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Untitled - The Vampire Inside

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DALL'AUTRICE DEI BESTSELLER<br />

LA NOTTE DEI VAMPIRI E LA GUERRA DEI VAMPIRI<br />

Potenti e notturni, i vampiri che popolano il mondo creato da<br />

Nancy Kilpatrick si nutrono di sangue e di passioni, spinti all'eccesso<br />

dalla loro natura sovrumana. La notte è il loro covo, il momento<br />

ideale per rinsaldare alleanze millenarie e allacciarne di nuove e<br />

pericolose. Proprio quando la Guerra dei vampiri sembrava giunta al<br />

termine, un misterioso delitto turba l'equilibrio raggiunto a fatica. E<br />

quando un vampiro muore vuol dire che l'assassino dev'essere un<br />

suo simile. Ma chi è il traditore? Quale oscura minaccia incombe su<br />

André e i suoi amici? Con il suo carico di erotismo e orrore, la nuova<br />

regina del terrore tesse una trama avvincente e sorprendente, in<br />

grado di mescolare la suspense del mistery con i brividi dell'horror.<br />

In un mito che si perde nella notte dei tempi, molti sono gli enigmi<br />

che vengono chiariti, ma diversi altri costituiscono un mistero che<br />

verrà svelato solo nel prosieguo della saga. Un nuovo, affascinante<br />

tassello nello splendido Ciclo del potere del sangue.<br />

Nancy Kilpatrick è nata negli Stati Uniti ma attualmente vive a<br />

Montreal. Ama viaggiare e visitare castelli, cimiteri, ossari e musei di<br />

mummie, assieme al suo compagno, il fotografo Hugues Leblanc. Ha<br />

vinto numerosi premi ed è molto conosciuta a livello internazionale<br />

per i suoi scritti di fantasy e di mistery. Ha pubblicato quattordici<br />

romanzi e cinque raccolte di racconti e ha curato numerose<br />

antologie. Le sue opere sono state tradotte in moltissime lingue. La<br />

Newton Compton ha già pubblicato La notte dei vampiri, La guerra<br />

dei vampiri, Gli amori del vampiro e la raccolta di racconti Storie di<br />

vampiri.<br />

«Anne Rice, fatti da parte. Nancy Kilpatrick sta arrivando.»<br />

<strong>The</strong> New Yorker


VOLUME 093


Ciclo del Potere del sangue<br />

1. La notte dei vampiri<br />

2. La guerra dei vampiri<br />

3. La rinascita del vampiro<br />

4. Gli amori del vampiro<br />

Copertina di Alessandra Tiburtini<br />

Foto © Ilona Wellmann/Trevillion Images<br />

Ogni riferimento a persone, fatti o cose realmente accadute è<br />

puramente casuale<br />

Titolo originale: Reborn<br />

Copyright © 2004 Nancy Kilpatrick<br />

This edition published in agreement with the Proprietors through<br />

Piergiorgio Nicolazzini Literary Agency<br />

Traduzione dall'inglese di Gianni Pilo<br />

Prima edizione in questa collana: marzo 2011<br />

© 2008 Newton Compton editori s.r.l.<br />

Roma, Casella postale 6214<br />

ISBN 978-88-541-2736-4<br />

www.newtoncompton.com<br />

Realizzazione a cura di Corpotre, Roma<br />

Stampato nel marzo 2011 da Puntoweb s.r.l., Ariccia (Roma)


Nancy Kilpatrick<br />

La rinascita del<br />

vampiro


RINGRAZIAMENTI<br />

«La speranza è un sogno ad occhi aperti».<br />

Aristotele<br />

«Non vive a lungo chi sfida gli immortali...».<br />

Omero<br />

Grazie per il loro affetto e aiuto a: Seph Giron; Stephen Jones; Eric<br />

Kauppinen; Mike Kilpatrick; Hugues Leblanc; John Martins-<br />

Manteiga; Mandy Slater; Caro Soles; Mari Anne Werier. Un<br />

ringraziamento per l'aiuto nel lavoro di ricerca ai miei buoni amici:<br />

Sonja Barbe e Enrique Novella; Ezio Biasi; Daniel Dvorkin (aka<br />

Medic); Peter Kenter; Cathy Krusberg; Julie Leblanc e i ricercatori al<br />

St. Luc's Marc, Pannumzio, Allan Hazeth, Julie L. Hildebrand; Caro<br />

Soles; Lois Tilton. Un ringraziamento speciale a Rob Brautigam,<br />

senza il quale non avrei mai visitato la Germania. Sono grata al<br />

defunto Fabrice Dulac per la sua poesia meravigliosamente<br />

evocativa. E un grazie speciale a Hugues Leblanc per aver letto da<br />

cima a fondo il manoscritto, e per avermi aiutato a non impazzire in<br />

tutto quel tempo, e, ancor più per essere stato il mio tesoro. Speciali<br />

ringraziamenti a Lori Perkins, il mio agente, e agli amici alla Mosaic<br />

Press, e in particolare a Howard Aster per avermi dato l'opportunità<br />

di ristampare questo volume.


ENAGRA<br />

Tu che cammini con le ombre<br />

Il tuo cuore un fiore calpestato.<br />

Sono qui.<br />

Aspetto freddi baci<br />

Bramo la morte.<br />

Riesci a sentire la mia anima?<br />

Ho paura di te, di me.<br />

Nel crepuscolo mi affretto:<br />

La pioggia sul mio viso.<br />

Ed eccoti sul mio collo,<br />

Le tue dita avide sui miei seni<br />

I miei capezzoli come petali insanguinati.<br />

Velami con le tue ali,<br />

Respirami, divorami,<br />

Lascia che io fluttui come il tuo fantasma.<br />

Tu che cammini con le ombre,<br />

Lascia che il mio cuore sia il fiore calpestato nelle tue braccia.<br />

Le mie unghie spine sulla tua schiena.<br />

Sono qui.<br />

Voglio le tue labbra,<br />

Assetata del tuo amore.<br />

Sono qui.<br />

Riesci a sentirmi?<br />

Fabrice Dulac


PARTE PRIMA<br />

«Per ogni problema complesso c’è una soluzione<br />

semplice, chiara e sbagliata»<br />

H. L. Mencken


CAPITOLO 1<br />

Le luci ambrate dei lampioni a cupola facevano pensare a una<br />

scena da fine Ottocento, o perlomeno Michel immaginava che<br />

sarebbero apparse così le cose cento anni prima. Aveva visto<br />

qualcosa di simile in spezzoni di film dell'epoca. E nelle vecchie<br />

fotografie. Ma era su questa terra da meno di due decadi, non come<br />

la zia Chloe che esisteva da più di un secolo.<br />

Michel e Chloe risalirono in silenzio le strade tortuose sul fianco<br />

della montagna. Alla fine giunsero a una biforcazione, destra o<br />

sinistra; dritto davanti a loro c'erano i cancelli in ferro battuto del<br />

piccolo cimitero ebraico. Questo camposanto isolato era riparato<br />

dagli altri cimiteri della montagna. Mentre superavano quei cancelli<br />

chiusi, Michel osservò le tombe pulite e relativamente recenti, così<br />

bianche e basse, un cimitero quasi privo di monumenti. E nessuna<br />

cripta. Era stato là diverse volte, all'interno di quei cancelli, e benché<br />

fosse rimasto impressionato da alcune delle iscrizioni, quel cimitero<br />

nel suo insieme non l'aveva ispirato minimamente.<br />

Svoltarono a destra e poco più in alto, sulla collina, raggiunsero la<br />

fine della strada, l'arco di pietra che corona i cancelli del cimitero di<br />

Mont Royal. Da quel punto non scorgeva l'enorme croce illuminata<br />

che si poteva vedere da quasi tutti gli angoli di Montréal. Le croci<br />

non disturbavano quelli della sua razza, anche se le leggende dei<br />

mortali dicevano di sì. Ma buona parte della letteratura sui vampiri<br />

era falsa. E divertente. E per lo più era spazzatura. Era sicuro che per<br />

qualcuno potesse trattarsi di buone letture. Probabilmente non<br />

avrebbe trovato molto interessante quel qualcuno.<br />

Gli ampi cancelli in pietra e ferro in stile gotico, al tramonto<br />

chiudevano ai veicoli, ma restava aperto un comodo cancelletto<br />

laterale per i pedoni. Entrarono da lì. C'era una guardiola, ma sentì<br />

che il custode era impegnato a leggere, indifferente alle due persone<br />

che illegalmente s'introducevano fuori orario nel sepolcreto.<br />

Il cimitero "inglese" - pur essendovi sepolte anche persone francesi<br />

- si presentava relativamente ordinato. L'erba era ben tagliata. Le<br />

tombe distanziate tra loro. Non vi erano sezioni nascoste. Poche


tombe atipiche. Oh, c'era il monumento appena oltre i prati,<br />

laddove avevano inizio le lapidi. Lui e Chloe si fermarono a leggere:<br />

THOS LETT HACKETT, L.O.A.<br />

Che fu barbaramente assassinato a Victoria Square mentre tornava<br />

tranquillamente dal Divino Uffizio, il 12 luglio 1877.<br />

Questo monumento è stato eretto dagli Orangisti e dai<br />

Protestanti del Dominion come tributo alla sua memoria e per<br />

sottolineare il loro odio verso i suoi assassini.<br />

«Credi che si sia trattato di un omicidio politico?», chiese Michel.<br />

«Può darsi», disse Chloe. «A giudicare dalla data».<br />

«Può essere stata anche una rissa da bar», rise Michel. «Ma di certo<br />

stanno cercando di convincere tutti che fosse una specie di martire».<br />

«I mortali hanno bisogno di dare un significato alla morte. Non<br />

siamo tanto diversi da loro».<br />

Camminarono lungo l'ampio sentiero, sempre più su per la<br />

collina. Sulla sinistra, in lontananza contro gli alberi, vide l'enorme<br />

cripta Molson, la famiglia che possedeva la fabbrica di birra.<br />

Occupava una vasta area, e un paio di volte era salito attraverso i<br />

boschi dall'altra parte.<br />

Più oltre si ergeva il monumento McArthur, un opera in pietra<br />

bianca, rosa e beige, la volta a punta con i suoi altorilievi e quattro<br />

colonne, una a ogni angolo del piccolo tempio a sostenere quel<br />

tetto. Tre piccoli angeli della dimensione di un uomo si<br />

appoggiavano alle colonne: il quarto era stato rubato o distrutto<br />

anni prima. Il loro colore, nero, era l'effetto di un centinaio d'anni di<br />

inquinamento; era un bel colore. Sì, c'erano decisamente delle<br />

attrattive in quel posto. Una volta, quando era da solo, si era<br />

appoggiato alla quarta colonna, quella vuota, facendo finta di essere<br />

l'angelo mancante. «L'angelo della morte!», aveva gridato con voce<br />

terrificante, sollevando le braccia al cielo. Poi si era lasciato cadere in<br />

avanti, a faccia in giù, sull'erba soffice.<br />

Mentre passeggiavano, vide lo strano monumento che


assomigliava a quelle casse rettangolari dove venivano sepolti papi,<br />

cardinali e gli altri alti ecclesiastici. Quei blocchi di marmo di solito<br />

erano ricchi di particolari. Ne aveva visti alcuni in ferro, ora<br />

arrugginiti. Spesso quelle tombe erano isolate dal resto con una<br />

catena.<br />

Michel e Chloe avevano scelto l'ingresso orientale, non per la sua<br />

vicinanza alla loro casa a Westmount, ma perché quella sera<br />

avevano vagato per tutta la città finendo con l'aggirare la montagna.<br />

Non aveva importanza. Mancavano ancora parecchie ore al sorgere<br />

del sole. L'alba era il momento del riposo per Chloe, ma Michel<br />

riusciva ancora a sopportare i raggi del sole, anche se non bene<br />

come quando era un ragazzino.<br />

Nel terso cielo autunnale, la luna nuova si stagliava alta,<br />

riversando sulla terra la sua luce bianca che faceva brillare le lapidi<br />

abbastanza perché sembrassero imbiancate.<br />

Proseguirono in ossequioso silenzio, muovendosi meccanicamente<br />

lungo il viale principale: a un incrocio deviarono nello stesso istante,<br />

su un sentiero secondario piuttosto che su un altro, sincronizzati,<br />

come sapessero per istinto dov'erano diretti.<br />

«Ho letto che oggi ci sono più persone vive di quante ne siano<br />

mai morte. Ho fatto i calcoli. Penso sia vero», disse Michel.<br />

Con la coda dell'occhio intravide del movimento. Una volpe<br />

rossa sfrecciò tra le tombe. I muscoli sinuosi dell'animale guizzavano<br />

sotto il manto peloso. Gli occhi lampeggiarono rossi quando si<br />

bloccò a fissarli, consapevole di essere in prossimità di predatori.<br />

Michel non le avrebbe fatto del male, e neppure Chloe, ma<br />

avrebbero potuto, e la volpe lo sapeva. Chloe una volta aveva detto<br />

che, per quanto riguardava gli animali, le buone intenzioni non<br />

portavano lontano, e lui era d'accordo.<br />

Michel avverti la presenza di mortali, una strana energia che mutò<br />

l'aria, in modo visibile e intangibile, rendendola più solida e al<br />

contempo elettrica. Con la sua acuta vista notturna ispezionò la<br />

collina dietro la volpe. Là! Sopra una tomba, circondata su tre lati da<br />

alberi, sedeva una coppia. No, la femmina era seduta, o meglio<br />

sdraiata sopra la lapide. Il maschio era tra le sue gambe aperte.<br />

Erano nudi. Comprese quello che stava accadendo, una cosa che lo


iempì di una curiosità infinita. Le sue orecchie sensibili percepirono<br />

il loro respiro concitato, il suono vischioso dei loro corpi stretti in<br />

una passione selvaggia. L'uomo si muoveva ritmicamente. La donna<br />

gemeva a bassa voce. Poi Michel fu raggiunto da un profumo che lo<br />

colse di sorpresa: sangue. Il sangue mestruale della donna. Ad ogni<br />

singolo movimento, sgorgava fuori sulla superficie di pietra della<br />

lapide, tingendola di un rosso brillante! All'improvviso la volpe<br />

fuggì. Corse via nella notte. Michel sentì uno schiocco quando le sue<br />

zampe spezzarono un ramo, nel disperato tentativo di allontanarsi e<br />

quindi conquistare una certa sicurezza, non dai mortali intenti a<br />

fornicare, ma da Michel e Chloe.<br />

Quest'ultima aveva girato leggermente la testa per osservare<br />

l'animale e la coppia. «Sesso e morte», disse piano. «I mortali<br />

adorano questo connubio. Sospetto che neppure sotto questo punto<br />

di vista siamo molto diversi».<br />

I mortali non si erano resi conto della volpe e degli esseri che<br />

stavano camminando sul sentiero e che avrebbero potuto renderli<br />

ospiti permanenti del posto che avevano scelto per la loro intimità.<br />

Sulle labbra piene di Chloe si stampò un sorriso, che ricordava<br />

così tanto il suo. Michel osservò il profilo della zia. I suoi capelli<br />

bianchi scintillavano argentei nella luce lunare. Era una donna<br />

sorprendente. Tutte le femmine della sua razza erano attraenti - era<br />

la loro natura, pensò, apparire seducenti, indipendentemente dall'età<br />

a cui si erano trasformate - probabilmente era una questione di<br />

sopravvivenza. Non solo erano seducenti per i mortali, erano<br />

addirittura ipnotiche l'una per l'altra. Sapeva che si trattava di un<br />

meccanismo al tempo stesso difensivo e offensivo, perché quelli della<br />

sua razza rappresentavano una minaccia l'uno per l'altro, anche se a<br />

questo proposito non aveva ancora le idee molto chiare.<br />

Chloe aveva gli stessi tratti francesi di suo padre, tratti che lui<br />

aveva ereditato: un mento pronunciato, il naso lungo, espressivi<br />

occhi a mandorla. Gerlinde diceva che sembravano tutti modelli<br />

usciti da un quadro rinascimentale, e lui aveva visto un numero<br />

sufficiente di opere d'arte da sapere che era vero.<br />

«La povera terra ospita più vita di quanto non abbia mai fatto»,<br />

disse alla fine Chloe lasciandolo di stucco, perché aveva persino


dimenticato di aver detto qualcosa. «Questo riesce sempre a<br />

sorprendermi. È un bel gesto della Grande Madre, la madre di noi<br />

tutti, nutrirci quanti siamo. Ma mi chiedo se il suo latte non si sia<br />

ormai inacidito».<br />

Proseguirono lungo la bassa collina, oltre il cimitero dei fanciulli<br />

sulla sinistra, il terreno delineato da piccole tombe per piccoli<br />

occupanti, due metri sotto terra. Semplici incisioni - nomi, date, certe<br />

volte una citazione biblica - spesso ornate da un'immagine in pietra.<br />

Le preferite erano agnellini e pingui cherubini. Qualcuno aveva<br />

posto un unicorno giocattolo contro una delle lapidi.<br />

Michel si domandò come fosse morire. Lui non sarebbe mai<br />

morto. Adesso lo sapeva. Aveva preso la sua decisione, o almeno<br />

per la maggior parte del tempo sentiva di averlo fatto, benché<br />

dovesse ancora persuadersi che una scelta mentale potesse cambiare<br />

qualcosa. Non era stata poi una grande decisione, anche perché<br />

quali erano le alternative? Invecchiare e morire, allontanarsi dai suoi<br />

genitori e da tutti gli altri della sua comunità? O essere parte del loro<br />

mondo per sempre e continuare ad abbracciarne le ricchezze. Per<br />

sempre o almeno fino a quando la sua razza fosse stata in grado di<br />

sopravvivere. Nessuno aveva ancora scoperto il motivo della loro<br />

longevità, ma il più vecchio che conoscevano superava i 700 anni.<br />

Non riusciva ad immaginare un simile lasso temporale. Lui respirava<br />

da appena sedici anni.<br />

Ma le cose stavano cambiando. Lui stava cambiando, ed era una<br />

cosa sconcertante. Riusciva ancora a tollerare il mondo della luce,<br />

anche se chiaramente non sarebbe durata per molto. La sua pelle era<br />

diventata sempre più sensibile man mano che consumava sempre<br />

meno cibo solido e si affidava solo al sangue. Non riusciva ad<br />

immaginare una vita in cui non avrebbe mai più sollevato lo sguardo<br />

verso il cielo blu per fissare il sole brillante, ma tutti quelli ai quali<br />

era vicino vivevano da tempo senza la luce del sole. Si chiese se gli<br />

sarebbe mancata. Agli altri mancava, perché certe volte li sentiva<br />

parlare del sole con gli stessi toni riverenti con cui aveva sentito<br />

sacerdoti e rabbini parlare di Dio, o i buddhisti menzionare il<br />

Buddha, o i musulmani fare riferimento ad Allah. Il sole era divenuto<br />

per quelli della sua razza la cosa più sacra di tutte, un che di<br />

inaccessibile e tuttavia desiderabile più d'ogni altra cosa. Gli sembrò


difficile immaginare di sentirsi a quel modo, e cosa avrebbe provato<br />

nel momento in cui fosse stato privato per sempre della luce del<br />

giorno?<br />

Ma le sue giornate erano ancora piene di mortali, tutt'intorno a<br />

lui: certe volte lo soffocavano con i loro odori che erano quasi<br />

tangibili, come se potesse sentire l'aria spandere il profumo dei loro<br />

corpi o il respiro che fuoriusciva dalle loro narici. Già sentiva il<br />

battito dei loro cuori dentro di sé come le vibrazioni prodotte da<br />

tamburi che risuonavano in eterno. Osservava e udiva l'aria passare<br />

nei loro polmoni porosi, sentiva i succhi gastrici guizzare nello<br />

stomaco e nell'intestino. Certe volte, lo stimolo era quasi<br />

insopportabile. Sua madre gli aveva detto di abituarsi a un simile<br />

sovraccarico dei sensi e imparare a contenerlo, tranne quando<br />

cacciava, cosa che doveva ancora fare. Forse era così. O forse no.<br />

Per ora, sentiva che sarebbe stato così per sempre. Persino in quel<br />

momento, benché lui e Chloe si fossero allontanati, riusciva ancora a<br />

sentire l'ansimare, i rumori umidi di quei due sulla collina mentre<br />

raggiungevano entrambi l'orgasmo, e questo lo infastidiva e lo<br />

spaventava allo stesso tempo, per tanto quelle sensazioni erano forti.<br />

Poi li sentì ridere insieme, baciarsi...<br />

Doveva ammettere che trovava i mortali affascinanti. Vivevano<br />

come se fosse per sempre, e ovviamente non era così. Si chiese in che<br />

modo funzionassero le loro menti, come riuscissero a non curarsi<br />

della morte fino a quando non erano intrappolati, costretti ad aprire<br />

quella porta con mani tremanti. Per lui erano così misteriosi. E alcuni<br />

- più o meno della sua età - li trovava incredibilmente attraenti,<br />

nonostante ritenesse gran parte degli adolescenti spaventosi. Si<br />

comportavano in maniera stupida e avevano sviluppato maniere<br />

triviali e false che lo ferivano. Le loro preoccupazioni erano banali, e<br />

collimavano solo marginalmente con le sue. Lo scopo principale<br />

della sua esistenza era stato quello di espandersi e svilupparsi sin<br />

dalla sua nascita. Non poteva fare a meno di essere com'era. Il<br />

mondo della sua razza era di quelli che quei portatori di sangue<br />

nemmeno osavano sognare, e lui ci viveva. Sempre. Era la sua realtà.<br />

E nessuno dei libri o film su quelli che loro chiamavano "vampiri" si<br />

avvicinava a comprendere la sua esperienza, dunque come potevano<br />

quei mortali relazionarsi a lui?


La parte peggiore dell'essere in mezzo ai mortali era il suo<br />

comportamento che stava cambiando. Adesso si sentiva attratto per<br />

nuove ragioni. Era sempre più cosciente della loro energia sessuale e<br />

parimenti cosciente della vita che pompava nelle loro vene. Li<br />

vedeva come fresco cibo succulento, cosa che lo eccitava e lo<br />

disturbava insieme. Doveva imbrigliare questi appetiti contrastanti<br />

che lo trascinavano verso un limite sempre più lontano ogni secondo<br />

della sua vita. Suo padre gli diceva di rilassarsi. Lui era un<br />

adolescente. Col tempo avrebbe tenuto a bada le sue passioni, e una<br />

volta iniziato a prendere il sangue dalle vene umane, sarebbe andata<br />

meglio. Michel non si sentiva troppo convinto. Dopotutto, né i suoi<br />

genitori né nessun altro della sua comunità avevano passato quello<br />

che stava passando lui. Nessuno di loro era nato così, ed erano stati<br />

tutti creati. Le sue emozioni vacillavano in modo talmente estremo<br />

che il più delle volte desiderava semplicemente correre a<br />

nascondersi. Da tutto. E da tutti. Specialmente da se stesso.<br />

Raggiunsero la bassa recinzione che separava i due cimiteri<br />

principali: qualcuno aveva di nuovo lasciato aperto il cancello<br />

piccolo. A ridosso di entrambi i lati della recinzione c'erano le tombe<br />

dei militari, sottili pietre più bianche del bianco, curve e simili tra<br />

loro, con incise sopra delle croci e delle bandierine canadesi con la<br />

foglia d'acero conficcate nel terreno come un tributo per ciascun<br />

soldato.<br />

Più in alto sulla collina divenne visibile la cappella che ospitava le<br />

urne con le ceneri. L'edificio conteneva delle cassette, con fiori<br />

morenti legati ai manici e colorate lampade funerarie allineate in<br />

terra. A volte c'erano le fotografie del defunto. Non gli piaceva<br />

molto quell'edificio, ma lo preferiva di gran lunga alle volte<br />

sotterranee, così moderne, soffocanti, così orribilmente asettiche da<br />

far sembrare di essere in un laboratorio sterile interrato dove i morti<br />

non erano davvero morti ma soltanto impacchettati fino a quando<br />

non fosse passato qualche essere ignaro... Forse aveva visto troppi<br />

film dell'orrore, ma quel posto gli faceva venire i brividi. Se fosse<br />

morto lui, di certo avrebbe sperato che i suoi resti non venissero mai<br />

riposti in un luogo tanto raccapricciante.<br />

Adesso erano nel Cimetière Notre-Dame-des-Neiges, il cimitero di<br />

Nostra Signora delle Nevi, comunemente chiamato cimitero Cóte-


des-Neiges, il cimitero francese. Quel pendio di tombe risalenti<br />

all'inizio del 1800 era ingombro. Forse si trattava di qualcosa a<br />

livello cellulare, ma istantaneamente si rilassò sentendosi "a casa",<br />

parte di una comunità. I suoi antenati culturali giacevano là, e trovò<br />

la cosa confortevole e rassicurante.<br />

Le luci delle candele e le lanterne puntellavano le colline e le valli<br />

gremite, brillando come spettrali segnali stradali, chiamando i<br />

visitatori notturni da questa o da quella parte. Nell'arco di quasi due<br />

secoli era stata impiegata un'ampia varietà di stili e materiali, e quella<br />

vista di tombe tutt'intorno agli alberi sembrava caoticamente<br />

familiare a Michel, come se lui appartenesse a quel posto.<br />

«Pensi che io sia macabro?», domandò improvvisamente a sua zia.<br />

Chloe lo strinse in un rapido abbraccio. «Non più macabro di me.<br />

Questo cimitero è talmente silenzioso e affascinante. Perché dici<br />

così?»<br />

«Be', sono tutti morti. Ma a me piace qui. Hai paura della<br />

morte?».<br />

Chloe parve un po' triste. «Michel, io sono morta. Tutti noi lo<br />

siamo».<br />

«Io no».<br />

«No, ma tu sei un'eccezione».<br />

Detestava quando lo dicevano. Solo perché lui era nato da una<br />

donna mortale e da uno della loro razza: be', sua madre all'epoca<br />

era mortale, ma suo padre l'aveva condotta dall'altra parte...<br />

«Tutti noi siamo passati attraverso la morte, Michel. È un processo<br />

miracoloso. Nascere, vivere, morire e rinascere».<br />

Lui era nato e stava vivendo una vita. Ma non sarebbe morto.<br />

C'era qualcosa di molto strano in quella situazione. Sbagliato. Per la<br />

maggior parte del tempo andava bene, ma certe volte lo faceva<br />

sentire come se fosse stato... imbrogliato. E solo. Lui era l'unico<br />

essere esistente che non sarebbe mai morto? Come poteva essere?<br />

«Ma quando sei morta... avevi paura?»<br />

«Sì. Suppongo che ce l'abbiano tutti. E nel mio caso, è successo<br />

talmente all'improvviso, l'attacco...».


Lei in realtà non ne aveva mai parlato, anche se a lui qualcosa<br />

avevano accennato. Sua zia, David, Karl e alcuni degli altri erano<br />

stati creati da uno della loro razza che chiamavano Antoine. Questi,<br />

come avevano detto loro, era pazzo. Michel una volta l'aveva visto,<br />

in azione. Allora aveva dieci anni, ma nei suoi ricordi era come una<br />

specie di incubo, non reale, e la cosa aveva avuto un grande impatto<br />

su di lui. Non gli piaceva ripensare ai giorni in cui era stato rapito.<br />

«Mi racconti che cosa è successo? Quando... Antoine ti ha presa?<br />

Com'è stato?».<br />

Chloe per un momento si limitò a fissare davanti a sé. «Fammici<br />

pensare».<br />

Risalirono un'altra collina, e presero un sentiero ancora più<br />

stretto, verso le enormi cripte sepolte nella terra. Se ne vedevano<br />

soltanto le porte e le mura frontali. Michel si fermò davanti a un<br />

ingresso particolarmente decorato con un cancello di metallo<br />

lavorato. All'interno, alcune bare di legno impolverate erano state<br />

impilate sopra altre bare, appoggiate a pesanti sbarre di ferro, una<br />

mezza dozzina in tutto. In un angolo vicino al condotto dell'aria sul<br />

soffitto tre piccole bare erano state accatastate a caso, piccoli oggetti<br />

di legno nero, con decorazioni a zig-zag, ciascuno unico, con dei<br />

manici in metallo ornati... Erano morti tutti. Tutti quanti. Ma lui<br />

no...<br />

A Michel piaceva guardare dentro le cripte. L'odore di ferro e<br />

terra lo affascinava. Gli ricordava un po' il sapore del sangue. C'era<br />

anche il profumo della decomposizione, dato che l'imbalsamazione<br />

non era ancora stata inventata quando gran parte di quelle persone<br />

era morta. Pensò che viaggiare nel tempo doveva essere una cosa<br />

simile a quella, carpire il profumo di un'altra era, del tempo<br />

compresso in un piccolo spazio.<br />

La cripta successiva aveva una pesante porta di ferro, con pochi<br />

piccoli buchi, simili a fori di proiettile. Con la sua vista acuta, fu in<br />

grado di vedere chiaramente attraverso quei buchi nella penombra.<br />

Un vecchio inginocchiatoio rotto, la parte posteriore con il bracciolo<br />

sollevato e il sedile in terra, il tessuto ammuffito e la paglia della<br />

vecchia imbottitura marcia... Uno splendido bicchiere e una lanterna<br />

d'ottone erano appoggiati sopra una bara. Da che anno? Si chiese.


Chi li aveva messi lì? Chi si era inginocchiato su quella panca e per<br />

chi si erano afflitti? Per quanti anni quei fiori secchi erano rimasti<br />

sopra la bara di metallo ormai arrugginita? Per quanto tempo quel<br />

crocifisso d'argento annerito era rimasto appeso al muro a<br />

raccogliere la polvere del tempo? Inciso nella pietra sopra la porta<br />

c'era il nome Leblanc. Chi era venuto ad addolorarsi per i Leblanc?<br />

Veniva ancora qualcuno? Com'era soffrire per la perdita di qualcuno<br />

che si amava? Lui non aveva mai patito la perdita di nessuno,<br />

nessuna delle persone vicine a lui era morta. E aveva conosciuto solo<br />

una persona che era morta, si trattava di uno di quelli che l'avevano<br />

rapito, ma non aveva provato nulla, anche se lui era stato testimone<br />

della sua morte. Non aveva sentito nulla benché tutti gli altri della<br />

sua razza avessero avvertito quel trapasso in un modo personale,<br />

fisico, qualcosa che lui non riusciva a comprendere. Il suo mondo gli<br />

pareva piccolo, e desiderava uscirne per esplorare i più vasti reami<br />

della realtà fisica ed emotiva. Sentiva che qualcosa lo aspettava al di<br />

là di quello che conosceva, e percepiva un richiamo, come se una<br />

sirena lo stesse attirando. Non gli importava che fosse più verso la<br />

vita o verso la morte: il fatto che non poteva essere certo di quali<br />

potessero essere le conseguenze rendeva il tutto ancora più eccitante.<br />

Semplicemente voleva, aveva bisogno di andare e seguire quel<br />

canto, come fosse il richiamo del suo stesso cuore, e ignorarlo<br />

avrebbe significato la disgrazia.<br />

Avevano vagato lungo i vialetti principali, riscendendo verso<br />

valle. Così tante tombe. Così tanti morti.<br />

«Da questa parte», disse Chloe, e lui sapeva dove lo stava<br />

conducendo. Una leggera deviazione. Verso il monumento Cotroni,<br />

una grande scultura bianca di un angelo che bacia la testa della figura<br />

distesa. Era incredibilmente bella ed era la preferita di Chloe nel<br />

cimitero.<br />

Rimasero fermi davanti al monumento, a fissare le linee del<br />

marmo così fluide, la delicatezza di quel gesto davvero toccante.<br />

«Ero sola, ovviamente», disse all'improvviso Chloe.<br />

Michel si domandò di cosa stesse parlando, ma poi gli fu chiaro: il<br />

suo incontro con Antoine.<br />

«Venne da me una notte, nella mia camera da letto. Perché io,


perché il piccolo villaggio vicino Bordeaux, perché quel momento...<br />

Mi sono domandata quale karma contorto dovessi scontare, ma non<br />

ci sono risposte per domande simili. Non lo conoscevo. Lui non<br />

conosceva me. Per quel che ne so, sembravano non esserci ragioni<br />

per cui dovesse scegliere me».<br />

Per qualche istante non aggiunse altro e Michel si chiese in che<br />

modo potesse farla continuare. «So che quelli della nostra razza<br />

spesso seducono i mortali...».<br />

«Non si trattava di seduzione! È stata un'aggressione!», lo<br />

interruppe lei con un tono inconfondibile.<br />

«Mi dispiace. Non avevo intenzione di farti arrabbiare...».<br />

«Non sono arrabbiata con te Michel. È quel fatto a farmi<br />

arrabbiare, benché sia stato quasi 200 anni fa. La pura e semplice<br />

violenza. Il risentimento per quanto accadde rimarrà sempre con me.<br />

Ha dilaniato il mio corpo come un animale rabbioso. Metà della mia<br />

gola era stata strappata via. Uno dei seni era stato squarciato. La<br />

carne sulle braccia e sulle gambe e particolarmente i genitali, come se<br />

nutrisse un particolare odio per le femmine, anche se adesso, certo,<br />

dopo aver parlato con Karl e con David, capisco che non era quello<br />

il caso. Ci sono altri che sono stati trasformati da lui secoli fa e<br />

Antoine dev'essere stato diverso allora. Meno barbaro, sebbene<br />

sempre depravato».<br />

Michel riusciva a sentire il terrore e la furia di Chloe. Fece correre<br />

un braccio intorno alla sua spalla, e le vibrazioni del corpo di lei<br />

risvegliarono in lui un forte istinto di protezione. Riusciva a<br />

malapena a immaginare la violenza che aveva patito. Antoine, nel<br />

loro breve incontro, gli era sembrato sconvolto. E comunque Michel<br />

non aveva avuto a che fare direttamente con lui dopo essere stato<br />

rapito nel parco con Kathy. La corsa nel van. Poi la stazione<br />

ferroviaria. Quindi David che l'aveva salvato. Per tutto quel tempo<br />

Antoine era stato una figura silenziosa sullo sfondo. Aveva detto<br />

poche parole, ma la sua energia era maligna e Michel era rimasto<br />

alla larga da lui.<br />

Poi c'era stata la notte a Fire Island. Antoine era là, pronto alla<br />

battaglia con i suoi soldati, e Julien aveva condotto i genitori di<br />

Michel e gli altri come fossero un esercito, mentre Michel era dovuto


andare con loro perché non potevano lasciarlo da solo. Sembrava<br />

essere passato molto tempo, e i dettagli erano svaniti nella memoria.<br />

Sapeva solo che tutto ruotava intorno a lui e a un certo potere che<br />

Antoine voleva da lui.<br />

Un potere che Michel non riusciva a comprendere, perché non<br />

riusciva a sentirlo dentro di sé, anche se sua madre, suo padre e gli<br />

altri sembravano convenire sul fatto che lui lo possedesse.<br />

Chloe cominciò a rilassarsi un po'. Si protese e gli accarezzò la<br />

mano, appoggiando la testa contro la sua spalla.<br />

«L'esperienza di essere presi con una tale brutalità non è nulla se<br />

paragonata al mio risveglio. Ero sola. Nella mia bara. Due metri<br />

sotto terra. Ovviamente nessuno poteva saperlo, dato che non ero<br />

esattamente viva in base ai parametri normali. Ma chiaramente non<br />

ero morta».<br />

Michel si sentì inorridire. «Non sapevo che eri stata sepolta viva!».<br />

«Sì».<br />

Fu percorso dai brividi. Poteva soltanto immaginare come doveva<br />

essere stato.<br />

«A quei tempi in quella regione era d'uso appendere una<br />

campanella sopra la tomba, con una cordicella che scendeva giù nel<br />

terriccio fin dentro la bara. Nel caso che il morto non fosse<br />

realmente morto. Suonava la campana e veniva esumato».<br />

«Tu hai suonato la campana?»<br />

«Il mio corpo era talmente mutilato che i miei cari non avevano<br />

alcun dubbio che fossi morta. Non si preoccuparono di mettere una<br />

campana».<br />

«Come sei fuggita dalla tua tomba?»<br />

«In un modo molto tradizionale». Si spostò di alcuni passi<br />

interrompendo il loro contatto. Chloe mise la mano sulla testa<br />

dell'angelo. «Mi sono fatta strada scavando».<br />

«Wow!».<br />

«Le bare a quel tempo erano ancora fatte di legno. E la terra<br />

veniva vangata, non arata come oggi. E naturalmente i corpi non


venivano imbalsamati. Fortunatamente aveva piovuto e, anche se<br />

non è facile scavare nel fango, allora fu più semplice che se il terreno<br />

fosse stato asciutto e compatto. Mi ci vollero quasi due notti e poi,<br />

quando ero vicina alla superficie, mezza impazzita, morta di fame,<br />

senza sapere ancora cosa fossi, dovetti seppellirmi nuovamente<br />

quando la luce del sole m'investì, e attendere un velo di oscurità<br />

prima di poter emergere».<br />

«E continui ad amare i cimiteri!», disse Michel a cuor leggero. Non<br />

riusciva a capire perché.<br />

«Suppongo che una persona sia sempre attratta dal luogo dove si<br />

è verificato un avvenimento traumatico. Come disse Carl Jung: "La<br />

nostra più grande ferita è la nostra più grande benedizione, e il<br />

luogo dove può esservi guarigione".<br />

Vieni», disse lei e, con grande costernazione di Michel, si diressero<br />

giù per la collina. «Quando sono emersa, ovviamente sono tornata a<br />

casa. Dove va uno quando torna dalla morte? Molti dei miei figli<br />

erano adulti e sposati, e mi accolsero, naturalmente rallegrandosi del<br />

fatto che fosse stato commesso un errore. Ad ogni modo erano<br />

visibilmente turbati. Le ferite profonde inflittemi da Antoine<br />

avevano cominciato a guarire in fretta: si pensava fossi stata assalita<br />

da un lupo, dato che all'epoca i lupi erano ancora diffusi in Europa.<br />

Quei lupi, non come quelli che vediamo oggi, erano grossi e feroci.<br />

Sono alla base delle leggende sui lupi mannari.<br />

La mia figlia più grande e suo marito mi diedero una stanza.<br />

Pensavano fossi stremata e mi lasciarono dormire per diversi giorni.<br />

Di nascosto, mi alzavo la notte e mi facevo strada per la casa,<br />

osservando loro e i loro figli - i miei nipoti - mentre dormivano. Ero<br />

affetta da una brama che non ero in grado di identificare ma<br />

istintivamente sapevo di essere una minaccia per la mia famiglia.<br />

Sai come vediamo i mortali. Come percepiamo il sangue, come<br />

riusciamo a sentirlo pulsare nelle vene, odorare la sua rossastra<br />

fragranza ancor prima di trapassare la pelle. Tutto questo e altro<br />

ancora avevo percepito con grande intensità; non mi ero ancora<br />

nutrita. Ero debole, ma la fame divenne ossessiva, e servì tutta la mia<br />

forza per non cedere. Alla fine, dopo che fu trascorsa una settimana,<br />

dovetti fuggire. Non c'era altro modo. Non sapevo che cosa ero, ma


sapevo di costituire un pericolo per quelli che amavo».<br />

«Dove stiamo andando?», chiese Michel, benché sentisse di saperlo<br />

già. Erano diretti al Columbarium, le moderne volte sotterranee.<br />

Quel posto gli dava i brividi. Per qualche motivo, Chloe voleva<br />

sempre passeggiare là. Lui non sapeva perché, non voleva saperlo,<br />

ma quando vide l'ingresso, si irrigidì di fronte a quella che sarebbe<br />

stata un'esperienza spiacevole.<br />

«Voglio soltanto controllare le nuove inumazioni», disse lei.<br />

«Voglio assicurarmi che ci sia ancora spazio per seppellire».<br />

«Ma perché?», chiese lui.<br />

«Non sai mai quando potresti aver bisogno di trovare una dimora<br />

eterna per qualcuno che ami».<br />

«Come fai a sopportare questo posto?», domandò Michel. «Lo<br />

trovo spaventoso, come in un film dell'orrore».<br />

Lei lo guardò e rise. «Sono talmente più vecchia di te. Suppongo<br />

che l'intensità dello spazio compresso sotto terra mi costringa in<br />

qualche modo. E mi ricorda la mia sepoltura».<br />

«Allora perché andare là dentro?»<br />

«Forse sto cercando di rivivere tutto. Trovare un modo per<br />

purificarmi dai ricordi».<br />

Per lui questo aveva senso mentalmente ma non emotivamente.<br />

L'ultima cosa che voleva fare era rivivere qualcosa di doloroso. Forse<br />

le persone cambiavano quando diventavano più vecchie. Forse<br />

volevano affrontare le cose spaventose. Non lo sapeva con certezza.<br />

Quello che sapeva è che non era nei suoi piani.<br />

«Michel, perché non fai il giro e ci incontriamo all'uscita?».<br />

Si sentì sollevato per il fatto che l'avesse suggerito.<br />

Il Columbarium aveva la forma di due rettangoli disposti a L, con<br />

una sezione circolare nel mezzo che li collegava e un'altra prima<br />

l'uscita. Era lungo quanto un paio di isolati cittadini. Da lontano era<br />

un gigantesco cumulo di suolo erboso con lucernai nel terriccio e<br />

finestre alla base della bassa collina che davano l'idea della forma.<br />

Chloe poteva rimanervi dentro per un bel po', e di solito lo faceva.<br />

Se fosse andato con lei, si sarebbe sentito a disagio per tutto il


tempo.<br />

«Okay», disse in fretta lui. «Ci vediamo dall'altra parte».<br />

«Bene», rispose lei, e lo baciò sulla guancia.<br />

Chloe si girò e proseguì verso la porta. Era chiusa, naturalmente,<br />

ma si servì delle chiavi che aveva fatto fare in modo da poter entrare<br />

quando voleva. Michel si girò dall'altra parte e si diresse verso la fila<br />

di cripte lungo il sentiero, delle costruzioni vecchie, su una lieve<br />

salita.<br />

Le vecchie cripte lungo quel sentiero erano affascinanti come<br />

quelle che avevano appena visitato. Poteva raggiungere quella<br />

adiacente senza salire e scendere le scale, come un postino che<br />

scavalca la staccionata della casa successiva senza fare il giro. Gran<br />

parte delle porte erano solide, ma alcune presentavano delle<br />

aperture. All'interno c'erano feretri d'ogni sorta. L'odore di muffa era<br />

intrigante. Una cripta ospitava due bare, e una targa all'esterno<br />

diceva che erano sposati, Natasha-Louise e Jacques-François, ed<br />

entrambi erano morti giovani. Si chiese come sarebbe stato fare sesso<br />

là dentro. Come quella coppia che avevano visto farlo in una cripta.<br />

Perverso. In realtà si chiese come sarebbe stato fare sesso e basta!<br />

Tranne che con se stesso, quello lo sapeva.<br />

C'era una ragazza che aveva conosciuto di recente, fuori da un<br />

cinema. Era andato con Gerlinde e Karl, e la ragazza era là con tre<br />

sue amiche. Aveva capelli corti e a punta, tinti di blu chiaro. E aveva<br />

delle lunghe extension nere che facevano sembrare la sua testa simile<br />

a un ragno, cosa che lui trovava molto attraente. L'anellino che<br />

aveva sul labbro inferiore era per Michel particolarmente sexy, e si<br />

era chiesto come sarebbe stato baciare qualcuno col piercing sulle<br />

labbra.<br />

Lei aveva sollevato lo sguardo verso di lui con quei lucenti occhi<br />

dalla forma allungata segnati con la matita nera, e aveva sorriso.<br />

Michel si era sentito in imbarazzo. Le femmine mortali lo<br />

imbarazzavano sempre anche se sapeva che lo trovavano attraente.<br />

Era la sua natura, ovviamente.<br />

Non sapeva che cosa fare, se non sorridere a sua volta.<br />

«Sembra un bel film», aveva detto lei.


Lui si era sentito stupido e aveva annuito, sempre sorridendo,<br />

chiedendosi perché fosse così sorpreso. Gerlinde si era girata in quel<br />

momento, aveva aperto la bocca per dire qualcosa, poi l'aveva<br />

richiusa e si era voltata, e di questo lui le era stato grato. Gerlinde<br />

era molto divertente, ma quello non era il momento per una delle<br />

sue intelligenti osservazioni.<br />

«Io... ho visto il primo», aveva detto Michel.<br />

«Anche io».<br />

E adesso? «Le giacche in pelle erano grandiose».<br />

«Oh, sì! De la belle confection. C'etait». Parlava franco-inglese,<br />

come molti a Montréal, una combinazione di inglese e francese.<br />

«J'ai marias en avoir un».<br />

«Mot aussi!».<br />

Be', ad entrambi sarebbe piaciuto avere una delle giacche del film.<br />

Avevano qualcosa in comune. Ma poi la fila aveva preso a scorrere e<br />

lei si era girata di nuovo verso le sue amiche, mentre lui era<br />

avanzato insieme a Karl e a Gerlinde. Si erano seduti quasi a metà,<br />

una scelta di Karl, e la ragazza si era sistemata con le sue amiche più<br />

avanti. A un certo punto, si era girata sulla sua poltrona<br />

ispezionando la folla come in cerca di volti familiari. I loro occhi si<br />

erano incontrati e lei aveva sorriso di nuovo mentre gli faceva un<br />

cenno. Michel si era limitato a sollevare una mano per ricambiare<br />

mentre lei si girava.<br />

Una volta iniziato il film, aveva trascorso gran parte del tempo a<br />

guardarle la nuca. Lei aveva riso molto insieme alle sue amiche.<br />

Mangiato del pop-corn. Bevuto Coca-Cola da una cannuccia. Si era<br />

grattata il naso. A Michel piaceva il modo in cui si sporgeva per<br />

sussurrare all'orecchio della sua amica, e come le extension si<br />

scuotevano simili a code di serpente. A dire il vero aveva trovato<br />

tutti quei gesti, così semplici e ordinari, irresistibili. E quando il film<br />

era terminato - e lui se n'era perso buona parte distratto dalle<br />

elucubrazioni mentali su cosa fare o non fare - aveva giurato che<br />

sarebbe andato a chiederle il numero di telefono.<br />

Si era separato da Gerlinde e Karl dicendo che li avrebbe raggiunti<br />

all'ingresso, e aveva inseguito le quattro ragazze che se ne stavano


andando da una uscita laterale. Le aveva raggiunte mentre si<br />

affacciavano sulla strada.<br />

All'improvviso, si era sentito nervoso. Era un'idea talmente<br />

stupida! Come avrebbe mai potuto chiederle il numero di telefono?<br />

Lei non lo conosceva neppure, quindi non glielo avrebbe dato,<br />

ovviamente. Avrebbe pensato che era un porco o qualcosa del<br />

genere.<br />

Le aveva superate ma senza allontanarsi troppo, si era fermato<br />

scrutando la strada, desiderando di essere un fumatore, o almeno<br />

avere una sigaretta per poter far finta di fumare.<br />

All'inizio aveva avuto paura di girarsi indietro. Paura che lei non<br />

l'avrebbe notato. O che non si sarebbe ricordata di lui. O peggio,<br />

che l'avrebbe visto e avrebbe svoltato, ignorandolo, rivelando così la<br />

verità che lui aveva covato nell'ultima ora e mezzo, ossia che era<br />

solo stata gentile, come sarebbe stata con chiunque altro. Non c'era<br />

nessun interesse particolare. Lui si stava ingannando a vedere<br />

dell'interesse laddove non ve n'era affatto. Come sarebbe stato<br />

umiliante quel rifiuto. E imbarazzante.<br />

Ma in quel momento lei era passata davanti a lui con le sue<br />

amiche. Poi aveva girato la testa e dopo aver sorriso aveva detto:<br />

«Piaciuto il film?»<br />

«Sì, era fico».<br />

«Non era bello come il primo».<br />

«No, direi di no».<br />

Le sue amiche si erano fermate e stavano chiacchierando tra di<br />

loro, ridacchiando scioccamente mentre gli lanciavano occhiate<br />

furtive. Si era sentito impacciato, stupido. Come poteva saltarsene<br />

fuori che voleva il suo numero di telefono?<br />

«Andiamo a prendere un caffè. Vuoi venire?».<br />

Voleva andare. Ma aveva lasciato Karl e Gerlinde dall'altra parte<br />

del cinema. E non si era ancora nutrito, e forse questo avrebbe<br />

contribuito a dare alla situazione una piega che non avrebbe dovuto<br />

avere e... «Oh, ma certo. Devo solo dirlo ai miei amici. Ditemi dove<br />

andate che vi raggiungo».


«Porta anche loro».<br />

L'ultima cosa che voleva fare era portare Karl e Gerlinde a un<br />

appuntamento, se di quello si trattava, e non lo era. «Uh, credo che<br />

debbano tornare a casa. Sono vecchi...».<br />

«Ok. Non sappiamo ancora dove andare: ti aspettiamo qui».<br />

«Ok», aveva detto lui, indietreggiando in fretta. «Torno subito».<br />

Aveva visto le sue amiche circondarla per farle domande. Lui si<br />

era infilato nuovamente dentro il cinema.<br />

«Non si può entrare di qui», aveva detto un usciere.<br />

«Ero già dentro. Ho appena visto il film. Devo arrivare all'ingresso<br />

principale per incontrare dei miei amici...».<br />

«Fai il giro», aveva detto l'usciere, un ragazzo brufoloso con aria<br />

supponente.<br />

Michel detestava farlo, ma si era servito delle sue capacità<br />

ipnotiche per instillare un seme di condiscendenza nella mente<br />

dell'usciere, e pochi secondi dopo si stava precipitando nel cinema<br />

vuoto, superava gli altri addetti intenti a pulire le buste vuote di<br />

pop-corn, i bicchieri di carta delle bibite e le cartacce delle caramelle.<br />

Karl e Gerlinde erano abbracciati, e si stavano baciando in<br />

pubblico. Questo non lo infastidiva, ma non erano giovani, anche se<br />

sembravano avere vent'anni. Ed erano stati insieme per così tanto<br />

tempo: non riusciva a capire perché non potessero risparmiarsi certe<br />

cose per la camera da letto. Non appena lo aveva pensato, si era<br />

rimproverato di quel pensiero. La maggior parte delle volte pensava<br />

fosse una bella cosa. Dolce. Sperava che, se avesse trovato qualcuno<br />

da amare, sarebbero rimasti così affezionati e innamorati per tutto<br />

quel tempo. Però c'erano così tante persone attraenti: gli riusciva<br />

difficile pensare di restare con la stessa per decenni...<br />

«Ciao ragazzi», aveva detto, interrompendo il loro tête-à-tête.<br />

«Ehi! Dov'è la ragazza?», gli aveva chiesto Gerlinde arrivando<br />

come al solito dritta al punto.<br />

«È dall'altra parte. Vuole andare a prendere un caffè».<br />

«Grandioso! Non sarebbe male avvicinare nuove prede», aveva


detto Gerlinde. «Oh, ho detto "prede"? Volevo dire "persone"».<br />

«Be', pensavo che forse voi due volevate restare da soli».<br />

«No, affatto», aveva detto Gerlinde. «Siamo stati insieme per tre<br />

sere di seguito. Karl è pronto a conficcarmi un paletto nel cuore».<br />

«Non credo», aveva riso Karl. «Ma penso che a Michel piacerebbe<br />

restare da solo con lei».<br />

«Oh», aveva detto Gerlinde, comprendendo all'improvviso. «Fai<br />

in modo di essere a casa per mezzanotte», aveva aggiunto.<br />

«È mezzanotte e mezza adesso», aveva ricordato Michel alla<br />

donna che era stata come una madre quando la sua era scomparsa.<br />

«Intendo dire la mezzanotte di domani. Non appena si svegliano i<br />

pipistrelli. Ciao ciao tesoro». Lo aveva baciato sulla guancia, Karl gli<br />

aveva dato un buffetto sul braccio e se ne erano andati.<br />

Michel aveva cercato di riattraversare il cinema, ma c'erano<br />

troppe persone all'ingresso e non c'era riuscito. Si era precipitato<br />

intorno al lungo edificio in tempo per vedere la ragazza e le sue<br />

amiche all'angolo in mezzo a una folla di persone. Stavano<br />

attraversando la strada quando le raggiunse.<br />

«Pensavamo che non saresti venuto», aveva detto lei.<br />

«Ti avevo detto che sarei tornato subito». Non voleva sembrare<br />

sgradevole, ma l'aveva spaventato il fatto che lei se ne stesse già<br />

andando, e lui era stato via solo per pochi minuti. All'improvviso si<br />

era reso conto che le cose erano cambiate. Le quattro ragazze erano<br />

insieme a quattro ragazzi. La ragazza che aveva inseguito, che<br />

pensava fosse interessata a lui, era sottobraccio a uno di loro. Adesso<br />

era davvero confuso. Voleva soltanto fuggire via.<br />

«Ehi, senti», aveva detto, cercando di attirare la sua attenzione. Lei<br />

si era girata e gli aveva sorriso, ancora quel sorriso luminoso, ma<br />

senza lasciare il braccio che stava tenendo. «Sono tornato per dirti<br />

che non posso. Magari un'altra volta, ok?»<br />

«D'accordo. Un'altra volta. Ci si vede». E si voltò.<br />

Li aveva lasciati dall'altra parte della strada osservandoli mentre si<br />

allontanavano. Chiaramente si conoscevano tutti. Molto bene. Se<br />

aveva un ragazzo, perché stava flirtando con lui? L'aveva fatto?


Forse si stava sbagliando. Forse cercava solo di essere amichevole.<br />

Forse quel tale era suo fratello o altro. O semplicemente un amico.<br />

In ogni caso, si era sentito sprofondare il cuore. Non sapeva cosa<br />

pensare di tutta quella faccenda, cosa concludere. Aveva trascorso<br />

delle ore a passeggiare per le strade sotto la pioggia, ma comunque<br />

le idee non gli si erano schiarite. Aveva aspettato di tornare a casa<br />

fino a quando il sole non era spuntato all'orizzonte. Quella notte<br />

l'ultima cosa che avrebbe voluto era di doversi trovare davanti a<br />

Karl e Gerlinde o a suo padre e sua madre, con qualcuno di loro a<br />

chiedergli dettagli su quella ragazza.<br />

Vide l'ultima cripta, appena dietro l'angolo, separata dalle altre, e<br />

guardò attraverso l'apertura. Era una cripta dedicata alle suore.<br />

Dentro c'erano semplici bare scure, appoggiate sobriamente una<br />

sopra l'altra. Nulla di spettacolare.<br />

Se la prese comoda, dando così a Chloe il tempo che le serviva<br />

per gustarsi quell'ambiente perverso in cui le piaceva stare. Camminò<br />

per un po' fino a quando non riuscì a vedere l'uscita, ma lei non era<br />

ancora venuta fuori. In alto, il cielo cominciava a perdere parte della<br />

sua oscurità e il suo Swatch diceva che mancava un'ora al sorgere del<br />

sole. Erano abbastanza vicini a casa. C'era un mucchio di tempo per<br />

arrivarci.<br />

Raggiunse l'uscita e attese all'esterno. Persino sbirciare dalle porte<br />

vetrate lo infastidiva. Era come se una qualche presenza ostile vivesse<br />

in quel tunnel moderno e chirurgicamente asettico. Come poteva<br />

non provare repulsione a guardare nelle cripte, persino nelle tombe<br />

aperte con le ossa che fuoriuscivano dai sarcofaghi in pezzi, mentre<br />

passeggiare per quei corridoi lo riempiva di paura?<br />

Salì sul terrapieno e guardò dentro uno dei lucernai del<br />

Columbarium. Ce n'erano due, di forma ottagonale, entrambi che<br />

davano sulle sezioni circolari alla fine dei corridoi che li collegavano<br />

creando la forma a L. Nel primo nulla degno di nota. Nel secondo<br />

c'era un uccello che svolazzava e si fermava a breve distanza dal<br />

vetro, in cerca di un'uscita che non avrebbe trovato. A una seconda<br />

occhiata si rese conto che non era un uccello bensì un piccolo<br />

pipistrello. Provò l'istinto di salvarlo, ma per farlo sarebbe dovuto<br />

entrare, e lui non voleva andare lì dentro.


Alla fine fece ritorno all'uscita per aspettare. Chloe aveva detto<br />

che c'era un motivo per cui quel posto veniva chiamato il<br />

Columbarium, che significava una struttura per ospitare i piccioni<br />

viaggiatori. All'interno c'erano dei piccoli recipienti per le ceneri, ma<br />

buona parte dell'edificio era un mausoleo per i corpi. Ufficialmente,<br />

quel posto era un mausoleo e un colombario, ma Michel non sapeva<br />

perché tutti quanti lo chiamassero solo Columbarium. Chloe, che<br />

aveva su tutte le cose una prospettiva spirituale, aveva detto che era<br />

come se le anime fossero state riposte là fino alla resurrezione, poi<br />

sarebbero volate verso casa come uccelli, in pratica una<br />

rappresentazione dell'intero sistema di credenze cristiano. Esaminò<br />

gli alberi più giovani di quell'area più spaziosa, per vedere che<br />

aspetto avessero dopo le tempeste di ghiaccio del precedente<br />

inverno. Disegnò delle forme nel terreno con un bastoncino,<br />

fingendo di fare dei geroglifici, immaginando che qualcuno il giorno<br />

seguente li avrebbe visti meravigliandosene. Ma alla fine, quando<br />

controllò nuovamente l'orologio, si rese conto che era trascorsa<br />

un'altra mezz'ora: Chloe era rimasta là dentro per novanta minuti.<br />

Probabilmente aveva perso la cognizione del tempo.<br />

Poteva permettersi di rimanere all'aperto subito dopo l'alba, ma<br />

questo l'avrebbe debilitata per giorni, e Michel sapeva che lei non<br />

avrebbe gradito. Sentì che l'avrebbe dovuta far uscire, e<br />

sfortunatamente questo significava entrare dentro.<br />

Con un sospiro di frustrazione si servì di un passe-partout del<br />

mazzo che ognuno di loro aveva con sé per aprire le porte.<br />

Nell'istante in cui tirò la maniglia si rese conto che qualcosa non<br />

andava affatto, ma non fu in grado di capire cosa. Tutto quello su<br />

cui poté concentrarsi fu l'intenso odore di fluido per<br />

l'imbalsamazione. Era sempre l'odore di quell'edificio che lo stordiva,<br />

e stavolta era peggio che mai.<br />

«Chloe?». La voce parve esitante alle sue stesse orecchie. Chiamò<br />

qualche altra volta, ma non vi fu risposta. Non c'è altro modo.<br />

Riluttante, fece un passo dentro quella dimora sotterranea per i<br />

morti immacolati.


CAPITOLO 2<br />

Nell'istante in cui le porte interne si chiusero dietro Michel, l'aria<br />

gli si strinse addosso. Era come essere dentro una gigantesca sacca di<br />

plastica in un freezer. Ogni molecola si congelò, trasformandosi da<br />

gassosa o liquida in solida, o almeno così gli parve. Non riusciva a<br />

respirare. Anche se lo stava facendo. E ciò che stava inalando gli<br />

dava i conati di vomito. Un opprimente odore di fluido per<br />

l'imbalsamazione sovrastava l'odore della carne marcia.<br />

«Chloe?», chiamò. Silenzio. Il raziocinio, bloccato dal panico, si<br />

fece da parte per dar via libera alle reazioni istintive. "Lascia che il<br />

corpo faccia quello che sta comunque facendo, non rendere tutto<br />

più difficile", pensò. E poi, "È pazzesco! Questo è solo un posto per i<br />

cadaveri. Riprenditi!". Con la sola volontà, fece dieci passi avanti nel<br />

lungo corridoio, benché gli elementi sembrassero agire contro di lui<br />

nel tentativo di trattenerlo.<br />

Diede un'occhiata alla sua sinistra, verso l'estremità più breve del<br />

corridoio, non più di dieci metri, laddove formava il cerchio. Il<br />

Columbarium erano due corridoi rettangolari con una sezione<br />

circolare in corrispondenza dell'uscita e un'altra che collegava i due<br />

rami al centro. Ogni corridoio aveva un eguale numero di piccole e<br />

strette diramazioni verso l'esterno, tre per ogni parte. Il corridoio<br />

numero uno, dove c'era l'entrata, portava alla rotonda che lo<br />

congiungeva ad angolo retto al corridoio numero due. Quest'ultimo<br />

portava alla rotonda verso l'uscita, da dove era entrato lui.<br />

Era già stato là - in quel momento gli sembrava che fosse stato<br />

anche troppo spesso - e sapeva che il secondo corridoio - quello nel<br />

quale si trovava - era composto da un livello superiore e da uno<br />

inferiore. Girò a sinistra e si costrinse a proseguire nel livello<br />

inferiore, ma era come spostarsi al rallentatore, o in mezzo a una<br />

sostanza pesante e fitta che non permetteva ai sui arti libertà di<br />

movimento.<br />

Su entrambi i lati c'erano mura formate da grossi quadrati di<br />

marmo, come cassetti, abbastanza grandi da contenere una bara,<br />

cioè proprio quello che c'era. Ogni quadrato di marmo bianco era


"decorato" da un orribile cono di marmo verde con all'interno una<br />

luce a basso consumo. La maggior parte era accesa. "Le luci sono<br />

accese", pensò, "c'è qualcuno in casa". E questo gli fece venire i<br />

brividi.<br />

Mentre passava accanto a quelli che definiva "cassetti", anche se<br />

non avevano maniglie, vide che avevano nomi, numeri e talvolta<br />

fotografie. Occhi vitrei a due dimensioni lo fissavano. Quello che lo<br />

infastidiva di più erano le foto poco nitide in bianco e nero, sgranate<br />

e di scarsa qualità, che facevano sembrare la persona un fantasma.<br />

Più avanti l'illuminazione si affievoliva. Non era mai stato a un<br />

funerale al coperto, ma ritenne che questo era ciò che avrebbe<br />

ricreato al meglio un'atmosfera di lutto. E in questo caso anche di<br />

terrore. Non aveva idea del perché temeva il Columbarium, ma così<br />

era e a lui andava bene così. O male così.<br />

Quando Michel arrivava in corrispondenza di ciascuna<br />

diramazione, guardava a sinistra e poi a destra. Le corsie erano<br />

profonde circa tre metri. Quelle che andavano verso le finestre<br />

erano abbastanza chiare. Ma quelle che conducevano al muro<br />

posteriore avevano delle rientranze a destra e a sinistra dove il<br />

corridoio incontrava la parete. "Qualcuno potrebbe nascondercisi",<br />

pensò, poi si domandò cosa c'era che non andava in lui. Era lui<br />

l'essere soprannaturale. Quello dotato di una forza straordinaria.<br />

Quello che dovevano temere i mortali. Era lui a essere in vantaggio,<br />

allora perché stava tremando?<br />

Come se dovesse placare i nervi, si mosse un po' più velocemente,<br />

e presto raggiunse la sola circolare di raccordo. Le scale erano nel<br />

corridoio appena prima di quella zona. Di lì doveva tornare su, dato<br />

che il corridoio d'entrata era a un livello soltanto, che si collegava<br />

con il piano superiore del corridoio d'uscita, e lui doveva ancora<br />

controllarlo. Diede un'occhiata alla ringhiera circolare e al lucernaio<br />

oltre questa. Il pipistrello era là, intrappolato nel Columbarium, nella<br />

rotonda di giunzione. "E meno male che ha il sonar", pensò tra sé.<br />

Quel povero animale svolazzava avanti e indietro istericamente,<br />

fermandosi a breve distanza da un pannello, dirigendosi poi verso<br />

quello opposto dell'ottagono, fermandosi un istante per cambiare<br />

direzione nel tentativo disperato di fuggire. Michel sapeva come ci si


sentiva. Pensò che una volta raggiunto il livello superiore avrebbe<br />

potuto provare a salvarlo, benché il lucernaio fosse abbastanza in<br />

alto.<br />

Gli venne in mente all'improvviso, come se un fulmine gli avesse<br />

centrato il cranio, che Chloe doveva essere all'esterno. Non riusciva<br />

ad avvertire la sua presenza là dentro e lei non gli aveva risposto,<br />

quindi doveva essere uscita dall'ingresso mentre lui entrava<br />

dall'uscita. Aveva senso e pensò di essere stato un idiota a non averci<br />

pensato prima.<br />

Tornò alla porta e uscì fuori.<br />

L'aria fresca e frizzante gli piovve addosso come una doccia<br />

salubre, e si rese conto di quanto era spaventato. E oppresso.<br />

L'odore del fluido per l'imbalsamazione era ancora appiccicato alle<br />

sue narici: che cosa disgustosa che potesse ancora sentirlo all'aperto!<br />

Gli ci volle un istante per gustare la libertà del cimitero e per ripulirsi<br />

il naso, ma poi si rese conto che non riusciva ad avvertire la presenza<br />

di Chloe là fuori. «Chloe?», chiamò. Riusciva quasi a percepire il<br />

suono nell'aria.<br />

Per una frazione di secondo aveva avuto l'impressione che ci fosse<br />

qualcuno, da qualche parte... Ma no, ora che si era concentrato, non<br />

c'era nulla, solo l'odore ora debole del liquido per l'imbalsamazione.<br />

Per come si sentiva agitato, non sembrava affatto strano. Perché<br />

fosse tanto nervoso, be', poteva solo meravigliarsi della sua reazione<br />

estrema a quella enorme tomba, perché di questo si trattava. Canali<br />

di marmo, e quel puzzo orribile, dietro il quale l'odore della carne in<br />

decomposizione che cercava di farsi strada. E in più c'erano tutte le<br />

cose che aveva detto Chloe, la sua macabra propensione per il<br />

Columbarium. Senza dubbio anche questo aveva contribuito a farlo<br />

sentire così.<br />

La luce filtrava dal cielo a est. Michel poteva sopravvivere<br />

abbastanza bene alla luce del sole. Almeno in poco tempo avrebbe<br />

potuto tornare a casa e dimenticarsene. Non avrebbe dovuto restare<br />

a letto a chiedersi se sua zia era intrappolata da qualche parte. Chloe<br />

non poteva sopravvivere all' esterno durante il giorno, benché<br />

potesse resistere al sonno se si trovava nell'oscurità più totale.<br />

Doveva essersene andata. Ma non era proprio da lei. Però, quale


altra spiegazione poteva esserci? Non riusciva ad avvertire la sua<br />

presenza. Stava perdendo il suo tempo. L'avrebbe trovata a casa.<br />

Addormentata. Forse aveva qualcosa da fare di cui si era dimenticata<br />

e non aveva avuto il tempo di andarlo a cercare. Doveva essere così.<br />

Però, per quanto cercasse di trovare una spiegazione razionale,<br />

sapeva di non essere il tipo da abbandonare semplicemente la ricerca<br />

fino a quando non avesse perlustrato ogni centimetro di quel posto<br />

orribile. Inoltre, adesso era una questione d'onore attraversare quel<br />

maledetto Columbarium, e sapere che poteva farcela. Era troppo<br />

facile cercare una scusa per evitare di portare a compimento il<br />

lavoro.<br />

Infilò di nuovo la testa dentro le porte di uscita. No, non era<br />

neppure là. A ogni modo, chiamò il suo nome ad alta voce, per ogni<br />

eventualità.<br />

Riluttante, entrò dentro e le porte si richiusero alle sue spalle. Si<br />

fermò. Nulla nemmeno dentro l'edificio: solo il pipistrello,<br />

probabilmente un pipistrello della frutta. E ancora quella sensazione<br />

di... come poteva definirla?... Intangibilità eterea?... Sì, questo<br />

l'avrebbe descritto bene, pensò... ma solo se l'interlocutore fosse<br />

stato uno psicopatico!<br />

"Va bene, finiamola qui! ", disse a se stesso e proruppe in una<br />

risata nervosa e strappata... "Finiamola qui! Che umorismo<br />

perverso!".<br />

Chloe poteva essersene andata a casa. Ma non era da lei. Non<br />

l'avrebbe lasciato senza avvertirlo: gli aveva detto che si sarebbero<br />

incontrati all'uscita e non era da lei non farsi viva se aveva detto che<br />

l'avrebbe fatto. Anche con l'alba imminente. In caso estremo, gli<br />

avrebbe lasciato un biglietto. Be', non un biglietto, ma qualcosa che<br />

lui avrebbe visto e compreso. E lui non si era trattenuto alle cripte<br />

così a lungo. Inoltre, se fosse uscita, avrebbe percepito la sua<br />

presenza. Come lei avrebbe percepito la sua e l'avrebbe trovato:<br />

Michel non era molto lontano dall'uscita...<br />

Ma oltre che per tutti quei pensieri tormentati, lui sapeva che<br />

qualcosa non andava. Glielo diceva l'intuito, ed entrambi i suoi<br />

genitori erano stati attenti a insegnargli a rispettare il suo intuito,<br />

dato che avrebbe potuto salvargli la vita.


"Okay", pensò, "non è fuori, non è dentro". Ma avrebbe dovuto<br />

ispezionare l'intero edificio sotto terra e poi girare intorno all'esterno<br />

della struttura prima di poter tornare a casa. E poi c'era il più vecchio<br />

e più piccolo mausoleo sul sentiero, che era come il Columbarium...<br />

Non voleva pensarci. Detestava l'impulso ad essere così meticoloso,<br />

ma sembrava proprio della sua natura, e doveva essere sicuro.<br />

Ancora una volta, il profumo del liquido per l'imbalsamazione<br />

quasi lo stordì. "Forse uno dei corpi si è aperto e c'è una perdita o<br />

roba del genere", pensò. O c'è un paio di morti freschi a<br />

impuzzolentire questo posto. Ma lui era particolarmente sensibile<br />

agli odori, come suo padre. E quelli della sua razza riuscivano a<br />

sentire il profumo di una rosa a tre isolati di distanza. Tanto per<br />

cominciare, qualcosa di così intenso, chiuso in quello spazio freddo e<br />

circoscritto... era impossibile.<br />

Impossibile o no, salì i gradini della stretta scalinata vicino alla<br />

rotonda d'uscita. La scala era di freddo calcestruzzo e opprimente; si<br />

sentì intrappolato. Se qualcuno o qualcosa si nascondeva là...<br />

"Che ne dici di tornare alla realtà?", ordinò a se stesso.<br />

Si affacciò al livello superiore, quasi sollevato. Almeno lassù i due<br />

corridoi erano collegati, così avrebbe dovuto semplicemente<br />

camminare dritto dall'uscita fino all'ingresso, oltre a controllare<br />

quelle dannate ramificazioni!<br />

Chiamò il nome di lei mentre procedeva, col bisogno disperato di<br />

spezzare quella strana sensazione che il Columbarium gli procurava,<br />

sperando in una risposta che non venne. Di tanto in tanto, quando<br />

controllava un settore munito di finestra, sbirciava fuori, cercando,<br />

sperando in un qualche segno di Chloe. Ma il cimitero all'esterno era<br />

immobile. Immobile come la morte, pensò. Poi si costringeva a<br />

tornare nel corridoio per continuare dentro quell'ambiente<br />

soffocante e spettrale. Là, dove non vi era aria, neppure intrisa di<br />

fluido per l'imbalsamazione, dove il freddo lo schiacciava al suolo,<br />

dove la luce faceva sembrare tutto artificiale e creava insoliti sentieri<br />

d'ombra, era come se i morti fossero in procinto di tornare in vita,<br />

come nei tanti film dell'orrore che aveva visto. Ti giri e ce n'è uno,<br />

privo di cervello, meno che umano, seduto nel vano aperto, che ti<br />

fissa con un solo pensiero in mente, un desiderio divorante. E dietro


quello un altro, e un altro... "Wow!", pensò. "È così che i mortali<br />

vedono noi". Forse era stata la sua parte mortale che aveva fatto<br />

uscire simili pensieri malati. "Questo sarebbe un posto meraviglioso<br />

per un party di Halloween", gli venne in mente, e quel poco di<br />

ironia gli risollevò l'umore.<br />

Ma poi, quasi nello stesso momento, fu colto da sudori freddi e<br />

appiccicosi che gli incollarono la camicia alla schiena, e i pantaloni<br />

alla parte posteriore delle ginocchia. «Adesso ti stai lasciando<br />

spaventare!», mormorò, fingendo, come se la sua stessa voce<br />

risuonasse simile a quella rassicurante di un altro. Quasi avesse<br />

potuto convincersi che non era solo come sapeva di essere. E non<br />

così spaventato.<br />

Ogni singolo passo che fece nel corridoio parve interminabile. E<br />

deludente. Sapeva che sua zia non era là, ma doveva comunque<br />

camminare fino alla fine di quel posto che gli faceva venire la<br />

claustrofobia. Oltrepassando le dozzine di comparti allineati sulle<br />

pareti con dentro corpi putrefatti. Respirando quell'odore tremendo.<br />

Lanciò un'occhiata alle proprie spalle nonostante dicesse a se stesso<br />

che era una cosa ridicola.<br />

E quelle ramificazioni! In parte si aspettava di trovarsi faccia a<br />

faccia con qualche zombie di Romero, con la carne che gli si staccava<br />

e lo sguardo assente... E quando raggiungeva uno di quei corridoi<br />

senza uscita, si armava di coraggio per poi richiederne ancora di più<br />

alla propria spina dorsale. Doveva percorrere ogni corsia, perché<br />

all'altra estremità, dalla parte del muro, c'erano quelle stupide<br />

rientranze, quelle nicchie a misura d'uomo, dove chiunque poteva<br />

nascondersi...<br />

Tornava al centro del corridoio principale e continuava, cercando<br />

di non farsi intimidire dall'alta volta di quei comparti pieni di morti.<br />

Ma le mura torreggiavano su di lui e facevano sembrare quel posto<br />

più stretto di quanto lui sapeva che fosse. "Chi ha avuto questa folle<br />

idea", si chiese, "di stipare i morti che riposano in questi comparti?".<br />

Come i comparti del coroner che aveva visto in così tanti film e negli<br />

show televisivi, solo che questi non erano di acciaio inossidabile, ma<br />

di marmo, e in qualche modo questo li rendeva meno asettici e più<br />

inquietanti.


Il tappeto assorbì il suono delle sue scarpe e i suoi movimenti<br />

divennero silenziosi. Questo corridoio con le sue ramificazioni, con<br />

più cassetti di marmo in ogni corsia, sembrava non aver fine. Nulla<br />

sul tragitto verso la circonferenza che conduceva al corridoio che<br />

conduceva alla circonferenza che conduceva all'altro corridoio che<br />

conduceva all'ingresso che immetteva all'esterno, tranne la strana,<br />

minuscola poltroncina a due posti ricamata con angeli e cherubini.<br />

Tutto ciò lo faceva soffocare. "Ed è tutto così silenzioso!", ricordò a<br />

se stesso. "Chloe non è qui. Non riesci a sentirla". Questo significava<br />

che se n'era già andata e doveva essere fuori ad attenderlo. Sapeva<br />

che era la sua parte umana a fargli chiamare ripetutamente quel<br />

nome. Ad alta voce. Sentirla sarebbe stato sufficiente. Se qualcosa<br />

c'era da sentire, ricordò tra sé. Tutto quello che avvertiva là dentro<br />

era che le mura gli si stavano chiudendo addosso e l'odore del fluido<br />

per l'imbalsamazione quasi gli dava le vertigini. Ma aveva bisogno di<br />

essere rassicurato, pur non detestandolo, e il suono del nome di lei<br />

sulle labbra lo aiutava.<br />

Il Columbarium non era poi così grande, e gli ci stava volendo<br />

parecchio tempo per attraversarlo, ma tutto gli sembrava talmente<br />

irreale, in quella volta con centinaia di morti sepolti in un luogo<br />

asfissiante.<br />

Alla fine raggiunse la circonferenza di raccordo che conduceva al<br />

corridoio d'ingresso. Là si fermò per osservare le piccole vetrate<br />

dietro le quali c'erano urne e contenitori per le ceneri. Altre<br />

immagini e altri nomi. "Che modo orrendo di andarsene", pensò.<br />

Inceneriti, poi stipati in un piccolo armadietto per novantanove<br />

anni, o per sempre, a seconda di quanti soldi i parenti erano disposti<br />

a spendere.<br />

Un suono lo colse alla sprovvista e lo fece sobbalzare. Era il<br />

pipistrello, spaventato, che emetteva piccoli strilli volando di nuovo<br />

verso il vetro, avanti e indietro, avanti e indietro. Michel valutò che<br />

se anche si fosse messo in equilibrio sulla ringhiera circolare<br />

probabilmente non sarebbe riuscito a raggiungere quella povera<br />

creatura. Ciononostante quello sforzo disperato lo commosse e<br />

pensò di doverci provare.<br />

Salire sulla ringhiera non sarebbe stato difficile e, anche se fosse


caduto, era soltanto un piano, e c'era il tappeto di sotto.<br />

Ovviamente c'era anche quella spaventosa scultura in metallo di<br />

persone che fluttuavano nello spazio che dal piano inferiore<br />

giungeva fino quasi al lucernario. Pensò che dovesse avere a che<br />

vedere con le anime che si libravano fino in paradiso o qualcosa del<br />

genere. Se si fosse procurato qualche taglio o escoriazione, sarebbe<br />

guarito.<br />

Una volta salito sulla ringhiera, fu abbastanza facile trovare<br />

l'equilibrio sulla piatta superficie di metallo. Fintantoché restava<br />

immobile. Il pipistrello, ovviamente, svolazzava avanti e indietro,<br />

vicino alla sommità del lucernario, che Michel non poteva<br />

raggiungere. Di tanto in tanto volava un po' più basso, dove<br />

l'avrebbe potuto afferrare, e lui sapeva che se avesse atteso<br />

abbastanza a lungo e fosse rimasto immobile, sarebbe finito dove<br />

poteva ghermirlo. Sembrava volare ad est e a ovest, e si domandò se<br />

quello fosse una sorta di campo magnetico, oppure tracciati<br />

immaginari, o altro: avrebbe dovuto chiedere a Chloe. Lei<br />

conosceva quel genere di cose.<br />

Se si fosse spostato un po' lungo la ringhiera e si tosse tolto la<br />

maglietta, sarebbe stato nella posizione migliore per intrappolare il<br />

pipistrello. Probabilmente avrebbe persino potuto usare la maglietta<br />

per colpirlo e farlo abbassare, poi bloccarlo nel tessuto e tirarlo fuori<br />

di là. E tirare anche se stesso fuori di là. Sulla terra non vi era un<br />

altro posto dove avrebbe preferito non essere più del Columbarium.<br />

Ma non poteva abbandonare quella povera creatura, più di quanto<br />

non avrebbe potuto restare lui stesso in una simile, orribile<br />

atmosfera. David avrebbe detto che si trattava di una cosa simbolica.<br />

Poco importava.<br />

Si tolse la T-shirt, poi cominciò a spostarsi di qualche millimetro<br />

lentamente sulla ringhiera. Il pipistrello strideva rumorosamente,<br />

innervosito dalla sua presenza, e divenne più isterico. «Calme-toi, le<br />

petit oiseau de nuit.», disse alla creatura della notte. Attese, mentre<br />

lo osservava volare, cercando di colpirlo una o due volte, ma il<br />

pipistrello si era spostato ancor più alla sua sinistra. "D'accordo",<br />

pensò, "posso spostarmi". Fece scorrere il piede piano sulla ringhiera,<br />

già figurandosi come avrebbe preso il pipistrello, l'avrebbe portato<br />

con sé all'ingresso per poi liberare quel volatile notturno nel cielo


della notte e infine tornare a casa. C'era qualcosa di sinistro in quella<br />

sequenza. Se non l'avesse trovata, se ne sarebbe andato sentendosi<br />

tutt'altro che sollevato. Traballò e cercò di riacquistare l'equilibrio.<br />

Quando fu nuovamente stabile, sollevò lo sguardo e scagliò di<br />

nuovo la maglietta verso il pipistrello. Questo eluse il colpo.<br />

All'improvviso, si appollaiò sulla ringhiera, proprio dalla parte<br />

opposta rispetto a Michel. Il piccolo pipistrello, così simile a un<br />

roditore, era perfettamente immobile. Poi girò la testa e lo fissò con<br />

un occhio piccolo e lucente.<br />

Michel fu pervaso dalla paura. Una paura che cercò di scuotersi di<br />

dosso. Perché sentiva che raggiungere l'ingresso fosse l'inizio e non il<br />

completamento di qualcosa? Non poteva ignorare quella sensazione<br />

mentre si spostava di qualche passo verso la sua sinistra, in modo da<br />

ritrovarsi di fronte al corridoio d'ingresso.<br />

In quel momento, il pipistrello volò nuovamente per aria, appena<br />

sulla sua testa, svolazzando verso il vetro sopra di lui, librandosi<br />

avanti e indietro, facendogli venire il capogiro. Michel pensò che<br />

avrebbe potuto scagliare la maglietta verso l'alto per farlo cadere e<br />

afferrarlo ma, mentre pensava questo, qualcosa attirò la sua<br />

attenzione.<br />

Nell'istante esatto prima di cadere, Michel gridò.<br />

Poi l'istinto ebbe il sopravvento e si aggrappò alla scultura mentre<br />

veniva proiettato in basso, e fu soltanto la sua rapida reazione ad<br />

aiutarlo ad interrompere la caduta e atterrare in piedi, con soltanto<br />

un taglio all'interno dell'avambraccio e nessun altro danno.<br />

Ma non era preoccupato delle ferite del corpo. Rapidamente<br />

trovò le scale, corse su e intorno alla circonferenza, poi lungo il<br />

corridoio diretto verso l'ingresso... e rimase paralizzato.<br />

Non riusciva a comprendere quello che si trovava davanti a lui.<br />

La sua mente si era spenta completamente. Il corpo era bloccato. Il<br />

tempo congelato. Poi, in un solo istante, la realtà gli soffiò contro<br />

come una folata di vento gelido. Il suo corpo sprigionò un sudore<br />

ghiacciato.<br />

Non lontano dall'entrata giaceva... che cosa? Tutto quello che era<br />

in grado di riconoscere con certezza era il sangue. Una gran quantità.


