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1 FRANCO GIULIO BRAMBILLA - Noesis

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NOESIS – BERGAMO SILVANO PETROSINO 2008 - 2009<br />

INCONTRI DI FILOSOFIA L’INGANNEVOLE OPPORTUNITA’ DEL MALE 3 febbraio 2009<br />

1 SILVANO PETROSINO – L’INGANNEVOLE OPPOTUNITA’ DEL MALE<br />

Silvano Petrosino è docente di Semiotica e di Morale Teoretica presso l’Università Cattolica<br />

Conferenza tenuta martedì 3 febbraio 2009<br />

1.1 RELAZIONE<br />

Introduzione di Paninforni che informa come Petrosino abbia radici culturali in Heidegger ed in<br />

Derida. Cita: ”L’esperienza dello stupore rappresenta una rottura della realtà, ma non una fuga<br />

dalla realtà”. Tema della conferenza sarà il rapporto tra male e bene, tema che costituisce una<br />

grande sfida.<br />

A questo punto prende la parola Petrosino.<br />

L’ingannevole opportunità del male è un tema molto complesso, a cui si può girare attorno, su cui si<br />

può lavorare, ma per cui non si può arrivare a conclusioni definitive.<br />

Oggi è di moda parlare del male radicale 1 , o assoluto, per cui il Petrosino dichiara di non avere<br />

interesse. Si parla del male radicale con la retorica del “non se ne può dire nulla”. L’origine di<br />

questo atteggiamento sta in parte in una reazione al giustificazionismo del male. Per leggere un<br />

libro come “Mein Kampf” bisogna in qualche modo rapportarsi all’autore ed alle sue idee, cosa che<br />

appare tanto esecrabile da suscitare per reazione l’atteggiamento: “è male assoluto e gratuito, senza<br />

motivazioni, non c’è nulla che se ne possa dire”. La Teodicea 2 inquadra il male ed in qualche<br />

modo lo giustifica, o almeno ne spiega le origini. La teoria del male radicale vuole esorcizzare<br />

ogni possibile giustificazionismo.<br />

Petrosino si dichiara in disaccordo, ed inoltre ritiene che la teoria del male radicale sia non<br />

interessante, in quanto volta ad impedire ogni possibilità di discussione, e quindi di<br />

approfondimento. Lui si dissocia dalla linea del male gratuito, ed ipotizza che chi commette il<br />

male stia comunque cercando qualche cosa. Si riferisce al male “interessante”, peraltro<br />

infrequente, e non ad atti di male modesto e banale come gli scatti d’ira. La guerra induce un male<br />

enorme, ma in qualche modo comprensibile, una somma infinita di piccoli atti cattivi indotti da<br />

paura, debolezza, insicurezza, tensione e percezione distorta della realtà 3 .<br />

Ciò che appare interessante, degno di approfondimento, è che un uomo possa scegliere<br />

consapevolmente ed autonomamente di fare il male (anche un male piccolo). A fronte di tale<br />

comportamento Petrosino pone la domanda: “perché?”, o meglio: “cosa cerchi?”. Non concorda<br />

con chi sostiene che l’uomo compia il male per ignoranza (di quale sia il vero bene 4 ), ma ritiene che<br />

vi sia chi consapevolmente sceglie il male.<br />

Il problema è spiegare il perché di tale scelta, o meglio, rispondere alla domanda: “quando fai il<br />

male, cosa cerchi?”. Su questo punto la tradizione 5 è abbastanza concorde: il male è distruzione.<br />

1 In genere citato con riferimento alla Shoa, ma non solo a quello<br />

2 Parte della teologia che tratta del male. Vedi note bibliografiche<br />

3 Cita l’esempio di militari che dopo avere occupato un abitato combattendo (il nemico e la paura, sostenendosi con<br />

alcol e droghe) si abbandonano a stupri e devastazioni<br />

4 Ad esempio Platone<br />

5 Pseudi Dionigi, capitolo 4, vedi note bibliografiche.<br />

Pagina 1 di 9 Appunti dalle conferenze<br />

a cura di Danilo Cambiaghi


NOESIS – BERGAMO SILVANO PETROSINO 2008 - 2009<br />

INCONTRI DI FILOSOFIA L’INGANNEVOLE OPPORTUNITA’ DEL MALE 3 febbraio 2009<br />

Ci si domanda perché ci sia questa pulsione a distruggere, probabilmente sottoinsieme della<br />

pulsione a dominare, ed ultimamente spesso declinata come pulsione ad autodistruggersi.<br />

Distruggere è relativo alla volontà di affermare un potere laddove in realtà se ne è impossibilitati<br />

(impossibilitati sia ad evitare che a dominare ciò che si vuole distruggere, quindi sempre e<br />

comunque l’altro da sé). Il soggetto vuole liberarsi da qualcosa che gli ricorda un non-potere.<br />

