30.05.2013 Views

7 Ave Maria - Divina Misericordia a cura di Pasquale Cammara

7 Ave Maria - Divina Misericordia a cura di Pasquale Cammara

7 Ave Maria - Divina Misericordia a cura di Pasquale Cammara

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

1<br />

SANTA FAUSTINA E LA DIVINA MISERICORDIA<br />

Santa Faustina Kowalska apostola della <strong>Divina</strong> <strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong>, nasce a Glogowiec<br />

in Polonia il 25 agosto 1905 in una povera e devota famiglia <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni.<br />

Battezzata il 27 agosto riceve il nome <strong>di</strong> Elena. Fin dall'infanzia sente forte la<br />

vocazione religiosa ma i genitori sono contrari e dopo un periodo <strong>di</strong> lavoro e dopo<br />

aver bussato a numerosi conventi viene accolta il 1°agosto 1925 nella<br />

Congregazione delle Suore della Beata Vergine della <strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong> a Varsavia. Vive<br />

una intensa esperienza mistica e Gesù affida a questa religiosa semplice, senza<br />

istruzione, ma forte ed infinitamente fiduciosa in Dio, una grande missione: il<br />

messaggio della <strong>Divina</strong> <strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong> rivolto al mondo intero. «Oggi mando te - le<br />

<strong>di</strong>ce Gesù - a tutta l'umanità con la Mia <strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong>. Non voglio punire l'umanità<br />

sofferente, ma desidero guarirla e stringerla al Mio cuore Misericor<strong>di</strong>oso» (Diario<br />

1588). «Sei la segretaria della Mia <strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong>: ti ho scelto per questo incarico,...<br />

per far conoscere alle anime la grande <strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong> che ho per loro esortandole<br />

alla fiducia nell'abisso della Mia misericor<strong>di</strong>a..». (1567) La missione <strong>di</strong> Santa<br />

Faustina consiste nel ricordare una verità <strong>di</strong> fede: l'amore misericor<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> Dio<br />

per l'uomo. Il culto della <strong>Divina</strong> <strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong> consiste nella fiducia nella infinita<br />

bontà <strong>di</strong> Dio e nelle opere <strong>di</strong> misericor<strong>di</strong>a verso il prossimo.<br />

L'IMMAGINE DI GESU' MISERICORDIOSO<br />

" La sera del 22 febbraio 1931,stando nella mia cella, vi<strong>di</strong> il Signore Gesù vestito<br />

<strong>di</strong> una veste bianca: una mano alzata per bene<strong>di</strong>re, mentre l'altra toccava sul<br />

petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due gran<strong>di</strong> raggi,<br />

rosso l'uno e l'altro pallido. Muta tenevo gli occhi fissi sul Signore; l'anima mia<br />

era presa da timore, ma anche da gioia grande. Dopo un istante, Gesù mi <strong>di</strong>sse:<br />

«Dipingi un' immagine secondo il modello che ve<strong>di</strong>, con sotto scritto: GESU'<br />

CONFIDO IN TE ! Desidero che questa immagine venga venerata prima nella<br />

I fratelli Giuseppe e Stefano Triolo, Baroni <strong>di</strong> Sant'Anna:<br />

busti mannorei dello scultore alcamese Giuseppe Bambina<br />

(1960).<br />

18


15<br />

A tutti sono <strong>di</strong>rette dunque due promesse:<br />

- la prima riguarda la protezione materna in tutta la vita,<br />

- la seconda riguarda l'ora della morte.<br />

Un particolare invito Gesù rivolge ai sacerdoti assi<strong>cura</strong>ndo che "i peccatori induriti<br />

si inteneriranno alle loro parole, quando essi parleranno della Mia sconfinata<br />

misericor<strong>di</strong>a e della compassione che ho per loro nel Mio Cuore" (Q. V, p. 504).<br />

Gesù non definisce - oltre all'omelia - altri mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione del culto della<br />

<strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong>, dunque essi possono essere intesi abbastanza largamente. Essere<br />

apostolo della <strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong> <strong>di</strong> Dio significa innanzitutto dare testimonianza <strong>di</strong> vita<br />

nello spirito <strong>di</strong> fiducia in Dio e <strong>di</strong> misericor<strong>di</strong>a verso il prossimo. Tale esempio ci<br />

ha lasciato suor Faustina, esempio che attira gli altri alla fiducia totale in Dio<br />

infinitamente buono e onnipotente, e a fare atti <strong>di</strong> carità verso il prossimo.<br />

Atto <strong>di</strong> consacrazione<br />

4


5<br />

O Signore, la Tua bontà è infinita e le ricchezze delle Tue grazie sono inesauribili.<br />

Confido totalmente nella Tua misericor<strong>di</strong>a che supera ogni Tua opera. A Te dono<br />

tutto me stesso senza riserve per poter in tal modo vivere e tendere alla<br />

perfezione cristiana.<br />

Desidero adorare ed esaltare la Tua misericor<strong>di</strong>a compiendo le opere <strong>di</strong><br />

misericor<strong>di</strong>a sia verso il corpo sia verso lo spirito, cercando soprattutto <strong>di</strong><br />

ottenere la conversione dei peccatori e portando consolazione a chi ne ha<br />

bisogno.<br />

Custo<strong>di</strong>scimi, o Gesù, poiché appartengo solo a Te e alla Tua gloria.<br />

La paura che mi assale quando prendo coscienza della mia debolezza è vinta dalla<br />

mia immensa fiducia nella Tua misericor<strong>di</strong>a. Possano tutti gli uomini conoscere in<br />

tempo l'infinita profon<strong>di</strong>tà della Tua misericor<strong>di</strong>a, abbiano fiducia in essa e la<br />

lo<strong>di</strong>no in eterno. Amen<br />

ALCAMO E GARIBALDI<br />

(Testo integrale dell'orazione commemorativa tenuta nel Cinema Teatro<br />

"Euro" <strong>di</strong> Alcamo il 13 maggio 1982 dal Prof. Carlo Cataldo)<br />

Alcune informazioni sulla storia dei fratelli Triolo <strong>di</strong> S.Anna e sulla loro<br />

partecipazione con Garibal<strong>di</strong> per l’unita’ d’Italia.<br />

Signori! Con vera umiltà ho accettato l'invito del signor sindaco <strong>di</strong> Alcamo a<br />

commemorare oggi Garibal<strong>di</strong> nel primo centenario della morte.<br />

E con maggiore umiltà se penso che già nel 1910, in questo teatro (allora Teatro<br />

Comunale), un illustre storico, il prof. Francesco <strong>Maria</strong> Mirabella, commemorò il<br />

primo cinquantenario della Spe<strong>di</strong>zione dei Mille; se penso che nel 1932 un altro<br />

illustre storico, il prof. Giuseppe Mistretta Di Paola, commemorò al Cinema Teatro<br />

Diana (così si chiamava l'attuale Cinema Marconi) il primo cinquantenario della<br />

morte <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong>. I testi delle due orazioni si trovano nella Biblioteca Comunale<br />

