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Logica e psicologia nella cultura italiana del XIX - Studi umanistici ...

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO<br />

FILARETE ON LINE<br />

Pubblicazioni <strong>del</strong>la Facoltà di Lettere e Filosofia<br />

EMILIO GATTICO<br />

<strong>Logica</strong> e <strong>psicologia</strong> <strong>nella</strong> <strong>cultura</strong><br />

<strong>italiana</strong> <strong>del</strong> <strong>XIX</strong> secolo. Un tema<br />

di epistemologia genetica: analisi<br />

storico‑critica <strong>del</strong>la letteratura<br />

filosofica minore<br />

Firenze, La Nuova Italia, 1995<br />

(Pubblicazioni <strong>del</strong>la Facoltà di Lettere e Filosofia <strong>del</strong>l’Università degli<br />

<strong>Studi</strong> di Milano, 160)<br />

Quest’opera è soggetta alla licenza Creative Commons Attribuzione ‑<br />

Non commerciale ‑ Non opere derivate 2.5 Italia (CC BY‑NC‑ND<br />

2.5). Questo significa che è possibile riprodurla o distribuirla a condizio‑<br />

ne che<br />

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http://creativecommons.org/licenses/by‑nc‑nd/2.5/it/legalcode.<br />

Nota. Ogni volta che quest’opera è usata o distribuita, ciò deve essere fat‑<br />

to secondo i termini di questa licenza, che deve essere indicata esplicita‑<br />

mente.


PUBBLICAZIONI<br />

DELLA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA<br />

DELL'UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO<br />

CLX<br />

SEZIONE DI PSICOLOGIA


EMILIO GATTICO<br />

LOGICA E PSICOLOGIA<br />

NELLA CULTURA ITALIANA<br />

DEL <strong>XIX</strong> SECOLO<br />

UN TEMA DI EPISTEMOLOGIA GENETICA:<br />

ANALISI STORICO-CRITICA<br />

DELLA LETTERATURA FILOSOFICA MINORE<br />

LA NUOVA ITALIA EDITRICE<br />

FIRENZE


Gattico, Emilie<br />

<strong>Logica</strong> e <strong>psicologia</strong> <strong>nella</strong> <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong> <strong>del</strong> <strong>XIX</strong> secolo :<br />

un tema di epistemologia genetica :<br />

analisi storico-critica <strong>del</strong>la letteratura fìlosofica minore. -<br />

(Pubblicazioni <strong>del</strong>la Facoltà di Lettere<br />

e Filosofìa <strong>del</strong>l'Università degli <strong>Studi</strong> di Milano ; 160.<br />

Sezione di Psicologia ; 2). -<br />

ISBN 88-221-1643-7<br />

1. Epistemologia genetica<br />

I. Tit.<br />

501<br />

Proprietà letteraria riservata<br />

Printed in Italy<br />

Copyright 1994 by « La Nuova Italia » Editrice, Firenze<br />

l a edizione: giugno 1995


INDICE<br />

INTRODUZIONE p. 1<br />

Capitolo I LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE<br />

ITALIANA DEL <strong>XIX</strong> SECOLO 7<br />

1. I periodo - Prima metà <strong>del</strong> secolo - Osservazioni generali 7<br />

2. Rapporto <strong>Logica</strong>-Psicologia <strong>nella</strong> <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong> (1800-1850) 12<br />

3. II periodo - Seconda metà <strong>del</strong> secolo - Osservazioni generali 38<br />

4. L'esempio di Wundt e la situazione <strong>italiana</strong> 47<br />

5. Rapporto <strong>Logica</strong>-Psicologia <strong>nella</strong> <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong> (1850-1900) 59<br />

5.1. Primarietà <strong>del</strong>la Psicologia rispetto alla <strong>Logica</strong> 62<br />

5.2. Mantenimento <strong>del</strong>la scissione tra <strong>Logica</strong> e Psicologia 76<br />

5.2.1. Acquisizione di tecniche per lo sviluppo <strong>del</strong> pensiero 7 9<br />

5.2.2. Prime forme di associazionismo tra <strong>Logica</strong> e Psico­<br />

logia 84<br />

5.2.3. <strong>Logica</strong> inventiva - Critica alla Sillogistica 86<br />

5.2.4. <strong>Logica</strong>, ovvero strumento « per vedere » ciò che si<br />

percepisce dalla realtà 97<br />

5.2.5. Psicologia generatrice <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> (approcci empirici) 101<br />

5.2.6. Psicologia generatrice <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> (approcci teorici) 106<br />

5.3. Rifiuto di comparazione <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> con la Psicologia 113<br />

6. Conclusioni 123<br />

Capitolo II LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE<br />

ITALIANA DEL <strong>XIX</strong> SECOLO 142<br />

1. Premessa 142<br />

2. I precedenti storici 145<br />

3. <strong>Logica</strong> Naturale e Psicologia <strong>nella</strong> <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong> 158<br />

4. Evoluzioni <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale in rapporto con la Psicologia 165<br />

5. Osservazioni 168<br />

5.1. Genesi, esplicazione, interpretazione 168<br />

5.2. Mondo esterno e mondo interno 170<br />

5.3. Natura e <strong>cultura</strong> 172


Vili INDICE<br />

6. Autori italiani che trattano di <strong>Logica</strong> Naturale 174<br />

6.1. Cinque differenti concezioni <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale 174<br />

6.2. Altri autori italiani che trattano di <strong>Logica</strong> Naturale 184<br />

Capitolo III DIFFERENTI TIPI DI LOGICA NELLA LETTERATURA MI­<br />

NORE ITALIANA DEL <strong>XIX</strong> SECOLO 198<br />

1. Premessa 198<br />

2. Osservazioni 202<br />

3. Differenti tipi di <strong>Logica</strong> 205<br />

4. La scienza <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>: suo significato (origini e mutazioni) 213<br />

5. Ulteriori definizioni e ripartizioni <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> 220<br />

6. Un esempio di <strong>Logica</strong> Applicata 224<br />

ELENCO DEI TESTI CONSULTATI 228<br />

BIBLIOGRAFIA GENERALE 235<br />

INDICE DEGLI AUTORI 238


I.<br />

INTRODUZIONE<br />

Inizialmente l'obiettivo <strong>del</strong> lavoro era volto ad investigare lo stato<br />

<strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> <strong>italiana</strong> nel secolo scorso o, più precisamente, sino alla com­<br />

parsa dei lavori di G. Peano, con l'intento di scoprire se <strong>nella</strong> <strong>cultura</strong> <strong>del</strong><br />

nostro paese sussisteva una humus <strong>cultura</strong>le, che avesse in qualche modo<br />

se non influenzato, almeno spinto o condotto, il grande matematico pie­<br />

montese ad occuparsi di <strong>Logica</strong>.<br />

Per assolvere a questo compito si è cercato <strong>nella</strong> maggior parte <strong>del</strong>le<br />

biblioteche italiane quanto più materiale fosse possibile per darci una<br />

visione sufficientemente documentata <strong>del</strong> problema in questione.<br />

Il lavoro, condotto da P. Demolli, C. Gallo, E. Gattico, C. Mangione,<br />

A. Odone e finanziato dal C. N. R., ha condotto al ritrovamento di oltre<br />

settecento testi dedicati allo studio <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> o <strong>del</strong>la Psicologia o che,<br />

nel loro interno, trattavano di queste discipline.<br />

L'obiettivo che mi sono successivamente proposto è consistito nel-<br />

l'analizzare come le evoluzioni <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> e <strong>del</strong>la Psicologia, la loro<br />

iniziale appartenenza ad un unica forma <strong>del</strong> sapere, a cui fece seguito una<br />

loro progressiva differenziazione, dapprima rispetto alla filosofia e, succes­<br />

sivamente, tra loro stesse, furono elaborate nell'ambito <strong>del</strong>la letteratura<br />

<strong>italiana</strong> <strong>del</strong> secolo <strong>XIX</strong>.<br />

Per assolvere ad un tal compito ho preso in esame testi, molti dei<br />

quali oggi poco conosciuti se non <strong>del</strong> tutto dimenticati, prodotti (<strong>nella</strong><br />

massima parte dei casi) da filosofi che lavorarono nel nostro paese, ma<br />

che, per evidenti motivi storici (l'Italia non esiste almeno sino al 1861)<br />

furono necessariamente separati tra loro ed influenzati in modo rilevante


2 INTRODUZIONE<br />

dalle correnti di pensiero presenti nel territorio nel quale operavano (sap­<br />

piamo, ed il nostro lavoro l'ha confermato, che in questo periodo vi furo­<br />

no zone che erano vere e proprie roccaforti di una scuola, di una corrente<br />

di pensiero, piuttosto che di un'altra).<br />

IL<br />

<strong>Logica</strong> e Psicologia sono due materie di studio senza dubbio collega­<br />

te anche se chiaramente distinte l'una dall'altra, ma sappiamo che nel<br />

secolo scorso le cose non stavano in questo modo. Le due discipline erano<br />

strettamente riunite insieme con altre, e, opportunamente gerarchizzate,<br />

costituivano il corpus <strong>del</strong> sapere, che era unico e non scindibile in settori<br />

particolari e specifici.<br />

A questo punto la questione che ci si è posti è stata la seguente: nei<br />

lavori di un logico come G. Peano o G. Vailati, o di psicologi, quali F.<br />

Kiesow, S. de Sanctis, G. C. Ferrari, V. Benussi ed A. Gemelli, le cui opere<br />

ebbero un'indubbia diffusione <strong>nella</strong> <strong>cultura</strong> europea <strong>del</strong> periodo, si ritro­<br />

vano tracce, si colgono suggerimenti, ricavabili dalla precedente letteratura<br />

logica e psicologica prodotta nel nostro paese? oppure, al contrario, siamo<br />

costretti a dover ammettere che la loro formazione fu dovuta unicamente<br />

alla conoscenza di quanto stava in quel periodo avvenendo all'estero?<br />

Non avendo avuto la <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong> nomi di spicco per queste due<br />

discipline, è la problematica contenuta <strong>nella</strong> seconda domanda quella che<br />

si dovrebbe investigare maggiormente per dare una risposta al nostro<br />

quesito. Sappiamo che Peano conosceva i lavori dei maggiori matematici<br />

<strong>del</strong> periodo (e, probabilmente, all'epoca nessuno era meglio informato di<br />

lui a proposito di quelli che erano i progressi di questa disciplina); allo<br />

stesso modo gli psicologi ora citati conoscevano non solo i grandi nomi<br />

<strong>del</strong>la Psicologia straniera, di cui traducevano e diffondevano le opere, ma<br />

anche i movimenti <strong>cultura</strong>li e le varie correnti che caratterizzavano questa<br />

disciplina nelle sue fasi di sviluppo e nel suo progressivo consolidamento<br />

nell'ambito <strong>del</strong> sapere.<br />

È altrettanto vero che questi personaggi, e nel caso di Peano non vi<br />

è alcun dubbio, erano studiosi di materie che, proprio grazie ai loro con­<br />

tributi, stavano acquistando una propria autonomia, avevano sciolto i vin­<br />

coli con la tradizione <strong>cultura</strong>le <strong>del</strong> passato, si erano date obiettivi specifici,<br />

dotandosi di mezzi opportuni per realizzarli. Prova ne è il fatto che, po­<br />

nendosi tali studiosi in posizioni di avanguardia, la loro produzione incon­<br />

trò ovunque non poche resistenze e la diffusione <strong>del</strong>la stessa fu ristretta a


INTRODUZIONE )<br />

settori di pubblico assai limitati. Ma se questo fatto, che normalmente<br />

costituisce l'usuale procedura di un dibattito scientifico, avveniva regolar­<br />

mente all'estero, non possiamo dire la stessa cosa per quello che concerne<br />

l'Italia, dove il loro operato era volutamente ignorato e acriticamente re­<br />

spinto, senza alcuna discussione.<br />

Il presente lavoro parte da questa constatazione e si prefigge di essere<br />

una raccolta di materiali che ci renda conto di quale era la situazione<br />

<strong>cultura</strong>le <strong>italiana</strong> <strong>del</strong>l'epoca, in cui si erano formati e lavoravano questi<br />

personaggi, e che giustifichi, in maniera particolareggiata, la scarsa in­<br />

fluenza che non solo ebbero le loro produzioni sulla <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong> in<br />

generale, ma anche sul sapere accademico. Allo stesso modo vuole mettere<br />

in evidenza come studiando la genesi e lo sviluppo di una (o più) discipli­<br />

ne si raccolgano e si scoprano informazioni assai utili che altrimenti an­<br />

drebbero perse o ci darebbero una visione parziale <strong>del</strong>le stesse.<br />

m.<br />

Il motivo per il quale ho pensato di suddividere in due grandi periodi<br />

(1800-1850; 1850-1900) la trattazione risponde alla necessità di individua­<br />

re un momento <strong>cultura</strong>le particolarmente significativo, in grado di indica­<br />

re un vero e proprio mutamento nell'affrontare la ricerca scientifica. La<br />

comparsa <strong>del</strong> Positivismo che, grosso modo, può essere collocata alla metà<br />

<strong>del</strong> secolo scorso almeno per ciò che concerne la <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong>, proprio<br />

in virtù <strong>del</strong>le nuove problematiche teoriche e pratiche che tale corrente<br />

comportava rispetto ad una tradizione fortemente conservatrice, ci è sem­<br />

brato un valido motivo per giustificare la nostra scelta.<br />

Non ho considerato <strong>nella</strong> ricerca il nostro secolo (anche se il proble­<br />

ma affrontato ha continuato e continua a produrre discussioni) per due<br />

motivi:<br />

In primo luogo perché i lavori condotti in questo secolo su tali argo­<br />

menti sono abbastanza numerosi ed il problema è quindi ben definito.<br />

In secondo luogo perché Peano è parso un punto oltremodo impor­<br />

tante e significativo per potermi consentire di assumerlo quale necessario<br />

limite che, inevitabilmente, si deve assegnare a qualsiasi ricerca.<br />

IV.<br />

Abbiamo definito « minore » la letteratura da noi esaminata, in primo<br />

luogo per il fatto che se nessuno di questi Autori mai raggiunse una rag-


4 INTRODUZIONE<br />

guardevole notorietà, tuttavia diede vita ad una copiosa produzione (sono<br />

diverse centinaia i testi che trattano di questo argomento) ed intavolò<br />

numerose discussioni (spesso a carattere polemico) con i sostenitori di<br />

differenti indirizzi di ricerca, dandoci così un'idea di quello che era il reale<br />

clima <strong>cultura</strong>le italiano.<br />

Siccome <strong>nella</strong> maggior parte dei casi si tratta di produzioni composte<br />

da docenti universitari o liceali, questo lavoro ha la possibilità di mostrarci<br />

ciò che gli studenti <strong>del</strong>l'epoca dovevano apprendere e quello che allora si<br />

insegnava nelle scuole: anche, e forse soprattutto, in questo senso si tratta<br />

di un lavoro che ci presenta quella che era la situazione e lo stato <strong>del</strong>la<br />

<strong>cultura</strong> nell'Italia <strong>del</strong>l'epoca.<br />

Sarebbe ingenuo credere che le Università ed i Licei fossero i soli<br />

centri <strong>cultura</strong>li <strong>del</strong> periodo. Certamente vi erano luoghi o ritrovi che as­<br />

solvevano a questa funzione probabilmente in maniera più approfondita e<br />

valida. Tuttavia il nostro intento è stato quello di esaminare come fosse<br />

diffusa "pubblicamente" la <strong>cultura</strong> ed è per questo che ci si è rifatti in<br />

modo particolare all'ambiente universitario.<br />

Abbiamo in secondo luogo definito "minore" questa letteratura per­<br />

ché è strettamente legata al periodo in cui è prodotta, ha in gran parte il<br />

ruolo di fare comprendere, magari anche tramite eccessive semplificazioni,<br />

temi ben più impegnativi e profondi, non presenta neppure rielaborazioni<br />

significative <strong>del</strong>le tematiche filosofiche al periodo attuali. Trattandosi inol­<br />

tre di lavori essenzialmente divulgativi, posseggono un'ulteriore caratteri­<br />

stica. Nella maggior parte dei casi i professori di cui tratteremo esponevano<br />

le dottrine dei grandi uomini <strong>del</strong> passato, od a loro contemporanei, ma è<br />

altrettanto probabile che ognuno di costoro avesse un suo modo di assol­<br />

vere a tal compito ed è proprio questo punto il miglior rivelatore di quelli<br />

che erano i livelli di erudiziene e <strong>del</strong>le conoscenze <strong>del</strong> momento. Riteniamo<br />

che questo sia un valido mezzo di verifica per vedere se sussistesse e di che<br />

tipo fosse l'humus <strong>cultura</strong>le <strong>del</strong> nostro paese, <strong>nella</strong> quale germogliarono e<br />

si fondarono i successivi sviluppi <strong>del</strong>le discipline prese in esame.<br />

V.<br />

Tutti i testi consultati concernono in massima parte la produzione di<br />

filosofi, per il fatto che era questa la disciplina da cui sono nate sia la<br />

<strong>Logica</strong> che la Psicologia e perché ben difficilmente si trovavano testi spe­<br />

cifici, dedicati unicamente a tali materie (nei vecchi cataloghi <strong>del</strong>le biblio­<br />

teche spesso manca la classificazione Psicologia e <strong>Logica</strong>). Inoltre la scelta


INTRODUZIONE }<br />

di scritti filosofici, più che quella di cultori di materie specifiche, è, a sua<br />

volta, dovuta ad una serie di precise motivazioni:<br />

1) La filosofia, in massima parte, è ancora, per tutto il secolo scorso,<br />

la scienza che comprende la maggior parte <strong>del</strong>le diverse forme <strong>del</strong> sapere;<br />

2) <strong>nella</strong> filosofia ritroviamo la genesi, la formazione e, successivamen­<br />

te, la separazione <strong>del</strong>le due discipline (<strong>Logica</strong> e Psicologia) esaminate;<br />

3 ) con la filosofia possiamo meglio cogliere i collegamenti che queste<br />

due materie hanno sempre conservato, nonché i problemi che in seguito<br />

portarono ad una loro progressiva differenziazione e separazione;<br />

4) infine è proprio in questa materia che possiamo ritrovare oggi<br />

alcuni spunti ed argomenti di ricerca, che sono ripresentazioni ed amplia­<br />

menti successivamente apportati dai più illustri rappresentanti <strong>del</strong>le due<br />

discipline.<br />

VI.<br />

Stabiliti i criteri che hanno guidato il lavoro, tre saranno i temi esa­<br />

minati:<br />

1) Rapporto <strong>Logica</strong>/Psicologia: dopo una presentazione generale per<br />

ciascuno dei periodi in cui ripartiremo il secolo <strong>XIX</strong> (1800-1850; 1850-<br />

1900), cercheremo di mostrare le differenti posizioni degli autori e di<br />

individuare la contemporanea presenza di diverse correnti di pensiero. Il<br />

secondo periodo, grazie alla cospicua quantità di materiale bibliografico<br />

raccolto ed alla presenza di tematiche più numerose ed attuali, sarà ulte­<br />

riormente suddiviso in vari settori, che saranno specificati nel corso <strong>del</strong><br />

lavoro. Nella conclusione di questo primo capitolo cercherò di mostrare<br />

sinteticamente la situazione in cui si trovava la <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong>, riferita alle<br />

due discipline esaminate, rispetto alle problematiche che si presentarono<br />

con l'inizio <strong>del</strong> XX secolo.<br />

2) Evoluzione <strong>del</strong> concetto di <strong>Logica</strong> Naturale: dopo avere presenta­<br />

to le sue origini storiche e le eredità da queste lasciate <strong>nella</strong> <strong>cultura</strong> italia­<br />

na, mostrerò dapprima il suo sviluppo e poi la sua dissoluzione, proprio<br />

grazie alla specificità che la <strong>Logica</strong> e la Psicologia andarono acquisendo.<br />

La parte finale di questo capitolo sarà una catalogaziene di tutti gli studio­<br />

si italiani esaminati, che si occuparono di questa particolare forma di<br />

<strong>Logica</strong>.<br />

3) I differenti tipi di <strong>Logica</strong> che, in un periodo di profonde tra­<br />

sformazioni <strong>cultura</strong>li e scientifiche, comparvero nel panorama filosofico<br />

italiano e quali influenze ebbero, a tale proposito, le produzioni <strong>del</strong>la


6 INTRODUZIONE<br />

<strong>cultura</strong> europea. Proprio in questa sede emergerà il travaglio in cui do­<br />

vettero porsi gli studiosi che volevano presentare rigorosamente una di­<br />

sciplina (la <strong>Logica</strong>), senza però disfarsi completamente di altre compo­<br />

nenti ad essa collegate (retorica, dialettica, grammatica). Ci è parso neces­<br />

sario inserire questo terzo capitolo in quanto ci consente di avere un<br />

quadro più dettagliato di come la <strong>Logica</strong> fosse intesa in Italia (ma non<br />

solo) nel secolo scorso. Il considerare quella che è stata poi la sua evolu­<br />

zione (dove Peano ebbe un'importanza di primo piano), presentando tutti<br />

i modi con cui questa disciplina era stata precedentemente intesa, mi è<br />

parso un valido contributo documentativo. La stessa cosa, è ovvio, vale<br />

anche per la Psicologia.<br />

Il lavoro, che rientra in una tematica epistemologico-genetica, vuole<br />

costituire la prima parte, da definirsi storico-critica, di un progetto che si<br />

prefigge di esaminare, in un secondo momento, in che modo il rapporto<br />

tra <strong>Logica</strong> e Psicologia sia oggi trattato, con particolare riferimento ai<br />

lavori di J. Piaget (<strong>Logica</strong> operatoria) e dei suoi collaboratori (soprattutto<br />

la <strong>Logica</strong> Naturale secondo J. B. Grize e la sua scuola), in vista <strong>del</strong>la<br />

costruzione di una scienza sempre più evoluta e specifica.


1. I PERIODO - PRIMA METÀ DEL SECOLO xix - OSSERVAZIONI GENERALI.<br />

1.1. Sono i cinquant'anni nei quali si assiste al sorgere, al consolidarsi<br />

ed allo svanire <strong>del</strong>la <strong>cultura</strong> romantica che, inizialmente, si manifesta col<br />

fervore naturalistico di F. W. J. Schelling, si afferma e si nega con l'otti­<br />

mismo idealistico di G. W. F. Hegel, il quale ne persegue gli stessi fini ma<br />

ricorrendo a differenti mezzi, e si conclude con il sopravvento <strong>del</strong> pessi­<br />

mismo irrazionale (A. Schopenhauer), che solo una fiducia assai ingenua<br />

nei progressi <strong>del</strong>le scienze riesce, in parte, ad attenuare. Elemento comune<br />

ad un tale indirizzo di pensiero è, pure <strong>nella</strong> sua diversità, il tentativo di<br />

attuare una comprensione unitaria <strong>del</strong> reale e, conscguentemente, si assiste<br />

al tentativo di considerare le varie forme <strong>del</strong>la conoscenza come sistema­<br />

ticamente connesse le une con le altre. Il desiderio di amalgamare armo­<br />

nicamente tutte le componenti <strong>del</strong> sapere, con l'intento di averne una<br />

visione completa e saldamente connessa, trova <strong>nella</strong> Germania il paese ove<br />

questo progetto si esprime con maggiore intensità: i lavori J. G. Hamann<br />

(filosofia e teologia), G. Herder (filosofia e storia), W. Goethe (estetica e<br />

letteratura), F. Schiller (etica ed estetica), W. von Humboldt (antropologia<br />

e linguistica), Novalis (filosofia ed etica), F. Schlegel (poetica), sono le<br />

testimonianze più rilevanti che segnarono l'avvento di questa corrente<br />

<strong>cultura</strong>le.<br />

L'obiettivo comune a tutti gli studiosi <strong>del</strong> periodo è il superamento<br />

<strong>del</strong>la crisi, prodotta dalle eccessive specializzazioni <strong>del</strong>le operazioni umane<br />

e dalla conseguente perdita <strong>del</strong>l'unità intcriore ed esteriore <strong>del</strong> soggetto.<br />

Possiamo affermare che, salvo alcune eccezioni, ci si rende conto che la<br />

"rivoluzione" illuministica presentava gravi lacune ed inconvenienti: per


CAPITOLO PRIMO<br />

questo si contrappone lo storicismo all'astoricità, la religione rivelata a<br />

quella naturale, l'esigenza di un'autorità allo spontaneismo 1 .<br />

Quando si parla di "romanticismo" non ci riferiamo tanto ad un<br />

insieme di contenuti quanto piuttosto al modo di intendere quelli classici<br />

e di rielaborarli. Il fatto che fu in Germania il luogo dove tale corrente<br />

attecchì maggiormente e che fu attorno alla rivista Athenaeum di F. Schle-<br />

gel che crebbe il movimento romantico, significa che in questo paese si<br />

riscontrarono le condizioni storiche più rilevanti per avviare questo ribal­<br />

tamento <strong>cultura</strong>le. Negli altri stati il suo influsso si fece certamente sentire<br />

in modo meno profondo e si concretizzò con la riscoperta di certi conte­<br />

nuti storici (come la <strong>cultura</strong> medievale) o la preferenza accordata ad alcuni<br />

generi letterari (come il romanzo storico), ma, almeno inizialmente, senza<br />

essere di certo in grado né di mutare la <strong>cultura</strong> filosofica tradizionale, né<br />

di propome una nuova.<br />

1.2. La <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong> <strong>del</strong> periodo non si discosta molto da questa<br />

situazione, ma inoltre è segnata da un costante ritardo rispetto alle produ­<br />

zioni filosofiche degli altri paesi. Anche quando l'idealismo domina la scena<br />

<strong>cultura</strong>le europea (Fenomenologia <strong>del</strong>lo Spirito, 1807, Scienza <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>,<br />

1812) la filosofia <strong>italiana</strong> è ancora sostanzialmente legata alle problematiche<br />

<strong>del</strong> pensiero francese ed inglese, la cui diffusione era ritenuta più agevole,<br />

malgrado queste fossero già sulla via di un loro superamento: pertanto,<br />

risente ancora fortemente <strong>del</strong> sensismo di Dillac, la cui opera « faceva for­<br />

tuna, ed i maestri continuavano ad insegnarla agli scolari ad accoglierla ed<br />

a propagarla... [e ciò] ha la sua facile spiegazione nell'apparente chiarezza<br />

sua, e nelle simpatie coi costumi di quel tempo » (G. Gentile, Storia <strong>del</strong>la<br />

Filosofia <strong>italiana</strong>, 1969, I, V, II, 728) e <strong>del</strong>l'utilitarismo di J. Bentham.<br />

Oltretutto le prime osservazioni all'illuminismo che si registrano in Italia,<br />

fanno prevalere « più che un autentico storicismo la rivalutazione <strong>del</strong> costu­<br />

me ereditato e <strong>del</strong>la tradizione » (L. Geymonat, Storia <strong>del</strong> pensiero filolofico<br />

e scientifico, 1973, IV, XXII, I, 666) e questo non fu certo un incentivo atto<br />

a favorire l'ingresso <strong>del</strong> nuovo clima <strong>cultura</strong>le nel nostro paese.<br />

1 Un esempio esemplare sono gli Inni <strong>del</strong>la Notte di G. P. F. von Hardenberg,<br />

ovvero Novalis, che ritrova nel mistero e <strong>nella</strong> fantasia <strong>del</strong>la notte gli elementi necessari<br />

da contrapporre e da preferire alla sicurezza ed al realismo <strong>del</strong>la Luce, <strong>del</strong> Giorno,<br />

componenti specifici <strong>del</strong>la <strong>cultura</strong> illuministica, che secondo questo Autore è segnata<br />

da un razionalismo limitante. Al di là <strong>del</strong>la componente metafisica di queste afferma­<br />

zioni appare chiaramente l'esigenza di ampiare ed arricchire ulteriormente il panorama<br />

<strong>del</strong>le conoscenze.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 9<br />

Non mancavano tuttavia sedi e luoghi nei quali la <strong>cultura</strong> potesse<br />

svilupparsi e presentare valide produzioni: i centri italiani più attivi nel<br />

XVIII secolo erano Milano e Napoli. Pure mantenendo entrambi questa<br />

preminenza anche nei primi decenni <strong>del</strong> secolo <strong>XIX</strong>, è la città lombarda,<br />

grazie soprattutto alle riforme economiche ed amministrative promosse da<br />

Maria Teresa e Giuseppe II, quella che si era mostrata più aperta alla<br />

nuova <strong>cultura</strong> illuminista, la quale era ritenuta il mezzo più idoneo ed<br />

opportuno per superare gli ostacoli, che le passate esperienze e tradizioni<br />

ancora frapponevano ad un rinnovamento <strong>del</strong> sapere. Il periodico "II<br />

Caffè" (organo <strong>del</strong>la "Società dei Pugni", 1761-1762), cui aderiscono i<br />

nomi più illustri di quel periodo (A. Verri, P. Verri, C. Beccaria, A. Lon-<br />

go), fu certamente la produzione letteraria più progressista di tutta la<br />

<strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong> <strong>del</strong> XVIII secolo. La sua influenza fu talmente rilevante<br />

che anche gli studiosi <strong>del</strong>le successiva generazione rimasero strettamente<br />

collegati alla filosofia <strong>del</strong> gruppo milanese ed ebbero notevoli difficoltà a<br />

staccarsi da questo.<br />

Ed è forse proprio in seguito a questo fatto che gli stessi studiosi non<br />

colsero tempestivamente i mutamenti che la giovane <strong>cultura</strong> romantica<br />

stava portando all'estero. Se a ciò si aggiunge il peso non sempre positivo<br />

che la <strong>cultura</strong> religiosa e l'istituzione ecclesiastica ancora esercitavano nel<br />

nostro paese, non stupisce che, quando le nuove idee provenienti dall'este­<br />

ro, a partire dal terzo decennio <strong>del</strong> secolo, fecero il loro ingresso in Italia,<br />

le si trovi connotate da un tentativo di fusione con la tradizione cattolica:<br />

nei maggiori filosofi di questo periodo assumeranno un carattere specifi­<br />

catamente gnoseologico (A. Rosmini) e storico-religioso (V. Gioberti).<br />

Un elemento costante in tutta la <strong>cultura</strong> romantica, ed in Italia parti-<br />

colarmente rilevante, è il richiamo alla tradizione ed il tentativo di un suo<br />

recupero. Ora questo fatto, che pure favorisce la comparsa di nuove idee,<br />

successive ad una rilettura critica <strong>del</strong>le passate produzioni, può anche in­<br />

tendersi come un rafforzamento <strong>del</strong>le posizioni conservatrici: <strong>nella</strong> filosofia<br />

<strong>del</strong> nostro paese, guidata dalla ripresentazione dei temi <strong>del</strong>lo spiritualismo<br />

cattolico e cristiano, un tale fatto è rinvenibile in tutti gli autori <strong>del</strong> perio­<br />

do, anche in coloro che pure sono presentati come i più progressisti ed i<br />

meno debitori rispetto alla passata tradizione (C. Cattaneo 2 e V. Cuoco 3 ).<br />

2 Le condizioni familiari di Carlo Cattaneo (1801-1869), non certo agiate, costi­<br />

tuirono una grande difficoltà per compiere gli studi. Si laurea a Pavia nel 1824 in<br />

giurisprudenza e si lega ben presto al gruppo <strong>del</strong> Romagnosi, che difese sempre dalle<br />

accuse che il Rosmini continuava a rivolgergli. Dal 1839 al 1844 diresse // Politecnico


10 CAPITOLO PRIMO<br />

Anche in questo caso, malgrado, per alcuni versi, si possano indivi­<br />

duare alcuni autori (in particolare G. Romagnosi 4 e M. Gioia 5 ) che sem­<br />

brano pretendere una più netta separazione tra le differenti forme di co­<br />

noscenza, l'elemento principale è la ricerca di una soluzione unitaria ai<br />

problemi posti da un sapere, considerato sì <strong>nella</strong> sua complessità, ma<br />

ritenuto rigidamente concatenato ed unico. Questo intento non si traduce<br />

però in un tentativo immanentista di riunificazione <strong>del</strong>le varie attività<br />

<strong>del</strong>lo Spirito (sulla scorta <strong>del</strong>l'idealismo tedesco), ma si richiama alle pas­<br />

sate speculazioni, fortemente improntate a rigide strutturazioni <strong>del</strong>le co­<br />

noscenze. Una simile posizione comporta altresì che neppure si metta in<br />

discussione quella che era la classica ripartizione <strong>del</strong>le scienze ed è, pro­<br />

babilmente, per tradizione <strong>cultura</strong>le, o meglio per intenti pedagogici e<br />

morali più che per altri motivi, che si ricorda che la <strong>Logica</strong> riveste una<br />

posizione preminente: questa però è già "data", assegnata, già stabilita una<br />

volta per tutte, ed il fatto non genera e non può generare, alcuna conflit­<br />

tualità con le altre forme <strong>del</strong> sapere.<br />

e nel 1848 partecipò in prima persona ai moti indipendentistici. Dopo la battaglia di<br />

Custoza emigra a Parigi; successivamente si trasferisce a Lugano e quivi insegna filoso­<br />

fia nel liceo <strong>del</strong> Canton Ticino. Dopo avere abbandonato le sue giovanili posizioni<br />

antipiemontesi (1859) ed avere invitato Garibaldi (1860) a realizzare l'ideale federali­<br />

stico che da sempre coltivava, riprende a dirigere // Politecnico. A seguito di profonde<br />

incompatibilità ideologiche con l'editore <strong>del</strong>le rivista è costretto ad abbandonare nuo­<br />

vamente l'incarico. A questo punto si ritira da ogni attività sino alla morte. Tra le altre<br />

sue opere ricordiamo Introduzione alle notizie naturali e civili <strong>del</strong>la Lombardia (1844),<br />

Psicologia <strong>del</strong>le menti associate (1859-1863), Corsi di filosofia (postumo).<br />

3 Vincenzo Cuoco (1770-1823). Di origini molisane, si ispira alla filosofia <strong>del</strong><br />

Vico e contribuisce a far conoscere le sue idee nel nord Italia quando dovette andare<br />

in esilio a Milano, in quanto coinvolto <strong>nella</strong> Rivoluzione Napoletana <strong>del</strong> 1799. Nel 1806<br />

ritorna a Napoli da dove non si sposta più. Tra le sue opere citiamo il Saggio storico<br />

(1801) sulla rivolta napoletana ed il romanzo filosofico Fiatone in Italia (1806).<br />

4 Giandomenico Romagnosi (1761-1835), si forma <strong>cultura</strong>lmente a Piacenza, si<br />

trasferisce a Trento e, successivamente, insegna diritto nelle Università di Parma e<br />

Piacenza. Le sue posizioni filofrancesi ed il suo sostegno alle tematiche filosofiche<br />

illuministe gli causano seri problemi con la giustizia austriaca dopo il crollo napo­<br />

leonico, al punto da essere implicato nel processo Pellico-Maroncelli. Tra le altre<br />

sue opere: Che cos'è la mente sana? Indovinello massimo che potrebbe valere poco o<br />

niente (1827), Sull'indole e sui fattori <strong>del</strong>l'incivilimento con esempi <strong>del</strong> suo risorgimen­<br />

to in Italia (1833), Giurisprudenza teorica ossia Istituzioni di civile filosofia (1839 -<br />

postumo).<br />

3 Melchiorre Gioia (1767-1829) oltreché filosofo è anche economista ed uomo<br />

politico: da notare il suo tentativo in filosofia <strong>del</strong>la statistica di applicare il metodo<br />

empirico-descrittivo ai problemi <strong>del</strong>la società. Scritto più propriamente filosofico è<br />

invece Del merito e <strong>del</strong>le ricompense (1818).


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 11<br />

Non esitiamo pertanto a pensare che, all'inizio <strong>del</strong> secolo <strong>XIX</strong>, per<br />

quello che concerne la letteratura filosofica <strong>italiana</strong>, non vi sia alcun attrito<br />

tra <strong>Logica</strong> e Psicologia. Secondo la classica suddivisione <strong>del</strong> sapere, che<br />

risale ad Aristotele, la Psicologia è una disciplina che fa parte <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>,<br />

ovvero la scienza che studia la ragione nei caratteri formali ed universali<br />

dei suoi prodotti. Per ottenere questo risultato finale è pertanto necessario<br />

partire dalle forme e dai mezzi più elementari, per alcuni versi primari, di<br />

cui ogni soggetto dispone per confrontarsi con il sapere: è questo l'ufficio<br />

cui deve rispondere la Psicologia. Più esplicitamente:<br />

1.2.1. La logica stabilisce che è possibile scoprire come il pensiero sia<br />

effettivamente organizzato: alla base di questa posizione sta il fatto che le<br />

strutture generali <strong>del</strong> mondo esterno possiedono dei fondamenti che non<br />

si discostano da quelli che son propri ad ogni soggetto. Si aggiunga a ciò<br />

che è estremamente forte l'influenza <strong>del</strong>la scuola di Port-Royal e, sulle<br />

scorte dei suoi insegnamenti, in base ai quali questa disciplina è detta "arte<br />

di pensare" e non più "arte di ragionare", « per la prima volta... la meto­<br />

dologia è esplicitamente introdotta in <strong>Logica</strong> » (H. Scholz, Esquisse d'une<br />

histoire de la Logique, 1968, I, 5, 34) 6 e che per i suoi autori è senza alcun<br />

dubbio la parte più utile ed importante tra quelle che la compongono.<br />

Richiamandosi a R. Descartes, che aveva sottoposto la <strong>Logica</strong> "classi­<br />

ca" ad una critica radicale, si tratta ora di presentarla mostrando ed indi­<br />

cando il metodo con cui accostarsi alle scienze. Su questo punto sono tutti<br />

pressoché d'accordo: ma, « evidentemente questa <strong>Logica</strong> non è profonda »<br />

(ibidem, II, 3, 69) e ciò è tanto più valido per la <strong>cultura</strong> filosofica <strong>italiana</strong><br />

dove, in molti casi, la si intende in maniera ancora più limitata, riducendo­<br />

la, <strong>nella</strong> maggior parte dei casi, ad una serie di precetti e regole da impartire<br />

agli allievi per favorire lo sviluppo <strong>del</strong>le loro capacità di apprendimento.<br />

1.2.2. La Psicologia, anch'essa parte <strong>del</strong>la filosofia, ritiene a sua volta<br />

che le leggi logiche, ed anche quelle etiche, facciano parte <strong>del</strong> patrimonio<br />

di cui tutti gli individui, almeno in potenza, sono in possesso. Volendo<br />

ancora intenderla quale "studio <strong>del</strong>l'anima" ha come obiettivo l'investiga­<br />

zione <strong>del</strong>la sua formazione ed il corretto adeguamento di questa alla realtà<br />

esterna. Per questo la componente pedagogica che si tende a fare assume­<br />

re alla <strong>Logica</strong> ha, di conseguenza, una rilevante importanza per favorire un<br />

6 H. Scholz, Abriss der Geschichte der Logik, Verlag Karl Alberg, Reiburg-Mùn-<br />

chen, l a ed. 1931, 2 a ed. 1959.


12 CAPITOLO PRIMO<br />

accordo e, a volte un connubio, con la Psicologia, la quale indaga da un<br />

altro punto di vista lo stesso problema 7 .<br />

Anche a questo proposito il richiamo alla scuola port-royaliste è espli­<br />

cito: « II giudizio di verità e la regola per ottenerlo non appartiene certo ai<br />

sensi, ma allo Spirito: Non est judicium veritatis in sensibus; questo perché<br />

la certezza che possiamo ricavare dai sensi non è facilmente generalizzabile<br />

ed anche per il fatto che vi sono parecchie cose che crediamo di sapere,<br />

mentre non possiamo dire di avere una conoscenza sicura e completa » 8 .<br />

Se dunque si parte dai sensi (Psicologia), questi ci forniscono solo <strong>del</strong>le<br />

vaghe impressioni degli oggetti che ci pongono innanzi, mentre occorre un<br />

metodo razionale (<strong>Logica</strong>) per comprenderli in modo soddisfacente.<br />

2. RAPPORTO LOGICA-PSICOLOGIA NELLA CULTURA ITALIANA DEL xix SECOLO<br />

(1800-1850).<br />

(a) Progressiva separazione di <strong>Logica</strong> e Psicologia da temi ontologici e morali.<br />

Se partiamo dal fatto che tutto il sapere è un prodotto umano, non<br />

dovremmo avere particolari obiezioni sostenendo che questo abbia pro­<br />

prio nell'uomo il minimo comune denominatore e che, quindi, possa es­<br />

sere inteso in senso unitario. Se questa affermazione è valida anche per le<br />

scienze <strong>del</strong>la natura, le quali sono imbrigliate in costruzioni o sono strut­<br />

turate secondo precise regole, frutto <strong>del</strong>la riflessione <strong>del</strong> soggetto, è ancor<br />

più assumibile quale presupposto per una scienza che abbia come oggetto<br />

lo studio dei concetti primi e quello <strong>del</strong>la loro formazione.<br />

Siccome è oggi invece cosa più che mai vaga ed infruttuosa parlare<br />

di un singolo sapere, quello che può maggiormente interessare è come le<br />

varie forme che lo compongono si correlino tra di loro e, per quanto è<br />

possibile, come un tale fatto si sia verificato con il passare <strong>del</strong> tempo.<br />

7 II connubio tra Psicologia e <strong>Logica</strong> riscontrabile nel romanticismo, incanalato<br />

in un versante pedagogico, presenta due aspetti contrapposti, l'uno positivo e l'altro<br />

negativo: quello "negativo" risulterà più rilevante ed importante negli anni successivi<br />

per le conseguenze limitanti che assumerà la pedagogia. Se da un lato, infatti, promuo­<br />

ve un continuo aggiornamento <strong>del</strong> metodo di questa disciplina ed impedisce una sua<br />

schematizzazione troppo rigida, per un altro verso costituisce un ostacolo alla fonda­<br />

zione di un'indagine scientifica, vale a dire oggettiva, nel campo <strong>del</strong>l'educazione<br />

(L. Geymonat, Storia <strong>del</strong> pensiero filosofico e scientifico, 1973, IV, XI, II, 305-309).<br />

8 Quando parleremo <strong>del</strong>la scuola di Port-Royal ci rifaremo sempre a A. Arnaud<br />

e P. Nicole, La Logique ou l'art de Penser, Jacques Lecoffre, Paris 1865.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 13<br />

Quanto più si ripercorre la storia, tanto più ci si rende conto che il sapere<br />

è passato da una concezione monolitica ad una sempre più settorializzata:<br />

è per questo oltremodo importante mostrare le differenti fasi, attraverso<br />

cui si è svolta questa progressiva scissione. Nel nostro caso la <strong>Logica</strong> e la<br />

Psicologia sono discipline che cogliamo ancora unite fra loro, come parti<br />

<strong>del</strong>la Filosofia: inizieremo il lavoro partendo dal momento nel quale co­<br />

mincia la loro progressiva differenziazione, per arrivare nel periodo in cui<br />

la loro divisione sembra essere oramai <strong>del</strong> tutto definitiva.<br />

Pure avendo attraversato differenti fasi nelle quali questa progressiva<br />

separazione si è manifestata, troviamo come elemento comune il progres­<br />

sivo, ma estremamente difficoltoso allontanamento da forme di ragiona­<br />

mento ancora troppo legate al pensiero quotidiano, per ciò che concerne<br />

la <strong>Logica</strong>, e da sperimentazioni casuali, oltretutto proposte solo teorica­<br />

mente e mai verificate sperimentalmente, per quello che riguarda la Psi­<br />

cologia. È inevitabile che se questo processo per un verso serve a rendere<br />

tanto più precise ed autonome queste discipline, per un altro verso com­<br />

porta la perdita di quei legami, magari ingenui, ma non per questo meno<br />

importanti, che le due materie avevano. Sarà, d'altro canto, la precisa<br />

definizione <strong>del</strong> loro statuto, dei loro obiettivi e dei loro ruoli, ciò che<br />

permetterà di mettere in discussione alcune loro conclusioni estreme, rag­<br />

giunte in questa fase storica, e di presentare su nuove basi, senza dubbio<br />

più solide, le loro possibili - e direi necessarie - correlazioni.<br />

Siccome, soprattutto nei primi decenni <strong>del</strong> <strong>XIX</strong> secolo, non si hanno<br />

eccessivi problemi ad ammettere che vi possa indubbiamente essere qual­<br />

cosa che precede ogni attività <strong>del</strong> soggetto, la cui natura va al di là di ogni<br />

riferimento al reale, al concreto, non vi è neppure un eccessivo contrasto<br />

tra queste due discipline. Il rapporto tra <strong>Logica</strong> e Psicologia è dunque<br />

risolto, attribuendo all'Ontologia la sua soluzione. All'inizio <strong>del</strong> secolo<br />

scorso, vi è pertanto un accordo generale sui seguenti punti, che possiamo<br />

schematizzare in questo modo:<br />

2.1. Senza le sensazioni non si ha intelletto: occorre tuttavia ammet­<br />

tere che sussiste in ogni caso una disposizione innata all'Essere che fa sì<br />

che questi possa ben ragionare (A. Genovesi 9 , La <strong>Logica</strong> per i giovinetti,<br />

9 Antonio Genovesi (1712-1769), compie studi seminariali e nel 1737 è ordinato<br />

prete. Nello stesso anno si trasferisce a Napoli dove assai presto ottiene la cattedra<br />

universitaria, dapprima di Metafisica ed in seguito di Etica. Nel 1754 gli è affidata la<br />

cattedra di "Commercio e Meccanica". In questo periodo inizia ad occuparsi di filoso­<br />

fia richiamandosi al sensismo di Condillac ed al materialismo di Helvetius, dando vita


14 CAPITOLO PRIMO<br />

1830) 10 . Occorre pertanto fare emergere tale caratteristica, che sarà l'ele­<br />

mento determinante, che ci consentirà di affrontare in modo giusto e<br />

corretto i diversi problemi nei quali ci imbatteremo.<br />

2.2. Quelle che però sono le caratteristiche di tale disposizione, non­<br />

ché <strong>del</strong>le immediate reazioni che la stessa produce, sono un tema che non<br />

appartiene né alla <strong>Logica</strong> né alla Psicologia ma, al limite, all'Ontologia, o,<br />

in ogni caso, alla Morale. L'Ontologia, intesa quale la tendenza a stabilire<br />

un fondamento unico di tutta la natura, è un elemento costante <strong>del</strong>le teorie<br />

<strong>del</strong>l'epoca, attraverso cui si tende a giustificare ciò che sappiamo, spiegan­<br />

do come conosciamo o, più esattamente, come dobbiamo conoscere.<br />

Da questo deriva che in luogo di assumere una posizione staccata<br />

rispetto alla conoscenza, i filosofi <strong>del</strong> periodo, anche facendo ricorso a<br />

tecniche o terminologie astratte, tendevano ad avere una concezione<br />

morale <strong>del</strong>la stessa, poiché un fatto, un argomento di studio, si verifica<br />

solo se è autorizzato a verificarsi. Tutto questo è certamente indice <strong>del</strong><br />

fatto che vi è un approccio troppo superficiale alle scienze e ciò fa sì che<br />

non si arrivi a distinguere con precisione tra controllo <strong>del</strong>le conoscenze e<br />

sua giustificazione.<br />

Tra coloro che sono fautori di questa posizione e che presentano<br />

lavori abbastanza analoghi ricordiamo S. M. Roselli, Stimma philosophica<br />

ad mentem D. Tbomae, lili (e 1783); J. Tamagna 11 , Institutiones logicae<br />

ad un'aspra polemica con Rousseau ed i suoi sostenitori. Ha anche forti polemiche con<br />

l'ordine gesuita da cui viene cacciato in quanto propone una riforma <strong>del</strong>le scuole<br />

elementari <strong>nella</strong> quale la matematica e la fisica dovrebbero sostituire <strong>del</strong> tutto la filo­<br />

sofia. Fra le altre sue opere: Dioceosina (1766-1767, riguardante la filosofia "<strong>del</strong> giusto<br />

e <strong>del</strong>l'onesto") e Meditazioni filosofiche sulla Religione e sulla Morale (1758).<br />

10 L'opera di Antonio Genovesi è da ritenersi pertinente alla <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong> <strong>del</strong><br />

XVIII secolo non soltanto da un punto di vista temporale, ma anche contenutistico.<br />

Tuttavia l'abbiamo inserita nel nostro lavoro per il fatto che fu continuamente ristam­<br />

pata per tutta la prima metà <strong>del</strong> secolo successivo e perché il suo pensiero è costante­<br />

mente ripreso dalla maggior parte dei filosofi di cui ci siamo occupati. Per le informa­<br />

zioni bibliografiche relative agli anni ed ai luoghi di pubblicazione di questo lavoro si<br />

veda la nota [3] <strong>del</strong> capitolo IL<br />

11 Giovanni (Johannes) Tamagna (1747-1798). È dottore in teologia e professore<br />

in teologia nell'Archiginnasio romano. Nell'opera da noi citata è anche incluso il trat­<br />

tato De jure et lege naturali, et de religione rivelata, in cui l'A. è fortemente polemico<br />

contro coloro i quali pretendono di apportare correzioni alla religione rivelata. Tra le<br />

altre sue opere ricordiamo: Animadversiones in duo opuscola D. Bonaventurae (Roma,<br />

1790), Origine e prerogative dei Cardinali (Roma, 1790), Analisi <strong>del</strong> libro di Necker<br />

intitolato: De l'imposture de la Morale et des opinions religieuses (Roma 1791). A ciò si<br />

aggiunga: Riflessioni sopra il decreto antimonastico <strong>del</strong>l'Assemblea di Francia e Riflessio-


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 15<br />

et metaphysicae, 1778; L. Altieri 12 , Elementa philosophiae, 1805; M. Gi­<br />

gli 13 , Analisi <strong>del</strong>le Idee, 1808; B. Bellofiore, Elementa logicae et ontologiae<br />

quibus Bartholamaeus Bellofiore olim auditores suos philosophos in semina-<br />

riis dictando instituebat, 1813) L. Bonelli 14 , Institutiones logicae et me­<br />

taphysicae, 1833 ed A. Braghetti 15 (Istituzioni logiche esposte da un sacer­<br />

dote <strong>del</strong>la compagnia di Gesù, 1820): in particolare quest'ultimo stabilirà<br />

che la <strong>Logica</strong> si deve intendere come la dottrina che insegna a ben ragio­<br />

nare e come "l'abito" che si acquista quale conseguenza <strong>del</strong>l'esercizio<br />

mentale, ma anche pratico, cui è soggetto colui che la studia. È collegata<br />

inoltre alla Morale in quanto è una scienza <strong>del</strong>l'uomo, deputata ad indi­<br />

rizzare quest'ultimo alla ricerca <strong>del</strong>la verità, punto fondamentale ed indi­<br />

spensabile perché sia possibile giungere alla virtù 16 .<br />

Col passare <strong>del</strong> tempo questa posizione, che si prefigge di indicare<br />

come a monte di qualsiasi attività <strong>del</strong> soggetto vi sia sempre "un buon<br />

senso", comune ad ogni uomo, che consente a quest'ultimo di ragionare<br />

"politamente" e correttamente, indicandogli, soprattutto, quali sono le<br />

cose che non hanno senso alcuno e gli permetta quindi di discutere con<br />

chiunque, tenderà ad essere superata. Non si tratterà però di un processo<br />

definitivo, per il fatto che vi saranno sempre degli autori che rinunzieran-<br />

no a dare qualsiasi spiegazione che vada al di là di una semplice attesta-<br />

ni sopra il libro Diritti <strong>del</strong>l'Uomo <strong>del</strong> sig. abate Spedalieri. Di questi due ultimi lavori<br />

non conosciamo né l'anno né il luogo di edizione.<br />

12 Luigi Altieri è un filosofo attivo a Venezia a cavallo tra il XVIII ed il <strong>XIX</strong><br />

secolo. Tra le altre sue produzioni citiamo Elementa Philosophiae in adolescientium<br />

usum (Venezia, 1793).<br />

13 Mariano Gigli (1782-?). Accademico milanese di origine marchigiana (Recana­<br />

ti): filosofo di formazione con interessi dedicati allo studio <strong>del</strong> linguaggio. È autore<br />

anche di: La metafisica <strong>del</strong> linguaggio (S. L., 1817), // bello <strong>nella</strong> natura e nell'arte<br />

(Milano, 1818), Lingua filoso/tea universale pei dotti precetti <strong>del</strong>l'analisi <strong>del</strong> linguaggio<br />

(Milano, 1818), Elementi filosofici per lo studio ragionato di lingue (Milano, 1819).<br />

14 Luigi Bonelli (1797-1840). Altri lavori: Esame storico dei principali sistemi di<br />

filosofia (1829), Storia <strong>del</strong>la filosofia tedesca da Leibniz ad Hegel (1837).<br />

15 II libro è stato pubblicato postumo. Di Andrea Draghetti sappiamo che era<br />

ancor vivo nel 1773, che si era formato come matematico e, successivamente, insegnava<br />

matematica a Brescia. Nell'opera Psychologiae Specimen (1771) egli tratta <strong>del</strong>le serie<br />

aritmetiche e geometriche applicate alla scala musicale.<br />

16 La definizione di <strong>Logica</strong> quale "abito", ovvero quale elemento che rende ope­<br />

rativi e comunicabili i pensieri di ogni soggetto, sarà impiegata abbastanza frequente­<br />

mente per tutto il secolo <strong>XIX</strong>: una simile definizione l'abbiamo trovata nel secolo<br />

precedente nei lavori di J. C. Darjes, filosofo tedesco per certi versi riconducibile alle<br />

speculazioni ed alle elaborazioni <strong>del</strong> concetto di <strong>Logica</strong> attuate da C. F. Wolff (si veda<br />

soprattutto il cap. II).


16 CAPITOLO PRIMO<br />

zione <strong>del</strong>la presenza di una primitiva <strong>Logica</strong> Naturale, avente le caratte­<br />

ristiche da noi indicate. A questo proposito, ad esempio, P. Mako 17 (Com­<br />

pendio di <strong>Logica</strong>, 1819) stabilirà che la <strong>Logica</strong> fornisce una certa arte o<br />

disciplina alla filosofia, e, più che essere una parte di quest'ultima, ne è<br />

uno strumento. La <strong>Logica</strong> insegna allora a « raffrenare le azioni » (p. 13)<br />

<strong>del</strong>la mente, ovvero, in altri termini, « quella forza misurata ad ognuno,<br />

per mezzo di cui contempliamo qualunque cosa come se fosse presente e<br />

formiamo i giudizi ed i raziocini » (13).<br />

Ancora alcuni decenni più tardi vi sarà chi riprenderà fe<strong>del</strong>mente<br />

questa posizione che, in ultimo, è di tipo pedagogico connotata moral­<br />

mente ed ontologicamente. Ad esempio, nel 1846 il filosofo marchigiano<br />

B. Monti (1799-1869), sosterrà che l'Ontologia è scienza prima, è fonda­<br />

mento a se stessa, non dipende da alcuna altra forma di sapere e la si<br />

ottiene quando lo spirito umano riesce ad astrarre totalmente dai fatti<br />

reali, ritrovando universali determinazioni <strong>del</strong>l'Essere e ricavandone le<br />

relazioni che lo collegano. Una volta accolto quale postulato l'assunto in<br />

base a cui la Verità, in quanto tale, è in ogni caso costituita da giudizi<br />

ontologici, si potrà poi parlare <strong>del</strong>le distinzioni che specificano la <strong>Logica</strong><br />

dalla Psicologia. L'una si occupa <strong>del</strong>la verità prima (o verità di ragione),<br />

mentre l'altra riguarda le verità seconde (o di evidenza e percezione), che<br />

sono sempre parziali e relative. Il collegamento tra le due discipline con­<br />

cerne le verità seconde, o più precisamente, quelle empiriche. Quando<br />

accadono fatti tra loro differenti, ma anche quando ci comportiamo in<br />

modo apparentemente strano, oppure pensiamo a cose o situazioni tra<br />

loro inconciliabili, se li esaminiamo singolarmente (Psicologia) li cogliamo<br />

come particolari e locali, mentre la scoperta che una loro eventuale con-<br />

traddittorietà è solo apparente, per il fatto che sussiste sempre una con­<br />

nessione che si esplica tra queste, è un risultato cui giungiamo solamente<br />

grazie alla <strong>Logica</strong>. In generale dunque questa forma <strong>del</strong> sapere si rapporta<br />

con la Psicologia solamente a proposito di conoscenze empiriche che, per<br />

17 Paulo Mako (1723-1793). Di origine ungherese insegna belle lettere in vari<br />

collegi, poi Matematica nell'Accademia Teresiana ed infine è direttore <strong>del</strong>la facoltà di<br />

Filosofia a Pesth (Ungheria). Oltre all'opera citata (che è una traduzione <strong>del</strong> suo Com­<br />

pendiaria logices institutio, Vienna, 1764) segnaliamo: Compendiaria physicae institutio<br />

(Vienna, 1762-1763), Carminum elegiacorum libri tres (Tyrnau, 1764), Compendiaria<br />

matheseos institutio (Vienna, 1764), Compendiaria metaphysices institutio (Vienna,<br />

1766), Dissertatio in figura telluris (Olmutz, 1767), Calculis differentialis et integrales<br />

institutio (1768, S. L.), De arithmeticis et geometricis aequationum resolutionibus (1770,<br />

S. L.), Descriptio provinciae Moxitarum in regno Peruans (Buda, 1791).


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 17<br />

gli Autori in questione, sono sempre da collocarsi in una posizione infe­<br />

riore, a volte infima, rispetto a quella speculativa, la quale ha la funzione<br />

di mostrarcele <strong>nella</strong> loro essenza, unico e solo elemento che le fa rendere<br />

accettabili dallo scienziato.<br />

Più generalmente, un punto di vista ontologico rimanda alle proble­<br />

matiche <strong>del</strong>la costituzione <strong>del</strong>la scienza colta <strong>nella</strong> sua realtà intrinseca, la<br />

cui razionalità è completamente staccata dall'intenzionalità <strong>del</strong> soggetto<br />

conoscente. In tal senso la formazione <strong>del</strong>la scienza non comporta alcuna<br />

problematica, poiché questa, identificandosi con la Ragione <strong>del</strong>la Natura,<br />

si realizza in sé e per sé. Questo comporta, di conseguenza, anche il pre­<br />

sentarsi di un punto di vista gnoseologico, ma strettamente collegato a<br />

questo assunto di base. L'individuo deve chiedersi come potrà giungere a<br />

cogliere la ragione <strong>del</strong>la verità naturale: in questo caso egli disporrà di basi<br />

universali e razionali, grazie a cui i suoi giudizi non saranno più semplici<br />

opinioni empiriche, ma una vera conoscenza. Per ottenere un tal risultato<br />

il soggetto dovrà fondare ed impostare la propria conoscenza su regole e<br />

principi universali e necessari: quanto più egli si impegnerà in questa<br />

operazione, tanto più potrà avvicinarsi alla comprensione <strong>del</strong>le costanti<br />

universali che reggono l'ordine naturale <strong>nella</strong> sua totalità. <strong>Logica</strong> e Psico­<br />

logia sono allora strettamente unite da questo presupposto e la loro rea­<br />

lizzazione sarà una specie di somma di regole, pratiche od intellettive, che<br />

il soggetto dovrà impegnarsi a seguire.<br />

Una tale osservazione è fondamentale e, di conseguenza, permette di<br />

dare una giustificazione a coloro che iniziavano a sostenere un ruolo più<br />

attivo <strong>del</strong> soggetto nei processi di conoscenza, affermando che tutti gli<br />

sforzi che questi deve compiere sono volti non solo a comprendere che<br />

tali regole sono proprie ad ogni essere, ma che per potersi attualizzare<br />

richiedono un notevole impegno. « Se l'arte logica a cui ho destinato que­<br />

sto lavoro non influisse sul perfezionamento intellettuale, morale e poli­<br />

tico, almeno di coloro che debbono guidare i loro simili, sarebbe tempo<br />

perduto il lambiccarsi il cervello nelle astruse e tenebrose elucubrazioni<br />

<strong>del</strong>la metafisica » (G. Romagnosi, Vedute fondamentali sull'arte logica,<br />

1832, 1).<br />

Attraverso tale esercizio possiamo arrivare a denotare proposizioni<br />

che fungono da assiomi e che, per questo, devono essere chiare ed eviden­<br />

ti. Solo a seguito di questa operazione possiamo iniziare qualsiasi tipo di<br />

studio e ritenerlo attendibile. Quello che ci conduce all'individuazione di<br />

tali proposizioni chiare ed evidenti sarà di certo un loro stretto legame con<br />

la realtà, che presuppone tuttavia un'attitudine specifica ed innata in ogni


18 CAPITOLO PRIMO<br />

uomo, a saper cogliere immediatamente e senza errore tutte le cose che<br />

sono vere. Attribuendo alla <strong>Logica</strong> questa componente ontologica, per la<br />

quale essa fa parte, nel suo nucleo essenziale, <strong>del</strong>l'Essere medesimo, si<br />

attua il tentativo di evitare di metterla minimamente in discussione, pre­<br />

servandone in tal modo le caratteristiche peculiari e non impedendo, d'al­<br />

tra parte, di iniziare a studiare l'individuo e le facoltà a lui proprie, in<br />

modo assai più esteso e non troppo rinchiuso in rigidi schemi.<br />

Il fatto è tanto più rilevante poiché si propende a ritenere come<br />

proprio ad ogni soggetto un sensus, quo accipiendae sunt propositiones (B.<br />

Bellofiore, 1813). Se ogni soggetto è "naturalmente" connotabile in tal<br />

modo, la <strong>Logica</strong>, quale disciplina, è allora solo quella artificiale, la quale<br />

potrà essere teorica o pratica, ma, in ogni caso, acquisita. Lo studio <strong>del</strong>la<br />

percezione, d'altro canto, non ha neppure bisogno di iniziare con l'esame<br />

<strong>del</strong>le sensazioni, bensì con quello <strong>del</strong>la memoria, mezzo atto a farci com­<br />

prendere il ruolo <strong>del</strong>l'astrazione, strumento fondamentale che conduce al<br />

giudizio. Vale a dire che seppure l'attività percettiva è da intendersi quale<br />

prima manifestazione che conduce l'uomo ad un corretto impiego <strong>del</strong>l'in­<br />

telletto (B. Bellofiore, Institutiones philosophicae, 1799), tuttavia occorre<br />

partire da uno studio <strong>del</strong>la natura <strong>del</strong>l'Essere (tema ontologico) in senso<br />

lato (sua origine e sviluppo), per poi approdare successivamente all'uomo<br />

come essere vivente dotato di sensazioni ed, in ultimo, allo studio <strong>del</strong><br />

ragionamento (R. Gianandrea, Institutiones logicae, 1795). La percezione,<br />

caratteristica psicologica per eccellenza, non ha allora bisogno di essere<br />

approfondita più di tanto, in quanto elemento poco collegato con le atti­<br />

vità primarie <strong>del</strong> soggetto.<br />

Si tende a porre come già date od innate alcune disposizione che<br />

ogni soggetto possiede e che prescindono a qualsiasi forma di conoscen­<br />

za: in tal senso il fatto che un soggetto le possegga e le esplichi in ogni<br />

caso, oppure che abbia bisogno di riflettere per scoprire che fanno parte<br />

<strong>del</strong> proprio essere, diviene un problema non più primario. Ovvero si as­<br />

siste al tentativo di amalgamare tra loro un approccio "sensista" ed il<br />

mantenimento di una <strong>cultura</strong> filosofica "tradizionale". Altrettanto chiara­<br />

mente lo sforzo che gli studiosi si prefiggono, consiste tuttavia nel sotto­<br />

lineare incessantemente la maggiore importanza <strong>del</strong>la seconda forma di<br />

conoscenza.<br />

Fortunatamente questa caratteristica conservatrice tenderà a scompa­<br />

rire e già agli inizi <strong>del</strong> secolo rappresenta un suggerimento che si trasgre­<br />

disce abbastanza agevolmente, anche da parte di chi dice di non avere<br />

problemi a sostenere la conoscenza tradizionale.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 19<br />

In realtà avviene così che pure studiosi quali F. Soave 18 (Istituzioni di<br />

logica metafisica ed etica, 1815) 19 , rappresentante di questa posizione con-<br />

servatrice, tendano a fare un uso sempre più cospicuo di una terminologia<br />

prettamente naturalistica in tutti i loro lavori.<br />

Ad esempio, l'Autore in questione affermerà sempre che un corollario<br />

è conseguenza "immediata e spontanea" <strong>del</strong> teorema. La <strong>Logica</strong> è, a sua<br />

volta, definita come arte per il buon uso <strong>del</strong>la ragione: questa è costituita<br />

dalle facoltà e dalle operazioni <strong>del</strong>l'animo, che ricerca nel modo più corret­<br />

to possibile il Vero, mentre il concetto di verità concerne la conformità tra<br />

i giudizi e le cose, cui i primi si riferiscono. Quando allora diremo: "il<br />

cerchio è rotondo" si avrà una proposizione logicamente vera, mentre<br />

quando affermeremo: "il cerchio è quadrato" questa sarà logicamente fal­<br />

sa. Il fine che si persegue con la ricerca <strong>del</strong>la verità logica è di ottenere la<br />

certezza e di eliminare il dubbio, che per l'A. è segno di ignoranza. Occor­<br />

re allora studiare le idee e le nozioni in rapporto alla loro genesi, ritenuta<br />

esclusivamente mentale. Tuttavia l'impiego di una terminologia mutuata<br />

dall'osservazione naturalistica ed impiegata per definire concetti, che ne<br />

richiederebbero una <strong>del</strong> tutto rigorosa e formalmente ineccepibile, ci mo­<br />

stra come si avverta in crescente misura, da parte di questi studiosi l'esigen­<br />

za di partire da dati di fatto, passibili di controllo diretto ed immediato.<br />

Un esempio ancora più evidente lo troviamo in V. Bini 20 il quale in<br />

18 Francesco Soave (1743-1806), nasce in Svizzera a Lugano, ma si trasferisce<br />

presto a Parma dove passa gran parte <strong>del</strong>la sua vita insegnando <strong>nella</strong> locale Università.<br />

In un secondo momento diviene docente all'Università di Pavia. Oltre al testo da noi<br />

indicato scrisse anche Elementi di Ideologia, Compendio di Storia <strong>del</strong>la filosofia (1791-<br />

1794), La filosofia di Kant esposta e riesaminata.<br />

19 Assolutamente rilevante è il numero di edizioni che tale testo ha avuto nonché<br />

di luoghi in cui è stata pubblicato. L'opera da noi consultata è quella <strong>del</strong> 1815, Migliac-<br />

cioli, Napoli, ma abbiamo trovato anche le seguenti edizioni: 1792, Giancarlo Storti,<br />

Venezia; 1792, [S. N.], Napoli; 1795, Giancarlo Storti, Venezia; 1801, Tipografia San­<br />

tini, Venezia; 1802, Abbate, Francesco e Rosario, Palermo; 1804, eredi di Pietro Ga-<br />

leazzi, Pavia (con aggiunta di note e correzioni); 1808, tipografia Santina, Venezia; 1813,<br />

Tipografia Valle, Venezia (edizione corretta ed accresciuta); 1814, S. Nistri, Pisa; 1818,<br />

[S. N.], Napoli; 1819, Stamperia Biblioteca Analitica, Napoli; 1825 Carlo Salvati, Na­<br />

poli; 1829 Tipografia Bareggio, Bassano (edizione corretta ed accresciuta); 1829, Stam­<br />

peria <strong>del</strong> Genio Tipografico, Napoli; 1831, [S. N.], Milano; 1834 Tipografia Virgiliana<br />

di N. Caranenti, Mantova. In ogni caso questo elenco non è esaustivo per il fatto che<br />

l'opera in questione compare a volte inserita in pubblicazioni composte da altri Autori.<br />

20 Vincenzo Bini (1775-1853). Entra nell'ordine benedettino, studia nel monaste­<br />

ro di San Pietro a Perugia, si perfeziona nelle sacre discipline a Roma (monastero di<br />

San Paolo). Nel 1800 insegna Filosofia nell'Università di Perugia. Nel 1821 è abate <strong>del</strong><br />

monastero di San Pietro a Perugia e col 1825 si trasferisce a Roma (dal 1831 diverrà


20 CAPITOLO PRIMO<br />

Corso elementare di lezioni logico-metafisico-morali (1815, S. L., S. N.),<br />

pure concludendo l'opera con la "dimostrazione" <strong>del</strong>l'immortalità <strong>del</strong>­<br />

l'anima, l'esistenza di Dio e la necessità <strong>del</strong>la Rivelazione, conduce tutto<br />

il suo discorso richiamandosi al sensismo di Condillac e, soprattutto, di de<br />

Tracy. Esaminando la sensazione egli si occupa <strong>del</strong>la fisiologia <strong>del</strong> sistema<br />

nervoso e tende ad accettare le teorie di L. Galvani e di A. Volta per<br />

spiegare la trasmissione degli impulsi sensoriali. Anche se non accetta<br />

(come invece il de Tracy) di identificare il "sentire" con il "pensare"<br />

(memoria, giudizio, volontà, hanno nulla a che fare con il "sentire") si<br />

individua <strong>nella</strong> sua opera il tentativo di rendere il metodo empirico e<br />

l'approccio sperimentale gli elementi più adatti per lo studio <strong>del</strong>le carat­<br />

teristiche fondamentali <strong>del</strong> soggetto.<br />

Tutto ciò ci chiarisce ancora di più perché, qualora si vogliano stu­<br />

diare le "inalterabili leggi [che] possono regolare il pensiero" (prefazione<br />

di L. Roverelli a Condillac, La logica, o siano i principii fondamentali <strong>del</strong>­<br />

l'arte di pensare, 1819 [tradotto ed adattato da L. Roverelli]), è pur sempre<br />

necessario partire da quello che ci suggerisce la natura e successivamente<br />

da ciò che noi riusciamo a leggere <strong>nella</strong> stessa. Siccome l'uomo è il pro­<br />

dotto <strong>del</strong>la sua educazione, ciò fa sì che le doti intellettuali che possiede<br />

in ogni caso, qualora non vengano ripartite in buone e cattive, ovvero<br />

qualora non colgano queste "inalterabili leggi", corrano il rischio di ridur-<br />

si ad un « grumo inutile » (5). Si tratta allora di condurre l'uomo a ben<br />

pensare. La <strong>Logica</strong>, in quanto studio primo <strong>del</strong>l'uomo, deve assolvere a<br />

questo compito (che, di fatto, è psicologico) con l'intento di condurci alla<br />

formazione di fondati e validi schemi intellettivi.<br />

Se l'Ontologia costituisce il punto d'accumulazione più rilevante per<br />

le istanze logiche e psicologiche, in ogni caso, dopo i primi due decenni<br />

<strong>del</strong> secolo, si tenta di meglio specificare, anche se ancora sempre attraver­<br />

so progressive differenziazioni, la componente psicologistica da quella<br />

logica e, gradualmente, prevarrà la tendenza a stabilire la priorità <strong>del</strong>la<br />

prima. Dobbiamo però considerare questa posizione in senso molto rela­<br />

tivo ancora per diversi anni: ovvero si tratta di un problema che viene<br />

unicamente espresso in maniera <strong>del</strong> tutto generale, senza preoccuparsi<br />

minimamente di affrontarlo in modo rigoroso e puntuale e l'obiettivo<br />

principale non sarà tanto quello di integrare tra loro queste materie, quan-<br />

abate a San Paolo). Torna nel 1841 a Perugia e vi resta sino alla morte. Tra le sue altre<br />

opere ricordiamo alcuni articoli contro il determinismo morale di D. de Tracy sulla<br />

rivista Amico d'Italia.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 2 1<br />

to piuttosto di distinguerle. Allo stesso modo venendo gradualmente ad<br />

essere messa in dubbio la loro tradizionale gerarchizzazione, la possibilità<br />

che queste due scienze possano anche interagire tra loro è solo accennata,<br />

mentre pare che il compito principale sia quello di indicare le rispettive<br />

differenze. Queste posizioni hanno come evidente risultato il rafforzare lo<br />

iato tra ciò che è proprio <strong>del</strong>l'essere umano (norme, principii, verità), e<br />

tutto quello che invece è da lui vissuto ed appreso: i due temi tendono ad<br />

escludersi vicendevolmente, poiché ritenuti rispettivamente collegati ad<br />

argomenti non compatibili (biologici e fisiologici da un lato, filosofici e<br />

speculativi dall'altro).<br />

Se allora si comincerà a stabilire che la Psicologia debba essere fon­<br />

data su basi biologistiche, si inizierà a porre in questa disciplina il punto<br />

di partenza per conoscere le attività intellettuali <strong>del</strong> soggetto, e ci si sof­<br />

fermerà più dettagliatamente sullo studio degli organi di senso, cercando<br />

di analizzare compiutamente la sensibilità, mentre quando si esamineran­<br />

no il linguaggio ed il pensiero, ci si richiamerà pur sempre alla <strong>Logica</strong> il<br />

cui ruolo e la cui natura saranno, peraltro, sempre meno giustificati e<br />

specificati. Di fronte a questi problemi, che mettono in discussione alcuni<br />

punti fermi <strong>del</strong>la tradizione <strong>cultura</strong>le facendo riferimento a discipline in<br />

chiara espansione, i nostri studiosi <strong>del</strong> periodo adottano la poco produt­<br />

tiva tecnica <strong>del</strong> compromesso. Il loro tentativo sarà quello di collocare su<br />

due spazi diversi le due materie in questione e stabilire che vi può essere<br />

qualche collegamento tra queste, ma relativamente a settori specifici e<br />

limitati, senza mai dimenticare però che è la <strong>Logica</strong> la disciplina più im­<br />

portante. Vale a dire che se da un lato si inizierà a postulare una certa<br />

interazione tra la <strong>Logica</strong> con la Psicologia, per cui "la verità logica è la<br />

conformità dei nostri giudizi con le cose che ne sono gli oggetti" (M.<br />

Semmola, Istituzioni di filosofia composte per uso <strong>del</strong>la sua Scuola Privata,<br />

1833, 91), e tale materia sarà una "necessaria propedeutica alla filosofia"<br />

(5), non si esiterà a ribadire che ogni disciplina avrà, senza dubbio, una<br />

sua « logichetta » (5), legata ai problemi concreti e meno rilevanti <strong>del</strong>le<br />

singole materie e che è da considerarsi solo un'applicazione parziale ed<br />

imperfetta <strong>del</strong>la "<strong>Logica</strong> generale" (6), sulla cui natura si evita accurata­<br />

mente ogni discussione, in quanto non ve ne è alcuna necessità, dato che<br />

è in ogni caso antecedente e generativa di qualsiasi forma in cui si strutturi<br />

il sapere.<br />

Un primo tentativo, che possiamo ritenere più "costruttivo" di rap­<br />

portare queste due forme e modalità di sapere, nel senso di riferirle ad un<br />

soggetto, inteso sia come essere "naturale" che come essere cognitivo, lo


22 CAPITOLO PRIMO<br />

si ritrova in G. Romagnosi (1832, a/e), filosofo con posizioni ostili alla<br />

<strong>cultura</strong> tedesca in generale, che pretende di evitare l'eccessivo specula-<br />

tivismo di I. Kant e "l'ultrametafisica" di Hegel. La <strong>Logica</strong> è ancora rite­<br />

nuta la disciplina più importante, poiché presiede a tutte le facoltà intel­<br />

lettive <strong>del</strong> soggetto, ma si afferma che la semplice apprensione sensoriale<br />

sia da ritenersi in ogni caso infallibile, anche se ha nulla a che fare con lo<br />

stabilire la verità (o la falsità), argomento che riguarda invece la formula­<br />

zione dei giudizi sul rapporto tra più idee. Nello stesso anno, l'A. compie­<br />

rà un ulteriore passo, teso ad affermare la sua posizione, in Ragione <strong>del</strong>­<br />

l'opera in Genovesi A., 1832/b). Questo lavoro si inserisce nel volume I di<br />

"Una bibliografia per l'intelletto, o sia raccolta di opere italiane e stranie­<br />

re, antiche e moderne, destinate alla coltura <strong>del</strong>le menti" (intr., V) ed ha,<br />

anche in questo caso, una componente pedagogica.<br />

Il titolo di questa collana riflette perfettamente i suoi obiettivi. La<br />

Psicologia prende le distanze dal sensismo francese (Condillac) e si ricolle­<br />

ga al sensismo più temperato ed utilitaristico di M. Gioia. Egli ribadisce<br />

l'importanza dei "prodotti mentali", ovvero oggetti non fondati sulla sem­<br />

plice passività sensoriale, ma "costruiti" dalla mente che reagisce, che<br />

"risponde" alle stimolazioni esterne. Partendo dal razionalismo metafisico<br />

di Wolff, rifacendosi successivamente ai sensisti francesi, reagisce poi a<br />

questi ultimi, sostenendo che ogni conoscenza « implica il concorso o [...]<br />

la compotenza dei sensi e <strong>del</strong>l'intelletto. Questo applica agli elementi forniti<br />

dai sensi le proprie suità psicologiche, che pongono ordine nei dati sensibili.<br />

La presenza <strong>del</strong>l'elemento puramente razionale nelle conoscenze, fa che<br />

esse siano fatture mentali; ma la nostra mente non può fingerle a suo<br />

piacimento, poiché è vincolata dai diversi modi in cui agiscono su di essa<br />

gli impulsi che riceve dalle cose » (A. Guzzo, Breve Storia <strong>del</strong>la Filosofia,<br />

I, 1936, III, 2, I, 340). Per assolvere a questo fine, il Romagnosi sostiene<br />

che occorre « progettare Instituzioni ginnastiche per la <strong>Logica</strong> soprattutto<br />

propria allo studio <strong>del</strong>l'uomo intcriore » (ibidem): tali Instituzioni ginna­<br />

stiche saranno da collocarsi, per l'A., tra la Psicologia sperimentale e la<br />

Psicologia razionale wollfiana (ibidem) [si veda anche il Gap. II].<br />

Una tale tendenza alimenterà notevolmente alcuni studiosi che pos­<br />

siamo ritenere come precursori <strong>del</strong>la successiva corrente positivista italia­<br />

na e si rafforzerà col passare <strong>del</strong> tempo. E così nel 1839 A. Lorenzoni 21 ,<br />

21 Antonio Lorenzoni (1755-1840). Si occupò prevalentemente di Giurispruden­<br />

za, campo nel quale tra l'altro produsse: Istituzioni <strong>del</strong> Diritto civile privato per la<br />

provincia vicentina (1785-1786), Scelta di disposizioni <strong>del</strong> Diritto Romano (1817).


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 23<br />

in Saggio di <strong>Logica</strong>, afferma decisamente che ogni forma <strong>del</strong> conoscere<br />

deve partire dallo studio dei sensi, che sono il primo mezzo con cui l'uo­<br />

mo giunge a conoscere tutto ciò che è nel mondo ed in sé e, quindi, anche<br />

l'immaginazione, la funzione, la percezione, la riflessione, la memoria, le<br />

nozioni universali, le parole e persino l'arte <strong>del</strong>la definizione. Solo a que­<br />

sto punto ci si potrà ritenere in grado di affrontare i classici studi <strong>del</strong><br />

giudizio, <strong>del</strong> ragionamento e <strong>del</strong> metodo. La <strong>Logica</strong> sarà pur sempre la<br />

disciplina primaria, in quanto è la sola in grado di mostrarci le regole a cui<br />

l'intelletto deve attenersi per conoscere le verità, di qualsiasi genere esse<br />

siano (fisiche o metafisiche).<br />

Allo stesso modo S. Inghignoli (Saggio analitico di controversie ideolo-<br />

gzche, 1840), richiamandosi espressamente a J. Locke e Condillac, stabilirà<br />

la primarietà <strong>del</strong>le sensazioni sulle Idee e sulle percezioni ed affermerà che<br />

è dalle prime che occorre partire per conoscere tutto ciò che presiede e<br />

costituisce la formazione <strong>del</strong> soggetto, esaminato nelle più disparate moda­<br />

lità con le quali questi si presenta. Più precisamente: si tende ad attribuire<br />

alla <strong>Logica</strong> carattere normativo <strong>del</strong>le principali facoltà umane, mentre alla<br />

Psicologia viene assegnato il compito di descrivere quelli che sono i prin­<br />

cipali meccanismi biologici che presiedono alla loro concreta esplicazione.<br />

Sono notevoli le resistenze che impediscono di porre ad uno stesso<br />

livello le due discipline, anche se più passa il tempo e più ci si accorge che<br />

si tratta di due forme <strong>del</strong>la conoscenza certamente tra loro collegate, ma<br />

dotate di una loro autonomia. Ora succede che anziché collocarle opera­<br />

tivamente ad un eguai livello, si osserva come caratteristica costante che<br />

<strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> si parli sempre di meno, ma la si collochi tuttavia in una<br />

posizione primaria rispetto alla Psicologia. Questa, a sua volta, è intesa<br />

come disciplina empirica, dunque meno rilevante: se ne fa una trattazione<br />

sempre più estesa, se ne ribadisce l'importanza, eppure nell'architettura<br />

dei testi compare come importanza, sempre dopo la <strong>Logica</strong>. Probabilmen­<br />

te giucca un ruolo assai importante l'inferiorità operativa <strong>del</strong>la Psicologia,<br />

scienza che si sta formando ma non dispone ancora di mezzi adatti per<br />

potersi affermare rispetto alla <strong>Logica</strong>, che pure non facendo progressi<br />

(almeno secondo la tesi kantiana) ha alle spalle una poderosa tradizione ed<br />

un'importante produzione. Ovvero, anche accettando la tesi di Kant, tut­<br />

tavia quello che la <strong>Logica</strong> ha prodotto è certo e sicuro né lo si può mettere<br />

in discussione. Le ingenue e primitive sperimentazioni "psicologiche", più<br />

casuali che altro, senza alcuno strumento di verifica, certamente non siste­<br />

matiche, non sono in grado neppure di scalfire l'edificio solido e secolare<br />

<strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>.


24 CAPITOLO PRIMO<br />

Ad esempio l'opera di P. Rottura 22 (<strong>Logica</strong>, 1833) è una chiara e<br />

puntuale conferma di queste posizioni: pure collocando la Psicologia<br />

empirica in una posizione secondaria rispetto alla <strong>Logica</strong>, afferma che una<br />

« scienza che osserva attentamente [...] i fatti interni [...] che sorgono<br />

nell'anima nostra » (49) e che studia gli organi di senso e quelli implicati<br />

nel loro funzionamento, è da ritenersi di notevole importanza per qualsiasi<br />

forma di conoscenza. Ovvero queste basi biologiche sono indispensabili<br />

per poter far luce sulle attività intellettive <strong>del</strong> soggetto; anche le idee,<br />

presupposto indispensabile per formulare giudizi (la cui analisi spetta alla<br />

<strong>Logica</strong>), sono da ritenersi generate dalla comparazione tra le diverse im­<br />

pressioni che il soggetto ha. Tuttavia l'A. non esita a sostenere che la<br />

<strong>Logica</strong>, in qualunque modo la si voglia intendere, è deputata a dirigere il<br />

parlare ed il pensare umano e per questo è pur sempre la scienza con cui<br />

bisogna confrontarsi per iniziare qualunque tipo di ricerca.<br />

Su queste stesse posizioni, ma espresse in modo ancora più deciso,<br />

troviamo anche F. Zantedeschi (Elementi di <strong>Logica</strong>, 1833) 23 . La <strong>Logica</strong>,<br />

che deriva direttamente dal greco Lògos, « è la scienza che dirige la facoltà<br />

conoscitiva al suo perfezionamento » (1-2) ed il suo fine è il conseguimen­<br />

to <strong>del</strong>la Verità, intesa come la conformità « dei nostri pensamenti colle<br />

qualità degli oggetti ideali, alle quali si riferiscono » (9). Egli sembra non<br />

avere dubbi su come si formino le conoscenze: di fronte ad un simile<br />

interrogativo è necessario partire dalla Psicologia empirica e l'affermazio­<br />

ne è questa volta più marcata che non in G. Romagnosi (1832a), cui l'A.<br />

si riferisce, poiché è lo studio <strong>del</strong>le sensazioni il primo livello sul quale ci<br />

si deve collocare per analizzare le strutture <strong>del</strong> pensiero. Ma anche in<br />

questo caso l'A. non ha dubbi nel sostenere che soltanto la <strong>Logica</strong> giunge<br />

a fornire precisi schemi <strong>del</strong>le attività <strong>del</strong> pensiero, per il fatto che essa sola<br />

è in grado di produrre definizioni coincise e perfette, che, colte nel caso<br />

più puro giungono a predicare unicamente l'esistenza di un concetto (ad<br />

esempio: "Dio è").<br />

22 Di origini dalmate, Pietro Rottura è docente di Filosofia teorico-pratica con<br />

interessi marcati per la Psicologia. Tra le altre opere ricordiamo: La coscienza eccitamen­<br />

to allo studio (Zara, 1829), Della <strong>Logica</strong>: parte prima. Psicologia empirica (Venezia, 1844),<br />

Ideologia di Don Pietro Eottura (Zara, 1835), Trattato <strong>del</strong>le passioni (Venezia, 1846).<br />

23 Francesco Zantedeschi abate (1797-1873). Nativo di Verona prende il sacerdo­<br />

zio in questa città e diviene professore di Fisica nei licei di Brescia, Milano e Venezia.<br />

Ottiene in seguito la cattedra di Fisica all'Università di Padova che dovette tuttavia<br />

abbandonare nel 1857 a causa <strong>del</strong>la cecità che lo aveva colpito. Si occupò sempre di<br />

Fisica (in particolare di acustica), fondò l'Orto Botanico a Venezia e fu membro <strong>del</strong>­<br />

l'Istituto Veneto.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 25<br />

Se ogni forma di conoscenza ha un fondamento psicologico e se la<br />

Psicologia è « il conto rigoroso che lo spirito rende dentro a se stesso di<br />

tutto ciò che si passa dentro di sé » (B. D'Acquisto 24 , Elementi di filosofia<br />

fondamentale, 1835, I, 21) 25 , nel caso ci si renda conto <strong>del</strong>l'esistenza di<br />

qualcosa che non si può né vedere né percepire, si dovrà indirizzare la<br />

ricerca verso quello che va al di là di ciò che è umano (ovvero verso Dio),<br />

oppure verso qualcosa di primario, ovvero "naturale", ad ogni Essere<br />

(Ontologia). Come prima conseguenza <strong>del</strong>l'affermarsi <strong>del</strong>la ricerca psico­<br />

logica, che mira, in ultimo, a studiare quali sono e come agiscono le fun­<br />

zioni superiori <strong>del</strong> soggetto (pensiero, conoscenza, ragionamento) <strong>del</strong>le<br />

quali la <strong>Logica</strong> ne è senza dubbio l'espressione più perfetta, anziché ad un<br />

loro rapporto costruttivo, assistiamo invece ad un progressivo radicalizzar-<br />

si <strong>del</strong>la dicotomia tra le due discipline in questione, al punto che, pure di<br />

evitare qualsiasi rapporto tra loro, ci si sforza di intendere la <strong>Logica</strong> come<br />

appartenente ad un livello extrascientifico (religioso oppure metafisico).<br />

Nel testo che stiamo esaminando, ad esempio, si ha subito esplicitata<br />

la chiara impostazione psicologica che l'A. da a tutto il suo lavoro. Il<br />

sistema scientifico, in generale, anche per quello che concerne le scienze<br />

più pure (come la <strong>Logica</strong>), ha una base psicologica. Se non si parte da<br />

questa disciplina, si corre il rischio di possedere una concezione <strong>del</strong>la<br />

scienza di tipo dogmatico e pertanto insufficiente e povero. Tutti i concet­<br />

ti, anche quelli più astratti, hanno la possibilità di essere ritenuti esistenti,<br />

ma solo alla condizione che siano sperimentati dagli organi di senso, sia<br />

direttamente che indirettamente. L'astrazione, per fare un esempio, la si<br />

deve considerare come uno strumento con il quale possiamo intraprende­<br />

re lo studio di particolari fenomeni, considerati <strong>nella</strong> loro essenza: questi<br />

fenomeni, tuttavia, devono essere percepiti dal soggetto. Tutto quello che<br />

noi pensiamo che possa avere un'esistenza, ma non riusciamo a percepire<br />

24 Benedetto d'Acquisto (1790-1867). Laureatesi in filosofia a Palermo, dopo<br />

alcuni anni di insegnamento nei licei <strong>del</strong>la stessa città, nel 1843 ottenne la cattedra di<br />

Etica e Diritto Naturale. Nel 1858 abbandonò tale incarico in quanto fu nominato<br />

Arcivescovo. Nel 1866 fu accusato di sobillare i moti rivoluzionari siciliani e fu incar­<br />

cerato per alcuni mesi (fu amnistiato nel 1867). Di formazione platonico-agostiniana<br />

compose parecchi lavori, tra i quali: Corso di Filosofia morale (1851), Necessità <strong>del</strong>l'au­<br />

torità e <strong>del</strong>la legge (1861), Teologia dogmatica e razionale (1862), <strong>Logica</strong>, ovvero organo<br />

<strong>del</strong>lo scibile umano (1871, postumo)<br />

25 Questo testo ha come sottotitolo, chiaramente indicativo, la dizione Analisi<br />

<strong>del</strong>le facoltà <strong>del</strong>lo spirito umano o Psicologia. L'Autore sarà presentato da Di Giovanni<br />

Vincenzo (Sullo stato attuale e su' bisogni degli studi filosofici in Sicilia, 1854), come<br />

facente riferimento ad una vaga matrice leibniziana.


26 CAPITOLO PRIMO<br />

con i sensi, costituisce un argomento il cui studio deve essere demandato<br />

alla religione, non già alle scienze.<br />

Il rinforzarsi ed il radicarsi di queste posizioni porterà inevitabilmen­<br />

te, col passare <strong>del</strong> tempo, al comparire di due opposti indirizzi, il primo<br />

dei quali ulteriormente ripartibile in due sottosettori.<br />

(b) Differenti separazioni tra <strong>Logica</strong> e Psicologia (1800-1850).<br />

2.3. Da un lato vi saranno coloro che, adducendo motivazioni di<br />

carattere specificatamente filosofico, tenderanno ad eliminare la dicotomia<br />

tra <strong>Logica</strong> e Psicologia, facendo sparire, eliminando, tout court, la seconda<br />

dal campo <strong>del</strong>le ricerche scientifiche e, con una malcelata insufficienza, la<br />

collocheranno nell'universo <strong>del</strong>le pratiche empiriche ed alchimiste.<br />

2.4. Per un altro verso vi saranno coloro che si sforzeranno di incen­<br />

tivare un tale rapporto e si assisterà al tentativo, che <strong>nella</strong> seconda metà<br />

<strong>del</strong> <strong>XIX</strong> secolo diventerà una corrente di pensiero, di subordinare, pro­<br />

gressivamente, la <strong>Logica</strong> alla Psicologia, ovvero di esaminare, da un punto<br />

di vista schiettamente naturalistico, qualsiasi attività mentale (o meno) che<br />

il soggetto compia. Tuttavia, nel periodo in questione, quest'ultimo resterà<br />

pur sempre unicamente un intento non realizzato, in quanto, seppure in<br />

modo più limitato rispetto al passato, si cercherà in ogni caso di mante­<br />

nere la loro incompatibilità (l'esempio di B. D'Acquisto da noi appena<br />

riportato rappresenta perfettamente tale situazione).<br />

2.3. I due sottosettori in cui riteniamo di ripartire il primo punto<br />

possono essere presentati in tal modo:<br />

2.3.1. Al primo appartengono coloro che pretendono di recuperare<br />

l'integrità <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, intedendola o come pura disciplina speculativa, od<br />

assegnandole un'autonomia scientifica <strong>del</strong> tutto specifica e non confon­<br />

dibile con qualsiasi altra forma di conoscenza. Tra questi ritroviamo B.<br />

Poli (Elementi di filosofia teoretica e morale [Tomo II - <strong>Logica</strong> e Meta­<br />

fisica], 1837) 26 , uno studioso le cui opere non raccoglievano molti consen-<br />

26 Baldassarre Poli (1795-?), fu professore di filosofìa nell'Università di Padova<br />

(1837), dopo avere insegnato nei licei di Mantova e Milano ed essersi formato a Bolo­<br />

gna. La sua preparazione eclettica lo rese conosciuto in molti luoghi e divenne socio<br />

<strong>del</strong>l'Accademia Reale di Torino. Segnaliamo tra le altra sue opere Saggio filosofico sopra<br />

la scuola dei moderni filosofi naturalisti (Milano, 1827), Primi elementi di filosofia (Mi­<br />

lano, 1833), Saggi di scienza politico-legale (Milano, 1841), Sulle relazioni tra le circon­<br />

voluzioni cerebrali (1855), Saggio filosofico sopra la scuola de' moderni filosofi naturalisti<br />

(1862), La filosofia <strong>del</strong>l'incosciente (1882).


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 27<br />

si 27 . Egli afferma che si ha un'identificazione <strong>del</strong>le leggi naturali <strong>del</strong> pen­<br />

siero con la <strong>Logica</strong> artificiale e quest'ultima assume il carattere di scien­<br />

tificità solamente in quanto estrapola dal pensiero unicamente l'aspetto<br />

formale. Il pensiero, invece, considerato <strong>nella</strong> sua generalità è « l'atto con<br />

che la mente riduce all'unità le varie percezioni ed idee raccolte in sé per<br />

opera <strong>del</strong> senso, <strong>del</strong>l'intelletto o <strong>del</strong>la ragione » (VI).<br />

Una tale denotazione <strong>del</strong> ruolo che posseggono le attività <strong>del</strong> soggetto<br />

è per l'A. già uno strumento sufficiente per fornire un'adeguata spiegazio­<br />

ne <strong>del</strong>le sue facoltà cognitive. Vale a dire che a poco serve uno studio<br />

approfondito <strong>del</strong>la loro formazione, per il fatto che è la stessa natura a<br />

presentarcela ed a giustificarla, mentre quello che importa è esaminarle<br />

come entità già realizzate, che ci fanno riflettere su ciò che la natura ci<br />

spinge a compiere. In questo senso egli può stabilire che « la <strong>Logica</strong> è in<br />

generale l'arte è la scienza di pensare o di ragionare... [e] ... la <strong>Logica</strong>, in<br />

particolare, definisce la scienza <strong>del</strong> pensiero o <strong>del</strong> pensiero puro e <strong>del</strong>le<br />

sue leggi al rette uso <strong>del</strong> pensiero medesimo » (II) 28 . Nel caso specifico vi<br />

è una confusività tra osservazioni gnoseologiche, psicologiche e metodolo-<br />

giche, derivate da una poco accurata mescolanza di tematiche port-royali-<br />

ste e kantiane. Se ne ricava che la <strong>Logica</strong>, per l'A., deve intendersi come<br />

scienza che studia le leggi naturali <strong>del</strong> pensiero e le identifica con le forme<br />

che le stesse assumono e che, pertanto, funge da prima forma di conoscen­<br />

za, da cui dipenderanno tutte le altre. Più precisamente si tratta di un'at­<br />

tività regolatrice <strong>del</strong> pensiero stesso e <strong>del</strong>le varie modalità in cui questo,<br />

a seconda <strong>del</strong> livello in cui sarà esaminato, dovrà essere strutturato.<br />

Su analoghe posizioni, espresse in modo assai più radicale, si colloca<br />

anche F. M. Franceschinis (Lezioni di <strong>Logica</strong> e Metafisica, 1840) 29 . Le idee,<br />

che sono: di sostanza (cosa che esiste senza essere inerente ad altra), di<br />

27 Per Ausonio Franchi, autore di un manuale assai in uso negli anni '60-70 <strong>del</strong><br />

secolo scorso (La Filosofia nelle scuole italiane, 1863) citato anche parecchie volte in di­<br />

verse opere di G. Gentile, sarà, insieme a S. Mannano, uno scrittore eclettico e mediocre.<br />

28 Contro questa posizione non mancheranno certo critiche anche molto pesanti<br />

e radicali. Oltre a quella ricordata di A. Franchi (op. cit.), la maggior parte dei filosofi<br />

<strong>del</strong> periodo vedrà nel lavoro di Poli un astorico tentativo di restaurazione <strong>cultura</strong>le, che<br />

non produce nulla di valido. Un simile atteggiamento fortemente critico sarà destinato<br />

anche ad altri Autori (ad esempio si veda lo scritto di M. Liberatore, 1850).<br />

29 Francesco Maria Franceschinis (1756-1840). Di nobili origini (Conti Della<br />

Valle) fu docente dapprima di Teologia e Metafisica e poi insegnò matematica all'Uni­<br />

versità di Bologna e Matematica applicata a quella di Padova. Pubblicò opere di vario<br />

genere quali gli Opuscoli matematici (1787), poemetti (La Morte di Sacrate, 1820) e<br />

saggi di giurisprudenza (Delle leggi costituite}.


28 CAPITOLO PRIMO<br />

modo (affezione necessariamente unita a qualcosa) e di relazione (mutua<br />

connessione regnante tra le cose), non si possono ritenere generate in<br />

alcun modo dai sensi né dalla percezione. Si può solamente ammettere (e<br />

l'A. afferma, a tale proposito, il suo accordo con N. Malebranche) che la<br />

percezione risvegli l'idea spirituale <strong>del</strong> pensiero, ma nulla più. Il fatto che<br />

questi elementi psicologici fungano da attivatori <strong>del</strong>la sfera speculativa,<br />

non deve far pensare ad una loro funzione contrassegnata da un propria<br />

intenzionalità, bensì a semplici accadimenti casuali ed accidentali.<br />

Se la Metafisica è invece « riputata sempre la madre e la direttrice<br />

<strong>del</strong>la scienza» (73) e l'Ontologia, che è parte <strong>del</strong>la Metafisica, «versa<br />

generalmente intorno all'Ente ad alle di lui proprietà... tale che può dirsi<br />

abbracciare tutta la Metafisica » (74), la <strong>Logica</strong> è invece da intendersi<br />

come « l'arte di ben condurre la ragione <strong>nella</strong> conoscenza <strong>del</strong>le cose, ossia<br />

è quella disciplina che si occupa di dirigere al vero le operazioni <strong>del</strong>la<br />

mente » (5). Interessa invece particolarmente il fatto che si proponga una<br />

diretta correlazione tra pensiero e linguaggio, intendendo che quest'ultimo<br />

è il solo mezzo che ci fa conoscere come il pensiero sia strutturato. Il<br />

linguaggio è allora inteso non come separato dal pensiero, ovvero come<br />

un'attività distinta, bensì come l'esplicatore, o meglio il traduttore di<br />

quest'ultimo. Richiamando le teorie kantiane la <strong>Logica</strong> è dunque da inten­<br />

dersi come scienza <strong>del</strong> pensiero e non già <strong>del</strong> discorso: la primarietà <strong>del</strong><br />

pensiero è ribadita, ma il linguaggio diviene il mezzo insostituibile per<br />

manifestarlo e presentarlo. Ora, evidentemente, saranno diversi i tipi di<br />

linguaggio a seconda degli argomenti trattati, mentre il pensiero sarà unico<br />

e con regole precise e fisse. Il compito che spetta alla <strong>Logica</strong> è allora<br />

proprio quello di fare conoscere, attraverso il linguaggio, le cose che l'uo­<br />

mo pensa o di cui ragiona: ecco perché occorre « considerare le idee unite<br />

alle parole e le parole alle idee » (17).<br />

Ovvero la <strong>Logica</strong> è intesa come la sola forma <strong>del</strong> sapere in cui pensiero<br />

e linguaggio coincidono: in questo senso è primaria. Lo è certamente rispet­<br />

to all'attività sensista, percettiva e rappresentativa, per il fatto che questa<br />

non arriva di certo ad attuare alcun legame tra linguaggio e pensiero, poiché<br />

precede entrambe, ma in modo <strong>del</strong> tutto imperfetto. È altresì primaria ri­<br />

spetto anche a tutte le altre forme <strong>del</strong> sapere, anche le più evolute e perfe­<br />

zionate, perché queste, per esprimersi, hanno bisogno di un linguaggio (o di<br />

più linguaggi) staccato, deviato, dalle strutture primarie <strong>del</strong> pensiero.<br />

Ora per l'A. è la struttura sillogistica quella che meglio assolve ad un<br />

tale compito. Siccome si tratta di uno strumento in grado di spiegare<br />

qualsiasi forma di conoscenza, tutto viene ricondotto ad esso. A rinforzo


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 29<br />

<strong>del</strong>la sua tesi, egli sostiene che la stessa matematica è intesa come intera­<br />

mente esplicabile dalla sillogistica <strong>nella</strong> sua totalità: ed è in virtù di questa<br />

affermazione, che consente di fondare una tale disciplina, facendo riferi­<br />

mento a ragionamenti la cui validità non può essere minimamente posta<br />

in dubbio, che egli giunge ad affermare che la matematica può raggiunge­<br />

re e mantenere il massimo livello di perfezione.<br />

2.3.2. Al secondo sottosettore, che è quello numericamente meno este­<br />

so appartengono coloro che, pure ritenendo la <strong>Logica</strong> come la disciplina più<br />

importante di tutte le conoscenze, non esitano a fare ricorso ad altre scienze<br />

"pure" (come la matematica) per avvalorare tale posizione. Si tratta, in linea<br />

di massima, di filosofi che si richiamano a Kant (<strong>del</strong> quale hanno fatto una<br />

lettura parziale ed in ogni caso incompleta), che tendono a collocare a<br />

livello gnoseologico le problematiche concernenti la natura e la validità <strong>del</strong>la<br />

scienza, e che, di fatto, <strong>del</strong>imitano rigidamente ogni forma di sapere empi­<br />

rico-sperimentale, in quanto confonde le attività mentali <strong>del</strong> soggetto.<br />

Tra questi Autori riteniamo particolarmente significativo il contributo<br />

di O. Colecchi (Sopra alcune questioni, le più importanti <strong>del</strong>la filosofia. Os­<br />

servazioni critiche di Ottavio Colecchi, 1843) 30 , filosofo che parte da posizio­<br />

ni sensiste collegate a Locke e poi, a partire dal 1820, aderisce a posizioni<br />

kantiane ed entra in polemica con P. Galluppi 31 e con V. Cousin, per ciò<br />

30 Ottavio Colecchi (1773-1847). Di modeste condizioni economiche, fu avviato<br />

alla carriera ecclesiastica. Entrato nell'ordine domenicano si addottorò in Teologia. Nel<br />

1819 si reca a Napoli dove inizia a pubblicare lavori di matematica. Nel 1812 diviene<br />

professore di "Calcolo sublime" al Reale Collegio <strong>del</strong>la Nunziatella e col 1815 si reca<br />

a Roma. Dopo un soggiorno in Russia (insegnò Matematica e Filosofia all'Università di<br />

Pietrogrado), nel 1820 è nominato socio corrispondente <strong>del</strong>la Reale Società Economica.<br />

In seguito ai moti verificatisi tra il 1820 ed il 1821 nel regno di Napoli (che egli<br />

appoggiò), ebbe parecchi problemi quando subentrò la restaurazione: solo negli ultimi<br />

periodi <strong>del</strong>la sua vita potè riprendere ad insegnare. Egli ebbe forti polemiche con<br />

Galluppi, mentre fu strettamente legato al Settembrini, al De Sanctis ed ai fratelli<br />

Spaventa. A causa <strong>del</strong>le sue posizioni politiche, parte <strong>del</strong>le sue opere furono pubblicate<br />

od in ritardo od addirittura postume (come alcuni articoli apparsi sulla rivista // Gian-<br />

battista Vico). Tra le altre opere ricordiamo Riflessioni sopra alcuni opuscoli che trattano<br />

<strong>del</strong>le funzioni fratte e Memorie sulle forze vive.<br />

31 Pasquale Galluppi (1770-1846). Di famiglia nobile, condusse sempre una vita<br />

ritirata non lasciandosi mai coinvolgere nelle tumultuose vicende politiche <strong>del</strong>l'epoca<br />

(pure appoggiando le correnti liberalistiche). Dal 1831 al 1846 fu docente di <strong>Logica</strong> e<br />

Metafisica all'Università di Napoli. Tra le sue opere: Sull'analisi e la sintesi (1807),<br />

Saggio filosofico sulla critica <strong>del</strong>la conoscenza (1819), Opuscoli filosofici sulla libertà<br />

individuale <strong>del</strong> cittadino (1820), Lettere filosofiche sulle vicende <strong>del</strong>la filosofia relativa­<br />

mente ai principi <strong>del</strong>le conoscenze umane da Cartesio fino a Kant inclusivamente (1827).<br />

La filosofia <strong>del</strong>la volontà (1832-1840).


