strong><strong>dell</strong>a</strong> ricerca, le cose non stanno<br />

così per la fisica e per la matematica, che tendono asintoticamente alla completezza,<br />

sebbene possano e debbano assumere una forma sistematica.<br />

Il sistema <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia trascendentale stessa è suscettibile di un ampliamento<br />

dovuto al continuo confronto con l’empirico e con l’esperienza, sebbene sia<br />

strutturalmente un sistema <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione teoretico-speculativa e tecnico-pratica unito<br />

sotto il segno <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione etico-morale. Proprio questo legame intrinseco tra la<br />

dimensione ontologica e pratica <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia kantiana costituisce un argomento molto<br />

6 Su questo punto il dibattito è molto vivo, soprattutto nell’ambito degli studi statunitensi di filosofia <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>scienza</strong>. Come si vedrà, un sostenitore del recupero <strong>dell</strong>’approccio trascendentale <strong>nella</strong> filosofia <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>scienza</strong> è T. Ryckmann. Tuttavia, alcuni tra i sostenitori di un approccio <strong>natura</strong>lista o sostenitori<br />

<strong>dell</strong>’olismo di stampo einsteiniano, tra i quali è annoverato D. Howard, argomentano contro una posizione<br />

epistemologica che rivaluta un approccio trascendentale alle teorie fisiche, là dove viene visto come<br />

necessario l’inserimento del punto di vista del soggetto che debba scegliere il sistema di riferimento<br />

all’interno <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> relatività con evidenti e molteplici ricadute sul piano ontologico.<br />

250


forte contro i sostenitori <strong>dell</strong>’esistenza di uno iato incolmabile tra l’epistemologia<br />

einsteiniana e quella kantiana. Per questa ragione e per non limitare ulteriori prospettive<br />

di ricerca e dibattito, occorre rigettare la tesi interpretativa di Putnam, secondo cui per<br />

Kant non ci sarebbe la possibilità di un’unica teoria sistematica del Mondo. 7<br />

Il tentativo kantiano di trovare il fondamento e la condizione di possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

diversa considerazione del fenomeno e <strong><strong>dell</strong>a</strong> cosa in sé riposa su un elemento che<br />

Putnam tiene da parte <strong>nella</strong> sua interpretazione, ovvero l’idealismo trascendentale di<br />

spazio e tempo. Questo aspetto, su cui la presente ricerca si è concentrata notevolmente,<br />

risulta di grande importanza perché gioca un ruolo importante proprio <strong>nella</strong> trattazione<br />

<strong>dell</strong>e Antinomie <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura che riguardano l’idea di Mondo.<br />

Se si guarda al sistema kantiano dall’esterno, poi, non è difficile cogliere un altro<br />

aspetto centrale per il confronto con la filosofia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> contemporanea. La<br />

distinzione tra fenomeno e noumeno, tra fenomeno e cosa in sé, e ancora tra intuizione e<br />

concetti, non può essere svincolata dalla trattazione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo, in quanto<br />

è proprio grazie a questo continuo processo di determinazione del limite <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

conoscenza possibile e <strong>dell</strong>e sue modalità che Kant voleva rispondere ad una <strong>dell</strong>e<br />

<strong>questioni</strong> teoriche più urgenti, non solo per la sua epoca, ma anche per la nostra: come è<br />

possibile spiegare la possibilità di una comprensione così diversificata, se non a volte<br />

apparentemente inconciliabile, <strong><strong>dell</strong>a</strong> realtà? Come è possibile che il medesimo universo<br />

e la medesima materia rispondano a leggi inconciliabili tra loro?<br />

La trattazione kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua divisibilità, <strong><strong>dell</strong>a</strong> necessità di<br />

rappresentarla come un continuo, che allo stesso tempo, grazie alla matematica, può<br />

essere discretizzato, è solo un esempio <strong>dell</strong>e problematiche che Kant ha affrontato e che<br />

implicava l’inserimento di un punto di vista più alto per la comprensione in un unico<br />

sistema <strong>dell</strong>e diverse modalità rappresentative e <strong>dell</strong>e mo<strong>dell</strong>izzazioni <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong>.<br />

Molta parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> letteratura secondaria ha trattato del rapporto di Kant con le<br />

scienze empiriche e con la <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> in generale, cercando di interpretarlo e di<br />

trasporne alcuni elementi <strong>nella</strong> filosofia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> contemporanea.<br />

Il panorama che ci si trova di fronte è estremamente vasto. Negli ultimi decenni<br />

il testo di M. Friedman, Dynamics of Reason, ha costituito, con la sua tesi <strong>dell</strong>’a priori<br />

relativizzato, una cesura rispetto al passato, ovvero alla critica di Quine al kantismo e<br />

alla posizione olistica. 8<br />

Occorre precisare che questo aspetto del pensiero di Friedman si<br />

7<br />

Cfr. infra, Appendice, Sezione C).<br />

8<br />

Cfr. T. Ryckmann, Hermann Weyl and “Fist Philosophy”: Constituiting Gauge Invariance, in<br />

Constituiting Objectivity, 2009, pp. 279-298; p. 280.<br />

251


è accompagnato ad un intento di comprensione del pensiero kantiano, ispirato<br />

all’interpretazione neo-kantiana. Anche il testo Kant and the Exact Sciences del 1992<br />

risente, <strong>natura</strong>lmente, <strong>dell</strong>’intento più generale del lavoro di ricerca di Friedman, che<br />

mira a tracciare una linea di continuità tra Newton e Kant, per poter mettere in luce la<br />

peculiarità del pensiero di Leibniz. Infatti, se si considera la collocazione di Friedman<br />

nell’ambito del panorama scientifico, si nota come egli sia un sostenitore <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong><br />

relazionale <strong>dell</strong>o spazio.<br />

Un tentativo quello di Friedman da apprezzare, in linea sotto molti aspetti con il<br />

filone neo-kantiano di E. Cassirer, ma non sufficiente a chiudere i conti con la domanda<br />

se e in che misura il pensiero di Kant possa costituire un primo mattone di un edificio in<br />

cui epistemologia e ontologia convivano e siano di mutuo supporto alla fisica teorica.<br />

Infatti, se Friedman ha collocato la teoria kantiana <strong>dell</strong>o spazio-tempo nel quadro del<br />

confronto con Leibniz e i newtoniani, non ha però chiarito perché la concezione<br />

formalista <strong>dell</strong>o spazio kantiano permetta di unificare un concezione <strong>dell</strong>o spazio<br />

assoluta con una visione relazionale di esso e con il conseguente problema di uno<br />

spazio-tempo sostanzializzato.<br />

Quella <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>o spazio e del tempo, infatti, sembra essere la questione<br />

ontologica ed epistemologica che costituisce la chiave di volta per istituire un confronto<br />

con il pensiero di Einstein, 9<br />

attraverso una figura fondamentale del secolo scorso, H.<br />

Weyl.<br />

A) Visione del mondo e Relatività<br />

Kant è il filosofo che, partendo dalla questione <strong>dell</strong>’origine <strong>dell</strong>’universo e dalla<br />

teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, a questi temi è tornato nel corso <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua produzione, con un<br />

intenso lavoro di elaborazione di una cosmologia e di una cosmogonia. Lo stesso<br />

programma critico si è sviluppato in seno alla domanda sulla <strong>natura</strong> del concetto di<br />

Mondo 10<br />

e sull’antinomia <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione generata dall’anfibolia di questo concetto <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

ragione. Non è un caso, infatti, che <strong>nella</strong> lettera indirizzata a Christian Garve del 21<br />

settembre 1798 Kant puntualizzi quale sia stato l’elemento da cui si è sviluppata la sua<br />

filosofia trascendentale:<br />

9 Sebbene nei suoi testi Einstein dispensasse note critiche alla definizione <strong>dell</strong>o spazio e del tempo come<br />

forme soggettive <strong><strong>dell</strong>a</strong> sensibilità, egli non ha mai risposto ufficialmente alla domanda ontologica sulla<br />

<strong>natura</strong> <strong>dell</strong>o spazio e del tempo, limitandosi alla loro definizione operativa.<br />

10 La prima sezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> Dissertazione del ’70 è dedicata, infatti, alla trattazione <strong>dell</strong>’origine e <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

costituzione <strong>dell</strong>’idea di Mondo, che inaugura il periodo del criticismo.<br />

252


Il punto dal quale sono partito non è stata l’indagine sull’esistenza di Dio,<br />

sull’immortalità, ecc., ma l’antinomia <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragion pura: “il mondo ha un inizio” – “esso non ha<br />

alcun inizio”, ecc., fino alla quarta: “C’è libertà nell’uomo”- e per contro: non c’è alcuna libertà,<br />

ma tutto in lui è necessità <strong>natura</strong>le”. Fu essa a destarmi dal torpore dogmatico e a spingermi alla<br />

critica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione stessa, allo scopo di eliminare lo scandalo costituito dalla sua apparente<br />

contraddizione con se stessa. 11<br />

Una volta assunto questo punto fondamentale, l’analisi deve procedere alla volta<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> rappresentazione kantiana <strong>dell</strong>’universo. Il tutto cosmico, non rappresentabile<br />

altrimenti che come un tutto mobile e continuo, ha alla sua base un particolare concetto<br />

di spazio. Proprio su questo si basa la prima parte di questo confronto tra la concezione<br />

di Mondo di Kant e quella di Einstein.<br />

Nella Prefazione del 1953 al testo Concepts of Space di M. Jammer, Einstein<br />

propone un’analisi secondo cui sono possibili due significati del concetto di spazio.<br />

In primo luogo, Einstein distingue due significati che può assumere tale<br />

concetto, in base alla relazione che si istituisce fra la determinazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> posizione<br />

(place) di un oggetto fisico (dotato di massa ed energia) e lo spazio. 12 Pertanto, lo<br />

spazio può essere “a sort of order of material objects”, 13 oppure “an independent<br />

(absolute) space, unlimited in extent, in which all material objects are contained”. 14<br />

In secondo luogo, queste due concezioni <strong>dell</strong>o spazio, una relativa e l’altra<br />

assoluta, possono essere così messe a confronto: nel primo caso, una concezione <strong>dell</strong>o<br />

spazio relazionale, rappresentato in tal modo dalla geometria, o come qualità<br />

posizionale del mondo degli oggetti materiali, sostiene che uno spazio senza un oggetto<br />

materiale sia inconcepibile. Nel secondo caso, una concezione <strong>dell</strong>o spazio assoluto<br />

come contenitore di tutti gli oggetti materiali, rappresentato secondo la cinematica,<br />

implica che lo spazio appaia come una realtà in un certo senso superiore al mondo<br />

11<br />

Lettera a C. Garve, in Epistolario filosofico (1761-1800), a cura di O. Meo, Genova 1990, p. 396<br />

(corsivo mio). Alla luce di tale considerazione è possibile affermare che Kant vedeva nell’elemento<br />

antinomico il motore <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia critica, la fonte da cui necessariamente deve scaturire l’indagine sullo<br />

statuto e i limiti <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione, anticipando una tendenza peculiare <strong>dell</strong>’idealismo tedesco nel rintracciare<br />

nell’elemento dialettico l’andamento originario del metodo filosofico. In secondo luogo, Kant, ponendo<br />

l’idea di libertà come fondamento <strong>dell</strong>’idea di Dio e <strong>dell</strong>’anima in prospettiva pratica, pone in relazione<br />

l’aspetto antinomico con quello <strong><strong>dell</strong>a</strong> libertà, individuando in quest’ultimo il fondamento <strong>dell</strong>’unione di<br />

teoria e prassi, di intelligibile e sensibile, aprendo una strada che Fichte e Schelling percorreranno seppure<br />

in modi differenti. Anche nell’Opus Postumum (cfr. KGS XXI, p.156) prende le mosse dall’antinomia di<br />

<strong>natura</strong> e libertà, così come <strong>nella</strong> la KdU, vedeva nei concetti di <strong>natura</strong> e libertà i due cardini <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

filosofia, per cui la fisiologia (come prodotto <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragion pura) può essere dottrina <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> o <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

saggezza.<br />

12<br />

A. Einstein, Foreword, in M. Jammer, (1993), pp. xiii-xvii.<br />

13<br />

Foreword, p. xv.<br />

14<br />

Foreword, p. xv.<br />

253


materiale. Einstein rileva come sia stato il concetto di campo a modificare fortemente i<br />

termini di questo dualismo circa il concetto di spazio:<br />

Under the influence of the ideas of Faraday and Maxwell the notion developed that the<br />

whole of physical reality could perhaps be represented as a field whose components depend on<br />

four space-time parameters. If the laws of this field are in general covariant, that is are not<br />

dependent on a particular choice of coordinate system, then the introduction of an independent<br />

(absolute) space is no longer necessary. That which constitutes the spatial character of the field<br />

is then simply the four-dimensionality of the field. There is then no “empty” space, that is, there<br />

is no space without a field. 15<br />

Secondo Einstein, da Maxwell in poi si è concepita la realtà fisica come<br />

rappresentata da campi continui, regolati da equazioni differenziali parziali. 16 Col<br />

termine “campo”, quindi, si indica una grandezza fisica (esprimibile tramite un numero<br />

o mediante un modulo, una direzione e un verso) che in una certa regione di spazio<br />

assume valori dipendenti dalla posizione, cioè è funzione <strong>dell</strong>e coordinate spaziali ed<br />

eventualmente anche del tempo. In generale, dunque, un campo è il risultato <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

modificazione di una certa regione di spazio per opera di un oggetto fisico sorgente del<br />

campo stesso (ad esempio, una carica elettrica, una calamita o una stella), la cui<br />

presenza è rilevabile esclusivamente attraverso un’interazione. 17<br />

In questa sede non si vuole sostenere che Kant anticipò il concetto di campo, ma<br />

sicuramente affrontò il problema <strong><strong>dell</strong>a</strong> determinazione e <strong><strong>dell</strong>a</strong> distinzione <strong>dell</strong>e regioni<br />

<strong>dell</strong>o spazio e <strong>dell</strong>e funzioni di coordinate da un punto di vista matematico e fisico.<br />

Nel testo del 1768 Von dem ersten Grunde des Unterschiedes der Gegenden im<br />

Raume, Kant asserisce la necessità di pensare lo spazio assoluto per determinare la<br />

direzione o l’orientamento <strong>dell</strong>e parti nello spazio. In questo testo Kant si rivolge a<br />

15 Foreword, p. xvii.<br />

16 Einstein, Come io vedo il mondo, p. 68. Un’equazione differenziale alle derivate parziali o più<br />

semplicemente un’equazione alle derivate parziali (EDP), è un’equazione differenziale che coinvolge<br />

derivate parziali di una funzione incognita in più variabili indipendenti. Le equazioni di campo di Einstein<br />

inserite nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong> relatività generale descrivono l’interazione fondamentale <strong><strong>dell</strong>a</strong> gravitazione<br />

come il risultato <strong><strong>dell</strong>a</strong> curvatura <strong>dell</strong>o spazio-tempo da parte di materia ed energia. Einstein pubblicò<br />

l’insieme <strong>dell</strong>e sue equazioni alle derivate parziali nel 1915. Nello stesso modo in cui i campi<br />

elettromagnetici sono determinati attraverso le equazioni di Maxwell, così le equazioni di campo di<br />