<strong>di</strong> Alcamo (1) . Ad esse andrà ad aggiungersi questa mia <strong>di</strong> oggi, per l'eventuale<br />

interesse <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi futuri. I quali - come credo - se nell'orazione del Mirabella<br />

vedranno rispecchiato il quadrato buon senso e il galantomismo postrisorgimentale;<br />

se nell'orazione del Mistretta Di Paola - scritta nel momento<br />

centrale dell'«era fascista» - vedranno riflesso il tono trionfalistico del tempo<br />

nell'ar<strong>di</strong>to parallelo finale fra Garibal<strong>di</strong> e Mussolini e nel conclusivo panegirico del<br />

Duce (omaggio al costume <strong>di</strong> allora); nel mio <strong>di</strong>scorso o<strong>di</strong>erno, documentario e<br />

consequenziario, ravviseranno la sobria e <strong>di</strong>sincantata ra<strong>di</strong>ografia dei segni<br />

dell'attuale malessere sociale. E non so trovare esor<strong>di</strong>o migliore - ad apertura<br />

delle celebrazioni alcamesi del primo centenario della morte <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> - se non<br />

queste parole del nostro Presidente della Repubblica, Sandro Pertini. "Garibal<strong>di</strong> -<br />

egli ha detto - ha sempre rappresentato in Italia e nel mondo le speranze <strong>di</strong><br />

libertà, <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza nazionale e <strong>di</strong> riscatto sociale". "Oltre che un capo<br />

militare vittorioso, egli è stato (come testimoniava la voce popolare) quel<br />

"cavaliere dell'ideale" che ha dato tanta energia e tensione morale ai movimenti<br />

<strong>di</strong> liberazione nazionali in Europa e in America Latina. Egli è", continua il<br />

messaggio <strong>di</strong> Pertini, "l'eroe delle nazionalità oppresse, l'assertore inflessibile dei<br />

loro <strong>di</strong>ritti e il combattente<br />

14


11<br />

decreto) "esse sin da oggi appartengono alla Nazione".<br />

Un problema pratico che la città <strong>di</strong> Alcamo risolse per i garibal<strong>di</strong>ni fu quello delle<br />

calzature. Molti dei Mille erano venuti da Quarto con scarpe da passeggio, che<br />

nelle lunghe marce per le nostre trazzere si erano logorate. Furono così requisite<br />

in Alcamo un migliaio <strong>di</strong> calzature. E alle ore 5 antimeri<strong>di</strong>ane del 18 maggio i Mille<br />

ripartirono da Alcamo.<br />

Da Alcamo il pomeriggio del 17 maggio era partito Giuseppe Sant'Anna con una<br />

sua squadra <strong>di</strong> volontari, per fare da battistrada e ricongiungersi coi Mille,<br />

qualche giorno dopo, sui monti <strong>di</strong> Renna.<br />

Con decreto del 18 maggio Garibal<strong>di</strong> formò il suo Consiglio <strong>di</strong> guerra. Giuseppe<br />

Sant'Anna fu uno dei quattro Giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> quel Consiglio, insieme con Forni, Bixio e<br />

Carini. Da Alcamo Stefano Sant'Anna inviò <strong>di</strong>versi corrieri con ingenti somme per<br />

le spese <strong>di</strong> guerra. Con suo or<strong>di</strong>ne del 22 maggio Garibal<strong>di</strong> prescrisse a Giuseppe<br />

Sant'Anna <strong>di</strong> tenere fuochi accesi sui monti <strong>di</strong> Monreale, per far credere ai<br />

borbonici che i Mille vi stazionassero.<br />

E allorchè l'esercito borbonico il 23 maggio uscì da Palermo, lasciando la città<br />

sguarnita per inseguire Garibal<strong>di</strong>, il Nizzardo - con impreve<strong>di</strong>bile <strong>di</strong>versione -<br />

irruppe su Palermo da Gibilrossa, cioè dalla parte opposta a quella in cui i<br />

borbonici credevano che si trovasse.<br />

Giuseppe Sant'Anna, dopo aver fatto perdere le sue tracce all'esercito nemico<br />

inseguitore, entrò a Palermo coi suoi volontari: con essi si <strong>di</strong>stinse nella battaglia<br />

presso il Duomo, nella quale fu ferito alla fronte.<br />

Con un suo decreto del 13 giugno Garibal<strong>di</strong> nominò colonnelli i due Sant'Anna (e<br />

nel grado <strong>di</strong> colonnelli <strong>di</strong> cavalleria essi furono confermati con R.D. 2 agosto<br />

1861). Governatori <strong>di</strong> Alcamo dal 17 maggio al 31 ottobre, i due Sant'Anna<br />

andarono il 20 ottobre, con una deputazione <strong>di</strong> alcamesi, a rendere omaggio a<br />

Vittorio Emanuele II.<br />

Dal 1861 al 1865 furono alla corte reale come governatori <strong>di</strong> palazzo del re.<br />

Furono anche insigniti dei titoli <strong>di</strong> cavalieri dell'or<strong>di</strong>ne militare <strong>di</strong> Savoia, dei SS.<br />

Maurizio e Lazzaro, della Corona d'Italia (4) .<br />

Giuseppe Sant'Anna fu inoltre sindaco della nostra città negli anni 1867-69;<br />

1873-75; 1876-78; 1879-81; 1882-84.<br />

Il popolo <strong>di</strong> Alcamo, che nel 1960 eresse due busti marmorei alla loro memoria,<br />

nel 1907 aveva ad essi intitolato una via e una caserma (la ex caserma Ba<strong>di</strong>a<br />

Grande, da anni non più esistente) e nel 1910 aveva apposto due lapi<strong>di</strong>, una a<br />

sinistra e una a destra, sul prospetto del palazzo comunale.<br />

In quella a sinistra sta scritto: "Mentre all'eroica sfida della Gancia - seguìa la<br />

feroce vendetta dei regi - Alcamo il VI APrile MDCCCLX - ausPice Giuseppe Triolo<br />

<strong>di</strong> Sant'Anna - la ban<strong>di</strong>era tricolore - già per la maggior via portata in festa - a<br />

Italia e Vittorio Emanuele acclamando - palla<strong>di</strong>o della patria libertà - sul civico<br />

palazzo inalberava - A perenne ricordo - nel cinquantenario della gloriosa riscossa<br />

- ti Magistrato Municipale - questa lapide pose".<br />

E nella lapide a destra sulla facciata del Palazzo Comunale, così sono ricordati i<br />

Sant'Anna: "Ai fratelli Triolo <strong>di</strong> Sant'Anna - Stefano - che precorrendo i Mille -<br />

pugnò al Pioppo da strenuo - e nella giornata del XV maggio - rese alla Patria<br />

tributo <strong>di</strong> sangue - Giuseppe - animo generoso ed intrepido - che <strong>di</strong>etro al gran<br />

Capitano - condusse alla vittoria <strong>di</strong> Calatafimi e Palermo - gloria - finchè nei secoli<br />

- l'epopea vera e splendente - del milleottocentosessanta - perduri - XVII maggio<br />

Fabrizi maneggiava le fila dell'insurrezione siciliana). Per due volte l'imbarco su<br />

un bastimento greco che incrociava fra Marettimo e Favignana fam, per la<br />

presenza <strong>di</strong> navi borboniche nella zona. Riuscì ad imbarcarsi, invece, il Mokarta,<br />

ma 1'11 maggio incontrava le navi dei Mille e con esse sbarcava a Marsala.<br />

Garibal<strong>di</strong> si era deciso a compiere la sua spe<strong>di</strong>zione, dopo aver saputo da Crispi,<br />