L’Innominato sta nel suo luogo di potere, il suo castello, cinto da mura e simbolicamente<br />

localizzato in un luogo elevato. Lì il suo potere è assoluto, nessuno oserebbe disattendere i suoi<br />

ordini né abusare del suo nome, può stare disarmato. Quando nel castello arriva Lucia,<br />

l’assolutamente debole su cui la sua forza non ha potere, egli ha una crisi. Nel castello (il suo ego)<br />

si è aperta una falla, è entrata Lucia, ed egli desidera toglierla di mezzo perché è testimone di una<br />

sua impotenza. Prova pensieri di vendetta e di rivincita, ha la tentazione di farla mandare subito,<br />

nella notte, al conte Attilio, su cui medita poi di rivalersi. E’ il pensiero di liberarsi di ciò che non<br />

si può né evitare né dominare. E’ la condizione dell’egocentrismo e del narcisismo (che si<br />

esprimono con la distruzione). Si verifica nei consigli di amministrazione, di condominio, di<br />

facoltà, nelle riunioni familiari, ovunque. Si percepisce nei complimenti da strada 6 , nei discorsi<br />

lardellati dai pronomi io e mio. Chi abusa di tali pronomi mira ad annichilire l’altro. “E’<br />

impossibile dire io senza aggredire l’altro”.<br />

Nel 900 è stata negata la possibilità di un soggetto non narcisista, non distruttivo. L’esperienza<br />

dell’alterità è esperienza di limite ed eccedenza 7 . Nella coppia tutto ciò si sperimenta<br />

continuamente, e può nascere la tentazione di sopprimere l’altro. Gli omicidi sono limitati dalla<br />

consapevolezza che l’eliminazione non basta, non è vero annichilimento. Si sa che il coniuge<br />

soppresso rimarrà in qualche modo presente, come ricordo e come rimorso. Si vorrebbe<br />

dimenticarlo, cancellarne l'esistenza, non averlo mai incontrato. In “Crimini e misfatti” 8 si<br />

evidenzia come l’aspirazione del distruttore sia dimenticarsi di chi si ha distrutto. Quando l’ego si<br />

pone come onnipotente ha necessità di annullare l’altro.<br />

Il punto centrale del discorso e che il distruggere è in relazione con la speranza di ricominciare tutto<br />

daccapo. In un distruttore c’è la speranza di creazione, di essere nuovamente all’origine di sé<br />

stessi, di un sé stesso da ricostruire.<br />

Heidegger 9 dà questa definizione: “esistere = essere gettato nell’esistenza”, cioè non essere alla<br />

radice della decisione della propria esistenza. L’essere non è mai signore di sé (esperienza<br />

dell’Innominato con Lucia). Le ipotesi di fuga per ricominciare in paesi lontani sono illusorie, non<br />

puoi evitare quel particolare “altro” che sei tu stesso. Nessuno è padrone in casa propria.<br />

Quindi si distrugge per ricominciare. Perché ricominciare? Qui bisogna distinguere tra origine ed<br />

inizio. Il nostro inizio si ha quando uno spermatozoo incontra un uovo. L’origine è prima,<br />

coinvolge l’esistenza stessa degli spermatozoi e delle uova. C’è una “germogliabilità” che precede<br />

l’essere germogliabile 10 .<br />

Questa frattura (tra inizio ed origine) è insopportabile all’ego che non tollera di non essere<br />

all’origine di sé stesso (pulsione creazionista).<br />

La pulsione a dominare si esprime distruggendo per ricostruire.<br />

6 Cita Cappuccetto Rosso, abbordata dal lupo mentre cammina per la sua strada<br />

7 Limite perché l’altro ti limita, eccedenza perché ti porge qualcosa che è più (e diverso) rispetto a quello che vorresti<br />

8 Secondo Petrosino il più bel film di Woody Allen.<br />

9 Filosofo contemporaneo. Si veda, ad esempio, il sito: http://www.filosofico.net/heid105.htm.<br />

10 Platone, e poi potenza ed atto in Aristotele. Si veda una citazione dal Petrosino stesso nelle note bibliografiche<br />

Pagina 2 di 9 Appunti dalle conferenze<br />

a cura di Danilo Cambiaghi


NOESIS – BERGAMO SILVANO PETROSINO 2008 - 2009<br />

INCONTRI DI FILOSOFIA L’INGANNEVOLE OPPORTUNITA’ DEL MALE 3 febbraio 2009<br />

Secondo Heidegger molte culture ripropongano il mito del peccato originale perché l’uomo vive<br />

come una colpa il fatto di non essere all’origine di sé stesso (l’alternativa sarebbe accettare questo<br />

fatto come un dono).<br />

Il profeta Isaia definisce il venturo Messia come un uomo che non distruggerà assolutamente nulla<br />

(“non romperà la canna incrinata”).<br />

Il male sarebbe un tentativo di liberarsi del peccato originale, di staccarsi dalla propria ombra.<br />

