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Scienze sociali e dottrina sociale della Chiesa Carlo ... - Meic Marche

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Si fanno avanti così i diritti fondamentali dell’uomo, che sono originari e poggiano anzitutto sul<br />

dovere etico generalizzato. Questi diritti sono intoccabili e anche irrinunciabili da parte dei loro<br />

stessi portatori. Si collocano in questa prospettiva le sofferte parole dell’ultima enciclica laddove<br />

si segnala la «sorprendente contraddizione» di «un’epoca in cui si proclamano solennemente i<br />

diritti inviolabili <strong>della</strong> persona e si afferma pubblicamente il valore <strong>della</strong> vita» e nel contempo «lo<br />

stesso diritto alla vita viene praticamente negato e conculcato, in particolare nei momenti più<br />

emblematici dell’esistenza, quali sono il nascere e il morire». Gli attentati alla vita, dice il papa,<br />

rappresentano «una minaccia frontale a tutta la cultura dei diritti dell’uomo… una minaccia<br />

capace, al limite, di mettere a repentaglio lo stesso significato <strong>della</strong> convivenza democratica: da<br />

società di “conviventi”, le nostre città rischiano di diventare società di esclusi, di emarginati, di<br />

rimossi e soppressi».<br />

Da queste premesse di fondo si fa sgorgare la distinzione tra ciò che è assoluto e ciò che è<br />

essenzialmente storicizzabile. La classificazione dei diritti dell’uomo costituisce già un passaggio<br />

alla storicizzazione che avviene appunto attraverso la loro definizione e la loro attuazione. Si<br />

misura allora, anche in questa versione <strong>della</strong> storicità dei poteri e dei diritti, la distanza non solo<br />

dalle concezioni totalitarie (nessuno può asservire i diritti umani), ma anche dalle dottrine liberali,<br />

giacché i diritti che lo stato deve proteggere e coordinare sono appunto innati e sono tra loro<br />

coerenti non secondo un criterio di potere politico, ma appunto nella luce <strong>della</strong> persona.<br />

Sembrerebbe che, riflettendosi sull’integrità <strong>della</strong> persona umana, questi diritti si aggiustino a<br />

vicenda, in modo che nessuno diventi così pesante da scompensare la coesistenza delle chances<br />

dell’uomo. È assai significativo che il diritto al lavoro compaia fin dall’origine nella <strong>dottrina</strong><br />

<strong>sociale</strong> come attuazione e potenziamento <strong>della</strong> personalità e strumento di esplicazione <strong>della</strong><br />

missione dell’uomo. Ed è significativo che le libertà ottocentesche vengano, per così dire,<br />

raccolte in un superiore e riassuntivo diritto alle libertà (sane e oneste): e che il rispetto <strong>della</strong><br />

coscienza altrui possa esprimersi nella «prudente tolleranza di ciò che non è obiettivamente<br />

conforme a verità e giustizia».<br />

Questa impostazione, tutta tenuta sul piano dell’ascendenza naturale o divina dello stato, rende<br />

già in un certo senso secondario il discorso sulla forma istituzionale e sulle strutture organizzative.<br />

Prima si debbono enunciare i principi (lo aveva già rilevato il Mortati nello scritto sulla Costituente<br />

del 1945), e poi da questi principi debbono dedursi le norme secondarie per opera dell’interprete.<br />

I principi hanno assolutezza e quindi esprimono una barriera in confronto alla volontà dello stato:<br />

enunziare diritti e doveri delle persone nei confronti dello Stato è pertanto preliminare alla<br />

definzione delle forme organizzative. Passando a queste, il loro principio ispiratore nasce dalla<br />

composizione di due cose apparentemente contradditorie: il controllo del potere senza esautorarlo<br />

e il conferimento ad esso di forza e di garanzie.<br />

3. Forme organizzative<br />

Il passaggio più importante è però quello nel quale l’attività dell’assemblea costituente viene<br />

posta al confronto del principio rappresentativo. Non basta invero che il popolo elegga i suoi<br />

rappresentanti, ma occorre che esso sia messo in grado di esprimere continuamente ed<br />

estesamente il proprio pensiero politico. La volontà popolare insomma non può soddisfarsi <strong>della</strong><br />

rappresentanza, ma deve rispecchiare il diritto originario del popolo di imporre delle norme e dei<br />

limiti all’assemblea, la quale così non esaurisce in sé la struttura costituente, giacché questa<br />

comprende anche il popolo ed è quindi una struttura complessa. Democrazia rappresentativa e<br />

democrazia diretta debbono perciò comporsi saggiamente.<br />

Che la volontà popolare non debba degenerare in una dittatura <strong>della</strong> maggioranza, ma debba<br />

conciliarsi con i diritti delle minoranze e dei più deboli, proprio in ragione <strong>della</strong> democraticità dello<br />

stato e dell’osservanza dei diritti, appare nella <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> come alcunché di implicito

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