Einstein sono usate per determinare la geometria spazio-temporale che risulta dalla presenza di massaenergia<br />

e momento lineare, cioè determinano il tensore metrico di spazio-tempo per una data<br />

strutturazione o sistemazione di energia-impulso nello spazio-tempo (tensore energia-impulso). La<br />

relazione tra il tensore metrico e il tensore di Einstein permette alle equazioni di campo di essere scritte<br />

come un insieme di equazioni parziali differenziali non lineari.<br />

17 Senza entrare nel merito <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria matematica che si occupa dei campi sia scalari (temperatura,<br />

pressione, ecc.) che vettoriali (forza, velocità, accelerazione, momento angolare, ecc.) e che ne regola le<br />

proprietà in base a determinate condizioni al contorno, qui ci limitiamo a darne una semplice definizione.<br />

Ogni regione <strong>dell</strong>o spazio in cui una carica elettrica sia soggetta a una forza di tipo elettrico è detta campo<br />

elettrico, mentre per analogia si può affermare che la regione di spazio adiacente a un magnete<br />

permanente o a un conduttore percorso da corrente è sede di un campo magnetico.<br />

254


Lambert e ai geometri che vogliono connettere la geometria e la <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>.<br />

Questo scritto, oltre a criticare il relazionalismo di Leibniz, segna una presa di distanza<br />

anche da Eulero. 18<br />

Sebbene Kant dia l’impressione di accettare apertamente e in modo definitivo lo<br />

spazio assoluto newtoniano, le sue precisazioni sono preziose per capire che lo ha<br />

reinterpretato e che la validità di questo concetto non è ammessa <strong>nella</strong> trattazione fisica<br />

del moto e <strong><strong>dell</strong>a</strong> forza, bensì in quella geometrica. Allo stesso tempo, infatti, in quello<br />

scritto già compare l’idea <strong>dell</strong>o spazio come concetto e come condizione di possibilità<br />

<strong>dell</strong>’esperienza esterna. Questa posizione critica nei confronti <strong>dell</strong>o spazio leibniziano<br />

sarà affinata <strong>nella</strong> Dissertazione del 1770.<br />

In quest’ultima, però, lo spazio assoluto non è più considerato come qualcosa di<br />

reale o di necessario per la spiegazione del moto relativo e assoluto, perché la<br />

concezione kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> geometria può ora contare sullo strumento <strong><strong>dell</strong>a</strong> sintesi. Il<br />

criticismo di Kant conduce cioè ad una valutazione <strong>dell</strong>o spazio legata alla soggettività,<br />

ma anche all’oggettività <strong>dell</strong>e connessioni tra le parti che si influenzano reciprocamente<br />

e a cui viene assegnata una posizione nello spazio-tempo.<br />

Nel caso del sistema kantiano, la determinazione <strong>dell</strong>e regioni <strong>dell</strong>o spazio<br />

dipende dall’interazione tra l’unità sintetica <strong>dell</strong>’appercezione e il reale <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

percezione, dalla regola scelta di volta in volta dall’immaginazione per costruire<br />

nell’intuizione le coordinate spazio-temporali di un qualcosa (Etwas) che è reale e che<br />

possiede un grado. 19<br />

Come anticipato nei Capitoli I, II e V, il concetto di grado, trattato nelle<br />

Anticipazioni <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> KrV, risulta di grande importanza per la definizione<br />

<strong>dell</strong>’oggetto e per un tipo di rappresentazione continuo <strong>dell</strong>o spazio e del tempo come<br />

20<br />

intuizioni formali. La differente composizione <strong>dell</strong>’omogeneo <strong>dell</strong>o spazio e del<br />

tempo, come quanta e come quanta continua, permette che le regioni <strong>dell</strong>o spazio non<br />

solo siano orientate, ma che si possano diversamente orientare e distinguere, per<br />

rappresentare matematicamente i fenomeni fisici. La concezione <strong>dell</strong>o spazio di Kant è<br />

18<br />

I. Kant, Von dem ersten Grunde des Unterschiedes der Gegenden im Raume, KGS II, p. 378.<br />

19<br />

La domanda ontologica sullo spazio trova già la sua esplicita trattazione in epoca precritica (1768). Cfr.<br />

I. Kant, Von dem ersten Grunde des Unterschiedes der Gegenden im Raume, KGS II, pp. 375-384.<br />

20<br />

Il legame istituito da Kant tra il grado <strong>dell</strong>e percezioni, la realtà e il metodo <strong>dell</strong>e flussioni ha esercitato<br />

molta influenza sulla scuola neo-kantiana. Se la sezione <strong>dell</strong>e Anticipazioni <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione viene letta<br />

dal punto di vista <strong><strong>dell</strong>a</strong> geometria, si trova una deduzione del fatto che lo spazio come intuizione formale<br />

sia reale. Su questo anche la letteratura contemporanea si è confrontata a partire dalla lettura che Cassirer<br />

e Cohen hanno offerto di queste pagine <strong><strong>dell</strong>a</strong> KrV. Cfr. M. Friedman (1992), pp. 55-95; W. L. Harper,<br />

Kant, Riemann and Reichenbach on Space and Geometry, in Eighth International Kant Congress-<br />

Memphis 1995, vol. I, a cura di H. Robinson, Milwaukee 1995, pp. 423-454; B. Thaliath,<br />

Perspektivierung als Modalität der Symbolisierung, Würzburg 2005, pp. 42-60; 81-88.<br />

255


capace di dare conto del perché si possieda una concezione continua e discreta, ma<br />

anche assoluta e relativa <strong>dell</strong>o spazio-tempo (e del movimento), grazie alla distinzione<br />

del modo rappresentativo del soggetto e alla sua presupposta interazione con il reale<br />

percettivo.<br />

L’altro aspetto da tenere in considerazione è la concezione kantiana <strong>dell</strong>’algebra<br />

che ci viene riconsegnata dalla Kritik der Urtheilskraft, perché pone nel criterio <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

scelta <strong>dell</strong>’unità di misura quell’elemento di arbitrarietà che ancora oggi caratterizza<br />

l’impiego <strong>dell</strong>’algebra per la determinazione degli spazi topologici.<br />

Sebbene dal punto di vista fisico, Kant possa in ultima istanza essere<br />

annoverato anche tra i sostenitori <strong>dell</strong>o spazio relazionale, va tenuto presente che,<br />

mentre Leibniz faceva dipendere la posizione <strong>dell</strong>e sostanze e dunque lo spazio, da un<br />

piano metafisico – non è infatti possibile una concezione relazionale <strong>dell</strong>o spazio-tempo<br />

senza un’ipostatizzazione <strong>dell</strong>o spazio e una presupposizione <strong><strong>dell</strong>a</strong> sostanza – Kant<br />

rendendo la sostanza una funzione del giudicare, colloca la determinabilità <strong>dell</strong>o spaziotempo<br />

nell’ambito fenomenico di una interazione e di nessi causali tra le forze motrici<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e le percezioni.<br />

La differenza con Leibniz consiste proprio nell’aspetto relazionale <strong>dell</strong>o spazio<br />

kantiano, che non si accompagna ad una semplice sostanzializzazione <strong>dell</strong>o spaziotempo,<br />

bensì alla necessaria presenza di materia, 21<br />

dei corpi fisici e <strong>dell</strong>e forze motrici<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, che possono essere conosciuti sulla base <strong>dell</strong>’idealismo trascendentale di<br />

spazio e tempo.<br />

Più che una dimostrazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> compatibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia kantiana <strong>dell</strong>o<br />

spazio e del tempo con la teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> relatività, è opportuno mostrare che la concezione<br />

“flessibile” <strong>dell</strong>o spazio e del tempo del criticismo presuppone un’idea di fondo, quella<br />

di Mondo, profondamente legata a quella di sistema e di universo su cui l’epistemologia<br />

e la fisica si mo<strong><strong>dell</strong>a</strong>no: per dare conto <strong><strong>dell</strong>a</strong> varietà di fenomeni e di scienze, legati allo<br />

spazio-tempo (si pensi alla fisica, alla matematica, ma anche alle arti figurative e<br />

all’attività percettiva) la concezione trascendentale di essi non potrebbe non essere<br />

“flessibile”, in quanto deve poter trovare un’applicazione pressoché universale.<br />

Questo punto può essere ulteriormente chiarito, prendendo in esame il caso <strong>dell</strong>e<br />

teorie di gauge, strumenti fondamentali <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica matematica per la costituzione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

teoria <strong>dell</strong>’elettrodinamica quantistica (QED).<br />

21<br />

Sulla concezione <strong>dell</strong>o spazio-tempo relazionale <strong>nella</strong> cosmologia kantiana e l’ipostatizzazione <strong>dell</strong>o<br />

spazio, cfr. infra, Capitolo V.<br />

256


Il nucleo teorico di queste teorie venne elaborato da H. Weyl. 22<br />

del sistema, ammettano simmetrie,<br />

Le teorie di<br />

gauge sono considerate, ad esempio da T. Ryckmann, come uno degli esempi di un<br />

possibile approccio trascendentale <strong>nella</strong> filosofia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> contemporanea. Queste<br />

vengono dette anche teorie G-invarianti e sono una classe di teorie fisiche di campo<br />

basate sull’idea che alcune trasformazioni, che lasciano invariata la lagrangiana<br />

()<br />

localmente.<br />

23<br />

possibili non solo globalmente, ma anche<br />

La maggior parte <strong>dell</strong>e teorie <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica sono descritte da lagrangiane, che sono<br />

invarianti sotto certe trasformazioni del sistema di coordinate e che sono eseguite<br />

identicamente in ogni punto <strong>dell</strong>o spazio-tempo (si dice quindi che presentano<br />

simmetrie globali). Alla base <strong>dell</strong>e teorie di gauge giace il postulato che le lagrangiane<br />

debbano possedere anche simmetrie locali, cioè che debba essere possibile effettuare<br />

queste trasformazioni di simmetria in una particolare e limitata regione <strong>dell</strong>o spazio-<br />

tempo. L’intento originario di H. Weyl nel 1918 era quello di mostrare l’equivalenza del<br />

potenziale gravitazionale e di quello elettromagnetico, attraverso una trasformazione di<br />

24<br />

fase del campo.<br />

Le equazioni di Maxwell erano, infatti, invarianti ad alcune trasformazioni del<br />

potenziale elettromagnetico<br />

A µ . Si poteva, cioè, definire un nuovo potenziale<br />

elettromagnetico, dato da  µ = A µ + f µ , dove f µ è il gradiente di un campo scalare<br />

f ( x)<br />

, per cui rimane inalterato il tensore del campo elettromagnetico, definito come<br />

F = A µ ν – A ν µ . Questo significa che c’è un aspetto arbitrario del potenziale che può<br />

µ ν<br />

essere impiegato per semplificare problemi in elettrodinamica.<br />

Nel 1918 Weyl tentò di formulare un nuovo tipo di teoria, introducendo il<br />

tensore metrico g µ e il formalismo tensoriale <strong><strong>dell</strong>a</strong> relatività generale e <strong><strong>dell</strong>a</strong> geometria<br />

ν<br />

differenziale. Di fatto Weyl coniò in Raum-Zeit-Materie il termine trasformazione di<br />

scala o di gauge.<br />

22<br />

Per una biografia di H. Weyl, cfr. M. H. A. Newman, Hermann Weyl. 1885-1955, in Biographical<br />

Memoirs of Fellows of the Royal Society, vol. 3, 1957, pp. 305-328.<br />

23<br />

Esistono particolari simmetrie globali, che non dipendono dal punto, che sono ancora simmetrie se<br />

agiscono localmente, ossia in punto qualsiasi del sistema, a patto che le azioni da un punto all’altro siano<br />

indipendenti (secondo le equazioni di Yang - Mills).<br />

24<br />

H. Weyl, Space-time-matter, pp. v-vi: “There holds, as we know now, a principle of gauge invariance<br />

in nature; but it does not connect the electromagnetic potentials i , as I assumed, with Einstein’s<br />

gravitational potentials g ik , but ties them to the four components of the wave field by which<br />

Schrödinger and Dirac taught us to represent the electron. […] Of course, one could not have guessed this<br />

before the “electronic field” was discovered by quantum mechanics!”.<br />

257


Le moderne teorie di gauge non hanno a che fare con oggetti geometrici come<br />

g µ , ma prevedono trasformazioni locali di fase nel campo quantistico, che sono<br />

ν<br />

fondamentali <strong>nella</strong> descrizione <strong>dell</strong>e interazioni deboli e forti. A questo argomento e<br />

quello <strong>dell</strong>e simmetrie è stato dedicato molto spazio nell’edizione di Brading e<br />

Castellani Symmetries in Physics (2003). Tuttavia, ancora non è stato adeguatamente<br />

messo in luce se il tentativo di Weyl affondi le sue radici <strong>nella</strong> sua concezione <strong>dell</strong>o<br />

spazio come forma, di chiara derivazione kantiana:<br />

Space and time are commonly regarded as the forms of existence of the real world,<br />

matter as its substance. A definite portion of matter occupies a definite part of space at a definite<br />

moment of time. It is in the composite idea of motion that these three fundamental conceptions<br />

enter into intimate relationship. […] in the field of philosophy Kant was the first to take the next<br />

decisive step towards the point of view that not only the qualities revealed by the senses, but<br />

also space and special characteristics have no objective significance in the absolute sense; in<br />

other words, that space, too, is only a form of our perception. 25<br />

La prima teoria fisica in cui è stata trovata una simmetria di gauge è stata,<br />

quindi, la teoria elettrodinamica di Maxwell. 26<br />

Tuttavia, l’importanza di questa<br />

simmetria <strong>dell</strong>e equazioni di Maxwell non fu resa evidente nelle prime formulazioni.<br />

Dopo lo sviluppo <strong><strong>dell</strong>a</strong> relatività generale, Weyl, per unificarla con l’elettromagnetismo,<br />

ipotizzò che la Eichinvarianz, o invarianza al variare <strong><strong>dell</strong>a</strong> scala di misura, potesse<br />

essere anche una simmetria locale <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> relatività generale. Con<br />

quest’ultima, Einstein aveva proposto una descrizione puramente geometrica <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

gravità.<br />

L’idea di Weyl era di descrivere anche l’elettromagnetismo in maniera<br />

geometrica, immaginando una simmetria aggiuntiva <strong>dell</strong>o spazio-tempo e <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica:<br />

l’invarianza per trasformazioni di scala (o dilatazioni). Weyl intendeva costruire una<br />

nuova teoria, modificando le leggi in modo che rimanessero invarianti anche per<br />

trasformazioni locali.<br />

A questo scopo Weyl introdusse la quantità geometrica supplementare, detta<br />

“connessione”, che compensasse in qualche modo l’effetto <strong>dell</strong>e modificazioni di scala<br />

permettendo di ristabilire l’invarianza. La connessione introdotta possiede tutte le<br />

proprietà del potenziale elettromagnetico, la grandezza fisica che descrive l’interazione<br />

fra elettroni. Weyl descrisse dunque la teoria elettromagnetica in maniera totalmente<br />

25<br />

Weyl, Space-time-matter, pp. 1-3.<br />

26<br />

Cfr. D. J. Gross, Gauge Theory – Past, Present, and Future?, in The Chinese Journal of Physics, vol.<br />