Cita, in letteratura, il marchese De Sade, che ci propone una macchina di distruzione come forma di<br />

affermazione del proprio godimento assoluto. L’amore postula l’altro, e quindi un limite al proprio<br />

godimento. Qui compare il vero male, quello interessante. C’è una chiave per rileggere il<br />

Nazismo 11 , che contiene l’idea di ricominciare, ricostruire il paradiso, salvare il mondo. E’ la<br />

pulsione creazionista, sempre distruttiva in ogni comunità. Dai “Dublinesi” di Joyce cita la rivalsa<br />

del padre, fallito e deluso in ogni campo, che si prende una rivincita umiliando il figlio debole. Lo<br />

stesso fenomeno psicologico spiega gli adulti che cercano rapporti sessuali con bambine.<br />

Citazione di due frasi di Lacan 12 , da una conferenza del ’47 sull’aggressività:<br />

− L’aggressività è la tendenza correlativa ad un modo di identificazione che chiamiamo<br />

narcisista<br />

− L’identificazione di un soggetto da parte dell’io è in funzione dei desideri dell’io<br />

stesso, e fin qui nulla di male. Un uomo vede una donna attraente e la identifica<br />

come possibile oggetto di piacere sessuale, è in relazione alla ricerca del piacere,<br />

ed è nelle regole della vita. La vita è senza perdono, l’agnello che non sa correre<br />

viene divorato. Quando però l’uomo entra in relazione con quella donna,<br />

identificata come oggetto di piacere, lei si palesa come soggetto, con ciò<br />

proponendogli un limite (il dopocena sarà probabilmente rinviato) e come<br />

eccedenza (un essere umano eccede largamente un corpo umano). Se voglio a<br />

tutti i costi il mio godimento devo pormi come ottuso, non percepire la sua<br />

umanità, altrimenti devo accettare limite ed eccedenza (se è una persona non<br />

posso possederla tutta). Il male non nasce quando progetto il dopocena, ma<br />

quando fingo di non capire che lei è più che un corpo, quando voglio ignorare<br />

(=distruggere) la sua umanità: è una forma di distruttività che nasce dal non<br />

volersi staccare dal modo di identificazione con cui tutta la relazione era iniziata.<br />

− In altra occasione Lacan, a proposito della pulsione di morte in Freud, parla di pazienti<br />

che non vogliono guarire per non cessare di essere padroni della propria malattia. Qui<br />

c’è un ego che si nutre del possesso della malattia, usata per prevalere in qualche modo<br />

sugli altri (le mie sofferenze sono più acute delle tue).<br />

L’attenzione non va posta sulla parola “morte” ma sulla parola “pulsione” che suggerisce una<br />

pulsione creazionista. C’è il voler morire come rivincita all’impotenza nel ricominciare.<br />

11 Il Petrosino si ferma alla citazione del Nazismo. Ritengo si possano includere tutte le ideologie che esaltano la<br />

rivoluzione, da quella francese a quella comunista. Stesso discorso per le operazioni di proselitismo religioso forzato,<br />

dai Crociati di un tempo ai fondamentalisti islamici di oggi.<br />

12 Psicanalista contemporaneo, vedi note bibliografiche<br />

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a cura di Danilo Cambiaghi


NOESIS – BERGAMO SILVANO PETROSINO 2008 - 2009<br />

INCONTRI DI FILOSOFIA L’INGANNEVOLE OPPORTUNITA’ DEL MALE 3 febbraio 2009<br />

Cita dal “Paradiso perduto” di Milton 13 i passi in cui i Diavoli sconfitti cercano una rivincita nel<br />

fare dispetti a Dio. Lucifero, il più intelligente dei ribelli, ridotto a fare i dispetti come qualsiasi<br />

frustrato che danneggia l’automobile altrui (nel suo caso non pensa di rigare l’auto di Dio, ma di<br />

distruggergli la terra). Quando Lucifero, parlando dell’Inferno, dice “… qui almeno saremo liberi.<br />

Meglio regnare sull’inferno che servire in Cielo” esprime la posizione di chi fa della propria mente<br />

un proprio inferno, dove ciascuno può suonarsele e cantarsele (ci sono comunque gli altri diavoli,<br />

necessari per dare spessore all’inferno: qui emerge la genialità di Freud che dimostra che la mente<br />

non è il proprio luogo, ma è un luogo abitato anche da altri). La falsa alternativa che si propone tra<br />

regnare e servire è tipica di una mente che ha rinunciato a tutto il resto, dal dipingere un quadro al<br />

fare una carezza ad un bimbo, al guadagnarsi la vita con onesta soddisfazione.<br />

I bambini innocanti sono una fola, solo un grande uomo può essere “non nocente”. L’innocenza è<br />

la meta, non l’origine.<br />

Il potere o è servizio o è una forma di compensazione.<br />

Torna la citazione da Milton: “Oh me miserevole, per quale varco potrò mai fuggire …. Ovunque<br />

fugga è sempre inferno: sono io l’inferno”. L’inferno non è un luogo, è un modo di essere.<br />

