Storia del brigante Michele CARUSO - i fontanari torremaggioresi
Storia del brigante Michele CARUSO - i fontanari torremaggioresi
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sentore <strong>del</strong>la cosa, si armò e si diede ad inseguirli. In quell'occasione le signorine De Marco si<br />
videro dalle finestre, tirar colpi di fucile contro i briganti, dei quali uno cadde per opera di un certo<br />
Orazio. Caruso, che trovavasi all'entrata <strong>del</strong> paese, cercò di chiamare a raccolta i suoi, che si erano<br />
sparpagliati per le vicine campagne - ma non vi riuscì; perciò sopraggiunta la guardia nazionale, i<br />
briganti, per salvarsi, si dettero a correre precipitosamente per alcune vie mulattiere.<br />
12 marzo 1863<br />
Lungo la via che conduce a Montuoro fu incontrato dalla banda Caruso, Luigi Bianco di Ururi.<br />
Caruso, nel vederlo gli disse: Dove vai? e l'altro di rimando; Mi reco in campagna. E' meglio che<br />
resti qui, caso contrario questo tempaccio ti apporterebbe danno alla salute, e, senza dir altro, lo rese<br />
cadavere con un colpo di pistola. Eppure nessun animale uccide pel gusto di uccidere, come faceva<br />
<strong>Michele</strong> Caruso.<br />
14 marzo 1863<br />
Nel dì 14 marzo, Caruso con cento dei suoi si vide attraversare la Piana di Morcone; poi andò in<br />
casa di Mariantonia Bilotta che era situata in contrada Fontana <strong>del</strong>la Vetica, ed ivi, a base di<br />
minacce, si fece consegnare cereali, salami ed altro ben di Dio per sfamare cavalli e cavalieri. Ciò<br />
avvenne poco dopo il mezzogiorno. A circa un'ora di notte, lo stesso capo<strong>brigante</strong>, accompagnato da<br />
nove dei suoi più temuti subalterni si recò alla taverna di Alfonso Falasca, in contrada Gorgoglieto,<br />
e quivi, rubò, in danno <strong>del</strong> Falasca, nonché di Beniamino Argenti e di <strong>Michele</strong> Maccherona,<br />
addetti al servizio <strong>del</strong>la posta, e di Vincenzo Schioppa, carrettiere, diverse vettovaglie ed otto<br />
cavalli. In fine si prese, in ostaggio, Pasquale Florio De Maria di S. Croce di Morcone, che, reduce<br />
da Napoli, e, prevedendo l'incontro dei briganti, aveva cercato di far sosta, fino a giorno fatto, in<br />
quella taverna. Il De Maria, fatto montare a cavallo e circondato dai briganti, fu accompagnato in<br />
una vicina campagna, dove gli fu imposto di scrivere al padre, domandandogli il prezzo <strong>del</strong> suo<br />
riscatto, ma, per l'incertezza <strong>del</strong>la luce, fu fatto ritornare nella taverna <strong>del</strong> Falasca, dove Caruso gli<br />
dettò la seguente lettera: "Mio caro padre - Vi prego di inviarmi ventimila ducati, perché sto tra<br />
gente che li vogliono, e presentatevi da Don Nicola Sentinella, altrimenti pensate voi mandate<br />
denari di oro se li trovate. Per tutto domani ad ora 15 e non fate venire la forza. Vostro figlio<br />
Pasquale Florio De Maria . Il capo <strong>Michele</strong> Caruso". Il ricattato, dopo tre ore di palpiti, visto che<br />
i briganti dormivano, fuggì.<br />
21 marzo 1863<br />
I due briganti, Francesco Biacco e Giuseppe Pitta, furono scelti da Caruso per sequestrare un<br />
massaro di Palata. I due masnadieri, nel recarsi al luogo indicato, furono arrestati. Il Biacco fu<br />
fucilato e il Pitta, perché arrolato da poco nella banda Caruso, fu mandato in galera.<br />
23 marzo 1863<br />
Caruso, dopo aver bevuto più <strong>del</strong> solito pensò recarsi in Torremaggiore, dove i suoi concittadini gli<br />
fecero brutta accoglienza; poiché gli uccisero Enrico Pisani ed arrestarono l'altro <strong>brigante</strong> <strong>Michele</strong><br />
Caposio, che, il giorno dopo, fu fucilato nella piazza di quella città.<br />
24 marzo 1863<br />
Caruso, per la disfatta subita il giorno innanzi, pensò la mattina <strong>del</strong> 24, di dare, al suo paese nativo,