La Masa e altri che la Sicilia occidentale era in insurrezione permanente. Da<br />

Malta il 30 aprile era giunto a Caprera un telegramma così enunciato:<br />

"L'insurrezione, vinta nella città <strong>di</strong> Palermo, si sostiene nella provincia".<br />

Fu allora - scrisse Garibal<strong>di</strong> - che mi convinsi che "bisognava andare" in Sicilia. E<br />

ancora Garibal<strong>di</strong> nelle sue "Memorie", dopo aver accennato alla tiepida<br />

accoglienza dei Marsalesi ai Mille, sottolineò quale incoraggiamento avesse<br />

prodotto in lui il fatto che - prima <strong>di</strong> entrare a Salemi - si erano unite alle sue<br />

squadre "le squadre dei Sant'Anna <strong>di</strong> Alcamo".<br />

Riferì l'alcamese Gaspare Scalisi (il quale, allo sbarco dei Mille si trovava a<br />

Marsala) <strong>di</strong> aver sentito <strong>di</strong>re a Garibal<strong>di</strong>: "Dove sono i fratelli Sant'Anna ?" Il<br />

Mokarta, La Masa e altri risposero che erano nascosti a Paceco, ma che sarebbero<br />

accorsi presto incontro ai Mille.<br />

Com'è evidente, fu il terreno preparato dall'opera insurrezionale dei Sant'Anna a<br />

indurre Garibal<strong>di</strong> allo sbarco in un porto della Sicilia occidentale. E non è<br />

azzardato affermare che, senza l'appoggio e l'avallo dei Sant'Anna e <strong>di</strong> altri<br />

patrioti con loro collegati, l'impresa dei Mille sarebbe forse fallita come le<br />

precedenti <strong>di</strong> Pisacane in Campania o dei fratelli Ban<strong>di</strong>era in Calabria.<br />

Non era nelle intenzioni <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> giungere nella capitale dell'isola a quin<strong>di</strong>ci<br />

giorni dallo sbarco; sembra che fosse nei suoi progetti sbarcare a Sciacca,<br />

internarsi ed attestarsi sulle alture <strong>di</strong> Enna e Caltanissetta per fortificarsi e<br />

piombare in forze su Palermo.<br />

Del resto - a poche ore dal suo sbarco - Garibal<strong>di</strong> scrisse nel suo or<strong>di</strong>ne del<br />

giorno, la mattina del 14 maggio: "Secondo le notizie, prenderemo la via <strong>di</strong> Vita,<br />

oppure quella <strong>di</strong> Marsala".<br />

Invece, 48 ore dopo, il 16 maggio, lo stesso Garibal<strong>di</strong> può scrivere all' amico<br />

Agostino Bertani: "Domani seguiremo per Alcamo. Lo spirito delle popolazioni si è<br />

fatto frenetico". Scartata la via <strong>di</strong> Vita per l'internamento nell'isola, Garibal<strong>di</strong><br />

intende proseguire per Alcamo (che è sulla via per Palermo). Cos'era successo fra<br />

le due affermazioni <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> è spiegato in una pagina <strong>di</strong> Giuseppe Ban<strong>di</strong>,<br />

scrittore al seguito dei Mille. Nella marcia su Salemi, i Mille avvistano su una<br />

collina uomini a cavallo. "Fui mandato incontro a loro (scrisse il Ban<strong>di</strong>) e uno che<br />

mi parse il caporione, scese subito da cavallo e mi si fece incontro gridando: Viva<br />

l'Italia! - Era uno dei baroni Sant'Anna <strong>di</strong> Alcamo, patriota ardentissimo e grande<br />

o<strong>di</strong>atore dei Borboni. Ci stringemmo la mano e lo invitai a far venire innanzi i<br />

compagni che, ad un suo cenno accorsero <strong>di</strong> galoppo e mi furono intorno<br />

assordandomi con le loro grida <strong>di</strong>: Viva la Sicilia! Viva l'Italia! - Finalmente si<br />

vedevano gli insorti!"<br />

Fin qui il Ban<strong>di</strong>. E uno storico documento, <strong>di</strong>retto al Crispi e pubblicato dall'<br />

emerito stu<strong>di</strong>oso dei Sant'Anna, Giuseppe Mistretta Di Paola, ci conferma che<br />

"appena Garibal<strong>di</strong> era uscito da Marsala, i primi a raggiungerlo con la loro<br />

squadra armata <strong>di</strong> fucili da caccia furono i fratelli Sant'Anna. Crispi, La Masa e<br />

altri li presentarono a Garibal<strong>di</strong> al quale i Sant'Anna <strong>di</strong>ssero: "Generale, ora siamo<br />

pochi (erano circa 500) ma a misura che ci inoltreremo nell'isola, Ella avrà tanti<br />

uomini che ne rifiuterà".<br />

8


9 10<br />

Allora il generale li abbracciò e <strong>di</strong>sse: "Voi che siete del paese fateci da<br />

avanguar<strong>di</strong>a". E la squadra dei Sant'Anna fece da avanguar<strong>di</strong>a a Garibal<strong>di</strong> fino al<br />

suo ingresso a Palermo. Fu Stefano Sant'Anna a entrare per primo a Salemi e<br />

piantarvi il tricolore sulla storica torre. Fu Stefano Sant'Anna a essere incaricato<br />

da Garibal<strong>di</strong> <strong>di</strong> andare coi suoi uomini a scoprire le intenzioni dei borbonici".<br />

Ancora una volta è il Ban<strong>di</strong> a confermarcelo: "Il minore dei fratelli Sant'Anna mi<br />

chiese se volessi annunziarlo al Generale. "Volentieri", risposi. "Vieni meco e ti<br />

annunzierò". "Lo sai ?" <strong>di</strong>sse il barone Sant'Anna. "I borbonici ci vengono incontro<br />

(...) in gran numero". "Annunziai il barone, che fu subito ricevuto da Garibal<strong>di</strong>,<br />

che stava consultando una carta geografica. L'indomani mattina il Sant'Anna<br />

condusse a Garibal<strong>di</strong> dei conta<strong>di</strong>ni, da cui seppe che un corpo <strong>di</strong> truppe<br />

napolitane era giunto la sera innanzi nella città <strong>di</strong> Calatafimi".<br />

Garibal<strong>di</strong> pensò che col sostegno dei volontari siciliani (in primo luogo della<br />

squadra Sant' Anna) avrebbe potuto affrontare i borbonici, e che una sua vittoria<br />

avrebbe potuto esercitare un grande effetto psicologico sulle popolazioni<br />

dell'Isola. Fu così che i Sant'Anna, combattendo a sostegno del fianco destro<br />

dell'esercito garibal<strong>di</strong>no, determinarono l'esito favorevole della battaglia <strong>di</strong><br />

Calatafimi: e in essa Stefano Sant'Anna fu ferito a un braccio. Inoltre i Sant'Anna<br />

