Scienze sociali e dottrina sociale della Chiesa Carlo ... - Meic Marche

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30.05.2013 Views

ha sempre conosciuto soltanto la televisione. Nel momento in cui viene proiettato nel mondo si porta dietro il telecomando e reagisce alle situazione sgradevoli cercando di cambiare canale. È una metafora, certamente, ma assai indicativa del limite intrinseco dei media. Paradossalmente questo limite agisce anche rispetto ai contenuti dei media stessi, che non riescono sempre a penetrare, anche quando sono utili e positivi, in una dimensione propriamente e profondamente culturale della persona. Si limitano a offrire poco più che procedimenti, ma non producono relazioni vitali, che sono l’ambito in cui si costituisce una cultura come dimensione unitaria dell’esistenza dell’uomo storico. Vi è dunque la necessità di rifondare una dimensione autenticamente culturale che si confronti con i media senza moralismi ma anche senza cedimenti, e che riscopra l’importanza mai venuta meno del radicamento della persona in un sapere e in una visione del mondo coerente e non eterodiretta. A partire da qui si potrà immaginare una strategia verso i media che recuperi i loro contenuti positivi inserendoli in una visione complessiva e in una capacità autentica di discernimento. Questa capacità diviene tanto più importante nel momento in cui la risorsa che maggiormente viene a mancare nella fruizione di comunicazione è il tempo, che i media spesso conducono a sperperare in una fruizione poco attenta e poco parsimoniosa della propria vita; non a caso uno dei messaggi di Giovanni Paolo II invitava proprio a una fruizione dei media autonoma e libera sia nei tempi che nei modi, una fruizione che non ostacoli lo svolgimento di attività e lo sviluppo di interrelazioni più fondamentali, come quelle che si giocano all’interno della famiglia. Il secondo obiettivo fondamentale è costituito dal ripensamento del ruolo e dell’organizzazione del sistema formativo. Nel momento in cui la rapidità di informazione e di accesso ai media surclassa le potenzialità della scuola; nel momento in cui i parametri della scuola moderna sono messi in crisi da un nuovo rapporto fra media e istituzioni formative, non ci si può illudere di risolvere ogni problema semplicemente rivendicando oltre ogni evidenza la centralità della scuola. La realtà è che oggi al centro del processo formativo non vi sono più istituzioni salde, ma l’individuo. Occorre dunque al più presto formulare un progetto formativo integrale che redistribuisca tra famiglia, media e istituzioni formative classiche il compito dell’educazione. Questo non significa, naturalmente, dare ai media i compiti che devono essere della scuola; semmai chiedere a quest’ultima, ma prima ancora alla famiglia, e a quelle comunità solidali che dalla famiglia sono generate, un ruolo sempre più marcato di diffusione della cultura viva e di forme che consentano una dimensione di unitarietà vitale (che ben si accorda con il pluralismo, a patto che esso sia inteso in senso non contraddittoriamente relativistico) di apprendimento: la provenienza dei contenuti e la loro articolazione verrebbero così proiettate in un’orbita più marginale, a tutto vantaggio degli autentici valori formativi 46 . Milano, novembre 1995 46 Hanno discusso e collaborato alla stesura di questo testo Piermarco Aroldi, Fausto Colombo, Ruggero Eugeni, Armando Fumagalli, Barbara Gasparini, Chiara Giaccardi, Anna Manzato, Cristiana Ottaviano, Giorgio Simonelli, Marina Villa, Nicoletta Vittadini.

1. Premessa EDOARDO TEODORO BRIOSCHI LA COMUNICAZIONE D’AZIENDA La comunicazione d’azienda si trova alla confluenza di due particolari ambiti disciplinari: da un lato, quello della comunicazione e, in modo particolare, della comunicazione sociale; dall’altro, quello dell’economia dell’azienda, da cui l’attività suddetta viene ad essere impiegata quale componente delle proprie strategie e, di conseguenza, quale fattore delle diverse combinazioni produttive. Da rilevare, altresì, che la trattazione della comunicazione d’azienda nella sua vastità ed unitarietà - da cui l’espressione «comunicazione totale» - risale al più agli anni Settanta nel nostro paese come pure in altri ritenuti pubblicitariamente più avanzati - tra cui l’ambiente anglosassone, peraltro attestato sul concetto più strumentale che strategico di «comunicazione integrata». Va in ogni caso qui richiamato che, quando si ricorre all’espressione «comunicazione totale», si vuole mettere in rilievo che qualsiasi elemento (a partire dalla denominazione stessa dell’azienda), aspetto (a cominciare dalla stessa sede) ed attività dell’azienda contribuisce al comunicare di questa - e non solo, quindi, le più note e citate attività (di pubblicità anziché di relazioni pubbliche o di promozione delle vendite) - e, pertanto, alla definizione di una sua identità e, tramite questa, di una sua immagine 47 . Se tutto comunica, se cioè, più esattamente, è l’istituto aziendale nei suoi caratteri e nelle sue manifestazioni all’origine della comunicazione, allora l’esigenza di finalizzare e di coordinare sia i primi che le seconde - affinché venga appunto offerta dell’azienda una specifica identità e promossa una adeguata immagine - condurrà a governare l’istituto in esame secondo una particolare ottica, che viene appunto definita «ottica di comunicazione» 48 . Le considerazioni qui svolte, mentre intendono chiarire l’ambito che verrà di seguito investigato, si propongono altresì di anticipare le possibili sovrapposizioni od integrazioni con la trattazione riguardante gli altri ambiti disciplinari, nonché di sottolineare lo stato di progressivo consolidamento in cui ancora si trova la trattazione scientifica concernente la comunicazione d’azienda. 2. L’incidenza della dottrina sociale sulle attività di comunicazione dell’azienda Il ricorso crescente e sistematico dell’azienda alle attività di comunicazione - ad iniziare dalla pubblicità - avviene nella seconda metà dell’Ottocento (in particolare con gli anni Ottanta e Novanta) ad opera dell’impresa sorta dalla rivoluzione industriale di circa un secolo prima. 47 La comunicazione d’azienda negli anni Novanta, a cura di E. T. Brioschi, numero monografico di «Comunicazioni Sociali», 3/4, 1990, pp. 225 ss. e 295 ss. 48 E. T. Brioschi, Marketing e comunicazione: evoluzione di un rapporto, in Attualità del pensiero di Antonio Renzi nel contesto evolutivo della tecnica economica, Atti della Giornata di studi in corso di pubblicazione.