Macchiava di cremisi il tappeto e le pareti. L'odore del fluido per<br />

l'imbalsamazione lo investì facendogli venire i conati, quasi<br />

facendogli perdere l'equilibrio. Sentì l'impulso di girarsi e correre via,<br />

ma questo avrebbe voluto dire ritornare in quei due corridoi pieni di<br />

morti pronti ad abbandonare le loro tombe di cemento e assalire lui,<br />

il vivo. "È pazzesco", disse a se stesso. "Io sono il morto che<br />

cammina, quello che tutti temono sul pianeta...". Ma quei pensieri,<br />

lo sapeva, erano soltanto distrazioni per impedirgli di constatare la<br />

natura dell'orrore che giaceva davanti ai suoi occhi.<br />

Alla fine, liberatosi dalla massa di confusione e terrore che<br />

provava, la sua mente registrò alcune cose: un amuleto; un ciuffo di<br />

capelli bianchi come neve; un occhio, così blu, così familiare...<br />

E finalmente il suo corpo scattò di corsa verso l'ingresso,<br />

precipitandosi su... su... non riusciva a pensarci, anche mentre<br />

gridava: «No! No!», sollevando le mani per difendersi da qualunque<br />

forza maligna potesse toccarlo. Quello che vedeva non poteva<br />

essere, ma riconosceva la mano, i vestiti... tutto.<br />

Mentre la porta d'ingresso si spalancava sbattendo, si guardò alle<br />

spalle, intorno. Che razza di folle creatura aveva potuto fare tutto<br />

quello? I morti avevano preso vita? Doveva essere in pericolo.<br />

Non riusciva a pensare razionalmente, poteva solo sentire, e il<br />

suo istinto di sopravvivenza aveva avuto la meglio su tutto tranne<br />

che sul terrore, che era della stessa intensità. Con i sensi all'erta,<br />

pronti a registrare ogni singola cosa potesse avvertirlo del pericolo,<br />

fuggì all'esterno.<br />

L'alba. Il sole risplendeva sull'orizzonte. Gli uccelli cinguettavano.<br />

Piccoli animali andavano in cerca di cibo. Non riusciva a sentire altro<br />

in quella fresca alba, nulla di umano o soprannaturale. Nulla che<br />

provocasse il suo terrore. Nulla tranne ciò che aveva visto là<br />

dentro... chi aveva visto...<br />

Fuggì, muovendosi più in fretta che poté, volando, come un<br />

piccione viaggiatore, con la destinazione ben chiara. Tagliò in linea<br />

retta per il cimitero, saltò l'alta staccionata come fosse abituato a<br />

farlo ogni momento, corse giù per i sentieri della collina fino<br />

all'altura dove si trovava la sua casa. Michel sentiva di muoversi<br />

sempre più velocemente, quasi corresse davanti a se stesso, nel


tentativo di superare i pensieri e le immagini. Il movimento lo<br />

aiutava a tenere a bada quello che finalmente la sua mente aveva<br />

registrato in modo permanente: il corpo di sua zia fatto a pezzi, le<br />

parti sparpagliate vicino all'ingresso, il tutto bagnato dal sangue che<br />

si era sparso su ogni cosa nelle vicinanze.<br />

Con i pensieri che vorticavano alla velocità della luce, ne creò<br />

subito una storia: lei aveva aperto la serratura della porta, non<br />

aveva avuto il tempo di richiuderla, aveva fatto solo qualche passo...<br />

Che cosa la stava attendendo? Aveva visto il suo occhio, duro come<br />

il marmo, morto... era quella la morte? Non si sarebbe dovuta<br />

tramutare in cenere come voleva la leggenda?<br />

Un brivido lo colse con un'irruenza di ghiaccio e cominciò a<br />

tremare in maniera incontrollata. Casa. Salì i gradini di pietra due<br />

alla volta. Le sue mani tremavano, e fece fatica a trovare la chiave<br />

giusta per entrare dentro. Gli altri: suo padre e sua madre, Gerlinde<br />

e Karl, stavano tutti dormendo. Che cosa poteva fare? Non lo<br />

sapeva. A chi raccontarlo. Chi l'avrebbe aiutato? Nonostante quello<br />

che sapeva, corse allo scantinato, nella stanza dei suoi genitori.<br />

I due giacevano abbracciati sul grande letto art déco. La<br />

familiarità della scena, il vederli insieme, i loro corpi quasi fossero<br />

mescolati, i capelli scuri di suo padre come i suoi, i rigogliosi capelli<br />

castani di sua madre sparpagliati sulla federa argentata di seta del<br />

cuscino... così normale. Si era forse sognato tutto quello che era<br />

successo al Columbarium? Quello che aveva visto là non poteva<br />

essere stato reale. Come avrebbe voluto che fosse così.<br />

Sua madre era entrata in quella vita solo da pochi anni e non<br />

poteva svegliarsi alla luce del sole. Ma suo padre forse poteva. Lo<br />

chiamò: «André.<br />

Papà! Reveille-toi! Ho bisogno di te!». Scosse il braccio di quella<br />

sagoma addormentata. Suo padre si mosse appena: la testa si spostò<br />

di un paio di centimetri, il braccio ebbe un tremito, ma i suoi occhi<br />

non si aprirono. Michel sapeva che era impossibile per lui riprendere<br />

conoscenza. Chloe era Tunica in quella casa che poteva rimanere<br />

sveglia dopo l'alba e non poteva muoversi.<br />

Nonostante lo sapesse, volendo fare tutto quello che poteva,<br />

Michel andò nella stanza di Karl e Gerlinde. Soltanto Karl giaceva


disteso sul grande letto in metallo dalla foggia modernissima.<br />

Gerlinde doveva essere già partita per l'Austria, come aveva detto.<br />

Michel cercò di svegliare Karl, ma ottenne ancor meno risultati<br />

che con suo padre.<br />

E poi, soltanto per essere sicuro, ancora sperando contro ogni<br />

logica che fosse tutto una sorta di allucinazione, controllò la stanza<br />

di Chloe. Era vuota.<br />

Il suo cuore batteva troppo veloce, troppo forte. Non sapeva che<br />

cosa fare, ma sapeva di dover fare qualcosa. Si recò in cucina e si<br />

sedette al tavolo, nascondendosi la faccia nelle mani tremanti,<br />

cercando di pensare in modo normale, per comprendere che cosa<br />

stava accadendo. Sul momento non poteva risolvere la faccenda, ma<br />

almeno su un punto aveva le idee chiare: qualunque cosa fosse<br />

successa al Columbarium, non poteva lasciare che i resti di Chloe<br />

venissero trovati dai mortali. E nonostante la sua completa<br />

avversione a quel pensiero, sapeva di dover fare ritorno al cimitero<br />

per raccoglierne il corpo. E doveva farlo in fretta, prima che<br />

subentrasse il mondo diurno, prima che arrivassero gli addetti del<br />

cimitero, e arrivassero i visitatori, vecchi e nuovi, e il mondo<br />

scoprisse Chloe e il suo segreto. Il segreto di Michel. Il segreto di tutti<br />

quelli che erano importanti per lui.<br />

Si alzò tremante. Il sole del mattino estivo ardeva brillante<br />

attraverso il vetro della finestra. Normalmente avrebbe accolto tutto<br />

ciò con allegria. Ma non quel giorno. Era ancora abbastanza mortale<br />

da potersi sentire esausto, ma non lo era: una cosa buona. Però lo<br />

stress per quella situazione aveva indebolito le sue difese naturali, e il<br />

sole che di solito gli faceva soltanto formicolare la pelle, quel giorno<br />

sarebbe stato in grado di nuocergli.<br />

Sulla porta d'ingresso, indossò il lungo cappotto cerato australiano<br />

di suo padre, un cappello a tesa larga e gli occhiali. Guardò nello<br />

specchio la pallida, esile figura maschile vestita con abiti fuori misura,<br />

di un nero totale, nero come un impresario di pompe funebri,<br />

pensò, sentendo che quel giorno quello sarebbe stato il suo compito.<br />

Tornò in cucina e si accinse a prendere alcune buste verdi della<br />

spazzatura dal mobiletto, poi prese l'intera confezione.


Non aveva senso andare in macchina. I cancelli sarebbero rimasti<br />

chiusi ai veicoli ancora per un'altra ora, ma aprivano all'alba per i<br />

visitatori a piedi. E le strade erano talmente tortuose che avrebbe<br />

impiegato un'eternità. Optò per la bicicletta. Era il modo più diretto<br />

per arrivare all'ingresso del Còte-des-Neige, e pedalando avrebbe<br />

fatto prima che se fosse passato a piedi per le strade del quartiere poi<br />

attraverso i boschi, e molto prima che in macchina, potendo tagliare<br />

per le viuzze secondarie. Inoltre, non aveva ancora la patente.<br />

Sapeva guidare, ma quella non era una circostanza in cui correre il<br />

rischio di essere fermato.<br />

La mountain-bike sfrecciò lungo le tranquille strade cittadine<br />

ancora per lo più addormentate. Decise di lasciarla alla rastrelliera<br />

fuori da un caffè dall'altra parte rispetto i cancelli d'ingresso. Era un<br />

buon posto: il Columbarium non era lontano dal cancello principale,<br />

e poteva prendere la bici in qualsiasi momento.<br />

Non appena l'edificio fu in vista, i suoi nervi cominciarono a<br />

vibrare come le corde di uno strumento musicale. Non riusciva a<br />

smettere di tremare. Con la coda dell'occhio intravide del<br />

movimento. Con suo grande orrore, vide uno dei giardinieri che si<br />

dirigeva verso il Columbarium. Era un uomo vecchio e lento. Si<br />

spostava lungo il viale ampio e curvo vicino l'edificio piuttosto che<br />

attraversare il prato erboso, un tragitto più diretto. Forse quel posto<br />

non piaceva nemmeno a lui, pensò Michel.<br />

La porta d'ingresso, dietro la quale giaceva il corpo di Chloe, era<br />

a un centinaio di metri da dove l'uomo si era fermato per accendersi<br />

una sigaretta e guardare gli scoiattoli. Per il suo tremendo sgomento,<br />

l'uomo poi si voltò e s'incamminò per il prato verso la porta d'uscita.<br />

Probabilmente aveva deciso di entrare nell'edificio di là, salire al<br />

livello superiore, attraversare lungo il corridoio fino alla sala<br />

circolare, proseguire poi nell'altro corridoio fino all'ingresso e aprire<br />

quella porta dall'interno.<br />

Michel corse per i prati, muovendosi più velocemente di quanto<br />

non si tosse mai mosso prima di allora, come una luce nera, ma<br />

passando da un'ombra all'altra, servendosi degli alberi per restare<br />

nascosto alla vista, piegandosi dietro le lapidi più alte, nel disperato<br />

tentativo di non essere scoperto. Una volta raggiunte le porte


d'ingresso, le aprì con uno strattone e sgusciò all'interno. Cinque o<br />

sei passi e guardò alla sua destra, dove lo accolsero i resti del corpo<br />

di Chloe.<br />

Adesso non c'era tempo per farsi prendere dalla paura. Né tempo<br />

per sentire quell'aria rigida e gelida. Né tempo per ripararsi dalla<br />

puzza del fluido per l'imbalsamazione. Né tempo per pensare ai<br />

morti allineati nei loro comparti, bramosi di divorare i vivi. Né<br />

tempo per chiedersi chi avesse fatto tutto ciò, e dove fosse adesso.<br />

Non ebbe neppure il tempo di concedersi tutto al disgusto per quella<br />

carneficina. Aveva tempo unicamente per raccogliere tutte le parti<br />

solide del corpo di sua zia nei sacchi, riempiendone tre, e ispezionare<br />

freneticamente l'area in cerca di qualunque cosa avesse dimenticato,<br />

ben cosciente del fatto che il custode aveva trovato la porta d'uscita<br />

aperta, e la cosa avrebbe potuto renderlo sospettoso. Michel sentì<br />

che l'uomo era all'interno dell'edificio, e da un momento all'altro<br />

avrebbe potuto sbucare dal corridoio sulla rotonda: Michel sapeva<br />

che stava lasciando lì tutto il sangue, ce n'erano pozze ben visibili,<br />

sangue che tingeva le pareti, macchiava il tappeto, sangue sparso sui<br />

piccoli cherubini sul tessuto del divanetto vicino alla porta, sangue<br />

che chiazzava i cassetti arrivando persino a colorare il soffitto...<br />

All'improvviso, sentì che il custode era giunto alle scale del livello<br />

inferiore. In pochi secondi avrebbe risalito quelle scale, sarebbe<br />

arrivato alla rotonda e avrebbe guardato lungo quel corridoio,<br />

proprio come aveva appena fatto Michel. Poi sentì i suoi passi sui<br />

gradini. Il suo respiro affannoso.<br />

La testa di Michel scattò verso l'alto. Si sentì come un animale<br />

investito dai fari di una macchina. Il custode, ancora mezzo<br />

assonnato, sembrava stordito, perplesso per quello che vedeva,<br />

proprio come si era sentito Michel. E non ha neppure visto i resti del<br />

corpo, pensò Michel, afferrando le buste, precipitandosi dietro<br />

l'angolo verso le porte d'ingresso e sbattendole con fragore mentre<br />

la voce del vecchio gridava forte nelle sue orecchie: «Ohi! Qu'est-ce<br />

que tu fais là, toi?».<br />

Agendo di puro istinto, Michel tagliò per il cimitero, saltando<br />

sopra tombe e lapidi, sempre controllando il terreno, guardandosi<br />

alle spalle, tenendo d'occhio il vecchio, sentendolo gridare,


muovendosi come una macchia, un'apparizione: aveva raccolto<br />

tutto? Pensava di sì. Forse si era dimenticato qualcosa. Fece mente<br />

locale, ricreando nella sua testa un'immagine della scena. Vide<br />

chiaramente l'amuleto di Chloe nel punto in cui il pavimento<br />

incontrava la parete. L'aveva raccolto?<br />

Ben presto fu alla staccionata, fuori dal campo uditivo del<br />

vecchio, sforzandosi di gettare dall'altra parte le tre pesanti buste -<br />

non possedeva ancora la grande forza degli altri, quel peso era un<br />

problema - saltando come un atleta la recinzione di metallo.<br />

Attraversò rapidamente le strade di Westmount, strade che adesso<br />

mostravano segni di vita.<br />

Balzava all'occhio: un ragazzo con un mantello nero troppo<br />

grande e cappello, occhiali da sole, che trasportava tre buste<br />

dell'immondizia. Se avesse permesso a qualcuno di quei mortali di<br />

avvicinarsi abbastanza, cosa che non fece, avrebbero visto le buste<br />

macchiate di sangue. Come l'orlo del cappotto di suo padre. E le sue<br />

mani.<br />

Ci mise più di quanto avrebbe voluto a raggiungere casa.<br />

All'interno, e al sicuro, riattivò gli allarmi delle porte, depose le buste<br />

nella cucina - non poteva sopportare di sistemarle sul tavolo, ma<br />

non poteva nemmeno sopportare di lasciarle sul pavimento, così<br />

finirono sul banco vicino al lavandino - si tolse tutti gli abiti e si fece<br />

una doccia. Nel frattempo, la sua mente si era completamente<br />

disattivata. Non pensava a nulla, non provava nulla.<br />

Alla fine tornò in cucina, si sedette al tavolo e si tenne il capo con<br />

le mani. Attraverso le dita fissò le buste con dentro i resti di sua zia,<br />

mentre affiorava un'emozione. Un'emozione che gli era del tutto<br />

nuova. E che aveva trovato spiacevole mentre cresceva, ma una<br />

sensazione che poteva prontamente identificare avendo visto gli<br />

umani esibirla nei film, in televisione, nella realtà. Immaginò che<br />

fosse quella che chiamavano afflizione. Adesso sapeva com'era il<br />

dolore per la perdita di una persona cara.


CAPITOLO 3<br />

Per una volta Karl si stiracchiò a dovere. Di solito era fedele a<br />

quella che Gerlinde chiamava la sua "minimalista natura teutonica" e<br />

balzava giù dal letto, sistemava rapidamente ciò che gli serviva per<br />

prepararsi alle ore notturne di veglia e poi, senza attardarsi, si<br />

dedicava a qualunque cosa avesse progettato di fare una volta in<br />

piedi. E di solito era il primo a svegliarsi nella casa. Però stavolta, per<br />

qualche motivo sconosciuto, se la prese comoda. Si sentiva un po'<br />

disorientato, non una sensazione insopportabile, ma neppure una<br />

del tutto gradevole. Forse perché Gerlinde se n'era andata, e lui<br />

aveva il letto tutto per sé, pur non trattandosi di una cosa<br />

necessariamente piacevole.<br />

Si chiese se la donna aveva trascorso la giornata a Manchester,<br />

dormendo come aveva detto nella vecchia proprietà di David, dove<br />

David e Kathleen erano andati per alcune settimane. Era quasi<br />

impossibile trovare un volo da Montréal a Vienna evitando la luce<br />

del giorno. Se non aveva telefonato quella notte, probabilmente si<br />

era fermata a Manchester o aveva trovato un volo di collegamento<br />

che partiva dopo il tramonto, e quindi non aveva potuto chiamare.<br />

Karl avrebbe potuto telefonare a casa di Julien, ma il fuso orario di<br />

sei ore tra Montréal e Vienna significava che avrebbe dovuto farlo a<br />

mezzanotte per trovarli prima dell'alba. Erano solo le otto di sera.<br />

C'erano ancora alcune ore per avere notizie di Gerlinde. Poteva<br />

anche aver lasciato un messaggio in segreteria.<br />

Si stiracchiò nuovamente, sbadigliò, e premette l'interruttore che<br />

comandava le tende verticali. Non aveva bisogno di vedere che il<br />

sole era tramontato. Ogni cellula che componeva il suo corpo<br />

modificato glielo faceva percepire perfettamente. Se non fosse<br />

tramontato sarebbe stato ancora addormentato.<br />

Si era spesso interrogato in merito allo strano effetto che il sole<br />

aveva sui loro corpi. L'influsso era intenso quanto quello della luna<br />

sulle maree.<br />

Gerlinde pensava fosse semplicemente parte della loro<br />

condizione, come molti degli altri punti di forza e debolezza. Molti


di quelli della sua razza - quelli che conosceva - la pensavano nello<br />

stesso modo. Ma Karl aveva l'abitudine di mettere tutto in<br />

discussione. Capiva chiaramente il suo dubitare. Non nasceva dalle<br />

radici emotive da cui germogliavano le preoccupazioni di David.<br />

David era un poeta e tendeva a vedere le cose secondo la propria<br />

immaginazione, mista all'emozione. André non faceva mai<br />

domande. Il suo orientamento era così inestricabilmente legato al<br />

suo corpo, e tutto quello che faceva derivava da una sorta di<br />

reazione istantanea del tipo agire prima, pensare poi. Karl trovava<br />

entrambi gli atteggiamenti dei suoi amici invidiabili a volte. La sua<br />

mente funzionava in maniera logica e ordinata, in base a quello che<br />

veniva identificato come un approccio neurologico relativo<br />

all'emisfero cerebrale sinistro. Gli piacevano l'ordine, le regole e la<br />

concretezza perché gli offrivano una struttura dalla quale partire con<br />

l'analisi e cercare di risolvere i problemi. A volte, questo lo sapeva,<br />

non vi erano risposte. Non era proprio nel suo carattere accettarlo<br />

subito, e tendeva ad eccedere, "oltre il limite" come diceva Gerlinde,<br />

e gli risultava molto difficile abbandonare la ricerca. Ma se vi erano<br />

delle risposte da trovare, i suoi mezzi per dedurle scaturivano<br />

direttamente da quella struttura. Inoltre, era nella sua natura; quello<br />

era il modo in cui era fatto.<br />

Premette un altro pulsante e la televisione prese vita. Una delle<br />

cose più singolari dell'umanità era il suo essere radicalmente legata<br />

all'evoluzione, non alla rivoluzione. L'aveva visto in continuazione<br />

durante più di cento anni d'esistenza. La televisione ne forniva un<br />

esempio. Per la prima volta aveva visto la TV durante la sua infanzia<br />

in Germania, negli anni Trenta, ai tempi della guerra. Gli anni<br />

Trenta, Quaranta e Cinquanta avevano segnato la strada della<br />

programmazione per tutti quelli che sarebbero venuti. Almeno<br />

all'epoca, quando la televisione era ancora allo stadio di sviluppo, gli<br />

spettacoli erano vivi e spontanei. Forse sarebbero parsi rozzi<br />

secondo gli standard attuali, ma Karl valutava la spontaneità, anche<br />

se non era il suo punto di forza. Al giorno d'oggi, ovviamente, la<br />

programmazione dal vivo era inaudita. Nonostante avesse una<br />

parabola che riceveva più di 150 emittenti di tutto il mondo, da ogni<br />

stazione, e a ogni ora, gli spettacoli di ogni paese ricalcavano schemi<br />

che erano nel migliore dei casi coerenti, nel peggiore prevedibili;


news/informazioni; drammi; giochi; spettacoli sulla natura; sit-com. E<br />

i film, ovviamente.<br />

Scorse cinquanta canali prima di premere il pulsante di<br />

spegnimento. Apprezzare l'ordine non significava che doveva<br />

adattarsi alla noia.<br />

Scese dal letto, si tolse il pigiama di seta che Gerlinde gli aveva<br />

dato «per la tua anima sensuale», lo piegò per bene e lo sistemò nel<br />

cassetto del comodino. Le erano serviti dieci anni per fargli<br />

abbandonare l'abitudine di metterlo nel cassettone. «Lo indosserai di<br />

nuovo tra poche ore», diceva lei con animosità. Avevano trovato un<br />

compromesso e lui lo teneva nel comodino. Le vecchie abitudini<br />

sono dure a morire.<br />

Era stata sua madre a insegnargli quell'ordine patologico. «Almeno<br />

saprai dove si trovano tutte le cose, liebkin», diceva sempre. Sorrise a<br />

quel ricordo di sua madre. L'immagine di lei brillava con chiarezza<br />

nella sua mente come se l'avesse vista il giorno precedente e non più<br />

di centocinquanta anni prima. L'immagine era quella di sua madre<br />

come la ricordava durante l'infanzia, e non la donna di mezza età<br />

depressa che era morta poco dopo la sua trasformazione all'età di<br />

venticinque anni. Morta di crepacuore perché pensava che il figlio<br />

preferito fosse deceduto.<br />

Era stata una donna dai tratti decisi, di costituzione robusta, con<br />

occhi taglienti e una pelle non troppo sottile, una persona<br />

estremamente pratica, come lui. Molto diversa da suo padre, che era<br />

un idealista, un filosofo e un filantropo, cose di cui Karl gli era stato<br />

sempre grato. Suo padre gli aveva trasmesso un approccio a<br />

trecentosessanta gradi, che lo elevava al di sopra delle cose terrene<br />

per concentrarsi su un quadro più ampio. Suo padre era stato quello<br />

che decenni più tardi sarebbe stato definito un "esistenzialista". Sua<br />

madre gli aveva insegnato l'ordine, suo padre gli aveva dato il<br />

permesso di immaginare all'interno di quella struttura ben ordinata.<br />

Entrambe qualità che gli consentivano di fare ipotesi, cosa che Karl<br />

sapeva essere la propria forza.<br />

Una rapida doccia, e s'infilò dei pantaloni di cotone casual e una<br />

camicia a maniche lunghe. Estate o no, preferiva le maniche lunghe a<br />

quelle corte. Questa era verde lime, che andava bene con i pantaloni


eige, di una qualità di cotone molto leggera. Non era un<br />

abbigliamento alla moda, ma non si era mai preoccupato molto<br />

della moda del momento come faceva André, né ignorava del tutto<br />

il presente per lo stile di un'altra epoca, come David. Semplicemente<br />

sapeva di dover indossare dei vestiti, che i colori coordinati si<br />

addicevano al suo carattere, e che i tessuti naturali dal disegno<br />

classico gli davano la libertà di vestirsi e dimenticare quello che<br />

aveva addosso, mescolato tra i mortali.<br />

Mentre si abbottonava la camicia dalla vita in su, fissò la sua<br />

immagine. Non sembrava avere più di venticinque anni benché<br />

calcasse la terra da più di sei volte quel lasso di tempo. Capelli<br />

biondi, occhi chiari, zigomi e mascella pronunciati, labbra non sottili<br />

ma non eccessivamente marcate. Si meravigliava continuamente di<br />

come il suo volto si fosse sempre adattato alle immagini dell'epoca<br />

corrente. I suoi capelli potevano essere lunghi o corti, poteva<br />

portare o meno barba, baffi, basette o indossare gli occhiali. L'homo<br />

sapiens era un camaleonte senza saperlo. Era l'inizio del nuovo<br />

millennio, e indossava comunque vestiti casual. Infilò un paio di<br />

sandali Birkenstock marrone scuro: li aveva indossati negli anni<br />

Cinquanta prima che fossero di moda, poi durante gli anni Ottanta e<br />

Novanta quando erano in voga, e adesso che erano passés. Pensava<br />

che un giorno sarebbero stati di nuovo alla moda, anche se non<br />

gliene importava granché. Andavano bene per i suoi piedi.<br />

Karl uscì dalla sua stanza, chiuse la porta e si diresse al piano<br />

inferiore. Avvertì qualcosa nell'aria che andò ad aggiungersi al suo<br />

disorientamento e lo rese cauto. Non si trattava di un mortale -<br />

sarebbe stato in grado di sentire l'odore di un essere dal sangue<br />

caldo. E neppure uno della sua razza che non conosceva - anche<br />

quell'odore sarebbe stato pungente. Non si trattava precisamente di<br />

pericolo, ma qualunque cosa fosse, lo innervosiva in maniera<br />

inspiegabile, e accelerò il passo, deciso a scoprire la fonte di quella<br />

strana energia, nella speranza di alleviare in tal modo la sua<br />

reazione.<br />

Si mosse verso la cucina perché sapeva che quello era il punto dal<br />

quale originava la tensione. Michel sedeva al tavolo, con la testa<br />

appoggiata alle braccia, addormentato.


Subito dopo Karl notò tre grosse buste verdi per la spazzatura sul<br />

banco della cucina e non era necessario un vampiro per sentire<br />

l'odore di sangue rappreso. C'era del sangue appiccicato all'esterno di<br />

quelle buste lisce di plastica. Non era fresco, no, affatto. A dire il<br />

vero, se avesse dovuto definirlo, l'avrebbe chiamato "riciclato". C'era<br />

un altro odore, uno che non fu in grado di identificare subito, ma<br />

che in un certo senso era familiare. Si chiese che cosa potesse esserci<br />

all'interno delle buste e, facendo attenzione a non disturbare Michel,<br />

si diresse verso il bancone per aprirne una.<br />

I suoi passi dovevano aver svegliato Michel, che disse con voce<br />

pesante e piatta: «Non aprirle. Ti prego».<br />

«Va bene», Karl si girò ed estrasse una sedia per sedersi al tavolo<br />

con Michel, che aveva un aspetto terribile, adesso che poteva vedere<br />

il suo volto. Chiaramente il ragazzo non aveva dormito. La pelle e le<br />

labbra erano pallide, gli occhi spenti, quasi fossero l'immagine di<br />

occhi stampati sopra un manichino. Le spalle di Michel erano<br />

leggermente curve, un segno di sfinimento o di sconfitta, pensò Karl,<br />

benché non sapesse perché gli sembrasse così.<br />

Conosceva il ragazzo fin dalla nascita, persino quando era ancora<br />

nell'utero di Carol incinta. Michel era molto simile a suo padre,<br />

naturale, spontaneo. Ma era anche come sua madre. Carol gli aveva<br />

dato una quantità infinita di amore, ancor più perché diverse volte<br />

aveva rischiato la vita per stare insieme a lui e, tranne le prime<br />

settimane dopo la sua nascita, aveva dovuto lavorare duro per rifarsi<br />

del tempo perduto. Karl sapeva che la sua devozione era penetrata<br />

dentro Michel. L'amore della madre dava al ragazzo un carattere<br />

forte che gli permetteva di affrontare cose che altri avrebbero<br />

considerato troppo difficili... e avere successo!<br />

Ma Michel aveva beneficiato dell'amore, della comprensione e<br />

del sostegno di tutta la casa. Tanto Gerlinde quanto Kathleen erano<br />

state come delle seconde madri per lui, spensierate, frivole e<br />

divertenti madri, e Karl si sentiva più uno zio che assecondava il<br />

nipote coltivandone la mente. David offriva al ragazzo un<br />

collegamento con l'anima per mezzo dell'arte che nessuno degli altri<br />

era in grado di fornire, persino Gerlinde, che amava dipingere. Ma<br />

Chloe era la saggia e calorosa nonna, che aveva insegnato a Michel


così tante cose dell'ordine naturale dell'universo per mezzo del suo<br />

legame con l'ambiente; colmava il vuoto tra il ragazzo e una<br />

generazione più vecchia, sia per l'età in cui era stata trasformata e<br />

perché era più anziana di tutti gli altri in quella casa. Come risultato<br />

di tutte queste prodighe attenzioni familiari, Michel cresceva<br />

diventando un ragazzo solido, dolce, amichevole, in salute, felice e<br />

intelligente. Fino ad allora aveva vissuto una vita piena. E quello era<br />

uno dei motivi per cui in quel momento, dall'altra parte del tavolo<br />

rispetto a lui, Karl vedeva Michel in una condizione di tale stress da<br />

rimanere ammutolito.<br />

Alla fine Michel sollevò lo sguardo verso Karl. Gli occhi del<br />

ragazzo erano bordati di rosso. Appariva stremato, il volto scavato,<br />

smunto. Il tremolio dell'emozione nei suoi occhi mosse a pietà Karl,<br />

il quale sostenne quello sguardo e alla fine disse: «Che sta<br />

succedendo, Michel? Cosa c'è dentro quelle buste?»<br />

«Ti prego. Voglio aspettare fino a quando si saranno alzati<br />

mamma e papà. Non credo di poterlo raccontare due volte».<br />

«Va bene», disse Karl. «Vado a svegliarli. E a svegliare Chloe».<br />

«Solo mamma e papà, ti dispiace?».<br />

La disperazione sul volto di Michel fece sì che Karl annuisse. Gli<br />

causò anche un brivido di paura, ma non sapeva perché. Si alzò e<br />

raggiunse la porta della cucina che conduceva giù per le scale fino<br />

allo scantinato.<br />

La grande porta all'estremità opposta della cantina aveva<br />

all'esterno un finto lucchetto con una catena. La porta poteva essere<br />

aperta da fuori senza bisogno di una chiave, anche se chiunque non<br />

sapesse come smontare il lucchetto finto non sarebbe stato in grado<br />

di entrare. Era lì per sicurezza. Carol e André potevano aprire la<br />

porta da dentro, e gli altri della loro razza che conoscevano la<br />

procedura potevano aprirla da fuori... in caso di emergenza. E<br />

c'erano state un paio di situazioni d'emergenza nella casa,<br />

fortunatamente solo mortali, che erano più semplici da gestire.<br />

Chiunque vivesse là adottava le precauzioni che riteneva necessarie<br />

per la propria sicurezza.<br />

Karl bussò alla porta tre volte, il suo segnale. In pochi secondi la


porta si aprì. Dall'altra parte c'era André nudo. Karl poté vedere<br />

Carol ancora a letto, le lenzuola di seta sopra gran parte del suo<br />

corpo inerte. Si era trasformata soltanto sei anni prima. Lui ricordava<br />

i primi giorni, e come era difficile svegliarsi, mentre il sonno<br />

sopraggiungeva in un istante. Il tempo in cui erano svegli in quella<br />

fase si accorciava considerevolmente, e Carol poteva perdere un'ora<br />

o persino due rispetto a loro, dipendeva da molte variabili.<br />

«Penso che dovreste venire subito di sopra».<br />

«Okay», disse André comprendendo l'urgenza nella voce di Karl.<br />

Raramente faceva delle domande, ed era una buona cosa; in quel<br />

momento non ne fece nessuna.<br />

André prese l'accappatoio, ma Karl disse: «Forse dovresti vestirti».<br />

André si fermò un istante, non disse nulla, poi infilò un paio di<br />

Levi's aderenti, una felpa nera e delle Nike da ginnastica. Karl notò<br />

uno sguardo teso sul volto dell'amico. Qualunque cosa lo assillasse,<br />

assillava anche André.<br />

«È sveglia Carol?», domandò.<br />

«Carol?», chiamò André. La sua risposta fu il silenzio.<br />

Salirono in cucina, André dietro, Karl davanti. Una volta là,<br />

André andò subito da Michel e mise la mano sulla spalla del ragazzo,<br />

con uno sguardo preoccupato sul viso. La testa di Michel si mosse<br />

verso quella mano.<br />

«Dov'è la mamma?», chiese.<br />

«Dorme».<br />

«Forse è meglio», disse Michel.<br />

«Che succede?», chiese Karl, mentre lui e André si sedevano.<br />

«È successo qualcosa. Qualcosa... di terribile. Riguarda noi tutti».<br />

La voce di Michel era bassa e sommessa, e Karl vide la<br />

preoccupazione crescere sul viso di André. Anche lui, ovviamente,<br />

aveva notato subito i sacchi, il sangue e l'odore.<br />

«Dicci, Michel», lo incitò André, con tono leggermente severo.<br />

André non sapeva gestire bene la tensione. Il suo impulso era quello<br />

di agire immediatamente. Aspettare accresceva la sua impazienza.


«La notte scorsa sono andato a fare una passeggiata con Chloe».<br />

"Questo lo sappiamo", pensò Karl, cosciente della sua stessa<br />

tensione. "Lasciamo che racconti come vuole lui", pensò.<br />

«Chloe voleva andare ai cimiteri sulla montagna. Voleva entrare<br />

nel Columbarium e io l'ho aspettata fuori. Ci saremmo dovuti<br />

incontrare all'uscita. Non si è fatta viva così sono andato a cercarla<br />

e...».<br />

Prima che potesse finire, André era in piedi, intento a lacerare una<br />

delle buste.<br />

«Papà!... Papà!». Michel sembrava affranto, la sua voce era rotta.<br />

Karl si unì ad André proprio quando la prima busta si aprì da<br />

cima a fondo. Una mano cadde sul pavimento. Una mano che<br />

entrambi riconobbero.<br />

All'improvviso, André stava squarciando la seconda busta e Karl la<br />

terza. Karl non riusciva a credere a quello che vedeva. Non poteva<br />

credere che quello era il corpo di Chloe, mutilato. Non poteva<br />

credere che Chloe fosse morta.<br />

«Va bene, Michel, racconta tutto di nuovo, dall'inizio. Dobbiamo<br />

assicurarci che tu non abbia tralasciato nulla», disse André proprio<br />

mentre Karl terminava la chiamata a Vienna. Aveva riferito quanto<br />

accaduto a Julien, il quale aveva richiesto di essere ricontattato il<br />

prima possibile non appena fossero venute alla luce nuove<br />

informazioni. Gerlinde non era ancora arrivata a casa sua e Karl<br />

aveva controllato, ma non c'erano suoi messaggi nella segreteria.<br />

Aveva provato alla tenuta di Manchester, ma non aveva risposto<br />

nessuno: probabilmente Gerlinde, David e Kathleen erano usciti<br />

insieme. Karl aveva lasciato un messaggio in segreteria dicendo loro<br />

di richiamare immediatamente. Nel caso in cui Gerlinde fosse stata in<br />

viaggio per Vienna, Julien aveva detto che l'avrebbe aspettata fino<br />

alla notte successiva, poi lui e Jeanette sarebbero partiti per<br />

Montréal. I figli erano a Parigi - Claude - e a Dublino - Susan - e<br />

avrebbe cercato di contattarli per averli il prima possibile nella casa<br />

di Westmount. Inoltre avrebbe chiamato tutti gli altri della loro<br />

razza, almeno quelli rintracciabili, e quelli che volevano tenersi in


contatto. Tutti si sarebbero incontrati a Montréal nell'arco di due<br />

giorni.<br />

Adesso Carol era sveglia, seduta nel salotto con il resto di loro, di<br />

fianco a Michel che era pallido come tutti quelli della loro razza che<br />

Karl aveva visto.<br />

Carol insistette affinché il ragazzo si nutrisse. Tutti bevvero un<br />

bicchiere di sangue della scorta d'emergenza. E quella era<br />

un'emergenza, che richiedeva che tutti riflettessero con chiarezza<br />

nonostante le emozioni che imperversavano.<br />

Michel riferì gli avvenimenti che aveva già riportato due volte, e<br />

Karl gli chiese in particolare dei dettagli. André sembrava meno<br />

capace delle altre volte di fare domande. Chloe era la zia di André,<br />

la sorella di suo padre, prozia di Michel, una familiare nel senso<br />

umano del termine. L'unica antenata di André ancora in vita. Karl<br />

vedeva che André stava prendendo la cosa molto male, molto<br />

peggio del resto di loro, e tutti erano devastati. Nel caso di André<br />

però le emozioni si affacciavano con rapide esplosioni di oscuro<br />

turbamento, come un gas velenoso emesso quando meno lo si<br />

aspetti. In quel momento stava tenendo tutto sotto controllo, ma<br />

non sarebbe durata.<br />

«Hai avvertito la presenza di qualcuno oltre a te e Chloe mentre<br />

camminavate verso il Columbarium?»<br />

«Soltanto la coppia che stava facendo l'amore sulla tomba».<br />

«E sei sicuro che si trattasse di mortali?»<br />

«Sì... almeno penso... io... non so...».<br />

«Basati su quello che ricordi», scattò André. Nello stesso tempo,<br />

mise un braccio in segno di protezione intorno al figlio. Karl lo<br />

vedeva affranto, forse ancor più degli altri - conosceva André da così<br />

tanto tempo... Cominciò a sentirsi come il suo amico.<br />

«Devono essere stati dei mortali», disse Carol. «Chloe se ne<br />

sarebbe accorta».<br />

«Sì», convenne Karl: ci aveva già pensato. «Michel, cos'è successo<br />

quando Chloe ha aperto la porta ed è entrata nel Columbarium? In<br />

quel momento hai avvertito qualcosa?»


«No».<br />

«Chloe ha mostrato di aver sentito qualche pericolo, o qualcosa di<br />

strano?»<br />

«Io... non lo so. Non l'ha detto. Non l'ho vista fare nulla di<br />

insolito».<br />

«L'hai osservata mentre apriva la porta?»<br />

«Sì».<br />

«E l'hai vista entrare dentro?»<br />

«Sì. È entrata e ricordo di aver visto la porta richiudersi prima di<br />

andarmene in giro».<br />

«Quindi possiamo supporre che l'assassino non fosse nel<br />

Columbarium quando lei è entrata, altrimenti l'avrebbe sentito»,<br />

disse Carol.<br />

«Ma se era all'esterno, Michel l'avrebbe sentito», le disse André.<br />

Karl aveva pensato anche a quello, e poteva trovare solo una<br />

spiegazione possibile. «A meno che l'assassino o gli assassini non<br />

fossero rivestiti in modo da ingannare Michel».<br />

«Che cosa intendi per "rivestiti"?», chiese Michel.<br />

Fu André a rispondere. «Alcuni dei vecchi avevano escogitato un<br />

mezzo per nascondersi l'uno all'altro. Non è una cosa semplice.<br />

Dev'esserci un contenitore nel quale nascondersi...».<br />

«Piombo», disse Karl. «Come le taniche per l'acqua pesante<br />

all'interno delle centrali nucleari».<br />

«Come Superman?», disse Michel. «Lui ha la vista a raggi X ma non<br />

può vedere attraverso il piombo».<br />

"Esattamente come Superman", pensò Karl. "Siamo dei superman<br />

ma con delle debolezze".<br />

«Be', un contenitore di piombo non sarebbe parecchio<br />

voluminoso, per non dire pesante?», chiese Carol.<br />

«Non necessariamente. Potrebbe essere grande come una bara»,<br />

rispose André.<br />

«Ma stai supponendo si tratti di uno della nostra razza. Non può


essersi trattato di una banda di mortali?». Carol era così giovane a<br />

quella vita e non aveva affrontato la morte spesso come il resto di<br />

loro: Karl riusciva a vedere il terrore nel suo atteggiamento, sentirlo<br />

nel tono della sua voce, emanare dal suo essere.<br />

Anche André lo percepì. Mise l'altro braccio in modo protettivo<br />

intorno alle sue spalle e disse: «Non è possibile. Sia Michel che Chloe<br />

li avrebbero sentiti, e ne sarebbero serviti cinquanta per sopraffare<br />

Chloe. Forse anche di più».<br />

«I cassetti...», cominciò Michel.<br />

«Quali cassetti?», chiese sua madre.<br />

«Al Columbarium. Quel posto è pieno di cassetti. E io... avevo<br />

sentito qualcosa dentro. È tutto quello che posso dirvi perché ero<br />

troppo stranito da tutto quanto».<br />

«Possono essere stati dei mortali», André si voltò verso Karl in<br />

cerca di conferma.<br />

«Un gran numero», convenne Karl. «Nascosti nei cassetti.<br />

Comunque dovevano essere stati rivestiti di piombo per bloccarne<br />

l'odore. Ma come facevano a sapere di dover fare così?»<br />

«Forse i cassetti sono già rivestiti di piombo».<br />

«Può darsi», gli disse Karl, «ma è poco probabile. Si tratta di una<br />

spesa non necessaria per seppellire i mortali. Più probabilmente, c'era<br />

qualcuno della nostra razza nascosto là dentro. Loro avrebbero<br />

saputo come coprirsi. E avrebbero saputo abbastanza da aspettare<br />

fino a quando Chloe non fosse entrata dentro».<br />

«Ma lei aveva appena oltrepassato la porta», ricordò loro Carol.<br />

«Il comparto più vicino si trova a quanto? Non mi ricordo<br />

esattamente, dato che sono stata là molto tempo fa, ma non credo<br />

sia vicino alla porta».<br />

«Non è vicino», disse Michel. «Il più vicino è almeno sei metri<br />

dall'ingresso e lo stesso dall'uscita».<br />

«Chloe se ne sarebbe accorta nel momento in cui si apriva il<br />

primo cassetto e se ne sarebbe andata di là», disse Carol.<br />

Questo lasciò tutti perplessi. Aveva senso. Che fosse qualcuno<br />

delia loro razza oppure un mortale, Chloe l'avrebbe capito


istantaneamente e sarebbe corsa via da quel posto, se non per<br />

proteggere se stessa per proteggere Michel. Karl non riusciva a dare<br />

un senso alla cosa, non ancora almeno.<br />

«A meno che non si sia uccisa», disse André.<br />

Nessuno riuscì a dire una parola. Tutti erano a conoscenza delle<br />

tendenze suicide cui faceva riferimento André. Karl non riusciva a<br />

figurarsi una simile possibilità. Persino nei suoi momenti più bui, mai<br />

era sprofondata a un livello simile. Ma André ne aveva conoscenza<br />

diretta. L'aveva già visto succedere.<br />

Karl per prima cosa scacciò lo shock causato da<br />

quell'affermazione. Non riusciva a immaginarsi Chloe fare una cosa<br />

simile, e ovviamente non si era strappata da sola i suoi stessi arti.<br />

«Dicci nuovamente che cosa hai fatto mentre Chloe era dentro»,<br />

disse Karl, se non altro per riportare loro tutti alla realtà della cosa.<br />

Michel ricominciò forse per la quinta volta. Stavolta, non riferì di<br />

essersi perso nelle sue fantasie, ma a Karl fu chiaro che il suo<br />

fantasticare lo preoccupava. Inoltre, Michel doveva essersi accorto di<br />

qualcosa di strano. "Ma è solo un ragazzo", ricordò a se stesso Karl.<br />

Ancora per metà mortale. I suoi poteri non potevano essere misurati<br />

accuratamente o paragonati a quelli degli altri.<br />

Quando Michel ebbe terminato quella parte della sua storia, Karl<br />

gli chiese di riferire il resto, di quando era tornato verso l'uscita,<br />

l'unica altra porta, di ciò che aveva fatto mentre attendeva, quando<br />

era entrato e quando era uscito dal Columbarium. E Michel ripeté<br />

nuovamente tutto, senza riuscire ad aggiungere altri dettagli a quello<br />

che aveva già detto.<br />

Quando ebbe terminato, tutti si appoggiarono allo schienale del<br />

divano, perplessi. Adesso Carol teneva il braccio intorno alle spalle<br />

di Michel mentre André era curvo in avanti, con i gomiti sulle<br />

ginocchia. Il ragazzo sedeva in mezzo ai suoi genitori. La testa era<br />

piegata verso Carol, ma manteneva il contatto fisico con suo padre.<br />

Chiuse gli occhi, e Karl si rese conto del tremendo impatto che tutto<br />

ciò aveva avuto su di lui. Pareva svuotato, come se il suo interno<br />

fosse stato succhiato via, lasciando solo un guscio vuoto.<br />

Carol pareva sconvolta. Aveva pianto per gran parte della notte.


Karl sapeva che era intrappolata tra una profonda tristezza e l'orrore<br />

per la morte di Chloe, perché erano state così vicine, e il timore per<br />

la sua stessa vita e quella delle persone che amava: perché, a dire il<br />

vero, se era accaduto a Chloe, poteva succedere a chiunque di loro.<br />

Tutti lo sapevano senza bisogno che venisse detto.<br />

André era furioso. La sua risposta fu la consueta rabbia, seguita da<br />

un dolore acuto, che Karl pensava sarebbe affiorato la notte<br />

successiva. Per il momento, però, la rabbia di André era preziosa.<br />

Quell'atteggiamento teso impediva a loro tutti di sprofondare nella<br />

disperazione, e ci sarebbe voluto un attimo.<br />

I pensieri di Karl vagavano intorno agli avvenimenti. Non poteva<br />

credere che fossero stati dei mortali. Semplicemente non sembrava<br />

possibile. Lui e André si erano guardati l'un l'altro nel corso della<br />

notte. Entrambi sapevano. Era stato Antoine. Non poteva esserci<br />

altra risposta. Nessuno dei due l'aveva detto apertamente, non<br />

volendo turbare ulteriormente Carol e Michel. Di certo avrebbero<br />

dovuto essere messi al corrente, ma non ancora. E in verità era<br />

probabile che già lo sapessero, ma dirlo sarebbe stato troppo<br />

traumatico. Meglio aspettare che arrivassero Julien e Jeanette,<br />

insieme ai loro figli, che tornassero David e Kathleen, e che Gerlinde<br />

facesse rientro a casa. Poi, il pensiero che lei fosse così distante lo<br />

rese nervoso. Una volta che fossero stati tutti insieme, inclusi tutti gli<br />

altri della loro estesa famiglia, perché quello era uno dei momenti in<br />

cui stringersi, sarebbero stati in grado di decidere una linea d'azione.<br />

C'era un nemico da rintracciare e combattere, e avrebbero avuto<br />

bisogno della loro forza combinata per il compito che li attendeva.<br />

Antoine era il più vecchio della loro razza, il più forte, sotto molti<br />

punti di vista il più astuto. E di certo il più squilibrato. Aveva giurato<br />

vendetta per Ariel. Aveva giurato che loro tutti avrebbero sofferto.<br />

Erano trascorsi cinque anni, e quella minaccia ruggente era divenuta<br />

un sussurro appena udibile. Si erano cullati nella soddisfazione per<br />

quel quasi silenzio. Il tempo ovviamente aveva poco significato, e<br />

cinque anni per la loro razza erano cinque giorni per un mortale.<br />

Antoine esisteva da così tanto da poter attendere tranquillamente,<br />

scegliendo il momento giusto per colpire. Ma perché adesso? Perché<br />

là? Perché in quel momento? Quella era una domanda che si<br />

sarebbero dovuti porre soltanto in seguito, una volta trovatolo. Una


volta distrutto Antoine.


CAPITOLO 4<br />

Karl e André trascorsero ore a esaminare con attenzione i resti di<br />

Chloe in cerca di indizi e di tracce della presenza di un altro, mortale<br />

o meno. La loro autopsia improvvisata includeva anche la dissezione<br />

degli organi: il cuore, il cervello, i polmoni, lo stomaco, il fegato e i<br />

reni. Incisero anche i muscoli. Aprirono persino le ossa per<br />

esaminarne il midollo. Michel partecipò fino a un certo punto. Aiutò<br />

a ricostruire il corpo, in modo che potessero determinare almeno in<br />

che modo fosse avvenuta l'aggressione, e se era stato utilizzato<br />

qualche strumento per recidere qualche parte, ma apparentemente<br />

non era stato così.<br />

Carol non riusciva ad avvicinarsi troppo alle parti del corpo. Sei<br />

anni di quella particolare esistenza non l'avevano ancora temprata al<br />

peggio che poteva verificarsi. Non che qualcuno di loro si fosse<br />

imbattuto in qualcosa del genere prima di allora. Chloe e Carol<br />

erano state come madre e figlia. Carol sedeva appollaiata sul<br />

bancone della cucina, lontano dal tavolo che avevano utilizzato per<br />

l'esame e la ricostruzione. Di tanto in tanto lasciava la stanza, e una<br />

volta Karl la sentì singhiozzare.<br />

Fu felice del fatto che Gerlinde non fosse presente per vedere<br />

tutto ciò. Conosceva Chloe da quarant'anni. Erano diverse come il<br />

giorno e la notte, ma Gerlinde aveva detto più d'una volta che<br />

Chloe era molto simile a sua nonna. Il loro legame era intenso, da<br />

entrambe le parti, e Karl sapeva che Gerlinde si sarebbe sentita<br />

devastata quando avrebbe scoperto quello che era successo.<br />

Non vi erano tracce di un'altra presenza su nessuna delle ferite di<br />

Chloe, o almeno nulla che Karl e André fossero in grado di notare a<br />

occhio o mediante i nervi olfattivi. La mancanza tanto dell'odore<br />

mortale quanto del profumo della loro razza era un mistero che Karl<br />

non riusciva a comprendere. Di certo doveva esserci qualcosa, anche<br />

se l'aggressore aveva usato dei guanti di gomma, ma non c'era. Oltre<br />

a quell'odore rivoltante del fluido per l'imbalsamazione che<br />

permeava il Columbarium e che, naturalmente, si era attaccato ai<br />

resti di Chloe, agli abiti, ai capelli, a tutto.


Stando a quello che aveva riferito loro Michel, la quantità di<br />

sangue al Columbarium dimostrava che Chloe non era stata<br />

svuotata, il che allontanava i sospetti su qualcuno della loro razza.<br />

«E così potrebbe trattarsi di mortali», disse Michel.<br />

«Potrebbe essere una falsa pista per trarci in inganno», gli disse<br />

André.<br />

Karl osservò attentamente una parte della schiena. Era come se le<br />

due metà del dorso di Chloe fossero state staccate proprio come si<br />

spezzerebbe la parte posteriore di un pollo. E questo richiedeva una<br />

forza che un mortale non possedeva.<br />

«Sì, è un taglio netto», ammise André quando Karl gli mostrò le<br />

due parti che presentavano entrambe il taglio evidente della pelle,<br />

dei muscoli e delle ossa. «Ma anche la spina dorsale è spezzata»,<br />

sottolineò André, mostrando la frattura tra la quattordicesima e la<br />

quindicesima vertebra, all'altezza dei reni, come fosse stata piegata<br />

indietro.<br />

Per un bacio, pensò Karl, e si chiese perché gli fosse venuto in<br />

mente un simile pensiero. «È difficile stabilire se è successo prima che<br />

morisse. In tal caso, una simile ferita l'avrebbe uccisa».<br />

«Follia omicida?»<br />

«Probabile».<br />

«Ma allora ci sarebbe stato troppo sangue per resistere, e uno dei<br />

nostri l'avrebbe preso», disse Carol.<br />

Karl e André si guardarono l'un l'altro e anni di amicizia fecero sì<br />

che si comunicassero il pensiero che condividevano: Carol stava<br />

cercando disperatamente di provare che si era trattato di mortali.<br />

Con i mortali, c'erano buone possibilità che fossero trovati e distrutti.<br />

Se i responsabili erano della loro razza, la minaccia poteva essere<br />

anche insuperabile.<br />

«E più probabile», disse Karl, «che il sangue non fosse l'interesse<br />

primario e forse neppure quello secondario. E uno della nostra razza<br />

prima di fare questo si sarebbe nutrito a dovere, per incrementare la<br />

propria forza. Non sto dicendo che non sia stato bevuto del sangue:<br />

probabilmente l'aggressore non sarebbe stato in grado di resistere del


tutto e sembrano esserci segni di denti sulla gola e in altri punti. Ma<br />

tutto questo non sembra casuale, bensì calcolato, come una<br />

vendetta, una punizione». Karl fece attenzione a evitare di usare il<br />

nome di Antoine. Carol era già abbastanza sconvolta. «Chiunque<br />

abbia fatto questo voleva che Chloe sapesse che stava per essere<br />

fatta a pezzi».<br />

«Intendi dire che lei è rimasta viva fino all'ultimo mentre le<br />

facevamo tutto questo?», Carol seppellì il volto scioccato tra le mani<br />

e cominciò a singhiozzare. André le si avvicinò, la strinse poi la<br />

portò fuori dalla cucina.<br />

«Perché Antoine ha atteso cinque anni?», chiese Michel quando<br />

Carol non fu più in grado di udirlo.<br />

Naturalmente il ragazzo sapeva che si trattava di Antoine, proprio<br />

come Carol. Però Michel poteva affrontare la cosa, e a questo punto<br />

Carol invece no. Karl si rese conto che Michel era stato ben attento a<br />

non dire nulla mentre sua madre era nella stanza e, ancora una<br />

volta, si meravigliò di quanto sensibile e comprensivo fosse<br />

diventato il ragazzo.<br />

«Quello è il mistero, Michel. Non so perché abbia atteso. Perché<br />

abbia scelto questo metodo, se non perché sapeva che sarebbe<br />

servito a sfoggiare il suo potere fisico e avrebbe fatto dimostrato<br />

anche la sua superiorità. Ci ha attaccati sul terreno a noi familiare e<br />

ha ucciso una persona davvero speciale per tutti noi. Ma una cosa è<br />

certa in tutto questo», disse Karl mentre ritornava André. «Chloe non<br />

ha combattuto».<br />

André rimase paralizzato dallo shock. I suoi processi mentali non<br />

riuscivano ad andare abbastanza in fretta perché potesse formulare<br />

le domande che aveva bisogno di porre, domande che avrebbero<br />

richiesto una spiegazione per un'affermazione tanto oltraggiosa.<br />

Karl gli risparmiò la fatica. «Il motivo per cui sono giunto a questa<br />

conclusione è che non c'è nulla sotto le unghie di Chloe a indicare<br />

che abbia combattuto, né pelle, né capelli, né sangue, nulla. E nulla<br />

nemmeno nella sua bocca, il che ci dice che non ha cercato neppure<br />

di mordere il suo o i suoi assalitori. Dalla natura delle lacerazioni sui<br />

muscoli, non c'è nulla a indicare che lei abbia tirato da una parte e<br />

l'aggressore dall'altra. Sostanzialmente, è come se fosse rimasta là a


lasciarsi fare a pezzi».<br />

Karl vide che André ebbe una leggera contrazione. «Andiamo al<br />

Columbarium», disse André con voce tesa, poi si voltò e abbandonò<br />

la stanza senza attendere una risposta. L'azione era la sua forza, e<br />

anche la sua salvezza quando lo stress diventava troppo intenso.<br />

Riposero i resti di Chloe nel congelatore, poi uscirono dalla stanza<br />

come una squadra. L'opinione generale era che dovessero andare<br />

tutti e quattro. Da quel momento in poi sarebbero rimasti insieme.<br />

Con un nemico tanto pericoloso e astuto era insensato correre dei<br />

rischi.<br />

Si recarono in macchina fino a Còte-des-Neiges, all'ingresso<br />

principale, e parcheggiarono a un isolato di distanza. In quel<br />

quartiere alle due del mattino era abbastanza semplice scavalcare la<br />

palizzata di ferro che separava il marciapiede dal suolo cimiteriale.<br />

Naturalmente, dopo la carneficina della notte precedente, il cimitero<br />

era tutt'altro che vuoto. Sentirono subito la presenza dei mortali -<br />

agenti di polizia, forse una dozzina - posizionati in punti strategici, a<br />

sorvegliare l'ingresso e il Columbarium.<br />

Tanto l'entrata quanto l'uscita dell'edificio sotterraneo avevano il<br />

nastro giallo della polizia sulle porte. Come se l'assassino o gli<br />

assassini potessero tornare per rifare di nuovo tutto, pensò Karl,<br />

chiedendosi in che modo ragionassero i mortali.<br />

André, i cui sensi erano forse quelli più acuti di tutti loro, li<br />

condusse alla porta d'uscita del Columbarium, che era sorvegliata da<br />

una guardia soltanto, rispetto all'ingresso dove ce n'erano forse sei<br />

che parlavano e fumavano. André prese quel poliziotto alle spalle, e<br />

Karl fissò dritto in quegli occhi abbastanza a lungo da farli chiudere e<br />

addormentarlo. La porta non era chiusa a chiave ed entrarono senza<br />

difficoltà. Nell'istante in cui varcarono la soglia, fu evidente che<br />

erano soli. Karl non avvertì la presenza di nessun altro, vivo o non<br />

morto, all'interno dell'edificio, e comprese che per gli altri era lo<br />

stesso. Non c'era nessun essere vivente là, incluso il pipistrello del<br />

quale Michel aveva parlato.<br />

L'ambiente puzzava di fluido per l'imbalsamazione mescolato<br />

all'odore di decomposizione. I loro nervi olfattivi molto sviluppati<br />

riuscivano a distinguere persino le tracce più insignificanti degli


odori, e la lampada a olio con l'odore dei fiori morenti, appassiti<br />

fino al gambo, era sufficiente a intossicarli fino alla nausea. Karl<br />

immaginò che fosse qualcosa di molto simile a quando un mortale si<br />

trovava imprigionato in un ascensore con una donna con troppo<br />

profumo addosso. Michel era pallido e chiaramente non voleva<br />

essere in quel posto. Nessuno di loro lo voleva.<br />

Karl mise una mano sulla spalla del ragazzo per fargli forza. «Se<br />

hanno intenzione di sorvegliare questo posto, dovrebbero<br />

controllare entrambi gli accessi nello stesso modo», disse Michel nello<br />

sforzo di mettere da parte il suo terrore, sottolineando una cosa<br />

ovvia, come tendono a fare i giovani, anche quando l'ovvio non è<br />

dalla loro parte.<br />

Il gruppetto si diresse verso le scale e salì al piano principale. Il<br />

forte condizionamento dell'aria in quell'ambiente accresceva il senso<br />

di alienazione avvertito da Karl, che innervosì anche Michel. Era<br />

come essere all'interno di una cella frigorifera con la puzza di troppi<br />

odori nocivi. E benché il corridoio fosse ampio, la sensazione era<br />

quella di un ambiente opprimente, come fossero all'interno di un<br />

gelido canale del parto prima di nascere. Perché lo mantenessero a<br />

quella temperatura, Karl lo ignorava. Probabilmente per la<br />

conservazione dei cadaveri. Non riusciva a immaginare quanto<br />

avrebbe potuto essere forte l'odore del fluido per l'imbalsamazione<br />

se la temperatura fosse stata più bassa. Dedusse che i mortali, o<br />

almeno molti di essi, non potessero avvertire quell'odore.<br />

Michel sembrava nervoso, ma non quanto Carol. André, le cui<br />

emozioni erano tenute a freno dall'azione, chiudeva quella<br />

processione mentre Karl se ne mise a capo, ponendo in tal modo in<br />

mezzo i due membri più vulnerabili.<br />

Quando raggiunsero il piano principale e la rotonda, trovarono<br />

un muro di nastro giallo a bloccare l'accesso al corridoio stesso. Più<br />

oltre c'era il loro obiettivo: potevano vedere il rosso cremisi da dove<br />

si trovavano.<br />

Karl sollevò il nastro e loro tutti vi passarono sotto. In un attimo<br />

furono a pochi passi dall'ingresso, circondati da sangue rappreso. A<br />

quella temperatura il sangue era solido. Sembravano quasi dei<br />

cristalli di sodio rossi.


Karl aveva sentito l'odore del sangue nel momento stesso in cui<br />

erano entrati nel Columbarium. Il profumo rappreso di così tanta<br />

vita l'aveva investito come gli olii potenti e invisibili che durante il<br />

Medioevo le donne usavano per mascherare l'odore dei loro corpi.<br />

Stando a quanto detto da Michel, lui non aveva sentito il sangue<br />

quando era andato in cerca di Chloe. Karl si ripromise di chiedergli<br />

dell'altro in proposito.<br />

Ipotizzò che il sangue non fosse ancora stato rimosso perché la<br />

polizia attendeva che tutti i test fossero stati completati, e che tutti<br />

quelli che dovevano investigare su quella scena del delitto lo<br />

facessero prima della pulizia finale. Presumibilmente, i campioni del<br />

DNA erano già stati presi, ed era una cosa preoccupante. Il DNA di<br />

Chloe sarebbe stato diverso da quello di qualunque altro mortale gli<br />

scienziati avessero visto in precedenza.<br />

Persino un esame frettoloso del suo sangue al microscopio<br />

avrebbe rivelato non soltanto le normali cellule, ma anche quelle<br />

animali. Quella da sola sarebbe stata una cosa già abbastanza<br />

misteriosa, pensò, ma se avessero poi cercato di spiegare le due<br />

cellule vegetali che avrebbero trovato nel campione... Se c'era un<br />

Dipartimento X Files, quell'omicidio sarebbe finito dritto là.<br />

Naturalmente la polizia non l'avrebbe classificato come un omicidio,<br />

dato che non c'era un corpo, ma soltanto del sangue, come se<br />

piovesse, a giudicare dalle pareti e dal pavimento, e persino sul<br />

soffitto dove era spruzzato dalle arterie di Chloe, chiazzando la<br />

pittura beige con puntini simili a rubini. I ricercatori avrebbero<br />

potuto supporre che dei ragazzi avessero mescolato sangue umano,<br />

animale e linfa vegetale, in qualche modo, e l'avessero spruzzato in<br />

giro soltanto per dissacrare quel posto. Con un po' di fortuna, pensò<br />

Karl.<br />

Karl e André esaminarono il sangue e André, il quale si era nutrito<br />

da Chloe ed era l'unico in grado di analizzare quale fosse il suo e<br />

quale no soltanto dal suo sapore, raccolse dei campioni. Avrebbe<br />

potuto essere in grado di riferire qualcosa riguardo un'altra presenza<br />

ingerendo in seguito il sangue reso nuovamente liquido.<br />

Carol rimase in piedi da una parte di fronte alle porte d'ingresso,<br />

a pochi passi di distanza. Voleva dare a vedere di vigilare, benché


tutti loro fossero in grado di udire, sentire e avvertire in altri modi se<br />

qualcuno si fosse appropinquato alle porte. Sembrava inorridita.<br />

Michel si accovacciò di fianco a Karl e sussurrò, anche se<br />

naturalmente Carol poteva sentirlo: «Non riesco ancora a capire<br />

perché abbiano lasciato il sangue».<br />

«Io credo», disse Karl, «che l'assassino sapesse che avremmo<br />

controllato, e volesse mostrarci il suo disprezzo. Ci sta dicendo che<br />

non ha bisogno del sangue. Tiene sotto controllo le sue passioni. Ci<br />

sta dicendo che invece noi non lo facciamo, cosa che ci rende<br />

vulnerabili».<br />

A giudicare dallo spruzzo che proseguiva sulle pareti e sul<br />

pavimento, a Karl sembrava che Chloe fosse entrata dalla porta,<br />

avesse fatto i cinque o sei passi che la separavano dal corridoio,<br />

avesse svoltato a destra, poi avesse coperto più o meno la stessa<br />

distanza e si fosse fermata.<br />

Chiese a Michel dove avesse trovato le parti del suo corpo e quali<br />

fossero.<br />

«Non sono proprio sicuro, voglio dire, ero così spaventato che ho<br />

solo raccolto... tutto. Però mi ricordo che la mano con l'anello era<br />

qui». Indicò il muro sulla destra.<br />

«L'altra mano?»<br />

«Non ne sono certo. Ho... ho trovato la testa là». Indicò un punto<br />

vicino all'angolo. «L'amuleto era lì. L'hai trovato?... nelle buste».<br />

«No», disse Karl.<br />

André scosse la testa.<br />

«Probabilmente non l'abbiamo notato», disse Karl. «Dove si<br />

trovava la maggior parte del corpo, in relazione a tutto questo<br />

sangue? Quello che intendo è se gran parte del sangue si trovava di<br />

fronte ai resti del corpo oppure dietro?»<br />

«Uhm, credo che gran parte del corpo fosse qui, davanti al<br />

sangue». Michel si fermò di fronte al corridoio, con le spalle<br />

all'ingresso, come doveva essere stata Chloe. La maggior parte del<br />

sangue era dietro di lui, sulle pareti e sul pavimento.<br />

Karl cercò di ricostruire nella sua mente cosa era successo.


Immaginò che non vi fosse nessuno dietro di lei, tra Chloe e<br />

l'entrata: nessuno era entrato dopo di lei. Se ne sarebbe accorta. E<br />

sembrava improbabile che il suo aggressore l'avesse fatto per un altro<br />

motivo: Michel era vicino all'ingresso quando Chloe era entrata nel<br />

Columbarium. Avrebbe sentito qualcuno di là dalle porte, così<br />

vicino, e di certo chiunque l'avesse seguita.<br />

Antoine e Chloe dovevano essersi trovati faccia a faccia, lui di<br />

fronte alle porte d'ingresso, lei di fronte al corridoio. Il che<br />

significava che probabilmente Antoine era arrivato dal livello<br />

inferiore, su per le scale, e lungo il corridoio dritto verso di lei.<br />

Doveva averlo sentito. Ciononostante, tutto indicava che non aveva<br />

indietreggiato, non l'aveva affrontato, gli aveva semplicemente<br />

consentito di farla a pezzi spezzandole la schiena all'indietro.<br />

Perché era rimasta ferma quando aveva sentito, e poi visto<br />

Antoine? Karl non riusciva a dominare il suo orrore per quel gesto<br />

apparentemente suicida, anche se tutto sembrava indicare proprio<br />

questo. Era una persona troppo razionale per ignorare quella che<br />

sentiva essere la verità.<br />

Quando André ebbe terminato di raccogliere campioni di sangue<br />

nelle fiale che aveva portato con sé, controllarono quelli che Michel<br />

aveva chiamato "cassetti". In realtà si trattava di lastre di marmo<br />

quadrate, più grandi del lato corto di una bara, una incastonata<br />

sopra l'altra come mattonelle, le estremità tenute in posizione da<br />

spigoli di metallo che sembravano simili agli adesivi angolari di carta<br />

usati negli album di fotografie. Alcuni dei cassetti vicino all'ingresso<br />

erano stati spolverati dalla polizia in cerca di impronte. Da quello<br />

che poteva vedere Karl, c'erano almeno una o due serie di impronte<br />

che apparivano su alcune lastre. Pensò che probabilmente<br />

appartenevano agli addetti che seppellivano i deceduti, benché la<br />

possibilità che appartenessero ad Antoine e a uno o più complici<br />

c'era. Comunque non erano le impronte di Antoine, e in questo<br />

mondo di non-proprio-morti, le prove fisiche di colpevolezza non<br />

erano cruciali come sarebbero state nel regno dei mortali.<br />

Tutti e quattro forzarono uno dei comparti, poi quello successivo,<br />

e quello dopo. Quando ne ebbero aperti una dozzina, esaminarono<br />

le bare all'interno. Normali bare moderne di metallo e fibra di vetro.


Niente piombo su nessuna.<br />

André e Karl sollevarono i coperchi delle bare: nessun<br />

rivestimento di piombo in quei feretri, solo cadaveri a vari livelli di<br />

decomposizione, la puzza di marcio e gli ingredienti del fluido per<br />

l'imbalsamazione mescolati in un odore rivoltante assalirono le loro<br />

narici. Smossero quadrati di marmo anche dall'altra parte del<br />

corridoio e aprirono i coperchi delle bare per trovarvi... nulla degno<br />

di nota. C'erano altri corpi, e ancora il fluido per l'imbalsamazione e<br />

la puzza di decomposizione riempirono l'aria.<br />

Michel disse: «Pensi che si siano sforzati di mascherare l'odore?»<br />

«Direi di sì», gli disse Karl. «La formalina è composta per il 30-40<br />

per cento circa di formaldeide, il 12 per cento circa di alcool metilico<br />

e forse il 12 per cento di metanolo, ciascuno dei quali ha un suo<br />

terribile, preciso odore. Il resto è acqua, pigmenti, stabilizzanti e<br />

aromi floreali».<br />

«Be', non hanno fatto proprio un buon lavoro con questi qui.<br />

Dovrebbero aggiungere più profumo».<br />

Karl dovette convenire. L'odore di formaldeide era intensissimo lì,<br />

e doveva essersi dissolto in molti di quei cadaveri. Naturalmente<br />

stavano raccogliendo tracce infinitesimali che si espandevano a causa<br />

della loro forte sensibilità olfattiva. E la formula cambiava da una<br />

marca all'altra; alcune marche di fluido per l'imbalsamazione non<br />

sarebbero state tanto intense.<br />

Non vi era traccia di alcuna presenza mortale o immortale, solo i<br />

morti e sepolti, il che rappresentava un punto a favore per la teoria<br />

di Michel che i morti avessero preso vita e assassinato Chloe.<br />

Naturalmente Karl non poteva accettarlo. Ma dato che l'omicidio<br />

era stato così singolare, si costrinse a tenere la mente aperta a<br />

quell'opzione pur senza soffermarcisi.<br />

Ritornarono indietro alla fine del corridoio, alla rotonda, e<br />

controllarono le vetrinette che contenevano urne e contenitori per le<br />

ceneri. Nessuna di queste era neppure lontanamente grande<br />

abbastanza per un corpo, a meno che l'assassino non fosse stato un<br />

bimbo.<br />

Mentre procedevano lungo il corridoio dall'altra parte della


otonda, André cominciò a scardinare le piastre di marmo dalla<br />

parete.<br />

«Non credo che dovremmo preoccuparcene», disse Karl. «È chiaro<br />

che questo secondo corridoio sarebbe stato troppo lontano perché<br />

lui o loro lo percorressero senza che Chloe li sentisse e uscisse fuori».<br />

André era infastidito. Voleva controllare ogni sepoltura del<br />

Columbarium fino a quando non avesse trovato quella che poteva<br />

ospitare un gruppo di vampiri. Ma non era uno stupido, e comprese<br />

il ragionamento di Karl, anche se così rimaneva senza nulla da fare,<br />

cosa che lo metteva in agitazione.<br />

Discesero le scale vicino alla rotonda e si diressero all'uscita. Il<br />

poliziotto di fuori stava ancora dormendo, come Karl gli aveva<br />

detto di fare, ma ce n'erano altri quattro nella zona. Karl si<br />

concentrò sull'ingresso e stabilì che all'esterno erano rimasti solo due<br />

agenti, e questo significava che quella era la strada migliore per<br />

uscire.<br />

Il gruppo tornò sui propri passi, lungo il corridoio inferiore, le<br />

scale vicino alla rotonda e poi su e lungo il corridoio che conduceva<br />

all'ingresso. Là si fermarono abbastanza a lungo da accertarsi che i<br />

poliziotti, dopo aver bevuto caffè e chiacchierato, si fossero<br />

incamminati verso l'uscita per unirsi agli altri.<br />

«È una buona cosa che facciano la pausa caffè», sussurrò Michel.<br />

Sarebbe stato abbastanza semplice sopraffare una qualsiasi<br />

guardia, ma sarebbe stato altrettanto rischioso con così tanta polizia<br />

nelle vicinanze. Non erano fisicamente in pericolo, ma Karl non<br />

voleva correre il rischio che qualcuno di loro venisse visto e in<br />

seguito riconosciuto. E non voleva nessuna sparatoria. Una ferita che<br />

avesse prodotto altro sangue oltre a quello già esaminato e giudicato<br />

anormale, avrebbe significato per loro dover lasciare la città.<br />

Preferiva sempre la via più semplice, quella che non prevedeva il<br />

confronto.<br />

I quattro sfruttarono la loro occasione d'oro e uscirono in fretta e<br />

con calma fuori dalle porte d'ingresso del Columbarium.<br />

Appena dopo le quattro del mattino, il gruppo esausto entrò


arcollando dalla porta di casa. Quella notte era stata una dura<br />

prova per ognuno di loro, e non era ancora terminata. André si<br />

occupò di far tornare liquido parte del sangue proveniente dalle<br />

ferite di Chloe e parte di quello preso dal Columbarium per<br />

ingerirlo, sperando di scoprire traccia di un estraneo, il sangue di<br />

qualcun altro oltre a quello di Chloe.<br />

Karl prese alcuni dei campioni di sangue dal corpo, dalle pareti, e<br />

lo fece diventare liquido con una soluzione salina. Attese fino a<br />

quando le cellule si depositarono sul fondo della fiala e il plasma<br />

non fu separato. Poi ispezionò le cellule del sangue al microscopio.<br />

Non erano state colorate, ma il suo occhio esperto fu comunque<br />

in grado di distinguere i diversi tipi. Circa il 45 per cento del sangue<br />

era composto di globuli, per lo più rossi a forma di ciambella, che<br />

superavano quelli bianchi nella misura di circa dieci a uno. C'erano<br />

altre cellule: neutrofili, linfociti, monociti, eosinofili, basofili, alcune<br />

somigliavano a cellule animali e due cellule dal profilo più netto<br />

pigmentate di verde, a causa della clorofilla. I loro corpi erano così<br />

ibridi, composti di cellule umane, animali e vegetali, e dopo tutti i<br />

suoi anni di ricerca, aveva ancora un'idea molto approssimativa sul<br />

perché quella particolare mescolanza producesse esseri come lui. Ad<br />

ogni modo, nulla di ciò che si trovava nel sangue di Chloe era<br />

inusuale. Be', questo non era propriamente vero. Uno dei globuli<br />

rossi aveva un nucleo.<br />

Studiò quella cellula in particolare. Lo sviluppo dei globuli rossi<br />

era tale che il nucleo si restringeva ed era infine espulso dalla cellula<br />

completamente formata. Aveva esaminato il suo stesso sangue<br />

innumerevoli volte, e il sangue di molti degli altri della sua<br />

comunità, Chloe inclusa. Erano sempre alla ricerca delle radici della<br />

loro mutazione, come anche di metodi per sopravvivere senza<br />

bisogno di sangue, o per respingere gli effetti pericolosi della luce del<br />

sole, o scoprire l'elemento che impediva loro di morire. Non aveva<br />

mai visto un globulo rosso sviluppato con un nucleo nella sua razza.<br />

Per i mortali, questo era un chiaro segno del fatto che una cellula era<br />

impazzita. Che si trattava di una cellula in necrosi.<br />

Nonostante quella anormalità, sentì che la risposta per quel<br />

puzzle non poteva essere nelle cellule, ma nel plasma, il restante 55


per cento del sangue. Il problema era come analizzarlo. Non<br />

possedeva un HPLC, la macchina per la cromatografia liquida ad alta<br />

pressione. Si sarebbe dovuto recare in un laboratorio di ricerca, forse<br />

un ospedale, forse un laboratorio di medicina legale.<br />

Karl non poteva fare altro quella notte. Era tardi, e qualsiasi test<br />

avesse effettuato, qualora fosse riuscito ad accedere a un laboratorio,<br />

avrebbe richiesto delle ore.<br />

Pensò di chiedere altro a Michel, come per esempio perché non<br />

avesse sentito l'odore del sangue quando era entrato nel<br />

Columbarium, ma il ragazzo aveva bisogno di una tregua. Inoltre,<br />

Karl cominciava a sentirsi in ansia: Gerlinde non aveva telefonato, e<br />

neppure David o Kathy. Ma poteva anche trattarsi della differenza di<br />

fuso orario. In quel momento a Manchester era già passata l'alba, e<br />

non sarebbe servito telefonare di nuovo. E le sette di sera ora di<br />

Manchester era l'una del pomeriggio a Montréal, il che voleva dire<br />

che, se avessero telefonato quel giorno, Karl non avrebbe ricevuto<br />

alcun messaggio fino al tramonto. Comunque, anche se fossero<br />

rientrati proprio all'alba, avrebbero trovato il messaggio che aveva<br />

lasciato e avrebbero potuto lasciare una risposta veloce in segreteria.<br />

Decise di chiamare Julien per lasciare un messaggio sulla sua<br />

segreteria riguardo gli ultimi sviluppi, e rimase sorpreso quando<br />

Julien rispose. Lui, che era stato trasformato nel Medioevo, era<br />

capace più di chiunque di loro di restare sveglio durante il giorno,<br />

benché non fosse in grado di muoversi bene, e necessitasse della<br />

completa oscurità. La sua voce tradiva lo stato letargico.<br />

«Karl, sono d'accordo con la tua ipotesi. Senza dubbio il<br />

responsabile è Antoine, e anche io credo abbia agito da solo. Credo<br />

anche che tu abbia ragione: Chloe non ha tentato di difendersi».<br />

«Perché?», chiese Karl. Più d'ogni altra cosa, quella era la domanda<br />

per la quale non era in grado di trovare una risposta soddisfacente.<br />

«Penso che sarebbe opportuno discutere tutti gli aspetti di questa<br />

tragedia di persona. Al momento non sono al massimo delle mie<br />

potenzialità.<br />

Il nostro volo da Vienna per Londra parte poco dopo il<br />

tramonto. È già concordato che Claude e Susan si uniranno a noi a


Heathrow. Lasceremo un biglietto qui e un messaggio sulla mia<br />

segreteria per Gerlinde affinché torni a Montréal non appena<br />

possibile».<br />

«Ha telefonato?»<br />

«No».<br />

«Dille di chiamarmi subito», disse Karl.<br />

La preoccupazione nella sua voce fece fare a Julien una pausa. «Sì,<br />

naturalmente», disse infine, ma con una leggera esitazione che fece<br />

sentire Karl ancora più a disagio. Cercò di convincersi che Julien non<br />

fosse ancora ben presente come era di solito.