- che avevano preparato affusti per due cannoni (che operarono a Calatafimi) e<br />

carriaggi e cavalcature occorrenti per lo stato maggiore garibal<strong>di</strong>no - assegnarono<br />

mille fucili alle squadre dei cosidetti "Cacciatori dell'Etna", al cui comando fu<br />

posto Giuseppe Sant'Anna, che, <strong>di</strong>stinto si a Calatafimi per il suo valore, sarà poi<br />

ferito nella battaglia per la conquista <strong>di</strong> Palermo. Il 17 maggio i Sant'Anna<br />

ospitarono nel loro palazzo Garibal<strong>di</strong>, Crispi, Bixio e altri, come ricorda una lapide<br />

murata sulla facciata <strong>di</strong> quel palazzo nel 1907, primo centenario della nascita <strong>di</strong><br />

Garibal<strong>di</strong>, che reca questa iscrizione: "Da questa casa - addì 6 aprile 1860 -<br />

auspici e duci i fratelli Sant'Anna sfidando la tirannide e precorrendo i Mille -<br />

ar<strong>di</strong>to un manipolo <strong>di</strong> pro<strong>di</strong> usciva - Qui il 17 maggio - reduce da Calatcifìmi -<br />

posava coi suoi più fi<strong>di</strong> eroi - il glorioso Condottiero - assertore delle italiche<br />

libertà - A perenne testimonianza - il 4 luglio 1907 - primo centenario della<br />

nascita <strong>di</strong> Giuseppe Garibal<strong>di</strong> - il Municipio <strong>di</strong> Alcamo - questo marmo pose".<br />

Per il corso <strong>di</strong> Alcamo la mattina del 16 maggio sfilò la truppa borbonica che da<br />

Calatafimi ripiegava su Palermo: una parte <strong>di</strong> essa deviò per la piazza (oggi<br />

intitolata a Ciullo) e per l'attuale via Comm. Navarra. A un tratto, presso il<br />

Castello, si udì uno sparo. Era accaduto che alcuni audaci avevano liberato dal<br />

carcere un gruppo <strong>di</strong> patrioti balestratesi arrestati qualche giorno prima. Fra <strong>di</strong><br />

essi, tale Filippo Giliberto, scontratosi con uno degli ultimi soldati borbonici della<br />

retroguar<strong>di</strong>a, pensò <strong>di</strong> <strong>di</strong>sarmarlo ma fu freddato. L'oscuro ed eroico Giliberto,<br />

"occisus a militibus" - come <strong>di</strong>ce il certificato <strong>di</strong> morte nel Registro dei Defunti<br />

della chiesa madre <strong>di</strong> Alcamo - ebbe, solo qualche anno fa, de<strong>di</strong>cata una strada<br />

all'ingresso occidentale <strong>di</strong> Balestrate per interessamento del mio amico prof.<br />

Domenico Tuzzo. L'episo<strong>di</strong>o dell'uccisione del Giliberto, stravolto dalla fantasia <strong>di</strong><br />

romanzieri senza scrupoli, si trasformò in un "massacro" delle truppe borboniche:<br />

"massacro" che avvenne non ad Alcamo ma a Partinico (3) .<br />

Per Alcamo i borbonici (e ciò fa onore al nostro senso <strong>di</strong> umanità) passarono<br />

senza incorrere nell'orribile ferocia <strong>di</strong> altri luoghi.<br />

Il giorno dopo quel passaggio, il 1 7 maggio, Alcamo accolse festante i Mille.<br />

Garibal<strong>di</strong> così riferisce nelle sue "Memorie": "Giungemmo in Alcamo, città<br />

importante, e vi fummo accolti con molto entusiasmo". Crispi, alla data del 17<br />

maggio, annotò nel suo "Diario": "Frenetico ricevimento, deputazioni, vetture,<br />

illuminazione e musica".<br />

E l'altro <strong>di</strong>arista dei Mille, Giuseppe Cesare Abba, sempre al 17 maggio, annota:<br />

"Sulla via per Alcamo, verso le ore 10, ci abbattemmo in certe belle carrozze,<br />

mandate ad incontrarci come gran signori. Nelle carrozze v'erano gentiluomini<br />

lin<strong>di</strong> e lucenti che fecero le accoglienze al Generale, mentre, allo sbocco dei<br />

sentieri, si affollavano dai campi molte donne campagnole, confidenti e senza<br />

paura <strong>di</strong> noi. Alcune si segnavano devotamente: una ne vi<strong>di</strong>, con due bambini<br />

sulle braccia, inginocchiarsi quando il Generale passò".<br />

Garibal<strong>di</strong> ad Alcamo parve essere investito da un crisma <strong>di</strong> sacralità. Giacomo<br />

Fazio ammise che, solo in occasione <strong>di</strong> visite del Vescovo, si aveva tanta folla in<br />

Alcamo. E Ippolito Nievo scrive nel suo <strong>di</strong>ario: "Marcia per Alcamo. Entusiasmo. Il<br />

frate da Castelvetrano (ossia fra Giovanni Pantaleo) dà la bene<strong>di</strong>zione a Garibal<strong>di</strong><br />

sulla porta della Chiesa (Madre) è finisce gridando: "Viva Garibal<strong>di</strong>! Viva Gesù<br />

Sacramentato!".<br />

Ancora un memorialista dei Mille, il Capuzzi, scrive: "Era pressocchè mezzodì,<br />

quando noi entrammo in Alcamo. Correva la festa dell'Ascensione e il popolo<br />

devoto (...) assisteva ai riti.<br />

Il Generale e lo Stato Maggiore andarono a ricevere la bene<strong>di</strong>zione che<br />

l'Arciprete, vestito degli abiti sacerdotali, loro impartì. (...) Le vie intanto sempre<br />

più si accalcavano. Da ogni lato, sopra ogni finestra appariva un segnale <strong>di</strong> gioia,<br />

tutti mandavano un evviva a Garibal<strong>di</strong>, un saluto ai suoi". Dalla chiesa madre -<br />

dove aveva ricevuto la bene<strong>di</strong>zione Garibal<strong>di</strong> si spinse a porta San Francesco. Con<br />

deliberazione (mai resa esecutoria) del 18/6/1860, il Consiglio Comunale <strong>di</strong><br />

Alcamo proporrà <strong>di</strong> "perennare la memoria del fatto con apposita iscrizione in<br />

marmo, chiamando piazza Garibal<strong>di</strong> il nuovo spiazzo fuori porta San Francesco,<br />

ove (così <strong>di</strong>ce l'enfatica allocuzione al Duce dei Mille) tu sostasti gioiendo del<br />

nostro cielo e della nostra terra".<br />

Ma quella che si chiamerà piazza Garibal<strong>di</strong> (sette decenni dopo), sarà un'altra,<br />

prima denominata "Anime Sante", allorchè l'attigua ex-via Canapè (così detta dal<br />

nome <strong>di</strong> una circostante contrada) prenderà il titolo <strong>di</strong> "corso dei Mille".<br />

Sempre il 17 maggio 1860, Garibal<strong>di</strong> arringò verso le ore 13, da un balcone <strong>di</strong><br />

palazzo Sant'Anna, una folla plaudente. Ma, oltre a compiacersi degli entusiasmi<br />

del nostro popolo, egli provvide ad emanare i cinque storici decreti che recarono<br />

in calce la datazione: "Alcamo 17 maggio 1860". Eccone in breve un cenno<br />

esplicativo.<br />

1° DECRETO: - Nomina <strong>di</strong> Crispi a proprio Segretario <strong>di</strong> Stato, col compito <strong>di</strong><br />

