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Scienze sociali e dottrina sociale della Chiesa Carlo ... - Meic Marche

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La stessa elaborazione giuridica del concetto di privato-<strong>sociale</strong> 109 , accanto ad una legge<br />

sull’associazionismo, dopo quelle sul volontariato e sulla cooperazione <strong>sociale</strong>, potrebbe segnare<br />

dei decisivi passi in avanti sulla strada di una definizione <strong>della</strong> collaborazione tra pubblico e<br />

privato, da far ruotare attorno al principio di sussidiarietà, interpretato attraverso il criterio <strong>della</strong><br />

«autonomia <strong>sociale</strong> delle comunità» 110 . Questo criterio di politica <strong>sociale</strong>, che fa riferimento alla<br />

necessità di valorizzare i rapporti primari nei quali l’individuo è inserito - accanto alle diverse<br />

forme di associazionismo, di volontariato e di solidarietà <strong>sociale</strong> presenti nel terzo settore - come<br />

prima possibilità di soluzione e/o di autogestione delle risposte ai problemi esistenti, può forse<br />

entrare in competizione dialettica con il «liberismo-inclusivo» statunitense e con la versione<br />

corporatista tedesca del principio di sussidiarietà, nell’elaborazione di scenari ottimali per le<br />

politiche <strong>sociali</strong> e l’organizzazione dei servizi, in alternativa agli insuccessi e ai fallimenti dello<br />

stato assistenziale.<br />

2. Sussidiarietà e stato assistenziale nella Centesimus annus<br />

I riferimenti dell’insegnamento <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> alle tematiche del Welfare State e <strong>della</strong><br />

sua crisi sono oggetto di analisi sempre più frequenti 111 . Tra tali riferimenti, un’importanza<br />

particolare riveste il paragrafo 48 dell’enciclica Centesimus annus che, analizzando il ruolo dello<br />

stato nelle moderne società industriali, rileva come si sia verificato un vasto ampliamento <strong>della</strong><br />

sua sfera d’intervento, che ha portato a costituire, in qualche modo, uno stato di nuovo tipo, lo<br />

stato del benessere (o Welfare State) ed osserva:<br />

Questi sviluppi si sono avuti in alcuni stati per rispondere in modo più adeguato a molte necessità e bisogni, ponendo rimedio a forme di<br />

povertà e di privazione indegne <strong>della</strong> persona umana. Non sono, però, mancati eccessi ed abusi che hanno provocato, specialmente negli anni<br />

più recenti, dure critiche allo stato del benessere, qualificato come stato assistenziale. Disfunzioni e difetti dello stato assistenziale derivano da<br />

un’inadeguata comprensione dei compiti propri dello stato. Anche in questo ambito deve essere rispettato il principio di sussidiarietà: una<br />

società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve<br />

piuttosto sostenerla in caso di necessità ed aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti <strong>sociali</strong>, in vista del bene<br />

comune. Intervenendo direttamente e deresponsabilizzando la società, lo stato assistenziale provoca la perdita di energie umane e l’aumento<br />

esagerato degli apparati pubblici, dominati da logiche burocratiche più che dalla preoccupazione di servire gli utenti, con enorme crescita delle<br />

spese (n. 48).<br />

Abbiamo riportato per esteso questo brano perché contiene riferimenti emblematici, che<br />

dimostrano come le critiche nei confronti dello stato assistenziale, sviluppatesi a partire dalle<br />

analisi di politica <strong>sociale</strong> degli ultimi decenni, per irraggiarsi poi anche nel dibattito politico attuale,<br />

siano servite all’insegnamento <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong> per riaffermare il valore del principio di<br />

sussidiarietà, a sessant’anni di distanza dalla sua formulazione organica nella Quadragesimo<br />

anno di Pio XI ed a cent’anni dalla sua implicita enunciazione nella Rerum novarum di Leone<br />

XIII. Vale la pena, allora, richiamare di seguito alcune di tali analisi per meglio evidenziare le<br />

risultanze scientifiche utilizzate in questo contesto dalla <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> cristiana.<br />

109 Come è noto, si tratta di un concetto formulato in ambito sociologico da Pierpaolo Donati, che<br />

attende ancora di essere adeguatamente elaborato dal punto di vista giuridico e recepito in modo<br />

sostanziale - e non occasionale - dall’ordinamento dei servizi. Cfr. P. Donati, Pubblico e privato: fine di<br />

un’alternativa?, Cappelli, Bologna 1978; P. Donati, La cittadinanza societaria, Laterza, Bari 1993, in<br />

particolare il cap. II.<br />

110 Una iniziale trattazione di questo principio può essere reperita in F. Villa, Dimensioni del servizio<br />

<strong>sociale</strong>, Vita e Pensiero, Milano 1992, pp. 75-93. Il tema dell’autonomia <strong>sociale</strong> è stato ampiamente<br />

analizzato da P. Donati, La cittadinanza, cit., cap. III.<br />

111 Ved. M. Toso, <strong>Chiesa</strong> e Welfare State, Libreria Ateneo Salesiano, Roma 1987; Welfare Society.<br />

L’apporto dei pontefici da Leone XIII a Giovanni Paolo II, Libreria Ateneo Salesiano, Roma 1994;<br />

Prospettive di soluzione <strong>della</strong> crisi delle Stato del benessere alla luce <strong>della</strong> <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> <strong>della</strong><br />

<strong>Chiesa</strong>, in «La Società» , 1995, 1, pp. 79-107. Ved. anche I. Colozzi, Le politiche <strong>sociali</strong> dopo la crisi del<br />

Welfare State, in «La Società», 1995, 1, pp. 109-122.

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