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MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE Scienza ed etica<br />

7<br />

S6<br />

INTERPRETAZIONI<br />

Verso un’etica della responsabilità<br />

M1<br />

on line<br />

Giovanni Berlinguer, Si può porre un limite alla scienza?<br />

La prospettiva di applicazioni spregiudicate delle biotecnologie<br />

(dagli organismi geneticamente modificati alla clonazione<br />

animale), dettate da interessi commerciali, ha turbato<br />

profondamente l’opinione pubblica, caricando la scienza di<br />

connotati fortemente negativi. Il problema di porre controlli<br />

e limiti alla scienza è complesso e delicato poiché storicamente<br />

è stato appannaggio dei regimi dittatoriali. Ecco come<br />

Giovanni Berlinguer, docente di Igiene del lavoro all’Università<br />

di Roma, cerca di conciliare la “libertà” della ricerca<br />

con il controllo sulle tecniche applicative.<br />

Mi pare che l’idea di limitare la scienza possa invece essere<br />

confutata soprattutto con tre ragioni di principio: a) l’aspirazione<br />

verso la conoscenza rivolta a un fine pratico, come pure<br />

verso la conoscenza come fine in sé, è connaturata all’evoluzione<br />

e alle caratteristiche intrinseche della specie umana;<br />

l’ostacolarla significherebbe perciò l’avvio di una regressione<br />

storico-antropologica; b) l’esperienza storica mostra che, quando<br />

vi sono state restrizioni alla libertà della scienza, esse sono<br />

state sempre introdotte da poteri assoluti, in base a dogmi religiosi<br />

o politici, e hanno sortito effetti disastrosi sul piano morale,<br />

culturale e pratico; c) la conoscenza scientifica (come<br />

l’arte, come la filosofia, come la letteratura, ecc.) non può progredire<br />

senza creatività, e questa presuppone la massima libertà.<br />

Si può dire, in sostanza, che l’etica fondamentale della scienza<br />

è la sua libertà. […]<br />

Si può adottare quindi per la scienza, e solo per essa, lo slogan<br />

giovanile del 1968 «è vietato vietare»? Non è comunque ammissibile<br />

alcuna limitazione? La risposta più efficace, in questo<br />

caso, è data dalla storia degli ultimi cinquant’anni. In questo<br />

periodo cruciale sono state infatti introdotte, spesso per<br />

iniziativa o con il concorso della comunità scientifica, restrizioni<br />

o linee-guida, moratorie 1 o divieti, barriere o direttive; quasi<br />

sempre con conseguenze morali e pratiche molto positive. Esse<br />

però sono state rivolte prevalentemente non contro la scien-<br />

1 moratorie: rinvii.<br />

2 queste atrocità: la sperimentazione sugli es-<br />

20<br />

za, ma verso le tecniche, anche se ciò ha influito indirettamente<br />

sulle scienze, più precisamente in due direzioni: verso le<br />

tecniche della sperimentazione e verso le tecniche applicative<br />

delle nuove conoscenze acquisite. […]<br />

La storia dei limiti posti alle tecniche della sperimentazione<br />

comincia proprio dalla Germania. Da Norimberga, dove il 5 novembre<br />

1946 si aprì il processo contro i medici tedeschi accusati<br />

di queste atrocità; 2 e dove, subito dopo, furono approvate<br />

le prime norme limitative della ricerca: il Codice di Norimberga,<br />

appunto. Esso introdusse limiti e criteri per la sperimentazione,<br />

quali il consenso volontario, la minimizzazione delle<br />

sofferenze e dei rischi, l’accertamento di «risultati vantaggiosi<br />

per la società»; essi furono poi precisati nelle successive<br />

dichiarazioni di Helsinki e di Tokyo e nei documenti delle Nazioni<br />

Unite. […]<br />

Molto più indefinito, invece, è l’altro campo, cioè la risposta<br />

alle domande: come usare al meglio le conoscenze scientifiche?<br />

come scegliere fra le varie tecnologie applicative rese<br />

possibili dal progresso delle scienze di base? con quali regole<br />

e verso quali opzioni? Si parla, in questo caso, di regole e<br />

opzioni poste in atto, più o meno consapevolmente, dopo<br />

che sono rese possibili dal progresso delle scienze di base.<br />

Anche in questo campo non si parte da zero. Ad alcune di<br />

queste domande si è cercato di rispondere nei casi in cui alternative<br />

rilevanti si sono poste, in particolare nell’ultimo mezzo<br />

secolo, per applicazioni diverse, e a volte opposte, che<br />

partivano dalle medesime conoscenze di base. Nella fisica<br />

atomica, per esempio, tra la scelta di costruire armi, oppure<br />

di fornire energia e di usare i radioisotopi 3 per fini industriali<br />

o diagnostici.<br />

Nella biologia tra la possibilità di riprodurre virus e batteri (e ora<br />

anche di produrne di nuovi) per creare sieri e vaccini, e quella<br />

di usare le medesime conoscenze per la guerra biologica.<br />

seri umani. I medici nazisti usavano come cavie<br />

i prigionieri ebrei.<br />

da Giovanni Berlinguer, Le bioetiche: regole e culture, in Berlinguer - Callari Galli -<br />

Lecaldano - Oliverio - Rodotà - Viano, Lezioni di bioetica, Ediesse, Roma 1997.<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />

3 radioisotopi: atomi radioattivi, che emettono<br />

radiazioni.

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