Storia del brigante Michele CARUSO - i fontanari torremaggioresi
Storia del brigante Michele CARUSO - i fontanari torremaggioresi
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notizia <strong>del</strong>l'eccidio si recò sopra luogo, con quanta forza più potè raccogliere e ciò fece per dare<br />
degna sepoltura agli uccisi. Dei rimanenti soldati undici furono fatti prigionieri e sette si salvarono<br />
fingendosi morti.<br />
7 novembre 1862<br />
Varie comitive riunite e formanti il complesso di 300 briganti, assalirono S. Severo e poscia S.<br />
Paolo; malgrado l'esorbitante numero vennero respinti da una compagnia <strong>del</strong> 55° fanteria coadiuvata<br />
dalla guardia nazionale. Dopo lungo combattimento, che cagionò la morte a 4 soldati, i briganti<br />
fecero finta di ritirarsi poiché si trasferirono tra Ripa e Poggio Imperiale per accerchiare un<br />
drappello di 40 uomini <strong>del</strong>la 14° <strong>del</strong> 55° fanteria; ma il bravo capitano Rossi, che li comandava,<br />
pose in fuga i briganti e lo stesso fece il tenente Montmasson a Poggio Imperiale. Caruso, vista la<br />
mala parata, ordinò ai suoi di andarsi ad accampare nella vicina selva.<br />
13 novembre 1862<br />
I reali carabinieri di Biccari con novanta guardie nazionali <strong>del</strong>lo stesso paese, eseguendo una<br />
perlustrazione, seppero che nella masseria Quirico-Tulino vi era una banda di cinquanta briganti; ma<br />
per l'esagerata notizia data intorno al numero di essi da due donne e da un certo Violante, che<br />
assicuravano essere i briganti al numero di duecento, nacque nella colonna una certa titubanza, la<br />
quale piegò in disordine. I briganti, avendo notato che parecchi componenti quella guardia nazionale<br />
erano vinti dalla paura, incominciarono a tirare contro i più baldanzosi. Rimasero uccisi i due militi<br />
Matteo Gallo e Giuseppe Baves. I militi nazionali di Roseto ed Alberona, come seppero che i<br />
briganti avevan uccisi i due succennati individui, a tutta corsa, si recarono a Biccari, e, giunti nella<br />
località occupata dai masnadieri, ripresero l'offensiva. I briganti furono posti in fuga portando con<br />
loro molti feriti.<br />
11 dicembre 1862<br />
Achille Del Giudice, proprietario di S. Gregorio, avendo saputo che la comitiva Caruso, composta<br />
di 20 briganti a cavallo, aveva lasciato la Puglia per andare a sequestrare un ricco signore di<br />
Piedimonte, ordinò ai suoi guardiani di non perdere di vista quei briganti. Questi, nulla sapendo,<br />
lasciarono dieci cavalli in una vallata, che furono sequestrati dai guardiani di Del Giudice.<br />
22 dicembre 1862<br />
Sette briganti a cavallo sequestrarono in una masseria presso S. Croce di Magliano un tal <strong>Michele</strong><br />
Giannotti , che condussero nel bosco di Grotta. I carabinieri e le guardie nazionali di quel paese<br />
venuti a conoscenza <strong>del</strong>la cosa, si dettero ad inseguire i briganti. Questi, vistisi a mal partito, si<br />
dettero a precipitosa fuga, lasciando libero il Giannotti.<br />
9 febbraio 1863<br />
La mattina <strong>del</strong> 9 febbraio 1863, Caruso, trovandosi nel territorio di Campomarino , seppe da una<br />
spia che Paolo Chiusi possedeva due magnifici cavalli. Il nostro masnadiere, per averli, mandò<br />
Domenico Grammatica dal possessore. Il Grammatica, come manesco, portava il primato nella<br />
comitiva. Il Chiusi alla richiesta oppose un bel rifiuto; ma, dopo aver avuto dal Grammatica una<br />
lunga serie di legnate, cedette le bestie.