“Ormai godremo solo delle miserie, essendo queste le gioie che dona l’ambizione. … e se per me<br />

tutto il bene è perduto, male, sii tu il mio bene.”<br />

La possibilità di bene può nascere solo dall’accettazione di un limite e di una eccedenza.<br />

13 Poeta inglese del ‘600, da molti considerato l’omologo inglese di Dante. Si veda ad esempio il sito<br />

http://en.wikipedia.org/wiki/John_Milton<br />

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a cura di Danilo Cambiaghi


NOESIS – BERGAMO SILVANO PETROSINO 2008 - 2009<br />

INCONTRI DI FILOSOFIA L’INGANNEVOLE OPPORTUNITA’ DEL MALE 3 febbraio 2009<br />

1.2 DIBATTITO<br />

Paninforni: sottolinea come il pubblico (che ha applaudito calorosamente) abbia riconosciuto<br />

l’alterità del Petrosino.<br />

Intervento 1 – la conferenza ci ha dato argomenti validi contro la mistica rivoluzionaria. Si<br />

potrebbero traslare anche in campo filosofico, ad esempio si potrebbe reinterpretare la rivoluzione<br />

illuminista come un fenomeno corroborato dall’inflazione dell’ego dei vari Voltaire, Diderot, ecc.?<br />

Intervento 2 – nella conferenza Dio non è stato nominato. Sarebbe una corretta sintesi della<br />

conferenza l’affermazione “l’uomo o accetta Dio (alterità ed eccedenza in assoluto) o cade nel<br />

male”?<br />

Intervento 3 – si può approfondire quale sia la personalità di colui che sceglie il male?<br />

Risposta 1 – Non c’è la cartina di tornasole che evidenzia l’apparire del male. Quando<br />

emerge una scena di distruzione si capisce che c’è il male. Il rivoluzionario incontra il male<br />

quando divinizza il suo ideale. Si ha l’inferno quando l’uomo vuole creare il paradiso in<br />

terra. Il criterio vale anche in filosofia, il marchio del distruttore è il perseguire uno scopo<br />

ad ogni costo. Non è vero che se vuoi la pace devi preparare la guerra: se vuoi la pace<br />

prepara la pace. Schumann 14 si è rovinato le mani per perseguire un perfezionamento<br />

tecnico impossibile. Sii pure rivoluzionario, ma non distruggere.<br />

Risposta 2 – Non è indispensabile ricorrere al concetto di Dio, la base del discorso è stata<br />

l’accettazione del limite. In Seneca si trova tutto quello che serve senza bisogno del<br />

concetto di Dio. Tuttavia il concetto di Dio è il più appropriato ad accompagnarsi al<br />

concetto di limite. Cita le lettere di Goering 15 dal carcere, nelle quali lo stesso, perso ogni<br />

senso del limite e della realtà, si paragonava a Cristo, dimostrando una totale pazzia.<br />

“Un uomo è uno che non ti chiede nulla”<br />

14 Famoso pianista e compositore.<br />

15 Uno dei principali collaboratori di Hitler.<br />

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a cura di Danilo Cambiaghi


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INCONTRI DI FILOSOFIA L’INGANNEVOLE OPPORTUNITA’ DEL MALE 3 febbraio 2009<br />

1.3 RIFERIMENTI<br />

1.3.1 TEODICEA<br />

Teodicea, parola composta dal greco theos (“Dio”) e dike (“giustizia”). Letteralmente, “giustizia divina”. La teodicea è<br />

quella parte della teologia che si occupa di spiegare il senso della giustizia divina in relazione alla presenza del male nel<br />

mondo. Il termine fu coniato da Leibniz (Saggio di Teodicea sulla bontà di Dio, la libertà dell'uomo e l'origine del male,<br />

1710). La teodicea spiega quindi il senso del male e la sua presenza nel mondo creato dal divino.<br />

1.3.2 PSEUDO DIONIGI O DIONIGI L'AREOPAGITA<br />

A cura di Diego Fusaro<br />

BREVE INTRODUZIONE<br />

Dionigi è il primo a tematizzare in modo sistematico l'apofatismo, ovvero a elaborare una " teologia negativa ".<br />

In sintesi ciò significa che è molto di più ciò che di Dio, Mistero infinito, non possiamo conoscere, che non ciò che di<br />