CAPITOLO 5<br />

Karl si svegliò nel momento preciso in cui il sole fu tramontato.<br />

Controllò la segreteria e non vi trovò messaggi, quindi fece<br />

immediatamente un'altra chiamata verso la maestosa casa di<br />

Manchester e rispose nuovamente il servizio telefonico. L'operatore<br />

gli disse che il suo messaggio della notte precedente non era stato<br />

ancora ascoltato. Il suo disagio si tramutò in enorme<br />

preoccupazione, al limite del panico.<br />

Sapeva di doversi dirigere subito a un laboratorio - i test<br />

avrebbero richiesto ore - ma non poteva ignorare quel tarlo che lo<br />

stava divorando. Decise di non nutrirsi, dirigendosi piuttosto di<br />

sopra, al terzo piano, dove sedette da solo nello studio di Gerlinde,<br />

sotto il lucernario del soffitto, col cielo nero sopra la testa, e<br />

cominciò a tracciarla.<br />

L'essenza di lei permeava quel luogo dove dipingeva sotto le<br />

stelle. Aveva progettato lei quella stanza, aveva scelto i colori,<br />

l'arredamento - quel poco che c'era - e le pareti erano adornate dalla<br />

sua arte e dalle opere dei pittori che lei adorava.<br />

Karl era stato totalmente preso da Gerlinde quando l'aveva<br />

conosciuta, quando l'aveva amata maggiormente: così vibrante,<br />

libera, uno spirito pieno di gioia. Chiuse gli occhi e si concentrò su<br />

quella realtà nello spazio in mezzo agli occhi, dove si trova l'ipofisi,<br />

dove i mistici affermano da sempre che il terzo occhio attende di<br />

sbocciare al momento opportuno come un fiore di loto. Nello stesso<br />

tempo rallentò il respiro a un ritmo stabile e comodo, inspirando<br />

l'essenza di lei a ogni respiro, espirando tutte le altre energie che<br />

aveva in sé e che l'avrebbero distratto, fino a quando non ebbe<br />

soltanto Gerlinde dentro la pelle, vicina di fianco a sé. Poi permise<br />

all'energia di Gerlinde di discendere nel suo cuore, che la conosceva<br />

così bene. Aumentò il calore corporeo, e il battito del suo organo<br />

più vitale aumentò. Ogni pulsazione diffondeva la consapevolezza di<br />

lei nel suo corpo, fino a quando sentì la forza vitale di Gerlinde<br />

pulsare in sé, espandersi dal torso agli arti, attraverso i muscoli, le<br />

ossa e gli organi, correre nelle vene e nelle arterie e fin dentro i


minuscoli vasi sanguigni come un fiume impetuoso finché, alla fine, il<br />

suo cuore fu colmo, traboccò, e la presenza liquida fluì eternamente<br />

in lui, come un pozzo artesiano che per sempre avrebbe nutrito e<br />

sempre sarebbe stato rifornito.<br />

Era solo perché aveva ingerito il suo sangue quando l'aveva<br />

trasformata che adesso poteva seguirne le tracce come un magnete<br />

"sente" il ferro, o così la vedeva lui. Qualsiasi traccia del sangue di lei<br />

che Karl aveva consumato e che ancora risiedeva nelle cellule del suo<br />

corpo riconosceva Gerlinde e si sintonizzava su di lei. Loro<br />

rappresentavano ciascuno un suono diverso, un'orchestra che<br />

accorda gli strumenti, creando dissonanza, una cacofonia che si<br />

dissolveva istantaneamente quando iniziavano a suonare insieme<br />

come una sinfonia, quando diventavano un unisono, due parti che si<br />

mescolavano fino a formare un tutt'uno. La sua anima e quella di<br />

Gerlinde divennero una cosa sola sovrapponendosi, e alla fine<br />

comprese, non tanto per un processo mentale quanto per un<br />

meccanismo innato, dove lei fosse, perché poteva "vedere"<br />

attraverso i suoi occhi e sentire l'odore di ciò che la circondava per<br />

mezzo dei suoi sensi.<br />

Con un sussulto, i suoi occhi si aprirono di scatto. Gerlinde era in<br />

Germania! Da qualche parte a occidente, lungo il Reno!<br />

Invece che rassicurarlo, quella consapevolezza gli causò ancor più<br />

terrore. Non vi era motivo per cui dovesse trovarsi in Germania,<br />

nessun motivo davvero. Era diretta a Vienna, magari poteva fermarsi<br />

a Manchester, e la Germania non era comunque di strada.<br />

Ovviamente, poteva aver trovato un volo che l'aveva portata più<br />

lontano da Manchester, ma non lontano come a Vienna: dopotutto,<br />

Karl non conosceva tutte le tratte aeree da Montreal verso l'Europa.<br />

Ma a Gerlinde non piaceva la Germania. E perché il Reno? Se avesse<br />

fatto tappa in Germania, avrebbe avuto senso che si trattasse di<br />

Monaco, o persino Francoforte. O Berlino, il luogo dov'era nata.<br />

Gerlinde era impulsiva, ma prevedibile nella sua spontaneità, o<br />

almeno abbastanza perché Karl potesse contare su di lei. E, dopo<br />

quarant'anni, la conosceva molto bene. Poteva essere andata in<br />

Germania. Poteva aver avuto un motivo per andare nella Germania<br />

Occidentale, anche se non gli aveva riferito tale motivo, cosa che


normalmente avrebbe fatto. Ma di certo ormai avrebbe telefonato a<br />

casa: non era da lei non farlo. E, se non aveva chiamato lì, avrebbe<br />

comunque chiamato a casa di Julien per dire che sarebbe arrivata un<br />

po' in ritardo. Ma poteva anche darsi di no, se la tappa era breve, e<br />

poteva essersi fermata in un hotel dell'aeroporto per volar via al<br />

tramonto e arrivare a Vienna in un'ora. Ma allora lei o Julien<br />

avrebbero chiamato. Adesso a Vienna erano all'incirca le tre del<br />

mattino, molto prima dell'alba. E dov'erano David e Kathy? Perché<br />

non avevano ascoltato il messaggio? Sapevano che Gerlinde stava<br />

arrivando, quindi avrebbero dovuto essere là, a meno che non<br />

l'avessero raggiunta da qualche parte lungo la strada e stessero<br />

andando a Vienna con lei. Forse volevano fare una breve sosta in<br />

Germania...<br />

Simili speculazioni, lo sapeva, erano ancor meno che inutili.<br />

Poteva esservi un numero infinito di motivi per cui lei si era recata in<br />

Germania, ma lui non l'avrebbe saputo fino a quando non fosse stata<br />

lei di persona a dirglielo.<br />

L'unica cosa che poteva pensare di fare era tracciarla di nuovo<br />

prima che il sole sorgesse in Germania, il che sarebbe avvenuto sei<br />

ore prima che da lui. Questo significava che poteva farlo fino alla<br />

mezzanotte circa, l'una al più tardi, ora di Montréal. Dopo sarebbe<br />

stato inutile farlo, dato che dove si trovava sarebbe stato giorno e lei<br />

sarebbe rimasta nello stesso posto.<br />

Tracciarla lo sfiniva, come accadeva a molti della sua razza. Di<br />

solito, una sessione di tracciamento avveniva una volta sola in una<br />

sera, dopo di che il tracciante si ritrovava affamato. Quel processo<br />

dava migliori risultati se effettuato a stomaco vuoto. Se lui quella<br />

notte avesse ingerito sangue, questo avrebbe agito da barriera quasi<br />

come una terza presenza che si sarebbe frapposta tra lui e Gerlinde, e<br />

che avrebbe reso il lavoro più difficile probabilmente<br />

compromettendo il risultato. Doveva digiunare, non c'era nulla da<br />

fare: si sarebbe potuto nutrire dopo averla tracciata nuovamente.<br />

Sfortunatamente, l'astinenza dal sangue accresceva la sua agitazione.<br />

Oltre a lasciarlo indebolito ad affrontare il compito che lo<br />

attendeva, ovvero introdursi nel laboratorio di medicina legale.<br />

Erano già le otto di sera. Tardi, ma almeno gran parte del


personale se ne sarebbe già andato via. Si affrettò ad attraversare il<br />

centro della città, diretto ad est in taxi verso l'edificio senza insegne<br />

su rue Parthenais, vicino al ponte Jacques Carrier. Un'alta palizzata<br />

circondava quella struttura grigiastra. Prima era stata un centro di<br />

detenzione per criminali abituali. Ora era il quartier generale della<br />

Sureté du Québec, la centrale di polizia. L'ufficio del coroner era nel<br />

sotterraneo, e la Scientifica occupava tutto il quinto piano.<br />

L'ambulatorio della Scientifica era il luogo dove venivano eseguite<br />

le autopsie e condotti i test sui morti per determinare la causa del<br />

decesso. Karl si era servito di quei locali già un paio di volte,<br />

all'insaputa di tutti. Per un mortale l'accesso a quell'edificio ben<br />

controllato sarebbe stato quasi impossibile. Per Karl non si trattava di<br />

una cosa difficile. Grazie a un processo mentale simile all'ipnosi,<br />

persuadeva la guardia all'ingresso per avere un pass. Era tutta una<br />

questione di contatto visivo.<br />

Karl fu fortunato che non vi fosse nessuno a fare lo straordinario<br />

dopo le cinque. Sembrava che non vi fossero stati omicidi o morti<br />

sospette a Montreal da un paio di giorni, per cui non c'erano test<br />

urgenti da fare. Fu fortunato anche che l'apparecchiatura per<br />

l'icromatografia non fosse in funzione. Una volta che era stato in<br />

quel posto, il personale l'aveva lasciata accesa per completare<br />

un'analisi nel corso della notte. Ma quella notte la macchina, che<br />

sembrava un'apparecchiatura del dottor Frankenstein, era libera.<br />

Scosse la testa e fece un timido sorriso... alla faccia del nuovo<br />

millennio: un rettangolo di plastica con sopra due recipienti marroni<br />

di solvente. Un cavo qualsiasi color argento fuoriusciva da un<br />

vasetto di vetro, entrava nella macchina, per poi uscirne passando<br />

all'interno di una barra che reggeva un filtro, e rimanere steso come<br />

un filo per i rami. Il plasma nel sangue di Chloe conteneva degli<br />

elementi che avrebbero superato quei filtri simili a ciglia, le particelle<br />

più piccole per prime. Si trattava di un processo abbastanza diretto.<br />

Purtroppo, poteva fare soltanto un esperimento per volta, un<br />

processo scrupoloso, ma almeno sarebbe stato qualcosa.<br />

Karl aveva sempre adorato la chimica. Nulla lo affascinava di più<br />

dello scomporre le sostanze, e gli elementi essenziali della materia.<br />

Salvo combinarli. Se c'è un dio, aveva pensato spesso, è un chimico,


o per lo meno un alchimista.<br />

Predispose l'apparecchiatura e avviò il processo che poteva<br />

impiegare anche sei ore per giungere a compimento. Nel frattempo,<br />

si aggirò per il laboratorio per vedere cosa c'era di nuovo. Un rapido<br />

giro in quell'area rivelò delle attrezzature che aveva già visto e usato<br />

in precedenza. Tranne che il GPC. Aveva soltanto letto qualcosa a<br />

riguardo, e adesso ne stava osservando uno.<br />

Il gas-cromotografo era un'apparecchiatura molto specialistica. Era<br />

in grado di determinare quali gas fossero presenti in una piccola<br />

quantità di materiale organico semplicemente bruciandolo. "Perché<br />

no", pensò. Non ne aveva mai usato uno, ma non sarebbe servito un<br />

genio per farlo.<br />

Accese prima l'interruttore poi il computer adiacente che. avrebbe<br />

mostrato sullo schermo un grafico mentre i gas venivano separati tra<br />

loro. Da qualche parte in quella stanza doveva esserci un libro con i<br />

modelli di riferimento, ma avrebbe provato prima con il computer,<br />

per vedere quante informazioni fornisse. Poteva bruciare parte del<br />

sangue di Chloe, verificare i grafici che indicavano cosa era presente<br />

nel plasma, identificare di cosa si trattava confrontando quei<br />

campioni con il catalogo che aveva appena trovato nel computer<br />

poi, una volta scoperto, stabilire per lo meno ciò che non poteva<br />

essere spiegato.<br />

Dopotutto, la scienza era per lo più un processo di eliminazione.<br />

E gli avrebbe dato qualcosa da fare mentre aspettava che l'HPLC<br />

svolgesse il suo compito, e mentre aspettava la mezzanotte, quando<br />

avrebbe potuto nuovamente tracciare Gerlinde. Prese un frammento<br />

del sangue secco di Chloe e, sotto un beccuccio che si trovava dentro<br />

l'apparecchiatura, gli diede fuoco. Il gas emesso era appena visibile, il<br />

che significava ben poco. Si chiese quanto tempo sarebbe stato<br />

necessario per trattare tutti i diversi gas presenti nel sangue.<br />

Mentre aspettava, si sedette sopra una delle sedie stracolme di<br />

roba e il suo pensiero corse a Gerlinde.<br />

Persino dopo tutto quel tempo passato insieme, la trovava ancora<br />

più attraente di ogni altra donna, mortale o immortale. E questo la<br />

diceva lunga. Ognuna delle donne della sua razza aveva un suo<br />

fascino, ed era intenso: Carol possedeva un erotismo calmo, sensuale


e pacato. Jeanette era più sofisticata, quasi metafisica nella sua<br />

seduzione. Kathy aveva una fisicità che alle altre mancava: la sua<br />

sessualità era più diretta e concreta. Morianna era come una divinità<br />

madre, un po' riservata ma dotata di un fascino saggio e sfaccettato.<br />

Però Gerlinde possedeva qualcosa che alle altre mancava. La<br />

gaiezza del suo spirito riusciva ancora a farlo sentire giovane e a<br />

sedurlo. Era appassionata in maniera carnale, anche se in modo<br />

estremamente vulnerabile, cosa che lo aiutava ad essere se stesso. Lo<br />

circondava sempre di una accettazione rilassata e innamorata che gli<br />

garantiva libertà. E questo faceva sì che la desiderasse sempre.<br />

Avevano fatto l'amore poco prima che lei partisse. Le piaceva<br />

stare sopra, e piaceva anche a lui. Quella posizione le garantiva<br />

maggior libertà e la portava a una forte eccitazione, permettendo a<br />

lui di controllare la sua passione pur essendo stimolato in maniera<br />

incredibile.<br />

«Baciami», gli aveva sussurrato in modo melodrammatico,<br />

imitando Marlene Dietrich. «Baciami forte. Baciami come se non<br />

dovessi baciarmi mai più!».<br />

E lui l'aveva fatto. Aveva appoggiato la bocca sulla sua, e le<br />

labbra di Gerlinde si erano schiuse. Le loro lingue avevano<br />

giocherellato mentre lei rantolava, ansimava e gemeva<br />

sussurrandogli parole di fuoco nell'orecchio, mentre i suoi fianchi si<br />

muovevano ritmicamente sopra quelli di lui.<br />

La sensazione della sua vita esile, da ragazzina, il rigonfiamento<br />

dei suoi seni, delle sue natiche, il calore umido della sua vagina...<br />

quelli erano momenti di eternità, come aveva immaginato dovesse<br />

essere il paradiso, o il nirvana, o qualsiasi altro posto nell'universo<br />

dove fosse possibile raggiungere la felicità assoluta. Dove la mente si<br />

sarebbe spenta e la solitudine sarebbe svanita. Dove sapeva per certo<br />

di non essere l'unico essere esistente perché il concettualizzare cedeva<br />

il posto alla concreta...<br />

Si rese conto che il computer stava emettendo un segnale. L'HPLC<br />

stava già sputando risultati. Balzò in piedi e andò a guardare sullo<br />

schermo. Il plasma conteneva quello che si aspettava: albumine,<br />

globulina, fibrina, elettroliti, nutrimenti, gas generici, alcune vitamine<br />

e prodotti di scarto. Sarebbe stato tra questi ultimi che avrebbe


trovato quello che stava cercando, ne era convinto.<br />

Più o meno intorno alla mezzanotte tracciò nuovamente<br />

Gerlinde. Si era spostata un po' più verso nord, non abbastanza da<br />

giustificare lo sforzo che stava facendo. Quella doppia tracciatura<br />

l'aveva esaurito. Si sentiva consunto, con la carne tesa sopra le ossa.<br />

Sapeva che probabilmente era inutile, ma cercò del sangue<br />

all'interno del laboratorio, come un roditore in cerca di cibo.<br />

Difficilmente ci sarebbe stato qualcosa in grado di saziarlo.<br />

In quella struttura non venivano conservati sangue o plasma in<br />

grandi quantità. Là custodivano dei piccoli campioni per le analisi.<br />

Persino nella sala delle autopsie non avrebbe trovato nulla: lì si<br />

limitavano a lavarlo via. In quel momento, quel pensiero lo<br />

disgustò.<br />

Riuscì a scovare una piccola sacchetta di sangue. Strappò la<br />

plastica e la vuotò in un solo sorso. AB negativo, a giudicare dal<br />

sapore. Non era sufficiente per sostentarlo, ma sempre meglio che<br />

niente.<br />

Tornò al laboratorio e controllò il GPC. Lo schermo si stava<br />

riempiendo dei risultati. Riuscì a riconoscere gran parte dei gas, quelli<br />

comuni nel sangue che si era aspettato di trovare: H2O, O2. Poi<br />

trovò qualcosa che non riuscì a identificare. Quello era il momento<br />

per fare il detective.<br />

Sul computer vi erano migliaia di file di grafici. Qualunque cosa<br />

fosse quella sostanza, non si trovava normalmente nel sangue, quindi<br />

necessitava di una ulteriore indagine. Il Pentium continuò a cercare e<br />

nel frattempo Karl controllò l'HPLC. Il 90 per cento delle letture era<br />

stato eseguito. Nessuna sorpresa. Proprio nulla. Quella macchina<br />

non avrebbe identificato nessuna sostanza che non le venisse chiesto<br />

di identificare. Karl aveva chiesto di esaminare i livelli degli<br />

ingredienti noti del plasma, e questo aveva fatto. Tutto il resto era<br />

ammucchiato insieme come "altro". Lui avrebbe dovuto già sapere<br />

che cosa c'era nell'"altro" per ottenere da quella macchina una<br />

conferma o meno della sua esistenza.<br />

Quando tornò al GPC, ebbe lo shock più grande della sua vita: il<br />

plasma conteneva formaldeide. In abbondanza!


Karl tornò a casa e la prima cosa che riferì ad André, Carol e<br />

Michel fu di aver tracciato Gerlinde.<br />

«È un po' presto per preoccuparsi», disse Carol, benché la sua voce<br />

non trasmettesse affatto calma. Ma, data la situazione generale, era<br />

comprensibile che avesse quel tono.<br />

«David e Kathy potrebbero essere in viaggio», disse André.<br />

«Gerlinde ha chiamato dicendo loro che sarebbe venuta questa<br />

settimana. Se avevano in programma di stare via, lei non me l'ha<br />

detto». Karl guardò speranzoso André e Carol, ma loro non gli<br />

riferirono alcuna novità.<br />

Come per portare il discorso su un terreno più solido, André<br />

disse: «La notte scorsa, prima di dormire, e poi di nuovo quando mi<br />

sono svegliato stasera, ho assaggiato un po' del sangue, sia quello del<br />

Columbarium che tracce di quello rimasto sui suoi vestiti».<br />

«E?», disse Karl.<br />

«Si sente che era impaurita».<br />

Questo li fece ammutolire tutti finché Karl disse: «Hai scoperto<br />

qualcos'altro?»<br />

«Solo questo: Michel dice che Chloe non ha bevuto sangue la<br />

notte in cui è stata uccisa».<br />

«Spesso aspettava fin quasi all'alba», ricordò loro Carol, e André,<br />

che conosceva le abitudini di Chloe meglio di chiunque altro, annuì.<br />

«Ovviamente ho trovato Chloe: conosco la sua essenza. Ma non<br />

vi era nuovo sangue, il che conferma il fatto che non avesse bevuto<br />

l'altra notte. E nessuna traccia del sangue altrui; come hai suggerito<br />

tu, Karl, ho raccolto i campioni dalle ferite alla gola, ai gomiti e<br />

dietro le ginocchia, dove c'erano i segni dei morsi».<br />

Karl annuì. Se uno della loro razza avesse voluto bere da lei,<br />

l'avrebbe fatto dai punti più semplici, quelli meno sporchi, le vene o<br />

le arterie più grandi e accessibili.<br />

«Non c'era molto altro», disse André, «ma c'era un elemento che<br />

non mi spiego».


«Cosa intendi dire?»<br />

«Be', non si tratta di sangue mortale. Né di sangue filtrato dalla<br />

nostra razza. Non è neppure sangue».<br />

«Hai una sensazione riguardo cosa sia?»<br />

«Vorrei. Tutto quello che posso dirti è che ha una sorta di...<br />

personalità».<br />

«Personalità?». "Non cominciare a fare come se fossi David con<br />

me", pensò Karl, cercando di tenere a freno la sua impazienza. «Che<br />

cosa vorresti dire, André?». Il suo tono era più duro di quanto non<br />

avesse voluto, probabilmente perché era affamato e tutto questo<br />

parlare del sangue non faceva che alimentare il suo appetito.<br />

André s'irrigidì. «Se potessi essere più specifico, Karl, lo sarei. So<br />

soltanto che c'è qualcosa là dentro che non dovrebbe esserci. Ho<br />

liquefatto altri campioni. Forse tu potrai essere più preciso di me».<br />

Karl disse: «D'accordo. Ci proverò». Poi aggiunse: «Ho digiunato.<br />

Per tracciare Gerlinde. Sono affamato».<br />

André annuì e si rilassò. Si alzò, andò in cucina e tornò con due<br />

fiale, e una la porse a Karl.<br />

Questi sniffò dal campione il profumo del sangue. Lo portò alla<br />

bocca e lasciò che il liquido gli bagnasse appena le labbra. Se lo leccò<br />

via. Sangue stantio, come definivano tutto ciò che non provenisse da<br />

un essere umano vivo e vegeto. Il sangue rappreso e reso<br />

nuovamente liquido andava incontro a un naturale processo di<br />

degenerazione e gran parte della sua vitalità andava perduta. Oltre<br />

al fatto che quello era sangue che Chloe aveva ingerito ventiquattro<br />

ore prima della sua morte o più, facendone non solo una fonte<br />

secondaria, ma di terzo livello, e vecchia più di ventiquattro ore...<br />

Nonostante tutti questi fattori negativi, si trattava di un vino<br />

preziosamente invecchiato per un conoscitore, un fungo raro per un<br />

buongustaio. Anche la pienezza di quel minimo assaggio di vita<br />

riempì la bocca di Karl, la sua gola, scivolò giù nello stomaco e<br />

accese un fuoco appassionato che divampò in tutto il corpo. Un<br />

fuoco che aveva desiderato ardentemente e che lo lasciò debole pur<br />

accrescendo la sua forza. Era la sensazione più vicina a un orgasmo<br />

sessuale che Karl conosceva, ma, diversamente dall'orgasmo, il


sangue aveva un sapore sempre, sempre, sempre superbo.<br />

Soltanto il retrogusto tradiva il suo essere stantio, lasciandogli la<br />

bocca piena di qualcosa che si avvicinava a un sapore sgradevole.<br />

Ciononostante era un nutrimento, e questo superava tutto il resto, o<br />

normalmente l'avrebbe fatto. Perché André aveva ragione. C'era<br />

qualcos'altro in quel sangue. Qualcosa che non era proprio del<br />

sangue né di nessuno dei suoi derivati. E non aveva profumo. O<br />

sapore. Piuttosto aveva una consistenza, o un peso.<br />

Karl, come tutti gli altri, si era imbattuto nell'alcool di coloro dai<br />

quali aveva bevuto, e in droghe varie, tanto di strada quanto<br />

mediche. Questo dava più la sensazione di essere una droga, ma non<br />

era nulla di familiare. E, benché non avesse un vero e proprio<br />

sapore, lo colpì come fosse qualcosa di ripugnante.<br />

Alzò poi lo sguardo verso André, che disse: «Si tratta del sangue<br />

del Columbarium». Porse a Karl l'altra boccettina: quella col sangue<br />

dal corpo di Chloe.<br />

Karl annusò il contenuto: nessun odore tranne quello del sangue.<br />

Ma c'era qualcosa... tracce di qualcosa... Sollevò la fiala e ancora una<br />

volta si limitò a bagnare le labbra. Il sapore ricco, di una pienezza<br />

meravigliosa, poi il sollievo, come quello di un uomo assetato che<br />

beve dell'acqua. Il sangue gli parve simile a quello della prima<br />

boccetta, fino al retrogusto. E poi quell'elemento estraneo.<br />

«È un additivo particolare», disse André. «Come fosse<br />

farmaceutico, ma non lo è. O così mi sembra», disse André, sollevato<br />

e insieme incerto: la scienza non era il suo forte.<br />

Karl vedeva che André aveva dubitato di se stesso. L'essenza di<br />

Chloe per lui avrebbe coperto tutto il resto, e lui avrebbe potuto<br />

benissimo confondersi per quanto riguardava ciò che giaceva<br />

nascosto tra i corpuscoli.<br />

«Ho effettuato alcuni test al microscopio sulle cellule, e al<br />

laboratorio di medicina legale sul plasma, isolando gli elementi»,<br />

disse Karl.<br />

André annuì.<br />

«Sto pensando che l'assassino deve aver bevuto un po' da lei, dai<br />

punti dove abbiamo trovato i segni dei denti, da dove hai raccolto i


campioni, e ha infettato quei punti. Deve aver infettato quello che è<br />

fuoriuscito dalle sue arterie finendo sui muri e deve anche essere<br />

entrato nel suo flusso sanguigno circolando in tutto il corpo insieme<br />

al sangue in circa quattro minuti. Quello è il tempo normalmente<br />

necessario. Il sangue circola più in fretta, durante l'orgasmo, quando<br />

si è presi dal panico...».<br />

«Ho preso dei campioni da diverse ferite, e da diversi punti del<br />

Columbarium e li ho assaggiati tutti. Sono assolutamente uguali».<br />

Karl rimase in silenzio per un momento, chiedendosi cosa<br />

significasse quella strana faccenda. Pensò che avrebbe dovuto sapere<br />

come mettere in relazione tutto ciò, ma non era così. La<br />

comprensione andava al di là della sua consapevolezza. «Quello che<br />

ho scoperto nel laboratorio è che il sangue di Chloe contiene<br />

formaldeide», disse loro. «Immagino sia questo che sentiamo tu e io<br />

nel sangue. Dopo un po' la formaldeide perde la sua efficacia, quindi<br />

non possiamo sentirlo nei suoi campioni di sangue. E probabilmente<br />

non si tratterebbe che d'una minima traccia».<br />

«Da dove proviene?», chiese Michel.<br />

«Non riesco a stabilire se la formaldeide sia di un corpo vivo:<br />

parte del sangue deriva dai morsi. Potrebbe essere di un corpo<br />

morto, per quanto possa sembrare strano».<br />

«Cavolo, avevo ragione riguardo i morti che riprendono vita!».<br />

Karl ignorò quella affermazione. «Ritengo che non provenga da<br />

uno della nostra razza. Comunque non possiamo escludere nessuna<br />

possibilità. Dobbiamo tenere aperte tutte le opzioni».<br />

Carol, che era rimasta in silenzio per diverso tempo, disse a bassa<br />

voce: «Se non era qualcuno della nostra razza e non si è trattato di<br />

un mortale, allora potremmo trovarci ad affrontare qualcosa con cui<br />

non possiamo competere. Qualcosa che non possiamo sconfiggere».<br />

André si limitò a guardarla, come fece Karl. Non c'era nulla da<br />

dire. Per il momento. Tutti loro sapevano molto bene che<br />

qualunque cosa fosse accaduta a Chloe poteva succedere ancora, a<br />

chiunque di loro, in qualunque momento. E se la minaccia era<br />

davvero seria, non erano al sicuro neppure in gruppo.


CAPITOLO 6<br />

Gli altri cominciarono ad arrivare presto la sera successiva: Julien<br />

e Jeanette, con i loro figli Claude e Susan, apparvero subito dopo<br />

che si furono svegliati quelli della casa. Morianna giunse intorno alla<br />

mezzanotte, e Wing suonò il campanello mezz'ora dopo di lei. Si<br />

presentarono anche alcuni che Karl aveva conosciuto solo<br />

superficialmente quando si erano recati a Fire Island. Ben presto tutti<br />

i posti a sedere del salotto furono riempiti.<br />

Non c'erano messaggi in segreteria, tranne quello di Julien che li<br />

avvertiva dell'ora in cui lui e la sua famiglia avrebbero preso l'aereo<br />

per Montréal.<br />

Karl lasciò che André, Carol e Michel informassero Julien, e<br />

trascorse la prima parte della serata a tracciare ancora una volta<br />

Gerlinde. Aveva intenzione di digiunare di nuovo per tutta la notte<br />

in modo da seguire i suoi spostamenti. Scoprì, con suo grande<br />

sgomento, che era ancora in Germania, ancora lungo il Reno, ma un<br />

po' più a nord rispetto alla notte precedente. Adesso si trovava nella<br />

regione di Colonia. Questo gli diceva che si stava allontanando da<br />

Vienna, cosa che lo lasciò del tutto sconcertato.<br />

La sua preoccupazione principale era quella di contattare Gerlinde<br />

e farla arrivare a casa sana e salva. Ma non c'era nient'altro che<br />

potesse fare lì dove si trovava, per il momento. La sua seconda<br />

preoccupazione, molto vicina alla prima, era rivelare i risultati<br />

dell'analisi del sangue di Chloe agli altri della comunità, alcuni dei<br />

quali, come lui, avevano una spiccata attitudine per le scienze, in<br />

modo da avere qualche riscontro. C'erano molte vie d'indagine che<br />

potevano seguire, molte opzioni da approfondire.<br />

Intorno alle due del mattino era giunto un numero sufficiente di<br />

ospiti perché Karl sentisse di poter rivelare con prudenza quello che<br />

aveva scoperto senza doversi ripetere troppe volte. Ma i nuovi<br />

arrivati stavano ascoltando il resoconto dei fatti ed era giusto che<br />

tutti iniziassero dallo stesso punto, con le stesse informazioni, quindi<br />

attese. Era importante che tutti fossero insieme. L'energia collettiva<br />

che scaturiva dal far circolare quelle informazioni e le idee generate


da un gruppo avrebbero di certo prevalso sui confronti a due,<br />

benché si rendesse conto che molti preferivano un contatto più<br />

personale. La loro era una specie particolare. Era necessario del<br />

tempo per creare fiducia, e comunque non si trattava mai di una<br />

cosa certa.<br />

Era affamato. Carol e André distribuirono calici di sangue<br />

provenienti dalla dispensa della casa. Karl guardò quel liquido<br />

cremisi scintillare come tanti rubini all'interno dei bicchieri. Il sangue<br />

sembrava chiamarlo: il liquido perfetto. La bevanda più allettante di<br />

quello e di qualsiasi altro universo.<br />

Il suo stomaco si contorceva in maniera dolorosa per la fame.<br />

Allo stesso tempo, i suoi pensieri risuonavano nitidi come una<br />

campana di cristallo. La sua mente era affilata come una lama, il<br />

fisico era al culmine dei suoi poteri e ben in sintonia con i suoi sensi.<br />

Si sentiva anche eccitato, sul punto di scoprire qualcosa<br />

d'importante, e si aspettava, una volta rivelati i risultati dei test, di<br />

poter ottenere alcune risposte alla miriade di domande che<br />

sarebbero state formulate man mano che si radunavano quelli della<br />

sua razza. Se soltanto Gerlinde avesse telefonato, la sua eccitazione<br />

sarebbe stata incondizionata.<br />

Mentre finivano il racconto, Karl chiamò nuovamente a<br />

Manchester. David e Kathy non avevano ancora ricevuto il<br />

messaggio. Potevano essere insieme a Gerlinde.<br />

Gerlinde. Abbandonò il salotto e si diresse alla veranda sul retro<br />

della casa. La sera autunnale era fresca, ma la temperatura<br />

leggermente più alta del normale per quel periodo dell'anno. La<br />

dorsale alberata correva su per il fianco della montagna. Le foglie<br />

degli arbusti decidui avevano cambiato colore e stavano cadendo<br />

dai rami. Se avesse camminato attraverso quei boschi fitti, su per il<br />

Mont Royal così pieno di conifere - pini, cedri, betulle - fino alla<br />

sommità, per poi cominciare a discendere dall'altra parte, sarebbe<br />

arrivato fino al cimitero. E al Columbarium. Il luogo dove il tessuto<br />

del loro mondo era stato lacerato. Dove Chloe era stata assassinata.<br />

Cominciava davvero a preoccuparsi per Gerlinde. E per David e<br />

Kathy. Quello che era accaduto a Chloe poteva essere stato un<br />

incidente isolato, ma lui non ci credeva. E non lo pensava nessuno di


loro, questo era ovvio. Pur impiegando tutte le sue energie, non<br />

riusciva a trovare un motivo valido per cui Gerlinde dovesse essere<br />

in Germania.<br />

Che cosa stava facendo a Colonia? Erano stati là in visita insieme.<br />

La prima volta negli anni Sessanta, due anni dopo essersi incontrati<br />

ed essere andati in "vacanza", un breve viaggio per vedere se<br />

potevano realmente stare insieme e farcela in posti nuovi. Quello<br />

sarebbe stato un ingrediente essenziale per la loro relazione. Lui<br />

stava pensando di trasformarla.<br />

Ma si stavano ancora "frequentando", come diceva lei. Erano<br />

innamorati. Allora. Adesso.<br />

Era stato un periodo particolare a Berlino. Quella che gli<br />

americani avevano definito "l'era Beatnik" era terminata, e "l'era<br />

psichedelica" stava appena iniziando. Per un certo periodo i locali<br />

furono una mescolanza delle due cose. Restavano le pareti nere e i<br />

tavolini da caffè, ma non c'erano più bonghi che accompagnavano<br />

poesie sullo stile di quelle di Ginsberg. Il sound dei Doors turbinava<br />

nell'aria, accentuato dalle luci stroboscopiche e dalle stampe<br />

psichedeliche.<br />

Era tornato in Germania da New York nel 1958. Là le cose erano<br />

precipitate per lui, e anche per André e David. Non era Ariel il vero<br />

problema, almeno per quanto riguardava Karl: lei rifletteva<br />

semplicemente la solitudine, l'alienazione che lui già avvertiva.<br />

Tornare a casa sembrava la mossa giusta, benché Berlino fosse vicina<br />

quanto Karl voleva per andare nella città dove era nato.<br />

La vita notturna a Berlino scarseggiava. Uno dei suoi locali<br />

preferiti era il Klub Hole, un posto simile a una cava nello scantinato<br />

di un edificio andato in fiamme durante la guerra e ancora in attesa<br />

di essere demolito. Ci andava spesso, e non passò molto prima che<br />

diventasse un habitué di quella scena in evoluzione. Non passò<br />

neppure molto prima che conoscesse Gerlinde.<br />

Lei era piccola, esile, con capelli fiammeggianti ed enormi occhi<br />

castani che gli sembravano sul punto di diventare liquidi. Aveva<br />

poco più di vent'anni: fortunatamente Karl dimostrava l'età in cui<br />

era stato trasformato. Quello che era cominciato come un incontro<br />

occasionale, crebbe con naturalezza finché finirono per trascorrere


insieme tutto il loro tempo, almeno le ore notturne.<br />

Gerlinde lavorava come addetta alle vendite in un negozio di<br />

forniture d'arte. Dato che dipingeva, questo l'aiutava<br />

economicamente e la manteneva concentrata sul mondo che amava,<br />

il mondo dell'arte.<br />

Trovava il suo stile personale affascinante, e in grado di riflettere<br />

la sua indole artistica. Spesso indossava abiti dal taglio originale,<br />

molto audaci, in stile avantgarde, benché propendesse per il look<br />

"beat", che prediligeva principalmente il nero. Impreziosiva quello<br />

che aveva addosso con gioielli unici e sorprendenti. Ma fu la sua<br />

personalità a colpirlo maggiormente.<br />

Non era mai stato con una donna così genuinamente allegra.<br />

Adorava il modo in cui il suo animo sembrava muoversi alla velocità<br />

della luce, come una farfalla, sfiorando prima un fiore, poi un altro,<br />

più leggera dell'aria. Da lei scaturivano parole, commenti arguti, frasi<br />

piene di significato, in un modo che lui non era in grado di emulare.<br />

Era così fresca e viva ai suoi occhi, aperta a nuove esperienze, viveva<br />

la sua vita al massimo sotto tutti i punti di vista.<br />

Nell'arco dei quasi due anni in cui si erano frequentati, aveva<br />

preso il suo sangue di tanto in tanto, come parte dei preliminari<br />

durante i loro rapporti. Gerlinde lo definiva "perverso", e forse<br />

grazie alla sua natura artistica poteva accettare pacificamente quello<br />

che le persone normali non potevano. Era una sperimentatrice: non<br />

aveva mai conosciuto una femmina mortale come lei. Il periodo<br />

incoraggiava l'esplorazione, ciononostante gran parte delle donne si<br />

comportava in maniera ordinaria. E quelle che non erano così, di<br />

solito presentavano tali problemi emotivi che Karl se ne teneva alla<br />

larga per la sua stessa salute mentale.<br />

Una sera avevano fatto l'amore nell'eccentrico appartamento di<br />

quattro stanze di Gerlinde, dove l'arredamento pareva cambiare<br />

ogni volta che lui ci andava.<br />

Era arrivato subito dopo il tramonto. Lei lo aveva accolto sulla<br />

porta con un vestito striminzito che avrebbe indossato una donna<br />

delle caverne; un pezzo di tessuto avvolto intorno alla vita come<br />

una gonna corta, un foulard legato intorno al seno, un nastro al<br />

polso, tutto di pelle di leopardo. Gli si era strofinata addosso, e la


semplice sensazione della pelliccia lo aveva eccitato. Si era servita<br />

degli artigli dell'animale appesi intorno al collo per graffiargli<br />

leggermente il petto e gli aveva aperto la camicia.<br />

Una volta in camera da letto, aveva fissato una catena al nastro<br />

del polso, e gli aveva porto l'altra estremità, poi si era messa a<br />

quattro zampe sopra un tappeto di pelle d'orso cominciando a<br />

ringhiare. Lui aveva potuto solo ridere deliziato e fare l'amore con<br />

lei appassionatamente.<br />

Più tardi, quella sera, erano andati al Klub Hole ad ascoltare un<br />

gruppo inglese chiamato <strong>The</strong> Rolling Stones. Karl aveva già visto<br />

quella band: a loro piaceva suonare in piccoli locali, per avere un<br />

contatto diretto con il pubblico. Aveva la sensazione che sarebbero<br />

diventati famosi.<br />

Quando era terminato lo show, Gerlinde si era avvicinata e aveva<br />

gridato: «Vorrei che durasse per sempre!».<br />

In quel momento Karl era rimasto così sorpreso che aveva detto:<br />

«Potrebbe».<br />

«Come?»<br />

«Il sangue».<br />

«Ok, Nosferatu. Prendimi, sono tua!».<br />

Lo chiamava Nosferatu da quando aveva cominciato a prenderle<br />

il sangue. Ovviamente non aveva mai creduto che lui fosse un<br />

vampiro. Perché avrebbe dovuto? Era una cosa stravagante, e lui si<br />

affidava proprio a questo per difendersi.<br />

Ma adesso non desiderava farlo. Al contrario, voleva mostrare la<br />

sua anima a quella donna. Si era così affezionato a lei, no, non<br />

affezionato, si era innamorato di lei. L'idea che col tempo l'avrebbe<br />

persa, con la vecchiaia... non riusciva a sopportare quel pensiero.<br />

«Se lo vorrai, ti prenderò», aveva detto, così serio che la consueta<br />

vivacità di Gerlinde era cessata e lei era rimasta immobile come una<br />

lucertola. Guardò in profondità nei suoi occhi, come in cerca di<br />

qualcosa.<br />

«Non stai scherzando, vero?»<br />

«No».


Si limitò a fissarlo.<br />

«Io sono der vampire. Non come nei libri e nei film. Sono simile a<br />

un essere umano senza esserlo. Ho bisogno di sangue per<br />

sopravvivere, e posso muovermi soltanto nell'oscurità».<br />

«Tu... hai bevuto il mio sangue. Diventerò come te?»<br />

«No, a meno che tu non beva il mio. Da te ne ho preso soltanto<br />

una quantità minima. Non ho bevuto per sostentarmi, semmai per<br />

esaltare e prolungare il piacere del nostro fare l'amore».<br />

Lei si sedette intontita. Il gruppo tornò a suonare un'altra serie di<br />

canzoni, e loro ascoltarono la musica, ma Karl sapeva che Gerlinde<br />

era preoccupata come lui.<br />

Quando la band ebbe terminato, Gerlinde sembrava sconvolta.<br />

Voleva tornare a casa. Da sola. E lui la lasciò andare.<br />

Le settimane seguenti furono un inferno. Tornarono insieme e si<br />

lasciarono tante volte. Sapere che cosa era Karl e tollerarlo erano<br />

due cose differenti, e per lei era stato molto difficile accettare che il<br />

suo amato fosse immortale.<br />

Due settimane dopo erano di nuovo entrambi al Klub Hole. Lei<br />

aveva chiuso la loro relazione due notti prima, e stavolta a lui<br />

sembrava quella definitiva. Karl era sul punto di accettare il fatto che<br />

lei non sarebbe mai stata sua, che presto avrebbe dovuto<br />

abbandonare Berlino. Non riusciva a sopportare l'idea di vederla,<br />

sapendo che avrebbe potuto essere sua ma non lo sarebbe stata. Il<br />

suo stile di vita non era mai stato quello di chi sperimenta. Era<br />

monogamo per natura, e aveva bisogno della stabilità di una<br />

relazione per trovare un equilibrio. Ora che aveva trovato una<br />

donna con la quale voleva stare, sapeva che senza di lei sarebbe<br />

stato un inferno, e restare in quel posto avrebbe peggiorato le cose.<br />

Si intravidero in mezzo a quella folla. Lei andò da lui. «Parliamo».<br />

Si sedettero in una piccola nicchia, buia e tranquilla per quanto<br />

possibile.<br />

«D'accordo», disse lei.<br />

«D'accordo cosa?»<br />

«Fallo. Voglio stare con te».


Lui si appoggiò allo schienale, esitante. «Ci sono delle cose che<br />

devi sapere in modo che la tua decisione sia ben cosciente».<br />

«Tipo?»<br />

«I lati negativi. Niente famiglia, niente amici. Un mondo di<br />

oscurità. Il sangue sarà il tuo unico cibo».<br />

«E ci saranno anche dei vantaggi, o mi stai offrendo un inferno a<br />

tutto andare?».<br />

Karl accennò un sorriso: lei aveva un modo di sdrammatizzare le<br />

cose che adorava. «Be', le sensazioni sono più intense, come la forza.<br />

Mi piace pensare che queste cose pesino più di quello che ho<br />

perduto».<br />

«È reversibile?»<br />

«No».<br />

«E riguardo la faccenda del paletto nel cuore? Sembra un modo<br />

sgradevole di uscirne».<br />

«Be', non lo so per certo, ma suppongo che possa ucciderci. Può<br />

uccidere te per come sei adesso».<br />

«Già, ma non c'è nessuno che mi dà la caccia con un paletto. E a<br />

te?»<br />

«Nessuno, che io sappia».<br />

«Questo è un sollievo. Dunque, immagino che la luce del sole non<br />

sia una cosa positiva. Serve a qualcosa la crema solare?».<br />

Lui scosse la testa.<br />

«E l'aglio, le croci...».<br />

«Mi hai visto con i tuoi occhi entrare in una chiesa insieme a te».<br />

«Già, me n'ero dimenticata. Non che io vada in chiesa, ma è bello<br />

averne la possibilità. Specialmente se qualcuno con un paletto ti sta<br />

inseguendo».<br />

«L'aglio e tutte le altre cose, sono tutte leggende. Sostanzialmente<br />

si tratta della notte e del sangue. E questo significa uno stile di vita<br />

che non è normale».<br />

«Non è che io sia proprio normale anche adesso. Non è una cosa


che mi farà diventare pazza, vero? Intendo dire, vorrò trasferirmi in<br />

periferia e avere figli o roba del genere?»<br />

«È possibile. Non so come reagirai. Non ho mai creato nessuno<br />

prima».<br />

«Sei certo di poterlo fare, vero? Voglio dire, non finirò come una<br />

specie di spirito o qualcosa che si aggira per i cimiteri e le discariche?»<br />

«Spero di no».<br />

«Ma potrei morire».<br />

«Non credo sia probabile».<br />

«Nessuna garanzia: soddisfatti o rimborsati?».<br />

Lui non disse nulla.<br />

«D'accordo, facciamolo. Chi non scommette non vince. O perde,<br />

ma chi è che ragiona da pessimista? Dov'è quel libro di Norman<br />

Vincent Peal quando serve?».<br />

Ovviamente Karl aveva dei timori. E se non ci fosse riuscito?<br />

André ci aveva provato. E aveva fallito. Ma non era quello, non<br />

proprio. Piuttosto si preoccupava che le cose sarebbero state diverse,<br />

che lui e Gerlinde non avrebbero voluto, o potuto, essere così vicini.<br />

Potevano diventare concorrenti: non era una cosa inverosimile. E<br />

con i suoi nuovi poteri di seduzione, lei avrebbe potuto decidere che<br />

la vita soltanto con lui sarebbe stata troppo noiosa, anche se lo<br />

aveva negato.<br />

Aveva cercato di essere onesto con lei su tutto. Specialmente<br />

questo: per ogni trasformazione riuscita di cui sapesse, c'era almeno<br />

un tentativo fallito.<br />

«Ascolta», disse lei con un sospiro stanco, «possiamo azzuffarci,<br />

morderci le unghie fino alla pelle, tirarci per i capelli ma sai qual è il<br />

punto? Credo che dovremmo andarcene in vacanza, tanto per<br />

vedere se possiamo davvero resistere e restare insieme in posti<br />

nuovi. Ehi, ho sempre desiderato vedere quella enorme cattedrale a<br />

Colonia! Ti va di andarci?».<br />

Arrivarono a Colonia di sera tardi. Lei andò alla cattedrale il<br />

giorno seguente in piena luce, da sola. La raggiunse subito dopo il<br />

tramonto.


La storia della diocesi di Colonia risaliva al quarto secolo, benché<br />

l'esterno non fosse stato ideato fino all'anno 1020 e la costruzione<br />

non fosse in realtà iniziata fino al 1248. Erano serviti sei secoli per<br />

completare quel capolavoro gotico. Karl aveva già visitato la<br />

cattedrale, ma con lei al suo fianco vedeva l'immensa struttura con<br />

occhi nuovi. Non la vedeva più solo tramite i suoi, ma anche con<br />

quelli di lei: un concetto artistico per completare la sua prospettiva<br />

più pratica e scientifica.<br />

Rimasero davanti a quelle enormi porte a fissare in alto le due<br />

guglie più elevate che perforavano il cielo. In silenzio, lei prese la<br />

fredda mano di Karl nella sua calda, e lui si girò per osservare il suo<br />

profilo. Così sorprendente.<br />

«Lo voglio», disse Gerlinde, i suoi occhi tanto chiari. Era seria.<br />

«Voglio essere come te, Karl, e voglio essere tua».<br />

Quell'immagine del suo volto e un'altra istantanea di quella stessa<br />

sera che conservava nella memoria, quando l'aveva convinta,<br />

sarebbero rimaste impresse nella sua anima per sempre.<br />

Allora lei era ancora umana, ma i segni sulla sua gola erano la<br />

prova che gli apparteneva. Vederla, così schietta e vulnerabile, il suo<br />

giovane profilo reso più vivo dalla maestosità di quell'edificio, così<br />

stupefatta dal potere che questo rappresentava, quell'espressione lo<br />

fece sentire come un predatore che conduce l'agnello al mattatoio.<br />

Non aveva mai trasformato nessuno, e non lo fece più. Era nervoso<br />

riguardo il procedimento. I suoi dubbi di tanto in tanto lo avevano<br />

allontanato da lei, ma il suo desiderio l'aveva riportato indietro. E<br />

quella notte il desiderio aveva vinto.<br />

Alloggiavano in un piccolo hotel non lontano dalla cattedrale,<br />

sulla strada con la scultura in bronzo degli strani cherubini: la loro<br />

stanza si affacciava sul Reno.<br />

«Ti senti a tuo agio?», chiese lui.<br />

«Certo! Sono sempre a mio agio con te».<br />

Gli sorrise sul letto, fiduciosa: i suoi capelli rossi e corti cingevano<br />

quei tratti dolci e vivaci. Anche quella cosa soltanto era in grado di<br />

accendere la passione di Karl.<br />

Fece l'amore con Gerlinde come se fosse la loro "prima notte di


nozze", come l'aveva definita lei. Non era mai stata tanto sensibile<br />

con lui, fisicamente, emotivamente, con tutto il suo essere. Quando<br />

la penetrò nell'atto sessuale i suoi denti fecero lo stesso con la gola,<br />

riaprendo le ferite che aveva fatto nei due anni passati e dalle quali<br />

aveva bevuto da lei.<br />

Il corpo di Gerlinde incontrò quello di Karl, scosso dai brividi. Lui<br />

la afferrò con vigore e la strinse a sé, e questo la fece gemere<br />

delicatamente.<br />

«Ti amo tanto!», le sussurrò.<br />

C'erano modi diversi di prendere il sangue, e lui avrebbe potuto<br />

farlo rapidamente, ma decise di assaporarlo come lei gli aveva<br />

chiesto di fare, prendendolo piano. Gerlinde era un'artista, sempre in<br />

cerca di nuove esperienze. Non voleva negarle questo. La sua<br />

trasformazione era stata così brutale: non poteva dire quale fosse il<br />

valore di quel processo perché non lo sapeva. All'epoca Karl si era<br />

reso conto dell'oscurità che lo inghiottiva, di un dolore acuto e<br />

consistente, di morire e rivivere, sentendosi brutalizzato, il tutto in<br />

meno di due minuti.<br />

La notte in cui aveva portato Gerlinde dall'altra parte, l'aveva<br />

nutrita col proprio sangue dal polso. Prima uno e poi l'altra, l'aveva<br />

nutrita e si era nutrito da lei, piano, per tutte le ore di oscurità. Il<br />

processo era stato talmente lento che il corpo di Gerlinde aveva già<br />

cominciato a produrre linfociti in gran quantità per combattere<br />

quella presenza estranea. Lei non si era lamentata o scostata neppure<br />

una volta. Era rimasto sbalordito.<br />

Per tutto il tempo, era rimasta ferma come la cattedrale, decisa<br />

nel suo intento di stare insieme a lui, di essere come lui, di amarlo<br />

per sempre, come avevano detto a quel tempo, nel primo rigoglio<br />

del loro amore. E a un certo punto, quando lui aveva avuto<br />

un'esitazione, impercettibile, dentro di sé, la sensibilità di Gerlinde<br />

aveva ravvisato quel cambiamento. L'aveva fissato con uno sguardo<br />

delicato e pieno d'amore dicendo: «La cattedrale che abbiamo visto,<br />

sono serviti secoli perché diventasse quello che è. Col tempo potrà<br />

solo migliorare».<br />

"Per sempre", questo lo sapeva per esperienza, cambia il concetto<br />

di tempo. Entrambi erano arrivati a comprenderlo. Ciononostante


tutti i decenni che erano trascorsi non avevano affievolito il<br />

sentimento che provavano l'uno per l'altra. Malgrado tutte le<br />

diversità, erano ancora innamorati, e l'attrazione non era venuta<br />

meno. E questo lo sorprendeva più d'ogni altra cosa.<br />

Karl sapeva che la sua forte personalità, la precisione matematica<br />

del suo modo di pensare, avrebbe allontanato molte donne. Ma<br />

ecco Gerlinde, il suo esatto opposto, e forse proprio a causa di<br />

quella contrapposizione, così simile a quella di polarità negativa e<br />

positiva, il loro legame teneva. Lei era un'artista che percepiva il<br />

mondo a livello concettuale, in termini di luce e ombra, colore,<br />

contrasto, forma e apparenza... in modo così diverso da come lui<br />

vedeva le cose. Non aveva mai notato quello che vedeva lei. La sua<br />

prospettiva riguardava più come erano sistemate le cose, la natura<br />

dei materiali utilizzati, e come questi materiali fossero riarrangiati in<br />

quella forma. Era il primo a restare sorpreso dal fatto che la sua<br />

serietà, la sua propensione verso la pura ragione non fosse mai stata<br />

diluita dalla fantasia di lei, bensì espansa. In un certo senso, lei gli<br />

permetteva di distinguere cosa valeva da cosa no, e di dare un<br />

significato più profondo all'esistenza.<br />

Quella notte a Colonia, prima che la trasformasse, mentre<br />

fissavano quella gigantesca struttura che sconcertava entrambi, Karl<br />

riusciva a capire bene come i concetti opposti quali ragionamento e<br />

intuizione, paradiso e inferno, dovessero necessariamente fondersi<br />

per creare un elemento interamente nuovo. Un elemento stabile, che<br />

avrebbe fatto progredire l'evoluzione.<br />

Gerlinde aveva osservato dolcemente: «È come se fossimo delle<br />

semplici api. Ma siamo talmente impegnati a fare il miele nei nostri<br />

piccoli alveari, pensando che questo sia tutto, ignari del grande<br />

schema. Siamo così piccoli nell'universo. Potremmo essere schiacciati<br />

in qualunque momento».<br />

«Questo se ci fosse un essere in grado di schiacciarci», aveva detto<br />

Karl, toccato dalla vulnerabilità di lei. Era stata una delle poche volte<br />

in cui l'aveva vista così pensierosa.<br />

All'improvviso, si era girata e gli aveva sorriso con quel suo<br />

sorriso birichino, quello che le faceva scintillare gli occhi come<br />

diamanti castani e incurvare ancor di più le labbra per loro natura


già rivolte all'insù. L'effetto era quello della luce che si riversa fuori<br />

da qualcosa di traslucido, e tramite lei fu in grado di comprendere la<br />

natura dell'anima.<br />

«Certe volte», disse lei ridendo, «il divino ha un macabro senso<br />

dell'umorismo. Questa chiesa potrebbe crollarci addosso in questo<br />

istante. Il piccolo tiro mancino di Dio».<br />

Appena prima dell'alba, quando il processo era quasi completato,<br />

lui prese il sangue che le restava. Vederla immobile, fredda e senza<br />

vita lo sconvolse. Più di quanto si era aspettato. Si ricordò quella<br />

battuta sul "piccolo tiro mancino di Dio": il terrore serpeggiò in lui.<br />

Avrebbe dovuto attendere che lei cominciasse a riprendere vita da<br />

sola, ma non poteva aspettare. La sera seguente la riportò in vita,<br />

alla vecchia maniera. Chiamandola a nuova vita. Il sollievo che lo<br />

pervase quando lei riaprì gli occhi, portò lacrime tinte di rosa nei<br />

suoi. E in quel momento comprese che "per sempre" era l'espressione<br />

giusta. Sarebbero rimasti insieme per sempre.<br />

Avevano visitato Colonia un'altra volta, per un giorno soltanto,<br />

diretti a Bonn, più a nord. Era stato quando Michel era un neonato,<br />

ed erano fuggiti dalla casa di Bordeaux per proteggerlo. In quel<br />

viaggio, Gerlinde aveva trovato una cartolina della cattedrale dritta<br />

in mezzo alle macerie lasciate dalle bombe che erano state sganciate<br />

alla fine della seconda guerra mondiale. Lei adorava quella cartolina.<br />

L'aveva attaccata sulla parete che dava a ovest dello studio, dove<br />

aveva realizzato un collage. La foto in bianco e nero era proprio al<br />

centro di quel collage. Mostrava la cattedrale e la zona circostante:<br />

tutti gli edifici erano andati distrutti, tutti tranne la chiesa.<br />

Karl, in seguito, scoprì che gli Alleati avevano ricevuto istruzioni<br />

di lasciare intatta la cattedrale, se possibile: la chiesa era rinomata in<br />

tutto il mondo, un capolavoro d'architettura. Si era domandato se<br />

erano state date simili direttive riguardo qualcuno dei templi più<br />

antichi quando era stato bombardato il Giappone. Ovviamente,<br />

quelle due guerre riguardavano decisamente un'altra epoca. Pensò<br />

ad alcune delle guerre combattute da allora, e la distruzione di<br />

massa, anonima, che gli esseri umani erano giunti ad accettare come<br />

normale. «Bombe intelligenti sganciate da persone stupide», aveva<br />

detto una volta Gerlinde.


Ma a Gerlinde, tranne per la cattedrale, Colonia non piaceva<br />

molto. A dire il vero non le piaceva la Germania, per la gran parte,<br />

benché vi fosse nata, come Karl. I cinque anni in cui erano rimasti<br />

nascosti a Bonn non l'avevano esattamente depressa, ma il suo<br />

spirito gaio si era affievolito. A quel tempo Michel era l'unica fonte<br />

di gioia per tutti loro. Quell'essere eccezionale che dava loro<br />

speranza e rappresentava una possibilità. Il ragazzo aveva avuto così<br />

tanti genitori amorevoli, ma nessuno lo amava più di Gerlinde.<br />

Karl si sforzò di riacquistare il sangue freddo. Non vi era<br />

assolutamente nessun motivo perché Gerlinde fosse in Germania.<br />

Si diresse al piano inferiore, dove i fatti venivano continuamente<br />

riesaminati e a Michel venivano poste più volte le stesse domande,<br />

fra cui perché non avesse sentito l'odore del sangue nel<br />

Columbarium. Sembrava che la causa fosse quel profumo<br />

opprimente di fluido per l'imbalsamazione.<br />

Karl si sedette di fianco a Morianna e disse: «Gerlinde non ci ha<br />

ancora contattato. E non ha neppure lasciato un messaggio nella<br />

segreteria di Julien: gliel'ho chiesto, e ha appena chiamato la sua<br />

segreteria per controllare».<br />

«Questo non è del tutto confortante», disse lei. «Ad ogni modo,<br />

potrebbe esserci una spiegazione ragionevole. E il fatto che David e<br />

Kathy a quanto sembra non sono a Manchester, dimostra che i tre<br />

stanno viaggiando insieme».<br />

Karl sapeva che lei stava facendo uno sforzo per calmarlo e<br />

apprezzava il gesto.<br />

«Dobbiamo ancora avere notizie da alcuni degli altri», disse<br />

Morianna. Quella donna eccezionale trasmetteva la saggezza di<br />

secoli. Nei suoi occhi viola a mandorla era saldamente impressa una<br />

conoscenza profonda, traspariva dal suo portamento regale che<br />

imponeva rispetto. Sembrava eurasiatica, ma le sue origini erano un<br />

mistero; Karl pensava che non avrebbe mai conosciuto la sua storia.<br />

Come in tutte le altre occasioni in cui l'aveva incontrata, Morianna<br />

indossava un elegante abito a più strati che ricadeva sulla sua esile<br />

figura. Gerlinde aveva detto di lei che era «la donna più femminile<br />

che abbia mai incontrato, e pensare che è un vampiro!». Julien forse<br />

era il più anziano della loro cerchia, ma Morianna non era molto più


giovane.<br />

E neppure Wing, che una volta aveva detto a Karl di esistere da<br />

più di tre secoli. Wing proveniva da un'epoca in cui era la parola<br />

imperscrutabile a descrivere il cinese. Ovviamente adesso non era<br />

più così, specialmente da quando McLuhan aveva mostrato come il<br />

"villaggio globale" fosse divenuto una realtà attraverso i media.<br />

Prima l'esplosione dei media e della comunicazione, e in tempi più<br />

recenti la Cina - grazie a Hong Kong - una terra chiusa in se stessa<br />

per un millennio, si era aperta all'influenza del resto del mondo.<br />

Non si trattava di cambiamenti semplici da accettare per Wing,<br />

riservato per natura. Aveva l'aspetto tipico dell'antico Oriente e ne<br />

vestiva i panni: piccolo, tarchiato, quasi calvo, i suoi occhi neri<br />

troppo intensi per essere decifrabili; teneva la sua perspicacia stretta<br />

nel petto e non era facile vagliarlo. In verità tutti gli anziani erano<br />

difficili da valutare. Certe volte avevano la tendenza a diventare<br />

inerti come lucertole, specialmente quando si dovevano prendere<br />

delle decisioni. I loro tratti sembravano appiattirsi fino a farli<br />

apparire quasi come intarsi bidimensionali nella pietra. Sembravano<br />

opere d'arte, né attive, né reattive, e quando alla fine si muovevano<br />

o parlavano, esigevano attenzione.<br />

Morianna disse che lei, Julien e Wing avevano cercato di<br />

contattare molti degli altri invano. «Mancano ancora quattro<br />

all'appello, una dei quali è Kaellie».<br />

Un'altra anziana. Karl si sentì molto a disagio a quella notizia.<br />

«Gertig non è stato ancora in grado di contattare nemmeno lei.<br />

Come sapete, non è facile da localizzare. Nessuno qui ha condiviso il<br />

suo sangue, solo Gertig. L'ha tracciata e adesso è in viaggio verso una<br />

destinazione segreta che conoscono solo loro. Prima dell'alba,<br />

speriamo di avere loro notizie».<br />

«Ci sono anche David e Kathy. E Gerlinde», le ricordò Karl. «In<br />

tutto ne mancano sette».<br />

Lo sguardo di Morianna lo zittì. Sapeva che lei comprendeva le<br />

sue preoccupazioni.<br />

«Dicci nuovamente dei tuoi sforzi», disse lei, a beneficio dei nuovi<br />

arrivati.


Karl aveva appena iniziato a discutere delle sue telefonate, del<br />

tracciare Gerlinde, nella speranza di discutere poi i risultati delle<br />

analisi del sangue, quando suonò il campanello della porta. Carol<br />

andò a rispondere e tornò dopo un istante con David e Kathy.<br />

Karl sollevato si precipitò ad abbracciarli. André, Carol e Michel<br />

provarono lo stesso sollievo, e presto furono tutti riuniti sulla soglia<br />

del salotto, mentre Karl faceva loro domande a raffica.<br />

David disse: «Abbiamo ricevuto il tuo messaggio stasera. Come<br />

sai, eravamo comunque diretti qui».<br />

«Diretti qui?», disse Karl. «Come sapevate di dover venire?»<br />

Tanto David quanto Kathy rimasero un istante in silenzio,<br />

guardandosi l'un l'altra, poi Kathy disse: «Be', Gerlinde ci ha detto di<br />

venire qui. Ha detto che voi tutti stavate aspettando».<br />

«Quando avete visto Gerlinde?», chiese con ansia Karl.<br />

«Non l'abbiamo vista», disse David, «ma ci ha contattato, quando?<br />

Tre sere fa?». Guardò Kathy in cerca di conferma, e lei annuì.<br />

«È la notte in cui è partita», disse Karl. «La notte in cui è morta<br />

Chloe».<br />

«Cosa?», gridò David e Kathy ansimò. «Chloe è morta?».<br />

David si girò verso André che fino a quel momento aveva retto<br />

abbastanza bene. Improvvisamente, come Karl immaginava, André<br />

ebbe un crollo.<br />

Nella stanza seguì il caos generale. David, Carol e Michel<br />

confortarono André che non riusciva a smettere di piangere. André<br />

di rado perdeva il controllo. In tutti i decenni da quando si<br />

conoscevano, quella poteva essere soltanto la terza volta in cui Karl<br />

vedeva emergere da lui le emozioni più delicate. La sua forza era<br />

nella rabbia, ma quella era anche la sua debolezza. Sotto la superficie<br />

giacevano emozioni che facevano di lui forse il più vulnerabile della<br />

loro razza. Come molti altri, André a modo suo rappresentava un<br />

enigma.<br />

La stanza era in preda al caos, tutti si agitavano e André era il<br />

fulcro di tutto. Kathy però prese da parte Karl. «Non sapevamo di<br />

Chloe», disse con voce tremante. «È terribile. Chloe era così amabile.


Non la conoscevo molto bene, ma mi ricordava una donna di New<br />

York, Mae. Mi piaceva davvero Chloe. Com'è morta?»<br />

«Te lo dirò tra un minuto», disse Karl, più che frustrato. Aveva<br />

bisogno di risposte e ne aveva bisogno subito. «Prima dimmi della<br />

tua conversazione con Gerlinde. È fondamentale che io sappia cosa<br />

ha detto. Hai parlato con lei o è stato David?»<br />

«Entrambi».<br />

«Eravate a Manchester?»<br />

«Sì».<br />

«Da dove ha detto di chiamare Gerlinde?»<br />

«Uh, non lo so, ma credevo da qui. Ha detto che sarebbe partita<br />

quella notte per andare a casa di Julien».<br />

«Cos'altro ti ha detto?»<br />

«È tutto, più o meno. Ha detto che forse non si sarebbe fermata a<br />

Manchester - avrebbe voluto - ma probabilmente non ci sarebbe<br />

stato il tempo. Aveva fretta. Era dispiaciuta di non vederci. Poi ha<br />

parlato con David, riguardo il venire qui».<br />

André era seduto su una sedia, con la testa tra le mani,<br />

singhiozzante. Michel e Carol sedevano di fianco a lui, e Morianna<br />

era in piedi davanti, con la mano sopra la sua testa. Karl vide che al<br />

momento David era libero e gli fece cenno di avvicinarsi e, benché<br />

scioccato dalle notizie, l'altro rispose alle domande.<br />

«Ci ha detto che saremmo dovuti venire qui stasera. Ha detto che<br />

era importante, si trattava di un segreto e non poteva dirmi perché,<br />

che non dovevamo provare a contattarti o avremmo rovinato la<br />

sorpresa».<br />

«Non hai pensato fosse strano?», chiese Karl.<br />

«Sì e no. Certe volte Gerlinde è abbastanza curiosa, e pensavo di<br />

dovermi aspettare una sorta di festa a sorpresa. Il tuo compleanno.<br />

Oppure un anniversario o roba del genere. Comunque non ero<br />

eccessivamente preoccupato».<br />

Sembrava una cosa da Gerlinde, ma non proprio. Karl si ricordò<br />

all'improvviso di un anniversario, il loro anniversario, di quando


aveva portato Gerlinde in quella vita.<br />

«Quando le hai parlato», chiese a David, «ti sembrava in qualche<br />

modo nervosa?»<br />

«No, non proprio. Era come sempre. Perché?»<br />

«Non le è accaduto nulla, vero?», chiese Kathy, scossa. Lei e<br />

Gerlinde avevano all'incirca la stessa età, per lo meno quando<br />

entrambe erano state mortali, benché Gerlinde fosse in vita da<br />

mezzo secolo mentre Kathy era stata trasformata solo alcuni anni<br />

prima. Lo spirito di Gerlinde più lieve dell'aria ben si accordava con<br />

l'aggressività spontanea da giungla urbana di Kathy, e le due erano<br />

diventate buone amiche in fretta. Gerlinde ci scherzava su dicendo<br />

che erano "fidanzate".<br />

«Non lo so, Kathy», dovette ammettere Karl. «Tutto quello che<br />

posso dirti è che non so perché vi abbia detto di venire qui. E lei non<br />

è mai arrivata a casa di Julien. L'ho tracciata e ho scoperto che si<br />

trova in Germania».<br />

«In Germania?», disse David.<br />

«Sì, e la cosa non ha alcun senso. Ma non ha senso neanche che vi<br />

abbia detto di venire qui».<br />

«Temo che abbia perfettamente senso», disse Wing, e Karl si girò<br />

trovandosi alle spalle sia lui che Morianna, come due immensi<br />

doccioni, pieni dei segreti del tempo. Segreti che avevano racimolato<br />

muovendosi tra i vivi e i non morti, studiando i loro movimenti.<br />

Segreti che non avrebbero voluto o potuto rivelare. E se lo sguardo<br />

sui loro volti poteva essere in qualche modo interpretato, Karl<br />

avrebbe dovuto chiamare quello sguardo di cattivo auspicio.<br />

Morianna disse con un tono di voce che esigeva attenzione: «È<br />

meglio se ci raduniamo tutti e condividiamo le nostre informazioni».<br />

Cominciarono a sedersi sui divani e sulle poltrone, altri sul<br />

tappeto orientale in terra, di fronte al grande tavolino da caffè<br />

rotondo con al centro la scultura nera di una sirena e di un delfino,<br />

legandosi pian piano tra loro come si sarebbe stretta una comunità<br />

addolorata fino a diventare una cosa sola. Karl, durante la sua<br />

esistenza mortale, era stato a dei funerali. I suoi ricordi di quelle<br />

circostanze dolorose lo facevano identificare maggiormente con


Michel, Claude e Susan piuttosto che con gli "adulti" in quella stanza<br />

di esseri senza tempo. Fu soltanto il suo stretto e lungo contatto con<br />

Chloe, una donna che conosceva da quasi cinquant'anni, da quando<br />

lui, André e David si erano incontrati, che riportò la realtà di tutta<br />

quella casa in lui in un modo tutto personale.<br />

Chloe era stata uno spirito gentile e generoso, educativo, esperta<br />

delle cose della natura, una donna che era sempre stata vicina a lui,<br />

ai suoi amici, così tante volte. Era stata d'aiuto nel costruire quel<br />

legame che faceva di loro non soltanto dei predatori, gelosi l'uno del<br />

cibo dell'altro, pronti in ogni momento a insidiare, danneggiare e<br />

tradire chiunque per istinto. Era stata una delle prime a incorporare<br />

sia i loro istinti più elevati che quelli basilari, dando a tutto un senso<br />

in una maniera che avrebbe reso possibile creare una comunità,<br />

qualcosa che loro tutti desideravano, preservando la loro<br />

autonomia. Una situazione che quel cambiamento era parso negare<br />

loro.<br />

E benché Karl si rendesse conto di tutti i notevoli risultati ottenuti<br />

da quella donna adorabile della loro razza, si rendeva conto di<br />

conoscerla appena. Chloe non era approdata a quella vita da molto<br />

tempo più di lui. Ma sembrava essersi trasformata da anziana, ed era<br />

qualcosa di più della semplice età cronologica in cui era passata<br />

all'altra vita. Qualcosa nella sua natura la rendeva simile agli anziani.<br />

Non possedeva i loro poteri, ma non era neppure "giovane" come<br />

gli altri, lui incluso.<br />

«Siamo qui per condividere un momento triste», disse Morianna.<br />

«E nello stesso tempo, dobbiamo guardare oltre la nostra tristezza,<br />

poiché siamo tutti in pericolo». Non ebbe bisogno di dare<br />

spiegazioni. Ciascuno di loro comprendeva le implicazioni di<br />

quell'omicidio.<br />

«Prima di procedere, dobbiamo ancora una volta ripercorrere<br />

quello che accaduto fino a questo momento. In tal modo, avremo<br />

una forza collettiva che deriva dalla conoscenza».<br />

«Ed è soltanto la conoscenza che salverà noi tutti», aggiunse<br />

Julien.<br />

Wing disse: «Se c'è salvezza possibile», lasciando tutti a riflettere su<br />

quello che stessero pensando gli anziani, e che, col tempo senza


dubbio, sarebbe stato rivelato.<br />

David e Kathy furono messi al corrente e riferirono le<br />

informazioni in loro possesso, ovvero quello che avevano già riferito<br />

a Karl.<br />

Alla fine Karl ebbe l'opportunità di dire quello che sapeva,<br />

riguardo il tracciare Gerlinde, la sua avversione per la Germania, e<br />

infine l'analisi del sangue di Chloe.<br />

«Sono riuscito a isolare l'elemento estraneo nel sangue di Chloe.<br />

Questo spiega una cosa, e solleva un gran numero di nuove<br />

questioni. Fluido per l'imbalsamazione».<br />

«Hai trovato... fluido per l'imbalsamazione? In entrambi i<br />

campioni?», chiese Jeanette.<br />

«Sì. Come potete capire, si tratta di quantità minime».<br />

«Intendi dire formaldeide?», chiese David.<br />

«Sì, per lo più».<br />

«Ma la formaldeide è un gas, no? Non può essere finito nel suo<br />

sangue sotto forma di vapore?»<br />

«La formaldeide è un gas, ma questo è in forma liquida, ed è<br />

qualcosa di più della formaldeide, è fluido per l'imbalsamazione».<br />

«Fammi capire bene, Karl, se non ti dispiace», disse Jeanette. «Stai<br />

dicendo che hai trovato tracce di fluido per l'imbalsamazione nel<br />

sangue di Chloe?»<br />

«Sì».<br />

«Di cosa è composto esattamente il fluido per l'imbalsamazione?»<br />

«Il termine ufficiale per quello che viene iniettato nelle vene di un<br />

cadavere mentre si aspira il sangue è formalina. È composta per un<br />

30-40 per cento da formaldeide pura, circa il 20 per cento da alcool<br />

metilico - un'altra versione della formaldeide - e forse un altro 20<br />

per cento di metanolo - un'altra formaldeide. Il resto è acqua,<br />

tintura, stabilizzanti, e certe volte aggiungono essenze, dato che la<br />

formaldeide ha un odore estremamente pungente».<br />

Vi fu una breve pausa, poi Julien chiese: «Hai un'ipotesi su come<br />

questo fluido sia stato mescolato al suo sangue?».


Karl ci aveva riflettuto parecchio. «Una possibilità è che Chloe<br />

abbia... interagito con uno o più dei cadaveri del Columbarium».<br />

«Interagito?», ripeté André.<br />

«Michel ha accennato all'intensità dell'odore quando è entrato nel<br />

Columbarium».<br />

«Sì, ma quando abbiamo raggiunto l'ingresso del Columbarium la<br />

sera dopo siamo stati prima sopraffatti dall'odore del sangue, poi da<br />

quello della formaldeide», gli ricordò André.<br />

«La formaldeide ha un odore molto forte, ma si dissipa<br />

rapidamente se esposta all'aria. Ventiquattr'ore sarebbero state un<br />

tempo sufficiente perché buona parte dell'odore evaporasse».<br />

Karl sentiva il disagio all'interno di quella stanza. Aveva paura di<br />

dire quello che c'era davvero nella sua testa, ma Julien lo disse per<br />

lui.<br />

«La tua sensazione è che Chloe, per qualche ragione, abbia aperto<br />

una o più tombe - magari un cadavere recente, interrato da poco -<br />

e... abbia consumato questo fluido?»<br />

«Non consumato, no. È finito direttamente nelle sue vene mentre<br />

veniva tolto il sangue. Come sapete, normalmente assumiamo il<br />

sangue come i mortali fanno con il cibo, per mezzo dello stomaco.<br />

Ma per noi non c'è un complicato processo digestivo, e arriva alle<br />

nostre vene molto rapidamente, nell'arco di dieci minuti. Non c'era<br />

sangue nel suo stomaco: ho controllato. È più come se...».<br />

«Vai avanti».<br />

«So che sembrerà impossibile, e non voglio insinuarlo, dico<br />

semplicemente come stanno le cose».<br />

Per un momento nessuno disse una parola. Karl si sentì un po' a<br />

disagio e decise di non essere troppo diretto. «Lasciate che vi spieghi<br />

con calma. Io credo si possa supporre che una vena oppure<br />

un'arteria si sia rotta: credo un'arteria, a causa del sangue sul soffitto.<br />

Come voi sapete, il sangue dev'essere schizzato per raggiungere<br />

quell'altezza, e soltanto un'arteria può fare questo».<br />

«Sì, lo sappiamo, ma lei non aveva bevuto», gli ricordò André,<br />

con voce tesa, intuendo il seguito.


«Ma lei aveva sangue a sufficienza nel suo corpo dalla notte<br />

precedente per sanguinare a quel modo, se fosse stata molto turbata.<br />

Il sangue che aveva dentro di sé avrebbe pompato più in fretta e,<br />

una volta perforata l'arteria, sarebbe venuto fuori come una<br />

fontana».<br />

Julien disse: «Credo che noi tutti possiamo accettare che<br />

probabilmente è questo che è accaduto».<br />

«Ci stavi dicendo delle tracce di fluido per l'imbalsamazione», disse<br />

Jeanette.<br />

«Sì. Be', io non ho la risposta, ma credo che se vogliamo trovarla,<br />

questo esempio potrebbe indirizzarci sulla strada giusta. È come se<br />

una delle persone appena sepolte, e intendo appena, non fosse<br />

morta, ma si sia alzata e l'abbia morsa».<br />

«Come un vampiro?», disse ansimando Kathy. «Intendo dire, uno<br />

di quelli che vedi nei film...».<br />

«Credo che noi tutti abbiamo capito dove vuoi arrivare», disse<br />

David.<br />

«Come uno zombie», spiegò per tutti Carol. «Un essere che non è<br />

vivo, dato che è stato imbalsamato e non possiede sangue, ma<br />

qualcosa che è comunque animata. Qualcosa in grado di sorprendere<br />

Chloe a tal punto che non è stata in grado di difendersi».<br />

«Aspetta un momento!», disse André. «Ti rendi conto di quanto sia<br />

ridicolo? È una cosa pazzesca».<br />

«Papà, invece ha senso. È quello che ho sentito io là dentro, che i<br />

morti fossero vivi...».<br />

«Michel, smettila! Karl, da quando ti conosco ho sempre rispettato<br />

la tua intelligenza. Però questa è una sciocchezza. E, personalmente,<br />

mi sento offeso. Chloe era una mia parente...».<br />

«Aspetta, André», disse Karl. «Noi tutti volevamo bene a Chloe».<br />

«Io credo», disse David, «che Karl forse sta parlando in senso<br />

metaforico e non letterale, André. Non voglio metterti parole in<br />

bocca, Karl, ma non posso credere che tu creda agli zombie».<br />

Lo stesso Karl si sentì un po' offeso. Sapeva che le sue emozioni<br />

erano più forti del solito, per la privazione del sangue, la


preoccupazione per Gerlinde, e per tutta quella maledetta<br />

situazione.<br />

«Ti ringrazio, David», disse con una voce che suonò tesa alle sue<br />

stesse orecchie. «No, io non credo agli zombie, anche se sospetto che<br />

molti mortali non credano in noi, e potremmo fare un<br />

ragionamento analogo».<br />

«Ci sono giorni», disse André, «in cui non credo ai mortali».<br />

Karl accennò un sorriso, sapendo che André si stava sforzando di<br />

allentare la tensione. «Quella che sto proponendo è solo un'idea. E<br />

uno dei modi in cui tracce di formalina possono essere finite nel suo<br />

sangue. Se ci muoviamo lungo la linea delle spiegazioni improbabili,<br />

ci teniamo pronti non solo a ciò che è possibile ma anche probabile.<br />

Ovviamente vi sono altre possibilità, se qualcuno di voi vuole<br />

ascoltarle».<br />

«Ti prego», disse Carol. «Voglio ascoltare».<br />

Diversi degli altri lo incoraggiarono, e Karl proseguì. «Può essere<br />

caduta nel fluido per l'imbalsamazione, o averlo toccato e poi essersi<br />

portata la mano alla ferita sulla gola durante o dopo l'aggressione».<br />

Michel disse: «Ma da dove è venuto fuori il fluido per<br />

l'imbalsamazione?»<br />

«Da dentro il Columbarium, ovviamente», disse David. «È normale<br />

che ce ne sia in quel posto».<br />

All'improvviso, Karl ebbe una strana sensazione, che non riuscì a<br />

identificare esattamente. La sensazione di un collegamento perso da<br />

tempo, anche se fuori portata. Fissò nella memoria quella sensazione<br />

per riviverla e investigare in seguito.<br />

Proprio in quel momento, il telefono squillò. Il suo cuore sussultò<br />

di speranza.<br />

Carol rispose e porse la cornetta a Julien, il quale parlò per forse<br />

dieci minuti. Immediatamente, a Karl fu chiaro che dall'altra parte<br />

del telefono c'era Gertig, e che le novità non erano buone.<br />

Quando Julien riattaccò, riferì che era stata trovata Kaellie. Il suo<br />

corpo era stato fatto a pezzi, come quello di Chloe, con dei segni di<br />

morsi sulle vene e sulle arterie più importanti, ma con sangue


dappertutto, dunque non ne era stata prosciugata. «Sembra che non<br />

abbia combattuto», disse Julien, con voce piatta ma con aria sinistra.<br />

Il silenzio stupefatto mostrò quanto si sentisse spaventato ciascuno<br />

di loro. Quel membro così anziano era stato mutilato...<br />

«Un'energia malvagia ci sta dando la caccia», disse Morianna<br />

gravemente. «Siamo in serio pericolo. Davvero in serio pericolo».


