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Scienze sociali e dottrina sociale della Chiesa Carlo ... - Meic Marche

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l’insegnamento che proviene dalla <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong>, che il fondamentale compito <strong>della</strong><br />

politica sia quello di edificare il massimo bene possibile per l’uomo, si deduce che tale compito<br />

richiede la capacità di discernere - certamente col supporto degli uomini di scienza - gli spazi<br />

d’azione storicamente e geograficamente più efficaci. La stessa mitizzazione delle società locali,<br />

in cui sembra essere incorsa parte <strong>della</strong> letteratura elaborata nel recente passato dalle scienze<br />

<strong>sociali</strong>, deve allora essere problematizzata, segnatamente alla luce di una rinnovata esigenza di<br />

solidarietà che limiti e corregga la selettività - territoriale e <strong>sociale</strong> - delle attuali dinamiche di<br />

crescita.<br />

4. Un’ultima provocazione che può essere tratta dalla <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> - e che sta<br />

sullo sfondo di tutte le considerazioni che qui abbiamo svolto - è la necessità di non limitarsi a<br />

considerare la dimensione economica dello sviluppo, approfondendone viceversa altresì i<br />

presupposti e le conseguenze di diversa natura. Questa necessità è strettamente connessa, come<br />

ha bene posto in evidenza l’enciclica Populorum progressio, con la consapevolezza<br />

dell’interdipendenza universale che costringe a modificare la concezione stessa dello sviluppo: «Il<br />

vero sviluppo non può consistere nella semplice accumulazione di ricchezza e nella maggiore<br />

disponibilità di beni e servizi, se ciò si ottiene a prezzo del sottosviluppo delle moltitudini, e senza<br />

la dovuta considerazione per le dimensioni <strong>sociali</strong>, culturali e spirituali dell’essere umano»<br />

(Sollicitudo rei <strong>sociali</strong>s, n. 9).<br />

Ora, questa multidimensionalità <strong>della</strong> questione dello sviluppo è stata generalmente indagata<br />

soprattutto con riguardo agli effetti perversi di una concezione strettamente economicista dello<br />

sviluppo stesso, oppure con riguardo alla possibilità di coniugare proficuamente sviluppo<br />

economico e sviluppo <strong>sociale</strong> dando vita ad iniziative imprenditoriali atipiche (si pensi al vasto<br />

settore <strong>della</strong> cosiddetta economia <strong>sociale</strong>) e comunque considerate di importanza marginale<br />

rispetto ai percorsi di crescita del sistema economico complessivo.<br />

È significativo invece sottolineare come negli ultimi anni stia sempre più prendendo piede la<br />

consapevolezza dell’importanza delle relazioni - e quindi, se si vuole, dello sviluppo <strong>sociale</strong> - in<br />

ordine alla stessa crescita economica. Non si tratta soltanto di decretare il definitivo superamento<br />

<strong>della</strong> divisione tra la fabbrica e la società imposta dal modello produttivo fordista, ma altresì di<br />

riconoscere come l’intera fenomenologia economica non possa essere adeguatamente compresa<br />

prescindendo da un’analisi delle componenti umane e <strong>sociali</strong> che ne sono alla base, e in<br />

particolare da un’analisi delle relazioni, non soltanto di natura mercantile, che strutturano il<br />

funzionamento dei sistemi economici contemporanei.<br />

L’ipotesi, ancora in gran parte da esplorare, concerne la proponibilità di una sorta di<br />

«paradigma relazionale» dello sviluppo, cioè di un modello interpretativo, costruito sull’importanza<br />

dell’elemento relazionale, nel quale si possano fare convergere una serie di processi che vanno<br />

dall’evoluzione delle concezioni dell’imprenditorialità e dell’innovazione all’affermazione di<br />

modalità organizzative post-fordiste, dalle nuove configurazioni spaziali dei sistemi produttivi al<br />

ripensamento del ruolo <strong>della</strong> regolazione politica dell’economia e così via 140 . Un modello, in altri<br />

termini, che definisca un sistema economico e la sua competitività a partire dalla sua dotazione di<br />

beni relazionali.<br />

La stessa fenomenologia delle cosiddette nuove povertà può in gran parte essere letta<br />

attraverso una condizione di esclusione dalle reti di relazioni: i nuovi poveri sono gli homeless, gli<br />

immigrati stranieri privi del sostegno dei connazionali, ma sono anche gli abitanti delle periferie<br />

urbane degradate, i disoccupati di lunga durata, gli psicolabili incapaci di relazionarsi agli altri in<br />

140 La natura squisitamente relazionale dell’agire economico è suggestivamente espressa da questo<br />

passo contenuto nella prefazione <strong>della</strong> Laborem exercens: «Il lavoro porta su di sé un particolare segno<br />

dell’uomo e dell’umanità, il segno di una persona operante in una comunità di persone».

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