Scienze sociali e dottrina sociale della Chiesa Carlo ... - Meic Marche

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30.05.2013 Views

Più che a livello di dottrina sociale della Chiesa, l’argomento è stato prevalentemente trattato all’inizio a livello di etica (e talvolta di deontologia). Si può pensare che anche per questo la Chiesa di questo secolo non abbia all’origine assunto un ruolo di guida nel rapido evolversi delle comunicazioni sociali, privilegiando di solito forme tradizionali di comunicazione, quali ad esempio i fogli informativi di limitata sofisticazione tecnica. Va notato però da un lato che tali canali hanno mantenuto una non trascurabile efficacia nella formazione popolare, mentre d’altro canto in certi casi la comunicazione sociale di ispirazione cattolica ha saputo recepire rapidamente tecnologie all’avanguardia e grandi capacità di gestione professionale: si pensi ad esempio al lavoro dei Paolini. In conclusione, vi è ora in genere molta più agilità operativa e confidenza coi media (in Italia, gli spot televisivi per le offerte deducibili ne sono un esempio) e quindi una migliore attitudine comunicativa, testimoniata in particolare dal buon livello raggiunto dall’editoria cattolica, da alcuni periodici e anche dai tentativi sperimentati in campo radio-televisivo. Tuttavia, per stare sul mercato dei media, i contenuti della comunicazione di massa risultano fortemente condizionati dalle esigenze tecniche della «notiziabilità», il che nella società contemporanea spesso non incoraggia un’adeguata diffusione dei messaggi connessi alla dottrina sociale della Chiesa. Quanto all’aiuto che la sociologia potrebbe fornire alla dottrina sociale della Chiesa in tema di comunicazione, a livello macro-sociologico non sembra opportuno indicare aspetti contenutistici particolarmente originali: per loro natura infatti le comunicazioni sociali riguardano temi di generale interesse. Si tratta allora di valorizzare, anche sul piano metodologico, le modalità espressive di alcuni comunicatori efficaci, capaci di educare a cogliere nei valori la possibilità di rispondere ad esigenze perenni, quindi degne di interesse anche per l’opinione pubblica di oggi: non si deve pensare solo al papa, ma anche a personalità quali i cardinali Martini e Tonini, padre Gheddo o mons. Ravasi. Enorme invece potrebbe essere, a livello micro-sociologico, l’aiuto alla Chiesa in generale per comunicare meglio nelle relazioni locali, di gruppo e «faccia a faccia». In questi casi, l’obiettivo può essere quello di elevare l’efficacia di forme comunicative tradizionali, ma capillarmente diffuse, quali la stampa cattolica minore o le stesse omelie festive. Anche riguardo alle indicazioni di approfondimento che la sociologia potrebbe ricavare dalla dottrina sociale della Chiesa in tema di comunicazione, occorre distinguere tra le diverse modalità comunicative utilizzate in contesti «faccia a faccia», di gruppo piccolo o grande, di massa. Si potrebbe ad esempio applicare l’analisi del contenuto alla dottrina sociale della Chiesa, probabilmente con qualche interessante risultato di ricerca, ma con più modesti impatti sociali. Molto più utili sembrerebbero studi empirici sulle modalità di comunicazione diretta: nel primo annuncio, nella predicazione, nella missione, nella catechesi dell’iniziazione cristiana, nella formazione permanente, nella direzione spirituale… Sotto certi aspetti, sarebbe facile ipotizzare che la comunicazione ecclesiale (ma che dire allora della comunicazione accademica?) non risponde alle modalità, spettacolari e concitate, diffuse nei nostri tempi: l’abitudine fin da bambini all’uso del telecomando televisivo sembra privilegiare i messaggi brevi e sloganistici, le frasi ad effetto assai poco adatte a trasmettere valori alla società odierna. Tuttavia, non si deve affatto concludere affrettatamente che le forme espressive costruite nei più sofisticati laboratori comunicativi siano le migliori possibili, e nemmeno che siano vantaggiose nel lungo periodo, anche in termini di pura efficacia. Si possono anzi immaginare effetti di saturazione, insofferenza per la mancanza di spontaneità degli atteggiamenti, ricerca di occasioni per una personale rielaborazione di messaggi più impegnativi e meno commerciali: non a caso, il potere non effimero dei maestri di pensiero si manifesta ancor oggi nella tradizionale capacità di vincolare i loro ascoltatori a tempi, codici e forme retoriche della comunicazione quasi contrapposti a quelli appena accennati.