CAPITOLO 7<br />

Un'esplosione di parole caotiche vorticò nelle orecchie di Karl.<br />

Nella stanza c'erano più opinioni che persone. Le ascoltò con<br />

attenzione tutte, cercando di afferrare dove stesse volgendo la<br />

marea. Alla fine tutti si calmarono abbastanza perché si sentisse<br />

parlare una persona per volta.<br />

«Non possiamo permettere che simili atti di violenza restino<br />

impuniti», intervenne André, forse per la quinta volta.<br />

Jeanette disse: «Ma non sappiamo chi ne è responsabile...».<br />

«Certo che lo sappiamo! È Antoine».<br />

David mormorò: «Sono propenso a crederlo anche io, André, ma<br />

finché non abbiamo prove che portino direttamente a lui, dobbiamo<br />

procedere come se potesse trattarsi di chiunque».<br />

«Di quali altre prove abbiamo bisogno? Che lasci un biglietto da<br />

visita?».<br />

Carol mise una mano sulla spalla di André. Era tornato alla furia<br />

che lo dominava di solito, e le circostanze erano talmente personali<br />

per lui che Karl sapeva che sarebbe stato fuori controllo per gran<br />

parte del tempo.<br />

David disse: «André, noi tutti amavamo Chloe».<br />

Il semplice gesto di Carol e l'affermazione franca di David si<br />

unirono per intaccare l'armatura che proteggeva André, che per un<br />

momento parve domato.<br />

«Sentite», disse Kathy, «se è stato Antoine, non ce l'avrebbe fatto<br />

sapere? Voglio dire, ha promesso vendetta, giusto?»<br />

«Non ha bisogno di colpirci sulla testa», disse Jeanette. «Il suo<br />

potere è quello di confonderci. Non dimenticare che è un anziano».<br />

Guardò Julien che annuì in maniera impercettibile. «Si è mosso su<br />

strade che sono sconosciute ai più all'interno di questa stanza. Credo<br />

che Julien, Morianna e Wing siano quelli più indicati per valutare le<br />

mosse e le motivazioni di Antoine».<br />

«Se di Antoine si tratta», aggiunse David.


Se non altro, le esperienze a Fire Island avevano insegnato a<br />

David a ragionare con chiarezza, pensò Karl. David ne aveva passate<br />

così tante da non badare al valore apparente delle cose e di essere<br />

più analitico. Nonostante le tristi circostanze del momento, Karl<br />

sorrise leggermente tra sé e pensò: "Quanto siamo cambiati tutti e<br />

tre! David, un tempo così poetico e sognatore, adesso si concentra in<br />

maniera più logica. André, vittima del suo stesso essere guardingo,<br />

esprime uno spettro molto più vasto di emozioni". E Karl sapeva che<br />

anche lui doveva essere cambiato, solo che non riusciva a capire<br />

come. Sapeva però che i mutamenti erano avvenuti in ciascuno di<br />

loro a causa delle donne mortali che avevano trasformato. L'amore<br />

per Kathy aveva costretto David a combattere per qualcosa di<br />

valido. Carol aveva portato alla luce le emozioni più nascoste di<br />

André con la sua perseveranza e grazie al collegamento che entrambi<br />

avevano con il figlio Michel. E Karl sapeva che Gerlinde l'aveva<br />

cambiato.<br />

Prima di incontrarla, negli anni Cinquanta, la sua vita era stata<br />

così vuota. Andava alla deriva in un acquario di idee. La vita per lui<br />

era un enorme gioco filosofico, separato dai bisogni reali, il massimo<br />

cui poteva ambire era una bella discussione. Per lo più era stato<br />

contento di riempire le ore con la ginnastica mentale. Ma d'altra<br />

parte non poteva fuggire la sensazione di desolazione che s'insinuava<br />

dentro di lui quando si addormentava all'alba e si svegliava al<br />

tramonto.<br />

Gerlinde era stata come una spruzzata di colore in una vita in<br />

bianco e nero. Aveva avuto altre donne prima di lei, ma non si<br />

aspettava nulla fuorché delle distrazioni momentanee, e questo<br />

erano state. Ciascuna poteva essersi preoccupata di lui a suo modo,<br />

ma nessuna poteva accettarlo com'era, per quello che era. E nessuna<br />

poteva perforare la sua armatura intellettuale. Gerlinde sì. Lei lo<br />

amava abbastanza da voler stare con lui per l'eternità, il che<br />

implicava la trasformazione. E il suo amore non era quello di una<br />

schiava, cosa che lui non avrebbe potuto tollerare molto a lungo.<br />

Era onesta con se stessa, dal momento che aveva interessi propri ben<br />

radicati. Era sempre pronta all'azione, e aveva dei princìpi forti che<br />

non si vergognava di mostrare, persino quando li difendeva da sola.<br />

Si era sempre meravigliato della miriade di modi in cui erano così


diversi, ma anche compatibili. Doveva essere vero in tutti gli aspetti<br />

della vita, pensò, gli opposti si attraggono.<br />

Gerlinde. Perché pensava a lei riferendosi al passato? Si chiese<br />

dove fosse preoccupandosi della sua sicurezza. Doveva stare bene.<br />

Poteva tracciarla, il che voleva dire che era viva. Ma perché era in<br />

Germania? E non li contattava...<br />

Il volume crebbe, le opinioni si sovrapponevano e Karl sentì di<br />

dover contribuire alla discussione che minacciava di sfuggire di mano<br />

e non portare da nessuna parte. Come sempre, quando parlò, tutti<br />

stettero ad ascoltare.<br />

«Il mio pensiero è in linea con quello di David e di alcuni di voi:<br />

sembra trattarsi di Antoine, ma non possiamo essere ingenui ed<br />

escludere la possibilità che possa essere un altro o altri esseri. Farlo<br />

sarebbe deleterio. Pensate cosa vorrebbe dire se dirigessimo le nostre<br />

energie contro Antoine quando la fonte potrebbe essere altrove.<br />

Questo ci renderebbe ancora più vulnerabili di quanto non<br />

sembriamo».<br />

«Merde!», gridò improvvisamente André. «Chi altri avrebbe<br />

potuto fare tutto questo? Ha distrutto Chloe, Kaellie, altri tre...».<br />

«Non sappiamo degli altri tre, e dobbiamo ancora avere dettagli<br />

sulla morte di Kaellie...».<br />

«Be', possiamo supporre!», ringhiò André, come se a Karl<br />

sfuggissero le cose più ovvie. «E da quello che ha detto Gertig,<br />

l'omicidio di Kaellie segue lo stesso schema. È stata fatta a pezzi e<br />

sembra essere stata colta di sorpresa...».<br />

«O almeno pare che anche lei non si sia difesa», gli rammentò<br />

Karl.<br />

Non era quello che voleva sentire André. Se Kaellie, e ancor di<br />

più, se Chloe si era sottomessa a quella violenza, lui non voleva<br />

saperlo. E Karl poteva capirlo. Nella famiglia di André c'era un<br />

precedente, uno che lui stava cercando a fatica di capovolgere.<br />

«Io credo», disse con calma Jeanette, «che Chloe e Kaellie<br />

avrebbero combattuto se avessero potuto. Non so perché sembri che<br />

non l'abbiano fatto, ma conoscevo entrambe in un modo che mi<br />

convince del fatto che non si sarebbero semplicemente sottomesse


ad Antoine, o chiunque sia il responsabile. Non hanno combattuto<br />

perché, per qualche motivo, non potevano farlo».<br />

«Ritengo che noi tre possiamo fornire alcuni dettagli in più su<br />

quello che sta assillando voi tutti», disse Morianna. L'anziana,<br />

elegante donna incrociò con garbo le mani sul grembo, con un<br />

movimento che parve più d'ogni altra cosa un'elaborata danza thai.<br />

Wing cominciò. «Noi tre abbiamo vissuto per molto tempo:<br />

collettivamente esistiamo da più di 1500 anni», disse, intendendo lui,<br />

Morianna e Julien. «La nostra conoscenza deriva dal molto tempo<br />

trascorso in solitudine, meditando sui movimenti dell'universo. Nella<br />

mia cultura, l'I Ching esprime al meglio questi movimenti».<br />

Karl aveva ovviamente visto l'I Ching. Il libro dei mutamenti,<br />

come veniva tradotto, permetteva a una persona di porre una<br />

domanda per uscire dalla confusione. Wing presunse che tutti<br />

sapessero dell'I Ching e Karl era certo che per molti era così, finché<br />

Kathy disse: «Cos'è... l'I Ching?».<br />

Wing spiegò brevemente per lei e per tutti gli altri che non erano<br />

pratici di quell'antica procedura. «Gettando sei volte dei bastoncini di<br />

achillea, chi interroga crea un disegno: sei linee, intere o spezzate. Le<br />

sei linee insieme formano un esagramma e ci sono sessantaquattro<br />

esagrammi possibili, o combinazioni di linee spezzate e continue.<br />

Leggendo le linee dal basso verso l'alto, e concentrandosi su energie<br />

ben in evidenza, chi ha posto la domanda è in grado di localizzare la<br />

sua posizione nel fluire del tempo».<br />

Mentre Wing proseguiva, Kathy parve perplessa. Ovvio che lo<br />

fosse. Era una neofita, oltre che una persona pragmatica, che aveva<br />

bisogno di vedere le cose in ordine per poterle comprendere.<br />

«È un po' come i tarocchi», le spiegò Jeanette. «Uno strumento di<br />

divinazione».<br />

Kathy annuì. Lei, come molti occidentali, aveva familiarità con i<br />

tarocchi e la predizione del futuro. Ma dalla lettura di Karl dell'I<br />

Ching - e lui aveva maggior confidenza con la traduzione di<br />

Bollingen fatta da Richard Wilhelm, con introduzione di Carl Jung -<br />

comprendeva che questa prospettiva delle linee universali doveva<br />

essere vista come una breve pausa in una condizione di perenne


trasformazione. Il libro dei mutamenti necessitava di una riflessione<br />

da parte dell'inquirente, al quale si raccomandava di non porre<br />

troppe domande, ma di attendere finché, come un fiore pronto a<br />

sbocciare, fosse giunto il momento giusto per chiedere, poiché solo<br />

allora la conoscenza implicita nella risposta poteva essere assimilata.<br />

«Tutto questo è affascinante», disse seccamente André, «ma<br />

arriviamo al punto».<br />

«Pazienza», gli ricordò Morianna, e gli anziani erano gli unici in<br />

grado di dire una cosa simile ad André senza conseguenze.<br />

«Il flusso dell'universo», continuò Wing, «presume cambiamento.<br />

Noi nella fattispecie non ne siamo immuni».<br />

«Si potrebbe dire che siamo più soggetti al cambiamento»,<br />

aggiunse criptico Julien.<br />

«Perché?», volle sapere Karl.<br />

«Perché siamo esseri che hanno vissuto più cambiamenti di ogni<br />

altra forma di vita su questo pianeta. Nascere, morire, rinascere...».<br />

«Ovviamente», spiegò Morianna, «vi sono alcuni mortali le cui<br />

credenze ammettono un concetto simile, ma per noi si tratta di una<br />

realtà. I mortali riflettono soltanto sulla morte in piccolo. Non<br />

possiamo allontanare i mortali. E comunque siamo consapevoli del<br />

progresso che espande le nostre vedute. Perché il nostro tempo è più<br />

esteso. E anche per la natura della nostra esistenza».<br />

«Il processo per noi diviene prassi», disse Karl, e Morianna annuì.<br />

«Antoine ha una percezione estesa, non è così?», scattò André, ma<br />

gli altri lo lasciarono dire.<br />

«Che cosa ha a che vedere tutto questo con gli omicidi?», chiese<br />

Karl, sentendo che André era nuovamente in procinto di esplodere<br />

per la frustrazione e desiderando soffocarne l'ardore.<br />

«Noi tre proveniamo da ere molto differenti dalla vostra, voi che<br />

siete stati trasformati in questo secolo, o anche in quello scorso»,<br />

disse Morianna. «Antoine è come noi. Avvertiamo una... fase che<br />

nessuno di voi è ancora in grado di concepire, benché possiate<br />

averla già provata. I più anziani tra voi non sono su questa terra da<br />

più di due secoli. Si tratta di una goccia di rugiada su una foglia, in


un giardino, in un paese di un pianeta molto esteso e pieno di<br />

rugiada sulle foglie nei giardini e nei campi ogni mattina».<br />

Karl pensò che fosse strano il fatto che la sua metafora si<br />

focalizzasse sulla rugiada, dato che senza dubbio non ne vedeva da<br />

centinaia d'anni. Forse quella immagine era divenuta ideale per lei<br />

proprio perché fuori dalla sua portata.<br />

«Qualcuno tra voi tre pensa sia stato Antoine?», chiese Carol.<br />

All'inizio nessuno dei tre rispose, finché alla fine Julien disse:<br />

«Quello che sappiamo è che le vittime erano degli anziani...».<br />

«Chloe non era un'anziana», osservò André.<br />

«Non di età, ma di spirito», gli disse Morianna. «Chloe era<br />

un'eccezione poiché la sua saggezza era superiore al lasso della sua<br />

esistenza. Percepiva i ritmi dell'universo con grande acutezza, come<br />

noi».<br />

«Inoltre», proseguì Julien, «se i tre dei quali dobbiamo ancora<br />

ricevere notizie sono morti, allora tutti i morti non solo sono<br />

anziani, ma anche figli di Antoine».<br />

«Tre dei quali non abbiamo notizie, più Gerlinde», ricordò loro<br />

Karl. «Ma Antoine non ha creato Kaellie. O no?»<br />

«Le origini di Kaellie sono un mistero anche per noi», disse<br />

Morianna.<br />

«Ma ha detto di essere stata creata seicento anni fa, un secolo<br />

dopo Antoine, o quello che supponiamo essere il periodo di<br />

trasformazione di Antoine», disse André.<br />

Julien disse: «Da quello che sappiamo di Kaellie, crediamo possa<br />

aver trasformato Antoine».<br />

Questo sorprese tutti diffondendo un grande silenzio.<br />

Ovviamente, non era venuto in mente a Karl che qualcuno dovesse<br />

aver creato Antoine, ma questo non aveva senso.<br />

«Pensavo che Kaellie non fosse vecchia come te, Julien. Mi<br />

sbaglio? Ci era stato detto che tu eri il più anziano, persino di<br />

Antoine».<br />

«Karl, pur non essendo lontano dalla verità, ti sbagli», disse Julien.


«Io sono il più vecchio della nostra comunità, ma non tutto è come<br />

sembra».<br />

«E com'è allora?», scattò André.<br />

«Posso?», disse Morianna, e Julien la lasciò continuare. «Kaellie è<br />

unica. Ha vissuto molte esistenze, sotto diverse forme».<br />

«Non ho idea di cosa tu stia parlando», disse André, mentre<br />

perdeva quel poco di pazienza che aveva ancora.<br />

«Per favore, spiegaci», disse Jeanette. «Siamo tutti molto confusi».<br />

«Kaellie», disse Morianna, «custodisce il segreto non solo della<br />

nascita, della morte e della rinascita, ma di qualcosa che va oltre,<br />

fino alla morte, la nascita e la rinascita più e più volte».<br />

Il ticchettio dell'orologio risuonò forte mentre loro tutti<br />

assimilavano le implicazioni di simili affermazioni. Fu Kathy a<br />

riassumere brevemente: «Ha capito come morire da vampiro e<br />

ritornare».<br />

Morianna annuì.<br />

«E come avviene?», chiese Karl.<br />

«Non ne siamo sicuri», disse Julien. «Ci sono alcuni modi in cui<br />

possiamo morire, come voi tutti sapete, ma la piena rigenerazione<br />

non rientra nella nostra conoscenza».<br />

«Non glielo avete chiesto?», domandò Karl, sbalordito.<br />

«Certamente».<br />

Wing disse: «I suoi modi erano unici, e li avrebbe rivelati solo col<br />

tempo, come dev'essere».<br />

«Il che significa», disse David, «che è morta per sempre prima di<br />

avere l'opportunità di rivelare questa informazione vitale. O che si<br />

rigenererà».<br />

«Non abbiamo modo di saperlo».<br />

«Forse Gertig...».<br />

«Gertig non lo sa», disse Morianna, «e non può nemmeno<br />

confermare che Kaellie abbia creato Antoine».<br />

«Allora questa è un'ipotesi esattamente come il fatto che Antoine


abbia commesso gli omicidi», disse Karl, sentendosi frustrato.<br />

Provava rispetto per l'atteggiamento mistico degli anziani, ma non<br />

erano precisi come sarebbe piaciuto a lui, inoltre non era sempre in<br />

grado di afferrare la maggior parte di quello che intendevano, in<br />

modo da mettere insieme il tutto e sentirsi così vicino alla<br />

comprensione.<br />

Julien, Morianna e Wing si guardarono l'un l'altro. I loro occhi<br />

sembravano veicolare informazioni che Karl non riusciva a<br />

comprendere.<br />

Wing si alzò in piedi e attraversò la stanza. Portava sempre con sé<br />

un borsello, di solito appeso lungo il corpo, con la pelle talmente<br />

consumata che il colore non era più distinguibile. All'interno aveva<br />

inciso dei caratteri cinesi, incisioni fatte con inchiostro nero dell'India<br />

che di tanto in tanto Wing ripassava. Karl sapeva che si trattava di<br />

mandarino, perché in uno dei caratteri riconobbe la figura di un<br />

uomo che avanzava spensierato a grandi passi.<br />

Wing tornò con due libri, uno in cinese, e l'altro era l'I Ching, la<br />

versione che Karl conosceva. Fece una breve pausa, poi porse la<br />

versione inglese a Julien, il quale accettò il libro, e Karl comprese che<br />

questi avrebbe letto loro la traduzione inglese. A Morianna Wing<br />

porse un quadrato di bianca carta di riso con un marchio dorato al<br />

centro, una tavola levigata sulla quale si collocava perfettamente la<br />

carta di riso, una boccetta di inchiostro nero e un bel pennello con la<br />

punta di zibellino e l'impugnatura di bambù.<br />

Oltre al libro in cinese, Wing aveva in mano anche un pezzo di<br />

seta giallo vivo e un considerevole numero di bastoncini che Karl<br />

sospettò essere di achillea, e questo significava che dovevano<br />

essercene quarantanove, benché non li avesse mai visti usare. Di<br />

solito, gli occidentali lanciavano tre monete, testa per una linea<br />

continua, croce per una linea spezzata e a ogni lancio quello che<br />

dominava tra i due determinava il tipo di linea.<br />

Wing disse: «L'achillea crea un'immagine del momento.<br />

Ricomprende ogni elemento del momento fino ai dettagli<br />

apparentemente non essenziali».<br />

«Perché non sai mai quale sarà rilevante?», chiese Jeanette.


Wing annuì. Assunse una posizione meditativa in ginocchio,<br />

spiegò il pezzo di seta e lo sistemò davanti a sé sul tappeto orientale,<br />

poi depose il libro sopra la seta. Tenne i bastoncini di achillea diritti<br />

con entrambe le mani e chiuse gli occhi. La stanza sprofondò nel<br />

silenzio. Dopo un po', lasciò cadere i bastoncini sul libro. Alcuni<br />

rimasero sul libro, molti si sparpagliarono sulla seta.<br />

Dal borsello prese un piccolo ma splendido abaco, di palissandro<br />

unto con nervature d'ebano. In silenzio Wing contò i bastoncini,<br />

anche se Karl non riuscì a comprendere in che modo stesse contando<br />

con l'abaco. Alla fine ebbe un totale. Si girò verso Morianna e disse<br />

qualcosa in mandarino, qualcosa che presumibilmente lei capì. La<br />

donna infilò la punta del pennello nell'inchiostro e dipinse sul<br />

riquadro di carta di riso una linea spezzata. Alla destra di<br />

quest'ultima dipinse un piccolo cerchio.<br />

Wing raccolse i bastoncini e quando parve il momento adatto li<br />

lasciò cadere nuovamente per poi ricontarli. Sulla base di quello che<br />

le disse, Morianna dipinse un'altra linea spezzata con un altro<br />

piccolo cerchio di fianco.<br />

Dopo che sei linee furono state dipinte sulla carta di riso, Wing<br />

raccolse i bastoncini di achillea, li legò insieme con il laccio rosso e<br />

nero con dei draghi dorati dipinti sopra e aprì il libro. Nello stesso<br />

momento Julien aprì la versione in inglese.<br />

«Ho raccolto l'energia di questa assemblea, che è composta dalle<br />

grandi domande che noi tutti condividiamo, e dalle singole<br />

domande che ciascuno di voi sta ponendo», disse loro Wing. «L'I<br />

Ching vi risponderà individualmente e collettivamente. Inoltre<br />

suggerirà a quelli di voi che sono pronti a comprendere ciò che noi<br />

tre comprendiamo così bene e che non possiamo esprimere<br />

adeguatamente a parole».<br />

Wing cominciò a leggere dal libro cinese, e nello stesso tempo<br />

Julien lesse la versione inglese. Le due voci non si mescolarono tra<br />

loro, ma in qualche modo si sovrapposero, e stranamente Karl sentì<br />

di riuscire quasi a comprendere il mandarino.<br />

«L'esagramma creato è il numero 23, PO, che significa la<br />

Frantumazione», disse Julien.


Karl riuscì quasi a sentire il brivido di terrore vibrare nella stanza.<br />

Nel disegno creato da Morianna vide cinque linee spezzate e la sesta,<br />

in cima, intera. Persino lui fu in grado di vedere che si trattava di<br />

un'immagine estremamente instabile, poiché le linee spezzate non<br />

erano in grado di reggere la pesante linea intera.<br />

Julien lesse dal libro di come l'oscurità fosse in procinto di<br />

rimontare e rovesciare l'ultima linea esercitando la sua influenza<br />

disgregatrice. Lesse poi di come le forze oscure sconfiggono ciò che è<br />

forte erodendolo gradualmente fino a quando il tutto crolla.<br />

«Il Giudizio», lesse Julien, «è la Frantumazione. Non conviene<br />

andare in nessun luogo».<br />

Continuò a leggere e la sostanza di quello che Karl riuscì a capire<br />

parve essere che dovevano rimanere immobili, e non fare nulla. Si<br />

trattava di un momento pericoloso, in cui il collasso era inevitabile.<br />

La domanda era come gestire ciò che era inevitabile.<br />

Alla fine Wing e Julien raggiunsero le linee individuali. Vennero<br />

lette tutte e sei. Poi Wing spiegò che certe linee che sono<br />

decisamente spezzate o continue hanno un significato speciale.<br />

«Queste ci guideranno, mostreranno il nostro destino», disse Wing.<br />

Fu come se un solo respiro soffiasse nella stanza.<br />

Karl poté vedere che Morianna aveva tracciato un simbolo di<br />

fianco a quattro delle sei linee, e presunse che fossero quelle<br />

significative.<br />

La linea spezzata all'inizio diceva della gamba di un letto spezzata.<br />

«Se persevererete sarete distrutti». La malasorte sarebbe stata il<br />

risultato.<br />

La linea spezzata al secondo posto era egualmente importante.<br />

Adesso era il bordo del letto ad essere spezzato. Ancora una volta, la<br />

rovina per quegli stolti che avessero perseverato.<br />

La quarta linea mostrava il letto squarciato fino alla pelle. Karl<br />

pensò che questo dovesse essere riferito ai letti degli anziani, fatti di<br />

pelle animale. Il risultato era sfortuna.<br />

Infine, l'ultima linea primaria era quella continua della sommità. Il<br />

disegno delineava immagini di un grande frutto non mangiato. Per<br />

gli antichi, questo avrebbe simboleggiato lo spreco di qualcosa di


valore e importante per l'esistenza, benché chiaramente questo frutto<br />

cadesse al suolo, il che significava il seminare di nuovo, una nota<br />

positiva in mezzo a tutta quella tristezza. Un'altra immagine rivelava<br />

che l'uomo superiore riceve una carrozza, un grande e meraviglioso<br />

dono, che consente il movimento. A quel punto, la casa dell'uomo<br />

inferiore viene frantumata.<br />

Wing chiuse il libro, e Julien fece lo stesso. «Come ci dice l'I<br />

Ching», disse Wing, «queste sono le leggi della natura. Il male non<br />

soltanto distrugge il bene, ma, per necessità, deve distruggere se<br />

stesso. Il male nega, e non possiede una sua forza propria innata».<br />

Dopo una pausa, André disse: «È una cosa positiva o negativa?».<br />

Kathy mormorò: «La fine non è del tutto negativa, ma di certo<br />

sembra infernale giungervi, ed è il compito che ci attende».<br />

«Questo è molto vicino alla verità», disse Morianna.<br />

Julien aggiunse: «Un destino crudele ci attende, e non si può<br />

modificare il destino».<br />

«Un uomo o una donna superiore assumerà la giusta posizione<br />

fino a quando il destino non si sarà compiuto», disse Wing. «Quella è<br />

la strada migliore per la sopravvivenza».<br />

Il gruppo fece una pausa per ristorarsi. Carol fece passare dei<br />

bicchieri pieni di sangue prelevato dal freezer, scongelati nel<br />

microonde. Karl rifiutò, perché voleva tracciare Gerlinde ancora una<br />

volta prima che sorgesse il sole di lì a due ore. Si sentiva<br />

eccessivamente debole. Quella notte non aveva ancora bevuto, e la<br />

notte precedente l'aveva fatto prima dell'alba, quindi non aveva<br />

beneficiato del nutrimento quando ne aveva bisogno, da sveglio. Ma<br />

era importante controllare Gerlinde, e quello era l'unico modo in cui<br />

si potesse farlo.<br />

«E se tracciassimo Antoine?», chiese André. «Ha generato David e<br />

Karl. E indirettamente ha creato anche me. E poi, Julien, la ragazza<br />

che ti ha morso non era stata trasformata da Antoine?»<br />

«Per molti anni ho creduto che la ragazza araba avesse<br />

trasformato Antoine. Adesso so che non era vero. Lui era già un<br />

succhiasangue». Fece una pausa. «Sono stato morso dalla sorella».


Karl si rese improvvisamente conto di sapere molto poco delle<br />

origini di Julien come vampiro: non aveva rivelato molto. Ma gli<br />

anziani erano così.<br />

«Be', sono comunque in tre», disse André.<br />

«Non potete tracciarlo», gli disse Julien. «Il sangue di Chloe<br />

conteneva parti infinitesimali di Antoine, ma non hanno influito in<br />

maniera prominente sulla vostra trasformazione. Erano troppo<br />

deboli perché lei potesse tracciarlo, e ancora più deboli perché voi<br />

possiate identificarlo».<br />

«Ne sei certo, Julien? Dopotutto Ariel poteva tracciare David, e<br />

più specificamente, Michel ha tracciato Ariel, dopo aver assaggiato<br />

una sola goccia del suo sangue. E Michel era un ragazzino, ancora<br />

più umano che altro».<br />

«Michel rappresenta un'eccezione. E il sangue condiviso tra eguali<br />

non è la stessa cosa del rapporto che ha luogo tra il mentore e<br />

l'apprendista».<br />

«Mentore!», ringhiò André. «Non riesco a immaginare Antoine in<br />

quel ruolo».<br />

Julien attese pazientemente. Conosceva André molto bene. C'era<br />

dell'altro.<br />

André, frustrato, disse: «Va bene, allora David e Karl possono<br />

farlo, dato che Antoine ha preso entrambi».<br />

«Non è facile tracciare il proprio creatore», disse Morianna. «I<br />

creatori sono come una madre, le creature i loro figli. Una madre<br />

possiede sempre un sesto senso riguardo suo figlio. Sa per intuito<br />

dove questo si trova e se sta bene. Ma il figlio non può sentire la<br />

madre. Non è ancora evoluto. È questo il modo in cui la natura<br />

protegge i figli».<br />

«David e Karl non sono bambini. David esiste da un centinaio<br />

d'anni e Karl da quasi due...».<br />

«Questo breve lasso di tempo sulla nostra terra è come un<br />

neonato per la madre», gli assicurò Morianna.<br />

«Non lo possiamo sapere», controbatté André. «Potrebbero<br />

provare».


David disse: «Ho cercato di tracciare Antoine».<br />

«E?»<br />

David scosse la testa.<br />

«Non sono riuscito neppure io», aggiunse Karl, prima che André<br />

potesse continuare su quella strada.<br />

Karl ripensò a quando era stato trasformato, così bruscamente,<br />

violentemente, senza altro che un'immagine fugace dell'essere che<br />

l'aveva seguito per le strade di Düsseldorf, fino al molo sul Reno, che<br />

l'aveva colpito selvaggiamente, lasciandolo quasi incosciente, per poi<br />

prosciugarlo del sangue dalla giugulare così in fretta da causargli uno<br />

shock, tutto con una risata diabolica. E poi l'aveva lasciato a morire.<br />

Ma Karl non era morto, e in seguito aveva desiderato più volte di<br />

esserlo. Perché, malgrado l'odio e la paura che provava, Karl rimase<br />

ben presto da solo senza quell'essere che gli aveva causato un così<br />

grande danno, non solo prendendogli il sangue, ma costringendolo<br />

anche a bere il suo. Immaginò che fosse la stessa cosa per tutti i<br />

"figli", come aveva detto Morianna. Che il genitore fosse affettuoso<br />

o si rifiutasse di esserlo, fosse tenero o violento, non faceva<br />

differenza. Il figlio ne aveva bisogno.<br />

Aveva cercato Antoine, e ovviamente era stato soltanto in<br />

seguito, quando aveva conosciuto David, e Chloe, e ancora più tardi<br />

quando aveva incontrato alcuni degli altri che Antoine aveva<br />

trasformato che era giunto a comprendere quanti di quella comunità<br />

fossero stati creati da lui. Ma molto prima che incontrasse altri della<br />

sua razza, quando era da solo, in lotta con la sua "condizione" come<br />

l'aveva inizialmente identificata, Karl l'aveva cercato.<br />

In quei primi giorni era sempre scombussolato. Il poter esistere<br />

soltanto durante le ore notturne l'aveva gettato nel terrore, e non si<br />

accordava con la sua logica, ma la letargia si era dimostrata un<br />

alleato sotto mentite spoglie, costringendolo a stare sveglio e a<br />

dormire quando era più sicuro, nonostante la cosa non avesse senso.<br />

Quello che lo faceva impazzire era il bere sangue. Un essere umano<br />

tranquillo, adesso era devastato dalla sete di sangue. Era sempre<br />

riuscito a controllare i suoi impulsi e le sue reazioni, ma la bramosia<br />

di vita era un'altra cosa.


La sua mente scientifica l'aveva portato a sperimentare. Aveva<br />

provato la carne cruda e l'aveva trovata indigesta. Aveva sostituito il<br />

sangue umano con quello animale: poteva berlo, ma non serviva a<br />

placare il suo bisogno. Aveva bevuto del plasma, che aveva scoperto<br />

funzionare bene come sostentamento, ma procurarsene una scorta<br />

sufficiente era quasi impossibile. Il sangue sintetico che sperava<br />

venisse prodotto non era ancora disponibile, altrimenti avrebbe<br />

provato anche quello.<br />

Aveva anche provato l'astinenza, in diversi modi, cercando di<br />

regolare la quantità assunta, bevendo sempre di meno, o quantitativi<br />

ben precisi con estrema regolarità. Si era quasi lasciato morire di<br />

fame nel tentativo di avere la meglio su ciò che dominava tutti i suoi<br />

momenti da sveglio. Questi sforzi, naturalmente, avevano causato<br />

una reazione violenta, facendolo oscillare bruscamente fra gli<br />

estremi. La notte, come un alcolizzato che combatte la sua<br />

dipendenza, beveva con frenesia. Giovani, vecchi, uomini, donne,<br />

malati, persone in salute, li predava tutti, chiunque avesse del sangue<br />

che pulsava dentro le vene. Erano serviti quasi dieci anni per avere il<br />

sopravvento nel processo di regolamentazione, e altri due decenni<br />

per controllare quella delicata dipendenza.<br />

E per tutto quel tempo, aveva cercato Antoine. Allora non sapeva<br />

come fare a tracciare. Ma, istintivamente, aveva immaginato che<br />

quel collegamento tra di loro doveva essere forte. Sapeva che<br />

Nosferatu l'aveva esaminato per bene: lui era la preda. Di certo<br />

doveva essere divenuto ricettivo riguardo il suo predatore. C'erano<br />

così tante cose che Karl aveva bisogno di sapere, che voleva<br />

condividere, e sentiva il disperato bisogno di contattare qualcuno<br />

come lui. E adesso che ci ripensava, la metafora di Morianna<br />

riguardo la madre e il figlio suonava vera. Aveva bisogno di<br />

Antoine, ma lui non aveva bisogno di Karl.<br />

Per quanto si fosse sforzato, Karl non era stato in grado di<br />

localizzare colui che l'aveva fatto morire, lasciandolo solo e<br />

disperato in quella condizione infernale che sembrava sospesa a<br />

metà tra la vita e la morte.<br />

Certe volte, entrava nella sfera d'azione di altri della sua razza e si<br />

rendeva conto immediatamente di che minaccia rappresentassero gli


uni per gli altri. Ma alla fine, miracolosamente, aveva incontrato<br />

André e David, trovando degli spiriti affini - forse perché erano tutti<br />

"nuovi". Non erano in vita da secoli, non si erano induriti, non<br />

sentivano il bisogno di competere tra di loro. La zia di André, Chloe,<br />

sembrava essere la fonte di questo spirito cooperativo, benché André<br />

possedesse una certa prudenza legata a esperienze traumatiche che lo<br />

tormentavano da sempre. La natura delicata ma tormentata di David<br />

gli consentiva di aprirsi emotivamente come gli anziani non<br />

facevano ormai più. E Karl non era mai stato competitivo. La<br />

trasformazione non aveva mutato l'alchimia propria della sua<br />

personalità.<br />

Karl, André e David avevano condiviso quello che sapevano.<br />

Ciascuno di loro si era cimentato nel tracciamento, ciascuno a modo<br />

suo, e la condivisione del loro sapere li aveva aiutati a raffinare<br />

quella tecnica. Comunque Karl non era mai stato in grado di sentire<br />

Antoine. E persino a Fire Island, quando lui e Antoine si erano<br />

trovati a pochi passi di distanza, quando il potere di quell'essere si<br />

era irradiato nella notte come l'energia di un buco nero,<br />

allontanando Karl da David, da André, dai suoi amici, verso quella<br />

fonte che lo risucchiava e lo inghiottiva alterando il suo destino,<br />

persino allora, mentre Karl combatteva con tutte le sue forze per<br />

essere leale, con la sua integrità, la sua autonomia, non era stato in<br />

grado di sentire Antoine se non come un altro essere simile a lui. Ma<br />

sapeva che Antoine era in grado di tracciarlo. E a Fire Island aveva<br />

avvertito chiaramente gli sforzi che lui aveva fatto per controllarlo.<br />

Improvvisamente, sentì Morianna dire: «Non sono stata capace di<br />

tracciare il mio creatore».<br />

Di tutti quelli della loro razza che conosceva, Morianna e Kaellie<br />

erano le due le cui origini erano maggiormente avvolte dal mistero.<br />

Nessuna delle due aveva mai fatto allusioni alla propria<br />

trasformazione. Karl, pur temendo di offenderla con una domanda<br />

tanto diretta, chiese: «Chi ti ha creata?».<br />

Rimase sorpreso che Morianna gli rispondesse, ma rimase ancor<br />

più sorpreso della risposta. «Antoine».<br />

"Siamo una covata incestuosa", pensò. Così legati l'uno all'altra<br />

tramite lo scambio di sangue. Uno genera l'altro, che genera un


altro, e così via. E c'era uno della loro schiera che ne aveva generati<br />

molti. Antoine aveva creato una pletora, un mondo di esseri oscuri.<br />

Poteva parimenti distruggere la sua prole. Apparentemente a suo<br />

piacimento. Infanticidio? si chiese Karl.<br />

Pensò alla catena: Chloe aveva creato André, questi Carol. Michel<br />

era nato umano. David aveva trasformato Kathy. La sorella di Julien<br />

l'aveva morso e lui non l'aveva mai più vista. Julien aveva<br />

trasformato Jeanette e questi insieme avevano portato con loro<br />

Susan e Claude. Wing non aveva mai identificato il suo creatore, ma<br />

non si trattava di Antoine: aveva fatto capire chiaramente che si<br />

trattava di un antenato. Kaellie aveva trasformato Gertig. E Karl<br />

aveva trasformato Gerlinde.<br />

Degli altri, tre erano stati creati da Antoine - i tre che potevano<br />

essere morti - e tutti gli altri erano stati creati da qualcuno della<br />

comunità.<br />

Se quei tre erano morti significava che David, Karl e Morianna<br />

erano gli unici diretti discendenti di Antoine ancora in vita.<br />

Come se i suoi pensieri fossero stati condivisi da tutti, Karl, David<br />

e Morianna si guardarono tra loro. "È chiaro", pensò Karl. "Abbiamo<br />

i giorni contati".<br />

I tre si alzarono insieme come un gruppo e si trasferirono in una<br />

piccola stanza lungo il corridoio. Gli altri capirono: l'intuizione<br />

tendeva a diffondersi in quelli della loro comunità, e li lasciarono<br />

andare.


CAPITOLO 8<br />

Una volta seduti insieme in una stanza dove c'era spazio solo per<br />

un divanetto, due piccole poltrone, un tavolino e un poggiapiedi di<br />

mezzo metro, oltre a una libreria a muro con un lettore e alcune<br />

dozzine di CD, Karl disse: «Antoine ha giurato di ucciderci tutti. Sta<br />

cominciando con la sua progenie».<br />

«Ma in che modo attacca?», chiese David. «Perché non reagiscono?<br />

Semplicemente perché sono stati trasformati da lui? Sono a tal punto<br />

impauriti dal suo potere?»<br />

«So che eri preoccupato David, ma credimi, ho sentito il suo<br />

potere a Fire Island».<br />

«Anche io», ammise Morianna. «Dubito che si possa diventare del<br />

tutto immuni alla propria madre: il solo legame cellulare è enorme».<br />

Non erano buone notizie. Se anche Morianna l'aveva avvertito, e<br />

lei esisteva da cinquecento anni, quali speranze potevano nutrire<br />

Karl e David di resistere ad Antoine?<br />

David si voltò verso Karl. «Mi stai dicendo che la sua semplice<br />

influenza sarebbe tale da permettergli di farti a pezzi?»<br />

«Non lo so», ammise Karl. «Era intensa, e l'ho contrastata, ma ho<br />

la sensazione di essere riuscito a batterla solo perché stava<br />

accadendo tutto il resto, e lui era distratto dagli altri eventi».<br />

Morianna disse: «La difficoltà che vedo nei rapporti con il<br />

creatore è che se si viene "partoriti", se posso usare questa parola,<br />

allora la relazione si solidifica per entrambi. In altre parole, Antoine<br />

ha preso ciascuno di noi con la forza. Saremo sempre suscettibili al<br />

suo uso di questa forza, e sarà difficile sopraffare la nostra naturale<br />

tendenza alla sottomissione».<br />

«Perché si è creata questo sistema?», chiese Karl. «E noi, come gli<br />

esseri umani, siamo creature abitudinarie?»<br />

«Sì».<br />

«Io sono immune, e se non lo sono, quel sistema può essere<br />

superato», sottolineò David.


«Certo», gli disse Morianna. «Ma Ariel non era il tuo creatore».<br />

Karl riuscì solo a immaginare un quadro servendosi dei mortali<br />

come esempio: i figli di cui un genitore dedito all'alcool abusa, sono<br />

sempre preda della loro paura rispetto a quella forza dominante e<br />

potente. Non era un'immagine che voleva vedere a lungo e, come<br />

per David, una parte di sé non voleva riconoscere una simile<br />

impotenza.<br />

Michel era rimasto in piedi sull'uscio, e Morianna gli fece cenno di<br />

entrare dicendo: «Mio giovane prezioso, l'istinto mi dice che tu hai<br />

sentito quello che diciamo. Unisciti a noi».<br />

Michel, pensieroso, si sedette sul poggiapiedi di fronte alla<br />

poltrona dove si trovava lei.<br />

«Bene, oltre al problema del dominio, e anche ammettendo di<br />

non essere in grado di sentire il nostro creatore, quelli che sono<br />

morti non avrebbero dovuto sentirlo per il semplice fatto che è uno<br />

della nostra razza?», chiese David.<br />

«Così verrebbe da pensare», disse Karl. «Ecco perché è tutto così<br />

sconcertante».<br />

«Ci ho riflettuto», disse Michel. «Riguardo il perché ho sentito così<br />

forte il fluido per l'imbalsamazione senza sentire il sangue. Non ho<br />

visto nessun cassetto aperto, nessun corpo in giro... tranne quello di<br />

Chloe».<br />

«Sì, ci ho pensato anche io», disse Karl. «Hai notato se l'odore era<br />

più forte vicino al corpo di Chloe?»<br />

«Sì».<br />

«Vicino alle pareti?»<br />

«Uh, non proprio. Voglio dire, in quel momento ero così stranito<br />

che non ho notato molte altre cose. Ma mi sono guardato intorno,<br />

perché temevo che chiunque avesse fatto quello potesse essere<br />

ancora là».<br />

Karl annuì. «Non abbiamo trovato nessun contenitore di<br />

formalina, neppure all'interno delle cripte, nessuna bara aperta o<br />

qualche corpo che perdeva fluido. Credo dobbiamo supporre che la<br />

formalina non provenisse da uno dei cadaveri, ma che fosse stata


portata nel Columbarium. Ha infettato il suo sangue perché qualcosa<br />

o qualcuno ha toccato Chloe e l'ha morsa, con della formalina sulla<br />

pelle o sui denti, oppure lei ha toccato qualcuno o qualcosa che<br />

aveva della formalina in corpo. La formalina le ha infettato il sangue<br />

passando per le vene. E tutto questo è accaduto nel Columbarium,<br />

all'ingresso».<br />

David disse: «Questo non ci porta molto avanti in questo gioco<br />

d'astuzia con l'assassino».<br />

«No, affatto», convenne Karl. «Ci mancano ancora molti elementi<br />

di questo puzzle. Uno dei principali è perché Chloe e Kaellie<br />

apparentemente non hanno opposto resistenza. Sappiamo dove è<br />

morta Kaellie?»<br />

«Non posso dirvi il luogo esatto», disse Morianna, «ma Julien ha<br />

appreso da Gertig che anche lei è deceduta in un luogo di morte:<br />

un'impresa di pompe funebri».<br />

«Cosa?», esclamò Karl, stupefatto.<br />

«È da folli». David scosse la testa. «Cosa ci faceva in un posto<br />

simile?»<br />

«Sembra che», disse Morianna, «lei e Gertig possedessero una<br />

catena di simili attività».<br />

«Sapevo che ne avevano una...», disse Karl. «Mi ricordo che Julien<br />

ne aveva parlato. A Londra».<br />

«Ne hanno una dozzina o forse più».<br />

«Cielo, è una cosa pazzesca!», disse Michel. «Voglio dire, voi<br />

passate tutto il vostro tempo in mezzo ai morti?».<br />

Karl vide uno sguardo pieno di paura sul volto di Michel. Era una<br />

cosa che il ragazzo non aveva ancora considerato. Ma neanche Karl<br />

l'aveva fatto. Adesso lo colpiva quanto paresse essere importante la<br />

morte per alcuni della loro razza. Come non avesse notato la cosa<br />

più ovvia.<br />

«Forse sono in grado di fare un po' di chiarezza in proposito»,<br />

disse Morianna a tutti. «Vi prego di essere pazienti. Quello che devo<br />

riferirvi non è un concetto semplice, e non l'ho mai espresso prima<br />

d'ora. Gli anziani lo sanno per istinto: noi tutti possediamo questa


sensibilità. Per questo non ne abbiamo mai parlato, perché non ce<br />

n'è stato bisogno. Wing ha cercato di comunicarvele per mezzo dell'I<br />

Ching e, forse, quella saggezza si affaccerà sulla superficie della<br />

comprensione e sarà chiara agli altri. Sfortunatamente, però, credo<br />

che le parole da sole non siano in grado di trasmettere davvero certe<br />

cose. Solo l'esperienza può».<br />

«I miei anni sono tanti, e ovviamente ne ho passate molte nel<br />

corso dei secoli in cui ho vissuto su questo pianeta. I mutamenti<br />

esteriori di culture, nazioni, persino la vita biologica del pianeta<br />

stesso, quella entità vivente che dà sostegno a noi tutti, sono andati<br />

di pari passo con la mia vita interiore. Di conseguenza, sono stata<br />

costretta a sottopormi a una sorta di... rinascita nel mio essere da un<br />

periodo all'altro».<br />

«Vedete, voi siete maschi e lo siete sempre stati. Non potete<br />

comprenderlo con semplicità. Per le femmine mortali, i cambiamenti<br />

ormonali legati alle fasi lunari fanno sì che una donna abbia<br />

esperienza dei cicli».<br />

«Uh, non è un'affermazione un po' sessista», disse senza pensarci<br />

troppo Michel, «voglio dire, persino gli esseri umani non ragionano<br />

più in questi termini».<br />

«Giovane Michel, mi riferisco a quello che è lo sviluppo culturale,<br />

e a una cosa più grande, che non può essere smentita. La biologia».<br />

Michel possedeva quella sfrontatezza giovanile che gli permetteva<br />

di attingere alla conoscenza in suo possesso, come se si trattasse di<br />

quella dell'intero universo. Come se quelli che erano più vecchi non<br />

fossero in grado di comprendere da dove lui proveniva. Karl era<br />

felice che avessero convinto Michel a partecipare. Il ragazzo si<br />

sentiva libero di chiedere, e quella era sempre una cosa buona. E<br />

riusciva a farlo senza risultare sgradevole.<br />

«Pensa ai ghiacciai», disse Morianna. «Ha senso definirli inutili solo<br />

perché appartengono a un'altra era? Oppure l'appendice in un corpo<br />

umano. Nessuno sa perché ci sia, ciononostante affermare che non<br />

dovrebbe esserci presume una prospettiva propria di un'entità<br />

superiore. Quel genere di ragionamento è un'interpretazione<br />

culturale di ciò che precede la storia umana. Il dato biologico è<br />

inalterabile. Tutta la terminologia del mondo non può ricusare


quello che la natura stima vero dalla realtà della sua esistenza, ed è<br />

in questo senso che ne parlo: ogni mese, una donna è ridotta in<br />

ginocchio, vicino al suolo, dove potrebbe, se ascoltasse, udire il<br />

battito di quella che certe persone chiamano la Grande Madre. Deve<br />

sopportare un travaglio interiore che la conduce a questo, che lo<br />

voglia oppure no. Ogni mese affronta la morte e "muore"».<br />

«Per voi uomini non è lo stesso. Le vostre sono sfide esteriori,<br />

sempre, e senza di esse non vi sentireste legati all'universo, poiché<br />

questa morte vi sfugge».<br />

«Capisco che cosa dici», disse Karl. Sapeva che la sua analisi era<br />

corretta, anche se posta in modo bizzarro. Aveva sempre sentito che<br />

quello era uno dei motivi che determinarono l'attrazione tra i sessi.<br />

Da parte sua, sapeva che Gerlinde comprendeva questo passaggio a<br />

varie fasi, questo rituale del movimento verso l'essenza più vera del<br />

suo essere. Quella che per lui e per altri maschi sarebbe stata<br />

un'iniziazione alla quale sarebbero stati soggetti, con un po' di<br />

fortuna, in età matura, per le donne rappresentava un<br />

assoggettamento automatico. Gerlinde l'aveva incoraggiato,<br />

rassicurandolo che avrebbe potuto sopravvivere a qualunque cosa. E<br />

lui si era fidato, perché lei era sopravvissuta.<br />

«Non dico che non sia vero», disse Karl, «ma noi tutti siamo<br />

morti».<br />

«Voi siete morti», disse Michel.<br />

Morianna gli accarezzò il braccio in un modo molto simile a come<br />

aveva fatto suo padre in precedenza quella sera.<br />

«Siamo morti, o abbiamo imitato la morte, poiché continuiamo a<br />

camminare. Ci nutriamo ancora, e così via», proseguì Morianna. «Vi<br />

parlo della biologia mortale per questo motivo: ho vissuto tutta la<br />

mia esistenza mortale come una donna, dalle mestruazioni agli anni<br />

del concepimento, alla menopausa, perché ho sperimentato la<br />

nascita, la morte, la rinascita ogni mese per quarant'anni, e riconosco<br />

la natura di questi schemi dalla mia esperienza mortale. Vi sono<br />

schemi anche nella nostra esistenza soprannaturale. L'ombra di questi<br />

schemi precede la mia trasformazione da mortale a questo stato, così<br />

l'unica correlazione che posso presentarvi è quella della mia<br />

condizione mortale. Io li chiamo schemi femminili, o propri della


donna, se volete, che potrebbe avere più senso. Specialmente in<br />

virtù del fatto che voi maschi seguite schemi simili, ma come ho<br />

detto sono tutti esterni. E ovviamente possedete un'energia<br />

femminile, come le donne possiedono un'energia maschile. È<br />

soltanto la biologia a determinare da quale parte finiamo, ma a<br />

questo punto quella sarebbe una digressione rispetto a quello che<br />

voglio dire».<br />

«Questi schemi, sono come degli archetipi?», chiese Michel.<br />

Il ragazzo nutriva un forte interesse per la psicologia junghiana.<br />

Karl sapeva che era stata Chloe a indirizzarlo su quella strada. A<br />

Michel sarebbe mancata profondamente.<br />

«In un certo senso sì, Michel. Ma da un altro punto di vista questi<br />

schemi sono più come delle fasi, e non si possono personificare o<br />

immaginare facilmente, come avviene spesso per gli archetipi. In un<br />

modo molto simile a come Carl Jung tracciò le energie archetipiche<br />

presenti nell'inconscio collettivo, io ho identificato gli schemi<br />

principali, o fasi che durano tutta la vita, e hanno in particolar modo<br />

effetto sulla nostra razza».<br />

«Lasciate che vi racconti una storia, un breve scorcio della mia<br />

vita, per mezzo del quale, forse, comprenderete qualcosa di quello<br />

che so, e che potrebbe spiegare in modo semplice quello che può<br />

apparire un comportamento inspiegabile in Chloe, Kaellie e forse<br />

anche negli altri».<br />

«Tre secoli fa, all'inizio del 1700, mi trovavo in Belgio, in quello<br />

che allora era ancora un villaggio, Gent. Ho trascorso molto tempo<br />

là, e anche a Brugge. I canali, la splendida architettura lungo le<br />

acque, i castelli e le chiese - tutto così pittoresco secondo il gusto<br />

decisamente olandese - quei posti nutrivano la mia anima».<br />

«Vi è una cattedrale a Gent, Saint Bavo. Fin dalla mia prima visita<br />

in quel luogo, quella cattedrale è rimasta molto simile a come si<br />

presenta oggi. La parte più vecchia è stata costruita nel dodicesimo<br />

secolo, ed era già scomparsa nel 1700. Come ogni cattedrale in<br />

Europa, Saint Bavo era stata edificata nel corso dei secoli, in questo<br />

caso tra il 1300 e il 1559, e la gran parte di quello che era stato<br />

costruito in questi due secoli e mezzo era ancora lì per me.<br />

Ovviamente, Saint Bavo è famosa per un'opera in particolare,


L'Agnello di Dio, dipinto nel 1432 da Jan Van Eyck».<br />

«Cosa posso dirvi di quel quadro? Karl, tu l'hai visto. E tu David?».<br />

David annuì.<br />

«Sì», disse Karl. «È una magnifica opera d'arte». Aveva visitato la<br />

cattedrale con Gerlinde, che era rimasta semplicemente sopraffatta<br />

da quell'antico dipinto in particolare, così ben conservato. I colori -<br />

ancora vivi dopo secoli - i volti espressivi, la qualità tutta fiamminga<br />

nello stile degli abiti e delle pose l'aveva ipnotizzata. L'Agnello di<br />

Dio era un quadro enorme, composto di pannelli più piccoli che si<br />

congiungevano, come schermi, su un vasto pannello principale. Il<br />

fulcro di tutto era dipinto su quel pannello principale: l'apparizione<br />

di Cristo, l'agnello. I pannelli intorno all'agnello erano più specifici:<br />

angeli, ecclesiastici, santi, gente comune, tutti concentrati sulla scena<br />

centrale. Karl era stato particolarmente rapito dal dipinto della<br />

Vergine.<br />

«Quello che mi aveva attratto all'inizio», disse Morianna, «era il<br />

fatto che Cristo fosse raffigurato come un vero e proprio agnello.<br />

L'artista ha preso la metafora e l'ha esplicitata. Tutti nel dipinto si<br />

adunano ossequiosamente intorno all'agnello bianco con l'aureola.<br />

L'agnello di Dio come un agnello! Una simile semplicità è toccante,<br />

non è vero? Io l'ho trovata avvincente.<br />

Mentre ero là a meditare sul dipinto, cominciai a comprendere la<br />

natura dell'agnello e di Cristo, una metafora del sacrificio. Un<br />

agnello condotto al massacro. Un sacrificio, e il sangue viene versato<br />

per il bene di tanti.<br />

Dire che la metafora mi piacque è minimizzare quello che provai.<br />

Io provengo da una cultura che ha radici nel buddhismo. Per quella<br />

religione, il concetto del sacrificio verso l'illuminazione si avvicina<br />

all'idea cristiana. Ogni religione ne ha una versione differente: gli<br />

indù, i musulmani... Non ha forse Mosè condotto la sua gente verso<br />

la libertà e gli è stato richiesto di sacrificare la sua passione per<br />

vedere la Terrasanta? Eppure qualcosa nella metafora cristiana toccò<br />

qualche corda dentro di me. Credo di essere stata nel posto giusto al<br />

momento giusto, come dicono i mortali. Oppure, come avrebbe<br />

detto Carl Jung...», guardò Michel, che le restituì lo sguardo, «ci fu<br />

un sincronismo. La mia realtà interna si allineò a quella esterna, e


divennero l'una lo specchio dell'altra».<br />

Nel decennio seguente, fui ossessionata dalla metafora<br />

dell'agnello sacrificale come fosse quella che avrebbe dato significato<br />

alla mia esistenza. Dovete comprendere che io, come tutti quelli<br />

della nostra razza - tutti tranne Michel - avevo trascorso gran parte<br />

della mia vita da sola. A quel tempo ero separata dalla mia razza,<br />

separata dall'umanità, un essere alienato che vagava per l'universo,<br />

come un embrione che fluttua nel liquido amniotico. Per quelli più<br />

anziani tra di noi, la via è stata più dolorosa. Non avevamo la<br />

capacità - a causa delle nostre paure, ovviamente - di amalgamarci.<br />

L'isolamento era quello che ci aspettavamo, la nostra esistenza si era<br />

basata su di esso fin dal concepimento. Non vedevamo altra via. Se<br />

avessi goduto dei benefici di una comunità, le cose avrebbero potuto<br />

essere differenti. O forse no.<br />

In ogni caso, col crescere della mia ossessione, cominciai a credere<br />

che il mio sacrificio avrebbe avvicinato gli altri che esistevano. Non li<br />

conoscevo, ma sapevo di loro, coglievo occhiate fugaci qua e là, ma<br />

ci evitavamo l'un l'altro per ragioni di sicurezza. Naturalmente<br />

questo mi portò alla disperazione. Nella mia mente costruii uno<br />

scenario, molto elaborato e dettagliato, in cui se avessi potuto<br />

trovare un modo per estinguermi, questo avrebbe in qualche modo<br />

avuto effetto sugli altri, dato che avevamo sempre avvertito la<br />

perdita di qualcuno dei nostri. Vi risparmierò i dettagli dei miei<br />

processi mentali. È sufficiente dire questo: credevo che se avessero<br />

potuto comprendere che non ero morta per mano di uno di noi, né<br />

per mano dei mortali, ma che mi ero uccisa di mia volontà come un<br />

agnello sacrificale, la mia morte, come quella di Cristo, avrebbe<br />

potuto significare un dono che trascendeva la norma. Un sacrificio<br />

che poteva condurre a qualcosa di più alto. E per mezzo di questo,<br />

gli altri avrebbero potuto essere salvi da quella straziante solitudine.<br />

Speravo che questi altri, quelli che erano giunti davanti a me, e quelli<br />

che ancora dovevano venire, potessero trovare un modo per<br />

superare le loro paure e legarsi insieme, anche se non avevo un<br />

piano specifico su come ciò sarebbe avvenuto. Ma la mia morte<br />

avrebbe detto loro che qualcuno si preoccupava della nostra specie,<br />

abbastanza da sacrificarsi. E, cosa più importante, questo avrebbe<br />

dato un senso alla mia nascita nel mondo dell'oscurità. Capite, come


l'agnello. Nato per essere sacrificato, quello è il suo scopo».<br />

Morianna fece una pausa. Pareva esausta, la prima volta che Karl<br />

la vedeva vulnerabile. «Credo che noi tutti dovremmo ristorarci un<br />

po'», disse, e fece cenno a Michel che si alzò immediatamente e andò<br />

a prendere le provviste.<br />

Morianna guardò Karl, e questi vide sia gratitudine che ostilità nei<br />

suoi occhi. Era una cosa abbastanza naturale. Qualunque tipo di<br />

collaborazione il loro gruppo fosse riuscito a realizzare, la loro<br />

natura più vera non era certo svanita. Erano vulnerabili al massimo<br />

grado nei confronti di quelli della loro razza. Potevano avvertire<br />

l'uno la presenza dell'altro, e capirsi così bene, tanto nei punti di<br />

forza quanto in quelli di debolezza, e predarsi di queste debolezze,<br />

se questo desideravano fare.<br />

Michel tornò dopo poco passando a tutti delle tazzine di sangue.<br />

Karl lasciò la sua sul tavolino intonsa. Morianna sorseggiò la sua<br />

lentamente, come fece David, mentre Michel vuotò la propria in un<br />

istante, come un ragazzo qualunque avrebbe fatto con una Coca-<br />

Cola.<br />

«Grazie», disse Morianna. «Adesso mi sento meglio e posso<br />

proseguire».<br />

Cambiò posizione sulla sedia prima di ricominciare. David si<br />

riaccomodo sulla poltrona con uno sguardo pieno di stupore.<br />

Quando Michel si sedette, si unì a Karl sul divanetto. Karl sentì che il<br />

ragazzo era tanto intrigato quanto confuso. Aveva una strana<br />

sensazione riguardo dove stesse andando a parare la storia di<br />

Morianna, e questo lo faceva sentire a disagio. Quello in aggiunta al<br />

profumo del sangue: era molto, molto affamato. Ma doveva<br />

tracciare Gerlinde, e voleva essere ricettivo al massimo verso<br />

l'energia di lei.<br />

Morianna disse: «Il periodo del quale sto parlando è quello in cui<br />

ero attratta dalla morte. Fa parte del cammino della nostra esistenza.<br />

Siamo creature prese tra due piani. Non siamo vivi, non siamo<br />

morti. David, credo sia stato tu una volta a spiegarlo in maniera<br />

perfetta quando descrivesti le nostre anime dicendo che avevano<br />

cominciato ad abbandonare il corpo allontanandosene solo in parte.<br />

Anche io la penso così. E dato che non siamo né qui né là, siamo alla


mercè di questi opposti».<br />

David disse: «Credo di sapere dove vuoi arrivare. Ho sentito<br />

questo richiamo dentro di me, quasi come se oscillassi tra la luce e il<br />

buio. A Manchester sono stato preso dagli spasmi della morte, prima<br />

di incontrare Kathy».<br />

«Sì, è esattamente dove voglio arrivare», disse Morianna, «per<br />

quanto possa essere stato doloroso per te, credo non sia stata altro<br />

che una propensione. Dato che viviamo in un regno di mezzo, siamo<br />

costantemente trascinati verso una parte e poi verso l'altra. I giovani<br />

lo avvertono con maggiore frequenza e intensità; non hanno ancora<br />

avuto il tempo, l'eternità, per vivere il senso di tutto questo. Di<br />

conseguenza, si muovono dentro e fuori questa fase con tale rapidità<br />

che non li avvinghia né li tiene nella stessa maniera. Noi che siamo<br />

più anziani la vediamo per quello che è. In noi questi periodi durano<br />

più a lungo. Molto più a lungo. L'esperienza non si assimila in fretta,<br />

e l'energia giace nell'abisso, cosa che la rende ancor più debilitante».<br />

Karl si rese conto che la sua comprensione era più teorica che non<br />

pratica. Sì, era stato depresso, se quella era la parola adatta per ciò<br />

che lei stava descrivendo. Prima di incontrare Gerlinde. Ma gli<br />

estremi che avevano vissuto André e David, e quello di cui stava<br />

parlando Morianna, gli erano estranei.<br />

Alla fine, Michel con tutta la schiettezza della gioventù disse:<br />

«Dunque volevi morire. È quello che è accaduto a Chloe?»<br />

«Sì».<br />

«Ma lei amava la vita», obiettò Michel. Il ragazzo era chiaramente<br />

turbato. «Voglio dire, parlava sempre della natura, e i suoi occhi<br />

scintillavano, rideva come se le piacessero un mucchio di cose e...».<br />

Morianna fece un cenno a Michel di avvicinarsi a lei. Il ragazzo si<br />

alzò, si diresse al poggiapiedi e vi si sedette, di fronte a lei. Lei lo<br />

cinse con le braccia, stringendolo con fare protettivo, come parve a<br />

Karl. Un'esternazione rispetto alla quale molti giovani si sarebbero<br />

ribellati ma che Michel era abbastanza sicuro di sé da poter ricevere.<br />

«Tu sei molto, molto giovane. Non ci si può aspettare che tu capisca.<br />

La nostra disperazione non è sempre visibile. E, a dire la verità,<br />

persino da quelli di cui ci fidiamo, siamo comunque distanti.


Viviamo il nostro dolore, la nostra afflizione per lo più in silenzio».<br />

«Ed è così che chiamo l'energia femminile, anche se riguarda<br />

entrambi i sessi: la fase della morte giunge senza preavviso, e<br />

scompare bruscamente, come le mestruazioni, la menopausa. Non ci<br />

si può preparare».<br />

«Sì», disse David, «è così che mi sentivo. Un momento stavo bene,<br />

subito dopo ero steso dentro una bara, nutrendomi a malapena. E<br />

non è finita fino alla mia esperienza a Fire Island».<br />

Morianna annuì.<br />

Michel sembrava devastato. Era come se non avesse inquadrato<br />

questo inconveniente della loro esistenza. Come se avesse pensato<br />

che tutto sarebbe stato facile e divertente, che i benefici superassero<br />

di gran lunga gli svantaggi. E anche se Karl non aveva sperimentato<br />

quella gioia e quella speranza che l'età trasmetteva automaticamente<br />

a Michel, sapeva che il momento della sua piena disperazione non<br />

era ancora giunto. "O forse", pensò, "sono diverso, e non mi<br />

addentrerò mai in un simile, oscuro regno".<br />

Morianna si riappoggiò allo schienale. «Non vi racconterò i<br />

dettagli del mio travaglio, che durò in tutto per due decenni. Vi dirò<br />

soltanto che questa attrazione per la morte mi costrinse a vedere<br />

ogni cosa con occhio prevenuto. La mia morte era il pensiero<br />

principale dentro la mia testa, il suo valore e come effettuarla nel<br />

modo più significativo. E le mie emozioni rispondevano a questo<br />

pensiero mille volte ogni notte. Mi sentivo attirata dai vestiti di<br />

morte, dalle case dove si era avuto da poco un lutto o dove stava<br />

per aversi, nei cimiteri, ai funerali. Bevevo dalle persone che<br />

soffrivano per la perdita di qualcuno. Disseppellivo i cadaveri con le<br />

mani nude e cullavo i loro corpi in decomposizione. Dormivo con<br />

gli scheletri dei ragazzi, stringendoli al petto come farebbe una<br />

madre con il figlio. E ho tentato il suicidio diverse volte, in molti<br />

modi. Ma nonostante tutto questo, devo aver avuto anche un forte<br />

istinto di sopravvivenza, perché i miei sforzi fallirono, come potete<br />

vedere, e adesso siedo davanti a voi, dopo oltre due secoli».<br />

Karl, David e Michel fissarono Morianna. Era come un doccione<br />

vivente. Un essere che conosceva tanto l'altezza del paradiso quanto<br />

le profondità dell'inferno. Che era sopravvissuta e adesso si teneva in


disparte da tutto, osservando le semplici preoccupazioni di quelli<br />

sotto di lei, vedendo la loro ingenuità, sapendo cosa li attendeva.<br />

"Possiede le chiavi dell'universo", pensò Karl, e sarebbe stata una da<br />

contattare se lui avesse incontrato una porta chiusa.<br />

«Quello che sto dicendo a voi tutti è che Chloe, Kaellie, e io<br />

sospetto anche altri, fossero nella fase della morte. Attratte dalla<br />

morte. Intente a tessere una storia nella loro mente, la loro storia, in<br />

cui erano le protagoniste la cui scomparsa avrebbe in qualche modo<br />

dato senso alla loro esistenza».<br />

Michel si era girato a metà. Con la testa contro la spalla di<br />

Morianna, disse: «Così sembra che fosse psicotica. Tutti lo erano.<br />

Paranoici».<br />

«Se simili etichette ti aiutano ad affrontare quello che hai davanti<br />

allora sono utili. Ma non sta a te, a me o a chiunque altro giudicare<br />

nessuno di loro. Nessuno può conoscere lo scopo dell'universo, e<br />

come queste fasi in costante evoluzione abbiano effetto su ciò che<br />

accade. Viviamo in una ! realtà causale, con significati reconditi e<br />

sincronistici, il che significa che siamo parte di un continuum affetto<br />

da tutto quello che è accaduto in precedenza e che determina quello<br />

che accadrà in seguito. È il paradosso dell'esistenza che nello stesso<br />

tempo siamo bloccati in un momento eterno, universale ma anche<br />

molto personale, dove ogni istante dell'esistenza rappresenta tutto<br />

quello che c'è nella vita. Quel momento incapsula il nostro essere e<br />

dà significato al nostro tempo su questo pianeta. Posso solo dirvi che<br />

quando si realizza la fase della morte, non è facile combatterla, ma<br />

deve essere attraversata organicamente. Deve passare e deve<br />

raggiungere la sua inevitabile conclusione naturale, qualunque essa<br />

sia. Non possiamo stabilire chi morirà e chi l'angelo della morte<br />

lascerà passare. Ma quelli che sopravvivono sono catapultati<br />

dall'altra parte dello spettro. Nel mio caso, l'esito è stato la<br />

continuazione. Per Chloe, Kaellie e gli altri, è stato la conclusione.<br />

Alla fine ho compreso quello che il mio vecchio insegnamento<br />

buddhista cercava di trasmettere: entrambi gli estremi devono essere<br />

evitati, e non possono comunque essere evitati».<br />

«Sembra così crudele», disse Michel. «E non riesco a credere che<br />

non possiamo fare nulla in proposito».


«Dobbiamo fare quello che dobbiamo, e non possiamo predire<br />

che cosa influenzerà il risultato, sempre che questo possa essere<br />

influenzato. Potrebbe trattarsi di qualcosa di prestabilito, nessuno lo<br />

sa. Ancora una volta, si tratta di un paradosso, e il paradosso è<br />

difficile da accettare».<br />

Karl disse: «Stai dicendo che Antoine, come loro creatore, sapeva<br />

che vivevano questa fase? E se ne è servito?»<br />

«Credo di sì».<br />

«Ma perché adesso?», disse Michel. «Voglio dire, perché non ti ha<br />

uccisa?»<br />

«Allora Antoine aveva altre preoccupazioni. Ma dalla tua nascita,<br />

Michel, tutto è cambiato. Tu per lui rappresenti un simbolo. E lui è<br />

vendicativo. O forse si è convinto che la vendetta è il suo obiettivo,<br />

il suo diritto. Ma sospetto più che altro che si tratti semplicemente<br />

del suo impulso verso l'estinzione».<br />

«Che cosa intendi?», chiese Karl.<br />

«In ogni gioco di morte, uno sopravvive e l'altro no. Antoine,<br />

ovviamente, cercherà di sopravvivere, anche se spera di morire».<br />

«Ma perché vorrebbe morire?», chiese Karl, ancora molto confuso<br />

da quella estrema attrazione verso l'entropia. «E come si ricollega<br />

tutto ciò al tuo concetto di sacrificio?».<br />

Morianna accennò un sorriso, pieno di dolore. Un sorriso che<br />

informò Karl che col tempo avrebbe capito pienamente.<br />

«Nonostante i tuoi sentimenti verso di lui, Antoine è come noi, ha<br />

una raison d'être. Karl, senza dubbio ci hai pensato tu stesso:<br />

l'eternità può essere un tempo molto, molto lungo. Immagina i tuoi<br />

pensieri, le tue sensazioni, e il peso della tua esperienza tra<br />

cinquecento anni».


CAPITOLO 9<br />

La sera seguente Karl era giunto ad alcune conclusioni. Nuove<br />

informazioni avevano contribuito a quella conquista.<br />

Due delle tre sparizioni erano state spiegate. Erano stati trovati<br />

mutilati, uno in Grecia, sull'isola di Santorini, in una tomba scavata<br />

da poco di fianco al cadavere di un parente sepolto di recente,<br />

l'altro in un laboratorio di crionica in California. Entrambi i corpi<br />

erano stati trovati in tempo, ovvero i mortali non avevano<br />

esaminato i resti. A quanto sembrava, nessuno dei due aveva<br />

combattuto l'aggressore.<br />

Su richiesta di Julien, Gertig aveva spedito tramite corriere<br />

notturno un campione di sangue dal corpo di Kaellie, e uno del<br />

sangue che si trovava nelle immediate vicinanze. Un'altra spedizione<br />

al laboratorio della Scientifica e una sessione col GPC avevano<br />

rivelato a Karl quello che si aspettava di trovare: tracce di formalina.<br />

I campioni dagli altri due corpi, dall'isola di Santorini e dalla<br />

California, non erano ancora arrivati, ma Karl sospettava che non<br />

avrebbe trovato formaldeide nel sangue. Per prima cosa, la<br />

formaldeide non veniva utilizzata in sospensione crionica. E da<br />

quello che sapeva riguardo le pratiche di sepoltura nelle remote aree<br />

della Grecia, l'imbalsamazione era una pratica costosa che molte<br />

persone non potevano permettersi: non sarebbe stata comune in un<br />

cimitero su una piccola isola in mezzo al nulla con una popolazione<br />

di meno di 7000 persone.<br />

Che i corpi fossero stati imbalsamati non aveva importanza. Karl<br />

si era immaginato cosa fosse accaduto, e riferì agli altri le sue<br />

conclusioni.<br />

«La mia teoria è che Antoine si sia servito del profumo della<br />

morte come travestimento».<br />

«Ovvero?», chiese David.<br />

«Ovvero, dovunque il corpo mutilato sia stato rinvenuto, l'odore<br />

più forte associato alla morte è quello che ha usato per mascherare<br />

l'odore del suo stesso sangue, della sua presenza».


«Dunque al Columbarium», disse Michel, «ha usato la formaldeide<br />

in modo che Chloe non percepisse la sua presenza. Sarebbe stata<br />

preparata per quell'odore».<br />

«Avrebbe sentito che l'odore era più intenso del solito», disse<br />

Carol lentamente, «ma nulla di straordinario. Avrebbe potuto<br />

coglierla di sorpresa ma anche no. In ogni caso, si sarebbe aspettata<br />

di trovare Antoine. È qui che vuoi arrivare?»<br />

«Sì, e in base a quello che ci ha detto Michel», disse Karl, «Chloe<br />

era attratta da quel luogo perché le ricordava la sua stessa morte.<br />

Stando a quello che Morianna ha detto a David, a Michel e a me la<br />

notte scorsa, ha senso. Chloe sarebbe stata attratta dato che si<br />

trovava in una... fase di morte». Guardò Morianna, che lo sostenne<br />

con un cenno del capo.<br />

«Fase di morte?», chiese Kathy.<br />

«Cercherò di spiegartelo più tardi», le disse David.<br />

Carol guardò André, il quale si strinse nelle spalle, poi Michel che<br />

disse: «Credo di capire. O perlomeno posso riferirvi quello che ci ha<br />

detto Morianna».<br />

«Quando saranno giunti i campioni dalla California, sospetto che<br />

troveremo tracce di nitrogeno liquido nel sangue. Questo renderà<br />

l'aria nel laboratorio come era nelle casse di deposito crioniche».<br />

«Ma sei in grado di sentire il nitrogeno liquido?», chiese David.<br />

«No, ma quella sostanza sostituisce il sangue all'interno del<br />

corpo».<br />

«Come?»<br />

«Viene iniettata».<br />

«Mon Dieu!», disse André. «Ci stai dicendo che se Antoine si<br />

inietta fluido per l'imbalsamazione, o nitrogeno liquido, o qualsiasi<br />

altra cosa dentro le vene, non possiamo neppure avvertire la sua<br />

presenza?»<br />

«Se siamo in un luogo di morte, dove l'odore è preminente, e se<br />

siamo... come posso dirlo... ossessionati da quel luogo, allora sì».<br />

Carol disse: «Ma supponendo che Antoine abbia iniettato fluido


per l'imbalsamazione nelle sue vene e supponendo che Chloe non<br />

abbia avvertito la sua presenza, questo non spiega comunque perché<br />

non abbia opposto resistenza. Anche se è sopraggiunto alle sue<br />

spalle, lei avrebbe combattuto».<br />

«Questa è la parte più difficile da accettare», disse Karl. «La fase<br />

della morte, come l'ha descritta Morianna, significa non soltanto<br />

un'attrazione per la morte, ma anche una propensione al suicidio».<br />

«E così Chloe voleva morire. E Kaellie. E gli altri».<br />

Morianna disse: «Potrebbe essere più pertinente dire che la Morte<br />

li ha chiamati, e loro hanno risposto».<br />

Nella stanza si fece il gelo. Karl riusciva a sentirlo. Tutti intuivano<br />

che quella condizione attendeva ciascuno di loro. Prima. Poi. Non<br />

aveva importanza. E quando sarebbe successo, tutti sarebbero stati<br />

vulnerabili. A quella condizione. A un assassino. Avrebbero vissuto<br />

molto a lungo - forse per sempre - ma anche Antoine avrebbe<br />

aspettato.<br />

Julien disse: «Dunque Antoine ha ucciso cinque dei nostri così<br />

rapidamente: in una settimana, ha devastato la nostra comunità,<br />

come era sua intenzione».<br />

«Dobbiamo contrattaccare», intervenne André.<br />

«Sì», convenne David. «Non possiamo permettere che questo<br />

mostro distrugga ciò che ha richiesto tanto tempo per essere<br />

costruito».<br />

«Se restiamo uniti», disse Kathy, «non può prenderci».<br />

Carol disse: «Forse questo è il piano migliore».<br />

Jeanette scosse la testa. «Non possiamo restare insieme<br />

ventiquattr'ore al giorno. Non è possibile. E siamo vulnerabili<br />

quando dormiamo. Mi meraviglio che Antoine non abbia trovato un<br />

modo per attaccarci di giorno».<br />

Wing disse: «È improbabile che ricorra a questo».<br />

Morianna fu d'accordo. «Antoine gioca una partita d'integrità».<br />

«Cosa?», gridò André. «Per nulla!».<br />

«Au contraire, mon ami», disse Julien. «Antoine ha regole sue, il


suo ordine del giorno, e sulla base di questi parametri tiene fede al<br />

suo codice. Noi dobbiamo rispettare le regole del nemico, altrimenti<br />

avrà già vinto».<br />

Morianna aggiunse: «Nel suo modo di pensare, distruggerci di<br />

giorno significherebbe ricorrere all'aiuto dei mortali. E pur avendo<br />

noi visto in passato che non è avverso a usarli in certe occasioni,<br />

affidando loro ruoli minori nella sua appassionata commedia,<br />

preferisce di gran lunga la sfida».<br />

«Come fai a saperlo?», chiese André.<br />

«Guarda le persone che ha trasformato. Non ce n'è una che sia<br />

debole, non una che non meritasse di diventare sua stirpe, la prole di<br />

una forza poderosa. Antoine non ha trasformato dei mortali incapaci<br />

poiché questo avrebbe offeso il suo senso etico».<br />

André sbuffò. «Non sappiamo nulla delle persone che ha tentato<br />

di trasformare e che sono morte durante il processo».<br />

«No, non lo sappiamo, ma possiamo supporre. Non è uno<br />

stupido. E i suoi istinti sono forti», disse Karl.<br />

Julien li ricondusse all'argomento in oggetto. «Pensando secondo<br />

le medesime linee guida, non può permettersi di fare affidamento su<br />

stupide macchinazioni o tranelli privi d'eleganza. Non entrerà dalla<br />

porta posteriore. È costretto ad affrontare la sua creazione e a<br />

distruggerla. Vuole che quelli che ha trasformato riconoscano in lui il<br />

dio creatore-distruttore. Affinché una tale consapevolezza sia<br />

manifesta, i creati devono essere coscienti della loro distruzione».<br />

Morianna aggiunse: «Antoine, come ognuno di noi, crea la sua<br />

storia nella quale riveste il ruolo principale. Senza conflitto non c'è<br />

storia. Credo che veda se stesso come un archetipo».<br />

«Antoine», spiegò Wing, «ha alzato molto la posta in gioco. Solo<br />

in quel modo la vittoria o la sconfitta possono avere un preciso<br />

impatto. Dovete capire, dopo un'esistenza così lunga, non vi sono<br />

molte cose in grado di impegnare le sue energie. O ci si rivolge<br />

all'esterno, oppure all'interno, e il suo temperamento non permette<br />

il tipo di introspezione verso il quale necessariamente gravitiamo col<br />

sopraggiungere della maturità».<br />

«Dunque», disse André, «dobbiamo soltanto restarcene seduti ad


aspettare che ci colga la fase della morte, sperando poi che giunga<br />

Antoine a farci a pezzi in fretta. È ridicolo!».<br />

Julien disse: «Non credo che nessuno qui la veda come una<br />

possibilità valida. Ma non possiamo proteggerci dalla fase della<br />

morte».<br />

«Forse», disse Jeanette, «possiamo proteggerci l'un l'altro».<br />

La discussione si concentrò dunque sui modi in cui potevano<br />

proteggersi tra loro. Aveva senso che, se uno di loro fosse entrato<br />

nella fase della morte, gli altri avrebbero potuto stare all'erta,<br />

perfino per decenni. Non era mai stata tentata una cosa del genere<br />

all'interno della comunità, disse Morianna, e non vi era modo di<br />

sapere se avrebbe funzionato oppure no. Comunque, molti dei<br />

presenti ritenevano che si potesse fare, in presenza di quello che<br />

pareva essere un avversario formidabile.<br />

«Antoine è il grande problema», disse Michel, «ma questa cosa<br />

della fase della morte ci rende i peggiori nemici di noi stessi».<br />

Stare in guardia significava restare di più insieme, e sorvegliarsi<br />

l'un l'altro quando erano separati. E i più convennero che sembrava<br />

una buona idea formare dei gruppi. David e Kathy sarebbero rimasti<br />

insieme, come André, Carol e Michel. Julien e la sua famiglia erano<br />

un'unità. Come molti degli altri. Quei gruppi potevano unirsi e<br />

formarne di più ampi, poi riformarsi in altri gruppi. Wing e<br />

Morianna, però, non volevano sentirne. «Non eravamo adatti alla<br />

vostra era, e non abbiamo realizzato una condizione simile a quella<br />

che Julien ha creato per sé», disse Wing, intendendo una situazione<br />

familiare.<br />

«Non posso spostarmi senza fine con qualcuno più di quanto non<br />

possa camminare di giorno», aggiunse Morianna. «È contro la mia<br />

natura. So che Wing si sente allo stesso modo».<br />

Jeanette disse: «Be', almeno possiamo tenerci regolarmente in<br />

contatto con entrambi. Questo è possibile, no?».<br />

Tanto Wing che Morianna rifletterono un istante. «Si può trovare<br />

un accordo in proposito», disse alla fine Wing un po' riluttante, e<br />

Karl ebbe la sensazione che lui e Morianna si sarebbero fatti vivi non<br />

tanto per loro quanto per rassicurare il gruppo del fatto che stavano


ene.<br />

In che modo valutare la fase della morte era un problema, dato<br />

che tutti erano reticenti a iniziare. Persino i più estroversi di loro<br />

erano sotto diversi punti di vista introversi, specie quando si arrivava<br />

a parlare delle esperienze più personali.<br />

David disse: «Ovviamente, sarà evidente per un compagno<br />

quando uno del suo gruppo diviene ossessivo».<br />

Karl era cosciente del fatto che nessuno stava dicendo quello che<br />

tutti stavano pensando: come avrebbero potuto stabilire se<br />

Morianna e/o Wing si stavano staccando? E c'erano degli altri da<br />

soli, come Gertig, e il terzo del quale dovevano ancora avere<br />

notizie. E Gerlinde. Tutti loro potevano essere nella fase della morte,<br />

per quanto ne sapevano.<br />

«Ho un'altra informazione che potrebbe rivelarsi utile», disse. «I<br />

campioni del sangue di Chloe che ho esaminato al microscopio<br />

contenevano un globulo rosso umano con un nucleo. Si tratta di una<br />

cosa insolita. I globuli rossi maturi non presentano nucleo».<br />

«Be', le nostre cellule sono differenti», iniziò a dire Jeanette.<br />

«Sì, ma ho esaminato il sangue della nostra razza a sufficienza da<br />

conoscerne il modello, e noi tutti seguiamo quel modello».<br />

«Qual è il significato di un nucleo in un globulo rosso?», chiese<br />

David.<br />

«Per i mortali, significa una cellula anomala. Una deviazione. Una<br />

distorsione. Di solito, significa malattia. Scommetto che quando<br />

stiamo vivendo la fase della morte, questa si mostra nelle nostre<br />

cellule. In un campione troveremo una o più cellule con un nucleo.<br />

Le cellule con il nucleo sono quelle necrofile».<br />

«In altre parole», continuò Jeanette per lui, «le cellule distorte ci<br />

rendono malati».<br />

«Oppure lo stato di ingresso nella fase della morte comporta un<br />

cambiamento in alcune delle nostre cellule. Non potremo saperlo<br />

fino a quando non avremo fatto ulteriori ricerche, e determinato<br />

prima di ogni altra cosa se questo è correlato alla fase della morte,<br />

oppure no. Forse si tratta semplicemente di un'anomalia che appare


nei campioni di sangue che ho analizzato. Ed è possibile che<br />

l'assassino in qualche modo abbia distorto le cellule, ma è<br />

improbabile. Non riesco a stabilire se è successo al momento della<br />

morte».<br />

Mentre quella nuova notizia diffondeva il brusio nella stanza, Karl<br />

si sedette e cominciò a pensare a Gerlinde.<br />

Adesso era sempre nei suoi pensieri. L'aveva tracciata subito dopo<br />

il tramonto e l'aveva localizzata a Düsseldorf, il luogo dove Antoine<br />

l'aveva assalito e trasformato.<br />

Gerlinde in quel posto in mezzo a tutti quegli avvenimenti di<br />

morte era come un cartello al neon con il nome "Karl" che<br />

lampeggiava. In cuor suo sapeva che lei era con Antoine e che era<br />

stata adescata nel posto della fine mortale di Karl.<br />

Nonostante sapesse questo, nonostante la nuova informazione<br />

che rendeva chiaro il modus operandi di Antoine, Karl era deciso a<br />

salvare Gerlinde. Riferì agli altri le sue intenzioni.<br />

«Assolutamente no!», disse André. «È un suicidio».<br />

Anche David fu inflessibile. «Forse Antoine sta cercando di<br />

trascinarti là, o magari Gerlinde viaggia per conto suo, ma in ogni<br />

caso questo non è il momento giusto per partire da solo».<br />

«Ricorda quello che ha detto l'I Ching», gli ricordò Kathy. «Adesso<br />

non devi andare da nessuna parte».<br />

«Devo aiutare Gerlinde», disse Karl. «Lei farebbe lo stesso per me,<br />

e per chiunque di voi. Ricorda David che è stata Gerlinde ad aiutare<br />

Kathy affinché persuadesse gli altri a combattere. Credevo che voi<br />

foste suoi amici».<br />

«Lo siamo», disse André infastidito. «Forse io e lei non siamo<br />

sempre andati d'accordo, ma sai che mi preoccupo molto per lei. E<br />

così tutti quanti. Quello che dici mi fa riflettere su quello che sta<br />

succedendo nella tua testa».<br />

«Quello che sta succedendo nella mia testa è che Gerlinde è<br />

scomparsa e non si è messa in contatto con noi. Che ha lasciato<br />

quello strano messaggio a David. Che l'ho tracciata a Düsseldorf, la<br />

città dove Antoine mi ha trasformato. Che Antoine sta uccidendo i


nostri amici uno per uno, e Gerlinde potrebbe essere nella fase della<br />

morte. E che chiaramente è stata rapita».<br />

«Ma Antoine non l'ha creata», disse Carol.<br />

«No, non l'ha creata. Ma forse sta ampliando il suo repertorio.<br />

Quella notte a Fire Island promise di uccidere tutti, non soltanto<br />

quelli che aveva trasformato».<br />

«Be', se tu vai io vengo con te», disse David.<br />

«Non è possibile», rispose Karl.<br />

«Perché no?»<br />

«Sarebbe in grado di tracciarti dato che ti ha trasformato».<br />

«Può tracciare anche te per lo stesso motivo».<br />

«Sì, ma se scopre che due di noi si stanno muovendo verso di lui<br />

potrebbe ucciderla. È chiaro che sta cercando di trascinarmi là».<br />

«Per ucciderti», disse André. «Allora verrò io, dato che non è in<br />

grado di tracciarmi».<br />

«Non può tracciarti ma quando avvertirà la tua presenza con i<br />

sensi, che immagino siano ben più affilati dei nostri, saprà anche in<br />

questo caso che siamo in due e potrebbe ucciderla».<br />

«Non ha senso che tu vada là da solo», disse André,<br />

evidentemente insoddisfatto.<br />

«Sono d'accordo. Non possiamo lasciarti andare affatto», gli disse<br />

Carol.<br />

Karl all'improvviso si mise sulla difensiva. «Non potete fermarmi.<br />

Nessuno di voi può. Io vado, e vado da solo».<br />

«Forse», disse Michel, «stai attraversando la fase della morte».<br />

«Se è così, Michel, allora dovrò superarla, proprio come chiunque<br />

altro».<br />

«Ma se Antoine riesce a ucciderti prima...».<br />

«Spero che non accada. So come agisce, il che mi dà un<br />

vantaggio».<br />

«Va bene, conosci i suoi metodi, ma ti distruggerà nel momento in<br />

cui ne avrà la possibilità», disse David. «Che cosa hai in mente di fare


se dovessi incontrarlo? Come pensi che ti difenderai?»<br />

«Non lo so ancora. La prima cosa è raggiungere Gerlinde, e<br />

vedere cosa fare. Magari sta semplicemente viaggiando. Non credo,<br />

ma non si sa mai. Se è da sola, allora non c'è problema, e torneremo<br />

subito qui. Se Antoine la tiene in ostaggio, be', credo che per prima<br />

cosa proverò a parlare con lui».<br />

«Merde!», scattò André. «Hai perso la testa?»<br />

«È ridicolo!», disse David.<br />

«Potrebbe non funzionare», ammise Karl, «ma dubito che<br />

qualcuno abbia tentato questo approccio. E francamente, non ho<br />

sentito nessuno proporre un'idea migliore».<br />

Era ovvio che nessuno di loro aveva previsto un piano d'azione<br />

come quello. Nessuno riteneva Antoine in grado di ragionare. Specie<br />

dopo quegli assassinii. E Fire Island. Per non parlare del modo<br />

violento in cui Antoine aveva trasformato tanti di loro. Karl non<br />

ingannava se stesso pensandolo un piano infallibile. Probabilmente<br />

non avrebbe funzionato, ma non voleva escludere una cosa ovvia<br />

solo perché tale.<br />

Nessuno disse nulla per alcuni secondi fino a quando parlò Julien:<br />

«Credo sia stato Winston Churchill a fare questa memorabile<br />

affermazione: "un pacificatore è chi nutre un coccodrillo sperando di<br />

essere mangiato per ultimo"».<br />

Karl riuscì a prendere un volo per Londra. Arrivò a Heathrow<br />

quasi all'alba. Prese una stanza in un albergo dell'aeroporto e un<br />

volo per Colonia la notte successiva presto. Da Colonia avrebbe<br />

viaggiato verso Düsseldorf, a meno di un'ora di treno.<br />

Sul volo per Londra aveva avuto a disposizione molto tempo per<br />

pianificare la linea d'azione. Sfortunatamente, sembravano esserci<br />

poche alternative. E sopra tutte aleggiavano due preoccupazioni<br />

principali. La prima era che fosse stato fatto del male a Gerlinde.<br />

Sapeva che lei era ancora viva, perché l'aveva appena tracciata: era<br />

ancora a Düsseldorf. Ma la sua paura principale al momento era<br />

quella che provava al pensiero di dover nuovamente affrontare<br />

Antoine e vivere la forza di quella volontà dominatrice che sentiva


avrebbe potuto distruggerlo con estrema facilità e che, se avesse<br />

potuto, l'avrebbe fatto certamente.<br />

Ma doveva aiutare Gerlinde. Lui l'amava. E non poteva esistere<br />

senza di lei. Quello, sopra ogni altra cosa, gli era divenuto evidente<br />

negli ultimi giorni. Avrebbe fatto tutto ciò che serviva per liberarla,<br />

anche se avesse voluto dire rinunciare alla sua stessa esistenza.


