Scienze sociali e dottrina sociale della Chiesa Carlo ... - Meic Marche
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di cosa si sta effettivamente parlando. Ad esempio, distinguono nettamente i problemi di<br />
coordinamento, che non richiede coinvolgimento nel perseguimento dei fini degli altri giocatori, da<br />
quelli di cooperazione, che invece sembra presupporlo; i primi vanno studiati analizzando il gioco<br />
una volta che lo si sia definito, i secondi incidono invece sul modo in cui si definisce il gioco, ad<br />
esempio, sulle caratteristiche di cui si vuole che godano le funzioni obiettivo di cui sono dotati gli<br />
individui. Ancora, fanno vedere come si possa facilmente essere altruisti, almeno nel senso di<br />
essere interessati al benessere altrui, per motivi terribilmente egocentrici.<br />
Per riferirsi a un caso concreto, si vede spesso utilizzare il dilemma del prigioniero per<br />
illustrare i danni prodotti da una visione egocentrica, che trascura gli interessi <strong>della</strong> parte con cui<br />
ci si trova a giocare, quanto stupido sia comportarsi in maniera egoista e, in questo senso,<br />
immorale. Nel far ciò si mischia il problema del coordinamento con quello <strong>della</strong> scelta del tipo di<br />
persona che si vuol essere. Si può ben sostenere che sia male essere egocentrici e che in alcune<br />
situazioni due persone altruiste finiscono per fare scelte che se fossero fatte dalle persone egocentriche<br />
le porterebbero entrambe ad una posizione preferita a quella che la razionalità nel perseguimento<br />
di obiettivi egocentrici finisce per far loro raggiungere. Il problema è che, sia pure in<br />
situazioni diverse e per motivi diversi, anche persone altruiste possono trovarsi in una situazione<br />
di dilemma del prigioniero e essere indotte dalla razionalità a fare scelte che le portano a una<br />
situazione peggiore di quella che raggiungerebbero se si comportassero come se perseguissero<br />
razionalmente obiettivi egocentrici. Date queste difficoltà, la scelta del meccanismo di coordinamento<br />
deve dunque essere discussa separatamente, almeno da questo punto di vista, da quella<br />
<strong>della</strong> scelta del tipo di persona che si vuole essere.<br />
Si può voler sostenere che se la gente non è egocentrica certe situazioni, o certi giochi, come<br />
quelli del dilemma del prigioniero, con i loro paradossi e i loro costi, non si presenterebbero ma<br />
allora si scoprirebbe anche che è impossibile arrivare alle conclusioni desiderate; al massimo si<br />
riuscirebbe a dimostrare che si presenterebbero meno frequentemente o con minor probabilità. Si<br />
può mettere in discussione il concetto di razionalità impiegato, ma in questo modo si discuterebbe<br />
<strong>della</strong> logica impiegata non <strong>della</strong> moralità. Ma, a parte queste possibilità, si può solo dire se un<br />
gioco è giocato bene, nel senso di razionalmente, o male, irrazionalmente, non che un gioco può<br />
essere giocato in modo morale o in modo immorale. E si può discutere quali effetti abbia giocare<br />
un certo gioco sulla struttura di preferenze, sulla funzione obiettivo di un certo individuo, più in<br />
generale su come percepisce il mondo in cui si trova, ma non quale influenza abbia quella funzione<br />
sul modo in cui un gioco viene effettuato. Ma questo riporterebbe al problema <strong>della</strong><br />
formazione delle persone a cui si è fatto cenno in precedenza.<br />
6. Cenni ai problemi di disegno e valutazione delle istituzioni e dei meccanismi di<br />
interazione<br />
I problemi considerati dalla teoria dei giochi portano ad estendere l’analisi all’individuazione<br />
delle condizioni sulle caratteristiche di un gioco che assicurano, ad esempio, che l’esito sia<br />
almeno efficiente nel senso di Pareto e dunque sulla scelta, quando questo è possibile, del<br />
meccanismo di interazione da adottare. Essi possono dunque essere visti come il primo passo<br />
verso una formulazione del problema del disegno e <strong>della</strong> scelta degli assetti istituzionali.<br />
Occorre osservare che, nel caso particolare in cui tutti adottassero il medesimo criterio di valutazione<br />
degli esiti, scomparirebbero gran parte delle difficoltà a cui si fa cenno ma chi trovasse<br />
quest’ipotesi seducente dovrebbe poi chiedersi, a parte il realismo, cosa essa richieda in termini<br />
di informazione e osservazione delle azioni e dei criteri di valutazione degli altri giocatori per ciascuno<br />
degli agenti e quanto sia compatibile con la preservazione di un’identità personale dell’individuo.