30, n. 7, 1992, pp. 955-972.<br />

258


geometrica: l’interazione omonima appare, infatti, come la manifestazione di una nuova<br />

simmetria (geometrica) fondamentale <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, l’invarianza rispetto alle dilatazioni,<br />

promossa al grado di trasformazione (o invarianza) di gauge.<br />

Gravità ed elettromagnetismo sarebbero stati associati ciascuno ad una<br />

determinata simmetria <strong>dell</strong>o spazio-tempo. Il tentativo di Weyl, dapprima fallito, sfociò,<br />

molti anni più tardi, e dopo un acceso dibattito con Einstein, in un fruttuoso approccio<br />

alla fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> meccanica quantistica in Gruppentheorie und Quantenmechanik<br />

(1928).<br />

Successivamente, Weyl ha sviluppato un concetto di simmetria geometrica,<br />

esposto in Symmetry, che ha giocato un ruolo fondamentale per lo sviluppo <strong>dell</strong>e<br />

moderne teorie di gauge. 27 Il suo intento era quello di mostrare come l’invarianza di una<br />

configurazione di elementi sotto un gruppo di trasformazioni automorfe 28<br />

giace a<br />

fondamento di tutti i tipi di simmetria, quella bilaterale, traslatoria, rotazionale e<br />

cristallografica.<br />

Nello scritto del 1952 Weyl attua una distinzione tra spazio fisico e spazio<br />

geometrico di chiara matrice kantiana. Sebbene nel testo Weyl citi Leibniz, il suo<br />

ragionamento procede su una linea diversa. Weyl assume l’indiscernibilità di una vite<br />

destra da una sinistra, affermando che la struttura interna <strong>dell</strong>o spazio non permette, se<br />

non attraverso una scelta arbitraria di distinguere un verso destro da uno sinistro, per cui<br />

destro e sinistro non sono altro che concetti relativi.<br />

questa considerazione:<br />

29<br />

Però Weyl aggiunge a seguito di<br />

Since space is also the medium of all physical occurrences, the structure of the physical<br />

world is revealed by the general laws of nature. They are formulated in terms of certain basic<br />

quantities which are functions on space and time. 30<br />

Da qui discendono le conseguenze più interessanti <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> simmetria di<br />

Weyl, quando le leggi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> risultano invarianti rispetto alle trasformazioni del<br />

gruppo di automorfismo fisico. Questo accade in virtù del fatto che, relativamente a un<br />

sistema di riferimento completo, non solo i punti nello spazio, ma anche tutte le<br />

grandezze fisiche possono essere fissate. 31<br />

Due sistemi di riferimento, quindi, sono<br />

27<br />

Cfr. H. Weyl, Symmetry, Princeton 1952.<br />

28<br />

A partire dalla descrizione di Helmoltz <strong><strong>dell</strong>a</strong> struttura <strong>dell</strong>o spazio, si può vedere che ogni<br />

trasformazione che conserva la struttura <strong>dell</strong>o spazio é chiamata automorfismo. Anche la riflessione su un<br />

piano è un automorfismo. Cfr. Weyl (1952), p. 18.<br />

29<br />

Weyl (1952), p. 17.<br />

30<br />

Weyl (1952), p. 20.<br />

31<br />

Weyl (1952), p. 129.<br />

259


ugualmente ammissibili, se in entrambi tutte le leggi geometriche e quelle fisiche <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong> possiedono la stessa espressione algebrica. 32 Da qui Weyl si spinge oltre i confini<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica matematica, affermando che l’oggettività non è altro che l’invarianza<br />

rispetto al gruppo di automorfismo 33<br />

e che:<br />

All a priori statements in physics have their origin in symmetry. 34<br />

Questa considerazione si basa su un principio, ovvero che se le condizioni che<br />

solamente determinano i loro effetti possiedono certe simmetrie, allora l’effetto<br />

mostrerà le stesse simmetrie. 35<br />

La nascita <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua teoria va fatta risalire alla pretesa di<br />

un medesimo trattamento <strong>dell</strong>e caratteristiche vettoriali (lunghezza e direzione) sulla<br />

base di un principio a priori.<br />

Di fronte a questa considerazione di Weyl torna inevitabilmente alla mente l’uso<br />

kantiano del principio Grund-Folge per spiegare, ad esempio, la connessione fisica dei<br />

fenomeni che corrisponde anche sul piano metodologico all’esibizione di rapporti<br />

reciproci attivi tra le forze motrici <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia, secondo una divisione metafisica.<br />

Weyl ebbe un’intuizione che non si sviluppò immediatamente in seno alla teoria<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> relatività. A seguito <strong>dell</strong>o sviluppo <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica quantistica, Weyl modificò e adattò<br />

la versione originale <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua teoria, mantenendo inalterata la sua idea che la<br />

matematica dovesse essere lo strumento <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione che permette allo spazio di essere<br />

pensato come continuo o come discreto, o di essere costruito simmetricamente. Weyl si<br />

interrogò a fondo sul problema <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>o spazio e del tempo, tanto da affermare<br />

nel 1931 che:<br />

Die Philosophen mögen recht haben, daß unser Anschauungsraum, gleichgültig, was die<br />

physikalische Erfahrung sagt, euklidische Struktur trägt. 37<br />

L’uniformità e il carattere omogeneo <strong>dell</strong>o spazio euclideo (in particolare la<br />

curvatura nulla) permettono una sua comprensione globale, <strong>nella</strong> misura in cui la<br />

conoscenza di una parte rende possibile la conoscenza del tutto, in quanto composto di<br />

32<br />

Per la particolare relazione tra relatività e fisica quantistica su questo punto, cfr. Weyl (1952), p. 130.<br />

33<br />

Weyl (1952), p. 132. La conclusione di Weyl è infatti che le configurazioni simmetriche degli elementi<br />

sono configurazioni che sono invarianti sotto un certo sottogruppo del gruppo di tutti gli automorfismi.<br />

34<br />

Weyl (1952), p. 125.<br />

35<br />

Weyl (1952), p. 125.<br />

36<br />

Cfr. infra, Capitoli I-II.<br />

37<br />

Weyl, Geometrie und Physik (1931), in Gesammelte Abhandlungen, a cura di K. Chandrasekharan,<br />

Heidelberg 1968, p. 339.<br />

36<br />

260


parti identiche. Si scorgono qui i caratteri fondamentali attribuiti da Kant alla forma<br />

<strong>dell</strong>’intuizione spaziale. In secondo luogo, Weyl legò inscindibilmente questo aspetto<br />

con il punto di vista <strong>dell</strong>’Io e ai suoi studi precedenti sul continuo:<br />

Erkennt man neben dem physischen einen Anschauungsraum an und behauptet von ihm,<br />

daß seine Maßstruktur aus Wesensgründen die euklidischen Gesetze erfülle, so steht dies mit<br />

der Physik nicht in Widerspruch, sofern sie an der euklidischen Beschaffenheit der unendlich<br />

kleinen Umgebung eines Punktes O (in dem sich das Ich momentan befindet) festhält […]. Aber<br />

man muß dann zugeben, daß die Beziehung des Anschauungsraumes auf den physischen um so<br />

vager wird, je weiter man sich vom Ichzentrum entfernt. Er ist einer Tangentenebene zu<br />

vergleichen, die im Punkte O an eine krumme Fläche, den physischen Raum, gelegt ist: in der<br />

unmittelbaren Umgebung von O decken sich beide, aber je weiter man sich von O entfernt, um<br />

so willkürlicher wird die Fortsetzung dieser Deckbeziehung zu einer eindeutigen Korrespondenz<br />

zwischen Ebene und Fläche. 38<br />

Sebbene un tipo di studi che stabilisca l’impatto <strong><strong>dell</strong>a</strong> fenomenologia sull’opera<br />

di Weyl sia lodevole e necessario, l’aspetto degno di nota <strong>nella</strong> presente ricerca è<br />

l’influsso esercitato da Weyl a livello teorico sui fondamenti <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica quantistica e<br />

sui suoi sviluppi successivi e il fatto che l’oggettività in fisica venga legata a elementi a<br />

priori <strong><strong>dell</strong>a</strong> costruzione matematica.<br />

Dopo l’avvento <strong><strong>dell</strong>a</strong> meccanica quantistica, infatti, Fock e London ritenevano<br />

che l’idea di Weyl, 39 sviluppata alla luce di nuovi concetti, potesse spiegare<br />

elegantemente l’effetto di un campo elettromagnetico sulla funzione d’onda di una<br />

particella quantistica elettricamente carica. Per ottenere questo, <strong>nella</strong> nuova versione, si<br />

modificò la funzione d’onda <strong>dell</strong>’elettrone. La nuova trasformazione non agisce più<br />

sulle lunghezze dilatandole, bensì sulla funzione d’onda (o sul campo quantistico)<br />

<strong>dell</strong>’elettrone e ne modifica la fase, semplicemente inserendo una variabile arbitraria (x)<br />

<strong>dell</strong>o spazio <strong>nella</strong> trasformazione di fase (φ) <strong><strong>dell</strong>a</strong> lagrangiana. 40<br />

La trasformazione di gauge significa quindi un cambiamento di fase.<br />

L’elettrodinamica quantistica si basa proprio sull’invarianza di gauge rispetto al<br />

cambiamento di fase. Questa invarianza va distinta dalla simmetria di gauge che ha<br />

41<br />

accompagnato la quantizzazione e il processo di rinormalizzazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> QED.<br />

38<br />

Weyl, Philosophie der Mathematik und Naturwissenschaft, München 2000, p. 173.<br />

39<br />

Ovvero l’idea di cambiare il fattore di scala con una quantità complessa e sostituire la trasformazione di<br />

scala con una trasformazione di fase, cioè una simmetria di gauge U(1).<br />

40<br />

R. Healey, Gauging What’s Real. The conceprual Foundations of Contemporary Gauge Theories,<br />

Oxford 2007, pp. 1-6; 223-224.<br />

41<br />

AA. VV., Renormalization: from Lorentz to Landau (and beyond), a cura di L. M. Brown, New York 1993.<br />

261


Questo è dovuto, secondo Gross, in parte alle differenze tra simmetrie di gauge<br />

locali e le simmetrie ordinarie globali <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. 42<br />

Vi sarebbe, infatti, una differenza<br />

di invarianza traslazionale o rotazionale. Le simmetrie globali sono simmetrie <strong>dell</strong>e<br />

leggi <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> che implicano che un osservatore che ruota o trasla il suo apparato<br />

sperimentale possa registrare gli stessi risultati. Anche se la teoria di gauge contiene un<br />

numero infinito di nuove simmetrie <strong>dell</strong>’interazione e, dunque, un numero infinito di<br />

nuove correnti conservate, tutte le nuove cariche sono uguali a 0.<br />

La teoria <strong>dell</strong>’elettrodinamica quantistica possiede una simmetria locale di<br />

gauge, descritta dalla lagrangiana:<br />

L’interazione elettromagnetica è interpretata come la manifestazione di questa<br />

simmetria fondamentale che agisce sulla fase <strong><strong>dell</strong>a</strong> funzione d’onda, così da poter<br />

attribuire anche al cambiamento di fase un’interpretazione geometrica. 43<br />

Tuttavia,<br />

associate alla simmetria locale, non ci sono nuove simmetrie in <strong>natura</strong>. La simmetria di<br />

gauge non conduce a nuove cariche, ma determina la forma <strong>dell</strong>’interazione (come<br />

dichiarò Yang, “gauge symmetry dictates the form of the interaction”). Questo<br />

approccio, di cui non è possibile ora ricostruire la genesi in tutte le sue modalità e<br />

complessità, risulta estremamente interessante, perché mostra per certi versi una<br />

compatibilità con un’epistemologia di stampo kantiano, come se vi fosse un residuo di<br />

eredità kantiana che passa anche attraverso l’opera di Weyl e giunge fino alla fisica<br />

<strong>dell</strong>e moderne teorie di gauge che si sono inevitabilmente confrontate con i contributi di<br />

quest’ultimo.<br />

L’importanza <strong>dell</strong>e teorie di gauge nasce dal loro grandissimo successo nel<br />

descrivere, in un solo quadro teorico unificato, le teorie di campo quantistico<br />

<strong>dell</strong>’elettromagnetismo, <strong>dell</strong>’interazione nucleare debole e <strong>dell</strong>’interazione nucleare<br />

forte. Questo quadro teorico, noto come Mo<strong>dell</strong>o Standard, descrive accuratamente i<br />

42 R. Healey, Gauging What’s Real.<br />

43 Ogni gruppo di gauge è anch'esso una varietà (vale a dire uno spazio geometrico) e fa parte dei<br />

cosiddetti gruppi di Lie. I gruppi di trasformazioni geometriche agenti su una varietà possiedono proprietà<br />

particolari e sono chiamati “gruppi di Lie”. Una loro proprietà è che sono essi stessi <strong>dell</strong>e varietà:<br />

ciascuno degli elementi del gruppo, in questo caso abbiamo detto di trasformazioni, può essere<br />

interpretato come punto di una varietà. Cfr. S. Lang, Undergraduate Algebra, (III edizione) New York<br />

2005, pp. 231; 256.<br />

262


isultati sperimentali di tre <strong>dell</strong>e quattro forze fondamentali <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>, ed è una teoria<br />

di gauge, con gruppo di gauge SU(3) × SU(2) × U(1). 44<br />

La teoria quantistica dei campi sostituisce il concetto di particella con quello di<br />

campo: anziché descrivere il comportamento degli elettroni, ad esempio, si descrive<br />

quello di un campo elettrico. La teoria quantistica dei campi è un ambito molto generale<br />

e si scinde in diversi rami: teoria elettrodebole per l’elettromagnetismo e le interazioni<br />

deboli; cromodinamica quantistica per le interazioni forti. Ognuna di queste è una teoria<br />

di gauge che considera un’interazione fisica (ad esempio quella elettromagnetica) come<br />

l’effetto di una particolare simmetria o invarianza <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria sotto l’applicazione di<br />

particolari trasformazioni. Si possono interpretare queste trasformazioni geometriche,<br />

che agiscono su uno spazio interno, come tali da determinare lo spazio topologico solo<br />

localmente.<br />

Prima di proseguire, è utile vedere con un esempio di cosa si parla, quando si ha<br />

di fronte una determinazione <strong>dell</strong>o spazio topologico, secondo la scelta di una regola in<br />

base all’unità di scala e che procede attraverso lo strumento <strong>dell</strong>’algebra. La trattazione<br />

che segue è volutamente estremamente elementare, ma è volta a cogliere l’aspetto<br />

matematico “costruttivo” e sintetico che emerge insieme all’operazione di<br />

trasformazione <strong>dell</strong>o spazio.<br />

<br />

***<br />

Si consideri l’insieme dei valori possibili per la fase <strong><strong>dell</strong>a</strong> funzione d’onda<br />

come uno spazio astratto o spazio interno E (in contrapposizione con lo spazio<br />

ordinario, chiamato esterno). La fase è individuata da un semplice ed unico numero:<br />

l’insieme dei suoi valori possibili costituisce dunque una varietà ad una sola<br />

dimensione, più precisamente una circonferenza – il gruppo di gauge U(1),<br />

infatti, coincide con il gruppo di simmetria associato alla circonferenza, intesa come<br />

varietà. Poiché la trasformazione di fase può essere effettuata in un punto qualsiasi, a<br />

ciascun punto <strong>dell</strong>o spazio-tempo m è associata una copia di tale circonferenza, E(m).<br />

In questo modo si è costruito uno spazio fibrato semplice, una striscia di Möbius<br />

