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Storia del brigante Michele CARUSO - i fontanari torremaggioresi

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La banda <strong>del</strong> Caruso non si limitava solo ad arrecare danno alle persone con assassinii, ferimenti,<br />

estorsioni e ratti; ma anche alla proprietà: infatti nel settembre <strong>del</strong> 1863 una forte banda di briganti<br />

capitanata dallo stesso Caruso passando pel tenimento di Apice appiccava il fuoco a cinque bighe di<br />

paglia di pertinenza di Giuseppe Catassa e ad altri materiali combustibili di proprietà di Lorenzo<br />

Nardone. Un altro giorno non avendo potuto compiere un ricatto ammazzò la mandria di vacche dei<br />

signori La Medica Matteo e Santoro Angela.<br />

4 ottobre 1863<br />

Poco prima <strong>del</strong>l'alba <strong>del</strong> 4 ottobre Caruso, con quarantacinque proseliti si recò nella piana di Sepino,<br />

presso la taverna, che segna quasi il confine <strong>del</strong> Molise con detta provincia. Fermò quanti<br />

passavano, onde le truppe dei dintorni non fossero avvertite <strong>del</strong>la sua presenza. Alle 8 a. m fermò<br />

una vettura particolare detta giornaliera partita da Campobasso e diretta a Napoli. Spogliò quattro<br />

viaggiatori, fra i quali un soldato <strong>del</strong> 19° fanteria, che si recava in permesso ad Asti. Rinchiuse i<br />

quattro spogliati, nella taverna e si prese i cavalli <strong>del</strong>la giornaliera. Quando però alle 9 cominciò il<br />

solito movimento dei distaccamenti e i briganti si avvidero che, contro di essi era diretto un<br />

drappello <strong>del</strong> 45° fanteria si dettero in fuga abbandonando tre cavalli. Lo stesso giorno alle 2 1/2 p.<br />

m. la banda Caruso fu attaccata dal capitano polacco Potoski, che trovavasi a comandare la 11°<br />

compagnia <strong>del</strong> 45°. L'attacco avvenne presso la masseria Galanti, in quel di S. Croce di Morcone.<br />

5 ottobre 1863<br />

Verso la mezzanotte <strong>del</strong> 5 ottobre, Caruso, attraversando con 60 dei suoi una <strong>del</strong>le mulattiere che da<br />

S. Croce <strong>del</strong> Sannio menavano a Morcone, seppe da uno dei suoi sottocapi; che il <strong>brigante</strong> Giuseppe<br />

Pellegrino, per fame, stava maledicendo il destino che lo aveva spinto a farsi <strong>brigante</strong>. Il Caruso,<br />

senza dir verbo, fece, con un gesto significativo condurre innanzi a sè il Pellegrino e, con una<br />

coltellata, gli trapassò il cuore; poscia ne ruzzolò il cadavere in un burrone. Arrivato in contrada<br />

Cuffiano, che fa parte <strong>del</strong> comune di Morcone; fece bussare ripetutamente alla masseria di Pasquale<br />

De Maria per avere foraggio per i cavalli e viveri, per la compagnia. Berardino Polzella aprì la<br />

porta e disse al Caruso che massar Pasquale trovavasi in Morcone e che di foraggio e di viveri non<br />

era il caso di parlarne, perché ne era senza. Capisco, disse il Caruso, che le autorità ti hanno imposto<br />

di rifiutarci il cibo; però sappi che chi ti parla è persona che non si fa menare pel naso, e, per dartene<br />

prova, scanno prima i tuoi e poi te. Dispose infatti in fila gli abitanti di quella masseria e fumando<br />

fumando li uccise l'uno dopo l'altro. A giorno fatto un contadino che, per caso, si trovò a passare per<br />

la masseria di De Maria avendo visto quella massa umana crivellata da ferite andò a darne avviso ai<br />

carabinieri, i quali, recatisi sopra luogo, ebbero a constatare che Luigia Pietrangelo, Berardino<br />

Polzella, Marta Zeoli, moglie di Berardino, e i figliuoli di questi Giuseppe, Mariantonia, Luigi,<br />

Domenico e <strong>Michele</strong> erano stati prima sparati a bruciapelo e poscia ridotti a pezzi con colpi di<br />

accetta. Fra quell'informe massa umana vi erano tre creaturine, <strong>Michele</strong>, Domenico, e Luigi<br />

Polzella, che contavano rispettivamente 4, 7 e 9 anni<br />

6 ottobre 1863<br />

In S. Giorgio la Montagna Caruso ebbe da una sua spia una certa quantità di polvere. Il masnadiere,<br />

per vedere se corrispondeva al suo desiderio, la provò alla schiena di nove contadini cinque dei quali<br />

restarono cadaveri. L'omicidio per sola brutalità è comunissimo nella Malesia e nell'Africa centrale.<br />

I capi ed i guerrieri uccidono sovente il primo che incontrano per mostrare la loro forza o la loro<br />

destrezza, o per puro capriccio, più spesso ancora per provare le loro armi, senza che ciò provochi lo<br />

sdegno degli astanti (Garofalo)

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