30 CAPITOLO PRIMO<br />

che concerne il problema <strong>del</strong>l'appercezione, ovvero a proposito <strong>del</strong>la natu­<br />

ra non ontologicizzante <strong>del</strong>l'unità sintetica primitiva 32 . Si tratta in questo<br />

caso di un testo ove si formulano tredici questioni alle quali FA., formatosi<br />

dapprima come matematico e successivamente come filosofo, da esaurienti<br />

risposte, caratterizzate da un esame filosofico <strong>del</strong> problema, da richiami ai<br />

filosofi <strong>del</strong> passato e da esemplificazioni matematiche dei problemi solle­<br />

vati, con l'intento specifico di ricercare "la <strong>Logica</strong>" che li accompagna.<br />

Alle parecchie suddivisioni che i vari autori fecero <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, egli,<br />

<strong>nella</strong> prima questione (« Se diasi una <strong>Logica</strong> pura ed una <strong>Logica</strong> mista »<br />

(pp. 3-6), richiamandosi soprattutto al Kant pre-critico, afferma che vi è<br />

una sola <strong>Logica</strong> e che è quella di Aristotele. Il compito di questa materia<br />

è unicamente esaminare il pensiero e pertanto può essere solo una scienza<br />

pura, che, come tale, avrà un compito specifico, ma finito e limitato. Essa<br />

avrà diritto ad occuparsi non solo <strong>del</strong> raziocinio puro ma anche di quello<br />

empirico, il quale, proprio per tale caratteristica che lo lega ad un contesto<br />

<strong>del</strong>imitato spazio-temporalmente, sarà, di conseguenza, da ritenersi de­<br />

classato nei confronti <strong>del</strong> primo. Per essere più precisi non si dovrebbe<br />

mai parlare di raziocinio empirico, ma solamente di giudizi empirici, per<br />

il fatto che il primo è sempre misto (ed avrà particolari restrizioni e limi­<br />

tazioni specifiche).<br />

La chiarificazione di questo tema ci è data dall'Autore nel rifiuto di<br />

ogni forma di empirismo, argomentato <strong>nella</strong> seconda questione, <strong>nella</strong><br />

quale ci si domanda se « quella... che [si] appella identità formale <strong>del</strong><br />

raziocinio, sia valevole a convertire il raziocinio empirico in quello misto »<br />

(16). I raziocinii pero sono puri (illazione identica alla premessa) e quelli<br />

« empirici!» sono da negarsi, tramite identità formale, in raziocinii misti.<br />

Si dia infatti l'esempio: « Se la vita degli uomini è minore di 100 anni; se<br />

ogni giorno nascono nuovi uomini; allora tra cent'anni la massa degli<br />

uomini sarà rinnovata» (18). Il primo giudizio è puro, il secondo speri­<br />

mentale, dunque il raziocinio è misto (la restrizione che questo avrà è<br />

dovuta al fatto che la connessione tra i membri è condizionale e quindi<br />

nulla dice a proposito <strong>del</strong>la loro verità o falsità, mentre in un raziocinio<br />

puro possiamo vedere « la necessità <strong>del</strong>la convenienza <strong>del</strong> predicato con<br />

il soggetto » [23]).<br />

Non ha alcun senso, inoltre, il ritenere che sussistano due Logiche<br />

perché questo significa, per FA., fare soltanto confusione con la Metafisi-<br />

32 Filippo Cicchitti-Suriani, Ottavio Colecchi. Filosofo e Matematico abruzzese ed<br />

i primardi <strong>del</strong> kantismo in Italia, Tipografia Anselmo Santini, L'Aquila, 1890.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 3 1<br />

ca. Allo stesso modo fare ricorso alla Psicologia, con l'intento di studiare<br />

le facoltà cognitive, oppure all'antropologia, per studiare la genesi degli<br />

errori, significa rendere a-scientifica la stessa <strong>Logica</strong>, deprivandola <strong>del</strong><br />

ruolo primario che invece possiede. In altra parole egli è convinto di<br />

averne già <strong>del</strong>imitato il ruolo e, quindi, di averla resa <strong>del</strong> tutto libera da<br />

qualsiasi influenza da parte di altre forme <strong>del</strong> sapere. Non solo, ma l'A.<br />

sembra volerci dire che, alle condizioni da lui poste, la <strong>Logica</strong> può essere<br />

ancora ritenuta come una forma <strong>del</strong> sapere <strong>del</strong> tutto primaria, che nulla<br />

ha a che spartire con altre discipline (quali la Psicologia, ad esempio).<br />

Nella quinta questione, chiedendosi poi « se l'intuizione sia essenzial­<br />

mente diversa dal raziocinio » (31), ribadisce le sue idee, assumendo nuo­<br />

vamente una posizione chiusa rispetto alla Psicologia. Egli argomenta il<br />

suo pensiero, muovendo una critica a D. Tracy, per il quale l'intuizione e<br />

la memoria erano elementi sufficienti per il raziocinio, ed una a Condillac,<br />

per il quale, se calcolare era ragionare, non era valida la proposizione<br />

contraria. Nei confronti di D. de Tracy conduce una sottile distinzione tra<br />

sorite (insieme di sillogismi concatenati) e sillogismo, e parafrasando la<br />

definizione che il filosofo francese dava al sorite (« lo spirito vede intuiti­<br />

vamente il predicato contenuto nel soggetto » (52)), sostiene che quando<br />

10 spirito scende dall'universale al particolare (sillogismo) deve paragonare<br />

tra di loro le idee. E questo fatto, per O. Colecchi, non avviene mai<br />

intuitivamente, né attraverso attitudini o tecniche mnemoniche, bensì solo<br />

razionalmente.<br />

Il rifiuto di comparare l'intuizione al ragionamento viene corroborato<br />

dall'osservazione mossa a Condillac, quando osserva che se è sempre<br />

possibile ricondurre le operazioni di addizione, sottrazione e divisione al<br />

sillogismo, non si può affermare che tale pensiero sia reversibile. Ovvero<br />

11 raziocinio, e più in generale, la <strong>Logica</strong>, agisce su un universo assai più<br />

ampio di quello spettante ad un approccio empirico-sensista, vale a dire<br />

psicologico, per il fatto che oltre ad essere in grado di affrontare e risol­<br />

vere tutti i quesiti di quest'ultimo, ne presenta e chiarisce anche altri più<br />

complessi. Ora l'Autore sostiene come sia la matematica lo strumento, o<br />

meglio il linguaggio, che meglio di altri assolve a questo compito. Se<br />

dunque la <strong>Logica</strong> ha bisogno di mezzi differenti per potere esprimere la<br />

propria utilità, le osservazioni ora riportate ci dicono che questi non pos­<br />

sono certo essere di tipo empirico e neppure rapportabili ad istanze psi­<br />

cologiche, in quanto troppo limitate e limitanti.<br />

Rispetto alla maggior parte dei suoi contemporanei egli conduce que­<br />

ste osservazioni non tanto poiché si senta frenato dalla tradizione cattolica,


32 CAPITOLO PRIMO<br />

tesa al recupero a qualsiasi prezzo <strong>del</strong>la logica "classica", ma per il fatto<br />

che si ritiene legato alla pura razionalità, la quale rifiuta qualsiasi influenza<br />

fideistica e non accetta soluzioni che non possano essere <strong>del</strong> tutto giusti­<br />

ficate. Questo ci aiuta a comprendere perché la sua opera « era stata fatta<br />

segno a severe critiche in un periodico religioso che si pubblicava allora<br />

a Napoli col titolo La Scienza la Fede... da un gruppo di restauratori<br />

ecclesiastici, tra cui i futuri restauratori <strong>del</strong>la neo-scolastica G. Sanseverino<br />

ed anche M. Liberatore» (G. Gentile, 1921, I, IV, IX, 655) 33 .<br />

2.4. Per ciò che concerne il secondo punto possiamo ritenere che si<br />

tratta di una corrente di pensiero i cui rappresentanti si rifanno, più o meno<br />

direttamente, ai lavori di P. Galluppi e ne sviluppano alcune tematiche.<br />

Il filosofo calabrese (1770-1846), che, inizialmente, deriva il suo pen­<br />

siero dalle posizioni di Wolff, rivolge presto i suoi interessi allo studio<br />

<strong>del</strong>l'origine e <strong>del</strong> fondamento <strong>del</strong>le scienze, richiamandosi al sensismo di<br />

Condillac, il quale riteneva che l'uomo già avesse in sé le doti intellettuali,<br />

ma, non essendo in grado di separare ciò che è buono da ciò che è cattivo,<br />

ha bisogno <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> che lo conduca alla formazione di fondati e validi<br />

schemi intellettivi. Ma questa è per P. Galluppi uno strumento per impie­<br />

gare il quale occorre rivolgere la propria attenzione al campo <strong>del</strong>la diretta<br />

osservazione e <strong>del</strong>l'esperienza, elementi da noi controllabili, per potere<br />

fondare le più importanti verità metafisiche. Una simile posizione viene<br />

ancor meglio argomentata quando la conoscenza, che l'A. ebbe attorno al<br />

1815, dei lavori di I. Kant fu mescolata con lo psicologismo di M. F. P.<br />

Maine de Biran, che verteva sull'attenzione rivolta allo studio dei fenome­<br />

ni "interni".<br />

Questo generò una sorta di "filosofia <strong>del</strong>l'esperienza", che pretende­<br />

va di rendere oggettiva e valida la ricerca sui fondamenti <strong>del</strong>la conoscenza<br />

(cui il sensismo non poteva giungere"), partendo dall'esame di "ciò che è"<br />

nel soggetto. Ogni costruzione intellettiva doveva allora partire da una<br />

primitiva percezione <strong>del</strong> "me", che conduceva alla coscienza <strong>del</strong> "me, la<br />

quale era la percezione di un soggetto con i propri cambiamenti e le<br />

progressive modificazioni. Da qui si giungeva "all'io", inteso come un<br />

soggetto che si percepiva come esterno a sé: cogliendo dunque l'esistenza<br />

33 In difesa di Ottavio Colecchi e <strong>del</strong>la sua filosofia razionale si schiera anche<br />

Ausonio Franchi (op. cit.), che polemizza aspramente con Matteo Liberatore (op. cit.)<br />

ed L. Tapparelli poiché, a suo avviso, sono troppo legati alla tradizione <strong>cultura</strong>le cle­<br />

ricale e non sono quindi in grado, o meglio sono impediti, ad affrontare tematiche<br />

scientificamente più valide.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 33<br />

di oggetti esterni, si arrivava, successivamente, a comprendere la relazione<br />

che si instaurava tra questi. Da queste posizioni egli sottolineava che<br />

qualsiasi affermazione <strong>del</strong>la ragione era sempre riconducibile "all'io", il<br />

quale era criterio primo <strong>del</strong>la verità (da qui le osservazioni condotte a<br />

Condillac, che ora è ritenuto troppo "sensista").<br />

Ci stiamo avvicinando ad una posizione per la quale si interpreta psi­<br />

cologicamente qualsiasi accadimento mentale. Nel caso di P. Galluppi non<br />

possiamo tuttavia parlare di panpsicologismo, per il fatto che l'oggetto<br />

specifico <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> sono le leggi formali <strong>del</strong> raziocinio puro, che sono<br />

"assiomi [o] proposizioni evidenti per se stesse, le quali esprimono un<br />

giudizio puro, razionale, metafisico, a-priori, necessario" (Cfr. Elementi di<br />

filosofia, 1820). Ovvero pur assegnando funzioni più rilevanti al soggetto<br />

"psicologico", egli lasciava tuttavia un ampio spazio alla pura razionalità<br />

che, nel caso <strong>del</strong>l'A., tende ancora a frammischiarsi con lo spiritualismo.<br />

È indubbiamente questa la posizione, tra le due da noi indicate, che<br />

ha più vasta diffusione (P. Galluppi è assai conosciuto e notevole è la<br />

"forza" che la sua filosofia esercita sulla <strong>cultura</strong> <strong>del</strong>l'epoca) e che sarà<br />

ulteriormente consolidata <strong>nella</strong> seconda metà <strong>del</strong> secolo <strong>XIX</strong>. Evidente­<br />

mente le singole produzioni saranno <strong>del</strong> tutto particolari poiché ogni auto­<br />

re, pure mantenendo le direttive ora accennate, tenderà a sviluppare un<br />

argomento piuttosto che un altro ed a porre la propria attenzione su pro­<br />

blemi che gli paiono più consoni, per l'obiettivo che si propone di appro­<br />

fondire. In ogni caso assistiamo ad un consistente rinforzo di una ricerca<br />

basata sull'esperienza e questo è un processo sufficientemente generalizza-<br />

bile. L'eredità che lascia Galluppi tende ad attribuire caratteri di scientifi­<br />

cità all'esperienza 34 , ovvero ad un modo di fare scienza che rivaluti consi­<br />

stentemente l'apporto empirico, al punto che il suo lavoro ha non pochi<br />

punti di contatto con la 'filosofia <strong>del</strong> senso comune' di T. Reid (1710-1796).<br />

L'attribuire valore ad un simile metodo di ricerca, in contrasto con<br />

l'idealismo e lo spiritualismo, non tarda a farsi strada nel panorama cul­<br />

turale italiano <strong>del</strong>l'epoca ed investe, chiaramente, il rapporto tra <strong>Logica</strong> e<br />

Psicologia. Se la prima possiede pur sempre una propria specifica autono-<br />

M Questo atteggiamento si esplicherà particolarmente con un grande interesse<br />

per i problemi pedagogici, i quali rivestirono ben presto anche una notevole rilevanza<br />

politica. P. Galluppi fu, per certi aspetti, colui che per primo contribuì alla realizzazio­<br />

ne di questo obiettivo con Opuscolo filosofico sulla libertà individuale <strong>del</strong> cittadino<br />

(1830). In seguito questo impegno, che si accompagnò regolarmente ad un vivo inte­<br />

resse per la situazione politica <strong>del</strong> periodo, fu assunto da pedagogisti quali F. Aporti,<br />

R. Lambruschini e G. Capponi e, successivamente, da C. Cantoni e S. de Dominicis.


34 CAPITOLO PRIMO<br />

mia, tuttavia, per quanto riguarda la sua genesi, è opportuno cercare un<br />

fondamento "concreto", "empirico" o, più chiaramente, psicologico.<br />

Siccome infatti la <strong>Logica</strong> come scienza è fortemente collegata alla<br />

Psicologia (al soggetto), anche da parte di coloro che si pongono su posi­<br />

zioni idealistiche o spiritualistiche, si tende a dare una spiegazione "scien­<br />

tifica" a questa disciplina, cercando di mutuarla da riferimenti derivati<br />

dall'esperienza. G. B. Campiagna (Sistema di logica, 1844) afferma, ad<br />

esempio, che occorre separare la <strong>Logica</strong> dalla Psicologia, nel senso che<br />

occorre assegnare a tali discipline due specifici domini, dotati di una loro<br />

autonomia. « La logica comincia là dove finisce la Psicologia, perché que­<br />

sta esamina il pensiero come un che dato dall'esperienza, [mentre] la Lo­<br />

gica all'incontro si occupa <strong>del</strong>le leggi universali e necessarie <strong>del</strong> pensiero, le<br />

quali si sollevano sopra le singole forme empiriche » (6). In quanto scienza<br />

<strong>del</strong>le leggi <strong>del</strong> pensiero, « ossia <strong>del</strong>le norme alle quali si deve conformare il<br />

nostro pensiero, [norme] fondate sulla natura <strong>del</strong> nostro stesso intelletto »<br />

(2), si tratta di una scienza speculativa e formale, dunque non assolutamen­<br />

te sperimentale come la Psicologia, la quale ha nulla da spartire con essa 55 .<br />

Differiscono tuttavia gli oggetti di indagine - e questo è ovvio - ma non<br />

invece l'obiettivo globale, che è comune ad entrambe (la conoscenza), dove<br />

le specificità di una disciplina rispetto all'altra riguardano i livelli di validità<br />

con cui la si affronta. A riprova di ciò la <strong>Logica</strong>, per l'A., ha pur sempre<br />

una valenza concreta e non è da intendersi come un'attività unicamente<br />

speculativa: ed è da questa "concretezza" che occorre partire per poter<br />

effettuare le successive evoluzioni cognitive. In questo senso la <strong>Logica</strong> è<br />

meglio valutarla come una propedeutica alla filosofia, ovvero « una scienza<br />

preparatoria <strong>del</strong>la filosofia, e in questo senso anche una scienza filosofica,<br />

ma non parte <strong>del</strong>la filosofia. Perché la filosofia è la scienza <strong>del</strong> soprasensi­<br />

bile, <strong>del</strong>l'incondizionato dedotto dalla ragione; laddove la logica ha per<br />

oggetto la forma <strong>del</strong> pensiero, e perciò un che condizionato, relativo » (4).<br />

Allora, se una <strong>Logica</strong> elementare « esamina le leggi <strong>del</strong> pensiero nelle sin­<br />

gole rappresentazioni universali [e] nei singoli pensieri » (5), vi sarà anche<br />

una <strong>Logica</strong> sistematica che « indaga le leggi cui deve seguire l'intelletto,<br />

allorché vuole ordinare sistematicamente in un tutto i singoli pensieri ri­<br />

guardanti un determinato effetto » (5).<br />

35 Nello stesso lavoro l'A. dedicherà la prima parte ad un trattato di Psicologia<br />

empirica nel quale si sforzerà di dimostrare come tale disciplina, pure rivestendo una<br />

notevole importanza, presenta dei limiti invalicabili per oltrepassare i quali occorre<br />

rifarsi ad una scienza più completa, solida, e dotata di un'ampia tradizione <strong>cultura</strong>le,<br />

ovvero la <strong>Logica</strong>.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 35<br />

Sempre nello stesso anno è pubblicata l'opera di F. Cangiano (Propo­<br />

sta di principii fondamentali per lo studio <strong>del</strong>la filosofia, 1844), che ricalca<br />

lo stesso tema. Si tratta in questo caso di un lavoro espressamente dedicato<br />

a Galluppi, ovvero a colui che, per FA., ripresentò in Italia la necessità di<br />

uno studio sistematico e <strong>del</strong>la filosofia e <strong>del</strong>le scienze. Queste ultime sono<br />

tra loro ben distinte, ma la mente umana, quando le studia, dispone sem­<br />

pre <strong>del</strong>le medesime attività (ricordi, memoria, credenze, attenzione, ana­<br />

lisi, sintesi, astrazione, paragoni, desideri, giudizi e raziocinii). Eppure la<br />

<strong>Logica</strong>, malgrado queste origini riconducibili ad un'analisi <strong>del</strong> soggetto<br />

cognitivo, si deve considerare come "scienza <strong>del</strong>le scienze", in quanto<br />

costante rapporto <strong>del</strong>la Necessità col Pensiero, ovvero in quanto in grado<br />

di potere mostrare la chiarezza e l'evidenza <strong>del</strong>le cose da lei studiate. Allo<br />

stesso tempo però l'A. non attribuisce uno statuto ontologico autonomo<br />

a questa disciplina: se la chiarezza e l'evidenza <strong>del</strong>le cose studiate sono<br />

caratteristiche spettanti alla <strong>Logica</strong>, tuttavia si arriva a queste solamente<br />

attraverso un percorso che tocca, dapprima separatamente, un approccio<br />

empirico, per poi correlarsi sempre più saldamente con uno di tipo inizial­<br />

mente razionale ed, infine, empirico-razionale.<br />

Si richiama ancora a P. Galluppi, seppure in un modo differente<br />

rispetto a quelli sinora riportati, la troviamo in A. Biondi (Opuscolo scien­<br />

tifico in cui si contengono alcune questioni sulla logica pura e mista ed<br />

un'esposizione critica dei principali sistemi, 1846), che propone, senza però<br />

svilupparla adeguatamente, una soluzione "kantiana" al problema <strong>del</strong>la<br />

relazione tra <strong>Logica</strong> e Psicologia, <strong>nella</strong> quale il rapporto soggetto/oggetto<br />

è il nucleo centrale. Tuttavia l'A. non lo sviluppa in modo originale e ricco<br />

di prospettive come invece aveva fatto Kant, ma tende a conciliare in<br />

modo eclettico ed approssimativo questi due concetti. Molto probabil­<br />

mente questo è dovuto al fatto che l'A. non si rende conto, come d'altro<br />

canto molti altri studiosi, che la speculazione kantiana stava lavorando su<br />

temi gnoseologici e non su categorie <strong>del</strong>l'Essere, ovvero su temi ontologi­<br />

ci. Proprio per lo stesso motivo l'A., che in alcune pagine pare anticipare<br />

temi propriamente positivisti, non elimina ancora una concezione <strong>del</strong> rap­<br />

porto causale di tipo metafisico.<br />

Sappiamo che anche il positivismo ha una forte connotazione meta­<br />

fisica, riconducibile ad un acritico impiego <strong>del</strong>la sperimentazione, ritenu­<br />

ta, in modo molte volte ingiustificato, come il solo strumento per accostar­<br />

si alle scienze. Nel caso <strong>del</strong>l'Autore in questione questo problema è ben<br />

individuato ed egli tende sempre a smussare il valore di un approccio<br />

esclusivamente empirico, richiamandosi invece anche a categorie concet-


36 CAPITOLO PRIMO<br />

tuali. Vale a dire: se si afferma che le conoscenze derivano dai sentimenti<br />

(percezioni e sensazioni), ciò non costituisce un'argomentazione sufficien­<br />

te, in quanto si sta sostenendo una posizione particolare e derivata. È<br />

infatti necessario ammettere alcune idee a-priori ("subjective" secondo la<br />

terminologia <strong>del</strong>l'A.), quali quella di relazione: con ciò si intendono gli<br />

« ideali di identità o di diversità, donde risultano [ad esempio] tutti i<br />

rapporti <strong>del</strong>la matematica » (7). Tali idee sono universali e necessarie e<br />

sono inoltre quelle che ci consentono di evitare di cadere in un empirismo<br />

troppo radicale. In caso contrario, se si porta alle estreme conseguenze,<br />

tale principio saremo condotti « come in Locke » (7), a produrre concetti<br />

che sono « una vergogna per l'umanità » (ibidem), in quanto « farfalloni »<br />

(ibidem) 36 .<br />

Sempre tra questo gruppo di studiosi, legato anche agli insegnamenti<br />

di G. Romagnosi (1832a/c) e Franceschinis (1840) e come, affermava A.<br />

Franchi (1863) 37 , più influenzato dalle dottrine di A. Rosmini che non da<br />

quelle di P. Galluppi, ovvero alla ricerca di uno spazio per la <strong>Logica</strong>,<br />

inserita tra la Psicologia empirica e la <strong>psicologia</strong> razionale wolffiana, è A.<br />

Pestalozza (Elementi di filosofia - I: Psicologia empirica, li: Ideologia e<br />

<strong>Logica</strong>, III: Psicologia razionale ed Ontologia. IV: Morale, 1857) 38 . Per l'A.<br />

due sono i tipi di conoscenza: riflessa e diretta; la prima è privilegiata<br />

rispetto alla seconda. Infatti la conoscenza riflessa è più nobile di quella<br />

diretta, poiché « la <strong>Logica</strong>, considerata come scienza, è la cognizione, ri­<br />

flessa e piena <strong>del</strong>l'arte di ben pensare e tende così a perfezionarla » (194).<br />

Si tratta allora di fare una riflessione sulle percezioni primarie (conoscenza<br />

diretta), che si attuano attraverso il linguaggio: l'uomo può, in tal modo<br />

36 Come J. Locke sono posti sullo stesso piano anche D. Hume, P. Larominguiere<br />

e Condillac, in quanto tutti "sensualisti e fortemente criticabili" (op. cit.).<br />

37 Ausonio Franchi (1821-1895). Fra Cristoforo Bonavino, scelse lo pseudonimo<br />

di Ausonio Franchi per presentare al pubblico i suoi lavori. Come Ardigò depose ben<br />

presto l'abito clericale per godere di maggiore libertà di pensiero (1849). Egli aveva<br />

insegnato Filosofia dapprima nel seminario di Bobbio, in seguito insegnò a Pavia ed in<br />

ultimo all'Accademia Scientifico Letteraria di Milano (1860-1881). Nell'ultimo periodo<br />

<strong>del</strong>la sua vita sembrò recuperare l'insegnamento religioso ritornando al tomismo. Dopo<br />

il 1891 lasciò l'insegnamento e si ritirò nel collegio Sant'Anna di Genova dove trascorse<br />

il resto <strong>del</strong>la sua vita. Tra le altre sue opere ricordiamo // razionalismo <strong>del</strong> popolo<br />

(1856), II razionalismo (1858), Lezioni di pedagogia (1898, postumo).<br />

38 Alessandro Pestalozza. Il periodo <strong>del</strong>la sua principale produzione letteraria è<br />

compreso tra il 1851 ed il 1889. Ricordiamo, oltre i testi citati, anche: La postilla di un<br />

anonimo (1851), La dottrina (1851-1853), La mente di Antonio Rosmini (1855), Com-<br />

pendium philosophiae (1857-1858), oltre una serie di articoli sul giornale Nuovo Rosmi­<br />

ni (1889).


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 37<br />

« pensare » (ibidem), ovvero manipolare enti astratti. Assistiamo così ad<br />

uno sdoppiamento <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, fatto questo molto comune in tutta l'epo­<br />

ca da noi considerata: vi è una <strong>Logica</strong> pura ed una applicata, dove la<br />

prima possiede un proprio statuto ontologico, è un complesso organico di<br />

verità ben ordinate, mentre la seconda è sempre collegata alle attività<br />

pratiche, all'azione, secondo certe norme indirizzate verso un fine. Se la<br />

prima è disciplina essenzialmente speculativa, la seconda assume connota­<br />

zioni <strong>del</strong> tutto operative. Il rapporto <strong>Logica</strong>-Psicologia tende dunque ad<br />

essere posto tra quest'ultima e parte <strong>del</strong>la prima: è questo un primo passo,<br />

seppure insufficiente e poco approfondito, che avrà molto seguito in<br />

questo periodo, per rendere meno aleatorio il rapporto tra le due forme<br />

<strong>del</strong> sapere.<br />

V. Garelli 39 infine ribadirà questa posizione, stabilendo che sono le<br />

verità dei sensi a generare una <strong>Logica</strong> naturale che è pur sempre antece­<br />

dente alla Scienza <strong>Logica</strong> (cfr. <strong>Logica</strong> parlamentare, 1849), anche se in uno<br />

scritto successivo (Della logica o teorica <strong>del</strong>le scienze, 1863) problematiz­<br />

zerà la sua posizione, stabilendo che la prima può essere innata, ma anche<br />

acquisita. Dunque le attività psicologiche <strong>del</strong> soggetto saranno chiamate in<br />

causa per spiegare le sue primitive forme <strong>del</strong>la conoscenza, eliminando in<br />

tal modo ogni riferimento all'ontologia (si veda anche cap. II).<br />

Globalmente questi autori, che hanno nel Galluppi il principale pun­<br />

to di riferimento, non arrivano a superare quei limiti che avevano contras­<br />

segnato il lavoro <strong>del</strong> filosofo calabrese. A. Franchi (op. cit.), testo che<br />

vuole essere un trattato di ontologia dedicato allo studio <strong>del</strong> rapporto tra<br />

Ente finito/Ente infinito, ma che in realtà si presenta come un manuale a<br />

carattere antologico, darà un giudizio sul Galluppi che, generalizzandolo,<br />

si può intendere come una buona descrizione <strong>del</strong> modo in cui gli Autori<br />

da noi citati, hanno affrontato l'argomento in questione. Galluppi, per<br />

l'A., ebbe l'indubbio merito di caldeggiare l'impiego di un linguaggio<br />

scientifico e iniziò a « disvezzare le nostre scuole dalle abitudini empiriche<br />

e pedestri de' condillacchiani » (14). Tuttavia egli non arrivò a dare un<br />

concetto adeguato alla scienza, per il fatto che non riuscì a comprendere<br />

sufficientemente il problema <strong>nella</strong> sua complessità, riducendola così a<br />

39 Vincenzo Garelli (P-1879). <strong>Studi</strong>oso piemontese che si occupò in particolare<br />

dei problemi <strong>del</strong>l'educazione. Dal 1839 al 1859 fu professore di Filosofia e poi prov­<br />

veditore agli <strong>Studi</strong> di Genova. Successivamente tale mansione gli fu affidata a Torino.<br />

Insieme a Terenzio Mamiani fu tra i fondatori <strong>del</strong>l'Accademia Filosofica Italiana. Tra<br />

i suoi lavori ricordiamo: Delle biblioteche circolanti nei comuni rurali, Norme e lezioni<br />

per l'ammaestramento degli adulti.


38 CAPITOLO PRIMO<br />

settori <strong>cultura</strong>li specifici. Dunque, secondo l'A., il filosofo calabrese, pure<br />

ripetendo spesso di ispirarsi a Kant, non comprese bene la genialità <strong>del</strong>la<br />

sua opera: questo fece sì che la presentò in modo incompleto ed insuffi­<br />

ciente ed, a volte, impreciso.<br />

Generalizzando queste affermazioni possiamo dire che egli, come<br />

tutti gli Autori a lui collegati, tentarono certamente di collegare la <strong>Logica</strong><br />

alla Psicologia ma, essendo ancora troppo debitori alla passata tradizione<br />

<strong>cultura</strong>le, ottennero come risultato quello di smembrare tali materie senza<br />

propugnare alcuna loro effettiva integrazione (anche il citato lavoro di<br />

Pestalozza va inserito in questo contesto). Non svanisce inoltre il tentativo<br />

di mantenere una parte <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> <strong>del</strong> tutto distinta da qualsiasi compo­<br />

nente psicologica: anche in questo caso, in luogo di parlare di due moda­<br />

lità autonome, ma tra loro correlate, di affrontare il problema <strong>del</strong>la forma­<br />

zione e <strong>del</strong>la strutturazione <strong>del</strong>la conoscenza, si assiste invece al manteni­<br />

mento di principi incompatibili tra loro.<br />

3. II PERIODO - SECONDA METÀ DEL SECOLO xix - OSSERVAZIONI GENERALI.<br />

(a) In Europa.<br />

In senso assai generale possiamo intenderlo come il periodo che se­<br />

gna il passaggio dal romanticismo al positivismo, ovvero dal soggettivismo<br />

e dallo spiritualismo alla ricerca dei principi e <strong>del</strong>le leggi <strong>del</strong> sapere. Ne<br />

consegue che la ripartizione in ordine gerarchico <strong>del</strong>le conoscenze è un<br />

elemento fondamentale di questo momento al quale si aggiunge l'intento<br />

di contrastare una restaurazione filosofica improntata alla metafisica ed<br />

allo spiritualismo, la necessità di adottare un atteggiamento empirico <strong>nella</strong><br />

ricerca, unica condizione perché questa possa essere scientificamente rigo­<br />

rosa. Ci troviamo d'altro canto nell'epoca che segna il definitivo tramonto<br />

di quella che era stata la componente più creativa ed innovativa <strong>del</strong> ro­<br />

manticismo: in senso generale lo spirito scientifico torna ad imporsi pre­<br />

potentemente con la piena e completa affermazione <strong>del</strong> positivismo.<br />

È in questo clima <strong>cultura</strong>le che lo Zeitgeist conclude la sua opera: ora<br />

un realismo, seppure ingenuo ed elementare, si contrappone all'idealismo<br />

e conduce alla convinzione che, sia l'organismo che lo spirito, contri­<br />

buiscano alla formazione <strong>del</strong>le sensazioni e <strong>del</strong> pensiero. Sino a questo<br />

momento, di fronte ai problemi psicologici che pure si ponevano, i filosofi<br />

davano unicamente risposte teoriche che, <strong>nella</strong> maggior parte dei casi, era-


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 3 9<br />

no elaborate ed inserite in sistemi. Anche coloro, che pure sottolineavano<br />

la necessità di un approccio empirico, non ricorrevano mai ad esperimenti<br />

per verificare le loro teorie. Ora con il presentarsi di problemi sempre<br />

nuovi ed il progressivo aumento <strong>del</strong>le scoperte provenienti da altre disci­<br />

pline, che già avevano segnato un certo distacco dalla <strong>cultura</strong> filosofica (ad<br />

esempio nel 1800 M. F. X. Bichat rivendicava l'autonomia <strong>del</strong>la ricerca<br />

biologica rispetto alle speculazioni meccani cistiche o vitalisti che), fanno sì<br />

che la maggior parte <strong>del</strong>le scienze naturali, tenda a dotarsi di uno statuto<br />

proprio ed autonomo. Se la Psicologia segue questa tendenza generale, per<br />

la <strong>Logica</strong> non possiamo dire altrettanto, poiché è ancora una parte <strong>del</strong>la<br />

filosofia e, come tale, deve preservarsi da determinati rischi, primo fra i<br />

quali quello di occuparsi di settori <strong>del</strong> sapere particolari e specifici.<br />

Malgrado ciò un tentativo, che col passare <strong>del</strong> tempo si farà sempre<br />

più insistente, di instaurare un rapporto tra queste due discipline, è co­<br />

stantemente ricercato dagli scienziati <strong>del</strong>l'epoca, rispetto ai quali, i filosofi,<br />

legati alla classica speculazione, assumono posizioni sempre meno conci­<br />

lianti ed accomodanti. Non è pertanto errato sostenere come, in questo<br />

nuovo clima, la Psicologia, insieme con la biologia e la fisiologia, rivestano<br />

il ruolo di materie « progressiste », mentre la <strong>Logica</strong> quello di rappresen­<br />

tante <strong>del</strong>la conservazione. Uno dei rischi, che emergerà da questa nuova<br />

situazione, e che puntualmente si verificherà, sarà rappresentato dal ten­<br />

tativo di porre la ricerca psicologica alla base di qualsiasi forma <strong>nella</strong> quale<br />

si esplicano le attività mentali e cognitive <strong>del</strong> soggetto, ovvero compiendo<br />

quelle forzature e riduzioni, che erano stati gli elementi contro cui i suoi<br />

cultori avevano in passato combattuto.<br />

Questa posizione segnerà il riaffermarsi <strong>del</strong> metodo induttivo già<br />

propugnato da F. Bacone, che aveva lo scopo di giungere alla determina­<br />

zione di note caratteristiche dei fenomeni empirici con l'intento di spiega­<br />

re la struttura profonda degli stessi, e condurrà ai lavori di J. S. Mili, il<br />

quale riterrà l'induzione come una generalizzazione <strong>del</strong>l'esperienza, fon­<br />

dandola sul concetto di "somiglianzà". L'influenza di questo studioso,<br />

dovuta anche e soprattutto alle sue produzioni politiche e filosofiche in<br />

senso lato, sarà vastissima. Tuttavia <strong>nella</strong> <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong> <strong>del</strong>la seconda<br />

metà <strong>del</strong> secolo, che pure lo richiamerà in continuazione, eserciterà una<br />

pressione non eccessivamente forte per quello che concerne le osservazio­<br />

ni alla <strong>Logica</strong> classica (ed, in particolare, alla sillogistica) che, salvo pochis­<br />

simi casi, ci si guarderà bene di contestare in modo approfondito.<br />

Senza conoscerlo direttamente (non lo abbiamo mai trovato citato),<br />

i nostri Autori sembra che a questo riguardo si collochino più in sintonia


40 CAPITOLO PRIMO<br />

con le posizioni di Whateley, sostenitore <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> tradizionale, contro<br />

il quale J. S. Mili aveva protratto una lunga polemica. Ci si trova dunque<br />

<strong>nella</strong> situazione, per certi aspetti paradossale, per cui gli studiosi italiani<br />

abbracciano le tesi di J. S. Mili, ma non sono capaci di abbandonare po­<br />

sizioni contro le quali egli si era scagliato.<br />

(b) In Italia.<br />

3.1. Per la <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong> le cose procedono, ancora una volta, più<br />

lentamente, rispetto all'evoluzione <strong>del</strong> sapere che si riscontra negli altri<br />

paesi. Agli inizi <strong>del</strong> secondo cinquantennio <strong>del</strong> <strong>XIX</strong> secolo gli albori <strong>del</strong>la<br />

<strong>cultura</strong> positivista <strong>italiana</strong> si richiamano non tanto alle produzioni degli<br />

altri paesi, quanto agli insegnamenti di D. Romagnosi e di M. Gioia, che,<br />

a loro volta, si rifacevano alla filosofia illuminista. Se infatti è vero che il<br />

positivismo trionfa nei paesi europei (J. S. Mili, J. W. F. Herschel, C.<br />

Darwin in Inghilterra; L. A. Feuerbach, G. T. Fechner, E. Buchner in<br />

Germania; H. A. Taine, E. Renan in Francia) in Italia, a parte G. C. Fer­<br />

rari (Filosofia <strong>del</strong>la rivoluzione, 1851) e C. Cattaneo (Psicologia <strong>del</strong>le menti<br />

associate, 1859-1863) si hanno solamente le prime avvisaglie di tale corren­<br />

te e si dovrà attendere gli ultimi due decenni <strong>del</strong> secolo per trovarla<br />

espressa in modo compiuto. Sono questi i motivi per i quali possiamo<br />

comprendere il perdurare di un notevole numero di scritti che si richia­<br />

mano ad una tradizione <strong>cultura</strong>le oramai sorpassata.<br />

3.2. Il punto sul quale questa svolge invece un ruolo operativamente<br />

significativo, e che gli consente di costruirsi un proprio spazio specifico,<br />

è quello di promozione <strong>cultura</strong>le e diffusione <strong>del</strong>l'istruzione. Ora, sebbene<br />

anche in questi campi la troveremo sempre legata a progetti riformisti e<br />

moderati, produrrà, in ogni caso, una notevole quantità di lavori a scopo<br />

didattico e, nel nostro caso, i manuali di <strong>Logica</strong> e di Psicologia aumente­<br />

ranno in maniera rilevante, soprattutto verso la fine <strong>del</strong> secolo.<br />

Si tratta in gran parte di manuali divulgativi, destinati ai più disparati<br />

settori di utenti, che danno una visione sommaria <strong>del</strong>le produzioni sino a<br />

quel momento presentate, senza addentrarsi eccessivamente nei problemi<br />

dibattuti. Malgrado ciò è indubbiamente questa la parte più progressista<br />

<strong>del</strong> positivismo italiano, di certo più che non le effettive produzioni cultu­<br />

rali, le quali non raggiungono mai alti livelli. Il privilegiare un fine forma­<br />

tivo, rispetto all'approfondimento <strong>del</strong>la ricerca, produce una serie di lavori<br />

a carattere antologico e/o di sommarii unicamente espositivi, che non ana-


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 4 1<br />

lizzano compiutamente i temi discussi e, in misura ancora maggiore, che<br />

non propongono alcuna ipotesi innovativa, né argomentano temi originali.<br />

Probabilmente il testo di G. B. Peyretti (Elementi di Filosofia ad uso<br />

<strong>del</strong>le scuole secondarie, 1856) 40 fu uno dei manuali che ebbe più fortuna,<br />

in quanto meglio di altri rispondeva alle caratteristiche ora accennate. A<br />

conferma di ciò osserviamo che nel 1863 V. di Giovanni 41 giudicava po­<br />

sitivamente il lavoro di questo Autore per aver rivalutato la logica aristo­<br />

telica ed aver mosso critiche a quella di Hegel; nello stesso anno A. Fran­<br />

chi (1863) affermava che, malgrado la sua <strong>Logica</strong> fosse ancora quella <strong>del</strong>la<br />

Scolastica, « non vuoisi mandare a fascio con le altre » (p. 95), per il fatto<br />

che è, almeno, chiara ed ordinata, anche se pecca di eccessivi grecismi e<br />

di una "pedante" suddivisione <strong>del</strong>la materia. A. Valdarnini (1880) 42 lo<br />

nominerà per avere posto una chiara distinzione fra scienze umane e di­<br />

vine. Ancora nel 1889 L. M. Billia 43 (Tre regole inesatte che si danno co-<br />

40 Gianbattista Peyretti. Il periodo <strong>del</strong>le sue produzioni più interessanti è com­<br />

preso tra il 1856 ed il 1875. Tra i suoi lavori: <strong>Logica</strong> (1858), Concetto <strong>del</strong>la filosofia<br />

(1867), L'antropoteismo sulla <strong>Logica</strong> (1867), Nozioni di Ontologia in servizio <strong>del</strong>la Lo­<br />

gica, <strong>del</strong>la Metafisica e <strong>del</strong>l'Etica (1875).<br />

41 Vincenzo di Giovanni (1832-1903). Di famiglia agiata entrò nel seminario di<br />

Monreale e fu, in seguito, allievo di D'Acquisto all'Università di Palermo <strong>nella</strong> quale<br />

entrò nel 1853. Ordinato sacerdote a Mazara <strong>del</strong> Vallo (1856), nel 1859 ottenne la<br />

cattedra di Filosofia al seminario vescovile. Dal 1863 al 1873 tenne liberi corsi di <strong>Logica</strong><br />

e Metafisica alla Regia Università di Palermo, dove entrò nel 1873 come incaricato di<br />

Antropologia e Pedagogia. La sua prestigiosa posizione nell'ambiente siciliano <strong>del</strong><br />

periodo lo fece divenire un punto di riferimento per i più importanti uomini <strong>del</strong>la città:<br />

ciò favorì la sua ascesa a Vescovo di Teodosiopoli (1897) ed in seguito ad Arcivescovo<br />

di Pessinonte (1901). Tutte le sue opere sono state da lui raccolte in tredici volumi<br />

( Opere filosofile: 1865 -1880).<br />

42 Angelo Valdarnini (1857-?). Di origine toscana studiò e lavorò sempre a Bolo­<br />

gna, dove divenne professore ordinario di Filosofia teoretica nell'Università cittadina.<br />

Tra i suoi lavori: Elementi scientifici di Etica e Diritto, Pedagogia teoretica, Sassi di<br />

filosofia sociale.<br />

43 Lorenzo Michelangelo Billia (1860-1924), compì i suoi studi a Torino dove si<br />

laureò nel 1882. Nel 1883 divenne professore nel ginnasio di Cuneo. Entrò ben presto<br />

in contatto con l'ambiente cattolico-liberale lombardo e strinse amicizia con S. Stampa,<br />

figliastro <strong>del</strong> Manzoni. Iniziò una serie di peregrinazioni nei licei italiani: Chieri (1884),<br />

Senigallia (1886), Sondrio (1889), Alessandria (1890), Parma (1893), Ferrara (1894).<br />

Tra il 1891 ed il 1901 fondò una rivista (// Nuovo Risorgimento) sulle cui pagine<br />

condusse una forte polemica contro "i troppo ardenti" sostenitori <strong>del</strong> Rosmini, l'idea<br />

<strong>del</strong>lo Stato di Hegel, la filosofìa <strong>del</strong> Gioberti. Col 1900 divenne libero docente di<br />

Filosofia teoretica all'Università di Torino, anche se già, seppure in modo non ufficiale,<br />

insegnava dal 1896 Filosofia morale. Nel dopoguerra, dopo altre esperienze nei licei di<br />

Pisa, divenne libero docente all'Istituto <strong>Studi</strong> Superiori di Firenze. La sua produzione,<br />

abbastanza disordinata, abbraccia vari campi: filosofico, pedagogico, psicologico. Se-


42 CAPITOLO PRIMO<br />

munemente <strong>del</strong> sillogismo) lo citerà per aver preso le distanza dall'ecces­<br />

sivo speculativismo di A. Rosmini, ritenuto un ostacolo al progresso di<br />

ogni forma <strong>del</strong>la conoscenza.<br />

3.3. Per comprendere la scarsa componente innovativa che questi<br />

lavori avevano, non si deve scordare che anche ora la <strong>cultura</strong> ecclesiastica<br />

giucca un ruolo abbastanza ambiguo, al punto che possiamo sostenere che<br />

il limite comune allo sviluppo <strong>del</strong>le nuove discipline, ma possiamo dire <strong>del</strong><br />

pensiero scientifico <strong>nella</strong> sua generalità, sia riscontrabile <strong>nella</strong> contraddi­<br />

torietà in cui si imbatte il pensiero cattolico di questo periodo. Una tale<br />

situazione produce, inevitabilmente, un confronto tra coloro che si richia­<br />

mavano alla tradizione clericale e chi, invece, assumerà come propria<br />

bandiera le scoperte scientifiche che in quel periodo avvenivano in Europa.<br />

Il risultato è che, a volte, una simile contesa, anziché attuarsi in cam­<br />

po scientifico, si tramuta in una competizione ideologica. Questo fa sì che<br />

alcuni rappresentanti di un gruppo <strong>cultura</strong>le siano tacciati <strong>del</strong>l'assunzione<br />

di posizioni o superate, od inaccettabili, da parte di coloro che si riface­<br />

vano ad una corrente di pensiero opposta, pure se stavano invece trattan­<br />

do di un tema <strong>del</strong> tutto analogo.<br />

In ogni caso sembra che <strong>nella</strong> seconda metà <strong>del</strong> secolo <strong>XIX</strong>, la carat­<br />

teristica principale sia l'intento di porre un argine al dilagare <strong>del</strong> pensiero<br />

positivista, etichettato molto sbrigativamente come ateo. Il problema con­<br />

siste pertanto nel riuscire a conciliare il tradizionale spiritualismo filosofi-<br />

co con i contenuti, nonché i metodi, che la nuova concezione <strong>del</strong>la scienza<br />

propone e mette a disposizione.<br />

3.4. Le posizioni partigiane tendono ad assumere caratteristiche<br />

estreme da entrambi i lati, col passare <strong>del</strong> tempo, Nel nostro caso vediamo<br />

come le correnti tradizionali trovino in T. Mamiani 44 , oppositore di Rosmi-<br />

gnaliamo: Intorno ad un fatto contemporaneo (1889), Antonio Rosmini nei suoi fram­<br />

menti <strong>del</strong>la filosofia <strong>del</strong> diritto (1890), Max Muller e la scienza <strong>del</strong> pensiero (1890),<br />

Saggio contro il divorzio (1893).<br />

44 Terenzio Mamiani (1799-1855), dopo avere compiuto i suoi studi a Roma inse­<br />

gnò all'Accademia militare di Torino. Nel 1831 partecipò attivamente ai moti <strong>del</strong>la<br />

Romagna, divenendo ministro <strong>del</strong>l'interno <strong>del</strong> governo provvisorio istituito a Bologna.<br />

La reazione degli Austriaci lo costrinse all'esilio (Parigi) da dove potè partire solo nel<br />

1847 per giungere a Roma. Fu chiamato nel 1848 da Pio IX a gestire il ministero <strong>del</strong>l'in­<br />

terno. Dopo una parentesi a Torino in cui collaborò col Gioberti, ritornò di nuovo a<br />

Roma al servizio di Pio IX. In seguito lo troviamo deputato al Parlamento Subalpino e<br />

sostenitore <strong>del</strong>la politica <strong>del</strong> Cavour, e poi professore all'Università di Roma ed, in


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 43<br />

ni (ma anche filosofo di matrice platonica, con dichiarate posizioni antipo-<br />

sitivistiche, autore di una serrata critica nei confronti <strong>del</strong>le tesi di R. Ardigò<br />

ed, in generale, di tutti coloro che ritenevano primario un approccio empi­<br />

rico al sapere), il rappresentante di spicco, un filosofo che già i suoi con­<br />

temporanei considerarono un "moderato", dotato di uno "scetticismo su­<br />

perficiale" (A. Franchi, 1863), oppure colui che cercava di rinnovare la<br />

filosofia "vecchia" di G. B. Vico (V. di Giovanni, 1854, ed anche 1877).<br />

Una simile affermazione possiamo sostenerla anche per quello che riguarda<br />

il lavoro di P. Morello 45 , che, nel testo La <strong>Logica</strong> od il problema <strong>del</strong>la Scien­<br />

za nuovamente esposta all'Italia (1855) stabilisce che «non può essere la<br />

Filosofia che generi la <strong>Logica</strong>, ma, al contrario, la <strong>Logica</strong> quella che genera<br />

la Filosofia » (p. 38), ed inoltre che « propriamente cosa non sono identica,<br />

ma che si distinguono come il reale si distingue dal concetto. La Filosofia<br />

potrebbe prendere nome dalla più immediata e continua funzione logica<br />

nell'esercizio <strong>del</strong>le sue leggi, la funzione di astrazione » (ibidem).<br />

Lavori come quelli di Mamiani (op. cit.) e Biondi (op. cit.), tuttavia,<br />

non costituiscono certamente un'eccezione in questo periodo storico. Il<br />

permanere di questa situazione può fare comprendere perché, ancora alla<br />

fine <strong>del</strong> secolo <strong>XIX</strong>, assisteremo all'assurdo tentativo di voler mantenere, di<br />

recuperare, una tradizione <strong>cultura</strong>le vecchia ed oramai superata. Ciò darà<br />

vita ad una consistente quantità di lavori i cui risultati raggiunti saranno<br />

necessariamente assai scarsi, in quanto si limiteranno a pedisseque ripe­<br />

tizioni di temi senza più valore. In ogni caso, malgrado la forte componente<br />

conservatrice di questi Autori, sebbene con risultati discutibili, assistiamo<br />

al tentativo di eliminare la confusione che oramai inondava la stessa classica<br />

ripartizione <strong>del</strong> sapere: in questo senso, i lavori di A. Rosmini rimangono<br />

certo i più importanti contributi, che la <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong> abbia prodotto, per<br />

quello che concerne la distinzione tra la <strong>Logica</strong> e la Metafisica.<br />

Allo stesso modo vediamo che questa strenua difesa <strong>del</strong>la preminenza<br />

<strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> rispetto a qualsiasi altra forma <strong>del</strong> sapere non è accettata<br />

passivamente, ma è fortemente criticata ed attaccata già all'epoca <strong>del</strong>la sua<br />

comparsa. Nel 1863 A. Franchi (op. cit.) affermerà che, a monte <strong>del</strong> ten-<br />

ultimo, consigliere di Stato e senatore. Le sue opere toccano argomenti filosofici, dove<br />

dopo un periodo legato al pensiero <strong>del</strong> Galluppi, si richiamò all'idealismo platonico,<br />

argomenti politici ed argomenti letterari. Nel primo caso citiamo II rinnovamento <strong>del</strong>la<br />

filosofia antica <strong>italiana</strong>, Dell'Ontologia e <strong>del</strong> Metodo, 1 Dialoghi di scienza prima; nel<br />

secondo Delle quistioni sociali, Della Religione e <strong>del</strong>lo Stato; nel terzo Prose e Poesie.<br />

45 Paolo Morello. <strong>Studi</strong>oso palermitano, accademico <strong>del</strong>l'Istituto di Incoraggia­<br />

mento.


44 CAPITOLO PRIMO<br />

tativo di P. Morello (1855) di "sciogliere" la <strong>Logica</strong> dalle dipendenza dalla<br />

Scolastica, con l'intento di ricondurla al ruolo di "guida" per la ragione,<br />

si cela uno sproporzionato numero di inesattezze che devono essere cor­<br />

rette, esaminando "più da vicino", ovvero empiricamente, i problemi trat­<br />

tati; sempre nello stesso anno V. di Giovanni ritroverà in quest'opera un<br />

confuso ed errato tentativo di porre una distinzione tra la fede (<strong>Logica</strong>) e<br />

la ragione (Filosofia).<br />

3.5. Una vera e propria teoria positivista è ben lungi dal costituirsi e<br />

si limita a prendere in considerazione i problemi <strong>del</strong> conoscere in rappor­<br />

to al metodo <strong>del</strong>le scienze sperimentali. L'oggetto di tutte le scienze viene<br />

fatto coincidere con quello <strong>del</strong>le scienze sperimentali, con la presa in<br />

considerazione unicamente di quello che è direttamente riscontrabile, sen­<br />

za alcuna intermediazione.<br />

È allora lo studio <strong>del</strong> fenomeno il punto attorno al quale dovrà ruo­<br />

tare tutta la ricerca. Tuttavia, occorre ricordarsi che il "fenomeno" <strong>del</strong><br />

quale si parla è un concetto non certo fine e specificato come invece<br />

quello kantiano ed il risultato è che in luogo di espandere la ricerca, tende<br />

invece a <strong>del</strong>imitarla in modo ingiustificato. « La stessa esperienza coglie la<br />

realtà: e bisogna dare un bel frego sulla critica <strong>del</strong> conoscere iniziata da<br />

Kant. Il positivismo non conosce critica; e torna al dommatismo ingenuo<br />

<strong>del</strong>l'esperienza volgare non curandosi neanche <strong>del</strong>la critica lockiana ed<br />

humeana <strong>del</strong>le idee di sostanza e di causa» (G. Gentile, 1921, II, I, 11).<br />

In ultima analisi possiamo ritenere che i progressi che si ottenevano<br />

ovunque generino un entusiasmo che, tuttavia, si indirizza verso un rinno­<br />

vamento spirituale più che non <strong>cultura</strong>le. In tale senso vanno visti i ten­<br />

tativi di fisiologi, quali S. Tommasi, che si pongono alla ricerca di leggi<br />

ideali logicamente connesse o di A. Gabelli (L'Uomo e le Scienze Morali,<br />

1869) 46 che propone un approccio "galileiano" alle scienze <strong>del</strong>l'uomo per<br />

potere cogliere meglio le istanze morali e spirituali di quest'ultimo.<br />

In questo secondo caso il tentativo <strong>del</strong>l'Autore è significativo <strong>del</strong>la<br />

ricerca di collegare le nuove istanze scientifiche con il recupero <strong>del</strong>la tra-<br />

46 Aristide Gabelli (1830-1891), inizia i suoi studi a Vicenza e poi si iscrive a<br />

Giurisprudenza a Padova. Dal 1854 al 1857 si reca a Vienna per perfezionare la sua<br />

preparazione. Nel 1859 è esule a Milano. Si occupa di problemi pedagogici al punto<br />

che qualche anno dopo diviene Provveditore agli <strong>Studi</strong> a Roma. Nel 1888 elabora nuovi<br />

programmi per l'istruzione elementare. Tra le altre sue opere: Sulla corrispondenza<br />

<strong>del</strong>l'educazione <strong>nella</strong> civiltà moderna (1866), L'Italia e l'istruzione femminile (1870), 17<br />

metodo e gli asili Pròbe! (1889), II positivismo naturalistico in filosofia (1891).


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 45<br />

dizione morale, tentando di giustificare quest'ultima con un approccio che<br />

si basa su assunti ricavati non più da principii primi dati, ma da concrete<br />

osservazioni concernenti la condotta <strong>del</strong> soggetto. Il comportamento, o<br />

meglio il suo studio, è assunto quale parametro di natura psicologica, per<br />

correlare tra loro istanze logiche ed etiche: soprattutto, ed è un fatto<br />

interessante, viene inteso come il mezzo per eccellenza per farci compren­<br />

dere l'agire <strong>del</strong> soggetto, colto <strong>nella</strong> sua complessità (condotta). Partendo<br />

dalla constatazione che l'amore che ciascuno ha per sé è il fulcro sul quale<br />

si basa tutta l'umana esistenza, egli sottolinea che è proprio muovendosi<br />

da questo fatto che si giunge ad instaurare un rapporto positivo anche con<br />

gli altri individui. La ragione, che è allora una sintesi di <strong>Logica</strong> ed Etica,<br />

è tesa al raggiungimento <strong>del</strong> bene, il quale non deve essere tuttavia inteso<br />

come il soddisfacimento alle singole esigenze, ma il conseguimento di una<br />

sempre più stabile equilibrazione tra le esigenze dei vari individui. Parti­<br />

colare interessante è che a questa condizione ci si deve giungere ed i mezzi<br />

per ottenerla dipendono dall'educazione (componente pedagogica parti-<br />

colarmente curata dall'Autore, che sempre si dichiarò appartenente alla<br />

corrente <strong>del</strong> positivismo pedagogico) e dall'abitudine: quest'ultimo punto,<br />

assai interessante da un punto di vista psicologico, non è però troppo<br />

approfondito (in quanto egli è teso a produrre un lavoro sistematico, che<br />

non può pertanto prendere in esame argomenti troppo specifici e poco<br />

controllabili).<br />

L'A. insiste a sostenere che è solo lavorando sperimentalmente che si<br />

potranno ottenere utili risultati per fornire spiegazioni a questi problemi,<br />

ma questo lo porterà ad alcune imprecisioni che limiteranno la sua produ­<br />

zione sia da un punto di vista logico (definizioni degli argomenti troppo<br />

imprecise e superficiali e vaghe) ed anche psicologico (scarsa attenzione a<br />

fenomeni invece rilevanti, quali appunto l'abitudine). Infatti egli non chia­<br />

risce a fondo se l'approccio sperimentale, legato alle scienze fisiche, può<br />

essere esteso anche a quelle morali (e logiche); non è in grado di spiegare,<br />

se non superficialmente, come dall'amor proprio si passi a quello colletti­<br />

vo, limitandosi a proporre una vaga e non ben precisata armonia tra indi­<br />

viduo e società, trascurando invece volutamente i conflitti in atto tra questi.<br />

Nella stessa dirczione si muove anche C. Cattaneo il quale propone<br />

gli stessi obiettivi attraverso un'analisi di tipo antropologico (o come si<br />

diceva allora psicologico sociale). A suo avviso, a partire dalla sensazione,<br />

si registra un costante sviluppo e crescita <strong>del</strong>la conoscenza, in virtù dei<br />

mezzi messi a disposizione dalla civiltà, in quanto suo bisogno primario è<br />

quello di dominare le forze naturali: per ottenere questo risultato, vi è


46 CAPITOLO PRIMO<br />

bisogno di una cooperazione tra soggetti. Ma egli ritiene che anche <strong>nella</strong><br />

facoltà superiori <strong>del</strong>la mente, l'influsso sociale, definito associazioni <strong>del</strong>la<br />

mente, rivesta una grande importanza. Ad esempio considerando la facol­<br />

tà di analisi, ovvero la distinzione <strong>del</strong>le parti di un tutto, strumento indi­<br />

spensabile per la conoscenza <strong>del</strong> vero, ritiene che questa si costituisca<br />

nelle forme più complesse, in virtù di una cooperazione tra individui: egli<br />

però giustifica questa affermazione da un punto di vista storico, riportan­<br />

do, a tale proposito, parecchi esempi <strong>del</strong> passato, ma non si rende conto<br />

che per fare una Psicologia sociale <strong>del</strong> concetto di analisi «avrebbe dovuto<br />

dimostrare che questa... suppone la collaborazione sociale» (G. Gentile,<br />

1921, II, I, 24) e non il contrario.<br />

Malgrado queste posizioni ancora abbastanza confuse è però indubi­<br />

tabile che le nuove idee, propugnate in Europa e diffuse in Italia, sul<br />

modo di accostarsi alla scienza, facciano già sentire i loro influssi sulla<br />

<strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong> e la prova è che gran parte degli autori minori citino spesso<br />

nei loro lavori questi filosofi stranieri (il nome di J. S. Mili diviene quasi<br />

una costante dei loro scritti ed il suo "Sistema", una specie di "summa"<br />

<strong>del</strong> pensiero empirista, è citato da quasi tutti gli autori).<br />

D'altro canto il positivismo italiano è un fenomeno assai complesso<br />

anche, e soprattutto, per il fatto che tende a mostrarsi come il rappresen­<br />

tante <strong>del</strong>l'unità <strong>cultura</strong>le di un paese che sta vivendo il travaglio per rag­<br />

giungere l'unità politica ed anche territoriale.<br />

Il fatto incide profondamente sul sapere. Se questo è ancora élitario<br />

(come d'altro canto è élitario lo stesso spirito risorgimentale) malgrado i<br />

tentativi per una sua diffusione più minuziosa, si assiste per altro alla<br />

ricerca di una sua autonomia rispetto ad altre posizioni. Questi motivi<br />

fanno sì che vi sia una progressiva emarginazione non solo <strong>del</strong>le posizioni<br />

positivistiche straniere, ma anche <strong>del</strong> filone illuminista, che ne era stato il<br />

naturale precursore. Ecco perché rispetto alla componente "rivoluziona­<br />

ria" <strong>del</strong>le nuove idee che il positivismo aveva in sé, al contrario, in Italia<br />

tende invece a mostrarsi come rappresentante di una posizione "modera­<br />

ta", con l'intento di porsi come punto di giunzione tra il precedente spi­<br />

ritualismo ed il progressivo rafforzamento <strong>del</strong>le correnti neo-idealistiche.<br />

Contemporaneamente a Napoli, ponendosi in posizione critica verso<br />

il positivismo e la tradizione spiritualista, inizia a diffondersi il pensiero di<br />

Hegel grazie ai lavori di A. Vera, rappresentante <strong>del</strong>la "destra" hegeliana,<br />

che traduce e commenta i lavori <strong>del</strong> filosofo tedesco e di B. Spaventa, D.<br />

Mazzoni, S. Cusani, B. Passerini, S. Gatti. Questa corrente, tuttavia, pure<br />

influenzando alcuni studiosi contemporanei, troverà definitiva consacra-


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 47<br />

zione in Italia negli ultimi decenni <strong>del</strong> <strong>XIX</strong> secolo, quando sarà fatta<br />

propria dai promotori <strong>del</strong> neo-idealismo.<br />

All'inizio <strong>del</strong> periodo che stiamo esaminando si tende, in modo spe­<br />

cifico, a collocare sempre di più la <strong>Logica</strong> in una posizione derivata rispet­<br />

to alle attività fisiologiche e psicologiche (sensibilità e percezione), le quali<br />

vengono ad essere il punto di partenza per lo studio di qualsiasi forma<br />

<strong>del</strong>l'intelligenza. Si giunge a presentare questa disciplina come un'attività<br />

schematizzante o, facendo riferimento ad un'espressione allora molto usa­<br />

ta, come "un'arte" che da le regole, le direttive, con cui l'intelletto si<br />

struttura. Questo comporta che si sia spinti ad abbandonare l'idea di una<br />

<strong>Logica</strong> naturale, mai chiaramente specificata d'altro canto, che stia a<br />

monte di qualsiasi attività <strong>del</strong> soggetto e rappresenti le caratteristiche fon­<br />

damentali <strong>del</strong>lo stesso. Proprio per questo motivo ci si sforza di mostrare<br />

come queste regole abbiano una genesi ed un processo di formazione<br />

riconducibili a fondamenti biologici primari.<br />

Il compito <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> sarà, a questo punto, quello di organizzare tra<br />

loro le componenti fondamentali <strong>del</strong>l'individuo, che hanno ora caratteri­<br />

stiche assolutamente "reali". La coincidenza con tematiche psicologiche<br />

diviene quindi sempre più evidente come altrettanto chiaro è il tentativo<br />

di intendere queste ultime quali direttive e generative <strong>del</strong> sapere.<br />

4. L'ESEMPIO DI WUNDT E LA SITUAZIONE ITALIANA.<br />

La tradizione storica che testimonia la necessità di stabilire un luogo,<br />

una data ed una (o più) persona/e per segnalare ufficialmente l'inizio <strong>del</strong>la<br />

Psicologia come scienza, ci porta a Lipsia nel 1879 ed indica in W. Wundt<br />

il fondatore di questa disciplina. In questo istituto di Psicologia si formano<br />

i primi veri psicologi sperimentali, quali Kraepelin, O. Kuelpe, S. Hall,<br />

J. M. K. Calteli, E. B. Titchener, G. K. Warren, C. Spearman, E. Bourdon,<br />

A. Michette. Tuttavia questo non vuole assolutamente dire che prima di<br />

quegli anni non fossero stati fatti lavori sperimentali con l'intento di stu­<br />

diare i più disparati processi psicologici e, soprattutto, che non fossero<br />

stati previsti e progettati spazi teorici nei quali inserire questa nuova forma<br />

di conoscenza. Infatti:<br />

a) se J. F. Friess, che ribaltò l'ordinamento kantiano, per il quale le<br />

categorie universali di causalità e di sostanza erano legate all'intelletto,<br />

muove un'osservazione al filosofo di Kònigsberg per avere rifiutato di<br />

esaminare a fondo l'introspezione, ovvero l'elemento che ci rende possi-


48 CAPITOLO PRIMO<br />

bile accedere di primo acchito alla conoscenza immediata e, quindi, per<br />

avere trascurato la componente psicologica, che compone l'impalcatura<br />

cognitiva <strong>del</strong> soggetto;<br />

b) se J. F. Herbart elaborò il concetto chiave di soglia e propose una<br />

teoria meccanicistica sia <strong>del</strong>la coscienza che <strong>del</strong>l'inconscio, fondata di<br />

certo ancora su presupposti metafisici, ma necessitanti <strong>del</strong>l'ausilio di un<br />

approccio sperimentale, in particolare facendo ricorso allo strumento<br />

matematico;<br />

e) se G. F. Benecke, già a partire dal terzo decennio <strong>del</strong> secolo <strong>XIX</strong>,<br />

sosteneva la necessità di una "scienza psicologica", ovvero di una scienza<br />

sperimentale, i cui elementi dovevano essere il frutto di una ricerca empi­<br />

rica basata sull'osservazione;<br />

d) se F. C. Donders aveva studiato i tempi di reazione e, dopo averli<br />

suddivisi in semplici, di scelta e di discriminazione, aveva pensato di con­<br />

siderare i fatti psichici sulla base <strong>del</strong>la loro durata, gettando in tal modo le<br />

basi di quella che oggi è conosciuta come teoria <strong>del</strong>l'human performance;<br />

possono essere ritenuti antesignani <strong>del</strong>la Psicologia, non vi dubbio che<br />

dobbiamo etichettare come "psicologici", a tutti gli effetti, già gli studi di<br />

E. H. Weber, negli anni '30, a proposito <strong>del</strong>la sensibilità tattile; quelli di<br />

G. T. Fechner, negli anni '50-'60, la cui psicofisica era tesa alla soluzione<br />

<strong>del</strong> rapporto mente/corpo (che egli credette di aver definitivamente risol­<br />

to) ed a cui si deve l'ideazione di un procedimento per misurare la sen­<br />

sazione in riferimento agli stimoli corrispondenti, nonché la formulazione<br />

<strong>del</strong>la legge matematica che regolava i rapporti tra stimoli e sensazioni;<br />

quelli empirici di H. Helmoltz sulì'Anschauung, in cui sono connesse sen­<br />

sazioni, immaginazioni, stimolazioni ed inferenze inconscie, e quelli inna­<br />

tisti di E. Hering, concernenti il collegamento tra modalità percettive e<br />

funzionalità <strong>del</strong> sistema nervoso, nonché, sempre negli stessi anni, quelli<br />

di De Jaeger e F. Galton, che può, a buon diritto, essere ritenuto il padre<br />

<strong>del</strong>la Psicologia <strong>del</strong>le differenze individuali, su problemi legati alla perce­<br />

zione ed alla misurazione di risultati empirici (prime applicazioni <strong>del</strong>la<br />

statistica alla Psicologia).<br />

Abbiamo indicato nel 1879 la data di nascita <strong>del</strong>la Psicologia ed in<br />

W. Wundt, il suo fondatore. Certamente la creazione di una nuova disci­<br />

plina, con sue specifiche proprietà e caratteristiche, era già da alcuni anni<br />

un suo obiettivo ben specifico ed attorno al quale egli da tempo lavorava.<br />

Infatti già in Bettràge zur Theorie der Sinneswahrnehmung, opera com­<br />

posta tra il 1858 ed il 1862, W. Wundt (allora assistente di H. Helmholtz<br />

a Hei<strong>del</strong>berg) parla di Psicologia sperimentale e, in modo più marcato


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 49<br />

rispetto agli studiosi contemporanei, tende a valutare ed a presentare il<br />

suo lavoro come attribuibile ad una scienza, che egli pretende di staccare<br />

e di rendere autonoma, in modo più definitivo, rispetto alla fisica ed alla<br />

fisiologia, materie di cui era cultore.<br />

L'avere insistito in modo assai più profondo, rispetto ai suoi prede­<br />

cessori, sul fatto che la fisica e la fisiologia osservano i loro oggetti di<br />

studio "dall'esterno", mentre la Psicologia lo fa "dall'interno", significa<br />

rivendicare un'autonomia più rilevante a quest'ultima e giustifica l'attribu­<br />

zione di padre <strong>del</strong>la scienza psicologica che gli si conferisce. Il suo lavoro,<br />

che si basa sull'introspezione, procede induttivamente e si centra su due<br />

obiettivi: studio dei processi inferiori (o <strong>psicologia</strong> fisiologica), esposto in<br />

Vorlesungen ùber die Menschen una Tbierseele (1863) e studio dei processi<br />

superiori, ovvero <strong>del</strong>la storia dei popoli (oggi diremmo che un tale lavoro<br />

appartiene più all'antropologia che alla <strong>psicologia</strong> sociale), esposto nei<br />

dieci volumi <strong>del</strong> Vòlkerpsychologie, testo la cui composizione richiese<br />

parecchi anni di lavoro e revisioni (1900-1920).<br />

La Psicologia, che, in ogni caso, <strong>nella</strong> seconda metà <strong>del</strong> secolo <strong>XIX</strong><br />

inizia a "formarsi" come disciplina autonoma, paga tuttavia importanti<br />

tributi alla precedente speculazione filosofica, per il fatto che si imbatte in<br />

parecchie situazioni contraddittorie, di natura chiaramente speculativa,<br />

che possiamo cercare di sintetizzare nel seguente modo:<br />

- per potersi caratterizzare come scienza deve rispondere al requisito<br />

di essere "oggettiva", ovvero valida per un universo sufficientemente esteso;<br />

- l'oggetto di ricerca sono le reazioni che i soggetti hanno rispetto a<br />

stimolazioni che sono loro somministrate;<br />

- evidentemente ogni soggetto fornirà una risposta personale, "sog­<br />

gettiva", alla stimolazione.<br />

La non celata aspirazione <strong>del</strong>la Psicologia a presentarsi come scienza<br />

oggettiva si scontra pertanto con il problema, ritenuto un ostacolo di<br />

difficile superamento, per cui l'oggetto primario di questa scienza avrebbe<br />

dovuto essere rappresentato da "oggetti" psichici che, in quanto tali, era­<br />

no quanto di più significassero la soggettività, ovvero l'a-scientificità.<br />

A ciò si aggiunga che lo stesso Wundt, quando accetterà di fare parte<br />

<strong>del</strong>la facoltà di Filosofia <strong>del</strong>l'Università di Lipsia (1875), <strong>nella</strong> quale era<br />

incluso lo studio <strong>del</strong>la Psicologia, pubblica anche lavori di Etica e <strong>Logica</strong>,<br />

materie che insieme alla Psicologia dovrebbero soddisfare all'intento di<br />

fondare e costruire una Filosofia scientifica. Soprattutto per quanto ri­<br />

guarda la <strong>Logica</strong> cade nuovamente in contraddizione, perché tende a<br />

mostrare come la verità logica (oggetto di studio di questa disciplina se-


50 CAPITOLO PRIMO<br />

condo la classica tradizione filosofica), che è ritenuta oggettiva ed univer­<br />

sale, sia ottenibile attraverso lo studio di meccanismi psicologici, ovvero<br />

soggettivi e relativi. Anche in questo caso egli si pone in una posizione <strong>del</strong><br />

tutto filosofica e si colloca in una prospettiva, che possiamo chiamare<br />

"logica gnoseologia", filone nel quale troviamo anche J. S. Mili.<br />

Tutto ciò fa sì che in questo caso ci si colloca di fronte ad una duplice<br />

posizione, in cui l'una non era assolutamente compatibile con l'altra:<br />

questo, in ultimo, ci può chiarire quali erano i problemi che si frappone­<br />

vano ad una correlazione costruttiva tra Psicologia e <strong>Logica</strong>. Occorre in­<br />

fatti considerare che:<br />

4.1. Da un lato necessita sottrarre i fatti psichici dal contesto etero­<br />

geneo ed intensivo proprio <strong>del</strong> vissuto intcriore, che, altrimenti, questi<br />

ultimi non sarebbero né quantificabili, né misurabili, e neppure organiz-<br />

zabili in schemi precisi.<br />

4.2. Dal lato opposto non è affatto strano rendersi conto che l'elimi­<br />

nazione <strong>del</strong>la problematica <strong>del</strong> vissuto intcriore, sarebbe corrisposto alla<br />

scomparsa <strong>del</strong>lo stesso tema portante <strong>del</strong>la conoscenza psicologica.<br />

Questa situazione contraddittoria <strong>del</strong>la Psicologia che si pretende di<br />

intendere come scienza, la ritroviamo presente in tutte le opere di W.<br />

Wundt 47 . Infatti i suoi esperimenti sulla psicofisiologia <strong>del</strong>l'udito e <strong>del</strong>la<br />

vista (come già quelli di Helmholtz e di Donders) e sulle associazioni<br />

mentali, se hanno una notevole importanza poiché tendono a ribadire<br />

l'autonomia metodologica di questa nuova scienza, risentono tuttavia anco­<br />

ra di una serie di preoccupazioni, riconducibili a passate istanze filosofiche.<br />

Egli tenta di presentare un fondamento concettuale <strong>del</strong>la Psicologia,<br />

cercando di amalgamare le varie produzioni, che si erano occupate di<br />

problemi in qualche modo riconducibili a questa disciplina (psicofisica,<br />

evoluzionismo, associazionismo). Stabilisce che l'oggetto specifico, perti­<br />

nente alla Psicologia, è l'esperienza immediata e per questo propone come<br />

fondamentale il metodo introspettivo. Avanza l'ipotesi che sussista un<br />

parallelismo psicofisico-psicologico, con l'intento di ritrovare una soluzio­<br />

ne al rapporto mente-corpo, problema quest'ultimo sul quale disputava<br />

anche la maggior parte dei filosofi e dei logici <strong>del</strong> periodo: tuttavia in<br />

luogo di presentare un ordinamento gerarchico di queste caratteristiche<br />

47 Ci riferiamo in particolare a Compendio di Psicologia, Clausen, Torino, 1900 ed<br />

a Elementi di Psicologia, Società Editrice Pontremolese, Piacenza, 1910.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 5 1<br />

<strong>del</strong>l'essere umano, sostiene che al mutamento <strong>del</strong>l'una corrisponde mec­<br />

canicamente anche quello <strong>del</strong>l'altra. Stabilisce infine una serie di regole<br />

concernenti il modo e la condizione ottimale con cui condurre gli esperi­<br />

menti, ovvero codifica il metodo sperimentale. Allora oggetto e metodo<br />

<strong>del</strong>la ricerca psicologica devono costituire un'unità fondata sul concetto di<br />

immediatezza, ed il procedimento psicologico deve concernere il rileva­<br />

mento dei dati di coscienza tramite introspezione, la deteminazione <strong>del</strong><br />

modo con cui connettere gli elementi da questi ricavati ed, infine, la messa<br />

in evidenza <strong>del</strong>le leggi che presiedono a tali connessioni.<br />

In generale nello psicologo tedesco si osserva da un lato, l'adesione<br />

all'ideale naturalistico e, dall'altro, l'acccttazione dei principi <strong>del</strong>la corren­<br />

te neo-empirista, che tendono a reputare irriducibile ed a stimare non-<br />

analizzabile il carattere originario <strong>del</strong>l'accadimento psichico. Per quello<br />

che più specificatamente concerne la Psicologia il neo-empirismo si pro­<br />

pone di verificare le metodologie che rendano possibile inserire gli acca-<br />

dimenti psichici in un sistema concettuale corrispondente ai canoni scien­<br />

tifici. Allo stesso modo, tuttavia, l'esperienza soggettiva immediatamente<br />

vissuta (Erlebms), non può né deve essere eliminata: è tuttavia necessario<br />

inquadrare la stessa in un sistema scientifico concettuale.<br />

In questo contesto, la sensazione, esaminata in sé e per sé, costituisce<br />

la vera e propria realtà originaria che precede a qualsiasi ragionamento o<br />

concettualizzazione. Si tratta di un fatto <strong>del</strong>l'esperienza che non comporta<br />

riferimenti ad alcun oggetto (pena la necessaria acccttazione di un'attività<br />

cognitiva di distinzione e di individuazione), né al soggetto (pena la dif­<br />

ferenziazione che dovrebbe essere presente tra quest'ultimo ed ogni altro<br />

oggetto). Vale a dire che deve essere pertanto esaminato in situazioni<br />

esterne ottimali, attraverso le quali vengono il più possibile eliminate tutte<br />

le perturbazioni, in quanto falsificherebbero i risultati <strong>del</strong>le ricerche. Non<br />

solo ma il soggetto deve essere esso stesso in condizioni ottimali: rispetto<br />

a T. A Ribot ed a P. Janet, per esempio, che stimavano come la malattia<br />

fosse una sperimentazione <strong>del</strong> tutto ingegnosa, in quanto "prodotto" dalla<br />

natura stessa, egli sottolinea come invece un accurato studio <strong>del</strong>le sensa­<br />

zioni debba essere <strong>del</strong> tutto libero da fattori che, anche se naturali, lo<br />

condizionerebbero. L'intelletto percepisce tale sensazione o come un fatto<br />

soggettivo interno, od un fatto oggettivo esterno: nel primo caso abbiamo<br />

una realtà psichica, nel secondo una realtà fisica.<br />

Se allora non possiamo ricondurre la sensazione né ad un oggetto, né<br />

ad un soggetto, dobbiamo intendere questa attività come antecedente<br />

indifferenziato di entrambi, ovvero implicante una loro primitiva indistin-


52 CAPITOLO PRIMO<br />

giubilila. Non resta, pertanto, che procedere per astrazione per poter sta­<br />

bilire una distinzione tra oggetto e soggetto: a questo punto però ogni<br />

attività <strong>del</strong> pensiero, qualsiasi riflessione, qualsiasi concetto, sarebbe il<br />

risultato originato e prodotto da una pura astrazione.<br />

Se accettiamo queste premesse siamo condotti in ulteriori contraddi­<br />

zioni che, anche in questo caso, tenteremo di sintetizzare <strong>nella</strong> maniera<br />

seguente:<br />

Si diano le due proposizioni:<br />

4.3. esiste una realtà unica, sperimentabile concretamente, che è la<br />

sensazione, <strong>del</strong>la quale non conosciamo il fondamento;<br />

4.4. parliamo di: esperienza immediata/esperienza mediata, fatto di<br />

intuizione/fatto di riflessione, interiorità/esteriorità.<br />

Possiamo affermare che con 4.4. noi non definiamo due realtà, ma<br />

unicamente due apparenze fenomeniche di un'identica realtà, la cui cono­<br />

scenza, nel suo fondamento unitario, ci è sconosciuta. Ma se partiamo da<br />

questa concezione sensista non potremo più giustificare il valore razionale<br />

<strong>del</strong>le formulazioni concettuali che ne diamo: anche queste ultime, infatti,<br />

sarebbero dei giudizi <strong>del</strong> tutto soggettivi ed arbitrari e quindi 4.3. non<br />

sarebbe più un fatto certo e sicuro. Ci troviamo <strong>nella</strong> situazione parados­<br />

sale che fa dire a G. Frege, proprio trattando dei lavori di W. Wundt, che<br />

ci si trova in una situazione "che assomiglia ad un tentativo di sollevarsi<br />

dal pantano tirandosi per i capelli" (Logik, trad. it, 253).<br />

Sappiamo che lo psicologo tedesco si è reso conto di questa contrad­<br />

dizione, ma, in modo assai pragmatico, si è preoccupato unicamente di<br />

registrarla, dopo aver riconosciuto che questa sussiste. Il suo sforzo, allora,<br />

non consiste tanto nel superarla, quanto piuttosto nel tentativo di aggirar­<br />

la, accordando tra loro i termini di una simile antitesi. Egli comprese che<br />

vi è una evidente contraddizione tra l'immediatezza <strong>del</strong>l'esperienza psico­<br />

logica rispetto all'applicazione <strong>del</strong>le tecniche sperimentali, specialmente se<br />

suffragate da concetti matematici, sulla cui utilità non cessò mai di soffer­<br />

marsi e che ritenne sempre indispensabili. Vale a dire che:<br />

4.5. quando egli vuole parlare di scienza psicologica, introduce <strong>nella</strong><br />

ricerca, quanto è più possibile, i medesimi principi e strumenti <strong>del</strong>le scien­<br />

ze naturali,<br />

4.6. se vuole invece centrare i suoi studi sull'Erlebnis afferma che<br />

l'introspezione è il metodo specifico per poter raggiungere tali obiettivi.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 53<br />

Ora <strong>nella</strong> diatriba tra metodo razionale (naturalistico) e psicologistico<br />

(intuitivo), W. Wundt riteneva un oggetto di studio, da affrontarsi con il<br />

secondo metodo, i fatti psichici più semplici, poiché questi consentivano<br />

l'applicazione <strong>del</strong>le leggi <strong>del</strong>la pura associazione e permettevano di ricon-<br />

durli ad una dipendenza causale da fatti fisiologici. Anche in questo caso<br />

il processo non era però così semplice e si erano già avuti tentativi di una<br />

sua applicazione con discutibili risultati (si pensi al mo<strong>del</strong>lo chimico pro­<br />

posto ancora prima da J. S. Mili, che in A System of Logic, ratiocinative<br />

and inductive, 1843, lo riteneva il più adatto ed il più idoneo per potere<br />

spiegare l'emergere di nuove proprietà qualitative, partendo dalla combi­<br />

nazione di elementi semplici). La corrente fenomenologista, infatti, pro­<br />

blematizzando questo suggerimento, sosterrà in seguito che vi sono dei<br />

fatti psichici (pensiero riflesso, linguaggio, immaginazione produttiva, ...)<br />

dove una semplice associazione fisiologica non basta a chiarirceli comple­<br />

tamente, e ci rimanda, in ultimo, all'attività ed all'intenzionalità <strong>del</strong>l'Io, o<br />

appercezione 48 .<br />

Questo problema comporta che W. Wundt, nel corso <strong>del</strong>la sua atti­<br />

vità, sia costretto ad abbandonare progressivamente l'idea di una psicolo­<br />

gia sistematica ed a proporre invece vari livelli gerarchizzati in cui si strut­<br />

tura la psiche <strong>del</strong> soggetto: ognuno di questi sarà governato da leggi a lui<br />

specifiche, che non hanno alcun valore se applicate a livelli differenti da<br />

quello a loro pertinente.<br />

Il filtro <strong>del</strong>la corrente fenomenologica, di cui Wundt è a conoscenza<br />

e che negli ultimi tempi si sforza di adattare ai propri lavori, farà sì che il<br />

concetto di rappresentazione venga assunto come quello che sembra più<br />

indicato per ritrovare un'unitarietà tra la sensazione e l'attività cognitiva.<br />

Anche questa posizione non è, tuttavia, immune dall'errore di compiere<br />

una generalizzazione eccessiva attribuita alle facoltà spettanti a questa fun­<br />

zione mentale. Ciò è dovuto al fatto che anziché proporre una serie di<br />

rapporti analogici tra la ricerca psicologica e quella logica, in modo da farli<br />

ritrovare sempre implicati l'uno nell'altro, il riduzionismo esasperato <strong>del</strong>la<br />

48 Da questa <strong>psicologia</strong> <strong>del</strong>l'Atto percettivo si svilupperà la dottrina di F. Bren-<br />

tano (Psychologie von empirischem Standpunkt, Meiner, Leipzig, 1925) e, soprattutto,<br />

trarrà origine l'ampia teorizzazione di E. Husserl (in particolare Idee per una fenome­<br />

nologia pura ed una filosofia fenomenologica, trad. Einaudi, Torino, 1965), alla quale si<br />

rifaranno copiosamente diversi psicologi (psichiatri e psicanalisti) contemporanei, come<br />

Hartman, Jaspers, Binswanger, e che attualmente rappresenta uno dei punti di riferi­<br />

mento teorici <strong>del</strong>la psicofisica (ad esempio il complesso problema <strong>del</strong>la percezione<br />

categoriale).


54 CAPITOLO PRIMO<br />

corrente positivista, che, alla fine <strong>del</strong> secolo, è ancora assai forte, tenderà<br />

pur sempre a stabilire un ordine gerarchico tra le due discipline con la<br />

primarietà, ovviamente, <strong>del</strong>la Psicologia. In un senso più generale vediamo<br />

che si tende a mantenere l'idea di una costruzione unitaria <strong>del</strong>l'edificio<br />

scientifico, mentre invece l'evoluzione <strong>del</strong> sapere mostra sempre più chia­<br />

ramente che le varie discipline (proprio come la <strong>Logica</strong> e la Psicologia),<br />

che, precedentemente, si erano attribuite il ruolo fondante <strong>del</strong> sapere, as­<br />

sumono ruoli parziali e differenti, anche se fra loro <strong>del</strong> tutto correlati.<br />

Accettare questo punto non era però, all'epoca, così evidente e, so­<br />

prattutto, di facile attuazione: infatti si trattava di una questione, allora<br />

molto discussa, che rifletteva una problematica filosofica assai profonda.<br />

Di fatto, verso la fine <strong>del</strong> secolo scorso, la grande maggioranza <strong>del</strong>le trat­<br />

tazioni psicologiche si rifacevano alla <strong>Logica</strong>, basandosi sull'erronea pre­<br />

tesa che il pensiero (ovvero il giudizio) fosse da considerarsi un atto psi­<br />

chico, come la rappresentazione. Una simile indifferenziazione di ruoli era<br />

senza dubbio la posizione predominante nel periodo storico che stiamo<br />

considerando: le tesi di W. Wundt, anche grazie all'impostazione pragma­<br />

tista da lui assegnata alla ricerca, avevano buon gioco e scarsa eco mostra­<br />

vano le sporadiche osservazioni critiche, che si potevano muovere a questo<br />

pensiero.<br />

Eppure un tale modo di voler affrontare la scienza «conduceva neces­<br />

sariamente all'idealismo <strong>nella</strong> teoria <strong>del</strong>la conoscenza... [e], in modo spe­<br />

cifico, particolarmente sorprendente è il confluire nell'idealismo <strong>del</strong>la<br />

<strong>psicologia</strong> fisiologista, in netto contrasto con il punto di partenza realistico<br />

di questa impostazione» (G. Frege, Logik, trad. it., 253). Ovvero la cono­<br />

scenza <strong>del</strong>le primitive strutture fisiologiche era ritenuta oggettivamente<br />

valida per l'impostazione di una ricerca, che si proponesse di studiare le<br />

attività mentali (il pensiero) attraverso la formulazione di ipotesi da veri-<br />

ficarsi empiricamente. L'eccessiva fiducia accordata alla tecnica empirica<br />

<strong>del</strong>l'osservazione, produceva quegli stessi risultati che invece si volevano<br />

eliminare. L'illimitata estensione di tale progetto e, soprattutto, il fatto che<br />

le conoscenze <strong>del</strong>le basi biologiche e fisiologiche che presiedevano all'at­<br />

tività <strong>del</strong>l'individuo non erano poi così evidenti (ed, in ogni caso, comple­<br />

te), proiettavano, effettivamente, verso l'idealismo una ricerca strutturata<br />

in tal modo.<br />

Il risolvere un tale problema, ricorrendo al processo di rappresenta­<br />

zione, inteso in modo eccessivamente generalizzato, voleva dire, in ultimo,<br />

rendere illusorio lo stesso metodo che invece, se limitato a studiare i fe­<br />

nomeni psichici, collocandoli in uno spazio d'indagine più pertinente,


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 55<br />

sarebbe stato senza dubbio alquanto valido e produttivo. In ultimo il<br />

punto critico <strong>del</strong>la ricerca psicologica era quello di porre lo studio <strong>del</strong><br />

pensiero, non esaminandolo in ciò che rende possibile la sua genesi e<br />

formazione, bensì in senso completo, pretendendo di dare una spiegazione<br />

anche a tutte le sue produzioni. Ovvero si tendeva ad assumere che un<br />

processo così ricco di sfaccettature fosse riducibile a pochi elementi primi,<br />

ritenuti generativi di tutte le sue possibili esplicazioni a qualsiasi livello.<br />

« II pensiero [invece] è il processo più enigmatico di tutti. Ma appunto<br />

perché è di natura psichica non dobbiamo occuparcene in logica. E suf­<br />

ficiente poter affermare un pensiero e riconoscerlo vero; come ciò avvenga<br />

è una questione a parte » (254). La prima tenderà a specializzarsi sempre<br />

di più, correndo il rischio di isolarsi rispetto alle altre conoscenze (e que­<br />

sto sarebbe l'opposto <strong>del</strong> suo obiettivo di partenza), mentre la seconda<br />

sfocerà in produzioni sistematiche più teoriche che pratiche.<br />

Il richiamo alla riconsiderazione di problematiche logiche ci mostra<br />

che il tentativo di intendere la Psicologia quale scienza prima presenta<br />

<strong>del</strong>le contraddizioni e la pretesa wundtiana di produrre una scienza, attra­<br />

verso l'integrazione <strong>del</strong>le concettualizzazioni matematiche con il controllo<br />

sperimentale, resti sempre un ideale e nulla più. W. Wundt pretendeva di<br />

costruire una scienza fortemente unitaria: di fatto, invece, abbiamo avuto<br />

una Psicologia degli elementi semplici (associazionismo semplice o Psico­<br />

logia senza soggetto) e quella degli atti psichici (integrazione tra attività<br />

soggettiva e concettualizzazione psicologica).<br />

Malgrado questi problemi macroscopici ed altri, più settoriali e limi­<br />

tati ma non meno importanti, con il 1879 la Psicologia si diffonde sia in<br />

Europa che negli Stati Uniti ed iniziano a sorgere i primi laboratori psi­<br />

cologici. In Italia invece, anche se si riscontra, come ovunque, una note­<br />

vole espansione ed una forte influenza <strong>del</strong>la fisiologia e <strong>del</strong>la psichiatria<br />

sulla nuova scienza, le problematiche contraddittorie, di cui abbiamo par­<br />

lato, permangono estremamente rilevanti proprio per la grande importan­<br />

za che ancora posseggono le eredità filosofiche <strong>del</strong> passato. Ciò è valido<br />

in ogni caso, sia che ci si rifaccia, o meno, agli insegnamenti di Wundt, <strong>del</strong><br />

quale non si raccoglie la forte componente pragmatica che, in ultimo, è ciò<br />

che gli permette di continuare nelle sue costruzioni e produzioni, malgra­<br />

do le contraddizioni insite <strong>nella</strong> sua opera.<br />

Forse è proprio questa resistenza a procedere in ogni caso nel proprio<br />

lavoro, il punto che più blocca la produzione scientifica nel nostro paese.<br />

a) Quando R. Ardigò (1828-1920) chiede, nel 1876, di poter costitui­<br />

re a Mantova un laboratorio psicologico, insiste che sia denominato "ga-


56 CAPITOLO PRIMO<br />

binetto filosofico". Egli ritiene che la sensazione sia un fatto primario, la<br />

cui certezza è immediata, che si presenta indistinto e solo in seguito a<br />

successive elaborazioni sia possibile distinguere il me dal non me (si veda<br />

a tale proposito le nostre osservazioni su P. Galluppi). Ora è ciò che è<br />

indistinto la realtà originaria o, come egli dice, psicofisica, dalla quale «si<br />

passa a molteplici distinti, ciascuno dei quali diviene, a sua volta, un in­<br />

distinto da cui si svolgono nuovi distinti. Per questo ritmo, l'intero univer­<br />

so è una formazione naturale» (A. Guzzo, 1936, III, 3, I, 375). Malgrado<br />

egli faccia ricorso al metodo sperimentale propugnato dagli studiosi posi­<br />

tivisti, il suo lavoro, tuttavia, cercando di dare una valenza naturalistica a<br />

tutte le attività umane (includendo anche moralità, socialità, eticità), ri­<br />

chiama più una Naturphilosophie che non una vera e propria ricerca scien­<br />

tifica. Non solo, ma ulteriori elementi che fanno emergere la sua non ben<br />

definita distinzione tra Psicologia e Filosofia le osserviamo quando defini­<br />

sce la dottrina positivista un riassunto ed un'integrazione <strong>del</strong> kantismo con<br />

l'aristotelismo ed estende questa affermazione persino alla dottrina morale<br />

(egli parlerà di morale positiva).<br />

Infine in una lunga corrispondenza con A. Gabelli, in cui si tratta<br />

<strong>del</strong>la genesi dei principii etici, ritenuti generati dall'amor di sé che condu­<br />

ce l'uomo razionale a dominare i suoi istinti per non provare dolore (si<br />

veda 3.5.), egli si dice d'accordo con queste posizioni ed afferma di voler<br />

inserire <strong>nella</strong> sua "<strong>psicologia</strong> nuova", una "teoria ideologica", che si occu­<br />

pi di questi problemi. Poco conta, visti gli intenti perseguiti, che egli,<br />

anziché basarsi sull'interesse personale (come faceva A. Gabelli) parli, a<br />

proposito dei principi etici, di un bene che eccita nell'uomo affetti vivi ed<br />

energici e che poi li definisca (La <strong>psicologia</strong> come scienza positiva, 1870),<br />

un'impulsività psico-fisiologica <strong>del</strong>l'Idea. Se il lavoro di A. Gabelli preten­<br />

de di presentare contemporaneamente una <strong>Logica</strong> ed un'Etica, neppure la<br />

sua "teoria ideologica", a sfondo gnoseologico, può dirsi scientifica a tutti<br />

gli effetti. Dunque, osserva giustamente G. Gentile compare in R. Ardigò<br />

un linguaggio che non è scientifico e neppure filosofico: « Materia, psiche,<br />

realtà psicologica sono formazioni psichiche per associazione di rappre­<br />

sentazioni. In ogni caso, dunque, dove sono parole che possono accennare<br />

a concetti filosofici, i concetti sono sempre quelli <strong>del</strong> pensiero volgare o<br />

<strong>del</strong>le scienze positive, al di qua <strong>del</strong>la scepsi da cui comincia la filosofia »<br />

(op. cit., 1921, II, IX, 30, 304).<br />

b) Non è un caso che F. Kiesow (1858-1940), il quale secondo S.<br />

Marhaba (Lineamenti <strong>del</strong>la Psicologia Italiana: 1870-1945, 1981, I, 33) è il<br />

primo "pilastro", o "figura chiave" <strong>del</strong>la <strong>cultura</strong> psicologica <strong>italiana</strong>, parli


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 57<br />

di Wundt come <strong>del</strong> "filosofo di Lipsia" e sottolinei che <strong>nella</strong> sua ricerca<br />

hanno pari valore sia gli aspetti filosofici che quelli psicologici.<br />

e) F. de Sarlo, allievo di F. Brentano, pure contribuendo alla diffu­<br />

sione <strong>del</strong>le varie teorie psicologiche e fondando un laboratorio di Psico­<br />

logia a Firenze, non esiterà a sostenere, ancora nel 1903, (I dati <strong>del</strong>l'espe­<br />

rienza psichica] che la Psicologia dipende dalla Filosofia. In tutti i suoi<br />

lavori precedenti, ma anche in quelli successivi, egli si schierò contro un<br />

riduzionismo radicale, ribadendo la necessità di ricorrere a più metodi di<br />

indagine tra loro complementari. Per questo rifiutò lo studio di questa<br />

disciplina rifacendosi alla sua canonica suddivisione in cognitiva, dei sen­<br />

timenti e <strong>del</strong>la volontà, ma, sulle scorte di Brentano, che la intendeva<br />

deputata allo studio <strong>del</strong>la rappresentazione, <strong>del</strong>le relazioni affettive e <strong>del</strong><br />

giudizio, propose una sua interessante dicotomizzazione in morfologica e<br />

funzionale. La prima è ulteriormente ripartita in "subiettiva": stati di pia­<br />

cere/dispiacere, atteggiamenti (positivi: attenzione, desiderio; negativi:<br />

disattenzione, avversione) ed "obiettiva": fenomeni primari (sensazioni),<br />

secondari (immaginazione, rappresentazione, ricordi, relazioni percettive,<br />

relazioni tra rappresentazioni). La seconda concerne lo studio <strong>del</strong>le attività<br />

conoscitive, contemplative e pratiche. Si è dunque ben al di là di un'im­<br />

postazione rigidamente sperimentale: non solo ma la vastità degli argo­<br />

menti trattati e, soprattutto, il tentativo di collegarli tra loro sfocia facil­<br />

mente verso tematiche filosofiche.<br />

d) Anche M. Panizza, un fisiologo che rifiuta di accordare la prima-<br />

rietà dei processi psichici alle sensazioni, si riconduce alle tesi filosofiche<br />

<strong>del</strong> primato <strong>del</strong> "volontarismo" e G. Villa non ha dubbi nel proporre una<br />

<strong>psicologia</strong> che sia assolutamente spiritualista.<br />

e) Analogo discorso può farsi per F. Corico 49 , che, come ci dice A.<br />

Valdarnini (Principio, intendimento e storia <strong>del</strong>la classificazione <strong>del</strong>le uma­<br />

ne conoscenze, secondo Francesco Bacone, 1880), proponeva una "Sofolo-<br />

gia", ovvero "Scienza <strong>del</strong> Sapere", auspicava una distinzione tra scienze<br />

metafisiche e scienze fisiche, ma, in modo alquanto confuso, stabiliva<br />

come un "accordo" (che l'A. non specifica mai) tra la <strong>Logica</strong> e la Psico­<br />

logia fosse il solo mezzo per poter avere una scienza realmente unitaria.<br />

49 Francesco Corico (1823-1891). Inizia a studiare nel collegio dei Gesuiti a Sa-<br />

lemi e continua nel seminario di Mazara <strong>del</strong> Vallo dove, successivamente, insegna dap­<br />

prima Filosofia e Diritto Naturale ed in seguito Matematica. Nel 1860 diviene profes­<br />

sore di filosofia morale e teoretica all'Università di Palermo. Sempre nel 1860 rappre­<br />

sentò la Sicilia nel Parlamento Italiano. Tra i suoi scritti: filosofia Universale (2 volumi,<br />

1860-1863), Sistema <strong>del</strong>la filosofia universale o la filosofia <strong>del</strong>l'identità.


