Il libretto - Radio Rai

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14 Q u a n d o D o n i z e t t i p a r l a f r a n c e s e una struttura musicale più varia e articolata, vicende e personaggi meno schematici, orchestrazione e armonizzazione più attente e accurate; ce lo conferma anche Richard Wagner, che viveva a Parigi quando Donizetti vi presentò le sue prime opere francesi: “[...] i maestri italiani per poter osare di presentarsi al pubblico parigino s’industriano di appropriarsi le grandi virtù della scuola francese; essi, come Donizetti dimostrò dianzi a tutto suo onore nella Favorite, tendono con ogni cura a una elaborazione formale più fine e più nobile, [...] a un sicuro rilievo dei caratteri, soprattutto alla soppressione di quei triviali e monotoni accessori, a quei mezzucci stereotipati e mille volte abusati di cui l’odierna maniera italiana ha una sì misera abbondanza [...]”. L’opera francese era diversa non soltanto per lingua ma anche e soprattutto per generi, argomenti, convenzioni, forme e, in definitiva, più complessa e sofisticata. Talvolta lo scarto tra i due stili era netto, talvolta si trattava di minime differenze, perché dopo quasi un secolo di reciproci scambi le distanze si erano ridotte: comunque un compositore italiano, scrivendo per Parigi, non doveva mai commettere l’errore d’ignorare la sottile ma essenziale differenza di fondo, consistente in quel quid inafferrabile eppure inconfondibile che si definisce spirito francese. In conclusione, erano necessari molti e vari talenti per affermarsi nella capitale francese: Donizetti li possedeva tutti. Era stato una prima volta a Parigi nel 1835, per la prima rappresentazione assoluta del Marin Faliero al Théâtre Italien, che era un’enclave italiana in terra francese, dove si rappresentavano solo opere italiane in lingua italiana, cosicché un compositore proveniente dalla penisola vi si trovava come a casa sua e non doveva far nulla di diverso rispetto a quando componeva per Napoli, Venezia, Roma o Milano. Vi tornò una seconda volta nell’ottobre del 1838, per le riprese, ancora al Théâtre Italien, di due opere già rappresentate in Italia, Roberto Devereux e L’elisir d’amore. Questo viaggio aveva anche un altro e più ambizioso scopo: un contratto con l’Opéra per due nuove opere. E altri contratti si aggiunsero di lì a poco, cosicché Donizetti si trovò in un intrico d’impegni con tre diversi teatri parigini, che egli stesso così cercava di sintetizzare in una lettera del 9 ottobre 1839: “Nella settimana entrante comincio le prove au grand’Opéra per il Poliuto [il titolo definitivo fu
Q u a n d o D o n i z e t t i p a r l a f r a n c e s e «Imjages d’Épinal». Tavole con figurine di soldati e vivandiere (Milano, Raccolta delle Stampe «Achille Bertarelli», provenienti dalla collezione Tonini). Fabbrica Pellerin, Chasseurs à pied, circa 1860. Les Martyrs]. Intanto, avendo fatto, strumentato e consegnato una piccola opera all’Opéra-Comique, in un mese od al più fra quaranta giorni sarà data e sarà per il debutto della Bourgeois. Vedrai dal manifesto che due ne ho promesse alla Renaissance, ossia La Fiancé du Tyrol sarà il Furioso amplificato, L’Ange de Nisida [il titolo definitivo fu La favorite] sarà nuova e così passerò il mio inverno in tre teatri all’infuori della grande [Le duc d’Albe, rimasta incompiuta e rappresentata postuma] che devo consegnare ora au grand’opéra per il primo dell’anno venturo”. La “piccola opera” per il teatro dell’Opéra-Comique cui si accenna in questa lettera è proprio La fille du régiment, che però fu rappresentata qualche mese dopo la data prevista da Donizetti, l’11 febbraio 1840. Alla prima l’accoglienza fu freddina, ma già alla seconda le cose andarono 15
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