"organizzare e <strong>di</strong>rigere tutto il lavoro <strong>di</strong> Segreteria e proporre al Dittatore le<br />

<strong>di</strong>sposizioni necessarie al servizio nazionale".<br />

2° DECRETO: - Divisione della Sicilia in 24 <strong>di</strong>stretti (ed Alcamo fu uno <strong>di</strong> questi)<br />

con 24 Governatori.<br />

3° DECRETO: - Nomina del Governatore del Distretto <strong>di</strong> Alcamo nella persona <strong>di</strong><br />

Giuseppe Sant'Anna, coa<strong>di</strong>uvato dal fratello Stefano.<br />

4° DECRETO: - Nomina del Governatore del Distretto <strong>di</strong> Mazara nella persona del<br />

patriota Alberto,Mistretta, <strong>di</strong> Salemi.<br />

5° DECRETO: - Abolizione dell'impopolare tassa sul macinato dei grani e dei dazi<br />

d'entrata sui cereali e legumi; <strong>di</strong>vieto del pagamento dei canoni o fitti al Governo<br />

borbonico, e obbligo per i "citta<strong>di</strong>ni dei Comuni occupati dalle forze nemiche",<br />

<strong>di</strong> "rifiutare al Governo borbonico il pagamento <strong>di</strong> imposte", in quanto (si <strong>di</strong>ceva<br />

nel


7 12<br />

del 7 aprile Stefano Sant'Anna partì con 350 uomini per Palermo ad aiutarvi gli<br />

insorti. Il fratello Giuseppe, nascostosi in Alcamo alle ricerche della polizia,<br />

<strong>di</strong>rigeva le rivolte dei Comuni vicini, spedendo la mattina del1'8 aprile proclami<br />

che incitavano a seguire l'esempio <strong>di</strong> Alcamo.<br />

Va ricordato che nel palazzo Sant'Anna operava clandestinamente una tipografia<br />

(la prima <strong>di</strong> cui si abbia notizia in Alcamo) affidata a un tipografo mazarese. Vi si<br />

stampavano manifesti e avvisi patriottici che corrieri segreti portavano a<br />

destinazione, dopo averli racchiusi fra suola e tomaia nelle loro scarpe, dove<br />

evidentemente l'ignara polizia non andava a perquisire.<br />

Sempre nel palazzo Sant'Anna agiva un'organizzazione <strong>di</strong> artificieri che<br />

preparavano cartucce e palle <strong>di</strong> cannone col piombo sottratto agli organi delle<br />

chiese dell'ltria e dello Stellario: tra <strong>di</strong> essi il già ricordato Vito Galanti e Stefano<br />

Papa, fratello del nonno dello storico alcamese Mons. Tommaso Papa.<br />

Alla notizia della rivolta <strong>di</strong> Alcamo, la sera del 6 aprile insorse Trapani (per opera<br />

del Barone Mokarta, cognato <strong>di</strong> Benedetto Sant'Anna, altro fratello <strong>di</strong> Giuseppe e<br />

Stefano).<br />

Il 7 aprile insorse Marsala e via via Calatafimi, Castellammare, Erice. Il 12 aprile<br />

una colonna militare borbonica incrociava al Pioppo gli uomini <strong>di</strong> Stefano<br />

Sant'Anna, i quali sopraffatti dal numero soverchiante dei nemici - preferirono<br />

non proseguire nell'impari lotta ma <strong>di</strong>sperdersi sui monti circostanti. Rimasto<br />

solo, il portaban<strong>di</strong>era Giuseppe Fazio cadde colpito in fronte da piombo nemico.<br />

Non volle ritirarsi Liborio Vallone che, catturato e imprigionato, fu con altri do<strong>di</strong>ci<br />

insorti della Gancia fucilato a Palermo il 14 aprile in piazza S. Giorgio. Quella<br />

piazza s'intitola oggi "delle XIII Vittime", e una stele commemorativa ricorda i<br />

nomi degli eroici caduti, fra cui il nostro concitta<strong>di</strong>no Liborio Vallone.<br />

Una lapide, posta sulla strada statale 186 dal comune <strong>di</strong> Monreale nel 1910,<br />

commemora con questa epigrafe il sacrificio <strong>di</strong> Giuseppe Fazio: "O tu che passi<br />

saluta questa terra - sacra all'eroismo - Qui per la libertà pugnando - il XII aprtle<br />

MDCCCLX - Giuseppe Fazio da Alcamo - a chi lo pregava salvarsi - dalle<br />

soverchianti forze borboniche - <strong>di</strong>sse romanamente Venni per combattere non<br />

per fuggire - morrò non farò in<strong>di</strong>etro un sol passo - E <strong>di</strong>è alla patria la florida vita<br />

- il nome alla storia - Nel 1° cinquantenario del glorioso olocausto - il Municipio <strong>di</strong><br />

Monreale questo ricordo - pose". E nel 1960 fu apposta altra lapide sottostante,<br />

in cui si legge: "La città <strong>di</strong> Alcamo - nel 1° centenario dell'olocausto <strong>di</strong> - Giuseppe<br />

Pazio - ricorda e tramanda alle future generazioni - il fulgido esempio dell'eroico<br />

figlio".<br />

Dal 12 aprile Stefano Sant'Anna, accampato si con la sua squadra sulle rocciose<br />

alture sovrastanti Palermo, continuò a tenersi in contatto con altri nuclei <strong>di</strong> ribelli<br />

sparsi nelle vicinanze. Lo riforniva d'armi e vettovaglie il fratello Giuseppe rimasto<br />

in Alcamo, che continuava a spe<strong>di</strong>re proclami e manifesti e a tenersi in<br />

corrispondenza con altri comitati segreti <strong>di</strong> patrioti. Il 3 maggio il borbonico Gen.<br />

Letizia, con proclama affisso per le vie <strong>di</strong> Alcamo, decretò la condanna a morte in<br />

contumacia dei fratelli Sant'Anna (sul cui capo fu posta una forte taglia) e or<strong>di</strong>nò<br />

la cattura dei loro seguaci. Fu allora che Giuseppe, dalla casa dei fratelli sacerdoti<br />

Agostino e Giovan Battista Barbuscia in Alcamo (ov'era nascosto) si trasferì - con<br />

l'aiuto del fratello Benedetto che a Trapani col cognato Mokarta <strong>di</strong>rigeva<br />

l'insurrezione - nella casa del concitta<strong>di</strong>no avv. Sebastiano Simeti a Paceco, ove<br />

fu nascostamente raggiunto dal fratello Stefano. I due Sant'Anna, dalla spiaggia<br />

<strong>di</strong> Nubia per due volte tentarono d'imbarcarsi per Malta (ove il patriota Nicola<br />

MCMX".<br />

Al <strong>di</strong> là della retorica d'obbligo <strong>di</strong> queste epigrafi, nelle quali ricorrono espressioni<br />

celebrative come "gloriosa riscossa" e "splendente epopea", vien fatto <strong>di</strong><br />

chiedersi: le rotte e le sofferenze dei fratelli Sant'Anna e dei loro volontari, i<br />

sacrifici e le morti <strong>di</strong> tante vittime contribuirono alla realizzazione dell'auspicato<br />