58 CAPITOLO PRIMO<br />

f) Infine lo stesso P. Mantegazza (1831-1910), pure sostenendo<br />

(1873) che tutti i fatti psichici (suddivisi in: sensazioni, sentimenti e feno­<br />

meni intellettuali) traggono origine dai sensi, afferma che è il criterio<br />

descrittivo, più che non l'introspezione, ciò che si pone alla base <strong>del</strong>lo<br />

studio <strong>del</strong>la <strong>psicologia</strong>, che acquista in tal modo una crescente compara­<br />

zione con altre discipline e sfocia nell'antropologia (1876).<br />

La successiva filosofia neo-idealistica avrà pertanto buon gioco nei<br />

confronti di tutti questi studiosi. In base a ciò si capisce perché l'ultimo<br />

Autore da noi citato, in particolare, ma, come lui, tutti coloro che si<br />

richiameranno a simili tesi, sarà definito da G. Gentile, che di certo non<br />

condivideva queste posizioni, come « un positivista in tempo di positivisti<br />

ma con tutto un bagaglio addosso di vecchia metafisica, che gli impediva<br />

di entrare nel gran carrozzone, su cui questi signori montavano e viaggia­<br />

vano beati » (G. Gentile, op. cit., II, II, Vili, 338).<br />

Certamente è l'attributo "sperimentale" il freno più rilevante all'in­<br />

gresso <strong>del</strong>la Psicologia nel mondo accademico che, più o meno esplicita­<br />

mente, non è d'accordo ad accogliere una scienza che si fonda su premes­<br />

se empiriche, non accetta alcuni principi ritenuti universali e si rifiuta di<br />

impostare la ricerca secondo precisi dettami prestabiliti.<br />

Occorre infatti aggiungere inoltre che la fiducia totale attribuita alla<br />

scienza, <strong>nella</strong> maggior parte dei casi si rivelava « un porre fede nelle sue<br />

possibilità taumaturgiche » (L. Geymonat, Storia <strong>del</strong> Pensiero filosofico e<br />

scientifico, 1972, V, 1, 11), rispetto alla conservazione <strong>del</strong>la tradizione<br />

<strong>cultura</strong>le, quasi che «il nome "scienza"... bastasse a garantire l'autentica<br />

scientificità» (ibidem, V, 1, 12). Soprattutto la Psicologia (ma anche la<br />

Pedagogia e la Sociologia) si trova in questa condizione e, di conseguenza,<br />

all'esigenza di analizzare in modo nuovo ciò che era stato trattato dai<br />

filosofi <strong>del</strong> passato faceva riscontro la mancanza di un adeguato spirito<br />

critico per poter realizzare tale obiettivo in modo valido. Questo fece sì<br />

che le osservazioni che le vennero rivolte, quale quella di eccessivo dog­<br />

matismo e/o di nuova metafisica, potessero avere (come difatti ebbero per<br />

diversi anni) sufficiente seguito e che la sua condizione di scienza non ben<br />

definita perdurasse per un ancor lungo periodo.<br />

Tuttavia, malgrado i ritardi provocati da questo generale "conserva­<br />

torismo" <strong>cultura</strong>le, un decreto ministeriale emesso il 15/XII/1880, stabi­<br />

lisce che all'Università di Roma, all'interno <strong>del</strong>la Facoltà di Scienze fisiche,<br />

naturali e matematiche, venga annesso un Istituto di Antropologia e di<br />

Psicologia Sperimentale « che avrà il fine speciale di studiare i fenomeni<br />

psichici come fenomeni naturali, e perciò di ricercarli con metodi obiet-


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 59<br />

tivi, coll'esperimento dove questo può giungere, e di preparare la gioventù<br />

all'osservazione e allo sperimento stesso. Così contribuirà all'avanzamento<br />

<strong>del</strong>la scienza psicologica... » (Rivista di Filosofia Scientifica, cit. da S.<br />

Marhaba, 1981, I, 46). Occorrerà tuttavia aspettare il 1905 perché a To­<br />

rino, Napoli e Roma vengano istituite le prime tre cattedre di Psicologia.<br />

5. RAPPORTO LOGICA-PSICOLOGIA NELLA CULTURA ITALIANA (1850-1900).<br />

La Psicologia, anche se con un certo ritardo in rapporto agli altri<br />

paesi, inizia a cercare una propria autonomia rispetto al sapere filosofico,<br />

seppure in modo non sempre chiaro e con precisi obiettivi. Si comincia,<br />

allo stesso tempo, ad assegnare una funzione particolare alla <strong>Logica</strong>, la<br />

quale diviene uno strumento, un mezzo (non più un'arte), che è il solo con<br />

il quale si può assolvere ad un compito (strutturazione <strong>del</strong>l'intelletto) al­<br />

trimenti di soluzione non più possibile. Questa caratteristica, ovvero l'ope­<br />

ratività <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, diverrà uno dei punti centrali dei successivi lavori e<br />

ci introdurrà in una prospettiva che si spingerà ben avanti nel tempo. Al<br />

momento attuale, tuttavia, questo fatto comporta una suo completo assor­<br />

bimento nel sapere psicologico e tenderà sempre più ad essere una Denkp-<br />

sichologie.<br />

Il suo fine, <strong>nella</strong> seconda metà <strong>del</strong> secolo <strong>XIX</strong>, non deve più essere<br />

rivolto a trattare <strong>del</strong>l'Essere, quanto piuttosto <strong>del</strong> pensiero, esaminato<br />

nelle diverse modalità con cui si presenta, ed a mostrare come queste<br />

possano essere impiegate. Deve possedere un fine pedagogico, teso a fare<br />

emergere e realizzare gli insegnamenti che la morale ci offre, per stabilire<br />

una relazione di reciproco rispetto verso gli altri. Si conosce infatti una<br />

cosa quando si è in grado di costruirla, ovvero di scinderla, scomporla e<br />

rimetterla insieme. In termini più generali questo fine pedagogico va ben<br />

al di là <strong>del</strong>l'interrogativo kantiano, per il quale occorreva vedere se la<br />

scienza fosse stata in grado di fuoriuscire da una struttura categoriale e se<br />

fosse stata nelle condizioni di agire servendosi di differenti punti di rife­<br />

rimento. Per dare una risposta ad un tale interrogativo due erano i mezzi:<br />

o si faceva ricorso ad una dimostrazione, la quale tuttavia doveva mante­<br />

nere come presupposti la validità <strong>del</strong>le categorie che si volevano eliminare,<br />

oppure ci si doveva riferire a concetti primari, differenti da quelli impie­<br />

gati sino a quel momento. Quest'ultimo è il fine che abbiamo definito<br />

pedagogico (e potremmo dire, in alcuni casi, anche mistico), perseguito<br />

dalla nuova impostazione <strong>del</strong> pensiero scientifico: ritenere tutti i principii


60 CAPITOLO PRIMO<br />

(logici, ma anche morali, etici, e via dicendo) non più quali elementi primi,<br />

dati ed indecomponibili, ma produzioni estremamente evolute ed alquan­<br />

to complesse.<br />

Siamo di fronte ad un problema assai importante, che possiamo in­<br />

tendere in un duplice senso: da un lato può essere, e noi crediamo che ciò<br />

sia molto probabile, il tentativo di restaurare una <strong>cultura</strong> tradizionale<br />

messa in scacco dalle nuove scienze, ma, per un altro verso, forse involon­<br />

tariamente, si ribadiscono alcune regole fondamentali utili per la convi­<br />

venza e la collaborazione ovvero, più globalmente, per il raggiungimento<br />

di un'unità fra differenti persone. In tal senso, rapportandosi al particolare<br />

momento storico che l'Italia stava attraversando, ciò assume una notevole<br />

importanza e si ammanta di una componente progressista.<br />

L'obiettivo che la <strong>Logica</strong> si propone diviene così operativo e legato<br />

alla situazione ed al contesto nel quale compare. Questa sua "temporaliz-<br />

zazione" fa in modo che la collocazione <strong>del</strong>la stessa non sia più quella di<br />

scienza prima, dalla quale tutte le altre dipendono, o derivano, e che il<br />

principio di evidenza in sé e per se, sul quale dovrà basarsi, sarà da inten­<br />

dersi alla stregua di un fatto semplice ed elementare, e non più di una<br />

verità, né astratta né generale, dalla quale è possibile ricavare tutte le altre.<br />

Al contrario, è lo strumento mentale in continua evoluzione, che ci con­<br />

sente la formazione <strong>del</strong>le nostre conoscenze ed indirizza le nostre azioni:<br />

se non la si considera secondo quest'ottica, la si dovrà escludere dall'uni­<br />

verso scientifico e collocarla in quello filosofico e speculativo.<br />

Infine, in diversi autori assistiamo alla presentazione <strong>del</strong> linguaggio<br />

come strumento per eccellenza per denotare il rapporto tra <strong>Logica</strong> e Psi­<br />

cologia. Questo fatto comporta anche una chiara scissione tra <strong>Logica</strong> e<br />

Retorica: la prima sarà ora collegata al processo di dimostrazione e farà<br />

ricorso a particolari tecniche espositive; la seconda tenderà a fare risaltare<br />

la componente persuasiva <strong>del</strong> discorso ed illustrerà le tecniche per ottene­<br />

re un tale scopo che dovranno essere specifiche di qualsiasi linguaggio non<br />

dimostrativo. Se alcuni filosofi, già <strong>nella</strong> prima metà <strong>del</strong> secolo, avevano<br />

accennato a questa possibilità, ora il loro numero aumenta notevolmente<br />

e gli scritti da loro prodotti sono più ricchi di argomentazioni (si veda<br />

nota 55). L'accentuarsi <strong>del</strong>l'attenzione che i filosofi metteranno in atto ri­<br />

spetto al carattere linguistico <strong>del</strong>le leggi logiche, farà sì che si porrà in<br />

discussione la definizione di "leggi <strong>del</strong> pensiero", che sino a quel momen­<br />

to quasi tutti attribuivano a queste. Un simile fatto per un lato rappresenta<br />

un'apertura, poiché avviene che la « logica formale non si rivolge all'effet­<br />

tualità od alla normatività dei processi psichici, non concerne le "leggi <strong>del</strong>


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 6 1<br />

pensiero", bensì piuttosto le "leggi <strong>del</strong> pensabile" » (F. Barone, <strong>Logica</strong><br />

formale e <strong>Logica</strong> trascendentale, II, 3, 79). Per un altro verso, e questo sarà<br />

il fatto più frequentemente riscontrabile, ciò comporterà una più rilevante<br />

analisi psicologica <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, in quanto le proposizioni verranno ritenu­<br />

te un confronto tra differenti informazioni. Da un altro punto di vista,<br />

invece, la componente psicologica, inserita nel contesto retorico, avrà il<br />

merito di mettere in evidenza quali sono le forme espressive, ma anche i<br />

contenuti, che meglio si adeguano al fine di convincere l'ascoltatore, di<br />

fare sì che questi assuma e condivida ciò che viene enunciato da colui che<br />

presenta la propria argomentazione. Tale studio tenderà successivamente<br />

ad analizzare quali sono i processi <strong>del</strong> pensiero che generano le arti espo­<br />

sitive, in grado di assolvere a tale scopo.<br />

<strong>Logica</strong> e Psicologia si pongono a rapporto in modo molto più diffe­<br />

renziato e complesso di quanto era avvenuto in precedenza. La presenta­<br />

zione, che noi proponiamo, riflette per sommi capi una situazione cultu­<br />

rale assai più complessa e ricca di sfaccettature, di difficile ripartizione<br />

temporale e precisa catalogazione e suddivisione argomentativa. Cerchere­<br />

mo di ovviare all'inconveniente suddividendo questo argomento in tre<br />

settori, secondo la seguente generale ripartizione concettuale.<br />

5.1. Primarietà <strong>del</strong>la Psicologia rispetto alla <strong>Logica</strong> e ruolo essenzial­<br />

mente operativo di quest'ultima. Tentativo di mostrare concretamente,<br />

adducendo prove e fornendo esempi, come questo fatto abbia luogo.<br />

5.2. Mantenimento <strong>del</strong>la scissione tra Psicologia e <strong>Logica</strong> a livello<br />

concettuale, ma costante confronto a livello <strong>del</strong>la loro genesi e formazio­<br />

ne, che è ritenuta riconducibile ad elementi biologici od in ogni caso<br />

organici. Questo compito non è però argomentato empiricamente, ma as­<br />

sunto come dato teorico inconfutabile. In altri termini: la differenza ri­<br />

spetto a 5.1. consiste nel fatto che gli Autori di questo primo gruppo<br />

tentavano di ribadire una primarietà <strong>del</strong>la Psicologia sulla <strong>Logica</strong>, per il<br />

fatto che questa nell'evoluzione <strong>del</strong>la conoscenza è temporalmente prece­<br />

dente, mentre quelli <strong>del</strong> secondo gruppo stabiliscono che è il suo studio<br />

che deve precedere quello <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>. Nel primo caso ci si pone (od<br />

almeno si tenta) in una posizione "scientifica", mentre nel secondo ci<br />

troviamo collocati in un terreno unicamente filosofico. Siccome si tratta<br />

<strong>del</strong> punto che senza dubbio ha prodotto il più ricco numero di opere<br />

letterarie e scientifiche, abbiamo pensato di suddividerlo ulteriormente,<br />

secondo il seguente schema:


62 CAPITOLO PRIMO<br />

5.2.1. Acquisizione di tecniche per lo sviluppo <strong>del</strong> pensiero, la cui<br />

genesi è di tipo sensoriale;<br />

5.2.2. Prime forme di associazionismo tra <strong>Logica</strong> e Psicologia;<br />

5.2.3. Costruzione ed operatività <strong>del</strong>le varie forme di conoscenza<br />

(<strong>Logica</strong> inventiva);<br />

5.2.4. <strong>Logica</strong> come strumento per "ben vedere" quello che il sogget­<br />

to percepisce <strong>del</strong>la realtà;<br />

5.2.5. Psicologia come generatrice <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> (approcci empirici);<br />

5.2.6. Psicologia come generatrice <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> (tentativi di giustifi­<br />

cazione filosofica).<br />

5.3. Rifiuto di comparazione, a qualsiasi livello, <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> con la<br />

Psicologia. Il rischio di quest'ultima situazione è quello di ricadere <strong>nella</strong><br />

metafisica o, più esplicitamente, <strong>nella</strong> dogmatizzazione <strong>del</strong>le problemati­<br />

che. Vedremo <strong>nella</strong> conclusione <strong>del</strong> capitolo che questo punto concernerà<br />

in misura, più o meno varia, ma in ogni caso sempre presente, anche tutte<br />

le altre posizioni teoriche.<br />

5.1. Primarietà <strong>del</strong>la Psicologia rispetto alla <strong>Logica</strong>.<br />

Già nel 1850, B. D'Acquisto in Sistema <strong>del</strong>le scienze universali ripren­<br />

de e corrobora le tesi da lui già avanzate in 1835 (op. cit.), ribadendo che<br />

ciò da cui deve prendere l'avvio ogni scienza è la sensazione, la quale è<br />

una modificazione <strong>del</strong> reale, atta a trasformare l'intelletto ed a svilupparlo.<br />

Il vedere, il sentire, il toccare, sono le prime azioni che ogni soggetto<br />

compie e tutto ciò che farà (e penserà) successivamente saranno elementi<br />

sempre più complessi, che tuttavia saranno riconducibili a questi fatti<br />

primari. Infatti l'Autore non ha dubbi e propone i seguenti passaggi: a) la<br />

successione e la ripetizione <strong>del</strong>le sensazioni genera il giudizio, che è la<br />

distinzione <strong>del</strong> sé dagli oggetti, b) Dal giudizio si passa alla riflessione e,<br />

da questa, alla cognizione, e) Quando quest'ultima giunge ad intuire "i<br />

concetti infiniti <strong>del</strong>la sapienza" (31) si ha la <strong>Logica</strong>, che è data dalla riu­<br />

nione <strong>del</strong>l'elemento ontologico con quello psicologico.<br />

L'Autore si propone di semplificare questa evoluzione globale <strong>del</strong><br />

soggetto, con l'intento di rendere più chiara la comprensione e più sem­<br />

plice l'esposizione. Accade invece che, forse in maniera involontaria, pro­<br />

ponga una serie di problemi. A causa <strong>del</strong>la rigida partizione che egli pone<br />

tra la scienza e la filosofia, due universi che nulla hanno in comune, la<br />

<strong>Logica</strong>, nel senso classico <strong>del</strong> termine, che secondo l'A. è la filosofia prima


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 63<br />

e più pura, non ha niente a che spartire con la scienza sia questa pratica<br />

che teorica, malgrado che le attività che la producono siano scientifica­<br />

mente esaminabili. Al contrario possiamo e dobbiamo ritenere scientifico<br />

lo studio di come organizziamo e strutturiamo le cognizioni che ricaviamo<br />

dai diretti contatti con l'esperienza concreta.<br />

Si verifica pertanto una posizione contraddittoria, che esprime in<br />

modo evidente la confusione prodotta dallo specifico momento <strong>cultura</strong>le<br />

in questione. Di fatto la <strong>Logica</strong>, come tutte le scienze, deriva da elementi<br />

psicologici ma, una volta formatasi, assume un ruolo che esclude i presup­<br />

posti che l'hanno generata. Non concerne principi <strong>del</strong>le scienze per i quali<br />

è possibile generare ed unire tra loro successioni di combinazioni struttu­<br />

rate secondo differenti paradigmi, poiché questo è compito <strong>del</strong>la metafi­<br />

sica, che antecede ogni conoscenza. Non tratta neppure <strong>del</strong>l'essenza e<br />

<strong>del</strong>la natura dei problemi in discussione, poiché quest'altro è un argomen­<br />

to spettante all'ontologia. La <strong>Logica</strong>, allora, è un prodotto, è una costru­<br />

zione, che in quanto tale svolge una funzione operativa, concernente tut­<br />

tavia temi generali, vasti, volutamente non precisati, né specificati. Non si<br />

tratta, in ogni caso, di un risultato di astrazione, per il fatto che quest'ul­<br />

tima è sempre un prodotto <strong>del</strong>l'induzione, che deriva da elementi locali.<br />

L'Autore, anche in questo caso, non approfondisce il problema ed anzi<br />

presenta una posizione ancora una volta contraddittoria, costituita da<br />

un'affermazione e dalla sua smentita. Ovvero: l'astrazione è certamente<br />

collegata al principio d'induzione, ma quello che colpisce è il fatto che egli<br />

mini alla base gli stessi presupposti <strong>del</strong> procedimento induttivo.<br />

Quando specifiche posizioni rappresentano le tendenze di un'epoca,<br />

si assiste ad una loro progressiva espansione, sino a divenire un indice<br />

comune tra gli studiosi. Ora, che queste siano tesi che vadano rinforzan­<br />

dosi nel periodo in questione lo testimonia il fatto che compaiono, tra i<br />

suoi sostenitori, anche studiosi che, non foss'altro per la tradizione cultu­<br />

rale <strong>nella</strong> quale si formano, dovrebbero invece porsi in un'ottica <strong>del</strong> tutto<br />

contraria.<br />

Un caso esemplificativo è certamente quello di G. Romano (Elementi<br />

di filosofia <strong>del</strong> Padre Giuseppe Romano <strong>del</strong>la Compagnia di Gesù, 1853) 50 .<br />

Anche se egli tenta di porre uno iato tra <strong>Logica</strong> e Psicologia, tuttavia non<br />

50 Questo A. attivo <strong>nella</strong> seconda metà <strong>del</strong> secolo scorso, come anche D'Acquisto,<br />

è classificato da V. di Giovanni (op. cit., 1854) come riconducibile ad una matrice di<br />

tipo "vagamente" leibniziano, anche se questa definizione non è corredata da sufficienti<br />

argomentazioni.


64 CAPITOLO PRIMO<br />

esita a sostenere come la prima sia dipendente dalla seconda. Ogni genere<br />

di conoscenza, infatti, nasce dalla Psicologia, la quale deve analizzare, in<br />

primo luogo, le sensazioni e le funzioni degli organi di senso (in partico­<br />

lare la vista, di cui si prendono in considerazione, in maniera puntuale, le<br />

illusioni ottiche) e, successivamente, la memoria e la fantasia. Non si tratta<br />

<strong>del</strong>la presentazione <strong>del</strong>le solite tesi riconducibili ad una vecchia filosofia<br />

<strong>del</strong>la natura, ma emerge un genuino interesse per le sperimentazioni fatte<br />

sull'apparato sensitivo <strong>del</strong> soggetto che, da questo punto di vista, viene<br />

esaminato in modo compiuto e particolareggiato.<br />

Solo in seguito si può passare allo studio <strong>del</strong>l'intelletto e <strong>del</strong>la ragione,<br />

che sarà in grado di trattare di proprietà concrete ed astratte (proprietà<br />

prive di oggetto) e generali (attribuibili a diversi insiemi di cose o persone):<br />

le proprietà concrete riguardano la particolarità, quelle astratte sono indice<br />

di assolutezza, quelle generali di relatività. Solo in seguito a questa decan­<br />

tazione <strong>del</strong>le forme di conoscenza si parlerà di <strong>Logica</strong>, la quale è uno stru­<br />

mento universale, utile a tutte le scienze ed, in particolare, alla metafisica,<br />

a cui, in ultimo è legata, per il fatto che è deputata a studiare il Vero. Il suo<br />

scopo specifico è quello di condurre alla veridicità <strong>del</strong>le conoscenze (e<br />

darne dimostrazione), senza però trattare <strong>del</strong>la Verità in sé <strong>del</strong>le stesse<br />

(compito questo <strong>del</strong>la metafisica). Il suo obiettivo, infine, sarà quello di<br />

trovare le proprietà di una cosa e distinguerle in costanti, ovvero caratteri­<br />

stiche, che sia « sempre impossibile escluderle o negarle [come] l'egua­<br />

glianza dei raggi nel circolo » (250), e simboliche, vale a dire che possano<br />

escludersi senza distruggere la cosa od il concetto cui si riferiscono.<br />

È però trattando <strong>del</strong> concetto di definizione che la sua posizione,<br />

riguardo il ruolo <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> e <strong>del</strong>la Psicologia, riemerge in modo eviden­<br />

te. Nelle proposizioni scientifiche, afferma l'A., è importante fare un cor­<br />

retto uso <strong>del</strong>le definizioni, le quali possono essere "di parole" o "di cose",<br />

ma devono sempre coincidere tra loro. Se, ad esempio, noi affermiamo<br />

che la perpendicolare è « una linea che cadendo sopra di un'altra, non<br />

inclina più dall'uno o dall'altro lato » (264), dobbiamo anche essere in<br />

grado di rappresentarci visivamente quello che stiamo asserendo. Se non<br />

si obbedisce a queste regole, la definizione è solo "di parole" ed è da<br />

ritenersi arbitraria.<br />

Ci si sta indirizzando verso una posizione che ritiene che l'immagine<br />

mentale abbia, se non la funzione di produrre l'enunciato verbale, almeno<br />

quello di essere la condizione che rende possibile la validità (che noi<br />

intendiamo come sinonimo di confrontabilità e comunicabilità) di que­<br />

st'ultimo. Se volessimo usare una terminologia più attuale, potremmo


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 65<br />

sostenere che qualsiasi forma di conoscenza deve possedere una sua rap­<br />

presentatività, nel senso che tutto ciò di cui il soggetto discute e tratta,<br />

debba potere essere tradotto in un'immagine che ce lo renda assimilabile.<br />

Molto probabilmente il sensismo <strong>del</strong>l'A. è motivato in maniera eccessiva­<br />

mente radicale, forse per preservare, di converso, l'integrità <strong>del</strong>la Metafi­<br />

sica. Sarebbe inutile negare un intento "conservatore" nell'opera in que­<br />

stione, tanto che, probabilmente, è proprio quest'ultimo l'obiettivo prin­<br />

cipale. Quello che però ci interessa è che per ottenere questo risultato egli<br />

si vede obbligato a mettere in discussione alcuni punti (dunque anche gli<br />

stessi principi logici) che sino ad allora si ritenevano intangibili.<br />

La conferma a questa tesi ci è data dallo stesso A., quando specifica<br />

ulteriormente il concetto di definizione, ripartendola in "nominale" (sem­<br />

plice corrispondenza tra idee e nomi) e "genetica" (conferma, o smentita<br />

che sussista la possibilità di questa corrispondenza). Ancora più impor­<br />

tante è la distinzione fatta tra "definito" e "definizione", elementi tra loro<br />

convertibili, ma solamente alla condizione che la loro "estensione" sia<br />

eguale, pena il rischio di produrre soltanto confusività. Ad esempio un<br />

"definito" quale « il triangolo è una figura a tre lati eguali » (267), non<br />

può essere convertibile con la definizione di triangolo, in quanto è diffe­<br />

rente la loro "estensione" (sarebbero infatti esclusi tutti i triangoli non<br />

equilateri). Per ovviare a questi possibili errori non bisogna procedere<br />

nello studio partendo da premesse ipotetiche, ma, invece, soltanto da<br />

osservazioni sperimentali, unico elemento in grado di dotare di attendibi­<br />

lità i nostri lavori.<br />

È però probabilmente con i lavori di F. Bonatelli e C. Cantoni 51 ,<br />

51 Sia Francesco Bonatelli (1830-1911) che Carlo Cantoni (1840-1906) sono col­<br />

locati da G. Gentile (op. cit.) tra i "platonizzanti". Di fatto l'osservazione è <strong>del</strong> tutto<br />

giustificata in quanto risulta possibile ritrovare componenti realmente platoniche nei<br />

loro lavori: ad esempio C. Cantoni (op. cit., 1869) affermerà che il numero è un'idea<br />

talmente precisa e determinata che non può essere considerata una categoria, che si<br />

tratta di un concetto indispensabile per la formazione e la costruzione di qualsiasi<br />

conoscenza, che si può parlare con ragione di una matematica completamente staccata<br />

dalla realtà empirica. Tuttavia noi riteniamo che il pensiero dei due autori presenti<br />

sfaccettature altrettanto importanti che ci aiutano a capire la loro posizione riguardo il<br />

rapporto tra <strong>Logica</strong> e Psicologia. Ad esempio S. Mahraba (op. cit.) definisce il primo<br />

uno spiritualista-naturalista ed il secondo più scentista, in quanto più legato a Wundt.<br />

Da parte nostra tendiamo ad accettare questa seconda posizione, ma riteniamo che<br />

anche in F. Bonatelli sia rinvenibile una componente scientista almeno analoga a quella<br />

di C. Cantoni. Infine sia M. Quaranta che R. Tisato (in L. Geymonat, 1972, op. cit. V,<br />

7 e VI, 19), analizzando con un differente obiettivo i lavori di questi due autori, li<br />

stimeranno indirizzati ad un fine pedagogistico.


66 CAPITOLO PRIMO<br />

distribuiti lungo tutta la seconda metà <strong>del</strong> secolo <strong>XIX</strong> (in particolare quelli<br />

<strong>del</strong> primo autore) che questa corrente trova la sua più completa espansio­<br />

ne e diffusione.<br />

F. Bonatelli, un medico che lavora a Milano, « seguace <strong>del</strong> Lotze, che<br />

in uno scritto <strong>del</strong> 1858, intitolato L'esperimento in Psicologia, identifica<br />

l'osservazione psicologica empirica con l'Auto-osservazione » (S. Marha-<br />

ba, 1981,1, 27, e si veda anche A. Guzzo, 1936, III, 3,1, 1936), si propone<br />

di integrare la ricerca scientifica con tematiche spiritualiste, che nell'ulti­<br />

mo periodo <strong>del</strong>la sua attività si fondono con un intento pedagogico (M.<br />

Quaranta, La Filosofia <strong>italiana</strong> fino alla seconda guerra mondiale, in L.<br />

Geymonat, 1972, V, 7, 364-369).<br />

La sua Psicologia è in stretto rapporto con la fisiologia, la quale,<br />

come tutte le altre scienze, deve basarsi esclusivamente sul principio<br />

meccanicistico in base al quale si verifica tra i fatti una connessione co-<br />

Carlo Cantoni proviene da una benestante famiglia di agricoltori <strong>del</strong> pavese e<br />

compie i suoi primi studi a Vogherà, a Mortara ed a Casale. All'Università di Torino<br />

frequenta per due anni la facoltà di Giurisprudenza, ma poi si trasferisce a Filosofia.<br />

Si perfeziona in questa disciplina dapprima a Pisa ed a Firenze per poi trasferirsi a<br />

Berlino ed a Gottinga. Quando ritorna in patria insegna in un liceo di Torino e poi di<br />

Milano: sempre in questa città diviene docente all'Accademia scientifico-letteraria. Dal<br />

1878 inizia ad insegnare filosofia teoretica all'Università di Pavia, dove diviene suc­<br />

cessivamente Preside <strong>del</strong>la Facoltà, poi Rettore <strong>del</strong>l'Ateneo ed, infine, socio <strong>del</strong>l'Ac­<br />

cademia dei Lincei. Tra i suoi lavori, oltre a quelli citati nel testo, occorre aggiun­<br />

gere <strong>Studi</strong> critici e comparativi in Gianbattista Vico (1867), La questione universitaria<br />

(1874), Emanuele Kant (3 volumi, 1879-1884). In particolare C. Cantoni, insieme a S.<br />

de Dominicis, propugnerà una metodologia nuova e certamente progressista, concer­<br />

nente le forme di insegnamento superiore. Ad esempio egli sosterrà che l'aspetto otti­<br />

male <strong>del</strong>le scuole superiori sia dato dall'armonizzazione tra ricerca <strong>del</strong>le perfezione<br />

nelle applicazioni pratiche e costante ampiamento <strong>del</strong>la <strong>cultura</strong> scientifica. In questo<br />

senso possiamo intenderlo come un propugnatore di una pedagogia costruttivista, sulla<br />

falsariga di analoghi contributi che in quel periodo erano assai discussi in ambito<br />

europeo.<br />

Francesco Bonatelli, zio di Bernardino Varisco, compie i suoi studi a Brescia, ma<br />

deve ben presto emigrare in Svizzera (1848) a causa <strong>del</strong>le sue idee patriottiche. Nel<br />

1849 ritorna in Italia ed è abilitato ad insegnare Matematica e Fisica nei licei. Nel 1855<br />

è invitato a Vienna a frequentare corsi di perfezionamento. Nel 1861 ottiene la cat­<br />

tedra di Filosofia teoretica all'Università di Genova, ma opta per l'Università di Bo­<br />

logna dove può inserirsi solo come incaricato di Antropologia e di Storia <strong>del</strong>la Filo­<br />

sofia. Dal 1879 in avanti ebbe anche l'incarico di Filosofìa <strong>del</strong>la Storia. Fu eletto<br />

membro <strong>del</strong>l'Accademia dei Lincei e <strong>del</strong>la Società Reale <strong>del</strong>le Scienze di Torino: de­<br />

dicò gli ultimi anni <strong>del</strong>la sua vita alla traduzione <strong>del</strong>le opere di R. H. Lotze. Tra i suoi<br />

lavori ricordiamo anche: II pensiero e la lingua. L'esistenza <strong>del</strong>l'anima (1862), Pensiero<br />

e conoscenza (1864), La coscienza ed il meccanismo inferiore (1872). Inoltre si devono<br />

aggiungere una serie di recensioni ai lavori di E. Renan, A. Tren<strong>del</strong>emburg, G. T.<br />

Fechner.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 67<br />

stante e regolare. In virtù <strong>del</strong>la sua posizione filosofica egli non poteva<br />

però fermarsi ad un punto di vista unicamente collegato alla corrente<br />

organicista e, infatti, già in un opuscoletto di quaranta pagine (Delle atti­<br />

nenze <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> con la Psicologia, 1861), si era posto il problema relativo<br />

ai confini tra la <strong>Logica</strong> e la Psicologia. Se la prima è una scienza deonto­<br />

logica od estetica, che tende a conoscere « ciò che deve essere» (10), la<br />

seconda è prettamente empirica, e, proprio per questo, in ogni caso pri­<br />

maria. Entrambe sono deputate a studiare il pensiero, ma con diverse<br />

modalità di cui l'una (quella logica) dipende interamente dall'altra (psico­<br />

logica). La <strong>Logica</strong>, in quanto « scienza <strong>del</strong>la forma <strong>del</strong> pensiero in ordine<br />

al conoscere » (14), tende ad oggettivizzare il soggettivo, vale a dire l'at­<br />

tività <strong>del</strong> pensiero o, come dirà in un suo scritto successivo, i principi<br />

supremi <strong>del</strong> conoscere: in questo senso avrà valore assoluto (complesso<br />

sistematico di verità) e relativo (indicazione <strong>del</strong>le norme cui deve sottopor­<br />

si il pensiero per raggiungere un proprio fine) 52 . La Psicologia è invece<br />

deputata a spiegare la genesi di queste stesse attività, ossia quella <strong>del</strong><br />

concetto e dei suoi elementi costituenti: ed è questo punto che bisogna<br />

indagare in primo luogo, per comprendere i fondamentali processi psichi­<br />

ci <strong>del</strong> pensiero.<br />

Seppure espressa in maniera ingenua ed insufficientemente argomen­<br />

tata, osserviamo che prende l'avvio una Psicologia che possiamo definire<br />

"genetica". Fondamentalmente, infatti, il compito che tale disciplina tende<br />

ad assumere è quello di arrivare a dimostrare che le strutture <strong>del</strong>l'intelli­<br />

genza più evolute e le leggi, o norme ad esse inerenti, erano il livello finale<br />

di un processo evolutivo che partiva dalle semplici reazioni sensoriali, e<br />

proseguiva arricchendosi grazie alla percezione, le configurazioni percet­<br />

tive e le rappresentazioni. Nel caso specifico, l'Autore dedicherà una<br />

notevole parte dei suoi lavori successivi allo studio <strong>del</strong>la rappresentazione,<br />

da lui ritenuta il processo psichico per eccellenza, e sarà partendo da<br />

questa posizione che cercherà di ritrovare il possibile collegamento tra<br />

Psicologia e <strong>Logica</strong>. In altri termini: la rappresentazione non è un proces­<br />

so psichico primario, è costruita gradualmente, ma tuttavia è il terreno<br />

ottimale per concentrarvi gli studi psicologici, in quanto rappresenta una<br />

dimensione <strong>del</strong> tutto specifica, che trova una sua autonomia rispetto alla<br />

biologia (da cui pure è generata) e dalla filosofia (a cui, inevitabilmente,<br />

si è condotti in una fase successiva).<br />

52 Questi stessi temi saranno trattati anche in: F. Bonatelli, Elementi di Psicologia<br />

e di <strong>Logica</strong> ad uso dei Licei, Tipografia F. Sacchetti, Padova, 1892.


68 CAPITOLO PRIMO<br />

In tal senso rinforzerà questa sua posizione anche nell'articolo L'im­<br />

pensabile. Nota Logico Psicologica, 1885) nel quale si opporrà ad Helm-<br />

holtz ed a Kroman, sostenendo che non bisogna distinguere tra pensiero<br />

puro (<strong>Logica</strong>) ed intuizione (Psicologia), ma che il pensiero può mostrarsi<br />

anche come una cosa accaduta per via puramente astratta: «Un triangolo<br />

si può facilmente immaginare, ma che la sua superficie eguagli in grandez­<br />

za quella di un'altra figura, questo si pensa. Qui non basta figurarsi le due<br />

figure, bisogna di più sapere ed affermare il rapporto che passa tra le due<br />

superfici» (4). Questo breve lavoro (si tratta di un articolo di otto pagine)<br />

tende a mostrare che vi è una differenza tra l'impossibilità di potere pen­<br />

sare in un senso assai generale e l'impossibilità logica. Essa (come d'altro<br />

canto la possibilità logica) è una funzione cognitiva che esprime l'impos­<br />

sibilità (la possibilità) di pensare ad un oggetto (o ad una proposizione),<br />

qualora questo sia allo stesso tempo sia vero che falso (contraddittorio).<br />

Ovvero se si afferma che "tutti gli uomini sono animali" è impossibile<br />

sostenere che almeno un uomo non lo sia, così come la proposizione<br />

"almeno un vegetale è velenoso" non ammette che si sostenga che nessuno<br />

10 sia (contraddizione). Tuttavia per il solo fatto che noi possiamo espri­<br />

mere queste due proposizioni l'una di seguito all'altra, dobbiamo ricono-<br />

scerle che nulla ci impedisce di enunciarle. Allora l'impossibilità logica<br />

potrebbe apparire quasi una limitazione che il soggetto si impone, tale per<br />

cui alcune cose possono essere sostenute ed altre no. Occorre però valu­<br />

tare questa situazione in un senso positivo, costruttivo: ed allora lo stabi­<br />

lire <strong>del</strong>le norme di pensiero, tali per cui alcuni di questi sono validi ed altri<br />

no, lungi dall'essere un freno all'espansione <strong>del</strong>le conoscenze <strong>del</strong> soggetto,<br />

sono invece il mezzo per eccellenza che consente di renderle in grado di<br />

essere comunicate e comprese da tutti. In altri termini: ciò non vuole<br />

significare che il soggetto, in alcuni casi non sia da ritenersi egualmente<br />

pensante, poiché il pensiero, in quanto principio psicologico, comprende<br />

anche altri modi di essere e di realizzarsi. La stessa unità e conseguenza,<br />

che sono leggi <strong>del</strong>l'oggetto, per cui senza di esse non possono esistere né<br />

11 Reale né l'Ideale, non implicano che il pensare in sé e per se, in quanto<br />

atto psichico, non si curi di siffatte limitazioni.<br />

Il rischio di collocarsi in una posizione idealistica è dunque presente,<br />

in quanto tutte le differenti fasi <strong>del</strong>la conoscenza sono rimandate ad attività<br />

<strong>del</strong> Soggetto. Il tentativo di ricorrere a categorie, ad invarianti, quali Vunità<br />

e la conseguenza, che superano la diade soggetto/oggetto, rappresentano<br />

forse un tentativo di abbracciare un'ottica trascendentale, e questa osserva­<br />

zione potrebbe essere suffragata dal fatto che lo studio <strong>del</strong>l'A. sia princi-


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 69<br />

palmente volto all'analisi <strong>del</strong>la rappresentazione e dei processi cognitivi ad<br />

essa collegati. Tuttavia il problema è affrontato in modo poco convincente.<br />

Molto probabilmente egli avrebbe ottenuto un risultato più facilmente<br />

difendibile dalle tematiche idealistiche, qualora avesse cercato di ritrovare<br />

certamente categorie invarianti ma con carattere funzionale, operativo, e<br />

dunque normativo, <strong>del</strong> rapporto soggetto/oggetto. Invece sembra che que­<br />

ste categorie in luogo di essersi formate e solo successivamente essere rite­<br />

nute invarianti, siano invece già date aprioristicamente.<br />

In ogni caso la posizione di Bonatelli è interessante poiché C. Cantoni<br />

(<strong>Studi</strong> sull'intelligenza umana, 1869) 53 , collega <strong>del</strong> Bonatelli, riprenderà le<br />

stesse posizioni, riproponendole in parecchi lavori. Fisiologo lui pure, al­<br />

lievo di G. M. Bertini a Torino, premiato con un dottorato al merito a<br />

Kònigsberg per i suoi studi su Kant (tra il 1879 ed il 1884 compone<br />

un'opera di tre volumi sul filosofo tedesco), ed infine uditore di R. H.<br />

Lotze a Gottinga, l'Autore si propone di mostrare come, prendendo le<br />

mosse da uno studio dapprima organico e poi fisiologico <strong>del</strong> corpo umano,<br />

si giunga inevitabilmente allo studio <strong>del</strong>la cognitività e da questo a quello<br />

<strong>del</strong>la mente.<br />

Muovendo critiche ad ogni forma di idealismo egli si sforza di inda­<br />

gare la natura logica di alcuni concetti fondamentali, quali quelli di più/<br />

meno, maggiore/minore, aumento/diminuzione, per cercare di ricondurre<br />

la loro genesi a livello psicologico. Ma se per gli ultimi due egli non ha<br />

dubbi che questo si possa rintracciare a livello sperimentale, il primo (più/<br />

meno) non è neppure un risultato ricavato da un'operazione di astrazione,<br />

ma è già un prodotto operativo, funzionalmente invariante, attivo e pre­<br />

sente fino dalle prime costruzioni dei concetti quantitativi, le cui specie<br />

primarie sono il numero e l'estensione. In particolare il numero è un<br />

concetto talmente preciso e determinato, al punto da non potere essere<br />

considerato una categoria. Il numero, pertanto, sembra la sola Idea che<br />

non derivi dall'esperienza: tuttavia, ha sempre bisogno, per potersi attua­<br />

lizzare, di quest'ultima.<br />

L'indecisione con cui l'A. tenta di stabilire l'Idea di numero, per cui<br />

se da un lato dice che questo sembra conservare ancora un carattere ide­<br />

ale, tale per cui è possibile costruire con esso una scienza che sia indipen­<br />

dente dall'esperienza, ma, da un altro, sostiene che è l'elemento indispen-<br />

53 II titolo completo <strong>del</strong>l'opera è <strong>Studi</strong> sull'intelligenza umana - I: Differenza tra<br />

l'attività percettiva <strong>del</strong>l'uomo e quella <strong>del</strong> bruto - II: Delle categorie supreme e principii<br />

<strong>del</strong>l'intelletto, in « Rendiconti <strong>del</strong>l'Istituto lombardo », 1869-1870, Milano.


70 CAPITOLO PRIMO<br />

sabile per costruire qualsiasi categoria cognitiva (la quale è invece di na­<br />

tura empirica), lo conduce a posizioni contraddittorie.<br />

Egli ribadisce di rifarsi a Kant sostenendo che la scienza è essenzial­<br />

mente sperimentale, che non progredisce attraverso il solo sviluppo <strong>del</strong>le<br />

"forme" conoscitive, ma in virtù di una continua messa a rapporto di<br />

queste con la realtà empirica. Tuttavia, rispetto a Kant, ritiene che sia<br />

indispensabile attuare anche un'analisi psicologica degli strumenti cogni­<br />

tivi di cui il soggetto dispone: non si dovrà più parlare solamente di un a<br />

priori logico, ma anche, e soprattutto, di un a priori psicologico, che ci<br />

consenta di individuare le matrici <strong>del</strong>le categorie cognitive. Se a ciò ag­<br />

giungiamo che l'Autore sostiene che la <strong>Logica</strong> neppure è sufficiente a<br />

fondare la legge morale, ma che per far questo occorre anche una facoltà<br />

primaria ("sentimento" come si diceva all'epoca) identificantesi poi con il<br />

riconoscimento di un ente trascendente, si capisce come abbia buon gioco<br />

G. Gentile quando lo critica aspramente affermando che « appartiene<br />

anche lui a quella schiera di platonizzanti, che, pur partecipando al moto<br />

più recente degli studi filosofici europei, non riuscirono a raggiungere il<br />

punto di vista kantiano, e si sforzarono di mantenere i diritti <strong>del</strong>lo spirito<br />

senza oltrepassare i presupposti <strong>del</strong> naturalismo » (G. Gentile, op. cit., II,<br />

I, V, 166). D'altro canto, per C. Cantoni è proprio agendo in tal modo che<br />

si può effettuare un lavoro che possa dirsi veramente scientifico ed affron­<br />

tare temi, quale la formazione di concetti ritenuti assolutamente non ana-<br />

lizzabili (come il numero).<br />

Che si tratti di una sua convinzione radicata è testimoniato dal fatto<br />

che ancora nel 1895, riprenderà gli stessi ragionamenti. Infatti in Corso<br />

elementare di filosofia: Psicologia e <strong>Logica</strong> (1895), si ribadisce la solita<br />

dicotomia tra analitico (scienze che contengono le definizioni di concetto,<br />

giudizio, raziocino) ed applicato metodologico, ossia ciò che « deve assu­<br />

mere un maggior numero di elementi materiali che non la logica analiti­<br />

ca » (122). Quest'ultima parte <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, di chiara impronta psicologi­<br />

stica, racchiude i metodi per arrivare alla verità al di là <strong>del</strong>l'evidenza: per<br />

questo il suo obiettivo è la definizione <strong>del</strong>la nozione di conoscenza e poi<br />

di quella di verità, degli stati <strong>del</strong>la mente rispetto al Vero, <strong>del</strong> metodo<br />

razionale in rapporto a quello sperimentale e <strong>del</strong> metodo dimostrativo<br />

costruttivo (ermeneutica e didattica). Anche se affermerà che i fondamen­<br />

tali principi logici devono essere direttamente derivati dagli stessi principi<br />

superiori <strong>del</strong>la ragione, ciò non gli impedirà di sostenere che la <strong>Logica</strong>,<br />

come disciplina, dipende dall'esperienza per due ragioni:<br />

a) si pone l'obiettivo di regolare dei fatti « operazioni intellettuali


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 7 1<br />

rivolte all'acquisto <strong>del</strong>le cognizioni, e deve quindi trarre dalla Psicologia<br />

sperimentale la conoscenza di queste operazioni» (120);<br />

b) organizza, operativamente le differenti forme <strong>del</strong>la conoscenza<br />

« perché la riflessione sulle scienze, che sono i prodotti più alti di quelle<br />

operazioni intellettuali, influisce sui progressi <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>» (120). La<br />

<strong>Logica</strong> quindi, pur dipendendo dall'esperienza, è deputata a regolarla: di<br />

conseguenza in quanto scienza dipende dalla Psicologia sperimentale 54 ,<br />

così come i principii logici essenziali dipendono dall'esperienza.<br />

Ma ritornando a F. Bonatelli (op. cit. 1861 e 1892), altrettanto inte­<br />

ressante è il fatto che, stabilita questa derivazione <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> dalla Psi­<br />

cologia, egli indichi nel linguaggio, al quale viene assegnato l'attributo<br />

naturale, il punto comune tra processi psichici <strong>del</strong> pensiero e loro organiz­<br />

zazione. Non è questo il primo caso in cui il linguaggio è assunto quale<br />

strumento per eccellenza per indagare e la Psicologia <strong>del</strong> soggetto e la<br />

Scienza <strong>Logica</strong> 55 , ma mai in modo così risoluto si era presentato un tale<br />

54 II trattato è composto di tre volumi (I - Psicologia percettiva, <strong>Logica</strong>; II -<br />

Psicologia morale, Estetica; III - Storia <strong>del</strong>la filosofia).<br />

53 Posizioni analoghe anche se non così chiare le troviamo in M. Semmola (op.<br />

cit.) il quale inizia la sua trattazione sulla <strong>Logica</strong> sintetica (il cui scopo è quello di<br />

insegnare agli altri le verità già scoperte) con alcune considerazioni sul linguaggio, quale<br />

strumento di comunicazione da cui occorre sempre prendere l'avvio per lo studio <strong>del</strong>la<br />

cognitività <strong>del</strong> soggetto. Oppure in F. M. Franceschinis (Lezioni di <strong>Logica</strong> e Metafisica,<br />

1840), dove però il linguaggio è inteso ancora come un mezzo con il quale la <strong>Logica</strong><br />

ci mostra quello che l'uomo pensa e come ragiona (vedi anche cap. I, 2.3.1); oppure<br />

nello stesso V. Garelli (op. cit., 1849) che ritiene che la logica sia solo un mezzo col<br />

quale si possa esplicare in modo corretto la prima vera attività umana che è il linguaggio<br />

(in questo caso l'Autore si colloca in uno spazio più prossimo alla grammatica ed alla<br />

retorica). Oppure in G. B. Peyretti, (Elementi ài filosofia ad uso <strong>del</strong>le scuole secondarie,<br />

1856) per il quale la <strong>Logica</strong> serve a mostrare come l'espressione <strong>del</strong> ragionamento<br />

(dunque il linguaggio diviene l'oggetto principale) debba essere regolata e guidata.<br />

Oppure in S. Centofanti (Sulla verità <strong>del</strong>la cognizione umana, citato in V. Di Giovanni,<br />

Sullo stato attuale e su' bisogni degli <strong>Studi</strong> filosofici in Sicilia, 1854) per il quale è<br />

l'investigazione sulla parola ciò che chiarirà il rapporto idea/cosa, soggetto/oggetto. Al<br />

contrario, col passare <strong>del</strong> tempo, la posizione di F. Bonatelli sarà ripresa e meglio<br />

specificata, adducendo ulteriori contributi e proponendo nuovi spunti di ricerca. Infine<br />

F. Tocco (La riforma <strong>del</strong>la logica secondo il professar Carlo Peyretti, « Giornale Napo­<br />

letano di Filosofia», 1875, II, 107-113), giungerà a ritenere come concetto fondamen­<br />

tale l'inseparabilità <strong>del</strong>la lingua dal pensiero, in quanto entrambi gli elementi sono<br />

naturali. In tal senso la unitas naturae non potrà mai essere prevaricata dalla diversitas<br />

oppositionis. In questo senso ogni opposizione, dunque anche quella uomo/animale,<br />

logica naturale/logica artificiale deve essere superata. Ed il linguaggio, per l'A., sarà il<br />

solo mezzo che ci consentirà di raggiungere tale livello. Ancora più avanti nel tempo<br />

questa tendenza troverà ulteriori approfondimenti sino a ritenere la <strong>Logica</strong> come una<br />

filosofia <strong>del</strong>la grammatica (Cfr. E. Donatelli, Appunti di logica e grammatica, 1897).


72 CAPITOLO PRIMO<br />

problema. Questo sta ora a significare l'individuazione di un campo co­<br />

mune sul quale si possano rapportare queste due attività <strong>del</strong> soggetto; ma<br />

ancor più rilevante è che il linguaggio, così inteso, sia definito come "na­<br />

turale", in quanto molto più legato al soggetto, colto <strong>nella</strong> sua concretezza<br />

ed immediatezza. In questo caso si ripropongono le influenze psicologisti­<br />

che derivate dalle teorie di W. Hamilton (proposizioni come scambio di<br />

informazioni), rispetto alle quali si accentua la necessità di uno studio che<br />

parta da dati empiricamente controllabili e manipolabili.<br />

Sulla falsariga di F. Bonatelli e di C. Cantoni possiamo ritrovare di­<br />

versi altri autori. Segnaliamo due casi limite: il primo (a) teso ad estremiz­<br />

zare le posizioni dei due studiosi, ottenendo tuttavia risultati poco atten­<br />

dibili; l'altro (b) che cerca invece di approfondire più adeguatamente il<br />

rapporto <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> con la Psicologia.<br />

(a) Nello stesso anno <strong>del</strong>la prima pubblicazione di F. Bonatelli<br />

(1861), ad esempio, pure C. Mamini 56 (La logica elementare ad uso dei suoi<br />

allievi, 1861) sostiene che la <strong>Logica</strong> è scienza deontologica, ossia « studio<br />

<strong>del</strong>le leggi che governano l'umano, discorso, preso quest'ultimo nel suo<br />

aspetto bilaterale di pensiero e di parola » (p. 5), ma che è solamente la<br />

percezione e la riflessione ciò che ci assicura di collegare le strutture<br />

mentali con la verità.<br />

L'A. in questione cita spesso i lavori <strong>del</strong> Soave, cui dice di rifarsi. Ora<br />

se è indubbio che egli possa essergli legato, a causa <strong>del</strong>l'impostazione<br />

sensista <strong>del</strong>la ricerca da lui ribadita, nonché per i frequenti richiami a<br />

Condillac, ci troviamo tuttavia su posizioni ben più radicali. Egli parte<br />

espressamente da una concezione biologico-vitalista (storia ed evoluzione<br />

degli animali), poiché è questo il punto da cui occorre prendere le mosse<br />

per poter arrivare allo studio <strong>del</strong>l'uomo (anche se poi l'A. lo esamina<br />

solamente dal punto di vista razionale). Non è una posizione in verità assai<br />

originale, in quanto si richiama, da un lato alla <strong>cultura</strong> romantica e, dal­<br />

l'altro, ad un'ancor più vecchia eredità spiritualistica, tesa ad esaminare<br />

l'armonicità <strong>del</strong>l'evoluzione globale di tutti gli esseri viventi. Dieci anni<br />

più tardi in Breve Trattato di filosofia elementare (1871) egli spingerà<br />

ancor più oltre il suo progetto. Nel tentativo di ricercare un fondamento<br />

56 Candido Mamini. La sua produzione è concentrata nel periodo compreso tra<br />

il 1857 ed il 1883 e si occupa di filosofìa e di scienze politiche. Ricordiamo tra i suoi<br />

lavori: La legislazione <strong>del</strong>lo Spirito Umano (1857), Di un falso metodo di fare la storia<br />

proposto dal Gioberti nelle sue miscellanee (1859, pubblicato in Rivista Contemporanea),<br />

Appunti <strong>del</strong>le lezioni di logica (1868), Intorno al socialismo (1883).


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 73<br />

naturalistico a tutte le attività <strong>del</strong> soggetto, questa volta non troverà di<br />

meglio che partire dall'animalità umana, per spiegare tutte le sue succes­<br />

sive evoluzioni psichiche e cognitive.<br />

Ora dobbiamo ancora intendere questa posizione come legata alla<br />

passata tradizione e non dobbiamo certo pensare ad un lavoro precursore<br />

<strong>del</strong>le teorie evoluzionistiche. Infatti se da un lato appare che nei suoi<br />

scritti perduri un'eco <strong>del</strong> concetto di <strong>Logica</strong> naturale, così come era stato<br />

presentato <strong>nella</strong> prima metà <strong>del</strong> secolo, egli giunge addirittura a trattare<br />

dei costumi e <strong>del</strong>le fantasie degli animali 57 con l'intento di rendere più<br />

scientifica la sua posizione. Tuttavia tra queste due concezioni <strong>del</strong>l'uomo<br />

(animalità e razionalità) vi è un vero e proprio salto per il fatto che si sta<br />

trattando di due modalità di analisi <strong>del</strong> tutto separate tra loro.<br />

(b) Una presentazione completa e concettualmente meglio struttura­<br />

ta di queste nuove posizioni <strong>cultura</strong>li la ritroviamo in F. Poletti 58 (Saggio<br />

di logica positiva, 1876, ed anche La legge dialettica <strong>del</strong>l'Intelligenza, 1879).<br />

Egli inizia il suo lavoro affermando che la <strong>Logica</strong> non è la scienza <strong>del</strong><br />

raziocinio né la scienza <strong>del</strong>l'arte <strong>del</strong> pensiero: da questa seconda precisa­<br />

zione l'A. trae lo spunto per polemizzare con Rosmini (<strong>Logica</strong> come teoria<br />

<strong>del</strong> pensiero) e con J. S. Mili (<strong>Logica</strong> come teoria <strong>del</strong>la prova). La <strong>Logica</strong><br />

deve essere positiva, ovvero avere il compito di provare a determinare le<br />

sue leggi, ponendosi contemporaneamente in relazione e con il soggetto<br />

che conosce e con l'oggetto <strong>del</strong>la conoscenza. Quest'ultima, a sua volta, è<br />

da intendersi suddivisa in idee sensibili (sensazione, immaginazione, sen­<br />

timenti) ed idee razionali (percezione, nozione, concetto).<br />

57 La stessa posizione, ancor più esacerbata, la si trova nel lavoro di G. G. Gizzi<br />

(La <strong>Logica</strong> negli uomini e negli animali, 1892). In particolare la sua opera contiene<br />

anche pesanti, ma assolutamente immotivate ed ingiustificate accuse rivolte ad A. Nagy<br />

(op. cit.) ed a G. Peano, che sono considerati alla stregua di visionari e confusionari.<br />

In particolare questi due Autori ma, in generale, tutti coloro che si occupano di <strong>Logica</strong>-<br />

matematica (con particolare riferimento ai logici inglesi), sono responsabili di avere<br />

staccato la <strong>Logica</strong> dal linguaggio naturale, creando un simbolismo che esprime in modo<br />

assai oscuro le relazioni tra i concetti e che ha come unico risultato quello di produrre<br />

una confusività notevole senza nulla chiarire.<br />

58 Francesco Poletti (1821-?). Inizia a studiare a Vicenza e poi a Padova. Nel 1848<br />

partecipa personalmente alla prima guerra d'indipendenza e nel 1849 parte per difen­<br />

dere Roma. Successivamente si trasferisce in Piemonte dove rimane sino al 1860 ed ha<br />

la possibilità di collaborare con A. Franchi al periodico La Ragione. Dopo il 1865 volge<br />

i suoi interessi esclusivamente a studi filosofici, dove, pure essendo d'accordo col cri­<br />

ticismo kantiano ed il positivismo inglese, non assume mai posizioni ortodosse. Tra i<br />

suoi lavori specificatamente filosofici, oltre ai due da noi consultati, dobbiamo ricorda­<br />

re Sull'indole ed i limiti <strong>del</strong>la Filosofia Positiva (1870).


74 CAPITOLO PRIMO<br />

Rifacendosi ad Helmholtz che presentò la percezione come prima<br />

attività <strong>cultura</strong>le, l'A. ritiene che questa sia la forma di conoscenza razio­<br />

nale che si collega alla sensazione ed è quindi la facoltà che consente il<br />

passaggio dalla sensibilità alla razionalità: l'aspetto cognitivo <strong>del</strong>la perce­<br />

zione è rinvenibile nel fatto che questa è in grado di liberarci da tutte le<br />

impressioni sensibili, poiché contiene la sintesi intellettiva degli elementi<br />

<strong>del</strong>la sensazione.<br />

In seguito la nozione, che ha il fine di produrre "idee tipiche", prima<br />

forma di sintesi cognitiva, ci permette, di associare tra loro i caratteri<br />

comuni, o analoghi, <strong>del</strong>le singole percezioni.<br />

Il concetto, infine, rende possibile spogliare la conoscenza di ogni<br />

componente empirica che è ancora presente nel processo <strong>del</strong> pensare.<br />

Spogliare non vuole certamente dire negare, ma condurci ad un livello di<br />

ragionamento astratto, induttivamente costruito partendo da dati empirici.<br />

Si tratta, in ultimo, di un grande lavoro di analisi, che tramuta le cono­<br />

scenze empiriche in conoscenza scientifica: in questo senso la scienza è<br />

"traduzione" prima, e "strutturazione" poi, <strong>del</strong>l'esperienza.<br />

La <strong>Logica</strong> allora, che deve stabilire il vero ufficio che i concetti svol­<br />

gono nei processi di pensiero, nonché studiare i problemi che gli stessi<br />

pongono, dovrà basarsi sempre sul fatto che le nostre cognizioni degli<br />

avvenimenti sono formate da rappresentazioni, le quali sono ottenute dalla<br />

relazione tra la forma rappresentativa (idea) e la cosa rappresentata (fe­<br />

nomeno). I due poli estremi, soggettività ed oggettività, sono ricondotti<br />

alla categoria rappresentazione, la quale è ottenuta dall'unione (oggi di­<br />

remmo semiosi) tra forma e contenuto, elementi tra loro inscindibili. Non<br />

esiste dunque una rappresentazione formale pura (si tratterebbe infatti di<br />

una concettualizzazione), ma neppure intesa come unicamente collegata<br />

all'oggetto (sarebbe infatti una riproduzione): le conoscenze che si gene­<br />

reranno dovranno essere intese come prodotte, costruite, tramite l'attività<br />

rappresentativa.<br />

Ne consegue che per l'A., un approccio alla scienza solamente teorico<br />

non ha alcun valore: ovvero vi è sempre la necessità di una sua corrispon­<br />

denza con la realtà empirica. La natura <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, in senso globale, è<br />

allora da ricercarsi nel rapporto tra le condizioni rappresentative e quelle<br />

<strong>del</strong> rappresentato: in questo modo può adempiere al fine di occuparsi dei<br />

rapporti fondamentali determinanti la forma <strong>del</strong>la cognitività. Il suo com­<br />

pito sarà duplice e riguarderà lo stabilire la vera funzione assolta dai con­<br />

cetti nei processi di pensiero ed il prendere in esame le problematiche che<br />

gli stessi concetti comportano. Col termine <strong>Logica</strong> dovremo allora inten-


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 75<br />

dere « la teorica <strong>del</strong>le operazioni intellettuali dirette a distinguere, accer­<br />

tare ed ordinare la materia <strong>del</strong>la scienza » (22). Solo a queste condizioni<br />

(categorizzazione <strong>del</strong> pensiero) potremo avere una <strong>Logica</strong> che si applica<br />

ad un numero crescente di discipline, quali la fisica matematica, la chimi­<br />

ca, la botanica, la zoologia, la biologia, la medicina e, persino, la politica 59 .<br />

Le categorie di pensiero che per l'A. sono relazione, qualità, quantità,<br />

divenire, agire, conservare, dissolvere, causa, fine, occorre intenderle quali<br />

strutture, che presiedono ad ogni evoluzione <strong>del</strong>la cognitività. Di fronte ad<br />

un problema, ad un quesito, dovremo possedere degli attributi, <strong>del</strong>le ca­<br />

tegorie, che consentano la messa in atto dei meccanismi cognitivi, che<br />

presiedano alla comprensione ed alla soluzione degli stessi. Tali categorie<br />

non sono date, ma se ne studia la genesi attraverso l'analisi <strong>del</strong>le facoltà<br />

rappresentative di cui il soggetto dispone. In tal senso, <strong>Logica</strong> e Psicolo­<br />

gia, pure ben distinte l'una dall'altra, vengono ad integrarsi costruttiva­<br />

mente l'una nell'altra e costituiscono i cardini, sui quali si fondano le<br />

differenti modalità cognitive.<br />

La primarietà <strong>del</strong>la Psicologia è allora da ricercarsi unicamente nel<br />

fatto che le conoscenze che il soggetto fa proprie, sono, inizialmente,<br />

quelle legate a situazioni reali, concrete, immediate e direttamente esperi­<br />

bili. Tuttavia l'A. mostra come queste rappresentino solamente lo stadio<br />

iniziale <strong>del</strong>la loro formazione, poiché, ad un livello più avanzato, possie-<br />

deranno una più complessa organizzazione, per comprendere la quale<br />

occorrerà fare ricorso a strumenti cognitivi, la cui validità andrà ben al di<br />

là di un loro riscontro empirico. Sarà proprio questo il terreno <strong>del</strong>la<br />

<strong>Logica</strong> che è ora possibile definire "operativa".<br />

Ci interessa, tuttavia, segnalare un altro punto di questo lavoro, a<br />

nostro avviso, molto interessante. Se si esamina il pensiero, considerandolo<br />

in sé e per se, osserviamo che le sue "forme logiche" sono identiche a<br />

quelle che gli altri logici <strong>del</strong> periodo definivano "principi logici", ovvero<br />

l'analisi, la sintesi, il giudizio, l'induzione, la classificazione, l'astrazione, la<br />

definizione, le ipotesi ed i sillogismi. Quando invece i logici "classici" par­<br />

lano di predicazione, l'A. ritiene che si debba ampliare questo termine con<br />

la locuzione "predicazione ed estensione" (si veda anche C. Cantoni, op.<br />

cit., 1869). Ora, assumendo il pensiero di per se stesso, possiamo ricorrere<br />

ancora una volta alle solite definizioni tradizionali, ma, in ogni caso, abbia-<br />

59 Una simile posizione, presentata in modo assai più valido da un punto di vista<br />

fìlosofico, la si può trovare anche in Giovanni Caroli (<strong>Logica</strong> con nuovo metodo, 1876<br />

- Si veda, in particolare, il paragrafo 4 <strong>del</strong> capitolo III di questo lavoro).


76 CAPITOLO PRIMO<br />

mo bisogno di un loro ampiamento, poiché, per essere complete, devono<br />

includere anche la presentazione di una modalità che consenta una loro<br />

agevole comunicazione: questa è la genesi <strong>del</strong> "segno", il più comune dei<br />

quali è la "parola", che è « il segno di un'idea » (89). Estendendo queste<br />

premesse l'A. prende in esame i vari tipi di proposizione, appartenenti ai<br />

più disparati domini, e le loro caratteristiche. Tutta una parte <strong>del</strong> lavoro è<br />

pertanto dedicata alla <strong>Logica</strong> <strong>del</strong>le varie discipline, anche di quelle speri­<br />

mentali, analizzandone i metodi e studiandone i ragionamenti conseguenti,<br />

attraverso l'esame <strong>del</strong> loro linguaggio e <strong>del</strong>la loro capacità comunicativa ed<br />

informativa. Vale a dire che è il linguaggio che determina la <strong>Logica</strong> <strong>del</strong>le<br />

varie scienze: siccome diverse sono le forme di linguaggio, differenti saran­<br />

no le logiche da queste derivate.<br />

Esaminando il processo di comunicazione il problema si ampia e si<br />

complica. Ora è necessario rendersi conto che fare un discorso, parlare di<br />

qualcosa a qualcuno, significa costruire per sé e per gli altri una specie di<br />

microuniverso con caratteristiche specifiche. In termini più generali signi­<br />

fica produrre una schematizzazione, ovvero l'espressione di una rappre­<br />

sentazione costruita da colui che parla e destinata a colui che ascolta un<br />

argomento specifico in una certa situazione. Virtualmente si tratta di un<br />

processo dialogico, ove il punto di maggior rilevanza è costituito dall'ar­<br />

gomentazione, che è sempre costruita per qualcuno, e non più dalla dimo­<br />

strazione, che si indirizza invece a chiunque, ed il compito che ora ci si<br />

prefigge non è tanto la spiegazione di quello che è detto, quanto piuttosto<br />

la persuasione, o la seduzione, <strong>del</strong>l'ascoltatore, con l'intento che questi<br />

accetti ed assimili quanto è da noi affermato. In questo senso ci troviamo<br />

ancora ai limiti tra la <strong>Logica</strong> e la Retorica (si veda 5.), anche se l'Autore<br />

tende a dare maggiore rilevanza alla prima, in quanto, a suo avviso, è pur<br />

sempre il pensiero, e meglio le leggi a lui proprie, quello che l'interessa<br />

maggiormente.<br />

Riteniamo che il lavoro di F. Poletti sia, in questo periodo, il tentativo<br />

più rilevante per stabilire una relazione tra la <strong>Logica</strong> e la Psicologia, anche<br />

perché pare contenere quelli che sono alcuni punti fermi <strong>del</strong>l'attuale<br />

<strong>Logica</strong> naturale.<br />

5.2. Mantenimento <strong>del</strong>la scissione tra <strong>Logica</strong> e Psicologia.<br />

Il secondo punto da noi proposto comprende indubbiamente il più<br />

gran numero degli studiosi <strong>del</strong> periodo in questione. L'attività di pensie­<br />

ro è, per costoro, una qualsiasi azione che si avvale di processi mentali


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 77<br />

(tra i quali, in particolare, le rappresentazioni simboliche). Tutti i sog­<br />

getti, indubbiamente, "pensano": ciò che differisce è il modo con cui<br />

questo processo si esplica, ovvero "come" ogni soggetto pensa. Vale a<br />

dire che se la capacità di pensare è specifica <strong>del</strong>l'uomo e ciascuno "sa"<br />

come pensare, quello che si può fare consiste nell'acquisire tecniche e/o<br />

strumenti con i quali, in primo luogo, si possano accrescere ed in seguito<br />

raffinare, le abilità di pensiero. Ma soprattutto occorre cercare di spiegare<br />

come queste attività possano essere ricondotte, in particolare per quello<br />

che concerne la loro genesi, ad un substrato organico. Occorre, in altri<br />

termini, cercare di giustificare, e poi di spiegare, il verificarsi di questi<br />

accadimenti.<br />

Se <strong>nella</strong> prima metà <strong>del</strong> secolo avevamo assistito al tentativo di sta­<br />

bilire le regole a cui il pensiero doveva conformarsi per ricavare la ve­<br />

ridicità (o meno) <strong>del</strong> suo prodotto, e se questo era da vedersi come<br />

un'operazione a-posteriori sul pensiero-pensato, si tratta ora di stabili­<br />

re come operi il pensiero-pensante in rapporto ad una realtà, più vasta<br />

ed articolata che non quella definita dalla <strong>Logica</strong>, e comprendente pro­<br />

cessi mentali ed azioni pratiche ad essa legate. Se gli autori esaminati al<br />

paragrafo 2., che si fondavano ancora su questo realismo ingenuo, pro­<br />

ponevano il tentativo di stabilire come la Psicologia empirica fosse la<br />

prima disciplina per studiare qualsiasi attività <strong>del</strong> soggetto, ora si tende<br />

anche a sottolineare come tutte le discipline, e la <strong>Logica</strong> in particola­<br />

re, conseguano dalla stessa e ne siano una derivazione, pure mantenen­<br />

do, tuttavia, una specifica autonomia ai livelli più evoluti <strong>del</strong> loro svi­<br />

luppo.<br />

Il carattere psicologistico che i filosofi in questione attribuiscono alla<br />

<strong>Logica</strong> non è quindi da ricercare nel fatto che questa sia parte <strong>del</strong>la Psi­<br />

cologia Sperimentale, in quanto tutti costoro ne sottolineavano le differen­<br />

ze, almeno ad un certo livello <strong>del</strong>la sua evoluzione. Le difficoltà in cui<br />

questi Autori si imbatteranno, riguarderanno invece la scelta dei criteri<br />

per distinguere le leggi psicologiche da quelle logiche, proprio per il fatto<br />

che la assenza dei suddetti criteri avrebbe reso inutile una correlazione tra<br />

le due discipline, mentre la loro presenza avrebbe corso il rischio di sta­<br />

bilire una dipendenza troppo marcata <strong>del</strong>l'una rispetto all'altra. Se ad<br />

esempio si considera l'universalità e la necessità, queste categorie logiche<br />

(e metafisiche), dovrebbero anche essere proprie <strong>del</strong>la Psicologia Speri­<br />

mentale, fatto di per sé contraddittorio. D'altro canto se la Psicologia non<br />

possedesse queste caratteristiche, dovrebbe essere eliminata dal novero<br />

<strong>del</strong>le scienze e la <strong>Logica</strong> sarebbe solo il momento finale, l'unico scientifi-


78 CAPITOLO PRIMO<br />

camente accettabile, ma non più giustificabile, di una ricerca empirica<br />

riguardante i fenomeni psichici.<br />

Questo problema era stato ben compreso dalla ricerca europea <strong>del</strong><br />

periodo ed in particolare dalla scuola scozzese, rappresentata, tra gli altri,<br />

da W. Hamilton (Lectures on Metaphysic and Logic, 1866). A suo avviso<br />

« La <strong>Logica</strong> considera il pensiero non come l'operazione <strong>del</strong> pensiero, ma<br />

come il suo prodotto... In un atto di pensiero ci sono tre cose che possia­<br />

mo distinguere <strong>nella</strong> coscienza: 1) C'è il soggetto pensante ovvero la mente<br />

od Io, che esercita o manifesta il pensiero; 2) C'è l'oggetto a cui pensiamo,<br />

che è chiamato la materia <strong>del</strong> pensiero; 3) C'è una relazione tra soggetto<br />

ed oggetto, <strong>del</strong>la quale siamo consci, una relazione sempre manifestata in<br />

un certo modo, che è la forma <strong>del</strong> pensiero. Orbene di queste tre relazioni<br />

la <strong>Logica</strong> non considera né la prima, né la seconda. Non tiene conto,<br />

almeno direttamente, <strong>del</strong> soggetto reale e <strong>del</strong>l'oggetto reale <strong>del</strong> pensiero,<br />

ma si limita esclusivamente alla forma <strong>del</strong> pensiero... [e] ... per dire di più,<br />

questa forma è considerata da due lati od in due relazioni. Come è stato<br />

detto esso mantiene una relazione tanto col suo soggetto quanto con il suo<br />

oggetto, e per conseguenza può essere considerata nell'una o nell'altra di<br />

queste relazioni. In quanto la forma <strong>del</strong> pensiero considerata in riferimen­<br />

to alla mente pensante, alla mente da cui è esercitata, è studiata come un<br />

atto, un'operazione od un'energia, ed in quanto relazione appartiene alla<br />

Psicologia. Mentre tale forma considerata in riferimento a ciò ch'è pensato<br />

è studiata come il prodotto di tale atto, ed in questa relazione appartiene<br />

alla <strong>Logica</strong>» (III, 72-73).<br />

Questa posizione presenta certamente <strong>del</strong>le difficoltà ad essere accet­<br />

tata, in quanto accantona <strong>del</strong>iberatamente ed in modo non di certo giu­<br />

stificato, una serie di problemi (ad esempio il motivo per il quale lo studio<br />

<strong>del</strong>la forma in relazione al soggetto debba limitarsi alla pura e semplice<br />

osservazione empirica ed alla generalizzazione di quest'ultima), ma segnala<br />

come tutti gli interrogativi ora citati siano trattati a lungo e minuziosamen­<br />

te e come a questi si dedichino opere intere.<br />

Per quello che invece concerne la produzione <strong>italiana</strong> <strong>del</strong>lo stesso<br />

periodo non sussistono trattati, tra i libri da noi consultati, che esaminino<br />

in maniera sistematica (o si propongano di esaminare) questi problemi<br />

<strong>nella</strong> loro complessità. Pertanto anche in questo caso siamo di fronte a<br />

lavori che, pure richiamandosi a questi punti, attribuiscono maggiore<br />

importanza ad alcuni aspetti particolari piuttosto che ad altri.<br />

Da parte nostra tratteremo alcuni di questi, raggruppandoli in sei<br />

classi.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 7 9<br />

5.2.1. Acquisizioni di tecniche per lo sviluppo <strong>del</strong> pensiero.<br />

Per discutere di questo punto possiamo iniziare dal lavoro, voluta-<br />

mente ridotto, di F. Mestica 60 (Trattarello <strong>del</strong>la facoltà di pensare, conside­<br />

rata nette principali operazioni, 1851), il quale dirà che vi è certamente una<br />

<strong>Logica</strong>, la cui natura è però abbastanza incerta pure essendo elemento<br />

costante di tutti gli uomini, ovvero quasi una sorta di grammatica <strong>del</strong><br />

pensare, e <strong>del</strong>l'agire, secondo le regole <strong>del</strong> buon senso. In compenso l'Au­<br />

tore sostiene che è solamente attraverso una ricerca empirica, condotta in<br />

particolare sulle attività espressive <strong>del</strong> soggetto, che si può vedere come<br />

questa si manifesti. Non si farà però alcun riferimento su quali collega­<br />

menti vi siano tra le varie facoltà cognitive.<br />

Una chiara esemplificazione <strong>del</strong>le differenze rispetto agli studiosi da<br />

noi esaminati nel paragrafo 2., la troviamo in G. Balmes 61 (Corso di filo­<br />

sofia elementare, 1854). Egli parlerà <strong>del</strong>la necessità di postulare un senso<br />

comune, intendendo con questo un'inclinazione naturale a dare l'assenso<br />

a certi elementi e fatti (la verità che è <strong>nella</strong> realtà, verum est id quod est],<br />

che sarà integrata con precise operazioni intellettuali (verità formali), e<br />

stabilisce che le facoltà primarie ad ogni soggetto sono la sensibilità ester­<br />

na, l'immaginazione, la sensibilità interna e l'intelletto. Il compito <strong>del</strong>la<br />

<strong>Logica</strong> consisterà nel riunire armonicamente queste quattro caratteristi­<br />

che, che sono in possesso a tutti i soggetti, organizzandole in modo spe­<br />

cifico. Non si ha più ora la necessità, come invece B. Bellofiore (1813 op.<br />

cit.), di partire da un concetto di natura, inteso in senso lato, ma, al<br />

contrario, occorrerà muoversi e fondare le proprie attività mentali sulla<br />

percezione di quello che si vuole conoscere. Avvicinandosi alle tesi di<br />

Helmholtz, il quale aveva tentato una traduzione in termini fisiologici <strong>del</strong><br />

criticismo kantiano ed aveva stabilito che ogni oggetto, affinchè fosse per­<br />

cepito, presupponeva una rappresentazione interna, G. Balmes (op. cit.)<br />

definisce quest'ultima un'Idea, mentre l'Atto con il quale una cosa è co-<br />

60 Francesco Mestica. Uomo di <strong>cultura</strong> marchigiano che non produsse opere si­<br />

gnificative. Il suo maggior merito consiste nell'essere stato precettore <strong>del</strong> fratello Gio­<br />

vanni (1838-1902), scrittore di una certa fama ed autore di un allora assai conosciuto<br />

Istituzioni di letteratura (2 volumi, 1874-1875).<br />

61 Giacomo Luciano Balmes (1810-1848), nasce in Catalogna ed insegna Matema­<br />

tica nel collegio <strong>del</strong>la sua città natale (Vich). Nel 1844 è esiliato e fonda a Madrid la<br />

rivista El Pensamiento de la Nacion, che ben presto diverrà l'organo di un partito<br />

religioso di ispirazione monarchica. Non conosciamo l'Autore <strong>del</strong>la traduzione da noi<br />

consultata (1854).


80 CAPITOLO PRIMO<br />

nosciuta, senza che questo richieda alcun giudizio, è la percezione 62 (si<br />

veda anche F. Poletti, 1876).<br />

È tuttavia osservando le differenza con G. Romano (1853 op. cit.) che<br />

emergono i punti più interessanti.<br />

a) Come quest'ultimo G. Balmes stabilisce che la definizione può<br />

essere di "cosa" (rei) o di "nome" (nominis) (G. Romano diceva, in senso<br />

più generale, di "parola") e deve mostrare, od esprimere, "tutto" ciò che<br />

<strong>nella</strong> cosa è definito e "nulla più". Malgrado la terminologia analoga<br />

emergono <strong>del</strong>le differenze tra i due Autori. Per G. Balmes, infatti, la<br />

definizione deve essere più chiara <strong>del</strong> definito (mentre G. Romano parlava<br />

di eguale estensione), il quale mai deve entrare <strong>nella</strong> definizione, in quanto<br />

ciò provocherebbe un'inutile tautologia.<br />

b) una differenza ancora più importante consiste nel fatto che secon­<br />

do G. Balmes, rispetto a G. Romano, non bisogna mai fare ricorso a<br />

parole metaforiche, o figurate (ovvero che attuino immagini mentali),<br />

perché, a suo avviso, questo fatto risulterebbe più dannoso che utile.<br />

Vale a dire che se dobbiamo ricercare un punto comune tra la <strong>Logica</strong><br />

e la Psicologia possiamo farlo solo a livello empirico analizzando la sen­<br />

sazione: una volta assolto a questo compito, occorre rendersi conto che gli<br />

argomenti di cui parliamo appartengono a due mondi differenti ed hanno<br />

una diversa natura. Occorre dunque tenerli separati, evitando di ricercare<br />

forzatamente qualche collegamento, se li si vuole veramente conoscere.<br />

Per confermare la sua posizione egli stabilisce che la verità è raggiungibile<br />

attraverso criteri che, progressivamente, esulano da qualsiasi presupposto<br />

psicologico: se inizialmente vi può essere un "senso comune" (o "intuito<br />

intellettuale") che ci spinge a dare l'assenso a certe cose piuttosto che ad<br />

altre, sarà però la "coerenza" (atto unicamente mentale) e, soprattutto,<br />

"l'evidenza", ma intesa come «luce esterna per cui vediamo le Idee con<br />

tutta chiarezza » (76), a stabilire la correttezza <strong>del</strong> nostro ragionamento.<br />

Gli studiosi di cui stiamo trattando si trovano in una posizione che,<br />

attualmente, possiamo ritenere perlomeno curiosa. Due sono gli schiera­<br />

menti: coloro che vogliono promuovere un completo rinnovamento <strong>del</strong><br />

sapere e <strong>del</strong> modo di conoscere e quelli che, al contrario, vogliono man­<br />

tenere i classici canoni <strong>cultura</strong>li. Entrambi sono coscienti che si stanno<br />

62 Forse più vicina alla posizione di G. Balmes è quella che troviamo in Garelli<br />

(op. cit., 1869), ma in ogni caso si tratta pur sempre di una posizione <strong>del</strong> tutto generale<br />

e poco specificata. Si può dire, al limite, che il termine "senso comune" rivesta la<br />

funzione che gli Autori precedenti riservavano alla <strong>Logica</strong> Naturale: ma anche a questo<br />

proposito l'Autore non ci da alcuna spiegazione particolareggiata.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA g 1<br />

producendo svolte importanti in campo scientifico ma, probabilmente,<br />

nessuno afferra e padroneggia agevolmente questo settore. La confusione<br />

che ne consegue rende pertanto possibile che chi si colloca (od è colloca­<br />

to) su posizioni "conservatrici", si riveli, a volte, più progressista di coloro<br />

che si professano aperti ad accogliere tutto ciò che la scienza produceva<br />

di nuovo.<br />

Un caso è quello di M. Liberatore (Institutiones philosophicae: logica<br />

et metaphysica generali*, Milano, 1855): l'A. è un gesuita, bersaglio di<br />

aspre critiche da parte di molti autori, probabilmente per il fatto che egli<br />

tentava, con discutibili risultati, di preservare le rigide direttive <strong>cultura</strong>li<br />

<strong>del</strong> suo ordine, rispetto ai nuovi prodotti scientifici dei quali era però<br />

certamente a conoscenza. A. Franchi (1863), nel suo esame <strong>del</strong>le produ­<br />

zioni filosofiche italiane, usa toni assai duri nei suoi confronti. A suo<br />

avviso, M. Liberatore 63 è il rappresentante <strong>del</strong>la <strong>cultura</strong> dogmatica <strong>del</strong>la<br />

Scolastica e non rendendosi conto « che filosofo e gesuita sono le due<br />

professioni più repugnanti tra loro ed i due termini più contradditorj, [...]<br />

filosofò teologicizzando e fece violenza alla ragion umana per obbligarla<br />

a seguire la logica, la metafisica, l'etica ed il diritto <strong>del</strong>la loro Compa­<br />

gnia » (25).<br />

Le polemiche, probabilmente dovute alla naturale accentuazione di<br />

posizioni radicali, che il periodo storico in esame comportava soprattutto<br />

in Italia, possono oggi essere smussate e consentire una lettura meno par-<br />

tigiana rispetto alle diatribe <strong>del</strong> periodo. Noi oggi riteniamo che vi siano<br />

punti <strong>del</strong> lavoro di M. Liberatore alquanto interessanti ed assai profondi.<br />

Anche se egli voleva sconfessare il sensismo "ateo" <strong>del</strong>la sua epoca, non<br />

esita tuttavia a sostenere che la ricerca <strong>del</strong>la verità si deve basare sull'evi­<br />

denza, da intendersi in senso psicologico (rappresentazione) e non centrata<br />

sulle comuni impressioni sensoriali. Questo fatto è importante poiché ab­<br />

biamo visto nel paragrafo 4.) che uno dei motivi essenziali per il quale si<br />

63 Matteo Liberatore (1810-1892). Di origine salernitana a sedici anni entra nel­<br />

l'ordine dei Gesuiti di Napoli e vi resterà per tutta la vita. In tale contesto insegna<br />

dapprima Filosofia (1837-1848) e quindi Teologia. Nel 1850 sarà uno dei fondatori<br />

<strong>del</strong>la rivista Civiltà cattolica. Spesso citato dal Gentile come rappresentante <strong>del</strong>la con­<br />

servazione <strong>cultura</strong>le, fa parte insieme a Serafino e Domenico Sordi, Talamo Signorelli,<br />

Carlo Curci, Gaetano Sanseverino e Giuseppe Pecci <strong>del</strong>la corrente neotomistica, volta<br />

ad una radicale critica <strong>del</strong> pensiero rosminiano. La sua produzione letteraria spazia per<br />

oltre un quarantennio (1850-1891) ed è principalmente costituita da un gran numero<br />

di articoli su Civiltà Cattolica. A ciò si aggiunga Institutiones Philosophices (ristampato<br />

4 volte tra il 1855 ed il 1897), Dialoghi filosofici (1851), L'Autocrazia <strong>del</strong>l'Ente (1854,<br />

Commedia filosofica), Principii di economia politica (1889)


82 CAPITOLO PRIMO<br />

indica W. Wundt come il padre <strong>del</strong>la Psicologia è proprio il fatto di collo­<br />

care questa disciplina su di un piano che si staccasse, per quanto possibile,<br />

da una matrice rigidamente fisicalista ed organicista. Vale a dire che sino a<br />

questo periodo M. Liberatore è l'Autore che più di altri si avvicina alle reali<br />

esigenze che la nuova scienza psicologica si proponeva di soddisfare, in<br />

quanto si sforza di ricavare uno spazio autonomo, fornito di materie di<br />

studio a lui specifiche (la rappresentazione), nel quale collocare la Psicolo­<br />

gia. Inoltre anche il fatto di attribuire un'evidente rilevanza alla modalità<br />

con la quale il soggetto si avvicina alla conoscenza ed allo studio dei canoni<br />

soggettivi, atti alla formazione dei giudizi (di bontà, di causa, etc.), è una<br />

conferma <strong>del</strong>lo sfondo chiaramente psicologistico col quale egli opera.<br />

Non pretendiamo certo di avere individuato un precursore <strong>del</strong>la<br />

scienza psicologica. Di fatto M. Liberatore è fortemente "conservatore": si<br />

pensi che, a suo avviso, la <strong>Logica</strong> è interamente riconducibile ad Aristotele<br />

ed il compito che si prefigge è una ricerca sui concetti di bontà, unità e<br />

verità. Tuttavia, lungi dal collocarlo con gli autori <strong>del</strong>la prima metà <strong>del</strong><br />

secolo o di inserirlo tra quelli più conservatori (si veda oltre 5.3.), egli entra<br />

di pieno diritto tra gli studiosi da noi inseriti in questo paragrafo e, per<br />

alcuni aspetti è, forse involontariamente, uno tra quelli più "progressisti".<br />

Fatta questa dovuta osservazione, un differente modo di accostarsi al<br />

problema in questione, ovvero di proporre un'organica strutturazione al<br />

rapporto tra Psicologia e <strong>Logica</strong> lo troviamo invece in A. Pestalozza (Ele­<br />

menti di filosofia, 1860), allievo di A. Rosmini, che sostiene di volersi<br />

limitare a ripresentare gli insegnamenti <strong>del</strong> filosofo di Rovereto. Per que­<br />

sto A. la <strong>Logica</strong> è una scienza, « un complesso di verità ben ordinate »<br />

(191); in quanto inseribile in tutti i campi <strong>del</strong> sapere, assume anche la<br />

funzione di fornire una guida rigorosa all'agire <strong>del</strong> soggetto: in tal senso<br />

si tratta <strong>del</strong>la «scienza <strong>del</strong>l'arte <strong>del</strong> pensare» (ibidem, 191). La verità che<br />

ricerca è quella che « appartiene ai nostri pensieri [...], che sono conformi<br />

al mo<strong>del</strong>lo e tipo esterno ed immutabile <strong>del</strong>le cose pensate » (222). La<br />

Psicologia, branca <strong>del</strong>l'Antropologia, è invece «la scienza <strong>del</strong> subjetto<br />

umano, o sia <strong>del</strong>l'anima umana come subjetto e perciò come tutto l'uomo,<br />

o almeno come parte naturale di esso » (347). Sembra allora che si debba<br />

parlare di una Psicologia naturale che ci fornisce gli strumenti basilari per<br />

compiere qualsiasi attività piuttosto che di una <strong>Logica</strong> naturale, perché<br />

altrimenti, secondo l'A., corriamo il rischio di affrontare un lavoro di<br />

Metafisica ed Ontologia (filosofico dunque), in luogo di produrre un'ope­<br />

ra scientifica. La <strong>Logica</strong> rappresenta dunque la componente tecnica più<br />

evoluta <strong>del</strong>le forme <strong>del</strong>la conoscenza. Ad essa si giunge attraverso un


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 83<br />

progressivo ordinamento <strong>del</strong> pensiero, passando dalla concetto, fatto que­<br />

sto che gli consente di non distogliersi dal suo obiettivo, che è la ricerca<br />

<strong>del</strong>la Verità (<strong>Logica</strong>).<br />

Si tratta allora di fornire un sistema di regole, che non solo permet­<br />

tano di cogliere la verità, ma anche di scoprirne di nuove partendo da<br />

quelle già note e di riflettere su quelle di volta in volta acquisite. In ultimo,<br />

tali regole si ottengono con l'impiego di mezzi quali analisi, sintesi, speri­<br />

mentazione ed ipotesi.<br />

A sua volta P. A. Corte (Elementi di filosofia ad uso <strong>del</strong>le scuole secon­<br />

darie, IV edizione, voi. I: <strong>Logica</strong>, 1862) 64 , riprende simili argomenti, ma<br />

li tratta seguendo un'altra via. L'Ideologia e la <strong>Logica</strong> occupano il primo<br />

posto nell'albero <strong>del</strong>le scienze, in quanto concernono le primissime ragio­<br />

ni, ma l'A. non sembra avere dubbi che alla base di queste due discipline<br />

si deve porre la Psicologia sperimentale, che è infatti l'argomento con cui<br />

si apre il suo lavoro. Questa si estende su un campo che comprende lo<br />

studio <strong>del</strong>l'analisi e <strong>del</strong>la sintesi, <strong>del</strong>l'astrazione ed anche <strong>del</strong> giudizio<br />

deduttivo: tutti questi elementi sono classificati come funzioni riflesse<br />

<strong>del</strong>lo spirito umano e l'approccio empirico consiste nel mostrarcele <strong>nella</strong><br />

loro immediatezza. Ed è partendo da verità, assunte <strong>nella</strong> loro più sempli­<br />

ce ed ingenua apparenza (evidenza empirica), che si costruiscono tutte le<br />

conoscenze, anche quelle meno evidenti. Progressivi ed ulteriori perfezio­<br />

namenti potrebbero condurre a nozioni che non sembrano certamente<br />

mutuate da questo principio, ma l'Autore sembra non avere dubbi sulla<br />

loro origine empirica.<br />

Egli si propone di giustificare con esempi questa sua affermazione,<br />

facendo riferimento al campo matematico: si passa dalla considerazione di<br />

alcuni numeri come indici di quantità di una serie di oggetti (10 massi, 100<br />

cavalli, etc.), ad una loro concezione "più" astratta (10, 100, ...) senza<br />

alcun riferimento ad oggetti, ad una concezione "<strong>del</strong> tutto astratta" (let­<br />

tere algebriche), sino a giungere ad un'astrazione su quest'ultima (« le<br />

funzioni analitiche, immortale trovata <strong>del</strong> Lagrange » [44-45]).<br />

64 Pietro Antonio Corte (1793-?). Dopo avere studiato a Monetavi, ottiene nel<br />

1823 un posto gratuito nel collegio di Torino diretto dai gesuiti. Nel 1826 è professore<br />

in questa materia ed è inviato a Vigevano, poi a Possano ed infine ad Alba. Nel 1832<br />

diviene professore di Fisica e Geometria a Saluzzo. Nel 1836 infine è nominato profes­<br />

sore di <strong>Logica</strong> e Metafisica nell'Università di Torino. Tra le sue opere ricordiamo:<br />

Elementa Philosophica theoretica, (1837), Elementa logices et metaphysices (1838-1841).<br />

Si tratta di un filosofo, "troppo" legato e condizionato, così come pure A. Pestalozza,<br />

alle dottrine di A. Rosmini (A. Franchi - 1863, op. cit.).


84 CAPITOLO PRIMO<br />

In questo contesto, attraverso Valitiologia (scienza <strong>del</strong> vero che studia<br />

l'essenza, l'esistenza ed i criteri di verità), si giunge alla verità, che è logica,<br />

qualora si rifaccia a ciò che non può essere altro da ciò che è: questo tipo<br />

di verità ha in più, rispetto alle altre, la possibilità di poter dimostrare<br />

tutto quello che afferma. Se allora, sostiene FA., il dire che nel 1755 un<br />

terremoto di potenza inaudita rase al suolo Lisbona è una verità storica,<br />

la quale può essere dottrinale od appresa, il sostenere che « la sfera equi­<br />

vale ai 2/3 <strong>del</strong> cilindro ad essa circoscritto » (222), è una verità logica,<br />

passibile di rigorosa dimostrazione. In senso più generale, quello che noi<br />

possiamo stabilire immediatamente come vero rientra nel campo empirico<br />

(dunque psicologico), mentre quando giungiamo razionalmente ad attesta­<br />

re la veridicità di uno (o più) concetti, ci inseriamo <strong>del</strong> dominio <strong>del</strong>la<br />

<strong>Logica</strong>.<br />

5.2.2. Prime forme di associazionismo tra <strong>Logica</strong> e Psicologia.<br />

Su queste posizioni, tese a ritrovare un comune elemento organico<br />

come base di qualunque attività cognitiva e ad indicare una loro scissione<br />

successiva, si muovono anche coloro che non assegnano funzione primaria<br />

al linguaggio, come invece, ad esempio, G. Romano (1853) o G. Balmes<br />

(1854), ma, pure studiandolo ed esaminandolo anche a fondo, lo subor­<br />

dinano al pensiero. Un esempio lo troviamo in M. Florenzi Waddington 65<br />

(Saggi di Psicologia e di <strong>Logica</strong>, 1864), la quale giunge addirittura al punto<br />

di dedicare il suo lavoro a F. Bonucci, autore di Fisiologia e patologia<br />

<strong>del</strong>l'animo umano, per rinforzare la tesi in base alla quale vi è un legame<br />

necessario e sequenziale tra Psicologia e <strong>Logica</strong>. Non solo, ma l'analisi<br />

<strong>del</strong>le facoltà psicologiche (sensibilità, fantasia, intelletto, istinto e volontà)<br />

ci permettono di spiegare anche le modalità più pure <strong>del</strong> pensiero, che per<br />

FA. sono rappresentate dal concetto logico, anche se questo è sempre da<br />

considerarsi in modo autonomo rispetto ad ogni altra conoscenza.<br />

Anche F. M. Falco 66 , (Arte logica per le scuole liceali, 1866) conferma<br />

65 Marianna Florenzi Waddington (1802-1870). Marianna Bacinetti, sposò dap­<br />

prima il marchese Florenzi ed in seconde nozze il cavalier Evelino Waddington. Fu<br />

legata al filosofo F. Fiorentino (1834-1884) ed intrattenne corrispondenza epistolare<br />

con Schelling, prima di divenire sostenitrice <strong>del</strong> pensiero di Hegel. Tra le sua altre<br />

opere: La facoltà di sentire (1858), I principali punti <strong>del</strong>la filosofia <strong>del</strong>la religione secondo<br />

i principii <strong>del</strong>lo Schelling (1864), la traduzione <strong>del</strong> Bruno di Schelling (1844).<br />

66 Francesco Falco (1835-1899). Si laurea in Filosofia all'Università di Torino ed<br />

insegna nei licei di Savigliano, Piacenza, Alessandria e Milano. Diviene infine profes-


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 85<br />

queste posizioni. La <strong>Logica</strong> è da intendersi unicamente come un'arte aven­<br />

te il compito di applicare al ragionamento le regole <strong>del</strong>la Scienza <strong>Logica</strong><br />

(di cui non si da, per altro, alcuna definizione), attraverso una loro trasfor­<br />

mazione in norme pratiche. « La logica è l'arte <strong>del</strong>l'esercizio <strong>del</strong>l'intelli­<br />

genza in ordine alla verità: l'intelligenza e la verità sono i suoi oggetti<br />

generali » (4). Non solo, ma nessun'altra materia potrà mai prendere il<br />

posto <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, per il fatto che si tratterebbe sempre di semplici ap­<br />

plicazioni, che in nessun caso mai saranno generalizzabili, limitandosi a<br />

fornire solamente mo<strong>del</strong>li 67 . Tuttavia, operativamente parlando, lo studio<br />

<strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> presuppone quello <strong>del</strong>la Psicologia (frequenti sono le citazio­<br />

ni di A. Rosmini, J. S. Mili e T. Jouffroy), per il fatto che è questa disci­<br />

plina quella che ci fa comprendere che cosa sia un ragionamento, un<br />

giudizio, una riflessione. Solo partendo da questi fondamenti di carattere<br />

empirico e psicologico possiamo avere una guida per la crescita intellet­<br />

tuale, che culminerà <strong>nella</strong> riflessione e <strong>nella</strong> capacità di immaginazione.<br />

Importanza rilevante assumono a tal punto i processi di comunicazione e<br />

di scambio di informazioni.<br />

Siamo alle soglie di uno psicologismo di tipo associazionistico, assai<br />

più evidente che in P. Galluppi (1820), poiché ora si sostiene che la<br />

comunicazione <strong>del</strong>le idee ha bisogno dei segni, i quali, a differenza di<br />

quello che M. Liberatore (1855) affermava, sono unicamente di natura<br />

sensibile (visibili, udibili, naturali, permanenti, immediati). In ultimo si<br />

tratta di una successione di immagini mentali tra loro collegate per ana­<br />

logia e/o metafora ciò che sta alla base dei processi di comunicazione. Più<br />

precisamente F. M. Falco (1866) afferma che un segno percepito ci fa<br />

pensare ad un'altra cosa sensibile, poi alla relazione tra segno e cosa, ed<br />

infine, alla relazione in quanto tale. L'articolazione dei segni produce i<br />

termini, che si suddivideranno in varie tipologie, e, da questi, si giungerà<br />

alla grammatica, strumento primo per comunicare, ovvero per acquisire<br />

nuove informazioni. Tuttavia egli ammette con la tradizione passata, ad<br />

esempio con Franceschinis (1840), che vi possano essere idee uniche,<br />

universali ed eterne, a-priori, non ulteriormente analizzagli. Ricompare il<br />

solito rapporto dicotomico tra le due discipline: se per un verso la <strong>Logica</strong><br />

sore di ruolo nel liceo di Lucca. Tra le sue principali opere: Etica, ossia filosofia <strong>del</strong>la<br />

libertà (1860), Giordano Bruno (1863), Del metodo sperimentale (1876), // linguaggio<br />

(1878), I fatti psichici <strong>del</strong>la vita animale (1880), Dottrine filosofiche di Torquato Tasso<br />

(1896), L'aretologia presso Sacrate, Plafone ed Aristotele (1899).<br />

67 Questa affermazione è tratta dal Compendium Philosophiae di C. Bernard (Pa­<br />

rigi, 1857).


86 CAPITOLO PRIMO<br />

dipende dalla protologia (principii supremi <strong>del</strong>l'Essere, che è oggetto <strong>del</strong><br />

pensiero e dei quali essa insegna l'applicazione alla conoscenza), per un<br />

altro aspetto, molto più naturale, e dunque primario, deriva dalla Psico­<br />

logia, la quale ci fornisce le cognizioni <strong>del</strong>le facoltà intellettuali, il cui<br />

esercizio vuole governare 68 .<br />

5.2.3. <strong>Logica</strong> inventiva - Critica alla Sillogistica.<br />

Tra il 1865 ed il 1880, acquista un certo peso una concezione "co-<br />

struttivistica" <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> (che, seppure in modo parziale e limitato, si<br />

può già intrawedere in F. M. Falco (1866), ovvero un modo di intendere<br />

tale disciplina come una guida per costruire, per inventare, piuttosto che<br />

una scienza votata alla riflessione ed alla speculazione. In tal senso anche<br />

il problema <strong>del</strong>la sua genesi viene posto in secondo ordine: quasi tutti<br />

sono concordi nell'affermare come sia una base sensistica (o psicologica)<br />

quella che sta a fondamento di ogni attività umana, ma l'obiettivo princi­<br />

pale diviene quello di indagare come si organizzino e cosa possano pro­<br />

durre le attività <strong>del</strong> soggetto. In tal senso oggetto principale <strong>del</strong>le critiche<br />

degli Autori che, seppure con toni differenziati aderiscono a questa cor­<br />

rente di pensiero, viene ad essere la sillogistica aristotelica e scolastica,<br />

ritenuta responsabile di "bloccare" in schemi precostituiti qualsiasi forma<br />

<strong>del</strong>l'umana attività. Simili posizioni, (sono gli unici Autori da noi trovati<br />

che criticano energicamente la sillogistica) in certi casi, vengono spinte<br />

all'estremo, tanto che la <strong>Logica</strong> tende ad essere presentata non solo come<br />

collegata operativamente alle attività <strong>del</strong> pensiero, quanto piuttosto alla<br />

realizzazione pratica di azioni e comportamenti.<br />

Quello che costituisce la principale direttiva che sta alla base di que­<br />

sto indirizzo di pensiero, consiste nel presentare quali risultati a-posteriori<br />

gli assunti <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> classica, anteponendo a questi un'opera di costru­<br />

zione, derivata da un approccio al reale che, inizialmente, deve essere di<br />

tipo empirico. Siamo in una prospettiva che si richiama, anche se quasi<br />

mai in modo <strong>del</strong> tutto corretto, alle grandi intuizioni kantiane, ma per<br />

quanto riguarda gli oggetti scientifici (fenomeni) e non gli approcci agli<br />

stessi, cercando, in altri termini, di eliminare ogni forma di conoscenza a-<br />

68 Su posizioni pressoché analoghe troviamo A. Gravaghi (<strong>Logica</strong> e filosofia razio­<br />

nale, 1866), che pure mantenendo la stessa problematica presente in F.M. Falco, tende<br />

a privilegiare la componente psicologica, sottolineando fortemente la necessità di un<br />

approccio empirico a tale questione.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 87<br />

priori. In quest'ottica i richiami sono prevalentemente rivolti ai lavori di<br />

Helmholtz, <strong>del</strong> quale tuttavia si ha quasi sempre una conoscenza assai<br />

modesta. Si giunge pertanto <strong>nella</strong> maggior parte dei casi a produzioni<br />

ibride che ad uno psicologismo imposto, ma certamente non approfondito<br />

né giustificato, mescolano l'incapacità di liberarsi da alcuni punti fermi<br />

<strong>del</strong>la vecchia tradizione scolastica.<br />

Per un altro verso questi Autori sembrano rifarsi al pensiero di A.<br />

Arnaud e P. Nicole (1865), per i quali « malgrado la <strong>Logica</strong> ordinaria non<br />

debba considerarsi inutile, tuttavia la maggior parte dei precetti da questa<br />

presentati a proposito <strong>del</strong>le proposizioni e degli argomenti sono più spe­<br />

culativi che pratici » 69 . Ma anche in questo caso i risultati da loro ottenuti,<br />

attraverso il ripudio <strong>del</strong>le classiche forme logiche, non sono certo esaltanti<br />

e giustificheranno le critiche condotte nei confronti <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> di Port-<br />

Royal da parte di altri filosofi (si veda anche: II, 2; III, 1).<br />

Si tratta pertanto di una corrente di pensiero che oltre ad esaurirsi<br />

assai rapidamente mai assume una posizione realmente forte anche nel<br />

periodo <strong>del</strong>la sua massima espansione, (solo nel secolo successivo sarà<br />

ripresa e rielaborata in chiave psicologistica) in quanto, contemporanea­<br />

mente, la maggior parte degli altri studiosi riprenderà i temi consueti e,<br />

soprattutto, si preoccuperà di ribadire l'infallibilità <strong>del</strong>la sillogistica. Resta<br />

però il fatto che le posizioni assunte dagli Autori in questione, che si<br />

mostrano polemici rispetto al modo con cui si trattava il rapporto tra<br />

<strong>Logica</strong> e Psicologia, intendendolo, da questo momento, come una "pro­<br />

pedeutica" all'agire, sono indicative <strong>del</strong>la rilevanza che un tale problema<br />

cominciava allora ad assumere.<br />

Non è allora un caso che L. Barbera 70 scriva un testo dal titolo assai<br />

indicativo (Lezioni di <strong>Logica</strong> inventiva, 1866) nel quale si afferma che non<br />

è il concetto di dimostrazione quello da preporre a tutti gli altri, bensì<br />

quello di invenzione e come il metodo induttivo-empirico sia da preferirsi,<br />

in ogni caso, rispetto a qualunque altro: per questo occorre rifarsi al<br />

metodo induttivo, creato da G. Galilei ed a quello antropologico di G. B.<br />

69 Op. cit., Introduction, XIV.<br />

70 Luigi Barbera (1836-1904). Di origine napoletana compì i suoi studi presso<br />

l'Università d Pisa, città dove iniziò la sua carriera di insegnante nel locale liceo. Suc­<br />

cessivamente divenne docente di Filosofia Morale all'Università di Bologna. Di spirito<br />

liberale partecipò attivamente ai movimenti insurrezionali <strong>del</strong>l'Italia meridionale. Tra le<br />

altre sue opere segnaliamo: Teorica <strong>del</strong> calcolo <strong>del</strong>le funzioni (1876), Nuovo metodo dei<br />

massimi e dei minimi <strong>del</strong>le funzioni primitive ed integrali (1877), Introduzione allo studio<br />

<strong>del</strong> calcolo, I Simplicii contemporanei.


