Storia del brigante Michele CARUSO - i fontanari torremaggioresi
Storia del brigante Michele CARUSO - i fontanari torremaggioresi
Storia del brigante Michele CARUSO - i fontanari torremaggioresi
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un vero assalto, e, per la bisogna, chiese aiuto ad altri capibriganti; però un distaccamento <strong>del</strong> 14°<br />
fanteria gli uccideva Giovanni Lotti e <strong>Michele</strong> Mastrolillo, due buone lane di Torremaggiore.<br />
25 marzo 1863<br />
Nelle prime ore <strong>del</strong> 25 i componenti la perfida orda <strong>del</strong> Caruso ricomparvero nel territorio di<br />
Morcone ed ivi si dettero a scorrazzare per le contrade Corte e Gorgoglieto spinosa. Per passatempo<br />
consumarono grassazioni in danno di Alfonso Falasca, Antonio Fusco, Luigi Parlapiano,<br />
Pasquale De Carlo, Alfonso Pasquale, Domenico Giustiniani ed Antonio Amoroso.<br />
Amministrarono, poi, generose legnate a Donato Ciampa, perchè ritenuto linguacciuto.<br />
29 marzo 1863<br />
Il 29 marzo alcune spie andarono a riferire al sindaco di S. Croce di Magliano che Caruso si trovava,<br />
con trenta dei suoi a bivaccare in una masseria. La Guardia Nazionale si recò sopra luogo ed arrestò<br />
Antonio Porrazzo ed Antonio Auriemma, che furono subito passati per le armi.<br />
10 aprile 1863<br />
Sei briganti a cavallo, fra i quali vi erano Caruso, Cascione e Carbone, incendiarono a sei miglia<br />
da Larino, la masseria dei fratelli Cocco.<br />
20 aprile 1863<br />
Il 20 aprile la banda Caruso, forte di ottanta uomini, sequestrò presso Colletorto (Molise) tre<br />
individui, che poscia furono, mediante denaro, rilasciati. Sequestrò pure Michelangelo Lanziti, che,<br />
dopo poco, fu ucciso, e, per disperderne le tracce ne bruciarono il cadavere. Tutto ciò successe in<br />
presenza dei tre ricattati e <strong>del</strong>la figlia <strong>del</strong> Lanziti, a nome Pasqualina, e perché quella povera<br />
ragazza si disperava nel vedere il padre così trattato, Caruso le disse: "Piccina mia, non piangere e<br />
trascinatala dietro una siepe la stuprò".<br />
24 aprile 1863<br />
Un plotone <strong>del</strong> 45° fanteria, venuto a conoscenza che Caruso era ricomparso nel mandamento di<br />
Morcone, si diede ad inseguirlo. Nella precipitosa fuga, Caruso lasciò nelle mani <strong>del</strong>la truppa, tre<br />
cavalli ed alcune armi.<br />
26 aprile 1863<br />
Alle ore 10 <strong>del</strong> 26 aprile, 300 uomini di truppa e guardie nazionali circondarono la banda Caruso,<br />
che trovavasi nella masseria Moffa (Riccia). I briganti lasciarono due morti; cioè Nicola<br />
Napoletano e Domenico Bruzzese. Nella saccoccia interna <strong>del</strong> pastrano <strong>del</strong> Napoletano fu trovato<br />
un involto contenente molte immagini sacre. Al collo di Domenico Bruzzese stava sospeso un<br />
abitino, il quale mostrava da una parte il ritratto di PIO IX e dall'altra un ricamo col motto fac et<br />
spera e una manina ricamata in argento, che brandiva un pugnale, con sotto la scritta: Viva<br />
Francesco II.<br />
27 aprile 1863