Scienze sociali e dottrina sociale della Chiesa Carlo ... - Meic Marche

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30.05.2013 Views

3. Gruppo famiglia. Può essere di due tipi: - una famiglia che si rende disponibile ad accogliere individui, in prevalenza minori, in situazione di bisogno e svolge come «professione» tale servizio, sia stabilmente, sia in situazioni di emergenza; - famiglia di operatori che svolgono un ruolo di educatori per piccoli gruppi (bambini, adolescenti, handicappati, ecc.) proponendo un modello di vita familiare. c) Autogestione dei servizi. Si ha quando un gruppo di persone che ha un problema ne gestisce insieme le modalità di risposta. La gamma di tali modalità può andare dalle forme più pure di selfhelp alle forme di cogestione. Un esempio del primo tipo può essere un centro per handicappati autogestito dalle famiglie interessate, mentre un esempio del secondo tipo può essere un comitato di gestione di anziani in una casa di riposo, che si occupa di alcuni aspetti organizzativi della struttura. d) Volontariato. Ricordiamo le seguenti forme di volontariato socio-assistenziale, in parte regolamentate dalla legge nazionale n. 266/91 e da diverse leggi regionali: -volontariato che si esercita a livello istituzionale nelle strutture pubbliche; -volontariato di privato-sociale che può esercitarsi entro istituzioni e associazioni, caratterizzato da varie forme di convenzione con l’ente pubblico; - volontariato riconosciuto come utile dall’ente pubblico, ma che non accede allo strumento della convenzione e quindi non entra nei sistemi di controllo pubblico; - volontariato privato spontaneo, non formalmente strutturato, che si muove al di fuori di qualsiasi forma istituzionale di rapporto con il pubblico. e) Cooperazione. Sia le cooperative di servizio in senso stretto, sia le cooperative di produzione e lavoro di tipo solidaristico hanno trovato un supporto legislativo nella legge n. 381/91. Le prime si sono sviluppate sul concetto di mutualità allargata, secondo il quale destinatari dell’attività cooperativa possono essere, oltre ai soci, tutti gli appartenenti al gruppo sociale di riferimento della singola cooperativa: anziani, minori, handicappati, tossicodipendenti, ecc. Nella seconda il lavoro e la produzione sono strumenti per sostenere la socializzazione e la riabilitazione di fasce di popolazione con problemi, in particolare handicappati, malati mentali, ex tossicodipendenti. Come si può notare, con la famiglia di servizio, le varie forme di autogestione dei servizi, il volontariato e la cooperazione sociale ci troviamo di fronte a manifestazioni dell’autonomia sociale che possono essere considerate a pieno titolo anche elementi costitutivi del terzo settore, la cui valorizzazione può - a sua volta - implementare ulteriormente l’autonomia sociale delle comunità. Il terzo settore può allora essere considerato contemporaneamente manifestazione e strumento di tale autonomia, intesa come un’attuazione finalisticamente corretta del principio di sussidiarietà nel campo delle politiche sociali. In tal modo, è possibile evidenziare una connessione organica tra l’insegnamento sociale della Chiesa e la necessità di valorizzare le iniziative solidaristiche - come quelle sopra elencate - che fanno parte integrante del terzo settore. La riscoperta e valorizzazione del terzo settore, accanto allo Stato e al mercato, può dunque essere ricondotta ad una nuova lettura della tradizione solidaristica preesistente all’intervento pubblico in campo socio-assistenziale, che riemerge nella società contemporanea con particolare vigore e con espressioni variegate e molteplici. Per alcuni autori, infatti, la riproduzione del terzo settore è inevitabile nelle attuali società complesse, sia per gli eccessivi costi di transazione di certi servizi, sia per lo scadimento della qualità dei servizi pubblici e per l’eccessivo costo di quelli offerti dal mercato 131 , sia per la continua, molteplice e differenziata espansione della domanda, 131 Ved. A.O. Hirschman, Lealtà, defezione, protesta, Bompiani, Milano 1982 (ed. or. 1970).