CAPITOLO PRIMO<br />

Vico. "Due sommi italiani aggiunsero alla logica sillogistica e dimostrativa<br />

degli antichi quella parte più importante che riguarda l'invenzione... Ma<br />

questa nuova parte <strong>del</strong>la logica creata dal Galilei e dal Vico, comunque<br />

messa in pratica dai dotti, stanteché essa è immediatamente colla scienza<br />

moderna, non per anco è stata creduta degna, ..., da esser fatta oggetto di<br />

studii speciali, e da doversi in essa ammaestrare la gioventù. Si continua<br />

ad insegnare l'antica <strong>Logica</strong> aristotelica e scolastica, con quanta utilità si<br />

può giudicare dal conto in cui è generalmente tenuta" (Prefaz. V-VI).<br />

Una conferma <strong>del</strong>la matrice psicologista che caratterizza questo lavo­<br />

ro sta nel fatto che l'Autore, dopo avere condotto una distinzione tra pen­<br />

siero (elemento con il quale si conosce la natura <strong>del</strong>le cose, per mezzo di<br />

condizioni esterne e <strong>del</strong> nostro libero arbitrio) e mente (facoltà per la quale<br />

l'uomo si distingue da tutti gli altri esseri viventi) afferma che il primo, il<br />

cui fine consiste nel renderci in grado di scegliere tra il vero ed il falso ed<br />

il certo e l'incerto, è un'operazione <strong>del</strong>la mente. "La facoltà per la quale<br />

l'uomo si distingue da tutti gli esseri <strong>del</strong>la natura ed a loro sovrasta, la più<br />

nobile e la maggiore di quante per avventura adornano la natura umana la<br />

mente; e chiamasi pensiero l'operazione <strong>del</strong>la mente per cui si conosce e si<br />

scerne il vero dal falso, il bene dal male, il certo dall'incerto" (I, I, 3).<br />

Poco più oltre egli ribadisce che: "Quel che per il presente scopo fa<br />

d'uopo avvertire e bene intendere si è che il pensiero è un'operazione...,<br />

in parte dipendente da condizioni esterne, ed in parte soggetta al nostro<br />

libero arbitrio: il che in altri termini significa che l'operazione <strong>del</strong>la mente,<br />

in virtù <strong>del</strong>la quale si acquista la conoscenza <strong>del</strong>le cose or è naturale e<br />

spontanea, ora è volontaria e libera. Questa importante distinzione circa<br />

il doppio modo di pensare si rileva facilmente per poco che si consideri<br />

l'origine <strong>del</strong>le cognizioni umane. Egli è un fatto che nessuno può negare<br />

o mettere in dubbio, che molte verità o molte idee sono <strong>nella</strong> nostra<br />

mente, senza che noi avessimo avuto l'intenzione di acquistarle: tali sono<br />

quelle che sono venute per mezzo <strong>del</strong> linguaggio, degli ammaestramenti<br />

civili e religiosi..., dall'aspetto esteriore..." (I, I, 5). Non solo, ma si sotto­<br />

linea che per lo studio <strong>del</strong>la conoscenza occorre prendere l'avvio dall'ana­<br />

lisi <strong>del</strong> concetto di volontà, il quale risulta primario, per il fatto che è<br />

specifico <strong>del</strong>la natura di ogni soggetto. Infatti "... sono scarse, imprecise,<br />

vaghe, indeterminate, insufficienti ed a soddisfare l'ingenito desiderio di<br />

conoscere la verità, ed a renderci padroni <strong>del</strong>le forze naturali per farle<br />

servire ai nostri bisogni. Quindi è, che quando la nostra mente si è in<br />

qualche modo svolta naturalmente, e per l'età, e per i bisogni che crescono<br />

coli'età, più vivo si è fatto il desiderio di conoscere ciò che ci circonda,


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 89<br />

noi, tra le altre cognizioni, acquistiamo e quella <strong>del</strong>la nostra ignoranza, e<br />

quella di essere capaci di per noi medesimi, cioè senza aspettare che l'oc­<br />

casione ci venga dall'esterno, di sforzare la nostra propria mente ad inve­<br />

stigare ciò che crediamo essere necessario ed utile a sapere. Egli è mani­<br />

festo che quando siamo noi stessi che ci poniamo a cercare la verità, il<br />

pensiero, e la cognizione che ne consegue, sono volontari e liberi" (I, I, 6).<br />

Quando allora si ricerca qualcosa che non si conosce, occorre almeno<br />

sapere se il procedimento che si attua è deputato a condurre al fine, che<br />

il soggetto si è preposto. Questo significa che lo studioso conosce a-priori<br />

le classi a cui appartengono gli oggetti considerati, nonché alcune proprie­<br />

tà degli stessi ed inoltre che ad ogni classe corrispondano diverse opera­<br />

zioni mentali. Ora la <strong>Logica</strong> è quella scienza che ci dice come queste due<br />

caratteristiche si correlino e siano riconducibili a precise leggi.<br />

La <strong>Logica</strong> non è allora da intendersi come un'arte di pensare e nep­<br />

pure un abito per pensare bene, ma come una conoscenza ed un'esposi­<br />

zione dei principii razionali da cui dipende la perfezione "<strong>del</strong>l'abito".<br />

Pertanto l'obiettivo <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> concernerà il seguente interrogativo:<br />

"qual'è tra tutte le verità che naturalmente conosciamo, quella da cui<br />

dipende l'evidenza e la certezza <strong>del</strong>le altre?" (I, II, 13).<br />

Certamente la <strong>Logica</strong> ha carattere di universalità, ma non è scienza<br />

prima: è il principio di evidenza in sé e per sé. Ma che significa il termine<br />

"evidente"? Per Barbera vi sono tre tipi di evidenza: di pensiero, di fatti<br />

esterni, di ciò "che accade dentro di noi" (I, XVII, 170). Ognuna di queste<br />

ha caratteristiche precise: "Come deriviamo in prima un fatto prodotto dal<br />

pensiero, ad esempio, un triangolo: manifesta cosa è che noi vediamo nel<br />

triangolo ciò che vi abbiamo posto, cioè tre lati che chiudono lo spazio. La<br />

relazione tra il triangolo ed i tre lati che chiudono lo spazio è evidente, cioè<br />

tale che noi non possiamo negare di vederla, dimanieraché se la negassimo,<br />

saremmo certi di negare quello che noi colla mente abbiamo fatto... sicché<br />

si può dire che questa specie di evidenza consiste <strong>nella</strong> presenza immediata<br />

<strong>del</strong>la mente ai fatti suoi medesimi" (I, XVII, 171). "... La seconda [eviden­<br />

za] si rende presente allo spirito per mezzo dei sensi. Ma comecché per lo<br />

intermedio dei sensi ella penetri nello spirito, l'evidenza dei fatti esterni<br />

non è meno efficace degli altri, anzi per la generalità degli uomini è la più<br />

efficace; onde procede quella tendenza irresistibile <strong>del</strong> nostro animo ad<br />

affermare, senza esitare un istante, tutte quelle relazioni che sono illustrate<br />

dall'evidenza propria dei fatti esterni" (I, XVII, 173). "[Infine] non resta<br />

che chiamare evidenti quelle verità che si veggono durante il tempo <strong>del</strong>lo<br />

svolgimento spontaneo. Così questo termine indeterminato, evidente, può


90 CAPITOLO PRIMO<br />

applicarsi solamente a quelle relazioni, che non possiamo conoscere ed<br />

affermare mentre la nostra intelligenza si svolge sotto il sapiente indirizzo<br />

<strong>del</strong>la natura, e non <strong>del</strong>la nostra volontà. In altri termini, tutti i giudizi<br />

spontanei od intuitivi, come altri li chiamano, sono evidenti immediata­<br />

mente. Tutte le altre relazioni debbonsi tenere per oscure, finché per mez­<br />

zo <strong>del</strong>la riflessione non siano fatte palesi" (I, XVII, 177).<br />

Il rapporto tra <strong>Logica</strong> e Psicologia è pertanto ridotto ad un'attività di<br />

costruzione che l'individuo compie grazie alla contemporanea e mutua<br />

interazione tra le proprie attività mentali e l'ambiente esterno. "La mente<br />

ed il sentimento sono i due soli mezzi di che è fornito il nostro spirito per<br />

conoscer le cose [ed è difficile] fare [intendere] completamente qual parte<br />

abbia ciascuna di queste due facoltà nel produrre in noi la conoscenza<br />

<strong>del</strong>la natura, e più difficile ancora rintracciare i legami interni che le con­<br />

giungono nell'atto conoscitivo che ha per obietto l'esterna realtà... Queste<br />

sottili ricerche sono di pertinenza <strong>del</strong>la Psicologia, anziché <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>"<br />

(II, <strong>XIX</strong>, 200).<br />

Stabilire la necessità di relazione tra esperienza soggettiva interna e<br />

realtà oggettiva esterna, ponendole in un rapporto interattivo, è allora il<br />

suggerimento che Barbera fornisce per comprendere come si formino le<br />

nostre conoscenze. Poco più oltre egli chiarisce assai bene la sua posizio­<br />

ne: "L'atto <strong>del</strong>la mente che conosce per mezzo dei sensi si chiama perce­<br />

zione, e la conoscenza che ne acquistiamo, esperienza: la percezione,<br />

quindi, è l'operazione fondamentale, la base unica e necessaria di tutte le<br />

nostre cognizioni naturali; e l'esperienza è quella che contiene i principii,<br />

e determina i metodi legittimi per acquistare tali cognizioni... Dicendo che<br />

la percezione è l'operazione fondamentale per cui si acquista la cognizione<br />

<strong>del</strong>la natura non dovete intendere, come fanno certuni, in un significato<br />

stretto la nostra proposizione, quasi che ogni cognizione <strong>del</strong>la natura<br />

dovesse essere sperimentale. Imperocché la nostra mente è una potenza<br />

ragionatrice e deduttiva, capace di scorgere i rapporti tra ciò che perce­<br />

pisce per mezzo dei sensi con quello che non percepisce; onde può affer­<br />

mare e credere a fatti, i quali awegnacché non siano percepiti, hanno una<br />

relazione necessaria con quelli che per esperienza sono conosciuti... Que'<br />

naturalisti che restringono tutte le scienze <strong>del</strong>la natura negli stretti confini<br />

<strong>del</strong>l'esperienza, e che empirici sono appellati, non sono meno perniciosi al<br />

progresso <strong>del</strong> sapere di quelli altri, che tutto vogliono ricavare dalle loro<br />

idee" (II, <strong>XIX</strong>, 201-202).<br />

In questo senso la <strong>Logica</strong> inventiva è una forma di adattamento che<br />

deve necessariamente attuarsi tra l'individuo ed il mondo fisico: si tratta, in


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 9 1<br />

altri termini, di un prodotto e non di un qualcosa di dato. Rispetto a coloro<br />

che mettevano in evidenza la componente organizzativa <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, la<br />

quale doveva, in altri termini, favorire una strutturazione <strong>del</strong>la mente volta<br />

al raggiungimento <strong>del</strong>le verità prime <strong>del</strong> sapere, la componente adattiva è<br />

ora anch'essa elevata a rango primario. "Noi non potremmo percepire le<br />

cose esterne se... l'impressione ch'esse fanno sugli organi <strong>del</strong>la sensibilità<br />

non fosse da noi sentita come un'azione, che la mente indi rapporta ad una<br />

causa diversa da quelle che fanno parte <strong>del</strong> nostro corpo. Toccando colla<br />

mano questo tavolo, io sento <strong>nella</strong> mano una resistenza, che colla mente<br />

riferisco al tavolo come a cosa da me diversa ed indipendente. La perce­<br />

zione consiste propriamente in quest'atto intellettuale, il quale come si<br />

vede, sarebbe impossibile se non fosse preceduto, o se vuoisi, accompagna­<br />

to da un'azione sentita nell'organo <strong>del</strong>la sensibilità" (II, XXI, 223).<br />

La rilevante presenza di temi riconducibili a studi di matrice biolo-<br />

gista non giunge però, almeno nell'Autore in questione, ad eliminare il<br />

ruolo, certamente positivo che la filosofia ancora possiede. Infatti i risul­<br />

tati cui il soggetto può giungere, attraverso le proprie attività mentali, non<br />

sono necessariamente legati ad oggetti od a processi empirici e, dunque,<br />

non sono riducibili né riconducibili esclusivamente alla scienza <strong>del</strong>la na­<br />

tura. Per l'Autore vi sono fenomeni che non sono rinviabili né all'imme­<br />

diata percezione e neppure a ragionamenti che si fondano su quest'ultima.<br />

Se infatti il punto di partenza deve essere l'esperienza, occorre però am­<br />

pliarla. "I fenomeni sono fatti individuali, esistenti in una parte <strong>del</strong> tempo<br />

e <strong>del</strong>lo spazio, variabili, passeggeri e corruttibili; e la cognizione che di<br />

loro possiamo avere, oltre di essere particolare e ristretta, ..., non è più<br />

propriamente cognizione, sì bene memoria di ciò che si conobbe" (II,<br />

XXVI, 353-354). In questo caso allora si devono ricercare «i modi pos­<br />

sibili di essere dei fenomeni » (506) ed è questo un compito spettante<br />

all'ontologia e non certo all'esperienza immediata.<br />

Si precisano, in tal modo, i motivi che spiegano le polemiche che<br />

Barbera sostiene contro i positivisti più ortodossi, ribadendo che la spe­<br />

culazione nel campo scientifico non deve essere considerata mutile, se si<br />

tiene valida la condizione di riuscire a ricavare la verità <strong>del</strong>le ipotesi,<br />

dapprima astrattamente ed in seguito col processo di induzione. "I posi­<br />

tivisti... avendo una visione confusa ed inadeguata, ..., non accettano una<br />

speculazione di ipotesi possibili e [la] spacciano come cagione potentissi-<br />

ma di errori e di ostacoli al progresso <strong>del</strong> sapere" (II, XXXIV, 507). In tal<br />

modo, a suo avviso, questi studiosi limitano la conoscenza, "anche se<br />

qualche volta hanno ragione" (ibidem).


92 CAPITOLO PRIMO<br />

Ma, dato che occorre preporre il concetto di invenzione a quello di<br />

dimostrazione, allo stesso modo, egli si schiera contro la <strong>Logica</strong> aristote­<br />

lica e scolastica, affermando che non la si deve più intendere adeguata<br />

rispetto al progresso avuto dalle scienze. Ed è il suo approccio critico<br />

verso le precedenti produzioni logiche, più che non un suo originale con­<br />

tributo, ciò che motiva la natura pratica <strong>del</strong> suo lavoro. Un esempio lo<br />

possiamo trovare <strong>nella</strong> presentazione <strong>del</strong>la natura <strong>del</strong> giudizio: egli si di­<br />

chiara d'accordo con la ripartizione in analitici e sintetici fatta da Kant, ma<br />

non è questo, a suo avviso, il punto più importante. I giudizi, comunque<br />

li si voglia ripartire, non sono né affermare né negare (Aristotele), non<br />

sono paragonare tra loro idee (tesi attribuita a filosofi francesi che, tutta­<br />

via, non sono nominati), non è la relazione tra due fenomeni (J. S. Mili)<br />

e neanche un rapporto tra fatto ed idea (A. Rosmini). Un giudizio è invece<br />

il rapporto che sempre si stabilisce tra qualsiasi termine, sia questo reale<br />

che mentale, per favorire una sua applicazione, ovvero per potere rendere<br />

meglio attuabile un'invenzione.<br />

Queste posizioni presentano certamente <strong>del</strong>le novità rispetto al sape­<br />

re comune <strong>del</strong> periodo e precedono più organiche presentazioni di un<br />

rapporto maggiormente costruttivo tra <strong>Logica</strong> e Psicologia. Soprattutto<br />

interessante è il tentativo di farle confluire in una prospettiva tesa a con­<br />

siderare il principio di adattamento come chiave di volta per comprendere<br />

la formazione e la costruzione <strong>del</strong> sapere e dei modi con cui questa si<br />

realizza. Il legame con alcuni retaggi speculativi lo ritroviamo invece an­<br />

cora presente quando si rimandano a tematiche ontologiche, dunque<br />

metafisiche, lo studio <strong>del</strong>la natura di alcuni accadimenti, non ritenendoli<br />

pertanto come anch'essi costruiti dal soggetto.<br />

Le critiche rivolte alla sillogistica saranno poi riprese in modo ancora<br />

più pungente da G. Bellavitis 71 (Sulla <strong>Logica</strong>. Discorso Accademico, 1874<br />

[XVIII, 321-341]), e verteranno in generale sul fatto che un uso troppo<br />

rigoroso <strong>del</strong>la stessa arresti lo sviluppo <strong>del</strong>le scienze piuttosto che favorir­<br />

lo. Infatti se in luogo di una trattazione fondata sulla sillogistica « nei licei<br />

71 Giusto Bellavitis (1803-1880). Di origini nobili, dopo una prima istruzione<br />

ricevuta dal padre, si dedica agli studi matematici. Nel 1840 diviene membro pensio­<br />

nato <strong>del</strong>l'Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti. Nel 1843 insegna Matematica e<br />

Meccanica in un liceo di Vicenza e nel 1845 diviene professore di Geometria descrittiva<br />

all'Università di Padova. Sempre a Padova nel 1867 ottiene la cattedra di Algebra<br />

complementare e nel 1869 è socio onorario <strong>del</strong>l'Accademia nazionale dei Lincei. Tra i<br />

suoi lavori II calcolo <strong>del</strong>le equipollenze (1835) ed una serie di articoli (oltre 140), apparsi<br />

tra il 1838 ed il 1876, sulle Memorie <strong>del</strong>l'Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 93<br />

si insegnassero bene le nozioni fondamentali <strong>del</strong>la matematica, [...] io<br />

credo che non si arresterebbe alcun giovine, che potesse divenire uno<br />

scienziato od anche un letterato, non esclusivamente parolajo » (325). Al<br />

contrario, si sottolinea come ogni ricerca debba essere pragmaticamente<br />

valida e coerente: per questo occorre fare propria una ricerca psicologisti­<br />

ca di tipo empirico, tesa alla costruzione di "oggetti" utili alla conoscenza,<br />

e si indica in Bacone colui al quale ci si deve rifare. Se inoltre non si danno<br />

precisi significati alle parole <strong>del</strong>le quali si fa uso si rischia di rendere<br />

aleatorie le stesse tecniche <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>: la deduzione, ad esempio, sarebbe<br />

solo un semplice procedere per analogia, che produrrebbe risultati non<br />

certo di grande utilità per la ricerca.<br />

Anche se non motivata con toni forti come gli A. precedenti una<br />

presentazione che, in ogni caso, richiama quelle citate è riscontrabile anche<br />

in Annibale Chiarolanza (Lezioni di logica, metafisica ed etica, 1869) 72 . La<br />

<strong>Logica</strong> ha « l'ufficio di porci nel grado di sapere in che maniera lo spirito<br />

umano, comunicando con l'oggetto pensabile, ne acquisti una cognizione<br />

certa e sicura; e, distinguendo il vero dal falso, possa con eguale certezza<br />

comunicarla ad altri» (13). Siccome si tratta <strong>del</strong>la «scienza <strong>del</strong>l'arte <strong>del</strong><br />

pensiero riflesso... le operazioni <strong>del</strong>lo stesso vengono ordinate al vero »<br />

(15). Se allora, per un verso, ha le proprie basi <strong>nella</strong> Metafisica, perché « i<br />

canoni logici sono un'applicazione dei processi ontologici» (15), per un<br />

altro verso assolve alla funzione di aiutarci a comunicare il vero, ossia<br />

« difendendolo da ogni aggressione sofistica, facendo le cerne dal vero e<br />

dal falso, e ponendo in chiaro le lacune ed i vizii <strong>del</strong>l'errore » (16). Egli<br />

affermerà che la Psicologia, che comprende studi sulla percezione, la rifles­<br />

sione e la convinzione, è una semplice componente, seppure la prima, <strong>del</strong>la<br />

<strong>Logica</strong> inventiva, come lo sono, in un secondo momento, anche i problemi<br />

di studio <strong>del</strong> linguaggio (grammatica, fonetica), nonché i problemi di spe­<br />

rimentazione (osservazione e percezione). E la <strong>Logica</strong> inventiva, ha la fun­<br />

zione "pedagogica" di presentare una serie di norme che definiscano e<br />

<strong>del</strong>imitino le caratteristiche <strong>del</strong> pensiero corretto, partendo dal presuppo­<br />

sto che l'uomo si adegua e riconosce istintualmente il vero, anche se a volte<br />

deve sospendere il giudizio (dubbio, probabilità, opinione), per non cadere<br />

nell'errore. Al contrario, per formulare ipotesi corrette, occorre che queste<br />

siano reali, positive, semplici ed atte a spiegare i fenomeni cui si riferisco-<br />

72 Si conoscono altri due lavori <strong>del</strong>l'Autore in questione e, precisamente, Elemen­<br />

ti di filosofia secondo le dottrine di Vincenzo Gioberti (1861) ed Saggio di un nuovo<br />

diritto universale secondo i principii <strong>del</strong> vero ontologismo (1869).


94 CAPITOLO PRIMO<br />

no, avere la caratteristica <strong>del</strong>la certezza, vale a dire lo « stato <strong>del</strong>lo spirito<br />

umano in cui esso afferma... l'informazione <strong>del</strong>la nostra mente alla verità<br />

obiettiva » (73).<br />

Un'ulteriore critica alla sillogistica, intesa come unica <strong>Logica</strong> possibile,<br />

è riscontrabile anche nell'opera di A. Gravaghi 73 (<strong>Logica</strong> e filosofia raziona­<br />

le, 1866). La componente inventiva è qui più celata, nel senso che non viene<br />

dichiarata espressamente, ma si manifesta tuttavia nel corso <strong>del</strong> lavoro. Egli<br />

sostiene che la <strong>Logica</strong> è arte di ragionare, ovvero conoscenza dei principi<br />

generali sui quali si basano le leggi direttive di ogni riflessione. Tuttavia egli<br />

rivolge una serrata critica alla sillogistica, per il fatto che la <strong>Logica</strong> deve<br />

intendersi come arte di ragionare, ovvero come la conoscenza dei principi<br />

generali sui quali si basa la riflessione e che hanno il fine di rendere "pra­<br />

tici", nel rapporto con gli altri individui, gli insegnamenti che tale disciplina<br />

propone. Questi principi si fondano sull'analisi <strong>del</strong> Soggetto ed hanno come<br />

intento di osservare se in esso è contenuto tutto (o solo in parte) il Predicato.<br />

Il metodo che l'A. propone per assolvere a tale compito è abbastanza<br />

curioso e fa trapelare, in ogni caso, l'impostazione psicologistica con cui<br />

affronta il problema. Ad esempio l'asserzione "l'uomo è un essere socievo­<br />

le" non è inizialmente accettabile nel senso che si tratta di una proposizio­<br />

ne che noi non possiamo accogliere acriticamente, senza averla preceden­<br />

temente esaminata. Occorre infatti un'accurata analisi <strong>del</strong>la natura <strong>del</strong>l'uo­<br />

mo e sarà questa a fare emergere come gli esseri umani siano spinti alla<br />

verità ed alla virtù (predicato). La tendenza <strong>del</strong> soggetto ad un bene comu­<br />

ne è identica nel predicato: solo a questo punto possiamo dire che l'uomo<br />

è naturalmente socievole. Il sillogismo per l'A. non permette di conoscere<br />

quali sono le proposizioni a cui ci si deve rifare per poter dedurre la verità:<br />

al limite, può ordinare il lavoro <strong>del</strong>la mente, ma nulla più.<br />

Concludiamo questo settore richiamando un Autore (G. M. Berti-<br />

ni 74 , Introduzione ad un corso di Filosofia, 1867 e, soprattutto, <strong>Logica</strong>,<br />

73 Alessandro Gravaghi (1834-1893), fu un sacerdote predicatore che nel 1859<br />

abbandonò la chiesa per combattere al fianco di Garibaldi. Fu professore nel liceo di<br />

Recco e scrisse in particolare a proposito <strong>del</strong> modo in cui si dovesse insegnare la<br />

filosofia in Italia.<br />

74 Giovanni Maria Bertini (1818-1876), inizia gli studi a Carmagnola e nel 1835<br />

giunge a Torino dove rimane fortemente colpito dal teismo mistico di Luigi Ornato.<br />

Nel 1847 gli viene assegnata la cattedra di Storia <strong>del</strong>la Filosofia (primo anno che tale<br />

disciplina compare all'Università di Torino) che terrà sino alla morte. Dal 1854 è<br />

membro residente <strong>del</strong>la Reale Accademia <strong>del</strong>le Scienze di Torino. Tra le sue pubblica­<br />

zioni ricordiamo anche: La questione religiosa (1852 dialoghi), Storia <strong>del</strong>la filosofia<br />

moderna (1881 - postumo).


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 95<br />

1880 75) che, come tutti quelli sinora esaminati in questo punto, si dichia­<br />

rano favorevoli all'acccttazione degli stessi principi costruttivi, ma non<br />

giunge però a mettere in discussione il valore <strong>del</strong>la sillogistica, che ancora<br />

conserva una sua utilità. Come gli altri, invece, egli si colloca su una<br />

posizione contraria alle tesi <strong>del</strong> positivismo per il fatto che in questa cor­<br />

rente vede pochi vantaggi e molte contraddizioni.<br />

Il suo intento è manifestamente quello di servirsi <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> per<br />

liberarsi <strong>del</strong>le erronee dottrine che, in quel tempo, a suo avviso, impregna­<br />

vano negativamente il classico sapere filosofico (lo psicologismo di J. S.<br />

Mili manca, per l'A. di una solida base razionale). Ma il suo tentativo è<br />

ancor più radicale, e per G. Gentile (op. cit.) addirittura eccessivamente<br />

progressista rispetto quello di altri.<br />

Sia G. Gentile (1921) che C. Cantoni (1869) ritengono che anche<br />

nell'ultima fase <strong>del</strong>la sua produzione, questa sia rimasta di stampo teisti­<br />

co. La componente progressista di cui parla G. Gentile, è dovuta al fatto<br />

che, rispetto all'Ornato 76 , il quale sosteneva una fattispecie di teismo mi­<br />

stico, che si fondava sul contatto diretto <strong>del</strong>l'anima con Dio, (ovvero so­<br />

pra un "intuito" <strong>del</strong>l'Infinito reale), egli passa progressivamente ad un<br />

teismo razionale e tende a sviluppare un sistema propriamente filosofico.<br />

Questa posizione lo porta all'abbandono di assunti limitati e dogmatici ed<br />

anzi, in luogo di trincerarsi dietro l'acritica acccttazione di dogmi o prin­<br />

cipi indubitabili (ad esempio quello <strong>del</strong>la fede), si sforza di collegare il<br />

suo studio richiamandosi alle esperienze ricavate dalle scienze <strong>del</strong> perio-<br />

75 Malgrado il testo sia stato pubblicato nel 1880 fu scritto tra il 1857 ed il 1860<br />

(G. M. Bertini muore il 13 ottobre 1876) ed appartiene all'insieme <strong>del</strong>le opere postume<br />

pubblicata da A. Capello. Pure essendo stato per C. Cantoni, che con lui si formò,<br />

(1878 - si veda bibliografia generale) uno dei più acuti ingegni <strong>del</strong>la <strong>cultura</strong> piemontese<br />

e, malgrado i modi diversi con cui furono lette le sue opere, anche se fu tenuto in<br />

grande considerazione da G. Gentile e P. Gobetti, i suoi lavori non ebbero mai un'ec­<br />

cessiva divulgazione. Il tentativo di G. Gentile di ripresentare alcuni suoi lavori, inse­<br />

rendoli <strong>nella</strong> collana <strong>Studi</strong> Filosofici da lui diretta (nel 1933 fu pubblicato Idee di una<br />

Filosofia <strong>del</strong>la Vita con l'aggiunta di Scritti inediti) non ebbe il successo sperato. Per­<br />

tanto l'intento di pubblicare altri suoi lavori <strong>nella</strong> stessa collana non ebbe seguito e gli<br />

scritti di Bertini furono collocati in secondo piano quando addirittura non furono<br />

completamente dimenticati. Occorre ricordare che G. M. Bertini, insieme a T. Mamiani<br />

nonché a M. Ceppino e P. Boselli si cimentò assai a lungo anche in campo pedagogico<br />

ed elaborò un progetto di riforma <strong>del</strong>la scuola secondaria che prevedeva un'unicità<br />

<strong>del</strong>la stessa limitatamente al primo grado. Il suo progetto, come quello degli altri Autori<br />

citati, non arrivò però in Parlamento.<br />

76 Luigi Ornato (1787-1842) fu un filosofo ed un letterato piemontese attivo nel<br />

secondo e terzo decennio <strong>del</strong> secolo <strong>XIX</strong> dal quale G. M. Bertini fu inizialmente assai<br />

influenzato.


96 CAPITOLO PRIMO<br />

do: a tale proposito dedica un importante settore <strong>del</strong>la sua opera alla<br />

teoria <strong>del</strong>l'inventare e <strong>del</strong>l'insegnare e, per questo, rifiuta ogni forma ra­<br />

dicale di apriorismo. Anche evitando in modo accurato di basare il suo<br />

lavoro sullo studio <strong>del</strong>l'esperienza <strong>del</strong> soggetto, non esita ad accennare al<br />

valore di questa già nell'Introduzione <strong>del</strong> testo in questione (op. cit.,<br />

1867). Anche se ribadisce però che il momento centrale <strong>del</strong> suo scritto è<br />

da ricercarsi nelle definizioni <strong>del</strong>l'Idea e <strong>del</strong> Concetto, sostiene che un tal<br />

fatto possa più facilmente accadere se ci formiamo <strong>del</strong>le possibilità di una<br />

loro rappresentazione. È questo, infatti, il mezzo che ci consente di pro­<br />

durre le definizioni, elemento insostituibile per le nostre costruzioni<br />

scientifiche.<br />

Già in Idea di una filosofia <strong>del</strong>la vita (1852) accennava a questi temi,<br />

ribadendo il ruolo primario che il concetto di definizione riveste per la<br />

costruzione di un sistema. Ogni definizione, per l'A., comporta sempre un<br />

triplice aspetto: ontologico, logico, morale. Ed è in loro virtù che noi<br />

siamo in grado di considerare unitariamente vari concetti parziali. Ad<br />

esempio, al livello ontologico, la filosofia è scienza <strong>del</strong>l'ente, scienza <strong>del</strong>le<br />

cause; a livello logico è invece la scienza <strong>del</strong>le ragioni ultime, <strong>del</strong>le verità<br />

prime, la « teoria <strong>del</strong>le scienze [...] derivata nelle sue conseguenze relative<br />

alla conoscenza » (27); a livello morale è invece « la medicina <strong>del</strong>l'anima »<br />

(ibidem) e la scienza <strong>del</strong>la vita. Ora essendo il ruolo <strong>del</strong>la definizione non<br />

ristretto soltanto all'aspetto concettuale, ma anche a quello rappresentati­<br />

vo, ovvero comprendente una partecipazione attiva <strong>del</strong> soggetto nei con­<br />

fronti di ciò in cui s'imbatte, emerge anche una valenza psicologica. In<br />

effetti il soggetto partecipa attivamente e costruttivamente alla decodifica<br />

ed all'interpretazione dei messaggi, <strong>del</strong>le informazioni, che gli provengono<br />

dall'esterno ed è quindi in grado di manipolarle meglio.<br />

A tale proposito l'A. (in <strong>Logica</strong>, op. cit.) è assai chiaro. La caratteri­<br />

stica soggiacente a questi messaggi è infatti quella di poter essere in grado<br />

di darci una rappresentazione visiva di quello che ci si accinge a fare. Lo<br />

schema che egli propone per attuare un simile obiettivo (ed è questo ciò<br />

che egli chiama "<strong>Logica</strong>") concerne:<br />

a) il mettere in chiaro il contenuto di ciò che si conosce (definizione), e<br />

b) l'accrescere questo contenuto (argomentazione).<br />

Al punto b) egli fa corrispondere due operazioni <strong>del</strong> pensiero:<br />

e) illustrare correttamente il genere <strong>del</strong> soggetto di indagine (necessità)<br />

d) ampliare quello che già si conosce (possibilità immediata e/o<br />

mediata).<br />

L'A. esemplifica queste due operazioni, attraverso tre proposizioni:


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 97<br />

a.l) "II prodotto di due fattori non si altera mutandone l'ordine"<br />

(necessità);<br />

a.2) "In un triangolo rettangolo il prolungamento di un cateto oltre<br />

il vertice <strong>del</strong>l'angolo retto, fa angolo retto con l'altro cateto" (possibilità<br />

immediata);<br />

a.3) "Primo teorema di Euclide (possibilità mediata).<br />

Il lavoro di G. M. Berlini abbonda di simili esempi, ricavati dall'arit­<br />

metica e dalla geometria elementare, perché il suo scopo è "fare vedere"<br />

determinati principi o concetti che, in caso contrario, richiederebbero un<br />

lungo e gravoso impegno per la loro comprensione. In altri termini l'Au­<br />

tore, che non pretende di escludere la possibilità di un universo formale,<br />

dotato di propri principi e regole, ritiene tuttavia che un approccio alle<br />

scienze che faccia ricorso a rappresentazioni mentali <strong>del</strong>le osservazioni, e<br />

poi ad immagini mentali <strong>del</strong>le stesse, sia senza dubbio più produttivo. Un<br />

simile bisogno di esemplificazioni (e di semplificazioni) lo conduce a trat­<br />

tare in questi modi anche figure sillogistiche derivate quali l'epicherema,<br />

il sorite, l'entimema. Emerge, anche in questo caso, un intento pedagogico<br />

che, a volte (come fa notare a proposito G. Gentile, il quale però non<br />

nasconde una favorevole accoglienza alle sue opere), corre il rischio di<br />

semplificare eccessivamente gli argomenti trattati, quando invece merite­<br />

rebbero di essere discussi in modo più particolareggiato e, soprattutto,<br />

esaustivo.<br />

5.2.4. <strong>Logica</strong>, ovvero strumento "per vedere" ciò che si percepisce <strong>del</strong>la realtà.<br />

Rispetto a queste posizioni, che non sono certamente numerose nel<br />

periodo da noi esaminato, quella che invece è assai più frequente possia­<br />

mo ritrovarla nei lavori di P. Tarino 77 (Istituzioni elementari di <strong>Logica</strong> e<br />

Metafisica <strong>del</strong> professar Pietro Tarino, 1874). L'Autore afferma che il pen­<br />

siero è di per sé incoerente e superficiale: occorre pertanto la <strong>Logica</strong> per<br />

farci "ben pensare" e porre norme per "ben ragionare". Se la Metafisica<br />

stabilisce le norme direttive <strong>del</strong> pensiero e <strong>del</strong>l'azione, mentre l'Ontologia<br />

ha il compito di farci evitare gli errori nelle scienze, la <strong>Logica</strong> (e l'Etica)<br />

sono discipline "pratiche" e sono "in ordine al vero ed al bene": compren-<br />

77 Filosofo piemontese che pubblicò gran parte dei suoi lavori a Biella. Il periodo<br />

<strong>del</strong>la sua produttività letteraria è compreso tra il 1862 ed il 1897. Ricordiamo tra i suoi<br />

lavori: Istituzioni di filosofia morale (1862), La <strong>Logica</strong> (1872 - discorso), Problemi fon­<br />

damentali <strong>del</strong>le scienze (1878), Compendio e quasi midollo di tutta la filosofia cioè logica,<br />

metafisica, etica e storia (1895).


98 CAPITOLO PRIMO<br />

de in sé anche l'Antropologia sperimentale (operazioni <strong>del</strong>l'anima) e la<br />

Psicologia razionale che, insieme alla teologia naturale ed alla cosmologia,<br />

ci consentono di cogliere i vari aspetti <strong>del</strong>l'ordine <strong>del</strong>l'Universo. In questo<br />

senso, allora, non può trattarsi di una disciplina solo formale, ma deve<br />

anche essere "materiale", per il fatto che tratta non solo <strong>del</strong>le norme, ma<br />

pure degli oggetti a queste legati. Siamo di fronte ad un qualcosa che ci<br />

presenta, o meglio ci rappresenta, quelle che sono le interazioni tra il<br />

soggetto e l'oggetto e, pertanto, ci mostra quali sono gli altri atti che si<br />

devono compiere per accostarsi a tutte le altre conoscenze e ci indica quali<br />

sono le differenti strategie cognitive che dobbiamo adottare (si veda anche<br />

Gap. II 6.1.5. e Gap. Ili C).<br />

G. Puccianti 78 invece (Elementi <strong>del</strong>la logica generale di Alessandro<br />

Paoli, 1867 - per l'opera di A. Paoli si veda cap. II) 79 -, sostiene che la<br />

<strong>Logica</strong> è una scienza di osservazione « che anco i pensieri son fatti, ed i<br />

fatti si debbono osservare, non già immaginare » (402): proprio per que­<br />

sto, deve staccarsi completamente dalle «nebbie hegeliane» (391) e dai<br />

« filosofi positivisti » (ibidem). La differenza fondamentale è che questo<br />

gruppo di autori valuta la <strong>Logica</strong> come avente fini esplicativi ed eventual­<br />

mente descrittivi <strong>del</strong>le facoltà cognitive, ma senza che questo implichi una<br />

componente "didattica" o "pragmatica". Il legame con la Psicologia si<br />

manifesta ancor più chiaramente: la <strong>Logica</strong> investiga le vie che il pensiero<br />

deve compiere per la ricerca <strong>del</strong>la Verità. Questo sta però anche a signi­<br />

ficare che tale disciplina non è il pensiero né lo crea, ma al contrario lo<br />

descrive; non produce le scienze, ma le segue con l'intento di ricercare<br />

« per quali vie e per quali modi si siano formate » (393): non è il pensiero<br />

diretto, ma « è un portato <strong>del</strong> pensiero riflesso » (ibidem). In tal senso la<br />

si deve separare e staccare completamente dalla Metafisica, in quanto deve<br />

esaminare ciò che il pensiero ha bisogno di attuare per raggiungere la<br />

verità. Questo però per l'A. non implica la ricerca di una protologia (si<br />

veda anche F. M. Falco, 1866), come sarà invece per il Gioberti, e neppu­<br />

re <strong>del</strong>la natura <strong>del</strong> pensiero, ma, al contrario, la sua indagine tenderà a<br />

mostrare quali siano le sue principali operazioni. Occorrerebbe, pertanto,<br />

78 Giuseppe Puccianti (1830-1913), nacque a Pisa ed in questa città si laureò in<br />

Filologia ed in Filosofia. Fu professore di Lettere nel liceo Galileo Galilei di Pisa e<br />

successivamente docente di Lettere italiane nell'Università <strong>del</strong>la città toscana. Tra i<br />

molti suoi scritti ricordiamo: La Poesia psicologica (1871), // realismo <strong>nella</strong> Poesia<br />

(1874).<br />

79 II lavoro consiste in un articolo inserito in « Nuova Antologia di Scienze » , VI,<br />

391-406.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 99<br />

approfondire il tema <strong>del</strong>la percezione intellettiva, come fece A. Rosmini,<br />

perché è questo lo strumento più idoneo per separare la <strong>Logica</strong> dalla<br />

Metafisica e fare <strong>del</strong>la Psicologia la materia ad essa più collegata. E que­<br />

st'ultimo è lo scopo principale che la tutta la serie di autori da noi citati<br />

si propose durante questo periodo storico, anche se i risultati non sempre<br />

furono i più soddisfacenti o quelli desiderati ed, a volte, raggiunsero il fine<br />

opposto.<br />

V. Pieralisi (Della filosofia razionale speculativa, 1878) 80 propone<br />

un'organica connessione tra <strong>Logica</strong> e Psicologia, anche se, L. M. Billia<br />

(Tre regole inesatte che si danno comunemente <strong>del</strong> sillogismo, 1889) dirà<br />

che lo fa respingendo, a torto, gli insegnamenti di A. Rosmini. In ogni caso<br />

V. Pieralisi dirà che se l'oggetto <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> è « una scienza <strong>del</strong>le nostre<br />

conoscenze » (31), il suo fine è quello di « ben vedere » (ibidem), poiché<br />

solo a queste condizioni si scopre la verità. La <strong>Logica</strong>, che è la scienza<br />

<strong>del</strong>la « conoscenza <strong>del</strong>le cose nelle loro razioni » (82) è il punto in cui il<br />

sapere giunge solo dopo aver amalgamato le tre facoltà che lo caratteriz­<br />

zano e che sono la Percezione, l'Intelletto e l'Idea.<br />

La prima riguarda il nostro Essere e le cose materiali. L'A. non distin­<br />

gue, come già aveva fatto M. Liberatore nel 1855 (op. cit.), la sensazione<br />

dalla percezione, ma, in compenso, suddivide quest'ultima in interna ed<br />

esterna: ognuna di queste sarà riferita sempre ad oggetti distinti ed è<br />

connotata da differenti modalità di esplicazione.<br />

Parecchie percezioni non sono in grado di darci un'idea <strong>del</strong>l'oggetto,<br />

o <strong>del</strong>la situazione, in cui ci imbattiamo perché avremo solamente una<br />

visione di componenti parziali <strong>del</strong>lo stesso, senza poterne ricavare una<br />

concezione totale. Sarà compito <strong>del</strong>l'intelletto, in virtù <strong>del</strong>la facoltà di<br />

astrazione a lui specifica, ricavare una relazione tra le percezioni, col fine<br />

di fornire una visione unitaria <strong>del</strong>l'oggetto (<strong>del</strong>la situazione) stesso.<br />

Infine si ha l'idea, ultima facoltà cognitiva, che sta alla percezione<br />

come l'effetto sta alla causa, ovvero che inizia quando quest'ultima finisce.<br />

Tutti gli A., da noi posti in 5.2., si preoccupano di tenere ben separati<br />

e divisi i campi di applicazione di <strong>Logica</strong> e Psicologia, anche se si sforzano<br />

di ricondurre tali discipline a comuni presupposti. Sussiste infatti la preoc­<br />

cupazione di mostrare come le due discipline non siano certamente distac-<br />

80 Venceslao Pieralisi. Religioso dei minori riformati concentra le sue pubblicazio­<br />

ni nel periodo tra il 1874 ed il 1883. Tra le sue altre opere, oltre a quelle citate nel testo:<br />

La filosofia razionale pratica, ovvero dei Doveri Naturali (1874), Institutiones logicae ac<br />

metaphysicae (1882), Institutiones philospohiae rationalis praticae, seu de officis natura-<br />

libus (1886 - postumo).


100 CAPITOLO PRIMO<br />

cate tra loro, ma che anzi in esse si possa ritrovare un fondamento comune<br />

alle varie forme <strong>del</strong> sapere. Le posizioni, a questo riguardo, sono le più<br />

disparate e si distribuiscono come un ventaglio assai frastagliato.<br />

Probabilmente una <strong>del</strong>le affermazioni più sfumate, rispetto a quelle<br />

sino a questo momento riportate, la troviamo in G. Amenduni 81 (La logica<br />

<strong>nella</strong> scienza e <strong>nella</strong> vita, 1879). Egli non accetta le conclusioni dei soste­<br />

nitori <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> inventiva, in quanto sono giudicate troppo estremiste,<br />

troppo "staccate" da un vero procedimento di indagine rigorosa, e dun­<br />

que poco attendibili per ciò che concerne i risultati. A suo avviso invece<br />

la <strong>Logica</strong>, ovvero la « scienza <strong>del</strong>le leggi che governano il nostro pensiero<br />

nel riconoscimento <strong>del</strong>le cose » (8), « ha insieme <strong>del</strong>l'oggettivo e <strong>del</strong> sog­<br />

gettivo, <strong>del</strong>l'ideale e <strong>del</strong> reale, <strong>del</strong> formale e <strong>del</strong> materiale » (ibidem). Sic­<br />

come i due errori che hanno accompagnato tale disciplina sono stati, per<br />

l'A., l'idealismo trascendentale kantiano e quello assoluto di Hegel, ne<br />

consegue che essa « ha il suo giusto posto tra la <strong>psicologia</strong> e l'ontologia »<br />

(ibidem) o, usando altri termini certamente meno tecnici ma più compren­<br />

sibili, tra l'anima e l'essere.<br />

A questo punto bisogna trovare uno strumento od indicare una stra­<br />

tegia operativamente valida che ci consenta di saldare tra loro questi due<br />

aspetti essenziali. Per l'Autore è la riflessione lo strumento che ci consente<br />

di accordare soggettività ed oggettività, perché grazie ad essa « in ogni<br />

specie di ragionamento si raggiunge il vero » (9). La collocazione <strong>del</strong>la<br />

<strong>Logica</strong> tra l'empirico e lo speculativo è da intendersi come il tentativo di<br />

ritagliare uno spazio che le permetta una propria produttività e le garan­<br />

tisca una sua specifica autonomia, facendola divenire « la scienza che rac­<br />

coglie e dispone ordinatamente le leggi secondo le quali procedono le<br />

riflessioni » (ibidem) ed attraverso cui « si raggiunge il vero e si evita<br />

l'errore » (ibidem).<br />

Un'analoga correlazione tra <strong>Logica</strong> e Psicologia la troviamo anche in<br />

G. Caroli 82 (<strong>Logica</strong> con nuovo metodo, 1876 - si veda cap. III). A suo avviso<br />

81 Giuseppe Amenduni. Oltre l'opera citata conosciamo solamente: La metafisica<br />

e la scienza (1879).<br />

82 Gian Franco Nazareno Caroli (1821-1899). Entra giovanissimo nell'ordine dei<br />

Minori Conventuali con il nome Giovanni Maria. <strong>Studi</strong>a ebraico e caldaico: nel 1843<br />

entra in contatto con Rosmini (per il quale parteggia <strong>nella</strong> querelle filosofica di quest'ul­<br />

timo con il Gioberti) e si laurea in Filosofia nel 1846 a Bologna nel Collegio di San<br />

Bonaventura. Sempre nello stesso anno diviene membro <strong>del</strong> collegio filosofico-matema-<br />

tico di Ferrara (Università Pontificia). Dopo il 1851 si raccoglie nel convento francesca­<br />

no di Bologna, dedicandosi allo studio <strong>del</strong> magnetismo animale. Nel 1859, quando gli<br />

Austriaci lasciano Bologna, collabora con il Comitato liberale, seppure mantenendosi in


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 101<br />

il principale vantaggio che la scienza ricava dal corretto uso <strong>del</strong> sillogismo<br />

(che per l'Autore non è la sola <strong>Logica</strong>, ma è certamente quella più pura e<br />

sicura) è la certezza, la quale, tuttavia, è un argomento specificatamente e<br />

solamente psicologico. A seconda <strong>del</strong> campo sul quale effettuiamo le no­<br />

stre esperienze, corrisponderanno differenti tipi di certezza: ogni materia<br />

avrà allora la sua <strong>Logica</strong> (ne parleremo più diffusamente nel capitolo III).<br />

In altri termini gli Autori di questo sottogruppo paiono farci un ragiona­<br />

mento <strong>del</strong> genere: tutte le scienze nascono dall'esperienza ma non occorre<br />

molto ad accorgersi che al loro interno vi sono elementi, situazioni, e dun­<br />

que concetti più pregnanti di altri. La <strong>Logica</strong> deve occuparsi di questi<br />

ultimi: ma proprio a causa <strong>del</strong>la loro natura (ricavati e generalizzati tramite<br />

procedimenti empirici) deve lavorare su temi psicologici.<br />

5.2.5. Psicologia generatrice <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> (approcci empirici).<br />

Con gli ultimi due decenni <strong>del</strong> secolo <strong>XIX</strong> la posizione 5.1. tende ad<br />

inglobare la 5.2.1 principi <strong>del</strong>la <strong>cultura</strong> positivistica hanno ora decisamente<br />

preso il sopravvento anche in Italia: si confina tutto quello che non è em­<br />

piricamente verificabile in un universo filosofico o speculativo, col quale è<br />

sempre possibile confrontarsi, a patto di non ritenerlo parte <strong>del</strong>l'attività<br />

scientifica. Si cerca di "spiegare" qualsiasi fatto, facendo ricorso a strumen­<br />

ti e mezzi controllabili e manipolabili empiricamente. Il problema è ora<br />

esaminare come le facoltà cognitive e mentali <strong>del</strong>l'individuo agiscano e si<br />

strutturino e non più quali siano le cause e le ragioni prime di questi acca-<br />

dimenti. Proprio per questo gli Autori <strong>del</strong> periodo tendono, in massima<br />

parte, non solo a postulare una base organica a fondamento di qualsiasi<br />

attività intellettiva, ma affermano anche come quest'ultima si presenti, in<br />

ultimo, come un riflesso, od una conseguenza, <strong>del</strong>la prima. È ovvio che in<br />

una tale situazione i rapporti tra la <strong>Logica</strong> e la Psicologia siano condotti ad<br />

essere <strong>del</strong> tutto ribaltati e, a volte, ad essere addirittura superati. Infatti<br />

anche se nell'ultimo decennio <strong>del</strong> secolo assistiamo ancora al tentativo, per<br />

posizioni sempre moderate: tuttavia questo non gli impedisce di abbandonare l'ordine<br />

religioso cui apparteneva e farsi laico. Dopo avere insegnato Filosofia al liceo Ludovico<br />

Ariosto di Firenze (1860) si fa trasferire al Sud dove insegna al liceo Giannone di Bene-<br />

vento e Giordano Bruno di Maddaloni. Nel 1879 infine approderà al liceo Vittorio<br />

Emanuele di Napoli dove lavorerà sino al termine <strong>del</strong>la sua attività (1888). Egli compose<br />

un vastissimo numero di lavori, ma una posizione filosofica, che possa dirsi tale (natu­<br />

ralismo, psicologismo), comparirà solamente nell'ultimo periodo <strong>del</strong> suo lavoro. Tra le<br />

sue opere oltre quelle citate, ricordiamo: Lezioni di filosofia (Bologna, 1863), Piccola<br />

Psicologia (Napoli, 1878), Neologia (Napoli, 1897), II pensiero filosofico (Napoli, 1899).


102 CAPITOLO PRIMO<br />

altro sempre più limitato, di individuare uno spazio nel quale far interagire<br />

queste due discipline, tuttavia la <strong>Logica</strong> è intesa come una tra le tante<br />

modalità <strong>del</strong> sapere, magari la più perfetta, con cui si esplicitano le strut­<br />

ture primarie di ordine biologico e psicologico, che ogni soggetto possiede.<br />

Un esempio, a tal proposito, ci è fornito da L. Severini 83 (Della <strong>Logica</strong><br />

induttiva nei suoi rapporti colla fisiologia, 1881), il quale rivendicherà come<br />

solo una ricerca che si distacchi da qualsiasi componente metafisica e si<br />

fondi su dati empiricamente controllabili possa realmente dirsi scientifica.<br />

In questo caso l'Autore, che è un medico in accordo con le tesi<br />

positiviste, si rifa esplicitamente a J. S. Mili, E. du Bois Reymond, ed a A.<br />

Bain, ritenendo che occorre intendere i principii generali <strong>del</strong> ragionamen­<br />

to ponendosi ad un livello empirico e che non bisogni confondere que­<br />

st'ultimo con ciò che è invece pertinente alla filosofia.<br />

Il breve trattato (51 pagine) trae spunto da una questione relativa al<br />

principio di ragion sufficiente (G.G. Leibniz) ed alle sue possibili relazioni<br />

con il ragionamento induttivo. A suo avviso questo problema investe una<br />

questione fondamentale di tipo logico, riguardante l'interpretazione <strong>del</strong><br />

principio di causalità e non deve assolutamente richiamarsi a concetti di<br />

natura metafisica come quello di spirito e materia. Ma proprio per questi<br />

motivi, ovvero quando si è in grado di stabilire la disciplina alla quale certi<br />

concetti appartengono e sono a questa pertinenti, non conviene, ed anzi<br />

è dannoso, espandere il loro raggio di applicazione. Ed allora, come oc­<br />

corre attribuire alla <strong>Logica</strong> dei concetti a lei propri e non confondibili con<br />

problemi metafisici, allo stesso modo occorrerà stabilire, una volta per<br />

tutte, quello che appartiene alle materie sperimentali e preservarlo da<br />

contaminazioni speculative. Quando allora si parla di causalità applicata<br />

alla ricerca scientifica sperimentale, questa deve avere nulla a che fare<br />

(non deve essere assolutamente combinata) con il principio di ragion suf­<br />

ficiente. « Noi dobbiamo riconoscere con J. S. Mili che la sola nozione di<br />

causalità, di cui abbisogna la teoria <strong>del</strong>l'induzione, è quella che può essere<br />

acquistata con l'esperienza » (22).<br />

Su posizioni assai simili si porrà anche G. Cesca 84 (L'origine <strong>del</strong> prin-<br />

83 Luigi Severini. Oltre all'opera citata nel testo conosciamo solamente: Sulla<br />

misura <strong>del</strong> tempo e <strong>del</strong>la quantità <strong>nella</strong> vita psichica (1871).<br />

84 Giovanni Cesca (1858-1908), è fautore di un individualismo contrario ad ogni<br />

forma di assolutismo. Si impegna in campo pedagogico sostenendo una polemica vio­<br />

lenta con i testi di J. J. Rousseau. Tra i suoi lavori: L'evoluzionismo di Erberto Spencer<br />

(1883), La dottrina kantiana <strong>del</strong>l'apriori (1884). Inoltre tra il 1884 ed il 1890 compone<br />

vari articoli per la Rivista di filosofia Scientìfica.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 103<br />

àpio di causalità, 1885) il quale, anche se cita le difese che Lange e Schulz<br />

facevano <strong>del</strong>l'apriorismo kantiano, ribadirà la natura sperimentale che un<br />

tale principio deve possedere e, per questo, sarà più opportuno presentar­<br />

lo come « potere efficiente » (58). La sua definizione <strong>del</strong> principio di<br />

causalità, per cui « ogni evento deve avere la sua causa ed esprime quindi<br />

la necessità logica in cui ci troviamo di supporre e di cercare la causa di<br />

ogni fenomeno » (2) e degli elementi che lo compongono (ricerca <strong>del</strong>la<br />

causa soggiacente a nozione di causa e sua determinazione), è, per l'A.,<br />

completamente rinvenibile in J. S. Mili, colui che, a suo avviso, risolse in<br />

maniera corretta la dicotomia teoria/pratica (e, potremmo aggiungere,<br />

<strong>Logica</strong>/Psicologia) che ancora costellava il panorama scientifico. In ogni<br />

caso per l'A. non ci si può limitare, come voleva A. Compte, a studiare la<br />

semplice successione fenomenica, ma occorre anche prendere in esame il<br />

motivo <strong>del</strong>la stessa (tuttavia senza tentare di costruirlo attivamente, ma<br />

limitandosi ad attestarlo).<br />

Solamente in questo caso il principio di causalità riuscirà a cogliere<br />

le leggi fondamentali che stanno alla base <strong>del</strong>l'ordinamento dei fenomeni<br />

(per l'Autore si tratta "<strong>del</strong>l'interno" dei fenomeni) e presiederà a tutte le<br />

loro caratteristiche per renderle oggettive.<br />

Ancor più chiaro sarà il caso di A. Andreasi 85 (Arte logica, 1882) che<br />

ritiene che la <strong>Logica</strong> sia un'arte che estende la propria influenza su tutti<br />

i processi mentali e consiste in un insieme di regole sistematizzate rigoro­<br />

samente con lo scopo di indirizzarci alla verità. Il suo dominio sono le<br />

operazioni mentali e l'obiettivo è quello di controllarle, governarle e diri-<br />

gerle. Non solo, ma se la <strong>Logica</strong> è una facoltà unicamente propria <strong>del</strong><br />

pensiero, il linguaggio « è la sorgente più feconda di errore » (72). Senza<br />

un'adeguata esercitazione propedeutica <strong>del</strong>la mente, che ci preservi dagli<br />

errori dovuti alla memoria, all'immaginazione ed agli stessi sensi, si corre<br />

il rischio di fare confusione tra parola e sostanza con il rischio quindi di<br />

« accusarsi d'errore, quantunque si sia d'accordo <strong>nella</strong> sostanza, perché<br />

non ci si intende sulle parole» (73). Ora, malgrado queste posizioni ed<br />

alcune riflessioni filosofiche che lasciano intrawedere tematiche hegeliane<br />

(la ragione rappresenta infatti l'Assoluto in quanto comprende il Contin­<br />

gente ed il suo opposto il Necessario), l'A. sostiene come sia solamente<br />

85 II periodo <strong>del</strong>la sua produzione letteraria più interessante va dal 1869 al 1884.<br />

Ricordiamo: Brevi risposte al programma di filosofia per gli esami di licenza liceale<br />

(1869), L'educazione <strong>del</strong>la volontà (1879), L'igiene dei sentimenti (1883), Sull'esistenza<br />

di una legge morale (1884).


104 CAPITOLO PRIMO<br />

dalla percezione esterna (ovvero dai sensi) che occorre partire per studiare<br />

tutte le facoltà mentali <strong>del</strong> soggetto ed è solo a questa condizione che si<br />

potrà parlare <strong>del</strong>le primarietà <strong>del</strong> pensiero. E questo malgrado che per l'A.<br />

la percezione esterna non ci conduce al di là di quello che la provoca: si<br />

tratta, tuttavia, <strong>del</strong> solo mezzo di cui l'uomo dispone per conoscere o, più<br />

precisamente, per iniziare a conoscere la realtà circostante. Le altre facoltà<br />

intellettive, derivate dall'attività psichica, sono: memoria, da intendersi<br />

come "ricordanza", che ci consente di concepire figure perfette (quali<br />

quelle geometriche); induzione, attraverso la quale possiamo giungere alla<br />

conoscenza di tutte le proprietà degli oggetti; ragione, che sorpassa la<br />

contingenza <strong>del</strong>le precedenti facoltà in quanto possiede l'idea <strong>del</strong> Neces­<br />

sario. Si aggiungono altri processi mentali (astrazione, generalizzazione,<br />

giudizio, ragionamento) che tuttavia, per l'A., sono operazioni secondarie<br />

ed in ogni caso collegate all'attività percettiva, <strong>del</strong>la quale costituiscono un<br />

maggior ampliamento e perfezionamento.<br />

Preporre uno studio psicologico a quello logico, significa dunque<br />

cercare di comprendere che cosa mai sia un ragionamento, un giudizio,<br />

una riflessione, solo dopo avere indagato come questi si generino e si<br />

formino. Occorre sottolineare come gli Autori, che affrontano questi ar­<br />

gomenti, pure rintracciando in uno studio di tipo organicista il punto dal<br />

quale occorre partire per esaminare le attività cognitive <strong>del</strong> soggetto, de­<br />

notino come "<strong>cultura</strong>le" l'attività percettiva. Non solo, ma è proprio gra­<br />

zie ad una simile natura <strong>del</strong>la percezione che essi possono ricercare le basi<br />

"naturali" dei processi psichici, senza per questo escludere od un'unicità<br />

<strong>del</strong>l'Idea od una primarietà <strong>del</strong>lo Spirito. Ma oltre a ciò, e questa è la cosa<br />

importante, si ribadisce con vigore che quest'ultimo diviene ora un altro<br />

problema, che poco o nulla ha a che fare con una ricerca che voglia dirsi<br />

scientifica. Il rischio è quello in cui cadde già lo stesso Wundt di proporre<br />

posizioni teoriche che, in quanto troppo rigide, conducono a contraddi­<br />

zioni le quali, una volta esplose, inquinano irrimediabilmente tutto il lavo­<br />

ro svolto (e dunque anche le parti valide a tutti gli effetti).<br />

In tale maniera, alcuni anni dopo, presenterà le sue argomentazioni<br />

anche G. Dandolo 86 in II Concetto <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Positiva (1885) e, soprat­<br />

tutto, in modo più sistematico, in Appunti di filosofia per i Licei (1894 e<br />

86 Giovanni Dandolo (1861-1908) Vedi nota [32] <strong>del</strong> capitolo IL Tra i suoi lavori<br />

ricordiamo: Intorno al numero (1896), La conoscenza nel sonno. <strong>Studi</strong>o di Psicologia<br />

(1899), La forma di persistenza <strong>del</strong>l'esperienza psichica (1900), <strong>Studi</strong> di Psicologia e di<br />

Noseologia (1905), Senso ed Intelletto (1906), La funzione gnoseologica <strong>del</strong>la rappresen­<br />

tazione (1907), Intorno al valore <strong>del</strong>la scienza (1908).


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 105<br />

1897) 87 , ove si richiama espressamente al lavoro di L. Severini (1881).<br />

Anche in questo caso si pone completa fiducia <strong>nella</strong> teoria positivista e si<br />

inizia lo studio partendo dalla Fisiologia, cui segue quello <strong>del</strong>la Psicologia<br />

sperimentale, scienze che concernono la genesi e la formazione dei feno­<br />

meni cerebrali (per l'A. si tratta <strong>del</strong>l'Anima e <strong>del</strong>lo Spirito), a partire dai<br />

quali è possibile comprendere l'evoluzione di tutte le attività <strong>del</strong> soggetto.<br />

L'intento <strong>del</strong>l'A. è chiaro: si inizia con lo studio fisiologico <strong>del</strong> sistema<br />

nervoso, corredato da un discreto numero di osservazioni anatomiche,<br />

condotte con una precisione certamente più rilevante dei suoi colleghi di<br />

studio. In seguito si ha una discussione sulla posizione <strong>del</strong>le correnti in-<br />

natiste o genetiche a proposito <strong>del</strong>la sensazione (che è suddivisa in esterna,<br />

muscolare, <strong>del</strong>la vita organica): pure evitando di assumere posizioni defi­<br />

nitive, traspare la netta adesione <strong>del</strong>l'Autore per la seconda corrente cita­<br />

ta. In un terzo momento, dichiarandosi d'accordo col suo maestro Ardigò,<br />

propone una distinzione tra il concetto di percezione (la quale richiama<br />

alla mente idee già pre-esistenti) e quello di rappresentazione (riproduzio­<br />

ne di sensazioni in mancanza di stimoli primitivi, che pure l'hanno origi­<br />

nata). Procedendo in tal modo egli definisce la conoscenza « come condi­<br />

zione primitiva e primaria <strong>del</strong> fenomeno psichico » (159), mentre l'incon­<br />

scio e/o il subconscio, termini da lui introdotti senza alcuna esitazione e/<br />

o prevenzione, hanno una spiegazione unicamente fisiologica.<br />

Partendo da queste basi egli compie ricerche sufficientemente valide<br />

a proposito dei processi che presiedono alla messa in atto <strong>del</strong>le diverse<br />

facoltà cognitive. In questo modo, e soprattutto con questo intento, che<br />

possiamo intendere come una ingenua, ma non per questo meno interes­<br />

sante ricerca psicogenetica, egli studia come si generino e si formino i<br />

concetti di causa, legge naturale e, particolarmente, quello di numero,<br />

dimostrando di essere a conoscenza <strong>del</strong>le ricerche a lui contemporanee su<br />

tali temi. È il meccanismo <strong>del</strong>l'astrazione il punto che segna il passaggio<br />

dalla Psicologia alla <strong>Logica</strong>: pure avendo un'origine organico/psichica ci<br />

pone a confronto con una forma semplice, ovvero "mentale superiore",<br />

che è il concetto, definito come « unità <strong>del</strong>le note essenziali di una cosa »<br />

(171, ed. 1897). Rispetto ad Andreasi (1882), che pure le assegnava un<br />

ruolo importante ma secondario ed, in ogni caso, legato all'attività psico­<br />

logica, l'Autore assegna a questa facoltà intellettiva una rilevanza assai<br />

87 L'articolo <strong>del</strong> 1887 (op. cit.) è un lavoro di 26 pagine che compare sulla Rivista<br />

di Filosofia Scientifica <strong>del</strong> marzo 1887, e contiene l'introduzione ai primi due capitoli<br />

di 1894-1897 (op. cit.), ovvero "Psicologia: le sensazioni" e "<strong>Logica</strong>: il concetto".


106 CAPITOLO PRIMO<br />

maggiore, collocandola ad un livello metapsicologico e, fatto ancora più<br />

importante, quasi accennando ad una dinamica evolutiva <strong>del</strong>la stessa.<br />

Sempre Dandolo (1885) compie importanti studi sulla memoria, in<br />

quanto è convinto che questa, intesa come coscienza <strong>del</strong>l'organismo e<br />

<strong>del</strong>le sue modificazioni, sia in grado di spiegare tutto il mondo psichico:<br />

per questo si dedica allo studio <strong>del</strong>le leggi mnemoniche, <strong>del</strong>l'oblio, <strong>del</strong><br />

riconoscimento, <strong>del</strong>la localizzazione, <strong>del</strong> rapporto tra memoria ed identità<br />

personale. Siccome egli orienta sempre di più i suoi studi verso la fisio­<br />

logia <strong>del</strong> cervello con l'intento di liberare il campo <strong>del</strong>la Psicologia dal<br />

problema di un'esperienza psichica non trattabile da un punto di vista<br />

psicofisico, deve tuttavia sforzarsi di superare il problema <strong>del</strong>l'esperienza<br />

immediata, in quanto la memoria imprime <strong>nella</strong> coscienza un riferimento<br />

che non è il contenuto specifico <strong>del</strong>la sensazione stessa. Per potere fare<br />

questo egli deve ammettere che il primo dato psichico, ovvero la sensa­<br />

zione, non è in grado di elevarsi alle forme superiori <strong>del</strong>la psiche: deve<br />

allora comportare qualche cosa di nuovo e deve, di conseguenza, essere<br />

un'attività organica più elevata. A questo punto egli stabilisce una dina­<br />

mica, un'energia mentale (quasi una specie di vitalismo), dove la memoria<br />

consente di passare dalla sensazione, alla percezione, alla sintesi percettiva.<br />

Sono questi i punti meno chiari <strong>del</strong> suo lavoro. Infatti per spiegare<br />

una tale dinamica egli ricorre ad una non ben precisata sinergia di parec­<br />

chie funzioni cerebrali: l'atto essenziale <strong>del</strong>la memoria sarà allora il porsi<br />

in rapporto con l'energia mentale che trasforma una sensazione in perce­<br />

zione. Rispetto a R. Ardigò, per il quale la percezione altro non era se non<br />

un esperimento psicologico riconducibile alle semplici associazioni, egli si<br />

pone in una posizione più intellettualistica, che di fatto è un superamento<br />

<strong>del</strong> positivismo, inteso come intuizione naturalistica <strong>del</strong> mondo. Ma egli<br />

non si avvede di questo problema: anziché indirizzarsi verso una posizione<br />

fenomenologica, che gli avrebbe anche consentito di esaminare più ampia­<br />

mente il rapporto tra la <strong>Logica</strong> e la Psicologia, al contrario « camminò<br />

sempre sull'orlo di un precipizio, in fondo al quale era l'idealismo e la<br />

metafisica da lui costantemente oppugnati, e procede, franco, sicuro, bea­<br />

to di concorrere la parte sua nell'incremento <strong>del</strong> positivismo » (G. Gen­<br />

tile, 1921, II, XI, 7, 356).<br />

5.2.6. Psicologia generatrice <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> (approcci teorici).<br />

Negli ultimi anni <strong>del</strong> secolo è presente anche una serie di autori che,<br />

non solo accettano completamente la tesi che stabilisce la primarietà <strong>del</strong>la


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 107<br />

Psicologia sulla <strong>Logica</strong> e la derivazione di questa dalla prima, ma tendono<br />

anche a dare una giustificazione ad un tale argomento che non si limiti ad<br />

un approccio empirico ma implichi pure una spiegazione filosofica. Non<br />

si tratta, in ogni caso, di scienziati eccessivamente innovativi né, d'altro<br />

canto, di filosofi di statura particolare. Nel primo caso, infatti, non sareb­<br />

be stato in alcun modo importante voler giustificare filosoficamente quello<br />

che la scienza mostrava (quest'ultima, infatti, aveva come presupposto il<br />

non ricorrere a spiegazioni filosofiche o, come dicevano seppure molto<br />

superficialmente gli studiosi <strong>del</strong>l'epoca, metafisiche). Nel secondo caso il<br />

problema era ancora più rischioso: l'indagine, o meglio la giustificazione<br />

filosofica di una scienza, acquista valore alla condizione che sia ricercata<br />

e condotta all'interno <strong>del</strong>la scienza stessa in esame, perché altrimenti con­<br />

duce ad improduttive e ripetitive speculazioni. Ma per fare questo occorre<br />

che siano ben definiti i dominii <strong>del</strong>la disciplina in questione ed allora la<br />

Psicologia non si trovava certamente in questa posizione.<br />

Gli studiosi in questione non solo non si rendevano conto dei due<br />

problemi ora accennati, ma il loro obiettivo si spingeva ancora più oltre.<br />

Infatti, stabilite le differenze che sussistono tra la <strong>Logica</strong> e la Psicologia,<br />

intese nel senso tradizionale, si tratta ora, non tanto o non solo di ribadire<br />

la primarietà <strong>del</strong>l'una rispetto all'altra, ma anche di individuare uno spazio<br />

d'indagine comune rispetto al quale compararle e sul quale farle interagi­<br />

re. Evidentemente all'epoca in cui si pongono questi principi, da un punto<br />

di vista teorico è elemento estremamente difficoltoso lo stabilire i ruoli che<br />

tali materie debbono svolgere e questo giustifica lo scarso valore che han­<br />

no i loro scritti. Tuttavia, da un punto di vista storico, ci sembra impor­<br />

tante che la questione si presenti in modo assai frequente: il fatto che<br />

compaia anche negli scritti minori da noi esaminati ci persuade <strong>del</strong>l'impat­<br />

to positivo che questa problematica aveva alla fine <strong>del</strong> secolo scorso <strong>nella</strong><br />

<strong>cultura</strong> <strong>del</strong> nostro paese 88 .<br />

A. Valdarnini (Elementi scientifici di Psicologia e di <strong>Logica</strong>, 1888) è<br />

certamente un buon esempio per illustrare la comparsa di simili interro-<br />

88 Questo fatto ci sembra assai importante, poiché si cominciano a gettare le basi<br />

di quella che sarà la futura Psicologia Genetica di J. Baldwin (Menta! Development in<br />

thè Child and in thè Race, 1895). Sono proprio questi i punti essenziali che costituisco­<br />

no anche le basi <strong>del</strong>le successive ricerche di J. Piaget il quale, seppure si sia sforzato<br />

di adottare ripetutamente i risultati, di volta in volta raggiunti, alle differenti situazioni<br />

<strong>cultura</strong>li che attraversò durante la sua lunga attività, non mise mai in dubbio questi<br />

principi. Non bisogna oltretutto dimenticare che J. Piaget nasce nel 1896 e si forma,<br />

come biologo, in un ambiente <strong>cultura</strong>le fortemente impreganto da queste teorie le quali<br />

erano allora assai seguite e studiate.


108 CAPITOLO PRIMO<br />

gativi nel panorama <strong>cultura</strong>le italiano. Per l'A. <strong>Logica</strong> e Psicologia fanno<br />

parte <strong>del</strong>la Filosofia Teoretica. La prima non è un'arte, per il fatto che<br />

sarebbe altrimenti inclusa nelle scienze pratiche, ma è la "scienza <strong>del</strong>l'arte<br />

<strong>del</strong> vero" poiché indaga le leggi <strong>del</strong> pensiero in relazione con la verità<br />

oggettiva. In questo senso, allora, oltre che seguire alla scienza, svolge<br />

contemporaneamente il compito di introdurre il soggetto alle operazioni<br />

scientifiche, con lo scopo di garantirgli che queste siano "logicamente"<br />

conseguenti e necessarie. La seconda invece concerne « fatti e potenze e<br />

leggi » (15) <strong>del</strong>lo spirito umano. Ogni ricerca scientifica deve quindi par­<br />

tire dalla Psicologia, in virtù <strong>del</strong> fatto che l'uomo che vuole conoscere gli<br />

altri deve iniziare a conoscere se stesso.<br />

Ora se la <strong>Logica</strong> ha il compito di studiare il pensiero e le sue leggi<br />

in rapporto al Vero, la Psicologia studia come si forma il pensiero: questo<br />

il motivo per cui la seconda materia precede cronologicamente la prima.<br />

In altri termini: se occorre cercare con accuratezza le relazioni tra gli<br />

atti <strong>del</strong>la conoscenza e gli oggetti conosciuti (compito <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>), pos­<br />

siamo arrivare a questo risultato solo grazie allo studio dei sensi, <strong>del</strong>l'in­<br />

telletto e <strong>del</strong>la facoltà <strong>del</strong>l'Anima (compito <strong>del</strong>la Psicologia), ovvero degli<br />

elementi che fungono da propulsori per qualsiasi attività, anche la più<br />

concettualmente elevata. A questo proposito l'Autore è categorico: non ci<br />

si deve mai dimenticare di questa gerarchla anche quando si affrontano<br />

temi sempre più specifici e particolari che, apparentemente, tendono a<br />

farla scomparire. Le due discipline così intese, non solo sono strettamente<br />

correlate e connesse tra di loro, ma assumono anche una funzione pro­<br />

pedeutica, attraverso cui affrontare le varie forme <strong>del</strong> sapere. Vale a dire<br />

che le si intende più come mezzi atti a conoscere che non oggetti <strong>del</strong>la<br />

conoscenza.<br />

Malgrado contenga elementi interessanti occorre leggere criticamente<br />

la posizione di Valdarnini: la sua ci pare una riduzione ed una restrizione<br />

<strong>del</strong>lo spazio che <strong>Logica</strong> e Psicologia assumono, in quanto scienze. Se in­<br />

fatti è <strong>del</strong> tutto valido attribuire un ruolo essenzialmente operativo ad<br />

entrambe, il rischio è proprio quello di non indagarle in maniera appro­<br />

fondita: in questo caso allora si disattenderebbero gli eventuali obiettivi<br />

che l'Autore si era prefisso. Se si trattava di lavorare sull'esame <strong>del</strong>le due<br />

discipline il compito non è stato certo condotto a termine in maniera<br />

sufficiente; se, al contrario, egli si prefiggeva di proporre una filosofia<br />

<strong>del</strong>la conoscenza, non ha dedicato eccessiva attenzione e non si è preoc­<br />

cupato di elaborare sufficientemente quelli che, a suo avviso, erano i mezzi<br />

con i quali realizzarla.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 109<br />

In A. Ferrata (<strong>Logica</strong> critica ed Ontologia, 1895) 89 probabilmente ci si<br />

imbatte in una maggiore componente psicologista ancor più rilevante, ma<br />

si osservano tuttavia le stesse preoccupazioni che abbiamo trovato in A.<br />

Valdarnini (1888). È questo uno scritto che vuole precisare ed approfon­<br />

dire quanto l'A. aveva già tentato di affermare quattro anni prima in<br />

Osservazioni sulle leggi <strong>del</strong>la conoscenza (1891) lavoro nel quale pretende­<br />

va di mostrare come "naturale", ovvero logicamente codificata, l'attitudine<br />

ad organizzare e sistematizzare i dati ricavati dall'esperienza 90 . In 1895,<br />

partendo da questi presupposti, si sottolinea che la <strong>Logica</strong> è una parte<br />

<strong>del</strong>la teoria <strong>del</strong>la conoscenza: « dall'incontro o concorrenza <strong>del</strong> subbietto<br />

coll'obbietto, nascono gli atti conoscitivi onde si occupa la <strong>Logica</strong> » (17).<br />

Questa disciplina ha così il compito di regolare gli atti mentali attraverso<br />

cui ci è permesso di conoscere il Vero, elemento che costituisce la finalità<br />

stessa di tali atti: si tratta, in altre parole, di un insieme di regole, o leggi<br />

che, se scrupolosamente seguite, impediscono alla mente di cadere nell'er­<br />

rore. Quest'ultimo, a sua volta, è da intendersi quale fatto accidentale, ma<br />

tuttavia inevitabile, perché il soggetto, proprio in quanto essere umano,<br />

non è certo perfetto. In ogni caso l'errore (l'Autore tende a renderlo<br />

sinonimo di contraddizione) può essere un valido strumento che accresce<br />

e rende più attendibile le nostre conoscenze qualora, una volta che sia<br />

stato riscontrato, venga analizzato e studiato approfonditamente.<br />

Sulla stessa lunghezza d'onda <strong>del</strong>l'Autore (op. cit.) troviamo, già al­<br />

cuni anni prima, anche R. Benzoni (La Filosofia ai nostri giorni, « Filoso­<br />

fia », Rassegna Siciliana, I. F. S., 1, 1890, Palermo) 91 , il quale cerca di<br />

approfondire, attraverso una breve rassegna storica, il rapporto tra la fi­<br />

losofia e la scienza. A suo avviso la <strong>Logica</strong> è connotata in modo fortemente<br />

psicologico e, dichiarandosi <strong>del</strong> tutto d'accordo con le speculazioni di<br />

Herbart, si professa una completa adesione al metodo sperimentale di<br />

Wundt, Ardigò e A. Riehl.<br />

Una posizione più decisa ed argomentata in modo certamente più<br />

preciso è invece assunta da G. Marchesini (Elementi di <strong>Logica</strong> secondo le<br />

89 È il solo testo di Angelo Ferrata che siamo riusciti a trovare. Anche in Biblio­<br />

grafia Filosofica Italiana 1850-1900 compare solo lo scritto da noi riportato e consultato.<br />

90 In particolare dal capitolo VI sino al capitolo XI in cui si discute <strong>del</strong>la mente<br />

e <strong>del</strong>le sue funzioni come strumento per la conoscenza.<br />

91 Roberto Benzoni, particolarmente attivo nel nostro secolo, è ordinario di Filo­<br />

sofia teoretica presso l'Università di Genova. Interessante è lo scritto Recenti conquiste<br />

e nuove battaglie <strong>del</strong> pensiero filosofico (Genova, 1904), in cui tratta specificatamente<br />

<strong>del</strong> concetto di epistemologia.


110 CAPITOLO PRIMO<br />

opere di R. Ardigò, J. S. Mili ed A. Barn, 1896) 92 che riprenderà queste tesi<br />

affermando come la <strong>Logica</strong> deve occuparsi dei rapporti formali e materiali<br />

tra (e <strong>del</strong>le) idee, assumendo queste ultime come già costituite, mentre la<br />

Psicologia è deputata ad occuparsi di come le idee si formano. Questo sta<br />

a significare, in maniera ancora più rilevante, che la <strong>Logica</strong> trova i propri<br />

fondamenti <strong>nella</strong> Psicologia. Se, infatti, la <strong>Logica</strong> « è scienza ed arte a un<br />

tempo, è teorica e pratica, e tratta anche con la critica, <strong>del</strong>le operazioni<br />

intellettuali e sperimentali <strong>del</strong>l'uomo <strong>nella</strong> ricerca <strong>del</strong>la verità » (1), la<br />

Psicologia, in quanto si occupa <strong>del</strong>la genesi <strong>del</strong>le idee, e permette di rico­<br />

struire il criterio di verità, deve essere ritenuta come la disciplina dalla<br />

quale si deve iniziare qualsiasi studio. Per questo l'induzione sarà il me­<br />

todo per eccellenza che ci consente di accrescere la nostra cognizione.<br />

Proprio per lo stesso motivo ogni conoscenza che pretenda di essere scien­<br />

tificamente valida deve sempre andare dal particolare all'universale e mai<br />

all'opposto, poiché, in tale caso, si ritornerebbe immediatamente in una<br />

prospettiva speculativa. A tal proposito egli ribadirà che « l'origine degli<br />

enti astratti... è nell'osservazione e nell'esperienza » (195) e senza quest'ul­<br />

tima non possono esservi i concetti di numero, superficie, solido, etc. In<br />

altri termini è necessario che i nostri pensieri siano ricondotti con ordine<br />

cominciando dagli oggetti più semplici e più facili a conoscersi, per salire<br />

poco a poco, come per gradi, fino alla conoscenza dei più composti »<br />

(195). La <strong>Logica</strong>, a questo punto, è l'apice <strong>del</strong>le conoscenze, in quanto<br />

presuppone come certe e sicure parecchie cognizioni, che il soggetto si è<br />

costruito in precedenza. Lungi dall'essere una disciplina analitica, ovvero<br />

concettuale, è invece sintetica per eccellenza in quanto riassume ed ordina<br />

quelle che sono le caratteristiche invariabili che ogni soggetto deve posse­<br />

dere: ma queste non sono già date, bensì sono gradualmente costruite ed<br />

inoltre, essendo <strong>del</strong> tutto legate, o meglio, dipendenti dall'evoluzione <strong>del</strong><br />

sapere nelle sue varie forme, non sono fisse e statiche ma in continua<br />

formazione e trasformazione.<br />

In questo caso, più che il tentativo di individuare un campo comune<br />

alle due discipline, come aveva tentato di fare A. Valdarnini (1888), si tratta<br />

92 Giovanni Marchesini (1868-1931), dopo aver insegnato alle scuole medie, è<br />

incaricato di Filosofia <strong>del</strong> Diritto all'Università di Ferrara. Dopo il 1902 insegna Filo­<br />

sofia morale a Padova e dal 1922 è docente di Pedagogia <strong>nella</strong> stessa Università. Tra<br />

le altre opere: La crisi <strong>del</strong> positivismo ed il problema filosofico (1898), Le funzioni<br />

<strong>del</strong>l'anima. Saggio di etica pedagogica (1905), L'intolleranza ed i suoi presupposti (1909),<br />

La dottrina Positiva <strong>del</strong>l'idealità (1913), I problemi fondamentali nell'educazione (1917),<br />

// relativismo <strong>nella</strong> morale (1923).


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 111<br />

di "riordinare" lo schema nel quale dovevano essere presentate le scienze.<br />

Il nuovo ordine gerarchico, testimone <strong>del</strong> ribaltamento tra le due materie<br />

in questione, è mantenuto anche da chi si sforza ancora di stabilire o riba­<br />

dire una certa autonomia tra le due discipline: tuttavia per ciò che concerne<br />

la loro genesi non sembra che si debbano sostenere altre discussioni.<br />

Ad esempio N. D'Alfonso 93 , (Principi di logica reale, 1894) paragona<br />

la Psicologia con la <strong>Logica</strong> dove la prima, in quanto più semplice ed<br />

elementare, è da anteporsi cronologicamente alla seconda. L'impostazione<br />

psicologistica <strong>del</strong>l'A. è ancora più evidente quando sostiene che occorre<br />

abbandonare il termine di Idea e sostituirlo con quello di rappresentazio­<br />

ne psicologica e di rappresentazione logica, dove la prima è collegata a<br />

fatti individuali e nozioni particolari, mentre la seconda riguarda la cono­<br />

scenza di tutte le strutture e di tutte le caratteristiche essenziali e neces-<br />

sarie di un oggetto. Non solo, ma bisogna sempre ricordarsi che è la<br />

biologia la scienza alla quale dobbiamo rifarci per aver le conoscenze<br />

fondamentali <strong>del</strong>la realtà e che, anche se esiste una sfera logica che si<br />

distingue da una sfera sensitiva, « in generale si può dire che l'oggetto<br />

<strong>del</strong>la percezione, ovvero la rappresentazione di esso principia a mostrare<br />

il primo movimento logico allorché cessa di apparire innanzi al soggetto<br />

come risultante di una sola qualità naturale, ma apparisce come distinto in<br />

due o più qualità connesse in qualsiasi modo fra di loro ed allora si ha la<br />

forma primitiva di rappresentazione logica» (14). Fondamentalmente la<br />

<strong>Logica</strong> è distinta dalla sensitività solo in quanto è in grado di potersi<br />

applicare contemporaneamente a più dati, ovvero di connettere tra di loro<br />

un sempre maggior numero di qualità: in questo passaggio dal semplice al<br />

complesso si avrà dapprima una <strong>Logica</strong> meccanica (od estrinseca), una<br />

<strong>Logica</strong> chimica (od intima) ed, infine, una <strong>Logica</strong> organica.<br />

Si tratta allora di un ampiamento, seppure consistente, di un'identica<br />

facoltà che tutti i soggetti possiedono. La sfera logica, intesa in tal modo,<br />

è ripartita in livelli di crescente complessità a seconda <strong>del</strong> numero di<br />

qualità che vengono connesse e poste in relazione (e l'A. arriva a sostenere<br />

che tale sfera è presente, seppur in forma infima, anche nell'animale). Egli<br />

ci fornisce un esempio quando parla <strong>del</strong> giudizio, che è definito come<br />

costituito da tre elementi: due fatti inerenti ad un oggetto ed un atto<br />

93 Nicola D'Alfonso è un filosofo attivo tra la fine <strong>del</strong> <strong>XIX</strong> e l'inizio <strong>del</strong> XX<br />

secolo. Tra i suoi lavori <strong>del</strong> secolo scorso ricordiamo: Saggi di Pedagogia. Il problema<br />

morale. Il problema <strong>del</strong>l'educazione <strong>del</strong>la donna (Torino, 1883), II problema <strong>del</strong>l'educa­<br />

zione religiosa (Torino, 1887), Lezioni elementari di Psicologia Normale (Milano, 1890),<br />

Sonno e sogni: <strong>Studi</strong>o psicologico (1891), Psicologia <strong>del</strong> linguaggio (1899).


112 CAPITOLO PRIMO<br />

psicologico che li connette. Ora il giudizio, in quanto figura logica, è<br />

costituito da un atto contenente contemporaneamente questi tre fattori,<br />

ma la copula, che è l'elemento principale <strong>del</strong> giudizio, è da considerarsi<br />

come un atto squisitamente psicologico. Dato il modo con il quale è co­<br />

struito, lo stesso atto psicologico implica, contemporaneamente, anche<br />

un'analisi ed una sintesi degli elementi che lo formano e lo compongono.<br />

Non sappiamo, ma il fatto che l'Autore non li citi mai è assai signi­<br />

ficativo, se egli sia a conoscenza <strong>del</strong>la corrente fenomenolgica ed in par­<br />

ticolare dei lavori di Brentano: ci sembra in ogni caso che, quando egli<br />

parla di atto psicologico, faccia probabilmente ricorso al valore che questa<br />

espressione aveva per il filosofo di Marienberg (Renania), poiché ciò gli<br />

consente di uscire dalle difficoltà in cui la sua ricerca l'aveva inevitabil­<br />

mente condotto. Egli si sforza, in ultimo, di garantire una certa oggettività<br />

alla ricerca psicologica, condizione indispensabile perché questa possa<br />

dirsi scientifica. Per ottenere un tale risultato occorreva, in altri termini,<br />

uscire dall'impasse <strong>del</strong>l'associazionismo che si fondava sul rapporto con­<br />

creto tra stimolazioni differenti, e rendere più "mentali", ovvero elaborate<br />

da istanze interne <strong>del</strong>l'individuo, le risposte che questi forniva a determi­<br />

nati stimoli. Con ciò si vuole dire che quando il soggetto afferma, ad<br />

esempio, che sta vedendo un colore, è "il vedere", atto specificatamente<br />

mentale, ciò che occorre considerare, non già il colore in quanto tale, che<br />

è un elemento specificatamente fisico. Perché questo atto si compia è<br />

necessario che abbia un significato: occorre allora che il vedere riguardi<br />

qualcosa, un oggetto. In tal modo si attribuisce rilievo primario all'inten­<br />

zionalità, la cui caratteristica essenziale non consiste nell'essere immagine<br />

o riproduzione di qualche cosa, ma appunto quella di essere un atto de­<br />

stinato a cogliere, a rappresentare, un oggetto. Se qualsiasi fenomeno<br />

psichico è in rapporto con un contenuto e volto verso un oggetto (e<br />

dunque non è ancora rappresentazione), l'intenzionalità consente invece<br />

una relazione immediata tra oggetto ed atto psichico e, contemporanea­<br />

mente, consente pure al soggetto psichico di porsi in relazione con qualco­<br />

sa diverso da sé. La Psicologia, a questo punto possiede un'oggetti vita<br />

immanente, perché, in ultimo, si riferisce esclusivamente ad atti <strong>del</strong>lo<br />

spirito umano. Ora sappiamo che dai lavori di Brentano, oltre che da<br />

quelli <strong>del</strong> suo allievo C. Stumpf, nasce la Psicologia <strong>del</strong>la Gestalt che è<br />

forse la prima sistemazione organica <strong>del</strong>la disciplina psicologica; ma sem­<br />

pre dai lavori di Brentano prendono l'avvio anche altre problematiche,<br />

quali il passaggio dallo studio di un contenuto, la cui oggettività poteva<br />

essere il problema di indagine (come per Wundt, ad esempio), ad un'og-


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 113<br />

gettività immanente (l'atto). Ma, anche in senso più generale, erano altret­<br />

tanto ricchi i suggerimenti che giungevano dalle sue posizioni teoriche: si<br />

presentava, ad esempio, una nuova strada e si indicavano i presupposti<br />

metodologici con i quali, grazie alla Psicologia, ci si sottraeva alle dispute<br />

di natura metafisica tra materialismo ed idealismo.<br />

È certo che, in ogni caso, la finezza e la profondità degli studiosi<br />

austro-tedeschi <strong>del</strong> periodo non è assolutamente paragonabile con gli in­<br />

genui tentativi di D'Alfonso di proporre il concetto di atto psichico. In<br />

altri termini l'Autore in questione, ma con lui anche la gran parte degli<br />

studiosi da noi individuati, non comprese sino in fondo la portata euristica<br />

di queste nuove correnti di pensiero. È abbastanza probabile che la mag­<br />

gior parte di costoro conoscesse questi filosofi stranieri, come d'altro can­<br />

to è anche probabile che avessero letto ed avessero sentito parlare di<br />

scienziati non italiani che coltivavano altre discipline, perché altrimenti<br />

non avrebbero spesso fatto uso <strong>del</strong>la stessa terminologia. Ma il fatto che<br />

si guardassero bene, <strong>nella</strong> maggior parte dei casi, dal citarli e che discu­<br />

tessero solo superficialmente ed in modo spesso impreciso dei loro lavori<br />

era un elemento significativo che caratterizzava, l'arretratezza <strong>cultura</strong>le ita­<br />

liana <strong>del</strong> periodo.<br />

Potremmo dire che non avevano fiducia, ovvero che non ritenessero<br />

assolutamente di importanza rilevante le scoperte e le ricerche che i loro<br />

colleghi stranieri compivano. Questo impediva di certo di assumere con<br />

eccessivo entusiasmo, e dunque acriticamente, qualsiasi risultato e ciò po­<br />

trebbe essere anche una buona giustificazione al loro atteggiamento pas­<br />

sivo. Ma quando il rifiuto diventa sistematico e l'indifferenza verso gli<br />

altrui lavori diviene la caratteristica principale, allora si tratta molto pro­<br />

babilmente di una attestazione di fiducia che costoro cercavano di dare<br />

alla propria passività ed all'acccttazione di una <strong>cultura</strong>, la quale era oramai<br />

definitivamente morta.<br />

5.3. Rifiuto di comparazione <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> con la Psicologia.<br />

Un quadro <strong>del</strong> rapporto intercorrente tra <strong>Logica</strong> e Psicologia <strong>nella</strong><br />

letteratura minore <strong>del</strong>la seconda metà <strong>del</strong> secolo <strong>XIX</strong>, che voglia essere<br />

sufficientemente completo, deve anche tenere conto di quegli Autori che<br />

evitavano accuratamente di porre a confronto queste due materie. In sen­<br />

so molto generale tutti questi studiosi ritengono che possiamo giudicare i<br />

nostri concetti solo secondo la <strong>Logica</strong> (o meglio la loro <strong>Logica</strong>), oppure<br />

secondo fatti direttamente ricollegabili ad essa. Tutto quanto questi fatti


114 CAPITOLO PRIMO<br />

possono comportare da un punto di vista psicologico, deve essere radical­<br />

mente escluso da ogni ricerca, poiché si produrrebbero inutili confusioni<br />

e nulla ci tornerebbe utile.<br />

Ci pare inevitabile fornire la seguente precisazione: ci stiamo muoven­<br />

do in un universo filosofico in quanto le due materie sono ancora collegate<br />

a questa disciplina, che si pone come punto di riferimento con cui occorre<br />

confrontarsi. Nella <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong>, anche se la Psicologia si è staccata, o<br />

meglio, ha preteso di staccarsi dalla filosofia classica, è pur sempre con essa<br />

che si rapporta in quanto si rivela ancora incapace di produrre una filoso­<br />

fia, a lei specifica, mutuata dalla sua stessa struttura. Analogo discorso vale<br />

ancor di più per la <strong>Logica</strong>, la quale, proprio in virtù <strong>del</strong>la sua tradizione,<br />

ritrova sempre maggiori difficoltà ad attuare questo progetto.<br />

Una conferma alle nostre osservazione l'abbiamo incontrata mostran­<br />

do precedentemente che tutti i maggiori psicologi italiani, pure rivendican­<br />

do un'autonomia rispetto ai modi di accostarsi alla scienza imposti dal sa­<br />

pere tradizionale, non evitano di cimentarsi in lunghe disquisizioni filoso-<br />

fiche. Per quello che concerne i logici abbiamo segnalato come questa situa­<br />

zione era ancor più evidente e come i risultati erano di qualità secondaria.<br />

Vi saranno, di conseguenza, ancora alcuni autori che parlano di<br />

<strong>Logica</strong> sforzandosi di non trattare di Psicologia, con l'intento di evitare le<br />

"contaminazioni" che una tale disciplina avrebbe comportato al classico<br />

sapere filosofico. In questo caso, che è quello che esamineremo, si tratta<br />

per lo più, di filosofi che rimandano al platonismo più ortodosso, oppure<br />

che si rifanno a tesi hegeliane: <strong>nella</strong> maggior parte dei casi sono però<br />

uomini che si richiamano alla tradizione <strong>cultura</strong>le ecclesiastica, rigida con-<br />

servatrice degli insegnamenti scolastico-tomistici, senza neppure badare,<br />

non foss'altro che per metterla in discussione, alla comparsa <strong>del</strong>la nuova<br />

scienza psicologica (come invece aveva fatto M. Liberatore, 1850, 1855).<br />

Nel periodo da noi considerato, questi studiosi costituiscono un'esi­<br />

gua minoranza, ma è sintomatico che la quantità di lavori e la radicalità con<br />

la quale sostengono le loro posizioni, aumentino col passare <strong>del</strong> tempo,<br />

ovvero col crescente-rinforzarsi <strong>del</strong>le posizioni biologiciste e psicologiste.<br />

Non è allora un caso che, proprio in questo periodo, aumentino anche gli<br />

incontri, organizzati dalle autorità ecclesiastiche, aventi il preciso scopo di<br />

"restaurare" il secolare sapere religioso, difendendolo dalle "troppo inno­<br />

vative" produzioni scientifiche (S. Mahraba, 1981, I). Queste osservazioni<br />

non debbono in ogni caso fare pensare che non sia stato prodotto alcunché<br />

di valido e che tutti i lavori siano da rigettare sempre ed in ogni caso.<br />

Anche ora, pure senza mai raggiungere posizioni realmente nuove o rivo-


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA H5<br />

luzionarie, cosa che d'altra parte non avvenne neppure per gli studiosi più<br />

aperti ai cambiamenti <strong>cultura</strong>li, qualche osservazione interessante può es­<br />

sere rinvenuta negli scritti di questi studiosi e di questi filosofi.<br />

Forse il contributo di R. Bonghi 94 (Sunto <strong>del</strong>le lezioni di <strong>Logica</strong>, scritto<br />

da lui per i suoi allievi, 1860) non è il più rigido all'interno di questa cor­<br />

rente. Tuttavia egli postula uno scollamento tra la <strong>Logica</strong> e la Psicologia,<br />

anche se questo principio è argomentato in modo alquanto debole. Quan­<br />

do l'A. afferma che la Psicologia studia la genesi <strong>del</strong>l'atto, <strong>del</strong>l'oggetto,<br />

<strong>del</strong>le facoltà <strong>del</strong>la percezione intellettiva, <strong>del</strong>la ragione e <strong>del</strong>l'immaginazio­<br />

ne, mentre la <strong>Logica</strong> studia la ragione nei vari caratteri formali ed univer­<br />

sali, se giustamente si sforza di <strong>del</strong>imitare i campi di queste due discipline,<br />

con grande difficoltà si cimenta a sostenere la loro totale indipendenza. Ma<br />

è proprio questo il punto su cui maggiormente insiste poiché, questo, d'al­<br />

tro canto, costituisce l'impegno principale di tutto il suo lavoro: siccome la<br />

<strong>Logica</strong> studia la ragione nei caratteri universali e formali dei suoi prodotti,<br />

occorre ritenerla <strong>del</strong> tutto indipendente dall'Ontologia e dalla Psicologia e,<br />

dirà l'A., anche dalla Matematica (anche se, al limite, egli dirà, è proprio<br />

quest'ultima che deve mutuare dalla <strong>Logica</strong> il suo carattere formale). In<br />

questo caso allora una serie di discipline (e la Psicologia in particolare)<br />

possono essere messe da parte senza eccessive preoccupazioni.<br />

Ma se questo obiettivo di fondo era nettamente sorpassato già alla sua<br />

epoca, compare tuttavia un punto assai interessante nel suo lavoro. Quan­<br />

do espone la teorica <strong>del</strong> concetto, lo fa analizzando le caratteristiche di<br />

quest'ultimo in forma di domanda e risposta e la suddivide in due sezioni,<br />

concernenti la natura intrinseca <strong>del</strong> concetto e le relazioni estrinseche tra<br />

gli stessi.<br />

Nel primo caso parlerà <strong>del</strong>la pluralità discreta contenuta nel concetto<br />

(prodotta tramite astrazione partendo dalla riflessione); <strong>del</strong>l'unità concet­<br />

tuale (dotata di una sua estensione); <strong>del</strong>la sua molteplicità complessiva (in­<br />

tensione e comprensione); <strong>del</strong>le relazioni tra le caratteristiche concettuali e<br />

la sua unitarietà, ovvero sostrato sul quale inseriscono proprietà che lo<br />

qualificano; <strong>del</strong>la definizione (« Concetto passato sotto forma di unità si<br />

94 Ruggiero Bonghi (1826-1895). Ispirato al liberalismo di Tocqueville, all'etica<br />

ed alla religione <strong>del</strong> Rosmini e <strong>del</strong> Manzoni ed alla politica <strong>del</strong> Cavour, svolse un ruolo<br />

importante sia durante la preparazione <strong>del</strong>le campagne risorgimentali sia, successiva­<br />

mente, a livello parlamentare. Le sue opere, numerosissime, toccano argomenti preva­<br />

lentemente politici (temi di filosofia politica). Il Bonghi svolse anche un'importante<br />

funzione educativa, tentando di presentare con un fine divulgativo opere destinate ad<br />

un pubblico di esperti (filosofi, logici, metafisici, moralisti).