(Fig. 1), le cui fibre sono rappresentate dalle copie <strong><strong>dell</strong>a</strong> circonferenza e la cui base è<br />

44 Gross (1992), p. 960. In matematica questi vengono detti gruppi unitari speciali. Un gruppo unitario<br />

speciale di grado n, SU(n), è il gruppo di matrici unitarie con determinante unitario. L’operazione<br />

interna al gruppo corrisponde alla moltiplicazione tra matrici. Il gruppo speciale unitario è un sottogruppo<br />

del gruppo unitario U(n), che include tutte le matrici unitarie , che è a sua volta un sottogruppo del<br />

gruppo lineare generale GL(n, C). Ad ogni simmetria di gauge è associato un gruppo di gauge, che<br />

determina quasi tutte le caratteristiche <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria, e da cui questa prende il nome: U(1) per<br />

l’elettrodinamica quantistica; SU(2) X U(1) per la teoria elettrodebole; SU(3) per la cromodinamica<br />

quantistica ed SU(5) per una eventuale teoria unificata (questo gruppo contiene tutti i precedenti).<br />

263


costituita dallo spazio-tempo (si vedano gli Allegati 1 e 2). In generale un fibrato è<br />

costruito su una varietà, che ne rappresenta la base. A ciascun punto <strong><strong>dell</strong>a</strong> base<br />

corrisponde una copia <strong><strong>dell</strong>a</strong> fibra, anch’essa una varietà, che in questo caso è una<br />

circonferenza. Ogni punto <strong><strong>dell</strong>a</strong> base è associato a una fibra, e le fibre sono tutte<br />

identiche tra loro. Le teorie di gauge si basano precisamente su questa struttura<br />

geometrica. La base è in questo caso rappresentata dallo spazio-tempo: in coincidenza<br />

di ogni punto vi sono le fibre, che rappresentano tante copie identiche di uno spazio<br />

interno.<br />

Fig. 1 La striscia di Möbius offre un’esemplificazione del concetto di fibrato. Il vettore normale<br />

trasportato parallelamente a se stesso lungo la striscia ritorna al punto di partenza ruotato rispetto alla<br />

direzione che aveva in partenza.<br />

Per ciascun punto (evento) <strong>dell</strong>o spazio-tempo, la fibra è data da una copia <strong>dell</strong>o<br />

spazio interno. Ciò permette un’interpretazione geometrica <strong><strong>dell</strong>a</strong> trasformazione di<br />

gauge come modifica <strong><strong>dell</strong>a</strong> fase, la quale può essere vista come uno spostamento in seno<br />

allo spazio interno, vale a dire lungo la fibra. Come si è visto precedentemente, Weyl<br />

riteneva che il potenziale elettromagnetico A rappresentasse una connessione del fibrato.<br />

Il gruppo di gauge acquista senso fisico in elettrodinamica quantistica, rappresentando<br />

l’insieme <strong>dell</strong>e trasformazioni, ovvero cambiamenti di fase che operano sullo spazio<br />

interno, cioè la fibra.<br />

Sia dato un fibrato (Fig. 2) tale che la base sia costituita dallo spazio-tempo; le<br />

fibre rappresentino uno spazio interno E. Una trasformazione di gauge T si può<br />

interpretare in due modi: fisicamente, essa agisce sulla funzione d’onda;<br />

geometricamente, è una trasformazione che agisce sulla varietà E. La simmetria di<br />

gauge è definita come l’invarianza locale rispetto alle trasformazioni T. L’insieme di tali<br />

264


trasformazioni forma il gruppo di gauge G. L’invarianza di G è assicurata<br />

dall’introduzione di una nuova quantità A.<br />

Fig. 2 Ad ogni punto <strong>dell</strong>o spazio di base (la striscia) è assegnato un altro spazio.<br />

Una sezione del fibrato può essere considerata localmente come uno spazio vettoriale<br />

parametrizzato come continuo da uno spazio topologico. Considerato globalmente, il fibrato, mostra<br />

invece una discontinuità, dovuta alla torsione.<br />

Geometricamente, dunque, A rappresenta una connessione all’interno del fibrato.<br />

Fisicamente, A rappresenta il potenziale di un nuovo campo, che descrive le interazioni<br />

tra le particelle rappresentate dalla funzione d’onda. In entrambi i casi, tale processo di<br />

costruzione permette la modificazione <strong>dell</strong>o spazio-tempo geometrico, così come di<br />

quello fisico.<br />

La molteplicità di punti di vista con cui può essere riguardato lo stesso fenomeno<br />

era il problema kantiano <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità <strong><strong>dell</strong>a</strong> rappresentazione del rapporto tutto-parti<br />

dal punto di vista intuitivo e concettuale, che continua ancora a persistere <strong>nella</strong> pratica e<br />

<strong>nella</strong> teoria scientifica.<br />

Nel caso degli spazi fibrati ci si trova di fronte a qualcosa di molto simile a una<br />

varietà, a un molteplice, cioè ad uno spazio topologico dove ogni punto è all’interno di<br />

un intorno che sembra essere euclideo, ma preso nel suo complesso può essere noneuclideo.<br />

Anche uno spazio fibrato è basato sulla stessa idea: una proprietà locale che<br />

non vale necessariamente globalmente, è basata su una proprietà di regioni <strong>dell</strong>o spazio.<br />

Per cui un fibrato sembra quasi un prodotto di due spazi topologici. Lo spazio<br />

può essere diviso in regioni, ciascuna <strong>dell</strong>e quali è uno spazio topologico, ma lo spazio<br />

globale può subire innumerevoli torsioni, così che esso non può essere un vero e proprio<br />

265


spazio prodotto. 45<br />

Ad esempio, la differenza tra un cilindro e una striscia di Möbius<br />

risiede nel fatto che, sebbene entrambi siano costruiti prendendo un rettangolo e<br />

congiungendo i lati estremi opposti, il cilindro resta uno spazio prodotto, quello di una<br />

linea e di un circolo. La striscia di Möbius, invece, non è uno spazio topologico<br />

prodotto, in quanto prevede almeno una torsione. Tuttavia, <strong>nella</strong> maggior parte dei casi<br />

la striscia si comporta come uno spazio topologico prodotto; in particolare in ogni<br />

piccola regione locale, non si può distinguere dal cilindro. In ogni punto particolare<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> striscia o in ogni segmento si trova un omeomorfismo a un segmento simile del<br />

cilindro, così che ogni intorno sembra uno spazio cilindrico prodotto. Il fatto, però, che<br />

la striscia si pieghi, impedisce una funzione di proiezione <strong><strong>dell</strong>a</strong> fibra. Questo esempio<br />

dimostra come lo stesso oggetto geometrico possa essere valutato come spazio prodotto<br />

da funzioni algebriche e allo stesso tempo tale prodotto possa essere valutato in modi<br />

completamente diversi, a seconda del sistema di riferimento (globale o locale) che viene<br />

preso in considerazione.<br />

Anche qui, compare di nuovo quel modo di rappresentare il rapporto tutto-parti<br />

<strong>dell</strong>o spazio che ha giocato un ruolo fondamentale per il programma di Weyl e nelle<br />

concezioni trascendentali <strong>dell</strong>o spazio.<br />

***<br />

La lettura che fornisce Ryckmann in Hermann Weyl and “Fist Philosophy”:<br />

Constituiting Gauge Invariance, 46<br />

mostra come la teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> relatività non sia affatto<br />

l’esperimento cruciale in grado di negare l’idealismo trascendentale di spazio e tempo,<br />

rifacendosi al tentativo di Weyl di costruire una geometria puramente infinitesimale i<br />

cui gradi di libertà permettono un’incorporazione <strong>dell</strong>’elettromagnetismo <strong>nella</strong> metrica<br />

spazio-temporale. L’alternativa proposta al <strong>natura</strong>lismo viene rintracciata da Ryckmann<br />

in quello straordinario laboratorio di idee che fu il decennio dal 1915 al 1925, in cui<br />

Cassirer, Husserl, Weyl, Hilbert e Schlick si pronunciarono in un acceso dibattito sulla<br />

<strong>natura</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> relatività, sul concetto di spazio-tempo e sullo statuto <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

matematica. L’attenzione di Ryckmann si focalizza sullo scritto del 1918 Raum-Zeit-<br />

Materie in cui Weyl svilupperebbe le considerazioni di Husserl sulla teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

relatività.<br />

45 Cfr. S. Iyanaga, Y. Kawada, Product Spaces, §408L, in Encyclopedic Dictionary of Mathematics,<br />

Cambridge, 1980, pp. 1281-1282: “A Cartesian product equipped with a product topology is called a<br />

product space (or product topological space, or direct product)”.<br />

46 Ryckmann (2009). Scholz attribuisce, invece, grande importanza a Fichte per lo sviluppo <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria di<br />

Weyl. Cfr. E. Scholz, Weyl’s Infinitesimalgeometrie, 1917-1925, in Hermann Weyl’s Raum-Zeit-Materie<br />

and a general introduction to his scientific work, Basilea 2001.<br />

266


L’obiettivo di Weyl, ricorda Ryckmann, era quello di incastonare la relatività<br />

entro il quadro di una geometria puramente infinitesimale, ovvero una geometria i cui<br />

oggetti sono costruiti sulla base di operazioni primitive direttamente ed immediatamente<br />

evidenti in un’intuizione. In questo modo, Weyl avrebbe voluto mostrare come il<br />

mondo fisico <strong><strong>dell</strong>a</strong> relatività generale, il framework per i campi tensoriali <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

gravitazione e <strong>dell</strong>’elettromagnetismo, potessero essere costruiti a partire da una base<br />

data alla co<strong>scienza</strong>. Questi formalismi avrebbero potuto così acquisire un significato<br />

oggettivo in quanto riferiti a oggetti fisici da parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> co<strong>scienza</strong>. Ora, sebbene il<br />

riferimento ad Husserl sia evidente, Weyl, che aveva una buona conoscenza dei testi<br />

kantiani, compie un’operazione in linea con l’idealismo trascendentale:<br />

A necessary presupposition of any differential structure, a coordinate system always<br />

bears an indelible mark of transcendental subjectivity […] The next steps concern the<br />

immediately evident purely infinitesimal relations of comparison of direction and magnitude<br />

that depend on a specific choice of coordinates and unit of scale. The construction of pure<br />

infinitesimal geometry is laid out as taking place in three distinct stages of connection:<br />

topological manifold or “continuous connection” (stetiger Zusammenhang), affine connection,<br />

and metric (or, length) connection. The construction itself, […] is in all essential parts the final<br />

result of the renewed investigation of the mathematical foundations of Riemannian geometry<br />

opened up by Levi-Civita’s discovery of the concept of infinitesimal parallel displacement. […]<br />

However, to Weyl’s dismay, it soon became apparent that, despite the restrictive condition of<br />

gauge invariant, a number of such functions could be constructed, choice among them being<br />

essentially arbitrary. 47<br />

L’ispirazione da cui trasse spunto Weyl non è solo quella <strong>dell</strong>’idealismo<br />

trascendentale o <strong><strong>dell</strong>a</strong> fenomenologia di Husserl, ma anche dal pensiero di Fichte e<br />

Leibniz e dalla geometria <strong>dell</strong>o spazio non-euclideo di Riemann. 48<br />

Tuttavia, sulla base<br />

<strong>dell</strong>’analisi svolta nel Capitolo II, si nota come l’approccio di Weyl rispecchi quello<br />

kantiano <strong>nella</strong> misura in cui fa <strong><strong>dell</strong>a</strong> scelta <strong><strong>dell</strong>a</strong> regola <strong><strong>dell</strong>a</strong> connessione, la base <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

costruzione <strong>dell</strong>o spazio geometrico e fisico e <strong><strong>dell</strong>a</strong> soggettività trascendentale la base<br />

per il formalismo tensoriale <strong><strong>dell</strong>a</strong> relatività generale. Per compiere questo progetto,<br />

riconosce una <strong>natura</strong> formale e intuitiva allo spazio, e assegna alla soggettività il ruolo<br />

di rappresentarlo oggettivamente come intuizione formale.<br />

Si noterà come alla base di questo approccio alla fisica matematica vi siano<br />

almeno due elementi di matrice kantiana, oltre che alla considerazione formale <strong>dell</strong>o<br />

spazio.<br />

47 Ryckmann (2009), p. 287.<br />

48 Cfr. Ryckmann (2009), p. 295.<br />

267


Il primo aspetto è quello che riguarda la <strong>natura</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> nozione di trasformazioni.<br />

Queste si basano innegabilmente su un processo di costruzione, di composizione e<br />

decomposizione <strong>dell</strong>e interazioni, che Kant ha voluto indagare nel suo fondamento di<br />

<strong>natura</strong> trascendentale, credendo che tale processo avvenga soprattutto attraverso una<br />

scelta arbitraria <strong><strong>dell</strong>a</strong> regola <strong><strong>dell</strong>a</strong> composizione in base all’unità <strong><strong>dell</strong>a</strong> grandezza. Allo<br />

stato attuale <strong><strong>dell</strong>a</strong> ricerca non è possibile stabilire se Weyl fosse a tal punto un<br />

conoscitore di Kant da sapere approfonditamente e nel dettaglio la dottrina kantiana<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> costruzione matematica. Sicuramente, in riferimento agli studi di Husserl, la<br />

sostanza del suo contributo filosofico fondamentale alla fisica è segnato da un approccio<br />

trascendentale alla matematica e alla <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>o spazio e del tempo.<br />

Il secondo aspetto riguarda il presupposto che l’oggetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> trasformazione sul<br />

piano fisico-matematico sia per Weyl la struttura, il sistema <strong>dell</strong>’interazione, tanto da<br />

chiamare Verknüpfung, “connessione” o nexus, il suo strumento chiave per la<br />

produzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua teoria geometrica, che avrebbe dovuto istituire, grazie alla<br />

matematica, un ponte tra elettromagnetismo e relatività.<br />

Se si tiene presente lo sviluppo di questo lavoro, si ricorderà quanto sia stato<br />

posto l’accento nei capitoli precedenti sull’assunto kantiano che la metafisica, rifondata<br />

grazie al criticismo, abbia come oggetto presupposto da determinare ulteriormente ed<br />

arricchire di determinazioni, proprio il sistema dei rapporti reciproci, la comunanza tra<br />

le parti di un sistema che mostra come il mondo esterno sia attivo e legato al soggetto<br />

secondo nessi causali che lo coinvolgono. Weyl ha trasposto sul piano <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica<br />

matematica 49<br />

alcuni dei presupposti fondamentali <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia kantiana, mostrando<br />

così le potenzialità <strong>dell</strong>’approccio trascendentale per la comprensione <strong><strong>dell</strong>a</strong> fondazione<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica contemporanea.<br />

Nel Capitolo V, si è voluto chiarire il ruolo <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione kantiana <strong>dell</strong>o<br />

spazio-tempo in riferimento al sistema <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia cosmica. Ora è opportuno<br />

confrontarla con i caratteri del sincretismo epistemologico di Einstein, che mostra una<br />

sintesi di diversi elementi che traggono origine dal confronto col neo-Kantismo, dal<br />

convenzionalismo e dall’empirismo logico.<br />

La posizione di Einstein è una forma di realismo che trae la sua fonte primaria<br />

dai problemi di fisica. La sua visione epistemologica matura appare in On the Method of<br />

Theoretical Physics (1933), in Physics and Reality (1936) e in Autobiographical Notes<br />