1. Premessa<br />

EDOARDO TEODORO BRIOSCHI<br />

LA COMUNICAZIONE D’AZIENDA<br />

La comunicazione d’azienda si trova alla confluenza di due particolari ambiti disciplinari: da un<br />

lato, quello <strong>della</strong> comunicazione e, in modo particolare, <strong>della</strong> comunicazione <strong>sociale</strong>; dall’altro,<br />

quello dell’economia dell’azienda, da cui l’attività suddetta viene ad essere impiegata quale<br />

componente delle proprie strategie e, di conseguenza, quale fattore delle diverse combinazioni<br />

produttive.<br />

Da rilevare, altresì, che la trattazione <strong>della</strong> comunicazione d’azienda nella sua vastità ed<br />

unitarietà - da cui l’espressione «comunicazione totale» - risale al più agli anni Settanta nel nostro<br />

paese come pure in altri ritenuti pubblicitariamente più avanzati - tra cui l’ambiente anglosassone,<br />

peraltro attestato sul concetto più strumentale che strategico di «comunicazione integrata».<br />

Va in ogni caso qui richiamato che, quando si ricorre all’espressione «comunicazione totale»,<br />

si vuole mettere in rilievo che qualsiasi elemento (a partire dalla denominazione stessa<br />

dell’azienda), aspetto (a cominciare dalla stessa sede) ed attività dell’azienda contribuisce al<br />

comunicare di questa - e non solo, quindi, le più note e citate attività (di pubblicità anziché di<br />

relazioni pubbliche o di promozione delle vendite) - e, pertanto, alla definizione di una sua identità<br />

e, tramite questa, di una sua immagine 47 .<br />

Se tutto comunica, se cioè, più esattamente, è l’istituto aziendale nei suoi caratteri e nelle sue<br />

manifestazioni all’origine <strong>della</strong> comunicazione, allora l’esigenza di finalizzare e di coordinare sia i<br />

primi che le seconde - affinché venga appunto offerta dell’azienda una specifica identità e<br />

promossa una adeguata immagine - condurrà a governare l’istituto in esame secondo una<br />

particolare ottica, che viene appunto definita «ottica di comunicazione» 48 .<br />

Le considerazioni qui svolte, mentre intendono chiarire l’ambito che verrà di seguito<br />

investigato, si propongono altresì di anticipare le possibili sovrapposizioni od integrazioni con la<br />

trattazione riguardante gli altri ambiti disciplinari, nonché di sottolineare lo stato di progressivo<br />

consolidamento in cui ancora si trova la trattazione scientifica concernente la comunicazione<br />

d’azienda.<br />

2. L’incidenza <strong>della</strong> <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> sulle attività di comunicazione dell’azienda<br />

Il ricorso crescente e sistematico dell’azienda alle attività di comunicazione - ad iniziare dalla<br />

pubblicità - avviene nella seconda metà dell’Ottocento (in particolare con gli anni Ottanta e<br />

Novanta) ad opera dell’impresa sorta dalla rivoluzione industriale di circa un secolo prima.<br />

47 La comunicazione d’azienda negli anni Novanta, a cura di E. T. Brioschi, numero monografico di<br />

«Comunicazioni Sociali», 3/4, 1990, pp. 225 ss. e 295 ss.<br />

48 E. T. Brioschi, Marketing e comunicazione: evoluzione di un rapporto, in Attualità del pensiero di<br />

Antonio Renzi nel contesto evolutivo <strong>della</strong> tecnica economica, Atti <strong>della</strong> Giornata di studi in corso di<br />

pubblicazione.

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