116 CAPITOLO PRIMO<br />

può chiamare il definito, ed i suoi fattori la sua definizione » [28], le cui<br />

norme per attuarla sono mutuate dalla « <strong>Logica</strong> Formante » [29]), e <strong>del</strong>la<br />

divisione (« Ogni divisione esige un concetto che ne sia l'effetto ed un altro<br />

che immediatamente o mediante la sua determinazione specifica, ne sia il<br />

mezzo » (ibidem)), come operazioni tra loro complementari ma opposte.<br />

Nel secondo caso, esaminando le relazioni (« Un nesso, qualcosa<br />

d'intermedio fra due concetti » [37]) tra concetti, sosterrà come quella più<br />

rilevante sia l'alterità, poiché ogni concetto è in se stesso saturo (« Un<br />

concetto essendo un tutto per sé, esclude da sé ogni altra cosa che non è<br />

esso» [37]). Per questo dovrà allora essere colto in rapporto ad altri<br />

concetti e l'alterità sarà « includente rispetto a concetti intesi sostanzial­<br />

mente » [45] ed includente rispetto alla loro qualificazione.<br />

Questa classificazione dei concetti e la loro ripartizione potrebbero<br />

essere un'ulteriore prova <strong>del</strong>le sue posizioni filosofiche, ma, ed è quello<br />

che maggiormente ci interessa, nelle pagine 52-76 <strong>del</strong> lavoro in questione,<br />

egli cerca di rendere pratiche ed operative queste osservazioni, tramite la<br />

presentazione di una serie di problemi da risolvere, riguardanti i temi in<br />

questione. Siccome per la corretta utilizzazione dei concetti occorre che il<br />

soggetto faccia proprie, assimili, regole intellettive, atte a raggiungere il<br />

risultato voluto, l'Autore presenta, sotto forma di quesiti, una serie di<br />

questioni la cui soluzione richiede l'impiego di dette regole. Non solo, ma<br />

egli cerca anche di esaminare quali siano le strategie di cui il soggetto fa<br />

uso per giungere alla soluzione. Poco ci importa che riconduca queste<br />

tecniche a concetti filosofici (analisi, sintesi, etc.) e che lo faccia col chiaro<br />

intento di stabilirne la primarietà e l'unicità. Interessa, al contrario, il fatto<br />

che egli si prefigga di analizzare queste strategie: è questo, almeno nell'ot­<br />

tica attuale, il suo più interessante contributo.<br />

Una concezione platonica <strong>del</strong> mondo fa si che A. Conti 95 (II Vero<br />

95 Augusto Conti (1822-1905). Di famiglia religiosissima mostrò notevole interesse<br />

per il mondo <strong>del</strong>lo spettacolo, ma dovette frequentare i corsi universitari di Giurispru­<br />

denza a Siena, a Pisa ed a Lucca ove si laureò. A Firenze iniziò ad esercitare l'avvocatura.<br />

Nel 1849 insegnò Filosofia elementare nelle Scuole di san Miniato e nel 1856 ottenne la<br />

cattedra di Filosofia razionale e morale a Lucca. Tenne sempre una posizione polemica<br />

nei confronti <strong>del</strong> positivismo ed anche <strong>del</strong> neohegelismo, ponendosi come convinto<br />

assertore <strong>del</strong>l'armonia leibniziana. Nel 1869 divenne Accademico <strong>del</strong>la Crusca e nel<br />

1873 ne fu Arciconsole. Col 1864 era stato chiamato dal ministro D. Berti al Consiglio<br />

Superiore <strong>del</strong>la Pubblica Istruzione e sino al 1888 partecipò alla vita politica di Firenze.<br />

Col 1899 a causa di una progressiva infermità dovette abbandonare tutte le cariche<br />

pubbliche. Le sue opere furono numerosissime e concernevano temi teatrali, filosofici,<br />

letterari, politici ed artistici. Il titolo completo <strong>del</strong> testo <strong>del</strong> 1878 da noi citato è: // Vero<br />

nell'Ordine. Ontologìa e <strong>Logica</strong>, libri cinque. Aggiuntavi un cenno di tutte le filosofie.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 117<br />

nell'Ordine, 1878) ritenga la <strong>Logica</strong> una semplice parte <strong>del</strong>la dialettica.<br />

Non solo, ma rispetto a quest'ultima si tratta <strong>del</strong>la parte meno importante,<br />

per il fatto che « su essa [la dialettica] pertanto si esamina la conoscenza<br />

<strong>del</strong> vero e l'arte <strong>del</strong>la conoscenza. L'esame <strong>del</strong>la conoscenza espone gli<br />

universali e l'armonia <strong>del</strong>le cose; l'esame <strong>del</strong>l'arte riguarda le leggi <strong>del</strong><br />

ragionamento, derivate dagli universali che mostrano qual sia l'ordine<br />

sostanziale <strong>del</strong> pensiero ed il suo coordinarsi con l'ordine degli effetti.<br />

Talché la <strong>Logica</strong>, che cade intorno alle predette leggi, si comprende <strong>nella</strong><br />

dialettica quale parte <strong>del</strong> tutto » (230). In quanto parte <strong>del</strong>la dialettica la<br />

<strong>Logica</strong> è arte: « l'arte logica è dunque osservazione imitativa di natura ed<br />

inventrice a fine di verità, come l'arte bella è osservazione imitativa di<br />

natura ed inventrice a fine di bellezza, e l'arte morale è poi tutto ciò a fin<br />

di bene » (246).<br />

Non ci deve portare fuori strada la caratteristica "inventrice" <strong>del</strong>la<br />

<strong>Logica</strong> (vi è nulla in comune con la <strong>Logica</strong> Inventiva di cui si è parlato in<br />

5.2.3.), facendoci immaginare qualche attività da parte <strong>del</strong> soggetto. La<br />

Psicologia ha nulla a che vedere con il sapere, il quale è un prodotto <strong>del</strong>lo<br />

Spirito, che non può tenere conto alcuno <strong>del</strong>le istanze <strong>del</strong>le caratteristiche<br />

individuali e personali. Le sensazioni, le reazioni agli stimoli esterni, e via<br />

dicendo, proprio per questo, sono elementi che non riguardano minima­<br />

mente la conoscenza: al limite fanno parte <strong>del</strong>l'animalità umana, che è<br />

proprio la condizione al di là <strong>del</strong>la quale occorre porsi per conoscere.<br />

L'Autore, in quanto platonico, ritiene che la <strong>Logica</strong> non sia autonoma, ma<br />

arte inventrice <strong>del</strong> Vero: il Vero, tuttavia, è fissato dalla dialettica, che ne<br />

è la Scienza. La <strong>Logica</strong>, allora, è quella di Aristotele e serve solamente a<br />

determinare le forme <strong>del</strong> discorso, attraverso cui l'uomo tenta di riflettere<br />

sulla verità.<br />

Chi sostiene ancor più radicalmente queste posizioni, portandole a<br />

livelli estremi, è invece F. Diviso (La ragione umana. <strong>Studi</strong> secondo la<br />

dottrina di San Tommaso d'Aquino, 1874). Il punto centrale <strong>del</strong> suo lavoro<br />

è basato sul concetto di evidenza, che non è solamente la « parvenza<br />

<strong>del</strong>l'intellegibile » (24), né la «limpidezza oggettiva » (ibidem), ma<br />

« l'identità <strong>del</strong>l'oggetto che tale apparisce alla vista <strong>del</strong>lo spirito » (ibi­<br />

dem). Questo è il motivo per il quale bisogna ben guardarsi dall'entrare<br />

in un'ottica psicologistica (che per l'A. trova in Descartes il suo iniziatore<br />

ed in Kant, Fichte ed Hegel i continuatori!), poiché, oltre ad impoverire<br />

la ricerca, condurrebbe inevitabilmente il soggetto all'ateismo. Per gli stes­<br />

si motivi si critica anche V. Gioberti (in particolare la sua opera postuma<br />

Protologia <strong>del</strong> 1857) a proposito <strong>del</strong>la dialettizzazione <strong>del</strong> termine "essen-


118 CAPITOLO PRIMO<br />

za", che sfocia nel concetto di "realizzazione". Il verbo "essere", per l'A.,<br />

non ha mai un'interpretazione temporale, ma è significante l'Identità, la<br />

quale compare « nel supremo pronunziamento logico "l'ente è" e <strong>nella</strong><br />

forma algebrica A è A» (112). Partendo invece dalle osservazioni di B.<br />

Pascal, per il quale la razionalità consiste nello scoprire che molte cose<br />

superano la ragione, occorre rendersi conto che vi sono due tipi di verità:<br />

quella naturale e quella soprannaturale. Quest'ultima è senza dubbio la<br />

più perfetta poiché può spiegare se stessa e quella naturale.<br />

Assertore <strong>del</strong>la validità indiscussa <strong>del</strong>la logica aristotelica e <strong>del</strong>l'inu­<br />

tilità e confusività <strong>del</strong>le logiche successive, tra le quali quella di Bacone,<br />

che, a suo avviso, riduce all'induzione tutte le logiche, quella trascenden­<br />

tale di Kant, che esula e, in ogni caso, riduce la portata universale <strong>del</strong>la<br />

<strong>Logica</strong> classica nonché, soprattutto, quella psicologistica di J. S. Mili, rite­<br />

nuta portatrice solamente di confusività, è anche il lavoro <strong>del</strong> filosofo-<br />

matematico R. Bobba % (La logica induttiva e formale comparata all'Orga-<br />

non di Aristotele, 1878). Non solo ma l'Autore in questione dimostra di<br />

non accettare alcunché di ciò che è veramente nuovo nelle produzioni<br />

logiche <strong>del</strong> suo periodo. Egli cita W. S. Jevons, A. De Morgan, G. Boole,<br />

e ciò torna a suo merito perché è uno tra i pochi che compie una tal opera:<br />

ma travisa, o meglio, non comprende assolutamente quello che costoro<br />

volevano fare (espansione <strong>del</strong>l'interpretazione <strong>del</strong>le forme <strong>del</strong>le Analisi,<br />

sino a quel momento solo quantitative, ed interpretazione coerente di altri<br />

metodi di calcolo, quali quello logico) e ritiene che la loro opera generi<br />

confusione ed il procedimento da loro seguito comporti uno stravolgimen­<br />

to <strong>del</strong> ruolo che la <strong>Logica</strong> ha sempre seguito in tutta la sua storia.<br />

Sostenitrice invece <strong>del</strong>la filosofia hegeliana, che in quanto tale deve<br />

porsi al di là di tutto ciò che è singolare ed empirico, ovvero con l'intento<br />

di ricercare la filosofia assoluta, che è ben diversa dalle altre scienze, è<br />

l'opera di P. Ceretti 97 (Saggio circa la ragione logica di tutte le cose, 1888),<br />

96 Filosofo piemontese, preside <strong>del</strong> Liceo di Brescia, preside di Lettere e Filosofia<br />

alla regia Università di Torino, visse e lavorò <strong>nella</strong> seconda metà <strong>del</strong> secolo passato. Tra<br />

i suoi numerosi scritti di Storia, di Filosofia e di Critica ricordiamo: La vita e le opere<br />

di Antonio Genovesi, Saggio intorno ai filosofi italiani meno noti prima e dopo la pretesa<br />

riforma cartesiana, Lo sperimentalismo e l'apriorismo <strong>nella</strong> filosofia contemporanea.<br />

97 Pietro Ceretti (1823-1884) nasce ad Intra da famiglia assai agiata ed entra gio­<br />

vane nel seminario di Arona, dedicandosi alla composizione poetica. Nel 1840 si trasfe­<br />

risce <strong>nella</strong> scuola dei Gesuiti di Novara, dove si rende particolarmente brillante nello<br />

studio e nell'impiego <strong>del</strong>la Retorica. Le sue prime produzioni sono opere letterarie,<br />

tragedie, poesie. Dopo un lungo viaggio pluriennale attraverso tutta l'Europa, col 1864


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 119<br />

anche se, in quest'opera, come <strong>nella</strong> successiva, (Smosso <strong>del</strong>l'Enciclopedia<br />

Speculativa, 1990) « torna senza averne chiara consapevolezza, al dualismo<br />

realistico, per cui lo spirito è mera fenomenologia <strong>del</strong> reale, la quale solo<br />

subbiettivamente ha un valore logico e, in questo senso, assoluto » (G.<br />

Gentile, 1921, II, IV, IV, 638) 98 . Certamente le critiche di Gentile, riguar­<br />

danti l'opera <strong>del</strong> 1888, composta da oltre 3000 pagine suddivise in nove<br />

volumi, sono più che giustificate, soprattutto in considerazione che anche<br />

successivamente Ceretti (1990) tenderà a porsi su un piano utopistico-<br />

sociale, dunque abbandonando anche il "realismo" hegeliano a cui inizial­<br />

mente affermava di richiamarsi ". La sua posizione immanentista ed anti-<br />

psicologistica emerge in misura sempre più rilevante, al punto che in 1990<br />

(op. cit.) giungerà a criticare Kant, per il quale l'oggetto in sé, astratto dal<br />

pensiero, è indeterminato ed incognito, mentre, a suo avviso, tale non<br />

conoscenza è da intendersi come un nostro giudizio negativo.<br />

Teso a mantenere la chiarezza concettuale, necessaria per affrontare<br />

qualsiasi problema filosofico, A. Errerà (Elementi di <strong>Logica</strong> ad uso <strong>del</strong>le<br />

Scuole, 1890) osserverà che la <strong>Logica</strong> deve essere tenuta assolutamente<br />

distinta dalla Psicologia, pena una completa confusione, poiché tratta di<br />

temi (capacità di ben pensare) che nulla hanno a che fare con quest'ultima<br />

(si veda più estesamente nel capitolo II);<br />

E. Sala (La logica antica e moderna, esposta con metodo storico-critico<br />

ad uso <strong>del</strong>le scuole, 1892) 10°, parafrasando Kant pre-critico, ribadirà questa<br />

posizione affermando come dopo Aristotele, la logica, che « insegna le<br />

regole generali di qualsiasi ragionamento » (p. 39), sia terminata ed il<br />

tentativo di renderla scienza empirica, od a carattere psicologico, porta a<br />

nessun risultato. In tal senso egli sosterrà che H. Spencer e J. S. Mili<br />

hanno capito assolutamente nulla ed hanno soltanto arrecato confusività,<br />

si occupa esclusivamente di Filosofia. Oltre ai testi da noi citati rientrano in questa<br />

produzione anche: Saggio diPanlogica (Torino, 1864-1871) e Considerazioni sul sistema<br />

<strong>del</strong>la natura e <strong>del</strong>lo spirito (1878).<br />

98 Lo stesso A., ribadirà queste convinzioni in Smosso <strong>del</strong>l'Enciclopedia Specula­<br />

tiva, 1890 op. cit.<br />

99 Su analoghe posizioni che andarono da un hegelismo ortodosso ad un sempre<br />

più marcato misticismo troviamo anche Antonio Tari (1809-1884), autore di Ente,<br />

Spinto e Reale (1872).<br />

100 Enrico Sala fu un filosofo <strong>del</strong>la fine <strong>del</strong> secolo scorso autore di numerosissimi<br />

lavori. Ricordiamo: Consulta filosofica <strong>del</strong>la questione tomistico-rosminiana (1883), La<br />

religione cattolica esposta <strong>nella</strong> sua natura e difesa contro gli errori moderni (1884), Ulti­<br />

ma critica di Ausonio Franchi (1889), Brevi elementi di estetica (1890), Psicologia, esposta<br />

con metodo critico-storico, coli'aggiunta di un trattatello sull'evoluzionismo (1895).


120 CAPITOLO PRIMO<br />

in quanto hanno condotto una materia, che tratta <strong>del</strong>la pura concettualità,<br />

quasi al livello di una disciplina pratica. E vero che egli parlerà di diversi<br />

tipi di Logiche, ognuna <strong>del</strong>le quali sarà dotata di proprie caratteristiche<br />

ma, fondamentalmente, egli accetta le tesi di A. Rosmini per il quale la<br />

Psicologia studia l'origine <strong>del</strong>le Idee ma nulla ha da spartire con la <strong>Logica</strong>.<br />

Allo stesso modo G. Caldi 101 (Metodologia generale <strong>del</strong>l'interpretazio-<br />

ne scientifica, 1893-1894) non solo rinforzerà ulteriormente le posizioni di<br />

E. Sala (1892), ma riterrà che la <strong>Logica</strong> determini la verità <strong>del</strong>la specu­<br />

lazione scientifica e che, l'unica in grado di assolvere a questo compito,<br />

può essere solamente quella aristotelica. Ma, a parte questa premessa,<br />

l'Autore, che pure si dichiara aderente alla posizione positivista, preten­<br />

dendo di presentare una metodologia adatta per tutte le scienze, sembra,<br />

con la sue posizioni successive, voler tagliare ogni rapporto con la <strong>Logica</strong><br />

o, più precisamente, con gli sviluppi che tale disciplina poteva avere. In­<br />

fatti questa « studia le condizioni a cui soddisfano tutti i concetti definiti<br />

in generale in quanto sono definiti, non in quanto sono il concetto di una<br />

cosa piuttosto che di un'altra cosa reale; studia quali sono le condizioni a<br />

cui soddisfano tutte le condizioni dimostrate in generale, in quanto sono<br />

dimostrate, non in quanto sono condizioni di fisica piuttosto che di Lo­<br />

gica, di Psicologia e così via: e mostra nello stesso tempo come criticare<br />

concetti e conclusioni, se non comprendessero quelle condizioni, che sono<br />

le condizioni prime <strong>del</strong> sapere scientifico » (28). Con queste affermazioni<br />

egli sembra sostenere che la <strong>Logica</strong> ha un compito definito ed un campo<br />

ben <strong>del</strong>imitato. In ogni caso, malgrado queste precisazioni o, più proba­<br />

bilmente, con l'intento di farle accettare ad ogni costo, le verità prime<br />

<strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> aristotelica neppure sono poste in discussione. Poco importa<br />

<strong>del</strong>l'uso operativo che si potrà fare di queste: è sufficiente che le si faccia<br />

proprie e non le si contesti. Fondamentalmente si assiste ad un ritorno di<br />

tematiche collegate alla Morale, per la quale i principii primi <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong><br />

classica sono le indispensabili condizioni dalle quali si deve in ogni caso<br />

partire per qualsiasi attività. Non occorre pertanto andare oltre a queste,<br />

perché non vi è alcun vantaggio, in quanto ci si ridurrebbe alla ripetizione<br />

di principii universali e necessari, dati una volta per tutte.<br />

Convinto sostenitore che la <strong>Logica</strong> sia l'unica scienza prima, includen-<br />

101 Conosciamo di questo filosofo e pedagogo solo altre due pubblicazioni, scritte<br />

tre anni dopo il testo da noi citato. Si tratta di: La coscienza e l'Io nel loro valore<br />

psicologico elementare (1896), La critica <strong>del</strong> secolo XVI contro la <strong>Logica</strong> di Aristotele e<br />

l'insegnamento scolastico (1896).


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 121<br />

te qualsiasi forma di sapere, è pure G. Mattiusi 102 (Principii di Filosofia,<br />

1895). Egli ritiene che si tratti <strong>del</strong>la Scienza direttiva <strong>del</strong>l'atto <strong>del</strong>la ragione,<br />

che è finalizzato alla conoscenza <strong>del</strong> Vero. Il fatto che, a suo avviso, possia­<br />

mo intenderla anche come una scienza teorica « in quanto ragionando as­<br />

segna il retto ordine dei nostri atti intellettivi » (13), ed una scienza pratica<br />

« in quanto è esercitata applicandola alle scienze particolari » (ibidem), non<br />

solo non sminuisce ma ampia il suo valore. La stessa cosa può dirsi quando<br />

afferma che oltre ai soliti argomenti <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> classica (concetto, giudi­<br />

zio, raziocinio e metodo) sarebbe possibile introdurre anche quello <strong>del</strong>l'ap­<br />

prensione, che riguarda, specificatamente, i termini mentali e che potrebbe<br />

essere un ottimo punto di avvio per uno studio psicologico.<br />

Ma questo è proprio ciò che egli ben si guarda dal fare. Infatti, in<br />

ogni caso, qualunque sia il modo con il quale la <strong>Logica</strong> è presentata,<br />

l'Autore sta facendo un discorso sulla stessa e non certo sui rapporti che<br />

questa ha con le altre discipline: l'aspetto strettamente normativo <strong>del</strong>la<br />

<strong>Logica</strong> è ribadito ad ogni passaggio.<br />

Simili posizioni continueranno a perdurare senza sosta, proponendo,<br />

quasi a scadenza fissa, i soliti problemi, che saranno discussi sempre nei<br />

soliti modi. Ed allora nel 1897 A. Cappellazzi 103 (Universalità <strong>del</strong>la Logi­<br />

ca) m , rivalutando totalmente San Tommaso, attribuirà carattere di univer­<br />

salità alla <strong>Logica</strong>, che è un « vero ufficio tecnico di polizia speculativa » (7).<br />

In primo luogo si tratta di « un'arte direttiva degli atti <strong>del</strong>la ragione nell'ac­<br />

quisto <strong>del</strong>la Verità » (10) e, in secondo luogo, è anche una scienza: in ogni<br />

caso l'universalità è la caratteristica che la rende, a differenza di ogni disci­<br />

plina empirica, strumento e regola <strong>del</strong>la ragione. Non solo, ma egli rinforza<br />

questa posizione collocandosi su posizioni panlogistiche. Non si tratta però<br />

di un'estensione <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, in riferimento ad altre scienze: anzi, la scien­<br />

za per l'Autore occorre intenderla negativamente, in quanto ci fa scordare<br />

<strong>del</strong>la nostra ignoranza. Se tutto ha una <strong>Logica</strong>, allora vuole dire che qual­<br />

siasi cosa è riconducibile a principii primi eterni ed immutabili, che non<br />

devono essere provati in alcun modo, in quanto <strong>del</strong> tutto razionali.<br />

102 Giovanni Mattiusi. Oltre il testo da noi citato siamo riusciti ad individuarne<br />

solamente un altro scritto dall'A. il cui titolo è L'evoluzione è possibile? (1877).<br />

105 Andrea Cappellazzi (1854-1933) fu un filosofo legato ancora alla tradizionale<br />

scolastica, attivo in particolare negli ultimi due decenni <strong>del</strong> secolo scorso. Tra le altre<br />

opere: Gli elementi <strong>del</strong> pensiero. <strong>Studi</strong>o di Psicologia ed Ideologia secondo le dottrine di<br />

san Tommaso d'Aquino (1895), Le Questioni moderne (1896).<br />

104 Si tratta non di un testo, ma <strong>del</strong>la prolusione che l'Autore lesse nell'inaugu­<br />

razione <strong>del</strong>l'Anno Scolastico 1897/1898 presso il Seminario Vescovile di Crema.


122 CAPITOLO PRIMO<br />

Nel 1898 L. Schiavi (<strong>Logica</strong> secondo la Scuola di San Tommaso d'Aqui-<br />

no ad uso degli studiosi che si iniziano <strong>nella</strong> Filosofia, 1898) 105 , quando<br />

tratterà <strong>del</strong>le varie scienze, ne proporrà una gerarchizzazione secondo l'or­<br />

dinamento stabilito nel basso medio-evo, per il quale la <strong>Logica</strong> (insieme<br />

alla matematica, la fisica e la morale), pur essendo subalterna alla metafi­<br />

sica, ovvero alla « scienza prima e la più sublime per ragion <strong>del</strong>l'oggetto<br />

che è il più astratto » (226), sarà subalternante tutte le altre forme <strong>del</strong><br />

sapere, per il fatto che indica « i principii <strong>del</strong>la vita a tante altre scienze<br />

ed arti che [le] sono in rapporto come di figlie » (26).<br />

Ancora nel 1899, vi sarà chi, come G. Tarozzi (Esercizi ed esempi di<br />

<strong>Logica</strong> ad uso dei Licei) 106 ribadirà che la <strong>Logica</strong> è solo teoria <strong>del</strong> sillogi­<br />

smo, che ha nulla da spartire con la Psicologia, ma che serve unicamente<br />

per l'analisi <strong>del</strong> concetto, <strong>del</strong> pensiero e <strong>del</strong> linguaggio. Si tratta, in questo<br />

caso, di un libretto concepito con scopo didattico, che fa uso di un note­<br />

vole numero di esempi per illustrare il funzionamento <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>. Nep­<br />

pure in questo caso, malgrado le posizioni conservatrici, mancano spunti<br />

interessanti. Infatti si accenna ad argomenti che sfuggono alle direttive<br />

iniziali con cui li si è costruiti e presentano idee sufficientemente innova­<br />

tive. E così <strong>nella</strong> prima parte <strong>del</strong> lavoro, in cui propone esercizi ed esempi<br />

a proposito <strong>del</strong>la teorica <strong>del</strong> concetto (si veda anche Bonghi, 1860), intro­<br />

duce un'interessante problematica epistemologica, nel senso che i termini<br />

e le definizioni scientifiche sono analizzati all'interno <strong>del</strong>la loro dimensio­<br />

ne linguistico-grammaticale. Nella seconda parte, intitolata "commenti<br />

logici", propone <strong>del</strong>le vere e proprie analisi <strong>del</strong> testo (in questo caso egli<br />

lavora sul secondo canto <strong>del</strong> Paradiso <strong>del</strong>la Divina Commedia), non tanto<br />

in riferimento agli scopi e supposte intenzioni <strong>del</strong>l'Autore (argomento<br />

dunque psicologico), quanto in riferimento alla modalità con cui è orga­<br />

nizzato il testo (argomento logico). Ad esempio egli cerca di indicare come<br />

nel suo interno, di qualunque genere esso sia, vengano a verificarsi casi di<br />

modus tollendo tollens ("Perempto consequente perimitur antecedens",<br />

ovvero "se P, allora Q; ma non-Q; dunque, non-P"), di dilemmi (ragiona-<br />

105 Lorenzo Schiavi è stato un filosofo attivo <strong>nella</strong> parte finale <strong>del</strong> secolo scorso.<br />

Ricordiamo, oltre al lavoro citato nel testo: Propedeutica allo studio <strong>del</strong>la Filosofia<br />

(1868-1879), Del bello in generale e <strong>del</strong> bello letterario (1869), Delle relazioni interne che<br />

esistono tra la Filosofia di Aristotile e la Dottrina di san Tommaso e di Dante (1891).<br />

106 Giuseppe Tarozzi (1868-1958). Allievo di Ardigò, dopo un precocissimo inte­<br />

resse per i problemi pedagogici, si indirizza verso posizioni spiritualiste, richiamandosi<br />

a Lotze. Tra i suoi lavori: Trattato di Pedagogia e Morale (1894), Filosofia e Pedagogia<br />

(1924), L'infinito ed il Divino (1951).


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 123<br />

menti con due premesse), di reductio ad absurdum per mezzo di deduzio­<br />

ne diretta 107 . Siamo, ancora una volta, ai confini tra la <strong>Logica</strong> e la Retorica,<br />

ma l'Autore tende ad annullare questo potenziale rapporto tra le due<br />

discipline, sostenendo come tutti questi problemi siano pur sempre ricon-<br />

ducibili alla <strong>Logica</strong> classica (sillogistica). Il compito che egli si propone,<br />

malgrado il dichiarato intento da lui prefissosi, è in ogni caso assai rilevan­<br />

te perché ora si tratta di analizzare non più singole proposizioni, ma un<br />

discorso che tocca argomenti, i quali vanno ben al di là di semplici esempi<br />

appositamente costruiti, con l'intento di sostenere la primarietà di deter­<br />

minati elementi invarianti. In altre parole, la sua analisi, pure essendo<br />

ancora formale e non certo contenutistica, è volta ad indicare come qual-<br />

sivoglia discorso, per essere compreso (anche se egli si sforzerà di soste­<br />

nere che l'intento è quello di dimostrare) debba essere necessariamente<br />

dotato di un senso che si richiami a precise strutture espressive.<br />

In tutti i casi questi tentativi di recupero <strong>del</strong>la classica <strong>Logica</strong> e <strong>del</strong>­<br />

l'attestazione <strong>del</strong>la sua primarietà su qualsiasi altra forma <strong>del</strong> sapere non<br />

si esauriscono con la fine <strong>del</strong> secolo, ma anche agli inizi <strong>del</strong> 1900 vi saran­<br />

no studiosi che non esiteranno a sostenere simili posizioni. Un esempio<br />

significativo, tra molti altri, lo troviamo in C. F. Savio, <strong>Logica</strong> raziocinativa<br />

ed induttiva, 1907) 108 , il quale sosterrà che la <strong>Logica</strong>, sia questa "dialetti­<br />

ca" (concetto, giudizio e raziocinio) che "critica" (verità, certezza, errore,<br />

metodo, definizione, dimostrazione) può essere solo quella aristotelico-<br />

scolastica. La <strong>Logica</strong> induttiva è trattata solo a fine polemico: il pensiero<br />

positivista è criticato lungo tutto il testo e l'empirismo e lo psicologismo<br />

di J. S. Mili sono ritenuti <strong>del</strong> tutto inutili per la ricerca poiché « peccano<br />

per i principi generali che li informano» (8).<br />

6. Conclusioni.<br />

Caratteristica comune <strong>del</strong>la produzione logica <strong>italiana</strong> <strong>del</strong> secolo<br />

scorso (e di gran parte di quella europea) è stato il tentativo di mettersi<br />

in rapporto con ciò che viene assunto quale Verità. Indipendentemente<br />

107 Gli altri testi che egli prende in esame per condurre questa analisi sono il libro<br />

II dei Discorsi sulla prima deca di Tito Livio di N. Machiavelli ed il capitolo XXII di<br />

Assunto primo <strong>del</strong> diritto naturale di G. Romagnosi.<br />

108 Carlo Fe<strong>del</strong>e Savio (1848-1916). Nel 1873 entrò nell'ordine dei gesuiti. Inse­<br />

gnò Storia nel collegio <strong>del</strong>la Visitazione <strong>del</strong> Principato di Monaco e poi a Torino<br />

(Istituto Sociale). Nel 1906 fu chiamato alla cattedra di Storia ecclesiastica <strong>del</strong>l'Univer­<br />

sità Pontificia Gregoriana di Roma.


124 CAPITOLO PRIMO<br />

dal fatto che la si sia considerata arte di pensare, o riproduzione e rappre­<br />

sentazione degli schemi che ogni soggetto segue quando pensa, o mecca­<br />

nismo con cui la natura opera, od insieme di regole che devono seguire sia<br />

il linguaggio che l'azione, o strumento operativo per il corretto impiego<br />

<strong>del</strong>le facoltà intellettive, essa è sempre stata volta alla ricerca di un'argo­<br />

mentazione coerente per la costituzione <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo ottimale <strong>del</strong>la razio­<br />

nalità. Una materia che si assegna un simile statuto, deve tuttavia porsi a<br />

rapporto con quelle che sono le caratteristiche meno controllabili, od in<br />

ogni caso più aleatorie, di ogni soggetto (oggetto di studio <strong>del</strong>la Psico­<br />

logia), ma senza alcun dubbio anch'esse presenti, se non addirittura pri­<br />

marie.<br />

In senso molto generale possiamo proporre la seguente ripartizione.<br />

Da un lato abbiamo la Verità, la certezza, e, dall'altro la confutabilità e la<br />

provvisorietà: le prime due caratteristiche appartengono ad un universo<br />

ideale, perfetto, mentre le ultime due sono specifiche <strong>del</strong> mondo reale,<br />

quotidiano. Impiegare il primo per "leggere" il secondo può essere utile<br />

sino al momento in cui non si pretenda di ritrovare esattamente riprodotte<br />

nel concreto le caratteristiche pure <strong>del</strong> primo universo: il tentativo di<br />

imporre queste ultime e di imbrigliare in esse quelle che sono le molteplici<br />

modalità in cui il soggetto pensa, parla e si rapporta con gli altri, è inevi­<br />

tabilmente destinato a fallire. Allo stesso modo fondare le costruzioni<br />

teoriche, che ogni soggetto produce, su assunti ricavati da semplici osser­<br />

vazioni o basandosi su dati unicamente verificabili da un punto di vista<br />

empirico, darà luogo a risultati la cui attendibilità sarà sempre messa in<br />

discussione, in quanto mancano stabili punti di riferimento. Il ritenere che<br />

un fatto, una situazione, sia vero solo perché lo viviamo concretamente e<br />

10 sperimentiamo su di noi è altrettanto pericoloso quanto l'interpretare i<br />

fatti basandoci su assunti formalmente perfetti, ma senza alcun riscontro<br />

<strong>nella</strong> realtà empirica.<br />

Tutto il nostro lavoro è ruotato attorno a questi punti ed ha investi­<br />

gato la produzione filosofica che la letteratura minore <strong>italiana</strong> <strong>del</strong> secolo<br />

scorso ha prodotto riguardo il rapporto tra <strong>Logica</strong> e Psicologia. Ha inoltre<br />

messo in luce come si sia ben lungi, indipendentemente dalle posizioni<br />

degli Autori considerati, dal trovare una loro reale correlazione (il fondare<br />

11 rapporto tra scienze pure e scienze empiriche sul concetto di proba­<br />

bilità, oppure il produrre un mo<strong>del</strong>lo astratto come trait d'union tra le<br />

due, sono temi che compariranno molto tempo dopo). Ecco perché alla<br />

luce <strong>del</strong>le osservazioni da noi ricavate attraverso l'esame dei testi concer­<br />

nenti tali argomenti, ci limitiamo a segnalare alcune caratteristiche, con


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 125<br />

l'intento di individuare alcuni tratti salienti che hanno caratterizzato la<br />

dinamica che, nel secolo scorso, ha connotato il rapporto tra queste due<br />

forme <strong>del</strong> sapere.<br />

6.1. Malgrado alcuni spunti interessanti e, per certi versi, anche in­<br />

novativi, se dovessimo riassumere in poche parole ciò che ha segnato il<br />

rapporto tra Psicologia e <strong>Logica</strong>, dovremmo sofiolineare che la confusività<br />

sia stata la caratteristica più rilevante. Se questo è un risultato di non<br />

difficile verifica globale, vogliamo concludere il lavoro argomentando che<br />

tale confusività, lungi dallo scomparire progressivamente col passare <strong>del</strong><br />

tempo, grazie alla comparsa di nuovi risultati, è, per certi aspetti, ancor<br />

più evidente <strong>nella</strong> seconda metà <strong>del</strong> secolo.<br />

Infatti ora la Psicologia si batte per acquisire lo statuto di scienza<br />

autonoma e, successivamente, nell'ultimo decennio, la stessa cosa avviene<br />

anche per la <strong>Logica</strong>. Ciò comporta il comparire di nuove problematiche,<br />

che richiedono per la loro soluzione l'adozione di nuovi strumenti cultu­<br />

rali, ed il proporre quesiti sino a quel momento mai affrontati. Questi<br />

nuovi fatti spiazzano completamente tutti i filosofi, che non riescono a<br />

comprendere le importanti innovazioni teoretiche, che queste nuove scien­<br />

ze producono al loro interno. Si aggiunga a ciò che gli strumenti filosofici,<br />

di cui questi studiosi si servono per accostarsi a tematiche che forse "in­<br />

tuiscono", ma <strong>del</strong>le quali mai hanno una precisa visione, sono ancora<br />

quelli vecchi e <strong>del</strong> tutto superati. Da un lato un troppo rilevante tentativo<br />

di trasformare i problemi logici in problemi psicologici non può essere<br />

accettato, anche se parecchi filosofi di questo periodo furono tentati di<br />

farlo. D'altro canto è anche un errore considerare solamente l'aspetto<br />

logico di un problema filosofico, senza neppure prendere in esame la<br />

portata psicologica che questo certamente riveste.<br />

Siamo convinti che tutti i personaggi da noi citati fossero dotati di<br />

una buona erudiziene (erano quasi tutti docenti universitari o liceali) e che<br />

abbiano inteso, quando non addirittura letto direttamente, quello che, in<br />

campo scientifico (e filosofico), avveniva negli altri paesi. Tuttavia siamo<br />

anche convinti che le conoscenze <strong>del</strong>le grandi correnti di pensiero, che si<br />

erano diffuse <strong>nella</strong> <strong>cultura</strong> europea <strong>del</strong>l'epoca, siano state viziate dall'im­<br />

possibilità reale di fornirsi di un'adeguata quantità di materiale bibliogra­<br />

fico e che, in ogni caso, tutti i nostri filosofi siano stati irrimediabilmente<br />

legati ad una tradizione <strong>cultura</strong>le oramai sorpassata.<br />

Il limite di questa letteratura minore sta proprio nell'aver "letto", con<br />

un metro di giudizio non più attuale, quello che le scienze, ma anche la


126 CAPITOLO PRIMO<br />

filosofia <strong>del</strong> periodo in questione, stava invece proponendo di nuovo: il<br />

risultato è che, <strong>nella</strong> maggior parte dei casi, i lavori degli Autori da noi<br />

esaminati si sono basati su interpretazioni, a volte avventurose ed impre­<br />

cise, degli scritti dei grandi filosofi <strong>del</strong>l'epoca (è impressionante, ad esem­<br />

pio, osservare le storture apportate da costoro agli scritti di Kant e di<br />

Hegel e degli altri filosofi contemporanei, ma anche le interpretazioni<br />

superficiali di lavori quali quelli di Helmholtz e Brentano, oppure la totale<br />

incomprensione dei testi di Jevons, de Morgan e Boole). Questi atteggia­<br />

menti hanno fatto sì che analoghe condizioni perdurassero ancora alla fine<br />

<strong>del</strong> secolo <strong>nella</strong> maggior parte <strong>del</strong>la <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong>, quando era invece<br />

oramai chiaro l'indirizzo e le prospettive che la nuova filosofia ed anche<br />

la nuova scienza stavano prendendo.<br />

Vogliamo fare ricorso a due esemplificazioni per chiarire tale punto:<br />

la prima sarà di carattere generale [6.2 e 6.3], la seconda [6.4] più speci­<br />

ficatamente collegata alla <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong> di fine secolo.<br />

6.2. Anche se gli psicologi italiani sono debitori alla filosofia più di<br />

quanto non lo siano i loro colleghi stranieri, con la fine <strong>del</strong> secolo (e<br />

soprattutto nei primi anni <strong>del</strong> secolo XX) inizia a farsi sentire in maniera<br />

sempre più pressante l'esigenza di staccarsene decisamente e definiti­<br />

vamente. Questo è dovuto al duplice fatto che la Psicologia diviene area<br />

di discussione e ricerca per i filosofi, ma anche per gli antropologi, i fisici,<br />

gli psichiatri, i fisiologi ed i biologi, e, contemporaneamente, sorgono<br />

nuovi indirizzi di ricerca che hanno la funzione di arricchirla e di favorire<br />

una continua discussione dei problemi che si ponevano di volta in volta.<br />

Se inizialmente erano stati il positivismo di Wundt e l'evoluzionismo di<br />

Spencer i punti di partenza, in questo periodo fanno la loro comparsa, in<br />

modo particolare grazie ai lavori di G. C. Ferrari, la corrente funzionalista,<br />

di orientamento anti-positivista, rappresentata da E. Claparède e, soprat­<br />

tutto, da W. James (la sua opera principale Principles of Psychology <strong>del</strong><br />

1890 sarà tradotta ed arricchita da G. C. Ferrari nel 1901 ed, in seguito,<br />

sarà adottata come manuale per gli studenti liceali), quella strutturalista di<br />

E. B. Titchener e di G. L. Cuvier, nonché alcune elaborazioni originali,<br />

mutuate dall'incontro di tali correnti (ad esempio il lavoro di Baldwin).<br />

6.2.1. La <strong>psicologia</strong> funzionalista si presenta nei suoi nuclei teorici<br />

con un programma fondamentalmente interazionista e ritiene che l'espe­<br />

rienza psichica non sia spiegabile in base al semplice associazionismo ed<br />

al principio di causalità meccanica. L'obiettivo che si pone è il tentativo<br />

di fornire una spiegazione sistematica riguardo la riflessione, ovvero la


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 127<br />

relazione intenzionale tra il soggetto e l'oggetto: il suo postulato di base<br />

afferma che l'intenzionalità <strong>del</strong>la ricerca psichica deve coincidere con il<br />

finalismo <strong>del</strong>l'individuo biologico. In questo modo ci si trova in contrasto<br />

con il classico orientamento positivista per il fatto che ora ci si rifiuta di<br />

accogliere qualsiasi riduzionismo meccanicistico <strong>del</strong>la vita psichica e, con­<br />

temporaneamente, in virtù <strong>del</strong> suo postulato, auspica la necessità di adot­<br />

tare i concetti e la metodologia <strong>del</strong>la scienza biologica. Tutto ciò consente<br />

agli psicologi, che divengono fautori di questa modalità di ricerca, di<br />

andare al di là dei limiti <strong>del</strong>la Psicologia associazionista wundtiana e di<br />

dedicarsi non tanto allo studio di ciò che è <strong>nella</strong> coscienza, quanto piut­<br />

tosto di ciò che la coscienza mette in atto, agisce. Il fatto comporta un<br />

ulteriore ampiamento <strong>del</strong> campo di indagine <strong>del</strong>la Psicologia perché, in<br />

ultima analisi, riguardano questa materia le relazioni (funzioni) che si sta­<br />

biliscono fra ambiente e soggetto, intendendo quest'ultimo come organi­<br />

smo, colto <strong>nella</strong> sua totalità (si pensi, a tale proposito, al contrasto che<br />

oppose James rispetto a Wundt, a proposito <strong>del</strong>le emozioni, che per que­<br />

st'ultimo altro non erano che una reazione <strong>del</strong>l'appercezione al contenuto<br />

sensoriale, oppure al drastico giudizio di E. Claparède, per il quale solo<br />

con gli inizi <strong>del</strong> nostro secolo ci si poteva accostare alla Psicologia « in<br />

un'epoca in cui l'associazionismo superficiale, che aveva più o meno intos­<br />

sicato i più anziani [psicologi] di trenta o quarantenni fa, era [definitiva­<br />

mente] finito ») 109 .<br />

6.2.2. Lo strutturalismo, a sua volta, segue un orientamento rigida­<br />

mente naturalistico ma postula per il livello biologico, anch'esso primario,<br />

una ulteriore riduzione ad un livello matematico. La biologia, in effetti,<br />

può costituirsi scientificamente a condizione di non limitarsi all'osserva­<br />

zione dei fatti empirici, ma attraverso la ricerca di leggi costanti e neces-<br />

sarie, ovvero matematiche, che presiedono alla correlazione tra le differen­<br />

ti componenti <strong>del</strong>l'organismo. E allora il concetto di specie il punto fon­<br />

damentale <strong>del</strong>la biologia: i tratti <strong>del</strong>l'individuo, esaminato singolarmente,<br />

rimangono un fatto empirico, casuale, la cui importanza diviene rilevante<br />

solo se i suoi elementi caratteristici sono riconducibili a leggi universali.<br />

Nello studio <strong>del</strong> soggetto allora sarà necessario subordinare la fisiologia<br />

109 La citazione è tratta dalla prefazione che E. Claparède scrisse nel 1923 al libro<br />

di J. Piaget Le Langage et la Pensée chez l'enfant e che segna il passaggio di quest'ultimo<br />

da una prospettiva funzionalista ad una strutturalista. Noi ci siamo rifatti alla traduzio­<br />

ne di C. Musatti Rapuzzi (// Linguaggio ed il Pensiero nel bambino, Giunti e Barbera,<br />

Firenze, 1962, IX).


128 CAPITOLO PRIMO<br />

all'anatomia in un'ottica causa/effetto: in base a ciò le strutture anatomi-<br />

che sono deputate a predeterminare e ad ordinare le funzioni <strong>del</strong>l'organi­<br />

smo. In questo caso, allora, la scienza psicologica deve essere molto più<br />

autonoma, rispetto a quanto proponevano le posizioni funzionalistiche, e<br />

deve riguardare le leggi generali <strong>del</strong>la mente: la matematica, a sua volta,<br />

deve essere intesa alla stregua di linguaggio, certamente il più opportuno<br />

in quanto il più preciso, per descrivere, non solo quantificare, gli elementi<br />

primari <strong>del</strong>le esperienze <strong>del</strong> soggetto. Per fare questo occorre che non ci<br />

si soffermi sulle singole tipologie mentali, in quanto le differenze indivi­<br />

duali divengono leggi, solamente se riferite a condizioni stabili e definite:<br />

ed è quest'ultimo l'obiettivo <strong>del</strong>la ricerca (si pensi, a tale proposito, alla<br />

disputa tra Titchener e Baldwin a proposito dei tempi di reazione, che per<br />

quest'ultimo dipendevano dalle differenze tra tipi dotati di reazioni senso­<br />

riali e tipi dotati di reazioni motorie).<br />

6.2.3. Alla fine <strong>del</strong> secolo S. de Sanctis, allievo di C. Lombroso e di<br />

G. Sergi, lo psicologo italiano allora probabilmente più conosciuto al­<br />

l'estero, ritiene di grande importanza l'impiego dei test mentali e si impe­<br />

gna a fondo per fare tradurre e pubblicare il lavoro di A. Binet e Simon,<br />

studiosi che, in opposizione a Wundt, ritengono che la Psicologia Speri­<br />

mentale debba occuparsi dei processi mentali superiori e dedicano, preva­<br />

lentemente, il loro studio al pensiero ed all'intelligenza. Il problema legato<br />

alla "quantificazione" (Galton è conosciuto dai nostri studiosi) <strong>del</strong>le abi­<br />

lità cognitive entra a far parte <strong>del</strong> panorama di ricerca: inevitabilmente ciò<br />

comporta il presentarsi di nuovi problemi da affrontare e da risolvere e<br />

soprattutto anche l'introdurre concetti teorici <strong>del</strong> tutto nuovi, che sconvol­<br />

gevano alcune certezze ritenute indubitabili.<br />

Tutte queste differenti modalità di accostarsi alla Psicologia sono<br />

conosciute in Italia e ciò giustifica il fatto che sorgano alcune riviste che<br />

accolgono le più differenti impostazioni di ricerca. Ad esempio nel 1881<br />

E. Morselli fonda la Rivista di Psicologia scientifica che è l'espressione per<br />

eccellenza <strong>del</strong>la corrente positivista, ma che contiene anche lavori di stu­<br />

diosi appartenenti a differenti orientamenti (ad esempio vi scrive G. Ta­<br />

rozzi che, partito da posizioni spiritualiste (1899, op. cit.) approda poi a<br />

quelle funzionaliste, tanto che nel 1911 propone il Compendio dei principii<br />

di Psicologia di W. James sotto forma di manuale destinato addirittura agli<br />

studenti <strong>del</strong>le scuole medie); nel 1899 nasce la Rivista quindicinale di<br />

Psicologia, Psichiatria, Neuropatologia che si occupa principalmente di stu­<br />

di psicopatologici; nel 1900 inizia la pubblicazione <strong>del</strong>l'Archivio di Psi-


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 129<br />

oologia collettiva e Scienze affini che indaga temi di "<strong>psicologia</strong> sociale" o,<br />

potremmo forse oggi sostenere con maggior precisione, di "antropologia<br />

<strong>cultura</strong>le".<br />

6.3. È allora comprensibile come la Psicologia tenda ad assumere il<br />

ruolo di guida rispetto alle altre scienze e, per ciò che concerne il nostro<br />

discorso, si può anche agevolmente comprendere come per la maggior<br />

parte degli studiosi, negli ultimi decenni <strong>del</strong> secolo la <strong>Logica</strong> dipenda<br />

totalmente dalla Psicologia, ne sia una derivazione e, fondamentalmente,<br />

sia intesa alla stregua di strumento atto a rappresentare, tramite astrazione,<br />

quelle che sono le caratteristiche fondamentali, che stanno alla base e<br />

presiedono alla formazione <strong>del</strong>le attività cognitive <strong>del</strong> soggetto.<br />

Si tratta di una posizione oramai acquisita che non solo gli psicologi<br />

sostengono fermamente, ma qualsiasi persona che indaghi tale problema.<br />

Ecco perché anche i logici <strong>del</strong> periodo fanno propria questa impostazione<br />

di pensiero 110 . Indubbiamente, questo è l'aspetto che caratterizza mag­<br />

giormente la <strong>cultura</strong> <strong>del</strong> periodo: non si può fare a meno di un punto di<br />

partenza psicologico per poter spiegare qualsiasi forma <strong>del</strong> sapere, a<br />

meno di trincerarsi dietro posizioni conservatrici ed atemporali.<br />

Eppure, l'esame da noi condotto sulla grande maggioranza dei filo­<br />

sofi italiani <strong>del</strong>la seconda metà <strong>del</strong> secolo <strong>XIX</strong>, ci conduce ad ammettere<br />

che, paradossalmente, possiamo oggi sostenere che i fautori <strong>del</strong>la corrente<br />

(quella che noi abbiamo indicato come gruppo 5.3.), che rifiutava assolu­<br />

tamente di trovare alcun contatto tra le due materie, possano essere con­<br />

siderati "moderni" almeno quanto coloro che sostenevano una correlazio­<br />

ne tra queste due materie (gruppi 5.2.) e coloro i quali ritenevano la<br />

Psicologia generatrice di tutte le forme <strong>del</strong> sapere, dunque anche <strong>del</strong>la<br />

<strong>Logica</strong> (gruppo 5.1.).<br />

110 In un tale contesto rimane pertanto isolata la voce di chi si oppone a queste<br />

posizioni, come ad esempio quella di G. Frege. Egli aveva compreso che era la <strong>Logica</strong>,<br />

e non altre discipline, il fondamento <strong>del</strong>la matematica e pertanto il mescolarla con<br />

componenti psicologiche aveva come unico risultato quello di inquinare la stessa e di<br />

deviarne la ricerca. Siamo nel periodo in cui G. Frege inizia e compone la parte più<br />

importante dei suoi lavori (Begriffsschrift, 1879; Grundlagen der Arithmetik, 1884;<br />

Grundgesetze der Arithmetik I, II, 1893, 1902) tesi alla ricerca dei fondamenti <strong>del</strong>la<br />

matematica che, a suo avviso, sono di natura logica. Sappiamo altresì che <strong>nella</strong> sua<br />

opera egli prende decisamente posizione proprio contro coloro nei quali era riscontra­<br />

bile qualsiasi elemento psicologistico per tentare di assolvere al compito accennato. A<br />

tale proposito sono assai conosciute le sue precise e pungenti osservazioni verso J. S.<br />

Mili, Jevons, ed altri.


130 CAPITOLO PRIMO<br />

Infatti un'interpretazione psicologistica <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, va incontro a<br />

molteplici difficoltà, proprio in virtù dei suoi presupposti di base che<br />

condizionano la stessa ricerca. L'indagine sugli effettivi processi psichici,<br />

concernenti le forme <strong>del</strong> pensiero, o le leggi <strong>del</strong> pensiero, proprio perché<br />

tratta di qualcosa non sperimentalmente verificabile, conduce ad una<br />

nuova ricerca speculativa, oppure presuppone la riesumazione di una con­<br />

cezione naturalistico-meccanicista <strong>del</strong> pensiero stesso, tipica <strong>del</strong>la <strong>cultura</strong><br />

settecentesca, che rende quest'ultimo un "oggetto reale" di indagine, alla<br />

stregua di tutti gli altri oggetti di cui si occupano le altre scienze <strong>del</strong>la<br />

natura. Tutti gli studiosi esaminati non riescono ad eliminare completa­<br />

mente questo aspetto: infatti, come abbiamo mostrato, non hanno mai<br />

avuto un attimo di esitazione a proporre una visione unitaria <strong>del</strong> sapere<br />

con l'intento dichiarato di produrre una sintesi concettuale, ma con il<br />

risultato effettivo di dar luogo a lavori assai discutibili, generando, di<br />

conseguenza, una notevole confusività.<br />

In modo assai generale manca a questi psicologi la capacità di saper<br />

partire nel loro lavoro dall'essere umano inteso come una totalità concreta<br />

o, in termini più attuali, come una persone. Ma questo è un mo<strong>del</strong>lo che<br />

sarà riscontrabile solo <strong>nella</strong> Psicologia contemporanea e che all'epoca non<br />

poteva certamente essere facilmente inteso e compreso.<br />

In altri termini: anche se in campo psicologico vi sono stati notevoli<br />

progressi, consistenti in una <strong>del</strong>imitazione più precisa ed in una più pun­<br />

tuale individuazione degli obiettivi, la maggioranza di coloro che si occu­<br />

pavano di questa disciplina, dimostra di non aver compreso sino in fondo<br />

quella che erano state la fondamentali intuizioni kantiane, da cui si erano<br />

mossi un po' tutti i grandi psicologi europei. Nella maggior parte dei casi,<br />

infatti, si lavora ancora attorno ad una Psicologia Razionale (l'influenza di<br />

Wolff non cessa neppure ora), mentre invece la critica di Kant, pure<br />

mettendo in luce le verità essenziali che questa comportava, negava tutta­<br />

via che queste costituissero una conoscenza razionale, ovvero oggettiva. È<br />

l'esperienza l'elemento che ci informa riguardo la vita cosciente e, di con­<br />

seguenza, tutti i quesiti, che tale attività non può risolvere, appartengono<br />

alla metafisica, non certo alla Psicologia come Scienza. Gli psicologi ita­<br />

liani, affermano di volere eliminare dai loro interessi una Psicologia Razio­<br />

nale, sostituendola con una Psicologia Empirica e <strong>nella</strong> pratica si assestano<br />

su questo campo. Tuttavia spesse volte sono condotti ad impiegare le<br />

tecniche, che sono proprie di questa modalità di ricerca, con l'intento -di<br />

cercare di risolvere problemi che non possono essere affrontati in tal<br />

modo. In senso opposto si verifica allora proprio quello che pretendevano


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 131<br />

di eliminare, ovvero il forzare una ricerca attraverso l'impiego di strumenti<br />

inadatti ed improduttivi.<br />

Probabilmente questo è dovuto al fatto che non si ha una concezione<br />

<strong>del</strong>la Psicologia che, oltre ad essere empirica, sia anche fenomenologica.<br />

Infatti l'osservazione e la sperimentazione presentano <strong>del</strong>le insormontabili<br />

difficoltà, che si può cercare di superare, almeno in parte, solo intendendo<br />

la Psicologia alla stregua di pura descrizione dei processi interni. Se si<br />

accetta questa posizione, bisogna però anche convincersi che è impossibile<br />

dedurre e fissare <strong>del</strong>le leggi a priori per una simile disciplina, mentre<br />

questo, al massimo, potrebbe essere possibile per altre conoscenze (per<br />

Kant, ad esempio, quelle fisiche).<br />

Forse il timore di ridurre ulteriormente il campo d'applicazione <strong>del</strong>la<br />

Psicologia e la resistenza ad accorgersi che è solo <strong>del</strong>imitando chiaramente<br />

i problemi che una disciplina deve affrontare e, di conseguenza, i metodi<br />

da adottare, costituirono il principale ostacolo che i nostri studiosi incon­<br />

trarono per legittimare come prettamente scientifiche le ricerche da loro<br />

compiute.<br />

6.4. Se per ciò che concerne la Psicologia ci troviamo in una situa­<br />

zione alquanto confusa, per la <strong>Logica</strong> si naviga in acque ancora più tor­<br />

bide, in quanto si viene a verificare ed a rafforzare assai presto, ciò che<br />

C. S. Peirce sosteneva a proposito degli studi di tale materia. Egli si ren­<br />

deva conto « che questa disciplina era in una brutta condizione, comple­<br />

tamente indegna <strong>del</strong>lo stato generale di sviluppo intellettuale <strong>del</strong>l'epoca.<br />

In conseguenza di ciò ogni altra branca <strong>del</strong>la filosofia, ..., - poiché già era<br />

chiaro che la Psicologia era una forma di conoscenza <strong>del</strong> tutto speciale e<br />

non una parte <strong>del</strong>la filosofia - si trovava in un simile spiacevole stato...<br />

Essa era caduta continuamente e tutt'altro che lentamente, relativamente<br />

al progresso <strong>del</strong>la scienza fisica, dal tempo <strong>del</strong>la rinascita <strong>del</strong> sapere, cioè<br />

dalla data <strong>del</strong>la caduta definitiva di Costantinopoli » (F. Barone, op. cit.,<br />

II, V, II, 198). Per quello che concerne l'Italia degli ultimi anni <strong>del</strong> <strong>XIX</strong><br />

secolo, dove una tale condizione era lampante, abbiamo un esempio asso­<br />

lutamente significativo per illustrare la confusività in cui si dibatteva il<br />

sapere filosofico.<br />

Una decina di anni prima <strong>del</strong>la fine <strong>del</strong> secolo, e precisamente nel<br />

1889, il lavoro di Giuseppe Peano ha fatto il suo ingresso nel panorama<br />

<strong>cultura</strong>le, apportando specifici e precisi contributi nel campo <strong>del</strong>la Mate­<br />

matica e <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, al punto che i suoi lavori sono conosciuti e discussi<br />

in Europa già a cavallo tra il <strong>XIX</strong> ed il XX secolo. Se si escludono alcune


132 CAPITOLO PRIMO<br />

posizioni che risentono <strong>del</strong> clima <strong>cultura</strong>le specifico <strong>del</strong> periodo, il suo<br />

lavoro era certamente innovativo e, soprattutto, espresso con un rigore ed<br />

una chiarezza tali che B. Russell affermò che "Peano era sempre più pre­<br />

ciso di tutti gli altri e che in tutte le discussioni risultava indubbiamente il<br />

più brillante... [e] mi convinsi che questo dipendeva dalla sua logica mate­<br />

matica" (citato da H. C. Kennedy, Peano. Storia di un matematico, 104).<br />

Sarebbe forse comodo, e crediamo anche semplicistico, affermare che<br />

ben difficilmente le grandi opere conoscano subito il successo e l'apprez­<br />

zamento loro dovuto ed altrettanto banale sarebbe rifarsi ai numerosi<br />

esempi storici, che testimoniano tale fatto. Pur non mettendo minimamen­<br />

te in discussione l'indubbio valore di Peano, egli è rappresentante di un<br />

clima <strong>cultura</strong>le <strong>del</strong> tutto attuale <strong>nella</strong> <strong>cultura</strong> europea <strong>del</strong> suo tempo, dove<br />

le discussioni sui temi da lui trattati sono sufficientemente diffuse. Tutta­<br />

via la <strong>cultura</strong> filosofica <strong>italiana</strong> non solo non si rende conto di ciò, ma<br />

assume posizioni arbitrariamente contrarie.<br />

Anche ora vi sono alcune eccezioni, le quali però altro non fanno che<br />

avvalorare le tesi di partenza. Nel nostro caso possiamo riferire di due<br />

Autori che compresero la portata innovativa dei lavori peaniani. Si tratta<br />

di F. Masci 111 e, ancora più marcamente, di A. Nagy 112 , il quale già nel<br />

1890 (Fondamenti <strong>del</strong> calcolo logico) mostrava di conoscere ed apprezzare<br />

i lavori <strong>del</strong> matematico torinese (ma anche quelli di G. Boole, E. Schròder<br />

111 Ci riferiamo ad Elementi di Filosofia - <strong>Logica</strong> <strong>del</strong> 1899, opera citata dallo stesso<br />

G. Peano sul bollettino di Mathesis A. VII (G. Peano, Le definizioni per astrazione, in<br />

Opere scelte, a cura di U. Cassina, Roma, 1958, II, 402-416). Nella seconda parte <strong>del</strong>la<br />

sua produzione filosofica F. Masci (1844-1922), discepolo di B. Spaventa, passò ad una<br />

ricerca tesa alla ricostruzione psicofisica <strong>del</strong>l'esperienza conoscitiva, ripudiando comple­<br />

tamente le tesi fondamentali di Kant, dalle quali pure era partito e che aveva a lungo<br />

sostenuto, cercando di preservarle dalle osservazioni di coloro che si presentavano legati<br />

ad un empirismo troppo radicale. A conferma di queste sue ultime posizioni si veda<br />

Pensiero e coscienza (Roma, 1922). Tra le altre opere segnaliamo: Le forme <strong>del</strong>l'intuizio­<br />

ne (1881), Filosofia, scienza, storia <strong>del</strong>la filosofia (1902). Da sottolineare infine, secondo<br />

G. Gentile, che il Masci, nell'ultimo periodo <strong>del</strong>la sua vita, "per stanca disperazione di<br />

venire a capo di una scienza che affermasse insieme lo Spirito e la Natura meccanica, si<br />

è abbandonato al misticismo... quando non era più in grado di criticare ed approfondire<br />

il proprio contenuto e pervenire ad una chiara e netta soluzione (1921, III, 98-99).<br />

112 Albino Nagy. Di origini dalmate fu docente di Filosofia nel Liceo di Velletri<br />

e col 1894 divenne libero docente di <strong>Logica</strong> all'Università di Roma. La sua produzione<br />

più interessante è quella compresa tra il 1890 ed il 1899. Ricordiamo tra le altre opere:<br />

// Nyaga e la logica aristotelica (1889), Le cognizioni matematiche <strong>nella</strong> Filosofia di<br />

Platone (1890), Principii di <strong>Logica</strong> esposti secondo le dottrine moderne (1892), I primi<br />

dati <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> (1894), Fatti normali e fatti morbosi in Psicologia (1896 - Con frequenti<br />

richiami ai lavori di P. Janet e J. B. E. Charcot).


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 133<br />

e G. Frege) e due anni dopo (Principii di logica esposti secondo le dottrine<br />

moderne, 1892) affermava che la <strong>Logica</strong>, in Italia, si trovava in netto ritar­<br />

do rispetto alle altre nazioni, perché i filosofi si disinteressavano comple­<br />

tamente dei suggerimenti che venivano dai matematici (tra i quali è citato<br />

G. Peano). Egli da l'impressione di volersi sforzare di prendere in esame<br />

i suggerimenti dei matematici con l'intento di cercare di fare uscire la<br />

<strong>Logica</strong> "dal sonno" aristotelico: se infatti lo stagirita è senza dubbio il<br />

padre di questa disciplina, occorre tuttavia che questa evolva e per questo<br />

sono necessarie nuove speculazioni, nuove teorie e diverse tecniche. A suo<br />

avviso « la <strong>Logica</strong> s'occupa <strong>del</strong> pensiero come dev'essere, esatto <strong>nella</strong><br />

forma e vivo nel contenuto... La <strong>Logica</strong> non considera il pensiero come<br />

prodotto <strong>del</strong>l'essere pensante, né come parte <strong>del</strong>la realtà obiettiva e nep­<br />

pure come significato di parole, sibbene lo riguarda in sé, nel suo processo<br />

ordinato, nelle sue leggi » (12). Dopo avere suddiviso la <strong>Logica</strong> in dottrina<br />

<strong>del</strong>le forme elementari, dottrina <strong>del</strong>le forme sistematiche (che rende conto<br />

anche <strong>del</strong> contenuto), riprende espressamente da Boole e Schròder la<br />

dottrina <strong>del</strong>le leggi <strong>del</strong> pensiero e svolge quella <strong>del</strong> sillogismo, che l'Au­<br />

tore non elimina certo dal corpus <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, ma che anzi ritiene pur<br />

sempre come la forma prima <strong>del</strong>la stessa, (cosa che, d'altra parte, lo stesso<br />

Peano sosteneva ancora nel 1908), facendo ricorso alle tematiche astratte<br />

da lui già impiegate per trattare la dottrina <strong>del</strong> concetto e <strong>del</strong> giudizio:<br />

subordinazione (relazione d'inclusione), interferenza (inclusione ed esclu­<br />

sione parziale), disgiunzione o distinzione (esclusione totale), semplicità,<br />

molteplicità, somma ed infine intersezione.<br />

Quello che maggiormente ci interessa dei lavori <strong>del</strong> Nagy lo ritrovia­<br />

mo in Lo stato attuale ed i progressi <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> (Rivista Italiana di Filo­<br />

sofia, 1891). Egli si rende conto che "eccetto alcuni opuscoli di chi scrive<br />

queste linee e le interessanti pubblicazioni <strong>del</strong> professor Peano <strong>del</strong>l'Uni­<br />

versità di Torino [<strong>del</strong> quale cita Calcolo geometrico preceduto dalle opera­<br />

zioni <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> deduttiva <strong>del</strong> 1888 e Principii e formule di <strong>Logica</strong> mate­<br />

matica <strong>del</strong> 1891], niente altro accenna che tali ricerche vengano coltivate<br />

da noi" (301-302). Dopo alcune pagine in cui elenca chi si cimentò "nel-<br />

l'applicare il calcolo alla <strong>Logica</strong>" (302), dove partendo da Leibniz, attra­<br />

verso J. H. Lambert e G. Ploucquet, giunge sino a Boole e Peirce, egli<br />

ritiene che da parte dei filosofi (in primo luogo Lotze, ma anche lo stesso<br />

Wundt) "si era restii ad accettare subito <strong>del</strong>le dottrine svolte in sembianze<br />

matematiche, fuori dalla cerchia dei filosofi di professione: e ciò, sia per­<br />

ché - confessiamolo francamente - non le si comprendevano, sia perché<br />

apparivano in opposizione o non se ne vedeva la connessione possibile con


134 CAPITOLO PRIMO<br />

la dominante <strong>Logica</strong> tradizionale" (305). Ma in seguito alle aperture dei<br />

logici inglesi e tedeschi egli è fermamente convinto che la distinzione tra<br />

il sapere filosofico e quello matematico sarà destinata a scomparire "col<br />

progredire <strong>del</strong> tempo e <strong>del</strong>la scienza. Poiché se pure esiste e v'è la diffi­<br />

coltà per alcuni filosofi di intendere la parte matematica <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> - ed<br />

anche, forse -per alcuni matematici di intendere la parte filosofica credo<br />

che, ... crescerà una schiera di filosofi matematici" (306).<br />

Il resto <strong>del</strong> lavoro esamina successivamente la questione concernente<br />

l'eventuale opposizione tra la nuova logica inglese e tedesca e quella tra­<br />

dizionale scolastica. Si passano in rassegna le varie modalità con le quali<br />

è stato definito il termine "<strong>Logica</strong>" (citando Bain, Wundt, Kant, Trende-<br />

lemburg, Hegel, Hamilton, J. S. Mili), giungendo in ultimo a stabilire che<br />

questa disciplina "studia i tipi schematici dei giusti pensieri in quanto<br />

conducono alla scoperta di verità" (312). Si sottolinea che in tal modo non<br />

si ricade nel puro formalismo in quanto si prendono in considerazione<br />

sempre entità dotate di un preciso significato, anche se inizialmente non<br />

stabilito. In conclusione dopo avere mostrato i limiti <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> tradizio­<br />

nale, <strong>del</strong>la quale compie un rapido esame <strong>del</strong>le parti che la costituiscono,<br />

sostiene che quest'ultima non è in opposizione a quella a lui contempora­<br />

nea, anche se è stata solo la <strong>Logica</strong> matematica il solo vero progresso<br />

rispetto al sapere classico m . Questo è dovuto al fatto che tale disciplina,<br />

possedendo due principii, l'uno "dipendente dall'umana parola" (314) e<br />

l'altro di ordine psicologico, ha reso possibile la trasformazione <strong>del</strong>la Lo­<br />

gica in una scienza aperta, passibile di infiniti miglioramenti.<br />

Ciò gli consente di concludere che: "Tutta la <strong>Logica</strong> tradizionale è<br />

contenuta, come parte elementare o come caso speciale, <strong>nella</strong> <strong>Logica</strong> ma­<br />

tematica. In quest'ultima [inoltre] alcune parti <strong>del</strong>la prima sono essenzial­<br />

mente semplificate o modificate ed hawi, da ultimo, un campo vasto e<br />

fecondo schiuso a ricerche, che son <strong>del</strong> tutto nuove per la scienza" (319).<br />

Nel 1893 A. Nagy riprende questi temi in Discussione: la <strong>Logica</strong><br />

matematica ed il Calcolo logico (Rivista Italiana di Filosofia) per schierarsi<br />

decisamente contro il testo di G. G. Gizzi 114 (La <strong>Logica</strong> negli uomini e<br />

113 Una più ampia trattazione di questo problema, ma contenente nulla di nuovo,<br />

è presente nel lavoro <strong>del</strong> 1904 (op. cit.).<br />

114 Giovanni Giuseppe Gizzi (1865-?). Letterato e filosofo romano, laureatesi in<br />

diritto, lettere, medicina ed ingegneria, insegnò Filosofia nei Licei <strong>del</strong>la capitale e poi<br />

divenne docente di Estetica presso l'Università romana. Tra le sue opere ricordiamo:<br />

II fondamento <strong>del</strong>l'Estetica, Lettere sulla <strong>Logica</strong> (1882), Sulla riforma <strong>del</strong> potere giudizia­<br />

rio (1887), Spazio e Tempo (1890). Fu anche redattore <strong>del</strong> quotidiano II Messaggero.


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 135<br />

negli animali, 1892 - vedi cap. II), ribadendo che cosa egli vuole intendere<br />

col termine <strong>Logica</strong>. Si pone decisamente contro il tentativo di ritenere<br />

questa disciplina in modo esclusivamente psicologistico, perché ciò "mi fa<br />

l'effetto di uno che volesse imparare a studiare il pianoforte studiando il<br />

modo come è fabbricato" (389).<br />

Successivamente analizza i temi specifici con cui il Gizzi pretende di<br />

porre un freno all'espansione <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> matematica che, a suo avviso,<br />

si verificava in quel periodo. In particolare Nagy ritiene che "lo scopo<br />

<strong>del</strong>la logica è di dare <strong>del</strong>le regole per ben ragionare... Ora il calcolo logico<br />

obbedisce perfettamente a questo scopo... né [esprime] vuote identità,<br />

inutili astrattezze, ma, sempre come il simbolismo algebrico, [presenta]<br />

relazioni e leggi ben determinate" (393). Dopo avere rivendicato l'impor­<br />

tanza <strong>del</strong> calcolo logico, facendo addirittura ricorso a citazioni di Wundt<br />

e Bain, i quali non erano certo favorevoli ai principii <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> mate­<br />

matica, conclude affermando nuovamente i vantaggi insiti <strong>nella</strong> nuova<br />

disciplina. "Se il Gizzi si darà la pena di leggere attentamente un qualun­<br />

que buon trattato di <strong>Logica</strong> matematica si convincerà che la formula <strong>del</strong><br />

sillogismo dato dalla signorina Land e riprodotta dal Peano, comprende...<br />

in sé tutti i modi esatti <strong>del</strong> sillogismo tradizionale" (395) 115 .<br />

Ma questa, occorre sottolinearlo, è una posizione unica, singolare,<br />

anch'essa subito soggetta a violente critiche da parte <strong>del</strong>la grande maggio­<br />

ranza degli studiosi, che non vorrà mai accogliere certi suggerimenti trop­<br />

po innovativi (il nome di Nagy è spesso associato a quello di Peano per<br />

indicare la degenerazione cui la <strong>Logica</strong> era stata soggetta).<br />

Riflettono assai meglio il clima <strong>cultura</strong>le generale i due autori di cui<br />

ora tratteremo: attraverso di loro è possibile rendersi conto di quale fosse<br />

la reale situazione <strong>del</strong>la filosofia <strong>italiana</strong> alla fine <strong>del</strong> secolo <strong>XIX</strong> e giusti­<br />

fica completamente l'affermazione incontrastata <strong>del</strong>la corrente neo-ideali­<br />

stica. Quest'ultimo fatto è <strong>del</strong> tutto comprensibile, visto lo stato <strong>del</strong>le altre<br />

discipline. Nel nostro caso specifico abbiamo una <strong>Logica</strong> matematica che<br />

quasi per tutti è ancora un "oggetto" sconosciuto. La Psicologia non riesce<br />

ad assumere posizioni precise e ad inserirsi nel contesto <strong>cultura</strong>le se non<br />

in modo limitato. Non solo ma quegli Psicologi, che pure erano affermati<br />

ricercatori e conoscevano e seguivano le più avanzate correnti in cui la<br />

115 Sempre nello stesso anno Nagy fece una presentazione di Philosophie der<br />

Aritmetik, Psychologische und logische Untersuchungen di E. G. Husserl, <strong>nella</strong> quale<br />

evita ogni commento limitandosi a riportare dettagliatamente gli argomenti <strong>del</strong> testo<br />

(Cfr. Rivista Italiana di Filosofia, 1983, II, 243-245).


136 CAPITOLO PRIMO<br />

loro disciplina si espandeva, non furono certo persone che corredarono al<br />

loro lavoro scientifico, un'altrettanto forte capacità divulgativa ed, allo<br />

stesso modo, non cercarono di portare sul terreno filosofico quelli che<br />

erano i problemi interni alle loro discipline, cosa che invece sarebbe stata<br />

<strong>del</strong>la massima utilità (ed in verità anche un logico quale G. Peano non<br />

volle mai occuparsi di questioni filosofiche, ritenendole, ed a torto, estra­<br />

nee alla sua attività).<br />

A queste condizioni, le produzioni filosofiche appartenenti alla lette­<br />

ratura minore, ovvero non particolarmente rilevanti da un punto di vista<br />

speculativo, ma che di fatto sono ciò che denota il clima <strong>cultura</strong>le globale<br />

di un paese, si dibattono in posizioni deboli, contraddittorie e di facile<br />

manipolazione. Come caratteristica globale avviene che, fondamentalmen­<br />

te, l'assunzione di un mo<strong>del</strong>lo psicologistico, che non di certo è empirica­<br />

mente valido né risulta supportato da una solida base filosofica, è presen­<br />

tato come il solo mezzo con il quale si possa investigare a proposito <strong>del</strong><br />

sapere <strong>del</strong>l'uomo. Tutto il resto è non solo "inutile", ma, addirittura,<br />

"ascientifico". Per confermare quanto è stato ora detto, diamo i due se­<br />

guenti esempi:<br />

6.4.1. A. Ferrari (Trattato di filosofia elementare ad uso dei licei, se­<br />

condo i vigenti programmi. Nozioni di <strong>psicologia</strong> in servizio <strong>del</strong>la logica e<br />

<strong>del</strong>l'etica, 1892) 116 afferma che il rapporto che la Psicologia instaura con<br />

la <strong>Logica</strong> consiste nel fornire a quest'ultima la sua valenza reale. I metodi<br />

di analisi e sintesi sono in realtà dei meccanismi psicologici che consento­<br />

no all'uomo di formarsi degli schemi, attraverso i quali egli conosce la<br />

realtà. Tali meccanismi sono collocati a vari livelli, dalla percezione all'im­<br />

maginazione, ed è la loro associazione quello che ci permette uno sviluppo<br />

<strong>del</strong>la conoscenza, la quale è « una manifestazione <strong>del</strong>l'attività psichica »<br />

(73), perché «ognuno... vede come la gnoseologia sia intimamente con­<br />

nessa con la Psicologia » (ibidem). Questo grave errore filosofico (si ren­<br />

dono equivalenti Gnoseologia e Psicologia, fatto che dimostra un'errata<br />

lettura non solo di Kant, ma anche di Hegel, filosofo al quale l'Autore dice<br />

espressamente di rifarsi), fa sì che egli ritenga prodotti psichici la totalità<br />

<strong>del</strong>le attività cognitive. E, per corroborare tale ipotesi, egli non ha proble­<br />

mi a sostenere che « il concetto non è un'attività semplice ed originaria,<br />

116 Tra le altre opere di Ambrogio Ferrari segnaliamo: Trattato di Filosofia ele­<br />

mentare ad uso dei Licei: I) Nozioni di Psicologia in servizio <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> e <strong>del</strong>l'Etica<br />

(1892), II fondamento <strong>del</strong>la morale (1898).


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 137<br />

ma un prodotto di molti fattori che si manifestarono <strong>nella</strong> nostra psiche,<br />

in un ordine cronologico. Quindi per conoscere il concetto occorre ana­<br />

lizzare tanti fattori seguendo tale ordine: conviene in una parola rintrac­<br />

ciarne la genesi psicologica » (86). La <strong>Logica</strong>, allora, può definirsi scienza<br />

<strong>del</strong> ragionamento, ma unicamente per il fatto che si occupa <strong>del</strong> modo nel<br />

quale si esplicano i concetti e di come questi si armonizzino in funzione<br />

<strong>del</strong> raggiungimento e <strong>del</strong>la costituzione di una (non precisata) unità dia­<br />

lettica.<br />

Tre anni più tardi in Introduzione alla logica (1895), per sostenere<br />

come una componente psicologica presiedesse alla costruzione di ogni<br />

conoscenza e come questa fosse maggiormente da stimarsi rispetto a tutti<br />

gli altri aspetti impliciti in tale processo, si scaglierà decisamente contro<br />

l'indirizzo matematico che si voleva assegnare alla <strong>Logica</strong>. « Anche lo stes­<br />

so indirizzo matematico, fondato sulla quantificazione <strong>del</strong>l'attributo che<br />

alcuni moderni, sull'esempio degli inglesi De Morgan, Boole, Jevons, e <strong>del</strong><br />

nostro Peano, tentarono con tanto ingegno di dare alla <strong>Logica</strong>, non sor­<br />

passa in realtà il valore di un'analisi secondaria, che lascia intatta la que­<br />

stione principale intorno alla possibilità e legittimità di questa scienza. Si<br />

può con tutta ragione dubitare se, specialmente nelle scuole secondarie,<br />

tale nuovo indirizzo abbia dato, come asserisce lo Schròder, o possa dare<br />

per l'avvenire nuovi frutti » (10-11).<br />

6.4.2. Allo stesso modo A. Martinazzoli e F. Cicchitti-Suriani 117<br />

(Principii di filosofia scientifica - Voi. I: Psicologia e <strong>Logica</strong>, 1896) presen­<br />

tano favorevolmente il tentativo di voler indagare non solo da un punto<br />

di vista formale, ma anche reale, i processi <strong>del</strong> pensiero. Tuttavia è la<br />

Psicologia la scienza che deve essere collocata a fondamento di qualsiasi<br />

conoscenza, perché altrimenti si potrebbe cadere in quelli che sono stati<br />

gli errori, o le illusioni, <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>-matematica. Infatti per gli Autori, che<br />

avevano mostrato di conoscere i lavori di Peano, « alcuni moderni, traen-<br />

do argomento dai progressi fatti dalla matematica con l'introduzione dei<br />

segni algebrici e dalla chimica con quelli <strong>del</strong>le formule letterali, tentano di<br />

117 Filippo Cicchitti-Suriani fu un filosofo di fine secolo scorso con interessi per<br />

la ricerca psicologica. Segnaliamo tra i suoi lavori: Sinossi <strong>del</strong>la Storia <strong>del</strong>la Filosofia<br />

(1886), La <strong>Logica</strong> e la Psicologia. La morale e la Storia <strong>del</strong>la filosofia (1887-1888),<br />

L'attenzione (1891), / primardi <strong>del</strong> kantismo in Italia (1892), Di alcune fasi <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong><br />

<strong>nella</strong> Storia <strong>del</strong>la filosofia (1894). Il Martinazzoli e, a sua volta, un filosofo pedagogista,<br />

attivo nello stesso periodo. In particolare egli curò con L. Credaro (1860-1939) la<br />

redazione <strong>del</strong> Dizionario Illustrato di Pedagogia (1893).


138 CAPITOLO PRIMO<br />

sostituire anche <strong>nella</strong> <strong>Logica</strong>, un simbolismo ideale, che esprima le relazio­<br />

ni logiche indipendentemente al linguaggio. E iniziando lo studio <strong>del</strong>le<br />

relazioni di più concetti, credono di avere posto e risoluto il problema <strong>del</strong><br />

sillogismo e <strong>del</strong>l'inversione dei giudizi in tutta la sua ampiezza. Tale logica<br />

di cesi matematica... Contro la logica matematica si sono mosse obiezioni<br />

non poche, né trascurabili. Principalissima <strong>del</strong>le quali è: che i fautori <strong>del</strong>la<br />

medesima, mal si appongano, quando credono di arricchire la scienza di<br />

nuove scoperte: perché essi, in fondo in fondo, non fanno che svolgere la<br />

logica classica e formale, la quale è noto, fu sempre ritenuto abbia <strong>del</strong>le<br />

affinità con la matematica, per il suo processo rigorosamente esatto »<br />

(138-139).<br />

È dunque sempre il richiamo all'evidenza empirica quello a cui si<br />

rifanno questi Autori, non rendendosi invece conto di come sia assai più<br />

proficuo "leggere" questi ultimi attraverso mo<strong>del</strong>li astratti, certamente<br />

meglio adatti non solo per spiegarci, ma anche "per farci vedere" tutto<br />

quello che invece l'osservazione, o la sperimentazione diretta, non è in<br />

grado di presentarci.<br />

6.5. Questo per gli Autori citati, ed anche per la grande maggioranza<br />

di coloro che lavoravano in tal periodo, equivale allo spostare ad un livello<br />

differente il problema concernente la <strong>Logica</strong>, ma non di certo a risolverlo,<br />

poiché si guardano bene dal mettere in discussione la sua dipendenza<br />

dalla Psicologia: senza una primitiva indagine psicologica, nulla sapremo<br />

riguardo all'origine, alla natura ed all'impiego <strong>del</strong> sapere in generale ed, in<br />

particolare, <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>.<br />

Forse colui che meglio comprende il rapporto tra <strong>Logica</strong> e Psicologia<br />

è B. Varisco (Intorno ai principii fondamentali <strong>del</strong> ragionamento, 1892) 118<br />

quando attua una distinzione tra giudizio logico e giudizio psicologico. Si<br />

tratta di uno studioso che di certo, in virtù <strong>del</strong>la sua formazione (egli è un<br />

matematico, docente di tale disciplina, ed in un secondo momento si<br />

dedica alla filosofia), conosce le produzioni <strong>del</strong>la Psicologia <strong>del</strong>l'Atto,<br />

mostra di avere letto i lavori di Boole, a proposito <strong>del</strong>l'algebra <strong>del</strong>la<br />

118 Bernardino Varisco (1850-1933). Nipote di F. Bonatelli si forma come mate­<br />

matico e diviene presto professore di questa disciplina. Si occupa poi di pedagogia <strong>del</strong>la<br />

matematica e da qui, poco alla volta, si porta su posizioni laiche e spiritualiste. Dal 1905<br />

al 1925 assume la cattedra di Filosofia all'Università di Roma. Tutta la sua produzione<br />

ruota attorno alla speculazione leibniziana, <strong>del</strong>la quale propone alcune (in verità non<br />

molto significative) variazioni. Ricordiamo tra i suoi lavori: Scienza ed opinione (1901),<br />

Conosci te stesso (1912), Linee di Filosofia critica (1921).


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 139<br />

<strong>Logica</strong>, quelli dei logici inglesi e segue i discorsi portati avanti da Pea-<br />

no. In primo luogo egli prende posizione contro il positivismo, in quanto<br />

la pretesa di tale corrente di trattare scientificamente qualsiasi forma di<br />

verità si scontra con l'incertezza che permane, in ogni caso, dopo qualsiasi<br />

investigazione. In secondo luogo, richiamandosi a Kant, sostiene come sia<br />

l'atto <strong>del</strong> giudizio ciò che segna l'inizio di qualsiasi conoscenza, che lo<br />

si deve intendere come una formula esprimente un paragone, che può<br />

essere indifferentemente espresso in modo diretto od indiretto alla condi­<br />

zione che sia conforme alle categorie nelle quali è collocato. Il giudizio<br />

inoltre può essere logico (ovvero posteriore, che riproduce il concetto e<br />

vi applica sicure e particolari determinazioni), oppure psicologico (nel<br />

quale soggetto e predicato sono pensati insieme in virtù di un atto unico<br />

ed indistinto).<br />

Per quanto riguarda il primo si tratta, a suo avviso, di quello più<br />

valido, in quanto « è ufficio <strong>del</strong>l'arte logica scindere un procedimento<br />

complesso e ridurlo a tanta semplicità e precisione che ogni dubbio ne sia<br />

eliminato» (La necessità logica, 1895, 17): la matematica è allora lo stru­<br />

mento che meglio si adatta a presentare questo tipo di giudizio, ma ha il<br />

limite di occupare un'area troppo ristretta e limitata. Per quanto riguarda<br />

il secondo (che in 1895 definirà come oggetto di studio <strong>del</strong>la filosofia),<br />

possiede un'estensione assai più vasta, perché riguarda e riflette anche gli<br />

elementi che ci sono forniti dall'osservazione, ovvero dalle scienze basate<br />

sull'osservazione. Negli anni successivi egli muterà ancora posizione, rite­<br />

nendo che occorre intendere la realtà alla stregua di una pluralità di centri<br />

psichici attivi (compaiono richiami a Leibniz ed alla monadologia ma,<br />

soprattutto, all'idealismo critico di Lotze). Nel mondo fenomenico provo­<br />

cato da questi centri compaiono fattori alogici di carattere psicologico,<br />

basati sulla spontaneità e sull'immediatezza <strong>del</strong>l'individuo, elementi pri-<br />

mari e naturali, che hanno bisogno di essere organizzati tramite un fattore<br />

logico. Questo, a sua volta, è deputato ad ordinare ed organizzare i feno­<br />

meni stessi. Il fattore logico sarà rappresentato dall'idea <strong>del</strong>l'Essere di<br />

derivazione rosminiana.<br />

Probabilmente i lavori di B. Varisco (che si richiama spesso a Bona-<br />

telli e Rosmini) sono quelli più accurati <strong>del</strong> periodo e mostrano come il<br />

problema in questione fosse particolarmente sentito. Di fatto, tuttavia,<br />

anch'agli non giunge a superare la posizione <strong>cultura</strong>le predominante nel<br />

periodo (derivazione psicologica di ogni forma <strong>del</strong> sapere), anche se egli<br />

è invece convinto di aver raggiunto il suo obiettivo e quando si sforza di<br />

attestare una certa autonomia alle singole discipline, attua questo intento


140 CAPITOLO PRIMO<br />

facendo ricorso a tematiche spiritualiste di scarso valore scientifico. Fon­<br />

damentalmente dunque neppure egli, malgrado pretenda di avere colto il<br />

significato <strong>del</strong>la nuova <strong>Logica</strong>, dimostra <strong>nella</strong> pratica di sapersi distaccare<br />

da una posizione che invece è <strong>del</strong> tutto superata. Proprio per il fatto che<br />

egli richiama anche concetti mutuati dalla Psicologia, ma pretende di<br />

valutarli ed esaminarli non sperimentalmente, ma inserendoli in un conte­<br />

sto speculativo, il suo lavoro non è certo di grande utilità neppure per<br />

questa disciplina.<br />

Tutte queste posizioni ci confermano in modo inequivocabile in quali<br />

difficoltà il pensiero <strong>del</strong>l'epoca ponesse chiunque avesse realmente da pro­<br />

porre ricerche davvero nuove. Non si era compresa, in altri termini, la<br />

differenza che intercorre tra lo stabilire la primarietà di una scienza e lo<br />

studiarne la genesi. Da un punto di vista genetico nessuno, neppure un<br />

logico, avrebbe di che ridire di fronte all'affermazione che qualsiasi forma<br />

di conoscenza, anche quella più precisa (come potrebbe essere quella lo­<br />

gica), si possa considerare come il frutto di progressive costruzioni e rifles­<br />

sioni, che si formano e si consolidano con il maturare e l'espandersi <strong>del</strong>le<br />

attività cognitive <strong>del</strong> soggetto. Ma il discorso non regge più, od almeno è<br />

certamente assai più debole, quando si pretende di fare <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> una<br />

Denkpsycbologie, ovvero quasi uno strumento, non più una scienza, che ci<br />

descriva come la mente <strong>del</strong> soggetto funziona in differenti situazioni.<br />

Se alle osservazioni degli autori citati aggiungiamo anche quanto<br />

sosteneva C. F. Savio ancora nel 1907 (op. cit.) ci rendiamo conto <strong>del</strong><br />

relativo abbandono in cui furono lasciati gli Psicologi <strong>del</strong> periodo, ma<br />

anche <strong>del</strong>l'indifferenza che non solo precedette, ma anche accompagnò<br />

l'opera di G. Peano. La sua <strong>Logica</strong> matematica, tutte le edizioni <strong>del</strong> "For­<br />

mulario", i successi personali ottenuti nel mondo accademici europeo ed<br />

americano, non compaiono mai nei trattati di filosofia, ed anche in quello<br />

di C. F. Savio, che compone questo lavoro quando il logico torinese ha già<br />

da tempo ottenuto i suoi migliori risultati, non è neppure citato <strong>nella</strong><br />

breve appendice dedicata alla storia <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>. Non solo ma quando<br />

parla <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> matematica si rifa unicamente alla scuola inglese, che<br />

deve però essere intesa come « una scuola a parte, [anche se] ricca di<br />

produzioni originali » (365) ed inoltre non presenta i suoi esponenti in<br />

modo certamente positivo. Infatti, dopo avere accennato senza alcun com­<br />

mento alla quantificazione dei predicati di W. Hamilton (si veda anche<br />

M. F. Waddington, 1864, op. cit.) e ad un lavoro di J. F. W. Herschel e<br />

W. Whewell a proposito <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> <strong>del</strong>la scoperta scientifica, quando<br />

parla <strong>del</strong> lavoro di A. de Morgan, afferma che questo produce un « siste-


LOGICA E PSICOLOGIA NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 141<br />

ma [che] in complesso è di niuna utilità» (366), mentre quello di G.<br />

Boole « <strong>nella</strong> sua Analisi matematica <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> e nelle sue ricerche sulle<br />

leggi <strong>del</strong> Pensiero, riduce la <strong>Logica</strong> ad una specie di algebra adottandone<br />

i simboli » (366), ma ottenendo nulla che possa dirsi scientificamente e<br />

filosoficamente valido ed attendibile.<br />

Bisognerà attendere ancora parecchi anni per iniziare un'opera di<br />

rivisitazione <strong>del</strong> rapporto <strong>Logica</strong>/Psicologia, che consenta di passare da<br />

una loro dicotomizzazione, o dalla riduzione <strong>del</strong>l'una nell'altra, ad una<br />

loro costruttiva integrazione. Tutto ciò comporterà la produzione di molti<br />

lavori, tesi ad indagare in modo più approfondito la natura di queste due<br />

discipline e ad individuare specifici livelli, che consentano una loro reale<br />

e produttiva correlazione, senza per questo mettere in discussione la loro<br />

specificità ed autonomia.<br />

Una volta di più, la <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong>, anche in questo caso con le<br />

dovute e pure notevoli eccezioni (si pensi ai lavori di F. Enriques) si<br />

presenterà in ritardo rispetto a questo obiettivo. In misura di certo rilevan­<br />

te le vicende politiche italiane, oberate da una dittatura con evidenti con­<br />

notazioni razziste (molti studiosi tra cui Enriques devono andarsene dal<br />

Paese), giocano un ruolo non certo favorevole al progresso <strong>del</strong>la ricerca<br />

scientifica, proponendo invece astorici mo<strong>del</strong>li speculativi. Resta il fatto<br />

tuttavia che se in Europa, soprattutto grazie ai lavori di J. Piaget 119 (il<br />

quale, già a partire dalla seconda metà <strong>del</strong> terzo decennio di questo secolo,<br />

inizierà una grande operazione di revisione dei rapporti tra <strong>Logica</strong> e Psi­<br />

cologia, che prosegue ancora attualmente ed ha portato ad interessanti<br />

risultati), questo tema sarà spesso trattato e produrrà validi lavori e da<br />

parte di logici e da parte di psicologi, nel nostro paese occorrerà attendere<br />

ancora altre decenni, prima di affrontare in modo realmente scientifico<br />

questo argomento di ricerca.<br />

119 Si veda in particolare Introduction a l'epistemologie génétique I: La pensée<br />

mathématique (1950, 1973) e Logique et connaissance scientifique (1967).


II<br />

LA LOGICA NATURALE<br />

NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA DEL <strong>XIX</strong> SECOLO<br />

1. PREMESSA.<br />

Durante la prima metà <strong>del</strong> secolo scorso, <strong>nella</strong> continua e costante<br />

ricerca volta a rintracciare quali fossero la genesi e le basi <strong>del</strong>l'umana<br />

conoscenza e come si dovesse strutturare il pensiero <strong>del</strong> soggetto per<br />

poterne acquisire i più validi risultati, si sottolineava, generalmente, che<br />

occorreva muoversi dall'attività sensitiva per indagare e scoprire la mag­<br />

gior parte (se non addirittura tutte) le possibili forme di ragionamento.<br />

Quasi tutti gli studiosi condividevano questo punto, anche se fornivano le<br />

più disparate giustificazioni e le più diverse spiegazioni. Nessuno di loro<br />

però lo riteneva un argomento sufficiente, ovvero in grado di fungere<br />

quale fondamento <strong>del</strong>le conoscenze dei soggetti, e ciascuno forniva il pro­<br />

prio contributo, costituito dall'aggiunta di elementi integrativi dei più di­<br />

versi tipi. O meglio: anche se ci si richiamava pur sempre a temi generali<br />

di natura ontologica, morale ed etica, quello che variava per ogni Autore<br />

era ora la maggiore ora la minore rilevanza ed il livello gerarchico da<br />

questi occupato <strong>nella</strong> loro costruzione, che mirava ad essere sistematica e<br />

completa. Ora, benché siano stati parecchi i tentativi di accostarsi al pro­<br />

blema da noi accennato ed ancor più numerose le diverse modalità che si<br />

suggerivano per investigarlo, pensiamo che due fossero le principali cor­<br />

renti di pensiero che, all'epoca, si schieravano l'una di fronte all'altra e che<br />

non raramente davano vita a lunghe e vivaci polemiche tra i rispettivi<br />

sostenitori <strong>del</strong>l'una o <strong>del</strong>l'altra.<br />

1.1. Vi erano coloro che si rifacevano ad una concezione rigidamente<br />

sensista <strong>del</strong> soggetto e quindi pensavano che fosse la sensazione la base


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 143<br />

reale, anche.se non l'unica, da cui partire per studiare ogni forma di<br />

evoluzione <strong>del</strong>l'individuo (dunque anche quella cognitiva).<br />

1.2. Vi era chi, ed all'epoca non costituiva di certo minoranza, pen­<br />

sava che a monte degli stessi sensi vi fosse una "caratteristica universale",<br />

comune ad ogni soggetto, la quale presiedeva a qualsiasi suo agire, fosse<br />

questo di natura fisica o psichica.<br />

È agevole osservare come una posizione più "psicologista" si contrap­<br />

ponesse ad una dichiaratamente "filosofica". Entrambe davano evidente­<br />

mente origine a lavori che si contrapponevano: tuttavia, indipendentemen­<br />

te dall'adesione ad una posizione piuttosto che all'altra, nessuno, prima<br />

che le singole scienze iniziassero ad acquisire una loro autonomia ma, fatto<br />

originale, anche in seguito, avrebbe mai negato che vi fosse una <strong>Logica</strong><br />

Naturale e che si potesse constatare la sua presenza e manifestazione spon­<br />

tanea in qualsiasi campo <strong>del</strong> sapere (ed anche <strong>del</strong>l'agire).<br />

Si trattava pertanto di considerare un qualcosa di dato che, in poten­<br />

za, possedeva l'attributo di regolazione e di ordinamento tendente al rag­<br />

giungimento <strong>del</strong>l'esattezza e <strong>del</strong>la rettitudine <strong>del</strong>le operazioni che il sogget­<br />

to compiva, una volta entrato in relazione con la realtà a lui esterna, oppure<br />

una volta che aveva instaurato una comunicazione con qualsiasi altro sog­<br />

getto: da qui il sostantivo <strong>Logica</strong>. Generalmente, inoltre, si trattava di una<br />

pre-determinazione, o pre-disposizione, in quanto ritenuta universalmente<br />

presente e, <strong>nella</strong> maggior parte dei casi, stimata anche propria degli altri<br />

esseri viventi diversi dall'uomo: da qui l'attributo Naturale.<br />

Accettando queste caratteristiche derivava che le classiche suddivisio­<br />

ni, in cui le varie forme <strong>del</strong>la conoscenza erano allora ripartite, fossero<br />

garantite <strong>nella</strong> loro validità. Non solo ma una tale <strong>Logica</strong> Naturale, che<br />

stava a monte di tutto ciò che il soggetto faceva, si doveva necessariamente<br />

intendere come riconducibile a concetti primi, ritenuti oggettivamente veri.<br />

Proporre una simile posizione, voleva dire fare ricorso a strumenti in<br />

grado di corroborarla. Le polemiche, che nascevano tra i sostenitori <strong>del</strong>le<br />

due posizioni da noi accennate, non concernevano tanto la presenza di una<br />

<strong>Logica</strong> Naturale, nel senso da noi indicato, quanto piuttosto la sua "natu­<br />

ra", ovvero la sua genesi, nonché le modalità con cui questa si manifestasse<br />

e gli strumenti ed i mezzi di cui fare uso per poterla indagare, studiare e<br />

trattarne. Essendo un argomento di così ampia portata e certamente pro­<br />

blematico, tutto questo ci fa comprendere perché, malgrado i grandi cam­<br />

biamenti che la scienza subì durante il secolo passato, il concetto di <strong>Logica</strong>


144 CAPITOLO SECONDO<br />

Naturale sia sempre perdurato: così com'era intesa, infatti, rappresentava<br />

l'estremo tentativo per il mantenimento di alcuni principi secolari, che le<br />

scienze avevano indagato in differenti modi e diversificato secondo i propri<br />

ambiti specifici, ma che nessuno osava mettere in discussione.<br />

1.3. Quando, con la seconda metà <strong>del</strong> secolo si prospettò per la<br />

prima volta il problema <strong>del</strong>la Psicologia intesa come scienza, ovvero nel<br />

momento in cui si cominciò a rafforzare la persuasione che fondare scien­<br />

tificamente questa disciplina era possibile alla sola condizione che, coloro<br />

che se ne occupavano, si decidessero ad affrontare ed a fare uso di con­<br />

cetti e strumenti metodologici già impiegati precedentemente, e con suc­<br />

cesso, nelle altre scienze <strong>del</strong>la natura, il fatto comportò due punti specifici:<br />

1.3.1. per un verso, come in ogni scienza <strong>del</strong>la natura, si cercò di fare<br />

affidamento, da un punto di vista teoretico, al mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong> pensiero for­<br />

male che garantisse la validità dei risultati ottenuti, andando al di la di un<br />

semplice ed incompleto approccio empirico: questa sarà la caratteristica<br />

che contrassegnerà la ricerca dei "logici" <strong>del</strong> periodo.<br />

1.3.2. per un altro verso, pena la sussistenza stessa <strong>del</strong>la Psicologia,<br />

si dovette adottare sistematicamente il metodo sperimentale, per verificare<br />

quale corrispondenza trovassero <strong>nella</strong> realtà le formulazioni ipotetiche 1 .<br />

Permane, in ogni caso, la necessità di fissare un codice primario, un insie­<br />

me di istanze, di carattere universale e necessaria, eppure controllabile ed<br />

agevolmente manipolabile, sulle quali fondarsi: questa ricerca accompa­<br />

gnerà tutto il lavoro psicologico.<br />

1.4. La <strong>cultura</strong> filosofica <strong>italiana</strong> <strong>del</strong> <strong>XIX</strong> secolo, (cfr. cap. I), anche<br />

se non produce risultati di primaria importanza, per ciò che concerne la<br />

1 Una tale problematica contraddittoria ha sempre caratterizzato la storia <strong>del</strong>la<br />

Psicologia. Il fatto che sia stata espressa ancora abbastanza recentemente da P. Greco<br />

(Cfr. Epistemologie de la psychologie, in: J. Piaget, Logique et connaissance scientifique,<br />

1967) e che con parole e concetti pressoché identici compaia già nei lavori <strong>del</strong> secolo<br />

scorso, ci testimonia come la Psicologia si ponga in un rapporto antitetico con tutte le<br />

altre discipline.<br />

In particolare nei rapporti con la <strong>Logica</strong>, che allora è ritenuta la scienza <strong>del</strong> Vero,<br />

dunque la scienza oggettiva per eccellenza, ci si imbatte <strong>nella</strong> necessità di decidere:<br />

a) se questa è prodotta dal soggetto, anche inteso nel senso più generale, <strong>del</strong> quale<br />

occorre dunque ricercare quelle che sono le basi comuni con tutti gli altri,<br />

b) se è, al contrario, da ritenersi staccata dallo stesso ed, in qualche modo, a lui<br />

precostituita e generatrice di qualsiasi forma di ogni sua attività e ragionamento.