Lui possiamo conoscere.<br />

La sua teologia si scandisce in tre momenti: 1) teologia katafatica (o positiva): il Mistero è conoscibile mediante i suoi<br />

effetti, cioè la creatura, che Gli è in qualche modo simile; in questo senso possiamo dire che Dio è tutto ciò che nel<br />

creato è perfezione: ad esempio vita, piuttosto che morte, potenza, piuttosto che impotenza, intelligenza, amore, libertà,<br />

giustizia. 2) teologia apofatica (o negativa): le perfezioni che attribuiamo a Dio non sono tali quali le conosciamo nella<br />

nostra esperienza di creature: tra Creatore e creatura vi una distanza infinita, dunque una dissimiglianza maggiore della<br />

somiglianza; in questo senso possiamo dire che Dio è non-vita, non-potenza, non-intelligenza etc., nel senso che non è<br />

tali perfezioni come le conosciamo noi. 3) teologia superlativa : il Mistero ha in sè tutte le perfezioni presenti nel creato<br />

(katafatismo), ma non quali le conosciamo noi (apofatismo), bensì in grado infinitamente perfetto; in questo senso<br />

possiamo dire che Dio è super-vita, super-potere, super-intelligenza etc. In Dionigi manca quello che per la cultura<br />

occidentale, da S.Agostino in poi, è diventata una componente essenziale, la storia: l'immagine del mondo che egli<br />

trasmette è quella di una contemplante, pacificata adorazione liturgica. Ma, se tale concezione può integrare la frenesia<br />

attivistica tipicamente occidentale, non può eliminare il senso drammatico della storia come lotta.<br />

IL PENSIERO<br />

Vissuto verso la fine del V secolo, quando ormai il cristianesimo era la religione ufficiale dell'impero, Dionigi fu un<br />

convinto neoplatonico convertito al cristianesimo e desideroso di determinare un punto di convergenza fra la nuova fede<br />

e l'ultima grande filosofia pagana. Nella sua dottrina si possono rintracciare i temi centrali del neoplatonismo procliano:<br />

1) Dio (l'Uno di Proclo) è al di là dell'essere e del conoscere, assolutamente altro, ineffabile. È principio sovraessenziale<br />

che risiede nelle tenebre, la "tenebra divina" che è "luce inaccessibile". Conoscere Dio è non conoscere, negare cioè<br />

ogni categoria logica e ontologica; 2) la struttura gerarchica della realtà che deriva per emanazione da Dio e che si<br />

articola in una serie di gradi ontologici che trovano la loro fondazione nel processo di comunicazione della bontà divina<br />

e la loro perfezione nel ritorno a Dio, che è Bene e Uno; 3) l'unione (hènosis) dell'anima a Dio mediante l'estasi, vale a<br />

dire uscendo da sé stessi e appartenendo totalmente a Dio. Nel processo creativo, o emanazione, Dio si manifesta: è<br />

quindi possibile attribuire a Dio tutti gli aspetti, gli attributi degli esseri creati. Secondo questo metodo si costituisce la<br />

teologia affermativa o catafatica che applica a Dio le affermazioni particolari relative agli esseri (Dio è bontà, bellezza,<br />

essere, vita, etc.). Ma nessun nome intelligibile può designare propriamente ciò che Dio è, poiché è al di sopra di tutti<br />

gli esseri creati designati da questi nomi. La teologia affermativa deve pertanto cedere il passo a quella negativa o<br />

apofatica, alla via, cioè, che procede per negazione, così da negare di Dio ogni cosa che possa dirsi delle creature (Dio<br />

non è essere, non è vita, non è luce, etc.): questo è il metodo più proprio per parlare di Dio e risalire a lui nelle "tenebre"<br />

della sua "luce inaccessibile". Secondo Dionigi, infatti, queste negazioni devono essere intese non già in senso<br />

privativo, bensì in senso trascendente, e per questo motivo la teologia negativa può essere concepita come superaffermativa:<br />

ad esempio, Dio è super-bene, super-essere, super-vita. Poiché Dio è assolutamente estraneo ad ogni forma<br />

di conoscenza perché al di là di ogni affermazione e negazione, e quindi al di fuori di ogni discorso razionale, solo chi<br />

supera ogni forma di conoscenza può unirsi al principio del tutto, all'Uno inconoscibile: "Proprio perché non conosce<br />

più nulla, conosce al di sopra dell'intelligenza". Al vertice del processo apofatico resta una conoscenza che non è<br />

conoscenza, una visione soprarazionale nelle tenebre : " la tenebra divina è luce inaccessibile in cui si dice che risieda<br />

Dio ". Quindi nella " totale assenza di parole e di pensieri " si realizza l'unione (hènosis) della mente umana con l'Uno.<br />

Pagina 6 di 9 Appunti dalle conferenze<br />

a cura di Danilo Cambiaghi


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INCONTRI DI FILOSOFIA L’INGANNEVOLE OPPORTUNITA’ DEL MALE 3 febbraio 2009<br />

L'uomo per conoscere Dio si deve unire a Dio, e perché ciò sia possibile deve uscire da sé stesso e diventare uno con<br />