8. Ambiente Si può sostenere che la dottrina sociale della Chiesa abbia da sempre correttamente affrontato le tematiche ambientali, anche se all’inizio in forma implicita, attraverso l’invito a considerare la creazione come un sistema di risorse al servizio di tutta l’umanità, risorse che devono essere rispettate e trasmesse alle generazioni future. Tuttavia, l’incidenza sociale di questi principi sui comportamenti concreti appare problematica, perché non regge all’analisi critica il mito romantico di una società tradizionale rispettosa dell’ambiente e armonicamente inserita in esso. In forma più esplicita, come è noto, interventi papali ed episcopali recenti hanno messo a tema l’ambiente come risorsa non rinnovabile, che l’umanità ha in custodia e che appare minacciata da modalità scorrette di sviluppo. È evidente la necessità di rispondere con questo da un lato alle crescenti preoccupazioni ecologiche, dall’altro all’esigenza di evitare atteggiamenti fisiocentrici, dove la natura appare un idolo assoluto, a cui tutto va sottoposto, anche dimenticando l’uomo. Ancor oggi, dunque, l’incidenza della dottrina sociale della Chiesa non sembra prevalere culturalmente e socialmente nel mondo contemporaneo. Si direbbe anzi che nella società odierna convivano schizofrenicamente: da un lato, un assoluto disprezzo e sfruttamento brutale dell’ambiente; dall’altro, un’esaltazione sfrenata dell’ambiente in sé, senza alcuna relazione con il bene dell’uomo. Vanno tuttavia riconosciuti alcuni risultati positivi ottenuti dalla Santa Sede nei consessi internazionali, in particolare quando si è trattato di collocare entro contesti più corretti e completi i dati sulla crescita demografica, rifiutando i toni catastrofistici di certo ecologismo occidentale. Per valutare l’entità dell’apporto della sociologia ambientale (o eco-sociologia) alla dottrina sociale della Chiesa, occorre premettere che questo sotto-settore disciplinare di ricerca è relativamente giovane, ed è indirizzato per il momento all’esplorazione di temi di analisi collegati solo indirettamente alla dottrina sociale della Chiesa vera e propria. Tuttavia, nella forma dell’ecologia umana, l’analisi sociologica ha messo in evidenza fin dalle sue origini le situazioni di marginalità e di esclusione sociale esistenti sul territorio: si può dunque affermare che, collegando l’ambiente fisico (naturale o urbanizzato) con l’ambiente sociale e relazionale, si pongono alcune premesse importanti per affrontare problematiche di grande rilevanza ai fini di una promozione umana compatibile con i diritti delle generazioni future. Quanto alle indicazioni di approfondimento che la sociologia ambientale può ricavare dalla dottrina sociale della Chiesa, è probabile che un miglioramento del modesto livello di interazione si potrebbe ottenere se la sociologia mettesse maggiormente a tema aspetti etici e normativi di base, collegati a problemi quali lo sviluppo sostenibile, la biodiversità, il consumo energetico, l’approvvigionamento alimentare e idrico. In conclusione, l’etica ambientale appare oggi come un ponte di importanza strategica tra la sociologia e la dottrina sociale della Chiesa. Così come osservato per i media, anche a proposito di ambiente si intravedono per questa via alcune strategie interessanti di politica internazionale, che aprono grandi prospettive di intervento nelle società globali che si vanno consolidando.

8. Ambiente<br />

Si può sostenere che la <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> abbia da sempre correttamente affrontato<br />

le tematiche ambientali, anche se all’inizio in forma implicita, attraverso l’invito a considerare la<br />

creazione come un sistema di risorse al servizio di tutta l’umanità, risorse che devono essere<br />

rispettate e trasmesse alle generazioni future. Tuttavia, l’incidenza <strong>sociale</strong> di questi principi sui<br />

comportamenti concreti appare problematica, perché non regge all’analisi critica il mito<br />

romantico di una società tradizionale rispettosa dell’ambiente e armonicamente inserita in esso.<br />

In forma più esplicita, come è noto, interventi papali ed episcopali recenti hanno messo a tema<br />

l’ambiente come risorsa non rinnovabile, che l’umanità ha in custodia e che appare minacciata da<br />

modalità scorrette di sviluppo. È evidente la necessità di rispondere con questo da un lato alle<br />

crescenti preoccupazioni ecologiche, dall’altro all’esigenza di evitare atteggiamenti fisiocentrici,<br />

dove la natura appare un idolo assoluto, a cui tutto va sottoposto, anche dimenticando l’uomo.<br />

Ancor oggi, dunque, l’incidenza <strong>della</strong> <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> non sembra prevalere<br />

culturalmente e socialmente nel mondo contemporaneo. Si direbbe anzi che nella società odierna<br />

convivano schizofrenicamente: da un lato, un assoluto disprezzo e sfruttamento brutale<br />

dell’ambiente; dall’altro, un’esaltazione sfrenata dell’ambiente in sé, senza alcuna relazione con il<br />

bene dell’uomo. Vanno tuttavia riconosciuti alcuni risultati positivi ottenuti dalla Santa Sede nei<br />

consessi internazionali, in particolare quando si è trattato di collocare entro contesti più corretti e<br />

completi i dati sulla crescita demografica, rifiutando i toni catastrofistici di certo ecologismo<br />

occidentale.<br />

Per valutare l’entità dell’apporto <strong>della</strong> sociologia ambientale (o eco-sociologia) alla <strong>dottrina</strong><br />

<strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong>, occorre premettere che questo sotto-settore disciplinare di ricerca è<br />

relativamente giovane, ed è indirizzato per il momento all’esplorazione di temi di analisi collegati<br />

solo indirettamente alla <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> vera e propria. Tuttavia, nella forma<br />

dell’ecologia umana, l’analisi sociologica ha messo in evidenza fin dalle sue origini le situazioni di<br />

marginalità e di esclusione <strong>sociale</strong> esistenti sul territorio: si può dunque affermare che, collegando<br />

l’ambiente fisico (naturale o urbanizzato) con l’ambiente <strong>sociale</strong> e relazionale, si pongono alcune<br />

premesse importanti per affrontare problematiche di grande rilevanza ai fini di una promozione<br />

umana compatibile con i diritti delle generazioni future.<br />

Quanto alle indicazioni di approfondimento che la sociologia ambientale può ricavare dalla<br />

<strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong>, è probabile che un miglioramento del modesto livello di interazione<br />

si potrebbe ottenere se la sociologia mettesse maggiormente a tema aspetti etici e normativi di<br />

base, collegati a problemi quali lo sviluppo sostenibile, la biodiversità, il consumo energetico,<br />

l’approvvigionamento alimentare e idrico. In conclusione, l’etica ambientale appare oggi come un<br />

ponte di importanza strategica tra la sociologia e la <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong>. Così come<br />

osservato per i media, anche a proposito di ambiente si intravedono per questa via alcune<br />

strategie interessanti di politica internazionale, che aprono grandi prospettive di intervento nelle<br />

società globali che si vanno consolidando.

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