49 Weyl, Space-Time-Matter, pp. 6-7.<br />

268


(1946). Queste note autobiografiche rivestono particolare importanza per la sua visione<br />

generale, come si può apprezzare dal passo che segue:<br />

A proposition is correct if, within a logical system, it is deduced according to the<br />

accepted logical rules. A system has truth-content according to the certainty and completeness<br />

of its co-ordination-possibility to the totality of experience. A correct proposition borrows its<br />

“truth” from the truth-content of the system to which it belongs. 50<br />

Come nota storica Einstein aggiunge:<br />

Hume saw clearly that certain concepts, as for example that of causality, cannot be<br />

deduced from the material of experience by logical methods. Kant, thoroughly convinced of the<br />

indispensability of certain concepts, took them—just as they are selected—to be the necessary<br />

premises of every kind of thinking and differentiated them from concepts of empirical origin. I<br />

am convinced, however, that this differentiation is erroneous, i.e., that it does not do justice to<br />

the problem in a <strong>natura</strong>l way. All concepts, even those which are closest to experience, are from<br />

the point of view of logic freely chosen conventions, just as in the case with the concept of<br />

causality, with which this problematic concerned itself in the first instance. 51<br />

Per Einstein, dunque, una distinzione tra concetti empirici e a priori sarebbe<br />

erronea, in quanto i concetti da un punto di vista logico sono il prodotto di una<br />

convenzione liberamente scelta. Questo aspetto convenzionalista applicato non solo in<br />

ambito logico, ma anche epistemologico ha evidenti ripercussioni sulla concezione <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

causalità. Il suo modo di interpretare il ragionamento scientifico è presentato<br />

chiaramente in una lettera (scritta il 7 maggio 1952) al suo amico Maurice Solovine.<br />

Einstein, con il seguente schema, sostiene:<br />

(1) E sono le esperienze che ci sono date.<br />

(2) A sono gli assiomi, da cui deriviamo le conseguenze. Dal punto di vista<br />

psicologico A si basa su E. non esiste, però, uno schema logico che connetta E ed A, ma<br />

solamente una connessione intuitiva (psicologica) sempre soggetta a revoche.<br />

50 Einstein, Autobiographical Notes, a cura di P. A. Schlipp, Chicago 1979, p. 13.<br />

51 Einstein, Autobiographical Notes, p. 13.<br />

269


(3) Da A, attraverso una via logica, sono dedotti asserti particolari S, che posso<br />

essere riconosciuti come corretti.<br />

(4) Gli S sono riferiti a E (controprove <strong>dell</strong>’esperienza). Questa procedura, a<br />

essere esatti, appartiene anche alla sfera intuitiva o extra-logica, in quanto le relazioni<br />

tra i concetti che compaiono in S e le esperienze E non sono di <strong>natura</strong> logica. Queste<br />

relazioni di S a E , tuttavia, sono pragmaticamente molto meno certe che le relazioni di<br />

A con E. Se tale corrispondenza non fosse ottenibile con grande certezza (se non<br />

logicamente afferrabile), la macchina logica non avrebbe alcun valore per la<br />

comprensione <strong><strong>dell</strong>a</strong> realtà.<br />

La quintessenza del discorso einsteiniano risiede, dunque, <strong>nella</strong> connessione<br />

problematica tra il mondo <strong>dell</strong>e idee e quello <strong>dell</strong>’esperienza:<br />

Il pensiero logico da solo non ci può fornire conoscenze sul mondo <strong>dell</strong>’esperienza e<br />

termina in essa. Le proposizioni logiche sono vuote di fronte alla realtà. […] ma allora, se<br />

l’esperienza è l’alfa e l’omega di tutto il nostro sapere intorno alla realtà qual è il posto che la<br />

ragione occupa <strong>nella</strong> <strong>scienza</strong>? 52<br />

La vicinanza di Einstein, che di certo non conosceva l’Opus postumum, al<br />

pensiero di Kant corre proprio sul filo <strong>dell</strong>’idea sistematica di mondo e <strong>dell</strong>e interazioni<br />

che in esso si producono. Questo potrebbe essere il risultato <strong>dell</strong>’influenza di August<br />

Stadler, autore di Kants Theorie der Materie, pubblicato a Lipsia nel 1883, che fece<br />

conoscere a fondo ad Einstein la teoria kantiana del movimento. 53<br />

Per Einstein, un sistema completo di fisica teorica si compone di idee, di leggi<br />

fondamentali applicabili a queste idee e di proposizioni conseguenti che ne derivano per<br />

deduzione logica. Queste proposizioni devono corrispondere alle esperienze individuali.<br />

Ma quello che può dare la struttura a un sistema, attraverso un principio, è la ragione.<br />

Ed è proprio nel giudizio sullo statuto dei principi adottati dalla fisica teorica che per<br />

Einstein entra in gioco la filosofia, come è riportato nelle Spencer Lecture del 1933:<br />

If you wish to learn from the theoretical physicist anything about the methods which he<br />

uses, I would give you the following piece of advice: Don't listen to his words, examine his<br />

achievements. For to the discoverer in that field, the constructions of his imagination appear so<br />

necessary and so <strong>natura</strong>l that he is apt to treat them not as the creations of his thoughts but as<br />

given realities. 54<br />

52 Einstein, Come io vedo il mondo, p. 41.<br />

53 Secondo R. Palese e M. Palese Einstein avrebbe seguito le lezioni di Stadler al Politecnico di Zurigo<br />

negli anni 1896-1897. cfr. R. Palese, M. Palese, “I Metaphysische Anfangsgruende der Naturwissenschaft<br />

di I. Kant; anticipazioni sulla possibilità di una Teoria di Relatività Generale”, in Atti del XIX Congresso<br />

Nazionale di Storia <strong><strong>dell</strong>a</strong> Fisica e <strong>dell</strong>’Astronomia, Como 28-29 maggio 1999. Disponibile on line su<br />

http://www.brera.unimi.it/SISFA/atti/1999/Palese.pdf.<br />

54 A. Einstein, The Herbert Spencer Lecture, delivered at Oxford, June 10, 1933, Oxford 1974, pp. 5-6.<br />

270


Il cuore del ragionamento di Einstein consiste nel mostrare che la costruzione di<br />

una teoria fisica prevede necessariamente il considerare come reali i concetti fisici e le<br />

leggi che li connettono. 55<br />

Il fisico teorico deve abbracciare un realismo scientifico.<br />

Dal passo seguente però sembra che il lontano dibattito con Weyl abbia in un<br />

certo senso influenzato Einstein <strong>nella</strong> sua considerazione <strong>dell</strong>e teorie scientifiche. Weyl<br />

scrisse ad Einstein il 10 Dicembre 1918:<br />

Übrigens müssen Sie nicht glauben, daß ich von der Physik her dazu gekommen bin,<br />

neben der quadratische noch die lineare Differentialform in die Geometrie einzuführen; sondern<br />

ich wollte wirklich diese “Inkonsequenz,” die mir schon immer ein Dorn im Auge gewesen war,<br />

endlich einmal beseitigen und bemerkte dann zu meinem eigenen Erstaunen: das sieht so aus,<br />

als erklärt es die Elektrizität. 56<br />

L’idea di Weyl per l’unificazione elettrogravitazionale emerse dalla matematica,<br />

piuttosto che dalla dimensione empirica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong>. Sebbene Einstein difendesse<br />

l’utilizzo di rods and clocks per mostrare la base empirica <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua teoria, 57<br />

e si<br />

opponesse a qualsiasi fondamento trascendentale a priori <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza umana, si<br />

pose la domanda sul posto che la ragione potrebbe occupare <strong>nella</strong> <strong>scienza</strong>, nonostante<br />

l’esperienza ne costituisca “l’alfa e l’omega”. Secondo Einstein il posto <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione<br />

<strong>nella</strong> <strong>scienza</strong> coincide con il fatto che:<br />

Il contenuto <strong>dell</strong>e esperienze e le loro relazioni reciproche devono, grazie alle<br />

proposizioni conseguenti <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria, trovare la loro rappresentazione: in ciò consiste la<br />

giustificazione di tutto il sistema e dei concetti e dei principi che ne sono alla base. Questi<br />

concetti e principi sono creazioni libere <strong>dell</strong>o spirito umano, che non si possono giustificare a<br />

priori né con la <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>o spirito umano né in un altro modo qualsiasi. 58<br />

I principi fisici hanno una <strong>natura</strong> fittizia e la fisica teorica si basa su un<br />

fondamento empirico, ma procede per assiomatizzazione. La guida sicura di questo<br />

55 Einstein, Come io vedo il mondo, p. 45.<br />

56 Lettera di Weyl a Einstein, in The collected papers of Albert Einstein, vol. VIII, a cura di R.<br />

Schulmann, A. Kox, M. Janssen e J. Illy, Princeton 1998.<br />

57 Lettera di Weyl a Einstein, in The collected papers of Albert Einstein, vol. VIII, a cura di R.<br />

Schulmann, A. Kox, M. Janssen e J. Illy, Princeton 1998: “Werden sie voneinander getrennt, in beliebiger<br />

Weise bewegt und dann wieder zusammen gebracht, so werden sie wieder gleich (rasch) gehen, d. h. ihr<br />

relativer Ganghängt nicht von der Vorgeschichte ab. Denke ich mir zwei Punkte P1 & P2, die durch eine<br />

zeitartige Linie verbunden werden können. Die an P1 & P2 anliegenden zeitartigen Elemente ds1 und ds2<br />

können dann durch mehrere zeitartigen Linien verbunden werden, auf denen sie liegen. Auf diesen<br />

laufende Uhren werden ein Verhältnis ds1 : ds2 liefern, welches von der Wahl der verbindenden Kurven<br />

unabhängig ist.—Lässt man den Zusammenhang des ds mit Massstab- und Uhr-Messungen fallen, so<br />

verliert die Rel. Theorie überhaupt ihre empirische Basis”.<br />

58 Einstein, Come io vedo il mondo, p. 42.<br />

271


procedimento risiede <strong>nella</strong> matematica, 59<br />

che deve aspirare a connettere concetti e<br />

principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica teorica in un sistema. Si ravvisa in questa posizione di Einstein la<br />

ragione del monito di Weyl:<br />

Gegen das Argument, daß in eine versuchte experimentelle Prüfung der Geometrie<br />

immer auch eigentlich physikalische Aussagen über das Verhalten von starren Körper und<br />

Lichtstrahlen hineinspielen, ist zu sagen, daß die physikalischen Gesetze so wenig wie die<br />

geometrischen, jedes für sich, eine Prüfung in der Erfahrung zulassen, sondern die “Wahrheit”<br />

einer konstruktiven Theorie nur im Ganzen geprüft werden kann. 60<br />

La forma sistematica, corrispondente ad una posizione di olismo in Einstein,<br />

assurge a strumento indispensabile per la costituzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong>.<br />

Ora, come è stato sottolineato nel corso <strong><strong>dell</strong>a</strong> ricerca, proprio le forze derivative<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> materia e i loro principi, che Kant indica come indispensabili per un passaggio<br />

dalla metafisica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica, sembrano corrispondere proprio a “finzioni” con<br />

cui la ragione progetta le sue forme, cioè la forma sistematica, fondata sull’esibizione<br />

dei rapporti reciproci attivi tra membri del sistema, che sono sempre concetti cui<br />

corrisponde indirettamente un oggetto (una connessione) <strong>nella</strong> realtà. Questo aspetto<br />

vale all’interno del contesto del Passaggio dai principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong> alla fisica, laddove Kant si pone esattamente questa domanda: come costituisce<br />

la fisica teorica un sistema che connette l’esperienza con principi logici? In sostanza la<br />

stessa domanda einsteiniana sul posto che la ragione occupa <strong>nella</strong> <strong>scienza</strong>. 61<br />

La critica<br />

che Einstein muove a Kant è la seguente:<br />

Prima di affrontare il problema <strong>dell</strong>o spazio, facciamo una dichiarazione preliminare<br />

sulle idee in generale: le idee si riferiscono alle esperienze dei sensi, ma non possono mai<br />

derivarne logicamente. Per questa ragione non ho mai potuto comprendere la questione <strong>dell</strong>’a<br />

priori nel senso di Kant. Nelle <strong>questioni</strong> di realtà, non può mai trattarsi che di una cosa, cioè di<br />

ricercare i caratteri del complesso di esperienze dei sensi ai quali si riferiscono le idee. Per<br />

quanto concerne l’idea di spazio, quella <strong>dell</strong>’oggetto corporeo sembrerebbe doverla precedere.<br />

[…] Si è giunti, con l’aiuto di esperienze così precise, all’idea di oggetto corporeo (la quale idea<br />

non suppone affatto la relazione di spazio e di tempo); la necessità di creare col pensiero le<br />

relazioni reciproche fra oggetti corporei di questa <strong>natura</strong> deve inevitabilmente dare origine alle<br />

idee corrispondenti alle loro relazioni di spazio. 62<br />

In questo passo emerge chiaramente che Einstein conoscesse davvero<br />

parzialmente il pensiero di Kant e come quest’ultimo con evidenza mostri, sul piano<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> fondazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica, aspetti di straordinaria attualità dal punto di vista teorico<br />

59 Einstein, Come io vedo il mondo, p. 45.<br />

60 Weyl (2000), p. 171.<br />

61 Cfr. D. Howard, J. Stachel, Einstein: the formative years, 1879-1909, New York 2000.<br />

62 Einstein, Come io vedo il mondo, pp. 81-82. Corsivo mio.<br />

272


ed epistemologico. Infatti, come si è mostrato nel corso <strong><strong>dell</strong>a</strong> presente ricerca,<br />

l’idealismo trascendentale di spazio e di tempo, in ultima istanza, conduce Kant alla<br />

prova <strong><strong>dell</strong>a</strong> materia cosmica nell’Opus postumum, per garantire una possibile<br />

applicazione dei principi metafisici <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> alla fisica.<br />

Quello che potrebbe sorprendere nel passo seguente è proprio il fatto che lo<br />

spazio come oggetto <strong>dell</strong>’esperienza possibile è determinabile come tale in virtù <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

materia, <strong>dell</strong>e sue forze motrici, e del principio logico di identità:<br />

Der wahrnehmbar//leere Zwischenraum ist also eigentlich eine relativ auf unseren Sinn<br />

dem Grade nach imperzeptible Materie und ist ein Gegenstand möglicher aber mittelbarer<br />

Erfahrung z. B. der Lichtsmaterie die den Raum zwischen dem Auge und dem Gegenstande<br />

einnimmt und nur durch ihre Erregung ein Gegenstand der Erfahrung werden kann. Das<br />

wodurch der Raum überhaupt ein Gegenstand möglicher Erfahrung (des Messens, der Richtung<br />

etc.) wird, ist ein allgemein verbreiteter alldurchdringender mit bewegenden Kräften versehener<br />

Weltstoff dessen Wirklichkeit bloß auf dem Prinzip der Möglichkeit äußerer Erfahrung beruht<br />

und so a priori nach dem Satz der Identität erkannt und bewährt ist; weil ohne diesen Stoff<br />

vorauszusetzen ich auch gar keine äußere Erfahrung haben könnte: der leere Raum aber kein<br />

Gegenstand möglicher Erfahrung ist. Dieser Stoff also den man Wärmestoff zu nennen im<br />

