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Scienze sociali e dottrina sociale della Chiesa Carlo ... - Meic Marche

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Dati i limiti sopra elencati, in queste note si cercheranno le possibili influenze reciproche<br />

principalmente a livello di ottica adottata, di impostazione dei problemi, tenendo però conto che gli<br />

obiettivi che ci si pone di fronte differiscono di molto quando ci si muove in un campo o nell’altro<br />

e da un livello all’altro.<br />

La Sollicitudo rei <strong>sociali</strong>s afferma: «La <strong>Chiesa</strong> non ha soluzioni tecniche da offrire ... Essa,<br />

infatti, non propone sistemi o programmi economici e politici, né manifesta preferenze per gli uni<br />

o per gli altri, purché la dignità dell’uomo sia debitamente rispettata e promossa» (n. 41). La<br />

<strong>dottrina</strong>, dunque, non si propone né di fare teoria né di dettare politiche o soluzioni. Ciò su cui<br />

insiste è la centralità dei riflessi o delle conseguenze sull’uomo come metro di valutazione e di<br />

giudizio tanto <strong>della</strong> pratica quanto <strong>della</strong> teoria.<br />

Per quel che riguarda la teoria, chi conosce i profondi cambiamenti, se non le inversioni di<br />

rotta (ed occorre tener presente che anche le strade che si sono dimostrate cieche hanno<br />

prodotto conoscenza, e proprio quella conoscenza che ha portato a rivedere il proprio percorso<br />

sapendo almeno qualcosa in più dei perché dei problemi che occorre affrontare), che questa ha<br />

subito negli ultimi decenni non può che approvare un simile prudente distacco. D’altra parte,<br />

questo atteggiamento spinge a chiedersi se la teoria abbia nulla da dire a chi elabora la <strong>dottrina</strong><br />

<strong>sociale</strong>. Quel che la teoria può offrire sembra essere una mappa almeno tentativa delle possibili<br />

connessioni, eventualmente dei legami causali, tra caratteristiche di un assetto o di certi modi e<br />

regole di comportamento e i riflessi sulla vita umana.<br />

Si è tentati di fare invece una contrapposizione tra posizione del magistero pontificio, che privilegia<br />

un’analisi dei meriti e dei limiti di assetti diversi per la vita e lo sviluppo <strong>della</strong> persona, e<br />

quella di altri corpi ecclesiali che, costretti dall’urgenza di molte situazioni, sono spesso tentati di<br />

trarre subito implicazioni di condanna o di approvazione di situazioni e misure contingenti. Per far<br />

questo, sembrerebbe necessario un uso molto più pesante <strong>della</strong> teoria in quanto si deve adottare<br />

e credere in qualcuna di esse per giustificare la propria condanna o approvazione, e qui, qualche<br />

volta, l’adesione avviene, forse non sempre con piena consapevolezza, con cuore assai meno<br />

diviso di quello degli adepti che pure sostengono la medesima.<br />

Chi si trova di fronte problemi concreti non deve, e forse semplicemente non può, rassegnarsi<br />

alla semplice denuncia dei mali del mondo, soprattutto quando questi colpiscono altri, e altri che<br />

non sono in grado di difendersi da soli. Ma forse sarebbe prudente, e comunque sembrerebbe<br />

sensato, distinguere ciò che si può, o sarebbe desiderabile, fare in una certa situazione (di fronte<br />

a quel particolare stato di bisogno, tenuto conto che è uno dei molti stati di bisogno tra cui si è<br />

costretti a scegliere) da ciò che sembrerebbe risolvere il problema alla radice (che si presenti<br />

uno stato di bisogno). Da fonte autorevole e non sospetta (almeno in certi ambienti, si spera),<br />

sappiamo che la povertà non è destinata a scomparire fin che dura questo mondo mentre è ovvio<br />

che certi poveri possono essere aiutati e certe povertà alleviate pur di sostenere costi, che è comunque<br />

bene precisare, e sacrificare il perseguimento di altri obiettivi.<br />

Forse, in questo momento in particolare, v’è una sottovalutazione <strong>della</strong> pratica intelligente<br />

rispetto alla teoria generale (ma è anche vero che la pratica intelligente è un bene di molto più<br />

scarso, costoso e difficile da individuare e reperire <strong>della</strong> teoria anche buona). Dire che ci sono<br />

vie d’uscita quando non è così chiaro che esistano, invece di guardare le singole realtà e<br />

mettersi, o spingere altri, a una paziente ricerca, può essere avventato e pericoloso sia dal punto<br />

di vista <strong>della</strong> soluzione dei problemi in questione, sia, e forse soprattutto, per coloro che si<br />

vogliono aiutare. Occorre ammettere che, e probabilmente in questo campo più che in altri,<br />

siamo lontani dall’onnipotenza, cosa certamente dolorosa ma, per chi crede, anche provvidenziale<br />

e misteriosamente salvifica.<br />

La posizione di chi lavora all’esegesi e alla sistematizzazione <strong>della</strong> <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> nei confronti<br />

<strong>della</strong> teoria sembra essere più complessa. Potenzialmente è il tramite tra chi fa teoria e chi deve<br />

elaborare la <strong>dottrina</strong> e viceversa, e dunque chi possiede, da un lato gli strumenti teorici, non solo

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