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Scienze sociali e dottrina sociale della Chiesa Carlo ... - Meic Marche

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<strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> mette a fuoco è quello di come dare spazio a un maggior protagonismo <strong>della</strong><br />

famiglia come soggetto attivo di comunicazione, come interlocutore delle emittenti, degli editori e<br />

anche degli investitori pubblicitari, che sono la vera anima - o il sangue, se si preferisce - di molte<br />

imprese di comunicazione.<br />

Emerge nettamente anche in questo campo l’importanza del principio di sussidiarietà, che<br />

qualche volta potrebbe magari essere stato inteso e interpretato come una semplice negazione<br />

del collettivismo: al contrario, la sua radice -e di conseguenza la sua portata- antropologica è<br />

assai vasta e offre ambiti di piena applicazione anche nel settore <strong>della</strong> comunicazione.<br />

C’è infatti una dimensione vitale che è la radice del senso di tutte le attività strutturali, (quelle<br />

che potremmo ricondurre ai due grandi ambiti dello stato e del mercato): è questo fondo vitale<br />

che costituisce, nel suo significato più proprio, la società; ed è di questo fondo, che è ethos,<br />

cultura 39 , che vivono gli uomini, mettendo in discussione le pretese dirigistiche del tecnosistema in<br />

cui sono inserite anche le grandi imprese di comunicazione. Questo ambito dell’ethos si struttura<br />

in «provincie finite di senso», in comunità solidali, in società intermedie di cui la famiglia è la<br />

prima e la più importante. È proprio dalla famiglia come forma radicale di solidarietà e come<br />

primo motore di un insieme di comunità intermedie che può venire l’energia <strong>sociale</strong> che si<br />

opponga alla spersonalizzazione e al dominio delle grandi strutture, anche di quelle comunicative.<br />

Nel passaggio, che alcuni sociologi stanno descrivendo per questi anni ’90, dal Welfare State<br />

alla Welfare Society c’è un forte cambio di accento sulla stessa nozione di Welfare che le viene<br />

dal sostantivo che la accompagna: si passa dalla connotazione passivista di prestazioni ricevute a<br />

una nozione di qualità <strong>della</strong> vita che è intesa, soprattutto, come attiva partecipazione alla<br />

costruzione del bene comune. Il fallimento dell’ideologia del Welfare Stafe ha reso ormai chiaro<br />

che la vita <strong>sociale</strong> acquista qualità non quando è garantita una erogazione paritaria di servizi<br />

burocratizzati, ma quando ai suoi attori viene permesso di realizzare i loro progetti vitali, e se<br />

necessario essi vengono aiutati a portarli a termine. Questo mette in luce l’importanza - anche<br />

nel settore dei media, dove qualcosa si è mosso, ma si può fare molto di più - dello sviluppo <strong>della</strong><br />

partecipazione, attraverso tutti i tipi di forme intermedie: dalle associazioni di ascoltatori al<br />

Consiglio consultivo degli utenti, dal cineforum di quartiere a una pay-tv in cui i soci-abbonati<br />

abbiano davvero la possibilità di intervenire sulla scelta e la progettazione dei programmi. Da<br />

questo punto di vista, anche le strutture a rete, con diversi livelli di integrazioni successive, che si<br />

stanno costituendo nel campo del giornalismo (quando per es. si integrano diverse strutture, dalle<br />

più capillari e localistiche via via verso le più centralizzate, collaborando in modo che ciascuna<br />

mantenga un proprio livello di autonomia), si presentano come un’interessante attuazione - fra le<br />

molte possibili - di questi principi.<br />

Un altro campo di sviluppo possibile - qui forse più direttamente rivolto al lavoro teorico<br />

segnalato, almeno implicitamente, dalle indicazioni <strong>della</strong> <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong>, è l’opportunità di una più<br />

approfondita comprensione del rapporto fra narrativa (scritta e audiovisiva) e proposta-diffusione<br />

di valori. È un tema intuito chiaramente e più volte richiamato negli interventi magisteriali 40 e<br />

nelle sue linee di fondo è certamente patrimonio comune anche dell’intuito critico di operatori e<br />

commentatori. Tuttavia si tratta di un tema che - poiché non è stato oggetto di un particolare<br />

approfondimento teorico (con precisi motivi di storia delle idee su cui non ci soffermiamo) - è<br />

stato messo un po’ in secondo piano dalla critica più colta, che nelle sue analisi testuali si è<br />

piuttosto fermata sulla componente cognitiva dei testi, indagando poi le strategie del darsi del<br />

testo ai fruitori (componente pragmatica). Questo ha fatto passare in secondo piano la<br />

componente etico-valoriale, che non solo è sempre presente all’interno di un testo, anche<br />

narrativo, ma è anche una dimensione assai importante -spesso anzi prevalente- <strong>della</strong> fruizione<br />

39 Cfr. Giovanni Paolo II all’Unesco, 2 ottobre 1980.<br />

40 Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata delle comunicazioni <strong>sociali</strong>, 24 gennaio 1995.

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