Gebrauche hat, unerachtet dieses nur eine besondere Wirkung seiner bewegenden Kräfte sein<br />

mag, ist kein hypothetischer Stoff, gedichtet zur Erklärung gewisser Erscheinungen sondern<br />

wird als Prinzip der Möglichkeit der Erfahrung jener Kräfte postuliert und der Begriff von<br />

demselben ist die Basis der Verknüpfung a priori aller bewegenden Kräfte der Materie ohne<br />

welche keine Einheit in dem Verhältnisse des Mannigfaltigen derselben in einem Ganzen der<br />

Materie gedacht werden könnte. 63<br />

Il concetto di una materia cosmica, come postulato, è assunto in virtù <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

considerazione che <strong>nella</strong> realtà esiste una varietà di fenomeni interconnessi. Questo<br />

postulato sembra essere il risultato di una strategia, di una logica intrinsecamente<br />

presente al modo di procedere del carattere costruttivo <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong> <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong>. Poiché<br />

i principi, le regole e i rapporti <strong><strong>dell</strong>a</strong> connessione dei fenomeni non sono direttamente,<br />

ma solo indirettamente di <strong>natura</strong> fisica, possiamo stabilire matematicamente i nessi di<br />

tali fenomeni. Poiché l’interesse <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione non si concentra su questo o quel<br />

particolare fenomeno, ma alla loro unità, occorre un sistema che li unifichi in base a<br />

principi a priori e deve poter essere rinvenuto un corrispettivo di questa unità<br />

sistematica, un fondamento che venga postulato, in quanto non ci è dato direttamente<br />

nell’esperienza. L’aspirazione di Einstein non era molto diversa da quella kantiana, e<br />

proprio per questo la base empirica <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> relatività non sembra comunque in<br />

grado da sola di fornire l’unità dei principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> teoria scientifica con la realtà.<br />

Ma i pregiudizi circa la concezione kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> costituzione di un sistema<br />

fisico e del rapporto tra empirico e a priori sono evidenti dal fatto che per Einstein i<br />

63 Opus postumum, KGS XXI, p. 229.<br />

273


filosofi critici hanno fallito nello stabilire elementi a priori <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza. Tuttavia, a<br />

questo si può obiettare che si potrà sempre stabilire un sistema a priori di elementi che<br />

non contraddicano alcun sistema fisico dato, e che arrivano addirittura ad anticipare il<br />

contenuto <strong>dell</strong>e connessioni riscontrabili in <strong>natura</strong>, secondo la loro forma, come avviene<br />

nel caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> simmetria <strong>dell</strong>o spazio-tempo in fisica matematica.<br />

Secondo il convenzionalismo di Einstein, mentre si può sempre scegliere di<br />

designare elementi selezionati a priori e dunque non empirici, nessun principio<br />

determina quali elementi possano essere così designati e la nostra abilità di designarli<br />

deriva dal fatto che è solo la totalità degli elementi che possiede in sé un contenuto<br />

empirico atto a ciò. E’ questo un altro aspetto del sincretismo einsteiniano, un aspetto di<br />

realismo epistemico e scientifico, secondo cui non è solo la forma sistematica<br />

<strong>dell</strong>’organizzazione <strong>dell</strong>’esperienza secondo un’arbitrarietà che determina il criterio di<br />

scelta di certi principi piuttosto che di altri, ma è anche il contenuto del sistema stesso,<br />

che orienta la scelta dei suoi principi costitutivi. Quello che Kant ha chiamato “bisogno”<br />

o interesse <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione, viene tradotto da Einstein in termini di arbitrarietà <strong><strong>dell</strong>a</strong> scelta,<br />

i cui elementi selezionati non possono resistere al fatto che le teorie e i sistemi in cui<br />

sono ascritti, decadono o vengono rimpiazzati da altri.<br />

Tuttavia, secondo una prospettiva kantiana, il rapporto fra empirico e a priori<br />

non è statico ma dinamico ed è inserito in un sistema. Sebbene Kant abbia asserito la<br />

completezza <strong><strong>dell</strong>a</strong> logica e in base ad essa abbia perseguito una deduzione <strong>dell</strong>e<br />

categorie, la sua produzione mostra che queste ultime non sono certo contenuto, ma<br />

pure forme <strong>dell</strong>e funzioni del giudicare che entrano in gioco tutte insieme <strong>nella</strong><br />

conoscenza, in tutti i giudizi sintetici a priori rivolti all’esperienza. Ovvero Kant ritiene<br />

che a priori non possano esistere principi, ad esempio <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica, che non esprimano<br />

tutte le funzioni logiche nei giudizi, in quanto queste sono anche funzioni del pensiero,<br />

ma senza l’attività di una sintesi che opera con il materiale <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione, nonché<br />

senza l’appello a principi matematici, e alla loro subordinazione ad una legge universale<br />

di spiegazione del nesso tra i fenomeni, non si avrebbe alcun principio <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica.<br />

Di questo avviso è anche Weyl, quando afferma:<br />

Der den Spekulationen mißtrauende Physiker wird wahrscheinlich finden, daß die ganze<br />

Frage einer erweiterten Relativitätstheorie, welche in organischer Weise die<br />

elektromagnetischen Erscheinungen mit umfaßt, im Augenblick noch nicht spruchreif ist […].<br />

Man darf aber nicht vergessen, daß in aller Wirklichkeitserkenntnis neben dem Sammeln<br />

typischer Erfahrungstatsachen das apriorische Element, die Bildung von angemessenen<br />

274


Anschauungen und Begriffen, mit Hilfe deren die Tatsachen zu deuten sind, eine nicht zu<br />

vernachlässigende Rolle spielt. 64<br />

In sostanza l’abilità di cui parla Einstein nel designare i criteri per la scelta dei<br />

principi di un sistema non è altro che la funzione architettonica <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione di cui parla<br />

Kant. La differenza consiste nel fatto che Einstein assume una posizione realista circa la<br />

costituzione e il contenuto del sistema, mentre Kant punta su una giustificazione di esso<br />

su una base logica, attraverso un argomento trascendentale e l’attività <strong><strong>dell</strong>a</strong> costruzione<br />

di intuizioni e concetti, messa in luce anche da Weyl.<br />

Dal punto di vista epistemologico, l’idealismo trascendentale porta con sé una<br />

complessità non facilmente assimilabile alle posizioni contemporanee, neanche a quella<br />

di realismo interno attribuitagli da Putnam. Ad esempio, la problematicità dei principi<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione pura per il suo uso empirico, che sono logici e tuttavia hanno uno statuto<br />

trascendentale, si spiega soltanto in un modo, cioè con la determinazione del dominio<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione nel suo uso empirico e dunque con una determinazione <strong>dell</strong>o statuto dei<br />

principi con una previa determinazione del fine, del dominio in cui essi sono legislatori.<br />

Solo così può essere ammessa un’oggettività di un sistema <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione, in<br />

quanto i suoi principi permettono un passaggio e un’applicazione a leggi appartenenti al<br />

dominio stabilito in base alle nostre stesse facoltà conoscitive, 65<br />

di cui è possibile<br />

conoscere la funzione e le operazioni che svolgono.<br />

B) Oggettività come sistema di connessioni<br />

Proprio a partire dalla concezione del sistema, vale la pena mettere a fuoco un<br />

altro aspetto <strong>dell</strong>’epistemologia kantiana, la nozione di oggettività. Per farlo è<br />

opportuno confrontarsi con uno dei testi contemporanei che nel 2007 ha riaperto un<br />

dibattito sull’oggettività e l’oggetto epistemico, Objectivity. Daston e Galison<br />

incentrano gran parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> loro tesi su una particolare lettura <strong><strong>dell</strong>a</strong> ricezione del<br />

kantismo. Secondo Daston e Galison “Immanuel Kant’s philosophical reformulation of<br />

the scholastic categories of the objective and the subjective reverberated with seismic<br />

intensity in every domain of nineteenth-century intellectual life, from science to<br />

64<br />

H. Weyl, Über die physikalischen Grundlagen der erweiterten Relativitätstheorie, in Physikalische<br />

Zeitschrift 22, 1921, pp. 473-80.<br />

65<br />

M. Morrison, Approximating the Real: The Role of Idealizations in Physical Theory, in Idealization<br />

XII: correcting the model: idealization and abstraction in the sciences, in Poznań studies in the<br />

philosophy of the sciences and the humanities, vol. 86, a cura di N. Cartwright e M. R. Jones, Amsterdam<br />

2005, pp. 145-172.<br />

275


literature”. 66 A partire da questa premessa gli autori indagano i modi in cui Kant fu<br />

recepito e adattato dagli scienziati per i loro scopi. 67<br />

L’aspetto degno di nota è quello che concerne l’uso del termine objective e il suo<br />

significato. Preso in prestito dalla Scolastica, questo termine è usato da Cartesio come<br />

“a concept, a representation of the mind”, mentre agli inizi <strong>dell</strong>’800 si vede comparire<br />

68<br />

accanto al termine la definizione di “a reality in itself, independently of knowledge”.<br />

Daston e Galison riconoscono poi che a questo shift si accompagnò, nel corso del XIX<br />

secolo, il binomio oggettivo/soggettivo e quello di oggettività/soggettività. Ora, quello<br />

che si intende discutere in questa sede è la seguente affermazione:<br />

Kant generally reserved the adjective “objective” (the substantive form appears only<br />

rarely in his critical writings) for universal and a priori conditions, and identified the<br />

“subjective” with the psychological or “empirical”, in the sense of the empirical sensations of<br />

Enlightenment epistemology. 69<br />

Nel descrivere la reale alternativa proposta da Kant nei confronti <strong>dell</strong>’empirismo<br />

e <strong>dell</strong>o scetticismo di Hume, Daston e Galison ritengono che l’operazione kantiana di<br />

unificazione del sé, come la condizione necessaria per la possibilità di tutta la<br />

conoscenza oggettiva, era non solo una visione alternativa <strong><strong>dell</strong>a</strong> mente, ma anche una<br />

visione alternativa <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza. In generale per Kant l’esperienza cessa di essere<br />

un che di puramente sensibile, bensì presuppone certe condizioni trascendentali:<br />

Consciousness itself partook of both objective and subjective validity: the<br />

transcendental unity of apperception that fused manifold sensations into the concept of an object<br />

was “objectively valid”, but the empirical unity of apperception […] “has only subjective<br />

validity”. 70<br />

Questa lettura di Daston e Galison si scontra con il fatto che c’è una forma di<br />

oggettività per Kant capace di includere il soggettivo <strong>dell</strong>’unità empirica<br />

<strong>dell</strong>’appercezione: il soggetto diventa oggetto epistemico come processo sintetico ed è<br />

in grado di diventare oggetto a se stesso. Questo modo di proporre l’oggettività,<br />

determinata dall’uso empirico dei principi a priori <strong>dell</strong>’intelletto e legata all’idea che<br />

ciò che viene immesso nell’esperienza dal soggetto può essere codificato e compreso<br />

66<br />

L. Daston, P. Galison, Objectivity, New York 2007, p. 205. Da ora in poi Objectivity.<br />

67<br />

Objectivity, p. 206.<br />

68<br />

Objectivity, p. 206.<br />

69<br />

Objectivity, p. 209.<br />

70<br />

Objectivity, p. 209.<br />

276


dalla ragione, non è assimilabile con nessuno degli schemi proposti dallo studio di<br />

Daston e Galison.<br />

Gli autori individuano, infatti, tre principi guida per definire diversi tipi di<br />

oggettività: “truth to nature,” un modo idealizzato di osservazione (si pensi ai primi<br />

disegni in botanica); “mechanical objectivity,” che rivela oggetti senza la<br />

contaminazione con la soggettività (si pensi alle fotografie o alle micrografie) ; “trained<br />

judgment,” in cui l’interpretazione soggettiva gradualmente ritorna alla<br />

rappresentazione scientifica (si pensi alle immagini del campo magnetico terrestre).<br />

Ci sono tre punti fondamentali che vale la pena toccare di questo libro, sebbene<br />

ve ne siano molti altri di rilievo. In primo luogo emerge che quello di oggettività non è<br />

un concetto univoco ed è trattato dagli autori in modo diverso da L. Lloyd, 71 H.<br />

Douglas, 72 and M. Janack 73<br />

che hanno invece identificato diversi sensi di oggettività,<br />

ma non hanno fatto ciò che costituisce il nucleo <strong><strong>dell</strong>a</strong> tesi di Daston e Galison:<br />

esaminare concetti di oggettività che emergono in momenti diversi <strong><strong>dell</strong>a</strong> storia <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>scienza</strong>, attraverso l’uso <strong>dell</strong>e immagini <strong>nella</strong> <strong>scienza</strong> (le tavole e gli atlanti sono usati in<br />

vari modi per informare chi deve comprendere i fenomeni). La loro tesi sostiene che<br />

queste immagini portano con sé differenti virtù epistemiche, che “fanno <strong>scienza</strong>”.<br />

Questo conduce alla seconda idea chiave, ovvero che l’oggettività possa<br />

funzionare come un raccoglitore di virtù epistemiche, piuttosto che come virtù<br />

preminente.<br />

Il terzo punto deriva dall’approccio storico che i due adottano, ovvero il concetto<br />

stesso di oggettività può cambiare. Il riconfigurarsi di esso conduce ad una ridefinizione<br />

di oggetto epistemico, che, dunque, secondo questo approccio potrebbe essere<br />

determinato come processo dinamico e posto in rapporto con la ricerca psicologica. Su<br />

questa linea di ricerca si colloca ad esempio la tesi sostenuta da U. Feest 74<br />

presentata<br />

71<br />

L. Lloyd, Science and anti-science: Objectivity and its real enemies, in Feminism, science and the<br />

philosophy of science, a cura di L. e J. Nelson, Boston 1996, pp. 217-259.<br />

72<br />

H. Douglas, The Irreducible Complexity of Objectivity, in Synthese, vol. 138, 3, 2004, pp. 453-473.<br />

73<br />

M. Janack Dilemmas of Objectivity, in Social Epistemology, vol. 16, 2002, pp. 267-281.<br />

74<br />

Cfr. http://www.mpiwg-berlin.mpg.de/workshops/en/HistoricalEpistemology/Session4.html: “In chapter<br />

X of his Structure of Scientific Revolutions, Thomas Kuhn suggests that after a paradigm shift, “familiar<br />

objects are seen in a different light and are joined by unfamiliar ones as well” (p. 111). This statement is<br />

commonly taken to mean that paradigms provide the conceptual structures that allow us to parse up the<br />

world in particular ways. While this idea has been especially hotly debated in relation to paradigm shifts,<br />

i.e., grand restructurings, the focus of this paper is rather on a more fine-grained question, namely, how<br />

taxonomic changes can take place within the context of what we may – for lack of a better phrase – refer<br />

to as “normal science”. I will argue that within the context of such normal research the line between the<br />

familiar and the unfamiliar is much more fragile and dynamic than the above quote might suggest:<br />

phenomena become objects of research precisely because there is an unsettling sense of unfamiliarity<br />

associated with them, even when they seem very familiar. At the same time they can become objects of<br />

277


alla conferenza internazionale What (Good) is Historical Epistemology?, svoltasi a<br />

