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MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE<br />

Scienza ed eticaM1<br />

1<br />

Due processi:<br />

Galileo e Oppenheimer<br />

el 1633 Galileo fu trascinato in giudizio dal Tribunale<br />

dell’Inquisizione perché sospetto di ere-<br />

N sia, reo cioè di sostenere verità scientifiche contrarie<br />

alla Sacra Scrittura. Tale accusa, se confermata, avrebbe<br />

comportato la condanna al rogo. Galileo, all’età di settant’anni,<br />

fu costretto a umiliarsi davanti alla Congregazione<br />

del Santo Uffizio, abiurando e abbandonando gli<br />

studi astronomici.<br />

Robert Oppenheimer è lo scienziato di origine tedesca che,<br />

chiamato nel 1942 dal generale Groves, per ordine del governo<br />

americano, a fare parte dell’équipe che doveva costruire<br />

la bomba atomica, accettò di collaborare all’iniziativa,<br />

il progetto Manhattan. Negli anni Cinquanta, quando<br />

ormai anche la Russia disponeva di armi nucleari, di fronte<br />

al pericolo di una guerra atomica, rifiutò di partecipare<br />

alla messa a punto di un ordigno ancora più potente, la bomba<br />

H. Fu perciò accusato di tradimento e di rapporti poco<br />

chiari con l’Unione Sovietica. Processato nel 1954 ed estromesso<br />

dalle funzioni di consigliere governativo, Oppenheimer<br />

si dedicò a un’intensa attività di propaganda pacifista.<br />

I capi di accusa dei due processi mettono in luce il contesto<br />

diverso in cui si poneva ai tempi di Galileo e si pone oggi il<br />

problema della responsabilità della scienza. In entrambi i casi<br />

i due scienziati si scontrano con il potere, della Chiesa o<br />

dello Stato. Ma Galileo è uno scienziato “disinteressato”: vive<br />

facendo l’insegnante; è libero di scegliere l’oggetto delle sue<br />

ricerche. Il conflitto verte sul sapere, sulla verità della natura.<br />

La responsabilità che spetta a Galileo è quella di difendere<br />

l’autonomia della ragione e la libertà della ricerca dal divieto<br />

teologico e dal monopolio religioso. Dopo tre secoli la condizione<br />

sociale dello scienziato è totalmente cambiata: Oppenheimer<br />

è chiamato e pagato da un’istituzione militare per<br />

realizzare un obiettivo già deciso, per trasformare una scoperta<br />

scientifica in una tecnologia distruttiva. È insomma un<br />

esperto al servizio del Pentagono. L’autonomia della scienza<br />

in questo caso non esiste più. Oppenheimer fa una scelta etico-politica,<br />

sia quando decide di collaborare, sia quando decide<br />

di obiettare. La “neutralità” della scienza, dopo l’esplosione<br />

atomica, non poteva ancora persistere senza trasformarsi<br />

in falsa coscienza. Oppenheimer diventa il simbolo delle<br />

contraddizioni dello scienziato contemporaneo, diviso tra<br />

l’idea del progresso della ricerca e la coscienza dei risvolti tragici<br />

cui può andare incontro il suo uso.<br />

Come cambia dal Seicento a oggi la figura dello scienziato<br />

e il suo rapporto con il mondo è quanto vedremo nel<br />

nostro percorso.<br />

1<br />

2<br />

La battaglia di Galileo<br />

per la libertà della scienza<br />

L’autonomia della ragione dalla fede<br />

evo antico è finito, siamo nella nuova era» –<br />

esclama Galileo in una delle prime scene del<br />

«L’ dramma di Bertolt Brecht dedicato alla vita dello<br />

scienziato. Questa intuizione della svolta che la nuova<br />

scienza avrebbe segnato nella storia dell’umanità trova<br />

conferma in numerose testimonianze del Galileo storico,<br />

dalle Lettere copernicane (cfr. Parte Settima, cap. II,<br />

T1, p. 38) al Saggiatore (cfr. Parte Settima, cap. II, T2, p. 42),<br />

al Dialogo sopra i due massimi sistemi (cfr. Parte Settima,<br />

cap. II, T3, p. 46, T4, p. 50). Il «palazzo aristotelico», dopo<br />

quindici secoli, comincia a crollare sotto l’assalto del metodo<br />

sperimentale. Occorreva infatti distruggere il vecchio<br />

paradigma culturale e sostituirlo con uno nuovo<br />

Frontespizio dell’edizione originale del Sidereus nuncius di Galileo. Venezia,<br />

Tommaso Baglioni, 1610.<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />

on line


MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE Scienza ed etica<br />

2<br />

La battaglia di Galileo per la libertà della scienza<br />

per far sorgere la scienza moderna. Ciò significava: a) mettere<br />

in dubbio la credibilità del senso comune, b) sostituire<br />

l’“esperimento” al principio di autorità. Galileo perciò<br />

rivendica in primo luogo l’autonomia del metodo di<br />

ricerca da ogni vincolo religioso. La Chiesa non può impedire<br />

all’uomo di puntare il cannocchiale verso il cielo.<br />

E l’universo deve essere studiato attraverso gli strumenti<br />

di cui l’uomo dispone, i sensi e la ragione, afferma Galileo<br />

in una splendida metafora: «nei luoghi aperti e piani<br />

[nel campo della natura] i ciechi solamente hanno bisogno<br />

di guida; e chi è tale è ben che si resti in casa, ma chi<br />

ha gli occhi nella fronte e nella mente, di quelli si ha da<br />

servire per iscorta» (cfr. Parte Settima, cap. II, T4, p. 50).<br />

L’autonomia del metodo non può essere tuttavia disgiunta<br />

dall’autonomia dei risultati conseguiti. Non sta agli scienziati<br />

uniformare le loro scoperte a quello che dice la Bibbia,<br />

ma ai teologi dimostrare che la Bibbia non è in contrasto<br />

con la verità della natura.<br />

Frontespizio del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo di Galileo<br />

Galilei, 1632.<br />

M1<br />

on line<br />

2<br />

L’elogio della ragione (cfr. Parte Settima, cap. II, S4, p. 36)<br />

si fonda dunque in Galileo sulla fede nel potere dell’uomo<br />

di scoprire la verità della natura con le proprie forze.<br />

L’intelletto umano, per quanto riguarda le verità «di cui<br />

danno cognizione le dimostrazioni matematiche», eguaglia<br />

addirittura «l’intelligenza divina». La scienza infatti<br />

oggettivando la razionalità immanente nella natura e nell’uomo,<br />

attinge a un sapere di validità universale. Inoltre,<br />

se la lingua in cui si interroga la natura è quella della matematica<br />

e della geometria, ciò elimina automaticamente<br />

dalla scienza qualsiasi indagine basata sui valori. La nuova<br />

scienza non attribuisce più ai fenomeni fisici un significato<br />

morale, non si chiede più perché appare nel cielo<br />

una cometa, ma di quale sostanza è fatta, quali leggi regolano<br />

il suo movimento (cfr. Parte Settima, cap. II, § 5,<br />

Il Saggiatore). La conoscenza scientifica, così concepita,<br />

non è tuttavia neutrale rispetto alla società. Distruggendo<br />

pregiudizi secolari, sostituendo il “dubbio” al principio<br />

d’autorità, cambia l’intero rapporto dell’uomo con il<br />

mondo (cfr. Parte Settima, cap. II, S1, p. 32).<br />

Rifare i cervelli degli uomini<br />

empre nel Dialogo, Galileo mostra di percepire<br />

la rivoluzione culturale implicita nella nuova<br />

S scienza. Non si tratta solo di dimostrare ai dotti<br />

la verità della teoria copernicana, quanto di «rifar i cervelli<br />

degli uomini», di indurre cioè la gente a pensare in<br />

modo diverso, in modo critico, «atto a distinguere il vero<br />

dal falso», commenta Salviati, conscio della difficoltà<br />

della sfida. Tolta la Terra dal centro dell’Universo, nulla<br />

poteva restare immutabile, né l’idea di umanità, né le istituzioni<br />

sociali, civili e culturali costruite nei millenni precedenti.<br />

Il potere eversivo, insito nel nuovo modo di pensare,<br />

è esplicitato da Brecht, in una scena della Vita di Galileo,<br />

in cui Fulgenzio, frate e astronomo seguace di Galileo,<br />

spaventato dalle conseguenze delle nuove teorie, decide<br />

di abbandonare la scienza.<br />

Anche Galileo fu costretto dal Tribunale dell’Inquisizione<br />

ad abbandonare gli studi astronomici. Rivendicare<br />

l’autonomia della scienza dalla religione significava<br />

scontrarsi con la Chiesa consapevole che la scienza,<br />

una volta separata dalla fede, avrebbe finito per invadere<br />

anche l’etica e la religione, come avverrà nel corso<br />

del Seicento e del Settecento. Perciò la Chiesa fu inflessibile<br />

nella condanna. Il processo a Galileo segnò il<br />

ripiegamento specialistico della scuola galileiana, che<br />

si concentrò sulla meccanica, meno pericolosa del-<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]


MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE Scienza ed etica<br />

2<br />

La battaglia di Galileo per la libertà della scienza<br />

l’astronomia, aprendo la strada alle sue applicazioni<br />

pratiche. L’abiura di Galileo (cfr. Parte Settima, cap. II,<br />

S5, p. 45) assume perciò per Brecht un valore emblematico<br />

ai fini del futuro sviluppo della ricerca. Egli vi vede il<br />

S1<br />

Contro il terrore delle comete<br />

M1<br />

on line<br />

Nel 1680 apparve nei cieli d’Europa una cometa. La gente comune<br />

e molti teologi interpretarono l’avvenimento come un segno<br />

della collera divina. Pierre Bayle, scienziato e filosofo francese,<br />

non solo dette una spiegazione scientifica del fenomeno,<br />

ma criticò l’opinione che Dio ricorresse a tali mezzi per annunciare<br />

i propri castighi. Una simile credenza – sostiene Bayle<br />

– era frutto di superstizione e rappresentava una negazione<br />

L’apparizione di una cometa nel 1680: incisione contemporanea. Parigi, Bibliothèque Nationale.<br />

3<br />

peccato d’origine della scienza moderna che, in nome della<br />

“neutralità”, cioè dell’indifferenza verso il potere, potè<br />

svilupparsi indisturbata senza interessarsi all’uso delle<br />

proprie scoperte (cfr. Parte Settima, cap. II, S6, p. 56).<br />

della vera religione. Nei secoli XVII e XVIII lo scienziato è spesso<br />

anche filosofo e uomo di cultura, capace di interrogarsi sul<br />

senso e sulla ricaduta sociale delle proprie scoperte. Bayle,<br />

come Galileo, non si chiude nel segreto impenetrabile del proprio<br />

laboratorio, come farà poi Frankenstein, ma conduce una<br />

battaglia culturale confrontandosi coraggiosamente con il mondo<br />

che lo circonda.<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]


MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE Scienza ed etica<br />

3<br />

Sapere<br />

è potere<br />

La scienza attiva e operativa di Bacone<br />

re invenzioni, l’arte della stampa, la polvere da<br />

sparo, la bussola, avvenute in modo casuale –<br />

T osserva Bacone – «mutarono l’assetto del mondo<br />

tutto, la prima nelle lettere, la seconda nell’arte militare,<br />

la terza nella navigazione; onde infiniti mutamenti sorsero,<br />

tanto che nessun impero, né setta, né stella sembra<br />

aver esercitato sull’umanità maggior influsso ed efficacia<br />

di queste tre invenzioni meccaniche».<br />

L’Inghilterra del Seicento in cui Bacone visse era un paese<br />

che, con i nuovi cannoni e i velieri, si apprestava alla<br />

conquista del mondo. Perciò, più di Galileo, egli intuì la<br />

straordinaria importanza che avrebbe avuto la scienza<br />

nella trasformazione della società. Per Bacone il fine della<br />

scienza è conoscere la natura per modificarla. E l’alleanza<br />

sistematica tra scienza e tecnica avrebbe dischiuso<br />

all’uomo il dominio sulla natura. Questa è l’utopia della<br />

Nuova Atlantide: una società ideale non più guidata dai<br />

M1<br />

on line<br />

4<br />

filosofi o dai sacerdoti, ma dagli scienziati, in cui la tecnologia<br />

è in grado di risolvere tutti i problemi dell’umanità.<br />

Anche se gestita e protetta dagli esperti che, significativamente,<br />

decidono quali scoperte rendere note, la<br />

scienza baconiana è per definizione eticamente indifferente.<br />

Il fine della Casa di Salomone, laboratorio ideale<br />

di scienziati e di tecnici (cfr. S2, p. 5), è «allargare i confini<br />

del potere umano verso la realizzazione di ogni possibile<br />

obiettivo», gli strumenti bellici più sofisticati potranno<br />

essere alcuni degli obiettivi possibili. Bacone rivendica<br />

esplicitamente l’autonomia della scienza nella società<br />

e la libertà illimitata della ricerca. Che la scienza possa<br />

farsi strumento di «malvagità e di lussuria» è un problema<br />

che non la riguarda. Spetta «alla sana religione»<br />

assicurarne il «buon uso». Su queste basi nasceva nel 1663<br />

la Royal Society, che si proponeva di «migliorare la conoscenza<br />

delle cose naturali e di tutte [...] le attività meccaniche,<br />

macchine e invenzioni utili mediante esperimenti<br />

(senza interferire con la teologia, la metafisica, la morale,<br />

la politica, la grammatica, la retorica<br />

o la logica)». Centri di ricerca simili,<br />

al di fuori delle università, finanziati<br />

dal mecenatismo delle corti<br />

o dei sovrani sorsero anche in Italia,<br />

in Francia, in Germania.<br />

Nel Seicento tuttavia la prospettiva di<br />

un’intima fusione tra teoria e pratica<br />

è ancora oggetto di fervida immaginazione.<br />

Fino alla seconda metà dell’Ottocento<br />

l’autonomia della scienza<br />

dalle altre istituzioni corrispose a<br />

una situazione storica effettiva, generando<br />

luminose utopie.<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />

Peter Paul Rubens, I quattro filosofi (1611-1612).<br />

Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina.


MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE Scienza ed etica<br />

3<br />

S2<br />

Sapere è potere<br />

Il laboratorio dell’alchimista<br />

M1<br />

on line<br />

Magia naturale e scienza coesistono per tutto il Seicento e oltre,<br />

tanto è vero che scienziati come Keplero e Newton nutrirono<br />

interesse per le arti occulte. Giovanni Battista Della Porta nel<br />

suo trattato sulla magia naturale (1558) aveva infatti distinto<br />

tra magia nera e magia della natura, definendo il mago un uomo<br />

dottissimo in tutti i campi, ricercatore indefesso, che non si<br />

Giovanni Stradano,<br />

Il laboratorio dell’alchimista, 1570.<br />

Firenze, Palazzo Vecchio.<br />

5<br />

stanca di indagare i segreti della natura per utilizzarne le forze<br />

a favore dell’uomo. Ciò che impedì all’alchimista di diventare un<br />

chimico non fu solo la mancanza di strumenti di misura (il termometro<br />

e la bilancia che, pur nota, era usata per altri scopi),<br />

mancava ancora una visione del mondo che ne implicasse<br />

l’uso nell’indagine della natura.<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />

Il dipinto faceva parte del ciclo<br />

pittorico che adornava le<br />

pareti dello studiolo fatto allestire<br />

in Palazzo Vecchio da<br />

Francesco I de’ Medici e svela<br />

le pratiche magiche a cui<br />

il principe stesso era dedito.<br />

La scena che vi è rappresentata<br />

sembra anticipare il<br />

laboratorio della Casa di Salomone.<br />

Non è un antro misterioso,<br />

né ha niente di<br />

stregonesco: anche i fumi<br />

rossastri che esalano dai<br />

fuochi accesi sono sotto il<br />

vigile controllo di un saggio.<br />

È piuttosto un laboratorio intellettuale.<br />

Lo suggerisce lo<br />

spazio, solennemente scandito<br />

dai pilastri e dagli scorci<br />

delle volte, che rigurgita di<br />

un’attività intensa e ordinata.<br />

Due gruppi di persone lavorano<br />

in équipe intorno ad<br />

alambicchi, ampolle, provette,<br />

fornelli sotto la guida di<br />

un maestro. A sinistra, in disparte,<br />

una persona è assorta<br />

nello studio. Un fervido<br />

dialogo tra creatività della<br />

natura e arte umana ispira<br />

questo identikit del mago<br />

rinascimentale, precursore<br />

degli scienziati della Nuova<br />

Atlantide di Bacone.


MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE Scienza ed etica<br />

4<br />

Una scienza cosmopolita<br />

a servizio dell’uomo<br />

Illuminismo attribuisce alla scienza un ruolo di<br />

primo piano nel futuro dell’umanità ma, a dif-<br />

L’ ferenza di Bacone, unisce all’entusiasmo scientifico<br />

un progetto di rifondazione rivoluzionaria della società<br />

(cfr. S3). In questo senso rilancia l’idea galileiana di<br />

«rifare i cervelli degli uomini», estendendo le armi del dubbio<br />

e della critica al campo della morale, della religione e<br />

della politica. Le scoperte astronomiche, geologiche e geografiche<br />

tolgono autorità ai testi sacri e sostengono la lotta<br />

contro il dogmatismo e il fanatismo. Nasce, con l’idea<br />

di una religione naturale, la nuova etica della ragione e della<br />

tolleranza. Il rifiuto del principio di autorità, inoltre, applicato<br />

all’assolutismo, sconvolge l’intero assetto politico<br />

dell’ancien régime. E Voltaire non perde occasione per esaltare<br />

il primato e l’universalità della ragione scientifica contro<br />

le divisioni causate dalla metafisica e dalla religione.<br />

La fede illuministica nella scienza trova infine una elaborazione<br />

nuova nel moderno concetto di progresso. L’opera<br />

che meglio riassume questa concezione della scienza come<br />

motore del progresso umano è lo Schizzo di un quadro storico<br />

dello spirito umano scritto dal filosofo Jean-Antoine-Nicolas<br />

Caritat de Condorcet nelle carceri giacobine, prima<br />

S3<br />

La scienza<br />

è progresso<br />

Scienza e utopia<br />

M1<br />

on line<br />

Newton, come Galileo, aveva dimostrato che l’universo, creato da<br />

Dio, è comprensibile alla ragione umana. A questo ordine e a<br />

questa perfezione della natura gli architetti illuministi, tentano di<br />

dare forma espressiva progettando costruzioni ideali. L’architetto,<br />

come lo scienziato, si atteggia a demiurgo che compete con<br />

6<br />

di suicidarsi (1794). Premesso che la capacità dell’uomo di<br />

migliorare la propria vita è indefinita, egli immagina il mondo<br />

che uscirà dalla grande rivoluzione che stava sconvolgendo<br />

la Francia. Un mondo in cui l’istruzione pubblica e<br />

l’uso delle macchine assicureranno la felicità collettiva. Sarà<br />

razionalizzata la produzione; diminuiranno i tempi di<br />

lavoro e lo spreco delle materie prime; scompariranno gli<br />

infortuni sul lavoro. La crescita della popolazione sarà regolata<br />

dal controllo delle nascite. Non ci saranno più guerre.<br />

Uomini e donne avranno una vita più lunga grazie alla<br />

vita sana e ai progressi della medicina, trasmettendo ai figli<br />

un fisico più robusto, una intelligenza più sviluppata e<br />

un più elevato senso morale. In questo quadro lo sviluppo<br />

della scienza è univocamente benefico per l’umanità e la<br />

produzione del sapere tecnico-scientifico un valore positivo<br />

in sé che concorre, automaticamente, all’emancipazione<br />

materiale e spirituale di tutti gli uomini. La scienza<br />

dunque ha una sua intrinseca moralità. Ma la profezia di<br />

Condorcet sarà presto smentita. La borghesia, giunta al potere,<br />

di lì a poco potrà ripudiare lo spirito rivoluzionario,<br />

salvando, e sviluppando, il patrimonio delle nuove scoperte<br />

matematiche e fisiche ai fini del proprio domino sul mondo.<br />

Quando Napoleone fonda a Parigi una delle prime scuole<br />

politecniche, il processo di istituzionalizzazione della<br />

scienza inizierà la sua rapida marcia.<br />

Dio stesso. Se non è più al centro di un universo infinito, l’uomo<br />

si pone al centro di una sfera che lui stesso controlla e domina.<br />

Architetti visionari, più che architetti del futuro, essi prefigurano<br />

una razionalità utopica, come quella che ispira le città fantastiche<br />

degli architetti degli anni Venti del Novecento.<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />

Claude-Nicolas<br />

Ledoux, Maison des<br />

Gardes Agricoles.<br />

L’architettura studiata<br />

in rapporto con l’arte,<br />

1848. Parigi, École<br />

National Supérieure<br />

des Beaux-Arts.


MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE Scienza ed etica<br />

5<br />

M1<br />

on line<br />

«Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me»:<br />

una scienza separata dalla morale<br />

Una scienza indifferente ai valori<br />

l filosofo Immanuel Kant esprime alla fine del<br />

Settecento la coscienza di una separazione che<br />

I solo oggi è diventata lacerante. L’idea di una<br />

scienza separata dalla morale, che ha una positiva ragione<br />

di essere ai tempi di Galileo, trova un fondamento nella<br />

visione meccanicistica della natura, dominante dal Seicento<br />

all’Ottocento (cfr. Parte Settima, cap. II, S4, p. 36).<br />

E proprio nella rappresentazione dell’universo come<br />

un’immensa macchina si giustifica il diritto, rivendicato<br />

da Bacone, di «vessare» la natura senza pietà perché sveli<br />

i suoi segreti. Il modello della macchina con Cartesio<br />

si estende anche al corpo umano: le vene, i muscoli, i nervi<br />

ne costituiscono i singoli ingranaggi di cui occorre studiare<br />

il funzionamento. Impadronitisi del metodo scientifico,<br />

i medici attraverso l’anatomia imparano a conoscere<br />

gli organi corporei, separando la fisiologia dalla metafisica,<br />

il corpo dall’anima, ma anche dall’insieme di relazioni<br />

con l’ambiente e dalla propria interiorità. La scoperta<br />

della circolazione del sangue da parte di William<br />

Harvey rispondeva in pieno al modello meccanicistico<br />

cartesiano, poiché questa potè essere dimostrata solo<br />

“isolando” e delimitando il sistema circolatorio. Cioè era<br />

7<br />

necessario isolare una variabile ben definita, per scoprirne<br />

il funzionamento. Assimilata la fisiologia alla meccanica<br />

riemerge nell’immaginario settecentesco un sogno<br />

millenario destinato a sviluppi inquietanti: dare vita<br />

a un uomo artificiale (cfr. S4, p. 8).<br />

Nella visione meccanicistica infatti l’universo, come il corpo<br />

umano, è concepito come pura materia in movimento.<br />

Non ha altro fine che la conservazione del proprio equilibrio<br />

fisico-chimico, non ha un senso, né rappresenta un<br />

valore. Esiste solo come fatto regolato da necessità causali<br />

che possono essere descritte in formule matematiche.<br />

Da questo deriva un’importante conseguenza: non si può<br />

fare del male a una natura simile, in sé indifferente. Se l’oggetto<br />

di indagine è neutrale rispetto ai valori, ne deriva<br />

una libertà assoluta di ricerca. Unico fine riconosciuto<br />

della ricerca è il sapere, unico compito dello scienziato è<br />

conquistarlo. Il progresso del sapere è dunque di per sé<br />

un valore. Su questi princìpi si costituisce l’etica della<br />

scienza moderna che arriva fino ai nostri giorni. Questa<br />

stessa concezione della natura, che autorizza la pretesa<br />

umana al suo dominio illimitato (cioè a trattare il mondo<br />

come se fosse una macchina da costruire, distruggere<br />

e rifare a volontà, cambiandone i pezzi), avrà nel Novecento<br />

conseguenze negative imprevedibili.<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />

Rembrandt van Rijn,<br />

L’anatomia del dottor Joan<br />

Deyman (frammento), 1956.<br />

Amsterdam, Rijksmuseum.


MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE Scienza ed etica<br />

5<br />

S4<br />

M1<br />

on line<br />

«Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me»: una scienza separata dalla morale<br />

Automi, robot e replicanti<br />

L’idea dell’uomo-macchina, in cui la circolazione del sangue o la<br />

respirazione erano paragonate ai movimenti di un orologio o di<br />

un mulino, rendeva credibile nel Settecento la riproduzione meccanica<br />

della fisiologia umana. Nel XVIII secolo si scatena così una<br />

vera passione per gli automi. L’homunculus, nel Faust di Goethe<br />

ne è, all’inizio dell’Ottocento, la più celebre incarnazione letteraria,<br />

ma in Francia verso la metà del Settecento si erano tentati vari<br />

esperimenti di fabbricazione di un uomo artificiale. Jacques de<br />

Vaucanson, diventa popolare in Europa per aver creato tre automi,<br />

un suonatore di flauto, un tamburino e un’anatra che digeriva<br />

(a Vaucanson accenna Leopardi nell’operetta morale Proposta<br />

dell’accademia dei Sillografi, che è un duro atto d’accusa<br />

contro il «secolo delle macchine»). Si costruiscono anche androidi<br />

che parlano, che scrivono, che camminano, che suonano<br />

e perfino che giocano a scacchi (fig. 1). L’automa settecente-<br />

1 2<br />

3 4<br />

8<br />

sco, da strumento di curiosità, evolve nell’Ottocento in giocattolo<br />

di lusso fino ai giochi meccanici che rallegreranno i bambini<br />

degli anni Cinquanta del Novecento. C’è tuttavia un legame tra<br />

i tentativi fatti in Francia per creare un uomo artificiale e l’invenzione<br />

romantica del “mostro” di Frankenstein (cfr. T1, p. 11).<br />

Questa connotazione inquietante dell’automa si estende all’immaginario<br />

novecentesco. Uomini prefabbricati, indistinguibili dagli<br />

esseri umani, angosciano fino al suicidio Minnie la Candida,<br />

protagonista di un omonimo dramma di Bontempelli (1926); il<br />

terribile automa manovrato dai padroni nel film Metropolis di<br />

Fritz Lang (1926) semina il panico tra gli operai (fig. 2); una ribellione<br />

dei “replicanti” ispira il film di Ridley Scott, Blade Runner<br />

(1982) (fig. 3). I robot sono oggi anche metafora di una vita<br />

quotidiana totalmente automatizzata e spersonalizzata. In<br />

questo caso assumono una sconcertante aria familiare (fig. 4).<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />

1 La mandolinista. Parigi,<br />

Museo delle Arti e dei<br />

Mestieri; XVIII secolo.<br />

2 Metropolis, di Fritz Lang,<br />

1926.<br />

3 Blade Runner, di Ridley<br />

Scott, 1982.<br />

4 Nam June Paik, Mamma<br />

robot e papà robot, 1986.<br />

New York, Guggenheim<br />

Museum.


MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE Scienza ed etica<br />

6<br />

La scoperta dell’ambiguità<br />

della scienza<br />

Il trionfo delle macchine<br />

olo nell’Ottocento, con la rivoluzione industriale,<br />

si compie, la promessa baconiana di<br />

S un’utilità della scienza. Semplice produttrice di<br />

scoperte, la scienza diventa sempre più neutrale e indifferente<br />

alle lotte sociali e politiche che si combattono in<br />

Europa e nel mondo per lo sviluppo della civiltà e dei diritti<br />

dei popoli. Due processi, tra loro collegati, investono<br />

contemporaneamente la scienza, mutandone il rap-<br />

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9<br />

porto con la società. Primo: la ricerca si istituzionalizza.<br />

La tendenza già emersa nel Seicento con la nascita, fuori<br />

delle università, delle società scientifiche e delle accademie,<br />

prende ora uno sviluppo diverso. Sono i grandi<br />

trust industriali e i governi a finanziare e orientare la ricerca,<br />

subordinandola ai propri programmi di sviluppo<br />

economico e politico. Secondo: lo scienziato si professionalizza.<br />

Non è più un dilettante, dedito per vocazione<br />

allo studio della natura, ma lavora alle dipendenze di<br />

un padrone. L’ideale di una scienza disinteressata tra-<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />

Fortunato Depero, Treno partorito dal<br />

sole, 1924. Collezione privata.<br />

L’universo, la natura, l’uomo stesso sono giocosamente<br />

investiti da una sfrenata volontà di ricostruzione<br />

artificiale. Se la macchina imita la<br />

natura, la meccanizzazione della natura, che<br />

era cominciata con gli illuministi, è ora spinta<br />

ed esaltata fino agli esiti estremi. «Bisogna preparare<br />

l’identificazione dell’uomo con il motore»<br />

afferma Marinetti. L’etica appare solo un<br />

ostacolo alla libera inventiva. Alla luce di questa<br />

dichiarazione risulta semplice leggere il quadro.<br />

Il dipinto è costruito su due motivi: 1) il<br />

movimento circolare che si sprigiona dal sole<br />

e si apre, con il treno in corsa, verso l’esterno<br />

del quadro; 2) la stilizzazione geometrica di<br />

ogni forma, dalla raggiera di tubi colorati in cui<br />

si scompone la luce solare, alle piante irrigidite<br />

in lame appuntite, riprese e ingigantite dalla<br />

nuvola di fumo che sovrasta come un fantastico<br />

uccello la locomotiva. Questa nasce dal<br />

sole e si lancia in una corsa inarrestabile verso<br />

il futuro; non diabolico mostro di ferro, ma leggero,<br />

sbuffante giocattolo di una fantastica riedizione<br />

del mondo, che celebra la macchina come<br />

messaggio di bellezza e di libertà.


MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE Scienza ed etica<br />

6<br />

La scoperta dell’ambiguità della scienza<br />

monta definitivamente alla fine dell’Ottocento. Da allora<br />

il progresso tecnico dipenderà sempre più direttamente<br />

da ciò che si fa nei laboratori di ricerca: la scoperta dell’elettricità<br />

e le sue applicazioni nel campo dei trasporti<br />

e delle comunicazioni avrà, per esempio, un’importanza<br />

determinante nella seconda rivoluzione industriale. Da<br />

allora la corsa all’integrazione della scienza nella produzione<br />

non si fermerà più. Perciò la macchina diventa ora<br />

il simbolo del progresso e troverà un’esaltante celebrazione<br />

nell’arte futurista del primo Novecento.<br />

Il mostro di Frankenstein<br />

I<br />

nsieme all’entusiasmo, il trionfo tecnologico<br />

della scienza suscita allarme. Gli effetti sociali<br />

della rivoluzione industriale scuotono, nell’éli-<br />

Frankenstein (1931) di James Whale, con Boris Karloff nella parte del<br />

mostro.<br />

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te degli intellettuali romantici, la fede illuminista in una<br />

scienza al servizio dell’umanità. In Inghilterra fin dalla<br />

prima metà dell’Ottocento, insieme alla ricchezza borghese,<br />

la rivoluzione industriale comincia a produrre la<br />

povertà delle masse e la degradazione dell’ambiente, mentre<br />

prepara le grandi guerre imperialistiche del secolo successivo.<br />

Non a caso proprio gli scrittori inglesi denunciano<br />

per primi il conflitto emergente tra scienza e valori, tra<br />

meccanizzazione e distruzione dell’interiorità. «Non solo<br />

l’esterno e il fisico è adesso guidato dalla macchina, ma<br />

anche l’interno e lo spirituale», afferma Carlyle, interrogandosi<br />

sulla perdita di senso di un mondo dove tutto è<br />

ridotto a meccanismo: «La nostra prima domanda di fronte<br />

a qualsiasi cosa non è: Che cosa è? Ma: Come è?». L’immagine<br />

di un mondo senza senso, meccanizzato e indifferente<br />

alla felicità dell’uomo, la cui tecnologia sganciata<br />

da ogni morale non può che produrre guerre di conqui-<br />

Locandina del film Dottor Jekyll e Mr. Hyde di Victor Fleming, 1941.<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]


MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE Scienza ed etica<br />

6<br />

La scoperta dell’ambiguità della scienza<br />

sta e di rapina, è anche al centro della riflessione di Leopardi<br />

(cfr. Parte Decima, cap. VIII).<br />

Proprio mentre l’idea di progresso diventa il mito del secolo,<br />

la scienza comincia a fare paura. Lo mostra il successo<br />

del romanzo di Mary Shelley, Frankenstein (1817)<br />

(cfr. T1). Questo libro ha segnato profondamente l’immaginario<br />

contemporaneo, come testimoniano le numerose<br />

riprese filmiche, poiché pone con grande anticipo<br />

il problema delle conseguenze aberranti e distrutti-<br />

T1<br />

da M. Shelley, Frankenstein,<br />

ovvero il Prometo<br />

moderno, Rizzoli, Milano<br />

1990, pp. 55-60.<br />

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Mary Shelley<br />

Frankenstein, ovvero il Prometeo moderno<br />

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ve di una ricerca animata dalle migliori intenzioni, ispirata<br />

cioè a quel «sacro ardore» per la conoscenza che ne<br />

ha costituito il fondamento originario. In seguito, Lo strano<br />

caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Robert Louis<br />

Stevenson (1886) e L’isola del dottor Moreau (1896)<br />

di Herbert-George Wells, rappresentano altrettante<br />

espressioni dell’inquietudine crescente suscitata dal trionfo<br />

di una scienza e di una tecnologia ormai lanciate in<br />

uno sviluppo senza limiti.<br />

L’inglese Mary Shelley (1797-1851) scrisse il suo romanzo nel 1816 sul lago di Ginevra. Frankenstein<br />

è un giovane scienziato che, spinto dalla passione per la ricerca, riesce a fabbricare un essere<br />

umano. Ma appena questi apre gli occhi, egli si rende conto della mostruosità della sua opera e fugge<br />

dal laboratorio. Intanto il “mostro” comincia a terrorizzare con i suoi assassinii gli abitanti della<br />

regione. Frankenstein lo incontra per caso, durante un’escursione sulle vette impervie del Monte<br />

Bianco, e ascolta da lui il racconto della propria disperata solitudine. Tuttavia rifiuta la richiesta<br />

di fabbricargli una compagna, sconvolto dall’idea di alimentare una progenie di mostri. Il mostro<br />

allora si vendica uccidendogli la moglie e il suo migliore amico. Inutilmente Frankenstein lo<br />

insegue fino al Polo nord, dove cade morto dopo aver raccontato la propria storia al capitano della<br />

nave che lo ha raccolto.<br />

Non sto rievocando la visione di un pazzo, badate. Ciò che affermo è vero, come è vero il sole. Poteva<br />

trattarsi di un miracolo; ma le tappe della scoperta erano chiare ed evidenti. Dopo giorni e<br />

notti di lavoro e fatica incredibili, riuscii a scoprire le cause della generazione e della vita; anzi, c’è<br />

di più, fui in grado di infondere vita alla materia inanimata.<br />

Lo sbalordimento che dapprima provai a questa scoperta si trasformò presto in gioia delirante.<br />

Dopo un lavoro così lungo e accanito, giungere subito al sommo dei miei desideri rappresentava<br />

il miglior premio delle mie fatiche. Ma questa scoperta era così grande e meravigliosa da farmi<br />

trascurare tutti i passi che progressivamente mi avevano condotto ad essa e da farmi considerare<br />

soltanto il risultato. Stringevo ora in pugno quello che era stato il fine e il sogno degli uomini<br />

più saggi dall’epoca della creazione. Non che tutto si fosse svelato improvvisamente dinanzi ai<br />

miei occhi, come una scena magica; il risultato che avevo ottenuto era tale da spingermi a dirigere<br />

i miei sforzi, non appena lo avessi potuto, verso l’oggetto della mia ricerca, piuttosto che alla sua<br />

perfetta attuazione. Ero come l’arabo che, sepolto con un morto, riuscì a ritornare alla vita aiutato<br />

solo da una luce incerta ed apparentemente inefficace.<br />

Dalla vostra ansia, dalla meraviglia e dalla speranza che i vostri occhi esprimono, amico mio,<br />

vedo che vi aspettate di conoscere il segreto che vi ho svelato. È impossibile: ascoltatemi con pazienza<br />

fino al termine del mio racconto e comprenderete facilmente perché sono riservato su questo<br />

punto. Non voglio condurvi, inesperto ed ardente come ero io allora, a una sicura rovina. Imparate<br />

da me – se non dai miei consigli, dal mio esempio – quanto pericoloso sia l’acquisto della<br />

scienza, quanto più felice sia chi crede mondo la sua città, di chi aspira ad elevarsi più di quanto la<br />

sua natura consenta.<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]


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T1 Mary Shelley ~ Frankenstein, ovvero il Prometeo moderno<br />

Come mi trovai fra le mani un potere così sbalorditivo, esitai a lungo circa il modo di utilizzarlo.<br />

Per quanto possedessi la capacità di suscitare la vita, pure la creazione di una forma atta a<br />

riceverla, con tutti i suoi intrichi di fibre, di muscoli e di vene, restava sempre un’impresa di difficoltà<br />

e di fatica inconcepibili. Fui incerto dapprima se tentare la creazione di un essere come me<br />

o quella di organismo più semplice, ma la mia immaginazione era troppo esaltata dal successo<br />

conseguito, per permettermi di dubitare della mia capacità di dar vita ad un animale complesso<br />

e meraviglioso come l’uomo. I materiali cui potevo in quel momento ricorrere apparivano inadeguati<br />

ad un’impresa così ardua. Mi preparai a una serie di insuccessi: forse i miei sforzi sarebbero<br />

stati continuamente delusi, e forse alla fine la mia opera sarebbe riuscita imperfetta; pure,<br />

quando consideravo i quotidiani progressi della scienza e della meccanica, ero incoraggiato a sperare<br />

che i miei tentativi avrebbero almeno gettato le basi di una futura vittoria. Né la grandezza<br />

e la complessità del mio piano mi apparivano come indici della sua pratica inattuabilità. Così mi<br />

accinsi alla creazione di un essere umano. Poiché la piccolezza degli organi rappresentava un grande<br />

ostacolo alla mia fretta, decisi, contrariamente alla mia intenzione, di costruire una creatura<br />

gigantesca, alta otto piedi circa e robusta in proporzione. Presa questa risoluzione, impiegai proficuamente<br />

alcuni mesi a raccogliere e ad apprestare ciò che mi era necessario, poi mi misi all’opera.<br />

Nessuno può immaginare la complessità dei sentimenti che, come un uragano, mi travolsero<br />

nel primo entusiasmo del successo. Vita e morte mi apparivano legami ideali che io per primo<br />

avrei potuto spezzare, rovesciando sul nostro buio mondo un torrente di luce. Una nuova<br />

specie mi avrebbe benedetto come sua origine e creatore; molti esseri eccellenti e felici avrebbero<br />

dovuta a me la loro esistenza. Nessun padre avrebbe avuto diritto alla gratitudine dei figli<br />

così completamente come io mi sarei meritata la loro. Seguendo il corso di tali riflessioni, pensai<br />

che, se potevo animare materia inerte, avrei potuto con l’andare del tempo (anche se ciò mi<br />

era per il momento impossibile), rinnovare la vita là dove la morte sembrava aver votato il corpo<br />

alla distruzione.<br />

Tali pensieri valsero a sostenere il mio spirito mentre continuavo nella mia impresa con ardore<br />

instancabile. La mie guance si erano fatte pallide per lo studio, il mio corpo emaciato per<br />

l’isolamento. Spesso, sull’orlo della certezza, fallivo; pure mi abbarbicavo alla speranza che il giorno<br />

o l’ora seguente potessero segnare il mio successo. Io solo possedevo il segreto della mia attività,<br />

e la luna era spettatrice delle mie fatiche notturne mentre, con costanza incrollabile e ansiosa,<br />

penetravo nei misteri della natura. Chi può immaginare gli orrori del mio lavoro segreto,<br />

quando mi calavo nelle umide profondità di una tomba, o torturavo gli animali vivi per animare<br />

la creta inerte? Al ricordo, le ginocchia mi tremano e tutto mi ondeggia davanti agli occhi, ma<br />

allora un impulso irresistibile e quasi frenetico mi spingeva innanzi; sembrava che anima e sensi<br />

mi fossero rimasti per quest’unico scopo. Ma fu solo una esaltazione passeggera, che valse unicamente<br />

ad acuire la mia sensibilità quando, scomparso lo stimolo innaturale, mi riuscì di tornare<br />

alle vecchie abitudini. Raccolsi ossa da cripte e profanai i segreti del corpo umano. Attrezzai<br />

il mio misterioso laboratorio in una camera solitaria, o meglio in una soffitta, separata dagli<br />

appartamenti mediante un corridoio e una rampa di scale. Gli occhi quasi mi schizzavano dalle<br />

orbite mentre seguivo i particolari del mio lavoro. Sala anatomica e mattatoio 1 mi fornivano buona<br />

parte di ciò che mi occorreva; spesso la mia natura si ritraeva disgustata da quello di cui mi<br />

stavo occupando, mentre, spinto da un’ansia sempre crescente, progredivo nel mio lavoro e lo avviavo<br />

alla conclusione. […]<br />

Era una cupa notte di novembre quando vidi il coronamento delle mie fatiche. Con un’ansia<br />

che assomigliava all’angoscia, raccolsi attorno a me gli strumenti atti ad infondere la scintilla di<br />

1 Sala anatomica e mattatoio: Frankenstein si serve di pezzi di cadavere e di animali macellati per costruire la sua creatura.<br />

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Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]