PARTE SECONDA<br />

«Di tutti i meccanismi di fuga, la morte è il meno<br />

efficace».<br />

H. L. Mencken


CAPITOLO 10<br />

Karl arrivò a Düsseldorf con una premonizione. Di solito non<br />

aveva delle premonizioni. Pensò che poteva tranquillamente trattarsi<br />

del prodotto delle sue paure che cozzavano con una situazione che<br />

sembrava, seppur non impossibile, caratterizzata da risposte che non<br />

erano ancora evidenti. Qualunque fosse la fonte, la premonizione<br />

non era buona. Era come se si trattasse di un film noir, la cui fine<br />

sarebbe stata la morte. Gerlinde gli aveva sempre detto di ascoltare<br />

le sue sensazioni, ma quella sera s'impegnò a ignorarle.<br />

Dalla sua ultima visita la città aveva sofferto. Era stato all'inizio<br />

del 1930, mentre Adolf Hitler accresceva il suo potere in Germania.<br />

Gli eventi di Düsseldorf erano stati forieri del sangue che sarebbe<br />

stato versato in seguito.<br />

Karl camminò dalla stazione ferroviaria fino alla vecchia città, non<br />

molto distante, meccanicamente, per abitudine, pensò. Aveva<br />

vissuto in quella zona. Due volte. E certo la strada aveva posseduto<br />

in entrambe le occasioni una storia particolare, dettagli di cui Karl<br />

era stato al corrente.<br />

Ma dalla seconda guerra mondiale, quando buona parte della<br />

Germania era stata distrutta dalle bombe degli Alleati, questa zona<br />

non pareva più ciò che era stata. Adesso, Mettmannerstrasse vedeva<br />

su ambo i lati una fila di negozi marocchini che cedevano il posto a<br />

una catena di sporchi e tetri edifici residenziali, costruiti quando<br />

l'architettura non era una preoccupazione, e l'obiettivo era tirar su il<br />

maggior numero di edifici nel più breve tempo possibile con meno<br />

soldi possibile. Ma prima della guerra le case erano adorabili, in<br />

pieno stile tedesco. Edifici a tre, quattro e cinque piani con<br />

decorazioni ad archi acuti sopra il tetto e facciate reticolate, alcune<br />

delle quali risalivano a diversi secoli prima. C'era la piazza - ogni<br />

città tedesca ne aveva una - con una chiesa con la torre del<br />

campanile, un municipio, e negozi lungo le strade che si diramavano<br />

dalla piazza. Un tempo questa città era stata meravigliosa. Karl<br />

pensò a quello che aveva detto Goethe e ne riconobbe la verità: «I<br />

tedeschi rendono tutto difficile, tanto a se stessi quanto agli altri».


Mentre Karl passeggiava, vide che la casa dove Peter Kurten<br />

aveva vissuto con sua moglie non c'era più. Era stata una casa<br />

ordinaria per come la ricordava. Non un posto dove ci si aspetta che<br />

viva un vampiro.<br />

Mentre passeggiava per Mettmannerstrasse, Karl ripensò agli<br />

eventi a Düsseldorf dell'ultima volta che aveva vissuto in quella città.<br />

Era stato un periodo particolare. La Germania era stata costretta a<br />

pagare per la prima guerra mondiale, e c'era molta povertà. Ricordò<br />

di aver visto una donna una sera che era giunta a piedi in città dalla<br />

campagna circostante, con la prole al seguito. Spingeva una carriola<br />

stracarica di marchi, sperando di poter cambiare il denaro con una<br />

pagnotta di pane per nutrire i suoi figli. Qualcuno ebbe pietà di lei e<br />

le diede mezza pagnotta, dicendo di non volere quella inutile valuta.<br />

Era il momento giusto perché un dittatore prendesse il potere, e<br />

Hitler era pronto. Il popolo tedesco era stato dissanguato. Peter<br />

Kurten e Adolf Hitler erano là a leccar via il sangue. E altri prima di<br />

loro, ma Karl non voleva andare a ripescare troppo indietro nel<br />

passato.<br />

Da quello che Karl aveva ricostruito in seguito dai resoconti dei<br />

giornali, e dai pettegolezzi locali, Kurten era stato un tipo disturbato<br />

fin dall'infanzia. Era nato nel 1883 a Mülheim, non certo un bel<br />

posto, nel Sud vicino al confine con la Francia.<br />

Nell'anno in cui era nato Kurten, Karl era già in vita da 63 anni,<br />

38 dei quali come vampiro. Riconosceva un altro succhiasangue<br />

quando ne vedeva uno. E lo vide in Peter Kurten, un uomo grigio,<br />

spregevole, dalle maniere miti, vestito in maniera impeccabile con<br />

un fazzoletto nel taschino e sempre in giacca e cravatta. I suoi occhi<br />

chiari decisamente spenti e la bocca molto tirata gli donavano un<br />

certo stile, almeno secondo Karl. Ma Kurten era il tipo del quale<br />

preoccuparsi molto, e si presentava invece con un'immagine<br />

equilibrata, da pilastro della comunità che gran parte della gente<br />

accettava. Ma sotto tutta quella normalità giaceva uno spirito<br />

selvaggio e, quando lo vedeva camminare per la strada, Karl sapeva<br />

che qualcosa nella sua apparente socievolezza era stata o strappata<br />

via o non c'era mai stata.<br />

Tutto questo affascinava Karl dopo gli eventi, dopo che si era


scoperto cosa aveva fatto il vampiro per gran parte della sua vita.<br />

Lesse tutto quello che poté riguardo la vita di Kurten, come se<br />

studiare le cronache sull'anormalità di un mortale potesse in qualche<br />

modo fare luce anche sulla sua condizione.<br />

Quello che si domandavano tutti era perché Kurten e sua moglie<br />

si fossero trasferiti a Dusseldorf nel 1925. I resoconti dei giornali che<br />

apparvero in seguito, dopo l'arresto di Kurten, dicevano che era uno<br />

di dieci figli, ma allora non si trattava di una cosa insolita. Suo padre,<br />

un alcolista, lo picchiava. Anche questo non era insolito.<br />

Quando era un ragazzo, Kurten si divertiva a massacrare gli<br />

animali. Un articolo diceva che per un po' aveva vissuto con<br />

l'accalappiacani di città e aveva imparato a uccidere i cani randagi.<br />

Quando aveva nove anni, aveva "accidentalmente" annegato un<br />

compagno di gioco, cercando poi di annegare un altro amico che<br />

cercava di salvare la vittima.<br />

Alla fine, a diciassette anni, Kurten aveva cercato di stuprare e<br />

uccidere una ragazza. Aveva trascorso ventiquattro anni della sua<br />

vita dentro e fuori le prigioni dove, a quanto pare, aveva ucciso due<br />

carcerati, o così affermava lui. Quando lui e sua moglie vivevano a<br />

Dusseldorf, fu preda di una furia omicida che durò diciassette anni,<br />

una cosa in grado di far impallidire i serial killer contemporanei.<br />

Ancor prima che fosse puntato un solo dito contro Kurten, Karl si<br />

era ritrovato a osservare sovente quell'uomo mentre vagava per le<br />

strade dopo il tramonto. Così tranquillo, un herr dall'aspetto così<br />

incredibilmente sottomesso, ma con un'energia primitiva che<br />

ricordava a Karl quella di un animale al guinzaglio, ancora in cerca di<br />

una preda. Kurten trasmetteva un'energia particolare per un essere<br />

umano, la stessa energia che Karl, alcuni anni dopo, avrebbe sentito<br />

promanare da Hitler. La stessa energia che il secolo prima aveva<br />

sentito pulsare in Antoine la notte in cui era stato assalito. Si trattava<br />

della stessa forza che Karl riconosceva quando la brama del sangue<br />

minacciava di sopraffarlo. Ma lui, diversamente dagli altri - i<br />

succhiasangue mortali e immortali - era sempre stato in grado di<br />

controllare le sue ossessioni.<br />

Sorprendentemente, Kurten fu in grado di uccidere un bel numero<br />

di persone nel corso degli anni, per lo più ragazzini, prima di essere


catturato. Nonostante i suoi trascorsi violenti, la polizia non<br />

sospettava di lui per il numero crescente di sparizioni e, ovviamente,<br />

Kurten era un cittadino modello. In realtà, in città era stato<br />

giustiziato un pazzo per l'assassinio di un ragazzo scomparso. Ma gli<br />

omicidi erano continuati.<br />

Kurten preferiva per lo più il coltello, disse in seguito a un<br />

giornalista, per tagliare la gola delle vittime o pugnalarle al petto,<br />

benché gli piacesse anche strangolarle prima, per sottometterle.<br />

Adorava la vista del sangue. Il suo odore. Il sapore. Prese a scrivere<br />

in forma anonima degli appunti ai giornali sullo stile Jack lo<br />

Squartatore, prendendo in giro la polizia, descrivendosi come un<br />

succhiasangue. Karl giudicava lo stile di quelle missive altamente<br />

melodrammatico, del genere da rivistucola, e questo aggiungeva un<br />

tassello al puzzle di ciò che faceva scattare questo serial killer.<br />

Il sangue, disse Kurten, era come un incantesimo. Karl poteva ben<br />

comprenderlo. E a causa di tale malia, Kurten era spinto a uccidere<br />

sempre di più, e doveva avere ucciso persone a dozzine in quella<br />

escalation d'orrore. Tutto perché potesse toccare e assaporare il loro<br />

sangue.<br />

Alla fine, rapì Maria Budlik e la portò nella sua casa. Cercò di<br />

strangolare la ragazza ma lei lo convinse a liberarla. Maria si recò<br />

dalla polizia, ovviamente, fornendo loro nome e indirizzo di quello<br />

che avrebbe potuto essere il suo assassino. Le autorità fecero visita<br />

alla casa di Kurten e dissero a sua moglie dei loro sospetti, ma lui era<br />

talmente retto che persino con i registri della prigione, la polizia non<br />

poté giungere a credere veramente che fosse un pluriomicida.<br />

La signora Kurten affrontò suo marito quella notte e, in maniera<br />

abbastanza sorprendente, lui confessò. Insieme, decisero di lasciare la<br />

città, ma poi la moglie non riuscì a farlo. Collaborò con la polizia e<br />

organizzò un incontro con il marito nella chiesa in piazza, dove lui<br />

fu arrestato. Perfino allora, fino a quando lo stesso Kurten non fornì<br />

alla polizia prove dettagliate dei molteplici omicidi, le autorità non<br />

lo ritennero colpevole.<br />

Diversamente dal vampiro di Hannover, che arrivò molto più<br />

tardi nel corso della storia umana e che aveva un'occupazione che<br />

supportava il suo vizio di uccidere, gli appetiti di Kurten erano


chiaramente sessuali. In una circostanza Karl l'aveva osservato bene.<br />

La paura. Sul volto spaventato i tratti erano ancor più marcati.<br />

Kurten agiva come se in qualche modo si ritrovasse in una situazione<br />

particolare che gli impediva di ritrarsi, per così dire. Come se fosse<br />

stato qualcun altro a stuprare, a strangolare e uccidere così tante<br />

persone. Karl lo sapeva. Lui stesso aveva provato diverse volte<br />

quella dissociazione, all'inizio. Il Karl che era prima di bere, e quello<br />

che staccava le labbra dalla ferita lacerata che l'aveva nutrito, erano<br />

due esseri differenti. Questo gli consentiva di provare non pietà, ma<br />

almeno una certa empatia con Kurten che, anche se fosse stato in<br />

grado di spiegarlo a parole, nessun mortale avrebbe potuto capire.<br />

Kurten fu condannato a morte nove volte e, nel 1930, venne<br />

decapitato nella prigione di Klingelputz. Lo stesso anno il partito di<br />

Hitler fece un balzo in avanti e divenne il secondo per grandezza:<br />

ben presto sarebbe divenuto il partito che avrebbe creato il Terzo<br />

Reich, il Partito Nazista.<br />

Tutto questo aveva interessato Karl: il divenire della storia. Qui<br />

c'era un essere umano che trovava il sangue potente come lo era per<br />

lui. Che si sarebbe spinto ovunque per ottenerlo. Karl non aveva mai<br />

interferito nelle attività di Kurten: non riteneva fossero affari suoi.<br />

Gerlinde, quando le aveva raccontato la storia di Kurten, aveva<br />

detto: «È un approccio tipicamente tedesco. MYOB. Ecco come<br />

Hitler ha intrappolato un'intera nazione».<br />

Ovviamente aveva ragione lei, ma lui non poteva cambiare la sua<br />

natura. Era nato in Germania, e che cosa ci poteva fare? Non molto,<br />

a quanto pareva. Proprio come Kurten non era stato in grado di<br />

cambiare la sua natura, o Hitler la sua. Proprio come molti dei più<br />

illustri filosofi tedeschi avevano creduto che non possiamo cambiare<br />

chi siamo: il meglio che possiamo fare è cercare di far sì che ogni<br />

decisione sia quella giusta.<br />

Karl si fermò più o meno dove, se ricordava correttamente, un<br />

tempo si trovava la casa di Kurten. Doveva saperlo bene. Aveva<br />

vissuto lui stesso nella medesima casa, molto tempo prima che Peter<br />

Kurten spargesse sangue. E fu soltanto quando si ritrovò davanti<br />

all'edificio di cemento che nascondeva tutte le tracce della casa che<br />

c'era stata, che Karl si rese conto che non era giunto fin là per caso.


Era stato attirato da quella parte. Non solo Kurten aveva ucciso là,<br />

ma in quel luogo si era verificata un'altra morte. Quella era la casa<br />

dove Karl aveva preso dimora nella metà del diciannovesimo secolo,<br />

trentotto anni prima che il Vampiro di Düsseldorf, come venne in<br />

seguito chiamato Kurten, nascesse.<br />

Karl era stato aggredito quasi sulla porta di casa. Era autunno<br />

inoltrato. Le foglie morte ammantavano la strada, e il vento ululava<br />

senza sosta. Ricordava di aver avuto freddo quella notte. Voleva<br />

fuggire dalla rigidità degli elementi e ritirarsi nella stanza che aveva<br />

affittato in quella casa. Si trattava di una casa modesta, nella<br />

residenza di una vedova, di una delle figlie, e del marito di<br />

quest'ultima. La figlia aveva abortito avendo contratto la rubella,<br />

una malattia che i vivi potevano sconfiggere ma in grado di<br />

danneggiare il feto. Karl era giunto a Düsseldorf per lavorare a una<br />

cura per quella che sarebbe stata definita Rosolia, o Rubella, e la<br />

donna che possedeva la casa era stata ben felice di alloggiare il<br />

giovane scienziato nella sua dimora.<br />

Improvvisamente, l'energia di quel posto divenne come un'entità<br />

vivente, ansimante, pronta a invaderlo. Un turbine vorticoso di<br />

sangue e trasformazione che dilatò il tempo. Adesso che stava<br />

prestando attenzione, riconobbe subito quell'energia. Antoine era da<br />

qualche parte all'interno dell'edificio, appostato in qualcuno degli<br />

appartamenti. E con lui c'era Gerlinde!<br />

I ricordi sommersero Karl. Inconsciamente fece qualche passo<br />

indietro dal complesso di appartamenti e lo notò solo quando fu<br />

dall'altra parte della strada, intento a reggersi a un lampione, con<br />

l'aria stretta nel petto, che premeva contro il cuore e la testa in<br />

preda alle vertigini.<br />

Quella notte, più di 150 anni prima, Antoine era emerso dal<br />

passaggio di fianco la casa come un'anima nera. Ancor prima che<br />

avvenisse il contatto, il male e la corruzione avevano ostruito i pori<br />

della pelle di Karl. Era come se il tessuto dell'universo si fosse<br />

lacerato, e una formidabile energia negativa l'avesse risucchiato nel<br />

suo stomaco, inghiottendolo, mentre gli strappava la carne,<br />

sottraendolo al suo corpo, aspirando il sangue dalle sue vene con<br />

una forza mostruosa che l'aveva svuotato nel giro di pochi minuti,


prima che potesse reagire. Contro la sua volontà, un liquido freddo<br />

e viscido era penetrato attraverso le sue labbra scivolandogli giù per<br />

la gola, raggelandolo con la sensazione che quel sangue riciclato<br />

fosse proprio il suo. Era preda delle convulsioni, ma quel sangue<br />

nero continuava a scendere, come se avesse riconosciuto la propria<br />

dimora e volesse farvi ritorno. Persino mentre ingoiava e aveva i<br />

conati. Karl pensò: "Non è questo il modo per nutrirmi", ma quel<br />

pensiero razionale non alterò l'orrore della realtà che stava vivendo<br />

e quello che sarebbe seguito.<br />

Lasciato morente, riuscì a rivivere prima dell'alba. L'unico ricordo<br />

che ebbe all'inizio fu spiacevole: il suono di una risata oscena,<br />

demoniaca. Non sapeva dove fosse, chi fosse, e fu soltanto la sua<br />

forza di volontà a condurlo fuori dall'abisso di una realtà distorta più<br />

simile a un incubo, riportandolo sul pianeta terra. Per istinto, strisciò<br />

verso la porta, infilò la chiave ed entrò nella sua stanza. Ancora una<br />

volta d'istinto, chiuse a chiave la porta, serrò le imposte e si avvolse<br />

in tre coperte, poiché si sentiva gelare fin dentro le ossa. Il suo corpo<br />

tremava in maniera incontrollata. I suoni erano distorti, e ogni<br />

ticchettio dell'orologio a pendolo, ogni scricchiolio del pavimento,<br />

ogni cane fuori dalla finestra che ululava, veniva ingigantito dieci<br />

volte. E mentre la luce si spandeva nel cielo, uno sfinimento<br />

prossimo all'annientamento lo travolse, e non poté fare altro che<br />

capitolare di fronte a quella che supponeva, o persino sperava,<br />

sarebbe stata la morte. Non avrebbe potuto essere più sorpreso<br />

quando si destò al tramonto seguente.<br />

L'essere oscuro che l'aveva costretto in quello stato alterato era un<br />

catalizzatore per un cambiamento che l'avrebbe trasformato<br />

geneticamente, emotivamente, e in ogni altro modo. Adesso, quella<br />

creatura infernale che non aveva pietà, empatia, e che non poteva,<br />

apparentemente, provare rimorso, quell'essere che Karl temeva,<br />

quello che conosceva come Antoine, attendeva, come un enorme<br />

ragno velenoso, appostato in una ragnatela verso la quale Karl era<br />

attirato come se i fili di seta fossero la sua casa. Sentì con ogni cellula<br />

del suo corpo che Morianna aveva ragione: Antoine era suo padre.<br />

Lui era la prole indifesa di un despota.<br />

Il terrore lo avviluppò quasi fosse stato preso tra le fauci di un<br />

mostro di metallo. Nonostante ciò, Karl si fece avanti, un passo alla


volta. Verso la porta di quel complesso di appartamenti.<br />

Avvicinandosi, sospettava, alla sua fine.<br />

Guadagnò l'accesso passando per la porta che dava sulla strada,<br />

poi passò la porta interna e procedette su per le scale. Dal numero di<br />

cassette per la posta che oltrepassò, dovevano esserci una dozzina di<br />

appartamenti. Non aveva bisogno di un nome. Era chiaro in quale si<br />

trovavano Antoine e Gerlinde. Avrebbe dovuto essere davvero<br />

morto per non sentire l'energia che emettevano.<br />

Al primo piano, alla fine del corridoio in marmo scolorito, c'era<br />

una porta socchiusa, come si era aspettato. Ovviamente era atteso.<br />

Sapevano che era nelle vicinanze come lui sapeva di loro.<br />

Karl raggiunse la porta, la aprì ed entrò nell'appartamento vuoto.<br />

Gerlinde sedeva su una piccola sporgenza in marmo per le piante di<br />

fronte alla finestra. Pensò che sembrava nervosa. I suoi occhi castani<br />

erano luminosi, febbricitanti, e concentrati su di lui. Le mani<br />

stringevano lo spigolo del marmo. Indossava gli abiti con cui l'aveva<br />

vista l'ultima volta, calze nere, e un vestito asimmetrico a maniche<br />

lunghe, il collo inclinato in uno strano modo. Voltò leggermente la<br />

testa, e i corti capelli rossi si mossero dal viso, dal collo, come se lei<br />

volesse mostrargli i segni che aveva sulla gola.<br />

Antoine era dietro di lui. Karl non lo vide ma rimase paralizzato<br />

dall'energia. Era come se la sua schiena fosse premuta contro un<br />

muro, un muro intangibile che però era reale come se fosse d'acciaio.<br />

Lo bloccava, lo teneva dov'era. Disse a se stesso che non aveva<br />

bisogno di voltarsi, ma sapeva di non poterlo fare. Non era da lui<br />

affrontare la bestia. Non ancora.<br />

Poi iniziò un rombo, come se la terra tremasse sotto i suoi piedi.<br />

Era un suono profondo, orribilmente malvagio. Si era forse aperto<br />

un abisso nell'inferno liberando tutte le oscure forze in un regno del<br />

quale non facevano parte?<br />

Poi finì con il riconoscere quel suono, perché l'aveva già sentito.<br />

Antoine stava ridendo. Di lui. Questo fece tremare di terrore Karl,<br />

sottomesso a un potere che era al di là di quello che poteva<br />

affrontare.<br />

Il suono s'interruppe bruscamente, come se una testa fosse stata


appena tagliata con un coltello affilato. Karl sentì Antoine<br />

allontanarsi dall'appartamento, allontanarsi dal corridoio e<br />

dall'edificio. L'energia malvagia svanì com'era comparsa, lasciando<br />

Karl debole e fragile. Ma aveva trovato Gerlinde, e questo gli dava<br />

forza.<br />

Fece un passo verso di lei.<br />

«No!», disse lei dura, stendendo la mano. «Non ti avvicinare a<br />

me».<br />

«Ti ha fatto del male», disse Karl debolmente, sorpreso dal suo<br />

rifiuto, giustificandolo nella propria mente. Antoine aveva<br />

ovviamente abusato di lei. Si mosse in avanti.<br />

Gerlinde balzò in piedi e ringhiò come un animale. «Ho detto,<br />

non ti avvicinare a me!». La sua voce crebbe d'un tono, e il suo viso<br />

divenne quello di un animale davanti ai suoi occhi. Sembrava pronta<br />

ad aggredirlo.<br />

«Va bene. Stai calma. È tutto a posto», disse, tanto per sé quanto<br />

per lei. L'aveva vista alcune volte prepararsi all'attacco, ma mai<br />

contro di lui, e lo innervosì trovarsi dall'altra parte.<br />

Non si sedette, ma non attaccò.<br />

«Se n'è andato», disse Karl, sentendo quanto suonasse vuota<br />

quell'affermazione scontata, ma forse aveva bisogno di essere<br />

rassicurata. «Vieni. Andremo subito all'aeroporto e prenderemo un<br />

volo per Montréal dove stanno aspettando gli altri e...».<br />

«Io non ritorno insieme a te».<br />

«Cosa? Tu... non sei in te. Ti ha usata. So come agisce. Capisco<br />

come ti senti, ma...».<br />

«Tu non capisci nulla di me! Non hai mai capito».<br />

Quello, più d'ogni altra cosa, lo colpì profondamente, come se lei<br />

si fosse servita di un coltello e avesse trovato il bersaglio, il suo<br />

cuore. Comunque, Antoine l'aveva influenzata, questo era chiaro.<br />

Doveva essere vittima del suo incantesimo per dire cose simili.<br />

«So che cosa stai pensando», disse Gerlinde. «Non mi sta<br />

controllando. Io sono venuta da lui. Di mia spontanea volontà. L'ho<br />

cercato».


«No. Lui ti ha chiamata, ma tu non lo sapevi. Si è servito del suo<br />

legame con me, per tracciarti attraverso di me. Lui è molto<br />

potente...».<br />

«Sì, lo è. Ecco perché voglio lui, Karl. Sono stanca di com'è stato<br />

con te, con gli altri. Non siamo una razza fatta per simili<br />

compatibilità. Siamo demoni, spietati, e maggiore è il potere che<br />

otteniamo, più siamo in grado di controllare il nostro destino».<br />

«Gerlinde, questa non sei tu. Non hai mai parlato in questo<br />

modo...».<br />

«Mi sono sempre sentita così, ma tu non hai mai voluto saperne.<br />

Sei sempre stato talmente impegnato a cercare di andare<br />

d'accordo...».<br />

«Tu stessa hai fatto non pochi sforzi conciliatori...».<br />

«Perché era tutto quello che sapevo. Perché tu, David e André<br />

volevate a quel modo. Ma non è come volevo io. Tu acconsenti a<br />

ogni loro desiderio. Be', dove sono i tuoi di desideri? Che cosa<br />

volevi tu?»<br />

«Io volevo te».<br />

«Davvero? Ne dubito».<br />

Adesso si sentiva arrabbiato. Qualsiasi cosa Antoine avesse fatto<br />

poteva essere disfatta, o almeno lo sperava. Ma non aveva<br />

intenzione di lasciar perdere questa cosa. «Tu sai che ti sono<br />

profondamente affezionato...».<br />

«Profondamente affezionato? Dopo quarant'anni insieme? E che<br />

mi dici della parola amore?»<br />

«Io ti amo, questo lo sai...».<br />

«Non essere ridicolo. Siamo incapaci di amare. Tu non puoi<br />

amare me, io non posso amare te. E gli altri, con il loro concetto di<br />

legame si stanno illudendo. Non puoi aprirti a me neppure come fa<br />

un mortale».<br />

«Mi sono aperto a te. Ti ho detto tutto quello che c'è da sapere su<br />

di me».<br />

«Davvero?»


«Senti, è una cosa ridicola. Devi venire con me».<br />

«Io non devo venire con te e non verrò. Non lo capisci, non è<br />

vero? Siamo una specie isolata, lo siamo sempre stati, e sempre lo<br />

saremo. Ci leghiamo insieme per fini egoistici. Stavo con te per la<br />

paura di restare sola. Tu mi hai creata, che scelta avevo?»<br />

«Avevi tutte le scelte del mondo. Tu hai voluto questo. Mi hai<br />

implorato per questo...».<br />

«Ma non sapevo che cosa mi aspettava. Non me l'hai mai<br />

spiegato».<br />

«Ho cercato».<br />

«E hai fallito, Karl. Hai fallito. Stavo insieme a te perché eri il mio<br />

creatore, più forte di me, a causa del sangue. Ma adesso voglio<br />

qualcosa di più. E tu non me la puoi dare».<br />

«Pensi che Antoine sia in grado? Credi che possa amarti?»<br />

«No. Lui ammette di non potermi amare. Almeno è onesto».<br />

Questo lo ridusse al silenzio. Qualunque cosa le avesse fatto<br />

Antoine, le sue parole, parole che non aveva sentito dalle sue labbra<br />

prima di quel momento, in qualche modo suonavano vere. "Tutto<br />

questo non ha senso", disse a se stesso. "È stata ipnotizzata...". Ma<br />

sapeva che non era quello. Non sembrava ipnotizzata. Sembrava più<br />

lucida di quanto non l'avesse mai vista prima.<br />

«Che cosa mi stai dicendo?», disse lui alla fine.<br />

«Ti sto dicendo di andartene. Non voglio venire con te. Puoi<br />

costringermi, ovviamente...».<br />

«Perché dovrei farlo? Che me ne verrebbe?».<br />

Per un istante vide uno sguardo particolare sul volto di lei, che<br />

non riuscì a identificare. Non sapeva se la stava valutando<br />

correttamente, ma pensò che sembrava urtata. Poi, in un istante, i<br />

suoi tratti mutarono, s'irrigidirono, e disse: «Allora va. Ho preso la<br />

mia decisione. Voglio stare con Antoine».<br />

Karl sentì quell'abisso profondo d'inferno sotto i suoi piedi e le<br />

sue gambe tremarono. «Io... sono venuto a salvarti...».<br />

«Ti sembra che io abbia bisogno di essere salvata?»


«Ma... che cosa può offrirti lui? Se non amore, cosa?»<br />

«Mi offre quello che tu non hai mai potuto, quello che mai potrai.<br />

Potere. Adesso, va!».<br />

Ma Karl non riusciva a muoversi. Si sentiva vincolato a quel<br />

posto, con quel baratro nero che s'ingrandiva sotto i suoi piedi. E<br />

mentre restava là, sbalordito, Gerlinde si scostò dalla finestra<br />

dicendo: «Se non puoi lasciarmi tu, ti lascerò io». Lo oltrepassò<br />

dirigendosi verso il corridoio. Sentì le scarpe di lei fare rumore sui<br />

gradini di marmo, la porta aprirsi, la sentì che si allontanava, per la<br />

strada, nella direzione in cui era andato Antoine. Sentì la sua energia<br />

che svaniva. Sotto di lui si era aperta una cavità enorme che si stava<br />

espandendo, circondandolo, fino a quando un nulla corrosivo lo<br />

ricoprì. Si sentì vuoto. I suoi sensi non avvertivano nulla. Non aveva<br />

pensieri, non aveva emozioni. Sospeso nel tempo, questo pensiero<br />

lo colse: "Dunque è così che ci si sente ad essere morti! ".


CAPITOLO 11<br />

Il primo istinto di Karl fu quello di telefonare a casa. Come<br />

qualunque essere alienato, aveva bisogno di un collegamento di<br />

qualche tipo con ciò che gli era familiare, anche solo per non<br />

impazzire.<br />

Da quelle prime ore di stordimento, un dolore si era affacciato,<br />

era cresciuto lentamente come un fungo, divenuto acido tra le<br />

emozioni, divorandolo fino a quando non aveva capito in che cosa<br />

si era trasformato: sofferenza. L'intensità che sentiva svilupparsi<br />

all'orizzonte della psiche lo spaventava. Non sapeva che cosa fare,<br />

dove volgersi. Alla fine si rivolse ai suoi amici.<br />

«Torna a casa, mon ami», disse André.<br />

«Sì, torna. Prendi il prossimo volo», aggiunse David dall'altro<br />

telefono collegato alla linea. «Verremo a prenderti all'aeroporto».<br />

«Che cosa puoi fare in Germania? Nulla. Devi restare qui, al<br />

sicuro. Allora potremo escogitare un piano».<br />

«È troppo pericoloso là fuori, con Antoine alle calcagna».<br />

«Se avesse voluto farmi del male», disse loro Karl con tono piatto,<br />

«sarebbe stato abbastanza semplice».<br />

«Sembra che ti abbia fatto del male», disse David.<br />

Mentre parlavano, Karl si sentì sempre più determinato a non fare<br />

rientro a Montréal. Sapeva che André e David si preoccupavano per<br />

lui. Ne avevano passate così tante insieme e restavano comunque i<br />

suoi leali amici. Ma questa era una situazione che sentiva di non<br />

poter davvero condividere con loro, o con chiunque altro. Si<br />

trattava del suo dolore personale e basta.<br />

«Sappiamo che cosa stai passando», disse David. «Ci siamo passati<br />

entrambi».<br />

Ma non era così. Non proprio. Quello che era successo tra André<br />

e Carol e tra David e Kathy non era stato nulla di simile. Affatto. Lui<br />

e Gerlinde erano stati insieme per quasi mezzo secolo. Sembrava che<br />

lei fosse al suo fianco da sempre, anche se questo non era vero, ma


come avesse fatto a vivere senza di lei prima di incontrarla non lo<br />

sapeva davvero. E come avrebbe potuto continuare adesso che se<br />

n'era andata...<br />

«Siamo stati entrambi rifiutati», disse André.<br />

Ma nessuno di loro aveva patito per qualcosa di così diretto e<br />

definitivo.<br />

«Si tratta di Antoine, davvero». David conosceva Antoine tanto<br />

quanto Karl, se non meglio. Antoine, il mostro furtivo che appariva<br />

dal nulla, distruggeva e svaniva rapidamente nella notte come una<br />

nebbia nera. Una forza talmente malvagia, così svincolata da<br />

qualsiasi legame da sembrare puro potere, anche se solo per la virtù<br />

della sua piena autonomia e totale imprevedibilità.<br />

«La sta manipolando», proseguì David. «Pensa a come ha<br />

controllato Ariel, e Kathy. E me, se è per questo. Di certo ricordi la<br />

notte in cui ti ha preso...».<br />

«Certo che ricordo quella notte», scattò Karl. Si pentì subito di<br />

quel tono. I suoi amici stavano solo tentando di aiutarlo. «Mi<br />

dispiace. Ho i nervi tesi».<br />

«Non c'è da stupirsi», disse André. «Devi tornare a casa».<br />

«Non ho una casa», gli disse Karl, e i due dall'altro capo del<br />

telefono rimasero in silenzio come fossero stati schiaffeggiati a<br />

parole.<br />

David cercò di nuovo, ma parlò piano, in modo che non fosse<br />

facile per Karl interromperlo. «Se pensi alla notte in cui sei stato<br />

trasformato, ti ricorderai, come me, quella sensazione opprimente di<br />

impotenza. Antoine suscita quella sensazione nelle sue vittime, poi se<br />

ne nutre. Lo sai bene come me. Ha influenzato la mente di Gerlinde<br />

in qualche modo, e l'ha fatto per danneggiare te. Vuole che tu sia<br />

indifeso, e questo è l'unico modo per ottenerlo, adesso che sei<br />

distante da lui. Non farlo vincere».<br />

«David ha ragione», disse André. «Antoine sta usando Gerlinde per<br />

arrivare a te. Questo è evidente».<br />

«Non sono uno stupido!», disse Karl. Stava perdendo la calma con<br />

i suoi amici. Doveva riagganciare il telefono e smetterla di torturarli.


Sospirò e Poi disse: «Lo so che mi state dicendo la verità. Ma quali<br />

che siano i motivi reconditi di Antoine, il risultato per me non<br />

cambia: senza di lei, non vedo che motivo ci sia di sopravvivere».<br />

Sentire quelle parole che uscivano dalla sua bocca cristallizzò il<br />

dolore che lo investiva a ondate. Antoine forse stava manipolando<br />

Gerlinde, e lui. Dopotutto, aveva affermato di voler distruggere<br />

molti della loro razza. Ma se era così, allora aveva già vinto. Karl<br />

non poteva combatterlo, questo era chiaro. E Gerlinde era persa, e<br />

questo significava che una parte di lui era scomparsa. Si sentiva come<br />

fosse stato amputato, come se tutti gli arti fossero stati recisi dal suo<br />

corpo e fosse rimasto solo un busto sanguinante ed eternamente<br />

dolente. E inoltre, nonostante tutto questo, si sentiva curiosamente<br />

distaccato, come se il dolore stesse affliggendo qualcun altro. Lo<br />

scienziato che era in lui era impegnato ad analizzare, persino mentre<br />

accadeva, e quella alienazione dalla sua stessa esistenza non faceva<br />

altro che gonfiare la sua disperazione.<br />

"Che cosa sono diventato?" si chiese. "Più di centocinquanta anni<br />

su questo pianeta mi hanno reso simile a una roccia. La parte di me<br />

che morì per mano di Antoine è cresciuta. Dove sono diretto, se non<br />

all'oblio?".<br />

David e André erano impegnati a controbattere le affermazioni<br />

fataliste di Karl, con tutte le argomentazioni che avrebbe sollevato<br />

Karl e che aveva creato con loro nel corso degli anni. Ma le loro<br />

parole non riuscivano ad alleviare la sua sofferenza. Sospettava che<br />

nulla sarebbe riuscito a farlo.<br />

A un certo punto giunse al telefono Morianna, mentre Julien e<br />

Michel erano agli altri apparecchi. «Il tempo guarirà quella ferita»,<br />

disse Morianna debolmente, con una voce senza entusiasmo alle<br />

orecchie di Karl. Sembrava scontata, come un qualsiasi mortale che<br />

non sapesse cosa dire a una persona cui era stata diagnosticata una<br />

malattia terminale. E lui non l'aveva mai percepita come banale<br />

prima di allora.<br />

Julien non disse nulla.<br />

Il tono scosso di Michel filtrò dalle sue parole. «Devi tornare. Ti<br />

prego, Karl. Troveremo un modo per portare indietro Gerlinde, tutti<br />

insieme. Ma adesso sei solo là fuori. Ti prego».


L'affetto del ragazzo per lui fece breccia, e quelle furono le prime<br />

parole che scalfirono la sua armatura di agonia. Ma in fin dei conti<br />

Karl sapeva che tornare a Montréal sarebbe stato come finire in<br />

coma. «Non posso tornare. Non ora».<br />

«Ma Antoine ti traccerà...».<br />

«È sempre stato in grado di farlo. Se avesse voluto distruggermi,<br />

avrebbe potuto farlo tante, tante volte».<br />

«Il suo piano è più infido», disse Julien. Il tono di quello che<br />

diceva l'anziano di solito andava dritto in profondità, e Karl fu<br />

costretto ad ascoltare. «Come ci dice uno scrittore mortale, il cuore è<br />

davvero un cacciatore solitario. Faresti meglio a ricordarlo e a<br />

ricordare le parole che Morianna ha detto prima che tu partissi».<br />

«Riguardo la fase della morte? Be', se quello è il mio destino non<br />

c'è nulla da fare. E sembra che adesso io possa solo entrarvi e vedere<br />

dove conduce».<br />

«Ma noi possiamo aiutarti», disse Michel, cercando, sforzandosi,<br />

aggrappandosi alla speranza per quanto questa potesse essere fragile,<br />

come fanno i giovani, e questo smosse Karl. Se c'era qualcuno in<br />

grado di allontanarlo dalla sua rotta, quello era Michel.<br />

«Forse la comunità mi può aiutare», disse Karl, «ma non adesso.<br />

Ora ho bisogno di restare solo».<br />

Per oltre due ore, parlò con tutti loro. La preoccupazione era<br />

tangibile. Ciononostante nulla lo smuoveva dal suo intento perché<br />

non poteva essere smosso. Era schiacciato dalla disperazione. Non<br />

poteva stare insieme a loro. Non aveva nulla da offrire e non era in<br />

grado di ricevere. Se restare da solo voleva dire che Antoine<br />

l'avrebbe ucciso, o che si sarebbe distrutto da sé nella fase della<br />

morte, allora si sarebbe piegato, sperando di farlo con grazia, al suo<br />

destino. Forse quella era l'unica cosa che era in grado di controllare.<br />

Quando Karl ebbe riagganciato, sapeva dov'era diretto. Non<br />

verso Gerlinde, che sentiva aver lasciato Düsseldorf. La tracciò a<br />

nord-est, verso Hannover. Non poteva tracciare Antoine,<br />

ovviamente, ma riteneva fossero insieme. Hannover. Un'altra città<br />

tedesca che aveva prodotto un "vampiro" umano, pensò con<br />

sarcasmo e amarezza Karl. Forse dopotutto Antoine possedeva un


certo senso dell'umorismo.<br />

Non poteva seguirli. Che senso avrebbe avuto? Gerlinde poteva<br />

essere vittima di un incantesimo o meno, ma Antoine lo surclassava<br />

di parecchio. Come poteva combattere il suo creatore? Be', avrebbe<br />

potuto, ma sarebbe morto all'istante. Combattendo e morendo per<br />

la donna che amava, attratto dal romanticismo sopito in lui, ma<br />

quello era solo un sogno ad occhi aperti. In realtà si sarebbe trattato<br />

di una morte orribile. Antoine l'avrebbe fatto a pezzi, e Karl<br />

probabilmente sarebbe stato costretto a implorare pietà. Non era<br />

una fine che avrebbe voluto divenisse il suo testamento. E nella sua<br />

mente aveva un'immagine nitida di Gerlinde che sghignazzava di<br />

fronte a una simile fine.<br />

No, se l'esistenza non era possibile, l'unico elemento sul quale<br />

avrebbe potuto esercitare ancora il controllo era la sua stessa morte.<br />

Quando e come sarebbe morto. Antoine avrebbe potuto attaccarlo,<br />

ma ne dubitava. Come aveva detto e pensato, c'erano state troppe<br />

occasioni. E ad Antoine piacevano le sfide. Karl non era un<br />

avversario adeguato. Antoine conosceva i suoi figli, e aveva<br />

compreso che Karl, se lasciato a se stesso, si sarebbe ucciso.<br />

Fare il gioco di Antoine era un'opzione che non allettava Karl, ma<br />

qual era l'alternativa? Non sembravano essercene. Questo padre<br />

onnipotente poteva fare e disfare a suo piacimento. E aveva fatto<br />

entrambe le cose.<br />

Col cuore oppresso, Karl prese un treno diretto verso sud, a<br />

Oberwesel. Quale posto migliore per morire se non il luogo dov'era<br />

nato?


CAPITOLO 12<br />

Mentre il treno locale sbuffava lungo la valle del Reno, facendo<br />

brevi soste nei paesini lungo la strada dove i passeggeri salivano e<br />

scendevano - Porz; Bad Honnef - e poi Bonn, una città bassa con<br />

alte chiese e aree industriali; indaffarata, pulita ed efficiente. Mentre<br />

sollevava lo sguardo verso le dozzine di castelli medievali collocati<br />

sulla cima delle montagne lungo la pittoresca via, mentre il profumo<br />

della terra fertile e familiare gli riempiva le narici, e i volti delle<br />

persone sul treno, così simili a quelli dei loro predecessori<br />

cominciavano a stamparsi nella sua mente e a sovrapporsi ai ricordi,<br />

Karl cominciò a sentire di essere arrivato a casa.<br />

Il fiume Reno curvava in mezzo alle montagne. I pendii erano<br />

cosparsi di vigneti divisi in quadrati sulla terra delle uve bianche che<br />

produceva l'amato vino del Reno con cui Karl era cresciuto. Questa<br />

terra l'aveva foggiato.<br />

Il treno fischiò, e a lui parve inutilmente: a quell'ora della notte<br />

non avrebbe dovuto esserci traffico sui binari, né i treni<br />

internazionali ad alta velocità che non fermavano in queste piccole<br />

stazioni, né quelli trasportavano merci da nord a sud. Questo<br />

semplice treno in legno, realizzato con tanto narcisismo, era<br />

composto da due vagoni e dalla motrice. Era stato costruito negli<br />

anni Trenta, durante il periodo della guerra, ed era simile a quelli in<br />

miniatura che correvano intorno agli alberi di Natale.<br />

Il treno percorse un'ampia curva. Quella sera il fiume era basso e,<br />

più avanti, Karl riuscì a intravedere la punta di Lorelei, la formazione<br />

rocciosa sotto le acque che, come le sirene della mitologia greca,<br />

avevano allettato così tanti marinai facendoli naufragare quando<br />

quel corso d'acqua era stato l'unica via tra il Nord e il Sud. Heinrich<br />

Heine era un contemporaneo di Karl, e gli vennero in mente le<br />

parole del suo famoso poema:<br />

C'è seduta ben diritta nella luce una vergine così bella, pura: i suoi<br />

gioielli splendono luminosi e lei pettina i suoi capelli clorati e lucenti.<br />

Il suo pettine è dell'oro più prezioso, si pettina e canta così


dolcemente ammaliando i pescatori giovani e vecchi i cui cuori<br />

iniziano a vibrare e pulsare.<br />

C'è un uomo in questa barca sul fiume, non può fare a meno di<br />

ascoltare e guardare, un desiderio lo fa vibrare, attento alle rocce<br />

che affiorano, oh attento!<br />

Temo vi sia stato un impatto: la barca affonda. L'uomo sarà<br />

inghiottito e perduto, e questo col suo canto melodioso avrà causato<br />

la Lorelei.<br />

Non era il più bel poema che fosse stato scritto, ma le parole<br />

colpirono Karl dritto al cuore. Sì, lui era l'uomo sulla barca, che<br />

ascoltava, fissava, desiderava... e che si dirigeva verso la propria<br />

morte.<br />

All'improvviso avvistò la piccola città di Oberwesel. Casa.<br />

Era cambiata e no, dalla sua infanzia. Oberwesel per lui ancora<br />

era soltanto un villaggio che non si era modificato da quando era<br />

nato nel 1820 e, sospettò, non era cambiato molto nemmeno nei<br />

cinque secoli precedenti. I suoi occhi ispezionarono selettivamente<br />

quello che non si sovrapponeva con precisione ai suoi ricordi.<br />

Quello che vedeva non era la Oberwesel odierna, bensì quella del<br />

suo passato.<br />

Era stata più piccola, ovviamente. Tutti questi paesi e queste città<br />

lo erano stati. Quello stesso viaggio lungo il Reno avrebbe richiesto<br />

forse una settimana o più. Allora non vi erano strade, e sentieri<br />

appena battuti da paese a paese. Il fiume era la fonte di vita. Non vi<br />

erano imbarcazioni di diporto sparse su quelle acque, ma solo<br />

mercantili che si affidavano al vento per gonfiare le vele. E se non<br />

c'era vento, dei cavalli sulla terraferma le tiravano con delle corde in<br />

modo che potessero attraccare. Queste imbarcazioni giungevano<br />

sporadicamente, principalmente caricavano e scaricavano prodotti<br />

per le proprietà più isolate. A quel tempo c'era poco bisogno di<br />

spostarsi, e la gente non viaggiava.


Vide davanti a sé ricordi che si trasformavano nella realtà -<br />

ricordò der Mauseturm - la Torre del Topo - e la Torre del Gatto, e<br />

quell'altra - sì, la Torre del Bue - tutte quante in piedi dal Medioevo,<br />

adesso illuminate nottetempo grazie all'elettricità: ai suoi tempi il<br />

medesimo effetto si otteneva per mezzo delle candele, dei fuochi di<br />

segnalazione sulle acque scure e turbinose del fiume. Le torri si<br />

trovavano nella parte vecchia della città, che, quando era un<br />

ragazzo, rappresentava il paese intero. Allora, Oberwesel constava<br />

forse di un centinaio di case - la popolazione non superava i mille<br />

abitanti - la cattedrale, la Chiesa di Nostra Signora, vicino al porto, e<br />

San Martino più nell'entroterra, i monasteri, e a torreggiare sopra<br />

ogni altra cosa sulla cima della collina più elevata, die Schònburg.<br />

Grazie alla luce della luna, Karl vide i mattoni rossi dell'ala<br />

ricostruita, in evidente contrasto con le pietre originali grigiomarrone<br />

della massiccia fortezza. Una stravaganza architettonica in<br />

voga per quel tipo di restauro. Molti castelli lungo il Reno erano<br />

stati ristrutturati, e ce n'erano un centinaio. Non era una cosa<br />

esteticamente piacevole, ma almeno, pensò Karl, era chiaro a tutti<br />

cosa era originale e cosa invece no.<br />

Il castello di Schònburg era sempre stato là, o così sembrava. La<br />

costruzione era cominciata mille anni prima, accresciuta dai molti<br />

principi guerrieri che avevano vissuto in quel posto. La proprietà era<br />

stata oggetto di dispute nel corso dei secoli. Dalla stazione Karl<br />

chiamò uno dei due taxi del paese e disse al conducente di portarlo<br />

al Castello Schònburg. Se durante quel secolo e mezzo di esistenza<br />

aveva imparato qualcosa, era che i ricchi potevano permettersi di<br />

essere eccentrici. Tutti se lo aspettavano. Era molto più semplice<br />

chiedere che la sua stanza fosse pulita dopo le otto di sera là, dove<br />

pagava per un servizio particolare, che in una locanda, dove la sua<br />

richiesta sarebbe stata ignorata per quanto avesse potuto pagare.<br />

Il taxi alla fine giunse alla stazione e il conducente, una matrona,<br />

con l'abituale «Guten Abend!» lo condusse lungo la tortuosa<br />

autostrada che s'inerpicava lungo la montagna. Cercò di coinvolgerlo<br />

in una conversazione, ma Karl resistette al tentativo. Ai suoi tempi<br />

Oberwesel era stata piccola. Lo era ancora. Lui era uno straniero che<br />

arrivava nel bel mezzo della notte. La notizia del suo arrivo, la sua<br />

descrizione, e tutto il suo contrario sarebbe stato macinato nel


mulino dei pettegolezzi. Per l'ora di pranzo, l'intera città avrebbe<br />

saputo che lui era là.<br />

Era stato lo stesso durante la giovinezza. Ogni suo movimento era<br />

stato alla mercè di tutti. Poteva uscire la sera, e al mattino suo<br />

nonno gli avrebbe detto dove era stato, con chi e di che cosa<br />

avevano parlato, nel dettaglio. Qualcuno avrebbe visto questo,<br />

qualcun altro sentito quello, un terzo notato quest'altro ancora. La<br />

vita del piccolo paese. Nessuna meraviglia che i non morti<br />

preferissero le grandi città! L'anonimato ha i suoi vantaggi.<br />

Appena sopra di loro, sempre più vicino, c'era un enorme muro<br />

di cinta, una di quelle immense strutture difensive che Karl aveva<br />

visto spesso in Germania. All'interno delle mura erano presenti<br />

cinque bastioni, oltre alla vecchia cappella. Alla fine giunsero a un<br />

belvedere fatto con assi di legno e il taxi non poté procedere oltre.<br />

Di là proseguì a piedi su per la salita di ciottoli, sul ponte levatoio<br />

che scavalcava il fossato, nel cortile. Più avanti c'era un ingresso ad<br />

arco appuntito, mentre alle sue spalle c'era l'enorme ingresso in<br />

pietra e ferro per la torre. Nonostante il vento freddo che<br />

imperversava tutto intorno a lui e fin su tra le nuvole, si fermò un<br />

istante per osservare il castello da quel cortile.<br />

Karl, come ogni altro ragazzo di quel tempo, aveva appreso la<br />

storia del castello in gioventù. Un tempo Oberwesel, mille anni<br />

prima, era stata un accampamento romano, chiamato Voslivia o<br />

Ficelia: non riusciva a ricordare con esattezza. Dagli scavi eseguiti<br />

nella cittadina negli anni precedenti la sua epoca e da quello che<br />

aveva letto del periodo sul «National Geographic», avevano portato<br />

alla luce i resti delle ville romane, con colonne, condutture per<br />

l'acqua, pozzi e pavimenti. Il castello stesso poteva essere servito<br />

come torre di guardia. Dopotutto, quella posizione vantaggiosa era<br />

la migliore lungo il Reno, e la collocazione di quella fortezza<br />

l'avrebbe resa facile da difendere.<br />

Gli schiavi avevano costruito il castello tra il 966 e il 1166. La<br />

famiglia Schònburg era originaria di Oberwesel - Karl era un lontano<br />

discendente come, sospettava, molti degli abitanti del paese. Sopra<br />

l'ingresso notò uno scudo - le armi della casata, concesse a un<br />

cavaliere di Schònburg da Carlo Magno nel 744 come ricompensa


per il coraggio dimostrato in battaglia e specialmente per aver<br />

salvato la vita del re.<br />

C'erano stati molti intrighi nei secoli. Il Conte Palatino si diceva<br />

avesse tenuto prigioniero nei sotterranei il suo rivale Otto di<br />

Rheineck, e alla fine l'avesse strangolato là. Abbondavano i racconti<br />

di spionaggio e cospirazioni politiche. Una complessa macchinazione<br />

aveva portato a uno scontro diretto tra l'allora imperatore e il papa.<br />

Le promesse erano state infrante, e la cosa aveva fatto sì che la<br />

proprietà venisse contesa agli Schònburg, benché alla famiglia fosse<br />

stato concesso di rimanervi ad abitare. La Libera Città Imperiale di<br />

Oberwesel improvvisamente si era trasformata in un feudo, e di<br />

conseguenza vi furono diversi signori. A un certo punto, il castello fu<br />

diviso in tre parti, e ciascuna di queste appartenne a un diverso clan<br />

della famiglia Schònburg. In quella spaziosa struttura forse erano<br />

arrivate ad abitare 250 persone contemporaneamente.<br />

Si guardò intorno. Quelle spesse mura avevano resistito per secoli.<br />

Quali segreti conoscevano! Le due torri circolari da quella parte -<br />

una era crollata nel 1880 - erano impressionanti. Sapeva che ce<br />

n'erano altre dall'altra parte poiché da ragazzo aveva giocato nella<br />

foresta di quella montagna. Il cortile presentava armi in ghisa che<br />

puntavano a est verso il fiume, e un cumulo di palle pietra, che<br />

erano state usate nelle catapulte, pronte per essere scagliate contro i<br />

vascelli nemici. Le principali battaglie che si erano tenute in quel<br />

posto avevano causato dei danni. Federico II; gli spagnoli nel 1632;<br />

gli svedesi nel 1639; i francesi nel 1646: non vi era modo di<br />

determinare chi avesse lasciato quale segno. Karl ricordò la<br />

descrizione delle rovine del castello Schònburg fatta da Victor Hugo<br />

e rise: «Uno dei cumuli di macerie più venerabili di tutta l'Europa».<br />

Nel 1820, anno di nascita di Karl, non c'erano più Schònburg nel<br />

castello in rovina. Ma il loro testamento rimaneva. Karl ricordò di<br />

aver letto in gioventù il Dialogus miraculorum di Càsarius von<br />

Heisterbach, un cronista del tardo dodicesimo secolo e della prima<br />

parte del seguente. In quell'opera, erano evidenti le costanti dispute<br />

tra gli abitanti del paese e i Schònburg. Come sempre, pensò<br />

divertito Karl, in tali situazioni erano i popolani a perdere. Uno degli<br />

Schònburg aveva cercato di ricattare alcuni cittadini di Oberwesel. Se<br />

i suddetti cittadini si fossero nascosti, Otto Schònburg ne avrebbe


maltrattato le mogli e i figli. Gli Schònburg si erano serviti della loro<br />

posizione nella chiesa e nel governo per rafforzarsi, e avevano<br />

contribuito alla colonizzazione dell'Est nel dodicesimo secolo,<br />

specialmente nelle regioni della Sassonia... perlomeno godevano di<br />

una buona reputazione al di fuori della loro regione. Ma all'interno<br />

di questa abbondavano i tradimenti, ed era sentimento comune che<br />

il saccheggio della città per mano dei francesi nella metà del 1600<br />

non fosse avvenuto per caso. E aveva lasciato la città e il castello in<br />

rovina. Oberwesel non si era ripresa in fretta, e il ricordo perdurò a<br />

lungo. Karl sospettò che il nome Schònburg fosse ancora non molto<br />

gradito dai locali.<br />

Sapeva più della storia che non del restauro. Sperava di poter<br />

scoprire qualche informazione in proposito una volta preso alloggio.<br />

Entrò dall'ingresso in pietra, su per i gradini in pietra, e giunse<br />

immediatamente a una piccola reception dietro un vetro. Da un CD<br />

in sottofondo proveniva a basso volume il Canone di Händel. Un<br />

vecchio gentiluomo lo accolse formalmente, alla maniera tedesca.<br />

«Quanto si tratterrà?», chiese.<br />

«Non ne sono ancora sicuro».<br />

La sua carta American Express Gold fu fatta scivolare nell'apposito<br />

apparecchio. A Karl fu chiesto quale preferisse tra le diverse<br />

possibilità di alloggio, alcune delle quali includevano la colazione,<br />

altre la cena. Declinò tutte, facendo solo alcune richieste riguardo la<br />

pulizia della stanza. «Io scrivo la sera e dormo di giorno», spiegò.<br />

«Ah, lei è uno scrittore!», disse l'albergatore, dandosi un tono. «Io<br />

leggo. Narrativa?»<br />

«Saggi. Sto scrivendo un libro sui castelli della Germania». Quella<br />

cosa sapeva gli avrebbe fornito uno status particolare, e il direttore si<br />

sarebbe sincerato che non fosse disturbato durante il giorno.<br />

Una ragazza vietnamita apparve per mostrargli la sua stanza.<br />

"Come sono cambiati i tempi", pensò tra sé. "Il mondo è davvero un<br />

villaggio globale".<br />

Il minuscolo ascensore salì piano su per la torre, mentre la ragazza<br />

sorridente parlava cordialmente delle apparecchiature disponibili,<br />

dell'orario al quale venivano servite la cena e la colazione, della città


giù dalla collina e di cosa aveva da offrire. Ripeté più volte che se<br />

avesse avuto bisogno di qualsiasi cosa avrebbe potuto chiamare<br />

senza indugio la reception.<br />

Quando l'ascensore si fu fermato lo condusse, attraverso un<br />

corridoio stretto e inclinato pieno di manufatti del passato, a una<br />

porta: la stanza numero 23, che, per coincidenza, si trattava del<br />

numero dell'esagramma tirato da Wing.<br />

Mentre la ragazza parlava, aprì la porta e lo invitò a entrare. La<br />

stanza era arredata sfarzosamente. Un grande e antico letto di legno<br />

scuro, una scrivania di noce con la riproduzione di una penna antica,<br />

una vecchia radio e mezza dozzina di libri di storia della regione. Le<br />

staffe di ferro per le tende che si ripiegavano l'una sull'altra e che<br />

avevano pesanti tende di velluto rosso come stendardi ornavano le<br />

finestre munite di grate di piombo: il tutto molto medievale, pensò.<br />

C'era una bottiglia gelata di vino del Reno, un decanter per il porto,<br />

bicchieri di cristallo, una coppa con della frutta, un coltello per<br />

sbucciare e un piatto su un tavolino rotondo. Lussuose poltrone di<br />

velluto e un divano. Cotte d'armi e affreschi di vita campestre sulla<br />

tappezzeria dal minuscolo motivo floreale. Un vaso di fiori freschi.<br />

Cioccolata sui guanciali. Gerlinde l'avrebbe adorato. L'avrebbe<br />

detestato. Avrebbe riso deliziata.<br />

Ma lui non l'avrebbe mai più sentita ridere, tranne nei suoi<br />

ricordi. E sapeva che anche lui non avrebbe più riso. O pianto. La<br />

speranza era stata strappata via da lui, lasciando un cuore simile a<br />

una delle pietre che formavano le mura esterne di quella fortezza.<br />

Come aveva detto G. K. Chesterton? L'uomo folle non è quello che<br />

ha perduto la ragione, ma quello che ha perduto tutto tranne la<br />

ragione.<br />

Si sedette e fissò fuori dalla finestra aperta per un momento, le<br />

acque sottostanti, la luna sospesa in un cielo terso e pieno di stelle e<br />

alla fine prese uno dei libri. Narrava la storia di un certo Herr<br />

Rhinelander, un americano di origine tedesca: i suoi predecessori<br />

l'avevano chiamato dall'altra parte del Reno. Sul finire del<br />

diciannovesimo secolo, Rhinelander aveva acquistato il castello e<br />

speso milioni di marchi d'oro per riportare la struttura alla gloria<br />

originaria, ricreandone l'aspetto grazie a vecchi dipinti e incisioni.


Nel 1950 suo figlio aveva venduto il castello alla città. Adesso era<br />

nuovamente proprietà di un privato, e ospitava un hotel di prima<br />

classe.<br />

Cambiamento. La vita è cambiamento, dicono tutti. Ma come<br />

poteva accettare il cambiamento quando questo significava soltanto<br />

dolore per lui? Il castello era sempre stato nella sua vita, nel suo<br />

sangue. Era un posto buono come un altro per morire.<br />

Chiuse il libro e decise di fare una passeggiata. L'aria notturna era<br />

gelida, e lui indossava una giacca pesante, per sviare i sospetti, anche<br />

se il freddo non aveva effetto su di lui. Si sentiva affamato e nello<br />

stesso tempo inappetente, come un mortale troppo depresso per<br />

preoccuparsi del cibo.<br />

Invece che prendere la strada pavimentata, salì lungo una delle<br />

mura e seguì un sentiero che conduceva nel bosco del quale si era<br />

servito tante volte nei suoi primi anni. Il sentiero non era ostruito<br />

dalla vegetazione, e questo voleva dire che i ragazzini continuavano<br />

a usarlo. Perlomeno certe cose non erano cambiate.<br />

Gerlinde non era mai stata a Oberwesel. Be', era stata colpa di<br />

Karl. Lui non aveva mai desiderato veramente tornare. Come tanti<br />

uomini che si sforzano di tagliare i ponti con le proprie radici, lui<br />

aveva avuto i suoi motivi e alcuni di essi riguardavano dei ricordi<br />

sbiaditi. Forse avrebbe dovuto essere più aperto con lei, come aveva<br />

detto Gerlinde. Lui pensava di essersi aperto, riguardo il suo passato,<br />

i suoi sentimenti. Apparentemente non era stato così. O forse non<br />

importava.<br />

Oberwesel am Rhine gli apparve come era sempre stato il paese<br />

di notte. Strade strette e leggermente tortuose ammantate<br />

dall'oscurità. Non un solo negozio era aperto sulla strada principale,<br />

ovviamente... era mezzanotte. Persino i bierlokals erano ben chiusi,<br />

anche se lui non poteva bere birra.<br />

La cittadina era piena di tradizionali dimore tedesche, tetti<br />

spioventi, e grate dal primo piano in su. Vicino all'Haupstadt c'era<br />

l'enorme pressa per il vino, fatta con robuste assi di quercia che era<br />

sopravvissuta per tre secoli. Suo padre, come avevano fatto molti<br />

degli uomini di Oberwesel, pigiava l'uva lì.


Vagò per le stradine residenziali su verso il monastero, ora in<br />

rovina. Quello che ne rimaneva era stato trasformato in<br />

appartamenti molto chic, cosa che lo sorprese. E riconobbe una<br />

verità su se stesso: benché sapesse che avvenivano dei cambiamenti,<br />

non era mai pronto ad affrontarli.<br />

La parte più vecchia della città lo richiamò. Salì su per la<br />

Katzenturm verso il punto più elevato: l'aveva fatto così spesso da<br />

ragazzo. Questa torre offriva una bella vista di Oberwesel e del<br />

fiume. Non era in alto come il castello, ma regalava una prospettiva<br />

più umana. Umana, pensò. "Sto vedendo tutto questo come un<br />

essere umano, un mortale". E ovviamente si rese conto che vedeva<br />

tutto attraverso la lente del passato.<br />

C'era un'altra torre lungo la sponda del fiume, e lui la raggiunse<br />

per scoprire una minuscola chiesa, nella quale entrò. Era trascorso<br />

parecchio tempo da quando era stato in una chiesa. Questa era<br />

abbastanza semplice, anche se su entrambe le pareti laterali vi erano<br />

degli elaborati affreschi in cornice, opere che risalivano almeno alla<br />

sua era, dato che riconobbe lo stile. Quella chiesa non c'era prima.<br />

Il rumore di una porta gli fece capire che qualcuno stava<br />

arrivando. Non desiderava compagnia in quel momento, e se ne<br />

andò prima che giungesse il sacerdote ad ascoltare la sua<br />

confessione.<br />

Mentre percorreva rapidamente i gradini di pietra e legno, si<br />

chiese come sarebbe stato confessarsi. Confessare di aver preso ogni<br />

notte il sangue di un mortale per centocinquanta anni. Più di 50.000<br />

mortali l'avevano nutrito. Non ne aveva mai ucciso uno - sempre<br />

che la trasformazione di Gerlinde non contasse come uccisione - e<br />

forse questo l'avrebbe in qualche modo scusato. Oppure no. In<br />

confronto, gli altri suoi peccati impallidivano. Aveva condotto a<br />

quell'esistenza un altro essere umano. C'erano alcuni peccati che non<br />

era possibile espiare.<br />

Camminò su per la collina verso la chiesa di San Martino, una<br />

chiesa già vecchia quando lui era ragazzo. La chiesa che aveva<br />

frequentato insieme alla sua famiglia. Dove i suoi genitori, i suoi<br />

nonni e quelli che erano venuti prima erano stati sepolti. Dove si<br />

aspettava di trovare i suoi fratelli insieme ai loro figli. Dove lo


attendeva un posto in mezzo alla sua famiglia.<br />

Una volta trasformato, non c'era più stato bisogno di tornare a<br />

casa. Desiderava vedere la sua famiglia, ma sapeva che questo<br />

avrebbe creato una situazione impossibile. Lui non era invecchiato,<br />

loro sì. Non poteva resistere alla luce del sole. Avrebbe potuto bere<br />

soltanto sangue. E la sua famiglia, insieme agli abitanti del paese,<br />

sarebbe diventata ben presto la sua dispensa: non poteva sopportare<br />

quel pensiero.<br />

Ma continuò a sorvegliarne i movimenti, fino a quando i suoi<br />

genitori morirono. Sua madre non superò mai il fatto che il suo figlio<br />

preferito fosse scomparso. Lui sapeva che dovevano aver sofferto<br />

terribilmente, e per questo si sentiva colpevole. Se avesse dovuto<br />

fare tutto nuovamente, avrebbe potuto inscenare la propria "morte",<br />

farsi riportare al villaggio, seppellire nel cimitero in mezzo a tutta la<br />

famiglia dando così ai suoi genitori la possibilità di compiangerlo e<br />

poi riprendersi.<br />

Ma non era stato in grado di pensare con chiarezza per diversi<br />

anni dopo la trasformazione. Aveva avuto abbastanza difficoltà a<br />

gestire i suoi appetiti e a trovare sangue ogni notte senza mettersi nei<br />

guai. Poi c'erano stati gli effetti devastanti dell'imminente luce del<br />

giorno, e di come si sentiva confuso prima dell'alba, certe volte per<br />

alcuni minuti, certe volte per delle ore, senza che potesse saperlo<br />

prima. E l'isolamento, l'essere del tutto separato da ogni contatto<br />

con gli esseri umani. Gli erano stati necessari degli anni per rendersi<br />

conto della finalità dei suoi poteri. Mentre i suoi genitori erano<br />

ancora in vita, non era stato in grado di organizzare nessun piano<br />

elaborato per evitare loro di soffrire.<br />

Dietro la chiesa c'era il cimitero. Oltrepassò la bassa cancellata di<br />

ferro ed entrò nel camposanto, con le lapidi illuminate dalla luna.<br />

Quelle lapidi erano così recenti! Dov'erano tutte le lapidi erose dal<br />

tempo che avrebbero dovuto essere là? Terrorizzato, confuso, lesse<br />

le iscrizioni: nulla del secolo precedente. Dov'erano stati portati i<br />

morti delia sua epoca? I ricchi, i sacerdoti e i martiri erano sepolti in<br />

grandi sarcofaghi di pietra all'interno delle chiese, o sotto i<br />

pavimenti. Ma le persone normali avevano delle tombe. I suoi<br />

genitori, i suoi fratelli, erano stati sepolti lì, in quell'angolo vicino ai


oschi, ma dov'erano adesso? La loro assenza gli fece provare un<br />

brivido, che lo fece sentire ancora più isolato di quanto non si<br />

sentisse già.<br />

Scioccato, si ricordò improvvisamente che i loculi non duravano<br />

per sempre. Il terreno veniva riutilizzato, e il termine usuale era<br />

quello di cento anni. I morti scompaiono, realizzò. Fisicamente si<br />

disintegrano in polvere. Rimangono solo come ricordo nella mente<br />

di quelli che li conoscevano, e quando queste menti muoiono e si<br />

disintegrano, i morti non sono più ricordati. Anche i morti muoiono.<br />

«Guten Abend. È una notte splendida».<br />

Karl si voltò di scatto. Alle sue spalle c'era un prete, vestito di<br />

nero, immobile. Come mai non si era accorto di quel mortale che si<br />

avvicinava?<br />

«È molto tranquillo qui. Spesso vago per il camposanto a notte<br />

fonda. Conduce i miei pensieri in un regno più spirituale».<br />

«Sì», balbettò Karl, «è una cosa che comprendo. Mi scuso se ho<br />

disturbato le sue meditazioni».<br />

«Oh no, sono io che l'ho disturbata. O forse ci siamo disturbati a<br />

vicenda, e questo potrebbe essere successo per una buona ragione.<br />

Io... sento che lei è angosciato. Venga nella chiesa dove fa caldo.<br />

Potremmo bere del vino».<br />

Karl era ancora confuso. Come aveva fatto a non accorgersi che si<br />

stava avvicinando? Forse a causa di quella confusione si ritrovò a<br />

seguire passivamente il parroco all'interno di San Martino.<br />

Non era più entrato in quella chiesa dal 1844, l'anno prima che<br />

Antoine lo costringesse a quella vita empia. Gli odori erano gli stessi.<br />

Un edificio così antico, che risaliva al 1400, portava addosso il<br />

tempo come un profumo. Le bianche mura e le colonne erano le tele<br />

del Medioevo. C'erano dei dipinti realizzati direttamente sulle pareti:<br />

le opere con il tempo si erano sbiadite. Tanto per cominciare, i<br />

colori dei primitivi pigmenti erano mutati. Li ricordava così bene: la<br />

natività; la crocifissione; l'ascensione; lo stesso San Martino che<br />

tagliava del tessuto dal suo mantello per vestire un povero uomo<br />

minorato. Nella sua mente Karl era ancora in grado di sentire la<br />

litania, il profumo dell'incenso; gli sovvennero le parole di una


preghiera, la richiesta della pace.<br />

Seguì il sacerdote lungo la navata centrale verso l'altare, ma poi<br />

proseguirono verso una porta sul muro laterale. Il sacerdote aprì la<br />

porta e lo condusse in una piccola stanza quasi vuota. Travi di legno<br />

sul soffitto, finestre a battenti di piombo, mobili scuri e massicci, un<br />

piccolo altare con l'inginocchiatoio, e uno spazio dove il sacerdote si<br />

vestiva per le cerimonie; il suo abito civile su un attaccapanni<br />

pendeva da una gruccia, e questa concessione alla modernità fece<br />

sorridere Karl.<br />

Il sacerdote fece un cenno, e Karl si sedette su una solida panca a<br />

un tavolo parimenti solido, mentre osservava il suo ospite versare<br />

vino bianco da un decanter di vetro in coppe di metallo con<br />

ornamenti a spirale che terminavano in una croce. Karl si chiese se<br />

venissero usati per le cerimonie, ma ne dubitava.<br />

Quando l'uomo si fu seduto, Karl comprese all'improvviso che era<br />

cieco. Sotto il bagliore dell'elettricità, era chiaro che si trattava di un<br />

giovane sui trent'anni. La pelle del viso delicata e pallida formava dei<br />

tratti gentili, come se il suo handicap l'avesse elevato anziché<br />

incupirlo. I suoi occhi azzurri fissavano dritti in avanti, nella<br />

direzione di Karl, apparentemente privi di qualsiasi emozione.<br />

Per un istante sedettero in silenzio, poi il prete disse: «Lei ha una<br />

storia da raccontare. Io sono un buon ascoltatore».<br />

Non era mai passato per la mente di Karl di dover parlare con un<br />

estraneo. In tutti gli anni durante i quali aveva vissuto, non era stato<br />

meno che circospetto. Ciononostante il volto schietto di quell'uomo,<br />

il suo interesse incero, e il fatto che fossero là insieme, quella notte,<br />

quando Karl si sentiva sprofondare dalle circostanze...<br />

Nella sua vita mortale era stato credente. L'anno prima della<br />

trasformazione, Karl aveva sentito Karl Marx leggere un documento<br />

in cui si diceva che la religione era l'oppio dei popoli. Nel 1844<br />

quelle erano parole eretiche. Non avevano fatto vacillare il suo<br />

credo religioso: non ce n'era bisogno.<br />

Da quando Antoine l'aveva trasformato, però, spesso aveva<br />

dubitato dell'esistenza di Dio. Era una cosa abbastanza naturale. Ma<br />

non era mai giunto al confronto diretto con le sue credenze. Nutriva


sempre un rispetto fondamentale per la teologia. E come non<br />

avrebbe potuto? Teologia e filosofia erano gemelle.<br />

«Vedo un futuro triste davanti a me», disse all'improvviso,<br />

sentendosi abbastanza cosciente del fatto di aver parlato con molta<br />

franchezza a un estraneo, per giunta mortale.<br />

Il prete rispose limitandosi a un cenno del capo.<br />

«E la mia storia potrebbe sembrare inventata», lo avvertì Karl, «ma<br />

non saprei come raccontarla altrimenti, se non attenendomi alla<br />

verità».<br />

«La dica nel modo che le è più congeniale», disse il sacerdote.<br />

«Quello che non posso leggere con lo sguardo, posso sentirlo con le<br />

orecchie».<br />

Questa suonava come una rivelazione formale, e Karl si chiese se i<br />

tempi fossero cambiati a tal punto che i preti non avevano più<br />

bisogno di confessionali.<br />

«Ho bisogno della sua parola che quello che sto per dire non sarà<br />

riferito ad altri».<br />

«Stia tranquillo della riservatezza di tutto quello che sta per dire.<br />

Per quanto possa essere scioccante la sua storia o scellerate le sue<br />

azioni».<br />

«Non sono un assassino».<br />

«Non intendevo quello. E questa non è una confessione, no?<br />

Semplicemente una conversazione».<br />

Rimasero in silenzio di nuovo. Karl cercò di figurarsi nella mente<br />

la differenza tra una confessione e una conversazione, dato che<br />

soltanto una delle due riguardava il mettere a nudo la sua anima.<br />

Quando non giunse nessun altro invito da parte del prete a<br />

proseguire, Karl continuò. Anche mentre parlava, sentì che stava<br />

esaminando nella sua testa le informazioni, mentre vedeva le<br />

istantanee del suo passato mortale. L'aria stessa all'interno di quella<br />

chiesa sembrava incoraggiare la riflessione.<br />

«Sono nato qui, nel villaggio di Oberwesel. Molto tempo fa.<br />

Molto prima della sua nascita».


