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Scienze sociali e dottrina sociale della Chiesa Carlo ... - Meic Marche

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- quanto ha avuto semplicemente il valore di una «previsione corretta» <strong>della</strong> necessaria<br />

evoluzione dei rispettivi sistemi, magari favorita da correnti di pensiero non riconducibili alla<br />

<strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong>;<br />

- quanto potrebbe essere ricondotto davvero all’applicazione <strong>della</strong> <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong>,<br />

ad esempio nella difesa <strong>della</strong> proprietà privata, purché finalizzata socialmente nel quadro <strong>della</strong><br />

destinazione universale dei beni terreni.<br />

In particolare, deve essere sottolineata una certa affermazione, almeno teorica, del principio<br />

secondo cui «il lavoro è per l’uomo» (quindi, la persona non deve essere asservita all’economia):<br />

tuttavia, questo appare ancor oggi un obiettivo <strong>sociale</strong> non raggiunto, nonostante il coerente<br />

insegnamento <strong>della</strong> <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> fin dalle origini.<br />

Si apre a questo punto un dibattito molto ampio sulle diverse forme di politica economica e del<br />

lavoro sperimentate o teorizzate con tali finalità: dal sistema ad economia mista applicato anche in<br />

Italia al sistema polacco proposto negli anni Ottanta da Solidarnosc; dal sistema tedesco a<br />

sussidiarietà diffusa ad altri sistemi co-gestionali e partecipativi ideati nel Nord Europa<br />

(laburismo, socialdemocrazia) e altrove (ex-Iugoslavia, Israele).<br />

Una realistica lettura delle trasformazioni dei mercati e dell’impresa, soprattutto dopo il crollo<br />

di quasi tutti i regimi a <strong>sociali</strong>smo reale, può indubbiamente favorire l’approfondimento <strong>della</strong><br />

<strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> riguardo al lavoro. La sociologia infatti è interessata all’analisi dei<br />

cambiamenti in atto, con diretto riferimento anche agli effetti <strong>sociali</strong> indotti al di fuori del sistema<br />

strettamente produttivo (ad esempio: l’incidenza delle tecnologie sull’uso <strong>sociale</strong> del tempo; gli<br />

effetti <strong>della</strong> terziarizzazione sulle pratiche abitative, familiari, ricreative; le forme di alienazione<br />

indotte dall’attività lavorativa; il trasferimento dei modelli di gestione propri dell’impresa sulle<br />

realtà associative, culturali, partitiche, sindacali ecc.).<br />

Come sia possibile tradurre in pratica i principi <strong>della</strong> solidarietà e <strong>della</strong> sussidiarietà nelle<br />

politiche economiche e nei modelli concreti di comportamento già sperimentati, o comunque<br />

proponibili, nella società odierna appare un’indicazione di approfondimento assai feconda, che la<br />

sociologia può ricavare dalla <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong>.<br />

Si pensi ad esempio agli attuali dibattiti sull’economia informale e sul cosiddetto «terzo<br />

settore», comprendente attività non profit di self help e di mutual help; alle imprese<br />

cooperative e allo studio dell’interazione tra partecipazione ed efficienza nelle imprese; ai<br />

meccanismi di regolazione <strong>sociale</strong> dell’economia.<br />

3. Organizzazione dello stato<br />

Per valutare l’incidenza <strong>della</strong> <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> sulle diverse forme di<br />

organizzazione dello stato, andrebbe premesso che la <strong>Chiesa</strong>, molto opportunamente, si è di<br />

norma astenuta dal proporre modelli concreti di organizzazione statuale, trattandosi in linea<br />

tecnica di soluzioni strumentali, che possono essere finalizzate a disegni politici molto diversi.<br />

L’attenzione a tenere distinti i piani dell’azione pastorale e dell’azione politica sembrerebbe<br />

rafforzata nei tempi più recenti, fino ad una sostanziale separazione: ad esempio, il medesimo<br />

richiamo esplicito al principio di sussidiarietà recepito nel trattato di Maastricht e a livello di singoli<br />

Stati sembra avere poco a che vedere con la sostanza <strong>della</strong> <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong>.<br />

Analogamente, la difficoltà pratica di riproporre oggi ad esempio in Italia il corporativismo dopo<br />

l’esperienza fascista, oppure il federalismo dopo la lettura leghista, non toccano alla radice la<br />

possibilità teorica di creare attraverso quei principi organizzazioni statuali rispettose <strong>della</strong> <strong>dottrina</strong><br />

<strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong>; né viceversa esperienze pratiche come quella dei gesuiti in Paraguay<br />

assumono valore paradigmatico in altri tempi e luoghi.<br />

Se si procede oltre i modelli organizzativi, la <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> di questi ultimi<br />

decenni risulta quasi sempre, nelle sue più compiute formulazioni, chiaramente incompatibile con

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