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T1 Mary Shelley ~ Frankenstein, ovvero il Prometeo moderno<br />

vita nell’essere inanimato che giaceva ai miei piedi. Era quasi l’una del mattino; la pioggia batteva<br />

monotona contro le imposte e la candela avrebbe presto dato i suoi ultimi guizzi quando, alla luce<br />

che stava per spegnersi, vidi aprirsi i foschi occhi gialli della creatura; respirò a fatica, e un moto<br />

convulso le agitò le membra.<br />

Come descrivere le mie emozioni dinanzi a questa catastrofe, o come dare un’idea dell’infelice<br />

che, con cura e pena infinite, mi ero sforzato di creare? Le sue membra erano proporzionate, ed<br />

avevo scelto i suoi lineamenti in modo che risultassero belli. Belli! Gran Dio! La sua pelle giallastra<br />

nascondeva a malapena il lavorio sottostante dei muscoli e delle arterie; i suoi capelli erano<br />

folti e di un nero lucido, i suoi denti di un bianco perlaceo; ma tutti questi particolari non facevano<br />

che rendere più orribile il contrasto con i suoi occhi acquosi, i quali apparivano quasi dello stesso<br />

colore delle orbite, di un pallore terreo, in cui erano collocati, con la sua pelle grinzosa e con le<br />

sue labbra nere e diritte.<br />

I casi della vita non sono così mutevoli come i sentimenti della natura umana. Avevo lavorato<br />

duramente per quasi due anni al solo scopo di infondere la vita a un corpo inanimato. Per<br />

questo mi ero negato riposo e salute. Avevo desiderato il successo con un ardore che trascendeva<br />

ogni moderazione; ma ora che vi ero giunto, la bellezza del sogno svaniva, e il mio cuore era<br />

pieno di un orrore e di un disgusto indicibili. Incapace di sopportare la vista dell’essere che avevo<br />

creato, mi precipitai fuori del laboratorio e passeggiai a lungo su e giù per la mia camera da<br />

letto, senza decidermi a prender sonno. Alla fine la stanchezza subentrò al tumulto che prima<br />

mi aveva scosso, e mi gettai sul letto, vestito com’ero, sforzandomi di trovare qualche istante<br />

d’oblio. Invano: dormii, sì, ma il mio sonno fu disturbato dagli incubi più spaventosi. Mi pareva<br />

di vedere Elisabetta 2 che, nel fiore della salute, passeggiava per le strade di Ingolstad. La abbracciavo<br />

con gioiosa sorpresa, ma le labbra, che le sfioravo nel primo bacio, assumevano il pallore<br />

livido della morte, i suoi lineamenti mutavano, ed ecco che io stringevo fra le braccia il cadavere<br />

di mia madre; un sudario ne ricopriva le forme, ed io potevo vedere i vermi che strisciavano<br />

sotto i lembi della stoffa. Inorridito, mi scossi dal sonno; un sudore gelido mi copriva la<br />

fronte, i denti mi battevano, tremavo convulso in tutte le membra; poi, al chiarore incerto e giallo<br />

della luna che filtrava attraverso le imposte, scorsi lo sciagurato, il miserabile mostro che io<br />

avevo creato. Sollevò le cortine del letto, ed i suoi occhi, se occhi possono chiamarsi, si fissarono<br />

su di me. Dischiuse le mascelle e mormorò qualche suono inarticolato, mentre una smorfia<br />

gli contraeva le guance.<br />

Forse parlò, ma io non lo sentii; aveva una mano tesa in avanti, forse per trattenermi, ma fuggii<br />

e mi precipitai giù per le scale. Mi rifugiai nel cortile della casa dove abitavo, e lì rimasi per il<br />

resto della notte, camminando in su e in giù agitatissimo, tendendo ansiosamente l’orecchio e sussultando<br />

di paura ad ogni rumore, quasi esso mi annunciasse l’avvicinarsi dell’essere demoniaco<br />

cui così follemente avevo dato la vita.<br />

Oh, nessun mortale avrebbe potuto reggere all’orrore di quel volto! Una mummia ritornata a<br />

vita non avrebbe potuto essere più spaventosa. Lo avevo osservato quando era incompiuto: era già<br />

brutto allora; ma quando muscoli e giunture erano stati resi capaci di moto, era diventato qualcosa<br />

che neppure Dante avrebbe saputo concepire.<br />

Passai una notte terribile. In certi momenti il mio polso batteva così in fretta e così forte che<br />

sentivo palpitare ogni arteria; in altri momenti quasi mi accasciavo a terra per il languore e l’estrema<br />

debolezza. Assieme all’orrore avvertivo l’amarezza della delusione: quei sogni che per tanto<br />

tempo erano stati il mio cibo e il mio conforto erano diventati un inferno per me; e il mutamento<br />

era stato repentino, lo sconvolgimento completo.<br />

2 Elisabetta: la futura moglie.<br />

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Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]


MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE Scienza ed etica<br />

6<br />

La scoperta dell’ambiguità della scienza<br />

La scienza genera mostri Il carattere retrospettivo del racconto<br />

accentua il giudizio del protagonista-narratore, fortemente limitativo<br />

nei confronti della scienza. Il suo esempio ha una forte carica<br />

attuale: vuole infatti dimostrare «quanto sia pericoloso l’acquisto<br />

della scienza», non perché questa sia usata a scopi malvagi.<br />

Frankenstein non è uno scienziato pazzo, anzi è straordinariamente<br />

“sano”. Egli crede sino in fondo nell’entusiasmo e nella libertà del-<br />

La violazione del limite Il peccato commesso da Frankenstein<br />

è quello di forsennato orgoglio, lo stesso per cui il mitico Prometeo,<br />

avendo rapito il fuoco agli dei per donarlo agli uomini, fu condannato<br />

a un eterno tormento. Come anche l’Ulisse dantesco, ha violato<br />

il limite assegnato alla natura umana. Frankenstein è dunque uno<br />

scienziato che trasgredisce un divieto etico-religioso, perciò il suo operare<br />

assume un carattere diabolico. La segretezza del laboratorio, lo<br />

sfondo notturno, il cimitero illuminato da lune spettrali, la bruttezza<br />

stessa della nuova creatura, tutto evoca simbolicamente un orrore satanico.<br />

Un senso di morte e di distruzione incombe sulla sua opera e<br />

1<br />

2<br />

3<br />

4<br />

GUIDA ALLA LETTURA<br />

ESERCIZI<br />

Analizzare e interpretare<br />

Quali moventi spingono Frankenstein a creare un uomo<br />

artificiale?<br />

Dopo il successo dell’impresa, lo scienziato è ossessionato<br />

dal senso di colpa. Trova nel testo i punti in cui questo<br />

si manifesta.<br />

Il passaggio dall’entusiasmo all’orrore è motivato da fattori<br />

esterni? Che significato assume l’incubo notturno?<br />

Il giudizio fortemente limitativo sulla scienza può essere<br />

collegato al contesto storico in cui visse l’autrice (rivoluzione<br />

industriale)? In che modo?<br />

M1<br />

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T1 Mary Shelley ~ Frankenstein, ovvero il Prometeo moderno<br />

14<br />

la ricerca. Dedito anima e corpo alla scienza pensa di lavorare a<br />

servizio dell’umanità. Immagina, come Bacone, esseri «eccellenti e<br />

felici», la gloria che avrebbe accompagnato le sue scoperte se fosse<br />

riuscito a bandire le malattie dal corpo umano e a rendere l’uomo<br />

invulnerabile alla morte (eccetto quella violenta). Invece scopre<br />

di aver creato un mostro e la sua opera si conclude con una catastrofe.<br />

si esplicita nell’incubo notturno che angoscia Frankenstein proprio il<br />

giorno della nascita dell’ominide. Dopo le prime uccisioni commesse<br />

dalla sua creatura, lo scienziato è infatti ossessionato dall’idea di essere<br />

lui il vero colpevole. Il mostro in questo senso può essere l’oggettivazione<br />

del doppio malvagio e omicida, presente nell’intimo dello<br />

scienziato, anticipando lo sdoppiamento del dottor Jekyll e di mister<br />

Hyde nel romanzo di Stevenson. La storia presenta ancora grande vitalità<br />

per le paure odierne a cui dà corpo, paure legate al tema dell’eterogenesi<br />

dei fini, cioè del divario tra intenzioni nobili della scienza<br />

e gli effetti devastanti che ne possono seguire.<br />

Il “mostro” può essere:<br />

– simbolo degli effetti dell’industrialismo;<br />

– metafora della nuova, minacciosa classe operaia sorta<br />

dal lavoro di fabbrica;<br />

– oggettivazione degli impulsi distruttivi presenti nello scienziato.<br />

Sulla base del passo che hai letto, quale ipotesi sei in grado<br />

di motivare?<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />

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MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE Scienza ed etica<br />

7<br />

Verso un’etica<br />

della responsabilità<br />

Scienza e guerra<br />

nei romanzi di Shelley, di Stevenson e Wells tre<br />

scienziati solitari scatenano forze che non rie-<br />

N scono più a controllare. Nel Novecento la situazione<br />

cambia radicalmente e si aggrava, poiché lo scienziato<br />

lavora ormai in istituzioni che ne finanziano e ne<br />

orientano le indagini. La conoscenza della verità non è<br />

più un valore fine a se stesso, ma si misura sul criterio dell’utilità,<br />

politica o economica. È impossibile distinguere<br />

allora tra ricerca di base e progetto Manhattan o progetto<br />

Apollo. Così la più grande scoperta scientifica della prima<br />

metà del Novecento si identifica immediatamente con<br />

un’applicazione di morte. Quando il 6 agosto 1945 gli<br />

americani sganciarono la prima bomba atomica sulla città<br />

giapponese di Hiroshima uccidendo 200.000 persone,<br />

tale data segnò il momento della tragica verità per la scienza<br />

moderna. Il mondo intero, gli artisti e molti scienziati<br />

per primi ne furono profondamente scossi, a partire da<br />

chi aveva collaborato direttamente alla costruzione della<br />

bomba. Da quel momento non fu più possibile vedere nella<br />

scienza il motore neutrale del progresso umano. Insomma<br />

non fu più possibile separare la scienza dalle sue<br />

responsabilità.<br />

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15<br />

Bertolt Brecht, dopo l’esplosione della bomba atomica,<br />

cambiò il finale della sua Vita di Galileo, smascherando<br />

l’ideologia fino ad allora generalmente condivisa della neutralità<br />

della scienza (cfr. Parte Settima, cap. II, S7, p. 57). Al<br />

posto della «progenie di geni inventivi pronti a farsi assoldare<br />

per qualsiasi scopo», il drammaturgo prospetta<br />

per bocca di Galileo un ruolo nuovo dello scienziato rivolto<br />

a «far uso della scienza a esclusivo vantaggio dell’umanità».<br />

È la via seguita da Albert Einstein che, dopo la<br />

catastrofe atomica, cominciò a battersi per un impiego della<br />

scienza eticamente corretto, impegnandosi nella propaganda<br />

pacifista e per l’abolizione delle armi nucleari.<br />

Una via alternativa è quella del rifiuto del ruolo. Sarebbe<br />

la scelta fatta da Majorana nella suggestiva ricostruzione<br />

immaginata da Leonardo Sciascia nel racconto La<br />

scomparsa di Majorana (1975). Giovanissimo e geniale<br />

collaboratore di Fermi (lo scienziato che collaborò alla<br />

costruzione della bomba), avrebbe intuito prima degli<br />

altri le terribili conseguenze della scoperta della fissione<br />

dell’atomo e avrebbe deciso di scomparire per non<br />

essere coinvolto nelle ricerche belliche. Lo stesso tema<br />

dello scienziato che rinnega se stesso è anche al centro<br />

di un dramma del narratore tedesco Friedrich Dürrenmatt,<br />

I fisici (1962). Il dramma scritto quando ancora<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />

Maurits Cornelis Escher, Relatività, litografia,<br />

1953.<br />

Le scoperte della fisica non potevano non affascinare<br />

un artista da sempre attratto dalle tematiche<br />

scientifiche, che riesce a tradurre in metafore visive<br />

stravaganti e avvincenti. È ciò che avviene in questa<br />

immagine in cui si fondono in perfetta unità tre mondi<br />

completamente diversi. Le sedici figure si possono<br />

dividere in tre gruppi, ciascuno dei quali abita in<br />

un proprio mondo e vede gli stessi oggetti della composizione<br />

in modo diverso dagli altri e dà ad essi<br />

nomi diversi. Ciò che per un gruppo è il soffitto, per<br />

l’altro è una parete, quello che per gli uni è una porta,<br />

per gli altri è un buco nel pavimento. È impossibile<br />

insomma assumere un punto di osservazione<br />

neutrale, valido per tutti. Nella composizione operano<br />

tre diversi campi di gravitazione che agiscono<br />

uno contro l’altro: ciò fa in modo che una delle tre<br />

superfici a disposizione risulti rispettivamente pavimento<br />

per ciascuno dei tre gruppi di abitanti che<br />

sperimentano solo l’effetto di un campo.


MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE Scienza ed etica<br />

7<br />

Verso un’etica della responsabilità<br />

persisteva il clima minaccioso della guerra fredda tra<br />

USA e URSS, è ambientato in una clinica per malattie<br />

mentali e ha per protagonisti tre finti pazzi: Einstein,<br />

Newton e Möbius. I primi due, ex fisici, sono ora agenti<br />

segreti che le due superpotenze hanno messo alle costole<br />

di Möbius. Questi, fisico geniale, rendendosi conto<br />

degli effetti catastrofici che avrebbe prodotto l’applicazione<br />

delle sue teorie ha rifiutato il suo ruolo di scienziato,<br />

rifugiandosi nella pazzia.<br />

Scienza e mercato<br />

l problema del rapporto tra scienza ed etica si<br />

complica ulteriormente, quando l’esplosione<br />

I del reattore di Chernobyl (1986) mostrò i pericoli,<br />

su scala planetaria, derivati da un’applicazione<br />

pacifica dell’energia nucleare. È proprio l’uso delle tecnologie<br />

“pacifiche”, tradizionalmente considerate al servizio<br />

del progresso, a porre oggi al centro del dibattito<br />

internazionale la questione della responsabilità della<br />

scienza. La discussione è cominciata quando il genetista<br />

J.B.S. Holdane, nel 1962, usò il termine “clone” per<br />

collegare gli esperimenti di J. Gurdon sulle rane con la<br />

tecnica riproduttiva immaginata trent’anni prima dallo<br />

scrittore Aldous Huxley nel suo Mondo nuovo (cfr. T2, p.<br />

17). È poi esplosa quando le ricerche sul DNA, con il suc-<br />

M1<br />

on line<br />

16<br />

cesso del progetto genoma (che nel 2000 ha completato<br />

la mappatura dei geni umani), hanno segnato un salto<br />

di qualità nella scienza. Oggi l’uomo ha in mano la possibilità<br />

di esercitare il controllo biologico sulla propria<br />

specie e sulla propria evoluzione, di operare interventi<br />

dalle conseguenze irreversibili sulla vita umana e su quella<br />

dell’intero pianeta. Chi potrà decidere sulle scelte di<br />

biologia umana. Quali potranno essere i risvolti sociali<br />

e politici di questi interventi? È credibile un controllo<br />

puramente tecnico sulle scoperte compiute? (cfr. S5, p.<br />

19). È possibile garantire un controllo democratico su<br />

queste tecniche? E se pone questi interrogativi una biologia<br />

pacifica, come dobbiamo comportarci di fronte a<br />

una biologia di morte? Interrogativi, questi, tanto più<br />

drammatici quanto maggiore appare in questo campo<br />

la subordinazione della ricerca alle leggi del mercato e<br />

del profitto industriale.<br />

Scatenata dai teologi, la discussione ha investito l’opinione<br />

pubblica, i governi, la stessa comunità scientifica. Proprio<br />

il nostro presente, così gravido di conseguenze, ci obbliga<br />

come nessun’altra epoca passata a prefigurarci le<br />

possibilità ipotetiche che porta in grembo. La necessità di<br />

fare previsioni, e quindi delle scelte, è imposta dalla consapevolezza<br />

delle responsabilità, del tutto nuove, che la ricerca<br />

ha oggi di fronte. Il problema non è tuttavia semplice<br />

da risolvere, come mostra il dibattito in corso (cfr.<br />

S6 e S7, p. 20 e p. 21).<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />

Salvador Dalí, Idillio melanconico atomico e<br />

uranico (1945). Madrid, Museo Nazionale<br />

Centro de Arte Reina Sofia.<br />

Anche gli artisti rimasero scioccati dal lancio della bomba<br />

atomica su Hiroshima. Il pittore spagnolo Salvador Dalí<br />

rielaborò immediatamente l’evento in questo dipinto. La<br />

violenza del trauma è filtrata attraverso il ricorso a una<br />

fantasia surrealista che reimpiega immagini tipiche del repertorio<br />

pittorico di Dalí: la testa in angolo, in primo piano,<br />

che sembra assistere all’incubo notturno di un mondo<br />

in disfacimento; l’orologio molle, qui divorato dalle formiche.<br />

Al centro di questo funebre scenario, si erge un volto,<br />

con la gola forata, che ha impresso nei lineamenti la sagoma<br />

di un aereo. Tre sprazzi di azzurro rompono tuttavia<br />

l’oscurità, lo squarcio in alto, la melanconica faccia lunare,<br />

che richiama l’altra forma ovoidale, al cui interno si intravede<br />

una luminosa architettura: il simbolo, nello sfacelo,<br />

di un nuovo ordine dell’umanità? Ritornano invece nei<br />

giocatori di football e di baseball figure del periodo bellico,<br />

passato in America, allusive a violenti contrasti. In generale<br />

il dipinto segna una svolta verso il sempre maggiore<br />

interesse per le scienze naturali e le nuove scoperte<br />

della fisica che porterà Dalí ad elaborare il concetto di<br />

“pittura atomica” o “pittura nucleare”.


MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE Scienza ed etica<br />

7<br />

Verso un’etica della responsabilità<br />

T2<br />

[Il mondo nuovo]<br />

da Aldous Huxley, Il mondo<br />

nuovo, Mondadori, Milano<br />

1971, pp. 23-25, 30-32.<br />

5<br />

10<br />

15<br />

20<br />

25<br />

30<br />

35<br />

1 Il processo Bokanovsky: si tratta dell’immaginario procedimento<br />

di clonazione umana descritto subito dopo.<br />

Aldous Huxley<br />

A che serve la clonazione?<br />

M1<br />

on line<br />

Huxley scrisse Il mondo nuovo nel 1932 al suo ritorno in Inghilterra da un viaggio negli Stati Uniti.<br />

Nel romanzo immagina una società pianificata, grazie all’uso di tecniche di manipolazione dello<br />

sviluppo degli embrioni, in funzione dell’efficienza e della stabilità del sistema economico. Il passo<br />

che segue descrive la visita di un gruppo di studenti al Centro di incubazione e condizionamento di<br />

Londra Centrale.<br />

«Il processo Bokanovsky» 1 ripeté il Direttore: e gli studenti sottolinearono queste parole nei loro<br />

taccuini. Un uovo, un embrione, un adulto: normalità. Ma un uovo bokanovskificato germoglia,<br />

prolifica, si scinde. Da otto a novantasei germogli, e ogni germoglio diventerà un embrione perfetto,<br />

e ogni embrione un adulto completo. Far crescere novantasei esseri umani dove prima ne<br />

cresceva uno solo. Ecco il progresso.<br />

«Nella sua essenza» concluse il Direttore «il processo di bokanovskificazione consiste in una<br />

serie di arresti dello sviluppo. Noi arrestiamo lo sviluppo normale e, benché possa sembrare un<br />

paradosso, l’uovo reagisce germogliando».<br />

“Reagisce germogliando”. Le matite si diedero da fare.<br />

Alzò la mano. Su di un nastro in lento movimento una specie di rastrelliera carica di provette<br />

stava entrando in una grande cassa metallica, mentre un’altra ne usciva. Si sentiva un leggero ronzio<br />

di macchine. Le provette impiegavano otto minuti per attraversare la cassa, egli spiegò. Otto<br />

minuti di raggi X non attenuati costituiscono infatti quasi il limite estremo di resistenza per un<br />

uovo. Un piccolo numero ne moriva; altre uova, le meno sensibili, si scindevano in due; la maggior<br />

parte emetteva quattro germogli; qualcuno otto; tutte poi tornavano agli incubatori, dove i<br />

germogli cominciavano a svilupparsi; indi, dopo due giorni, venivano sottoposte al freddo; al freddo<br />

e all’arresto dello sviluppo. A loro volta i germogli producevano due, quattro, otto germogli; e<br />

dopo aver così germogliato venivano trattati con una dose di alcol quasi sufficiente ad ucciderli:<br />

in conseguenza essi germogliavano ancora, e avendo prodotto questi ultimi germogli – i germogli<br />

dei germogli dei germogli – essendo ogni ulteriore arresto generalmente fatale, li si lasciava sviluppare<br />

in pace. In quel momento l’uovo primitivo era sulla buona strada per trasformarsi in numero<br />

variabile di embrioni compresi fra otto e novantasei: «un prodigioso miglioramento rispetto<br />

alla natura, ammetterete. Dei gemelli identici, ma non in miseri gruppi di due o tre per volta come<br />

negli antichi tempi vivipari, 2 quando talvolta un uovo poteva accidentalmente scindersi; ma<br />

proprio a dozzine, a ventine per volta…<br />

«A ventine» ripeté il Direttore: e allargò le braccia come se stesse distribuendone con abbondanza.<br />

«A ventine».<br />

Ma uno degli studenti fu abbastanza sciocco da chiedergli in che cosa consisteva il vantaggio.<br />

«Ma caro il mio ragazzo!». Il Direttore si voltò rapidamente verso di lui. «Non vedete? Non vedete?».<br />

Alzò la mano: la sua espressione era solenne. «Il processo Bokanovsky è uno dei maggiori<br />

strumenti di stabilità sociale».<br />

“Maggiori strumenti della stabilità sociale”.<br />

Uomini e donne tipificati; 3 a infornate uniformi. Tutto il personale di un piccolo stabilimento<br />

costituito dal prodotto di un unico uovo bokanovskiano.<br />

«Novantasei gemelli identici che lavorano a novantasei macchine identiche!». La voce era<br />

quasi vibrante d’entusiasmo. «Adesso si sa veramente dove si va. Per la prima volta nella storia».<br />

[…]<br />

2 antichi… vivipari: cioè nel passato, quando attraverso<br />

il parto si dava alla luce non un uovo, ma un esse-<br />

17<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />

re già formato.<br />

3 tipificati: divisi e omologati per “tipi” diversi.


MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE Scienza ed etica<br />

7<br />

Verso un’etica della responsabilità<br />

40<br />

45<br />

50<br />

55<br />

60<br />

65<br />

4 rastrelliera: la struttura che sorregge le provette con<br />

le uova.<br />

5 surrogato sanguigno: liquido che sostituisce il sangue<br />

umano.<br />

T2 Aldous Huxley ~ A che serve la clonazione?<br />

M1<br />

on line<br />

Erano al 320° metro della rastrelliera 4 11. Un giovane meccanico Beta-Minus lavorava con un<br />

cacciavite e una chiave inglese alla pompa del surrogato sanguigno 5 d’un flacone che stava passando.<br />

Il ronzio del motore elettrico abbassava gradualmente di tono a mano a mano che egli girava<br />

i bulloni. Giù, giù… Un ultimo giro di chiave, uno sguardo al contagiri, ed ebbe finito. Avanzò<br />

di due passi lungo la fila e incominciò la stessa operazione sulla pompa seguente.<br />

«Sta riducendo il numero di giri al minuto» spiegò Foster. 6 «Il surrogato circola più lentamente;<br />

passa perciò attraverso i polmoni a intervalli più lunghi; porta di conseguenza meno ossigeno<br />

all’embrione. Non c’è come la penuria di ossigeno per mantenere un embrione al disotto della normalità».<br />

Si fregò ancora le mani.<br />

«Ma perché si mantiene l’embrione al disotto della normalità?» chiese uno studente ingenuo.<br />

«Asino!» disse il Direttore, rompendo il suo lungo mutismo. «Non vi siete ancora reso conto<br />

che un embrione Epsilon deve avere un ambiente Epsilon, oltre che un’origine Epsilon?». 7<br />

Evidentemente quegli non se n’era reso conto. Rimase lì pieno di confusione.<br />

«Più bassa è la casta 8 e meno ossigeno si dà» disse Foster. «Il primo organo a risentirne è il cervello.<br />

Poi lo scheletro. Col settanta per cento dell’ossigeno normale si hanno dei nani. A meno del<br />

settanta, si ottengono dei mostri privi di occhi.<br />

«Che sono completamente inutili» concluse Foster.<br />

«Mentre invece», la sua voce divenne ardente e confidenziale «se si arrivasse a scoprire una tecnica<br />

per ridurre il periodo della maturazione, che trionfo, che beneficio per la Società!<br />

«Considerate il cavallo, per esempio».<br />

Essi lo considerarono.<br />

Maturo a sei anni; l’elefante a dieci. Mentre a tredici anni un uomo non è ancora sessualmente<br />

maturo; ed è adulto solo a vent’anni. Da ciò deriva, naturalmente, il frutto dello sviluppo ritardato:<br />

l’umana intelligenza.<br />

«Ma nel tipo Epsilon» disse molto giustamente Foster «non c’è nessun bisogno di umana intelligenza.<br />

«Non ve n’è bisogno e non se n’ottiene. Ma benché la mente Epsilon sia matura a dieci anni, il<br />

corpo Epsilon non è atto al lavoro fino ai diciotto. Lunghi anni di superflua e sprecata immaturità.<br />

Se si potesse affrettare lo sviluppo fisico fino a renderlo rapido come quello di una vacca, per<br />

esempio, che enorme risparmio per la Comunità!».<br />

«Enorme!» mormorarono gli studenti. L’entusiasmo di Foster era contagioso.<br />

GUIDA ALLA LETTURA<br />

Uomini su misura L’autore descrive i procedimenti per la produzione<br />

artificiale di uomini: prima il processo Bokanovsky assicura,<br />

tramite una specie di clonazione, gemelli «a ventine», uomini e<br />

donne omologati per tipi diversi. Poi le tecniche di intervento sugli<br />

embrioni ne modificano lo sviluppo in modo da garantire individui<br />

predisposti intellettualmente e fisicamente a svolgere determinate attività,<br />

dagli Epsilon sottosviluppati agli Alfa destinati a ruoli dirigenziali.<br />

Le domande ingenue degli studenti hanno l’effetto di svelare la<br />

logica aberrante che ispira il programma di fabbricazione di uomini<br />

su misura decantato dai dirigenti. La stabilità del sistema e il mito<br />

6 Foster: è un tecnico che accompagna il gruppo durante<br />

la visita.<br />

7 Epsilon: gli uomini vengono prodotti in serie per categorie<br />

(Alfa, Beta, Gamma, Delta, Epsilon), ciascuna con carat-<br />

18<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />

teristiche specifiche e irreversibili. Gli Epsilon sono destinati<br />

ai lavori manuali più semplici e pesanti.<br />

8 la casta: ognuna delle “classi” in cui sono divisi gli<br />

esseri umani (cfr. nota precedente).<br />

dell’efficienza sono gli unici valori riconosciuti, a cui si subordina<br />

l’uomo, riducendolo a semplice ingranaggio della produzione.<br />

L’autore esprime nel romanzo il timore, attualissimo, per le conseguenze<br />

sociali e politiche di un uso improprio delle biotecnologie. Negli<br />

anni Trenta i regimi totalitari, da una parte, l’avvento di una società<br />

di massa sempre più regolata dai meccanismi di produzione, dall’altra,<br />

avevano acuito il senso di minaccia implicita nel crescente sviluppo<br />

tecnologico della scienza. Il mondo nuovo richiama l’attenzione<br />

sul legame tra scienza e società, smitizzando la presunta intangibilità<br />

della scienza dai condizionamenti economici e politici.


MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE Scienza ed etica<br />

7<br />

1<br />

2<br />

3<br />

S5<br />

CINEMA<br />

Verso un’etica della responsabilità<br />

T2 Aldous Huxley ~ A che serve la clonazione?<br />

ESERCIZI<br />

Analizzare e interpretare<br />

Quali sono i decantati vantaggi del processo Bokanovsky?<br />

Che atteggiamento mostrano gli studenti?<br />

Il Centro non solo clona individui, ma ne manipola anche<br />

la personalità. In che modo?<br />

M1<br />

on line<br />

Steven Spielberg, Jurassic Park (USA, 1992)<br />

Un eccentrico miliardario, John Hammond, progetta di costruire<br />

in una isola dei Caraibi il più straordinario parco di divertimenti<br />

del mondo. Vi allestisce un ambiente preistorico e<br />

lo popola di dinosauri. Sfruttando le scoperte della bioingegneria,<br />

dal sangue di un insetto imprigionato in una goccia<br />

d’ambra, riesce a ricreare il DNA di alcuni dinosauri e a riportarli<br />

in vita. Ma uno dei tecnici manomette il sistema informatico<br />

per impadronirsi degli embrioni di dinosauri e rivenderli<br />

a una compagnia concorrente. Ciò disattiva i sistemi<br />

di sicurezza, proprio mentre nel parco è in corso una visita<br />

in anteprima, effettuata da due paleontologi e dai nipotini<br />

di Hammond. Niente riesce più a trattenere l’aggressività<br />

dei dinosauri carnivori e scatenati (memorabile è la sequenza<br />

della caccia ai ragazzi nelle cucine).<br />

Il film si snoda sul filo di un’avventura piena di supense, grazie<br />

agli straordinari effetti speciali. Spielberg ricorre infatti ad un uso<br />

prodigioso dei computer nell’animazione dei dinosauri e nell’intreccio<br />

tra immagini reali (attori e sfondi) e immagini virtuali.<br />

Dietro al superbo dispiegamento tecnologico, che imprime<br />

al film un carattere essenzialmente spettacolare, emerge, sia<br />

pure alleggerita e semplificata, la problematica morale e politica<br />

che è al centro del romanzo di Crichton e richiama il tema<br />

19<br />

Uniformità e gerarchizzazione sono i due poli tra cui si muove<br />

questa umanità prefabbricata: individuane lo scopo.<br />

Come concepiscono i dirigenti del Centro il progresso<br />

scientifico?<br />

La manipolazione di embrioni umani, oggetto di fantascienza<br />

negli anni Trenta, non è lontana oggi dalla realtà. Ti pare che<br />

mantenga aperti interrogativi simili a quelli posti da Huxley?<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />

4<br />

5<br />

6<br />

della responsabilità. È lecito o meno per lo scienziato ricreare<br />

esseri scomparsi a rischio e pericolo di uomini e cose? Fino a<br />

che punto la sperimentazione e la tecnologia possono spingersi,<br />

specialmente se toccano il campo delle manipolazioni genetiche?<br />

Anche se le tematiche scientifiche del romanzo sono<br />

enunciate in modo sbrigativo (come nel mini show a cartoni<br />

animati che i visitatori devono guardare appena arrivati al parco)<br />

e l’avidità capitalistica di Hammond appare smussata, tuttavia<br />

il nocciolo della questione si coglie ugualmente. L’autore<br />

è preoccupato dai pericoli derivati dallo sfruttamento industriale<br />

delle biotecnologie. È possibile un controllo puramente<br />

tecnico dei rischi – come sostengono oggi alcuni settori della<br />

comunità scientifica – dato l’intreccio indissolubile tra fattori<br />

tecnici, organizzativi ed economici? La scienza si fa tecnologia<br />

calandosi in un contesto che non è più governato dalle leggi<br />

scientifiche, ma dalla logica industriale e del mercato. Il film, oltre<br />

che un avvincente spettacolo, è anche una parabola dell’incapacità<br />

dell’uomo di usare le scoperte della scienza e accentua<br />

il pessimismo del romanzo, con un finale catastrofico<br />

che lascia il tirannosauro padrone del campo.<br />

dal romanzo omonimo di Michael Crichton, che ne ha curato con David Koepp<br />

la sceneggiatura.<br />

Fotogramma tratto da<br />

Jurassic Park di Steven<br />

Spielberg.


MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE Scienza ed etica<br />

7<br />

S6<br />

INTERPRETAZIONI<br />

Verso un’etica della responsabilità<br />

M1<br />

on line<br />

Giovanni Berlinguer, Si può porre un limite alla scienza?<br />

La prospettiva di applicazioni spregiudicate delle biotecnologie<br />

(dagli organismi geneticamente modificati alla clonazione<br />

animale), dettate da interessi commerciali, ha turbato<br />

profondamente l’opinione pubblica, caricando la scienza di<br />

connotati fortemente negativi. Il problema di porre controlli<br />

e limiti alla scienza è complesso e delicato poiché storicamente<br />

è stato appannaggio dei regimi dittatoriali. Ecco come<br />

Giovanni Berlinguer, docente di Igiene del lavoro all’Università<br />

di Roma, cerca di conciliare la “libertà” della ricerca<br />

con il controllo sulle tecniche applicative.<br />

Mi pare che l’idea di limitare la scienza possa invece essere<br />

confutata soprattutto con tre ragioni di principio: a) l’aspirazione<br />

verso la conoscenza rivolta a un fine pratico, come pure<br />

verso la conoscenza come fine in sé, è connaturata all’evoluzione<br />

e alle caratteristiche intrinseche della specie umana;<br />

l’ostacolarla significherebbe perciò l’avvio di una regressione<br />

storico-antropologica; b) l’esperienza storica mostra che, quando<br />

vi sono state restrizioni alla libertà della scienza, esse sono<br />

state sempre introdotte da poteri assoluti, in base a dogmi religiosi<br />

o politici, e hanno sortito effetti disastrosi sul piano morale,<br />

culturale e pratico; c) la conoscenza scientifica (come<br />

l’arte, come la filosofia, come la letteratura, ecc.) non può progredire<br />

senza creatività, e questa presuppone la massima libertà.<br />

Si può dire, in sostanza, che l’etica fondamentale della scienza<br />

è la sua libertà. […]<br />

Si può adottare quindi per la scienza, e solo per essa, lo slogan<br />

giovanile del 1968 «è vietato vietare»? Non è comunque ammissibile<br />

alcuna limitazione? La risposta più efficace, in questo<br />

caso, è data dalla storia degli ultimi cinquant’anni. In questo<br />

periodo cruciale sono state infatti introdotte, spesso per<br />

iniziativa o con il concorso della comunità scientifica, restrizioni<br />

o linee-guida, moratorie 1 o divieti, barriere o direttive; quasi<br />

sempre con conseguenze morali e pratiche molto positive. Esse<br />

però sono state rivolte prevalentemente non contro la scien-<br />

1 moratorie: rinvii.<br />

2 queste atrocità: la sperimentazione sugli es-<br />

20<br />

za, ma verso le tecniche, anche se ciò ha influito indirettamente<br />

sulle scienze, più precisamente in due direzioni: verso le<br />

tecniche della sperimentazione e verso le tecniche applicative<br />

delle nuove conoscenze acquisite. […]<br />

La storia dei limiti posti alle tecniche della sperimentazione<br />

comincia proprio dalla Germania. Da Norimberga, dove il 5 novembre<br />

1946 si aprì il processo contro i medici tedeschi accusati<br />

di queste atrocità; 2 e dove, subito dopo, furono approvate<br />

le prime norme limitative della ricerca: il Codice di Norimberga,<br />

appunto. Esso introdusse limiti e criteri per la sperimentazione,<br />

quali il consenso volontario, la minimizzazione delle<br />

sofferenze e dei rischi, l’accertamento di «risultati vantaggiosi<br />

per la società»; essi furono poi precisati nelle successive<br />

dichiarazioni di Helsinki e di Tokyo e nei documenti delle Nazioni<br />

Unite. […]<br />

Molto più indefinito, invece, è l’altro campo, cioè la risposta<br />

alle domande: come usare al meglio le conoscenze scientifiche?<br />

come scegliere fra le varie tecnologie applicative rese<br />

possibili dal progresso delle scienze di base? con quali regole<br />

e verso quali opzioni? Si parla, in questo caso, di regole e<br />

opzioni poste in atto, più o meno consapevolmente, dopo<br />

che sono rese possibili dal progresso delle scienze di base.<br />

Anche in questo campo non si parte da zero. Ad alcune di<br />

queste domande si è cercato di rispondere nei casi in cui alternative<br />

rilevanti si sono poste, in particolare nell’ultimo mezzo<br />

secolo, per applicazioni diverse, e a volte opposte, che<br />

partivano dalle medesime conoscenze di base. Nella fisica<br />

atomica, per esempio, tra la scelta di costruire armi, oppure<br />

di fornire energia e di usare i radioisotopi 3 per fini industriali<br />

o diagnostici.<br />

Nella biologia tra la possibilità di riprodurre virus e batteri (e ora<br />

anche di produrne di nuovi) per creare sieri e vaccini, e quella<br />

di usare le medesime conoscenze per la guerra biologica.<br />

seri umani. I medici nazisti usavano come cavie<br />

i prigionieri ebrei.<br />

da Giovanni Berlinguer, Le bioetiche: regole e culture, in Berlinguer - Callari Galli -<br />

Lecaldano - Oliverio - Rodotà - Viano, Lezioni di bioetica, Ediesse, Roma 1997.<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]<br />

3 radioisotopi: atomi radioattivi, che emettono<br />

radiazioni.


MODULO TEMATICO INTERDISCIPLINARE Scienza ed etica<br />

7<br />

S7<br />

TESTI<br />

Verso un’etica della responsabilità<br />

Primo Levi, Covare il cobra<br />

M1<br />

on line<br />

L’11 settembre 1986 Primo Levi pubblicava su «La Stampa»<br />

un articolo in cui affrontava, con la sua consueta chiarezza e<br />

profondità, il problema che è al centro di questo Modulo Tematico<br />

Interdisciplinare. Le parole di Primo Levi ci sembrano<br />

le più adatte per chiudere il percorso sui rapporti tra scienza<br />

ed etica. Il monito contenuto negli ultimi due capoversi è più<br />

che mai attuale, e dunque lo scienziato dovrà chiedersi, con<br />

più forza e lucidità di prima, che cosa sguscerà dall’uovo che<br />

sta covando: «una colomba o un cobra o una chimera o magari<br />

nulla».<br />

[…] È attuale la figura dello scienziato a cui viene richiesto di<br />

prestare la sua opera per la difesa del suo paese, o magari<br />

per l’offesa del paese vicino. Tutti sanno almeno qualcosa di<br />

quella portentosa collezione di cervelli che durante la seconda<br />

guerra mondiale ha partorito a un tempo la bomba<br />

atomica e l’energia nucleare per uso pacifico. Alcuni di questi<br />

scienziati si sono prestati, più o meno convinti, più o meno<br />

volentieri; altri, dopo Hiroshima, si sono ritirati a vita privata;<br />

altri ancora, come Pontecorvo, hanno cambiato campo<br />

per ragioni ideologiche, o forse perché pensavano che l’arma<br />

nucleare fosse meno pericolosa se ripartita fra le due superpotenze.<br />

Felicemente attuale oggi è la figura dello scienziato<br />

che, dopo aver servito il potere, si pente. Abbiamo letto pochi<br />

giorni fa che Peter Hagelstein, allievo del bellicoso Teller, giovanissimo<br />

«padre» dello scudo stellare, candidato al Nobel<br />

per la fisica, ha lasciato un laboratorio finanziato dal ministero<br />

americano della Guerra e si è trasferito al Mit, dove si<br />

occuperà esclusivamente di ricerche sulle applicazioni mediche<br />

del laser. Mi pare che contro questo tipo di obiezione<br />

di coscienza non ci sia nulla da replicare: se tutti gli scienziati<br />

del mondo imitassero Hagelstein, i fabbricanti d’armi nuove<br />

resterebbero a mani vuote e la pace universale sarebbe più<br />

vicina di quanto non appaia ora.<br />

Mi lascia meno convinto la posizione assunta da Martin Ryle.<br />

Ryle, nato nel 1918 in Inghilterra, era stato uno dei massimi<br />

esperti di radar durante la guerra, e aveva contribuito in modo<br />

determinante alle misure adottate dagli inglesi per «confondere»<br />

i radar tedeschi. Dopo la guerra, nauseato dagli orrori<br />

della guerra stessa, decise di proseguire la sua brillante<br />

carriera di fisico nel campo che meno si prestava ad applicazioni<br />

belliche, cioè nella radioastronomia. Ebbe il Nobel nel<br />

1974; ma ben presto dovette accorgersi che neppure i suoi<br />

21<br />

colleghi astronomi avevano le mani perfettamente pulite. Ad<br />

esempio, misurare con precisione l’intensità del campo gravitazionale<br />

attorno alla Terra ha un indubbio interesse teorico,<br />

ma serve anche a pilotare meglio i missili balistici intercontinentali.<br />

Secondo i dati di Ryle, il 40 per cento degli ingegneri<br />

e dei fisici inglesi sono impegnati nello studio di strumenti<br />

di distruzione.<br />

Poco prima della sua morte, avvenuta nel 1984, ha allora formulato<br />

una proposta drastica: «Stop science now», arrestiamo<br />

subito ogni ricerca scientifica, anche quella detta «di base».<br />

Dal momento che non siamo in grado di prevedere come una<br />

qualsiasi scoperta può venire distorta e sfruttata, fermiamoci:<br />

basta con le scoperte.<br />

Comprendo il tormento spirituale da cui questo appello è scaturito,<br />

ma esso mi sembra a un tempo estremistico e utopico.<br />

Siamo quello che siamo: ognuno di noi, anche il contadino,<br />

anche l’artigiano più modesto, è ricercatore, e lo è da sempre.<br />

Dal pericolo innegabilmente insito in ogni nuova conoscenza<br />

scientifica ci possiamo e dobbiamo difendere in altri modi. È verissimo<br />

che (cito Ryle) «la nostra intelligenza si è accresciuta<br />

portentosamente, ma non la nostra saggezza»; ma mi domando,<br />

quanto tempo, in tutte le scuole di tutti i paesi, viene dedicato<br />

ad accrescere la saggezza, ossia ai problemi morali?<br />

Mi piacerebbe (e non mi pare impossibile né assurdo) che in<br />

tutte le facoltà scientifiche si insistesse a oltranza su un punto:<br />

ciò che farai quando eserciterai la professione può essere<br />

utile per il genere umano, o neutro, o nocivo. Non innamorarti<br />

di problemi sospetti. Nei limiti che ti saranno concessi, cerca di<br />

conoscere il fine a cui il tuo lavoro è diretto. Lo sappiamo, il<br />

mondo non è fatto solo di bianco e di nero e la tua decisione<br />

può essere probabilistica e difficile: ma accetterai di studiare<br />

un nuovo medicamento, rifiuterai di formulare un gas nervino.<br />

Che tu sia o no un credente, che tu sia o no un «patriota», se<br />

ti è concessa una scelta non lasciarti sedurre dall’interesse<br />

materiale o intellettuale, ma scegli entro il campo che può rendere<br />

meno doloroso e meno pericoloso l’itinerario dei tuoi coetanei<br />

e dei tuoi posteri. Non nasconderti dietro l’ipocrisia della<br />

scienza neutrale: sei abbastanza dotto da saper valutare se<br />

dall’uovo che stai covando sguscerà una colomba o un cobra<br />

o una chimera o magari nulla. Quanto alla ricerca di base, essa<br />

può e deve proseguire: se l’abbandonassimo tradiremmo<br />

la nostra natura e la nostra nobiltà di fuscelli pensanti, e la<br />

specie umana non avrebbe più motivo di esistere.<br />

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese, La letteratura come dialogo [G.B. <strong>Palumbo</strong> <strong>Editore</strong>]

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