Stato migliore? Fu lo Stato sabaudo meno esoso e poliziesco come quello<br />

borbonico?<br />

Purtroppo le risposte, per entrambe le domande, non possono essere che<br />

negative.<br />

Sbarcato il 28 giugno 1862 a Palermo, Garibal<strong>di</strong> fu la sera del 16 luglio in Alcamo,<br />

ripartendone la· mattina del 17 a rendere omaggio alla misera fossa dei caduti <strong>di</strong><br />

Calatafimi. Alla sua richiesta <strong>di</strong> volontari per la conquista <strong>di</strong> Roma, Alcamo<br />

concorse efficacemente. Ma, dopo l'ecci<strong>di</strong>o fratricida <strong>di</strong> Aspromonte, la<br />

repressione "piemontese" infierì con bestiale violenza, fucilando innocenti in<br />

Alcamo - come in altri comuni - su or<strong>di</strong>ne del Commissario del Governo che il 20<br />

agosto aveva proclamato lo stato d'asse<strong>di</strong>o (5) .<br />

Nella storia dell'Italia unita non fu quello l'unico stato d'asse<strong>di</strong>o imposto in Sicilia.<br />

In una monografia su Alcamo (e<strong>di</strong>ta nel 1900) si sottolinea che "lo Stato italiano,<br />

sostituitosi al Borbone nel governo dell'isola, non ha saputo farvi penetrare<br />

nessun vero raggio <strong>di</strong> nuova luce. Esso, nei quarant'anni dacchè dura la sua dominazione<br />

in Sicilia - chiamiamola pure così -, non ha saputo essere <strong>di</strong>fferente nè<br />

fare meglio (fatti recenti lo hanno provato ad esuberanza) del Borbone (...).<br />

Come pretendere che un paese, sul quale continua a pesare il malgoverno, possa<br />

progre<strong>di</strong>re nella scala della civiltà, se non è aiutato ad uscire dall'antica e troppo<br />

durata abiezione?" (6) .<br />

Queste parole valgono a spiegare il fatto che nel 1893 in Alcamo i nostri<br />

concitta<strong>di</strong>ni lacerassero il tricolore in quella piazza dove 33 anni prima lo avevano<br />

inalberato a simbolo <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ose speranze.<br />

E compren<strong>di</strong>amo perchè i risentimenti e i rancori verso uno "Stato lontano e<br />

assente" determinassero negli anni 1943-44, il velleitario progetto dei nostri<br />

Separatisti <strong>di</strong> fare della Sicilia la quarantanovesima stella della ban<strong>di</strong>era<br />

americana.<br />

Al lume <strong>di</strong> questi episo<strong>di</strong>, acquista sapore <strong>di</strong> amara previggenza gattopardesca la<br />

pagina scritta da Giuseppe Cesare Abba il 22 maggio 1860, cinque giorni prima<br />

dell'ingresso dei Mille a Palermo. "Mi sono fatto un amico. (...) Si chiama Padre<br />

Carmelo. (...) Parlavamo della rivoluzione. (...) Vorrebbe essere uno <strong>di</strong> noi, ma<br />

qualcosa lo trattiene. (...) Vorrei, mi <strong>di</strong>ce, se sapessi che farete qualcosa <strong>di</strong><br />

grande davvero, ma ho parlato con molti, e non mi hanno saputo <strong>di</strong>re altro che<br />

volete unire l'Italia". "Certo per farne un grande e solo popolo!" "Un solo territorio<br />

! (ribattè frate Carmelo). In quanto al popolo, se soffre, soffre; ed io non so che<br />

vogliate farlo felice". "Felice! (esclamai). Il popolo avrà libertà e scuole". "E<br />

nient'altro! (interruppe il frate). Perchè la libertà non è pane e la scuola<br />

nemmeno. Queste cose basteranno per voi Piemontesi, per noi qui no". "Dunque<br />

che ci vorrebbe per voi?" "Una guerra non contro i Borboni, ma degli oppressi<br />

contro gli oppressori, gran<strong>di</strong> e piccoli, che non sono soltanto a Corte, ma in ogni<br />

città, in ogni villa". "Allora anche contro <strong>di</strong> voi frati, che avete conventi e terre,<br />

dovunque sono case e campagne!" " Anche contro <strong>di</strong> noi, anzi prima che contro<br />

d'ogni altro. Ma col vangelo in mano e colla croce. Allora vorrei. Così è troppo<br />

poco. Se io fossi Garibal<strong>di</strong>, non mi troverei qui a quest'ora, quasi ancora con voi


13<br />

soli". "Ma le squadre?" (obiettai). "E chi vi <strong>di</strong>ce che non aspettino qualcosa <strong>di</strong><br />

più?". "Non seppi più che rispondere" (conclude l'Abba).<br />

Certo i Siciliani aspettavano qualcosa <strong>di</strong> più della semplice soluzione unitaria<br />

territoriale. Aspettavano un modo <strong>di</strong> vita più libero e più degno, in campo<br />

amministrativo e in campo sociale. Un modo <strong>di</strong> vita, che è ancora una chimera in<br />

tante località della Sicilia, strozzate da sacche <strong>di</strong> irre<strong>di</strong>mibile miseria, o che<br />

riscontrano in adempiute istanze <strong>di</strong> giustizia e redenzione morale e sociale,<br />

mentre spirali <strong>di</strong> o<strong>di</strong>o e faide <strong>di</strong> potere ancora le flagellano, mentre croniche crisi<br />

economiche dalle impressionanti proporzioni maturano fenomeni <strong>di</strong> scontento,<br />

mentre l'inadeguatezza con cui lo Stato e la Regione rispondono alle necessità <strong>di</strong><br />

tutti e <strong>di</strong> ciascuno crea l'incapacità <strong>di</strong> inserimento dei giovani (<strong>di</strong> centinaia <strong>di</strong><br />

migliaia <strong>di</strong> giovani) nel mondo del lavoro, con tutto un complesso <strong>di</strong> cause e <strong>di</strong><br />

effetti che non starò qui ad esaminare.<br />

Noi cre<strong>di</strong>amo (e lo ha più volte affermato il Presidente Pertini) che il popolo<br />

italiano è un popolo dalle mille insospettate riprese, dalle mille energie nascoste,<br />

dalle mille capacità <strong>di</strong> recupero, anche tra le più stritolanti spirali delle inflazioni,<br />

anche dentro i più bui e profon<strong>di</strong> tunnel delle crisi.<br />

Oggi più che mai, oggi che siamo impegnati nella lotta contro quelle che il nostro<br />

Presidente del Consiglio, Giovanni Spadolini, ha incisivamente chiamato "le<br />

quattro emergenze" (l'emergenza terroristica, l'emergenza internazionale,<br />

l'emergenza economica, l'emergenza morale), a chi vorrebbe "ri<strong>di</strong>mensionare" il<br />

mito <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> e "revisionarne" la grandezza, opponiamo queste parole del<br />