Berlino nel 2008.<br />

Tuttavia possono essere proposte ancora osservazioni sulle virtù epistemiche, in<br />

quanto queste possiedono un loro statuto in base ad un fine particolare e i due autori<br />

sostengono che, se le virtù epistemiche possono cambiare, non possono farlo che in due<br />

modi. Le virtù possono cambiare in quanto l’idea di come ottenere un fine cambia,<br />

oppure esse possono cambiare perché muta il fine stesso.<br />

Ora, è opportuno chiedersi come si applichi questo discorso al caso<br />

<strong>dell</strong>’oggettività e quali fini siano cambiati oppure quali i metodi di lavoro falliti. Daston<br />

e Galison individuano i fini per cui l’oggettività è una virtù epistemica e questi fini sono<br />

determinati dalla paura o dal timore che si abbiano vari modi in cui si possa fallire per<br />

ottenere la conoscenza.<br />

Secondo il loro punto di vista, differenti tipi di oggettività sono animati ognuno<br />

da una paura e le paure cambiano in diversi periodi storici e a seconda <strong>dell</strong>e condizioni<br />

socio-economiche. Questa è l’origine di quell’ideale di oggettività che loro descrivono<br />

come “truth to nature”. In questo caso il fine consiste nel catturare la vera <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>e<br />

cose che devono essere rappresentate. La paura che genera questo approccio è quella<br />

che le variazioni, che esempi individuali di quelle cose possono esibire, ci fermino dal<br />

coglierne la vera <strong>natura</strong>. E’ così che poi sorge un nuovo ideale di oggettività, quello che<br />

Daston e Galison chiamano “mechanical objectivity”.<br />

Questa idea (l’unica a cui essi si riferiscono come “objectivity”) implica l’evitare<br />

l’interpretazione e la riproduzione meccanica <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> (si pensi alla fotografia). La<br />

paura qui è quella che il soggetto sia sempre inserito <strong>nella</strong> comprensione <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> e<br />

che sia necessario piuttosto registrare cosa effettivamente stia accadendo, senza<br />

research only insofar as some things about them are taken for granted. To study the process whereby a<br />

phenomenon is investigated empirically, therefore, is to study the productive interplay between scientists’<br />

conceptions of what they know and what they don’t know. In this paper I will present an analysis of this<br />

dynamic relationship in psychological research. I will do so by means of a particular example: shifts in<br />

the way that short-term memory is taxonomized. I will argue that the experimental study of memory is<br />

guided by specific conceptual presuppositions about the object in question, namely that to have memory<br />

is to have the disposition to display behavioral indicators of past experience. This presupposition, in turn,<br />

is closely tied to a particular paradigm of investigating the object empirically: by experimentally<br />

manipulating research subjects in ways thought to actualize this disposition. In conjunction with other<br />

constraints, however, this method has led researchers to the surprising result that some memory<br />

phenomena are not really memory phenomena at all. I will relate my story to the topic of historical<br />

epistemology in two ways. First, I will suggest that my account can provide an analysis of Rheinberger’s<br />

idea that the “blurriness” of an object is an essential aspect of its knowledge-generating capacity.<br />

According to this analysis, we need to distinguish between the notion that an epistemic object is only<br />

partially understood and the notion that in order to do any research at all, scientists need to operate with a<br />

preliminary concept of the object. Second, I will argue that since preliminary conceptions of epistemic<br />

objects are closely tied to norms of experimental research, this opens up a way of reconciling the<br />

descriptive aims of a historical account with the normative ones of an epistemological account”.<br />

278


l’inserimento di un punto di vista interno ai fenomeni: l’interpretazione è vista come<br />

una distorsione. Rispetto a questa visione di oggettività, per Daston e Galison non è<br />

chiaro se il fine sia cambiato o se il cambiamento abbia a che fare con il mutamento di<br />

strategie impiegate per conseguire il fine. È opportuno ritenere che una minima<br />

comprensione di che cosa sia “oggettività” richiede un’indagine sul tipo di virtù<br />

considerata tale, cioè significa che bisogna chiarire i fini da perseguire <strong>nella</strong> ricerca<br />

scientifica, ma secondo un punto di vista che la orienti.<br />

Ritorna, dunque, il problema <strong><strong>dell</strong>a</strong> soggettività, <strong><strong>dell</strong>a</strong> capacità di determinare fini<br />

in base ai quali assegnare un valore ad una virtù, piuttosto che ad un’altra. Per questa<br />

ragione Daston e Galison non hanno illuminato del tutto il tipo di <strong>questioni</strong> che solleva<br />

l’oggettività scientifica e che coinvolgono il rapporto tra <strong>scienza</strong> e valori (etica). Un<br />

punto questo, trattato da Kant <strong>nella</strong> Kritik der Urtheilskraft, e che percorre come un filo<br />

rosso in manoscritti <strong>dell</strong>’Opus postumum: esiste un rapporto intimo tra l’esercizio del<br />

talento, sia nelle arti che nelle scienze, e il potere. Un’eticoteologia è capace di svelarlo<br />

e di mostrare come sia necessario che i principi <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione orientino un sistema del<br />

mondo. Quest’ultimo però non è fondato su una spontaneità opaca, non trasparente a se<br />

stessa, come vorrebbero Daston e Galison. Oltre che su principi logici e su inferenze<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione, il sistema del mondo si basa sul fatto <strong><strong>dell</strong>a</strong> ragione (Faktum der<br />

Vernunft), sull’idea di libertà, che sebbene non sia conoscibile direttamente, offre la<br />

possibilità di essere determinata nei suoi effetti, <strong>nella</strong> storia. Il carattere soggettivo e<br />

quello oggettivo <strong>dell</strong>’esperienza sono ineliminabilmente interconnessi, in modo tale che<br />

l’oggettività non sia altro che un sistema <strong>dell</strong>e connessioni reali e <strong>dell</strong>e loro condizioni<br />

di possibilità.<br />

La distinzione kantiana tra fenomeno e cosa in sé non è da riferirsi agli oggetti in<br />

quanto tali, ma al modo di porsi sotto un doppio rispetto da parte del soggetto, quello<br />

fenomenico e quello noumenico.<br />

Tale distinzione è cioè la cifra <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia kantiana che prevede la<br />

spiegazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> possibilità di un molteplice approccio alla realtà, che ontologicamente<br />

resta un tutto di connessioni determinabile nelle sue parti, secondo regole razionali<br />

comunicabili. D’altra parte, però, quello kantiano è un punto di vista che include<br />

l’osservatore del mondo nel mondo, ovvero non si può pensare ad un sistema <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

<strong>natura</strong> senza l’osservatore inserito in essa e cosciente <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua posizione.<br />

Come si vedrà <strong>nella</strong> prossima sezione, però, questo non significa che Kant<br />

assuma una posizione pluralista, in quanto la teoria che deve spiegare questa<br />

279


molteplicità sul piano epistemologico è unica e riposa sul canone <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia, la<br />

logica, le cui regole sono universali, necessarie e costituiscono un sistema completo, al<br />

contrario di quello <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia e <strong>dell</strong>e altre scienze che possono accrescersi<br />

indefinitamente dall’interno.<br />

C) “Objectivity-for-us”: Kant nell’interpretazione di H. Putnam<br />

H. Putnam è stato uno dei più discussi sostenitori di un “ritorno a Kant” nel<br />

panorama <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia contemporanea. L’interpretazione di Putnam ha tentato di<br />

adattare il pensiero kantiano al dibattito <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia contemporanea sia sulla teoria<br />

del riferimento sia sull’oggettività.<br />

Se di Putnam è assai nota la continua elaborazione e il continuo cambiamento<br />

del suo punto di vista, è chiaro però l’intento di rinnovare il dibattito filosofico,<br />

utilizzando Kant come punto di riferimento per il superamento di alcune posizioni.<br />

Nell’analizzare la posizione di Putnam e l’interpretazione di Kant che ha<br />

proposto nel 1981, in Reason, Truth and History, è bene focalizzarsi su due aspetti che<br />

riguardano sia la logica che l’epistemologia. Putnam nel 1976 ha rigettato sia<br />

l’idealismo soggettivo che il realismo metafisico e questo per due ragioni, sia perché<br />

queste posizioni assumono un mondo indipendente dalla mente, sia perché propugnano<br />

una teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> verità come corrispondenza. 75<br />

È per questo che Putnam si è scagliato contro la posizione di realismo metafisico<br />

e, attraverso una sua interpretazione di Kant, ha mostrato l’intento di superarlo. Putnam<br />

vede in Kant proprio l’elemento che si è suggerito al punto precedente, ossia che il<br />

sistema <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> non consta di una distinzione di oggettivo e soggettivo, come<br />

invece il dibattito epistemologico contemporaneo ha descritto. A parere di Putnam,<br />

infatti, una posizione di realismo interno e di realismo metafisico, che corrispondono al<br />

realismo trascendentale e a quello empirico discussi da Kant, possono essere le<br />

categorie per meglio comprendere la <strong>natura</strong> del pensiero kantiano stesso ed attribuirle lo<br />

statuto di un realismo interno: Kant, per Putnam, è un realista interno <strong><strong>dell</strong>a</strong> verità.<br />

Esaminiamo questa posizione.<br />

75 Cfr. M. Capozzi, Realism and Truth: Putnam and Kant, in Atti del Congresso Nuovi problemi <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

logica e <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>scienza</strong>. Viareggio, 8-13 gennaio 1990, vol. 1, Bologna 1991, pp. 157-164; p.<br />

157. L. Allais, Kant’s Transcendental Idealism and Contemporary Anti-Realism, in International Journal<br />

of Philosophical Studies, vol. 11, 2003, pp. 369-392; p. 376.<br />

280


Putnam, oltre ad asserire che Kant come lui, avrebbe rigettato la teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

verità come corrispondenza, ritiene che Kant rifiuti il principio di bivalenza e che vi sia<br />

una realtà indipendente dalla teoria.<br />

La lontananza dalla filosofia di Kant <strong><strong>dell</strong>a</strong> posizione pluralista e di olismo<br />

alternativo (realismo interno), che Putnam ha proposto nel 1981, è stata messa in luce<br />

ampiamente dalla critica. 76<br />

Dopo il 1981, Putnam cambia la definizione di realismo interno, perché scorge<br />

la possibilità di una confusione con la spiegazione internalista <strong>dell</strong>’oggetto epistemico.<br />

Preferisce allora parlare di un realismo pragmatico di Kant, che considera essenziale<br />

l’aspetto <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua filosofia trascendentale secondo cui il sistema <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> dipende<br />

dalla ragione pura pratica e indica la necessità di una scelta, di un dominio del<br />

concettuale, per determinare e influenzare una certa visione del mondo.<br />

Kant ai suoi occhi sarebbe stato il primo filosofo “to see that describing the<br />

world is not simply copying it” e che “whenever human beings describe anything in the<br />

world, our description is shake by our own conceptual choice”. 77 Sebbene Putnam<br />

critichi un aspetto di Kant, che definisce “monismo morale”, questo aspetto non gli<br />

impedisce però di pensare un approccio pluralista e fallibilista <strong>dell</strong>’idea del mondo, sia<br />

in morale che in epistemologia, cioè ci sono differenti ideali sia morali che<br />

epistemologici migliori o peggiori di altri, i quali costituiscono la vera oggettività, che<br />

Putnam chiama “objectivity-for-us”. 78<br />

Questo punto di vista pragmatista (sebbene non assimilabile al pragmatismo di<br />

Rorty) sostiene che sia possibile preservare i nostri migliori metodi di rappresentazione<br />

del mondo, rigettandone altri, senza ricorrere ad una totalizzazione di uno di essi come<br />

l’unica e vera via. Questo riconoscimento di un’irriducibile pluralità di punti di vista<br />

morali sebbene si allontani dal “monismo” kantiano, non sarebbe incompatibile con<br />

esso agli occhi di Putnam.<br />

Egli ritiene che sia fallimentare riproporre l’idealismo trascendentale kantiano<br />

oggi e afferma che la nozione di cosa in sé sia incoerente e che ai suoi occhi questa sia<br />

un che privo di significato per Kant. 79<br />

Come interpretare questa posizione di Putnam? In<br />

effetti, poiché é l’uso che l’intelletto fa <strong>dell</strong>e categorie a dare significato agli oggetti<br />

<strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza, che sono fenomeni, la cosa in sé non ha un significato, <strong>nella</strong> misura in<br />

76<br />

Moran (2000), p. 65.<br />

77<br />

H. Putnam, Pragmatism, Oxford 1995, p. 28.<br />

78<br />

Cfr. H. Putnam, Realism with a Human Face, Cambridge MA 1990, pp. viii-ix.<br />

79<br />

Putnam, The Many Faces of Realism, La Salle 1987, p. 41.<br />

281


cui é preclusa qualsiasi verità alla conoscenza che facesse un uso trascendentale <strong>dell</strong>e<br />

categorie.<br />

Questo viene giustificato da Kant sulla base <strong>dell</strong>’idealismo trascendentale di<br />

spazio e tempo, ovvero sulla base <strong>dell</strong>e forme a priori <strong><strong>dell</strong>a</strong> sensibilità. Oltre ad aver<br />

mostrato la cruciale importanza di questo elemento <strong><strong>dell</strong>a</strong> filsofia kantiana e di una<br />

concezione controintuitiva <strong>dell</strong>o spazio e del tempo per la <strong>scienza</strong>, é del resto su questo<br />

punto che la posizione di Putnam è contraddittoria. Non è possibile, infatti, rifiutare<br />

l’idealismo trascendentale senza rifiutare in blocco tutta la filosofia kantiana. L’altra<br />

critica rivolta da Putnam a Kant concerne lo schematismo, la <strong>natura</strong> inflessibile <strong>dell</strong>o<br />

schema kantiano. Questo lavoro ha cercato di mostrare proprio il contrario, cioè come<br />

sia possibile una flessibilità degli schemi che altrimenti non permetterebbe alcuna<br />

visione asintotica <strong>dell</strong>’esperienza e accrescimento del sistema dal suo interno.<br />

Ma è sulla dottrina <strong>dell</strong>e antinomie e sul ruolo di catartico per la filosofia di esse<br />

che Putnam mostra il reale intento kantiano <strong><strong>dell</strong>a</strong> sua impostazione. Come Kant si<br />

soffermò a partire dalle antinomie sul mondo ad elaborare il sistema critico, così<br />

Putnam ritiene indispensabile lo svelamento <strong><strong>dell</strong>a</strong> <strong>natura</strong> <strong>dell</strong>e antinomie del realismo,<br />

come false antinomie, come sofismi vuoti che celano posizioni metafisiche ben definite.<br />

L’attualità di Kant per la teoria del riferimento viene rintracciato <strong>nella</strong> lettera a<br />

Herz del 21 febbraio 1772 80<br />

in una sua elaborazione del problema di che cosa sia<br />

80 I. Kant, Briefwechsel, KGS X, pp. 129-135. In particolare Putnam si riferisce al passo alle pp. 130-131:<br />

Ich frug mich nemlich selbst: auf welchem Grunde beruhet die Beziehung desienigen, was man in uns<br />

Vorstellung nennt, auf den Gegenstand? Enthält die Vorstellung nur die Art, wie das subiect von dem<br />

Gegenstande afficirt wird, so ists leicht einzusehen, wie er diesem als eine Wirkung seiner Ursache gemäß<br />

sey und wie diese Bestimmung unsres Gemüths etwas vorstellen d. i. einen Gegenstand haben könne. Die<br />

passive oder sinnliche Vorstellungen haben also eine begreifliche Beziehung auf Gegenstände, und die<br />