Dio mediante l'estasi. La conoscenza di Dio presuppone, pertanto, la divinizzazione dell'uomo. La tradizione mistica<br />

medievale attingerà sempre a Dionigi i grandi temi della ineffabilità divina, della tenebra luminosissima, dell'unione<br />

con Dio nell'assenza di ogni conoscenza, nell'unità semplicissima della mente umana. La teologia negativa<br />

dell'Areopagita è così interessante che viene da chiedersi come mai dopo di essa non si sia sviluppato l'ateismo. Dionigi<br />

infatti pone un Dio talmente al di là dell'umana comprensione che se la sua teologia non restasse ferma alla<br />

contemplazione mistica, ma procedesse oltre, anche di poco, col ragionamento logico (beninteso), alla fine la<br />

conclusione non potrebbe essere che una: Dio non esiste per l'uomo e, se esiste, gli è del tutto indifferente. Una teologia<br />

di questo tipo non poteva che nascere in un'epoca di decadenza, cioè in un'epoca in cui la comunità cristiana era<br />

consapevole di non aver realizzato i propri ideali. L'apofatismo di Dionigi, che è diverso da quello della Patristica<br />

orientale, in quanto di tipo filosofico-religioso più che teologico, è servito, o meglio, è stato usato per giustificare il<br />

fallimento della rivoluzione cristiana, rimandandone l'esito a un futuro escatologico, e contribuendo ad approfondire la<br />

separazione tra uomo e Dio. E' probabile però che le intenzioni di Dionigi fossero semplicemente quelle di testimoniare<br />

un fallimento in atto. La strumentalizzazione è avvenuta in un secondo momento. La sua teologia, tuttavia, è molto più<br />

tollerante di quella cattolico-romana, che ha sempre avuto la pretesa di realizzare adeguatamente la volontà di Dio. Da<br />

notare che quando il cattolicesimo ha smesso d'avere questa pretesa, s'è trasformato, nel nord Europa, in<br />

protestantesimo, il quale, non a caso, ha ribadito subito l'assoluta differenza o alterità tra uomo e Dio. La differenza tra<br />

ortodossia e protestantesimo, in questo senso, sta nel fatto che la prima affermò l'apofatismo in un contesto sociale<br />

ancora dominato, nonostante tutto, dai valori pre-borghesi; il secondo invece ha allontanato Dio dall'uomo per poter<br />

legittimare (quanto consapevolmente non importa) il modo di produzione capitalistico. Tornando a Dionigi, si può<br />

affermare che la mistica può diventare intollerante solo nel caso in cui -come in Heidegger- si pretende di dire l'ultima<br />

parola sull'essere, cioè nel caso in cui la contemplazione è "forzata" e l'attesa di un "avvento illuminante-proteggente" è<br />

in realtà l'attesa da parte di un "metafisico" (un filosofo di professione) che vuole essere confermato e non smentito<br />

nelle proprie convinzioni. Viceversa, la teologia negativa di Dionigi era "aperta", poiché consapevole del "declino"<br />

ideale (non storico) del cristianesimo (il declino storico, in Oriente, avverrà dopo il Mille, in concomitanza con le<br />

crociate occidentali). Non era una teologia conservatrice, anche se evitava di affrontare temi di carattere sociale. Era<br />

piuttosto una teologia aristocratica, senza essere decadente. Denunciava un limite senza offrire una soluzione per<br />

superarlo.<br />

PASSI DALLE OPERE<br />

Identità e Differenza di Dio<br />

Il Medesimo è soprasostanzialmente eterno, invariabile, rimane sempre in se stesso, è sempre nella stessa maniera e si<br />

mantiene ugualmente presente a tutte le cose, collocato egli stesso per se stesso e da se stesso stabilmente e<br />

intemeratamente nei bellissimi confini di un'Identità soprasostanziale, senza cambiamento, senza perdita, inflessibile,<br />

invariabile, non mescolato, immateriale, semplicissimo, senza bisogno, senza crescita, senza diminuzione, senza<br />

nascita: non nel senso che non sia ancora creato o che sia incompiuto (...) ma congiunge gli esseri gli uni con gli altri, in<br />

quanto abbondante e causa di identità che contiene in antecedenza in sé, alla stessa maniera, anche le cose contrarie<br />

secondo una sola ed unica Causa sovraeminente di tutte l'identità.<br />

(Dionigi Areopagita, De divinis nominibus, IX, 4, 912 B-C)<br />

Dio è Alterità per il fatto che mediante la sua provvidenza è presente a tutti e si fa tutto in tutti per la salvezza di tutti,<br />

rimanendo in se stesso e fermo nella sua propria identità, mantenendosi secondo un'azione unica e ininterrotta e dandosi<br />

con una forza che non viene mai meno per la deificazione di quelli che si rivolgono a lui. Bisogna credere che la<br />

diversità delle figure varie di Dio secondo le multiformi apparizioni indicano qualche cosa di diverso da ciò che<br />

appaiono per coloro ai quali appaiono (...). Ora guardiamo la stessa Diversità divina, non come un mutamento entro<br />

l'Identità inconvertibile, ma come Unità di lui capace di moltiplicarsi e procedimenti della fecondità che produce tutti<br />