Presidente Pertini.<br />

"La grandezza <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> sta nella profonda umanità, nell,a generosità e<br />

semplicità che mai lo abbandonarono nell'ora del trionfo e in quella dell'amara<br />

delusione, nella freschezza dei suoi sentimenti, nella esemplare coerenza della<br />

sua vita. Garibal<strong>di</strong> ha <strong>di</strong>mostrato che la gentilezza e la nobiltà dell'animo, la<br />

fiducia nelle virtù positive dell'uomo, l'amore per il prossimo, il <strong>di</strong>sinteresse<br />

personale, la de<strong>di</strong>zione alla causa popolare in chi ha responsabilità <strong>di</strong> guida e <strong>di</strong><br />

comando, possono suscitare le forze che muovono le montagne; e certamente il<br />

successo dell'impresa dei Mille ancora oggi non trova altra spiegazione che<br />

questa".<br />

E consentitemi <strong>di</strong> concludere col ricordarvi un ammonitore documento alcamese:<br />

è il significativo "Manifesto", pubblicato nel 10 cinquantenario della rivoluzione<br />

alcamese del 1860, cioè il 6 aprile 1910.<br />

"Citta<strong>di</strong>ni, (così si legge in quel manifesto) oggi sono cinquant'anni, un manipolo<br />

<strong>di</strong> pro<strong>di</strong> (...) acclamò all'Italia una. (Quei pro<strong>di</strong>), sprezzando gli agi, il quieto<br />

vivere, lo scetticismo dei saggi, le persecuzioni, il capestro, in nome <strong>di</strong> una<br />

idealità grande e sfolgorante, la Patria - <strong>di</strong>vina e santa utopia - e la Libertà,<br />

offerivano sorridenti le sostanze, le energie, la vita!<br />

E i pochi, i folli, scherniti, irrisi vincevano!<br />

A questi eroi - alcuni illustri e gloriosi, altri oscuri e <strong>di</strong>menticati - il nostro ricordo<br />

perenne, la nostra riconoscenza infinita.<br />

Viva sempre e su tutto l'Italia!"<br />

generoso per la loro <strong>di</strong>fesa" (2) .<br />

Tuttavia, recentemente e da <strong>di</strong>stinte parti, ci si è accaniti a ri<strong>di</strong>mensionare il<br />

"mito" <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong>, se non a demolirlo. Si è detto che Garibal<strong>di</strong> - più che a dare la<br />

libertà a noi Siciliani - contribuì ad avviare la soluzione forzata e affrettata della<br />

nostra annessione plebiscitaria al Regno d'Italia.<br />

Nella contrapposizione polemica fra due settori dell' Assemblea Parlamentare<br />

Siciliana, è prevalso quello contrario all'erezione <strong>di</strong> un monumento a Garibal<strong>di</strong>.<br />

Esso ha addotto lo specioso pretesto che - prima che un monumento del genere -<br />

si debba innalzarne uno ai "Picciotti" siciliani; ai volontari cioè che, col generoso<br />

dono anche della loro vita, permisero a Garibal<strong>di</strong> l'attuazione dei suoi piani.<br />

Nulla da eccepire sul merito storico dell'eroismo dei "Picciotti". Ma si potrebbe<br />

opporre che l'eroismo dei volontari siciliani sarebbe rimasto inefficace senza la<br />

presenza <strong>di</strong> un capo carismatico come Garibal<strong>di</strong>: il quale seppe essere il "leader"<br />

geniale e provvidenziale, auspicato dai cospiratori antiborbonici e, in genere, dai<br />

patrioti che desiderarono vivere in uno Stato non tirannico, non esoso, non<br />

repressivo.<br />

E primi tra questi patrioti abbiamo l'onore <strong>di</strong> annoverare due nostri concitta<strong>di</strong>ni:<br />

Giuseppe e Stefano Triolo <strong>di</strong> Sant'Anna. Capitani della Guar<strong>di</strong>a Nazionale nel<br />

1848, i due fratelli subirono successivamente carcere e persecuzioni. Con<br />

incre<strong>di</strong>bile audacia dal 1854 <strong>di</strong>ressero nel loro palazzo un Comitato segreto che si<br />

teneva in contatto con altri della Sicilia e con vari fuorusciti, tra cui Crispi e La<br />

Masa. I due fratelli capeggiarono l'insurrezione alcamese del 6 aprile 1860,<br />

allorchè (due giorni dopo che a Palermo erano squillate le campane della Gancia)<br />

Stefano Sant'Anna uscì dal suo palazzo sventolando il tricolore del 1848.<br />

Preceduto dalla banda musicale e seguito da molti rivoltosi, sfilò per il corso verso<br />

l'attuale piazza Ciullo, gridando: «Viva l'Italia! Viva la libertà!». I rivoltosi, giunti<br />

al Palazzo Comunale, furono ricevuti dal sindaco Giuseppe Sant'Anna, che<br />

<strong>di</strong>chiarava decaduta la monarchia borbonica e costituito il Governo Italiano<br />

Provvisorio, mentre l'operaio Giorgio Mannucci issava il tricolore sulle travi <strong>di</strong> quel<br />

palazzo allora in costruzione e l'artifici ere Vito Galanti suonava a stormo le<br />

campane della chiesa madre.<br />

Alcamo ebbe dunque - prima tra le città della Sicilia - il vanto <strong>di</strong> proclamare il<br />

governo dell'Italia una. E intellettuali e operai appoggiarono i Sant'Anna, la cui<br />

opera <strong>di</strong> penetrazione ideologica aveva acquisito alla causa nazionale elementi <strong>di</strong><br />

tutte le classi sociali. Ce ne dà convalida questa testimonianza manoscritta del<br />

popolano Giuseppe Manno nelle «Memorie» autografe, conservate nella Biblioteca<br />

Comunale <strong>di</strong> Alcamo: "La mattina del 6 Aprile 1860", egli scrive, "mentre stavo<br />

ad eseguire la Turba (canto liturgico del Vener<strong>di</strong> Santo), da entro la Chiesa del<br />

Collegio vi<strong>di</strong> nel Corso spuntare un manipolo <strong>di</strong> insorti col vessillo tricolore e<br />

gridanti: Viva l'Italia una, con Vittorio Emanuele!<br />

Allora io con i miei compagni corsi ad accrescere la <strong>di</strong>mostrazione, unendomi alle<br />

grida ed agli evviva. (...) Abborrivo io il governo borbonico per (...) quel fare<br />

tirannico dei magistrati e della polizia".<br />

E lo stesso 6 Aprile i rivoltosi, tornati in casa Sant'Anna, stabilirono <strong>di</strong> farsi<br />

consegnare le armi dalla Compagnia militare, comunicando che il governo dei<br />

Borboni era cessato ed era stata proclamata l'Italia libera sotto la <strong>di</strong>nastia dei<br />

Savoia.<br />

Così fu fatto, e riforniti si <strong>di</strong> altre armi pro<strong>cura</strong>te da semplici citta<strong>di</strong>ni, la mattina<br />

6


3<br />

L'ORA DELLA MISERICORDIA<br />

« Ogni volta che senti l'orologio battere le tre, ricordati <strong>di</strong> immergerti tutta nella<br />