Grundsätze, welche aus der Natur unsrer Seele entlehnt werden, haben eine begreifliche Gültigkeit vor<br />

alle Dinge in so fern sie Gegenstände der Sinne seyn sollen. Eben so: wenn das, was in uns Vorstellung<br />

heißt, in Ansehung des obiects activ wäre, d. i. wenn dadurch selbst der Gegenstand hervorgebracht<br />

würde, wie man sich die Göttliche Erkentnisse als die Urbilder der Sachen vorstellet, so würde auch die<br />

Conformitaet derselben mit den obiecten verstanden werden können. Es ist also die Möglichkeit so wohl<br />

des intellectus archetypi, auf dessen Anschauung die Sachen selbst sich gründen, als des intellectus<br />

ectypi, der die data seiner logischen Behandlung aus der sinnlichen Anschauung der Sachen schöpft, zum<br />

wenigsten verständlich. Allein unser Verstand ist durch seine Vorstellungen weder die Ursache des<br />

Gegenstandes, (außer in der Moral von den guten Zwecken) noch der Gegenstand die Ursache der<br />

Verstandesvorstellungen ( in sensu reali ). Die reine Verstandesbegriffe müssen also nicht von den<br />

Empfindungen der Sinne abstrahirt seyn, noch die Empfänglichkeit der Vorstellungen durch Sinne<br />

ausdrücken, sondern in der Natur der Seele zwar ihre Qvellen haben, aber doch weder in so ferne sie vom<br />

Obiect gewirkt werden, noch das obiect selbst hervorbringen. Ich hatte mich in der dissertation damit<br />

begnügt die Natur der intellectual Vorstellungen blos negativ auszudrüken: daß sie nemlich nicht<br />

modificationen der Seele durch den Gegenstand wären. Wie aber denn sonst eine Vorstellung die sich auf<br />

einen Gegenstand bezieht ohne von ihm auf einige Weise afficirt zu seyn möglich überging ich mit<br />

Stillschweigen. Ich hatte gesagt: die sinnliche Vorstellungen stellen die Dinge vor, wie sie erscheinen, die<br />

intellectuale wie sie sind. Wodurch aber werden uns denn diese Dinge gegeben, wenn sie es nicht durch<br />

die Art werden, womit sie uns afficiren und wenn solche intellectuale Vorstellungen auf unsrer innern<br />

Thätigkeit beruhen, woher komt die Übereinstimmung die sie mit Gegenständen haben sollen, die doch<br />

282


appresentazione. La critica kantiana ad una spiegazione causale <strong><strong>dell</strong>a</strong> rappresentazione<br />

e <strong><strong>dell</strong>a</strong> corrispondenza viene accolta da Putnam come critica al rappresentazionalismo 81<br />

e al realismo metafisico. 82<br />

La teoria kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> rappresentazione fornisce la base per<br />

la posizione di Putnam circa una pluralità dei modi di riferimento. In Reason, Truth and<br />

History del 1981 il realismo metafisico viene presentato secondo tre elementi, a cui può<br />

esserne aggiunto un quarto:<br />

1. The Independence Thesis: there exists a fixed totality of mind-independent<br />

objects independent of us.<br />

2. The Correspondence Thesis: there exists a relation of correspondence between<br />

this world and our beliefs.<br />

3. The Uniqueness Thesis: there is exactly one true and complete description of<br />

the way the world is, a description to be yielded by empirical science.<br />

4. The Bivalence Thesis: the thesis that every sentence is determinately either<br />

true or false, or determinately true or not.<br />

Per restringere il campo <strong><strong>dell</strong>a</strong> discussione su Kant, è opportuno osservare che,<br />

secondo Putnam, questa tesi è presente <strong>nella</strong> filosofia di epoca kantiana <strong>nella</strong> forma di<br />

una concezione per cui gli oggetti hanno determinate proprietà, indipendenti dalla nostra<br />

conoscenza di essi.<br />

Ma la tesi del realismo metafisico che deve attrarre l’attenzione è quella<br />

<strong>dell</strong>’unicità, secondo cui il mondo consiste di un set definito di individui (ad esempio<br />

dadurch nicht etwa hervorgebracht werden und die axiomata der reinen Vernunft über diese Gegenstände,<br />

woher stimmen sie mit diesen überein, ohne da diese Übereinstimmung von der Erfahrung hat dürfen<br />

Hülfe entlehnen. In der Mathematic geht dieses an; weil die obiecte vor uns nur dadurch Größen sind und<br />

als Größen können vorgestellet werden, da wir ihre Vorstellung erzeugen können, indem wir Eines<br />

etlichemal nehmen. Daher die Begriffe der Größen selbstthätig seyn und ihre Grundsätze a priori können<br />

ausgemacht werden. Allein im Verhältnisse der qvalitaeten, wie mein Verstand gäntzlich a priori sich<br />

selbst Begriffe von Dingen bilden soll, mit denen nothwendig die Sachen einstimmen sollen, wie er reale<br />

Grundsätze über ihre Möglichkeit entwerfen soll, mit denen die Erfahrung getreu einstimmen muß und<br />

die doch von ihr unabhängig sind diese Frage hinterläßt immer eine Dunckelheit in Ansehung unsres<br />

Verstandesvermögens woher ihm diese Einstimmung mit den Dingen selbst komme”.<br />

81 Nell’alveo di questa posizione si pensi ad un’interpretazione <strong><strong>dell</strong>a</strong> Deduzione trascendentale come<br />

quella che propone A. B. Dickerson, Kant on Representation and Objectivity, Cambridge 2004, il quale<br />

affronta la teoria kantiana <strong><strong>dell</strong>a</strong> rappresentazione sostenendo che il termine Vorstellung offra lo spunto per<br />

una ricognizione <strong><strong>dell</strong>a</strong> concezione kantiana di oggettività. L’importanza <strong><strong>dell</strong>a</strong> connessione <strong>dell</strong>e<br />

rappresentazioni attraverso l’attività sintetica conduce l’autore a proporre una lettura per cui Kant aveva<br />

una concezione di rappresentazione mo<strong><strong>dell</strong>a</strong>ta sulla nozione di rappresentazione pittorico-figurativa non<br />

riducibile a quella di puri stati mentali. La rappresentazione sarebbe, cioè, un atto immediato <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

co<strong>scienza</strong> e la sintesi non sarebbe altro che un atto di comprensione <strong><strong>dell</strong>a</strong> rappresentazione in quanto<br />

rappresentazione.<br />

82 H. Putnam, Sense, Nonsense, and the Senses: An Inquiry into the Powers of the Human Mind, in The<br />

Dewey Lectures, Journal of Philosophy, XCI, 1994a, pp. 445-517; in particolare, p. 514.<br />

283


punti spazio-temporali) a di un set definito di tutte le proprietà e <strong>dell</strong>e relazioni di ogni<br />

tipo intrattenute tra gli individui.<br />

Il fine di questa tesi consiste nel dimostrare che sia possibile una descrizione<br />

completa e unica di un unico mondo. C’è un esempio, però, che nega la tesi del realismo<br />

metafisico e che contraddice il realismo scientifico dal suo interno: la fisica quantistica.<br />

Quest’ultima sembra sfuggire ad interpretazione realista. Se si rimane<br />

nell’ambito del dibattito tra il realismo e l’antirealismo e si attribuiscono tali posizioni<br />

nell’ambito <strong><strong>dell</strong>a</strong> fisica, alla teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> relatività e alla teoria quantistica, ciò rende<br />

inevitabile l’impossibilità di una visione unitaria del mondo attraverso un’unica teoria<br />

che le ricomprenda. Senza entrare nel merito <strong><strong>dell</strong>a</strong> correttezza <strong><strong>dell</strong>a</strong> visione di Putnam<br />

sulla fisica quantistica, si nota come il ricorso a questo argomento mostra che gli<br />

scienziati possono anche non assumere una posizione realista e che la <strong>scienza</strong> può<br />

ammettere una pluralità di teorie, ciascuna consistente nel suo proprio dominio. 83<br />

Questo argomento è strettamente legato alla causalità, che come parte <strong><strong>dell</strong>a</strong> spiegazione<br />

(explanation) è, agli occhi di Putnam, relativa e non riducibile a nozioni fisiche<br />

primitive. 84<br />

Secondo Putnam, la causalità è relativa all’interesse posto in una spiegazione<br />

piuttosto che in una proprietà unica e fissata del mondo, la causalità è una nozione<br />

normativa e le regole che governano la sua applicazione mostra che non c’è una singola<br />

teoria su di essa. Putnam si scaglia, quindi, contro i sostenitori del mito del dato, che<br />

insistono sulla premessa di proprietà di oggetti indipendenti dalla mente. Al contrario<br />

Putnam sostiene che Kant fosse contrario a questa posizione (come mostra la sua idea<br />

per cui l’esperienza non è data, ma si fa) e sostenesse proprietà relazionali degli oggetti,<br />

dipendenti da una teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza, come ad esempio accade per una qualità<br />

secondaria come il colore rosso.<br />

Questo aspetto deriverebbe per Putnam dalla particolare ricezione kantiana di<br />

Berkeley e rappresenterebbe il cuore del concetto di relatività che egli attribuisce a<br />

Kant. 85<br />

Per Kant non ci sarebbe modo di dar conto <strong><strong>dell</strong>a</strong> conoscenza del mondo che non<br />

sia anche un dar conto di come il mondo si relazioni ad un soggetto conoscente con un<br />

certo apparato cognitivo e dunque non potrebbe esserci in alcun modo una teoria totale<br />

del mondo come indipendente completamente da noi.<br />

83<br />

H. Putnam (1995), p. 14.<br />

84<br />

H. Putnam, Words and Life, Cambridge MA 1994, p. 493.<br />

85<br />

Cfr. H. Putnam, Reason, Truth and History, Cambridge 1981, pp. 60-61.<br />

284


Questo distanziamento dalle tesi del realismo metafisico si riscontrano proprio<br />

<strong>nella</strong> capacità <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia trascendentale di tracciare una linea di confine, grazie al<br />

concetto di noumeno, che relativizza la posizione epistemologica di Kant. La<br />

distinzione tra intuizione sensibile ed intuizione intellettuale è un esempio di questa<br />

operazione e del rigetto di una tesi <strong>dell</strong>’unicità. Secondo Putnam, cioè, Kant<br />

riconoscerebbe come possibile una forma differente di razionalità o comunque avrebbe<br />

messo in questione per primo le tesi sulla unicità del mondo, sebbene il postulato di un<br />

intelletto diverso da quello umano non assuma alcun contenuto determinato.<br />

Secondo i critici di Putnam, come D. Moran, in realtà il problema<br />

<strong>dell</strong>’oggettività, in questo modo, viene solamente ricollocato, ma non risolto; 86<br />

e questo<br />

vale nel caso <strong><strong>dell</strong>a</strong> filosofia trascendentale per cui l’oggettività sarebbe una questione di<br />

incontro tra mente e realtà, per produrre la mente e la realtà stesse su una forte base<br />

olistica di interscambio tra soggetto e oggetto.<br />

Una critica da questo punto di vista è stata rivolta a Putnam da M. Wilson che<br />

interpreta il realismo empirico di Kant come una forma particolare di realismo<br />

scientifico. Secondo Wilson Kant aveva una concezione in linea con il realismo<br />

scientifico <strong>dell</strong>’epoca e avrebbe ripreso questo aspetto da una teoria causale secondo cui<br />

le sensazioni sarebbe causate da oggetti empirici che avrebbero qualità primarie che<br />

causano qualità secondarie non reali come colori e sapori, riprendendo un passo<br />

87<br />

<strong>dell</strong>’Estetica trascendentale. Inoltre Wilson si rifà al passaggio presente nel quarto<br />

paralogismo, che sembra mettere alla prova la tesi di Putnam. Come anche nelle<br />

Anticipazioni <strong><strong>dell</strong>a</strong> percezione, Kant si richiama ad una visione per cui la percezione ci<br />

fornisce qualcosa di reale nello spazio (Etwas wirkliches im Raume) per designare quel<br />

sostrato esistente che causa le nostre sensazioni. Per questo Wilson conclude contro<br />

Putnam che “like Descartes, and unlike Berkeley, Kant construes the world of science<br />

and not the world of sensations, as empirically real”. 88<br />

Ma a questa asserzione di Wilson si può obiettare che entrambe sono<br />

empiricamente reali e che l’aspetto su cui si gioca il loro differente statuto risiede<br />

nell’oggettività, di cui le sensazioni sono prive, in quanto elementi soggettivi<br />

<strong>dell</strong>’esperienza e costitutivi <strong><strong>dell</strong>a</strong> soggettività, come emerge dalle pagine <strong>dell</strong>’Estetica<br />

trascendentale e con ancor più forza dalla Kritik der Urtheilskraft.<br />

86<br />

D. Moran, Hilary Putnam and Immanuel Kant: two ‘internal realists’?, in Synthese, 123, 2000.<br />

87<br />

KrV, A28-29/B44-45.<br />

88<br />

M. Wilson, The “Phenomenalism” of Berkeley and Kant, in Self and Nature in Kant’s Philosophy, a<br />

cura di Allen Wood, Ithaca 1984, pp. 157-173; in particolare, p. 169.<br />

285


Tuttavia, la teoria <strong><strong>dell</strong>a</strong> dipendenza dalla mente legata all’oggettività, non è,<br />

secondo Putnam, sinonimo di soggettività, bensì l’oggettività è dipendente dalla mente<br />

<strong>nella</strong> misura in cui siamo capaci di conoscere o ritrovare oggetti in ciascuna pratica<br />

particolare, sebbene l’oggettività possa essere indipendente dalla mente, nel senso che<br />

un oggetto non necessita <strong><strong>dell</strong>a</strong> nostra presenza per sapere in che senso è dipendente<br />

dalla nostra mente. 89<br />

L’interpretazione di Putnam si risolve, così, in un’istanza pragmatista. Un<br />

pragmatismo che vede la filosofia kantiana come capacità di tenere più punti di vista<br />

sulla realtà e che vorrebbe aprire numerosi ambiti di interscambio tra filosofia e altre<br />

discipline. Sebbene l’interpretazione di Putnam sia criticabile sotto molti punti di vista,<br />

90<br />

aiuta a comprendere alcuni aspetti <strong><strong>dell</strong>a</strong> posizione kantiana. Quest’ultima, però,<br />

mostra una complessità e una ricchezza di argomenti da cui la riflessione<br />

contemporanea non può che trarne benefici e stimoli per il futuro.<br />

89<br />

H. Putnam, Representation and Reality, Cambridge MA 1988, p. 109. Cfr. G. Bird, Kant’s Theory of<br />

Knowledge, London 1962, p. 81.<br />

90<br />

Allais (2003).<br />

286


ALLEGATO 1<br />

Omotopia alla circonferenza <strong>nella</strong> striscia di Möbius<br />

287


ALLEGATO 2<br />

Processo di costruzione <strong><strong>dell</strong>a</strong> striscia di Möbius, ricavata dallo spostamento <strong><strong>dell</strong>a</strong><br />

linea blu mentre avviene la rotazione del cerchio verde attorno all’asse z.<br />

288


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• CD-ROM<br />

- Kants naturtheoretische Begriffe (1747 - 1780). Eine Datenbank zu ihren expliziten<br />

und impliziten Vernetzungen, a cura di F. Wunderlich e W. Lefèvre, Berlin 2000.<br />

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