gli esseri .<br />

(Dionigi Areopagita, De divinis nominibus, IX, 5, 912 D - 913 B)<br />

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a cura di Danilo Cambiaghi


NOESIS – BERGAMO SILVANO PETROSINO 2008 - 2009<br />

INCONTRI DI FILOSOFIA L’INGANNEVOLE OPPORTUNITA’ DEL MALE 3 febbraio 2009<br />

1.3.3 GERMOGLIABILITA’<br />

Si veda questo passo dallo stesso Petrosino.<br />

L’intervento completo si trova nel sito:<br />

http://www.acli.it/modules/interventi/allegati/37.petrosino_def.doc?<br />

POSTNUKESID=7ed85ab26f151923c549da9ab54fc179<br />

Omissis … Faccio sempre l’esempio del fagiolo: tutti noi sappiamo che si prende il fagiolo, si mette nell’ovatta<br />

con l’acqua, e il fagiolo germoglia. Poi si dice: “come mai il fagiolo è germogliato?”. È chiaro quali sono le<br />

condizioni della germogliabilità del fagiolo? Beh…umidità, luce e calore. Quando il fagiolo viene colpito dalla<br />

luce, dall’umidità e dal calore, il fagiolo germoglia.<br />

Certamente. L’inizio del germogliare del fagiolo è legato alla luce, all’umidità e al calore; però subito dopo<br />

bisognerebbe iniziare a dire ai bambini e a noi stessi che se io però ci metto un sassolino, il sassolino non<br />

germoglia. Aristotele lo diceva in un modo un po’ più raffinato quando parlava del primato dell’atto sulla<br />

potenza: a lezione dico che il fagiolo germoglia prima di germogliare, è la “germogliabilità”. Ma questo è il<br />

mistero. Qual è l’origine della germogliabilità? Lo possiamo dire. Qual è l’inizio di una nuova vita? Quando lo<br />

spermatozoo entra in un ovulo… è assolutamente vero, ma questo è l’inizio, non è l’origine.<br />

È una trappola discutere su quando il feto è umano, è sbagliato! Perché se l’umano c’è, io dico che riguarda<br />

l’atto sessuale, cioè l’umano, prima che lo spermatozoo si unisca all’ovulo… C’è già. È prima. Ma lo sappiamo<br />

tutti, tutti quelli che son sposati e hanno un figlio… “Quando è nato tuo figlio?”. “Mio figlio è nato in questa<br />

data”… ma no, è nato prima, è nato quando abbiamo fatto l’amore; anzi è nato quando abbiamo deciso di fare<br />

l’amore, è nato quando abbiamo deciso di metterci insieme, è nato quando ho visto quella li e mi sono<br />

innamorato. È nato prima.<br />

Non bisogna cadere, e questa è colpa anche del nostro ambiente, nella trappola dell’inizio. La partita, il mistero<br />

è l’origine. L’origine della vita è certo, è Dio; ma non bisogna avere fretta. C’è qualcosa che è più vicino, che è<br />

più legato all’esperienza.<br />

L’origine del nuovo nato non è solo Dio. L’origine del nuovo nato è l’amore che mi lega a mia moglie e a mio<br />

marito. …<br />

1.3.4 JACQUES LACAN<br />

A cura di Diego Fusaro (http://www.filosofico.net/lacan.htm)<br />

Le tematiche psicanalitiche trattate da Jacques Lacan (1901-1981), mettendo in primo piano la nozione di inconscio,<br />

procedono verso l'abbandono della centralità del soggetto come chiave d'interpretazione del modo d'essere dell'uomo e<br />

della sua storia. Laureatosi in psichiatria, Lacan frequentò i surrealisti, interessati alla scrittura automatica attraverso<br />

libere associazioni e alle modalità creative del linguaggio onirico, ed entrò a far parte della "Société psychanalytique de<br />

Paris", fondata nel 1926, ma nel 1953 operò una secessione e fondò la "Société française de psychanalyse", che non fu<br />

riconosciuta dall'"Associazione psicoanalitica internazionale". Nel 1963 ebbe luogo un'altra scissione in seguito alla<br />

quale Lacan costituì l' "Ecole freudienne de Paris", che però si dissolse nel 1980. Le sue tesi, elaborate soprattutto nel<br />

corso dei seminari del mercoledì tenuti a partire dal 1953 nell'ospedale di Sainte Anne, sono raccolte negli " Scritti "<br />

(1966), di assai difficile lettura. Lacan intende tornare all'insegnamento originario di Freud , che a suo avviso è stato<br />

travisato negli sviluppi successivi della psicoanalisi. Lacan, pur essendo considerato da molti un innovatore del pensiero<br />

freudiano, dichiara di voler "tornare all'insegnamento originario di Freud" e malgrado sia stato sconfessato più di una<br />

volta dalle istituzioni freudiane ortodosse si è sempre proclamato l'unico vero interprete dell'insegnamento di Freud. La<br />

rivoluzione freudiana è consistita nel detronizzare l'Io, riconoscendo nell' inconscio , la vera voce dell'individuo: chi<br />

parla nell'individuo non è propriamente l'Io, ma l'inconscio. Come aveva mostrato Freud, soprattutto nell'<br />