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 145<br />

<strong>Logica</strong> e la Psicologia, è tuttavia soggetta ad una considerevole serie di<br />

mutamenti, che riflettono le conseguenze comportate dall'ingresso <strong>del</strong>le<br />

grandi correnti filosofiche straniere, nonché dai sempre più numerosi ri­<br />

sultati ottenuti dalle varie scienze. Seppure nel campo <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, per<br />

ciò che concerne l'Italia, questo fatto non si avverte in misura così rilevan­<br />

te almeno sino all'ultimo decennio <strong>del</strong> secolo, osserviamo egualmente un<br />

continuo tentativo di adeguarsi agli sviluppi che tale disciplina stava aven­<br />

do, anche se un dato di fatto ineliminabile è il tentativo di collegarla<br />

sempre ad indagini esclusivamente filosofiche.<br />

Indipendentemente dal fatto che una caratteristica costante fu quella<br />

di cercare di preservare la <strong>Logica</strong> dalle "contaminazioni" con altre disci­<br />

pline e, soprattutto, con la matematica (che faceva parte <strong>del</strong>la metafisica),<br />

è tuttavia rinvenibile una dinamica interna a questo processo "conserva­<br />

tore", <strong>nella</strong> misura in cui compaiono numerose e sempre nuove definizioni<br />

date a questa branca <strong>del</strong> sapere, nonché varie tipologie nelle quali la si<br />

suddivide. Si osserva infatti che, non certamente a caso, a seconda dei<br />

differenti periodi in cui questi studiosi lavoravano, identiche ripartizioni<br />

<strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> avevano significati differenti, cui si attribuivano intenti diver­<br />

si. Ma se tutte queste modificazioni investono la produzione di coloro che<br />

scrivono di <strong>Logica</strong>, un solo concetto, anche nel nostro paese, pare che<br />

rimanga anche ora inalterato: quello di <strong>Logica</strong> Naturale. In questo caso si<br />

tratta di una parte <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Generale che, pure essendo anch'essa<br />

soggetta al processo evolutivo di tale materia, conserverà sempre un pres­<br />

soché inalterato valore durante tutto il secolo. La conferma a questa affer­<br />

mazione è data dal fatto che il convincimento <strong>del</strong>la presenza di una <strong>Logica</strong><br />

Naturale è talmente radicato che, quando la stessa verrà messa in discus­<br />

sione verso la fine <strong>del</strong> secolo <strong>XIX</strong>, in luogo di adeguarsi ai cambiamenti<br />

in corso, si tenderà a farla scomparire definitivamente.<br />

In questa sede ci proponiamo, in ultimo, di discutere <strong>del</strong> problema<br />

che investiva tutte le scienze <strong>del</strong>la natura <strong>del</strong>l'epoca, le quali seguivano<br />

uno dei due schemi di ricerca che abbiamo appena mostrato. Da parte<br />

nostra esamineremo l'argomento secondo un'ottica psicologica [1.3] ed<br />

un'ottica logica [1.4].<br />

2. I PRECEDENTI STORICI.<br />

Quando parliamo di <strong>Logica</strong> Naturale stiamo trattando di un concetto<br />

che attualmente, dopo varie vicende, costituisce un argomento di studio


146 CAPITOLO SECONDO<br />

che comincia ad essere nuovamente investigato. Nel secolo scorso costitu­<br />

iva uno dei punti cardine <strong>del</strong>la ricerca filosofica, ma occorre precisare che<br />

si trattava di un tema il quale non era comparso solamente nel <strong>XIX</strong> secolo,<br />

e neppure, in particolare modo, era da considerarsi elemento caratteristico<br />

e specifico <strong>del</strong>la sola <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong>. Nei secoli precedenti possiamo ritro­<br />

vare degli illustri anticipatori e la genesi di questi studi possiamo certamen­<br />

te ritrovarla nel XVII secolo. Vedremo però che fu il secolo XVIII il peri­<br />

odo nel quale si ebbe la massima fioritura di un simile campo di indagine<br />

al punto che le produzioni <strong>del</strong> <strong>XIX</strong> secolo, anche se numericamente più<br />

consistenti, possono essere considerate alla stregua di epigoni di quelle <strong>del</strong><br />

secolo precedente e quindi apportatrici di scarsi contributi e novità.<br />

Nel 1662 A. Arnaud e P. Nicole, nel Primo Discorso <strong>del</strong>la Logique de<br />

Port-Royal ou l'Ari de Penser (op. cit.), lavoro che, per esplicita ammissio­<br />

ne degli Autori, si richiama alle Regulae ad directionem ingenti di R.<br />

Descartes ed a De l'esprit géométrique di B. Pascal, sostenevano che biso­<br />

gnava compiere uno sforzo costante per collocarsi al di là ed al di sopra<br />

<strong>del</strong>le prime nostre sensazioni ed impressioni. Infatti solamente « la vera<br />

ragione colloca tutte le cose nell'ordine loro spettante » (5), in quanto<br />

questo ci permette di superare «le falsità <strong>del</strong>lo spirito, causa non solo<br />

degli errori che si insinuano nelle scienze..., ma anche di quelli che si<br />

commettono <strong>nella</strong> vita quotidiana» (3). Il razionalismo cartesiano è <strong>del</strong><br />

tutto evidente, ma ciò nonostante gli Autori iniziano la loro opera affer­<br />

mando che « nulla vi è di più apprezzabile <strong>del</strong> buon senso e <strong>del</strong>la rettitu­<br />

dine <strong>del</strong>l'animo per il discernimento <strong>del</strong> vero e <strong>del</strong> falso» (1). In altre<br />

parole: il soggetto, in quanto tale, dispone già di alcune facoltà primarie<br />

e semplicissime, che possiamo definire "naturali", le quali antecedono a<br />

qualsiasi attività. Queste facoltà sono insufficienti se considerate isolata­<br />

mente, ma rappresentano tuttavia un punto di partenza ineliminabile, per<br />

garantire una corretta crescita <strong>del</strong>le conoscenze, intendendo questo pro­<br />

cesso sia da un punto di vista intellettivo che morale. Gli Autori ora citati,<br />

tuttavia, abbandonano subito questo problema che invece, pure essendo<br />

anche ora eliminato dalla struttura globale <strong>del</strong>la propria produzione, sarà<br />

più estesamente trattato da G. G. Leibniz. Non solo ma questi si sforzerà<br />

di fornirci le ragioni per le quali egli opterà per una scelta che non implica<br />

alcun riferimento alla <strong>Logica</strong> Naturale.<br />

Infatti, in una lettera a G. Wagner, scritta alla fine <strong>del</strong> 1696, Leibniz 2 ,<br />

2 Si tratta di un «magnifico documento scritto da Leibniz <strong>nella</strong> sua maturità...<br />

indirizzata a Gabriel Wagner, modestissimo studioso <strong>del</strong> periodo il ricordo <strong>del</strong> cui


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 147<br />

parlando <strong>del</strong>l'uso <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, affermava che « la <strong>Logica</strong>, come arte <strong>del</strong><br />

pensiero, può servire ad ordinare ed a ben parlare, anche se, in generale,<br />

quelli che l'insegnano non mettono in ordine e non parlano bene... C'è<br />

qualche cosa di vero nel dire che una gran parte <strong>del</strong>l'arte è stata scoperta<br />

e può essere insegnata con la mera <strong>Logica</strong> Naturale; ma un uomo ragio­<br />

nevole che non conosca né la scrittura né le cifre, può anche calcolare con<br />

un'aritmetica naturale quando occorra: e per ciò l'arte <strong>del</strong> calcolare è forse<br />

niente? » (G. G. Leibniz, Scritti di <strong>Logica</strong>, a cura di F. Barone, 1968,<br />

504) 3 . Ovvero egli crede che per costruire le conoscenze occorra, in primo<br />

luogo, raccogliere tutte le possibili informazioni e le scoperte direttamente<br />

esperibili. Senza dubbio, a suo avviso, il nostro spirito porta in sé il germe<br />

di tutta la verità, ma per ottenere un'evoluzione ed uno sviluppo <strong>del</strong>la<br />

stessa è necessario, in primo luogo, fondarsi sull'esperienza (procedimento<br />

provvisorio) e superare poi la stessa grazie alla <strong>Logica</strong>, strumento ad hoc<br />

per ordinare e concatenare tra loro i pensieri.<br />

Gli intenti di Leibniz divergono profondamente da quelli degli Au­<br />

tori <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> di Port-Royal (« sebbene il signor Arnaud <strong>nella</strong> sua Arte<br />

<strong>del</strong> Pensare ritenga che gli uomini non errino facilmente <strong>nella</strong> forma, bensì<br />

quasi soltanto nel contenuto [<strong>del</strong> pensiero], le cose tuttavia vanno in realtà<br />

assai diversamente » (op. cit., 499-500)). Costoro, malgrado alcune mini­<br />

me concessioni, non si scostavano da R. Descartes secondo cui la <strong>Logica</strong><br />

« è un ingombrante peso <strong>del</strong> quale è meglio liberarsi se veramente si vuole<br />

contribuire al progresso <strong>del</strong>le scienze » (H. Scholz, op. cit., Ili, 80): tut­<br />

tavia sia questi che Leibniz accolgono la presenza di una <strong>Logica</strong> Naturale,<br />

di un buon senso, che presiede ad ogni umana attività, ma entrambi si<br />

rifiutano decisamente di assumerla a livello di scienza e neppure di con­<br />

siderarla una modalità di conoscenza.<br />

Variano però le ragioni di tale rifiuto: A. Arnaud e P. Nicole dedica­<br />

no infatti tutto il primo discorso a ribadire come sia la ragione lo strumen­<br />

to che presiede ad ogni conoscenza e come senza di essa non si possa<br />

nome è unicamente dovuto all'immeritata fortuna di essere stato il destinatario di<br />

questa lettera. Qualsiasi passaggio <strong>del</strong>la suddetta lettera deve obbligatoriamente com­<br />

parire in qualsivoglia ricerca, anche la più breve, che riguardi la storia <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> »<br />

(H. Scholz, op. cit., Ili, 80).<br />

3 Nello stesso scritto Leibniz parla anche di "<strong>Logica</strong> Comune" attribuendole<br />

significato analogo a quello di <strong>Logica</strong> Naturale. Già nel 1684 in Meditazione sulla<br />

conoscenza, la verità e le idee (da Scritti logici, op. cit., 231) egli affermava che «non<br />

sono da disprezzare come criteri di verità degli enunciati quelle regole <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong><br />

Comune », ribadendo tuttavia che « non venga ammesso come certo alcunché se non<br />

è provato per mezzo di un'accurata esperienza o di una rigorosa dimostrazione ».


148 CAPITOLO SECONDO<br />

compiere alcun progresso. Sappiamo che il razionalismo descartiano (per<br />

il quale la <strong>Logica</strong> serve solo a sistematizzare e mai a scoprire e bisogna<br />

quindi abbandonare il suo studio sostituendolo con quello <strong>del</strong>la mate­<br />

matica, materia invece realmente euristica) va ben oltre alle semplici intui­<br />

zioni, sforzandosi di presentare un metodo che ci consenta di superare<br />

proprio i limiti dovuti all'imprecisione ed all'alcatorietà <strong>del</strong>le stesse. Tutto<br />

questo avrà un influsso non certo positivo per le produzioni logiche <strong>del</strong><br />

<strong>XIX</strong> secolo, soprattutto per la <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong>. Nel caso di Leibniz, invece,<br />

occorre soffermarci un po' più lungamente, soprattutto in riferimento agli<br />

sviluppi, da lui certamente non previsti né contemplati, che il suo lavoro<br />

ebbe quand'egli era ancor vivo e che si protrassero sino alla metà <strong>del</strong><br />

secolo <strong>XIX</strong>.<br />

Il filosofo tedesco si occupò approfonditamente <strong>del</strong>le tecniche dedut­<br />

tive in conformità al fatto che, a suo avviso, la <strong>Logica</strong> era il mezzo con cui<br />

si assimila tutto quanto è scoperto dall'intelletto e che, di conseguenza,<br />

non era possibile ammettere che con la <strong>Logica</strong> si scoprisse nulla. Ora<br />

Leibniz sosteneva che l'approfondimento <strong>del</strong>le "regole naturali", le quali<br />

pure hanno una loro importanza, condurrà tuttavia alla <strong>Logica</strong> Artificiale,<br />

con la quale « si giungerà assai meglio a qualcosa di nuovo » (504). Non<br />

è questo però il compito che lo interessa particolarmente e quindi egli<br />

evita di approfondirlo per il fatto che, cercando di presentare un calcolo<br />

simbolico ad argomentazioni logiche e geometriche, si prefigge di produr­<br />

re una "mathesis", attraverso la quale si possa assegnare il rigore deduttivo<br />

<strong>del</strong> calcolo non solo a tutte le quantità fisiche, ma anche alle varie strut­<br />

ture gnoseologiche. La <strong>Logica</strong> Naturale è pertanto intesa unicamente<br />

come la base minima da cui ogni soggetto deve muoversi per qualsiasi<br />

operazione intellettuale voglia affrontare, ma, tuttavia, si tratta di attestare<br />

la sua presenza e nulla più: il compito <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> è invece ben differente<br />

e non ha alcunché da spartire con essa 4 .<br />

Se la posizione leibniziana è stata, una volta di più, assolutamente<br />

chiara, la stessa cosa non può dirsi per i suoi immediati continuatori ed<br />

ancora di più per quelli successivi. C. F. Wolff, anche sostenendo che<br />

solamente le matematiche possano essere utili ad impegnare "felicemente"<br />

4 « Le lingue ordinarie, sebbene siano assai utili al ragionamento, sono tuttavia<br />

soggette ad innumerevoli equivoci e non possono sostituire il calcolo, in modo cioè che<br />

gli errori di ragionamento possano essere scoperti dalla stessa formazione e costruzione<br />

<strong>del</strong>le parole, come se si trattasse di solecismi e barbarismi » (G. G. Leibniz, Saggio sulla<br />

Caratteristica, in "Leibniz e la <strong>Logica</strong> Simbolica", Firenze, Sansoni, 1973, 60).


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 149<br />

le facoltà <strong>del</strong>l'anima <strong>nella</strong> ricerca <strong>del</strong>la verità 5 , fa <strong>del</strong> metodo matematico,<br />

al quale pure si riferisce continuamente, un impiego solamente "esterno"<br />

e gli attribuisce unicamente funzione esemplificativa. Il suo fine per un<br />

lato svaluta la funzione <strong>del</strong>la matematica stessa, in quanto la riduce ad una<br />

sorta di "sussidiario", con il quale si hanno esempi semplici e chiari <strong>del</strong><br />

sapere; per una altro verso distorce, capovolgendola, la prospettiva leibni-<br />

ziana, attraverso l'inclusione <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> <strong>nella</strong> matematica, attribuendole<br />

la funzione di semplice "mezzo". Quello che gli interessa è l'adeguamento<br />

di un tale strumento a ciò che egli definisce "<strong>Logica</strong> Naturale", ovvero<br />

« l'insieme semplice <strong>del</strong>le leggi che costituiscono onticamente e regolano<br />

il funzionamento <strong>del</strong> pensiero » (introduzione di F. Barone a G. B. Leib-<br />

niz, Scritti Logici, op. cit., 14). Non solo ma quando si prefigge di dare vita<br />

ad un vero e proprio sistema filosofico, ovvero dopo il 1725, Wolff « ab­<br />

bandona... ogni interesse, anche estrinseco per la scienza logico-combina-<br />

toria superiore alla matematica quantitativa, concentra la sua attenzione su<br />

quella dottrina dei modi e <strong>del</strong>le figure che era per Leibniz un modesto<br />

esempio e, addirittura, la semplifica ed impoverisce per renderla mo<strong>del</strong>lo<br />

adeguato di quella che per lui è la <strong>Logica</strong> Naturale» (16).<br />

Proprio per questo, rivolgendo il suo interesse alla presentazione di<br />

una sistemazione enciclopedica <strong>del</strong>le conoscenze, aveva introdotto la di­<br />

stinzione tra <strong>Logica</strong> Naturale e <strong>Logica</strong> Artificiale, intendendo la prima<br />

« come le regole che Dio ha prescritto all'intelletto, e la disposizione na­<br />

turale che noi abbiamo a seguirle », e la seconda come una tecnica che ci<br />

« insegna come si può ridurre ad abito la disposizione che ci ha dato la<br />

natura » 6 . Ne conseguiva che « se la <strong>Logica</strong> Artificiale non è che l'elabo­<br />

razione <strong>del</strong>le forze e <strong>del</strong>le leggi proprie <strong>del</strong> pensiero, è evidente che essa<br />

deve necessariamente occuparsi <strong>del</strong> funzionamento <strong>del</strong>l'intelletto in tutte<br />

le sue attività, dalla formazione sino alla connessione <strong>del</strong>le idee, e <strong>del</strong>la<br />

garanzia di oggettività offerta da esse. Si comprende così come anche la<br />

parte teorica <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> di C. F. Wolff non si restringa allo studio spe­<br />

cifico dei sistemi deduttivi, ma comprenda anche, ed addirittura in preva­<br />

lenza, un complesso di considerazioni di carattere metafisico e gnoseolo-<br />

gico » 7 .<br />

5 Questi problemi sono contenuti <strong>nella</strong> prefazione, scritta in tedesco nel 1712,<br />

alla prima edizione <strong>del</strong>l'opera <strong>Logica</strong>, inserita poi <strong>nella</strong> traduzione <strong>del</strong>la IX edizione<br />

<strong>del</strong>la stessa opera scritta in lingua <strong>italiana</strong> (1784).<br />

6 La citazione di Wolff è stata tratta da F. Barone, <strong>Logica</strong> formale e <strong>Logica</strong> trascen­<br />

dentale, 1957, I (Da Leibniz a Kant), III, II, 94.<br />

7 Ibidem, 95.


150 CAPITOLO SECONDO<br />

Partendo da queste convinzioni egli eviterà rigorosamente di porsi<br />

alla ricerca di nuove strutture formali deduttive: anzi, al contrario, cerche­<br />

rà di proporre addirittura una riduzione <strong>del</strong>lo schema sillogistico, opera­<br />

zione che, a suo avviso, rende ancora più "naturale" la <strong>Logica</strong>. Proceden­<br />

do in questa dirczione nel 1728 (Philosophia rationalis sive <strong>Logica</strong>...) affer­<br />

merà che solo i modi <strong>del</strong>la prima figura sillogistica sono "naturali", mentre<br />

è <strong>del</strong> tutto inutile sviluppare le altre figure, ritenute asillogistiche. Il con­<br />

nubio tra semplicità ed evidenza con "naturalità", che, in ultimo, si tratta<br />

di collegare questi attributi, è uno dei motivi principali che caratterizza il<br />

periodo nel quale la filosofia di Leibniz viene dimenticata, o meglio distor­<br />

ta, e che spiega la semplificazione eccessiva cui è sottoposta la <strong>Logica</strong>, al<br />

punto da intenderla come dotata di una funzione precettistica, atta ad<br />

indicare come la mente funzioni spontaneamente e con l'obiettivo di con­<br />

servare la normalità "naturale".<br />

Se nel 1728 (op. cit.) egli aveva accennato alle "restrizioni" che il suo<br />

piano di lavoro avrebbe apportato a quello leibniziano, il risultato che<br />

ottenne fu ancora più radicale: infatti il suo insegnamento fece subito<br />

presa ed ebbe, come immediata conseguenza, uno stravolgimento ancor<br />

maggiore dei testi leibniziani. Si può quindi paradossalmente affermare<br />

che, alla luce <strong>del</strong>le successive produzioni, Wolff sia stato lo studioso an­<br />

cora "più fe<strong>del</strong>e" agli insegnamenti di Leibniz, in quanto gli altri, che pure<br />

si richiamavano a lui, attueranno una radicalizzazione ed una semplifica­<br />

zione alle sue stesse tesi, ottenendo risultati assolutamente privi di valore,<br />

sia da un punto di vista strettamente logico che da uno filosofico più<br />

articolato. Ovvero, malgrado scompaiano i motivi più innovativi ed origi­<br />

nali dei temi leibniziani, nell'opera di Wolff si riscontra ancora una sorta<br />

di difesa <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, soprattutto in riferimento alle critiche mosse dalla<br />

<strong>cultura</strong> tedesca <strong>del</strong>l'epoca, mentre negli studiosi successivi sarà eliminato<br />

anche questo intento.<br />

In senso generale quello che più fece presa nei seguaci di Wolff,<br />

indipendentemente dalla loro specifica posizione filosofica, fu una conce­<br />

zione manualistica <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> con scopi di natura divulgativa: l'attributo<br />

"naturale", assegnato a questa disciplina, non poteva che essere accolto<br />

favorevolmente. La portata <strong>del</strong> suo insegnamento fu tale ed ebbe una così<br />

forte rilevanza il postulato, per cui vi è una <strong>Logica</strong> Naturale come premes­<br />

sa a quella Artificiale, che vi saranno anche Autori, i quali, pure discostan­<br />

dosi dalle soluzioni da lui proposte al problema <strong>del</strong>la conoscenza, oppure<br />

presentando un'elaborazione assolutamente originale e specifica <strong>del</strong> suo<br />

sistema, furono tuttavia fe<strong>del</strong>i seguaci <strong>del</strong> suo metodo e mantennero tutti


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 151<br />

il suo postulato di base. Più specificatamente assistiamo allora alla defini­<br />

tiva consacrazione degli insegnamenti descartiani espressi <strong>nella</strong> Logique di<br />

Port-Royal (si veda anche Gap. Ili), senza però sviluppare sufficientemen­<br />

te i punti più rilevanti degli stessi.<br />

Infatti L. F. Thumming, con l'intento di presentare in forma massi­<br />

malistica le tesi di Wolff, è costretto a compiere numerose riduzioni che<br />

vanno tutte verso un'unica dirczione, ovvero il tentativo di semplificazione<br />

di tematiche ritenute troppo complesse. Ad esempio, egli elimina defi­<br />

nitivamente qualsiasi riferimento all'arte caratteristico-combinatoria, ritie­<br />

ne che la "speciosa generale" altro non sia che una curiosità, e sostiene<br />

come sia una naturale facilità ad osservare la manifesta somiglianzà tra le<br />

cose, il punto da cui si debba iniziare lo studio <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, poiché il suo<br />

fine più che scoprire e costruire è invece quello di comprendere e cono­<br />

scere. La <strong>Logica</strong> Artificiale, a sua volta, dovrà limitarsi ad essere un'ap­<br />

plicazione <strong>del</strong>la regola naturale, alla quale si attiene comunemente la<br />

mente umana, le cui facoltà primarie sono il senso, l'immaginazione e le<br />

prime e generali forme con cui si struttura l'intelletto (ad esempio, quella<br />

di somiglianzà). F. C. Baumeister e J. P. Reusch spingono ancor oltre<br />

queste posizioni e, accettando le tematiche wolffiane <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Natura­<br />

le, si limitano però a definizioni nominali a proposito <strong>del</strong>la "speciosa uni­<br />

versale" e si rifanno alla monotona applicazione <strong>del</strong> metodo naturale-<br />

matematico 8 come strumento ritenuto onnicomprensivo. A sua volta H.<br />

Winkler tende ad un completamento <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> wolffiana con una mag­<br />

giore apertura ed interesse rispetto alle argomentazioni scientifiche (so­<br />

prattutto empiriche), ma non mette in discussione il carattere "naturale"<br />

<strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, guardandosi bene dall'approfondire la componente formale<br />

<strong>del</strong>la stessa.<br />

M. Knutzen (seguace <strong>del</strong>la fisica newtoniana e docente di Kant a<br />

Kònigsberg), verso la metà <strong>del</strong> XVIII secolo, continua a sviluppare questi<br />

temi e sostiene che il metodo matematico e quello filosofico si basano su<br />

identiche leggi, per rendere attive le quali bisogna premettere alcuni prin­<br />

cipii, da cui dipende la possibilità di conoscere i rimanenti argomenti. In<br />

virtù di questa affermazione tale metodo si può dire "naturale" per il fatto<br />

8 Una posizione contraria a queste affermazioni sarà condotta da M. F. Zinelli<br />

(Dei due metodi analitico e sintetico, 1832) che criticherà Wolff (senza citare né F. C.<br />

Baumeister né J. P. Reusch) a proposito <strong>del</strong>l'espressione "definizione nominale", rite­<br />

nendo che il metodo euclideo sia certamente quello più adeguato per produrre una<br />

valida procedura scientifica e che non occorra aggiungerne altri, in quanto sarebbero<br />

solamente inutili ripetizioni.


152 CAPITOLO SECONDO<br />

che, proprio per questo, è lo strumento più adatto per comprendere le<br />

cose ed iniziare a "fare" scienza: a suo avviso, la sillogistica opportu­<br />

namente ridotta è lo strumento che lo rappresenta per eccellenza. Grazie<br />

a queste semplificazioni si tende a presentare la <strong>Logica</strong> in modo completo<br />

e definitivo: se si riesce infatti a ridurre qualsiasi argomentazione formale<br />

alla prima figura <strong>del</strong> sillogismo, che è "naturale", non vi sono altri compiti<br />

da affrontare, a meno di volersi immergere in inutili elucubrazioni. La<br />

riduzione sillogistica è pertanto il presupposto che i continuatori di Wolff<br />

perseguono costantemente: la loro affermazione deriva dal fatto che, a<br />

loro avviso, non si può andare più a monte. Anche G. F. Meier pone come<br />

presupposto a tutti i suoi lavori, tesi anch'essi all'espansione <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong><br />

di Wolff, l'affermazione che qualsiasi conoscenza si mo<strong>del</strong>la su una <strong>Logica</strong><br />

Naturale, in quanto tutto quello che è prodotto dalle facoltà intellettive è<br />

conforme a certe regole (naturali) da considerarsi pre-determinate 9 .<br />

Occorre sottolineare come questi seguaci di Wolff non siano gli unici<br />

rappresentanti <strong>del</strong>la <strong>cultura</strong> tedesca <strong>del</strong>l'epoca, ma tuttavia, che anche altri<br />

studiosi, pure assumendo posizioni filosofiche differenti, si guardino bene<br />

dal mettere in discussione la sua concezione dalla <strong>Logica</strong>, raggiungendo<br />

anzi posizioni ancora più rigide: è questo in modo particolare, il caso di<br />

J. C. Darjes e, per certi versi, anche di C. A. Crusius.<br />

Nel primo caso, pure accettando l'impiego <strong>del</strong> metodo matematico e<br />

dimostrativo in campo metafisico, l'Autore si pone su posizioni differenti<br />

da Wolff in quanto rivaluta il ruolo <strong>del</strong>l'esperienza rispetto al razionalismo<br />

dogmatico e sostiene che il concetto di esistenza abbia un carattere extra­<br />

logico. Tuttavia da un punto di vista logico, egli non si discosta sostanzial­<br />

mente dalle linee direttrici wolffiane, che anzi rende più rigide. Malgrado<br />

sia a conoscenza dei lavori di Leibniz, non lo cita affatto perché si limita<br />

allo studio <strong>del</strong>le classiche forme logiche tradizionali, che ritiene pertanto<br />

rappresentate unicamente dal sillogismo. Ed allora nel 1755 (Via ad veri-<br />

tatem) propone considerazioni ancora più radicali <strong>del</strong>le tesi di Wolff:<br />

« Tutti gli uomini dispongono <strong>del</strong>la facoltà di conoscere la verità e di<br />

cogliere il nesso <strong>del</strong>la verità. Ossia c'è una <strong>Logica</strong> Naturale: ma l'arte<br />

9 I lavori di G. F. Meier sono quelli che riprendono con maggiore precisione e<br />

fe<strong>del</strong>tà la terminologia di Wolff, la quale era d'altro canto divenuta specifica ad ogni<br />

<strong>cultura</strong> accademica <strong>del</strong> periodo. Lo stesso Kant, commentando i lavori di Meier, non<br />

soltanto cita gli esempi di Wolff, ma si preoccupa anch'egli di porre subito in primo<br />

piano la distinzione tra <strong>Logica</strong> Naturale e <strong>Logica</strong> Artificiale, anche se con intenti ben<br />

specifici, tesi a mettere in luce la necessità di rendere trascendentale la problematica<br />

logica.


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 153<br />

perfeziona la natura. Si tratta di acquisire un abito. Quindi il filosofo<br />

costituisce la via <strong>del</strong>la scienza per scoprire la verità, via che insegna sia il<br />

modo di poter acquisire l'abito per conoscere la verità, sia il modo per<br />

poter cogliere il nesso <strong>del</strong>le verità » 10 . Questa è la scienza che è stata<br />

chiamata <strong>Logica</strong> Artificiale, via alla verità, filosofia razionale, arte <strong>del</strong><br />

pensiero, via per la scoperta. Il Logico non sviluppa solamente le regole<br />

che conducono alla verità da conoscere, ma anche il modo di accomodare<br />

le regole a ciò che si presenta.<br />

Un simile discorso può essere fatto anche per C. A. Crusius che, pure<br />

distaccandosi radicalmente da Wolff per la metodologia scientifica propo­<br />

sta (senza dubbio più ampia e più ricca, poiché, a suo avviso, il metodo<br />

matematico di Wolff è un limite per lo studio <strong>del</strong>le cose, in quanto non<br />

giunge all'esistenza <strong>del</strong>le stesse), se rivaluta l'esperienza al punto da con­<br />

siderarla il principio primo di tutte le nostre conoscenze, dunque anche<br />

<strong>del</strong>le verità logiche e matematiche, se si schiera contro la pretesa wolffiana<br />

di ricavare il principio di causalità da quello di non-contraddizione, da un<br />

punto di vista logico, egli si muove ancora <strong>nella</strong> scia wolffiana, che ritiene<br />

la <strong>Logica</strong> Formale come espansione ed esplicazione <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale.<br />

Non vi è più una sola legge <strong>del</strong> pensiero, ma le molte che vi sono dobbia­<br />

mo intenderle quali strutture immutabili ("naturali") <strong>del</strong>lo stesso. Più pre­<br />

cisamente la <strong>Logica</strong> Formale possiamo ritenerla come una chiara, evidente<br />

ed esatta rappresentazione ed espansione <strong>del</strong>le leggi <strong>del</strong>l'intelletto. Pro­<br />

prio in virtù di questa proprietà essa è in grado di indicare il loro corretto<br />

uso: ma allo stato minimo queste leggi fanno corredo cognitivo specifico<br />

ad ogni essere vivente.<br />

Alla fine <strong>del</strong> XVIII secolo il suggerimento wolffiano <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong><br />

Naturale, mirante ad indicare le regole <strong>del</strong> "buon senso" con le quali si era<br />

in grado di "ben pensare", era ancora tenuto in conto per il fatto che, in<br />

ultimo, forniva un punto di partenza sul quale fondare la scienza (la<br />

<strong>Logica</strong> Artificiale e, successivamente, la Scienza <strong>Logica</strong>). Vale a dire che<br />

il convincimento di avere alle spalle qualcosa di primario, indubitabile,<br />

"naturale", giustificava maggiormente quelle che erano le successive pro­<br />

duzioni e non consentiva di intenderle come costruzioni ex-novo, coi ri­<br />

schi che tal fatto comportava. A questo proposito J. G. H. Feder, ancora<br />

nel 1790, stabiliva che la <strong>Logica</strong> si poteva considerare come unErfmdun-<br />

gskunst od un Hetlungskunst: nel primo caso si trattava di elaborare più<br />

formule generali con il fine di scoprire la verità; nel secondo caso, coloro<br />

10 F. Barone, op. cit., 104.


154 CAPITOLO SECONDO<br />

che se ne occupano, « trattano la <strong>Logica</strong> come un'arte <strong>del</strong>la salute per<br />

l'intelletto, si preoccupano principalmente di scoprire le fonti degli errori<br />

e di provvedere contro essi medesimi regole utili... Senza togliere al primo<br />

tipo di <strong>Logica</strong> il suo valore, è tuttavia ben manifesto che il secondo tipo<br />

di <strong>Logica</strong> è quello essenziale, e che senza di esso anche il primo non<br />

potrebbe essere [di certo] di molto aiuto» 11 .<br />

Con l'avvento <strong>del</strong>la filosofia kantiana pensiamo che il problema, lungi<br />

dal risolversi, si complichi ulteriormente. Il filosofo tedesco, infatti, passa<br />

da una fase precritica, assai impregnata <strong>del</strong>la <strong>cultura</strong> <strong>del</strong>l'epoca, per cui<br />

riterrà che la <strong>Logica</strong> universale di Wolff sia la migliore, ad una fase in­<br />

novativa, o critica, ovvero trascendentale. Questa si occupa <strong>del</strong>le possibi­<br />

lità <strong>del</strong>la conoscenza ed è dunque in continua espansione, mentre la Lo­<br />

gica Formale, concepita come esplicazione <strong>del</strong>le leggi naturali <strong>del</strong> pen­<br />

siero, non avendo compiuto progresso alcuno, può considerarsi una scien­<br />

za finita e chiusa. Tuttavia il pensiero kantiano, concernente la <strong>Logica</strong><br />

Generale (formale e naturale), non riesce a prendere le distanze in modo<br />

definitivo da Wolff: pure negando un'interpretazione ontologica, egli non<br />

è in grado di abbandonare <strong>del</strong> tutto il presupposto <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale.<br />

Di fronte all'intuizione leibniziana <strong>del</strong> progetto che prevedeva una <strong>Logica</strong><br />

Formale, intesa come sistemi deduttivi aperti, si rafforza anche in Kant<br />

una semplice e povera concezione <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> che viene rimandata a<br />

forme predeterminate <strong>del</strong> pensiero, la cui esistenza era pressoché indi­<br />

mostrabile.<br />

Neppure egli, dunque, risolve il problema: lo devia su tematiche<br />

certamente importanti ma differenti ed allo stesso tempo ripresenta, senza<br />

per altro risolverli, i vecchi problemi filosofici concernenti la <strong>Logica</strong>. In­<br />

fatti sostiene che il rapporto tra <strong>Logica</strong> Generale e <strong>Logica</strong> Trascendentale,<br />

per un lato è costituito da strutture <strong>del</strong> tutto formali concernenti i vari tipi<br />

di giudizio (elemento quest'ultimo a lungo discusso <strong>nella</strong> tradizione pas­<br />

sata), ma pure dal fatto che queste stesse strutture sono interpretabili<br />

come leggi <strong>del</strong> pensiero, che presentano "scientificamente" le leggi na­<br />

turali <strong>del</strong>lo stesso. Per questo secondo motivo non è allora più possibile<br />

tenere separata la <strong>Logica</strong> Generale da quella Trascendentale, come egli<br />

pretendeva di fare: in effetti, in quanto deputata a mostrare le varie vie che<br />

il pensiero può seguire, è adibita ad intervenire anche <strong>nella</strong> determinazio­<br />

ne <strong>del</strong>la stessa indagine trascendentale. La speculazione kantiana ha<br />

un'originalità senza dubbio viva e produttiva ancora oggi, proprio perché<br />

11 Ibidem, 113-114.


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 155<br />

ha avuto il gran merito di problematizzare molte situazioni date come<br />

valide e scontate una volta per tutte: tuttavia il tema <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale<br />

è una componente che, seppure superata e contestabile, persiste ancora in<br />

gran parte <strong>del</strong>la sua trattazione. In un senso più globale permane il motivo<br />

wolffiano che si fonda sulla concezione <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Formale quale strut­<br />

tura naturale <strong>del</strong>la mente umana (tema <strong>del</strong>la Psicologia Razionale che in<br />

Kant non scompare). Questo fatto produce come conseguenza che argo­<br />

menti collegati alla precedente tradizione, lungi dallo scomparire, visto<br />

l'enorme influsso esercitato dai lavori kantiani, si ripresentino, pure se<br />

sotto diversa forma, anche nel secolo <strong>XIX</strong>. Pertanto se è forse esagerato<br />

responsabilizzare oltre misura Kant per le evoluzioni che ebbe la <strong>Logica</strong><br />

Formale, questo mantenimento di tematiche passate ebbe un'influenza<br />

non certo positiva per la <strong>Logica</strong>, ma, se vogliamo, neppure per la Psico­<br />

logia, la quale tende a divenire una metafisica <strong>del</strong>la mente o, più precisa­<br />

mente, <strong>del</strong> pensiero.<br />

A riprova <strong>del</strong>la nostra affermazione vi è il fatto che se la fortuna <strong>del</strong><br />

criticismo si manifesta con la necessaria riduzione <strong>del</strong>l'ampiezza <strong>del</strong>le di­<br />

scussioni letterarie e scientifiche e con lo smussarsi progressivo <strong>del</strong>le con­<br />

tese di tipo psicologico, morale ed estetico, diversi studiosi contemporanei<br />

cercano di difendere la <strong>cultura</strong> passata dai contributi <strong>del</strong> criticismo. In tal<br />

senso i lavori di C. Wolff vengono assunti quale "conservazione" di una<br />

<strong>cultura</strong> da salvaguardare, che sapesse porre un freno alle eccessive aper­<br />

ture kantiane. Il tema <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale (vista anche l'indecisione<br />

kantiana su questo argomento) è certamente uno dei punti nodali di que­<br />

ste dispute.<br />

Ora se gli studiosi da noi citati in precedenza facevano di questi<br />

argomenti il punto centrale <strong>del</strong>le loro osservazioni a Kant - ed a questo<br />

livello egli ebbe gioco facile a limitare la portata <strong>del</strong>le loro critiche - vi<br />

furono altri studiosi a lui contemporanei che affrontarono il problema<br />

<strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale in maniera più ampia ed articolata, ottenendo come<br />

risultato che questa non solo non scomparisse, ma continuasse ad essere<br />

presente e ad esercitare una certa influenza ancora per diverso tempo.<br />

Tra costoro, i cui contributi sono chiaramente dovuti più ad alcune<br />

lacune kantiane che non a vere proprie innovazioni (si tratta infatti <strong>del</strong><br />

tentativo di recuperare Leibniz, in particolare attraverso Wolff), lo studio­<br />

so più produttivo fu J. A. Eberhard, autore egli stesso di un completo<br />

sistema filosofico dogmatico (oltre a lui occorre ricordare anche Maas,<br />

Ulrich e Bratsberger). A suo avviso non è vero che l'oggettività dipenda<br />

solo dal soggetto, per il fatto che si tratta di una questione di valore e non


156 CAPITOLO SECONDO<br />

di essere. Allora il contenuto oggettivo <strong>del</strong>le nostre conoscenze non può<br />

essere ridotto ai soli dati sensibili spazio/temporali, in quanto vi è pure<br />

una "intuizione intellettuale", che coglie le essenze universali <strong>del</strong>le cose<br />

sensibili ed il metasensibile in generale. Da ciò egli denuncerà l'insuffi­<br />

cienza <strong>del</strong> criticismo a proposito <strong>del</strong>la genesi e <strong>del</strong>l'origine <strong>del</strong>le conoscen­<br />

ze. Infatti la conoscenza empirica consiste <strong>nella</strong> percezione, il suo oggetto<br />

è una rappresentazione: senza questo l'oggetto <strong>del</strong>la percezione sarebbe<br />

quella Ding an Sich, che per Kant è inconoscibile. Una tale affermazione<br />

vuole significare che la conoscenza empirica non ha fondamento fuori dal<br />

soggetto, ma non l'ha neppure nel soggetto, perché in tal caso si arrivereb­<br />

be alla cosa in sé. Se la conoscenza empirica ha un fondamento non<br />

conoscibile, secondo Eberhard, la stessa cosa può essere detta anche per<br />

quella a priori, ovvero per le categorie, le quali, non essendo innate, né<br />

derivate dai sensi, vale a dire dall'esterno, sono di fatto sconosciute. Se si<br />

riduce a tale punto la pretesa <strong>del</strong> criticismo si mostra come le critiche <strong>del</strong>la<br />

metafisica wolffiana siano superiori, per il fatto che pone "le regole che<br />

Dio ha prescritto all'intelletto" e le disposizioni naturali con cui noi le<br />

seguiamo, come fondamento reale per qualsiasi conoscenza: più in gene­<br />

rale la superiorità wolffiana deriva dalla strenua difesa da lui sostenuta<br />

riguardo il concetto di <strong>Logica</strong> Naturale.<br />

La riproposizione di quest'ultima, quale fondamento <strong>del</strong>la conoscen­<br />

za, permane pertanto nel panorama <strong>cultura</strong>le e, lungi dal dissolversi, si<br />

estende ancora per molti anni. A conferma di ciò sta il fatto che se ne<br />

ritrovano tracce non solo <strong>nella</strong> <strong>cultura</strong> tedesca ed in quelle da lei più<br />

intensamente influenzate, ma anche in culture refrattarie ad ogni influsso<br />

speculativo e basate su una forte componente empirica, quale quella ingle­<br />

se. In A Treatise on logic and scientific method (I, II, 1874-1877) W. S.<br />

Jevons, pure rifiutandosi di accogliere i dogmi <strong>del</strong> naturalismo e ripresen­<br />

tando temi empiristici mutuati dall'evoluzionismo spenceriano, si rifiuta di<br />

respingere tout court ogni problematica metafisica. Egli sostiene che con<br />

Kant si è avuto un oscuramento <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> come scienza ma, malgrado<br />

ciò, egli non esita a porsi in opposizione alla spinta innovatrice di Boole,<br />

sorta con l'intento di generalizzare e ricercare gli isomorfismi tra le strut­<br />

ture formali, rivolgendosi invece alla ricerca <strong>del</strong>le specifiche connessioni<br />

deduttive <strong>del</strong> linguaggio e <strong>del</strong> pensiero comune, di tutti i giorni, ovvero<br />

"naturale". Se giustamente F. Barone 12 afferma che il lavoro di Jevons si<br />

12 F. Barone, <strong>Logica</strong> formale e <strong>Logica</strong> trascendentale, Edizioni di Filosofia, Torino,<br />

1965, voi. II (L'algebra <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>], IV, 2, 132-135.


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 157<br />

pone in polemica con il "rudimentale formalismo booleano" (op. cit.),<br />

ritenuto eccessivamente angusto ed insufficiente per assolvere a mansioni<br />

"scientifiche", possiamo anche sostenere che sia presente nel lavoro <strong>del</strong>-<br />

l'A. un tentativo di "volgarizzazione <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>" (op. cit.): in tal senso<br />

possiamo individuare nel logico inglese anche il tentativo di prendere la<br />

dirczione di ricerca seguita dai filosofi che trattavano di <strong>Logica</strong> Naturale.<br />

Il giudizio però non può limitarsi a questa affermazione, che sarebbe<br />

<strong>del</strong> tutto riduttiva ed imprecisa. La ricerca di Jevons è assai più innovativa<br />

di quanto potrebbe invece sembrare ad un'osservazione superficiale. In<br />

ultimo infatti egli si sforza di porre una dipendenza tra l'orientamento<br />

formale booleano (oggi potremmo dire sintattico) ed uno teso ad illustrare<br />

le strutture linguistiche effettivamente impiegate (orientamento dunque<br />

semantico), toccando pertanto un tema di <strong>Logica</strong> <strong>del</strong> tutto attuale. Il<br />

fatto che egli sottolinei ripetutamente che il suo sistema logico tenda a<br />

rispecchiare l'uso effettivo <strong>del</strong> linguaggio, che parli di leggi autoevidenti<br />

<strong>del</strong> pensiero, che si sforzi, in ultimo, di produrre un'ontologia <strong>del</strong>la men­<br />

te, non sminuisce certamente il suo tentativo di stabilire una corrispon­<br />

denza tra una <strong>Logica</strong>, intesa come sistema significante le strutture <strong>del</strong><br />

pensiero puro, ed una logica ritenuta specifica al pensiero quotidiano. La<br />

sua sovrapposizione di motivi teorici e di concezioni generali, che spesse<br />

volte sono pregiudiziali, non devono fare passare in secondo piano il<br />

fatto che in tale tendenza siano presenti alcuni concetti <strong>del</strong>l'orientamen­<br />

to semantico, soprattutto in considerazione <strong>del</strong> fatto che è rintracciabile<br />

nel suo lavoro un'anticipazione <strong>del</strong> successivo programma logicista, anche<br />

se volto ancora alla ricerca di fondamenti unici ed immutabili ad ogni<br />

forma di sapere 13 . Proprio per lo stesso motivo, mantenendo le precisa­<br />

zioni ora accennate, sono altresì rintracciabili alcune intuizioni che co­<br />

stituiscono il rinnovamento <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale avvenuto nel nostro<br />

secolo.<br />

13 F. Barone (op. cit. 134-135) afferma che l'opera di Jevons può essere conside­<br />

rata un precursore alla concezione logicista <strong>del</strong>la fondazione <strong>del</strong>la matematica, soprat­<br />

tutto per la netta opposizione ai tentativi, tipici <strong>del</strong>la <strong>cultura</strong> anglosassone, di proporre<br />

una derivazione empirica <strong>del</strong>la stessa. Per corroborare queste affermazioni egli sotto­<br />

linea che lo stesso G. Frege in Grundlagen der Arithmetik (1884) cita favorevolmente<br />

Jevons per la sua concezione analitica <strong>del</strong>le proposizioni aritmetiche. Tuttavia l'Autore<br />

sottolinea giustamente che se per Frege il programma logicista consisteva in una rispo­<br />

sta ben più profonda e meditata all'esigenza di critica dei fondamenti <strong>del</strong>la matematica,<br />

in Jevons, al contrario, ci si basa ancora su presupposti pregiudiziali che tendevano a<br />

ritrovare una base unica e comune per la matematica, come per qualsiasi forma <strong>del</strong><br />

sapere in generale.


158 CAPITOLO SECONDO<br />

3. LOGICA NATURALE E PSICOLOGIA NELLA CULTURA ITALIANA DEL xix SECOLO.<br />

I lavori di Wolff sono certamente conosciuti in Italia assai presto ed<br />

hanno una vasta diffusione, facilitata anche dal fatto che una notevole<br />

parte è scritta in latino. Quando Wolff aveva trattato <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Natu­<br />

rale, lo aveva fatto anche in testi quali Psychologia empirica (1732) ed in<br />

Psychologia rationalis (1734), che si richiamavano ad un'altra disciplina<br />

(appunto la Psicologia). Anche la maggior parte dei filosofi <strong>del</strong> <strong>XIX</strong> secolo<br />

(e pressoché tutti quelli <strong>del</strong>la prima metà di tale secolo) da noi citati, non<br />

esitavano certamente a correlare e ad integrare i contributi prodotti da<br />

queste due forme <strong>del</strong> sapere, pure mantenendo la classica ripartizione nel<br />

quale quest'ultimo era allora suddiviso.<br />

Nel capitolo I si è visto che, seppure in ritardo e con una certa fatica,<br />

anche in Italia all'inizio <strong>del</strong> <strong>XIX</strong> secolo la Psicologia che, in quanto studio<br />

<strong>del</strong>l'anima era ancora inclusa <strong>nella</strong> <strong>Logica</strong> (studio <strong>del</strong>la conoscenza), ac­<br />

quista, con il passare dei decenni una sempre più notevole rilevanza, sino<br />

a giungere al punto da porsi come elemento primo, fondante ogni teoria<br />

<strong>del</strong>la conoscenza. Questo fatto comporterà un cambiamento nell'accostar-<br />

si e nell'indirizzarsi verso il sapere, dovuto alla sempre maggior natura<br />

empirica <strong>del</strong>le modalità con le quali ci si doveva avvicinare alle varie<br />

scienze. Una tale posizione sarà costante e continua tanto che come con­<br />

seguenza di ciò avremo Autori che, verso la fine <strong>del</strong> secolo, proporranno<br />

persino di sostituire al concetto di <strong>Logica</strong> Naturale quello di Psicologia<br />

Naturale (ad esempio, F. Bonatelli, 1892 - si veda anche cap. I, 5.1).<br />

Malgrado simili tentativi indubbiamente volti a chiarire, ad esplicita-<br />

re, cosa si intenda con l'attributo naturale, si permane tuttavia sempre in<br />

un contesto poco preciso, aleatorio, definito in ogni caso insufficientemen­<br />

te. Nonostante il fervore e l'indubbia fecondità dei molti Autori di questo<br />

periodo si assiste non già alla presentazione di una nuova epoca <strong>cultura</strong>le,<br />

ma al definitivo tramonto di quella antica. Ci troviamo di fronte a quella<br />

che viene chiamata "ironia" romantica, ovvero alla presentazione di un<br />

discorso che vuole essere nuovo, accompagnato però da una forte resisten­<br />

za a svilupparlo compiutamente 14 .<br />

14 "Ironia" per la <strong>cultura</strong> romantica è un termine che occorre prendere in senso<br />

letterale, ovvero "parlare mascherato". Più precisamente si tratta di un distogliersi<br />

dall'oggetto che si sta perseguendo, di un'impossibilità di credere a ciò che si fa, di<br />

potersi realizzare pienamente. Ora, da questa situazione è difficile uscire, perché, quan­<br />

to più uno rivolta il problema, tanto più esso cresce. Proprio per questo motivo si ha


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 159<br />

Illustriamo questo punto con un esempio. A. Cappellazzi (si veda<br />

cap. I, 5.3) ritiene che la <strong>Logica</strong>, <strong>nella</strong> sua generalità, assolva al compito<br />

di essere il « vero ufficio tecnico di polizia speculativa » (7): per questo in<br />

primo luogo è arte, in quanto è « direttiva <strong>del</strong>la ragione nell'acquisto <strong>del</strong>la<br />

verità » (ibidem).<br />

Si tratta di un A. che non mette in dubbio come sia una base psi­<br />

cologica il fondamento di ogni forma di organizzazione <strong>del</strong> sapere. Ma la<br />

sua posizione non solo non gli consente di ottenere dei vantaggi, ma lo fa<br />

ripiombare in un genere di argomentazioni che egli avrebbe voluto evita­<br />

re. Infatti, a suo avviso, in tutta la storia <strong>del</strong>la filosofia vi è sempre stata<br />

contrapposizione tra chi considerava la <strong>Logica</strong> un'arte, chi la definiva una<br />

scienza, chi la stimava sia l'una che l'altra: egli pensa di risolvere la dia­<br />

triba affermando che, qualora si mantenga il presupposto <strong>del</strong>l'universa­<br />

lità, questa suddivisione ha scarsa importanza. A riprova di come la pro­<br />

prietà di universalità risolva tali problemi, aggiunge che tutto ha una<br />

<strong>Logica</strong> e nel tutto è sì compresa la scienza, ma anche, e soprattutto, la<br />

natura e l'azione, ovvero qualsiasi cosa che il soggetto è in grado non solo<br />

di pensare, ma anche di tradurre in pratica. Non è molto, in verità, quello<br />

che l'A. ci dice, a meno che si voglia intendere l'impiego <strong>del</strong> tutto im­<br />

preciso di certi concetti (<strong>Logica</strong>, Universalità, Natura, Azione) come l'at­<br />

testazione <strong>del</strong>la propria ignoranza, rispetto a problemi che erano ritenuti<br />

irrisolvibili.<br />

Questo esempio è uno fra i tanti (certamente non è il meno chiaro)<br />

che si ritrovano in questo periodo. In altre parole: per un lungo periodo<br />

di tempo si fa <strong>del</strong> concetto di <strong>Logica</strong> Naturale un punto di riferimento,<br />

non tanto dal quale partire, quanto piuttosto nel quale ritrovare i fonda­<br />

menti <strong>del</strong>la cognitività umana e sul quale fondare tutte le proprie attività.<br />

Tematiche metafisiche o, con maggior precisione, ontologiche, più che<br />

non logiche, ne sono le basi. Si aggiunga a questi motivi una posizione<br />

volutamente agnostica, a proposito <strong>del</strong> settore nel quale si colloca questa<br />

disciplina, dovuta, potremmo forse dire, al timore di affrontare temi trop­<br />

po specifici che metterebbero in luce la contraddizione di una <strong>cultura</strong> che<br />

vuole fare <strong>del</strong>la spontaneità (naturalità) il fondamento <strong>del</strong>le produzioni<br />

<strong>cultura</strong>li, ma la castra in misura crescente quanto più tende e pretende di<br />

sottolineare di avere consapevolezza proprio di questo processo.<br />

una eccessiva produzione di pensiero riflesso che limita la creatività: qualcuno potrà in<br />

tal modo desiderare un vichiano "ricorso" di barbarie, quale unico rimedio per ritro­<br />

vare ciò che è perduto.


160 CAPITOLO SECONDO<br />

La scelta di posizioni agnostiche da parte degli Autori non permette<br />

certo di superare agevolmente questa contraddizione. Il risultato più evi­<br />

dente sono definizioni di <strong>Logica</strong> Naturale poco puntuali eppure, allo stes­<br />

so tempo, significative, le quali abbondano a dismisura e si presentano<br />

pressoché inalterate per tutto il secolo. Un tal fatto ci spinge a supporre<br />

che si sia trattato di un argomento assai più rilevante di quanto possa<br />

apparire.<br />

Proponiamo, con l'intento di inquadrare il problema, la seguente<br />

schematizzazione in dieci punti, che, basandoci sui testi degli Autori ita­<br />

liani da noi consultati, possono essere gli argomenti da sviluppare in suc­<br />

cessivi lavori:<br />

3.1. La filosofia <strong>italiana</strong> <strong>del</strong> <strong>XIX</strong> secolo si trova in una posizione<br />

connotata da una notevole confusività od, in linea di massima, si mostra<br />

in ritardo rispetto a quelli che sono i progressi <strong>del</strong>le grandi correnti filo-<br />

sofiche europee. Molti problemi sono stati riproposti per l'ennesima volta<br />

ed affrontati con mezzi e strumenti oramai vecchi. Allo stesso tempo al­<br />

cuni studiosi <strong>del</strong> passato sono <strong>del</strong> tutto dimenticati o letti in modo ridut-<br />

tivo e distorto. L'esempio più evidente di quest'ultima situazione è Leib-<br />

niz: non possiamo affermare che le sue produzioni siano state definitiva­<br />

mente cancellate rispetto ai lavori filosofici precedenti, ma, probabilmen­<br />

te, solo per il fatto che si fa spesso uso <strong>del</strong>la loro terminologia e si richia­<br />

mano non raramente le sue opere. Tuttavia i nostri Autori trattano quasi<br />

sempre di argomenti leibniziani "letti" da Wolff: ed è quest'ultimo filoso­<br />

fo, assai conosciuto e diffuso, colui di cui all'epoca più si parla. Ora una<br />

gran parte dei nostri studiosi, avendo già Wolff letto Leibniz ed avendolo<br />

esposto in modo divulgativo, ritiene che non sia più indispensabile richia­<br />

marsi e consultare gli scritti originali di quest'ultimo.<br />

I risultati non possono essere che negativi: in particolare per quello<br />

che concerne specificatamente la <strong>Logica</strong> un tale fatto rappresenta di per<br />

sé un enorme impoverimento, perché gli studi dei problemi apportati da<br />

questa disciplina sono risolti con un'affermazione dogmatica di alcuni<br />

principi ritenuti essenziali e primitivi (tra i quali, appunto, quello di Lo­<br />

gica Naturale).<br />

Allo stesso tempo la vasta problematica kantiana fa il suo ingresso<br />

anche <strong>nella</strong> <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong> ma, all'inizio <strong>del</strong> secolo, il suo studio è condot­<br />

to in modo impreciso e parziale (si tratta per lo più di autori che hanno<br />

letto personalmente gli scritti kantiani e, almeno sino agli anni '30 manca<br />

un dibattito <strong>cultura</strong>le tale da poterli presentare <strong>nella</strong> loro ricchezza e


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 161<br />

complessità). Si discute in modo non certo costruttivo, bensì riducendosi<br />

a sterili competizioni verbali, se <strong>Logica</strong> "trascendentale" sia la denomina­<br />

zione scelta da Kant in opposizione a <strong>Logica</strong> "classica", che egli per la<br />

prima volta qualificò come "formale". Si aggiunga che non si arriva a<br />

comprendere pienamente, e neppure ci si rende conto, che i legami con<br />

la <strong>Logica</strong> aristotelica sono assai ben più problematici di quanto potesse<br />

superficialmente apparire e non li si può identificare tout-court con quella<br />

kantiana, poiché alle "forme" <strong>del</strong>lo stagirita si contrappone la "deduzione<br />

<strong>del</strong>le categorie" partendo dalle forme assunte dal giudizio. La <strong>Logica</strong><br />

kantiana, d'altro canto, « non solo permette di staccarsi dal legame [con<br />

quella classica], ma, in più, è solamente quando riesce a liberarsi comple­<br />

tamente da quest'ultima che si può vedere chiaramente ciò che essa è »<br />

(H. Scholz, 1968, I, 6, 36).<br />

Simili problemi non potevano che aumentare la già notevole confu­<br />

sione dei filosofi italiani di quel periodo. Per quello che concerne la Lo­<br />

gica occorre mettere in evidenza un duplice problema teoretico, aggiunto<br />

dalla comparsa dei lavori di Kant nello scenario <strong>cultura</strong>le <strong>del</strong> nostro paese.<br />

3.1.1. Gli Autori affrontano le novità filosofiche di Kant facendo<br />

però riferimento ad una <strong>Logica</strong> oramai vecchia, superata e, oltretutto,<br />

ancor più "ridotta" da Wolff, senza tener conto <strong>del</strong>le severe osservazioni<br />

che lo stesso Kant <strong>del</strong> periodo "critico" muoveva agli assunti wolffiani. Il<br />

risultato è che in un tale contesto la <strong>Logica</strong> Naturale diviene qualcosa di<br />

assolutamente indecifrabile: l'ulteriore tentativo di collegarla alla Psicolo­<br />

gia produce un'ancor maggiore confusività.<br />

3.1.2. Nessuno degli Autori italiani da noi consultati prende posizio­<br />

ne per quello che concerne la collocazione dei lavori logici di Kant. Non<br />

che siano restii a giudicare l'opera kantiana che, al contrario, si passa da<br />

una sua esaltazione agli attacchi più polemici: ci si guarda tuttavia dal<br />

chiedersi se la <strong>Logica</strong> kantiana sia la necessaria "distruzione" <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong><br />

formale, oppure se riguardi non tanto il produrre nuovi risultati, quanto<br />

piuttosto il "leggere" le possibili conseguenze cui questa materia può<br />

condurre.<br />

3.2. La <strong>Logica</strong>, in ogni caso, perde progressivamente la propria au­<br />

tonomia ed oltre ad essere mescolata e confusa con le classiche forme <strong>del</strong><br />

sapere (morale, metafisica, ontologia), tende ad identificarsi sempre più<br />

con il metodo col quale ci si deve accostare al sapere (gli scritti di Port-


162 CAPITOLO SECONDO<br />

Royal sono conosciuti da tutti ed apprezzati dalla maggior parte di loro).<br />

Il progredire ed il consolidarsi di questo indirizzo spinge inevitabilmente<br />

verso una prospettiva psicologista. L'irrompere <strong>del</strong>le tematiche hegeliane<br />

(che rappresentano « indubbiamente il cambiamento che più di altri ha<br />

scompaginato il concetto di <strong>Logica</strong>... [ed il cui] legame con la <strong>Logica</strong> nel<br />

senso di Aristotele è unicamente rintracciabile in una distorsione che He­<br />

gel compie [nei confronti di quest'ultima] » - H. Scholz, 1968, I, 8, 40-<br />

41), in ogni caso assimilate in ritardo, ed il successivo riduzionismo posi­<br />

tivista, hanno l'effetto di corroborare ulteriormente una simile tendenza<br />

sino a renderla dominante, oppure, per reazione, a produrre astorici trat­<br />

tati che si prefiggono la conservazione completa dei classici insegnamenti<br />

tradizionali.<br />

3.3. In linea di-massima pensiamo che una tale imprecisione sia do­<br />

vuta al processo <strong>cultura</strong>le che si è protratto, e non solo in Italia, durante<br />

tutto il secolo passato e che, salvo le rare e giustificate eccezioni (si<br />

pensi a Lambert), aveva provocato un ribaltamento <strong>del</strong>le posizioni occu­<br />

pate dalla <strong>Logica</strong> e dalla Psicologia: ovvero si tendeva progressivamente a<br />

fare di quest'ultima disciplina la base dalla quale si doveva partire per<br />

comprendere qualsiasi forma di conoscenza. Necessariamente essa perde­<br />

va la propria autonomia e doveva rivedere i punti principali su cui si era<br />

fondata.<br />

3.4. Mancava tuttavia la capacità di saper fornire una spiegazione<br />

rigorosa a questo nuovo indirizzo. Ecco perché quando si parla di <strong>Logica</strong><br />

Naturale si fa sempre ricorso a definizioni estremamente generali, caratte­<br />

rizzate da una voluta imprecisione che, a nostro avviso, possiamo fare<br />

risalire all'intento di trovare un elemento comune a tutte le attività <strong>del</strong><br />

soggetto, attraverso le quali spiegare tutte le forme in cui si presentano le<br />

sue conoscenze ed anche si giustificano le sue azioni, si comprendono i<br />

suoi comportamenti.<br />

L'obiettivo è evidentemente quello di giungere alla verità, ma ci si<br />

guarda bene dall'indicare una teoria <strong>del</strong>la stessa. In linea di massima pen­<br />

siamo che si sia condotti ad intenderla contemporaneamente come coeren­<br />

za (un asserto è valido se appartiene ad un sistema più vasto) e come<br />

corrispondenza (con i fatti empirici, concreti). In un modo o nell'altro ci<br />

si sforza di intendere la verità come un qualcosa di tangibile, che si può<br />

ricercare e ritrovare e rispetto alla quale non vi siano problemi di sorta per<br />

accoglierla: l'attributo "naturale", ovvero specifico <strong>del</strong>l'Essere, ribadisce


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 163<br />

come si tratti, in ultimo, di un atteggiamento ontologico, che è destinato<br />

a scomparire col proseguire <strong>del</strong> tempo (si veda anche cap. I).<br />

3.5. Un tale contesto teorico rende ancora più interessante lo studio<br />

<strong>del</strong>l'evoluzione <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale, la quale dovrebbe essere, molto<br />

generalmente, la conditio sine qua non qualsiasi soggetto possa arrivare a<br />

scoprire, ma anche a costruire qualunque forma <strong>del</strong> sapere, dunque anche<br />

la stessa <strong>Logica</strong> Generale. Questo Lumen mentis, come a volte la si in­<br />

dicava, può infatti essere e una predisposizione di natura soggettiva, ov­<br />

vero qualcosa di indispensabile per ogni attività <strong>del</strong>l'individuo, oppure lo<br />

si può intendere come il "marchio" specifico ad ogni essere vivente, ov­<br />

vero la condizione che regola qualsiasi atto <strong>del</strong> soggetto. Vale a dire che<br />

si tratta <strong>del</strong>la condizione per la quale ogni operazione ed ogni azione<br />

"hanno un senso", obbediscono a <strong>del</strong>le regole, seguono certi ritmi senza<br />

dei quali non sarebbe possibile instaurare alcun rapporto (sia questo co­<br />

municativo, sociale, scientifico, etc.) con gli altri individui. Ma allo stesso<br />

tempo, si tratta anche di una norma, di un principio che antecede qualsiasi<br />

attività od atto (di qualunque genere): perché possa condurre ad un risul­<br />

tato da ognuno accolto come "naturale", deve essere comune a tutti. Non<br />

occorre, allora, denotare un sistema logico per inserirvi questa specifica<br />

componente, perché sarebbe limitarne la portata. L'attributo "naturale"<br />

mira invece ad indicare un carattere unico, primario, e potremmo dire<br />

assoluto, di tutto quello che appartiene all'universo <strong>del</strong> sapere e <strong>del</strong>l'agire.<br />

Si tratta ora di vedere sino a che punto questa caratteristica influisca per<br />

la successive strutturazioni cognitive: in linea di massima i nostri Autori si<br />

rifanno a Wolff anche su questo punto, non raccogliendo i suggerimenti<br />

di Leibniz.<br />

3.6. Di fronte alla presenza di pensieri tra loro incompatibili, alla<br />

necessità di trasformare costantemente un dato ipotetico in un dato reale<br />

che escluda qualsiasi altra possibilità, al bisogno di fare ricorso unicamen­<br />

te a valutazioni e soluzioni immediate, ci imbattiamo in problemi che, per<br />

l'inevitabile carenza di approfondimenti e di indagini più accurate, com­<br />

portano affermazioni dogmatiche, in virtù <strong>del</strong> fatto che queste non pos­<br />

sono essere ulteriormente analizzate. Siccome la <strong>Logica</strong> Naturale, così<br />

intesa, è indirizzata alla ricerca esasperata di elementi che siano fondamen­<br />

tali e primitivi, gli Autori che ne trattano si vedono costretti a proporre ed<br />

ad imporre semplificazioni arbitrarie che non possano essere messe in<br />

discussione.


164 CAPITOLO SECONDO<br />

Lo stabilire la sussitenza di un principio forte, ritenuto oltretutto<br />

primario, ha, anche in questo caso, effetti <strong>del</strong> tutto controproducenti,<br />

poiché costituisce una limitazione ed un impedimento ad ogni progresso,<br />

al punto di arrivare a bloccare qualsiasi ulteriore ricerca. Il ritenere che<br />

tale principio contenga in potenza tutto ciò che potrà successivamente<br />

attualizzarsi, conduce inoltre verso una prospettiva rigidamente deter­<br />

ministica. Infatti la sua pretesa owietà e la sua acritica acccttazione mirano<br />

a celare la non volontà ad operare la scelta di un settore specifico e re­<br />

lativo <strong>del</strong>la ricerca, ovvero ribadiscono l'intento di imporre un preciso<br />

orizzonte di indagine e di condizionare ogni tentativo di una spiegazione<br />

di quest'ultimo. Si aggiunga a ciò anche il fatto che ci si imbatte <strong>nella</strong><br />

curiosa situazione per cui sono proprio gli elementi "naturali" quelli che<br />

non possono essere spiegati, posizione sostenuta anche da coloro che sti­<br />

mavano che la sola scienza fosse proprio quella che si occupava <strong>del</strong>la<br />

natura.<br />

3.7. Con il passare <strong>del</strong> tempo, e soprattutto <strong>nella</strong> seconda metà <strong>del</strong><br />

secolo <strong>XIX</strong>, il problema <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale si pone sempre di più<br />

come uno dei principali punti che contrassegnano il rapporto tra <strong>Logica</strong><br />

e Psicologia, in qualunque modo questo venga a presentarsi. A seconda<br />

<strong>del</strong>le posizioni che queste due discipline verranno ad assumere, la Lo­<br />

gica Naturale, pure mantenendo un significato sufficientemente simile a<br />

quello avuto in passato, acquisterà valenze differenti e ricoprirà ruoli spe­<br />

cifici, ma sarà pur sempre presente in un gran numero di lavori. Negli<br />

scritti più conservatori di questo periodo la nozione di <strong>Logica</strong> Naturale<br />

tenderà ad essere assunta quale ultima difesa contro le pretese positivi-<br />

stiche.<br />

3.8. Da un punto di vista generale si richiamano alle posizioni dei<br />

punti 3.6. e 3.7. quei filosofi che, tendendo a fornire una presentazione<br />

enciclopedica <strong>del</strong> sapere, si rifanno in massima parte al razionalismo<br />

wolffiano. Una posizione meno rigida, seppure sempre indirizzata ad at­<br />

testare la necessità di una <strong>Logica</strong> Naturale, la si ritrova invece in coloro<br />

che si richiamano alla più duttile ed elastica filosofia empirista, ereditata<br />

sia dalla <strong>cultura</strong> francese che da quella inglese. In questo caso si tende a<br />

fornire esemplificazioni, seppure a volte troppo semplici ed in ogni caso<br />

discutibili, di cosa si intenda con questo termine (certe azioni che il sog­<br />

getto in ogni caso compie; certi ragionamenti comuni a soggetti di qualun­<br />

que razza o <strong>cultura</strong>). Ovvero seguendo queste tradizioni empiriste si cerca


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 165<br />

almeno di "far vedere", di "mostrare", come si esplichi questo Lumen<br />

Mentis. Tuttavia i risultati non sono certo più attendibili di quelli ottenuti<br />

dai filosofi dei punti 3.6. e 3.7. Anzi, a volte, il loro tentativo di "essere<br />

chiari" e la loro esigenza di fornire prove controllabili produce risultati <strong>del</strong><br />

tutto banali.<br />

3.9. Da un punto di vista specificatamente logico un tal fatto rappre­<br />

senta un blocco compatto e solido, che ha l'effetto negativo di ritardare<br />

notevolmente la soluzione di problematiche le quali erano invece sempre<br />

più numerose, proprio per il fatto di impedire studi troppo approfonditi.<br />

Infatti il persistere di una concezione che riteneva la <strong>Logica</strong> Formale (ed<br />

in generale qualunque tipo di <strong>Logica</strong>) come un'esplicitazione <strong>del</strong>le leggi<br />

naturali <strong>del</strong> pensiero, ha avuto come risultato di ostacolare ed impedire gli<br />

sviluppi <strong>del</strong>la ricerca logica, indirizzandola sempre di più verso una pro­<br />

spettiva psicologistica.<br />

3.10. Da un punto di vista psicologico il risultato non è certo foriero<br />

di interessanti novità né di aperture rivoluzionarie. Infatti, anche in questo<br />

caso, si tende pur sempre a sancire la presenza di alcuni elementi primi,<br />

comuni ad ogni soggetto, mentre, per un altro verso, un tal fatto corre il<br />

rischio di giungere a risultati sempre contestabili in quanto, proprio per­<br />

ché empirici, sono soggetti a continue variazioni e cambiamenti. Occorre­<br />

rebbe che ci fossero dati di fatto, situazioni concrete, sempre valide ed<br />

universali, per potere assolvere a questo compito. Ma questo è proprio la<br />

negazione <strong>del</strong> concetto di empirismo. Se tale osservazione è valida per<br />

fenomeni specifici e particolari, tanto più lo è per fatti macroscopici e di<br />

difficile controllo.<br />

4. EVOLUZIONI DELLA LOGICA NATURALE IN RAPPORTO CON LA PSICOLOGIA<br />

(1850-1900).<br />

Malgrado le varie e multiformi modalità con cui questo rapporto si<br />

è manifestato, riteniamo che sia possibile suddividerlo in due grandi<br />

momenti.<br />

4.1. Nella seconda metà <strong>del</strong> secolo si tenderà a rendere sempre più<br />

complementare la <strong>Logica</strong> con la Psicologia (si pensi, soprattutto, a Wundt,<br />

Logik, 1880-1893.


166 CAPITOLO SECONDO<br />

4.2. Vi saranno sempre studiosi che parleranno di un insieme di prin­<br />

cipii, di regole, di disposizioni, da ritenersi primitivi in ogni caso (e per­<br />

tanto naturali) e, quindi non analizzabili.<br />

Il primo momento tenderà ad imporsi (si veda cap. I) e la "naturalità"<br />

<strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> sarà raggiungimento di una correlazione tra una successione<br />

di azioni (sia pratiche che intellettuali), che hanno il fine di "farci ben<br />

ragionare".<br />

La <strong>Logica</strong>, considerata proprio nei suoi aspetti fondamentali 15 , di­<br />

pende dall'esperienza per le seguenti ragioni:<br />

4.3. Perché si propone di regolare i fatti, ovvero le «operazioni in­<br />

tellettuali rivolte all'acquisto <strong>del</strong>le cognizioni e deve quindi trarre dalla<br />

Psicologia sperimentale le conoscenze di queste operazioni» (120).<br />

4.4. «Perché la riflessione sulle scienze, che sono i prodotti più alti<br />

di quelle operazioni intellettuali, influisce, nel modo che si è detto nel<br />

paragrafo precedente, sui progressi <strong>del</strong>la logica » (ibidem).<br />

Si comprende allora come, col passare <strong>del</strong> tempo, la primitiva acce­<br />

zione <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale tenderà ad essere abbandonata, per il fatto<br />

che si propenderà ad identificarla con i primi atti e con le prime elabora­<br />

zioni intellettive compiute dal soggetto e l'intento di ritenere primitiva tale<br />

facoltà acquisterà un significato <strong>del</strong> tutto specifico: vale a dire che ci si<br />

sforzerà di retrodatare sempre di più la sua comparsa, senza però mai<br />

intenderla, come nel passato, alla stregua di un qualcosa di innato, di<br />

precedente agli stessi esseri umani.<br />

D'altro canto quando si parlerà <strong>del</strong>la sua primarietà, si intende questo<br />

termine in senso esclusivamente cronologico. La <strong>Logica</strong> Naturale è tempo­<br />

ralmente antecedente a qualsiasi sviluppo <strong>del</strong>le facoltà cognitive; è tipica<br />

<strong>del</strong>l'essere primitivo, <strong>del</strong> bambino, <strong>del</strong>l'uomo inteso come animale, addi­<br />

rittura degli stessi animali. Costituisce un necessario punto di partenza,<br />

dotato di sue regole specifiche anche se <strong>del</strong> tutto ingenue, che deve for­<br />

zatamente essere superato.<br />

Da questo insieme di osservazioni deriva evidentemente che tutta la<br />

<strong>Logica</strong>, in generale, deve ritenersi parte <strong>del</strong>la Psicologia per il fatto che<br />

15 In particolare si veda C. Cantoni, Corso elementare di Filosofia: Psicologia e<br />

<strong>Logica</strong>, 1895.


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 167<br />

quest'ultima ha l'anima (lo spirito) come oggetto di studio e quindi anche<br />

il cervello ed il sistema nervoso. La prima, invece, occupandosi solo <strong>del</strong>le<br />

facoltà cognitive, prende in esame soltanto alcune fra le molteplici funzio­<br />

ni cui questi organi presiedono. Ecco perché si inizia il suo studio parten­<br />

do dalle sensazioni, a cui fa seguito quello <strong>del</strong>le rappresentazioni, <strong>del</strong>le<br />

associazioni, <strong>del</strong>la memoria e <strong>del</strong> linguaggio.<br />

Ora, intesa in questo modo, la <strong>Logica</strong> può dirsi ancora Naturale, ma<br />

in un senso <strong>del</strong> tutto specifico e <strong>del</strong> tutto diverso rispetto a quanto si<br />

sosteneva in passato. Occorre tuttavia segnalare che questo cambiamento<br />

non apporterà quei vantaggi che i suoi Autori credevano di ottenere. In<br />

ultimo cercare di trasferire in campo biologico e fisico un problema filo-<br />

sofico non produce alcun vantaggio sino al momento in cui non si dispone<br />

di strumenti atti e deputati a realizzare tale obiettivo. In caso contrario non<br />

solo si aggiunge nulla di nuovo, ma si crea una grande confusività. In ogni<br />

caso, molto generalmente, la situazione può essere così dicotomizzata.<br />

4.5. per un verso si ha un significato <strong>del</strong> termine più ampio (non vi<br />

è, infatti, più ragione di suddividere la <strong>Logica</strong> in Naturale, Speciale o<br />

Applicata perché tutto è riconducibile al soggetto biologico: le eventuali<br />

suddivisioni <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> riguarderanno, al limite, la loro precisione e non<br />

certo la loro genesi).<br />

4.6. Per un altro verso avrà invece un significato più riduttivo per il<br />

fatto che, in ultimo, rappresenta il tentativo di ricondurre tutte le facoltà<br />

cognitive ad un'unica e sola base fondante e ci riporta in quella prospet­<br />

tiva metafisica, che pure ci si era sforzati di eliminare.<br />

Un esempio lo troviamo in uno scritto non di un filosofo ma di un<br />

docente di Algebra, fatto questo che conferma, ancora una volta, come<br />

tale problema fosse allora veramente rilevante. In Sull'Aritmetica: disser­<br />

tazione storico-critica (Tomo III, 1870, 389-408) A. Stiattesi 16 , dice che<br />

l'attività percettiva è primitiva per il fatto che è la sola in grado di farci<br />

apprezzare le cose «che meritano uopo» (403). Discutendo poi sulla<br />

scienza matematica egli segue il progetto di Wolff, teso a semplificare ad<br />

16 Andrea Stiattesi. È docente di algebra all'Università di Milano negli ultimi<br />

decenni <strong>del</strong> secolo scorso. Oltre ai vari contributi di Algebra, dobbiamo ricordare<br />

anche Intorno alla vita ed al lavoro <strong>del</strong>... Giovanni Antonelli <strong>del</strong>la Scuola... (1873 -<br />

Bollettino di Bibliografia di Storia <strong>del</strong>le Scienze matematiche e fisiche, Roma, 1873).


168 CAPITOLO SECONDO<br />

ogni costo il ragionamento matematico, al punto di renderlo un processo<br />

primario, "naturale". Infatti se « un'abitudine intellettuale... lo informa di<br />

una logica artificiale e fallace, rende l'intelletto medesimo inetto a conse­<br />

guire nuove e salde cognizioni » (402). Dunque, paradossalmente, la tema­<br />

tica <strong>Logica</strong>, anziché possedere una capacità espansiva, in luogo di favorire<br />

la costruzione di più solide strutture intellettuali (la <strong>Logica</strong> Artificiale, ad<br />

esempio), ha la funzione negativa di limitare il corretto sviluppo <strong>del</strong>le<br />

potenzialità cognitive che ogni soggetto possiede "naturalmente". Si è<br />

giunti al ribaltamento completo di Leibniz ma non si è certamente in<br />

possesso di conoscenze più ampie e precise per quello che concerne la<br />

<strong>Logica</strong> Naturale.<br />

5. OSSERVAZIONI.<br />

5.1. Genesi, esplicazione, interpretazione.<br />

E inevitabile che tutte le nostre conoscenze debbano iniziare da<br />

qualche punto che noi riteniamo non necessitante di alcuna spiegazione.<br />

Si è visto che questo fatto non è mai stato messo in discussione ma che,<br />

al limite, le interminabili contese che si sono verificate <strong>nella</strong> storia <strong>del</strong>le<br />

conoscenze riguardavano la-natura di questi principi ed il valore loro<br />

assegnato. Ora sappiamo che già Aristotele aveva perfettamente compreso<br />

che qualsiasi scienza dimostrativa debba prendere l'avvio da principii in­<br />

dimostrabili, perché altrimenti ci si troverebbe in un circolo vizioso. D'al­<br />

tro canto i filosofi si rendevano conto che doveva esservi qualche modalità<br />

in base alla quale si giustificassero gli assiomi, in modo che i concetti<br />

risultassero autoevidenti e gli assunti necessariamente veri.<br />

Anche se in ultimo si giungerà a risultati assai simili tra loro, un<br />

argomento oggetto di notevoli discussioni riguarda due punti ed è l'ele­<br />

mento caratteristico di tutte le discussioni, a volte anche le contese e le<br />

polemiche (spesse volte anche assai aspre, ma d'altro canto non bisogna<br />

dimenticare che la polemica è un elemento retorico, allora molto in uso)<br />

registrate tra i vari studiosi, che hanno trattato la questione <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong><br />

Naturale. Si tratta di sapere:<br />

(a) se l'individuo possiede <strong>del</strong>le disposizioni (o meno) tali da potere<br />

assimilare in certuni modi le varie forme <strong>del</strong> sapere (componente cognitiva<br />

e morale), nonché di adattarsi alla realtà esterna (componente sociale,<br />

etica);


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 169<br />

(b) qualora (a) abbia risposta affermativa, quale è la natura di tali<br />

disposizioni e quale è la modalità <strong>del</strong> loro apparire.<br />

È questo il punto sul quale si scontreranno, da un lato, gli eredi <strong>del</strong>la<br />

filosofia classica che alla questione (a) rispondevano affermativamente,<br />

facendo poi ricorso a posizioni metafisiche per giustificarla, e, da un altro<br />

lato, gli studiosi legati alla novità positivista, che tuttavia trovavano che<br />

l'unico mezzo per affermare (b), con il fine di darne una giustificazione<br />

scientifica, consistesse nel negare (a), anche se poi ricadevano in posizioni<br />

ancora fortemente impregnate di tematiche metafisiche.<br />

Oggi consideriamo gli assiomi come enunciati che non possiamo di­<br />

chiarare veri o falsi per il fatto che non occorre che lo siano, in quanto i<br />

concetti sono giudicati a partire dalle conseguenze che comportano. Que­<br />

sto implica che in luogo <strong>del</strong>la genesi e <strong>del</strong>l'esplicazione dobbiamo parlare<br />

di interpretazione (da intendersi anch'essa ripartita in differenti livelli) dei<br />

termini primitivi di cui ci serviamo ed assumere quest'ultimo concetto<br />

come strumento dal quale ricavare e col quale valutare i primi due.<br />

Se, ad esempio, esaminiamo la geometria intendendola quale pura<br />

matematica e la proponiamo come sistema, il criterio perché questo sia<br />

ritenuto vero è che debba risultare non-contraddittorio, ovvero che risulti<br />

coerente. Se invece lo interpretiamo come una descrizione <strong>del</strong>lo spazio<br />

fisico, dobbiamo anche interpretare gli assiomi in termini di esperienza, in<br />

modo da poter controllare <strong>nella</strong> realtà i teoremi che ne derivano. È dun­<br />

que l'interpretazione l'elemento che connota pragmatisticamente (o meno)<br />

una disciplina, indicandone così il possibile impiego. Fondamentalmente<br />

le teorie classiche si propongono di fare un'analisi dei vari concetti impie­<br />

gati, mentre ora ci si limita a ritenere validi quelli che producono, che<br />

costruiscono, qualche cosa. Non necessariamente si considera solamente<br />

l'attività fisica, preponendola a quella mentale, perché non solo ogni azio­<br />

ne, ma anche ogni asserto, ogni pensiero, riveste una funzione operativa.<br />

Evidentemente, a queste condizioni, una teoria sarà giudicata solo dopo<br />

che si è constatato quello che è in grado di produrre ed aver testato<br />

concretamente le potenzialità che le sono state in precedenza attribuite.<br />

Nel periodo da noi preso in esame questo problema non è conside­<br />

rato proprio perché in luogo di collocare su differenti livelli, e soprattutto<br />

a-posteriori, l'attendibilità <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale, la si da come anteceden­<br />

te ad ogni umana attività: proprio per questo non sarà mai sufficientemen­<br />

te chiarita. In altri termini i tre concetti (genesi, esplicazione ed interpre­<br />

tazione) non rientrano per alcun motivo nel contesto <strong>cultura</strong>le <strong>del</strong> perio­<br />

do, limitando in maniera considerevole la portata <strong>del</strong>le ricerche.


170 CAPITOLO SECONDO<br />

5.2. Mondo esterno e mondo interno.<br />

L'idea per la quale qualsiasi conoscenza nasca esclusivamente dal­<br />

l'umano tentativo di adattarsi alla natura esterna, senza considerare ade­<br />

guatamente l'importanza di una propria organizzazione interna, ha pochi<br />

argomenti per essere ritenuta valida. La stessa cosa può evidentemente<br />

dirsi per la situazione opposta. La storia ci mostra che la scienza si costrui­<br />

sce in virtù di interazioni che il soggetto stabilisce tra la natura e se stesso.<br />

Il discorso può essere ulteriormente specificato, affermando che quando<br />

trattiamo <strong>del</strong>la conoscenza abbiamo vari livelli nel quale questo rapporto<br />

si struttura.<br />

Quando sognarne o fantastichiamo trattiamo di fatti certamente non<br />

tangibili, che oltretutto ci paiono irreali, proprio perché mentre ne parlia­<br />

mo siamo costretti a fare uso di termini od immagini contraddittorie od<br />

a richiamare situazioni impossibili (io posso sognare di essere a casa mia<br />

e contemporaneamente a Pechino ed a Parigi, od immaginarmi di trattare<br />

di filosofia con Platone: entrambi i fatti di certo non saranno però eviden­<br />

temente realizzabili concretamente).<br />

Allo stesso modo se noi parliamo, ad esempio, di triangolo rotondo o<br />

di quadrilatero triangolare, pronunziarne proposizioni prive di senso, in<br />

quanto non hanno riferimento alcuno con le strutturazione geometriche<br />

<strong>del</strong>lo spazio che sono state stabilite: ovvero ogni cosa che riteniamo reale<br />

od esistente deve poter essere descritta in modo non-contraddittorio.<br />

La razionalità allora consiste nell'atto con il quale ci si libera da<br />

queste contraddizioni e siamo in grado, in tal modo, di fornire una descri­<br />

zione <strong>del</strong> mondo esterno che sia reale, sistematica ed ordinata.<br />

È fuori di dubbio che la <strong>Logica</strong>, che rappresenta la forma più elevata<br />

ed evoluta <strong>del</strong>la razionalità, sia lo strumento che più di altri ci aiuta in<br />

questo compito. Grazie ad essa, ovvero giudicando i nostri concetti secon­<br />

do la loro <strong>Logica</strong>, od in riferimento ai fatti a cui si suppone che si riferi­<br />

scano, anche considerando rilevante tutto quello che questi possano com­<br />

portare nello sviluppo psicologico <strong>del</strong>l'individuo, o <strong>del</strong>la società, ci trovia­<br />

mo di fronte ad un risultato puramente intellettualistico, in base a cui<br />

vediamo come la ragione ed i fatti esterni influenzino lo sviluppo <strong>del</strong>le<br />

nostre idee. Questa è di certo una valida spiegazione, la quale non è però<br />

sufficiente, in quanto non risolve un problema che sta a monte ed è ancora<br />

più complesso. Infatti di fronte al quesito in cui inevitabilmente ci imbat­<br />

tiamo, ovvero se è il mondo esterno che è razionale (logico), oppure se è<br />

la <strong>Logica</strong> (la ragione) ciò che noi imponiamo al mondo esterno, siamo


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 171<br />

costretti ad ammettere che la <strong>Logica</strong> e la razionalità, almeno nel loro<br />

apparire, sorgono come interazione tra mondo esterno e mondo interno.<br />

Questo sta a significare che la regolarità interna <strong>del</strong> soggetto (ad esempio<br />

l'ordine dei processi fisiologici) e quella <strong>del</strong> mondo esterno sono obbligate<br />

a correlarsi tra loro, raggiungendo stadi di equilibrazione sempre più<br />

consistenti. In tal caso se la <strong>Logica</strong> è, se non rappresentativa, almeno<br />

indicativa <strong>del</strong>la realtà esterna, la stessa mansione è a lei attribuibile anche<br />

per quanto riguarda il nostro mondo intcriore, almeno per la parte di<br />

questo che si pone sotto il controllo <strong>del</strong>la ragione.<br />

La Psicologia ci insegna che i conflitti tra realtà esterna e realtà inter­<br />

na si traducono linguisticamente in contraddizioni. La <strong>Logica</strong>, a sua volta,<br />

ci dice che ci imbattiamo in una contraddizione quando diciamo, ad esem­<br />

pio, che è vero A e non-A, oppure quando ad una proposizione universale<br />

affermativa ne facciamo seguire un'altra che, facendo uso degli stessi ter­<br />

mini, è invece particolare e negativa.<br />

Ora, razionalmente parlando, una contraddizione è superabile facen­<br />

do ricorso ad espressioni metalinguistiche, ma spesso questo <strong>nella</strong> realtà<br />

quotidiana non succede così frequentemente, malgrado il linguaggio natu­<br />

rale possa essere metalinguaggio di se stesso: ed allora adottiamo mecca­<br />

nismi di vario genere, quali ad esempio la negazione di due entità antite-<br />

tiche e la loro equilibrazione in forze opposte ma eguali, oppure negando­<br />

ne una tout-court. La contraddizione conduce od al dualismo od alla<br />

negazione, che sono elementi tipici <strong>del</strong> linguaggio di tutti i giorni: questo<br />

è un fatto psicologico. La <strong>Logica</strong> è però la disciplina che meglio ci mostra<br />

questa situazione. In questo senso possiamo intenderla come una raziona-<br />

lizzazione di quelli che sono i conflitti interni di ogni soggetto.<br />

Nel capitolo I (2.) abbiamo visto come, soprattutto agli inizi <strong>del</strong> se­<br />

colo scorso, ma anche successivamente, la maggior parte dei filosofi non<br />

solo tendeva a far collimare <strong>Logica</strong> e Psicologia, ma cercava di risolvere<br />

il problema collocando le tematiche di queste discipline nell'Ontologia, e<br />

la <strong>Logica</strong> naturale diveniva ciò che meglio rappresentava questa posizione.<br />

La nostra interpretazione <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale, certamente condotta fa­<br />

cendo ricorso a termini e tematiche psicologiche, ci mostra che tale carat­<br />

teristica <strong>del</strong> soggetto viene assunta proprio come potenzialità di cui ognu­<br />

no dispone, per ovviare alle incongruenze intercorrenti tra mondo esterno<br />

e mondo interno e per porci, in tal modo, <strong>nella</strong> condizione ottimale per<br />

affrontare qualsivoglia impegno. Infatti è pressoché impossibile essere<br />

coerentemente formali, ovvero separare esplicitamente la forma dal conte­<br />

nuto: in caso contrario, per ciò che concerne la realtà esterna non avrem-


172 CAPITOLO SECONDO<br />

mo alcuna difficoltà a compiere astrazioni sui suoi elementi, mentre, per<br />

quello che riguarda la realtà interna, non dovremmo più avere a che fare<br />

con le tensioni, che pure sempre l'accompagnano, né coi sentimenti di<br />

ambivalenza, ansia e così via. Allo stesso modo è però impossibile porci<br />

in una posizione per la quale tutti i problemi logici o fisici sono ricondu-<br />

cibili ad istanze psicologiche. In questo caso la stessa sopravvivenza <strong>del</strong>­<br />

l'individuo correrebbe seri rischi o, ancora più freddamente, non vi sareb­<br />

be alcuna sopravvivenza.<br />

Ora pensiamo che la <strong>Logica</strong> Naturale, nei differenti modi con cui fu<br />

presentata nel secolo scorso, dovette assolvere proprio alla funzione equi­<br />

libratrice tra queste opposte realtà, rispetto alle quali il soggetto si imbat­<br />

teva. Ma se così fosse avrebbe un valore fuorviante l'attributo naturale,<br />

che sarebbe più opportuno sostituire con <strong>cultura</strong>le.<br />

5.3. Natura e <strong>cultura</strong>.<br />

L'aggettivo "naturale" possiamo intenderlo in modi tra loro assai<br />

differenti.<br />

Per un verso, in senso ampio, ci può far pensare che indichi un<br />

qualcosa comune a tutti gli esseri viventi, una certa predisposizione a<br />

pensare ed agire in un modo pre-determinato. In ogni caso non si tratta<br />

di un qualcosa unicamente fisico o biologico. Anche nel periodo in cui<br />

trionferà il più forte naturalismo, l'aggettivo "naturale", quando sarà attri­<br />

buito agli esseri umani, include qualcosa che va al di là <strong>del</strong>la semplice<br />

animalità (salvo un caso - vedi questo capitolo 6.2.18.). Sembrerebbe<br />

pertanto che ogni individuo possieda un substrato comune, che è ciò che<br />

lo caratterizza come essere umano, come soggetto, ovvero un qualcosa che<br />

è il fondamento indispensabile perché possa essere in grado di evolvere<br />

normalmente sia da un punto di vista fisico, ma anche intellettivo e di<br />

porsi in rapporto con gli altri.<br />

Per un altro verso l'aggettivo "naturale" può avere un significato più<br />

ristretto ed essere sinonimo di "ovvio", od ancora più precisamente, "ne­<br />

cessario". In questo caso una persona acquisisce certe nozioni di base, si<br />

comporta in un certo modo, apprende alcune cose prima di altre, per il<br />

fatto che non può essere altrimenti, perché è "naturale" che sia così.<br />

Sia in un senso che nell'altro, sia che questa disposizione <strong>del</strong>l'indivi­<br />

duo venga scoperta nel corso <strong>del</strong> suo sviluppo globale oppure che si<br />

presenti e manifesti in ogni caso, sia che si mostri sempre identica in ogni<br />

persona, sia che tenda a variare progressivamente a seconda dei soggetti,


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 173<br />

stiamo facendo di certo uno studio che non può dirsi "naturalistico", per<br />

il fatto che stiamo imponendo alcuni presupposti, da noi ritenuti in grado<br />

di spiegare i punti principali e primari, che sono alla base <strong>del</strong>le più ele­<br />

mentari caratteristiche umane. In altri termini facciamo un uso "<strong>cultura</strong>le"<br />

<strong>del</strong>l'aggettivo "naturale", ovvero cerchiamo di rintracciare mentalmente<br />

quelli che sono i principii primi <strong>del</strong>l'umano agire.<br />

Cerchiamo di risolvere la diade natura/<strong>cultura</strong>, in riferimento alla<br />

<strong>Logica</strong>, nel seguente modo:<br />

(a) Definiamo naturale ciò che è ritenuto comune a tutti i soggetti, la<br />

cui manifestazione è immediata ed istantanea, che possiamo rimandare al<br />

rapporto causa/effetto e che possiamo cogliere immediatamente.<br />

(b) definiamo <strong>cultura</strong>le qualsiasi forma di rappresentazione, nonché<br />

di riproduzione, che il soggetto compie nel suo rapporto con se stesso e<br />

col mondo esterno.<br />

In tale senso possiamo dire che la percettività è connotata come at­<br />

tività <strong>cultura</strong>le, deputata all'elaborazione allo studio di fenomeni naturali<br />

(la sensazione), ovvero <strong>del</strong>le prime reazioni che un soggetto presenta<br />

quando si rapporta col mondo esterno. La stessa cosa possiamo dirla,<br />

evidentemente, per altre attività psichiche più complesse (rappresentazio­<br />

ne, ricordo, fantasia e così via). In particolare, allora, la <strong>Logica</strong> Naturale,<br />

soprattutto all'inizio <strong>del</strong> secolo scorso, è pertanto un prodotto squisita­<br />

mente <strong>cultura</strong>le poiché rappresenta una riflessione globale su qualsiasi<br />

forma di conoscenza, nonché sulla strutturazione <strong>del</strong>la stessa. Coloro che<br />

nel secolo passato trattavano di <strong>Logica</strong> e la connotavano con l'attributo<br />

naturale, intendendo con questo una disposizione comune a tutti gli esseri<br />

viventi, di fatto stavano proponendo un concetto generale che, in quanto<br />

tale, è <strong>del</strong> tutto <strong>cultura</strong>le.<br />

Questa caratteristica è altrettanto mantenuta quando anche si tenderà<br />

a porre la <strong>Logica</strong> Naturale sullo stesso piano, od anche in dipendenza,<br />

dalla Psicologia e, allo stesso modo, quando se ne farà uno strumento per<br />

l'estensione e la comprensione degli accadimenti psichici. Se facessimo<br />

uso <strong>del</strong>l'odierna terminologia gli argomenti di studio appartenenti alla<br />

<strong>Logica</strong> Naturale sarebbero oggetto di indagine <strong>del</strong>la Psicologia Genetica<br />

od, al limite, di quella Cognitiva o <strong>del</strong> Pensiero (dunque branche squisi­<br />

tamente <strong>cultura</strong>li).<br />

Se accettiamo questa precisazione, non abbiamo difficoltà ad asserire<br />

che il valore scientifico <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale è direttamente proporzio­<br />

nale al livello di "<strong>cultura</strong>lizzazione" a cui la si conduce. Riteniamo altresì<br />

che la sua operatività più rilevante, che di fatto le ha consentito sue-


174 CAPITOLO SECONDO<br />

cessivamente di uscire dall'impasse (rapporto <strong>Logica</strong>-Psicologia), che<br />

l'aveva pressoché eliminata alla fine <strong>del</strong> secolo scorso, è da ricercarsi ad un<br />

livello ancora superiore, vale a dire quando oggetto <strong>del</strong>la sua applicazione<br />

divengono i propri argomenti, più che non quelli a cui, in precedenza, la<br />

si collegava: in altri termini il suo valore, estendibile alla stessa <strong>Logica</strong>, ed<br />

anche ricco di contributi per la Psicologia, diviene realmente produttivo<br />

alla condizione che lo si la si collochi in un universo metalogico.<br />

6. AUTORI ITALIANI CHE TRATTANO DI LOGICA NATURALE.<br />

Il problema <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale non è certamente tipico <strong>del</strong>la sola<br />

<strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong> e, allo stesso modo, non nasce solamente nel secolo scorso.<br />

L'esserci limitati alla produzione <strong>italiana</strong> è riconducibile ad una nostra<br />

scelta suggerita da un duplice intento:<br />

(a) recuperare un patrimonio <strong>cultura</strong>le <strong>del</strong> nostro paese, in verità<br />

poco conosciuto;<br />

(b) mostrare come anche la <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong> fosse attiva e ricca di<br />

produzioni quanto gli altri paesi europei.<br />

6.1. Si daranno cinque esempi, sufficientemente ampi, concernenti<br />

Autori, due dei quali abbastanza conosciuti, che in differenti epoche <strong>del</strong><br />

secolo scorso hanno fatto ricorso al concetto di <strong>Logica</strong> Naturale.<br />

6.2. Si riporteranno in modo più schematico tutti gli altri studiosi<br />

(21) <strong>del</strong> secolo passato da noi trovati, che nei loro trattati hanno parlato,<br />

o che almeno hanno accennato, a questo tipo di <strong>Logica</strong>.<br />

6.1. Cinque differenti usi <strong>del</strong>la logica naturale.<br />

6.1.1. Francesco Soave, Istituzioni di <strong>Logica</strong>, metafisica ed Etica, 1815.<br />

La <strong>Logica</strong> deriva direttamente dal termine greco Lògos: si tratta di<br />

un'arte che insegna a fare buon uso <strong>del</strong>la ragione, un mezzo indispensa­<br />

bile per affrontare qualsiasi disciplina: vale a dire che si tratta di una<br />

forma <strong>del</strong> sapere il quale indica il metodo con cui accostarsi alle scienze<br />

per potere giungere, alla fine, a conoscenze certe e sicure. Tuttavia « Vero<br />

è che alcuni pur giungono senza studio di libri a saper ragionare in molte<br />

cose assestatamente, e a possedere quella che chiamasi <strong>Logica</strong> Naturale »<br />

(pp. 77-78).


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 175<br />

La definizione di questa parte <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> è fornita in modo assai<br />

sbrigativo, al punto da essere collocata soltanto in una nota <strong>del</strong> testo. « La<br />

<strong>Logica</strong> Naturale equivale a ciò che con nome più famigliare si dice buon<br />

senso» (Nota 1, 78).<br />

Al contrario si fornisce una descrizione abbastanza estesa <strong>del</strong>le fun­<br />

zioni cui la stessa presiede. « Questa medesima non è già nata con noi:<br />

essa non si acquista che a forza di molto studio, e di molta riflessione sui<br />

proprj ed altrui giudizj e ragionamenti, e col soccorso di lunga esperienza,<br />

e sovente dopo molti e replicati errori: sicché fra la <strong>Logica</strong> Naturale, e<br />

questa che noi chiamiamo Artificiale, il principal divario si è che 1° è più<br />

difficile da acquistarsi perché ciascuno è costretto a crearsela da sé senza<br />

soccorso d'altrui, e colla sua propria riflessione ed esperienza; 2° è meno<br />

estesa, perciocché è troppo malagevole, che un solo, e per solo proprio<br />

uso, giunga a scoprire tutte le regole <strong>del</strong> ragionare, che sono state fin qui<br />

scoperte da tanti uomini per tanto tempo in questa ricerca occupati; 3° è<br />

men sicura, giacché tanti sono nel ragionare i pericoli di smarrirsi, e di<br />

confondere il vero col falso, il reale coll'apparente, che è troppo raro, che<br />

non inciampi, o si perda chi in questa via si inoltra da sé medesimo senza<br />

una guida opportuna » (78).<br />

Si respinge dunque, ma solo apparentemente, ogni ipotesi troppo<br />

speculativa, perché si sostiene che unicamente attraverso le tecniche <strong>del</strong>la<br />

<strong>Logica</strong> Artificiale (effetti) si possa giungere a scoprire i principii primi, o<br />

naturali (cause), che presiedono alle stesse. Ovvero la <strong>Logica</strong> Artificiale ha<br />

il compito di ordinare, chiarire e rendere cognitivamente validi gli stessi<br />

principi che già sono presenti <strong>nella</strong> <strong>Logica</strong> Naturale.<br />

Ma ciò fa sì che quest'ultima debba essere stimata più difficile che<br />

non la prima, per il fatto che non può usufruire dei mezzi che la ren­<br />

dano più chiara e sicura. Infatti « Niente è più stimabile che il buon<br />

senso nel saper giudicare <strong>del</strong> vero e <strong>del</strong> falso, ma è cosa strana il ve­<br />

dere come questa qualità sia rara » (Nota 2, 78). Ora siccome « La ve­<br />

rità logica consiste <strong>nella</strong> conformità <strong>del</strong>le nostre idee, e de' nostri giu­<br />

dizi colle cose alle quali si riferiscono... » (83) e dato che « rispetto alla<br />

logica verità <strong>del</strong>le cose in quattro stati l'animo nostro può ritrovarsi, cioè<br />

in quello di ignoranza, o di dubbio, o di semplice opinione, o di certez­<br />

za » (84), vi è la necessità d porre un rimedio, per poter condurre la<br />

conoscenza al vero. Infatti « I frequenti errori degli uomini abbandona­<br />

ti alla sola <strong>Logica</strong> Naturale, cioè alla sola propria riflessione ed espe­<br />

rienza, son quelli appunto, che hanno determinato alcuni dei più saggi,<br />

e più avveduti, a cercare di ridurre le leggi <strong>del</strong> ben ragionare a certi


176 CAPITOLO SECONDO<br />

capi e fissare i precetti, e formare ciò, che si chiama la <strong>Logica</strong> Artificiale »<br />

(78-79).<br />

In altri termini quando l'A. parla di <strong>Logica</strong> Naturale vuole intendere<br />

quella serie di elementi indispensabili che ci consentono di rendere ope­<br />

rativa quella artificiale, la quale è da considerarsi una tecnica e nulla più.<br />

Inoltre siccome egli si sforza in tutto il suo lavoro di evitare qualsiasi<br />

affermazione che fosse contraria alla tradizione filosofico-religiosa <strong>del</strong><br />

passato, tende ad abbandonare una concezione troppo sensista <strong>del</strong>l'attri­<br />

buto naturale ed a recuperare tematiche metafisiche. In ultimo queste<br />

sono considerate anche con una rilevante componente morale: la <strong>Logica</strong><br />

Naturale è ciò che consente di vivere in modo coerente e facilita l'instau­<br />

razione di un rapporto di reciproca fiducia e rispetto verso gli altri uomini.<br />

6.1.2. Giandomenico Romagnosi, Elementi di <strong>Logica</strong>, 1832a.<br />

Analizzando La <strong>Logica</strong> per gli giovinetti 11 (1766) di A. Genovesi,<br />

rappresentante principale <strong>del</strong>l'Illuminismo napoletano <strong>del</strong>la seconda metà<br />

<strong>del</strong> secolo XVIII, osserviamo come l'Autore accolga molte <strong>del</strong>le sue affer­<br />

mazioni, ed in particolare quella concernente la necessità di proporre fi­<br />

nalmente un testo che, pure mantenendo un notevole rigore filosofico,<br />

fosse in grado di chiarire che cos'era e come si doveva impiegare la <strong>Logica</strong>.<br />

Tuttavia, l'A. che conosce anche l'opera di Wolff, propone <strong>del</strong>le precisa­<br />

zioni sulla definizione da assegnare al termine <strong>Logica</strong>. Se G. Romagnosi<br />

concorda con il filosofo napoletano <strong>nella</strong> lotta contro la metafisica, ritenu­<br />

ta generatrice di ipotesi vaghe e confuse, e sul carattere costruttivo e non<br />

solo recettivo <strong>del</strong>la conoscenza, introduce <strong>del</strong>le osservazioni riguardo la<br />

natura <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, proprio con l'intento di rafforzare tali posizioni.<br />

17 Abbiamo indicato l'edizione Remondini di Bassano <strong>del</strong> 1766 in quanto si tratta<br />

di una <strong>del</strong>le prime pubblicazioni <strong>del</strong> lavoro di A. Genovesi. Questo libro è stato suc­<br />

cessivamente stampato da parte di diverse case tipografiche, quasi tutte di Bassano,<br />

Napoli e Milano; a partire dal 1850, invece, vi saranno ulteriori edizioni stampate in<br />

prevalenza a Torino. Nella nostra ricerca abbiamo trovato le seguenti:<br />

1866, 1774, 1776, 1779, 1790, 1794, 1818, 1832, Remondini, Bassano;<br />

1799 [S. N.]; 1802, D. Sangiacomo; 1817, Seguin, Napoli;<br />

1783, Tipografia Federico Agnelli; 1830, Silvestri; 1832 Antonio Fontana, Milano;<br />

1850, Società Biblioteca Comuni Italiani; 1853, [S. N.]; 1857, [S. N.]; 1859, Fer­<br />

rerò, Torino.<br />

A questo si aggiunga che col 1835 l'A. diede alle stampe <strong>Logica</strong> e Metafisica,<br />

volume suddiviso in due parti la prima <strong>del</strong>le quali altro non è che la riproduzione<br />

<strong>del</strong>l'opera <strong>del</strong> 1766. Anche in questo caso le stampe furono parecchie. Noi abbiamo<br />

ritrovato 1835 e 1843, Società Tipografica, Milano; 1840 [S. N.] [S. L.]; 1847 [S. N.]<br />

[S.L.].