che rimane insoddisfatta e che fa emergere, in modo sempre più evidente, la funzione anticipatoria e insostituibile dei gruppi di volontariato 132 . In altri termini, si ha come l’impressione di trovarsi di fronte ad uno sviluppo sociale in cui si riscopre l’importanza di alcuni elementi culturali ed operativi preesistenti, di cui si era come dimenticata l’esistenza e che, in alcuni casi, si era anche cercato (invano) di espellere dalla storia. Ci sembra pertanto legittimo sostenere che per poter superare l’attuale crisi dello Stato sociale è indispensabile recuperare in modo adeguato tali elementi, secondo il vero senso del principio di sussidiarietà. In questo contesto interpretativo, diventa legittimo sostenere che «il terzo diventa primo» 133 , in quanto le iniziative solidaristiche che nelle società complesse vengono fatte rientrare sotto la denominazione di terzo settore, non rappresentano altro che il riemergere del protagonismo originario dei soggetti sociali, che non deve essere usurpato, bensì implementato secondo la logica del principio di sussidiarietà e di quello dell’autonomia sociale delle comunità -inteso in senso solidaristico 134 - all’interno di contesti storici, culturali e istituzionali spesso contraddittori, nel quadro dei grandi cambiamenti che stanno investendo la società contemporanea 135 . È importante, infine, sottolineare che con la promozione di queste forme di autonomia sociale non si intende affatto proporre una riduzione quantitativa dell’impegno, soprattutto economico, dello Stato nel campo dei servizi sociali, bensì una sua mutazione qualitativa, per meglio rispondere agli innumerevoli bisogni presenti nella società, alcuni dei quali rimangono inevasi anche a causa degli sprechi esistenti. In altri termini, rimane irrinunciabile il ruolo dell’ente pubblico, in rapporto ai compiti di programmazione, finanziamento, sostegno, coordinamento e controllo delle molteplici forme di autonomia e di autogestione che scaturiscono dalle aree di intervento che abbiamo richiamato. Si tratta, allora, di trovare le forme e le modalità più idonee per attivare forme sempre più compiute di autonomia sociale, valorizzando tutte le risorse presenti nella società, soprattutto nel contesto attuale, connotato sempre più da un’elevata competitività, che induce comportamenti e orientamenti di natura individualistica, oppure marginalità, emarginazione e devianza, come spesso capita per i più deboli e per i più deprivati dal punto di vista ascrittivo. In questo contesto, che ovviamente implica anche una ridefinizione dei compiti dello stato, diventa sempre più urgente «reincastrare la solidarietà nella società» 136 e «rifondare la solidarietà» 137 , al fine di conquistare orizzonti contemporaneamente post-liberali e postsocialdemocratici, meno ambivalenti e conflittuali di quelli della pura logica del mercato e meno burocratici, anonimi ed assistenziali di quelli del Welfare State, bensì più consoni ai principi di sussidiarietà e di autonomia sociale, nonché alle caratteristiche dello stato sociale presente nella nostra Carta costituzionale. 132 Ved. B. Weisbrod, The Voluntary Non-profit Sector, Lexington Books, New York 1977. 133 Ved. F. Villa, I terzi saranno i primi? Terzo settore e logica della solidarietà,, in «Orientamenti», n. 8-9, pp. 53-76. 134 Ved. F. Villa, Solidarietà e sussidiarietà, in «Fogli di informazione e di coordinamento Mo. Vi.», 1, 1996, pp. 5-9. 135 Cfr. L. Boccaccin, La sinergia della differenza, Angeli, Milano 1993; A. Colozzi-Bassi, La solidarietà efficiente, La Nuova Italia, Firenze 1995; Sociologia del terzo settore, a cura di P. Donati, Nis, Roma 1996. 105. 136 Ved. P. Rosanvallon, Lo stato provvidenza tra liberalismo e socialismo, Armando, Roma 1984, p. 137 Ved. P. Rosanvallon, 1995, pp. 13-102.

che rimane insoddisfatta e che fa emergere, in modo sempre più evidente, la funzione<br />

anticipatoria e insostituibile dei gruppi di volontariato 132 .<br />

In altri termini, si ha come l’impressione di trovarsi di fronte ad uno sviluppo <strong>sociale</strong> in cui si<br />

riscopre l’importanza di alcuni elementi culturali ed operativi preesistenti, di cui si era come<br />

dimenticata l’esistenza e che, in alcuni casi, si era anche cercato (invano) di espellere dalla<br />

storia. Ci sembra pertanto legittimo sostenere che per poter superare l’attuale crisi dello Stato<br />