Ancora una volta, un cenno del capo fu l'unico segnale del fatto<br />

che l'altro aveva sentito. Sul suo volto non vi era uno sguardo di<br />

giudizio o di scetticismo.<br />

«La mia vita era piacevole sotto molti punti di vista. Avevo una<br />

madre, un padre, quattro fratelli e quattro sorelle: io quello di<br />

mezzo come età. La nostra sorella più piccola morì alla nascita e solo<br />

due dei miei fratelli - uno più giovane e uno più anziano - morirono<br />

prima... Tutti i nonni erano in vita quando ero ragazzo».<br />

Il prete annuì di nuovo, e sorseggiò il suo vino. I suoi occhi<br />

azzurri erano seri. Era chiaro che avevano già sentito molte storie.<br />

«Mio padre e mia madre divennero nonni a loro volta, e alla fine<br />

riposarono in pace. Lo scoprii più tardi, dopo il mio cambiamento.<br />

Non sono vivo. Non sono morto. Sono qualcos'altro. La spaventa<br />

questo?».<br />

Il prete fece una pausa. «Vi sono molti misteri nell'universo di Dio.<br />

Quello che non posso comprendere devo accettarlo».<br />

Karl sentì il bisogno di bere il vino, benché non potesse digerirlo.<br />

Lo fece. Il sapore, l'aroma del vino bianco, paglierino - dolce amaro<br />

- tutto lo avvolse come un vapore, offrendogli una traccia della via<br />

verso casa, come le molliche di pane lasciate da Hànsel e Gretel.<br />

«I miei genitori mi amavano, come può aspettarsi di essere amato<br />

uno di nove figli. So di essere stato il preferito di mia madre. Non<br />

erano ricchi ma neppure poveri. Mio padre lavorava nei campi per<br />

gli Schònburg assenti. Allora i campi producevano molte tonnellate<br />

di vino ogni autunno e la pigiatura dell'uva terminava con una<br />

settimana di festeggiamenti».<br />

«È ancora così, anche se adesso, ovviamente, ci sono altre<br />

industrie. Il turismo», rise il sacerdote.<br />

Karl lo guardò. Perché quell'uomo non dubitava di lui? Quello<br />

che stava dicendo era oltraggioso. Forse il sacerdote pensava fosse<br />

uno psicopatico e aveva deciso di assecondarlo. «Ho studiato con il<br />

prete di allora, Padre Ballard».<br />

Fu la prima volta in cui il volto del mortale mostrò qualcosa che<br />

non fosse la piena calma e accettazione. Karl lo osservò mentre i<br />

pensieri scavavano dentro, come se stesse passando in rassegna una


lista con i nomi dei parroci di San Martino. Alla fine trovò Padre<br />

Ballard sulla lista, alla metà del diciannovesimo secolo. Questo fece<br />

apparire un baluginio nei suoi occhi.<br />

«Padre Ballard sentiva che io possedevo una mente eccezionale, e<br />

spronò i miei genitori affinché frequentassi l'università. Era una cosa<br />

inusuale, a dir poco, ma non del tutto nuova: un ragazzo di un<br />

piccolo villaggio lungo il Reno, mandato in una grande città,<br />

destinato al sacerdozio.<br />

Ho studiato all'Università di Colonia. Mi creda, padre, dopo<br />

sedici anni in questo villaggio, vivere a Colonia è stata un'esperienza<br />

illuminante. Prima di partire per Colonia, non ero mai stato più<br />

lontano da questo villaggio che a Bonn. Già soltanto la libertà mi<br />

dava alla testa. La vista, i suoni e la vita di una metropoli, il poter<br />

accedere e immergermi negli scritti del mondo, già dal primo anno<br />

sapevo che non sarei mai potuto tornare a vivere a Oberwesel, e che<br />

non avrei potuto continuare col sacerdozio. Avevo trovato qualcosa<br />

che mi attraeva più della religione. Le scienze naturali, così prossime<br />

alla modernizzazione, a quel tempo».<br />

«Dev'essere stata una decisione difficile per lei», disse il prete, e<br />

versò altri due bicchieri di vino.<br />

«Spezzò il cuore dei miei genitori. Me lo fece capire la mia ultima<br />

visita a casa. Sugli occhi di mia madre vidi veli di tristezza. Mio<br />

padre mi evitò; si fece semplicemente trovare impegnato. Avevano<br />

sperato che io fossi quello puro, l'asceta, quello che avrebbe<br />

garantito il loro ingresso in paradiso. Se c'è un paradiso, padre, se c'è<br />

un Dio, allora immagino che il mio destino abbia chiuso i Cancelli<br />

per loro».<br />

«Vuoi confessare qualcosa?», chiese all'improvviso il prete,<br />

gentilmente.<br />

«Io... non lo so».<br />

«Sembri esageratamente triste. Il passato ti ha intrappolato, come<br />

fa con noi tutti. Ma quello soltanto non basta a spiegare quello che<br />

percepisco».<br />

«Lei è percettivo», riconobbe Karl. Fece un profondo sospiro.<br />

«Padre, io sono quello che lei chiamerebbe die vampir».


Questo fece tirare al prete un respiro brusco. Batté le ciglia. Fece il<br />

segno della croce. Karl sentì il suo cuore che batteva più<br />

velocemente.<br />

«Non le farò del male», rassicurò in fretta l'uomo che aveva<br />

davanti.<br />

Quella rassicurazione ebbe l'effetto di rallentare quasi<br />

impercettibilmente il battito del cuore; non molto, ma meglio che<br />

niente.<br />

«Non siamo quello che la chiesa ha scritto», disse Karl, sforzandosi<br />

di calmare il prete. «Non siamo malvagi, semplicemente degli esseri<br />

che lottano per sopravvivere».<br />

«Ma voi non avete un'anima!», gridò il prete, segnandosi<br />

nuovamente e ritraendosi sulla sedia.<br />

Questo disgustò Karl. Perché avevano sempre un punto di vista<br />

così ristretto? «Certo che abbiamo un'anima! Forse anche più di voi<br />

mortali. Abbiamo sofferto la morte, o una morte parziale. La<br />

immagini come un'esperienza vicina alla morte».<br />

«Ti nutri dei vivi?»<br />

«Sì».<br />

«Dio misericordioso!», disse ansimando il prete. Cominciò a<br />

bofonchiare una preghiera mentre afferrava il grosso crocifisso che<br />

aveva intorno al collo e lo teneva davanti a sé, suscitando così<br />

l'indignazione di Karl.<br />

«Non ho mai ucciso nessuno», disse Karl, «ma ho reso una persona<br />

simile a me. Una persona che adesso mi ha abbandonato. Che mi<br />

ritiene responsabile di averla trasformata. Sono colpevole di aver<br />

creato un altro essere come me».<br />

Adesso gli occhi del sacerdote mostravano lo shock. Era cresciuto<br />

per diversi minuti fino ad alterare un uomo così disponibile e<br />

propenso ad aiutare. Adesso era solo un altro contadino terrorizzato<br />

che credeva di essere seduto di fronte a una bestia infernale. Il figlio<br />

di Satana. O forse il diavolo stesso.<br />

Karl si alzò, furioso. Non aveva funzionato in passato e non<br />

funzionava adesso. La religione che da ragazzo era stata tutto per lui


falliva di nuovo. Si allontanò dalla stanza in fretta, lasciando in pace<br />

quel patetico essere umano, rinunciando al sangue come l'angelo<br />

della morte si libra su un uscio segnato. Karl non poteva bere<br />

quando era preso dalla rabbia, perché avrebbe perso il controllo.<br />

Ma era tentato, così tanto da dover fuggire via dalla chiesa prima<br />

che accadesse l'impensabile.<br />

Mentre tornava in fretta al castello, si chiese perché fosse tornato<br />

nel posto dove era nato. Che cosa sperava di trovare là? I ricordi<br />

della sua vita erano per la prima volta da molto tempo a portata di<br />

mano, ma che cosa avevano da offrire se non un riacutizzarsi della<br />

delusione che aveva sentito di essere per la sua famiglia e dello<br />

scoramento causatogli da tutto quello che gli era stato insegnato.<br />

Tornare indietro nel tempo non l'avrebbe aiutato ad andare avanti<br />

nel futuro. Con un borbottio d'amarezza gridò: «Io non ho futuro!».<br />

Non aveva ancora disfatto le valigie: sarebbe stato abbastanza<br />

semplice saldare il conto e partire. La ragazza vietnamita al banco<br />

divenne di buon grado una fontana alla quale saziare la sua sete.<br />

Presto ci sarebbe stato un treno, diretto da qualche parte, e lui<br />

voleva essere a bordo.


CAPITOLO 13<br />

Karl prese il successivo treno locale per Bonn, e là trovò<br />

sistemazione in un buon hotel per quella giornata. Al tramonto,<br />

bevve da una cameriera d'albergo che si era attardata, poi prese il<br />

treno ad alta velocità per l'Europa. Metz sembrava una buona meta,<br />

per nessun motivo in particolare, e poteva arrivarci facilmente in<br />

un'ora o giù di lì.<br />

Raggiunse la città prima di mezzanotte, trovò sistemazione in un<br />

albergo decente e lasciò le solite istruzioni alla reception. Solo con i<br />

suoi pensieri tristi, desideroso di fuggirne, la notte seguente appena<br />

dopo il tramonto prese il treno per Nancy, in Francia, poco distante.<br />

La città di Nancy nella provincia della Lorena, sapeva di<br />

benessere. Tutto ruotava intorno alla piazza Stanislas, dal nome di<br />

un vecchio governatore, splendente di sei enormi cancelli dorati, le<br />

classiche sculture in bronzo a due livelli, e i volti incisi nei decori<br />

degli edifici regency della piazza. Lo stile rococò della parte vecchia<br />

della città piaceva a Gerlinde. Era così opulento, così esagerato,<br />

diceva. La ispirava e, secondo lei, la rassicurava del fatto che,<br />

artisticamente, non aveva limiti. Una volta erano passati di là, diretti<br />

a Parigi. Il ricordo di quel viaggio lo rese triste.<br />

Quella notte, lasciò la piazza per passeggiare nelle vie tranquille,<br />

oltre la falsa chiesa gotica - costruita nell'arco di soli 20 anni alla fine<br />

dell'Ottocento - oltre La porte de la Graffe, la torre medievale con la<br />

croce a doppia barratura costruita nel 1436, e passeggiò in una zona<br />

più tranquilla, meno benestante della città. Là trovò un francese<br />

alticcio che appagò all'istante la sua sete. L'uomo barcollava un po'<br />

quando Karl lo fermò per chiedere indicazioni. C'era un vicolo<br />

dietro le case a breve distanza e Karl lo condusse là mordendolo in<br />

pochi istanti. Lo lasciò in quel punto e si diresse alla stazione<br />

ferroviaria, senza sapere il perché, sentendo semplicemente che il<br />

sangue l'aveva sì nutrito, ma solo quello. Ingoiare una capsula piena<br />

di sangue sarebbe stata la stessa cosa.<br />

Nulla lo ispirava. Nulla riempiva quel vuoto che gli cresceva<br />

dentro. Non poteva tornare a casa: non aveva più una casa. Non a


Montréal con i suoi amici, non a Oberwesel con i suoi antenati...<br />

Non sapeva cosa fare se non continuare a muoversi, cosciente del<br />

latto che era da se stesso che fuggiva. E rendersi conto di quale<br />

impresa disperata fosse non lo scoraggiava. L'oscurità che aveva<br />

avvertito addensarsi tutt'intorno alla sua persona lo terrorizzava. Era<br />

insopportabile, come un peso che l'avrebbe schiacciato, lasciandolo<br />

frantumato in mille pezzi e comunque ancora in vita. Ancora preda<br />

del dolore. Quando si fermava a pensare, a Karl pareva che le parole<br />

più adatte fossero quelle che aveva visto scribacchiate sul muro di<br />

una metropolitana da un anonimo poeta del ventesimo secolo,<br />

che aveva scritto: «Il problema della vita è che nessuno ne esce<br />

vivo».<br />

La notte era buia, senza luna a rischiarare il cammino, benché<br />

Parigi, la Città della Luce, avesse illuminazione sufficiente da non<br />

trovarsi mai completamente al buio.<br />

Continuò a camminare, oltre la casa dove aveva vissuto Victor<br />

Hugo, oltre la zona della Bastiglia, con l'alta colonna quale unico<br />

resto della passata esistenza di quella spaventosa prigione che aveva<br />

ospitato i poveri prima della rivoluzione, e i ricchi durante la<br />

rivoluzione prima che venissero decapitati durante il Terrore.<br />

Quest'area della città a un certo punto era diventata una palude,<br />

ricordava, ma gran parte di Parigi era stata diversa in passato.<br />

Le stradine minuscole brulicavano di vita a quell'ora, e sarebbe<br />

stato così fin quasi a mezzanotte. Si spostò nella zona residenziale<br />

allontanandosi dall'argine destro, evitando avenue Ledru Ronni e<br />

boulevard Voltaire, entrambe piene di negozi e birrerie gremiti di<br />

gente. Proseguì verso nord, per intuito, ma non poté nascondere a<br />

se stesso dove stava andando.<br />

Raggiunse boulevard de Ménilmontant e scavalcò con facilità il<br />

basso muro di pietra.<br />

Il Cimetière du Père-Lachaise di notte era una vasta necropoli<br />

all'interno dei confini della più ampia metropoli. Ma i vivi non lo<br />

interessavano da diverso tempo, e non lo interessavano in quel<br />

momento, se non per il nutrimento che potevano fornire al suo


sistema. Gli interessavano solo i morti, ogni giorno di più.<br />

Il cimitero si estendeva per quarantaquattro ettari. Più di un<br />

milione di persone era sepolto là, e c'erano almeno 100.000<br />

monumenti. La città dei morti era organizzata come molte altre città:<br />

ampie strade costeggiate da alberi, e vialetti minori. Invece di<br />

prendere i sentieri principali, si spostò su quelli più piccoli, sufficienti<br />

appena per una persona, che si sviluppavano di fronte e dietro le<br />

cripte. I sentieri erano sporchi, senza erba, e le foglie morte<br />

crepitavano sotto i piedi. Sarebbe stato abbastanza semplice<br />

nascondersi tra le cripte e assalire una persona ignara intenta a<br />

passeggiare. Ma, di notte, non ci sarebbe stato nessuno. Solo lui,<br />

insieme ai morti.<br />

Oltrepassò così tante belle strutture. Alcune delle cripte erano<br />

come delle cattedrali in miniatura, con guglie gotiche o<br />

rinascimentali ed elementi architettonici a forma di foglie lungo i<br />

tetti a due spioventi. Le porte da sole erano opere d'arte, le grate di<br />

metallo con disegni a spirale culminavano in croci, o rosette, o<br />

disegni romantici, e le finestre possedevano dipinti su vetro colorato<br />

della Vergine o di altre figure religiose. Alcuni di questi vetri colorati<br />

col tempo erano andati in frantumi, ma la gran parte era ancora<br />

intatta. Basse staccionate munite di cancelletto qua e là delimitavano<br />

minuscoli giardini, separavano i sepolcri, o le sculture, o i molteplici<br />

rettangoli di pietra che imitavano le bare. Un angelo color bronzo,<br />

col volto in parte velato e annerito dal tempo, restava sospeso sopra<br />

la sagoma di un corpo trapassato da poco, entrambi di marmo. Un<br />

angelo di compagnia. "Almeno non sei da solo", disse Karl all'effigie,<br />

e un dolore improvviso lo colse, un dolore al quale non era pronto.<br />

Il dolore si era diffuso come un cancro, destinato ad avere la<br />

meglio su di lui, prima o poi. Non poteva nascondere a se stesso che<br />

era così. Qualsiasi scopo avesse trovato precedentemente nella vita,<br />

adesso sembrava essere svanito. Riusciva a vedere tutto come fosse<br />

la via più ovvia: Gerlinde era stata il suo supporto, il suo<br />

fondamento. Se non c'era più lei, precipitava nell'universo, senza che<br />

nulla lo fermasse. Non poteva credere che lei l'avesse abbandonato,<br />

e non poteva credere di averlo accettato così prontamente. Ma in<br />

cuor suo sapeva che, sia che Antoine la stesse controllando. sia che<br />

fosse una sua decisione, Antoine era responsabile solo in parte. Lui


aveva fatto un torto a Gerlinde trasformandola. Karl lo sentì nella<br />

parte più profonda di sé, e comprese che non poteva fare nulla per<br />

cambiarlo, come era anche impotente di fronte al potere di Antoine.<br />

Era come se quel primo incontro, quando Antoine si era avvicinato a<br />

lui così selvaggiamente, avesse creato un precedente con il suo<br />

creatore con cui lui non era in grado di rompere. E per quanto<br />

avesse trasformato Gerlinde nel modo più delicato possibile, restava<br />

il fatto che lui aveva distrutto la sua vita naturale rimpiazzandola<br />

con una innaturale. Perché lui la desiderava. Solo per egoismo.<br />

Si fermò a una cripta che attirò la sua attenzione, una struttura<br />

semplice grigio-bianca, con la volta ad arco ogivale, finestre gotiche,<br />

e un vetro a rosetta che gli ricordò il Rosace sud della cattedrale di<br />

Notre-Dame. All'interno, un soffitto a volta. C'era un inginocchiatoio<br />

davanti a un altare su due livelli. In cima all'altare erano sistemati dei<br />

crocifissi e dei portacandele che si erano ossidati, e una scultura in<br />

ceramica dipinta della Vergine, il suo volto pio alzato verso il cielo,<br />

le mani giunte in segno di supplica. Furono gli occhi a colpirlo, solo<br />

bianchi, mostruosi, pensò, poi pensò anche: no, è così che vedono i<br />

morti. Come vedo io. Attraverso occhi che non hanno colore.<br />

Molti morti famosi giacevano sepolti in quella terra. Mentre<br />

vagava su quei terreni, oltrepassò i luoghi del riposo eterno di<br />

Colette e Rosini, di Charles Nodier, lo scrittore di vampiri - il suo<br />

monumento era un busto di marmo con le sue sembianze - oltre la<br />

scultura di Epstein e la tomba di Oscar Wilde, poi oltre quella di<br />

Kardec, Gertrude Stein era sepolta là, ed Edith Piaf con suo marito.<br />

Molière e Maria Callas. Proust e Apollinare. Modigliani, Chopin e<br />

Héloise con Abélard. Jim Morrison riposava al Père-Lachaise, anche<br />

se sembrava che gli americani volessero riportarlo a casa, e i francesi<br />

non si fossero opposti all'idea. La sua era una tomba bassa e<br />

moderna, una pietra rettangolare e una sorta di cornice simile<br />

all'intelaiatura del letto, entrambe di marmo scuro. Dentro quella<br />

cornice c'erano fiori secchi, bigliettini, pietre, persino biglietti<br />

d'autobus, ricordi dei suoi fan. La tomba sarebbe stata irriconoscibile<br />

se non per le scritte di vernice spray sulle pietre, e su tutte le cripte<br />

delle vicinanze: «Jim, ho fatto 3000 miglia per vederti, ma ne valeva<br />

la pena!». Nessuna meraviglia che i francesi non volessero Morrison.<br />

Dalla tomba di Morrison, il terreno s'inerpicava dritto. Karl risalì


la collina tra le cripte e le tombe fino a quando non raggiunse un<br />

posto tranquillo dove affacciarsi per vedere la vallata di morti<br />

sottostante.<br />

Era veramente una visuale degna di nota. Quelle piccole strutture,<br />

delle cabine telefoniche gotiche, con dentro degli altari costruiti<br />

sopra i feretri. Delle croci di metallo identificavano i morti, oppure i<br />

loro nomi erano stati incisi sugli ingressi. Molte delle cripte erano<br />

aperte; o le porte non erano state chiuse, o nel corso dei decenni i<br />

lucchetti erano stati rotti. Molti altari erano spogli, il contenuto<br />

rimosso da tempo e venduto al mercato delle pulci, ma alcuni<br />

avevano candele e crocifissi, e ogni tanto una fotografia del defunto.<br />

In una aveva visto un paio di scarpe col tacco. In un'altra, un<br />

giornale e un registratore, col cavo che penzolava abbandonato in<br />

basso. Si chiese se chiunque l'avesse messo là si aspettava che il morto<br />

registrasse un messaggio, o se era stato lasciato dalla persona in lutto.<br />

Invece di una sensazione strana, il silenzio del cimitero gli dava<br />

pace, la prima pace che provava da... quando aveva trovato i resti<br />

di Chloe. Da quella notte terribile quando il suo mondo aveva<br />

iniziato a sgretolarsi fino a quel momento, quando quello che ne<br />

restava si era mutato in una nuova, squallida realtà che sembrava<br />

eterna.<br />

La veduta sottostante era quella di una terra fatta di un grigio<br />

freddo e un nero soffice, una città tappezzata di foglie marcescenti e<br />

ossa in decomposizione. Le strutture erano mezzo nascoste dalle<br />

querce e dagli aceri, come se anche i morti volessero la loro privacy.<br />

Dovunque nell'oscurità vide il contorno di croci, di decorazioni ad<br />

archi acuti, di angeli, cherubini, e intorno ai bordi di una cripta a<br />

cupola, dei gufi. Il profumo dell'autunno riempiva l'aria, quello della<br />

vita che declina, muore, si prepara a una lunga sepoltura sotto la<br />

terra ghiacciata. Un lieve fruscio di foglie mentre gli alberi si<br />

muovevano nel vento. E poi... nulla.<br />

Il suo mondo, il mondo che aveva conosciuto, l'esistenza che<br />

aveva vissuto, erano finiti. Se continuare aveva un senso, lui non era<br />

in grado di vedere quale fosse. Era stato in diversi posti, aveva fatto<br />

delle cose. Aveva investigato tutte le realtà che potesse immaginare.<br />

La ripetizione era divenuta la realtà, e l'esistenza si era trasformata in


un immenso déjà-vu. E qual era lo scopo di tutto ciò?<br />

Gerlinde era stata tutto per lui. Tutto. Sapeva che stava<br />

annegando nella solitudine. Gerlinde diceva spesso che lui l'aveva<br />

salvata, le aveva donato una tavolozza così ampia con la quale<br />

dipingere la sua vita. Lui le aveva dato amore. Un amore che<br />

sembrava non esserle più necessario.<br />

Ma Karl era sempre stato in grado di affrontare la realtà, e la<br />

realtà era che lui aveva bisogno di lei. Ne aveva sempre avuto<br />

bisogno. Lei lo rinnovava. Ma oltre a questo lei significava casa per<br />

Karl, un volto sempre in grado di riconoscerlo, che lo conosceva<br />

profondamente. Un essere che rendeva le notti interminabili non<br />

solo sopportabili ma animate. Senza questo, senza di lei, era tornato<br />

al punto di partenza. In cerca di cosa? Un'altra compagna? Se lei<br />

poteva essergli portata via con tanta semplicità, non aveva motivo<br />

di pensare che Antoine gli avrebbe permesso di avere un'altra<br />

persona che lo sostenesse.<br />

Un abbaiare ben distinto ruppe il silenzio. Un cane. Due, come<br />

poté stabilire grazie al suo sviluppato udito. Immaginò si trattasse di<br />

cani da guardia. Non l'avrebbero sentito, se non si fosse mosso. Il<br />

suo odore non era familiare, o forse lo era troppo, troppo simile ai<br />

corpi che giacevano appena sotto il suolo.<br />

I cani si stavano spostando rapidamente verso ovest, la recinzione<br />

in pietra che lui aveva scavalcato. Nello stesso momento avvertì la<br />

presenza di qualcosa a sud. Mortali. Tre, no, quattro. Sembravano<br />

provenire dall'interno del cimitero, come se fossero stati già là, ma<br />

non li aveva sentiti prima. Karl sentì che i suoi sensi erano all'erta.<br />

I cani erano attratti da qualcosa, questo era chiaro. Sentì che si<br />

aggiravano qua e là. Poi percepì il profumo del sangue nel vento.<br />

Probabilmente della carne lasciata per allettarli e distrarli.<br />

Nel frattempo, i mortali si erano spinti più avanti nel cimitero.<br />

Ben presto fu in grado di vederli a sud dell'avenue Transversale, non<br />

molto più in basso di lui, muoversi a zig zag dentro e fuori dalle<br />

cripte, due maschi, due femmine, non ancora ventenni, tutti vestiti di<br />

nero.<br />

Il loro profumo umano veniva sovrastato da un forte odore di


olio di patchouli: era come se tutti ci avessero fatto il bagno dentro<br />

oltre a lavarci i loro abiti. C'era un altro odore che non fu in grado<br />

di identificare a causa di quel forte olio. Quando si fecero più vicini a<br />

dove lui sedeva immobile come una delle statue, poté vedere una<br />

somiglianza, se non una familiarità, allora culturale o forse subculturale.<br />

Le due femmine indossavano lunghi vestiti neri che<br />

sfioravano il suolo, e avevano croci d'argento al collo e alle orecchie.<br />

I maschi avevano pantaloni neri, camicie ornate di gale - uno<br />

indossava una giacca di velluto - e anche loro avevano delle croci.<br />

Uno dei maschi aveva catene in abbondanza a decorare il suo<br />

costume, una che penzolava da una spalla, diverse intorno ai fianchi,<br />

una sottile catena d'argento allacciata ai pantaloni sul lato esterno<br />

dei polpacci. Tutti avevano lunghi capelli neri, lisci, fino all'altezza<br />

delle spalle e oltre.<br />

Facevano parte di quella sottocultura comunemente chiamata<br />

"goth". Gerlinde era attratta dai "gothik", come lo pronunciava lei.<br />

«Dopotutto», diceva ridendo, «sono nati in Germania, no?»,<br />

riferendosi alle popolazioni teutoniche dal terzo al quinto secolo.<br />

Era uno scherzo. Quei barbari che erano stati gli antenati suoi e di<br />

Gerlinde avevano poco in comune con la raffinata sensibilità di quei<br />

giovani che abbracciavano tutte quelle cose delicate e<br />

morbosamente romantiche.<br />

Il gruppetto cominciò a salire, quasi in linea retta rispetto a dove<br />

sedeva Karl. Lentamente si tirò in piedi e indietreggiò di qualche<br />

passo nell'ombra. Una delle donne si accorse di lui, in qualche<br />

modo, e sollevò la testa. Con un leggero movimento lo segnalò agli<br />

altri e tutti si fermarono.<br />

Qualunque cosa facessero in quel posto, non erano affari suoi.<br />

D'altra parte, non voleva essere infastidito. Si sentiva depresso,<br />

distruttivo, e quell'intrusione nella pace raggiunta con tanta fatica,<br />

per triste che fosse, sembrava un'usurpazione.<br />

Rimasero fermi abbastanza perché i cani trovassero il loro odore.<br />

Karl sentì che gli animali finivano con riluttanza di leccare il sangue<br />

rimasto sulle lapidi, e sniffavano nella direzione degli esseri umani.<br />

Poi si mossero in avanti, due bestie robuste, forse dei pastori<br />

tedeschi, o la nuova razza di cani da guardia, i pit bull.


I cani presero ad abbaiare per l'eccitazione dell'inseguimento e il<br />

gruppetto di esseri ammantati di nero comprese il significato di quel<br />

suono. Da qualunque posto fossero venuti quei mortali, erano<br />

lontani di là adesso e molto distanti dai cancelli o dalla recinzione.<br />

La più alta delle due donne aprì un sacchetto avvolto nella<br />

plastica e gettò in terra dell'altra carne. I cani l'avrebbero trovata, ma<br />

per il momento la loro fame sarebbe stata appagata. Le prede<br />

umane erano più allettanti. E inoltre c'erano le guardie: Karl<br />

avvertiva la loro presenza ai cancelli nord, in allerta, adesso che i<br />

cani avevano cominciato ad abbaiare.<br />

I quattro guardarono in tutte le direzioni, terrorizzati. Sapevano<br />

che i cani stavano arrivando. Poi, improvvisamente, la donna alta si<br />

girò e guardò su, dritto verso Karl, o il punto in cui si trovava. Lui<br />

sapeva che non poteva vederlo, ma qualcosa nel suo viso gli ricordò<br />

Gerlinde, come quando l'aveva conosciuta. Così giovane, innocente<br />

e fiduciosa.<br />

Per un motivo che non fu in grado di comprendere, fece un passo<br />

verso quella poca luce che c'era. La ragazza tirò un sospiro, e i suoi<br />

compagni si girarono per vedere in che direzione stesse guardando.<br />

«Komm mit mir!», disse automaticamente in tedesco Karl, poi ricordò<br />

in fretta dove si trovava e tradusse in francese. L'espressione<br />

d'incomprensione su quei volti lo portò a parlare in inglese:<br />

dovevano pur parlare una di quelle lingue! «State calmi, per favore.<br />

Vi aiuterò. Venite quassù».<br />

Senza riflettere, la ragazza alta salì in fretta i gradini verso di lui.<br />

Più riluttanti seguirono prima l'altra donna, poi i due maschi, e fu<br />

soltanto il rumore dei cani che si avvicinavano a farli muovere. Karl<br />

fece loro cenno di sbrigarsi. Li condusse rapidamente più su, sulla<br />

collina, sul retro di una grande cripta circolare. Questa cripta si<br />

ergeva su un livello più basso rispetto a quello dove si trovavano<br />

loro, ma c'erano delle finestre nella parte superiore, alla loro altezza.<br />

Fece scivolare le dita nei buchi lasciati dal metallo a trama incrociata<br />

e tirò con violenza. La griglia della finestra uscì con facilità dal suo<br />

telaio ma il rumore avvertì i cani della loro esatta posizione.<br />

«Scendete per primi», disse ai due maschi, «e in fretta». Uno per<br />

volta passarono attraverso la finestra aperta e finirono


umorosamente con i piedi sul pavimento in pietra sottostante.<br />

Quello che indossava le catene fece anche rumore di ferraglia. Il<br />

salto era di due metri e mezzo buoni.<br />

«Forza», disse alla ragazza più alta, e ai due all'interno. «Dovrete<br />

afferrarla e aiutarla a entrare. Presto».<br />

Nel momento in cui sfiorò la ragazza, il corpo di lei ebbe un<br />

sussulto, come se avesse percepito qualcosa. Lo fissò. Gli occhi di lei<br />

si spalancarono, le labbra si schiusero, e un'espressione scioccata<br />

affiorò sui suoi lineamenti. Però non c'era tempo per indagare le sue<br />

paure, adesso i cani stavano ululando, e Karl sentì un veicolo che si<br />

spostava all'interno del cimitero.<br />

La sollevò attraverso l'apertura e gli altri all'interno la presero e<br />

l'aiutarono a scendere. Fece lo stesso con l'altra ragazza più bassa,<br />

poi risistemò in fretta la grata sulla finestra e si accovacciò contro<br />

l'apertura, usando il proprio corpo per bloccare la finestra: non era<br />

preoccupato di ciò che si poteva vedere quanto piuttosto di<br />

impedire all'odore dei mortali di giungere fino ai cani.<br />

Questi stavano adesso attraversando l'avenue Transversale. Fecero<br />

una breve pausa per annusare la nuova carne, ma, come aveva<br />

immaginato Karl, la ignorarono. Con pochi salti raggiunsero la<br />

scalinata, salirono e furono davanti a lui. E si fermarono. Il più<br />

grosso dei due ringhiò roco.<br />

La sua razza aveva sempre avuto uno strano effetto sugli animali.<br />

Quelli più selvaggi diventavano sottomessi. Gli animali domestici<br />

tendevano a legarsi, come il gatto che Julien aveva avuto per un<br />

decennio. Se possedeva o meno un potere sulle bestie, come<br />

dicevano le leggende, Karl non lo sapeva. Ma sapeva di poter<br />

instillare nella mente di quei due cani un messaggio che li avrebbe<br />

mandati per la loro strada.<br />

Delle due femmine di pastore tedesco, una era il capo. Fissò lo<br />

sguardo su quella. Il cane sostenne quello sguardo, ma Karl comprese<br />

che voleva disperatamente guardare altrove. Riusciva quasi a vedere<br />

i suoi processi mentali, messaggi che scattavano culminando nella<br />

comprensione: si girò e trotterellò giù per la collina; quella più<br />

giovane, più sottomessa, la seguì confusa. La giovane continuò a<br />

guardarsi indietro verso Karl, poi guardava in avanti verso l'altra,


come se cercasse di comprendere che cosa fosse accaduto là.<br />

I due cani raggiunsero la fine della scalinata e trovarono la carne.<br />

La stavano ancora strappando a morsi quando giunse la Renault con<br />

la guardia del cimitero. Questi uscì, guardò brevemente i resti che le<br />

bestie stavano consumando, immaginò che si trattasse probabilmente<br />

di un coniglio o uno scoiattolo e disse: «Merde de chiens, vous avez<br />

interrompu mon souper!». Ma rise piano, risalì in macchina e si<br />

allontanò.<br />

Una volta terminato il cibo, i cani trotterellarono felicemente giù<br />

per la collina in cerca di altre bestiole uccise.<br />

Quando il veicolo raggiunse i cancelli dell'ingresso principale, Karl<br />

sentì il mortale che rientrava nell'edificio di guardia. I cani adesso<br />

erano nuovamente vicino al muro occidentale, dall'altra parte del<br />

cimitero, sperando forse che sarebbe spuntato fuori dal nulla<br />

dell'altro cibo.<br />

Karl si girò e guardò attraverso la grata nell'oscurità. Otto occhi lo<br />

fissarono, quattro da una parte di una bara e quattro dall'altra, come<br />

gli occhi di un ragno dal corpo rettangolare. «Siete salvi», disse.<br />

«Cosa sei?», disse la donna alta che aveva sentito la sua presenza.<br />

Senza rispondere, lui aprì la grata il più silenziosamente possibile e<br />

fece cenno a uno dei maschi. «Dammi la mano».<br />

L'altro maschio lo aiutò a salire da dietro, e ripeterono poi il<br />

processo, prima le due donne, poi l'altro maschio finché l'ultimo dei<br />

quattro non fu fuori.<br />

«Fareste meglio ad andarvene il prima possibile», disse. «I cani<br />

sentiranno di nuovo il vostro odore e tornerà la guardia». Karl si girò<br />

per allontanarsi. Il suo lavoro era terminato. Cosa avrebbero fatto<br />

adesso stava a loro. Potevano essere stupidi o intelligenti, per lui era<br />

lo stesso.<br />

«Aspetta» disse la donna alta, toccandogli un braccio.<br />

Karl sentì una corrente attraversarlo, come una scossa elettrica. Si<br />

girò per fissare quel volto. Aveva dei tratti adorabili, occhi scuri ben<br />

distanziati, e una bocca grande e piena. La sua pelle era quella che<br />

nei secoli precedenti sarebbe stata definita d'alabastro, per quanto


era chiara. Ma loro tutti avevano una pelle chiara e i goth erano<br />

rinomati per il loro makeup bianco. Gli altri si erano tinti i capelli ma<br />

non lei, e vide sotto quella fioca luce di stelle che il suo colore<br />

naturale era nero. All'improvviso, si rese conto che era italiana.<br />

Aveva notato un lieve accento nella sua voce, e adesso, vedendola<br />

così da vicino, la cosa era confermata.<br />

«Perché ci hai aiutato?», chiese lei.<br />

«Perché no?»<br />

«Che cosa ci fai qui?»<br />

«Potrei chiedervi la stessa cosa».<br />

«Noi», e fece un cenno rivolta agli altri, «veniamo spesso qui.<br />

Quando la luna inonda di luce cerea e quando decresce».<br />

«Non dirmi che siete streghe», disse Karl, un po' deluso. Pensava<br />

che la cosa fosse finita negli anni Sessanta.<br />

«Non esattamente», disse lei. «Siamo...».<br />

«Non dirlo a un estraneo!», scattò uno dei ragazzi, con accento<br />

irlandese.<br />

«Ci ha salvato la vita, se l'hai dimenticato», disse bruscamente la<br />

donna alta. Poi, rivolta a Karl: «Vieni con noi. Ti prego. È distante,<br />

ma ti piacerà».<br />

Lo stesso ragazzo fece un grugnito basso di disapprovazione, ma<br />

la ragazza alta lo ignorò.<br />

Cosa fosse stato a convincerlo ad andare con loro, Karl lo<br />

ignorava. Lei fece strada per la collina più alta, leggermente verso<br />

ovest, e presto raggiunsero una cripta particolare davanti alla quale<br />

lei si fermò. Il nome della famiglia scarabocchiato in alto nella pietra<br />

diceva: NOIR. La cripta non era nera ma fatta della solita pietra<br />

grigio-bianca, con un tetto a due spioventi e una porta di metallo<br />

con una grande N al centro e intorno un disegno circolare. La porta<br />

sembrava essere chiusa, ma la ragazza alta aveva una chiave, vecchia<br />

a giudicare dall'aspetto, lunga, con un anello a una estremità e due<br />

denti all'altra per far girare la serratura.<br />

La cripta era grande come le altre, e non c'era modo che<br />

potessero starvi dentro comodamente più di due di loro per volta.


Solo la ragazza alta entrò. Spinse indietro un crocifisso dall'aspetto<br />

massiccio sull'altare. Un pannello di fronte all'altare scivolò di lato,<br />

accompagnato dal suono della pietra che grattava contro la pietra.<br />

«Dammi una candela», disse, e l'altra ragazza ne prese una, nera,<br />

mentre uno dei ragazzi l'accendeva con un accendino d'argento.<br />

La ragazza alta fece strada giù per dei gradini che sembravano<br />

condurre sotto la cripta. La ragazza più bassa la seguì, poi uno dei<br />

maschi. L'altro - quello che si era mostrato ostile alla presenza di Karl<br />

- fece un cenno a quest'ultimo di scendere, a lui obbedì. Alla fine, il<br />

ragazzo discese nella cripta dietro di lui e tirò una leva che chiuse<br />

tanto la porta dell'altare, quanto la porta della cripta stessa: Karl<br />

sentì scattare la serratura all'esterno.<br />

La scalinata era stretta e buia, i gradini di pietra, ma con la sua<br />

vista notturna appurò che erano consumati ai bordi. Sembrava che<br />

molti piedi fossero passati di lì nel tempo.<br />

Non c'erano più di venti scalini, e quando raggiunse la fine si<br />

ritrovò in una specie di piccola stanza, le cui mura fangose erano<br />

rinforzate da travi di legno. La donna alta attese tutti là. Quando<br />

l'ultimo ragazzo fu arrivato, prese delle candele da un ripostiglio nel<br />

muro e le accese con la sua, porgendole a tutti. I suoi occhi erano<br />

fissi su quelli di Karl, ma non disse nulla, solo: «Da questa parte».<br />

Attraversarono un tunnel che era stato scavato nel terriccio. Su<br />

entrambi i lati poteva vedere parti delle bare - i fianchi, i coperchi, i<br />

manici - e talvolta gli scheletri, laddove le bare avevano ceduto per<br />

il peso della terra bagnata. L'aria in quel punto era pesante e umida,<br />

il profumo della terra denso e opprimente.<br />

Continuarono a camminare: le candele rubavano quel poco di<br />

ossigeno che c'era, e Karl poté sentire il cambiamento nella<br />

composizione dell'aria. Rimase sorpreso del fatto che i mortali non<br />

facessero più fatica a respirare.<br />

Il tunnel proseguiva curvando leggermente, ma la maggior parte<br />

era abbastanza dritta perché potesse vedere lontano davanti a sé<br />

nell'oscurità grazie alla sua vista speciale. A un certo punto, quel<br />

passaggio da tunnel di terra - e immaginò che avessero lasciato il<br />

cimitero - divenne un vecchio sistema fognario. Sapeva che le fogne


di Parigi erano vecchie di secoli, e loro attraversarono la parte più<br />

vecchia, rivestita da vecchie mattonelle di ceramica. In quel punto la<br />

puzza era quella di cose putrefatte da molto tempo in un posto che<br />

non aveva più visto alcun mutamento. Le pareti erano umide al<br />

tatto, e nel tunnel circolare l'acqua formava delle pozzanghere in<br />

terra: ben presto quell'acqua gli inzuppò le scarpe.<br />

Il tunnel fognario proseguiva senza fine, o così sembrava. A un<br />

certo punto si ricollegò a una vecchia stazione della metropolitana in<br />

disuso, e loro proseguirono poco oltre la lunghezza della<br />

piattaforma prima di ritornare al condotto fognario. Dalla pendenza<br />

del suolo Karl capiva che si stavano dirigendo a sud, verso il fiume.<br />

Quando le candele furono consumate per metà, raggiunsero un<br />

tunnel di cemento, in verità molto simile a un acquedotto, poco più<br />

grande del condotto fognario. Una breve camminata lungo quel<br />

passaggio, e Karl si rese conto dal cambiamento nella pressione<br />

dell'aria che erano molti metri sott'acqua, il che poteva significare<br />

soltanto sotto la Senna.<br />

Una volta attraversato il fiume, il canale di cemento fece una<br />

brusca curva a destra, poi lasciò spazio a un altro tunnel, di pietra e<br />

terra, privo di cadaveri e bare. Ben presto, anche quel tunnel mutò.<br />

Era sempre formato dello stesso materiale, ma il soffitto si fece più<br />

frastagliato, come la cresta delle onde, e c'erano degli oggetti<br />

incastrati nelle pareti. Ossa, capì Karl, e in un istante comprese che<br />

erano all'interno delle catacombe. Ovvio. Parigi era una città<br />

costruita sui resti romani, il che avrebbe spiegato i tunnel e<br />

l'acquedotto seppellito sotto il fiume. E queste parti erano state delle<br />

cave dove venivano estratte pietre preziose. Le catacombe si<br />

estendevano sotto l'argine sinistro come una gigantesca tela di ragno.<br />

Ben presto comparvero molte altre ossa, le une sopra le altre.<br />

Milioni di scheletri erano stati interrati in quel posto. Intorno al<br />

1880, quando i cimiteri al livello del suolo avevano cominciato a<br />

straripare di cadaveri in vari stati di decomposizione, la puzza di<br />

morte e di putrefazione passava attraverso le fenditure nelle strade<br />

avvelenando le persone, e i poveri dovevano scavare caverne nei<br />

luoghi di sepoltura per farne le loro case, Parigi era stata inondata<br />

dalla malattia. L'amministrazione comunale aveva chiesto aiuto ai


icercatori di una scienza ancora in erba, la microbiologia. Venne<br />

ben presto stabilito, per il bene della salute pubblica, che i cadaveri<br />

in decomposizione dovevano essere portati via e che i futuri cimiteri<br />

venissero costruiti al di fuori di quelli che allora erano i limiti<br />

cittadini. Il Cimetière des Innocents fu il primo. Le ossa dei suoi morti<br />

che risalivano a oltre cento anni prima furono interrate sotto le<br />

vecchie miniere. In qualche punto del cammino, gli operai avevano<br />

avuto l'idea di ammassare le ossa in maniera più artistica: si trattava<br />

di Parigi, dopotutto. Mentre il gruppetto procedeva per la sua strada<br />

attraverso quei tunnel di ossa - ciò che restava dei non igienici morti<br />

di Parigi - le pareti divennero dei femori, con dei teschi sistemati a<br />

forma di fiori, cuori e croci. Di tanto in tanto Karl vedeva in<br />

lontananza delle inferriate, che aveva già visto quando aveva<br />

visitato da turista le catacombe insieme a Gerlinde. Ma a quel tempo<br />

si era trovato dall'altra parte delle inferriate. Queste recintavano la<br />

piccola area che il pubblico vedeva durante le visite guidate. Il<br />

motivo era che quei tunnel erano talmente vasti che la città non<br />

voleva essere responsabile dei turisti scomparsi, e una vista limitata<br />

delle catacombe era sempre meglio che niente. Ma Karl sapeva che<br />

quegli strani tunnel di sepoltura si estendevano su un'area molto più<br />

vasta di quel chilometro o più che veniva mostrato ai turisti. Alla<br />

fine poté vedere da solo le dimensioni delle catacombe.<br />

File interminabili di grosse ossa delle gambe e delle braccia, quelle<br />

più piccole conficcate in mezzo, i teschi sistemati a caso, per segnare<br />

una linea, oppure due ossa incrociate sotto un teschio nella classica<br />

posizione di "pericolo". Colonne di cemento collegavano le sezioni<br />

di ossa tra loro, e non ci volle molto tempo prima che venissero<br />

semplicemente sopraffatti dal numero di quelle ossa. Quanti milioni<br />

di esseri umani c'erano? Come doveva essere trascorrere l'eternità<br />

stipati con i propri antenati e discendenti?<br />

Per tutto il tempo avevano camminato in silenzio. I tunnel<br />

proseguivano senza fine. L'aria era umida, densa, e piena dell'odore<br />

di nitrato di potassio e lime. Oltre all'odore sudato di quegli umani.<br />

Perché svoltassero a sinistra piuttosto che a destra, o a destra e non a<br />

sinistra, Karl non lo sapeva. Ovviamente il capo conosceva bene la<br />

strada là sotto. Le candele erano ridotte a mozziconi e non<br />

potevano durare ancora a lungo, quindi immaginò che fossero


prossimi alla loro destinazione.<br />

Alla fine raggiunsero una zona che si apriva conducendo giù,<br />

sempre più giù lungo una rampa molto scoscesa nelle viscere della<br />

terra. Quanto più in basso potevano andare? Pensò che fossero<br />

diretti al centro della terra. Poi, improvvisamente, erano fermi<br />

dinanzi a quelli che potevano essere soltanto i resti di un tempio<br />

romano.<br />

Dai frammenti che un tempo erano stati una statua, Karl<br />

immaginò si trattasse di un monumento a Ecate, poiché aveva visto<br />

un tempio a lei dedicato in Grecia, sulla costa occidentale della<br />

penisola principale e ricordò gli abiti caratteristici e i tratti del viso<br />

attribuiti a quella divinità. Era una dea greca, ma i romani non si<br />

erano fatti scrupolo di rubare le divinità di altre culture.<br />

Ricordò allora di come gli antichi romani venerassero questa dea<br />

che esercitava il suo potere magico sui crocevia.<br />

Fissò sgomento le colonne doriche, le linee pulite del soffitto<br />

aguzzo, o quello che ne rimaneva. Il tempio si era deteriorato nel<br />

corso di duemila anni; gran parte del marmo chiaro era costellato di<br />

macchie, ma la struttura principale restava intatta. Karl sapeva di<br />

avere davanti agli occhi qualcosa di molto speciale. Qualcosa di cui,<br />

sospettava, soltanto una manciata di persone sulla terra era a<br />

conoscenza.<br />

«È sorprendente, non è vero?», disse la ragazza alta, ora in piedi<br />

alla sua destra.<br />

«Come l'avete trovato?», chiese Karl, incapace di distogliere lo<br />

sguardo da quella spettacolare reliquia di un'altra era.<br />

«Mia nonna me ne parlò e sua nonna prima di lei».<br />

Mentre parlavano, gli altri accesero delle candele che erano state<br />

collocate in punti strategici. Il bagliore dette vita a quell'edificio<br />

davanti ai suoi occhi.<br />

«Perché venite qui? Qual è lo scopo di questo viaggio dal Père-<br />

Lachaise?»<br />

«Non solo dal Père-Lachaise. Partiamo dal Cimetière du<br />

Montparnasse, e ci spostiamo al Cimetière de Montmarte, e di là al


Père-Lachaise, poi torniamo qui: il Cimetière du Montparnasse è<br />

proprio dietro l'angolo».<br />

«Tutto sottoterra?»<br />

«Sì».<br />

«E passate sotto le cripte?»<br />

«Sì».<br />

«Formidabile! Seguite un triangolo. Una trinità. La struttura più<br />

forte dell'universo».<br />

Lei lo fissò. «Devi essere molto intelligente per sapere questo. Ma<br />

come saprai il triangolo è anche la forma più instabile...».<br />

«Perché è sempre in cerca di un quarto, per l'equilibrio».<br />

«Come lo sai?». Sembrava sorpresa, come solo i giovani possono<br />

esserlo. Ognuno crede di aver inventato la ruota, pensò tra sé.<br />

«Comunque, tre è attraente, ma sempre pronto a collassare su due, o<br />

espandersi a quattro, in modo da poter essere nuovamente stabile».<br />

Rifletté per un momento, riguardo il suo triangolo con Antoine e<br />

Gerlinde. Sì, instabile era la parola giusta, almeno per lui. La<br />

situazione si era risolta contraendosi, e la forma era collassata in due.<br />

E c'è sempre uno che si disintegra.<br />

«Sei più di un essere senziente», disse la ragazza, usando una<br />

parola che Karl sentì essere troppo grande per lei, ma stava cercando<br />

di impressionarlo. Non ce n'era bisogno, davvero: l'aveva già fatto il<br />

tempio. Stava anche cercando di sedurlo. Be', non sembrava più<br />

vecchio di venticinque anni.<br />

«C'è poesia nella tua anima, un oscuro poetare che passa<br />

attraverso la tomba», proseguì lei con fare teatrale. «Qual è il tuo<br />

nome?»<br />

«Karl. E il tuo?»<br />

«Donata».<br />

Fece una pausa. «Come la donazione? Un dono?»<br />

«Sì». Ancora una volta sembrava in preda allo stupore. E<br />

mescolata a questo c'era anche un'aria di fascinazione, come se fosse<br />

già innamorata di lui.


Il destino in azione, pensò lui riguardo quel nome. "Se solo<br />

potesse essere uno strumento per la mia fine, la musa che mi aiuterà<br />

a creare la mia morte".<br />

«Karl, che cosa sei tu?».<br />

Gli altri erano radunati a lato del tempio, srotolavano pezzi di<br />

tessuto che parevano seta e velluto, pietre - per lo più cristalli - altre<br />

candele, incenso e altri oggetti, ovviamente per il rituale che<br />

intendevano officiare. Lui si sedette su uno dei gradini sul davanti e<br />

Donata sedette di fianco a lui. «Non posso dirti cosa sono, ma non<br />

sono più umano. Ci sono parole... nella tua lingua una è vampiro.<br />

Ma non descrivono davvero la mia condizione».<br />

Lei annuì. Un minuscolo granello di paura rimase bloccato dietro i<br />

suoi occhi, ma vide che non era spaventata come molti altri. Adesso<br />

era ancor più affascinata.<br />

«Sono così da molto tempo, e vivo sulla terra da quasi due secoli».<br />

Ebbe un'esitazione.<br />

«Continua», disse lei. «Hai altro da dirmi».<br />

«Forse sarebbe tempo di finirla con questa condizione».<br />

«Intendi dire che desideri morire?»<br />

«Ora che l'hai detto così direttamente, be', fa impressione sentirlo.<br />

Comunque sì, credo sia quello che intendo. Non vedo che senso<br />

abbia continuare».<br />

Lei appoggiò la sua mano calda su quella fredda di Karl. «Credo di<br />

comprendere come ti senti. Mi sento nello stesso modo».<br />

Si girò verso di lei. «Tu? Perché? Hai tutti i motivi per vivere».<br />

Davanti a lui sedeva una bellissima ragazza, poco più che<br />

adolescente. Aveva stile e grazia, l'energia e l'entusiasmo della<br />

giovinezza, una palese sensibilità e una saggezza che mascherava i<br />

suoi anni. «Quale motivo mai potrebbe farti pensare a morire? Non<br />

ne hai il diritto».<br />

Lo sguardo sorpreso sul volto di lei lo costrinse a valutare di<br />

nuovo la sua ultima affermazione. «Mi dispiace. Perdonami. Non<br />

posso conoscere la tua situazione. È solo che, dal mio stanco punto<br />

di vista, be', sembri avere il mondo ai tuoi piedi, o potresti averlo».


«Non preoccuparti, amico mio. Dicono che l'erba del vicino è<br />

sempre più verde, no? Sì, mi rendo conto che per moltissime persone<br />

sembro avere tutti i motivi per vivere. La mia famiglia ha una lunga<br />

e illustre storia, sono incredibilmente ricchi. Mi è stato detto che non<br />

sono proprio brutta... ho avuto abbastanza storie».<br />

Karl rise. «Mi dispiace. Non sembri avere più di sedici anni».<br />

«Ne ho diciassette», disse lei con il tono offeso proprio dei<br />

giovani.<br />

«Be', sembra abbastanza presto per aver avuto "abbastanza<br />

storie"».<br />

«Tu sei tedesco, io italiana. Il mio sangue è più caldo del tuo!».<br />

Gettò all'indietro i capelli con un movimento tipicamente italiano<br />

misto a una cocciutaggine tipicamente infantile.<br />

Karl rise. «Forse».<br />

«Dimmi», disse lei, «non è meraviglioso, come ci è stato detto,<br />

essere un vampiro?»<br />

«Non sono sicuro di quello che ti è stato detto. Abbiamo bisogno<br />

di sangue, preferibilmente umano. E abbiamo una repulsione alla<br />

luce del sole che ci costringe a dormire come morti durante il giorno.<br />

Il resto delle storie che si raccontano non sono vere: l'acqua santa, le<br />

croci, l'aglio, siamo immuni a quelle cose. Non so se viviamo in<br />

eterno. Pare che ci siano degli aspetti negativi che spuntano con<br />

l'età». Li stava provando adesso. Come fosse un vecchio che non ha<br />

più nulla da aspettarsi dalla vita, nulla che lo faccia ringiovanire.<br />

Lei rimase in silenzio per alcuni istanti, poi disse: «Karl, tu sei<br />

infelice. Chiunque lo vedrebbe. Questo riguarda l'amore. Anche<br />

questo è chiaro. Qualcuno che hai amato e perduto».<br />

Lui la fissò. «Riesci a capire tutto questo solo guardandomi?»<br />

«Lo vedo nei tuoi occhi. Sono come antiche pergamene e, istante<br />

dopo istante, rivelano sempre di più riguardo la tua anima».<br />

Karl sospirò. Non c'era alcun motivo di non parlarne con quella<br />

ragazza. I suoi problemi restavano i suoi. Lei non poteva aiutarlo,<br />

ma non poteva neppure danneggiarlo. «L'ho perduta a causa di un<br />

anziano, quello che mi ha generato. Credo che possa essere vittima


di un incantesimo, ma non posso esserne sicuro. E non ha<br />

importanza. So soltanto che mi odia per quello che le ho fatto. E<br />

preferisce lui a me. Lui è estremamente potente. Non posso<br />

combatterlo. E senza di lei..».<br />

«Non puoi andare avanti. Capisco».<br />

Aveva la saggezza di una donna anziana. Però il suo modo di<br />

esprimersi era talmente melodrammatico. Decise che l'insicurezza era<br />

un tratto proprio della natura di quella ragazza. «Mi hai chiesto chi<br />

sono», disse Karl. «Adesso io ti chiederò la stessa cosa».<br />

«Te l'ho detto, mi chiamo Donata. I miei genitori vivono in una<br />

villa fuori Roma. Mio padre possiede un paio di aziende che<br />

producono scarpe in pelle di qualità. Ho tre fratelli...».<br />

«Non è quello che intendevo. Quello che voglio sapere è perché<br />

riesci a leggere così tante cose nei miei occhi. Cosa ne sai di questo?».<br />

Fece un gesto indicando il tempio dietro di sé. «Perché ti vesti così, e<br />

hai questi amici? Se non avessi saputo, avrei detto che eri una<br />

strega».<br />

«Io sono una maga. La conoscenza che possiedo mi deriva da<br />

generazioni di donne della mia famiglia, che l'hanno trasmessa da<br />

una all'altra. Il mio dono speciale deriva dalla mia convivenza con la<br />

morte. Sto morendo di AIDS».<br />

Questo spiegava l'odore particolare, appena nascosto dal potente<br />

odore di patchouli. Adesso che lei glielo aveva suggerito, sapeva che<br />

era vero. Questa giovane, bellissima ragazza stava morendo, poteva<br />

percepirlo, vederlo, sentirlo.<br />

«Non dispiacerti per me», disse lei di scatto, con occhi<br />

fiammeggianti.<br />

«Non è così. Io stesso vivo con la morte. Non riesco a vederla<br />

come una forza negativa. Al contrario, ultimamente mi pare<br />

estremamente allettante».<br />

«Bene!». Lei incrociò le gambe appoggiandosi a una colonna. Le<br />

sue clavicole spuntavano sotto la pelle. Il pallore della sua carne non<br />

derivava dal makeup come per gli altri, era il colore di una rosa che<br />

appassisce. Avrebbe voluto domandarle come aveva contratto l'HIV,<br />

ma sapeva che si trattava di uno dei pochi modi possibili. Se l'era


presa drogandosi, ma non di recente, perché non vedeva segni di<br />

ago sulle vene. Forse una trasfusione di sangue. E poi c'era sempre il<br />

modo più ovvio: il sesso. A ogni modo, la guardò con un po' di<br />

dispiacere. Era una ragazzina così adorabile, in procinto di appassire<br />

sul ramo ancora prima di sbocciare veramente. Quella era la più<br />

grande tristezza della vita, quella meno comprensibile.<br />

«Non mi sento dispiaciuta per me», disse Donata. «Sono giunta ad<br />

accettare questa situazione. Ho poco tempo a disposizione. Per<br />

questo, mi rifiuto di perdere tempo in stronzate. Vedi? La<br />

prospettiva chiara della fine porta a comprendere la verità».<br />

Qualcosa in quella affermazione profondissima lo colpì. Lo fece<br />

sussultare, come se l'universo si fosse squarciato e ne fosse filtrato<br />

qualcosa d'inatteso. Qualcosa che non poteva vedere, toccare,<br />

assaporare, odorare o ascoltare, ma che poteva comunque sentire.<br />

Al momento non gli era chiaro cosa fosse, ma sentiva per istinto che<br />

si sarebbe rivelato.<br />

«Vedo tanta disperazione in te. Ma Karl, nulla è davvero brutto<br />

come sembra».<br />

Karl si allontanò da lei. «In condizioni normali, sarei d'accordo<br />

con te».<br />

«Hai una mente scientifica», disse lei, sorprendendolo ancora una<br />

volta, perché lui non aveva ancora detto nulla in proposito che<br />

potesse fornirle quella informazione. «Conosci gli atomi?»<br />

«Certamente».<br />

«I loro componenti, protoni, neutroni...».<br />

«Sì, ma mi sorprende che tu conosca cose simili».<br />

«Perché sono una donna?»<br />

«Perché sei talmente giovane». Si domandò se non fosse stato sulla<br />

terra per troppo tempo, senza vedere con chiarezza le persone, dal<br />

momento che non si era interessato molto ai mortali e ai loro<br />

comportamenti per moltissimo tempo.<br />

Un improvviso impulso di fame lo colse. Avrebbe dovuto nutrirsi<br />

presto. Ormai in cielo la luce doveva aver cominciato a insinuarsi.<br />

Inoltre aveva bisogno di tempo per tornare al suo hotel sulla riva


destra. «Karl, devi sapere, come me, che ci sono delle particelle<br />

subatomiche che non si comportano come ci aspettiamo che<br />

facciano».<br />

«Se stai parlando delle particelle messe in moto dall'osservatore,<br />

sì, le conosco».<br />

«Allora conosci la risposta al tuo piccolo dilemma».<br />

Deluso, Karl si alzò. «Non la conosco. Il mio "piccolo dilemma",<br />

come lo chiami tu, non è proprio un dilemma. È un vicolo cieco.<br />

Non ci sono risposte. Non c'è nulla che io possa fare riguardo questa<br />

situazione, e non penso di poter continuare per come stanno le<br />

cose».<br />

Lei allungò un braccio. «Quello che ti offro è poco, lo so, ma forse<br />

puoi soddisfare la tua sete qui. Ci sono altre cose che devo dirti.<br />

Altre cose che tu devi sapere».<br />

Qualcosa nel suo tono lo fece irritare. Sentì l'impulso di<br />

aggredirla, di prendere il suo sangue, tutto quanto. Si stava<br />

comportando come il personaggio di un romanzo di Anne Rice. "I<br />

mortali sono talmente presuntuosi", pensò. "Pensano che tutto possa<br />

essere modificato. E poi comincerà a vomitare frasi fatte: segui la<br />

corrente; la vita è nel cambiamento".<br />

Sapeva di doversene andare adesso, prima di farle del male.<br />

«Devo andare. Il sole sta per sorgere».<br />

«Puoi dormire qui. Non viene nessuno tranne noi, e non c'è luce<br />

del sole. Noi eseguiremo il nostro rituale in onore di Ecate, poi ce ne<br />

andremo».<br />

«No. Devo andarmene. Dimmi qual è la via d'uscita più breve».<br />

«Certo. Non voglio trattenerti contro la tua volontà. Non sei<br />

prigioniero o quant'altro. C'è una svolta a destra su, lungo il tunnel.<br />

La seconda svolta a destra. Ti condurrà a una uscita della fogna: non<br />

avrai problemi a trovarla».<br />

Gli altri si erano avvicinati al punto in cui si erano seduti a<br />

parlare. La ragazza più piccola cominciò a preparare un cerchio<br />

intorno al tempio, spargendo da una grossa busta quello che<br />

sembrava essere del sale. I due maschi erano impegnati a creare una


specie di altare in cima ai gradini, servendosi di un tavolo basso, le<br />

candele, l'incenso e le pietre che Karl li aveva visti spacchettare,<br />

probabilmente per decorare l'altare. Qualunque fosse il loro rituale,<br />

Karl non voleva farne parte. E sospettava che se gli altri avessero<br />

scoperto che era un vampiro, avrebbero potuto cercare di<br />

costringerlo a rimanere, pensando che la sua presenza, magari anche<br />

il suo sangue, avrebbero reso tutto più formidabile. Avrebbero<br />

persino potuto decidere che volevano unirsi a lui!<br />

Aveva già le sue preoccupazioni, e riguardavano il nutrimento per<br />

affrontare la giornata. Poi la notte seguente avrebbe cercato di<br />

trovare un modo per distruggersi, perché adesso comprendeva che<br />

tutto quel vagare riguardava questo. Era ciò che l'aveva condotto là.<br />

Non poteva morire facilmente in Germania: qualunque sacrificio<br />

avesse fatto per il potere di Antoine, non poteva farlo nella sua terra<br />

natia. Alcune cose erano troppo umilianti. Ma Parigi... Gli era<br />

sempre piaciuta Parigi. E anche a Gerlinde.<br />

Cominciò ad allontanarsi dal gruppetto, verso il tunnel, quando le<br />

parole di Donata lo fecero fermare: «Karl, se avrai mai bisogno di<br />

me, e credo che ne avrai, mi troverai. Alla fine. A meno che non sia<br />

morta».<br />

Qualcosa in quelle parole lo fece rabbrividire. Non riusciva a<br />

immaginare di aver bisogno di quella ragazza per qualcosa, ma<br />

comunque una parte di lui ripose quell'informazione come se fosse<br />

vitale alla sopravvivenza dell'universo. E quella stessa parte pensò:<br />

"Spero che tu non muoia troppo presto".


CAPITOLO 14<br />

Come muore un vampiro? Non era una domanda per la quale<br />

esisteva una risposta facile. Si sapeva di poche morti certe nella sua<br />

cerchia, e Karl fece un elenco di tutte le possibilità, basandosi su<br />

quello che sapeva avrebbe funzionato, e quello che invece no.<br />

Membri della comunità avevano discusso riguardo i modi per morire<br />

fino alla nausea. La morte. Sempre un soggetto affascinante.<br />

Il veleno era fuori discussione: nessuno della sua razza era morto<br />

a causa di una sostanza estranea. Infatti i loro corpi eliminavano<br />

qualunque cosa che non fosse considerata nutriente. Possedere<br />

cellule umane, animali e vegetali voleva dire che c'era ben poco che<br />

non fosse utilizzabile. Qualunque sostanza estranea rimasta veniva<br />

espulsa dagli orifizi del corpo senza effetti dannosi.<br />

La luce era una possibilità. C'erano stati molti casi in cui<br />

l'esposizione ai raggi del sole aveva causato danni ingenti, e sapeva<br />

grazie ad André che uno di loro era morto così. Ci erano voluti<br />

diversi giorni, ma almeno Karl era certo che avrebbe funzionato...<br />

alla fine.<br />

Un altro metodo era il fuoco. Quello doveva andar bene, o<br />

immaginava di sì, dato che l'effetto era simile a quello della luce del<br />

sole, ma il mezzo era più rapido. C'era stato un caso al quale aveva<br />

assistito, ma il corpo era già stato smembrato. Questo insulto dello<br />

squartamento era una garanzia del fatto che, come aveva detto<br />

Julien, i morti restino tali.<br />

C'era poi la recisione del capo, o della spina dorsale. Era un<br />

metodo efficace: l'aveva visto con i suoi stessi occhi. Poteva<br />

rappresentare un problema trovare un modo per tagliarsi la testa.<br />

Non riusciva a immaginare una maniera per farlo, se non costruendo<br />

un marchingegno simile a una ghigliottina. Possibile. Ma non facile e<br />

rapido. E il pensiero di poter sopravvivere dopo, per alcuni minuti...<br />

aveva visto mortuarie dei decapitati durante la Rivoluzione francese.<br />

Alcune erano serene, come quella di Maria Antonietta. Altre no. Si<br />

chiese quando fosse stato preso il calco di quella di Maria<br />

Antonietta.


Oltre a questi, non conosceva altri modi. Trafiggere il cuore<br />

poteva funzionare, ma non c'erano precedenti. Morire di fame<br />

sarebbe stato quasi impossibile: aveva la sensazione che avrebbe<br />

potuto consumare il suo corpo per molto, molto tempo. Impiccarsi<br />

non avrebbe funzionato: non riusciva nemmeno a figurarsi come<br />

potesse funzionare. Avrebbe potuto attaccarsi un peso e tuffarsi in<br />

acqua, ma ancora una volta, non c'erano esempi e nemmeno casi<br />

simili, e il pensiero di poter essere bloccato sott'acqua, ancora in<br />

vita...<br />

Poteva trovarsi in una fase della morte, ma il concetto di morte<br />

non andava e veniva a fasi. Indugiava, sempre, in un angolo della<br />

mente. E come avrebbe potuto essere altrimenti, per degli esseri che<br />

continuavano a vivere non sapendo quando e se sarebbero morti?<br />

La morte come concetto l'aveva affascinato fin da prima che<br />

Antoine lo trasformasse. I suoi studi quando era mortale l'avevano<br />

condotto nel regno della medicina, ancora agli albori, al tempo in<br />

cui era legata per lo più alle erbe medicinali. L'esplosione di una<br />

nuova malattia, la rubella, si era verificata solo cinque anni prima<br />

che soccombesse a quella vita, ed era durata per altri cinque anni.<br />

Quello era uno dei motivi per cui si trovava a Dusseldorf, per<br />

studiare quella che era stata chiamata rosolia. Il male, con la febbre,<br />

la congestione delle vie respiratorie superiori e la caratteristica<br />

eruzione cutanea rossa su tutto il corpo, non era di per sé fatale. Per<br />

molti adulti, e persino ragazzi, i sintomi duravano alcuni giorni, ed<br />

erano seguiti da un pieno ristabilimento. Quelli in pericolo erano i<br />

feti delle donne incinte. La prognosi era quasi sempre pessima.<br />

Aveva assistito a diverse morti per diverse cause, e aveva visto<br />

ben più morti di quanto dovesse. La morte prima della sua<br />

trasformazione era stata per lui solo un avvenimento del corpo.<br />

Ragionava abbastanza semplicemente: nasciamo, viviamo, moriamo<br />

e poi altri nascono per prendere il nostro posto. Ecco a cosa servono<br />

le generazioni, perché la gente fa i figli. Un nucleo d'idee molto<br />

semplice che evitava gran parte della confusione che avevano<br />

affrontato nel corso delle ere profeti e filosofi, per non parlare degli<br />

eruditi di chiesa.<br />

La sua eredità cattolica l'aveva preparato all'esperienza mistica. La


morte era il grande ignoto: l'aveva appreso dal catechismo. La morte<br />

avrebbe dovuto essere l'esperienza che permetteva all'anima di<br />

abbandonare il suo stato d'incarnazione - il corpo è soltanto un<br />

guscio dopotutto - e cominciare a viaggiare per tornare nel posto da<br />

dove era venuta. Il luogo eterno dove in qualche modo si sarebbe<br />

ancora una volta mescolata al divino, che fosse il paradiso, o un<br />

altro livello. Si era aspettato di vedere realmente una qualche<br />

espressione fisica dell'anima mentre questa lasciava il corpo. Ma<br />

nonostante tutti i casi ai quali aveva assistito, doveva ancora<br />

osservare un simile fenomeno.<br />

Molti di coloro che aveva visto da dottore erano forme contorte<br />

e distorte. Vecchi che raggiungevano uno stato catatonico, con i<br />

corpi ormai quasi ridotti a scheletri, il loro unico desiderio, se erano<br />

capaci di esprimerlo, era di essere liberati.<br />

Oltre ai vecchi, c'erano i giovani, vittime delle malattie o di<br />

incidenti, che si sforzavano e combattevano e, ciononostante,<br />

perivano. Ancora una volta si era aspettato qualcosa di più di uno<br />

sguardo tormentato o sereno sul volto, oppure un ghigno fisso che il<br />

rigor mortis aveva fissato per un po' di tempo fino a quando il corpo<br />

non era stato nuovamente molle.<br />

Dov'era quel corpo sottile, il corpo spirituale del quale aveva<br />

appreso l'esistenza? Dov'era quel tunnel di bianca luce divenuto<br />

ormai popolare nell'ultima parte del ventesimo secolo? Le poche<br />

esperienze di prossimità alla morte delle quali aveva letto<br />

sembravano così banali da fargli chiedere se non si trattasse di<br />

allucinazioni causate durante lo stato di coma dalle forti luci degli<br />

ospedali oppure se questi soggetti non avessero letto l'uno le<br />

esperienze dell'altro. In realtà quelle storie sembravano<br />

sospettosamente simili alle cronache di rapimenti alieni, e sapeva che<br />

qualcuno avrebbe affermato che le somiglianze derivavano dal fatto<br />

che noi tutti siamo figli degli alieni. Forse aveva letto troppa<br />

fantascienza. Forse la sua mente scientifica lo rendeva semplicemente<br />

più scettico dell'essere umano medio.<br />

Quello che lo disturbava maggiormente, quello su cui si era<br />

arrovellato per diverso tempo, era il fatto che sembravano non<br />

esservi prove tangibili dello spirito. Lui voleva credere. Avrebbe reso


più semplice l'esistenza. Ciononostante non riusciva a vedere nulla<br />

che supportasse concretamente quell'idea. La sua esistenza poteva<br />

essere il collegamento migliore con una forma spirituale. Lui era,<br />

sotto tutti i punti di vista, un essere soprannaturale, fuori dalla<br />

natura, un'aberrazione. Se lui poteva vivere in quella condizione di<br />

semivita, semimorte, allora tutto era possibile. Il punto di vista<br />

poetico di David l'aveva impressionato: l'anima che cerca di<br />

abbandonare il corpo ma resta bloccata in una dimora a metà<br />

strada, per così dire. Karl, per buona parte della sua esistenza,<br />

l'aveva percepito molto bene. Non era vivo e non era morto. Non<br />

apparteneva a nessuno dei due mondi e pareva comunque muoversi<br />

liberamente in entrambi. Se fosse stato sul punto di procedere verso<br />

il luogo, qualunque esso fosse, dove l'avrebbe condotto la morte - o<br />

un qualche regno sacro fatto di angeli e demoni, o il paradiso e<br />

l'inferno e la stazione di attesa del purgatorio -, l'avrebbe saputo. Il<br />

fatto che avrebbe finito per sapere gli consentiva persino di pensare<br />

l'inimmaginabile e superare le sue paure, e la ripugnanza di andare<br />

contro il suo stesso istinto di sopravvivenza.<br />

Pensò che il fuoco sarebbe stata la soluzione più semplice e sicura.<br />

Avrebbe dovuto soltanto chiudersi in qualche luogo appartato in<br />

modo da non poter scappare, poi dare fuoco a quel luogo e nel giro<br />

di un'ora sarebbe bruciato completamente. Rapido. Semplice.<br />

Probabilmente non indolore, ma esporsi alla luce del sole sarebbe<br />

stato di gran lunga più doloroso, e almeno poteva sopportare l'idea<br />

di vedersi morire: immaginarsi invece mentre si tagliava la testa<br />

sarebbe stato ridicolo e melodrammatico. La sua sensibilità non<br />

tollerava una cosa così assurda, anche se l'idea di una lama affilata<br />

come un bisturi lo affascinava.<br />

Alla periferia di Parigi, vicino Roissy, trovò un capanno<br />

abbandonato. C'era abbastanza campagna intorno perché non<br />

dovesse aspettarsi di venire interrotto.<br />

Era facile procurarsi catene e manette, tanto quanto della benzina<br />

e dei fiammiferi. Un suicidio a basso costo.<br />

Quando tutto fu pronto, sentì di doverlo far sapere agli amici.<br />

Mentre effettuava la chiamata, pensò principalmente ad André e<br />

a David. A tutto quello che avevano passato insieme. A come si


erano conosciuti. A come erano diventati intimi.<br />

Era a New York, negli anni subito dopo la guerra, certo non un<br />

buon momento per essere un tedesco negli Stati Uniti, ma lui non<br />

era mai stato molto socievole quando era stato mortale e nulla era<br />

cambiato sotto quel punto di vista. Soltanto un anno prima che Karl<br />

celebrasse, se quella era la parola giusta, i suoi cento anni da non<br />

morto. Era stato da solo per l'intero secolo, e non aspettava con<br />

ansia di arrivare a duecento anni.<br />

Gli Stati Uniti stavano esplodendo. La guerra di per sé è sempre<br />

una cosa buona per l'economia, a patto di non perdere. Ma gli<br />

Alleati avevano ritenuto che la sconfitta della Germania nella prima<br />

guerra mondiale e la conseguente punizione avessero causato le<br />

condizioni economiche perché la sua madrepatria muovesse<br />

nuovamente guerra, una guerra che sarebbe stata chiamata seconda<br />

guerra mondiale, visto il numero di paesi coinvolti. O quantomeno i<br />

paesi che contavano agli occhi dell'Europa e degli Stati Uniti. Karl<br />

non poteva condonare le azioni crudeli della Germania durante la<br />

guerra. Ma non era mai stato il tipo di persona da giustificare una<br />

qualsiasi guerra e le atrocità cui questa avrebbe per sua natura<br />

condotto. Aveva sempre evitato i conflitti, sia personali che politici.<br />

Forse per questo si era sempre ritrovato più solo di quanto<br />

desiderasse.<br />

Non aveva mai incontrato qualcuno della sua razza, e la cosa non<br />

aveva senso. Di certo lui e quella bestia che aveva succhiato il suo<br />

sangue non potevano essere gli unici esseri di quel tipo al mondo!<br />

Ma se c'erano degli altri, non si erano presentati. A volte aveva<br />

avuto quella che si sarebbe potuta descrivere come una<br />

premonizione fisica, ma da quelle sensazioni non era scaturito nulla,<br />

e lui sapeva che poteva aver reagito a una cosa qualsiasi; correnti<br />

d'aria; profumi; cambiamenti di temperatura; suoni ad alta<br />

frequenza, e con il boom su scala mondiale della radio e adesso della<br />

televisione, nell'aria c'erano molte più frequenze che venivano<br />

utilizzate di quanto non accadesse prima.<br />

E quando svoltò un angolo diretto a est vicino al Central Park e<br />

vide due della sua razza, accecanti per la luce che emettevano.<br />

Rimase paralizzato dov'era. Con la bocca aperta. Gli occhi sgranati.


Anche quei due fecero lo stesso.<br />

Quello shock iniziale fu rimpiazzato prontamente dalla<br />

circospezione. Tutti la sentivano: la tensione riempiva l'aria come<br />

delle correnti durante una tempesta elettromagnetica. In seguito si<br />

resero conto di essersi incontrati ad un crocevia. André aveva<br />

svoltato ad ovest. David aveva proseguito verso sud. Ma la strada<br />

che portava a nord era vuota. Da quella volta, nessuno di loro né<br />

del resto della loro razza che avevano incontrato in seguito era<br />

riuscito a spiegare quell'esperienza mistica così legata alla leggenda.<br />

Dopo una pausa collettiva, Karl si era fatto avanti, come l'uomo<br />

che dall'aspetto sembrava francese. L'inglese era a metà strada tra di<br />

loro e manteneva la sua posizione. "Sono nervoso", aveva pensato<br />

Karl. Anche gli altri due parevano nervosi. L'avevano confermato più<br />

tardi.<br />

Quando furono vicini, si fermarono fissandosi increduli.<br />

«Noi... siamo simili», disse quello nel mezzo.<br />

«Sì». Il francese allungò la mano quasi la stesse porgendo a due<br />

timidi animali. Toccò per primo Karl, poi l'altro, quasi a sincerarsi<br />

che entrambi fossero reali e non si trattasse di uno strano sogno. Karl<br />

sapeva come si sentiva.<br />

Parlarono scioccati, fino a quando il sole minacciò di sorgere,<br />

come se tutti avessero conservato le parole da molto, molto tempo.<br />

Ma si ritrovarono ben presto costretti a far ritorno alle loro<br />

abitazioni: ciascuno tenne segreta l'ubicazione della propria agli altri<br />

due. Ma si accordarono per incontrarsi la notte seguente a Central<br />

Park vicino al laghetto delle anatre.<br />

La notte seguente Karl si svegliò giubilante. Dal 1845 si trattava<br />

del primo contatto che avesse avuto con qualcuno che non fosse un<br />

mortale! Si sentì come se un immenso fardello gli fosse stato tolto<br />

dalle spalle. Ignorò la parte dentro di sé che lo richiamava a un<br />

cauto ottimismo.<br />

Quando furono tutti insieme, l'inglese, di nome David, disse: «È<br />

una sensazione stranissima, come fossimo tutti fratelli imparentati,<br />

nati dalla stessa covata».<br />

«Sì, lo sento anche io», confessò André.