Mia <strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong>, adorandola ed esaltandola; invoca la sua onnipotenza per il<br />

mondo intero e specialmente per i poveri peccatori, poiché fu in quell'ora che<br />

venne spalancata per ogni anima (1572). E' un'ora <strong>di</strong> grande misericor<strong>di</strong>a per il<br />

mondo intero». (1320)<br />

Gesù desidera che ogni giorno si onori il momento della Sua agonia sulla Croce (<br />

alle tre del pomeriggio ), in cui come Egli stesso ha detto: « fu fatta grazia al<br />

mondo intero, la misericor<strong>di</strong>a vinse la giustizia» (1572). Desidera perciò che in<br />

quel momento si me<strong>di</strong>ti la Sua dolorosa Passione perché proprio in essa è<br />

apparso in modo più chiaro l'amore <strong>di</strong> Dio per gli uomini; desidera che si adori e<br />

si esalti la misericor<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Dio e che per i meriti della Passione <strong>di</strong> Gesù Cristo<br />

vengano implorate grazie per se stessi, per il mondo intero e soprattutto per i<br />

peccatori. « In quell'ora cerca <strong>di</strong> fare la Via Crucis, se i tuoi impegni lo<br />

permettono - raccomandava Gesù a suor Faustina - e se non puoi fare la Via<br />

Crucis, entra almeno per un momento in cappella ed onora il mio cuore che nel<br />

SS.mo Sacramento è pieno <strong>di</strong> misericor<strong>di</strong>a. E se non puoi andare in cappella,<br />

raccogliti in preghiera almeno per un breve momento là dove ti trovi » (1572). «<br />

In quell'ora - proseguiva il Salvatore - otterrai tutto per te stessa e per gli altri<br />

(1572). In quell'ora non rifiuterò nulla all'anima che mi prega per la Mia Passione<br />

» (1320). La preghiera nell'Ora della <strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong> è strettamente legata alle tre<br />

del pomeriggio e deve essere rivolta a Gesù.<br />

Preghiera nell'Ora della <strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong><br />

(ore tre del pomeriggio). " O Sangue e Acqua, che scaturisti dal Cuore <strong>di</strong> Gesù<br />

come sorgente <strong>di</strong> misericor<strong>di</strong>a per noi, confido in Te ." S. Faustina muore a<br />

Cracovia il 5 ottobre 1938; viene canonizzata il 30 aprile 2000 dal Santo Padre<br />

Giovanni Paolo Il, che istituisce la Festa della <strong>Divina</strong> <strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong> nella l°<br />

Domenica dopo Pasqua come richiesto da Gesù.<br />

Diffusione del culto della <strong>Divina</strong> <strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong><br />

Parlando delle forme <strong>di</strong> devozione alla <strong>Divina</strong> <strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong> don I. Rozycki<br />

menziona anche la <strong>di</strong>ffusione del culto della <strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong>, poiché‚ anche a questa<br />

forma sono legate promesse. A tutti promette protezione materna durante l'intera<br />

esistenza e "tutte le anime che adoreranno la Mia misericor<strong>di</strong>a e ne <strong>di</strong>ffonderanno<br />

il culto (...) queste anime nell'ora della morte non avranno paura. La Mia<br />

misericor<strong>di</strong>a le proteggerà in quell'ultima lotta" (Q. V, p. 508).<br />

16


17<br />

vostra cappella, e poi nel mondo intero. Prometto che l'anima, che venererà<br />

questa immagine, non perirà. Prometto pure già su questa terra, ma in<br />

particolare nell'ora della morte, la vittoria sui nemici. lo stesso la <strong>di</strong>fenderò come<br />

Mia propria gloria. lo desidero che vi sia una festa della <strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong>. Voglio che<br />

l'immagine, che <strong>di</strong>pingerai con il pennello, venga solennemente benedetta nella<br />

prima Domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della<br />

<strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong>. Desidero che i sacerdoti annuncino la Mia grande <strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong> per le<br />

anime dei peccatori. Il peccatore non deve aver paura <strong>di</strong> avvicinarsi a Me. Le<br />

fiamme della <strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong> Mi <strong>di</strong>vorano; voglio riversarle sulle anime degli<br />

uomini». Poi Gesù si lamentò con me <strong>di</strong>cendomi: «La sfiducia delle anime Mi<br />

strazia le viscere. Ancora <strong>di</strong> più Mi addolora la sfiducia delle anime elette.<br />

Nonostante il Mio amore inesauribile non hanno fiducia in Me. Nemmeno la Mia<br />

morte è stata sufficiente per loro. Guai alle anime che ne abusano !». (47, 48,<br />

49, 50) Nell'immagine <strong>di</strong> Gesù ci sono due raggi:...". Mentre pregavo u<strong>di</strong>i<br />

interiormente queste parole: «I due raggi rappresentano il Sangue e l'Acqua. Il<br />

raggio pallido rappresenta l'Acqua che giustifica le anime; il raggio rosso<br />

rappresenta il Sangue che è la vita delle anime L'umanità non troverà pace,<br />

finchè non si rivolgerà con fiducia alla Mia <strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong>». (299-300)<br />

LA CORONCINA ALLA DIVINA MISERICORDIA<br />

" VILNIUS venerdì 13 IX 1935.La sera mentre ero<br />

nella mia cella, vi<strong>di</strong> un Angelo che era l'esecutore dell'ira <strong>di</strong> Dio Le parole con le<br />

quali ho supplicato Dio sono le seguenti :«Eterno Padre, Ti offro il Corpo e il<br />

Sangue, l'Anima e la Divinità del Tuo <strong>di</strong>lettissimo Figlio e Nostro Signore Gesù<br />

Cristo, per i peccati nostri e del mondo intero; per la Sua dolorosa Passione, abbi<br />

misericor<strong>di</strong>a <strong>di</strong> noi ». La mattina del giorno dopo, mentre entravo nella nostra<br />

cappella, u<strong>di</strong>i interiormente queste parole: «Ogni volta che entri nella cappella<br />

recita subito la preghiera che ti ho insegnato ieri». Appena recitai quella<br />

preghiera, u<strong>di</strong>i nell'anima queste parole: «Questa preghiera serve a placare la<br />

Mia ira. La reciterai per nove giorni con la comune corona del rosario nel modo<br />

seguente: prima reciterai il Padre Nostro, l'<strong>Ave</strong> <strong>Maria</strong> ed il Credo; poi sui<br />

grani del Padre Nostro, <strong>di</strong>rai le parole seguenti: Eterno Padre, io Ti offro il Corpo<br />

e il Sangue, l'Anima e la Divinità del Tuo <strong>di</strong>lettissimo Figlio e Nostro Signore Gesù<br />

Cristo in espiazione dei nostri peccati e <strong>di</strong> quelli del mondo intero. Sui grani<br />

dell'<strong>Ave</strong> <strong>Maria</strong> reciterai le parole seguenti: Per la Sua dolorosa Passione abbi<br />

misericor<strong>di</strong>a <strong>di</strong> noi e del mondo intero. Infine reciterai tre volte queste parole:<br />

Santo Dio, Santo Forte, Santo Immortale: abbi pietà <strong>di</strong> noi e del mondo intero».<br />

(474, 475, 476)<br />

2


GRUPPO DIVINA MISERICORDIA<br />

( via J.Kennedy 8/A Alcamo)<br />

www.<strong>Divina</strong><strong>Misericor<strong>di</strong>a</strong>cammara.it<br />

realizzato da <strong>Pasquale</strong> <strong>Cammara</strong><br />

GRUPPO DIVINA MISERICORDIA<br />

SEDE<br />

Chiesetta Sepolcrale Fratelli Triolo <strong>di</strong> S.Anna

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!