<strong>sociale</strong> è indispensabile recuperare in modo adeguato tali elementi, secondo il vero senso del<br />

principio di sussidiarietà. In questo contesto interpretativo, diventa legittimo sostenere che «il<br />

terzo diventa primo» 133 , in quanto le iniziative solidaristiche che nelle società complesse vengono<br />

fatte rientrare sotto la denominazione di terzo settore, non rappresentano altro che il riemergere<br />

del protagonismo originario dei soggetti <strong>sociali</strong>, che non deve essere usurpato, bensì<br />

implementato secondo la logica del principio di sussidiarietà e di quello dell’autonomia <strong>sociale</strong><br />

delle comunità -inteso in senso solidaristico 134 - all’interno di contesti storici, culturali e istituzionali<br />

spesso contraddittori, nel quadro dei grandi cambiamenti che stanno investendo la società<br />

contemporanea 135 .<br />

È importante, infine, sottolineare che con la promozione di queste forme di autonomia <strong>sociale</strong><br />

non si intende affatto proporre una riduzione quantitativa dell’impegno, soprattutto economico,<br />

dello Stato nel campo dei servizi <strong>sociali</strong>, bensì una sua mutazione qualitativa, per meglio<br />

rispondere agli innumerevoli bisogni presenti nella società, alcuni dei quali rimangono inevasi<br />

anche a causa degli sprechi esistenti. In altri termini, rimane irrinunciabile il ruolo dell’ente<br />

pubblico, in rapporto ai compiti di programmazione, finanziamento, sostegno, coordinamento e<br />

controllo delle molteplici forme di autonomia e di autogestione che scaturiscono dalle aree di<br />

intervento che abbiamo richiamato. Si tratta, allora, di trovare le forme e le modalità più idonee<br />

per attivare forme sempre più compiute di autonomia <strong>sociale</strong>, valorizzando tutte le risorse<br />

presenti nella società, soprattutto nel contesto attuale, connotato sempre più da un’elevata<br />

competitività, che induce comportamenti e orientamenti di natura individualistica, oppure<br />

marginalità, emarginazione e devianza, come spesso capita per i più deboli e per i più deprivati<br />

dal punto di vista ascrittivo.<br />

In questo contesto, che ovviamente implica anche una ridefinizione dei compiti dello stato,<br />

diventa sempre più urgente «reincastrare la solidarietà nella società» 136 e «rifondare la<br />

solidarietà» 137 , al fine di conquistare orizzonti contemporaneamente post-liberali e postsocialdemocratici,<br />

meno ambivalenti e conflittuali di quelli <strong>della</strong> pura logica del mercato e meno<br />

burocratici, anonimi ed assistenziali di quelli del Welfare State, bensì più consoni ai principi di<br />

sussidiarietà e di autonomia <strong>sociale</strong>, nonché alle caratteristiche dello stato <strong>sociale</strong> presente nella<br />

nostra Carta costituzionale.<br />

132 Ved. B. Weisbrod, The Voluntary Non-profit Sector, Lexington Books, New York 1977.<br />

133 Ved. F. Villa, I terzi saranno i primi? Terzo settore e logica <strong>della</strong> solidarietà,, in «Orientamenti», n.<br />

8-9, pp. 53-76.<br />

134 Ved. F. Villa, Solidarietà e sussidiarietà, in «Fogli di informazione e di coordinamento Mo. Vi.», 1,<br />

1996, pp. 5-9.<br />

135 Cfr. L. Boccaccin, La sinergia <strong>della</strong> differenza, Angeli, Milano 1993; A. Colozzi-Bassi, La solidarietà<br />

efficiente, La Nuova Italia, Firenze 1995; Sociologia del terzo settore, a cura di P. Donati, Nis, Roma 1996.<br />

105.<br />

136 Ved. P. Rosanvallon, Lo stato provvidenza tra liberalismo e <strong>sociali</strong>smo, Armando, Roma 1984, p.<br />

137 Ved. P. Rosanvallon, 1995, pp. 13-102.

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