"Interpretazione dei sogni", l'inconscio è " strutturato come un linguaggio ", è " desiderio che diviene linguaggio " e<br />

l'analisi dell'inconscio è dunque fondamentalmente la decifrazione di tale linguaggio . Anche Lacan riprende da<br />

Saussure la concezione secondo cui la lingua e i segni sono autonomi rispetto alle prestazioni linguistiche individuali; in<br />

questo senso, il linguaggio dell'inconscio è il discorso dell'Altro rispetto al soggetto conscio. Alle due modalità della<br />

condensazione e dello spostamento, individuate da Freud nell'analisi dei sogni, corrispondono la metafora e la<br />

metonimia , che secondo Jakobson sono gli assi portanti di ogni lingua. In particolare, la metafora è la condensazione in<br />

una singola parola o immagine, mentre la metonimia, ossia il denominare una cosa con il nome di un'altra, con la quale<br />

essa è in relazione di dipendenza o di continuità, è analoga allo spostamento, cioè alla sostituzione di un'idea o<br />

immagine con altre associate ad essa. L'analisi e la terapia psicoanalitica non devono mirare a potenziare l'Io, cioè la<br />

dimensione conscia, ma consentire l'accesso alla verità dell'inconscio. La verità, infatti, risiedendo nell'inconscio, è<br />

Pagina 8 di 9 Appunti dalle conferenze<br />

a cura di Danilo Cambiaghi


NOESIS – BERGAMO SILVANO PETROSINO 2008 - 2009<br />

INCONTRI DI FILOSOFIA L’INGANNEVOLE OPPORTUNITA’ DEL MALE 3 febbraio 2009<br />

anonima, non è oggetto di un sapere posseduto dall'Io; anzi, il sapere, in quanto dominio di un oggetto, si oppone,<br />

secondo Lacan, alla verità. Solo la psicoanalisi, operando una riduzione dell'Io, può lasciare che la verità parli, anche se<br />

mai nella sua interezza. Il soggetto o Io, secondo Lacan, non è il dato originario della vita psichica dell'individuo, ma il<br />

risultato di una costruzione. La prima tappa è costituita dallo stadio dello specchio , studiato da Lacan già prima della<br />

guerra. Tra i sei e i diciotto mesi, il bambino arriva a riconoscere la propria immagine riflessa nello specchio e elabora<br />

un primo abbozzo dell'Io, ma all'interno dell'immaginario, ovvero entro una relazione duale di confusione tra sé e l'altro.<br />

Tale identificazione è primaria, matrice di tutte le altre, per esempio con la madre. Rispetto alla specularità dei desideri<br />

della madre e del bambino viene a interporsi la figura paterna e con essa l'interdizione dell'incesto (l'Edipo), su cui si<br />

fondano l' ordine simbolico e la civiltà . Il padre, infatti, rappresenta " la figura della legge ": la sua parola produce la<br />

rimozione del desiderio della madre. Ciò vuol dire, secondo Lacan, che l'ordine simbolico, ovvero il linguaggio, si<br />

fonda sulla rimozione dell'immaginario, ossia su una scissione fra psichismo inconscio e conscio. Con l'accesso<br />

all'ordine simbolico si accede, al tempo stesso, alla società e alla cultura, necessarie al sorgere della soggettività. Il<br />

simbolico è il luogo dell'inconscio impersonale, dove sono depositati i simboli linguistici e sociali, privi di<br />

significazione, finchè non s'incarnano in un individuo. Il soggetto conferisce significato a questi simboli, accentrandosi<br />

intorno a un'unità immaginaria, il Me, ossia facendo perno sull'immagine di sé, che estrania l'Io in un'alterità idealizzata<br />

e conferisce al mondo un carattere antropomorfico. L'inconscio, infatti, non ha un centro e quindi anche l'uomo è<br />

eccentrico e perde la propria unità nel momento in cui si riconosce nell'alterità della sua immagine esteriore, nella quale<br />

vengono a stratificarsi le sue identificazioni ideali. Secondo Lacan, è impossibile la ricomposizione dell'Io col Me : tra<br />

essi si colloca l'immaginario della pulsione di morte. Analogmente resta inattingibile il reale in sé, perché in mezzo c'è<br />

sempre il simbolico: il divieto paterno, spostando la pienezza del legame con la madre, ha fatto sì che si desidera ciò che<br />

non si ha, cosicchè il reale diventa lo scopo irraggiungibile, che perpetua eternamente il desiderio.<br />

Pagina 9 di 9 Appunti dalle conferenze<br />

a cura di Danilo Cambiaghi

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