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Scienze sociali e dottrina sociale della Chiesa Carlo ... - Meic Marche

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ha sempre conosciuto soltanto la televisione. Nel momento in cui viene proiettato nel mondo si<br />

porta dietro il telecomando e reagisce alle situazione sgradevoli cercando di cambiare canale. È<br />

una metafora, certamente, ma assai indicativa del limite intrinseco dei media. Paradossalmente<br />

questo limite agisce anche rispetto ai contenuti dei media stessi, che non riescono sempre a<br />

penetrare, anche quando sono utili e positivi, in una dimensione propriamente e profondamente<br />

culturale <strong>della</strong> persona. Si limitano a offrire poco più che procedimenti, ma non producono<br />

relazioni vitali, che sono l’ambito in cui si costituisce una cultura come dimensione unitaria<br />

dell’esistenza dell’uomo storico. Vi è dunque la necessità di rifondare una dimensione<br />

autenticamente culturale che si confronti con i media senza moralismi ma anche senza cedimenti,<br />

e che riscopra l’importanza mai venuta meno del radicamento <strong>della</strong> persona in un sapere e in una<br />

visione del mondo coerente e non eterodiretta.<br />

A partire da qui si potrà immaginare una strategia verso i media che recuperi i loro contenuti<br />

positivi inserendoli in una visione complessiva e in una capacità autentica di discernimento.<br />

Questa capacità diviene tanto più importante nel momento in cui la risorsa che maggiormente<br />

viene a mancare nella fruizione di comunicazione è il tempo, che i media spesso conducono a<br />

sperperare in una fruizione poco attenta e poco parsimoniosa <strong>della</strong> propria vita; non a caso uno<br />

dei messaggi di Giovanni Paolo II invitava proprio a una fruizione dei media autonoma e libera sia<br />

nei tempi che nei modi, una fruizione che non ostacoli lo svolgimento di attività e lo sviluppo di<br />

interrelazioni più fondamentali, come quelle che si giocano all’interno <strong>della</strong> famiglia.<br />

Il secondo obiettivo fondamentale è costituito dal ripensamento del ruolo e dell’organizzazione<br />

del sistema formativo. Nel momento in cui la rapidità di informazione e di accesso ai media<br />

surclassa le potenzialità <strong>della</strong> scuola; nel momento in cui i parametri <strong>della</strong> scuola moderna sono<br />

messi in crisi da un nuovo rapporto fra media e istituzioni formative, non ci si può illudere di<br />

risolvere ogni problema semplicemente rivendicando oltre ogni evidenza la centralità <strong>della</strong> scuola.<br />

La realtà è che oggi al centro del processo formativo non vi sono più istituzioni salde, ma<br />

l’individuo. Occorre dunque al più presto formulare un progetto formativo integrale che<br />

redistribuisca tra famiglia, media e istituzioni formative classiche il compito dell’educazione.<br />

Questo non significa, naturalmente, dare ai media i compiti che devono essere <strong>della</strong> scuola;<br />

semmai chiedere a quest’ultima, ma prima ancora alla famiglia, e a quelle comunità solidali che<br />

dalla famiglia sono generate, un ruolo sempre più marcato di diffusione <strong>della</strong> cultura viva e di<br />

forme che consentano una dimensione di unitarietà vitale (che ben si accorda con il pluralismo, a<br />

patto che esso sia inteso in senso non contraddittoriamente relativistico) di apprendimento: la<br />

provenienza dei contenuti e la loro articolazione verrebbero così proiettate in un’orbita più<br />

marginale, a tutto vantaggio degli autentici valori formativi 46 .<br />

Milano, novembre 1995<br />

46 Hanno discusso e collaborato alla stesura di questo testo Piermarco Aroldi, Fausto Colombo,<br />

Ruggero Eugeni, Armando Fumagalli, Barbara Gasparini, Chiara Giaccardi, Anna Manzato, Cristiana<br />

Ottaviano, Giorgio Simonelli, Marina Villa, Nicoletta Vittadini.

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