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Scienze sociali e dottrina sociale della Chiesa Carlo ... - Meic Marche

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prescindere da queste dimensioni, si potrà dimostrare molto stupido quando si dovrà far i conti con<br />

il fatto che questo è anche il tipo di lavoro che ci verrà più facilmente sottratto, e su cui cadranno<br />

più pesantemente i costi <strong>della</strong> concorrenza dei paesi dell’Est Europa e di quelli in via di sviluppo<br />

dove questo tipo di lavoro costa molto di meno e forse, da un punto di vista equitativo (di<br />

equilibrio tra Nord e Sud e tra Ovest ed Est), vale molto di più.<br />

La <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> ha sempre avuto attenzione ai meccanismi di interazione. Da<br />

un lato, essi incidono sulle possibilità di, e sulla effettiva realizzazione <strong>della</strong>, scelta di che tipo di<br />

persona essere; d’altro lato, determinano le situazioni in cui le persone si troveranno ad operare.<br />

Questi due aspetti non sono completamente separabili ma, come si è sostenuto, è pericoloso<br />

trascurare le loro diversità.<br />

Una volta eliminati i fraintendimenti non v’è poi tanta contrapposizione tra questo tipo di teorie<br />

e le posizioni solidaristiche che si ritrovano nella <strong>dottrina</strong>; la differenza sta piuttosto nell’analisi dei<br />

problemi che il solidarismo deve risolvere. Da un lato c’è chi mette l’accento sulle buone intenzioni,<br />

i buoi propositi, l’essere attenti agli altri, ecc. Ma il magistero afferma che: «[La solidarietà]…<br />

non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di<br />

tante persone, vicine o lontane» (Sollicitudo rei <strong>sociali</strong>s, n. 38). Queste cose sono certamente<br />

desiderabili e in molti casi necessarie ma nel documento citato si aggiunge: «Al contrario, è la<br />

determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e<br />

di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti» (ibid.). C’è dunque, a mio modo<br />

di vedere, un problema di modi e regole di interazione che occorre affrontare e risolvere; per formulare<br />

questo problema occorre sia definire quali sono gli ambiti di autonomia individuale, sia<br />

definire quali sono le strutture che, pur rispettando il decentramento delle decisioni e l’autonomia<br />

dell’individuo, producono risultati che soddisfano condizioni reputate desiderabili.<br />

C’è gente che muore di fame ed è certamente necessario far sì che abbia da mangiare, ma a<br />

seconda di come questo viene fatto si possono indebolire i meccanismi che hanno prodotto<br />

questa situazione o aggravarli e sembrerebbe che ristabilire le condizioni ed i meccanismi che<br />

consentono a ciascuno di usare la propria autonomia in modo da non trovarsi a morire d’inedia<br />

sia almeno altrettanto importante dell’intervento d’urgenza. Ma di nuovo, questo mette in<br />

evidenza il problema di come le regole e le condizioni di interazione inducono i singoli ad usare<br />

<strong>della</strong> propria autonomia e, in un certo senso, di quanto l’azione <strong>sociale</strong> debba essere sussidiaria<br />

rispetto a quella individuale. La Centesimus annus afferma: «una società di ordine superiore non<br />

deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue<br />

competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità ed aiutarla a coordinare la sua<br />

azione con quella delle altre componenti <strong>sociali</strong> in vista del bene comune» (n. 48).<br />

7. Alcuni dubbi sul ruolo dell’esegesi <strong>della</strong> <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong><br />

Si è argomentato sopra che molti dei temi <strong>della</strong> ricerca teorica recente in economia, in<br />

particolare l’attenzione per la persona e per i meccanismi di interazione, appartengono in realtà<br />

alla tradizione del pensiero cattolico; ciò che le rende diverse è soprattutto il linguaggio e<br />

naturalmente l’ottica adottata in queste discussioni. Se vi è stato un influsso <strong>della</strong> teoria, non è<br />

consistito nell’introduzione di nuovi temi ma piuttosto in un arricchimento dell’articolazione e degli<br />

strumenti di analisi. Per fare un’analisi di questo tipo occorrerebbe comparare documenti<br />

elaborati in periodi diversi, vedere quali sono stati i cambiamenti e quando questi sono avvenuti.<br />

D’altra parte mi sembra molto improbabile che, direttamente, come membri dei comitati<br />

preparatori, o indirettamente, attraverso l’incidenza dei loro contributi su come si fa e cosa si<br />

studia in economia su questi problemi, i maggiori teorici del momento non abbiano avuto un<br />

qualche influsso soprattutto sui documenti più recenti.

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