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 177<br />

A. Genovesi (1830) riteneva che la <strong>Logica</strong> fosse da considerarsi come<br />

« L'arte di dirigere l'attenzione a scuoprire od a verificare qualche cosa, e<br />

di esprimere le cognizioni risultanti », mentre G. Romagnosi corregge tale<br />

definizione affermando che « II discernere il vero dal falso è propriamente<br />

un effetto <strong>del</strong>l'arte e non un andamento <strong>del</strong>la medesima. L'arte essenzial­<br />

mente consiste in un dato procedimento preconosciuto, valevole ad ottenere<br />

un dato effetto » (7). Tuttavia, secondo l'A., ciò non è ancora sufficiente<br />

perché l'Arte <strong>Logica</strong> ha bisogno di essere meglio connotata. Questo gli fa<br />

dire che: « Certamente in punto di <strong>Logica</strong> la natura fa molto senza <strong>del</strong>l'ar­<br />

te, e la prova si è che dapprima gli uomini consociati giungono ad un certo<br />

grado di ragionevolezza d'onde nasce il così detto senso comune rispetta­<br />

bile anche dai filosofi. Esiste adunque una <strong>Logica</strong> Naturale la quale non<br />

sembra prima <strong>del</strong>iberata. Essa è tale che senza di lei sarebbe stata impos­<br />

sibile la <strong>Logica</strong> Artificiale, come sarebbe impossibile l'arte <strong>del</strong> ballo, se gli<br />

uomini non avessero saputo prima camminare senz'arte veruna. Si può<br />

dunque dire che la <strong>Logica</strong> insegnata [nelle scuole] altro veramente non è<br />

che la <strong>Logica</strong> Naturale disciplinata » (VI-VII).<br />

Del tutto coerente con la sua posizione antimetafisica e protopositi­<br />

vista egli sottolinea subito che la <strong>Logica</strong> Naturale è da intendersi in senso<br />

"economico". Infatti si riportano all'anima tutte le funzioni mentali (per­<br />

cepire, attendere, giudicare) ed affettive (amare ed odiare); si riportano al<br />

corpo le funzioni « macchinali (batter dei polsi, l'ingrandire <strong>del</strong> corpo, la<br />

digestione ed ogni altra mozione corporale) » (13-14). Ora « Tutte queste<br />

cose esistenti, ordinate ed operanti <strong>nella</strong> guisa propria <strong>del</strong>la specie nostra,<br />

ricevono in complesso il nome di costituzione e di natura umana. Dalla<br />

qualità <strong>del</strong>le potenze, dalla loro compaginatura, dalla loro capacità di ri­<br />

cevere e di trasmettere le azioni, ed il comporle ed effettuarle sì dentro che<br />

fuori di noi, ne segue \ economia naturale <strong>del</strong>la specie umana, la quale<br />

risulta dai rapporti reali ed attivi che passano fra gli uomini e gli esseri che<br />

sono in comunicazione con lui. L'economia <strong>del</strong>la natura umana è dunque<br />

una <strong>del</strong>le leggi che compongono l'ordine generale <strong>del</strong>l'Universo» (14).<br />

Ma se questo è un postulato non ci si può fermare e si deve progre­<br />

dire: « Col nascere egli [il soggetto] non porta seco fuorché VAttitudine,<br />

mediante la convivenza abituale co' suoi simili, a divenire ragionevole e<br />

morale, nel che consiste la padronanza nel pensare e nel volere... e ciò vien<br />

fatto dopo la puerizia, purché il suo organismo interno non sia difettoso »<br />

(15). È proprio in questa prospettiva evolutiva, ovvero nell'identificazione<br />

dei punti fondamentali e primi per la crescita intellettiva ed operativa <strong>del</strong><br />

soggetto, che l'A. colloca la <strong>Logica</strong> Naturale. Infatti « l'uomo è un animale


178 CAPITOLO SECONDO<br />

per indole sua capace, nel consorzio de' suoi simili, non solamente di<br />

divenire ragionevole e morale, ma eziandio (mediante la posizione e una<br />

data fisica posizione) di ben conservarsi e di migliorare progressivamente<br />

la sua vita » (16).<br />

Date queste premesse si possono capire anche le successive codifi­<br />

cazioni <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> e l'intento per cui queste sussistono. « In ogni ra­<br />

gionamento l'istinto umano tende al vero, ma <strong>nella</strong> <strong>Logica</strong> disciplinata si<br />

vuole dare l'itinerario riputato sicuro verso <strong>del</strong> vero. La condizione dunque<br />

caratteristica propria e specifica <strong>del</strong>l'Arte <strong>Logica</strong> si è la dirczione prescelta,<br />

riputata sicura ad ottenere il vero mediante il certo, o almeno il probabile,<br />

usando di certi dati e di certe direzioni dei nostri pensieri » (VII).<br />

6.1.3. A. Paoli, Elementi di <strong>Logica</strong> generale, 1867 18 .<br />

La <strong>Logica</strong> non può assolutamente dipendere dalla Metafisica per il<br />

fatto che, secondo l'A., quest'ultima forma <strong>del</strong> sapere è comparsa ed ha<br />

avuto un grande successo, in periodi nei quali la <strong>cultura</strong> era basata su<br />

un'esperienza grossolana e superficiale, che non permetteva di disporre di<br />

un preciso insieme di conoscenze scientifiche. Se la Metafisica serve per<br />

comprendere l'ignoranza che gli scienziati hanno rispetto a certi argomen­<br />

ti, la <strong>Logica</strong> manterrà invece una sua valida autonomia sovra-scientifica, a<br />

patto che restringa i propri campi di applicazione e si ponga sempre in<br />

una posizione successiva rispetto alle scoperte scientifiche.<br />

In questo caso la <strong>Logica</strong> può fungere da « Scienza <strong>del</strong> Pensiero » (25),<br />

senza per questo essere lo stesso pensiero, né la creatrice <strong>del</strong>lo stesso, né,<br />

d'altro canto, lo strumento che serve a scoprire verità relative alle scienze<br />

particolari e specifiche. Solo eliminando ogni « boria <strong>del</strong>la metafisica »<br />

(ibidem), per cui si pretende di ricercare una genesi <strong>del</strong> sapere in modo<br />

astratto ed irreale, potrà collocarsi quale disciplina <strong>del</strong> tutto utile alla cono­<br />

scenza (« Una dolce illusione, la speranza di descrivere a fondo tutto l'Uni­<br />

verso genera la metafisica... la gioia di avere trovato una nuova cognizione<br />

vera o falsa [e] d'aver avvertito una relazione [genera la <strong>Logica</strong>] » (64-65)).<br />

L'oggetto di quest'ultima è « un'energia naturale » (p. 69), in base<br />

alla quale una riflessione segue spontaneamente ad un'altra, la modifica,<br />

18 Alessandro Paoli (1839-?), nacque presso Firenze e si formò al Liceo Cicognini<br />

di Prato ed alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Dapprima insegnò nei Licei di<br />

Roma, fu poi professore incaricato all'Università di Padova ed infine divenne ordinario<br />

di Storia <strong>del</strong>la Filosofia all'Università di Pisa. Tra le sue altre opere: Introduzione alla<br />

logica (Firenze, 1869), Lo Schopenhauer ed il Rosmini (Roma, 1877), Hume ed il prin­<br />

cipio di causa (Firenze, 1880).


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 179<br />

la ampia, la corregge, la ordina. Ora sino al momento in cui ciò avviene<br />

senza che il soggetto ne prenda coscienza, abbiamo una <strong>Logica</strong> Naturale,<br />

ovvero un "buon senso" che ci conduce a compiere operazioni (sia con­<br />

crete che intellettuali), le quali rispondono a canoni da tutti accolti ed<br />

accettati e che non implicano che noi ci rendiamo conto dei meccanismi<br />

ad esse soggiacenti. Solo in un secondo momento, quando si avrà la con­<br />

vinzione che si tratta di « una scienza che osserva le vie che tiene la mente<br />

nell'andare da una cognizione all'altra, si produrrà una scienza» (173).<br />

Impiegando termini oggi di certo più correnti, possiamo definire pre­<br />

operativo il ruolo <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale: questa infatti « deve guardarsi a'<br />

fatti che si compiono entro di noi, ed osservare quali di essi conducano<br />

all'errore, quali alla verità » (78). Possiamo invece intrawedere una com­<br />

ponente operativa, attribuita dall'A. alla Scienza <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, per quello<br />

che riguarda l'apprendimento di nuove conoscenze: ovvero fare che « que­<br />

ste non procedano secondo un incerto e contrastato metodo » (84).<br />

Non solo, ma siccome la <strong>Logica</strong>, con tutte le scienze, deve adattarsi<br />

al tempo ed ai periodi in cui compare e siccome questi sono in continua<br />

evoluzione, lo stesso patrimonio comune, di cui ogni soggetto dispone<br />

ancor prima di avvicinarsi al sapere (<strong>Logica</strong> naturale), sarà anch'esso<br />

mutevole. In termini più generali, la <strong>Logica</strong> Naturale <strong>del</strong> periodo <strong>del</strong>l'A.,<br />

è costituita da un insieme di regole non conosciute dal soggetto allo stadio<br />

iniziale, ma certamente più ricche di quelle di cui disponeva un soggetto<br />

<strong>del</strong> secolo precedente. In tal senso la <strong>Logica</strong> Naturale acquisisce un valore<br />

di depositato <strong>cultura</strong>le e, in quanto tale, sarà in continua espansione ed<br />

evoluzione. In ogni caso, quasi a preservare le caratteristiche di questa<br />

<strong>Logica</strong>, egli si guarderà dall'affermare che la stessa si trasformerà succes­<br />

sivamente in quella Artificiale. Quest'ultima, in quanto tecnica e strumen­<br />

to, sarà di certo in continua espansione, ma avrà nulla da spartire con la<br />

prima in quanto <strong>del</strong> tutto differenziata.<br />

6.1.4. G. Lunati, Del metodo o <strong>del</strong>la logica, 1871 19 .<br />

Già nell'introduzione l'A. generalizza volutamente il significato <strong>del</strong><br />

termine <strong>Logica</strong> Naturale, identificandolo col metodo causale e teleologia),<br />

che è, a suo avviso, quello specifico alla natura fisica. La sua formazione<br />

19 Giuseppe Lunati (1800-1878). Di origini romane divise i suoi interessi tra studi<br />

di Filosofia e di Giurisprudenza (fu chiamato da Pio IX spesse volte come avvocato per<br />

la Santa Sede). In seguito ricoprì il ministero <strong>del</strong>le Finanze per lo Stato Vaticano. Dopo<br />

il 1870 divenne sindaco di Roma e continuò ad occuparsi dei problemi ministeriali <strong>del</strong><br />

nuovo stato italiano.


180 CAPITOLO SECONDO<br />

empirica e psicologistica emerge in modo <strong>del</strong> tutto palese quando afferma<br />

che queste sono le due prime caratteristiche che si riscontrano <strong>nella</strong> natura<br />

e, di conseguenza, anche nell'uomo, poiché lo stesso è retto da identici<br />

principi. Il compito <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, intesa come scienza, acquista un valore<br />

pedagogico per il fatto che consiste nell'insegnare le differenti regole spe­<br />

cifiche ai vari metodi di studio che la conoscenza deve adottare, partendo<br />

dalle due componenti "naturali" accennate, le quali precedono cronologi­<br />

camente qualsiasi attività <strong>del</strong> soggetto 20 . Successivamente egli puntualizza<br />

il discorso, passando in rassegna brevemente la filosofia <strong>del</strong>la <strong>cultura</strong><br />

passata e ne ricava, senza discostarsi minimamente dagli Autori <strong>del</strong> perio­<br />

do, che la <strong>Logica</strong> è una scienza <strong>del</strong> ragionare con cui si giunge al Vero.<br />

A tale proposito egli sostiene che « a noi sembra che la questione <strong>del</strong><br />

metodo da tenersi <strong>nella</strong> ricerca <strong>del</strong>la verità sia di facilissima soluzione » (II,<br />

17). Rifiutando qualsiasi possibilità di ammettere idee, o nozioni, innate,<br />

cosa che sarebbe in completo disaccordo rispetto alle sue posizioni teori-<br />

che, egli afferma che è solamente muovendo dall'esperienza e dalle sensa­<br />

zioni (le quali sono "esterne", ovvero « quelle che costituiscono gli oggetti<br />

esterni stabili, quelle che costituiscono gli oggetti esterni mobili, quelle che<br />

costituiscono il nostro corpo » (I, 47) ed "interne", le quali « si [compon­<br />

gono] di sei elementi che sono i sentimenti, i giudizii, i desiderii, le volontà,<br />

le passioni e le ricordanze » (I, 52), che si deve prendere l'avvio per costru­<br />

ire qualsiasi conoscenza. Per l'A. inoltre è il sentimento ciò che assolve al<br />

compito di collegare tra loro le sensazioni esterne con quelle interne, pro­<br />

ducendo pertanto una sorta di "schema cognitivo" completo ed operativo.<br />

Tutto il lavoro di Lunati si snoda in funzione <strong>del</strong>la ricerca <strong>del</strong> meto­<br />

do, che spesso è identificato tout-court con la <strong>Logica</strong>, per giungere alla<br />

verità. L'attributo "naturale" è presentato come sinonimo di "comune" ed<br />

in virtù <strong>del</strong>la sua posizione filosofica egli tende a storicizzare tali termini.<br />

Anche da un punto di vista teoretico un tale fatto riveste una certa impor­<br />

tanza: la "natura", infatti, non è più assunta metafisicamente e, quindi, per<br />

comprenderla non occorre un lavoro unicamente speculativo, ma la si<br />

presenta come un "evolvere e mutare" costante al quale le scienze devono<br />

mo<strong>del</strong>larsi conscguentemente. Non solo, ma siccome tutte le scienze sono<br />

tra loro differenti ognuna dovrà posseder un proprio metodo.<br />

20 Sulla stessa posizione di Lunati (op. cit.), che identifica la <strong>Logica</strong> col metodo<br />

causale (e teleologico) troviamo Luigi Severini (Della logica induttiva nei suoi rapporti<br />

colla fisiologia, 1881). Il tema trattato è tuttavia presentato in modo molto più speri­<br />

mentale ed in questo senso, FA., che è medico con evidenti adesioni alla filosofia<br />

positivista, è molto più vicino ad autori direttamente impegnati <strong>nella</strong> ricerca empirica.


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 181<br />

Ma « tutti gli uomini hanno un fondo comune di cognizioni, che<br />

servono a loro per condursi <strong>nella</strong> vita; e dal Selavaggio fino al Cinese ed<br />

all'Inglese tutti possiedono un fondo di regole comunque diversamente<br />

modificato, secondo i diversi gradi di civiltà, a cui appartengono, le quali<br />

regole dirigono le loro opinioni, ed ancor, più o meno, i loro pensieri »<br />

(III, 387). Da questo fondo comune a tutti gli uomini ogni scienza attinge<br />

i suoi elementi primi, ovvero « quelli che noi dichiariamo appartenere alla<br />

<strong>Logica</strong> » (ibidem).<br />

Quando l'A. parla dei principi che si riscontrano <strong>nella</strong> condotta or­<br />

dinaria degli uomini se da un lato, ribadisce che « nessun principio gene­<br />

rale è innato... però moltissimi principii vengono trasmessi di padre in<br />

figlio; e comunque debbono essere nati in origine da esperienze immedia­<br />

te, tuttavia vengono acquisiti dagli uomini senza propria esperienza » (III,<br />

388). Se anche « una gran parte di questi principii nacque in noi da nostre<br />

precedenti esperienze, [queste sono] talmente antiche, che noi non ne<br />

ricordiamo affatto il processo » (ibidem).<br />

In questo caso emerge in modo <strong>del</strong> tutto evidente quanto sia "cultu­<br />

rale" la valenza dei principi comuni, o "naturali", <strong>del</strong> sapere (si veda<br />

l'osservazione 5.3. di questo capitolo). Siccome ogni nostra operazione, e<br />

dunque anche quelle comuni ad ogni soggetto, nascono dall'esperienza, si<br />

può pensare che anche quelle primitive, "naturali" siano il prodotto di un<br />

depositato <strong>cultura</strong>le che si accresce e modifica in continuazione. Se allora<br />

è vero che con la spiegazione fornita su questo tema dall'A. si ricade in<br />

una prospettiva metafisica (troppo generali e non sperimentalmente con­<br />

trollabili sono gli argomenti e le prove da lui addotte), assistiamo in ogni<br />

caso ad un sostanziale mutamento <strong>del</strong>lo spazio nel quale si colloca la<br />

<strong>Logica</strong> Naturale.<br />

6.1.5. Pietro Tarino, Istituzioni elementari di <strong>Logica</strong> e Metafisica <strong>del</strong><br />

Professar Pietro Tarino, 1874.<br />

Siccome il termine greco Lògos significa «pensiero, raziocinio, di­<br />

scorso che la mente tiene seco medesima» (14), si ha che «la primitiva<br />

sua significazione essa viene adoperata generalmente per denotare le qua­<br />

lità di ragionevole, di ragionatore, proprie di una cosa o di una persona<br />

qualunque» (14). Questo comporta che ogni soggetto disponga di speci­<br />

fiche particolarità.<br />

In effetti « L'uomo come animai ragionevole porta dalla natura un'at­<br />

titudine più o meno spiegata a ben usare <strong>del</strong>la sua ragione per cui egli<br />

può, senza alcun magistero d'arte, pensare e ragionare rettamente e vera-


182 CAPITOLO SECONDO<br />

cernente. Questa attitudine forma la <strong>Logica</strong> Naturale o volgare, detta anco<br />

buon senso, la quale non è altro che una semplice facoltà di ben ragionare,<br />

quale viene in diversi gradi impartita ad ogni uomo da natura, e quale<br />

altresì viene acquistata col retto ed ordinato esercizio di quel raziocinio di<br />

cui sono capaci tutti gli uomini che vivono in società. La <strong>Logica</strong> Naturale<br />

è perciò innata od acquisita; la prima consiste in una mera disposizione,<br />

più o meno pronunciata, a ben pensare sortita da natura, la quale pone il<br />

fondamento di tutte le cose, e quindi anche i principi seminali <strong>del</strong>la scien­<br />

za e <strong>del</strong>la virtù; la seconda consiste in un'abilità a pensare rettamente e<br />

veracemente, acquistata a forza di ragionar bene, seguendo il solo magi­<br />

stero <strong>del</strong>la natura» (14-15).<br />

La <strong>Logica</strong> Naturale è allora qualcosa di dato, il cui riscontro è imme­<br />

diato, che non occorre ricercare perché cade istantaneamente sotto la<br />

nostra osservazione. Non è però un qualcosa di sufficiente, in quanto<br />

trattandosi di un fondamento su cui si deve costruire qualsiasi azione o<br />

situazione, se la si considera isolatamente e non la si approfondisce, può<br />

portare a risultati che non sempre sono positivi.<br />

Ciò sta a significare che si tratta di un elemento primo <strong>del</strong>la cogni-<br />

tività, ma non sufficiente per renderne ragione. Infatti « L'uomo col solo<br />

sussidio <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale può difficilmente scansare l'errore e scopri­<br />

re il sofisma, massime nelle cose più rilevanti ed assai remote dai sensi »<br />

(15). Ora « Uffizio generale <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> è di studiare la natura <strong>del</strong>l'umano<br />

pensiero, e di additare le regole per arrivare al possesso <strong>del</strong>la verità... Il<br />

fine <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> è il conseguimento <strong>del</strong> vero » (82).<br />

È questo il punto specifico per il quale la <strong>Logica</strong> Naturale non può<br />

essere considerata uno strumento sufficiente, se impiegata isolatamente.<br />

La spiegazione ci è fornita dall'A. medesimo quando tratta <strong>del</strong>la verità<br />

logica, che è un qualcosa che presuppone una completa e totale messa in<br />

relazione (dunque un atto cognitivo, <strong>cultura</strong>le) tra il soggetto e l'oggetto.<br />

« La verità logica è una conformità ed un'adeguazione <strong>del</strong> nostro intelletto<br />

colla cosa conosciuta. Questa verità perciò importa un soggetto conoscen­<br />

te ed un oggetto conosciuto, ma non dimora esclusivamente nell'uno o<br />

nell'altro» (86). «La Verità logica, ..., è quella che dimora nei nostri<br />

giudizi, i quali si dicono veri in quanto sono conformi alle cose conosciute,<br />

e si può quindi definire per una conformità <strong>del</strong> giudizio colle cose conosciu­<br />

te quali sono in se stesse, un'equazione <strong>del</strong> pensiero colla cosa » (84).<br />

Rispetto a Wolff, di cui pure impiega la terminologia, egli propone<br />

un'ulteriore ripartizione <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>: l'Arte <strong>Logica</strong> <strong>del</strong> filosofo tedesco è<br />

per il Nostro la <strong>Logica</strong> Naturale Acquisita, mentre si definisce "scientifi-


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 183<br />

ca" una forma assolutamente speculativa di tale materia, rispetto alla quale<br />

egli si mostrerà per altro assai contrario.<br />

Se la <strong>Logica</strong> Naturale Acquisita si distingue dalla <strong>Logica</strong> Scientifica,<br />

l'A. la rende tuttavia omonima alla <strong>Logica</strong> Artificiale. Sebbene infatti que­<br />

ste due ultime forme di <strong>Logica</strong> siano omologate da alcuni studiosi « per­<br />

ché si suppone la distinta conoscenza <strong>del</strong>le regole somministrate <strong>del</strong>la<br />

scienza logica » (nota 1, 15), bisogna tenerle distinte. Non a caso «... per<br />

parlar proprio la <strong>Logica</strong> Artificiale anziché una scienza pare si debba dire<br />

piuttosto un abito di ben ragionare con facilità, prontezza, sicurtà, pre­<br />

cisione ed anco diletto che si contrae da chi si applica segnatamente alle<br />

scienze matematiche, conversa con persone distinte in fatto di <strong>Logica</strong>, e<br />

sovrattutto segue rigorosamente le regole suggerite dalla scienza logica »<br />

(nota 1, 15). Allora la Scienza <strong>Logica</strong> è un prodotto <strong>del</strong>la riflessione sulla<br />

<strong>Logica</strong> Artificiale. « L'uomo invero stimolato per natura a rendersi ra­<br />

gione <strong>del</strong>le sue operazioni intellettuali ed a premunirsi contro i travia­<br />

menti <strong>del</strong>l'errore e le fallacie <strong>del</strong> sofisma, osserva il naturale e costante<br />

procedimento <strong>del</strong>la propria ragione quando ragiona direttamente e segue<br />

la <strong>Logica</strong> Naturale, e massime il procedimento <strong>del</strong>la ragione di coloro cui<br />

è molto famigliare l'arte e la Scienza <strong>Logica</strong>; ne esamina i vari passi, di­<br />

stingue i veri dai falsi, i facili dai difficili, i piani dagli scabrosi, racco­<br />

glie i risultati <strong>del</strong>le proprie osservazioni, li traduce in tante leggi e regole<br />

pratiche, li ordina, li dimostra, e li riduce ad una legge e principio su­<br />

premo, da cui tutte discendono le regole speciali che scorgono la mente<br />

così <strong>nella</strong> ricerca come nell'esposizione <strong>del</strong> vero. La <strong>Logica</strong> Artificiale<br />

perciò non è che uno sviluppo ed un perfezionamento <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> na­<br />

turale, e non si trova mai in opposizione con questa, come pretende l'He­<br />

gel » (17-18).<br />

In questo caso osserviamo allora da un lato il tentativo di ampliamen­<br />

to <strong>del</strong> concetto di <strong>Logica</strong>, attraverso la ripartizione in due componenti <strong>del</strong><br />

concetto di <strong>Logica</strong> Naturale, ma, per un altro lato, si propende a chiudere<br />

ogni discorso riguardo alla genesi ed alla natura <strong>del</strong>la stessa, in quanto è<br />

data una volta per tutte, è comune a tutti gli uomini: proprio per questo<br />

non può essere definita in modo compiuto. Probabilmente sulle scorte <strong>del</strong><br />

Wolff si assiste alla scomparsa <strong>del</strong> problema tecnico di fornire una defi­<br />

nizione rigorosa e precisa al concetto di <strong>Logica</strong>, in quanto ritenerla come<br />

la principale manifestazione <strong>del</strong>le leggi <strong>del</strong> pensiero, rientrava in una con­<br />

cezione <strong>del</strong> mondo <strong>nella</strong> quale ogni ente è da intendersi come dotato di<br />

una propria essenza. Ovvero è attraverso motivazioni ontologiche che si<br />

cerca di porre rimedio ai limiti <strong>del</strong>la trattazione logica, che però l'Autore


184 CAPITOLO SECONDO<br />

non approfondisce né specifica. Soprattutto egli non riesce a distaccare il<br />

suo lavoro da una forte valenza psicologica che lo caratterizza in più punti:<br />

allo stesso tempo non riesce neppure ad approfondire adeguatamente<br />

neppure quest'ultima.<br />

6.2. Altri autori italiani che trattano di <strong>Logica</strong> Naturale.<br />

F. Soave, G. Romagnosi, A. Paoli, G. Lunati e P. Tarino possono<br />

essere assunti quali campioni che illustrano le varie modalità con cui fu<br />

affrontato il tema <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale nel secolo scorso da parte <strong>del</strong>la<br />

<strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong>. Evidentemente vi sono stati altri Autori che solo a grandi<br />

linee possono essere ricondotti ai cinque da noi presentati, in quanto<br />

ognuno di loro, come è ovvio, mostra caratteristiche specifiche. Se dei<br />

primi Autori abbiamo parlato più diffusamente, ci limiteremo, d'ora in<br />

avanti, a riportare per sommi capi che cosa questi ultimi abbiano inteso<br />

con l'espressione <strong>Logica</strong> Naturale ed a vedere quale rapporto questa di­<br />

sciplina abbia instaurato con le altre forme di <strong>Logica</strong> e con la Psicologia.<br />

Precisiamo altresì che non si pretende da parte nostra di avere esau­<br />

rito il problema, in quanto ci siamo rifatti alla pur numerosa raccolta, ma<br />

certo non esaustiva, dei materiali bibliografici che trattavano di <strong>Logica</strong><br />

Naturale nel secolo scorso.<br />

Abbiamo infine inserito pure due A. che hanno scritto il loro lavoro<br />

alla fine <strong>del</strong> secolo XVIII, per il fatto che si tratta di personaggi vissuti ed<br />

operanti anche nel <strong>XIX</strong> secolo e perché sono portatori di idee che si<br />

protrarranno per lunga parte <strong>del</strong> secolo successivo: di diritto possiamo<br />

inserirli nel nostro elenco.<br />

6.2.1. Sauri (abate di), Elementi di logica, lili.<br />

La <strong>Logica</strong>, <strong>nella</strong> sua generalità, è per l'Autore la parte « forse la più<br />

sterile e la men dilettevole » (Introd. XXIII) <strong>del</strong>la filosofia, in quanto poco<br />

o nulla di interessante è ciò che ci insegna: in ogni caso la suddivide in<br />

naturale, artificiale, e sofistica (la quale è identificata con la Retorica). Il<br />

rapporto intercorrente tra le tre logiche riguarda i livelli di approfon­<br />

dimento <strong>del</strong>le attività cognitive: la <strong>Logica</strong> Naturale è tra queste la più<br />

povera, benché appartengano ad essa tutti i momenti costituenti tale di­<br />

sciplina <strong>nella</strong> sua globalità. Questi per l'A., che non si stacca dalla tradi­<br />

zione classica, sono la percezione, il giudizio, il raziocinio ed il metodo<br />

(egli però non dice e non da esempi di che cosa si intenda, ad esempio,<br />

per percezione o metodo "naturale", anche se propende ad identificare


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 185<br />

tale aggettivo con "semplice", "ovvio"). Il suo giudizio sulla <strong>Logica</strong> come<br />

scienza è fortemente negativo: solo la <strong>Logica</strong> Naturale, in quanto tratto<br />

comune ad ogni soggetto, viene accolta in modo relativamente positivo.<br />

Questo però a patto che la si consideri come una disposizione specifica ad<br />

ogni soggetto, una caratteristica "innata", nel senso di Wolff, ad ogni<br />

individuo e non una disciplina da apprendere. In quest'ultimo caso, si<br />

limiterebbe ad una successione di banalità e di ingenuità e non avrebbe<br />

alcun senso impararla 21 .<br />

6.2.2. Romeo Gianandrea, Institutiones logicae in usum... scriptae, ...,<br />

1795.<br />

Solamente partendo dallo studio <strong>del</strong>la natura in senso lato (sua ori­<br />

gine e suo sviluppo) e poi <strong>del</strong>l'uomo, inteso come essere vivente dotato di<br />

sensazioni (dunque come elemento <strong>del</strong>la natura), si può giungere all'esame<br />

<strong>del</strong> soggetto che per l'A. corrisponde allo studio <strong>del</strong> ragionamento, ovvero<br />

<strong>del</strong>la caratteristica essenziale <strong>del</strong>l'uomo, che lo distingue da qualsiasi esse­<br />

re vivente. Tali presupposti iniziali costituiscono gli elementi indispensa­<br />

bili (le basi) con cui poter creare la più pura forma <strong>del</strong> raziocinio (che per<br />

la maggior parte degli studiosi <strong>del</strong>l'epoca era sempre il sillogismo). L'Au­<br />

tore tende ad identificare con i precetti morali queste prime manifestazio­<br />

ni <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>.<br />

6.2.3. Bartolomeo Bellofiore, Elementa logicae et ontologiae quibus<br />

Bartholamaeus Bellofiore olim auditores mos philosophos in seminarii<br />

dictando istituebat, 1813.<br />

La <strong>Logica</strong> è sempre suddivisa in Naturale ed Artificiale: la prima,<br />

che ci è donata direttamente da Dio, è ipsum rationis lumen, mentre la<br />

seconda è quella che ci mostra le regole, attraverso cui la mente umana<br />

giunge alla conoscenza. Il problema <strong>del</strong>la "veritas mentis" ed anche il<br />

principio di contraddizione (impossibile est, idem simul esse et non esse]<br />

costituiscono un tema non tanto pertinente alla <strong>Logica</strong> e neppure alla<br />

Psicologia, quanto invece all'Ontologia. La commistione tra <strong>Logica</strong> Natu­<br />

rale ed Ontologia deriva dal fatto che quando si tratta <strong>del</strong>le definizioni di<br />

termini quali teorema, assioma, scolio, etc., si sottolinea che questi devo-<br />

21 Sauri (Abate di) (sec. XVIII). Fu docente a Montpellier. Oltre al lavoro da noi<br />

citato conosciamo <strong>del</strong>l'Autore un Corso di Filosofia ed un Compendio di Matematica<br />

(Venezia, 1781), in cui si occupa di Aritmetica (che lui definisce Matematica), Algebra<br />

e Geometria.


186 CAPITOLO SECONDO<br />

no essere interpretati quali i primi costituenti <strong>del</strong>l'Essere. In questo senso<br />

la <strong>Logica</strong> Naturale è non solo la prima fra le varie forme di <strong>Logica</strong>, ma è<br />

anche quella senza di cui l'Essere, in quanto tale, non può formarsi e<br />

costituirsi.<br />

6.2.4. Paulo Mako, Compendio di logica, 1819.<br />

Anche questo A. si premura di stabilire un'interessante distinzione<br />

tra <strong>Logica</strong> Naturale e <strong>Logica</strong> Artificiale. Se, infatti, entrambe hanno come<br />

obiettivo quello di indicare la « forza misurata ad ognuno, per mezzo di<br />

cui contempliamo qualunque cosa come se fosse presente e formiamo i<br />

giudizi ed i raziocinii » (13), la prima concerne la rettitudine dei pensieri<br />

in quanto tali, mentre la seconda riguarda la capacità di comunicare ad<br />

altri una tale rettitudine di pensieri. Sottolineiamo che l'attributo naturale<br />

diviene sinonimo di primario, quasi di generativo e, pure essendo qualcosa<br />

di non chiaramente identificabile, lo si comincia ad intendere come più<br />

direttamente collegato con le successive fasi evolutive che la conoscenza<br />

dovrà attraversare. In ogni caso rimane pur sempre un'entità che si esplica<br />

solamente in sé 22 .<br />

6.2.5. Andrea Braghetti, Istituzioni logiche esposte da un sacerdote<br />

<strong>del</strong>la Compagnia di Gesù, 1820.<br />

In quanto si intende la <strong>Logica</strong> come dottrina che insegna a ben ra­<br />

gionare nonché abito acquisito con il quale ben si ragiona, è ovvio che la<br />

si distingua in Naturale e Artificiale. La prima è « quella che l'uomo ac­<br />

quista da sé, e colla sua riflessione » (1), mentre la seconda è « quella che<br />

si acquista con l'ajuto dei precetti e degli insegnamenti altrui... » (1). Pro­<br />

prio in virtù di questo principio la seconda è da ritenersi ben più compli­<br />

cata che non la prima, ma, tuttavia, assolutamente dipendente da questa,<br />

senza di cui non potrebbe essere. Se la <strong>Logica</strong> Naturale è allora indispen­<br />

sabile in quanto primaria, quella artificiale, ci permette di estendere a tutti<br />

i casi possibili le regole <strong>del</strong> ben ragionare, di mostrare la verità <strong>del</strong>le stesse,<br />

e di esporre precetti in modo preciso ed ordinato, per far che sia anche<br />

facile il loro insegnamento agli allievi. In questo caso ci si ricollega alla<br />

22 II testo da noi citato è presente anche in un'edizione in italiano precedente,<br />

pubblicata da Graziosi e S. Apollinare, Venezia, 1792, rispetto alla quale l'edizione <strong>del</strong><br />

1819, non contiene nulla di nuovo o di differente, se non l'approvazione per la sua<br />

pubblicazione, accordata da Padre F. G. Mascheroni, Inquisitore <strong>del</strong> Santo Offizio di<br />

Venezia, in quanto « non v'è cosa alcuna contro la Santa Fede Cattolica [e] niente<br />

contro Principi e Buoni Costumi ».


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 187<br />

concezione megarico-stoica, per cui la <strong>Logica</strong> è, contemporaneamente,<br />

capacità di parlare bene (retorica) e di ben ordinare e strutturare il pen­<br />

siero (dialettica) e si attribuisce pertanto una valenza naturale, ovvero<br />

cronologicamente antecedente, alla prima.<br />

6.2.6. Pietro Bottura, <strong>Logica</strong>, 1833.<br />

Se la Psicologia sperimentale è quella disciplina che « osserva atten­<br />

tamente... i fatti interni... che nascono nell'anima nostra» (49), pure la<br />

<strong>Logica</strong> è indispensabile per ogni persona, poiché ha funzioni direttive <strong>del</strong><br />

pensiero e <strong>del</strong> linguaggio. Seppure l'Autore si sforzi di sottolineare queste<br />

differenze, anche nel suo caso si parla tuttavia di una <strong>Logica</strong> Naturale<br />

« che l'uomo non ha appreso, ma ha ricevuto dalla stessa natura » (10), e<br />

di una <strong>Logica</strong> Artificiale che « somministra i precetti per tutte le scienze »<br />

(13). La <strong>Logica</strong> Naturale è anteposta a qualsiasi forma di ricerca e di<br />

conoscenza, dunque anche a quella psicologica, ed è intesa in modo al­<br />

quanto ingenuo e semplicistico, nel senso che è definita come rappresen­<br />

tante le caratteristiche che il soggetto possiede in ogni caso e di fronte a<br />

qualsiasi situazione. Partendo da queste premesse, la maggior parte <strong>del</strong><br />

testo, che esamina la Psicologia empirica e che analizza dettagliatamente<br />

la sensazione, segue alla discussione condotta sulla <strong>Logica</strong>, esaminata <strong>nella</strong><br />

sua globalità, in quanto per l'Autore, a causa <strong>del</strong> significato da lui assegna­<br />

to alla <strong>Logica</strong> Naturale, questa disciplina è da considerarsi prima rispetto<br />

ad ogni forma di sapere.<br />

6.2.7. Francesco Zantedeschi, Elementi di logica, 1833.<br />

La Psicologia empirica è il punto di partenza per analizzare il con­<br />

cetto di verità, secondo il criterio <strong>del</strong>l'estensione, perfettibilità e relazione,<br />

ed a questa succede la <strong>Logica</strong> che « è la scienza che dirige le facoltà<br />

conoscitive al suo perfezionamento » (1-2). Per arrivare alla verità <strong>Logica</strong><br />

si deve stabilire una « conformità <strong>del</strong> nostro pensiero colle qualità degli<br />

oggetti ideali alle quali si riferiscono » (9). Ma se quest'ultimo punto è ciò<br />

che si ottiene con la <strong>Logica</strong> Critica, la quale è allora un risultato, ottenuto<br />

dallo studio <strong>del</strong>la Psicologia empirica, tuttavia si deve presupporre pur<br />

sempre una <strong>Logica</strong> Naturale, da intendersi quale buon senso, disposizione<br />

ad agire rettamente, unico strumento per giungere alla conoscenza <strong>del</strong><br />

vero. Non possiamo neanche dire che si tratti di una disciplina la quale<br />

preceda le altre (in questo caso la Psicologia empirica): si tratta infatti di<br />

una disposizione comune a tutti gli esseri che, al limite, condiziona, ma<br />

non costituisce, le altre forme di conoscenza.


188 CAPITOLO SECONDO<br />

6.2.8. Vincenzo Garelli, <strong>Logica</strong> parlamentare, 1849 23 .<br />

La <strong>Logica</strong> Naturale corrisponde ai ragionamenti ricavati direttamente<br />

dalle verità dei sensi e, conscguentemente, precede la Scienza <strong>Logica</strong>, la<br />

quale, altro non è che una correlazione tra ciò che è specifico alla <strong>Logica</strong><br />

Naturale rispetto alle molteplici maniere con cui il soggetto può riflettere.<br />

Si tratta pertanto di un'estensione di tipo esclusivamente quantitativo,<br />

l'elemento che caratterizza le forme più evolute <strong>del</strong>la conoscenza. Allo<br />

stesso tempo non si attribuisce posizione primaria alla <strong>Logica</strong> Naturale,<br />

per il fatto che secondo l'Autore, si deve considerare inizialmente una<br />

"<strong>Logica</strong> <strong>del</strong> senso comune", il quale è il vero e proprio punto di partenza<br />

di tutte le attività cognitive. Dunque l'attributo "naturale" è differente dal<br />

concetto di "senso comune", rivestendo una componente che va al di là,<br />

che oltrepassa la nozione di "già dato", di innato, assumendo questa volta<br />

sempre più esplicitamente un valore di "depositato <strong>cultura</strong>le", che si in­<br />

staura su una precedente base, di valore effettivamente generale 24 . Proba­<br />

bilmente "senso comune" è collegato ad istanze biologicamente primarie,<br />

è quasi sinonimo di sopravvivenza (animale), mentre "naturale" è aggetti­<br />

vo attribuito ad un'attività umana.<br />

6.2.9. Vincenzo Garelli, Della logica o teorica <strong>del</strong>le scienze, 1863.<br />

La <strong>Logica</strong> Naturale può essere "connata", (si noti la sottile distinzione<br />

terminologica, rispetto alla nozione di "innata") ossia può trattarsi di<br />

un'attitudine a ragionare, e/o "acquisita", ossia un'attitudine fatta propria<br />

attraverso l'esercizio. A sua volta l'A. intende con l'espressione Arte <strong>Logica</strong><br />

ciò che procura sicurezza nel ragionare, « tale quella di mente che si ac­<br />

quista coltivando studi matematici » (4). Infine la Scienza <strong>Logica</strong> si ottiene<br />

quando, partendo dall'Arte <strong>Logica</strong>, la mente ne fa proprie le regole « le<br />

quali raccoglie ed ordina in modo che le une dalle altre discendano e tutte<br />

si possano dire contenute in una sola, la quale non essendo più contenuta<br />

in verun'altra, dicesi prima » (5). Tutti questi livelli hanno come obiettivo<br />

comune quello di giudicare correttamente l'umano raziocinio, nonché di<br />

23 II testo di V. Garelli è <strong>del</strong> tutto particolare in quanto indica <strong>nella</strong> <strong>Logica</strong><br />

Parlamentare, arte tesa a fare emergere verità ed efficacia nonché ordine e dignità,<br />

l'obiettivo <strong>del</strong> suo lavoro. La <strong>Logica</strong>, allora, giunta al massimo livello di specializzazio­<br />

ne, tende per l'Autore ad identificarsi con la retorica. Si comprende pertanto come una<br />

tale disciplina si riassuma in una serie di consigli dati ai parlamentari per essere in<br />

grado di esprimersi bene e come la stessa, così intesa, sia posta in posizione primaria<br />

rispetto a tutte le altre forme di <strong>Logica</strong>.<br />

24 Su Posizioni analoghe possiamo collocare il lavoro <strong>del</strong> 1854 di G. Balmes (si<br />

veda Gap. I, 5.2.1).


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 189<br />

raccogliere ed ordinare le regole per una corretta esposizione <strong>del</strong>le scienze.<br />

Siccome la <strong>Logica</strong> è fondamentalmente intesa come un'arte per ragionare<br />

e, in quanto tale, si danno puntuali suddivisioni <strong>del</strong>la stessa, la <strong>Logica</strong><br />

Naturale appare come un qualcosa che vi è, che ha una sua funzione, ma<br />

sulla quale non occorre investigare ulteriormente, perché sarebbe <strong>del</strong> tutto<br />

inutile. E allora quasi una conditio sine qua non da accettarsi senza chie­<br />

dersi altre ragioni, anche perché saranno i livelli più elevati <strong>del</strong>la disciplina<br />

a motivare e giustificare la stessa. In ultimo, dunque, la <strong>Logica</strong> Naturale<br />

non è ciò che ci farà avere nuove conoscenze e neppure ci fornirà i mezzi<br />

per comprendere le nostre capacità intellettive, ma è tuttavia un "codice"<br />

senza <strong>del</strong> quale non si potrebbe iniziare alcuna attività cognitiva.<br />

6.2.10. Vincenzo di Giovanni, Principii di filosofia prima esposti ai<br />

giovani italiani, 1863 25 .<br />

Dopo un'interessante rivisitazione antologica degli autori italiani, e<br />

specificatamente siciliani, che si occuparono di <strong>Logica</strong>, l'A. sostiene che<br />

questa materia non è stata creata da Aristotele né da Hegel, ma, al con­<br />

trario, è stata la natura stessa <strong>del</strong>la nostra mente a renderla possibile. Lo<br />

studioso potrà, allora, solo esperia od interpretarla, ma non ne sarà mai<br />

l'autore e tanto meno il costruttore. Partendo poi dal fatto che la <strong>Logica</strong><br />

è contemporaneamente reale e naturale e produce insieme l'assimilazione<br />

<strong>del</strong>l'ordine naturale <strong>del</strong> conoscere e le riflessioni sullo stesso, l'A. sottolinea<br />

come esista una <strong>Logica</strong> Naturale, o <strong>del</strong> pensiero naturale, che è generata<br />

dall'intuizione primitiva. Si tratta allora di principi comuni a tutte le menti<br />

di cui i soggetti dispongono in eguai misura, estensibili ad ogni situazione<br />

e presentabili alla stregua di codici di portata universale (ad esempio di<br />

sopravvivenza, di socializzazione, di coesistenza). Si tratta in ogni caso di<br />

qualcosa che lo studioso può solo scoprire e, successivamente, descrivere:<br />

si esclude pertanto qualsiasi componente costruttiva o creativa.<br />

6.2.11. Filippo Diviso, La ragione umana, studi secondo la dottrina di<br />

San Tommaso d'Aquino, 1874.<br />

25 Si tratta di un testo aspramente criticato da Gentile (II tramonto <strong>del</strong>la <strong>cultura</strong><br />

siciliana, 1919) per il quale l'A. in questione « ripete, <strong>nella</strong> forma affatto estrinseca <strong>del</strong><br />

giobertismo, vecchi motivi; ripete scolasticamente e meccanicamente [temi] in cui ...<br />

non mette nulla di suo » (citazione tratta dall'Introduzione di E. Garin alla Storia <strong>del</strong>la<br />

filosofia Italiana di G. Gentile, I, V, 693). Lo stesso Gentile, <strong>nella</strong> stessa opera affer­<br />

merà, in modo <strong>del</strong> tutto ironico, che le opere di V. di Giovanni insieme a quelle di S.<br />

Corico sono quanto di meglio la <strong>cultura</strong> siciliana <strong>del</strong>l'epoca fosse in grado di produrre.


190 CAPITOLO SECONDO<br />

In questo caso, abbastanza singolare rispetto alla maggior parte degli<br />

A. citati, si parla di <strong>Logica</strong> Naturale, ma guardandosi bene dall'entrare in<br />

un'ottica psicologistica (anche se di fatto, tuttavia, quest'ultima è chiara­<br />

mente rinvenibile almeno quanto quella presente negli altri Autori), cosa<br />

che la depriverebbe <strong>del</strong> suo ruolo principale, ovvero la ricerca <strong>del</strong>la<br />

verità. Si tratta invece di un qualcosa sulla cui esistenza non vi sono<br />

ragioni per dubitare, che non richiede alcuna investigazione, per il fatto<br />

che è specifica e tipica di ogni essere vivente e di tutto l'universo, ovvero<br />

è una condizione necessaria (quasi un archetipo) perché vi possa essere<br />

qualsiasi forma di vita. Di conseguenza, egli fa notare, è questa una<br />

questione spettante di diritto alla metafisica, di cui la <strong>Logica</strong> (classica­<br />

mente suddivisa in retorica e dialettica) è una semplice parte.<br />

6.2.12. Venceslao Pieralisi (de' minori riformati), Della filosofia razio­<br />

nale speculativa. Parte soggettiva ossia la logica, 1876.<br />

Il fine <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> è « ben vedere » in quanto solo grazie a questa<br />

facoltà si scopre la verità, mentre il suo oggetto è « la scienza <strong>del</strong>la nostra<br />

conoscenza» (31): per questo deve basarsi su una serie di regole, criteri<br />

e principii da seguire rigorosamente. A monte di tutto ciò è tuttavia pre­<br />

sente nel soggetto una <strong>Logica</strong> Naturale, la quale è una conoscenza im­<br />

mediata di molte cose ed è lo strumento senza <strong>del</strong> quale non possiamo<br />

pretendere di accostarci ad alcuna forma di sapere. In altri termini la<br />

<strong>Logica</strong> Naturale ci fornisce un bagaglio iniziale di cognizioni, o più pre­<br />

cisamente di potenzialità cognitive, indispensabili per affrontare qualsiasi<br />

tipo di ricerca o conoscenza. Non siamo ancora al livello di competenza<br />

perché ciò rimanderebbe alla necessità di alcune strutture primarie già<br />

attive di per sé ed indirizzate ad ordinare (strutturare) le successive cono­<br />

scenze. Se si trattasse di competenze, nel senso ora descritto, ci troverem­<br />

mo in un contesto costruito, fabbricato. Ma questo è invece proprio quan­<br />

to l'Autore si sforza di evitare. Anzi egli afferma che quello che non è<br />

invece indispensabile è la <strong>Logica</strong> Artificiale: infatti, se serve per evitare<br />

errori, se è addirittura necessaria per una scienza come la matematica, la<br />

quale è una disciplina discorsiva, vale a dire è « quella che scopre le cose<br />

per via di raziocinio » (21), per altre facoltà cognitive, quali la percezione,<br />

che riguarda il nostro essere e le cose materiali che entrano in contatto con<br />

questo, la <strong>Logica</strong> Naturale è <strong>del</strong> tutto sufficiente 26 .<br />

26 L'A. non fa distinzione tra percezione e sensazione ma, al contrario, tra perce­<br />

zione interna e percezione esterna, che concerne sempre oggetti distinti. Inoltre lo


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 191<br />

6.2.13. Augusto Conti, II Vero nell'Ordine. Ontologia e <strong>Logica</strong>, libri<br />

cinque. Aggiunto un anno di tutta la filosofia, 1878.<br />

L'A. non impiega mai l'espressione <strong>Logica</strong> Naturale, ma la sua è solo<br />

una caratteristica terminologica, per il fatto che fa uso degli stessi concetti<br />

e degli stessi termini di coloro che invece ne trattavano. Egli preferisce<br />

indicarla come un'arte, ovvero una costruzione <strong>del</strong> soggetto, ma in un<br />

senso <strong>del</strong> tutto prossimo a quello <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale Acquisita di cui<br />

parlava P. Tarino (op. cit.): si guarda bene, di conseguenza, dal conside­<br />

rarla come data, come un buon senso tipico di ogni uomo, ma si guarda<br />

altrettanto bene dal considerarla come una scienza e dal definirla formale.<br />

Questo gli consente di potere affermare, ampliando il punto di vista di F.<br />

Soave (op. cit.), che tale arte « è dunque osservazione imitativa di natura<br />

ed inventrice a fine di verità, come l'arte bella è osservazione imitativa di<br />

natura ed inventrice a fine di bellezza, e l'arte morale di bene» (241).<br />

Siamo dunque in un tipo di pan-naturalismo in cui l'uomo, quale essere<br />

vivente, e le sue facoltà intellettive, sono elementi reciprocamente inclusi<br />

l'uno nell'altro. Tuttavia l'uomo è anche inteso come un soggetto attivo<br />

che, grazie ai suoi mezzi <strong>cultura</strong>li, può porsi in una posizione <strong>del</strong> tutto<br />

primaria rispetto ad ogni altra forma di vita. In tal senso è l'azione, ovvero<br />

un'Arte <strong>Logica</strong> Naturale, il campo dal quale occorre partire per studiare<br />

come il soggetto giunga al massimo livello <strong>del</strong>le conoscenze (il Vero). Nel<br />

caso <strong>del</strong> nostro Autore, quando usa il termine azione, occorre intenderlo<br />

in senso stretto, ritenendolo sinonimo di "comportamento" e non inter­<br />

pretarlo nel senso ben più ampio di elemento rappresentante per eccellen­<br />

za le facoltà non solo fisiche, ma anche intellettive <strong>del</strong> soggetto.<br />

6.2.14. Vincenzo di Giovanni, Prelezioni di Filosofia, 1877.<br />

Non vi sono grandi novità rispetto al testo <strong>del</strong> 1867, e anzi anche ora<br />

vi è il rifiuto di intendere la <strong>Logica</strong> come qualcosa di artificiale che pre­<br />

scinda dall'uomo, ovvero di intenderla come disciplina astratta e non in­<br />

vece <strong>del</strong> tutto concreta. Non solo, ma l'A. non esita a dichiarare la sua<br />

avversione verso qualsiasi forma <strong>del</strong> sapere che si occupi e <strong>del</strong>la struttu­<br />

razione e <strong>del</strong>l'ordinamento <strong>del</strong>le conoscenze, poiché il fatto causerebbe<br />

solo confusione (vi è già il sillogismo che assolve perfettamente a tale<br />

compito). Se proprio si vuole parlare di <strong>Logica</strong>, egli sottolinea come possa<br />

stesso Autore, ancora nel 1883 (Sui vizi capitali <strong>del</strong>l'insegnamento scientifico), sosterrà<br />

nuovamente queste tesi, ma in modo alquanto polemico, indirizzandole contro coloro<br />

che pur di negare la presenza di questo bagaglio di cognizioni iniziali a tutti comuni<br />

(<strong>Logica</strong> Naturale), sostenevano l'infinita divisibilità di qualsivoglia forma <strong>del</strong> sapere.


192 CAPITOLO SECONDO<br />

esservi una predisposizione innata in ogni soggetto (e pertanto una <strong>Logica</strong><br />

Naturale), che si colloca a monte anche <strong>del</strong>la sensazione e <strong>del</strong>la Psicologia<br />

in generale. Si tratta allora di intenderla come una caratteristica specifica<br />

<strong>del</strong>l'Essere in quanto tale: è dunque compito solamente spettante alla fi­<br />

losofia (ovvero all'ontologia) prenderla in esame.<br />

6.2.15. Giambattista Zitto, L'organo <strong>del</strong>la scienza o la scienza <strong>del</strong><br />

pensiero umano nello investigare e scoprire il vero, 1877 27 .<br />

Globalmente la <strong>Logica</strong> è l'insieme <strong>del</strong>le regole che strutturano l'uma­<br />

na conoscenza. Fondamentalmente le si assegna una duplice valenza, na­<br />

turale e acquisita, dove la seconda dipende strettamente dalla prima. La<br />

<strong>Logica</strong> Naturale « è la ragione stessa in quanto per l'uso spontaneo e per<br />

l'imitazione che si ha <strong>nella</strong> convivenza sociale è più o meno disposta ed<br />

inclinata a rettamente pensare » (2). Partendo da questo punto abbiamo<br />

successivamente una <strong>Logica</strong> acquisita la quale « è la <strong>Logica</strong> Naturale per­<br />

fezionata mediante lo studio o azioni e sulle opere di ragione, e per l'eser­<br />

cizio ancora o scuola pratica <strong>del</strong>le regole logiche » (3). La <strong>Logica</strong> Naturale<br />

è allora da intendersi come scienza, per il fatto che è in grado di dimostrare<br />

quello che l'Arte <strong>Logica</strong> (logica acquisita) prescrive per ricercare il vero e<br />

per scongiurare gli errori <strong>del</strong> ragionamento. In tal caso ci si richiama a F.<br />

Soave (op. cit.) attribuendo al termine "naturale" un valore <strong>del</strong> tutto<br />

particolare, quasi pedagogico, rispetto alla tradizione <strong>cultura</strong>le <strong>del</strong> periodo.<br />

6.2.16. Alberto Errerà, Elementi di logica ad uso <strong>del</strong>le scuole, 1890 28 .<br />

La <strong>Logica</strong> è l'arte <strong>del</strong> ben ragionare e va inoltre tenuti distinta dalla<br />

Psicologia che è «la scienza <strong>del</strong> pensiero in formazione» (5). Si deve<br />

tuttavia presupporre un'Arte <strong>Logica</strong> di cui si faceva già uso ancora prima<br />

27 Giambattista Zitto. Oltre l'opera da noi riportata conosciamo solamente Meta­<br />

fisica generale e Filosofia prima e fondamentale (1885).<br />

28 Alberto Errerà (1841-1894) nacque a Venezia da una famiglia di origini spa­<br />

gnole e si istruì dapprima al Ginnasio Santa Caterina di Venezia ed in seguito nel­<br />

l'Università di Padova, ove si laureò sia in Giurisprudenza che in Filosofia. Partecipò<br />

attivamente alle lotte per la nascita <strong>del</strong>lo stato italiano (fu imprigionato anche alcune<br />

volte). Quando queste si conclusero fu nominato a Venezia professore di Economia<br />

Libera, Statistica e Diritto. Dopo avere avuto incarichi all'Università di Milano si tra­<br />

sferì a Napoli dove risiedette per il resto <strong>del</strong>la sua vita. Tra le sue opere ricordiamo La<br />

teoria <strong>del</strong>lo Stato considerata nelle sue relazioni con l'Etica, Saggio sui precursori italia­<br />

ni: Giordano Bruno precursore <strong>del</strong>le scienze esatte (1868), Monografia su Giordano<br />

Bruno (pubblicato sul Giornale Napoletano di Filosofia e Lettere), Elementi di Socio­<br />

logia Etica (1890).


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 1 93<br />

che questa materia divenisse scienza. La <strong>Logica</strong> è successivamente divisa<br />

in naturale (capacità che ogni uomo ha di ragionare), riflessiva (attraverso<br />

lo studio si perfeziona l'attitudine all'apprendimento), formale (che studia<br />

le leggi <strong>del</strong> pensiero che ci permettono di conoscere), reale (la quale sta­<br />

bilisce che le leggi <strong>del</strong> pensiero siano conformi a ciò che si studia), gene­<br />

rale (norme che ci consentano un corretto metodo di studio), particolare<br />

(atta a determinare le leggi <strong>del</strong> pensiero, ma in modo settoriale, vale a dire<br />

a seconda <strong>del</strong>le varie discipline). Anche se la <strong>Logica</strong> Naturale è la forma<br />

più semplice di questa disciplina, tuttavia è intesa come un qualcosa ap­<br />

partenente all'universo <strong>del</strong> sapere, la cui esistenza è ritenuta possibile solo<br />

dopo che la materia (la <strong>Logica</strong>) è stata resa una scienza. In questo caso il<br />

soggetto scopre che la <strong>Logica</strong> Naturale ci insegna che ogni uomo ha l'at­<br />

titudine a ben ragionare, mentre l'Arte <strong>Logica</strong>, che pure si scopre assol­<br />

vere alle stesse funzioni <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale, è un qualcosa che si poteva<br />

ammettere anche precedentemente. Particolare curioso è allora la posizio­<br />

ne di questa <strong>Logica</strong> Naturale, la quale ha il compito di farci vedere che<br />

l'Arte <strong>Logica</strong> è addirittura precedente alla stessa. Si tratta, tuttavia, <strong>del</strong>l'as­<br />

sunzione di una posizione abbastanza negativa, ed in ogni caso non co­<br />

struttiva, nei confronti <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale, al punto da fare pensare che<br />

l'Autore ne tratti solamente perché si sente obbligato, ovvero non sapendo<br />

come affrontare i complessi problemi filosofici concernenti le classificazio­<br />

ni <strong>del</strong>le conoscenze. Ora anche se i significati tendono a coincidere l'A. si<br />

guarda dall'assimilarli, richiamandosi anch'egli alla posizione filosofica di<br />

Soave (1815) e di Zitto (1877).<br />

6.2.17. Angelo Ferrata, Osservazioni sulle leggi <strong>del</strong>la conoscenza, 1891.<br />

Siccome la mente umana è atta a conoscere il vero ed è strutturata<br />

per porsi in armonia con l'universo, l'ordinamento che essa possiede deve<br />

rispondere ad un principio logico naturale. In virtù di questa proprietà la<br />

mente coglie la naturale verità che è logica, in quanto è in grado di pre­<br />

sentarci la natura degli oggetti e/o <strong>del</strong>l'essere come identica a se stessa. Il<br />

falso non è invece naturale e deriva dal fatto che non essendo la mente<br />

umana onnisciente, può accidentalmente cadere <strong>nella</strong> falsità, la quale è<br />

allora elemento umano per eccellenza. Paradossalmente si può quindi<br />

sostenere che è la falsità il principio logico naturale. Ma questo non è<br />

certo l'intento <strong>del</strong>l'Autore, il quale sembra addirittura intendere l'errore<br />

come una limitazione all'esplicazione <strong>del</strong>la naturalità umana. Su queste<br />

basi egli sostiene che la conoscenza si evolverà tramite la visione e l'ap­<br />

prensione <strong>del</strong> vero e si manifesterà necessariamente nell'atto <strong>del</strong> giudi-


194 CAPITOLO SECONDO<br />

zio 29 . I due atti fondamentali <strong>del</strong>la mente sono l'apprensione ed il giudi­<br />

zio. La prima è la contemplazione mentale di un'idea o di un oggetto,<br />

mentre il secondo, in quanto legato all'affermazione od alla negazione<br />

<strong>del</strong>l'identità di due cose, è il vero atto <strong>del</strong>la mente che produce la cono­<br />

scenza. Questi due atti sono « i soli atti fisici <strong>del</strong>la mente » (38) e, in<br />

quanto tali, sono i punti di partenza per ogni successiva conoscenza.<br />

Tuttavia, se nell'apprensione non si ha errore (ed è allora a questo livello<br />

che si deve parlare di principio logico naturale), nel giudizio, anche se<br />

questo è l'atto più perfetto, si può avere errore per il fatto che l'afferma­<br />

zione e/o la negazione sono legate alle nozioni di vero e/o falso. Riemer­<br />

gono in queste affermazioni alcuni aspetti <strong>del</strong> romanticismo di J. J. Rous-<br />

seau, per il quale l'animalità umana è positiva (vera) per definizione, sino<br />

al momento in cui intervengono le successive fasi evolutive, le quali pos­<br />

sono condurre alla falsità. In un senso più psicologico si tende a sottoli­<br />

neare come vi siano competenze cognitive la cui certezza è di per sé<br />

evidente e che quindi costituiscono un fondamento sicuro per le succes­<br />

sive evoluzioni e, in contrapposizione, una miriade di dati aleatori ed<br />

imprecisi che producono solamente confusione.<br />

6.2.18. Giuseppe Giovanni Gizzi, La logica negli uomini e negli ani­<br />

mali, 1892.<br />

L'A., anch'esso assai influenzato dalla scuola positivista, identifica il<br />

concetto di <strong>Logica</strong> Naturale con quello di <strong>Logica</strong> Pratica. Quest'ultima<br />

deve studiare il ragionamento umano, ma senza mai assumerlo nelle sue<br />

condizioni ottimali, vale a dire ritenendole specifiche ad un livello che<br />

appartiene ad un mondo ideale. La <strong>Logica</strong> deve studiare "le condizioni<br />

<strong>del</strong> cervello" in quanto è quest'ultimo a determinare tutte le nostre pos­<br />

sibilità di ragionamento. Ecco perché bisogna evitare con ogni cura di<br />

affrancare la scienza logica dal linguaggio naturale, altrimenti si dovrà fare<br />

ricorso a complicati simbolismi che anziché facilitare lo scopo lo com­<br />

plicano eccessivamente 30 . Il linguaggio sarà solo lo strumento di espres-<br />

29 Gli stessi concetti si trovano anche nei lavori di Bernardino Varisco, e special­<br />

mente in La necessità logica, 1895.<br />

30 Questi sono i motivi addotti dall'A. per iniziare una dura polemica in partico­<br />

lare nei confronti di G. Peano e A. Nagy ed, in generale, contro chiunque pretendesse<br />

di fare ricorso a simbolismi astratti e di diffìcile lettura. Egli non ha problemi a soste­<br />

nere che col loro simbolismo artificiale costoro ottengono il solo risultato di rendere<br />

più oscure le relazioni tra i concetti. Per lo stesso motivo sono citati e criticati anche<br />

L. Eulero e E. Schròder. Sulle stesse posizioni troviamo anche Martinazzoli e Filippo<br />

Cicchitti-Suriani, Principi di filosofia scientifica (voi. I - Psicologia e logica), 1896.


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 1 95<br />

sione dei contenuti <strong>del</strong> pensiero, che nelle sue forme più semplici sarà<br />

"naturale".<br />

6.2.19. Enrico Sala, La logica antica e moderna esposta con metodo<br />

storico-critico ad mo <strong>del</strong>le scuole, 1892.<br />

La <strong>Logica</strong> ci permette di procedere regolarmente e speditamente nei<br />

pensieri e ci preserva dall'errore. Essa studia i fatti psicologici, ovvero le<br />

idee, mentre la Psicologia studia la loro natura ed anche la loro origine 31 .<br />

Duplice è la valenza <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>: con <strong>Logica</strong> Naturale si intende l'attitu­<br />

dine umana ad esporre le idee dando a queste un certo ordine, assegnando<br />

loro un certo obiettivo, mentre con <strong>Logica</strong> Artificiale si contrassegna il<br />

perfezionamento che l'uomo apporta a quella naturale. Ma quest'opera è<br />

anche interessante per il fatto che vi è la tendenza, già riscontrata anche<br />

in P. Tarino (1874) e A. Conti (1878) a presentare come consequenzial­<br />

mente collegate la <strong>Logica</strong> Naturale con l'Arte <strong>Logica</strong>. Quest'ultima non è<br />

allora soltanto un ampiamente <strong>del</strong>la prima, ma una sua diretta conseguen­<br />

za. Infatti la <strong>Logica</strong>, per l'A., è da intendersi quale logos che rappresenta<br />

la ragione ed il linguaggio, mezzi che ci consentono di passare dall'ignoto<br />

al noto. Ora la <strong>Logica</strong>, intesa come scienza, è <strong>del</strong> tutto specifica, ha come<br />

oggetto il raziocinio ed « insegna le regole generali di qualsiasi ragiona­<br />

mento » (39). La sua utilità consiste nel permetterci di procedere ordina­<br />

tamente e facilmente nei nostri ragionamenti e nel preservarci dall'errore:<br />

in questo senso la scienza logica ha bisogno di essere formale. La <strong>Logica</strong><br />

formale, a sua volta, « studia le idee come fatti psicologici dati e conosciuti<br />

e di essi vede solo l'uso e le proprietà » (ibidem) ed i fatti psicologici sono<br />

le stesse idee. La <strong>Logica</strong> è pertanto arte e scienza. Come scienza è suddi­<br />

visa in formale e materiale: in questo secondo caso la si definisce <strong>Logica</strong><br />

Artificiale. In quanto arte (primitiva organizzazione di idee ed azioni) è<br />

naturale.<br />

6.2.20. Giovanni Dandolo, Appunti di filosofia ad uso dei licei. Psico­<br />

logia e <strong>Logica</strong>, 1897.<br />

È la chiara connotazione positivista <strong>del</strong>l'Autore ciò che consente che<br />

si possa arrivare a parlare di <strong>Logica</strong> Naturale, la quale deriva direttamente<br />

dalla Psicologia, che tratta di fenomeni biologici (naturali), cui è tutto<br />

31 Posizioni <strong>del</strong> tutto analoghe a quelle di E. Sala si possono trovare anche nel<br />

lavoro di Giovanni Marchesini, Elementi di logica secondo le opere di R. Ardigò, J. S.<br />

Mili ed A. Bain, 1896.


196 CAPITOLO SECONDO<br />

riconducibile. Se però la Psicologia si occupa <strong>del</strong>l'anima (ossia <strong>del</strong> cervello<br />

e <strong>del</strong> sistema nervoso), la <strong>Logica</strong> studia solo le facoltà di conoscere, che<br />

sono solo alcune tra le funzioni cui i due organi citati presiedono. Più<br />

precisamente l'A. sottolinea come la Psicologia appartenga al ramo <strong>del</strong>le<br />

scienze biologiche e comprenda in sé, come parti, anche la <strong>Logica</strong>: in<br />

questo senso l'aspetto "naturale" di tale disciplina è ciò che si rivela più<br />

agevolmente osservabile ed analizzarle e non richiede particolari difficol­<br />

tà ad essere appreso. Proprio per questo concerne le più elementari facoltà<br />

cognitive che sono a disposizione di ogni soggetto 32 .<br />

6.2.21. Carlo Calzi, Lezioni di logica stenografate e pubblicate da<br />

Umberto Ortalli, 1898 33 .<br />

Secondo l'Autore la <strong>Logica</strong> possiamo e dobbiamo intenderla come<br />

una scienza dedita allo studio <strong>del</strong>l'arte <strong>del</strong> "pensare riflesso", il quale è il<br />

frutto <strong>del</strong>le nostre esperienze e conoscenze progressivamente acquisite. Si<br />

deve tuttavia presupporre a questa disciplina una <strong>Logica</strong> Naturale, che<br />

precede da ogni punto di vista, quindi anche temporalmente e concettual­<br />

mente, quella scientifica. Ora per l'Autore in questione la <strong>Logica</strong> Naturale<br />

non è solo una (od un insieme di) disposizione/i che antecedono ogni<br />

forma di conoscenza e che sono date una volta per tutte. Al contrario il<br />

significato <strong>del</strong>l'attributo "naturale" deve essere arricchito: una <strong>Logica</strong> che<br />

si fregi di un simile titolo deve inoltre essere intesa anche come un'arte,<br />

32 G. Dandolo è un autore appartenente alla schiera di fisiologi e medici che<br />

tendevano ad occuparsi dei problemi concernenti la conoscenza, ponendosi, evidente­<br />

mente, in posizioni molto simili tra loro, aventi come comune denominatore l'accctta­<br />

zione <strong>del</strong>le tesi positiviste. Nel caso specifico <strong>del</strong>l'A., egli aveva già sostenuto le posi­<br />

zioni da noi riportate anche in // concetto <strong>nella</strong> logica positiva (Rivista di filosofia<br />

scientifica, marzo, 1887) seppure in modo più sintetico e limitato. Presso lo stesso<br />

editore di 1897 (op. cit.), egli aveva già pubblicato nel 1894 un testo <strong>del</strong> tutto analogo<br />

a 1897, nel quale compariva anche un capitolo dedicato alla morale. Inoltre è rilevante<br />

come in 1894, siano presenti alcune definizioni che non troviamo più in 1897. Abba­<br />

stanza rilevante è che egli sostenga che, ad esempio, la percezione differisce dalla<br />

sensazione per il fatto che richiama alla mente, per associazione, <strong>del</strong>le idee già pre­<br />

esistenti, mentre la rappresentazione è una riproduzione <strong>del</strong>le sensazioni in mancanza<br />

degli stimoli primitivi che l'hanno originata. La conoscenza è, a sua volta, "condizione<br />

primitiva e primaria <strong>del</strong> fenomeno psichico" (159), mentre inconscio e subconscio<br />

hanno solo spiegazioni fisiologiche. Il collegamento tra la base logica e quella psicolo­<br />

gica è costituita dall'astrazione.<br />

33 Carlo Calzi (1842-1902). Di origini cremonesi, si occupò prevalentemente di<br />

Pedagogia, assumendo posizioni <strong>del</strong> tutto contrarie rispetto alla corrente di pensiero<br />

positivista ed a favore di quella spiritualista. La sua opera più importante è: L'educa­<br />

zione inglese di Erberto Spencer e la Pedagogia <strong>italiana</strong>.


LA LOGICA NATURALE NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA 197<br />

ovvero la capacità di ordinare e di organizzare gli accadimenti e le azioni<br />

con cui l'individuo si imbatte o che compie. In tal senso, più ampio rispet­<br />

to a quelli sinora visti, dobbiamo intendere la <strong>Logica</strong> Naturale come co­<br />

mune ad ogni soggetto. Ne deriva che la <strong>Logica</strong> Naturale non è un mezzo<br />

come invece per l'A. è quella Artificiale, ma una facoltà di cui ogni uomo<br />

dispone. Eppure l'Arte <strong>Logica</strong> è intesa anch'essa come "naturale": come<br />

già Tarino (1874), Conti (1878) e Sala (1892) egli tende a considerarla in<br />

questo modo per sottolinearne la "naturalità, ovvero l'universalità <strong>del</strong>le<br />

prime forme <strong>del</strong>la conoscenza. Solo in seguito con l'apprendimento e<br />

l'esperienza ogni soggetto dispone di strumenti a lui specifici con i quali<br />

potrà costruire una <strong>Logica</strong> più perfezionata (<strong>Logica</strong> Artificiale), con cui<br />

sarà in grado di affrontare i problemi complessi <strong>del</strong>la cognitività, in quan­<br />

to sarà in grado di meglio percepire gli errori cui lo condurrebbe un<br />

limitarsi a fermarsi alle forme iniziali <strong>del</strong> sapere 34 . Anche se si nota, in<br />

questo caso, un apparente richiamo alle tesi espresse all'inizio <strong>del</strong> secolo,<br />

riteniamo che la somiglianzà sia però solo apparente. Indubbiamente l'A.<br />

vuole riprendere i temi di matrice spiritualista, sviluppati precedentemen­<br />

te, con l'intento di ribadire la necessità <strong>del</strong>la conservazione <strong>del</strong>la <strong>cultura</strong><br />

classica (legata pur sempre alla tradizione aristotelica). Per un altro verso<br />

tanti e tali sono stati i progressi <strong>del</strong>la scienza, ed in particolare <strong>del</strong>la Psi­<br />

cologia, che l'A. non può certo sorvolarli: di conseguenza ci si trova <strong>nella</strong><br />

situazione in cui egli propone di accettare per fede un certo insegnamento,<br />

sul quale, da un punto di vista scientifico, pone egli stesso profondi dubbi.<br />

54 Malgrado la posizione di Calzi sia, almeno all'epoca <strong>nella</strong> quale egli lavora,<br />

abbastanza superata, ciò non toglie che anche alla fine <strong>del</strong> secolo diversi Autori sosten­<br />

gano le sue stesse tesi. Un esempio lo troviamo in Giuseppe Morando, Corso elementare<br />

di filosofia, 1898 ed anche, seppure con qualche sfumatura differente, nei primi lavori<br />

di Giuseppe Tarozzi, Esercizi ed esempi di logica ad uso dei licei (1899). A testimonianza<br />

di come queste idee fossero ancora "attuali" sta il fatto che nel 1900 viene pubblicato<br />

uno scritto <strong>del</strong> 1820, sino a quel momento inedito, che sostiene le stesse argomentazioni<br />

(O. Simonetti, Elementi di <strong>Logica</strong> ad uso <strong>del</strong> suo <strong>Studi</strong>o. - La <strong>Logica</strong> è la prima scienza<br />

che mostra la fonte degli errori e sviluppa tutti i rapporti tra idee, condizione indispen­<br />

sabile per ben ragionare).


Ili<br />

DIFFERENTI FORME DI LOGICA<br />

NELLA LETTERATURA MINORE ITALIANA DEL <strong>XIX</strong> SECOLO<br />

1. PREMESSA.<br />

La <strong>cultura</strong> logica <strong>italiana</strong> <strong>del</strong> <strong>XIX</strong> secolo, come, d'altro canto anche<br />

quella <strong>del</strong> precedente periodo, risente in maniera rilevante <strong>del</strong>la crisi che<br />

tale disciplina aveva attraversato durante i secoli passati. Il suo interesse è<br />

stato sempre quello di indagare gli schemi che presiedevano alla corretta<br />

argomentazione e che dovevano essere universalmente validi. Si assiste, da<br />

un lato, ad un ampiamente dei suoi orizzonti grazie all'introduzione di<br />

teorie linguistiche e di regole di metodologia scientifica ma, allo stesso<br />

tempo, coloro che si occupano di tali studi (e non sono pochi), tendono<br />

verso posizioni che vogliono ridurla a teoria <strong>del</strong> sillogismo, ad una disqui­<br />

sizione, il più <strong>del</strong>le volte inutile, se la si debba intendere in senso aristo­<br />

telico (strumento <strong>del</strong>la filosofia) o megarico-stoico (parte <strong>del</strong>la filosofia),<br />

oppure al tentativo di fonderla (anche se, in verità, si dovrà parlare di<br />

confusione più che non di fusione) con la retorica. Anche quest'ultima, a<br />

sua volta, aveva subito <strong>del</strong>le modificazioni, che ebbero come effetto quello<br />

di complicare ulteriormente i problemi in questione. Infatti nel periodo in<br />

esame tale disciplina non si occupava più <strong>del</strong>lo studio <strong>del</strong>le operazioni <strong>del</strong><br />

pensiero in grado di generare, se non tutti i discorsi, almeno quelli pratici,<br />

di tutti i giorni. In luogo di essere lo studio dei ragionamenti non dimo­<br />

strativi, si era ben presto limitata all'arte <strong>del</strong> parlare correttamente.<br />

In campo logico vi erano state copiose produzioni, questo è vero, ma,<br />

fondamentalmente, la <strong>Logica</strong> "classica", intendendo con questa definizio­<br />

ne quella aristotelica o megarico-stoica, o fu semplicemente rifiutata, o<br />

venne presentata come un manuale, un insieme di regole, un "sussidiario",<br />

con funzioni semplificatrici ed esemplificatrici dei suoi argomenti, oppure


DIFFERENTI FORME DI LOGICA NELLA LETTERATURA MINORE 199<br />

furono cambiati <strong>del</strong> tutto i suoi obiettivi. Se il primo caso è riconducibile<br />

all'Umanesimo, per ciò che concerne il secondo la Logique de Port-Royal<br />

(1662) è l'espressione più significativa, mentre l'ultimo è riconducibile a<br />

Kant ed in un secondo tempo, in misura ancora maggiore, ad Hegel (H.<br />

Scholz, 1968, 14-16).<br />

. Nostro obiettivo è proporre un confronto tra la <strong>Logica</strong> tradizionale<br />

ed i successivi mutamenti avuti da questa disciplina, per cercare di com­<br />

prendere il motivo <strong>del</strong> proliferare di tanti tipi di <strong>Logica</strong> nel <strong>XIX</strong> secolo e,<br />

in particolare per ciò che concerne la <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong>. Allo stesso tempo<br />

cercheremo anche di <strong>del</strong>ineare quelle che sono state le differenti strategie<br />

cognitive che, di volta in volta, si sono presentate negli Autori da noi<br />

trattati per l'attuazione di una ricerca, tesa a fare progredire una forma<br />

specifica <strong>del</strong>la conoscenza, a seconda dei differenti modi in cui questa<br />

veniva intesa. Anche ora emergerà un richiamo ai temi psicologici sotto­<br />

stanti a simili operazioni <strong>cultura</strong>li.<br />

Se non tratteremo <strong>del</strong>la produzione umanistica, anche perché sarebbe<br />

ben poco ciò che potremmo dire, per assolvere al compito che ci siamo<br />

proposti, ci soffermeremo maggiormente sulla Logique di Port-Royal, che<br />

fu quella che più influenzò questo processo di settorializzazione di tale<br />

disciplina. L'ultimo livello, che pure può essere collegato al secondo per<br />

ciò che concerne l'opera di smembramento <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> "classica" (J. M.<br />

Bochensky, Formale Logik, 1956), pensiamo che abbia influito sulla pro­<br />

duzione <strong>italiana</strong>, ma in modi differenti.<br />

Più precisamente dovremmo dire che fu l'influsso kantiano a deter­<br />

minare le numerose partizioni di questa materia, in quanto quello hegelia­<br />

no ne ricercava una riunificazione tesa alla costruzione di un sistema <strong>del</strong><br />

sapere onnicomprensivo. Tuttavia, visto il particolare significato che la<br />

<strong>Logica</strong> assume in Hegel, il risultato fu quello di produrre una scissione<br />

definitiva tra chi restava ancorato alla tradizione e chi, invece, si rifaceva<br />

agli insegnamenti, per altro mai intieramente compresi, <strong>del</strong> filosofo tede­<br />

sco. Effettivamente:<br />

a) La logica kantiana, a parte le difficoltà di una sua completa com­<br />

prensione (si veda cap. II), influì certamente sulle suddivisioni cui questa<br />

materia fu soggetta, perché probabilmente riguardò il modo di intendere<br />

la/le <strong>Logica</strong>/e ed il ruolo da assegnare a queste: ciò procurò una loro<br />

settorializzazione in riferimento ai differenti ambiti <strong>del</strong> sapere. Non era<br />

certamente questo l'obiettivo kantiano, ma il fatto per il quale dalla sua<br />

lettura emergeva che l'individuazione di principi o regole avveniva solo in<br />

seguito alla scoperta <strong>del</strong>le stesse e che si trattava, pertanto, di un processo


200 CAPITOLO TERZO<br />

più contenutistico che non formale, fece sì che una sua lettura non con­<br />

dotta in modo criticamente rigoroso, potesse fare pensare che ogni disci­<br />

plina avesse una sua <strong>Logica</strong>.<br />

Oggi possiamo dire che queste osservazioni non sono certo false, ma le<br />

possiamo fare dopo oltre centocinquanta anni di studi che hanno portato a<br />

risultati <strong>del</strong> tutto imprevedibili (si pensi, ad esempio, alla crisi dei fonda­<br />

menti). Ma all'epoca certi problemi neppure erano immaginabili e le conclu­<br />

sioni che gli Autori in questione ricavavano da Kant erano <strong>del</strong> tutto errate.<br />

A riprova di questo fatto diamo un esempio, tratto da G. M. Bertini<br />

(1852, III, 28-29). Rifacendosi a Kant, l'A. si chiede: «Dunque [se] la<br />

critica <strong>del</strong>la conoscenza deve precedere tutte le altre trattazioni, che cosa<br />

significa [tuttavia] fare la critica <strong>del</strong>la conoscenza umana? Certo nient'altro<br />

se non esaminare se la conoscenza umana sia verace, e percepisca le cose<br />

quali sono in sé, senza svisarle, né alterarle; ond'è che per fare questo esame<br />

conviene aver l'idea <strong>del</strong>la conoscenza verace in se stessa, e con questa idea<br />

paragonare la conoscenza umana. Ora d'onde ricaveremo noi questa idea?<br />

non certamente dall'osservazione. Dunque è un'idea a-priori, la cui medi­<br />

tazione spetta all'ontologia. Da questa adunque si deve cominciare ».<br />

b) A sua volta la <strong>Logica</strong> di Hegel per un verso approdò abbastanza<br />

tardivamente nel nostro paese e, in ogni caso, coloro che la presentarono<br />

cercarono di evitare qualsiasi partizione al suo interno, poiché l'obiettivo<br />

era invece quello di identificarla con la Metafisica e l'Ontologia. L'influen­<br />

za hegeliana tuttavia, salvo rare eccezioni, si manifestò forse più nelle de­<br />

nominazioni che non nei contenuti di questa materia: infatti, a partire dalla<br />

seconda metà <strong>del</strong> secolo, molti saranno gli studiosi che parleranno di<br />

Scienza <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> ma, <strong>nella</strong> maggior parte dei casi, impiegheranno que­<br />

sta locuzione per indicare la <strong>Logica</strong> classica o "formale" ed, in ogni caso,<br />

senza rendersi completamente conto <strong>del</strong> grandioso progetto hegeliano.<br />

Nel caso <strong>del</strong>la Logique di Port-Royal, invece, dove la dottrina <strong>del</strong><br />

metodo assume particolare importanza, la questione <strong>del</strong>l'adattamento <strong>del</strong><br />

sapere in relazione ai differenti tipi di conoscenze, ha un'importanza ben<br />

maggiore ed è questo un fatto che favorisce una progressiva ripartizione<br />

<strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>.<br />

L'opera di A. Arnaud e P. Nicole consiste in una riduzione attuata<br />

sulla <strong>Logica</strong> Scolastica, più che non su quella Aristotelica. Infatti anche se<br />

i principali argomenti sono quelli di Delle Categorie, Dell'Interpretazione<br />

e dei primi libri degli Analitici Primi, ci si rifa principalmente alla sillogi­<br />

stica categorica di P. Ispano, si mantiene l'uso <strong>del</strong>le parole mnemoniche<br />

(Barbara, Celarent, Darii, Ferion, ...) per classificare le differenti forme <strong>del</strong>


DIFFERENTI FORME DI LOGICA NELLA LETTERATURA MINORE 201<br />

sillogismo e, soprattutto, si ricorre ad un metodo metalogico di esposizio­<br />

ne. Ma anche in questo caso si escludono tuttavia alcune parti importanti<br />

prodotte da questa scuola (dottrina <strong>del</strong>le supposizioni, <strong>del</strong>le conseguenze,<br />

<strong>del</strong>le antinomie, logica modale). Ciò è dovuto al fatto che, proprio da<br />

questo momento, prenderà origine una « nuova e seconda forma <strong>del</strong>la<br />

<strong>Logica</strong> che possiamo definire, nei confronti <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> formale nel senso<br />

stretto aristotelico, come "<strong>Logica</strong> formale allargata" » (H. Scholz, op. cit.,<br />

I, 6, 35), <strong>nella</strong> quale un notevole spazio è occupato dalla « teoria <strong>del</strong>la<br />

conoscenza » (ibidem).<br />

Col passare <strong>del</strong> tempo questo "allargamento" si fa sempre più rile­<br />

vante al punto che la <strong>Logica</strong> formale, strido sensu, costituisce una parte<br />

sempre meno presa in considerazione, quando non addirittura esclusa, di<br />

questa nuova disciplina. Infatti la <strong>Logica</strong> di Port-Royal, considerata in<br />

rapporto ai temi trattati, è composta da due parti, la prima <strong>del</strong>le quali<br />

riprende le regole <strong>del</strong>le vecchie Scuole <strong>del</strong> passato, mentre l'altra concerne<br />

nuove osservazioni, riguardanti l'attività <strong>del</strong> giudizio. Lo stesso titolo com­<br />

pleto <strong>del</strong>l'opera (La Logique, ou l'Art de Penser, contenant, outre les règles<br />

communes, plusieurs observations nouvelles propres a former le jugement),<br />

ci informa sul ruolo e gli obiettivi di questa materia. Non solo ma gli stessi<br />

Autori ci dicono anche che proprio « queste nuove osservazioni... sono<br />

quanto vi è di più specifico <strong>nella</strong> loro opera e ciò che ne costituisce il suo<br />

carattere peculiare » (op. cit., Introduz., XIV). Ed è proprio quest'ultima<br />

parte che « ai loro occhi è la più importante » (ibidem). Infatti, anche se<br />

«la <strong>Logica</strong> ordinaria non è senza utilità, tuttavia la maggior parte dei<br />

precetti che propone sulle proposizioni e sugli argomenti, è più specula­<br />

tiva che pratica » (ibidem). Pertanto essi sono convinti che riproducendo<br />

e riportando tutte le regole <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> classica, essi l'« abbiano [fatto]<br />

più per conformità con la tradizione che non per l'effettiva utilità od<br />

impiego che si posson ricavare da queste » (XIV-XV).<br />

Se la Logique de Port-Royal conserva pur sempre un suo valore l , tutti<br />

i lavori successivi si risolvono in una sua pedissequa e riduttiva ripresenta-<br />

1 Sia H. Scholz che J. M. Bochensky ritengono che la <strong>Logica</strong> Hamburgensis di J.<br />

Jungius (1587-1657) sia da considerarsi più valida di quella di Port-Royal. Essa è infatti<br />

« migliore e più ricca di contenuto » (J. M. Bochensky, op. cit., I, IV, B, 337) ed è « la<br />

<strong>Logica</strong> più profonda ed importante <strong>del</strong> XVII secolo [al punto che] Leibniz la stimò<br />

talmente da arrivare a collocare il suo Autore allo stesso livello di G. Galilei e J.<br />

Keplero » (H. Scholz, op. cit., II, 3, 69). Molto probabilmente la sua scarsa fortuna fu<br />

dovuta al fatto che trattava argomenti che « il pubblico dei filosofi, già dalla metà<br />

XVIII, non richiedeva più» (H. Scholz, op. cit., I, 3, 71).


202 CAPITOLO TERZO<br />

zione, che si può intendere come una produzione « povera di contenuto,<br />

priva di ogni problematica profonda, permeata da tutta una serie di idee<br />

filosofiche non logiche, psicologistica nel senso peggiore <strong>del</strong> termine »<br />

(J. M. Bochensky, 1956, I, IV, C, 337). Un tale giudizio che chiaramente<br />

esclude G. G. Leibniz, ma anche J. H. Lambert, è estesa alla quasi totalità<br />

<strong>del</strong>le produzioni logiche, almeno sino a G. Boole: « Formati da questa<br />

<strong>Logica</strong> e dai suoi pregiudizi, filosofi moderni quali B. Spinoza, gli empiristi<br />

britannici, Wolff, Kant, Hegel, etc., non presentano alcun interesse per lo<br />

studio <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> formale... [Costoro] erano semplicemente degli igno­<br />

ranti per quel che riguarda la <strong>Logica</strong> e conoscevano per la maggior parte<br />

soltanto quello che avevano trovato <strong>nella</strong> Logique de Port-Royal » (op. cit,<br />

I, IV, D, 338).<br />

Probabilmente il giudizio di J. M. Bochensky è così categorico in<br />

quanto egli si propone di analizzare solamente la <strong>Logica</strong> formale e, certa­<br />

mente, se esaminiamo questa disciplina attraverso le produzioni <strong>del</strong> perio­<br />

do da noi considerato e le confrontiamo a quelle <strong>del</strong> IV secolo a.C. e dei<br />

secoli XIII e XX d.C., non si può non essere d'accordo con lui. Ma anche<br />

generalizzando il discorso osserviamo un proliferare di nuove Logiche o,<br />

più precisamente, di significati attribuiti al termine <strong>Logica</strong>, che, <strong>nella</strong><br />

maggior parte dei casi, si rivelano assai confusivi.<br />

La <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong> nel <strong>XIX</strong> secolo non si discosta da questo processo<br />

da noi descritto ed anzi, a complicare ulteriormente questo problema, inter­<br />

vengono anche fattori di carattere storico, economico e politico (si veda<br />

cap. I). Il solo elemento specifico consiste nel fatto che in luogo di porre a<br />

confronto la <strong>Logica</strong> formale (o classica) con gli ampiamenti attribuiti a<br />

questa disciplina, ora un costante ed unico elemento, riscontrabile in tutto<br />

l'arco di tempo da noi considerato, è la contrapposizione tra una <strong>Logica</strong><br />

naturale ed altre forme di <strong>Logica</strong> (si veda cap. II). Per quello che concerne<br />

la prima occorre ribadire che non si tratta soltanto, come apparentemente<br />

potrebbe sembrare, <strong>del</strong> confronto tra un'entità invariabile, comune ad ogni<br />

soggetto, ed una disciplina fondata, o costruita successivamente sulla stessa.<br />

La distinzione va posta invece all'interno <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> intesa come discipli­<br />

na ed assumerà varie forme nel corso <strong>del</strong> tempo (si veda cap. II).<br />

2. OSSERVAZIONI.<br />

In questo capitolo ci interessa esaminare le varie ripartizioni cui<br />

questa disciplina fu soggetta in particolare nel <strong>XIX</strong> secolo, poiché questo


DIFFERENTI FORME DI LOGICA NELLA LETTERATURA MINORE 203<br />

ci consente di vedere i vari livelli e le differenti modalità che segnano il<br />

suo rapporto con le componenti psicologiche, in ogni caso sempre presen­<br />

ti. Si tratta comunque di una schematizzazione assai più complessa di<br />

quella che noi presentiamo, per il fatto che ci troviamo di fronte a casi<br />

in cui:<br />

a) a volte definizioni diverse tendono a collimare tra loro, riducendo­<br />

si a pure differenze nominali;<br />

b) a volte, una stessa definizione ha, per un autore, un significato a<br />

volte addirittura opposto rispetto a quello attribuitele da un altro;<br />

e) un caso a parte è inoltre costituito dalle opere di stampo manua­<br />

listico le quali, in vista <strong>del</strong> loro fine didattico, tendono a dare una visione,<br />

la più completa possibile, <strong>del</strong>le varie definizioni impiegate per classificare<br />

la <strong>Logica</strong> e le varie applicazioni cui questa può essere soggetta. In questo<br />

caso troviamo <strong>del</strong>le ripartizioni per lo meno originali nonché uniche ed,<br />

inoltre, specificazioni tra termini che hanno significati analoghi, ma a volte<br />

non sempre ben chiariti.<br />

Un esempio curioso, ma certamente significativo, è il lavoro di L.<br />

Brangero (Lezioni di <strong>Logica</strong>, 1888) 2 , che compone un trattato di <strong>Logica</strong><br />

destinato ai Reali Carabinieri (ma non per gli ufficiali, bensì per quelli<br />

meno istruiti) con lo specifico intento di fare loro evitare le punizioni (a<br />

causa di comportamenti istintivi, di risposte date ai superiori facendo uso<br />

di un linguaggio confuso e passibile pertanto di varie interpretazioni) e di<br />

renderli più colti. Dunque la <strong>Logica</strong> viene qui presentata sotto diverse<br />

forme, ma con l'intento primo di essere una guida al comportamento. In<br />

tale senso egli riterrà che se ad una tale disciplina « si conviene il titolo di<br />

arte per quanto concerne la parola, pure le si addice quello di scienza,<br />

dovendola considerare quale regolatrice <strong>del</strong> pensiero, <strong>del</strong>l'umana ragione,<br />

<strong>del</strong>l'intelletto » (73). Si tratta, in questo caso, di un completo snatura-<br />

mento <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, la quale è addirittura intesa alla stregua di un insieme<br />

di precetti comportamentali. Questo fatto però rappresenta un livello<br />

magari estremo, ma di certo non unico, <strong>del</strong>la volgarizzazione di questa<br />

disciplina.<br />

Siccome si tratta di un fatto che, seppure in forme differenti, è co­<br />

stante per tutto il <strong>XIX</strong> secolo si ha che una ripartizione strettamente<br />

cronologica <strong>del</strong>le varie forme di <strong>Logica</strong> sarebbe assai problematica, poiché<br />

non esistono precisi punti di demarcazione tra i vari periodi cui corrispon-<br />

2 Non conosciamo altre opere di questo Autore. Anche la Bibliografia Filoso/tea<br />

Italiana 1850-1900 presenta solo questo lavoro.


