Scienze sociali e dottrina sociale della Chiesa Carlo ... - Meic Marche
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Informazione ed osservabilità diventano i problemi dominanti quando si abbandona l’ipotesi di<br />
informazione completa e perfetta. Un caso molto studiato è quello del principale-agente; la sua<br />
applicazione tipica è quello del contratto di lavoro quando il datore di lavoro non può specificare<br />
le azioni che il lavoratore dovrà mettere in atto e/o non può verificare l’impegno con cui il<br />
dipendente svolge il suo lavoro; ovviamente ciò si riflette in una qualche indeterminazione<br />
contrattuale ex ante di quale remunerazione verrà riconosciuta al lavoratore dal datore di lavoro<br />
ex post.<br />
Fa grande differenza che l’interazione esaminata sia vista come unica e non ripetuta o che<br />
invece si supponga che la stessa situazione sia destinata a ripetersi un numero non predeterminato<br />
di volte. Il caso di interazioni ripetute porta all’analisi di relazioni potenzialmente durature,<br />
in cui credibilità del rispetto degli impegni all’interno di una relazione e reputazione nei confronti<br />
degli altri membri <strong>della</strong> collettività in vista di altre possibili relazioni contrattuali diventano particolarmente<br />
importanti. E nel discutere le caratteristiche che deve assumere il contratto che si deve<br />
stipulare, specificare le caratteristiche personali dei contraenti, quali obiettivi e dunque anche<br />
quali valori perseguono, di nuovo diventa importante.<br />
Questo tipo di indagini sta alla base del modo in cui si tende a vedere e a studiare il perché<br />
esistono e come funzionano le imprese, le strutture e i modi di operare dei mercati. Generalmente<br />
tendono a spostare l’analisi dal livello macroeconomico a quello microeconomico. Purtroppo non<br />
generano ipotesi facilmente verificabili e in questo campo i risultati negativi, i teoremi di impossibilità,<br />
primo tra tutti quello di Hurwicz, sono molto più forti di quelli positivi.<br />
Anche una volta che si sia ammesso tutto ciò, non sono sicuro che si possa tranquillamente<br />
accantonare queste cose come astratta teorizzazione. L’impressione che dà una certa pastorale è<br />
quella di considerare il lavoro esclusivamente come mezzo per ottenere un reddito, come tempo<br />
sottratto alla vita vera e che la sacrifica. Del resto, la necessità di lavorare (o forse solo quella<br />
del sudore <strong>della</strong> fronte) per procurarsi il pane è sorta solo dopo la cacciata dal Paradiso<br />
Terrestre. Pur essendo in accordo su questo punto, la visione moderna è molto diversa per tutto il<br />
resto dalla visione più antica. Ovviamente, le condizioni in cui si lavora sono cambiate; si pensi a<br />
quante famiglie contadine che lavoravano propri appezzamenti o alle piccole imprese artigianali,<br />
anche queste molte a conduzione familiare, sono scomparse con il passaggio alla fabbrica in<br />
Italia nel dopoguerra. Ed è cambiato di conseguenza anche il contenuto ed il significato del<br />
lavoro.<br />
Ma quando si usa quest’ottica, di quale lavoro e di quale tipo di lavoratori si parla? Date le<br />
caratteristiche di estraneità e di estraneazione, la teoria sopra indicata tenderebbe ad individuarlo<br />
in quello a bassa qualificazione, usato per operazioni di facile standardizzazione che, proprio<br />
perché non richiede grande partecipazione al lavoratore, non pone problemi di verificabilità; non<br />
lo assocerebbe certo a quello dei manager o dell’alta dirigenza e neppure a quello di un comune<br />
impiegato o persino di un garzone dotato di una qualche autonomia. Dal punto di vista<br />
dell’impresa, all’opposto di quello del lavoratore, non esiste un grande interesse ad instaurare un<br />
rapporto potenzialmente continuativo con lavoratori di questo tipo, mentre la potenziale<br />
continuatività è una struttura essenziale per il funzionamento del contratto per lavori diversi.<br />
Vi sono molte ragioni per essere estremamente critici, pur tenendo conto dei vincoli di<br />
realizzabilità, per un’organizzazione e per un uso del lavoro di questo tipo, che certamente<br />
dovrebbe essere ridotta al minimo. La pastorale del lavoro non dovrebbe perciò essere indirizzata<br />
solo ai lavoratori ma, anche se non soprattutto, ai datori di lavoro.<br />
Detto questo, è importante però insistere su quale atteggia mento, quali relazioni si dovrebbero<br />
instaurare tra lavoratore e impresa per realizzare un assetto diverso, quale formazione dovrebbe<br />
darsi e quale ottica dovrebbe adottare il lavoratore per poter realizzare un assetto diverso: se il<br />
lavoro è un diritto, comporta però ben precisi obblighi. Occorre di nuovo recuperare il ruolo ed il<br />
significato del lavoro per la vita <strong>della</strong> persona. E l’essere realisti su cosa vuol dire lavorare oggi, il