Karl aveva una sensazione simile. Era come guardare un'immagine<br />

nello specchio. Non che i tre si somigliassero. André era abbastanza<br />

alto, di costituzione atletica, gli occhi scuri e i capelli neri con una<br />

spruzzata d'argento sulle tempie. Sembrava appena sotto i quaranta,<br />

ma disse loro di essere stato trasformato verso la fine del<br />

diciannovesimo secolo. David, alto, magro, inglese negli<br />

atteggiamenti, con capelli color sabbia e occhi chiari, era morto<br />

quando aveva trent'anni, nel 1893. Questo faceva di Karl il più<br />

vecchio, anche se sembrava il più giovane: ci si fecero una bella<br />

risata tutti e tre.<br />

Fu subito chiaro che tutti e tre parlavano francese, inglese e<br />

tedesco: erano tutti di un'epoca in cui un'educazione classica era la<br />

norma, se si riceveva un'educazione. Fu chiaro che Karl e David<br />

erano stati assaliti in maniera simile, probabilmente dallo stesso<br />

essere. Un essere che aveva aggredito anche la zia di André, una<br />

della loro razza, ancora viva in Francia. Per lo meno Karl scoprì che<br />

erano più di tre, cinque complessivamente, se si contava anche<br />

quella pazza creatura, se era ancora in vita.<br />

A parte questo, nessuno dei tre conosceva gli altri. Tutti avevano<br />

avuto un'esperienza simile, la sensazione della presenza degli altri<br />

pur non avendoli incontrati mai.<br />

«Io sento», disse André per loro, «una forte attrazione e un<br />

altrettanto forte repulsione verso voi due».<br />

«Sì», disse David, «è come se temessi di essere fatto a pezzi nel<br />

sonno».<br />

«O di dover combattere con voi due per il cibo», aggiunse André.<br />

«Sento di dover stare in guardia. E comunque non avverto nessun<br />

intento malevolo da parte vostra».<br />

«Mi chiedo se si tratti di una reazione istintiva», disse Karl. «Alcuni<br />

animali sono così, non sono animali di branco, ma neppure inclini a<br />

essere del tutto solitari. Ciascuno di noi è stato costretto<br />

all'isolamento dalle circostanze».<br />

Questo aveva senso tanto per André che per David. E col tempo i<br />

loro timori si rivelarono ingiustificati. Tutti desideravano avere un<br />

contatto, e quell'unione divenne sicura e utile a tutti.


Ben presto affittarono insieme un appartamento a Manhattan,<br />

dove vissero per più di dieci anni. In quel lasso di tempo arrivarono<br />

a scoprire che, benché fossero estremamente diversi l'uno dall'altro,<br />

avevano molte cose in comune. E quello che condividevano di più<br />

era quella sensazione di non essere davvero vivi né davvero morti.<br />

Di essere isolati dai "mortali", come iniziarono a chiamarli. Di non<br />

possedere vere informazioni su cosa fossero, sulla storia della loro<br />

specie, la loro forza e i loro limiti. E questo amalgamare le tre menti,<br />

i tre cuori e i tre corpi, tre diversi approcci, si rivelò d'inestimabile<br />

valore poiché così erano in grado di provare a costruire uno schema<br />

per loro coerente e che definisse la loro specie. Ma più di tutto,<br />

aveva fornito loro quello di cui forse avevano più bisogno: amicizia.<br />

Qualcuno rispose dall'altro capo del telefono. Karl era ben<br />

conscio del fatto che quella telefonata a Montréal non era per<br />

chiedere aiuto ma per prendere congedo.<br />

David e André ascoltarono dagli altri telefoni della casa mentre lui<br />

parlava. Vi fu una pausa a Montréal, poi David disse: «Stai facendo il<br />

gioco di Antoine».<br />

«Lo so».<br />

«Antoine ti vuole morto, così come voleva Chloe, Kaellie e gli<br />

altri che ha distrutto. Proprio come vuole morti me e Morianna.<br />

Quelli che sono morti hanno ceduto perché desideravano morire».<br />

«E io non farò eccezione».<br />

«Smettila!», gridò André. Karl sapeva che André non poteva<br />

prenderla bene. Semplicemente non era nella sua natura. Ed era<br />

ancora scioccato dalla morte di Chloe. «Tu sei malato. Non sai cosa<br />

stai facendo. Dimmi dove sei e verrò da te».<br />

«No», disse Karl. «Devo abbandonare questa terra e devo farlo<br />

adesso. Dovete accettarlo. Non ha nulla a che vedere con nessuno di<br />

voi due...».<br />

«E invece sì! Pensi che la cosa non ci faccia star male? Pensi che<br />

tireremo avanti, come al solito? "Ah, tra l'altro, Karl si è dato fuoco.<br />

Passami il plasma"».<br />

Karl dovette sorridere. «Gerlinde ti ha influenzato, vero André? Il<br />

suo spirito. La sua vitalità».


«Sì, mi ha influenzato. Come noi tutti. La amo come una sorella,<br />

ma ucciderti perché lei ti ha lasciato è... pazzesco».<br />

«Ti stai ripetendo e senza un valido motivo. Ho preso una<br />

decisione».<br />

«Tu sei fuori di testa!».<br />

«Karl», disse David - nel corso degli anni era cambiato divenendo<br />

il più pacato dei tre - «noi tutti sappiamo cosa significhi voler morire.<br />

Non è una cosa strana nella nostra condizione. I mortali ci passano.<br />

Persino le balene si lasciano morire sulla spiaggia. Ogni essere<br />

vivente si trova in uno stato di entropia. Siamo combattuti tra salute<br />

e malattia, vita e morte. Certe volte viriamo in una direzione o<br />

nell'altra. Ma dobbiamo combattere per la vita».<br />

«Perché?»<br />

«Perché è tutto ciò che abbiamo».<br />

«Potrebbe esserci di più. Non lo sappiamo. Sono sempre stato un<br />

agnostico».<br />

«Come me, e come André. E molti di quelli della nostra razza.<br />

Non abbiamo la presunzione di sapere cosa, semmai, esista dall'altra<br />

parte, se c'è un'altra parte. Ma lo scopriremo quando ci arriveremo».<br />

«Se ci arriveremo. Potremmo non raggiungere mai quella<br />

condizione naturalmente».<br />

«Certo che ci arriveremo. Puoi vederlo negli anziani. In un certo<br />

senso nel loro declino. Antoine è il più anziano ma ha solo 700 anni.<br />

Perché pensi sia così? Dove sono gli altri, quelli prima di lui? Non<br />

può essere stato il primo».<br />

«Tutto questo è irrilevante, David. Ho preso la mia decisione.<br />

Queste sono domande che non mi pongo più. Voglio solo porre fine<br />

al dolore dell'esistenza».<br />

«Merde!», gridò André. «Stai scegliendo la strada più comoda e la<br />

chiami la via difficile. Fidati, mon ami, questa non è la risposta. Non<br />

lo era per quelli che sono morti e non lo è per te. Torna da noi.<br />

Possiamo pensare a un modo per aiutare Gerlinde. Per aiutarti. La<br />

nostra conoscenza collettiva farà la differenza, questo te lo<br />

prometto. L'ha fatta, per me e per David. E tu sei nostro amico. Non


possiamo permettere che tu muoia senza fare uno sforzo».<br />

Quelle parole toccarono Karl, ma il loro effetto non giunse<br />

abbastanza in profondità da modificare il suo proposito. «Addio,<br />

amici miei. Voglio bene a entrambi. Lo sapete. Fate i miei saluti agli<br />

altri, in particolare a Michel».<br />

Tutti fecero una pausa e, prima che un'altra parola potesse essere<br />

detta, Karl citò alcune frasi dalla Canzone d'amore di J. Alfred<br />

Prufrock di T. S. Eliot, uno dei poemi che amava di più. Il poeta<br />

iniziava dicendo di aver assistito al suo momento di maggior<br />

"splendore". E terminava con le parole: «Per farla breve, avevo<br />

paura». Poi Karl riagganciò.<br />

Non era quello il modo in cui voleva dire addio. Voleva la loro<br />

benedizione, anche se sapeva quanto la cosa fosse improbabile.<br />

Proprio perché si preoccupavano per lui, volevano tenere<br />

quell'atteggiamento. E se il loro affetto da solo avesse potuto fare la<br />

differenza, l'avrebbe fatta. Ma una cosa la sapeva: non avrebbe<br />

potuto avere amici migliori di André e David.<br />

Però la loro amicizia non era abbastanza. Non riusciva a farglielo<br />

capire. Quella che aveva avuto con Gerlinde era stata una relazione<br />

mista: madre/figlio; sorella/fratello; figlia/padre; fidanzato/fidanzata;<br />

e specialmente amicizia. Erano compagni nell'anima. Non poteva<br />

muoversi liberamente nel mondo senza questo, e non aveva nessuna<br />

speranza di riuscire a replicarlo con qualcun altro. Il suo istinto gli<br />

diceva che erano come i lupi dell'Artico che si accoppiano per la<br />

vita: quando uno muore, l'altro non si accoppia più.<br />

Tornò al capanno dov'era tutto pronto. Doveva semplicemente<br />

attaccarsi al corpo le catene che penzolavano dal soffitto poi<br />

accendere un fiammifero e gettarlo nel fieno zuppo di benzina.<br />

Sarebbe finita nel giro di pochi minuti.<br />

Quando tutto fu sistemato, quando si fu fissato per bene in modo<br />

da non poter fuggire, accese il fiammifero. E lo lanciò. Le fiamme<br />

s'innalzarono dalla paglia umida all'istante e si diffusero in cerchio<br />

intorno a lui. Si sentì come una strega al palo durante l'Inquisizione.<br />

Mentre le fiamme si facevano sempre più bollenti, fu preso dal<br />

terrore. Cercò di divincolarsi dalle catene, ma erano troppo robuste:


non era mai stato un tipo da mezze misure.<br />

Il fumo salì nell'aria mentre le fiamme divampavano intorno a lui,<br />

sfiorando le travi, divorando il tetto, le pareti. Karl fu preso dal<br />

panico. Non poteva credere di aver fatto questo a se stesso!<br />

Cominciò a gridare come qualunque essere fatto di carne in pericolo<br />

d'estinzione. I pensieri legati all'umiliazione per essere così codardo si<br />

sbriciolarono in polvere. Aveva paura di morire! Non voleva morire!<br />

Poi, girò leggermente la testa e intravide la cosa più sinistra che<br />

avesse mai visto. Fuori dalla finestra c'era Antoine, col volto<br />

appoggiato al pannello che guardava dentro: rideva compiacendosi<br />

di quello che accadeva. Le sue enormi fauci ticchettavano contro il<br />

vetro della finestra. Era lo stesso sguardo carico d'odio, la stessa<br />

diabolica risata che Karl conosceva da quando aveva lottato tra la<br />

vita e la morte davanti a quel mostro centocinquant'anni prima.<br />

Antoine l'aveva condotto là, alla sua fine. Non era più solo un<br />

pensiero. La realtà l'aveva sommerso. Troppo tardi.


CAPITOLO 15<br />

Karl sentì un lamento. La Lorelei! Quello strano pensiero baluginò<br />

nel suo cervello in fiamme, così inappropriato in quel frangente.<br />

Vide che anche Antoine aveva sentito quel gemito. Il volto grottesco<br />

dietro il vetro si contorse ancor di più e divenne più demoniaco,<br />

come di pietra. Ma la sirena gridò, la maledizione, un anatema,<br />

facendosi sempre più vicina. Karl guardò nuovamente verso la<br />

finestra, aspettandosi che Antoine si fosse trasformato nel diavolo<br />

stesso. Ma Antoine era scomparso.<br />

Karl sentì delle voci. Delle parole indistinguibili. Era già nell'aldilà?<br />

Le voci dei cherubini? Oppure dei serafini? In che luogo stava<br />

entrando? Cosa avrebbe incontrato di lì a breve? Fu colto dal<br />

panico. Poteva trattarsi dell'inferno e la sua specie, secondo le<br />

leggende, era stata relegata là!<br />

Gridò più forte ma la sua gola era irritata a causa del fumo e ne<br />

venne fuori soltanto un grido appena sussurrato. Le fiamme avevano<br />

raggiunto i suoi piedi. Le scarpe di pelle erano diventate roventi,<br />

come calzature di ferro. Il fuoco lambiva il tessuto dei suoi vestiti,<br />

surriscaldando il cotone in maniera eccezionale; la parte davanti dei<br />

pantaloni aveva già preso fuoco. Si agitava scomposto come una<br />

marionetta sforzandosi di arrestare le fiamme sul suo corpo.<br />

In alto, la trave cui erano legate le catene prese fuoco. Il metallo<br />

intorno alle caviglie, ai polsi e alla vita era già abbastanza rovente da<br />

causare ustioni di terzo grado. Si era intrappolato in un inferno e, a<br />

differenza di quello che si credeva comunemente, l'inalare fumo non<br />

gli fece perdere i sensi. Forse quelli della sua razza non avrebbero<br />

mai potuto ottenere una simile serenità.<br />

Un suono fragoroso, come un'esplosione. La porta si aprì verso<br />

l'interno. Apparve un essere di un altro regno. Un dio, oppure un<br />

demone. Con un'arma!<br />

Karl tremò di dolore e paura. Ma poi si rese conto di cosa c'era<br />

davanti a lui: un mortale, un uomo, gonfio nella sua tuta ignifuga<br />

arancione e con una maschera per l'ossigeno. Aveva con sé un<br />

enorme tubo e l'estremità di un potente getto d'acqua investì Karl,


sbattendolo all'indietro contro le fiamme alle sue spalle, ma le catene<br />

tennero e gli impedirono di cadere. L'acqua fredda lo bagnò<br />

all'istante, respingendo il fuoco. L'acqua aggredì subito le fiamme. Il<br />

fumo riempì la stanza, più di prima, man mano che l'acqua spegneva<br />

il fuoco. Il fumo era talmente denso che non riusciva a vedere, ma<br />

sentì che la trave in alto si stava spezzando. Si era indebolita e<br />

minacciava di cadergli sulla testa.<br />

I pompieri entrarono nel capanno con le accette, fendendo i<br />

cumuli di fieno ancora in fiamme, spaccando le pareti danneggiate<br />

per consentire all'aria di entrare e impedire al legno che si stava<br />

frantumando di causare danni. Uno di loro mise una maschera<br />

d'ossigeno sul naso e sulla bocca di Karl. Un altro entrò e rispose alla<br />

chiamata del primo: portò delle tenaglie e spezzò le catene. Proprio<br />

mentre stavano portando fuori Karl, la trave si spezzò in due e<br />

sbatté contro il pavimento. Il legno incenerito finì in mille pezzi.<br />

Pochi istanti dopo Karl era disteso per terra all'aperto, nella fresca<br />

aria notturna. Sentì un'altra sirena e si rese conto che stava per<br />

arrivare un'ambulanza che l'avrebbe portato via.<br />

Un vigile del fuoco gli stava parlando in francese e, benché lui<br />

parlasse bene quella lingua, decise di simulare di non saperla e parlò<br />

in tedesco: gli avrebbero fatto domande alle quali non voleva<br />

rispondere. Che pensassero pure si trattasse di un turista aggredito!<br />

Uno dei pompieri conosceva un po' di tedesco, ma non a<br />

sufficienza per fare una conversazione. Riuscì a dire: «È al sicuro.<br />

Stanno arrivando i soccorsi. La porteremo in un ospedale».<br />

Karl si sentiva semplicemente stordito e confuso. I polmoni e le<br />

narici erano intasati da quel fumo denso, anche se si stavano già<br />

liberando. Alcune parti del suo corpo erano diventate insensibili a<br />

causa del fuoco. Ma il suo cervello funzionava ancora e due pensieri<br />

richiedevano la sua attenzione: non poteva permettere che lo<br />

esaminassero; chi aveva chiamato i vigili del fuoco?<br />

Non era possibile semplicemente alzarsi e andarsene via. Doveva<br />

attendere fino a quando non l'avessero sistemato su un'ambulanza e<br />

portato in un ospedale. Durante il tragitto sarebbe potuto fuggire.<br />

L'ambulanza arrivò sul posto: un piccolo van con due paramedici.


Quasi nello stesso momento, giunsero altre persone: vicini curiosi;<br />

gente di passaggio che aveva fermato la macchina per assistere alla<br />

carneficina; cronisti autorizzati. I paparazzi - nel caso lui fosse stato<br />

qualcuno d'importante - gli fecero brillare i flash in pieno viso, per<br />

scattare delle foto. Aveva ancora le catene intorno ai polsi, alle<br />

caviglie e alla vita: sarebbero state immagini molto perverse! E<br />

fotografie dei resti del capanno. Karl girò la testa: l'edificio non c'era<br />

più. Il tetto e le mura erano collassati, il legno, ora annerito, era<br />

buttato a caso, ridotto a braci nel campo di fieno bagnato. In alto<br />

nel cielo c'era una nuvola grigia di fumo. C'era un puzzo ripugnante<br />

per via degli odori di carbone e benzina che indugiavano nell'aria.<br />

Karl ebbe un tremito e qualcuno disse: «Il a un choc!».<br />

Una barella di metallo fu deposta al suolo. Due paramedici, un<br />

uomo e una donna, presero posizione vicino alla sua testa e ai suoi<br />

piedi e dopo un un, deux, trois, lo misero sulla barella. La donna<br />

premette la leva a pressione, e la barella si alzò fino all'altezza della<br />

vita. L'uomo rimpiazzò la maschera per l'ossigeno che il pompiere<br />

aveva messo sulla bocca e sul naso di Karl con un'altra. Questa, si<br />

rese conto immediatamente Karl, non aveva il ricircolo: adesso<br />

riceveva ossigeno puro, invece di quello mescolato all'aria esterna<br />

fornitogli dalla precedente maschera.<br />

La donna controllò il battito cardiaco, sentì i polmoni e<br />

l'espressione contrariata sul suo volto convinse Karl a tossire forte, in<br />

modo da mascherare ciò che avrebbe potuto suonare strano alle sue<br />

orecchie.<br />

I paramedici parlarono tra di loro, controllarono le ustioni,<br />

applicarono compresse di soluzione salina sulle peggiori: un rimedio<br />

temporaneo fino a quando un dottore non avesse potuto esaminarle<br />

e decidere se era necessario un trapianto cutaneo.<br />

Karl cominciò ad agitarsi. Erano troppo vicini per non vedere il<br />

suo corpo che si rigenerava, per scoprire che i suoi organi non erano<br />

esattamente come dovevano essere. Che Karl non era quello che<br />

sembrava.<br />

Infilarono rapidamente la barella verso il fondo dell'ambulanza,<br />

ve la spinsero contro e le gambe anteriori si sollevarono<br />

automaticamente mentre scorreva al suo posto. La donna saltò


dentro insieme a lui, mentre l'uomo andò davanti e accese il motore.<br />

Il divisorio tra parte anteriore e posteriore venne chiuso. Il<br />

conducente avrebbe potuto vedere se si fosse girato indietro, ma<br />

solo così.<br />

Il van si mise in movimento e attraversò i campi diretto verso<br />

l'autostrada a velocità sostenuta, con la sirena che gli rimbombava<br />

nelle orecchie mentre sfrecciavano via. La donna gli aveva già messo<br />

una coperta, per lo shock, ed era intenta a preparare due grosse<br />

iniezioni endovena - l'etichetta su una valigetta diceva "Lactated<br />

Ringer" - un fluido sostitutivo di cui aveva letto, composto di<br />

lattosio, sale e vari minerali concentrati in plasma, per reintegrare<br />

parte dell'enorme quantità di fluido che aveva perduto. O almeno<br />

questo credeva lei. C'era un modo migliore a disposizione per<br />

reintegrarlo.<br />

Prese anche una busta di plasma da un piccolo frigorifero, da<br />

collegare alla siringa. Sistemò poi un monitor cardiaco sul suo petto<br />

ma non prestò subito molta attenzione al risultato che questo<br />

mostrava: Karl era ancora cosciente, quindi in vita.<br />

Aveva poco tempo per cambiare quella situazione. Lei stava già<br />

inserendo un ago nella fiala per prendere il suo sangue e<br />

determinarne il tipo, e lui non poteva permetterlo.<br />

All'improvviso, il monitor cardiaco emise uno strano rumore,<br />

attirando l'attenzione della donna. Lei si fermò un istante per<br />

guardare le linee che oscillavano violentemente, poi si voltò per<br />

guardare Karl.<br />

Lui balzò verso di lei, cogliendola impreparata, le mise le mani<br />

alla gola, mentre premeva il grosso nervo che corre lungo la parte<br />

anteriore del collo in modo tale che lei perdesse temporaneamente<br />

coscienza, prima di poter emettere alcun suono. Si divincolò solo per<br />

un istante, poi i suoi occhi si chiusero ma l'espressione di terrore che<br />

avevano stampata... Karl sapeva che si era accorta di aver a che fare<br />

con un essere non umano.<br />

Si guardò intorno. Il conducente era impegnato a evitare il<br />

traffico, e non guardava nel retrovisore dove avrebbe visto che cosa<br />

accadeva nel retro. Si presentò un'opportunità e Karl la colse. Aveva<br />

bisogno di sangue, e lei ne aveva nel suo corpo. La spinse sul


pavimento, giusto nel caso il conducente avesse guardato indietro,<br />

così non avrebbe visto molto. Karl perforò velocemente la gola della<br />

donna.<br />

Nel piccolo frigorifero c'erano altre tre buste di plasma. Afferrò i<br />

sacchetti e strappò via dal suo corpo gli aghi e i cavi del monitor<br />

cardiaco.<br />

L'ambulanza rallentò, curvò mentre saliva su una rampa, e Karl<br />

comprese che erano giunti all'ingresso di emergenza quando<br />

superarono il cartello con scritto: Urgence. Quello era il momento.<br />

Aprì il portello posteriore mentre il conducente parcheggiava<br />

l'ambulanza e spegneva il motore.<br />

In tre secondi Karl era uscito dal retro e sfrecciava più veloce di<br />

uno scattista per il prato, sull'autostrada, e oltre, fino al piccolo<br />

bosco dall'altra parte. Sopra la sua testa, un 747 volava basso; Karl<br />

comprese di essere vicino all'aeroporto.<br />

Si fermò nel bosco il tempo necessario a riflettere: non<br />

l'avrebbero cercato molto prima di chiamare la polizia. Non poteva<br />

restare là. Si fermò un attimo per aprire le buste di plastica e bere il<br />

plasma. Non servì a molto, né accelerò la guarigione. Per quello<br />

avrebbe avuto bisogno di vero sangue.<br />

Per istinto, si diresse verso l'aeroporto dove sapeva che avrebbe<br />

trovato della gente. Il sangue era una priorità, ma anche il trovare<br />

dei vestiti; i suoi erano a brandelli per le bruciature.<br />

Quando raggiunse il bordo della pista, si accovacciò basso al<br />

suolo, nascosto dall'oscurità della notte. Ben presto notò un operaio<br />

alla guida di un carrello elevatore che portava via i container<br />

alimentari vuoti da un aereo atterrato da poco. Scattò attraverso la<br />

pista illuminata alla velocità della luce. La tuta andava bene, ma la<br />

camicia era un po' stretta e le scarpe di una misura troppo piccole.<br />

Fino a quando non fosse riuscito a trovare nuovi abiti se li sarebbe<br />

dovuti far andar bene.<br />

L'operaio aveva un portafogli con dentro soltanto cinque franchi.<br />

Karl li prese, lasciò le carte di credito e appoggiò l'uomo quasi nudo<br />

alla ruota del suo carrello elevatore per riprendersi da quella che<br />

sarebbe sembrata una sbronza. Aveva ingerito dell'alcool, ma non


molto. Karl prese un po’ del suo sangue, che presentava tracce di<br />

vino, rosso, probabilmente Bordeaux: conosceva bene quella<br />

regione.<br />

Chiamo l'American Express per ottenere l'autorizzazione ad usare<br />

il suo credito pur non avendo la carta. Adorava l'American Express.<br />

Gli avrebbero mandato immediatamente una nuova carta all'Hilton<br />

dell'aeroporto. Chiamarono anche l'albergo per lui prenotandogli<br />

una stanza per la notte. In un negozio dell'aeroporto che vendeva<br />

magliette souvenir, felpe, calze e pantaloni da jogging con su<br />

stampato PARIGI, comprò dei vestiti nuovi. Non c'erano scarpe in<br />

vendita, ma riuscì a trovarne un paio nella toilette degli uomini<br />

quando entrò un tipo che portava il quarantatré. Karl era sempre<br />

stato grato alla fisiologia umana e al Dottor Spock per quella vena<br />

nel collo.<br />

Una volta vestito con capi che non attiravano fastidiosamente<br />

l'attenzione, si recò all'hotel e arrivò appena in tempo per prendere<br />

la sua carta di credito. L'accettazione all'hotel fu rapida e ben presto<br />

fu nella sua stanza che leggeva l'ora sulla radiosveglia. Le 5:45. Il sole<br />

sarebbe sorto alle 6:30, e lui aveva disperatamente bisogno di<br />

dormire. Ma prima di tutto, aveva bisogno di pensare.<br />

Morire, adesso se ne rendeva conto, non era la soluzione. Non<br />

così. Se fosse dovuto morire, allora che succedesse dando battaglia<br />

ad Antoine. Soccombere direttamente a quel mostro, in battaglia,<br />

questo poteva farlo. Sottomettersi come aveva cercato di fare, con la<br />

sua nemesi che lo guardava spirare, crogiolandosi della sua vittoria:<br />

Karl non era il tipo da diventare la vittima di un simile tipo di<br />

conquista.<br />

Quello che aveva tentato di fare a se stesso l'aveva traumatizzato<br />

al punto da renderlo cosciente. Poteva essere stato soltanto Antoine<br />

a chiamare i vigili del fuoco affinché arrivassero appena in tempo<br />

per salvarlo, dopo essersi sincerato che Karl avesse visto di essere<br />

spiato da quel volto orrendo... Antoine l'aveva fatto solo per un<br />

motivo: accrescere la sua sofferenza. Quel sadico l'aveva spinto fino<br />

al suicidio, poi l'aveva strappato dalle grinfie della morte<br />

semplicemente per vedercelo sprofondare di nuovo: di questo Karl<br />

era certo. Antoine poteva farlo molte altre volte, per secoli, senza


mai lasciar morire Karl, senza mai lasciarlo vivere appieno tenendo<br />

Gerlinde sempre lontano da lui. Un perfetto gioco del gatto con il<br />

topo, con Gerlinde a fare da esca.<br />

Karl non ci avrebbe giocato. Non l'avrebbe fatto e basta. Doveva<br />

esserci un altro modo. E se c'era, lui l'avrebbe trovato. Prenotò il<br />

primo volo dopo il tramonto per Montréal.


CAPITOLO 16<br />

«Se vuole stare insieme a lui, non mi sembra ci sia molto che<br />

possiamo fare», disse André. «Gerlinde è in grado di prendere le sue<br />

decisioni. Non sembra che sia stata rapita o ipnotizzata».<br />

«Tu non l'hai vista», disse Karl. «La freddezza nel suo sguardo. Le<br />

cose che mi ha detto. Era così diversa da com'è lei».<br />

«Ma David era vittima di un incantesimo, e lui sembrava<br />

palesemente ipnotizzato. Non riusciva neppure a parlare».<br />

«Per me può essere stata una cosa diversa», disse David. «Io e Ariel<br />

abbiamo avuto una relazione sessuale...». Fece una pausa,<br />

rendendosi all'improvviso conto di quello che stava dicendo.<br />

André finì la frase per lui. «Affrontalo: Antoine si sta scopando<br />

Gerlinde. Fa parte di tutta questa storia».<br />

Non c'era bisogno di essere tanto espliciti, dato che tutti e tre<br />

conoscevano il potere dell'intimità sessuale che si stabiliva con uno<br />

della loro specie. Creava un legame che era difficile recidere. "E<br />

comunque", pensò Karl, "Antoine è riuscito a mettersi tra noi. È<br />

riuscito a spezzare il nostro di legame".<br />

Carol aveva messo una dozzina di bicchieri di sangue davanti a<br />

Karl, e lui ne bevve due consecutivamente. Ne aveva già buttato giù<br />

un litro e mezzo nella prima ora da quando era arrivato. A quel<br />

ritmo, per l'alba il suo corpo sarebbe guarito dalle scottature.<br />

«Dobbiamo pensare solo a proteggere te», disse David. «E<br />

Morianna. E me. Siamo i tre che sta cercando. Gerlinde è una<br />

pedina».<br />

«Pedina o no», disse Karl, infastidito, «non la abbandonerò. Voglio<br />

che lei stia lontana da lui: allora sarà in grado di prendere una<br />

decisione autonoma. E lo voglio morto. Mi aiuterete in questo<br />

oppure no? O le promesse di aiuto erano vuote parole?»<br />

«Calmati», disse André. «Stiamo solo parlando. Dobbiamo<br />

organizzarci prima di decidere che cosa fare. Antoine non è un<br />

avversario facile».


«Lui», disse Morianna, «è un avversario formidabile. E abbiamo<br />

poche speranze di sconfiggerlo».<br />

Quell'affermazione disfattista da parte di Morianna, di solito<br />

enigmatica ma ottimistica, fece calare una coltre sinistra nella stanza.<br />

Julien sedeva in un angolo, con le gambe allungate su un<br />

poggiapiedi. Come Diabella, la sua gatta nera, che era distesa a<br />

sinistra dei suoi piedi; Jeanette era appollaiata su quello che restava<br />

dell'ottomana alla destra di Julien. Claude e Susan erano con Michel,<br />

vicino alla finestra.<br />

Carol, Kathy, David e André sedevano in fila, in quell'ordine, sul<br />

divano lungo. Morianna e Wing avevano una poltrona ciascuno.<br />

Molti altri, tra cui Gertig, che sembrava afflitto, erano sparpagliati<br />

per la stanza.<br />

Senza Chloe e Gerlinde a quell'incontro, a Karl il gruppo<br />

sembrava smembrato. Era ben cosciente che adesso erano di meno.<br />

Tutti insieme, superavano Antoine di quasi venti volte, e lui sapeva<br />

che ciascuno di loro sentiva che anche riuniti non potevano<br />

competere con Antoine. Il dominio che aveva sugli altri esseri era<br />

terrificante, e rese Karl furioso. «Sentite, lui ha un piano più<br />

ambizioso del nostro semplice sterminio».<br />

«Che cosa te lo fa pensare?», chiese André.<br />

«Quello che mi ha detto Gerlinde. Il potere che lei brama... Non è<br />

semplicemente girare intorno ad Antoine. Lui le ha promesso<br />

qualcosa che io non posso darle».<br />

«Sarebbe?»<br />

«La mortalità».<br />

«La morte?», chiese Carol.<br />

«No, essere di nuovo mortale. O piuttosto, avere la possibilità di<br />

essere mortale quando lui vuole esserlo. È quello che ha sempre<br />

desiderato. L'hai detto tu stesso, Julien».<br />

«È così», disse Julien dopo una pausa, «questo è ciò che Antoine<br />

desidera, sì. Se lo vuole per lo stesso motivo per cui lo voleva in<br />

passato, non saprei dirlo. Di certo i suoi piani devono essere<br />

cambiati dopo Ariel».


«I suoi piani sono cambiati», disse David, «perché adesso agisce da<br />

solo».<br />

«No, lui ha Gerlinde», gli ricordò Karl.<br />

«Sì, ma lei non possiede la forza che hanno molti di noi in questa<br />

stanza. L'ha presa come esca per te...».«Lo so! Questo è ovvio, e<br />

l'abbiamo già analizzato. Ma io sento che vuole qualcosa di più. Io<br />

credo che voglia ancora Michel».<br />

«Se voleva mio figlio», disse Carol tesa, «allora avrebbe potuto<br />

prenderlo al cimitero, invece di uccidere Chloe».<br />

«Avrebbe potuto, sì. Ma Antoine sa che Michel può essere<br />

tracciato da te, da André e da altri qui, dato che molti di noi hanno<br />

assaggiato il suo sangue proprio per quello... per tracciarlo in modo<br />

da poterlo proteggere dopo quello che è accaduto. E Antoine sa<br />

anche per esperienza che, se dovesse rapire Michel adesso, nessuno<br />

di noi avrebbe pace fino a quando non l'avremmo nuovamente<br />

ripreso. Ci daremmo all'inseguimento en masse e lo troveremmo per<br />

mezzo di Michel».<br />

«Perché è un ragazzo e noi ci preoccupiamo di lui», Kathy lo disse<br />

più per fare una affermazione che non per porre una domanda. Era<br />

un argomento a lei assolutamente familiare.<br />

Karl annuì e bevve il contenuto del terzo bicchiere.<br />

«C'è un altro aspetto», disse mentre prendeva un altro bicchiere.<br />

«Vai avanti», lo incoraggiò André.<br />

«Chloe stava vivendo la fase della morte. Io credo che sia stata<br />

spinta da diverse cose. Una è stata la paralisi di fronte ad Antoine,<br />

che l'ha colta alla sprovvista mascherando il proprio odore per<br />

eludere le sue abilità percettive. Inoltre, lei era già stata vittimizzata<br />

da lui, in un modo molto simile, del cui precedente abbiamo già<br />

discusso. Ma io credo anche che Chloe stesse cercando di proteggere<br />

Michel. Io credo abbia pensato che se avesse distratto Antoine,<br />

Michel sarebbe fuggito via. Non credo che lei comprendesse il<br />

quadro generale, ma sapeva che Michel era in pericolo, e aveva<br />

ragione».<br />

Tutti nella stanza ci rifletterono su per qualche momento. Fu


André a dire: «Grazie».<br />

Karl annuì. Aveva compreso. André aveva bisogno di dare alla<br />

morte di Chloe un significato più alto. Era così per tutti loro, come<br />

lo era stato per lei stessa.<br />

Alla fine, Julien disse: «Credo di essere d'accordo con il tuo<br />

ragionamento. Antoine non vuole un altro scontro frontale. Vuole<br />

erodere dall'interno fino a quando le nostre forze saranno troppo<br />

indebolite per opporgli molta resistenza». Wing annuì.<br />

«Avevamo discusso questa possibilità in particolare», disse<br />

Morianna.<br />

«E allora perché», chiese Karl, «non ce l'avete detto?»<br />

«Dovevamo esserne certi. Dalle informazioni aggiuntive che ci hai<br />

fornito, adesso tutto ha perfettamente senso», disse Julien.<br />

«Be', io non ci credo». André si alzò all'improvviso e Karl vide che<br />

era più teso di prima. La perdita di Chloe, l'idea che Antoine volesse<br />

Michel... semplicemente André non era in grado di sopportare altro.<br />

«Quello che vedo», disse Karl cercando di metterla in modo<br />

semplice, «è che Antoine vuole sbarazzarsi di tutti quelli di noi che<br />

può. Ha cominciato con quelli creati da lui, quelli che è in grado di<br />

tracciare e che sono più facili da gestire, dato che siamo<br />

automaticamente intimiditi da lui e dunque facili prede, forse facili<br />

come lo eravamo prima, quando ci ha trasformato. Non appena<br />

entriamo nella fase della morte, ecco fatto!».<br />

David annuì. «È giusto. Sbarazzatosi di te, poi presumibilmente di<br />

Morianna e di me, avrebbe lasciato Kathy in lutto a causa mia,<br />

André ancora più afflitto per me e per te, e probabilmente Julien e<br />

Wing sarebbero stati intimiditi poiché avrebbe preso un'altra<br />

anziana... E così via. Il risultato di tutto questo sarebbe stato che<br />

sarebbero rimasti molti meno membri forti della nostra comunità<br />

contro cui lottare, e la comunità sarebbe stata sconfitta. Impaurita.<br />

Vulnerabile».<br />

«Il che significa che Michel sarebbe stato ancor più vulnerabile»,<br />

disse Carol, «e ci sarebbero stati meno di noi a proteggerlo». Il<br />

terrore nella sua voce era ben evidente. André si sedette<br />

immediatamente al suo fianco e le prese la mano. Guardò Karl dritto


in faccia. «Credo di essere d'accordo con tutto, adesso che lo sento di<br />

nuovo. È quello che farebbe chiunque di noi se desiderassimo<br />

terribilmente qualcosa e ci fosse di mezzo una comunità».<br />

«Dividi e conquista», disse Julien. «Un'antica strategia militare.<br />

Antoine ha letto Machiavelli. Potrebbe persino averlo conosciuto: io<br />

l'ho conosciuto. Una volta decimata la nostra comunità, non sarebbe<br />

difficile per Antoine portarci via il nostro Michel. I nostri sforzi per<br />

salvarlo sarebbero ancor più difficili. Le nostre schiere ridotte nel<br />

numero, e già emotivamente soggiogate».<br />

«D'accordo», proseguì André, «conosciamo il suo piano. Michel,<br />

questo crede lui, è il suo obiettivo per ottenere la mortalità. Come<br />

possiamo togliergli dalla testa quest'idea ridicola?»<br />

«Non possiamo», disse Wing. «E per un motivo semplice».<br />

«Sarebbe?»<br />

«È la verità».<br />

Questo sorprese tutti, specialmente Michel che era rimasto<br />

tranquillamente seduto ad ascoltare. Il ragazzo balzò in piedi. «Che<br />

cosa significa? Ditemi».<br />

Wing si girò verso Julien il quale annuì, poi verso Morianna, che<br />

non diede alcun segno percettibile di convenire con quello che stava<br />

per dire lui, anche se Wing doveva aver colto qualche cosa. Si diresse<br />

verso Michel e mise una mano sulla spalla del ragazzo con fare<br />

paterno. «Michel, dovrai essere forte adesso. Quello che sto per dirti<br />

è basato su un'antica leggenda, non dell'Occidente, ma dell'Est.<br />

Antoine ha trascorso molto tempo in Oriente. Julien lo sa».<br />

Julien annuì di nuovo.<br />

«La storia che sto per raccontare non fa parte della mia cultura,<br />

bensì di un popolo che ha vissuto nel Sud Pacifico, su un'isola della<br />

Polinesia a nord-est della Nuova Zelanda. Un piccolo mondo che il<br />

tempo ha dimenticato. Un mondo che evolve in maniera<br />

estremamente lenta. Così lenta che se non si fosse verificata in quella<br />

regione un'esplosione atomica nella metà del ventesimo secolo, forse<br />

quelle persone esisterebbero ancora. Ma non ci sono più».<br />

«Sembra qualcosa tipo il continente perduto di Atlantide», disse


Michel.<br />

«Forse, sotto certi punti di vista, erano una civiltà come Atlantide.<br />

Quelle persone venivano chiamate Anga-m'a. Come ogni altra<br />

cultura della terra, passata e presente, avevano delle leggende<br />

riguardo i vampiri. Le loro erano basate su un pipistrello vampiro<br />

che vive in quella regione. Questo pipistrello vampiro era molto più<br />

grosso della varietà sudamericana. Puoi immaginare come sia stato<br />

per loro. Sulla loro piccola isola solitaria di circa tre miglia quadrate,<br />

un pipistrello delle dimensioni di un grosso topo piombava dal cielo<br />

di notte attaccando spesso non soltanto gli animali ma anche i nativi.<br />

Come noi tutti sappiamo, si parlava di vampiri già negli scritti del<br />

2500 avanti Cristo: nell'Epica di Gilgamesh vi si fa riferimento come i<br />

"portatori di morte". Così tante variazioni nel corso dei secoli in così<br />

tanti luoghi della terra. L'immaginazione è davvero il bene più<br />

grande dell'umanità.<br />

Per gli Anga-ma'a, che vivevano un'esistenza semplice in<br />

comunione con la natura, ai nostri occhi idilliaca - alzarsi con il sole e<br />

dormire quando questo tramonta, prendere i pesci dall'oceano, i<br />

frutti dagli alberi, ripopolando il loro piccolo mondo - il pipistrello<br />

vampiro era un mostro temibile che portava malattia e morte. E<br />

comunque quella creatura era parte del loro mondo, e loro come<br />

tale l'accettavano».<br />

«È un dato», lo interruppe Morianna, «che più una società integra<br />

la morte nella sua cultura, affrontandola direttamente, più quelle<br />

persone daranno valore alla vita sforzandosi di vivere».<br />

«Intorno a noi vediamo l'opposto, specialmente in Occidente. Qui<br />

la morte viene nascosta. I morti vengono dimenticati ancor prima di<br />

morire. I vecchi vengono lasciati ad affrontare questo passaggio<br />

insieme a degli estranei che poco si occupano delle loro anime. Non<br />

vi è senso di continuità. E, una volta spirato il corpo, vengono<br />

bruciati o sepolti da persone che, invece di seguire l'istinto naturale<br />

di affliggersi per la perdita e augurare al defunto un viaggio sereno,<br />

celebrano piuttosto la vita, come fosse tutto quello che conta. E si<br />

tratta, ovviamente, di un modo per evitare le emozioni e accrescere<br />

l'isolamento. Noi, sopra tutte le creature, comprendiamo i pericoli<br />

dell'isolamento».


Si fermò un istante, guardò Wing e disse: «Non intendevo sviare il<br />

tuo discorso».<br />

«Al contrario», disse lui, «hai presentato un ingrediente che<br />

contribuisce alla ricchezza dell'insieme». Si inchinò leggermente. «Te<br />

ne sono grato».<br />

Wing si sedette vicino al caminetto, di fronte a tutti loro. Raccolse<br />

il suo borsello che era rimasto appoggiato là, e da questo estrasse un<br />

contenitore stretto e piatto, che poteva forse ospitare un rotolo di<br />

carta. Il contenitore, come tutto ciò che portava nella sua borsa, era<br />

di un materiale di qualità, in questo caso morbida pelle, ma<br />

comunque sufficientemente solida da mantenere la sua forma. La<br />

pelle era tinta di un rosso sangue, e fissata con un nastro nero e<br />

argento. Aprì il contenitore per rivelare quello che a Karl parve<br />

essere un pezzo di pergamena. Wing armeggiò con l'estremità<br />

inferiore dell'astuccio che teneva la pergamena con delicatezza. Era<br />

molto vecchia, questo era evidente. Gentilmente, sistemò la<br />

pergamena sempre stesa sul fondo dell'astuccio sopra il tavolino da<br />

caffè.<br />

Gli altri nella stanza si avvicinarono per vedere meglio, tutti<br />

tranne Julien e Morianna che sembrava l'avessero già vista prima.<br />

«Questo schizzo è stato realizzato quasi duecento anni fa da una<br />

donna dell'isola. Mostra il demone vampiro che loro credevano<br />

essere il padre di quei temuti pipistrelli vampiro. Un demone che era<br />

in grado di tornare dalla morte nutrendosi del sangue dei vivi. L'ha<br />

disegnato con la punta acuminata di un ramoscello di bambù,<br />

intingendola nel suo sangue».<br />

Lo schizzo era sopra una foglia secca brunastra che Karl sapeva<br />

essere quella di un albero di tapa, non più lunga né più larga di<br />

quindici centimetri, che però non era assolutamente regolare né<br />

uniforme. Sopra c'erano dei segni, color ruggine sbiadito, ma anche<br />

dopo così tanto tempo, tutti nella stanza sentivano senza dubbio che<br />

era sangue.<br />

Il demone raffigurato era qualcosa di simile a un doccione, parte<br />

pesce, parte albero e parte uomo. Più che altro, assomigliava a un<br />

grande topo con le ali e due denti aguzzi, sia sopra che sotto. Karl<br />

pensò che era paragonabile, almeno da quel punto di vista, ad


alcune maschere demoniache provenienti dallo Sri Lanka che aveva<br />

visto. Era un'opera semplice, primitiva, l'immaginazione di una<br />

ragazza del posto che dipingeva con quello che la circondava. Lo<br />

stile gli ricordò le pitture murali che aveva visto a Lascaux. Quello<br />

che rendeva singolare il lavoro era il modo in cui aveva dipinto gli<br />

occhi del demone. Perforavano chi guardava, e Karl si sentì quasi<br />

attraversato da un rombo, come se la terra stesse tremando. La cosa<br />

più sorprendente era che aveva catturato alla perfezione gli occhi di<br />

Wing.<br />

«Formidabile», riuscì a dire Carol. «Davvero sorprendente».<br />

Karl si guardò intorno e vide lo stesso sguardo stupefatto sul volto<br />

di tutti i presenti.<br />

Il profumo del sangue utilizzato per il disegno era intenso, più di<br />

quanto avrebbe dovuto essere dopo duecento anni.<br />

Quasi avesse compreso quella domanda non posta, Wing disse: «Il<br />

suo sangue era eccezionale. Era un sangue puro, con capacità<br />

psichiche, dunque potremmo definirla una strega o una maga.<br />

Quella gente non aveva un altro termine per definirla se non<br />

proprio il suo nome, che era lo stesso di sua madre, e della madre di<br />

quest'ultima, e così via dicendo. Si chiamava Fefine taula-fa'ahikehe.<br />

Conosceva il passato e il futuro, e aveva predetto l'estinzione della<br />

sua razza. E comprese quello che ero non appena giunsi sull'isola».<br />

«L'hai... presa?», chiese con tatto David.<br />

«Sì. Ovviamente. Allora, sentivo che era mio diritto. Era un<br />

equilibrio che comprendevamo entrambi. Io avevo bisogno della sua<br />

vita per sopravvivere, e lei aveva bisogno di offrirla in cambio della<br />

sopravvivenza della sua gente».<br />

«Ma la sua gente non è sopravvissuta», disse Michel.<br />

«No, non sono sopravvissuti».<br />

«Allora non è giusto. Tu le avevi promesso qualcosa...».<br />

«Io le promisi soltanto il suo destino. Non potevo salvare quelle<br />

persone, e comunque la sua essenza è ancora dentro di me. Non è<br />

morta invano. A dire il vero, non è morta, dato che parla attraverso<br />

la mia voce, e tutti quelli che sono venuti dopo di lei che mi hanno


incontrato, hanno udito la sua voce».<br />

Quelle informazioni li resero pensierosi. Karl si guardò intorno<br />

nella stanza. Buona parte di quegli esseri erano stati creati negli<br />

ultimi duecento anni. Molti di loro non avevano mai ucciso, o non<br />

avevano ucciso da quando avevano trovato un altro approccio con i<br />

mortali. Gli anziani però - Wing, Julien, Morianna... forse Gertig -<br />

avevano vissuto in un'altra era, con altre intenzioni. Karl non ci<br />

aveva mai pensato davvero, ma ciascuno di loro doveva aver preso<br />

diverse vite. E come sarebbe stato, in che modo questo potesse<br />

alterare una persona fisicamente, mentalmente, emotivamente e<br />

spiritualmente poteva solo immaginarlo. Il sangue che Karl ingeriva<br />

era come la carne che i mortali acquistavano al supermercato, scissa<br />

dalla sua fonte, la carcassa di un animale macellato dal quale è stata<br />

tagliata via una parte. Karl e gli altri prendevano il sangue da un<br />

mortale una volta ogni notte, mezzo litro o un litro, non una<br />

quantità sufficiente per recare danno al mortale. E in rare occasioni,<br />

da uno stock di sangue contaminato proveniente da una banca del<br />

sangue che una società fittizia di loro proprietà acquistava a scopo di<br />

ricerca. Le sostanze infette non erano dannose per loro, e quella<br />

fonte era necessaria: non sapevano mai quando si sarebbe potuta<br />

creare una situazione d'emergenza. Era il sangue che stava bevendo<br />

Karl in quel momento, e non ne aveva preso che pochi bicchieri.<br />

Guardò Morianna, così calma, sofisticata, Julien, il solo patriarca<br />

sul quale tutti loro contavano per la lucidità del pensiero e Wing,<br />

che forniva alla comunità un legame con quella parte del loro spirito<br />

dal quale tutti loro erano stati separati. Questi tre, sopra tutti gli<br />

altri, sapevano com'era fatto Antoine, perché erano quelli più simili<br />

a lui.<br />

«La ragazza», disse Wing, «l'ha disegnato la notte in cui è morta. È<br />

un'immagine del fa'ahinga peka'oku misi toto. L'immagine di un<br />

vampiro. La mia immagine».<br />

«La somiglianza è evidente», disse Julien con un sorriso accennato,<br />

e Wing ricambiò quel piccolo sorriso di complicità.<br />

«L'ha disegnato dopo che l'ho prosciugata del sangue».<br />

La stanza rimase avvolta nel silenzio. Alla fine, Kathy disse quello<br />

che loro tutti stavano pensando. «Come?»


«Dopo aver bevuto, lei ha continuato a vivere in me, e per causa<br />

sua io sono cambiato. Sono tornato nuovamente umano».<br />

«Ma come può essere?», chiese David. «Anche se era una maga,<br />

questo non avrebbe fatto di te un mortale».<br />

«La sua gente ha protetto lei e le donne della sua stirpe. Vedete,<br />

tra i suoi antenati, in un tempo immemorabile, una delle donne era<br />

stata con un immortale. Forse un mezzo uomo e mezzo demone».<br />

«C'è stato un altro come me?», disse Michel stupefatto. «Wow!».<br />

«Come te, non saprei. Non so se quello che incontrò la sua<br />

antenata era uno come noi. Da questo ritratto, non penso, ma non<br />

posso esserne certo. Sono certo solo del fatto che il suo sangue mi ha<br />

trasformato, temporaneamente. E per un breve periodo sono<br />

tornato al mio stato mortale. Perché questo potesse accadere, lei<br />

doveva morire».<br />

Tutti nella stanza rimasero in silenzio per un po', fino a quando<br />

Wing aggiunse: «Quello che ho fatto, non potevo evitarlo. Ci<br />

nutriamo e viviamo. Arriviamo a una prospettiva che ci permette di<br />

essere selettivi, di avere una parvenza di controllo sulle nostre<br />

passioni. Ma è soltanto una cosa di facciata. Sotto, siamo dei<br />

predatori. Qualunque preda in grado di arricchirci è desiderabile. E<br />

nessuno qui avrebbe potuto agire diversamente da come ho fatto<br />

io».<br />

«Perché non l'abbiamo saputo prima?», disse André gentilmente.<br />

«Come possiamo salvaguardare Michel se non sappiamo tutto?»<br />

«Stavamo cercando di proteggere Michel», disse Morianna. «E<br />

adesso conoscete la verità. Non devi mai dimenticare, André, che<br />

noi tutti siamo dei predatori, tu incluso».<br />

«Se stai dicendo che io oppure André potremmo aggredire nostro<br />

figlio...», disse Carol, alzandosi all'improvviso, col corpo teso,<br />

scuotendo involontariamente la testa. «Non è possibile, punto».<br />

«Forse», le disse Morianna. «Ma forse no. Quando si verifica la<br />

fase della morte, una persona non è più... come potrei dire, non si<br />

tratta di una questione di mente giusta o sbagliata...».<br />

«Una persona non è più la stessa», suggerì Wing.


«Sì. Non si è più se stessi. L'universo ha senso in base a un insieme<br />

diverso di parametri, una logica di un livello differente. Quello che<br />

era impensabile, diviene desiderabile, per motivi che hanno senso. Il<br />

possibile diviene probabile».<br />

Tutti presero a parlare nello stesso momento, e in un istante il<br />

vocio all'interno della stanza crebbe considerevolmente.<br />

David disse a Wing: «Come fai a sapere che questo cambiamento<br />

avrebbe luogo bevendo il sangue di Michel? Non hai fatto la stessa<br />

esperienza. Quella maga era di una lunga discendenza di sangue<br />

puro, e noi non sappiamo a quale genere di entità si fosse legata la<br />

sua antenata. Michel è un essere per metà nel nostro mondo, e il suo<br />

sangue potrebbe non alterare l'equilibrio?»<br />

«Non lo sappiamo», disse Wing. «Ti ho riferito una leggenda, una<br />

delle centinaia che i mortali hanno intessuto per spiegare quello che<br />

è inspiegabile. Vi sono altre leggende che narrano di come il<br />

vampiro possa diventare mortale».<br />

Karl pensò ad alcune delle leggende sui vampiri. Gli zingari di<br />

fede musulmana e alcuni serbi e albanesi credevano che se un<br />

vampiro poteva sopravvivere trent'anni, questo o questa poteva<br />

diventare nuovamente mortale. Un racconto dell'Ucraina narrava di<br />

un ragazzo che aveva salvato un'icona di San Michele per poi<br />

viaggiare all'estero con gli zii mercanti. In un altro impero, la figlia<br />

dello zar si era recata al fiume per fare il bagno e non si era segnata<br />

prima di entrare in acqua. Uno spirito malevolo si era impossessato<br />

di lei. Si era ammalata ed era morta. Lo zar aveva richiesto che tutti<br />

leggessero delle preghiere per lei in modo da esorcizzare lo spirito<br />

maligno, e chiunque fosse stato in grado di liberarla avrebbe avuto<br />

metà del suo regno. Ogni sera uno degli abitanti del villaggio si<br />

recava nella chiesa per leggere delle preghiere, e ogni mattina il<br />

becchino spazzava via un cumulo di ossa umane fuori dalla porta. Lo<br />

zar allora decretò che anche tutti i forestieri dovessero leggere<br />

preghiere, in modo che non venissero distrutti tutti i nativi. Tutti gli<br />

zii del ragazzo lo persuasero ad andare al loro posto a leggere le<br />

preghiere, e ogni volta San Michele avvertiva il ragazzo su come<br />

evitare che la ragazza vampiro lo mordesse: la prima notte<br />

sparpagliò una cesta di frutta più volte, cosa che la tenne occupata a


accoglierle; la seconda notte usò una cesta di noci; la terza si unì a<br />

lei nella bara prima che potesse uscirne. Anche San Michele entrò<br />

dentro la bara. Lei si destò, e il ragazzo non la fece uscire fino a<br />

quando lei non l'ebbe chiamato "Mio sposo". Lei resistette,<br />

supplicandolo a lungo, ma quando cantò il gallo all'alba, alla fine lo<br />

chiamò in quel modo. Furono trovati insieme a pregare alla luce del<br />

sole, dopodiché lei venne di nuovo battezzata dato che lo spirito<br />

malevolo se n'era andato.<br />

Nonostante questo e altri miti che sembravano molto infantili ed<br />

erano ovviamente semplici metafore delle paure e delle speranze,<br />

Karl sentì che c'era qualcosa di diverso nella leggenda del Sud<br />

Pacifico. Non fu subito in grado di indicare cosa, ma all'improvviso,<br />

quando Michel disse: «Be', immagino allora che farei bene a non<br />

tagliarmi. Non si sa mai chi potrebbe essere nella fase della morte e<br />

potrebbe volermi leccare il sangue per trasformarsi in un pipistrello o<br />

altro», tutto combaciò. Fu come se le parti di metallo si fossero<br />

combinate tra loro e adesso fosse in grado di vedere l'intero<br />

meccanismo.<br />

«Ci sono!», disse di colpo.<br />

Gli altri, che stavano discutendo la storia riportata da Wing, oltre<br />

ad altre cose, smisero di parlare e lo guardarono.<br />

Si sentì improvvisamente euforico, più leggero, pieno di speranza<br />

riguardo un esito positivo per tutta quella storia. La risposta era<br />

semplice ed era già da un po' proprio davanti ai loro occhi.<br />

«Riguarda le cellule!».<br />

«Spiegati», disse David.<br />

«Va bene. Ascoltate». Karl bevve gli ultimi due bicchieri di sangue.<br />

«I mortali hanno in sé delle cellule pre-programmate, cellule che<br />

hanno un preciso lasso di vita e che poi muoiono. Ma noi siamo<br />

immortali, o almeno lo siamo finché non scatta la fase della morte,<br />

quando c'è una possibilità, e sembra una buona possibilità, di poter<br />

soccombere. Il che potrebbe voler dire che anche noi abbiamo delle<br />

cellule pre-programmate».<br />

«È un'esagerazione», disse David.<br />

«No, non lo è. Quando ho analizzato il sangue di Chloe, uno dei


globuli rossi presentava un nucleo. Come ho accennato tempo fa, in<br />

un mortale i globuli rossi maturi espellono il nucleo e, se non lo<br />

fanno, questo è indicativo di una malattia. Una malattia che<br />

scaturisce da una simile cellula anomala è una cosa seria che può<br />

portare alla morte. Quella cellula in Chloe era malata e avrebbe<br />

portato alla morte, proprio come la cellula di un mortale con il<br />

nucleo. È solo che per la nostra specie si tratta di una cosa meno<br />

ovvia...».<br />

«Perché le nostre cellule presentano già di per sé delle stranezze»,<br />

disse Michel. «Dunque noi non siamo in grado di stabilire cosa può<br />

esserci dentro e cosa no».<br />

«Esattamente! Per nostra natura noi siamo già una mutazione,<br />

un'aberrazione. Siamo dei mostri. E poiché abbiamo una così<br />

singolare mescolanza di cellule umane, animali e vegetali, e altre<br />

cellule che non siamo in grado di classificare, una mutazione in una<br />

delle nostre cellule dovrebbe poter essere rialterata perché le<br />

molecole che si legano per creare quella cellula possano anche legarsi<br />

con le altre, e alterare nuovamente la cellula».<br />

«Puoi spiegare più semplicemente?», disse Kathy.<br />

«Okay. Michel è di sangue puro. Non ha mai cacciato, non ha mai<br />

perforato una vena per prendere il sangue direttamente da un<br />

mortale, ma ha bevuto solo indirettamente. Il suo sangue è talmente<br />

puro che dovrebbe avere effetto su di un globulo rosso mutante che<br />

presenti un nucleo, costringendolo a espellerlo. In altre parole, le<br />

cellule del suo sangue elimineranno le cellule della fase della morte.<br />

E quella cellula con il nucleo riguarda proprio questo. Si tratta di una<br />

cellula destinata a morire: una cellula propria della fase della morte».<br />

«Stai dicendo che è la cellula a innescare la fase della morte?»,<br />

chiese David.<br />

«Non credo esista un modo per stabilire se la cellula causi la fase<br />

oppure se la fase alteri la cellula. È un po' come la storia dell'uovo e<br />

della gallina: chi è nato prima. E in fin dei conti non ha molta<br />

importanza».<br />

«Quindi il suo sangue può "curare", se vuoi, la cellula interessata<br />

dalla fase della morte».


«Io credo che il suo sangue possa fare molto più di questo. Penso<br />

possa fare quello che il sangue della maga ha fatto per Wing.<br />

Invertirà il movimento verso la morte che noi tutti abbiamo iniziato<br />

quando siamo stati trasformati, e credo si tratti di un processo<br />

permanente».<br />

«Ma che basi hai per affermarlo?», chiese David.<br />

«Mendel. E le sue pere. Genetica di base. Tratti dominante e<br />

recessivo nei geni che determinano l'ereditarietà. Mio Dio, ma<br />

Mendel stava effettuando quelle ricerche proprio nell'anno in cui<br />

Antoine mi ha trasformato, nel 1845! Ho persino letto il suo saggio<br />

Sperimenti sull'ibridazione delle piante venti anni dopo».<br />

«Tutto questo è molto affascinante Karl», disse André, «ma è<br />

irrilevante».<br />

«No. Ascoltate, se io posso diventare mortale, posso combattere<br />

Antoine!».<br />

Dopo una pausa durata un respiro, André disse: «Se puoi<br />

diventare mortale. Sei impazzito completamente?».<br />

«Detesto ricordartelo», aggiunse David, «ma nessuno di noi sa<br />

come diventare di nuovo mortale, anche se lo volessimo».<br />

«Non capite, la storia di Wing ha un significato», disse Karl. «È la<br />

risposta. Il sangue di Michel è speciale. Può andare in entrambe le<br />

direzioni, essere mortale o immortale, e chiunque beva il suo sangue<br />

potrà fare lo stesso. Ma le sue cellule sanguigne mortali sono<br />

dominanti rispetto alle nostre cellule immortali, incluse tutte le<br />

cellule anomale con un nucleo, le cellule correlate alla fase della<br />

morte. Antoine deve sapere qualcosa al riguardo. Di certo ha sentito<br />

tutte le leggende, e probabilmente ha riunito il tutto. È sempre stato<br />

sulla pista giusta. Michel è la chiave per la trasformazione nello stato<br />

mortale, durante la fase della morte».<br />

David sospirò pesantemente. «Karl, queste sono leggende. Nel<br />

migliore dei casi simbolismi, nel peggiore semplici racconti<br />

folcloristici. Come può uno scienziato come te credere a simili<br />

sciocchezze?»<br />

«Ci credo perché ha senso».


«Tutti noi abbiamo assaggiato il sangue di Michel. Io, per<br />

esempio, non mi sento più mortale».<br />

«Probabilmente non avevamo cellule provviste di nucleo quando<br />

abbiamo bevuto, dato che nessuno di noi apparentemente stava<br />

attraversando la fase della morte».<br />

«Io ero nella fase della morte, se non te lo ricordi».<br />

«Sì, ma avevi assaggiato il sangue di Michel con l'unico fine di<br />

tracciarlo. Qualche goccia non serve. Non è lo stesso che prendere<br />

un numero eguale di cellule del suo sangue per rimpiazzare o<br />

dominare le tue cellule distorte. Ricorda: c'era un globulo rosso con<br />

un nucleo in uno dei campioni del sangue di Chloe, che potrebbe<br />

contenere complessivamente 200 globuli rossi. In un corpo intero ci<br />

sarebbero forse 25.000 cellule con un nucleo o forse più, e ciascuna<br />

dovrebbe essere dominata da una cellula biofolica. Per farlo<br />

servirebbe tutto il sangue di Michel. Ad esempio io sono nella fase<br />

della morte...».<br />

«Come lo sai?»<br />

«Ho controllato il mio sangue al microscopio e ho scoperto una<br />

cellula con il nucleo».<br />

Questo fece riflettere tutti. Karl sapeva che era come se un<br />

mortale sentisse un amico dire di essere risultato positivo al test<br />

dell'HIV.<br />

«Ad ogni modo, posso prendere un campione del sangue di<br />

Michel e confrontarlo con un eguale campione del mio. Questo<br />

mostrerà in concreto che cosa accadrebbe se rimpiazzassi nelle mie<br />

vene il mio sangue con quello di Michel».<br />

«Dov'è la prova empirica che questo servirebbe in qualche modo<br />

a cambiare la tua condizione e non soltanto le proprietà chimiche<br />

del tuo corpo?», chiese David.<br />

Karl sapeva di poter vedere la luce e che stava tentando di<br />

spiegarlo a dei ciechi che vedevano soltanto oscurità. Si sentì un po'<br />

benevolo nei loro confronti, e imbarazzato da quella verità. Sorrise<br />

leggermente, il che parve disturbare David, ma non si stava sentendo<br />

superiore. «Sentite, non siate sulla difensiva nei miei confronti. Sto<br />

solo cercando di mostrarvi come si tratti di una cosa perfettamente


sensata. Io ingerisco il sangue di Michel - ancora meglio, il suo<br />

dovrebbe rimpiazzare il mio passando per le vene anziché lo<br />

stomaco come fosse un'infusione indiretta, cosicché il suo sangue<br />

partirà dalle vene dove sarà ancora più efficace - e io effettuo la<br />

trasformazione che mi renderà di nuovo mortale, temporaneamente<br />

o permanentemente, non lo sappiamo. Se mi avvicino ad Antoine<br />

come un mortale, non sarà in grado di tracciarmi - ma credo di no<br />

comunque, dato che non sarò una delle sue creazioni - e non si<br />

accorgerà di me quando lo avvicinerò. Reagirà nel modo in cui noi<br />

tutti reagiamo ai mortali - sono cibo potenziale, ma certamente non<br />

una minaccia. Lo sorprenderò indifeso e riuscirò a ucciderlo con uno<br />

dei metodi già provati ed efficaci. La prova empirica della riuscita<br />

sarà soltanto l'esito».<br />

«Non sarà l'esito dato che non ci sarà alcun esito!», disse André<br />

alzandosi in piedi, con tono arrabbiato. «Michel non offrirà il suo<br />

sangue per la causa di nessuno».<br />

«Papà», cominciò il ragazzo, «Karl ha ragione. Lo so. Voi tutti mi<br />

dite sempre quanto sono speciale, pieno d'intuito, e penso<br />

intendiate... be', come avrebbe detto Chloe, a livello cellulare. Lui ha<br />

ragione. Voglio dire, se posso dargli il mio sangue, lui può avvicinarsi<br />

ad Antoine, ucciderlo e riportare indietro Gerlinde...».<br />

«Sappiamo quanto sei stato vicino a Gerlinde», disse Carol. La sua<br />

voce era molto decisa. «Noi tutti l'amiamo e vogliamo che torni al<br />

sicuro da noi. Ma non in questo modo, Michel. È pericoloso per te».<br />

Karl era assorto nei suoi pensieri, quasi dimentico del dramma che<br />

si stava svolgendo davanti a lui. «Immagino che il metodo più<br />

efficace sarebbe quello di estrarre dapprima tutto il mio sangue dal<br />

corpo, per evitare contaminazioni. Poi trasferire il sangue di Michel<br />

nelle mie vene. Una volta svuotato, potrà essere rifornito di nuovo<br />

con altro sangue...<br />

«Così non morirò. Almeno non per sempre», disse Michel. «Ma<br />

sperimenterò la morte, proprio come chiunque altro».<br />

André attraversò la stanza a grandi falcate e afferrò Michel per un<br />

braccio. «Non morirai perché non parteciperai a tutto questo».<br />

Il ragazzo si svincolò dalla presa. «Ho diritto di prendere le mie


decisioni».<br />

«Non finché sei ancora così giovane».<br />

«Non sono un ragazzo. Avrò sedici anni tra quattro mesi. Sono un<br />

adulto».<br />

«Tu pensi di essere un adulto. Ho la saggezza di più d'una vita a<br />

disposizione e ti dico che si tratta di un'idea pazzesca che è<br />

pericolosa per te, che tu veda o meno il pericolo».<br />

«Non è pericoloso. Karl ha detto...».<br />

«Michel, non voglio ascoltarti. È già deciso. Tu ne fera pas cela!».<br />

Discussero ancora e ben presto Michel gridò: «Smettila di dirmi<br />

cosa sono e cosa non sono! Tu non sei me, quindi lasciami stare!».<br />

Scattò fuori dalla stanza, sbattendo la porta dietro di sé. André e<br />

Carol si guardarono l'un l'altra e andarono via anche loro,<br />

presumibilmente per provare a far calmare Michel.<br />

I restanti rimasero in silenzio. Karl era serio. Alla fine mormorò<br />

senza rivolgersi direttamente a nessuno: «Non era mia intenzione far<br />

adirare tutti».<br />

David disse mitemente: «Non mi preoccuperei. Passerà».<br />

«Penso di aver ragione», disse Karl.<br />

Nessuno rispose.<br />

All'improvviso si sentì demoralizzato. Gli era stata strappata via la<br />

speranza. Era forse impazzito? Come aveva soltanto potuto<br />

considerare di esporre Michel a un qualunque pericolo? Anche se i<br />

due campioni confermavano la sua idea, non sapevano cosa sarebbe<br />

accaduto prendendo tutto il sangue del ragazzo. Naturalmente<br />

André e Carol erano furibondi: chiunque sano di mente che si fosse<br />

preoccupato del ragazzo si sarebbe adirato. Se Karl fosse stato<br />

ancora in sé, avrebbe compreso che quella non era una via possibile.<br />

Ciononostante, guardò Julien, poi Wing e infine Morianna. «Che<br />

pensate voi tre? Qualcosa di ciò che ho detto ha senso oppure sono<br />

un pazzo furioso?».<br />

Julien parlò per tutti e tre. «Le tue ipotesi sono ragionevoli. Se tu<br />

potessi divenire mortale - e il sangue di Michel probabilmente<br />

realizzerebbe quella trasformazione - Antoine verrebbe colto alla


sprovvista. Forse, se sei fortunato, potresti capovolgere la situazione<br />

a tuo vantaggio». Guardò Wing e poi Morianna. «Potrebbe essere la<br />

tua unica speranza».<br />

«Esiste forse un altro modo per diventare mortale?», chiese Karl,<br />

ma anche mentre lo chiedeva già conosceva la risposta. O Michel o<br />

nulla, e sapeva anche che nulla sarebbe stato. André e Carol, per<br />

non parlare degli altri della loro comunità, non l'avrebbero<br />

permesso. Nei momenti di lucidità, sapeva che avevano ragione.<br />

E, nonostante lo sapesse, sapeva che ciascuno di loro si rendeva<br />

conto che quella sera, là, era stato aperto un vaso di Pandora. La<br />

posizione di Michel era diventata estremamente precaria. Come<br />

aveva detto Wing, erano tutti predatori, e nelle giuste circostanze,<br />

nessuno di loro ci avrebbe pensato due volte a prendere il sangue<br />

del ragazzo. Karl l'aveva appena dimostrato.<br />

Si alzò. «Vado in Germania a prendere Gerlinde. So che non è il<br />

modo migliore, ma non credo ci si siano altre alternative. Se ci sono,<br />

gradirei saperle adesso».<br />

La stanza rimase avvolta nel silenzio.<br />

Karl si girò e si diresse alla porta. «Ricorda», disse calma<br />

Morianna, «nella fase della morte, la logica autodistruttiva ha sempre<br />

senso». Sempre dando loro le spalle, Karl mormorò: «Non ci posso<br />

fare nulla». Julien disse: «Lo sappiamo».


PARTE TERZA<br />

«È facile il descendere all'Inferno;<br />

Ma 'l pie ritrarne, e fuor dell'aura morta<br />

Il poter ritornare all'aura pura,<br />

Questo, quest'è impres'alta, impresa dura!»<br />

Dante Alighieri


CAPITOLO 17<br />

Karl prese un volo per Londra quella stessa notte, e quella<br />

successiva partì per Hannover. Prima di lasciare Montreal aveva<br />

eseguito la tracciatura: Gerlinde era ancora là e quindi, pensò Karl,<br />

doveva esserci anche Antoine.<br />

I suoi piani erano andati in fumo, ma non incolpava i suoi amici.<br />

Avevano tutto il diritto di proteggere Michel. Quel ragazzo era<br />

speciale, unico della sua razza. Il fatto che Karl avesse potuto anche<br />

solo pensare di sottoporlo a una procedura della quale era dubbio<br />

l'esito, mostrava quanto fosse diventato irrazionale. Ma irrazionale o<br />

meno, lui sapeva una cosa: amava Gerlinde, l'aveva amata fin dal<br />

momento in cui si erano conosciuti. Aveva finito col contare su di<br />

lei, col dipendere da lei, e non avrebbe né potuto, né voluto esistere<br />

senza di lei. E non poteva permettere che rimanesse preda del potere<br />

di Antoine senza fare almeno un altro tentativo affinché si rendesse<br />

conto delle implicazioni di quel sodalizio. Poteva essere sotto il<br />

controllo di Antoine, oppure no. Avrebbe potuto comunque<br />

preferire Antoine a lui. Ciononostante, sapeva di dover fare del suo<br />

meglio per riportarla indietro. E, se non avesse potuto, avrebbe<br />

trovato un modo più sano per porre fine alla sua vita, non qualcosa<br />

che fosse il risultato di emozioni fugaci. Un modo che fosse il suo e<br />

non la parte di attore in un dramma scritto e diretto da Antoine.<br />

Non sarebbe morto con quel demone che rideva di lui!<br />

Hannover era una vecchia città, devastata da due guerre<br />

mondiali, ma ancora in piedi. I circa cinquecentomila abitanti erano<br />

dei tedeschi tipici: seri, dediti al lavoro, amanti della loro birra.<br />

L'architettura della parte vecchia rimasta dopo i bombardamenti<br />

risaliva al Medioevo. Karl era stato là solo una volta, subito dopo<br />

essere stato trasformato da Antoine. Era in quel posto che si era reso<br />

conto che non sarebbe mai più potuto tornare indietro. Quando<br />

aveva capito di non avere nessun altro posto dove andare. Il Nord<br />

sembrava andar bene tanto quanto il Sud. Hannover, perché no?<br />

Ma la città non gli era piaciuta e si era fermato solo per una<br />

settimana. Il clima non era piacevole come lungo il basso Reno. La


gente sembrava più nervosa, in generale, e non fu sorpreso del fatto<br />

che Hannover fosse divenuta così industrializzata: l'indole della<br />

popolazione si confaceva maggiormente all'industria che non<br />

all'agricoltura.<br />

Rimase macabramente divertito del fatto che Hannover, come<br />

Düsseldorf, avesse generato un altro vampiro. Fritz Haarmann, un<br />

pederasta, dopo la prima guerra mondiale andava in cerca di<br />

giovani ragazzi alla stazione ferroviaria, quando i rifugiati avevano<br />

invaso la città. Haarmann, insieme a una prostituta di nome Hans<br />

Grans, che era divenuta la sua amante, molestavano questi ragazzi e<br />

li massacravano. Haarmann e la Grans erano pieni di risorse.<br />

Vendevano di nascosto gli abiti e la carne, precisando che si trattava<br />

di "carne di cavallo". Le ossa, le gettavano nel fiume Leine.<br />

Alla fine Haarmann venne processato e condannato per ventisette<br />

omicidi, benché si stimava che le sue vittime in totale arrivassero<br />

quasi a cinquanta. Su sua richiesta, venne decapitato nella piazza del<br />

mercato cittadino. L'università di Gottinga ottenne il suo cervello per<br />

studiarlo, e Karl aveva spesso pensato che gli sarebbe piaciuto<br />

esaminarlo.<br />

Ciò che faceva di Haarmann un vampiro era il modo in cui<br />

assaliva le sue vittime. Soggiogava i ragazzi e li aggrediva alla gola<br />

mordendoli, e masticando fin quando la testa non si era quasi<br />

separata dal corpo. Dichiarò di amare il sangue.<br />

La mezzanotte era già passata da parecchio quando Karl si mise a<br />

vagare lungo l'argine del fiume Leine sul ciottolato ben levigato dal<br />

passaggio di milioni di passanti. Anche i piedi di Haarmann e della<br />

Grans erano passati di lì, mentre trasportavano gli scheletri fatti a<br />

pezzi per gettarli nelle acque gelide.<br />

In quel luogo di morte, Karl percepì le vibrazioni di Gerlinde<br />

come increspature dentro e lungo il suo corpo, tra la pelle e i<br />

muscoli. Era vicina. Presumibilmente anche Antoine. Karl non si sentì<br />

affatto sorpreso quando sbucarono dall'ombra come neri spettri.<br />

Antoine teneva in modo possessivo il braccio intorno alle spalle di<br />

Gerlinde, un gesto non necessario, come parve a Karl. Primitivo.<br />

Ovvio. Ma avvertì comunque una scossa di gelosia, benché sapesse<br />

che il gesto mirava proprio a quello. Si sentì anche inorridito.


Antoine portava intorno al collo l'amuleto di Chloe!<br />

«Dunque, liebkin, sei tornato», disse Gerlinde. «Be', non è<br />

cambiato nulla. Come vedi, resto insieme a Tony. Sono sorpresa che<br />

tu sia ancora vivo».<br />

Questo lo ferì. Che lei sapesse che era quasi morto, e la cosa non<br />

sembrasse importarle. Cercò di tenere a freno le sue emozioni, che<br />

minacciavano di fargli perdere il controllo. «Sono tornato perché ci<br />

sono alcune cose che devi sapere».<br />

Antoine rise. Il suono attraversò l'aria come un abominevole<br />

grido demoniaco che tagliava la notte con la stessa semplicità con cui<br />

una mannaia separerebbe il muscolo dalle ossa.<br />

Karl si chiese per un istante che cosa avessero udito i mortali.<br />

Senza dubbio, quelli più attenti tra loro avrebbero controllato i<br />

chiavistelli delle loro porte quella notte.<br />

«Antoine è pazzo», disse Karl, ignorando il suo creatore,<br />

trattandolo alla stregua di una non entità, parlando di lui in terza<br />

persona. Trattandolo come Antoine trattava lui. «Il suo sogno di<br />

dominare il mondo non è realizzabile. Qualunque cosa ti abbia<br />

promesso, non accadrà».<br />

«Intendi dire Michel?», disse Gerlinde.<br />

Fu una domanda talmente diretta che si sentì frenato. Forse<br />

questo lo fece sembrare poco sicuro di sé.<br />

«Il sangue del ragazzo non potrà alterare nessuno».<br />

«Non sei mai stato bravo a mentire, Karl. Non hai fatto nessun<br />

test sul sangue di Michel. Lo stai dicendo per influenzarmi ma non ci<br />

riesci. Ho deciso».<br />

«Forse. Forse no. Ma ti sto dicendo che Michel, anche se riusciste<br />

a prenderlo, non è la risposta. E un tempo ti importava di lui».<br />

Per un istante pensò di aver intravisto un'emozione illuminarle gli<br />

occhi, ma poteva essersi trattato soltanto della luce dei lampioni in<br />

strada.<br />

«A me interessa il suo sangue, tutto qui. Lui è la risposta alle<br />

nostre richieste. Può essere il nostro tramite da e per la mortalità.<br />

Ecco perché è stato creato: per servirci. È una meraviglia


dell'evoluzione, e saremmo stupidi a ignorare quello che può fare a<br />

causa del sentimentalismo».<br />

Karl sapeva che aveva sentito dire quelle parole da Antoine. Non<br />

era il modo in cui ragionava lei. Gerlinde non era mai stata<br />

eccessivamente sentimentale e non si era mai preoccupata<br />

dell'evoluzione. Ma possedeva dei sentimenti forti. Ed era stata<br />

protettiva nei confronti di Michel come una madre con il figlio.<br />

«Cosa ti ha reso tanto insensibile?», chiese Karl. «Eri dolce,<br />

affettuosa. Michel era come un figlio per te. Un figlio che avresti<br />

protetto con la tua stessa vita. E adesso parli di usarlo come se fosse<br />

un topo da laboratorio».<br />

«Dovresti essere in grado di dirmelo tu, Karl. Sei tu lo scienziato<br />

qui. Hai fatto i tuoi esperimenti. Adesso io sto facendo i miei».<br />

«Ho fatto esperimenti, sì. Ma non sui miei amici».<br />

«Perché non ne avevi il coraggio. Be', Antoine ce l'ha. Riesce a<br />

vedere le cose nel loro complesso, e sa agire di conseguenza. E sono<br />

stanca di un'esistenza confinata nel mio spazio. Voglio provare<br />

qualcosa di più. Voglio la possibilità di essere mortale con tutto<br />

quello che ne deriva».<br />

«Per esempio?»<br />

«La maternità. Io voglio un figlio».<br />

Karl rimase sbalordito. Tutto quello che riuscì a dire fu qualcosa di<br />

talmente freddo da non riconoscere se stesso. «Tu stai sognando».<br />

«E tu sei noioso. Perché non sei morto a Parigi? Ma vattene via!».<br />

Era pronto a una cosa simile, e quelle parole lo ferirono solo in<br />

parte. Era inutile parlare con lei. Non riusciva a comprendere che<br />

sorta di cambiamento fosse avvenuto in Gerlinde. Ma sapeva che era<br />

inutile continuare quella discussione senza via d'uscita.<br />

«Antoine», disse Karl, superando la resistenza che sentiva dentro di<br />

sé a rivolgersi al suo creatore. «Tu hai una strategia. Questo mi è<br />

chiaro. Uccidi quelli che hai creato e distruggi la comunità per<br />

arrivare a Michel. Gli altri conoscono il tuo piano. Sono tutti in<br />

guardia».<br />

Antoine si limitò a ridere di nuovo, il suono di un nero tuono che


squarciava la stratosfera. Una risata che diceva che Karl era un<br />

sempliciotto e Antoine il nuovo Thor, dio dell'universo.<br />

«Avresti potuto essere parte del nostro mondo», proseguì Karl.<br />

«Non solo...».<br />

«Che cosa ti fa pensare che abbia mai desiderato di far parte del<br />

vostro piccolo mondo? Per me siete tutti come piccole formiche,<br />

creature inferiori che osservo quando ho voglia di divertirmi, e che<br />

calpesto quando mi aggrada. Non mi offri nient'altro se non il<br />

piacere di vederti perdere forza, bramando la morte nella tua<br />

impotenza, senza poterla neppure avere, dato che io te la vieto. E<br />

credimi, non ti lascerò morire. Non tu».<br />

Karl ignorò la voce nella sua testa che lo avvertiva, la voce che gli<br />

gridava di correre via, lontano e veloce quanto poteva. «Chloe,<br />

Kaellie, gli altri, erano nella fase della morte. Ti sei servito di<br />

questo».<br />

«Cosa intendi dire con "la fase della morte"?», disse Gerlinde.<br />

Poi guardò Antoine, ma questi ignorò la domanda. «Sono<br />

capitolati», disse, «perché erano deboli e io sono più forte, proprio<br />

come tu sei debole e facile da annientare».<br />

«Sono sorpreso che Antoine non ti abbia parlato della fase della<br />

morte», disse Karl a Gerlinde, sentendo di aver ottenuto un leggero<br />

vantaggio su di lei. «Tutti la sperimentiamo a un certo punto, forse<br />

più d'una volta. È un po' come un intenso desiderio suicida che ci<br />

porta all'azione, una lotta con la morte. Quando gli altri ci si<br />

trovano in mezzo, Antoine se ne serve a suo vantaggio. Trasforma<br />

un potenziale suicidio in assassinio».<br />

Gerlinde guardò nuovamente Antoine con uno sguardo pieno di<br />

paura sul volto.<br />

«È una fase naturale per noi», proseguì Karl. «Tu la stai<br />

attraversando adesso, Gerlinde. Ecco perché ti sei allontanata da me,<br />

dagli altri. Stai guardando un bel film tutto tuo, e ne sei la<br />

protagonista. Dimmi, non hai forse immaginato per te stessa un<br />

ruolo di vergine sacrificale che riporterà noi tutti alla mortalità<br />

salvandoci da questa squallida esistenza notturna?».<br />

L'espressione sul volto di lei rivelò che aveva fatto centro. Era


talmente ovvio. «Antoine», disse, «si serve della fase della morte. Se<br />

desidera distruggere uno di noi, aspetta fino a quando non entriamo<br />

in quella fase. Oppure, nel mio caso, ha preso te mentre entravi in<br />

quella fase, per trascinarmi allo scoperto. Per annientarmi. Sei solo<br />

una pedina».<br />

Antoine la smise con le sue reazioni da divinità e semplicemente<br />

ringhiò come un animale furioso. «Credi di possedere la conoscenza,<br />

ma io godo di mezzo millennio in più della tua breve esistenza. Sei<br />

patetico. Peggio di un verme che striscia sul ventre».<br />

«Sarò forse un verme, ma non ho mai distrutto. Tu non hai mai<br />

creato».<br />

«Sciocco! Io ho creato te».<br />

«Solo perché te l'ho permesso. È stata soltanto la mia forza a<br />

permettermi di sopravvivere a quel tormento, come è stato per<br />

Chloe, Kaellie, David e gli altri che hai creato con tanta violenza. Ci<br />

sono due aspetti in ogni creazione, il creatore e la creatura, ma tu<br />

non ne sapevi nulla».<br />

Gerlinde parve sorpresa, come se qualcosa cominciasse a divenirle<br />

chiaro. Lo sguardo sul suo viso mostrava vulnerabilità e impotenza.<br />

«Lasciala andare», disse Karl. «Tu non la ami...».<br />

Antoine rise di nuovo, la supplica di Karl gli aveva ridato piena<br />

forza, e lui si rese conto di aver detto la cosa sbagliata. Il suono di<br />

quella risata diabolica tagliò l'aria scura con qualcosa di ancor più<br />

buio, più denso e permanente. Era l'assenza di qualsiasi luce<br />

dall'universo, un buco nero di entropia che vorticava verso un oblio<br />

irraggiungibile, ma il processo non poteva neppure essere fermato.<br />

Un brivido corse lungo la schiena di Karl. Quell'essere empio<br />

credeva di essere un dio, onnipotente, dotato dei poteri<br />

dell'Altissimo. Karl si sentiva impotente davanti a lui. Antoine non<br />

sarebbe mai cambiato. Non poteva essere piegato. Era chiaro che<br />

non avrebbe liberato Gerlinde, anche se lei avesse voluto andarsene,<br />

e l'espressione sul volto di lei disse a Karl che aveva pensato la stessa<br />

cosa. Quello che Karl sapeva era stato confermato: Antoine gli<br />

avrebbe fatto penzolare davanti la morte come una carota senza mai<br />

permettergli di raggiungerla. Non c'era altro da fare se non reagire.