204 CAPITOLO TERZO<br />

de una differente denominazione <strong>del</strong>la disciplina in questione (forse solo<br />

la Scienza <strong>Logica</strong> compare in un momento sufficientemente circonscrivi-<br />

bile temporalmente).<br />

Faremo riferimento, in primo luogo, ad una classificazione impronta­<br />

ta su uno schema concettuale e, solo all'interno di ogni sua parte, cerche­<br />

remo, per quanto è possibile, di mantenere una successione cronologica<br />

sufficientemente precisa, anche se mai rigida, né definitiva.<br />

a) Si contrappone una <strong>Logica</strong> Naturale ad una Artificiale (o acquisi­<br />

ta): quest'ultima è poi successivamente ripartita in ulteriori logiche o, per<br />

lo meno, suddivisa in branche particolari, tutte dotate di fini operativi.<br />

b) La <strong>Logica</strong>, quando è intesa come acquisita, è di solito suddivisa<br />

ulteriormente in due parti tra di loro <strong>del</strong> tutto complementari: Generale/<br />

Speciale (o Particolare); Pura/Mista; Teorica/Pratica (o Applicata).<br />

e) All'incirca verso la metà <strong>del</strong> secolo <strong>XIX</strong> si tende, anche se ciò non<br />

è completamente generalizzabile, a denominare Scienza <strong>Logica</strong> quella che<br />

in precedenza era definita con l'attributo "formale" o, a volte, anche se in<br />

minor misura, "generale", "pura", "teorica": si è rimandati, in ogni caso,<br />

ad un universo esclusivamente speculativo e razionale.<br />

d) Soprattutto <strong>nella</strong> seconda metà <strong>del</strong> secolo compare una <strong>Logica</strong><br />

Critica, che si occupa <strong>del</strong>la classificazione degli argomenti e <strong>del</strong>la determi­<br />

nazione <strong>del</strong>la validità degli stessi. Siccome non tutti gli argomenti sono<br />

deduttivi od esplicativi, in questa <strong>Logica</strong> rientrano l'esame di problemi<br />

concernenti l'induzione, la probabilità ed, in senso più globale, la meto­<br />

dologia scientifica. Più chiaramente, la <strong>Logica</strong> Formale si orienta verso<br />

« l'elaborazione scientifica <strong>del</strong>le connessioni oggettive tra certe ipotesi,<br />

non determinate dall'effettiva situazione reale, ma liberamente poste e le<br />

loro conclusioni relative, [mentre quella critica, verso] la riflessione su<br />

queste attività umane e sul suo significato » (F. Barone, 1965, II, V, II,<br />

188). In altri termini si ripropone la distinzione Scolastica tra <strong>Logica</strong> Utens<br />

e <strong>Logica</strong> Docens (ibidem).<br />

e) Infine, in particolar modo verso la fine <strong>del</strong> secolo, compariranno<br />

ulteriori definizioni <strong>del</strong>le varie parti in cui è divisa la <strong>Logica</strong>. Questo è il<br />

motivo per il quale, vuoi per la vastità di classificazioni impiegate, vuoi a<br />

causa <strong>del</strong> fatto che compaiono termini abbastanza inusuali, ci siamo visti<br />

costretti a presentare i lavori degli autori in questione, inserendoli in un<br />

loro spazio autonomo, non definibile in modo preciso. Quest'ultimo pun­<br />

to è indicativo <strong>del</strong> travaglio che ha accompagnato questa disciplina per<br />

tutto il secolo e che ora è arrivata ad un punto da cui non si può più


DIFFERENTI FORME DI LOGICA NELLA LETTERATURA MINORE 205<br />

tornare indietro, ovvero in un punto che esige un suo completo rinnova­<br />

mento. Le innumerevoli ripartizioni, nuove a volte come terminologia, ma<br />

antiche e superate in quanto a contenuti, rappresentano gli epigoni di un<br />

ciclo che sta definitivamente terminando.<br />

3. DIFFERENTI TIPI DI LOGICA.<br />

a) Almeno nei primi anni <strong>del</strong> secolo passato, la <strong>Logica</strong> Artificiale è<br />

quella che si contrappone più frequentemente alla <strong>Logica</strong> Naturale. La<br />

troviamo in Sauri (1777 - Gap. II, 6.2.1) intesa quale perfezionamento<br />

generale <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Naturale <strong>del</strong>la quale è un approfondimento ed una<br />

specificazione. Analoga contrapposizione la ritroviamo anche in Soave<br />

(1815), dove però la si presenta volta verso due obiettivi: a) analitico<br />

(conoscere la verità); b) dialettico (dimostrare la verità). Altri autori, inve­<br />

ce, come P. Mako (1819 - Gap. I, 2.2), ne danno una connotazione morale,<br />

ritenendola una necessaria propedeutica per saper comunicare ad altri la<br />

propria rettitudine di pensiero.<br />

Se questa era la distinzione fondamentale con cui gli Autori suddivi­<br />

devano la <strong>Logica</strong>, ciò non significa che tale disciplina fosse ripartita solo<br />

in queste due grandi categorie, poiché la maggior parte degli studiosi<br />

indicava parecchi altri tipi di logiche possibili.<br />

E così, ad esempio, l'abate Sauri (1777) riferendosi alla capacità ar­<br />

gomentativa, sottolinea che "vi sarebbe" anche una <strong>Logica</strong> Sofistica, con­<br />

cernente le abilità con cui si deve tenere un discorso. Si tratterebbe però<br />

di una <strong>Logica</strong> che è falsa, rispetto alle prime due (naturale ed artificiale)<br />

e che non riveste un particolare interesse. Probabilmente l'A. si riferisce<br />

alla retorica, che non ritiene una disciplina autonoma e, rifiutando di<br />

cogliere le sue specificità, .si vede pertanto costretto ad inserirla, suo<br />

malgrado, nell'universo <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>.<br />

Una ulteriore ripartizione la troviamo in P. Mako (op. cit.) per il<br />

quale vi è anche una <strong>Logica</strong> Teorica che concerne lo studio di nozioni od<br />

idee, vocaboli, definizioni, giudizio, sillogismo, raziocinio, entimema, epi-<br />

cherma, dilemma, sorite ed induzione ed una <strong>Logica</strong> Pratica, la quale<br />

studia la verità logica che è « conformar i nostri pensieri non solo alle leggi<br />

<strong>del</strong>la logica, ma anche alle cose esterne » (87). In altri termini egli sta<br />

proponendo, con la diade teorico/pratico, le ripartizioni successive tra<br />

<strong>Logica</strong> Generale ed Arte <strong>Logica</strong>, ribaltando in tal modo le posizioni <strong>del</strong><br />

Sauri. Tuttavia resta ancorato alla concezione che la <strong>Logica</strong> è deputata ad


206 CAPITOLO TERZO<br />

occuparsi non solo <strong>del</strong> pensiero e <strong>del</strong> linguaggio, ma anche <strong>del</strong>le azioni <strong>del</strong><br />

soggetto in quanto è una scienza che mira a ritrovare la Verità in qualsiasi<br />

forma questa possa presentarsi.<br />

A. Braghetti (1820 - Gap. I, 2.2) da una definizione più ampia <strong>del</strong><br />

termine "<strong>Logica</strong>" proponendone una ripartizione abbastanza dettagliata.<br />

La <strong>Logica</strong> Artificiale è « quella che si acquista coll'ajuto dei precetti e<br />

degli insegnamenti altrui » (1). Proprio perché appresa è inoltre superiore<br />

a quella Naturale per il fatto che coincide con l'arte di ben ragionare, la<br />

quale ci permette di estendere a tutte le possibili situazione le regole per<br />

ben ragionare; di esibire l'evidenza <strong>del</strong>le regole che propone; di esporre i<br />

suoi precetti con ordine e precisione.<br />

Anche in questo caso la <strong>Logica</strong> Artificiale, a sua volta, è ripartita in<br />

diversi sottosettori:<br />

a) Arte di pensare, che corrisponde alla classica ripartizione <strong>del</strong>la<br />

Logique di Port-Royaì, in quanto comprende l'Apprensione, il Giudizio, il<br />

Ragionamento ed il Metodo;<br />

b) Arte di conoscere, la quale è specifica di tutte le facoltà mnemo­<br />

niche ed è tesa a mostrare le diverse strategie che deve seguire ogni sog­<br />

getto, che voglia assimilare differenti nozioni. Si tratta in questo caso di<br />

una serie di precetti, corredati con esempi, tesi a mostrare i vari modi di<br />

apprendimento, specifici ad ogni materia, dal soggetto.<br />

e) Arte di comunicare, ovvero l'attitudine ad occuparsi dettagliata­<br />

mente di problemi concernenti l'istruzione, la scienza, nonché di quelli<br />

che trattano « <strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong> discorso » (89). Anche in questo caso sono<br />

evidenti i collegamenti con la retorica, nel senso ristretto e limitato che<br />

questa disciplina stava assumendo.<br />

In altri casi, nei quali si predilige un fine pedagogico, si osserva il<br />

tentativo di mostrare la <strong>Logica</strong> quasi come un sommario di principi e di<br />

regole pratiche da seguire. Evidentemente possiederanno la stessa valenza<br />

tutte le ulteriori specificazioni e ripartizioni, cui questa disciplina sarà<br />

sottoposta. A tal proposito, un esempio lo troviamo in P. Bottura (1833<br />

- Gap. I, 2.2) per il quale la <strong>Logica</strong> Artificiale « somministra i precetti<br />

per tutte le arti e per tutte le scienze » (p. 13). A differenza di Draghet-<br />

ti (1820) egli ritiene tuttavia che tali suddivisioni non siano da intendersi<br />

quali Arti, ma siano ancora <strong>del</strong>le logiche, nel senso puro <strong>del</strong> termine,<br />

anche se saranno dotate di fini chiaramente operativi. Pertanto egli par­<br />

lerà di:<br />

a) <strong>Logica</strong> Aristotelica e Scolastica: impiego <strong>del</strong>l'arte dialettica, tesa a<br />

fare sì che il soggetto possa pensare in modo <strong>del</strong> tutto chiaro e preciso;


DIFFERENTI FORME DI LOGICA NELLA LETTERATURA MINORE 207<br />

b) <strong>Logica</strong> Analitica e Dialettica: ricerca <strong>del</strong>la verità e <strong>del</strong>la falsità<br />

riscontrabile nelle singole proposizioni nonché nei discorsi, esaminati <strong>nella</strong><br />

loro completezza;<br />

e) <strong>Logica</strong> Objettiva e Trascendentale: la prima riguarda le idee ed i<br />

pensieri, mentre la seconda investiga la natura <strong>del</strong>l'intelletto. Ovvero la<br />

prima è connotata ontologicamente, mentre la seconda presenta una va­<br />

lenza gnoseologica;<br />

d) <strong>Logica</strong> Pura ed Applicata: riguarda l'induttività ed è collegata alla<br />

ricerca sperimentale. Essa ha proprie regole e concerne, specificatamente,<br />

il metodo che ogni scienziato deve seguire durante le sue ricerche.<br />

La presenza di una <strong>Logica</strong> Artificiale, col passare <strong>del</strong> tempo, tende ad<br />

essere presenta in misura minore perché completamente assorbita da altre<br />

definizioni, oppure perché ritenuta sorpassata, non più attuale. La sua<br />

caratteristica è, fondamentalmente, pragmatica e, proprio per il fatto che<br />

si collega a discipline differenti tra loro, corre il rischio di parcellizzarsi in<br />

un numero illimitato di sottosettori, fatto dovuto al sempre più frequente<br />

comparire di nuove materie, le quali pretendevano di fornirsi di uno sta­<br />

tuto autonomo, staccato dalla filosofia. In sua vece si tenderà allora a<br />

considerare quelle che sono le leggi <strong>del</strong> pensiero che presiedono alla co-<br />

gnitività, ma esaminate in modo globale, non eccessivamente specificato.<br />

E così G. Balmes (1854 - Gap. I, 5.2.1) parlerà di <strong>Logica</strong> Artificiale, pre­<br />

cisando che la si può definire anche Formale, intendendola come una<br />

riflessione che l'intelletto compie mentre dirige se stesso intanto che dirige<br />

le altre facoltà cognitive. A sua volta V. Garelli (1863 - Gap. I, 2.4) la<br />

identificherà con l'Arte <strong>Logica</strong> e la intenderà come prontezza e facilità nel<br />

ragionare "tale è quella <strong>del</strong>la mente che si acquista coltivando gli studi<br />

matematici" (5). Non si deve però pensare assolutamente ad un tentativo<br />

di proporre un'interazione tra la <strong>Logica</strong> e la Matematica perché l'Autore,<br />

come <strong>del</strong> resto tutti gli altri, si sforza di escludere categoricamente questa<br />

possibilità. La <strong>Logica</strong>, in effetti, appartiene, in tutto e per tutto, alla Filo­<br />

sofia e nulla ha a che vedere con qualsiasi altra disciplina.<br />

Infine, dopo il 1863, abbiamo trovato solo due casi in cui si parla di<br />

<strong>Logica</strong> Artificiale connotandola con una definizione che rimanda al tenta­<br />

tivo di recuperare, per motivi "conservatori", gli insegnamenti <strong>del</strong> passato.<br />

Si tratta infatti di studiosi che non esitano a sottolineare la necessità di<br />

recuperare la tradizione aristotelico-scolastica, ritenuta portatrice di prin­<br />

cipi universali e necessari, di fronte agli sviluppi, a loro avviso negativi,<br />

<strong>del</strong>la scienza <strong>del</strong> periodo. A tal proposito segnaliamo il lavoro di E. Sala<br />

che, anche nell'ultimo decennio <strong>del</strong> secolo (1892), parlerà di <strong>Logica</strong> Ar-


208 CAPITOLO TERZO<br />

tificiale facendo uso degli stessi termini e degli stessi concetti impiegati dal<br />

Sauri (lili] cento anni prima. Si tratterà sempre di una <strong>Logica</strong> Naturale,<br />

ma perfezionata dall'uomo che, per l'Autore, comincia con Zenone e ter­<br />

mina con Aristotele.<br />

Eppure, malgrado tutto ciò, <strong>nella</strong> quasi totalità dei casi, non si farà a<br />

meno di sottolineare la relatività <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Classica, ovvero affermando<br />

la sua utilità, ma non più stabilendo la sua necessità. V. Pieralisi (1878 -<br />

Gap. I, 5.2.4), la riterrà assai importante ed a volte addirittura indispen­<br />

sabile in alcuni campi, ma sottolineerà come se ne può anche fare a meno<br />

in altri contesti. Si tratterà infatti, a suo avviso, di una serie di regole,<br />

criteri e principii che le facoltà cognitive debbono osservare: se ciò non è<br />

necessario e neppure utile per tutte le materie, è tuttavia fondante per<br />

evitare errori. Solo <strong>nella</strong> matematica è addirittura indispensabile, poiché<br />

quest'ultima è scienza discorsiva, ovvero « quella che scopre le cose per<br />

via <strong>del</strong> raziocinio» (34) 3 .<br />

b) Se Soave (1815), Braghetti (1820), Bottura (1833) nei primi anni<br />

<strong>del</strong> secolo contrapponevano la <strong>Logica</strong> Artificiale a quella Naturale, se si<br />

esclude il lavoro di Pieralisi (op. cit.) il quale faceva la stessa cosa ancora<br />

nel 1876 (ma è il solo da noi ritrovato), tutti gli altri Autori, a partire dagli<br />

anni attorno al 1830, troveranno altre definizioni da assegnare alla <strong>Logica</strong><br />

e non si limiteranno più ad una presentazione dicotomica <strong>del</strong>la materia,<br />

attraverso l'introduzione di ulteriori specificazioni. Assistiamo allora ad<br />

una complessificazione <strong>del</strong> rapporto: la <strong>Logica</strong> Artificiale costituirà una<br />

parte <strong>del</strong>la disciplina ed è al suo interno che si introdurrà un rapporto<br />

dicotomico che riguarderà la distinzione tra pratico/teorico.<br />

In senso globale si osserverà il tentativo di assumere come polo con<br />

cui confrontare la <strong>Logica</strong> Naturale, una <strong>Logica</strong> Generale che si tenderà ad<br />

assumere come una scienza che, proprio per la sua vastità, <strong>nella</strong> maggior<br />

parte dei casi, tenderà ad inglobare quasi sempre la <strong>Logica</strong> Artificiale. In<br />

quanto tale la <strong>Logica</strong> Generale sarà soggetta ad ulteriori ripartizioni che,<br />

in massima parte, anche se non in modo totale, faranno riferimento alle<br />

consuete diadi teorico/pratico, puro/misto, elementare/speciale.<br />

Molto spesso inoltre il secondo elemento di una tale suddivisione<br />

acquisterà un'importanza crescente al punto che per alcuni Autori si trat-<br />

3 Venceslao Pieralisi ribadirà anche negli anni successivi queste sue posizioni in<br />

Sui vizi capitali <strong>del</strong>l'insegnamento scientifico (1883): a suo avviso una troppo ortodossa<br />

acccttazione dei principi logici servirà unicamente a rinforzare i vizi che una tale <strong>cultura</strong><br />

porta con sé. Tali vizi, per l'A., sono il realismo platonico, la dottrina degli universali,<br />

il semi-materialismo, il materialismo semi-ateo.


DIFFERENTI FORME DI LOGICA NELLA LETTERATURA MINORE 209<br />

terà <strong>del</strong>la sola e vera <strong>Logica</strong>. Nella maggior parte dei casi tale materia sarà<br />

detta Arte <strong>Logica</strong> ed occuperà lo spazio più rilevante <strong>del</strong>le trattazioni degli<br />

Autori, al punto da escludere qualsiasi altra forma di <strong>Logica</strong> (ad esempio<br />

F. M. Falco (1865 - Gap. I, 5.2.2)).<br />

La conferma a questa osservazione la troviamo già nel 1832 quando<br />

G. Romagnosi afferma in Vedute fondamentali sull'arte logica (1832a) che<br />

si dovrà distinguere tra <strong>Logica</strong> Generale, per la quale « educare la mente<br />

e potentemente e dirittamente pensare, forma lo scopo proprio <strong>del</strong>la<br />

<strong>Logica</strong> generale » (1) e Arte <strong>Logica</strong> per cui « se l'arte logica cui ho desti­<br />

nato questo lavoro non influisse sul perfezionamento intellettuale, morale<br />

e politico, almeno di coloro che debbono guidare i loro simili, sarebbe<br />

tempo perduto il lambiccarsi il cervello nelle astruse e tenebrose elucubra­<br />

zioni <strong>del</strong>la metafisica» (1).<br />

Sulle stesse posizioni, malgrado i cambiamenti di denominazione, si<br />

porrà anche B. Poli (1837 - Gap. 1,2.3.1) il quale stabilirà che si deve parlare<br />

di <strong>Logica</strong> Pura quando si parte dal fatto che il pensiero è « l'atto con cui<br />

la mente riduce all'unità le varie percezioni ed idee raccolte in sé per opera<br />

<strong>del</strong> senso, <strong>del</strong>l'intelletto o <strong>del</strong>la ragione » (6) e si tende alla ricerca <strong>del</strong>la<br />

verità, che è l'accordo <strong>del</strong>le percezioni e <strong>del</strong>le idee con le leggi essenziali <strong>del</strong><br />

pensiero (non-contraddizione). Al contrario la <strong>Logica</strong> Applicata consi­<br />

dera le circostanze particolari ed empiriche in cui opera il pensiero e da<br />

cui la <strong>Logica</strong> Pura faceva astrazione: tale <strong>Logica</strong> non è, per l'A., collocabile<br />

in secondo piano perché, al contrario, è altrettanto indispensabile per il<br />

corretto uso <strong>del</strong> pensiero. Anzi l'Autore, una volta stabilita per ragioni<br />

ideologiche, la primarietà <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Pura, non esiterà a dire che da un<br />

punto di vista operativo è preferibile quella applicata e nel suo lavoro de­<br />

dicherà un'attenzione maggiore a quest'ultima, in quanto è in grado di<br />

fornirci gli strumenti più idonei per affrontare qualsiasi conoscenza.<br />

Queste affermazioni precedono di pochi anni il lavoro di P. Galluppi<br />

(Lezioni di logica e metafisica, 1841) che porrà una distinzione tra <strong>Logica</strong><br />

Pura, o scienza <strong>del</strong> raziocinio puro, e <strong>Logica</strong> Mista, ovvero studio di<br />

problemi psicologici e <strong>del</strong>l'ideologia. La sua posizione filosofica, inizial­<br />

mente assai collegata al sensismo di Condillac, alquanto critica verso la<br />

metodologia aprioristica, strettamente legata a quella psicologista, lo porta<br />

a privilegiare quest'ultima. Più precisamente la <strong>Logica</strong> Mista è la teoria <strong>del</strong><br />

metodo <strong>del</strong>la conoscenza fattuale, considerata <strong>nella</strong> sua razionalità, da<br />

porsi sempre a monte <strong>del</strong>lo studio <strong>del</strong>la genesi <strong>del</strong>le Idee. Pertanto verte<br />

sull'apprensione <strong>del</strong>le verità primitive di fatto, su soggettività, analogia,<br />

certezza, errore, ipotesi, probabilità, memoria e linguaggio.


210 CAPITOLO TERZO<br />

Fondamentalmente varia in modo globale la concezione che si ha<br />

<strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>. Non è più la scienza <strong>del</strong> Vero, ma tenderà a presentarsi come<br />

ciò che aiuta il soggetto ad arrivare al Vero, vale a dire come ciò che<br />

permette a questi di costruire un sapere coerente. L'opera di Galluppi<br />

costituisce per la filosofia <strong>italiana</strong> un punto di riferimento, cui attingono<br />

diversi filosofi <strong>del</strong> periodo, sia giudicandola positivamente che negativa­<br />

mente. Tale influenza <strong>del</strong>l'Autore ha particolare rilevanza per coloro che<br />

si occupano di <strong>Logica</strong>, dove numerosi studiosi si rifanno alla sua riparti­<br />

zione e ripercorrono fe<strong>del</strong>mente i suoi insegnamenti.<br />

Chiaramente collocato su posizioni simili a quelle di Galluppi (1841)<br />

è di certo A. Biondi (1845 - Gap. I, 2.4) il quale suddividerà la materia in<br />

modo <strong>del</strong> tutto analogo. La <strong>Logica</strong> Pura stabilisce come l'idea particolare<br />

preceda sempre quella universale: solo attraverso l'astrazione, che confe­<br />

risce le caratteristiche di indefinitezza ed immutabilità, ed attraverso il<br />

giudizio, si può arrivare all'Idea Universale. La <strong>Logica</strong> Mista tratta invece<br />

<strong>del</strong>le conoscenze reali, ovvero quelle connesse con l'esistenza di ciò che si<br />

vuole conoscere. Il raziocinio misto è allora quello nel quale uno dei<br />

giudizi è sintetico a-posteriori e la deduzione riguarda una cosa di fatto.<br />

Altrettanto si può dire di A. Pestalozza (1857 - Gap. I, 5.2.1) che<br />

parlerà di <strong>Logica</strong> Generale la quale, in quanto anteriore a tutte le varie<br />

forme <strong>del</strong>la conoscenza, è la più semplice forma di ragionamento e pos­<br />

siede dei principi, vale a dire <strong>del</strong>le idee, che sono « oggetti <strong>del</strong>l'intuizio­<br />

ne » (197). A questa si devono altresì aggiungere vari tipi di Logiche<br />

Speciali, le quali sono applicazioni <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Generale alle singole<br />

materie. In questo caso l'A. riprenderà le osservazioni che M. Semmola<br />

(1833 - Gap. I, 2.2) aveva fatto a proposito <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> Sintetica, il cui<br />

scopo « è di insegnare agli altri le verità scoperte » (6) nelle varie disci­<br />

pline.<br />

Un'analoga posizione la troviamo infine in G. B. Campiagna, (1844 -<br />

Gap. I, 2.4). Questa volta la ripartizione è tra una <strong>Logica</strong> Elementare, che<br />

« esamina le leggi <strong>del</strong> pensare nelle singole rappresentazioni universali, nei<br />

singoli pensieri » (7) e studia il concetto, il giudizio ed il raziocinio ed una<br />

<strong>Logica</strong> Sistematica, la quale « indaga le leggi cui deve seguire l'intelletto,<br />

allorché vuole ordinare sistematicamente in un tutto i singoli pensieri ri­<br />

guardanti un determinato effetto » (9) e riguarda allora la dottrina <strong>del</strong><br />

metodo. Di fatto, tuttavia, il privilegiare questa seconda componente<br />

(metodologica-psicologista) e ritenerla come la parte più importante e<br />

valida di questa disciplina, fa sì che nuovamente ci ritroviamo <strong>nella</strong> stessa<br />

impostazione <strong>del</strong> problema che richiama i lavori di Galluppi (1841).


DIFFERENTI FORME DI LOGICA NELLA LETTERATURA MINORE 211<br />

Questa contrapposizione è indubbiamente un elemento assai presen­<br />

te <strong>nella</strong> <strong>cultura</strong> logica <strong>del</strong>la prima metà <strong>del</strong> secolo. Anche in questo caso<br />

ovviamente si trovano <strong>del</strong>le eccezioni e, soprattutto, si tenderà a proporre<br />

nuove posizioni, rispetto a quelle trattate nelle precedenti produzioni,<br />

anche se con risultati assai modesti. Gli Autori non sono infatti in grado<br />

di liberarsi di alcuni concetti oramai depositati nel contesto <strong>cultura</strong>le in<br />

questione ed accettati acriticamente.<br />

1) Infatti, malgrado le innovazioni apportate alla definizione di tale<br />

disciplina, questo non significa affatto che non si parlerà più di <strong>Logica</strong><br />

Naturale: anzi quest'ultima assumerà pur sempre il ruolo di elemento da<br />

contrapporre a tutte le altre forme di <strong>Logica</strong>. Una tale impostazione si<br />

protrarrà per parecchi anni e, malgrado si sia in una differente epoca<br />

storica, V. di Giovanni (1863 - Gap. I, 3, b) affermerà ancora che esiste<br />

solamente la <strong>Logica</strong> Teorica, come disciplina che non tutti sono in grado<br />

di possedere, deputata ad occuparsi dei principii, <strong>del</strong>le conseguenze, dei<br />

giudizi, <strong>del</strong>le dimostrazioni, <strong>del</strong>le argomentazioni, <strong>del</strong> metodo, <strong>del</strong>la cer­<br />

tezza e dei criteri, da poter contrapporre a quella Naturale, che è invece<br />

comune a tutti i soggetti. E allo stesso modo Giuseppe Allievo (Saggi fi­<br />

losofici, 1866) 4 affermerà che questo compito spetta ad una <strong>Logica</strong> Critica,<br />

che ha il compito di studiare i rapporti tra soggetto ed oggetto, pensiero<br />

e realtà e tra mente e corpo, andando al di là <strong>del</strong>le limitazioni che un<br />

approccio "naturale" (qui sinonimo di semplice, ovvio) avrebbe compor­<br />

tato nell'affrontare simili problemi.<br />

2) Vi saranno inoltre studiosi che metteranno in risalto l'aspetto più<br />

specificatamente speculativo di tale disciplina (<strong>Logica</strong> Generale), oppure<br />

tenderanno, all'opposto, ad eliminarlo, ribadendo solo la natura operativa<br />

<strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> (Arte <strong>Logica</strong>). A nostro avviso questa si rivelerà però una<br />

posizione più che altro ideologica perché di fatto sia chi privilegi il primo<br />

•* Giuseppe Allievo (1830-1913), dopo avere studiato a Vercelli si iscrive alla<br />

facoltà di Filosofia di Torino dove si laurea nel 1853. Insegna Pedagogia nei Licei di<br />

Novara, Domodossola (dove conosce personalmente A. Rosmini), Ivrea e Ceva. Nel<br />

1858 diviene aggregato alla facoltà di Filosofia di Torino e col 1860, dopo l'unione <strong>del</strong>la<br />

Lombardia al Piemonte, si trasferisce a Milano. Qui nel 1860-1861 ottiene l'incarico di<br />

<strong>Logica</strong> all'Accademia scientifico-letteraria e nel 1862 quello di Metafisica. Si occupa<br />

successivamente di Pedagogia e scrive alcune relazioni per il ministro D. Berti: dopo il<br />

1870 diviene titolare <strong>del</strong>la cattedra di Pedagogia all'Università di Torino. Mantiene<br />

questo incarico sino al 1912. L'opera da noi consultata è una riduzione dal suo volume<br />

L'hegelismo, la scienza e la vita, pubblicato a Milano due anni dopo (1868). Egli scrisse<br />

un gran numero di altri lavori, che possiamo suddividere in tre grandi settori: antro-<br />

pologico-psicologico, pedagogico, storico (<strong>del</strong>la pedagogia).


212 CAPITOLO TERZO<br />

aspetto, sia chi reputi più importante (per non dire unico) il secondo,<br />

quando si impegnerà a suddividere gli stessi, rimanderà a quella parte che<br />

pure ci si era sforzati di eliminare.<br />

Ad esempio M. Semmola (1833) preferisce parlare solamente di Logi­<br />

ca Generale e ripudia la possibilità di avere un'Arte <strong>Logica</strong>. La <strong>Logica</strong><br />

Generale, infatti, proprio per la sua natura, è deputata a trattare solamente<br />

di principi generali, anche quando si occupa <strong>del</strong>le singole materie: « La<br />

Verità <strong>Logica</strong> è la conformità dei nostri giudizi con le cose che ne sono gli<br />

oggetti » (91). Al suo interno è tuttavia possibile procedere ad una suddi­<br />

visione rispetto agli obiettivi che questa si pone e che sono la scoperta <strong>del</strong>la<br />

Verità ed il suo insegnamento o, più specificatamente, i modi con cui que­<br />

sto deve essere presentato per poter venire appreso. Nel primo caso avre­<br />

mo una <strong>Logica</strong> Analitica, che ha una notevole componente gnoseologica ed<br />

il cui scopo è la ricerca <strong>del</strong> vero: inizia con una descrizione <strong>del</strong>le facoltà dei<br />

sensi per poi indagare quelle "riflettenti" (astrazione, composizione, para­<br />

gone, giudizio, raziocinio, analogia, coscienza). Nel secondo caso, invece, si<br />

avrà una <strong>Logica</strong> Sintetica, dotata di un fine pedagogico e che pertanto parte<br />

da alcune considerazioni sull'importanza <strong>del</strong> linguaggio quale strumento di<br />

comunicazione ed è quindi improntata ad un carattere più retorico, che<br />

non logico stricto sensu. Questa parte <strong>del</strong> lavoro infatti si conclude con una<br />

trattazione sulle definizioni, che sono reali e nominali, e si giunge all'analisi<br />

<strong>del</strong>le proposizioni esaminate in tutta la loro complessità e varietà 5 .<br />

Al contrario F. M. Falco (1866) ricondurrà tutta la <strong>Logica</strong> ad un'arte<br />

ma quando proporrà una sua suddivisione avremo una (Arte <strong>Logica</strong>)<br />

Generale che concerne lo studio <strong>del</strong>le scienze <strong>nella</strong> loro globalità ed una<br />

(Arte <strong>Logica</strong>) Speciale, che è invece tipica <strong>del</strong>le varie discipline, le quali<br />

sono presentate disposte secondo una scala gerarchica.<br />

Nei due Autori da noi citati osserviamo dunque che il tentativo di<br />

eliminare uno dei componenti <strong>del</strong>la diade (teorico/pratico; generale/arte<br />

logica, etc.) si risolve in uno sdoppiamento <strong>del</strong>la parte da loro prescelta.<br />

Se prima una tale dicotomia era prodotta da una ripartizione che si pone­<br />

va a monte di ogni <strong>Logica</strong>, in questo modo la si colloca all'interno <strong>del</strong>la<br />

componente che avrebbe dovuto invece essere unica.<br />

Ritornando alla classica ripartizione dicotomica interna alla <strong>Logica</strong><br />

Generale, troviamo un esempio espresso in modo assai chiaro in un lavoro<br />

5 Mariano Semmola, sostenendo che la <strong>Logica</strong> Generale è analitica (ricerca <strong>del</strong><br />

vero) e sintetica (insegnamento agli altri <strong>del</strong>le verità scoperte) stabilisce che, in quest'ul­<br />

timo senso, ogni disciplina dovrà avere una propria "logichetta".


DIFFERENTI FORME DI LOGICA NELLA LETTERATURA MINORE 213<br />

cronologicamente posteriore a quelli citati. Ci riferiamo a G. Caroli (1876<br />

- Gap. I, 5.2.4) che pure richiamandosi ancora al Galluppi, presenta i<br />

risultati in modo filosoficamente più puntuale rispetto agli altri Autori da<br />

noi esaminati. A suo avviso si avrà una <strong>Logica</strong> Pura che è poi quella<br />

classica, o la sillogistica, e una <strong>Logica</strong> Applicata, in base alla quale ogni<br />

materia ha una sua logica, che è riconducibile a principii psicologici. In<br />

questo secondo caso siamo vicini al Pestalozza (1860), ma le problemati­<br />

che legate alla <strong>Logica</strong> Applicata sono trattate in modo indubbiamente più<br />

approfondito, presentando <strong>del</strong>le osservazioni <strong>del</strong> tutto interessanti, non<br />

fosse che dal punto di vista storico. Ovvero, in quest'ultimo caso, si tende<br />

a mostrare l'universalità <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> classica per il sapere in generale, ma<br />

la sua relatività ed incompletezza se applicata ai numerosi settori <strong>del</strong> co­<br />

noscere: più generalmente osserviamo il tentativo di ripartire in modo<br />

chiaro e preciso la metafisica da ogni altra forma di sapere (si veda in<br />

particolare 6. di questo capitolo).<br />

4. LA SCIENZA DELLA LOGICA: SUO SIGNIFICATO (ORIGINE E MUTAZIONI).<br />

Abbiamo sostenuto che, quando si parlava di <strong>Logica</strong> Artificiale, que­<br />

sta definizione era impiegata per contrapporla e/o perfezionare l'idea di<br />

<strong>Logica</strong> Naturale. Anche quando il concetto di <strong>Logica</strong> Artificiale fu progres­<br />

sivamente sostituito da quello di <strong>Logica</strong> Generale, si presentava quest'ulti­<br />

mo attraverso le diadi puro/misto, teorico/applicato, etc., e si manteneva il<br />

solito rapporto dicotomico, rispetto ad una forma di <strong>Logica</strong> Naturale.<br />

Nella seconda metà <strong>del</strong> secolo fa il suo ingresso nel panorama <strong>cultura</strong>le<br />

italiano la Scienza <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> (la Wissenschaft der Logik di Hegel viene<br />

tradotta per la prima volta in questo periodo) e, salvo le inevitabili eccezio­<br />

ni, assistiamo ad alcuni fatti che procedono in modo strettamente correlato<br />

tra di loro e che possiamo cercare di ridurre nei tre seguenti punti:<br />

a) La Scienza <strong>del</strong>la logica tende a sostituire sempre di più la <strong>Logica</strong><br />

Artificiale, o Pura, o Generale, o meglio, tende ad inglobarle tutte al suo<br />

interno.<br />

b) Compare una più numerosa ripartizione <strong>del</strong>le altre forme di logi­<br />

ca, le quali sono ritenute strettamente collegate in diversi modo alle sin­<br />

gole discipline, alla pratica, ed hanno come caratteristica prima quella di<br />

essere loro stesse riferite ad obiettivi operativi.<br />

e) Si assiste ad una radicalizzazione <strong>del</strong>le rispettive posizioni che ver­<br />

ranno sottolineate in modo assai marcato. Successivamente ogni Autore, a


214 CAPITOLO TERZO<br />

seconda <strong>del</strong>la propria formazione, attribuirà maggiore importanza ora al­<br />

l'una ora all'altra.<br />

Come sempre, tuttavia, neppure ora dobbiamo però pensare ad un<br />

mutamento definitivo. Vi saranno infatti anche in questa nuova situazione<br />

dei casi in cui si utilizzeranno definizioni tipiche dei precedenti periodi<br />

(dunque vi sarà ancora chi parlerà <strong>Logica</strong> Generale, di Arte <strong>Logica</strong>, o di<br />

<strong>Logica</strong> Artificiale, e soprattutto di <strong>Logica</strong> Naturale) e questa tendenza si<br />

protrarrà per tutto il secolo.<br />

Ad esempio, ancora nel 1898 G. Morando (Corso elementare di filo­<br />

sofia - Elementi di <strong>Logica</strong>, 1898) 6 riproporrà questa suddivisione, anche se<br />

fatta in modo alquanto più particolareggiato ed originale.<br />

Vi sarà una <strong>Logica</strong> Generale, suddivisa in tre parti:<br />

a) <strong>Logica</strong> <strong>del</strong> Ragionare, ovvero insieme di regole che permettono di<br />

derivare correttamente le cognizioni le une dalle altre e comprenderle<br />

<strong>nella</strong> loro completezza, riprendendo la classica teoria sillogistica (sorite);<br />

b) <strong>Logica</strong> <strong>del</strong>l'Assenso, ovvero la dirczione <strong>del</strong>la ragione per determi­<br />

nare se le nuove cognizioni, ottenute con a), siano state derivate in modo<br />

più o meno corretto dalle cognizioni precedenti. Si tratta allora, in questo<br />

caso, di una verifica concettuale di quanto ricavato da a).<br />

e) <strong>Logica</strong> <strong>del</strong> Criterio, ovvero le norme in base alle quali la ragione<br />

arriva a stabilire se queste nuove cognizioni siano vere (o false) in virtù di<br />

vari gradi di certezza, da stabilire in riferimento agli insegnamenti che<br />

saranno addotti.<br />

Ad una <strong>Logica</strong> Generale così ripartita dovrà aggiungersi una <strong>Logica</strong><br />

Speciale, che riguarda le varie scienze considerate <strong>nella</strong> loro specificità e<br />

si espande con queste (vi sarà allora la <strong>Logica</strong> Speciale <strong>del</strong>la matematica,<br />

<strong>del</strong>la fisica, <strong>del</strong>la chimica, etc.). Non si tratta però <strong>del</strong>lo studio <strong>del</strong>le carat­<br />

teristiche concettuali pregnanti di tali discipline, quanto piuttosto <strong>del</strong>le<br />

regole che si dovranno seguire per la corretta attuazione degli insegna­<br />

menti apportati da queste materie (L'Autore, in ogni caso, non fornisce la<br />

benché minima esemplificazione).<br />

Ma, se si escludono questi casi sufficientemente numerosi, la tenden­<br />

za generale è tuttavia quella di includere <strong>nella</strong> Scienza <strong>Logica</strong> tutti i pro­<br />

blemi di natura speculativa e teorica, mentre si rimanda ad altre forme di<br />

<strong>Logica</strong> <strong>del</strong> tutto differenti, la loro possibile influenza <strong>nella</strong> realtà scienti-<br />

6 Giuseppe Morando (1866-?). Fu un letterato e filosofo di Genova che si occupò<br />

principalmente di critica letteraria. Insegnò nel Liceo P. Verri di Lodi. Tra le sue opere:<br />

Ottimismo e pessimismo, II principio fondamentale <strong>del</strong>la filosofia rosminiana davanti alla<br />

ragione, ed alla tradizione, Le stresiane di R. Bonghi.


DIFFERENTI FORME DI LOGICA NELLA LETTERATURA MINORE 215<br />

fica. Per questo possiamo formulare l'ipotesi per cui a partire dalla metà<br />

<strong>del</strong> secolo <strong>XIX</strong>, si assiste al tentativo di riassumere sotto un'unica defini­<br />

zione (Scienza <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>) tutte le attività razionali e speculative <strong>del</strong><br />

soggetto e di proporre, successivamente, un ventaglio di strumenti (o tec­<br />

niche), tali da favorirne l'impiego nelle più disparate branche in cui il<br />

sapere è suddiviso.<br />

Non si tratta di stabilire quale dei due aspetti sia il più importante:<br />

la cosa dipenderà dall'intento che gli Autori si propongono e dalla loro<br />

collocazione filosofica. Allo stesso modo non si tratta neppure di ricercare<br />

la genesi di tale scienza: anche se per la maggior parte di questi studiosi<br />

la si deve considerare come acquisita, non mancheranno quelli che la<br />

riterranno come specifica <strong>del</strong> soggetto in quanto tale, ovvero "naturale".<br />

Al contrario l'argomento sul quale riteniamo opportuno discutere<br />

sarà quello che ci consentirà di scindere in modo chiaro e preciso le due<br />

componenti in cui la <strong>Logica</strong> è suddivisa (ovvero, scienza e strumento). In<br />

altre parole, perché questa disciplina fosse presentata come scienza, occor­<br />

reva trovare una sua unitarietà: vale a dire che si dovevano restringere<br />

necessariamente i suoi obiettivi e <strong>del</strong>imitarne chiaramente i fini.<br />

II fatto che questo compito non sia svolto una volta per tutte ma, al<br />

contrario, sia affrontato con estrema cautela, è testimone <strong>del</strong>la confusività<br />

e <strong>del</strong>le inevitabili difficoltà che, per le più disparate ragioni, impregnavano<br />

un simile studio.<br />

Un esempio <strong>del</strong> tutto significativo di questa situazione ci fornito da<br />

V. Garelli. Come abbiamo precedentemente visto in (1863), egli parla di<br />

un'Arte <strong>Logica</strong>, ma non esita ad affermare che a questa si deve aggiungere<br />

una Scienza <strong>Logica</strong>, la quale si forma quando la mente riflette sull'Arte<br />

<strong>Logica</strong>, che ne registra le regole, « le quali raccoglie ed ordina in modo<br />

che le une dalle altre discendano, e tutte si possano dire contenute in una<br />

sola, la quale, non essendo più contenuta in verun'altra, dicesi prima » (5).<br />

Se la Scienza <strong>Logica</strong> assolve al compito di raccogliere e strutturare le idee,<br />

due sono i tipi di <strong>Logica</strong>, che debbono essere impiegati specificatamente<br />

per rendere operative ed anche produttive queste azioni:<br />

a) la <strong>Logica</strong> Generale, che ha per oggetto regole globali relative alla<br />

nozione di dimostrazione, ovvero un insieme di norme da ritenersi valide<br />

per la scienza in tutti i possibili modi con i quali si presenta;<br />

b) le Logiche Speciali, che hanno per effetto conoscenze razionali,<br />

proprie alle varie discipline. Malgrado ciò, in ogni caso apparirà marcata<br />

la distinzione tra la scienza logica e tutto il resto, ovvero tutto quello che<br />

da essa dipende.


216 CAPITOLO TERZO<br />

Non sappiamo sino a che punto possa avere avuto influenza in questo<br />

processo la diffusione <strong>del</strong>la Wissenschaft der Logik di Hegel, (che fu tra­<br />

dotto per la prima volta in italiano da Augusto Vera [1813-1885], attorno<br />

al 1860. Questo non significa però che alcuni studiosi non conoscessero<br />

già la produzione <strong>del</strong> filosofo tedesco) che pure comincia ad essere ripe-<br />

tutamente citato secondo un ventaglio di posizioni, che variano da una<br />

completa ed acritica acccttazione ad un altrettanto acritico rifiuto. Allo<br />

stesso modo non sappiamo sino a che punto possa avere avuto importanza<br />

la proposta positivista di attuare una vera e propria scissione tra attività<br />

speculative e ricerca empirica: in Italia non mancano certo i sostenitori di<br />

questa posizione (Ardigò, Cantoni, Bonatelli, Cattaneo) 7 che trova le pro­<br />

prie origini già nelle opere <strong>del</strong> Romagnosi 8 ed alcuni suggerimenti addi­<br />

rittura in Genovesi (si veda cap. I).<br />

Un fatto però è sicuro: la presenza di una scienza <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> sepa­<br />

rata, in modo assai più radicale di quanto non si fosse fatto per la <strong>Logica</strong><br />

Artificiale e la <strong>Logica</strong> Generale, da tutte le altre forme di <strong>Logica</strong>. Questo<br />

fatto costituisce una vera e propria caratteristica <strong>del</strong>la storia <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong><br />

<strong>italiana</strong> per quasi tutta la seconda metà <strong>del</strong> secolo <strong>XIX</strong>.<br />

Presentiamo pertanto gli autori da noi ritrovati, che trattano di questi<br />

temi, stabilendo di dare in primo luogo la definizione di Scienza <strong>Logica</strong><br />

e poi quelle <strong>del</strong>le altre ripartizioni assegnate a questa materia. M. Libera­<br />

tore (Elementi di filosofia, 1850 - Cap. I, 5.2.1) stabilirà che la Scienza<br />

<strong>Logica</strong> è la disciplina che ci fornisce le regole richieste per ben pensare e,<br />

di conseguenza, per ben discutere, mentre l'Arte <strong>Logica</strong> deve intendersi<br />

come "arte dirigitrice <strong>del</strong>la mente nell'investigazione <strong>del</strong> vero" (28) e,<br />

proprio per questo, è da premettere allo studio di tutte le altre scienze,<br />

quale "scorta che le guidi nel cammino che tengono" (24). G. Balmes (op.<br />

cit.) stabilirà che la Scienza <strong>Logica</strong> è la disciplina che da una ragione a<br />

tutte le regole <strong>del</strong> pensiero, siano queste reali o possibili, mentre l'Arte<br />

<strong>Logica</strong> sarà deputata a fornire le direttive per le singole scienze, cercando<br />

di mantenere l'accordo con i supremi principi razionali.<br />

Una posizione apparentemente simile la troviamo anche in C. Mami-<br />

ni (La logica elementare di Candido Mamini, ad uso dei suoi allievi, 1861<br />

- Cap. I, 5.1) malgrado il rapporto tra Arte <strong>Logica</strong> e Scienza <strong>Logica</strong> sia<br />

7 Per C. Cantoni si veda <strong>Studi</strong> sull'intelligenza umana, 1869; per C. Cattaneo si<br />

vedano le Opere edite ed inedite, 1881-1892; per R. Ardigò si veda // Vero, 1891.<br />

8 II testo di Romagnosi (Vedute fondamentali sull'Arte <strong>Logica</strong>, 1832) può essere<br />

indicato come il lavoro che anticipa, almeno nelle grandi linee, la corrente positivista<br />

<strong>italiana</strong> che troverà la sua massima espansione a partire dal 1870.


DIFFERENTI FORME DI LOGICA NELLA LETTERATURA MINORE 217<br />

presentato in maniera capovolta. Quest'ultima, infatti, altro non è che una<br />

riflessione sull'Arte <strong>Logica</strong>, la quale concerne la facilità, la chiarezza e la<br />

precisione con cui si può esporre il proprio ragionamento e le proprie<br />

conoscenze e si rende facile la loro comprensione.<br />

Questa ripartizione, che sembra quella che abbia avuto più successo<br />

<strong>nella</strong> <strong>cultura</strong> <strong>italiana</strong> si manterrà sin verso la fine <strong>del</strong> secolo. Infatti anche<br />

F. Bonatelli (1892 - Gap. I, 5.1) già attivo all'inizio <strong>del</strong>la seconda metà <strong>del</strong><br />

secolo 9 , stabilirà che oltre ad una Scienza <strong>Logica</strong> occorre considerare anche<br />

un'Arte <strong>Logica</strong>. La prima si deve intendere quale scienza che si occupa dei<br />

supremi principi <strong>del</strong> conoscere e che pertanto è scienza prima, oltre la quale<br />

vi è nulla. In tal senso ha un valore assoluto poiché è un complesso siste­<br />

matico di verità, ovvero è una scienza <strong>del</strong> tutto autonoma che non ha biso­<br />

gno di alcun riferimento alla realtà empirica. La seconda, al contrario, è da<br />

ritenersi come avente un valore relativo poiché serve a dirigere il pensiero<br />

e indica a quest'ultimo le norme cui deve conformarsi per raggiungere il<br />

proprio scopo (ossia la conoscenza <strong>del</strong>le differenti materie di studio).<br />

Allo stesso modo A. Cappellazzi (1897 - Gap. I, 5.3), affermerà che<br />

vi è una Scienza <strong>Logica</strong>, che studia le regole che attivano la ragione, ed<br />

un'Arte <strong>Logica</strong>, la quale, essendo la <strong>Logica</strong>, per definizione, una disciplina<br />

universale, è deputata a reggere tutte le modalità con cui si esprime il<br />

ragionamento. Anche in questo caso specifico la Scienza <strong>Logica</strong> è posta<br />

alle spalle <strong>del</strong>l'Arte <strong>Logica</strong> che, con differenti esplicitazioni, le fornisce il<br />

suo oggetto di studio. Ricompare in queste posizioni il tentativo di ripren­<br />

dere la concezione megarico-stoica <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, per la quale quest'ultima<br />

è formata dalla capacità di ben pensare (dialettica) e, contemporaneamen­<br />

te, da quella <strong>del</strong> saper ben parlare (retorica).<br />

In tutti gli altri casi gli Autori da noi esaminati presentano una suddi­<br />

visione <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> "pratica" molto più dettagliata e particolareggiata, ma<br />

sempre in contrapposizione alla Scienza <strong>Logica</strong>. Allora V. Garelli (<strong>Logica</strong><br />

parlamentare, 1849) stabilirà che vi è una Scienza <strong>Logica</strong>, la quale è da<br />

intendersi come <strong>Logica</strong> Naturale, messa però in rapporto e, di conseguen­<br />

za, <strong>del</strong> tutto specificata e differenziata rispetto alle molteplici maniere di<br />

riflessione. A questa si aggiunge una <strong>Logica</strong> <strong>del</strong> Senso Comune, che è tipi­<br />

ca di ogni essere vivente, ma <strong>del</strong>la quale l'A. non dice in che cosa realmente<br />

consista, pure osservando che non si deve confondere con la <strong>Logica</strong> Natu­<br />

rale (che invece riguarda i principii primi di ogni conoscenza). Ad essa fa<br />

seguito la <strong>Logica</strong> Applicata, che è da utilizzarsi quando il ragionamento è<br />

9 Ci riferiamo, in particolare, a Delle attinenze <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> con la Psicologia, 1861.


218 CAPITOLO TERZO<br />

diretto ad un argomento specifico e determinato. Infine vi è la <strong>Logica</strong><br />

Parlamentare, consistente in una serie di consigli dei quali i parlamentari<br />

debbono tener conto per ben esprimersi. Si sfocia pertanto <strong>nella</strong> retorica,<br />

intesa però nel senso riduttivo di capacità di farsi ben comprendere od<br />

anche di saper persuadere coloro che ascoltano.<br />

A. Chiarolanza (1869 - Gap. I, 5.2.3) è un testimone ancora più evi­<br />

dente di queste posizioni. Egli giunge al punto di scindere la <strong>Logica</strong> in due<br />

settori l'uno opposto all'altro: da un lato infatti si hanno una serie di prin­<br />

cipi universali e necessari che presiedono ad ogni fatto e poi, per un altro<br />

verso, vi sono <strong>del</strong>le specificazioni pratiche che rendono possibile la loro<br />

messa in atto. La Scienza <strong>Logica</strong> pertanto è da intendersi unicamente come<br />

« la scienza <strong>del</strong>l'arte <strong>del</strong> pensiero riflesso » (15) che ha le proprie radici<br />

<strong>nella</strong> metafisica in quanto « i canoni logici sono un'applicazione dei prin­<br />

cipi ontologici » (ibidem). Si deve invece parlare di Arte <strong>Logica</strong> quando<br />

« le operazioni [<strong>del</strong> pensiero] vengono ordinate al vero » (ibidem) e ser­<br />

vono « a differenza di ogni aggressione sofistica » (16) per la comunicazio­<br />

ne « facendo le cerne <strong>del</strong> vero e <strong>del</strong> falso e ponendo in chiaro le lacune ed<br />

i vizi <strong>del</strong>l'errore » (ibidem). Quest'ultima è poi da suddividersi in:<br />

a) <strong>Logica</strong> Inventiva, che comprende problemi di <strong>psicologia</strong>, linguisti­<br />

ca, sperimentazione 10 . Si tratta di una collezione di norme che <strong>del</strong>imitano<br />

e definiscono le caratteristiche <strong>del</strong> corretto pensiero e che riguardano<br />

anche il comportamento, il quale deve essere conforme a retti principi. Si<br />

parte dal presupposto che lo spirito <strong>del</strong>l'uomo si adegui a riconoscere<br />

intuitivamente il Vero, benché a volte sia costretto a sospendere il giudizio<br />

(quando vi è il dubbio, la probabilità, l'opinione) oppure sia inevitabil­<br />

mente spinto a cadere nell'errore. In questo caso tale <strong>Logica</strong> sembra as­<br />

solvere quasi ad una funzione messianica, poiché consiste nell'indicare<br />

all'uomo la strada <strong>del</strong>la verità, da lui inizialmente posseduta e poi smarrita,<br />

ma <strong>del</strong>la quale permane nello stesso una traccia (intuizione).<br />

b) <strong>Logica</strong> Dimostrativa, la quale si occupa invece <strong>del</strong>lo studio <strong>del</strong>la<br />

sillogistica che è per l'Autore la più chiara espressione <strong>Logica</strong> e che, a<br />

causa <strong>del</strong>la sua vastità d'applicazioni, deve essere però così ripartito:<br />

bl) sillogismo dialettico (Aristotele);<br />

b2) sillogismo sofistico, a sua volta da intendersi secondo tre forme<br />

di possibili conoscenze:<br />

10 Nello stesso periodo Luigi Barbera tratterà approfonditamente di questo settore<br />

<strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, al punto da arrivare ad identificare tutta la disciplina in quella che invece<br />

per Chiarolanza è solo una parte (Cfr. Luigi Barbera, Lezioni di <strong>Logica</strong> Inventiva, 1866).


DIFFERENTI FORME DI LOGICA NELLA LETTERATURA MINORE 219<br />

b2.1) conoscenza confusa <strong>del</strong> soggetto (assurdo implicito, infinito<br />

non compreso);<br />

b2.2) conoscenza confusa <strong>del</strong> predicato (causa falsa, fatto falso);<br />

b2.3) conoscenza confusa <strong>del</strong> nesso soggetto/predicato;<br />

b3) sofismi;<br />

b4) metodo, il quale può essere analitico, psicologico, sperimentale e<br />

sintetico, ontologico, didattico;<br />

e) <strong>Logica</strong> Critica, identificata con l'arte critica (o ermeneutica) e<br />

quella eristica. Consta di una serie di "regolette" per leggere ed interpre­<br />

tare quanto scritto dagli antichi (ermeneutica) e per condurre una discus­<br />

sione che presenti temi che siano tra loro contrastanti ma pur sempre<br />

correlabili (eristica).<br />

Su questo percorso si muove anche Pietro Tarino, (1874 - Cap. I,<br />

5.1.4, Cap. II, 6.1.5). Dopo avere stabilito che la <strong>Logica</strong> è, contemporane­<br />

amente, scienza pura, scienza <strong>del</strong>le leggi e scienza per arrivare, a possedere<br />

il Vero, egli inizia una capillare suddivisione di questa disciplina in parec­<br />

chi sottosettori.<br />

Tuttavia in luogo di dicotomizzare il rapporto tra due forme di <strong>Logica</strong><br />

(razionale ed applicata) tenderà invece a proporre una corrispondenza tra<br />

una <strong>Logica</strong> Scientifica e una <strong>Logica</strong> Artificiale, specificando che con tale<br />

termine si deve intendere una disciplina riconducibile a tutte le proposi­<br />

zioni che possono venire espresse formalmente. Ovvero la distinzione è qui<br />

posta tra due universi: uno formale, costruito dal soggetto, ed uno cogni­<br />

tivo, specifico ad ogni soggetto. In questo secondo senso egli riproporrà<br />

una suddivisione già tipica dei lavori degli anni precedenti a cui non esiterà<br />

aggiungere ulteriori precisazioni. Vi sarà, infatti, una <strong>Logica</strong> Generale, da<br />

intendersi quale principio regolatore <strong>del</strong> pensiero umano: sarà unica e<br />

sempre identica. A questa si dovrà aggiungere una <strong>Logica</strong> Particolare,<br />

ovvero un insieme di regole per le varie discipline che, di conseguenza,<br />

dovrà essere varia e molteplice, poiché ogni scienza ha una sua <strong>Logica</strong>. Ma<br />

l'A. vi aggiunge anche una <strong>Logica</strong> Materiale, che deve essere una ricerca<br />

e <strong>del</strong>la verità e degli stati mentali ad essa corrispondenti. Vi appartiene la<br />

certezza fisica, fondata su fatti <strong>del</strong>l'esperienza e sulla costanza ed univer­<br />

salità <strong>del</strong>le leggi <strong>del</strong>la natura. Questa <strong>Logica</strong> potrà presentarsi in modo<br />

immediato (percettiva) e mediato (induttiva): di fatto, anche se in modo<br />

assai ingenuo e non ben approfondito, egli cerca di dirci che le facoltà<br />

psichiche possiedono una loro <strong>Logica</strong> specifica e differente da tutte le<br />

altre (si rimanda, ma non sappiamo sino a che punto questo sia dovuto alle<br />

letture fatte <strong>del</strong>l'Autore, alle tesi tipiche <strong>del</strong>la <strong>psicologia</strong> <strong>del</strong>l'Atto).


220 CAPITOLO TERZO<br />

Infine, rispetto a Tarino (1874), E. Sala (1892) traccerà una più ac­<br />

curata distinzione tra Scienza <strong>Logica</strong> e <strong>Logica</strong> Formale. La Scienza <strong>Logica</strong><br />

è a sé stante ed ha come oggetto il raziocinio: non solo la stessa ci « in­<br />

segna le regole generali di qualsiasi ragionamento » (39), ma ci permette<br />

anche di procedere ordinatamente e speditamente nei ragionamenti, che<br />

vengono così preservati dall'errore. Alla <strong>Logica</strong> Formale attribuisce invece<br />

una funzione specificatamente cognitiva, la quale deve possedere la carat­<br />

teristica di essere collegata alla realtà, nell'intento, già fatto proprio da<br />

Caroli (op. cit.), di porre una netta distinzione tra la metafisica e le altre<br />

forme <strong>del</strong> conoscere. Per questo tratta <strong>del</strong>le idee, <strong>del</strong> giudizio, <strong>del</strong> razio­<br />

cinio, ovvero i tradizionali schemi e canoni <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> classica. La Lo­<br />

gica Formale, secondo questo Autore, studia le idee come fatti psicologici<br />

dati e conosciuti e di essi indica solo l'uso che il soggetto può fare e tutte<br />

le proprietà che questi posseggono.<br />

Tuttavia questo Autore ribadisce che si dovrà parlare anche di una<br />

<strong>Logica</strong> Materiale, che tratta <strong>del</strong>l'apodittica o <strong>del</strong>la dimostrazione, <strong>del</strong>la<br />

dialettica o <strong>del</strong>la disputa e <strong>del</strong>la sofistica. Questa è la parte <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>,<br />

che permette il costituirsi dei giudizi che sono materia <strong>del</strong> raziocinio.<br />

5. ULTERIORI DEFINIZIONI E RIPARTIZIONI DELLA LOGICA.<br />

La presentazione dei differenti tipi di <strong>Logica</strong> ritrovati <strong>nella</strong> letteratura<br />

<strong>italiana</strong> <strong>del</strong> secolo passato ha cercato di seguire alcuni punti da noi fissati<br />

sulla base <strong>del</strong>la frequenza con cui comparivano certe definizioni e ripar­<br />

tizioni <strong>del</strong>la materia. Vi sono tuttavia alcuni Autori che, pure accogliendo­<br />

ne alcune, ne aggiungono <strong>del</strong>le altre, presentando in tal modo un quadro<br />

abbastanza originale ed oltremodo diversificato.<br />

Ci pare necessario fare alcune precisazioni:<br />

1) In primo luogo molti Autori, se da un lato mantengono la suddi­<br />

visione tra teorico/applicato, fanno ricorso a definizioni e ripartizioni <strong>del</strong>la<br />

<strong>Logica</strong> varie e specifiche e, spesse volte <strong>del</strong> tutto particolari.<br />

2) Si tratta di lavori che in massima parte appartengono al periodo<br />

che va dal 1877 alla fine <strong>del</strong> secolo e questo fatto può essere indicativo<br />

<strong>del</strong>le profonde trasformazioni che le sempre più copiose e nuove scoperte<br />

scientifiche di quel periodo avevano attuato sul sapere filosofico.<br />

3) Sono assai frequenti, soprattutto nel caso di alcuni Autori, le pro­<br />

duzioni di manuali scolastici destinati a studenti liceali ed anche di scuole<br />

di grado inferiore: devon pertanto comprendere una sintesi <strong>del</strong>le passate


DIFFERENTI FORME DI LOGICA NELLA LETTERATURA MINORE 221<br />

posizioni concettuali, esponendole in modo volutamente semplificato. È<br />

allora ovvio che la stessa strutturazione di questi testi differisca notevol­<br />

mente da quella tipica dei correnti trattati di <strong>Logica</strong> e tenda, o almeno si<br />

sforzi, di creare nuove suddivisioni di questa materia, con un fine esplici­<br />

tamente esemplificativo, didattico.<br />

4) Anche altri libri cronologicamente anteriori da noi citati erano dei<br />

manuali ad uso <strong>del</strong>le Scuole, ma tuttavia mantenevano pur sempre lo<br />

schema dicotomico fra speculativo-razionale e pratico-tecnico. Nei libri di<br />

testo di fine secolo, invece, si fanno semplici descrizioni dei vari tipi di<br />

Logiche, oppure si forniscono nuove denominazioni ricorrendo a termini<br />

che gli Autori ritenevano più indicati per favorire la comprensione degli<br />

allievi. È tuttavia interessante osservare come le definizioni che gli Autori<br />

danno, sono in sintonia col clima <strong>cultura</strong>le <strong>del</strong> loro tempo, mentre non<br />

sono una fe<strong>del</strong>e ripresentazione di quelle che erano le reali posizioni spe­<br />

cifiche <strong>del</strong> periodo di cui stavano trattando.<br />

Tra coloro che introducono nuove definizioni, segnaliamo F. Corico<br />

(Gap. I, 4, 1, e A. Valdarnini, Principio, Intendimento e Storia <strong>del</strong>la clas­<br />

sificazione <strong>del</strong>le umane conoscenze secondo Francesco Bacane, 1880) per il<br />

quale, a tale proposito non vi sono dubbi: non si deve fare alcuna suddi­<br />

visione <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>, nel senso che la stessa dovrebbe essere definita<br />

Sofologia, ovvero scienza <strong>del</strong> sapere e, in quanto tale, dovrebbe riguardare<br />

tutte le scienze.<br />

L. Schiavi (1898 - Gap. I, 5.3) per meglio chiarire i due diversi campi<br />

(teorico e pratico) di cui la <strong>Logica</strong> dovrebbe occuparsi, propone la se­<br />

guente ripartizione. Dapprima vi è una <strong>Logica</strong> Analitica, che studia il<br />

pensiero nei suoi principi intrinseci e costitutivi e riguarda la conoscenza<br />

sensitiva, la percezione mentale, « atti coi quali ci siamo rappresentati le<br />

cose senza affermare o negare di esse alcunché » (26), il giudizio ed il<br />

raziocinio. A questa si deve aggiungere una <strong>Logica</strong> Critica, che studia i<br />

criteri e le regole che permettono l'edificazione <strong>del</strong>le scienze e studia le<br />

caratteristiche <strong>del</strong>l'universalità, le vie per giungere al Vero (<strong>Logica</strong> come<br />

Alitiologia), la gerarchizzazione <strong>del</strong>le differenti scienze.<br />

A. Ferrari (1895 - Gap. I, 6.4.1) riterrà più opportuno porre una<br />

distinzione fra la <strong>Logica</strong> Formale e la <strong>Logica</strong> Reale, che riguardano due<br />

modi di considerare la natura <strong>del</strong> pensiero e <strong>del</strong> concetto. La prima è da<br />

considerarsi <strong>del</strong> tutto astratta (« la logica formale è la legislazione <strong>del</strong><br />

pensiero, considerato come forma astratta <strong>del</strong> reale » - 82), mentre la<br />

seconda « si tiene ferma al principio che le leggi <strong>del</strong>le cose e per tal modo<br />

la sua legislazione è data non solo come canone subiettivo, o concernente


222 CAPITOLO TERZO<br />

la forma <strong>del</strong> soggetto pensante, ma anche come canone riflettente la realtà,<br />

tutta la realtà » (105). Successivamente l'Autore segue un'altra via, ovvero<br />

quella tendente a riunificare le due Logiche, presentandone una dotata di<br />

due aspetti tra loro complementari e passibili pertanto di un'eventuale<br />

correlazione. In questo caso l'attributo "reale" viene mutato in "materia­<br />

le", o, più spesso tale <strong>Logica</strong> è presentata con la locuzione "<strong>del</strong> contenu­<br />

to". In questo caso « pel lato formale la <strong>Logica</strong> può dirsi scienza subbiet-<br />

tiva o <strong>del</strong> pensiero, e pel lato materiale o <strong>del</strong> contenuto può a buon diritto<br />

appellarsi ontologica» (219).<br />

G. Mattiusi (1895 - Gap. I, 5.3) parlerà invece di una <strong>Logica</strong> Direttiva<br />

(oggi si potrebbe dire normativa), riferita agli atti ed alla ragione, il cui<br />

fine è il raggiungimento <strong>del</strong> Vero, di <strong>Logica</strong> Teorica, la quale « ragionando<br />

assegna il retto ordine dei nostri atti intellettivi » (13) e di <strong>Logica</strong> Pratica<br />

che « è esercitata applicandola alle scienze particolari » (ibidem).<br />

Per quello che concerne la produzione specificatamente manualistica<br />

segnaliamo il lavoro di G. Zitto (1877 - Gap. II, 6.2.15) il quale, partendo<br />

dal fatto che, da un punto di vista a suo dire oggettivo, mentre risulta<br />

invece fortemente impregnato di psicologismo, la <strong>Logica</strong> è il complesso di<br />

norme e leggi che guidano il pensiero umano <strong>nella</strong> ricerca <strong>del</strong> Vero e che<br />

tutti i tipi di <strong>Logica</strong> sono naturali od acquisiti, proporrà la seguente sud­<br />

divisione:<br />

a) <strong>Logica</strong> Dialettica, ovvero scienza <strong>del</strong> pensare e <strong>del</strong> disputare ret-<br />

tamente e scienza <strong>del</strong>la rettitudine <strong>del</strong> pensiero umano (tentativo di inglo­<br />

bare la retorica <strong>nella</strong> dialettica);<br />

b) <strong>Logica</strong> Materiale, che studia la natura degli elementi che vengono<br />

prodotti e compongono l'argomentazione. Si tratta, in altri termini, di<br />

sottolineare l'incompatibilità (compatibilita) che si pone tra certi oggetti,<br />

fatto che li rende non correlabili (correlabili) tra di loro;<br />

e) <strong>Logica</strong> Formale, che studia la struttura <strong>del</strong>l'argomentazione, ovve­<br />

ro come deve essere condotto un ragionamento perché sia ritenuto valido;<br />

d) <strong>Logica</strong> Critica, ovvero scienza <strong>del</strong> giudizio intorno alla verità di<br />

ogni conoscenza umana. È la parte <strong>del</strong>la disciplina che illustra quali sono<br />

le condizioni che occorre soddisfare per ottenere risultati validi.<br />

Infine A. Errerà (Elementi di <strong>Logica</strong> ad uso <strong>del</strong>le Scuole, 1890) u<br />

11 Si tratta <strong>del</strong> libro di testo <strong>del</strong> Regio Istituto Tecnico di Napoli, dedicato al<br />

professor G. Maglione. I libri di F. Fiorentino (Lezioni di Filosofia ad uso dei Licei, 1880)<br />

e di A. Valdarnini (Elementi scientifici di Psicologia e <strong>Logica</strong>, 1888) sono indicati come<br />

i più adatti, secondo l'Autore, per fare comprendere chiaramente cosa sia la <strong>Logica</strong>.


DIFFERENTI FORME DI LOGICA NELLA LETTERATURA MINORE 223<br />

fornirà la più numerosa ripartizione <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> da noi trovata. Nel suo<br />

lavoro, che parte dall'assunto per il quale la <strong>Logica</strong> è arte di ben ragionare<br />

che va tenuta distinta dalla Psicologia, la quale invece è « scienza <strong>del</strong><br />

pensiero in formazione » (5), troveremo gran parte di tutte le classificazio­<br />

ni precedentemente viste nonché altre <strong>del</strong> tutto nuove. Dovremo allora<br />

stabilire che la <strong>Logica</strong> è divisibile in:<br />

a) Arte <strong>Logica</strong>, che precede la <strong>Logica</strong> perché se ne faceva uso ancora<br />

prima che la <strong>Logica</strong> divenisse scienza. Si tende a confonderla con la Lo­<br />

gica Naturale, ma l'Autore tenta di evitare questa possibile confusione<br />

sostenendo che l'Arte <strong>Logica</strong>, lungi dal concernere i principi comuni ad<br />

ogni individuo, riguarda invece azioni pratiche assai generali e frequenti<br />

alla maggior parte dei soggetti.<br />

b) <strong>Logica</strong> Riflessiva, che è deputata a perfezionare l'attitudine a ra­<br />

gionare e consta, in questo caso, in una serie di precetti (di natura morale)<br />

che ogni soggetto deve seguire per essere in grado di giungere al vero.<br />

e) <strong>Logica</strong> Formale, la quale si occupa <strong>del</strong>le leggi che il pensiero deve<br />

seguire per poter conoscere. La sillogistica è ancora una volta l'esempio<br />

per eccellenza.<br />

d) <strong>Logica</strong> Reale, la quale tratta <strong>del</strong>le leggi <strong>del</strong> pensiero che sono<br />

conformi a quello che studia. In altri termini, a seconda <strong>del</strong>la disciplina in<br />

esame, fatti salvi i principi logici formali comuni ad ogni scienza, vi saran­<br />

no particolari e specifiche norme, a seconda degli argomenti che questa<br />

tratterà.<br />

e) <strong>Logica</strong> Generale, che è deputata a stabilire le leggi che ci con­<br />

sentono un corretto metodo di studio e ci preservano dagli errori meto­<br />

dologici.<br />

f) <strong>Logica</strong> Particolare, che è la ricerca dei vari metodi che determina­<br />

no le leggi <strong>del</strong> pensiero ma in modo settoriale, secondo le varie discipline.<br />

Dunque se <strong>Logica</strong> Formale e <strong>Logica</strong> Reale si pongono in un rapporto<br />

complementare per quello che concerne la <strong>Logica</strong> intesa <strong>nella</strong> sua totalità,<br />

la <strong>Logica</strong> Generale e la <strong>Logica</strong> Particolare sono tra loro rapportate unica­<br />

mente per ciò che concerne solo una parte <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> (il Metodo).<br />

g) <strong>Logica</strong> Dialettica. Riguarda la solita classificazione e ripartizione<br />

<strong>del</strong>la sillogistica senza presentare nulla di nuovo, salvo un'impostazione<br />

<strong>del</strong> lavoro che inizia trattando dei possibili errori che si possono compiere<br />

durante un ragionamento, se non lo si conduce seguendo particolari tec­<br />

niche. Le frequenti citazioni di Rosmini testimoniano come la ricerca <strong>del</strong><br />

nostro Autore tenda a porsi su di un piano più propriamente gnoseologico<br />

che non psicologico od ontologico.


224 CAPITOLO TERZO<br />

6. UN ESEMPIO DI LOGICA APPLICATA.<br />

Quando Giuseppe Caroli, <strong>nella</strong> prima edizione di 1876 (op. cit.),<br />

dopo un'assai lunga serie di disquisizioni sulla <strong>Logica</strong> Pura (che, in ultimo,<br />

sono sempre i soliti tradizionali argomenti), parla di logiche applicate alle<br />

singole materie (XLV-LXII), introduce per la prima volta due capitoli<br />

intitolati la <strong>Logica</strong> <strong>del</strong>la Matematica (LX-LXII) 12 . È la prima volta, almeno<br />

per quello che concerne gli scritti da noi esaminati, che troviamo svolto<br />

questo tema. In precedenza, infatti, anche se altri Autori come V. Garelli<br />

(1863) od ancor prima O. Colecchi (1843 - Gap. I, 2.3.2) ritenevano che<br />

la modalità di pensiero impiegata per gli studi matematici avrebbe dovuto<br />

essere utilizzata per qualsiasi forma di conoscenza, tutti gli Autori da noi<br />

consultati, pure accennando <strong>nella</strong> massima parte alla matematica, e dimo­<br />

strando altresì, <strong>nella</strong> maggior parte dei casi, di possederne una discreta<br />

conoscenza, si sforzavano di sottolineare che tale disciplina nulla aveva a<br />

che fare con la <strong>Logica</strong>. Questi stessi Autori, in più ampi trattati di filosofia,<br />

corroboravano la loro posizione affermando che la matematica, secondo le<br />

classiche ripartizioni <strong>del</strong>la conoscenza, spettava di diritto alla metafisica.<br />

Ora anche se Caroli non sembra avere dubbi sul fatto che la <strong>Logica</strong><br />

sia riconducibile alla sillogistica, unico strumento in grado di fornirci la<br />

certezza, quando parla <strong>del</strong>le applicazioni che questa disciplina può avere<br />

rispetto alle singole materie, tratta <strong>del</strong>la fisica molecolare, <strong>del</strong>la botanica,<br />

<strong>del</strong>la chimica, <strong>del</strong>la medicina, <strong>del</strong>la morale ed in ultimo, appunto, addirit­<br />

tura anche <strong>del</strong>la matematica e svolge osservazioni abbastanza interessanti<br />

e curiose, anche se molto ingenue.<br />

Si tratta di un Autore dalle spiccate tendenze psicologistiche e, in<br />

quanto tale, è spinto dal tentativo di ricavare dall'analisi <strong>del</strong>le attività <strong>del</strong><br />

soggetto, la genesi <strong>del</strong>le differenti modalità di conoscenza e dei mezzi per<br />

sviluppare ed accrescere queste ultime. Indubbiamente l'obiettivo psicolo­<br />

gista che egli si propone, se per un verso ci aiuta a capire perché segua<br />

questa via (la <strong>Logica</strong> è deputata in ultimo a mostrarci quali siano i modi<br />

più indicati per ben ragionare di fronte alle rispettive forme <strong>del</strong>la cono­<br />

scenza), da un altro punto di vista non sminuisce il fatto che per la prima<br />

volta si affronti il rapporto tra la <strong>Logica</strong> e la Matematica senza limitarsi a<br />

sostenere acriticamente, come la maggior parte dei suoi contemporanei,<br />

12 Giuseppe Caroli scrive questo testo di 319 pagine nel 1876. Il lavoro sarà<br />

successivamente ristampato dallo stesso editore, con risistemazione <strong>del</strong> materiale, nel<br />

1881. Un'ulteriore edizione si avrà nel 1891, sempre a Napoli ma questa volta con i tipi<br />

<strong>del</strong>la libreria Luigi Pierro.


DIFFERENTI FORME DI LOGICA NELLA LETTERATURA MINORE 225<br />

che la sillogistica, senza essere compensata da altri strumenti, ci fornisce<br />

tutti i mezzi atti ad assolvere a tale compito.<br />

Per l'A. la Matematica è scienza deduttiva (formalmente) anche se<br />

« ella pur si trae dall'induzione di principii di pratica applicazione » (309):<br />

questi principii sono, in ogni caso, « i più facili ed evidenti » (ibidem).<br />

Come tutte le discipline anch'essa deve basarsi su alcune "certezze", le<br />

quali debbono fungere da "prime nozioni". La prima è quella di egua­<br />

glianza, la quale costituisce il predicato più generale nelle proposizioni che<br />

compongono tale disciplina. La seconda nozione è quella di numero, il cui<br />

concetto, che nasce da situazioni reali, può essere anche astratto e consi­<br />

derato « nelle volte » (ibidem) che si ripete, oppure nelle parti in cui può<br />

essere suddiviso. Tutte le definizioni matematiche (siano queste di concet­<br />

ti e/o di predicati) traggono i loro presupposti unicamente dall'esperienza:<br />

L'Aritmetica avrà come principio l'unità, mentre la Geometria si fonderà<br />

sui « visibilia » (311).<br />

Accettando la concezione sensista e psicologista <strong>del</strong>la matematica di<br />

J. S. Mili (che è più volte citato), nonché rifacendosi ad una proposizione<br />

di un "certo" Abate Pomari (senza per altro precisare in modo completo<br />

le indicazioni bibliografiche - si da solo il titolo <strong>del</strong> suo lavoro, ovvero la<br />

Vita di Gesù Cristo) 13 , per il quale « il numero è una divisione pensata <strong>del</strong><br />

pensiero stesso, che è unità indivisibile » (310), egli stabilisce che il nume­<br />

ro « è l'unica cosa » (ibidem), applicabile « alle cose » (ibidem).<br />

Poste le nozioni di eguaglianza, numero, unità e visibilia, dopo aver<br />

sottolineato che Aritmetica e Geometria sono primarie e fondanti rispetto<br />

ad ogni sapere matematico, egli afferma che « tutta la Scienza Matematica<br />

non fa che dedurre per via di raziocinii diretti od indiretti» (311).<br />

Inoltre tutte le dimostrazioni che si sogliono fornire <strong>nella</strong> matematica<br />

non hanno valore in virtù <strong>del</strong>le definizioni, bensì in forza di « supposti o<br />

postulati » (312). Vale a dire che un ragionamento matematico è da rite­<br />

nersi vero nelle premesse e nelle conclusioni, ma « non perché le premesse<br />

sieno definizioni, ma per la supposta esistenza di un fatto: fatto verbale o<br />

psicologico » (313). Ovvero: se non è una definizione ad essere una pre­<br />

messa vera, occorre che lo sia il postulato <strong>del</strong>la possibile esistenza <strong>del</strong><br />

concetto (aritmetica) o <strong>del</strong>la figura (geometria). Alle dimostrazioni mate-<br />

13 Vito Pomari (Abate) (1821-1900). Fu prefetto <strong>del</strong>la Biblioteca Nazionale di<br />

Napoli a partire dal 1860, dopo avere compiuto tutti i suoi studi <strong>nella</strong> stessa città. Ebbe<br />

tendenze mistico-platoniche, tese alla riconciliazione di Teologia, Filosofia, Religione e<br />

Civiltà, facendo spesso riferimento al Gioberti. Ha pubblicato anche Dell'Arte <strong>del</strong> Dire,<br />

oltre ad alcuni articoli sulla rivista gesuita Civiltà Cattolica.


226 CAPITOLO TERZO<br />

matiche presiedono gli assiomi, o « degnila », (ibidem) che devono riguar­<br />

dare le nozioni di eguaglianza e diseguaglianza.<br />

Gli assiomi, a loro volta, devono essere intesi come una generalizza­<br />

zione operata dalla mente sulle osservazioni esterne. La tesi che la genesi<br />

degli assiomi sia pur sempre rintracciabile a livello sensoriale, viene riba­<br />

dito anche quando ci si trova di fronte a fatti mentalmente possibili, ma<br />

non direttamente esperibili. Il fatto che da un punto di vista sensistico non<br />

riteniamo possibile pensare, ad esempio, a due rette parallele che mai si<br />

incontreranno, se ci ricorda che l'uomo possiede « grandi facoltà immagi­<br />

native » (315), che gli permettono di ipotizzare anche ciò che non è diret­<br />

tamente esperibile, non è tuttavia sufficiente secondo l'A., per contestare<br />

l'affermazione <strong>del</strong>la primarietà sensoriale di ogni forma di conoscenza.<br />

Sebbene <strong>nella</strong> matematica compaiono infatti «mirabili astrazioni » (317),<br />

queste non sono mai da ritenere troppo importanti rispetto alle nozioni<br />

primitive, naturali. In questo senso non si deve pensare alla matematica<br />

né, tantomeno, alla <strong>Logica</strong> ad essa collegata, come un prodotto <strong>del</strong> pen­<br />

siero puro (come ad esempio in F. Del Zio M , Intorno alle definizioni <strong>del</strong>la<br />

logica, 1862 secondo il quale il matematico « sia come aritmetico che come<br />

geometra è il loico astratto <strong>del</strong>la quantità ed il loico deve essere il mate­<br />

matico dialettico di tutto il Sistema <strong>del</strong>l'Intellegibile » - 12), per il fatto<br />

che « se si segue questa via si è condotti al panteismo, che è equivalente<br />

all'ateismo » (318).<br />

Allo stesso tempo, tuttavia, se un assioma « ha bisogno » (316) <strong>del</strong>la<br />

realtà, deve pur sempre badare ai principii astratti di identità e di disegua­<br />

glianza: in questo senso, allora gli assiomi matematici hanno « necessità di<br />

logica » (315), ossia di stabilire un rapporto col principio di contraddizio­<br />

ne. Possiamo pertanto parlare di assioma quando « noi non possiamo<br />

tampoco tentare moralmente di rappresentarci un caso opposto senza<br />

contraddire la nostra abituale memoria di tale esperienza» (316).<br />

14 Floriano Del Zio (1831-1914) compie studi di Giurisprudenza a Napoli e nel<br />

1853 si dedica all'insegnamento privato <strong>del</strong>la Filosofia. Si pone su posizioni hegeliane<br />

(ammirando la Filosofia <strong>del</strong>la Storia e l'Estetica), è acerrimo nemico <strong>del</strong> sensismo di<br />

Condillac e <strong>del</strong>lo spiritualismo <strong>del</strong> Gioberti. Nel 1860 deve riparare in Lucania: parte­<br />

cipa alle battaglie sul Volturno, a Casetta ed a Sant'Angelo. Tornato a Napoli alla fine<br />

<strong>del</strong> 1860 riapre la sua scuola privata di Filosofia continuando ad approfondire gli studi<br />

hegeliani. Nel 1861 diviene professore di Filosofia in un Liceo di Cagliari e nel 1865 è<br />

trasferito a Ferrara. In questa città inizia la carriera politica che lo vedrà eletto deputato<br />

ininterrottamente sino al 1880. Infine nel 1891 è nominato senatore. Non scrisse opere<br />

veramente rilevanti in campo filosofico ma fu di aiuto prezioso per i commentarii e le<br />

traduzioni <strong>del</strong>l'opera di Hegel, che A. Vera aveva iniziato a compiere a Napoli.


DIFFERENTI FORME DI LOGICA NELLA LETTERATURA MINORE 227<br />

Letti in questo modo assistiamo al tentativo, conforme al periodo<br />

considerato, di presentare i principi logici come "naturali" (si veda cap.<br />

II), intendendo con questo termine tutto quello che è proprio <strong>del</strong>le attività<br />

sensibili di ogni soggetto. Le « non poche esagerazioni, che pajonmi com­<br />

messe da quegli acuti ingegni che si prefiggono di stabilire una <strong>Logica</strong><br />

Algoritmica, ossia Matematicamente trattata» (op. cit., 1881, 222) sono<br />

dovute proprio al fatto che non si considerano come primari questi prin­<br />

cipii sensibili, ovvero naturali 15 . La <strong>Logica</strong> Applicata di cui l'Autore parla<br />

è pertanto da intendersi come una serie di regole pratiche, le quali devono<br />

essere impiegate per ogni attività <strong>cultura</strong>le che il soggetto intraprende:<br />

inoltre devono sempre avere un punto di partenza che sia, in ogni momen­<br />

to, riconducibile alla realtà empirica sensibile. L'astrazione, tipico proce­<br />

dimento induttivo, è il mezzo che ci consente di passare da conoscenze<br />

particolari e locali alla formazione di proposizioni di carattere più genera­<br />

le, in quanto riflette i dati empirici, ricavati dalla diretta esperienza, in un<br />

contesto teorico già assimilato dal soggetto ed in grado di consentire una<br />

lettura più completa ed euristicamente più valida degli stessi.<br />

15 Gli "acuti ingegni", ovvero Boole, De Morgan, Jevons, Spencer, Bentham ed<br />

Hamilton, sono stati conosciuti da Caroli attraverso la lettura di un articolo, apparso<br />

nel settembre <strong>del</strong> 1876 sulla Revue de Philosophie, ossia proprio nell'anno in cui esce<br />

la prima edizione <strong>del</strong> suo libro nel quale parla <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong> <strong>del</strong>la Matematica. Nel 1898<br />

Caroli scriverà Principii di filosofia nuova (R. Pesole, Napoli) dove non considererà più<br />

questi problemi e dedicherà invece il suo impegno a discussioni su temi <strong>del</strong>la filosofia<br />

di Kant e di Rosmini.


ELENCO DEI TESTI CONSULTATI<br />

B. Bellofiore, Imtitutiones Philosophicae, Raimondini e Figli, Bassano,<br />

1799.<br />

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cesco, Milano, 1866.<br />

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demia Reale <strong>del</strong>le Scienze, Napoli, 1879.<br />

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Ardigò R., La Filosofia come scienza positiva, [S. N.], Mantova, 1870.<br />

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Bellofiore B., Elementa logicae et ontologiae quibus Bartholamaeus Bellofio­<br />

re olim auditores suos philosophos in seminariis dictando instituebat,<br />

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Bertini G. M., <strong>Logica</strong>, Paravia, Torino, 1880.


ELENCO DEI TESTI CONSULTATI 229<br />

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Bobba R., La logica induttiva e formale comparata all'Organon di Aristote-<br />

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230 ELENCO DEI TESTI CONSULTATI<br />

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Zinelli M. F., Dei due metodi analitico e sintetico, Tipografia G. Picotti,<br />

Venezia, 1832.<br />

Zitto G., L'organo <strong>del</strong>la scienza o la scienza <strong>del</strong> pensiero umano nello inve­<br />

stigare e scoprire il vero, Tipografia Lipari, Reggio di Calabria, 1877.


BIBLIOGRAFIA GENERALE<br />

Baldwin, J.<br />

Mental Development in thè Child and in thè Race, McMillan, New-York,<br />

1895.<br />

Barone, F.<br />

<strong>Logica</strong> formale e <strong>Logica</strong> trascendentale, Edizioni di Filosofia, Torino, 1957,<br />

Voi. I (Da Leibniz a Kant}.<br />

Barone, F.<br />

<strong>Logica</strong> formale e <strong>Logica</strong> trascendentale, Edizioni di Filosofia, Torino, 1965,<br />

voi. II (L'algebra <strong>del</strong>la <strong>Logica</strong>),<br />

Bochensky, J. M.<br />

Formale Logik, Verlag Karl Alber, Freiburg-Mùnchen, 1956.<br />

Bùttemeyer, W.<br />

R. Ardigò - Lettere edite ed inedite, Bern, Peter Lang, 1990.<br />

Fraisse, P. - Piaget, J.<br />

Traité de Psychologie Expérimentale. I. Histoire et Méthode, P. U. F., Paris,<br />

1963.<br />

Frege, G.<br />

Logik, in Scritti postumi, a cura di H. Kermes, F. Kambartel, F. Kaulbach<br />

e collaborazione di G. Gabriel, W. Roedding (ed. <strong>italiana</strong> a cura di E.<br />

Picardi, Bibliopolis, Napoli, 1987).<br />

Gentile, G.<br />

// tramonto <strong>del</strong>la <strong>cultura</strong> siciliana, Bologna, Zanichelli, 1919.<br />

Gentile, G.<br />

Le origini <strong>del</strong>la filosofia contemporanea in Italia (voi. II), G. Principato,<br />

Messina, 1921.


236 BIBLIOGRAFIA GENERALE<br />

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Storia <strong>del</strong>la Filosofia <strong>italiana</strong>, Sansoni, Firenze, 1969 (introduzione di E.<br />

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// pensiero filosofico e pedagogico <strong>nella</strong> prima metà <strong>del</strong>l'Ottocento, in L.<br />

Geymonat, Storia <strong>del</strong> pensiero filosofico e scientifico, Garzanti, Milano,<br />

1973, IV, 22.<br />

Gobetti, P.<br />

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Epistemologie de la psychologie, in J. Piaget, Logique et connaissance scien-<br />

tifique, La Plèiade, Paris, 1967.<br />

Guzzo, A.<br />

Breve Storia <strong>del</strong>la Filosofia, I, Luigi Loffredo, Napoli, 1936.<br />

Husserl, E,<br />

Idee per una fenomenologia pura ed una filosofia fenomenologica, trad. it.<br />

Einaudi, Torino, 1965.<br />

Kennedy, H. C.<br />

Peano. Storia di un matematico, Boringhieri, Torino, 1983.<br />

Leibniz, G. G.<br />

Scritti di <strong>Logica</strong>, a cura di F. Barone, Bologna, Zanichelli, 1968.<br />

Leibniz, G.G.<br />

Saggio sulla Caratteristica, Leibniz e la <strong>Logica</strong> Simbolica, Sansoni, Firenze,<br />

1973.<br />

Liguori (de) G.<br />

Materialismo e scienze <strong>del</strong>l'uomo - 11 dibattito su scienza e filosofia nell'Italia<br />

<strong>del</strong> secondo Ottocento, Bertani, Verona, 1991.<br />

Marhaba, S.<br />

Lineamenti <strong>del</strong>la Psicologia Italiana: 1870-1945, Giunti e Barbèra, Firenze,<br />

1981.<br />

Piaget, J.<br />

Introduction a l'epistemologie génétique. I: La pensée mathématique,<br />

P. U. F., Paris, 1950 (consultata II edizione 1973).


BIBLIOGRAFIA GENERALE 237<br />

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Le Langage et la pensée chez l'enfant (Preface de E. Caparcele), Delachaux<br />

et Niestlé, Neuchàtel, 1923 (tr. it. Giunti e Barbèra, Firenze, 1962).<br />

Piaget, J.<br />

Logique et connaissance scientifique, Gallimard, Paris, 1967.<br />

Risse, W.<br />

Bibliographia <strong>Logica</strong>, Band II, Georg Olms Verlagsbuchandlung Hildes-<br />

heim, New-York, 1973.<br />

Scholz, H.<br />

Abriss der Geschichte der Logik, Verlag Karl Alberg. Freiburg-Mùnchen,<br />

1" ed. 1931, 2" ed. 1959 (consultato nell'edizione francese, H. Scholz,<br />

Esquisse d'une histoire de la Logique, Aubier-Montaigne, Paris, 1968).<br />

Tommasi, A.<br />

« Alle origini <strong>del</strong>la Psicologia <strong>italiana</strong>: Paolo Mantegazza e la <strong>psicologia</strong><br />

positiva », Storia <strong>del</strong>la Psicologia, 3 (1), 1991, 49-62.


INDICE DEGLI AUTORI<br />

II carattere corsivo sarà riferito alle note dei vari capitoli.<br />

Allievo G., 211, 211,228<br />

Altieri L., 15, 15, 228<br />

Amenduni G., 100, 100, 228<br />

Andreasi A., 103, 103, 105, 228<br />

Aporti R, 33<br />

Ardigò R, 36, 43, 55, 56, 105, 106, 109,<br />

122, 216,228<br />

Aristotele, 11, 30, 82, 92, 117, 119, 162,<br />

168, 189, 208, 218<br />

Arnaud A., 12, 87, 146, 147, 200, 228<br />

Bacone F., 39, 45, 93, 118<br />

Bain A., 102, 134, 135<br />

BaldwinJ., 107, 126, 128,235<br />

Balmes G., 79, 79, 80, 84, 188, 207, 216,<br />

228<br />

Barbera L., 87, 87, 89-91, 218, 228<br />

Barone F., 61, 131, 147, 149, 149, 153,<br />

156, 156, 157, 204, 235<br />

Baumeister F. C., 151, 151<br />

Beccaria C., 9<br />

Bellavitis G., 92, 92, 228<br />

Bellofiore B., 15, 18, 79, 185, 228<br />

Benecke G. F., 48<br />

BenthamJ., 8,227<br />

Benzoni R, 109, 105>, 228<br />

Benussi V., 2<br />

Bernard C., 85<br />

Berti D., 119, 211<br />

Bertini G. M., 69,94, 94, 95, 97,200,228<br />

Bichat M. F. X., 39<br />

Billia L. M., 41, 41, 99, 229<br />

Binet A., 128<br />

Bini V., 19, 19, 229<br />

Binswanger L., 53<br />

Biondi A., 35, 43, 210, 229<br />

BobbaR, 118,229<br />

Bochensky J. M., 199, 201, 202, 235<br />

Bois Reymond (de), 102<br />

Bonatelli F., 65, 65, 66, 66, 67, 69,<br />

71, 71, 72, 138, 139, 158, 216, 217,<br />

229<br />

Bonelli L., 15, 15, 229<br />

Bonghi R, 115, 115, 122,229<br />

Bonucci F., 84<br />

Boole G., 118, 126, 132, 133, 137, 138,<br />

141, 202, 227<br />

Boselli P., 95<br />

Bottura P., 24, 24, 187, 206, 208, 229<br />

Bourdon E., 47<br />

Brangero L., 203, 203, 229<br />

Bratsberger, 155<br />

Brentano F., 53, 57, 112, 126<br />

Buchner E., 40<br />

Buttemeyer W., 235<br />

Caldi G., 120, 120, 229<br />

Calzi G., 196, 196, 197, 229<br />

Campiagna G. B., 34, 210, 229<br />

Cangiano F., 35, 229


Cantoni C., 33, 65, 65, 66, 69, 70, 72, 75,<br />

95, 166, 216, 216, 229<br />

Capello A., 95<br />

Cappellazzi A., 121, 121, 159, 217, 229<br />

Capponi G., 33<br />

Caroli G., 75, 100, 100, 213, 220, 224,<br />

224, 227, 230<br />

Cassina U.,132<br />

Cananeo C., 9, 9, 45, 216, 216, 230<br />

CattelJ.M. K., 47<br />

Cavour C. B., 42, 115<br />

Centofanti S., 71<br />

Ceretti?., 118, 115,230<br />

Cesca G., 102, 102, 230<br />

CharcotJ. B. E., 132<br />

Chiarolanza A., 93, 218, 218, 230<br />

Cicchitti-Suriani R, 30, 137, 137, 194,<br />

230<br />

Claparède E., 126, 127, 127<br />

Colecchi O., 29, 29, 31, 32, 224, 230<br />

Compte A., 103<br />

Condillac, 13, 20, 22, 31-33, 36, 72, 209,<br />

226, 230<br />

Conti A., 116, 116, 191, 195, 197, 230<br />

Coppino M., 95<br />

Corico R, 57, 57, 189, 221<br />

Corte P. A., 83, 83, 230<br />

Cousin V., 29<br />

Credaro L., 137<br />

Crusius C. A., 152, 153<br />

Cuoco V., 9, 10<br />

Curci C., 81<br />

Cusani S., 46<br />

Cuvier G. L., 126<br />

D'Acquisto B., 25, 25, 26, 62, 63, 230<br />

D'Alfonso N., Ili, 111, 113, 230<br />

Dandolo G., 104, 104, 106, 195, 196,<br />

230<br />

DarjesJ. C, 15, 152<br />

Darwin C., 40<br />

Del Zio R, 226, 226, 230<br />

Demolli P., 1<br />

Descartes R, 11, 117, 146, 147<br />

Di Giovanni V,, 25, 41, 41, 43, 44, 63,<br />

71, 189, 189, 191, 211, 230, 231<br />

Dillac, 8<br />

Diviso R, 117, 189,231<br />

Dominicis S. (de), 33, 66<br />

DonatelliE., 71,231<br />

INDICE DEGLI AUTORI 239<br />

Donders F. C., 48, 50<br />

Draghetti A., 15, 15, 186, 206, 208, 231<br />

Eberhard, J. A., 155, 156<br />

Enriques F., 141<br />

Errerà A., 119, 192, 192, 212, 231<br />

Euclide, 97<br />

Eulero L., 194<br />

Falco F. M., 84, 84, 85, 86, 86, 98, 209,<br />

212,231<br />

Fechner G. T., 40, 48, 66<br />

FederJ.G.H., 153<br />

Ferrari A., 136, 136,221,231<br />

Ferrari G. C., 2, 40, 126<br />

Ferrata A., 109, 109, 193,231<br />

Feuerbach L. A., 40<br />

FichteJ. G., 117<br />

Fiorentino F., 54,222,231<br />

Florenzi Waddington M., 84, 84, 140,<br />

231<br />

Pomari V., 225, 225<br />

Fraisse P., 235<br />

Franceschinis F. M., 27, 27, 36, 71, 85,<br />

231<br />

Franchi A., 27, 32, 36, 36, 37, 41, 43, 73,<br />

81,53,231<br />

Frege G., 52, 54, 129, 133, 157, 235<br />

Friess J. F., 47<br />

Gabelli A., 44, 44, 56, 231<br />

Galilei G., 87, 88, 201<br />

Gallo C., 1<br />

Galluppi P., 29, 29, 32, 33, 33, 35, 37,<br />

43,56, 85,209,210,213,231<br />

Galton F., 48, 128<br />

Galvani L., 20<br />

Garelli V., 37, 37, 71, 50, 188, 207, 215,<br />

224,231<br />

Garibaldi G., 10<br />

Garin E., 159<br />

Gatti S., 46<br />

Gattico E., 1<br />

Gemelli A., 2<br />

Genovesi A., 13, 13, 14, 176, 177, 216,<br />

231<br />

Gentile G., 8, 27, 32, 44, 46, 56, 58, 70,<br />

51, 95, 95, 97, 106, 119, 132,159,235,<br />

236<br />

Geymonat L., 8, 12, 58, 65, 66, 236


240 INDICE DEGLI AUTORI<br />

Gianandrea R., 18, 185, 231<br />

Gigli M., 15, 15,231<br />

Gioberti V., 9, 41, 98,100, 117, 22J, 226<br />

Goia M., 10, 10, 22, 40<br />

Giuseppe II (Asburgo), 9<br />

Gizzi G. G., 73, 134, 134, 135, 194, 231<br />

Gobetti P., 95, 236<br />

Goethe W., 7<br />

Gravaghi A., 86, 94,94,231<br />

Greco P., 144, 236<br />

GrizeJ.B., 6<br />

Guzzo A., 22, 56, 66, 236<br />

Hall S., 47<br />

Hamann J. G., 7<br />

Hamilton W., 72, 78, 134, 140, 227, 231<br />

Hartman, 53<br />

Hegel G. W. F., 7, 22, 41, 41, 46, 84,<br />

100,117,126,134,136,162,183,188,<br />

199, 200, 202, 213, 216, 226<br />

Helmholtz H., 48, 50, 68, 74, 79, 87, 126<br />

Helvetius, 13<br />

Herbart J. F., 48, 109<br />

Herder G., 7<br />

Hering E., 48<br />

Herschel J. F. W., 40, 140<br />

Humboldt W. (von), 7<br />

Hume D., 36<br />

Husserl E. G., 53, 135, 236<br />

Inghignoli S., 23,231<br />

Ispano P., 200<br />

Jaeger (de), 48<br />

James W., 126-128<br />

JanetP., 51, 132<br />

Jaspers K., 53<br />

Jevons W. S., 118, 126, 129, 137, 156,<br />

157, 157, 227, 232<br />

Jouffroy T., 85<br />

Jungius J., 201<br />

Kant I., 22, 23, 29, 30, 32, 35, 38, 44, 69,<br />

70, 92, 117-119, 126, 130, 131, 132,<br />

134, 136, 139, 151, 152, 154-156, 161,<br />

199, 200, 202, 227<br />

Kennedy H. C., 132, 236<br />

KepleroJ., 201<br />

Kiesow F., 2, 56<br />

Knutzen M., 151<br />

Kraepelin, 47<br />

Kroman, 68<br />

Kuelpe O., 47<br />

Lagrange J. L., 83<br />

Lambert J. H., 133, 162,202<br />

Lambruschini R., 33<br />

Lange, 103<br />

Larominguiere, P., 36<br />

Leibniz G. G., 102, 133, 139, 146, 146,<br />

147, 147, 148, 148, 149,150,152,155,<br />

160, 163, 168, 201, 202, 236<br />

Liberatore M., 27, 32, 32, 81, 81, 82, 85,<br />

99, 114,216,232<br />

Ligori (de) G., 236<br />

LockeJ., 23, 29, 36, 36<br />

Lombroso C., 128<br />

Longo A., 9<br />

Lorenzoni A., 22, 22, 232<br />

Lotze R. H., 66, 66, 69, 122, 133, 139<br />

Lunati G., 179, 179, 180, 184, 232<br />

Maas, 155<br />

Macchiavelli N., 123<br />

Maglione S., 222<br />

Maine Biran (de) M. F. P., 32<br />

Mako P., 16, 16, 186, 205, 232<br />

Malebranche N., 28<br />

Mamiani T., 37, 42, 42, 43, 95<br />

Mamini C., 72, 72, 216, 232<br />

Mangione C., 1<br />

Mannano S., 27<br />

Mantegazza P., 58, 232<br />

Manzoni A., 41, 115<br />

Marchesini G., 109, 110, 195, 232<br />

Marhaba S., 56, 59, 65, 66, 114, 236<br />

Maria Teresa (d'Asburgo), 9<br />

Martinazzoli A., 137, 137, 194<br />

Mascheroni F. G., 186<br />

Masci F., 132, 132, 232<br />

Mattiusi G., 121, 121, 222, 232<br />

Mazzoni D., 46<br />

Meier G., 152, 152<br />

Mestica F., 79, 79, 232<br />

Michette A., 47<br />

Mili J. S., 39, 40, 46, 50, 53, 73, 85, 92,<br />

95, 102, 103, 118, 119, 123, 129, 134,<br />

225, 232<br />

Monti B., 16, 232<br />

Morando G., 197, 214, 214, 232


Morello R, 43, 43, 44, 232<br />

Morgan (de) A., 118, 126, 137, 140, 227<br />

Morselli E., 128<br />

Musarti R. C., 127<br />

Nagy A., 73, 132, 132, 133-135, 194,<br />

232<br />

Nicole R, 12, 87, 146, 147, 200, 228<br />

Novalis (Hardemberg) von G. P. F., 7, 8<br />

Odone A., 1<br />

Ornato L, 94, 95, 95<br />

Panizza M., 57<br />

Paoli A., 98, 178, 178, 184,232<br />

Pascal B., 118, 146<br />

Passerini G., 46<br />

Peano G., 1-3, 6, 73, 131-133, 132, 135-<br />

137, 139, 140, 194<br />

Pecci G., 81<br />

PeirceC. S., 131, 133<br />

Pestalozza A., 36, 36, 38, 82, 83, 210,<br />

213,233<br />

PeyrettiG.B., 41,41, 71,233<br />

Piaget]., 6, 107, 127, 141, 144, 237<br />

Pieralisi V., 99, 99, 190, 208, 208, 233<br />

Pio IX, 42, 179<br />

Fiatone, 170<br />

Ploucquet G., 133<br />

Poletti F., 73, 73, 76, 80, 233<br />

Poli B., 26, 26, 209, 233<br />

Puccianti G., 98, 98, 223<br />

Quaranta M., 65, 66<br />

Reid T, 33<br />

Renan E., 40, 66<br />

ReuschJ. D., 151, 151<br />

RibotT. A., 51<br />

Riehl A., 109<br />

Risse W., 237<br />

Romagnosi G., 9, 10, 10, 17, 22, 24, 36,<br />

40, 123, 176, 177, 184, 209, 216, 216,<br />

233<br />

Romano G., 63, 80, 84, 233<br />

Roselli S. M., 14, 233<br />

Rosmini A., 9, 9, 36, 41, 42, 43, 73, 82,<br />

83, 85, 92, 99,100, 115, 120,139,211,<br />

223, 227<br />

RousseauJ.J., 14, 102, 194<br />

INDICE DEGLI AUTORI 241<br />

Roverelli L., 20<br />

Russell B., 132<br />

Sala E., 119,119,120, 195, 197,207,233<br />

Sanctis (de) S., 2, 29, 128<br />

Sanseverino G., 32, 81<br />

Sarlo (de) F., 57, 233<br />

Sauri (abate di), 184, 185, 205, 208, 233<br />

Savio C. F., 123, 123, 140, 233<br />

SchellingF.W.J., 7, 84<br />

Schiavi L., 122, 122, 221, 233<br />

SchillerJ.C.F., 7<br />

Schlegel F., 7, 8<br />

Scholz, H., 11, 11, 147, 147, 161, 162,<br />

199, 201, 201, 237<br />

Schopenhauer A., 7<br />

Schròder E., 132, 133, 137, 194<br />

Schulz, 103<br />

Semmola M., 21, 71, 210, 212, 212, 233<br />

Sergi G., 128<br />

Settembrini L., 29<br />

Severini L., 102, 102, 105, 180, 234<br />

Signorelli T., 81<br />

Simonetti O., 197, 234<br />

Soave F., 19, 19, 72, 174, 184, 191-193,<br />

205, 208, 234<br />

Sordi D., 81<br />

Sordi S., 81<br />

Spaventa B., 29, 46, 132, 234<br />

Spearman C., 47<br />

SpencerH., 119, 126,227<br />

Spinoza B., 202<br />

Stampa S., 41<br />

Stiattesi A., 167, 167, 234<br />

Stumpf C, 112<br />

Taine H. A., 40<br />

Tamagna}., 14, 14, 234<br />

Tapparelli L., 32<br />

Tari A., 119<br />

Tarino P., 97, 181, 184, 191, 195, 197,<br />

219, 220, 234<br />

Tarozzi G., 122, 122, 128, 197, 234<br />

Thumming L. F., 151<br />

Tisato R, 6J<br />

Titchener E. B., 47, 126, 128<br />

Tocco F., 71, 234<br />

Tocqueville C. A. H., 115<br />

Tommasi A., 237<br />

Tommasi S., 44


242 INDICE DEGLI AUTORI<br />

Tommaso d'Aquino, 121<br />

Tracy (de) D., 20, 20, 31<br />

Tren<strong>del</strong>emburg A., 66, 134<br />

Ulrich, 155<br />

Vailati G., 2<br />

Valdarnini A., 41, 41, 57, 107-110, 221,<br />

222,234<br />

Varisco B., 66, 138, 138, 139, 194, 234<br />

Vera A., 46, 216, 226<br />

Verri A., 9<br />

Verri P., 9<br />

Vico G. B., 10,43, 88<br />

Villa G., 57<br />

Volta A., 20<br />

Wagner G., 146, 146<br />

Warren G. K., 47<br />

Weber E. H., 48<br />

Whateley, 40<br />

Whewell W., 140<br />

Winkler C., 151<br />

Wolff C. F., 15, 22, 32, 130, 148, 149,<br />

149, 150, 151, DI, 152, D2, 153-155,<br />

158,160,161,163,167,176,182,183,<br />

185, 202,234<br />

Wundt W., 47-50,52-55,57, 6?, 82,104,<br />

109, 112, 126-128, 133-135, 165, 234<br />

Zantedeschi F., 24, 24, 187, 234<br />

Zenone, 208<br />

Snelli M. F., DI, 234<br />

Zitto G., 192, 192, 193, 222, 234


Finito di stampare nel mese di giugno 1995<br />

da La Grafica & Stampa editrice s.r.l., Vicenza

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