Scienze sociali e dottrina sociale della Chiesa Carlo ... - Meic Marche
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principio di sussidiarietà, anche a seguito dei lavori dell’Assemblea costituente, senza che tuttavia<br />
esso venga preso in seria considerazione per l’organizzazione delle politiche <strong>sociali</strong>.<br />
b) Nel periodo che va dall’inizio degli anni ’60 fino al 1970, prende avvio un processo di<br />
transizione in cui si cominciano ad attuare nuove leggi sui diritti <strong>sociali</strong> previsti dalla Costituzione<br />
(ad es.: obbligo scolastico) e si dibattono alcuni nodi cruciali per il successivo sviluppo delle<br />
politiche <strong>sociali</strong>, quali i temi <strong>della</strong> programmazione e del decentramento amministrativo delle<br />
funzioni socio-assistenziali alle autonomie locali, anche a seguito delle veementi critiche sorte<br />
dalla contestazione sessantottesca all’assetto tradizionale <strong>della</strong> assistenza, accusato di essere<br />
settoriale, categorizzante, paternalistico ed esclusivamente riparativo. I riferimenti al principio di<br />
sussidiarietà diventano sempre più irrilevanti e la validità stessa dell’insegnamento <strong>sociale</strong> <strong>della</strong><br />
<strong>Chiesa</strong> viene messa in discussione; anche tra i teologi c’è chi ne parla come di un evento<br />
linguistico ormai superato.<br />
c) Nel periodo 1970-75, con l’attuazione dell’ordinamento regionale, si creano le premesse per<br />
realizzare il decentramento delle funzioni socio-assistenziali dallo stato alle regioni, secondo<br />
quanto previsto dalla Costituzione agli artt. 117 e 118. I decreti del 1972 (in particolare il Dpr<br />
14.1.72, n. 1, ed altri decreti del giugno dello stesso anno, attuativi dell’art. 17 <strong>della</strong> legge n.<br />
281/1970) già prefigurano una riorganizzazione complessiva dei servizi <strong>sociali</strong> secondo il principio<br />
che deve essere l’ente locale (in primo luogo il comune, nell’ambito <strong>della</strong> funzione di<br />
programmazione e coordinamento <strong>della</strong> regione) a gestire globalmente i servizi, attraverso<br />
prestazioni uniformi, universalistiche ed orientate alla prevenzione del bisogno ed alla<br />
partecipazione dei cittadini. Il principio di sussidiarietà rimane latente, sia in ambito teorico, sia sul<br />
piano giuridico-applicativo. L’attenzione degli studiosi viene attratta dalla esperienza inglese del<br />
Welfare State, in pieno sviluppo in quegli anni.<br />
d) Con la seconda legislatura regionale (1975-80) si apre il periodo delle prime riforme<br />
sostanziali che prende avvio con la legge nazionale n. 382/1975 («norme sull’ordinamento<br />
regionale e sull’organizzazione <strong>della</strong> pubblica amministrazione»), la cui finalità è di dare<br />
un’organica sistemazione alle materie trasferite alle regioni dai decreti delegati del 1972, e,<br />
soprattutto, si concretizza con il Dpr n. 616/1977, che pone le fondamenta per la riorganizzazione<br />
dei servizi sanitari, assistenziali e di beneficienza trasferiti agli Enti locali. La legge n. 833/1978,<br />
istitutiva del Servizio sanitario nazionale, rappresenta in un certo senso il momento più<br />
significativo e rilevante di questa quarta fase; a questo punto, il disegno complessivo di riforma<br />
dei servizi <strong>sociali</strong> risulta delineato, anche se deve ancora essere completato con la legge quadro<br />
nazionale sull’assistenza, che deve risolvere annose questioni, come quella delle Ipab e del<br />
ministero competente in materia. C’è chi sostiene la necessità di pubblicizzare tutte le forme di<br />
assistenza, in chiara polemica con chi difende la libertà e il pluralismo delle istituzioni in campo<br />
socio-assistenziale. Alcuni tentativi di riparlare del principio di sussidiarietà rimangono<br />
condizionati dalle perduranti contestazioni nei confronti <strong>della</strong> <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong>, la cui<br />
stessa dizione viene abbandonata o comunque relativizzata, in quanto «ormai legata ad un<br />
periodo storico e a un contenuto ben determinato» 95 .<br />
e) All’inizio degli anni Ottanta prende avvio una fase di risperimentazione del modello<br />
istituzionale, come conseguenza <strong>della</strong> rinuncia a livello nazionale all’attuazione di politiche<br />
totalizzanti di Welfare State, nonché <strong>della</strong> sperimentazione negli ambiti regionali del modello<br />
istituzionale, con la codificazione di nuovi rapporti di collaborazione e di integrazione tra pubblico<br />
e privato. Indici di tale fase possono essere considerate le difficoltà di attuazione <strong>della</strong> riforma<br />
sanitaria, le esigenze di una «riforma <strong>della</strong> riforma» sempre in campo sanitario, con ripetuti<br />
95 M. D. Chenu, La <strong>dottrina</strong> <strong>sociale</strong> <strong>della</strong> <strong>Chiesa</strong>. Origine e sviluppo (1891-1971), Queriniana, Brescia<br />
1977, p. 9.