Scienze sociali e dottrina sociale della Chiesa Carlo ... - Meic Marche
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La Settimana del 1945, nell’articolazione e nella successione delle varie lezioni, compone un<br />
quadro completo e suggestivo non solo dei problemi di fondo allora affrontati nella nuova realtà<br />
politico-istituzionale, ma anche dei diversi sentimenti, sensibilità e professionalità e competenza<br />
scientifica dei relatori: quasi la registrazione dell’indagine sullo stato e sul diritto <strong>della</strong> parte<br />
cattolica <strong>della</strong> <strong>dottrina</strong> italiana specializzata nello studio delle istituzioni. Questo fu certo un<br />
avvenimento da apprezzarsi non solo sotto il profilo storico ma anche in relazione all’esperienza<br />
di oggi, nella quale riemergono così frequentemente gli interrogativi affrontati allora. Per la<br />
prima volta infatti la cultura cattolica si è trovata a misurarsi con immediatezza con le difficoltà<br />
<strong>della</strong> ricostruzione dello stato; ha dovuto cioè affrontare la traduzione in formule, o soltanto in<br />
proposte, dei principi o dei postulati <strong>della</strong> coscienza, <strong>della</strong> cultura e dell’esperienza del mondo<br />
cristiano.<br />
Si comprende così come da parte di tutti, ma di alcuni in particolare (ad es. Messineo e<br />
Lanza), la prospettiva <strong>della</strong> nuova Costituzione sia stata vissuta e pensata anzitutto, se non<br />
soprattutto, in chiave di relazione tra diritto naturale e diritto positivo. Chi era il signore del potere<br />
costituente? Se questo signore era il popolo pensato come sovrano, occorreva mettere a nudo la<br />
fonte primaria di questa sovranità, proprio per razionalizzarla nella sua origine e per conoscerne la<br />
legittimazione rispetto al grande compito da affrontare: il che voleva dire scoprire anzitutto la<br />
relazione profonda tra l’investitura sovrana e i compiti e gli obblighi coerenti con questa<br />
investitura. Lo stato diviene così l’ambito nel quale questa sovranità trova, più che la sede, la sua<br />
struttura sensibile, ed esso allora deve recare evidenti le tracce dell’origine sovrana ed esserle<br />
costantemente fedele nel corso del processo storicizzante.<br />
Si insiste molto dunque sui fini dello stato: non già nella scia dello stato etico ovvero dello stato<br />
nazionale che domina la società alla stregua di principi artefatti o ricavati da interpretazioni<br />
spesso arbitrarie del principio di nazionalità o <strong>della</strong> storia nazionale, ma perché lo stato ha ragione<br />
d’essere in quanto esso tuteli i valori autentici del popolo e realizzi nei rapporti giuridici i principi<br />
fondamentali <strong>della</strong> convivenza. Questa è una linfa ben viva nel popolo italiano, che trova una<br />
fondamentale ragione di unità proprio nella tradizione cattolica.<br />
Prendendo le mosse da tutto ciò, si fanno emergere dei principi di fondo: il carattere naturale e<br />
comune a tutti gli stati; la subordinazione dei poteri ai fini dello stato; il carattere naturale <strong>della</strong><br />
comunità internazionale e dei rapporti tra le nazioni. E subito ne derivano le linee maestre del<br />
processo di conoscenza: stato e diritto sono in rapporto di derivazione, il secondo dal primo, in<br />
quanto però lo stato sia l’espressione di una società naturale; sono i diritti <strong>della</strong> persona umana<br />
che danno giustificazione <strong>della</strong> funzione protettiva e <strong>della</strong> funzione integrativa e coordinatrice<br />
dello stato. La negazione <strong>della</strong> tirannia e <strong>della</strong> subordinazione dell’uomo al potere va di pari passo<br />
con l’apertura dello stato ai rapporti reciproci nell’ambito di una comunità universale.<br />
2. Diritti fondamentali<br />
Il potere costituente appartiene dunque al popolo come diritto a determinare la forma di<br />
governo e la legge di investitura del potere, ossia l’assetto costituzionale dello stato. Pertanto il<br />
potere costituente incontra dei limiti nell’ordinamento naturale, il quale precede ogni altro limite,<br />
nonché nella volontà del popolo, e nei rapporti con le altre società sovrane. La volontà popolare<br />
limita le facoltà dell’assemblea costituente, però la stessa volontà popolare è limitata in quanto<br />
subordinata all’ordinamento naturale e alle esigenze del bene comune.<br />
A questa visione del potere costituente si riattacca la configurazione dello stato come funzione<br />
di giustizia nei rapporti economico-<strong>sociali</strong>: si afferma espressamente che la struttura organica<br />
dello stato, espressione <strong>della</strong> società civile e quindi del popolo organicamente inteso, non può<br />
andare disgiunta dalla protezione <strong>della</strong> persona umana secondo un intento di giustizia <strong>sociale</strong> e<br />
attraverso l’interazione dell’ordinamento giuridico-politico e di quello economico-<strong>sociale</strong>.