La furia di Karl montò, spingendolo a farsi avanti, più veloce di<br />

quanto non si fosse mai mosso. Raggiunse Antoine in un secondo, il<br />

corpo già trasfigurato, pronto per la battaglia: i muscoli d'acciaio; le<br />

unghie come artigli; i denti come zanne. Questi scattarono per<br />

serrare la carne ma addentarono soltanto l'aria. In un solo istante<br />

Karl vorticava nel vuoto, nella notte, come fosse un giocattolo<br />

scagliato da un gigante. Un giocattolo che finì bruscamente con un<br />

tonfo nel fiume Leine.<br />

In poco tempo sprofondò in quelle acque scure. Quell'acqua che<br />

conservava la memoria delle ossa umane, le ossa che non erano<br />

ancora state trovate. Ossa che cantavano alle sue stesse ossa:<br />

"Unitevi al cimitero subacqueo!".<br />

Karl si dimenò per risalire, per non sprofondare, incapace di<br />

cambiare direzione. Alla fine, la sua discesa rallentò. Un momento di<br />

pausa. Cominciò a risalire. Si mosse verso l'alto più lentamente di<br />

quanto non fosse disceso. Ma alla fine la sua testa fendette la<br />

superficie. E quando si riprese e si guardò intorno, vide subito che di<br />

fronte all'acqua non c'era nessuno. Antoine e Gerlinde se n'erano<br />

andati. Anche le vibrazioni di Gerlinde erano appena percettibili,<br />

come se i due si fossero trasformati in uccelli della notte che avevano<br />

di colpo preso il volo e adesso erano a diverse miglia di distanza.<br />

Karl risalì l'argine, tremando, con l'adrenalina che pompava<br />

ancora nel suo organismo. L'acqua non l'avrebbe ucciso. Il suo corpo<br />

avrebbe preso a galleggiare prima che potesse affondare. Le cellule<br />

vegetali nel suo sangue avrebbero consumato quel liquido. La morte<br />

per annegamento non faceva parte di quello scenario. Antoine<br />

l'aveva scagliato nell'acqua solo per mostrare la sua forza, non per<br />

qualche altro motivo. E mentre Karl strisciava verso una panchina,<br />

sentendosi sconfitto, sentì quella forza che lo schiacciava, come il<br />

peso dei secoli.<br />

Era veramente impotente. Si trattava di una condizione che non<br />

aveva mai ritenuto possibile, ma adesso sentiva dentro di sé che era<br />

così. Che cosa avrebbe potuto fare per riportare indietro Gerlinde,<br />

per distruggere Antoine? Nulla. E probabilmente non ci sarebbe stato<br />

nulla che potesse fare per distruggersi fino al giorno in cui Antoine<br />

non gli avesse concesso di morire. Era una situazione di sconfitta su


tutti i fronti. "Come farò ad andare avanti sapendo che è così?", si<br />

chiese.<br />

L'alba si avvicinava. Il cielo si era schiarito a est, mentre a ovest<br />

restava buio. Karl era ancora seduto sulla stessa panchina vicino<br />

all'acqua, rivolto a est. Non sapeva se sarebbe riuscito ad aspettare<br />

semplicemente che la luce affiorasse e lo incenerisse. Una luce che, se<br />

non l'avesse distrutto immediatamente, comunque gli avrebbe<br />

causato dei gravi danni.<br />

Si trattava di un piano stupido, lo sapeva. Anzi, neppure un<br />

piano. Inoltre, sentiva di non riuscire a camminare, neppure per<br />

tornare al suo albergo. Immaginò che Antoine non si sarebbe<br />

preoccupato di salvarlo, dato che non sarebbe morto per<br />

l'esposizione alla luce del sole. Si sarebbe semplicemente bruciato.<br />

Non sapeva fino a che punto, ma immaginava si trattasse di ustioni<br />

serie, di terzo grado. Ovviamente l'avrebbero trovato dei mortali. E<br />

portato in un ospedale. E sarebbe stata una cosa ancor più stupida,<br />

ma di certo non si preoccupava di stare per esporre al pericolo i suoi<br />

amici solo perché adesso i mortali avrebbero avuto la prova<br />

dell'esistenza di altri esseri oltre a loro. Esseri dotati di organi<br />

particolari, e di componenti nel sangue come non ne avevano mai<br />

viste.<br />

Sarebbe stato ricoverato, l'avrebbero curato in un reparto per i<br />

traumi da ustione. Che cosa ridicola! Sarebbe stato circondato dai<br />

mortali e, non appena ne avesse avuto la forza, probabilmente<br />

avrebbe aggredito uno o più di loro per non morire di fame. Con<br />

quale risultato? Per poter rivivere, riprendersi e continuare con quel<br />

gioco pazzesco ordito da Antoine?<br />

Ma il fatto di conoscere l'esito probabile non serviva a scuoterlo.<br />

Si sentiva privo di volontà, e questo lo teneva incollato a quella<br />

panchina, a fissare l'orizzonte, in attesa del sole. Sperando comunque<br />

di morire, pur sapendo di non poterlo fare.<br />

«Ti stai per suicidare, non è così?».<br />

Si voltò al suono di una voce familiare. Donata stava<br />

camminando verso di lui. Una visione vestita di velluto nero, la pelle


d'un bianco di morte, e la bocca rossa come una ferita. Quella<br />

donna ancora ragazza giunse fluttuando come lo spettro cui<br />

somigliava, quasi fosse già entrata in un altro regno più spirituale.<br />

"Forse", pensò Karl, "non è neppure qui. Forse è già morta, e questo<br />

è il suo fantasma".<br />

Come se avesse letto i suoi pensieri, lei disse: «Sono ancora viva.<br />

Più o meno. Abbastanza da riuscire ad essere qui».<br />

In quel momento nulla lo avrebbe sorpreso. Tutte le sue<br />

domande erano semplicemente la curiosità di una mente scevra di<br />

ogni complessità emotiva. «Come sapevi che ero qui?»<br />

«Ti ho seguito».<br />

«Da quando?»<br />

«Da quando hai abbandonato il tempio sotterraneo a Parigi. Da<br />

quando mi hai lasciata».<br />

Non voleva stare a sentire nessuna sorta di apprensione dettata<br />

dall'amore mortale. Se quello era il suo gioco, si sarebbe dovuto<br />

trascinare via da quella panchina e, sapendo adesso che lei era sulle<br />

sue tracce, trovare un modo per scomparire. Con un grande sforzo si<br />

mise in piedi, con quello scopo. Che senso avevano altre parole?<br />

«Non te ne andare», disse lei, toccandogli il braccio. «Non è come<br />

sembra. È solo che c'è qualche cosa tra di noi. Lo sento. So che lo<br />

senti anche tu. O che l'hai sentito. So di poterti aiutare. Come ho<br />

fatto a Roissy».<br />

Cominciò a capire. «Tu hai chiamato l'ambulanza e i vigili del<br />

fuoco».<br />

«Sì».<br />

Sospirò pesantemente, infastidito, frustrato. Non c'era bisogno<br />

che Antoine si adoperasse molto con tutti quegli ignari "aiutanti"<br />

intorno. «Avrei voluto che tu non lo facessi. Stavo cercando di<br />

morire, e non è una cosa semplice per me. Mi hai soltanto messo in<br />

una posizione difficile con il mio nemico».<br />

«Lo so. Ero là, sulla scena. L'ho visto. È come Satana. O un<br />

qualche demone. Ti odia e ama il potere che ha su di te...».<br />

«Senti, non mi stai dicendo nulla di nuovo. A dire il vero, mi stai


irritando. Che cosa vuoi?»<br />

«Sono qui per aiutarti».<br />

«Smettila di aiutarmi. Mi stai facendo del male. Tornatene nel tuo<br />

piccolo tempio nelle fogne di Parigi e venera le tue divinità antiche.<br />

Tu e il tuo gruppo lo fate così bene».<br />

Era stato crudele con lei. O quello o succhiarle il sangue dalle<br />

vene. Ci aveva pensato, ma lei probabilmente lo desiderava, e<br />

questo l'avrebbe reso soltanto più vivo, più cosciente della propria<br />

agonia. Forse avrebbe dovuto semplicemente gettarla nel fiume e<br />

annegarla nel ricordo di Fritz Haarmann. Il fatto che potesse solo<br />

concepire un'idea simile mostrava che quel mostro di Antoine aveva<br />

penetrato le sue difese. "Proprio come fosse mio padre!", pensò con<br />

orrore. Ma che cosa poteva fare riguardo quella o qualsiasi altra<br />

cosa?<br />

«Karl, io non so come aiutarti, ma so che devo aiutarti. Mi è stato<br />

ordinato. Da un potere più grande».<br />

Lui scosse la testa e cominciò ad allontanarsi. Non tollerava le<br />

frivole sciocchezze new age.<br />

«C'è Michel insieme a me».<br />

Karl rimase come paralizzato.<br />

«Quando ti ho seguito a Montréal l'ho conosciuto. Siamo partiti<br />

subito dopo di te. Abbiamo preso un volo diurno. Ovviamente io<br />

sapevo che cosa fosse lui».<br />

«Suppongo tu abbia effettuato una sorta di viaggio astrale<br />

all'interno della casa di Montréal», disse lui sardonico.<br />

«Non ne ho avuto bisogno. Ero dall'altra parte della strada e<br />

Michel è uscito correndo dalla porta principale. L'ho raggiunto, gli<br />

ho detto chi ero, come facevo a conoscerti e mi ha voluto aiutare.<br />

Abbiamo deciso di seguirti qui. Penso che tu abbia bisogno di<br />

entrambi».<br />

«Andiamo», disse Karl, ben più che irritato. «Portami da Michel».<br />

Arrivarono all'hotel prima dell'alba, ma non di molto. Lei lo<br />

condusse alla stanza numero 23, e lui si limitò a fissare quel numero,<br />

sapendo che avrebbe dovuto significare qualcosa per lui, anche se


non sapeva cosa.<br />

Donata prese il suo stupore per interesse nei confronti<br />

dell'occulto. «Due e tre insieme fanno cinque», disse estraendo la<br />

chiave magnetica della stanza. «Molto positivo. Innumerevoli<br />

pentagrammi».<br />

Per metà del tempo pensava che lei fosse una schizzata, per l'altra<br />

metà che avesse le qualità per essere una maga.<br />

Karl aveva poche energie. Il sonno premeva sul suo corpo come<br />

un peso. Non sarebbe potuto rimanere sveglio ancora a lungo.<br />

Sperava non si trattasse di uno scherzo, perché non era dell'umore<br />

adatto e non aveva molta voglia di sopportarlo.<br />

Michel era seduto sul letto intento a leggere X Files: la Bibbia<br />

Goth. Le tende erano state tirate.<br />

«Michel, che cosa ci fai qui? I tuoi genitori saranno furiosi.<br />

Andiamo, ti metto su un volo per tornare a casa».<br />

«Io non ci torno a casa. Voglio aiutarti a distruggere Antoine. E a<br />

salvare Gerlinde».<br />

«Assolutamente no!».<br />

«Be', io indietro non ci torno».<br />

«Invece sì». Karl prese il telefono e fece direttamente il numero<br />

della casa di Montréal.<br />

«Se chiami i miei genitori, verranno subito qui a prendermi. È<br />

mezzanotte a Montréal. Non arriveranno stanotte. Presto dovrai<br />

dormire, ma io no. Scapperò via con Donata. E se scappo, Antoine<br />

mi troverà e prenderà il mio sangue e sarò morto, quindi nulla di<br />

tutto questo avrà più importanza».<br />

Karl riagganciò il telefono sbattendolo. «Da quando sei diventato<br />

un simile ribelle?»<br />

«Sono un ragazzo. Devo ribellarmi», disse Michel, e sorrise con<br />

una dolcezza esagerata.<br />

«Ascolta, Michel, apprezzo quello che stai pensando. Davvero. E<br />

so che lo fa anche Gerlinde. Ma non posso permetterti di farlo. E<br />

neppure lei lo vorrebbe. Non sappiamo se funzionerà, ed è troppo


pericoloso per te».<br />

«Cosa c'è di pericoloso? Prendi il mio sangue, diventi mortale, poi<br />

mi nutrirai del sangue di Donata e io tornerò indietro dalla morte.<br />

Non è così che funziona?»<br />

Karl sospirò. «Prima di tutto, se prendi il sangue di Donata, lei<br />

morirà».<br />

«Sto morendo comunque», disse lei. «Non mi importa di donare la<br />

mia vita se è per una buona causa».<br />

«Tutti sono pronti a sacrificarsi per una buona causa», scattò Karl.<br />

«Dovremmo creare una società per l'eutanasia degli aspiranti<br />

martiri».<br />

«Io non sono una martire. Il mio scopo sulla terra è quello di<br />

aiutare, di trovare la causa ultima, per il continuum...».<br />

«Basta!». Karl sollevò una mano. Cominciava a sentirsi esausto. Il<br />

sole premeva contro le pareti dell'edificio e lui riusciva quasi a<br />

sentirlo filtrare attraverso i muri e abbatterlo. «Per favore».<br />

Michel disse: «Potresti trasformarla prima di farlo, in questo modo<br />

lei tornerà come una di noi».<br />

Sfinito, Karl si limitò a scuotere la testa. Era tutto semplice e<br />

chiaro per i giovani. «Dubito di poterlo fare. Non avverto sensazioni<br />

abbastanza intense per poterlo fare con lei».<br />

La ragazza sembrò un po' offesa.<br />

«Bene», disse Michel, «forse potrebbe farlo qualcun altro».<br />

«Senti, Michel, per prima cosa queste sono solo speculazioni. Non<br />

sappiamo se il tuo sangue presenta le qualità di trasformazione di cui<br />

stiamo parlando. Io potrei non diventare mortale. E non sappiamo<br />

come reagirai all'essere prosciugato del sangue. Non sei<br />

completamente come il resto di noi. Può darsi che tu non sopravviva<br />

poiché la parte di te che è mortale potrebbe essere gravemente<br />

compromessa».<br />

Karl sentì che si stava ripetendo. Il suo cervello era prossimo a<br />

crollare.<br />

Il suo corpo pesava una tonnellata, metallo al posto della carne,


del sangue e delle ossa.<br />

«Ti senti bene?», chiese Donata.<br />

«Ha bisogno di dormire», disse Michel. «Usa il bagno. Noi<br />

resteremo fuori».<br />

Karl voleva ribattere, almeno la sua mente voleva farlo, ma il suo<br />

corpo era incapace di sostenerlo e non fu più in grado di articolare i<br />

pensieri.<br />

Si voltò verso la porta aperta del bagno e la lunga vasca che<br />

sarebbe stata il suo giaciglio per la notte. «Metti il cartellino di "Non<br />

Disturbare" sulla porta», disse, biascicando per lo sfinimento. «E<br />

Michel, ho bisogno della tua parola che sarai qui quando mi<br />

sveglierò».<br />

Il ragazzo esitò. «Ti do la mia parola se tu mi dai la tua... di non<br />

chiamare i miei genitori. Non ancora».<br />

Karl si sentì all'angolo. Non c'era altro da fare che annuire. Una<br />

volta chiusa a chiave la porta del bagno, mise degli asciugamani<br />

davanti alla fessura sotto la porta per impedire che filtrasse la luce. Il<br />

suo volto nello specchio era uno spettacolo orribile. Era sconvolto,<br />

con i capelli arruffati, la pelle biancastra, le occhiaie pronunciate, le<br />

iridi di un colore spento. In altre parole, sembrava un uomo<br />

depresso dopo un'ubriacatura durata una settimana.<br />

Spense la luce, si sistemò nella vasca da bagno e tirò intorno a sé<br />

la tendina della doccia, come ulteriore protezione.<br />

Il sonno fu come una botola spalancata sotto di lui. Quasi nello<br />

stesso istante in cui il suo corpo disteso toccava la superficie smaltata<br />

della vasca, tramite quella porta finì nell'oblio.


CAPITOLO 18<br />

Donata si lasciò andare sul letto di fianco a Michel. Non era mai<br />

stato così vicino a una ragazza in una situazione tanto intima prima<br />

di allora. Be', si erano seduti uno di fianco all'altra sull'aereo. Ma in<br />

quel frangente era rimasto poco più che sorpreso.<br />

Lei era sbucata dal nulla mentre Michel era corso fuori dalla porta<br />

ed era balzato sulla Fiat per scappare dai suoi genitori: cielo, aveva<br />

proprio bisogno di aria! Voleva soltanto andarsene da qualche parte<br />

in macchina per schiarirsi le idee. E lei era là, che tamburellava sul<br />

finestrino del guidatore e gli diceva: «Ciao!». Qualcosa sul suo viso gli<br />

aveva fatto abbassare il finestrino. Stando alle leggende e tutto il<br />

resto, era lui quello che doveva fare la sua comparsa e chiedere di<br />

poter entrare. Dopo essersi seduta sul sedile del passeggero si era<br />

presentata, poi si era avvicinata toccandogli un braccio.<br />

Era troppo. Aveva inserito la marcia e dato gas. E mentre<br />

guidava, pensando a quel contatto, aveva ascoltato la sua storia<br />

stramba.<br />

O almeno all'inizio era parsa stramba. Ma lei sapeva così tante<br />

cose riguardo Karl, e Gerlinde, e altre cose importanti, ed era stata<br />

presente quando Karl aveva tentato di uccidersi: tutte le cose che<br />

Karl aveva detto loro prima di ripartire. Lei sapeva tutto.<br />

«Come faccio a sapere che non ti ha mandato Antoine?», le aveva<br />

chiesto.<br />

«Be', non puoi saperlo. Ma puoi assaggiare il mio sangue se vuoi.<br />

Voglio dire, non sei in grado di capire se dico la verità in quel<br />

modo?».<br />

Era stato tentato, ma si trattava di un gesto troppo intimo per<br />

due che si conoscono da cinque minuti. Per non parlare del fatto che<br />

prima di allora non ne aveva mai preso da una vena. Inoltre,<br />

nell'ambiente angusto della vettura, aveva sentito l'odore del suo<br />

sangue, e si era accorto che lei era malata.<br />

Aveva ascoltato tutto quello che aveva detto. E mentre lei<br />

parlava, mentre lui pensava a Karl, a Gerlinde e alla morte di Chloe,


e a tutta la sofferenza causata da Antoine, per lo più per causa sua,<br />

aveva compreso che nonostante quello che avevano detto i suoi<br />

genitori, e quanto sapesse di ferirli, doveva fare qualcosa per<br />

sistemare tutto. E lui era l'unico che poteva. Ma non s'illudeva<br />

completamente. Sapeva anche di voler ricavare qualcosa da tutto<br />

ciò. Qualcosa di molto personale. Voleva essere come tutti gli altri,<br />

come ogni organismo sulla terra. Voleva assaporare la morte. E<br />

voleva tornare indietro. E l'aveva detto a Donata.<br />

«Piacerebbe anche a me», aveva detto lei. «Non ho paura di<br />

morire, voglio dire, in un certo senso sono già morta, e proprio<br />

come voi».<br />

«Perché?»<br />

«Be', i nostri corpi sono morti all'esterno. La nostra pelle è<br />

formata da cellule morte, i nostri capelli sono morti, le ciglia...».<br />

Michel non aveva mai pensato alle cose in quei termini. La<br />

guardò con occhi nuovi.<br />

«Ma morire, insomma, io non voglio che sia la fine».<br />

«Forse c'è un modo», le aveva detto, e insieme avrebbero<br />

escogitato il piano. Lui aveva tracciato Karl ad Hannover, e insieme<br />

avevano preso un volo diurno.<br />

Michel aveva volato di giorno solo due volte prima di allora. Gli<br />

occhiali da sole lo aiutavano: la luce era troppo violenta. Fu felice di<br />

essere stato abbastanza lungimirante da prenotare i posti al centro<br />

dell'aereo, lontano dai finestrini, e fu contento che la donna dalla<br />

parte del finestrino di sinistra, quella alla quale sedeva accanto,<br />

avesse abbassato la tendina per buona parte del volo. Era stata una<br />

buona cosa che Donata avesse due paia di cuffie per il suo lettore<br />

CD portatile. Se avesse avuto il tempo di pensarci, avrebbe potuto<br />

portare alcuni CD. Ma lei ne aveva alcuni interessanti, come Terror<br />

Against Terror, Qntal e Trisome 21.<br />

Dato che Antoine avrebbe avvertito la sua presenza nelle<br />

vicinanze, Michel aveva suggerito a Donata di andare lei a prendere<br />

Karl, dopo che lui l'avesse tracciato in una strada precisa. Ma l'aveva<br />

avvertita che doveva rimanere da parte. «Antoine è un vero<br />

assassino», le aveva detto. «Se sente il tuo sangue, ti verrà a cercare.


Voglio dire, è mezzanotte. Non ci saranno molte persone in giro<br />

dove si trova Karl. Devi stare attenta».<br />

Be', lei era arrivata da Karl senza problemi, ed erano tornati<br />

indietro senza essere scoperti, o almeno questo pensava lui. Aveva<br />

tracciato Gerlinde e non era nelle vicinanze dell'hotel, quindi aveva<br />

immaginato che non ci fosse neppure Antoine, o almeno lo sperava.<br />

Adesso Gerlinde e Antoine stavano dormendo. Proprio come<br />

stava dormendo Karl. Lui e Donata erano seduti insieme sul letto in<br />

una stanza d'albergo e lui era molto concentrato sul corpo di lei, sul<br />

suo profumo, su ogni cosa di lei. Sentiva il suo stesso corpo reagire, e<br />

non soltanto al sangue. Era per lei in quanto femmina. Quella<br />

reazione era potente, quasi incontrollabile, ma allo stesso tempo<br />

fantastica. Non sapeva che cosa fare. Non sapeva se lei provava<br />

qualcosa di simile a quello che provava lui. Lei era più grande di due<br />

anni, be', un anno e mezzo, dato che lui ne avrebbe compiuti sedici<br />

entro pochi mesi; glielo aveva domandato, e Donata aveva risposto<br />

che ne avrebbe compiuti diciotto a giugno, e quindi adesso ne aveva<br />

diciassette, e giugno faceva di lei un Cancro. Non sapeva se Cancro e<br />

Capricorno erano segni compatibili, ma lei aveva introdotto<br />

l'argomento dicendo di sì. Be', una era fatta. Forse avevano dell'altro<br />

in comune. Forse non aveva importanza.<br />

«Come pensi che sia la morte?», aveva chiesto Donata.<br />

«Non lo so. Non ci ho pensato molto. Diciamo che preferisco<br />

provare e vedere».<br />

«Io penso che sia come entrare in una stanza liquida, in cui ti<br />

mescoli con l'arredamento, fino a diventare parte del tutto».<br />

«Io credo sia più come passare attraverso qualcosa d'invisibile e<br />

uscire dall'altra parte, in qualche altro luogo», disse lui.<br />

«Forse», gli concesse lei. «Penso sia un posto nel quale finisci col<br />

restare, e che non è poi tanto male. Almeno sei al sicuro».<br />

A Michel venne improvvisamente in mente che lei non si sentiva<br />

al sicuro. «Al sicuro da cosa?», chiese, sperando che l'essere tanto<br />

diretto non la spaventasse.<br />

«Be', nessuno può farti del male là».


«Intendi fisicamente?»<br />

«No, mi riferisco alle emozioni, piuttosto. Nessuno può amarti e<br />

poi dirti che non ti ama più».<br />

Michel fece una pausa. «Qualcuno ti ha fatto questo?».<br />

Lei si scostò leggermente e prese il foglietto del servizio in camera.<br />

«Vuoi prendere qualcosa da mangiare?»<br />

«Uhm, magari più tardi. Ma tu puoi prenderlo subito, se vuoi<br />

qualcosa».<br />

«Aspetterò». Rimise il foglietto sul comodino.<br />

All'improvviso, da seduta si mise in posizione orizzontale. La<br />

rapidità di quello spostamento lo fece trasalire. Adesso si sentiva<br />

davvero in imbarazzo. C'era quella ragazza così splendida distesa al<br />

suo fianco su di un letto, e lui era seduto, quasi la sovrastasse, e non<br />

sapeva se doveva stendersi anche lui: forse si sarebbe spaventata, o<br />

forse gli avrebbe riso in faccia dicendogli che era uno stupido per<br />

aver solo pensato che potesse essere interessata, o magari si sarebbe<br />

semplicemente alzata per andarsene via disgustata...<br />

Be', tutte quelle preoccupazioni erano una perdita di tempo.<br />

Decise di stendersi ma non completamente, così si sostenne la testa<br />

con la mano, col gomito sprofondato nel cuscino, una gamba<br />

piegata all'altezza del ginocchio, in modo da non far sembrare che<br />

fosse proprio disteso di fianco a lei, anche se lo era. Donata voltò la<br />

testa e lo fissò con quei grandi occhi scuri allungati. Così scuri che<br />

all'inizio non riuscì a intravedervi nessuna luce, dato che lei dava le<br />

spalle alla finestra e i ritagli di luce provenienti da sotto la spessa<br />

tenda non la sfioravano. Le sue labbra erano belle, così lunghe e<br />

piene. Voleva davvero baciarla, ed erano solo a mezzo metro, ma<br />

non riusciva a capire se lei lo voleva.<br />

Dio, detestava quella situazione! Come facevano le persone a<br />

mettersi insieme? Lei chiaramente lo trovava attraente: questo<br />

riusciva a leggerglielo negli occhi. Ma tutti i mortali trovavano quelli<br />

della sua razza attraenti, quindi poteva trattarsi anche solo di quello.<br />

Poteva non essere interessata a lui, ma soltanto alla sua parte<br />

immortale. E da quello che aveva detto, aveva quasi dormito con<br />

Karl! Wow, ecco una cosa strana. Ma allora lei non sapeva che Karl


aveva più di centocinquanta anni.<br />

Forse non era importante che lei conoscesse Karl e che avesse<br />

desiderato dormire con lui. Forse loro avrebbero potuto prima<br />

conoscersi. Già, questo aveva senso. Potevano trascorrere un po' di<br />

tempo insieme, magari andare a qualche concerto, e...<br />

Donata si protese, attirò la testa di Michel verso la propria e lo<br />

baciò sulle labbra. Lui per un istante rimase sbalordito, ma solo per<br />

un istante.<br />

Gli occhi di lei erano chiusi, ma li aprì, solo a un palmo di<br />

distanza dai suoi. Le mani di lui trovarono il suo corpo, come le sue<br />

labbra, e nulla di tutto quello che aveva pensato ebbe più<br />

importanza. Nulla. Non più.


CAPITOLO 19<br />

Gli occhi di Karl si aprirono di scatto nell'oscurità. L'odore di<br />

candeggina gli investì le narici, insieme a quello di escrezioni umane,<br />

entrambi in quantità non eccessiva ma sufficiente per infastidirlo.<br />

Sapeva con precisione dove si trovava, e che ora era. Il sole era<br />

calato soltanto un attimo prima dietro l'orizzonte - lo sentì in ogni<br />

cellula, a livello molecolare, come se il liquido dentro di lui fosse<br />

stato sotto pressione e quella pressione fosse finalmente cessata.<br />

Si tirò su dalla vasca, aprì la porta e avvertì immediatamente<br />

un'energia particolare mentre entrava nella camera dell'albergo.<br />

Donata e Michel sedevano insieme sul letto, tra di loro c'era un<br />

vassoio per il servizio in camera cosparso di quello che restava delle<br />

patatine fritte, dei crauti e delle salsicce, oltre a delle lattine di Coca-<br />

Cola. Il lettore CD portatile stava riproducendo ad alto volume<br />

Masochistic Keligion, qualcosa riguardo "l'assenzio e il desiderio di<br />

morte". Erano completamente vestiti, ma avrebbero anche potuto<br />

essere nudi.<br />

Entrambi alzarono lo sguardo quando entrò nella stanza. I loro<br />

occhi brillarono. Donata sembrava imbarazzata. Michel si fece subito<br />

rosso e s'impegnò a pulire la sporcizia dal vassoio. Entrambi<br />

sembravano più felici di come non li avesse mai visti. Non si curò di<br />

fare il discorsetto: ovviamente avevano fatto l'amore o ci erano<br />

andati maledettamente vicino. Il profumo di secrezioni si diffondeva<br />

nell'aria e non sfuggiva al suo vigile nervo olfattivo.<br />

Stranamente, la cosa toccò Karl in due modi. Si sentì leggermente<br />

infastidito. Ma quando considerò quella sensazione, si rese conto che<br />

era soltanto un pretesto per coprire la tristezza schiacciante dell'aver<br />

perduto Gerlinde. Non sapeva se sarebbe mai più stato insieme a lei,<br />

se l'avrebbe mai più presa tra le braccia, assaporato la sua carne,<br />

sentito che si avvicinava e si apriva a lui.<br />

«Qualcosa non va?», chiese Michel. «Sembri arrabbiato».<br />

«Non è nulla», disse al ragazzo. «Nulla che abbia a che vedere con<br />

voi due. Sentite, io devo uscire per andarmi a nutrire...».


«Prendi da me quello di cui hai bisogno», disse Donata,<br />

abbassando il suo alto colletto merlettato in modo da esporre la<br />

vena giugulare. «Non c'è problema».<br />

Poteva trattarsi di una tattica, in modo che lui si legasse a lei e<br />

accettasse di trasformarla, ma in un certo senso e dal modo in cui lo<br />

disse capì che non era quello che intendeva. Era più come una<br />

persona con un piatto di cibo desiderosa di condividerlo per<br />

generosità, non per qualche altro scopo.<br />

Michel, nel modo possessivo e immediatamente soddisfatto dei<br />

giovani, disse: «Fai pure. Voglio dire, non significa comunque nulla, e<br />

dobbiamo pur iniziare». Prese la mano di Donata, tanto per renderlo<br />

chiaro.<br />

La scena che aveva davanti gli fece venir voglia di ridere. «Credo<br />

che farò un rapido giretto per le strade», disse. «Ho comunque<br />

bisogno d'aria. Non ci metterò molto».<br />

Quel giorno aveva piovuto e, benché avesse smesso, le strade in<br />

pietra grigia erano bagnate e il cielo si mostrava minaccioso. Trovò<br />

un piccolo parco vicino all'hotel e si sedette alcuni minuti su una<br />

panchina di ferro battuto coperta di gocce di pioggia. Ovviamente<br />

nel parco non c'era nessun altro. Poche persone per strada. Quelli<br />

che si affrettavano, sperando di arrivare a casa o dovunque stessero<br />

andando prima del prossimo scroscio di pioggia.<br />

Gerlinde era ancora in città. Non aveva bisogno di tracciarla per<br />

saperlo. Le sue vibrazioni erano dappertutto, ma non vicino, questo<br />

era chiaro. Dovunque fossero nascosti lei e Antoine, non era nel<br />

centro di Hannover. Sempre che Antoine fosse ancora con lei. Karl<br />

sapeva di non poter supporre alcunché riguardo Antoine.<br />

Vide un venditore ambulante con un carretto. "Come sono<br />

cambiate poco le cose in centocinquant'anni", pensò. Ai suoi tempi la<br />

vecchia piazza era stata la zona dei negozi. Gran parte delle piazze<br />

tradizionali in Europa erano state utilizzate per quello scopo, perché<br />

centinaia di anni prima quelle città non erano neppure lontanamente<br />

grandi come al giorno d'oggi. C'era la chiesa, il municipio, alcuni<br />

negozi, e i venditori con i carretti che avevano di tutto, da] cibo ai<br />

vestiti, ai paraocchi per i cavalli... adesso occhiali da sole in un<br />

assortimento pressoché infinito di forme e colori.


Il venditore smise di spingere il carretto e lo sistemò all'ingresso di<br />

uno stretto vicolo. Vi si addentrò di alcuni passi per urinare. "Non<br />

potrebbe andare meglio", pensò Karl. Non era cibo perfetto, ma era<br />

già servito.<br />

Giunse alle spalle dell'uomo il quale, sorpreso, si voltò e crollò<br />

per la pressione esercitata alla gola. Karl lo morse rapidamente,<br />

servendosi di quel corpo inerte per impedire la visuale dalla strada.<br />

Lasciò l'uomo sopra una griglia per lo scolo delle acque. Sarebbe<br />

rimasto incosciente per un'ora o due. Con un po' di fortuna, il suo<br />

carretto di mercanzie sarebbe rimasto là.<br />

Karl lo scavalcò mentre si affacciava sulla strada. Il carretto era<br />

chiuso ma l'insegna diceva che vendeva orologi. A giudicare dagli<br />

adesivi, versioni economiche degli orologi di marca. Karl aprì il<br />

coperchio del carretto. Il Rolex che aveva al polso aveva lo stesso<br />

aspetto di quello nel compartimento, il che confermava soltanto che<br />

non poteva essere dato valore al tempo. Scambiò il suo modello<br />

unico con quello a buon mercato. Qualcuno, da qualche parte,<br />

presto avrebbe comprato un orologio molto costoso a un prezzo<br />

davvero irrisorio.<br />

Tornò in fretta all'hotel. Mentre giungeva alla porta, vide il<br />

carrello con le vivande nel corridoio in attesa di essere portato via.<br />

Donata era nella stanza da bagno, Michel al tavolo con penna e<br />

foglio, intento a fare una lista, a quanto sembrava. Alzò lo sguardo.<br />

«Ritengo che possiamo entrambi tracciare Gerlinde, ottenere le<br />

coordinate precise. Poi potresti prendere il mio sangue: abbiamo già<br />

comprato gli strumenti che ti servono per fare il prelievo. Appena<br />

prima di venir dissanguato, potrò bere da Donata e trasformarla. Tu<br />

potrai uscire di giorno. Antoine non sarà in grado di tracciarti<br />

allora».<br />

Karl si mise a sedere e fissò il ragazzo. «Michel, mi sono spremuto<br />

il cervello cercando di trovare un'altra via, ma non riesco a vederla.<br />

L'unico modo che sembra essere possibile per combatterlo è<br />

avvicinarlo come mortale, durante il giorno. L'unico modo che vedo<br />

per diventare mortale è grazie a te. Ma non posso correre il rischio<br />

di quello che potrebbe accaderti».<br />

«È già deciso Karl. Voglio dire, non posso tornare indietro adesso.


Devo farlo. Non solo per te. Devo sapere com'è morire e tornare<br />

indietro. Non posso essere l'unico fatto in questo modo. È troppo<br />

triste».<br />

Karl non aveva mai considerato la vita dal punto di vista di<br />

Michel, ma adesso riusciva a vedere bene com'era per il ragazzo.<br />

Sentirsi sempre una cosa a parte tanto rispetto ai mortali quanto agli<br />

immortali. Era troppo differente. Troppo solo.<br />

«E anche quello che ho detto prima è vero. Antoine vuole il mio<br />

sangue. E io lo odio. Per quello che ha fatto a Chloe, a Kaellie, e agli<br />

altri. Per aver preso Gerlinde. Per il modo in cui ha trasformato<br />

voialtri. Per il semplice fatto di essere malvagio. L'hai detto tu stesso,<br />

e così anche gli altri. Di certo non voglio che prenda il mio sangue, e<br />

lui lo farà. Non c'è modo che voi possiate proteggermi<br />

ventiquattr'ore al giorno, e lui non si rassegnerà mai; noi tutti ne<br />

siamo consapevoli. Se devo morire e non tornare più, preferisco<br />

donare il mio sangue in modo che tu possa uccidere quel bastardo.<br />

Almeno ne sarà valsa la pena».<br />

Karl non trovò le parole per replicare. Tutto quello che diceva<br />

Michel aveva senso. E lasciò Karl un po' sorpreso. Alla fine disse:<br />

«Una cosa però. Devi telefonare ai tuoi genitori. Non posso garantire<br />

l'esito di quello che ci accingiamo a fare. Nessuno può. Non per te,<br />

non per me, non per Gerlinde. Mi sento già abbastanza colpevole<br />

del fatto che tu sia qui, ma non farglielo sapere è crudeltà».<br />

«Sì, anche io ci avevo pensato. Ho già telefonato. Ho lasciato un<br />

messaggio in segreteria: sai come si fa a farlo senza che il telefono<br />

squilli? Però non ho lasciato il numero. Rintracceranno la chiamata<br />

fino a questo posto, telefoneranno all'hotel per sincerarsene e poi<br />

verranno. Ma per quando giungeranno qui, saranno passate due<br />

notti da adesso e le cose saranno differenti».<br />

"Un eufemismo", pensò Karl. Solo che non sapeva esattamente<br />

come le cose sarebbero state differenti. E, giunti a quel punto, non<br />

poteva davvero permettersi il lusso di fare delle congetture. C'erano<br />

troppi punti pericolosi, non ultimo il fatto che se Antoine l'avesse<br />

ucciso avrebbe preso il suo sangue. E sarebbe stato probabilmente in<br />

grado di tracciare Michel. Sempre che Michel fosse sopravvissuto.<br />

Diamine, se Antoine avesse preso il suo sangue, avrebbe avuto il


sangue di Michel.<br />

Per fortuna Michel gli porse la pompa per il sangue e<br />

l'equipaggiamento necessario alla trasfusione, che Karl approntò<br />

senza indugio in modo da concentrarsi su qualcosa che non fossero<br />

le previsioni più nefande.<br />

«Questa procedura richiederà alcune ore», disse Karl mentre<br />

sistemava il tutto. «Ci sono circa cinque litri di sangue dentro di te.<br />

Possiamo prenderlo in mezz'ora, ma sospetto che per la tua parte<br />

umana sarebbe uno shock. Dunque lo faremo nel modo più sicuro<br />

possibile. Io trasferirò il tuo sangue nelle mie vene. Credo che per<br />

ottenere il massimo risultato dovrei essere il più svuotato possibile,<br />

ma non credo sia una cosa buona che tu beva da me. Il tuo sangue<br />

sarà più puro se non viene mischiato al mio. Inizieremo dopo aver<br />

fatto la tracciatura».<br />

Donata era tornata nella stanza. Sedeva in un angolo, con indosso<br />

non solo la croce che portava di solito al collo, ma anche una pietra<br />

che sembrava un quarzo rosa. Lo confermò quando Karl le chiese<br />

qualcosa in proposito, aggiungendo: «Ha a che vedere con l'amore.<br />

Me l'ha dato Michel».<br />

Karl non disse nulla. Non erano affari suoi. A dire il vero, meno<br />

sapeva della loro relazione, meglio era. E meno si sarebbe sentito<br />

colpevole, dato che non vi era assolutamente nessuna garanzia<br />

riguardo il fatto che Michel potesse trasformare Donata. Nessuna.<br />

Non lo disse a Michel, e si sentì in colpa per questo. Ma sapeva di<br />

non poterla trasformare lui stesso: non si sentiva realmente<br />

motivato, e la trasformazione richiedeva forte coinvolgimento<br />

emotivo. Se non amore, allora odio. Comunque qualcosa che<br />

potesse costringere uno della loro razza a consentire che il proprio<br />

sangue venisse travasato da un altro essere.<br />

Michel poteva sottoporsi a quel processo solo volontariamente, o<br />

donare il suo sangue, poiché, adesso Karl se ne rendeva conto, il<br />

ragazzo provava un forte desiderio di sperimentare la morte nello<br />

stesso modo in cui i suoi genitori e tutti quelli che conosceva e che<br />

vivevano di notte avevano fatto. E perché odiava Antoine.<br />

Lui e Michel si sedettero con una mappa dettagliata della città e<br />

dell'area circostante e si mossero verso il centro, avvicinandosi alla


Gerlinde che tenevano sempre dentro di sé. Quando tornarono<br />

entrambi nella stanza, confrontarono i loro appunti. La capacità di<br />

tracciare di Michel sembrava più spiccata di tutti gli altri della loro<br />

razza. Poteva essere a causa della sua giovane età, o perché era<br />

puro, incontaminato dal passaggio in forma liquida di tanti mortali<br />

nel suo sistema. Forse perché doveva ancora cacciare un mortale per<br />

prendere direttamente il suo sangue. O forse era solo il fatto che lui<br />

era speciale: solo quello bastava a giustificare molte differenze. Karl<br />

si chiese come sarebbe stato Michel dopo tutto quel trattamento, e<br />

se avrebbe gradito o meno il cambiamento. E gli passò per la mente<br />

più di una volta l'idea che Michel avrebbe potuto persino non<br />

sopravvivere, ma non poteva permettersi di pensare a questo.<br />

Gerlinde sembrava essere alla periferia di Hannover. Era la<br />

direzione in cui Karl aveva avvertito ciò che restava della sua energia<br />

quando si era seduto vicino al fiume, dopo che lei e Antoine se<br />

n'erano andati così in fretta. Michel era addirittura in grado di<br />

restringere il campo a una strada ben precisa, e Karl si meravigliò<br />

della precisione delle sue abilità. Attraverso gli occhi di lei, Michel<br />

era in grado di vedere quello che vedeva Karl e anche di più:<br />

Gerlinde era nell'oscurità, sotto terra, probabilmente in uno<br />

scantinato. Quello che nessuno dei due disse all'altro e che fu<br />

dolorosamente evidente a Karl era il fatto che non fosse sola. Era<br />

impegnata in una qualche attività che l'assorbiva emotivamente e<br />

che rendeva manifeste queste emozioni. Karl immaginò che stesse<br />

facendo del sesso con Antoine. Guardò Michel con occhi nuovi,<br />

grato del fatto che il ragazzo non ne avesse parlato.<br />

Dopo averla tracciata, Michel spiegò a Donata cosa avrebbero<br />

fatto.<br />

«Ma perché prima non mi trasformi?», gli chiese.<br />

«Il suo sangue deve essere il più puro possibile», disse Karl. «A<br />

questo punto non possiamo rischiare che venga contaminato da<br />

alcunché, specialmente dal virus dell'HIV. Il suo sangue puro<br />

speriamo sia in grado di rendermi nuovamente mortale. Se vengo<br />

infettato dal virus a uno stadio avanzato questo interferirà con le<br />

mie capacità di occuparmi di Antoine. Sarò più debole di quanto<br />

non mi serva».


«Be', potresti trasformarmi prima tu», disse lei a Karl. «Hai detto<br />

che il tuo corpo espellerà in fretta la parte malata del sangue».<br />

«In fretta sì, ma non all'istante. Serviranno ore. E noi non<br />

abbiamo ore a disposizione perché questo accada e altre ore per<br />

effettuare la trasfusione. Dovrai attendere fino a quando non<br />

avremo fatto la trasfusione». Non voleva dirle altro. Non stava a lui.<br />

«Be', correrò i miei rischi», disse lei sorridendo a Michel. Ma Karl<br />

riusciva a capire quello che stava pensando: non c'era nulla che non<br />

andava nei suoi poteri ESP. Sapeva che la sua trasformazione non<br />

sarebbe stata né facile né probabile.<br />

Lui e Michel si stesero, il ragazzo sul letto doppio, Karl sul<br />

pavimento di fianco a lui, ciascuno con un ago infilato nella vena<br />

all'interno del gomito. Una piccola pompa per il sangue lo estraeva<br />

ritmicamente da Michel, come un metronomo regolato sul suo<br />

battito cardiaco. Un anticoagulante lo manteneva in forma liquida<br />

facendolo scendere giù lungo il tubo di alimentazione verso un<br />

morsetto triangolare che si apriva e chiudeva a ritmo stabile. Poi il<br />

sangue procedeva oltre lungo il tubo, in basso, ed entrava<br />

direttamente nella vena di Karl.<br />

Riusciva a sentire il ragazzo che penetrava dentro di lui. Lo<br />

sentiva muoversi nelle sue vene ed espandersi, sentiva il sangue fluire<br />

verso il suo cuore, lavargli il cuore, poi nelle arterie, riempire i<br />

piccoli capillari, muoversi nel suo corpo, pompando come nessun<br />

sangue mortale poteva fare. Michel era puro. La sua essenza<br />

semplice, naturale.<br />

Karl sentì anche il suo sangue abbandonarlo attraverso un altro<br />

tubo inserito in una vena all'interno dell'altro gomito, la vena era<br />

tenuta aperta con dei piccoli morsetti chirurgici. Il sangue di Michel<br />

rimpiazzava il suo, ma c'era un fastidioso vuoto nei punti dove non<br />

c'era sangue. Questo gli causava dolore, una sorta di perdita fisica.<br />

Pensò di essere in grado di avvertire i cambiamenti nel suo corpo<br />

a livello cellulare. Avveniva nello stesso modo in cui aveva sentito<br />

alcuni mortali parlare del sole, e di come la deplezione di ozono<br />

facesse loro sentire i raggi che penetravano al di sotto dello strato<br />

superficiale dell'epidermide fin nella pelle, per attraversare anche<br />

questa fino al muscolo. Sentì qualcosa di simile. Era come se le cellule


del suo corpo stessero... cambiando forma... quello era l'unico modo<br />

in cui poteva descriverlo. Il sangue di Michel, che Karl aveva<br />

esaminato diverse volte al microscopio, aveva in sé molte cellule<br />

umane, poche cellule animali e nessuna cellula vegetale, il che lo<br />

rendeva diverso dal resto della loro razza. La mancanza di ben<br />

marcate cellule vegetali piene di clorofilla da sola era la prova del<br />

forte legame di Michel con la mortalità, che gli precludeva gran<br />

parte della capacità di rigenerazione.<br />

I globuli del sangue di Michel e il plasma saturavano il corpo di<br />

Karl, e lui si sentì investito da un cambiamento che lo sfinì in un<br />

modo che non provava da quasi duecento anni. Come qualsiasi<br />

mortale al quale venisse asportato il sangue e fosse sottoposto<br />

all'infusione del sangue di un altro. In aggiunta, gli venne in mente<br />

che il suo precedente gruppo sanguigno poteva non essere<br />

compatibile con quello di Michel. Sapeva di essere stato 0 positivo, il<br />

tipo più comune, ma non aveva mai pensato di controllare il tipo di<br />

sangue di Michel. Se si trattava di una cosa importante, adesso era<br />

troppo tardi.<br />

Donata lesse ad alta voce a Michel una storia intitolata Endorfine<br />

da un libro di racconti sui vampiri. Stavano ascoltando dal suo<br />

lettore CD portatile una goth band tedesca, gli Umbra et Imago. Lei<br />

sedeva di fianco a Michel, e parlavano mentre la ragazza gli teneva<br />

la mano.<br />

Karl si era distanziato di proposito. La procedura era dolorosa per<br />

lui. Anche se stava ricevendo nuovo sangue, la sensazione del suo<br />

che veniva estratto era qualcosa che non poteva ignorare parlando o<br />

ascoltando la musica.<br />

Ed era chiaro che Michel si stava spegnendo. Col passare delle ore<br />

la sua voce si era fatta da vivace a piatta, sempre più debole. Di<br />

tanto in tanto Karl gli aveva chiesto: «Vuoi continuare?».<br />

Michel, lodevole da parte sua, aveva sempre risposto:<br />

«Naturalmente».<br />

Alla fine, intorno alle quattro del mattino, il trasferimento fu<br />

completo. Karl non sapeva se era diventato mortale, ma sapeva che<br />

il suo corpo era differente.


Donata si era addormentata sulla sedia che aveva sistemato di<br />

fianco al letto. La mano di Michel era scivolata dalla sua e penzolava<br />

molle dal bordo del letto. Karl tolse gli aghi per l'endovenosa dal<br />

suo braccio e dalla sagoma inerte di Michel.<br />

Il ragazzo sembrava morto. Nessuna parte del suo corpo si<br />

muoveva, le palpebre non tremolavano, non un dito si contraeva.<br />

Donata aprì gli occhi. Guardò Michel e il suo volto manifestò la<br />

sua preoccupazione. «Sta... sta bene?». Sembrava tesa.<br />

Karl non lo sapeva. Sollevò una palpebra di Michel. La pupilla era<br />

dilatata. Si mise ad ascoltare e non riuscì a sentire il battito del cuore.<br />

La carne era fredda, non particolarmente reattiva e aveva un<br />

colorito bluastro. Karl fu colto dal panico. Che cosa aveva fatto!<br />

Aveva ucciso quel ragazzo, come avevano fatto molti della sua razza<br />

nel corso dei secoli, prosciugando un mortale del sangue, lasciando lì<br />

soltanto il corno, una carcassa vuota! Ma Michel non era mortale,<br />

era un essere unico. Che avrebbe potuto essere la salvezza della loro<br />

razza.<br />

«Io... devo andare», disse Karl, terrorizzato dall'indugiare su<br />

quell'idea. Sapendo che se l'avesse fatto, sarebbe rimasto là nel<br />

tentativo di resuscitare Michel e sprecando preziose ore del giorno. E<br />

in quel momento non c'era nulla che potesse fare per Michel. Se era<br />

ancora vivo, sarebbe rivissuto più tardi. Se era morto, Karl non<br />

poteva riportarlo in vita come il Dr. Frankenstein avrebbe resuscitato<br />

un cadavere.<br />

«Devo raggiungere la zona dove li abbiamo tracciati, in modo da<br />

poter essere là appena dopo il sorgere del sole. Non so ancora se<br />

sarò in grado di tollerare la luce del giorno, ma non avrò molto<br />

tempo per trovarli e dunque una volta entrato nel posto dove si<br />

trovano dovrò agire in fretta».<br />

Balbettava evitando l'argomento, proprio come un mortale! E<br />

quello che non disse fu che non aveva idea se Antoine potesse<br />

tollerare la luce del giorno. Presumibilmente poteva farlo, al chiuso.<br />

Julien poteva. Anche soltanto quello poteva rappresentare un grosso<br />

problema.<br />

«E Michel?».


Lei chiese quello che Karl stava al momento cercando di<br />

dimenticare. Non sapeva di Michel. Forse, una volta finito tutto,<br />

avrebbe potuto riflettere sulla condizione di Michel, qualunque essa<br />

fosse. Non adesso. Il fine poteva giustificare i mezzi, oppure no. Ma<br />

adesso non poteva fare nulla! E si stava facendo tardi.<br />

«Stai con lui», disse a Donata, perché sapeva che lei doveva fare<br />

qualcosa. «Probabilmente non si sveglierà durante il giorno. È troppo<br />

svuotato. Mantieni la stanza più buia che puoi. Parlagli. Toccalo. Ma<br />

prima che sorga il sole, di tanto in tanto, bagnagli le labbra con un<br />

po' di sangue». Non ebbe bisogno di dirlo apertamente: il sangue<br />

sarebbe stato quello nelle sue vene. E se Michel fosse rivissuto, Karl<br />

sapeva che c'erano ottime possibilità che la aggredisse. Ma non<br />

avrebbe potuto occuparsi anche di quello. Proprio no.<br />

Se ne andò che il cielo era ancora scuro. Mentre cominciava ad<br />

albeggiare, mentre usciva dalla città diretto verso la periferia, si rese<br />

perfettamente conto di non sentire la pressione che avvertiva<br />

normalmente man mano che sorgeva il sole e svaniva l'oscurità.<br />

Stranamente, qualcosa dentro di lui accolse di buon grado il sole.<br />

Non era abituato a quella sensazione.<br />

Per quando raggiunse la strada dove lui e Michel avevano<br />

tracciato Gerlinde, il sole era pronto a varcare l'orizzonte. Si trattava<br />

di una zona fortemente industrializzata, enormi edifici di metallo e<br />

capannoni con i loghi delle compagnie per ogni genere di attività,<br />

nonché ciminiere fumanti che vomitavano nell'aria quantità più o<br />

meno grandi di miasmi contaminati. Una delle fabbriche era una<br />

compagnia che produceva ventiquattr'ore al giorno: vide degli<br />

operai seduti su cornicioni che mangiavano sandwich con salsiccia e<br />

bevevano caffè dai thermos.<br />

Karl si fermò in mezzo alla Eisenbergerstrasse, tra gli edifici. La<br />

strada correva da est a ovest e lui era rivolto verso est. Se doveva<br />

incenerirsi ormai se ne sarebbe accorto. Poteva non funzionare. Ma<br />

si sentiva diverso.<br />

E poi il sole, il sole glorioso, il primo che vedesse dal 1845, sorse<br />

come una maestà regale, brillante nella sua solennità rosso dorata.<br />

Quella palla di fuoco, che s'innalzava sempre di più man mano che<br />

la terra girava per consentire il suo sorgere, era una divinità. Riusciva


ad apprezzare il modo in cui l'avevano vista gli antichi, avevano<br />

ragione. Il sole era la fonte della vita.<br />

Karl fissò quell'immagine e ben presto si rese conto che il suo<br />

volto era umido per le lacrime. Nessuna meraviglia che molti della<br />

sua razza agognassero nuovamente l'essere mortali! Nessuna<br />

meraviglia per il fatto che Antoine li avrebbe uccisi tutti per questo.<br />

Come facevano a sopravvivere soltanto la notte? Solo una mezza<br />

vita. Distorta. Frammentata. E là, davanti a lui, il simbolo dell'altra<br />

metà. Il versante della luce. La parte del giorno, la parte della vita<br />

che sosteneva la crescita e l'espansione.<br />

La pelle prese a formicolare, ma non in modo pericoloso. La luce<br />

del sole si diffondeva su di lui nutrendolo, riscaldandolo,<br />

incoraggiandolo, e tutto ciò che vi era di mortale in lui rispose a<br />

braccia aperte a quell'irraggiamento che era il fondamento<br />

dell'esistenza per le forme di vita su quel pianeta.<br />

Ma sapeva che il tempo era un fattore cruciale. Poteva restare là<br />

tutto il giorno, e avrebbe voluto, ma non doveva. Controllò<br />

l'orologio, che in precedenza guardava di fronte ai mortali come un<br />

trucco, dato che poteva sapere l'ora per istinto. Però quel giorno<br />

ebbe bisogno di leggere i numeri. Erano le sei del mattino. Gerlinde<br />

era là, da qualche parte, in una di quella dozzina di fabbriche lungo<br />

la strada. Sotto terra, si ricordò. Poi ricordò Michel e fu preso da un<br />

singulto che gli causò un debole spasmo al petto.<br />

Pressappoco dove si trovava il cuore. Il ragazzo avrebbe dato la<br />

sua vita per questo. Per salvare Gerlinde. Per uccidere Antoine. Karl<br />

sapeva che era la parte mortale di Michel a incoraggiare un simile<br />

sacrificio, non la fase della morte nella sua anima immortale.<br />

Ancora una volta si sentì toccato nella parte più profonda del<br />

proprio essere. "Sono davvero capaci questi mortali, noi mortali", si<br />

corresse. "Capaci di principi morali. Di amore. Di gesta eroiche".


CAPITOLO 20<br />

L'Eisenbergerstrasse era una normale stradina fatta di una dozzina<br />

di edifici industriali, sei su un lato della strada e sei sull'altro.<br />

Ordinaria. Tedesca.<br />

Karl non aveva i suoi sensi straordinari a guidarlo. Adesso era<br />

mortale, con cinque semplici sensi, nessuno dei quali in grado di<br />

dirgli quale edificio nascondesse Gerlinde e Antoine, così sperava,<br />

dalla luce del sole. Se possedeva un sesto senso, non era in funzione.<br />

Avrebbe dovuto setacciare ogni edificio, in particolare i livelli<br />

interrati. Quei due potevano essere dovunque, finché si trattava di<br />

un posto sicuro e buio grande abbastanza per un corpo o due.<br />

Non c'era altro da fare che cominciare dall'inizio. L'edificio alla<br />

sua sinistra era una fabbrica, con due piani sopra il suolo e, quando<br />

fu entrato, vide un profondo interrato con altri macchinari.<br />

Sembrava una fabbrica tessile, e si meravigliò di come venisse<br />

eseguita la tessitura, in un modo così diverso da come accadeva ai<br />

suoi tempi, quando le donne preparavano la lana a mano e poi la<br />

facevano girare sui rotoli con un pedale. Ovviamente si trattava<br />

anche di materiale sintetico, più adatto al funzionamento di quei<br />

macchinari.<br />

Gli enormi macchinari per la tessitura erano fermi. A quanto<br />

pareva il moderno processo di tessitura non era un lavoro che si<br />

svolgeva ventiquattr'ore al giorno. Non faceva differenza. Avrebbe<br />

avuto bisogno di tutta la fortuna possibile.<br />

Trovò una tuta con il logo della compagnia sul petto e la indossò.<br />

Sarebbe servito del tempo per ispezionare tutto lo stabilimento<br />

tessile. Il piano interrato conteneva diversi magazzini e stanzini.<br />

Sarebbe stato decisamente utile avere capacità sensoriali<br />

sovrannaturali: l'olfatto in particolar modo sarebbe stato utile. Ma se<br />

avesse posseduto ancora quel senso dell'olfatto, adesso non se ne<br />

sarebbe andato in giro di giorno.<br />

Gli operai cominciarono a entrare nell'edificio intorno alle 8:00 e<br />

Karl


cercò di mescolarsi a loro. Ciononostante, la gente si fermava a<br />

parlare con lui e Karl disse che era nuovo di quel lavoro, che un<br />

supervisore gli aveva detto di dare un'occhiata alla planimetria<br />

dell'edificio e di vedere le cose più rilevanti. Tutti quanti indicarono i<br />

punti importanti, la sala mensa, i gabinetti, l'orologio - e lo<br />

indirizzarono indietro verso l'ufficio, dove lui promise di andare.<br />

La sua nuova consapevolezza delle cose lo sorprese: non vedeva<br />

questi mortali nello stesso modo in cui li aveva visti prima della<br />

notte precedente. Non si trattava più di vibranti fonti di cibo. E nei<br />

loro occhi riusciva a capire come lo vedevano, ed era abbastanza<br />

diverso. Era un giovane, nuovo per loro. Erano socievoli e sospettosi<br />

allo stesso tempo. Nessuno sembrava trovarlo eccessivamente<br />

attraente. Né avevano paura di lui. Era soltanto un altro estraneo<br />

che poteva diventare o meno un amico.<br />

Si tolse la tuta, lasciò l'edificio e si diresse dall'altra parte della<br />

strada verso una struttura a un solo piano, piccola rispetto alle altre,<br />

un complesso di uffici piuttosto che una fabbrica. Non sembrava<br />

essere ancora in attività, benché Karl fosse pronto a imbattersi nei<br />

lavoratori mattinieri.<br />

Appena oltrepassata la porta, trovò un piccolo banco per la<br />

reception e la segreteria. Subito svoltato un angolo trovò un bagno<br />

che era anche uno spogliatoio. Karl aprì uno degli armadietti. Nulla<br />

di utile. Nulla tranne lo specchio a figura intera nel quale si osservò.<br />

E vide un uomo dall'aspetto abbastanza piacente di non più di<br />

venticinque anni, dai tratti ordinari, di costituzione slanciata in un<br />

normale completo con cravatta. Questo era quello che vedevano i<br />

mortali: un altro mortale. Non solo non possedeva il magnetismo<br />

del suo stato precedente, o i sensi acuti, ma non aveva nemmeno la<br />

straordinaria forza fisica di prima. Aveva semplicemente la normale<br />

forza di uno della sua taglia ed età, forse un po' più debole a causa<br />

della trasfusione e del dissanguamento. Un po' inorridito, Karl si rese<br />

conto di dover fare affidamento unicamente sulla sua intelligenza,<br />

poiché il sovrannaturale al quale si era così abituato e cui si affidava<br />

era scomparso.<br />

Non ebbe problemi a farsi strada per l'edificio, che non era più<br />

grande di cinquanta metri quadrati. Camminò in fretta per il piano


principale che era uno spazio diviso in uffici con bassi divisori. Ogni<br />

postazione aveva una scrivania, una poltrona. un piccolo armadietto<br />

per i documenti, un computer e un telefono. Mentre passava in<br />

queste "stanze", diede automaticamente un'occhiata ai comparti di<br />

posta in entrata e in uscita: fatture, lettere, moduli governativi da<br />

riempire... "Che modo orribile di spendere del tempo prezioso",<br />

pensò.<br />

Alla fine trovò una porta che conduceva in basso verso il piano<br />

interrato.<br />

Sottoterra c'era un unico ampio spazio, con pareti, pavimento e<br />

soffitto di cemento. Dal numero delle scatole, si trattava di un'area<br />

di stoccaggio: dentro c'erano contenitori in plastica per bigliettini,<br />

cartoncini con sopra simboli delle compagnie, e cartoncini vuoti,<br />

rotoli di plastica per la laminazione, tutti del tipo che viene<br />

indossato dalle persone alle convention, oppure tesserini<br />

identificativi utilizzati per l'accesso nelle aree riservate.<br />

Percorse dapprima il perimetro del piano interrato, accertandosi<br />

che non vi fossero armadi e che le uniche porte conducevano ai<br />

gabinetti. Un rapido giro in mezzo a quel labirinto di scatole che<br />

affollavano la stanza gli fece capire che non c'erano veri e propri<br />

nascondigli là, né scatole abbastanza grandi per contenere un corpo,<br />

a meno che non fosse raggomitolato in posizione fetale, e non<br />

riusciva a immaginarsi né Gerlinde né Antoine dormire in quel modo<br />

quando avevano la possibilità di scegliere, e sapeva che Antoine non<br />

si sarebbe mai scomodato.<br />

"Via i primi due", pensò, "ne restano altri dieci".<br />

Mentre si avvicinava a una finestra, controllò l'ora, non avendo la<br />

percezione del tempo. Le nove del mattino. Gli erano servite due<br />

ore per controllare due edifici, e uno di questi era molto piccolo.<br />

Entrambi poi erano relativamente vuoti, almeno quando era<br />

entrato. Dal numero di persone in strada, era chiaro che quelle<br />

fabbriche adesso erano in funzione. Dieci fabbriche in attività a quel<br />

ritmo avrebbero richiesto dieci ore. Non aveva dieci ore prima del<br />

tramonto. Non voleva incontrare Antoine dopo che il sole tosse<br />

tramontato.<br />

Non c'era altro da fare che accelerare la sua ricerca in qualche


modo. Quello che gli mancava di più era la capacità di avvertire la<br />

presenza di un vampiro. Ma c'erano così tanti aspetti negativi<br />

nell'essere mortale di cui si era dimenticato ma che adesso erano<br />

divenuti ovvi.<br />

Karl aveva pensato con attenzione a come vestirsi, e fu lieto di<br />

averlo fatto. Il completo in giacca e cravatta era la migliore difesa.<br />

Impulsivamente, si diresse verso una delle partizioni sul retro di<br />

quell'ufficio lontano dal<br />

davanti: aveva sentito il suono di telefoni che squillavano e<br />

persone che rispondevano e aveva sentito l'odore del caffè appena<br />

fatto.<br />

Rapidamente, sfogliò le carte del ripiano e ne afferrò una. Lo<br />

scanner, la stampante e il computer erano tutti accesi.<br />

Fortunatamente si trovava di fronte a una macchina ben<br />

equipaggiata. Fu abbastanza semplice scannerizzare l'intestazione<br />

governativa e scattare una foto di se stesso usando la piccola<br />

webcam sopra il monitor. Probabilmente vi era già un modulo nel<br />

computer che avrebbe potuto utilizzare per realizzare la tessera, ma<br />

non aveva tempo di cercarlo. Usando un programma di disegno,<br />

creò un facsimile abbastanza veritiero di un tesserino<br />

d'identificazione e vi incollò sopra il logo governativo e la sua foto,<br />

poi lo stampò.<br />

Una macchina per la laminazione nel corridoio rivestì il distintivo<br />

che lo identificava come Karl Sterblich, un ispettore per il distretto di<br />

Hannover. Se l'avesse mostrato abbastanza rapidamente e avesse<br />

assunto il tono autoritario di un pubblico funzionario sarebbe<br />

probabilmente riuscito a farsi strada con l'inganno in tutti gli edifici<br />

rimasti ottenendo aiuto dallo staff. Sperava che i dieci minuti sprecati<br />

là sarebbero serviti a un considerevole risparmio di tempo in<br />

generale.<br />

Abbandonò l'edificio con gli uffici mentre la segretaria era in un<br />

angolo a versarsi del caffè. Adesso all'esterno il sole era forte e<br />

fortunatamente non avvertì effetti nocivi. Però qualcosa borbottava<br />

nel suo stomaco e si chiese che cosa stesse accadendo. Forse stava<br />

avendo una reazione avversa alla trasfusione. Sperò che non<br />

peggiorasse.


Nell'edificio successivo mostrò il suo tesserino e venne fatto<br />

entrare per incontrare un supervisore. Karl disse di dover controllare<br />

i piani interrati per la possibile presenza di bombe. Il supervisore<br />

parve spaventato e Karl sorrise in maniera rassicurante. «È una cosa<br />

confidenziale», disse. «Non c'è minaccia di bombe, ovviamente, ma<br />

lei sa com'è in città e la prevenzione vale la cura», e sì, è un terribile<br />

spreco di risorse e di soldi dei contribuenti, ma non è meglio<br />

prevenire che curare? E così via, alla tedesca, una conversazione<br />

circolare piena di frasi fatte che dicevano poco, ma assolutamente<br />

necessaria prima di fare qualsiasi mossa. Fu una cosa a infastidire<br />

Karl, tutto il tempo che ci volle. Prima, avrebbe semplicemente<br />

guardato negli occhi di quell'uomo e sarebbe stata fatta.<br />

Il supervisore, un uomo al quale le parole uscivano lentamente,<br />

cominciando a capire alla fine disse: «Vorsicht ist besser als<br />

nachsicht», ripetendo il cliché come se l'avesse inventato lui.<br />

Condusse Karl in uno spazio enorme, grande quasi mezzo isolato,<br />

pieno di macchinari sferraglianti e popolato di uomini e donne in<br />

tuta tutti a lavoro.<br />

«Devo ispezionare ogni area che possa contenere un corpo», disse<br />

ufficiosamente Karl, stringendosi nelle spalle con aria rassegnata.<br />

Il supervisore scosse la testa con fare comprensivo rispetto alla<br />

sventura di Karl ma disse: «Ja, natürlich», e lo condusse agli<br />

armadietti e a una coppia di grosse casse di stoccaggio, in una stanza<br />

dove c'era un generatore e in un'altra più piccola dove si teneva il<br />

quadro elettrico.<br />

Karl ringraziò l'uomo, rifiutò l'offerta di un caffè e si fece strada<br />

verso l'edificio successivo. Il suo stomaco continuava a tormentarlo.<br />

Per ignorarlo, controllò l'ora mentre andava: erano passati<br />

quarantacinque minuti. Non era stato molto più rapido, ma i minuti<br />

potevano fare la differenza. Se solo avesse avuto qualche sensazione<br />

riguardo Antoine e Gerlinde! Ma non ne ebbe.<br />

Il tempo passò e ben presto fu pomeriggio, il sole si era spostato a<br />

ponente. Mentre usciva dal nono edificio controllò l'ora per scoprire<br />

che erano quasi le quattro e c'erano ancora tre edifici da controllare.<br />

Si affrettò nel decimo, una fabbrica manifatturiera, con lo<br />

stomaco che lo uccideva. In certi momenti, quasi si era piegato dal


dolore. Perché colpisse allo stomaco non lo sapeva. La fabbrica<br />

manifatturiera era diritta, senza aree nascoste e fu fuori in mezz'ora.<br />

L'edificio numero undici però era l'opposto, con molti armadi e<br />

piccole stanze sotto terra. «Was ist das?», chiese Karl, riguardo una<br />

tavola sul pavimento con una barra di metallo che sembrava un<br />

manico.<br />

L'uomo dai capelli bianchi che pareva aver già passato l'età<br />

pensionabile disse che era un ripostiglio. «Einen untergeschoss».<br />

«Sotto il piano interrato?»<br />

«Ja».<br />

Karl gli fece aprire la porta e, mentre scendevano gli scalini, si<br />

preoccupò del fatto che avrebbe dovuto chiedere a tutti gli altri se<br />

c'erano dei locali sotto i piani interrati. Comunque non aveva visto<br />

nessuna botola sul pavimento munita di manici. Sapeva di doversi<br />

semplicemente fidare che non c'era nulla di cruciale che gli era<br />

sfuggito.<br />

Alla fine dei gradini c'era uno spazio ampio. Perché fosse così<br />

freddo e asciutto non l'avrebbe saputo dire, ma i mattoni<br />

sembravano essere la risposta: le pareti, il pavimento e il soffitto<br />

curvo erano di laterizi. Quell'area divenne un tunnel che proseguiva<br />

per parecchio, ma la potente torcia del supervisore proiettava un<br />

fascio di luce davanti a loro e alla fine Karl vide il tunnel che si<br />

apriva in una stanza. Era quasi simile ai tunnel che aveva attraversato<br />

sotto Parigi, ma di certo gli antichi romani non avevano costruito<br />

fogne qui! Ovviamente si trattava solo di un livello sotto il piano<br />

interrato.<br />

Quel pensiero si sbriciolò bruscamente in polvere quando<br />

raggiunsero l'apertura del tunnel. Con grande orrore di Karl, era<br />

come il corpo di un polipo di mattoni con tentacoli che si<br />

diramavano in ogni direzione. Si volse per guardare il supervisore e<br />

chiese all'uomo dove conducessero tutti quei corridoi.<br />

«Hzer und dori», disse in maniera evasiva l'uomo.<br />

Karl indagò per ottenere ulteriori informazioni e apprese che il "di<br />

qua e di là" giungeva fin sotto gli altri undici edifici sulla strada!<br />

Come aveva potuto essere così negligente? Il suo cervello mortale


non poteva contenere tante possibilità quante il suo cervello<br />

immortale.<br />

«Perché gli altri supervisori non hanno menzionato questi<br />

tunnel?», chiese in tedesco.<br />

«Perché sono tutti vicoli ciechi. Vanno tutti circa venti metri sotto<br />

ogni edificio e sono tutti murati. Guardi qui!». Si diresse verso uno<br />

dei corridoi e fece brillare la luce davanti a sé, e Karl lo seguì. Alla<br />

fine giunsero a un muro di mattoni. «Sono tutti così, il muro è<br />

innalzato a circa venti metri da entrambe le parti».<br />

Quei tunnel erano strani. Karl immaginò che le infrastrutture di<br />

sopra fossero state erette dopo la seconda guerra mondiale. Perché<br />

c'era stato bisogno di tunnel? Sembravano progettati per<br />

sopravvivere agli attacchi.<br />

«Cosa c'era qui prima che venissero costruite queste fabbriche?»,<br />

chiese Karl.<br />

«Ich weiss es nicht».<br />

Ma Karl sentì che quell'anziano abitante o lo sapeva, o aveva dei<br />

sospetti, e di certo Karl aveva i suoi. Quella zona poteva aver<br />

ospitato fabbriche di proiettili, e le armi potevano essere state<br />

riposte sottoterra dai nazisti per impedirne la distruzione se gli edifici<br />

fossero stati bombardati dalle forze alleate.<br />

«Perché solo questo tunnel sotto il vostro edificio non è stato<br />

murato?»<br />

«Non è l'unico. Ce ne un altro, e i due sono ancora collegati».<br />

«Quale altro edificio?»<br />

«Quello di fianco».<br />

«Alla fine della strada?»<br />

«Ja».<br />

Quell'uomo era evasivo, e rispondeva solo quello che doveva,<br />

nulla più.<br />

«Perché questi due?» chiese Karl.<br />

«Perché? Perché siamo della stessa compagnia, e i proprietari si<br />

accorsero che immagazzinare il prodotto finito sottoterra era più


sicuro».<br />

Più sicuro? Karl ci pensò un momento, poi ricordò il cartello<br />

all'esterno. FEUERWERKS. Quella fabbrica produceva fuochi<br />

d'artificio. «Che cosa produce l'altra fabbrica?».<br />

Il supervisore ebbe un'esitazione. La sua voce fu indurita dal<br />

sospetto. «Sprengstoffs».<br />

Esplosivi.<br />

«Lei è l'ispettore e non lo sa? E di certo ha esaminato le piante dei<br />

due edifici quindi dovrebbe sapere dei tunnel. Vorrei vedere<br />

nuovamente le sue credenziali».<br />

Karl fu preso dal panico. Afferrò l'uomo per la gola. Questi si<br />

dimenò. La torcia cadde sul pavimento di mattoni. «Quale tunnel<br />

conduce all'altro edificio?».<br />

L'uomo lottò con Karl e, benché quest'ultimo non avesse la forza<br />

fisica che possedeva un tempo, non fu necessario un potere<br />

soprannaturale per aver ragione di quel vecchio. La pressione<br />

esercitata sulla gola portò alla consueta perdita di sensi e ben presto<br />

quell'uomo pesante raggiunse la torcia sul pavimento.<br />

Karl raccolse la luce. L'uomo era svenuto prima di poter dire<br />

quale fosse il tunnel non bloccato e laggiù era difficile orientarsi<br />

rispetto agli edifici sopra il suolo. Karl guardò il suo orologio - erano<br />

già le cinque e mezza. Non sapeva a che ora sarebbe tramontato il<br />

sole ma era sorto intorno alle sei del mattino il che significava che<br />

sarebbe calato intorno alle sei di sera. Come avrebbe fatto a scoprire<br />

in fretta quale tunnel conduceva dall'altra parte? "Calmati", si disse,<br />

qualcosa che non avrebbe dovuto fare nel suo stato precedente. Ma<br />

prima era quasi invincibile.<br />

C'erano dodici tunnel, uno per ogni edificio. Lui era in uno<br />

murato, ed era stato in quello che conduceva alla fabbrica di fuochi<br />

d'artificio. Questo significava che ce n'erano dieci che avrebbe<br />

dovuto controllare, in fretta.<br />

Corse di nuovo verso il ventre di quella bestia e procedette lungo<br />

il tunnel alla sua destra con passo rapido. Nell'istante in cui la luce<br />

illuminò un muro di mattoni girò i talloni e tornò sui suoi passi.


Tunnel dopo tunnel, ciascuno terminava bruscamente con una<br />

parete di mattoni. Poi alla fine, mentre si accingeva a imboccare il<br />

penultimo, scoprì quella che sembrava una piccola ferrovia con<br />

piccoli carrelli aperti che portavano delle casse.<br />

La lunghezza di questo tunnel non era più venti metri ma<br />

quaranta, e lungo la strada fece luce con la torcia su quelle casse di<br />

legno e vide la parola Feuerwerks marcata con uno stampo sulle<br />

fiancate. La pista era piena di casse, da una estremità all'altra, che<br />

infine raggiunse. Un altro slargo, ma questo non dava su un tunnel<br />

più breve ed era sempre colmo di casse. C'erano alcuni gradini che<br />

portavano più su e una porta che senza dubbio conduceva all'ultimo<br />

edificio sulla strada.<br />

Dov'erano? Non dovevano essere là? Si trovavano forse nel piano<br />

interrato dell'edificio sopra di lui? Forse avrebbe dovuto controllare<br />

quel corridoio finale che portava via dall'edificio precedente.<br />

Una rapida occhiata all'orologio gli disse che erano le 6:10. Se il<br />

sole non era tramontato, l'avrebbe fatto da un momento all'altro.<br />

Karl spinse quella pesante porta, ma non si mosse. Benché fosse<br />

fresco e asciutto, il suo corpo era ricoperto di sudore, i suoi pensieri<br />

deliranti. Che cosa poteva fare? Anche se fosse riuscito a uscire di là e<br />

a salire raggiungendo il livello interrato avrebbe potuto essere<br />

troppo tardi.<br />

Fu allora che lo sentì. Il suo sesto senso mortale si fece strada, e il<br />

risultato fu che i peli nella parte posteriore del collo si rizzarono.<br />

Una fredda e sorda paura salì strisciando su per le gambe,<br />

serpeggiando lungo la colonna vertebrale. C'era qualcosa insieme a<br />

lui nel tunnel. Qualcosa di pericoloso per lui. Senza sapere perché,<br />

senza fare domande, comprese che gli stava dando la caccia, si<br />

faceva avanti con passo veloce.<br />

Ogni molecola del suo corpo, ogni atomo che componeva quelle<br />

molecole, ogni particella che formava quegli atomi, tutto in lui<br />

riconobbe il pericolo per quello che era: Antoine. Il suo corpo era<br />

già stato devastato dall'assalto furibondo di quell'essere diabolico.<br />

Avrebbe per sempre tremato di paura alla presenza di quel demone.<br />

Karl picchiò alla porta e gridò. Udì un grido e pensò fosse il suo,


poi si rese conto che era l'uomo che aveva lasciato nel tunnel. Un<br />

uomo che adesso era morto, prosciugato del suo sangue. Morto<br />

come sarebbe stato ben presto anche Karl se qualcuno non l'avesse<br />

fatto entrare.<br />

Batté alla porta come se la sua vita dipendesse dal fatto che<br />

venisse aperta. "Dev'esserci qualche angelo che veglia su di me",<br />

pensò, rendendosi conto in un istante che stava ragionando come i<br />

mortali, poiché, magicamente, la porta si era aperta.<br />

«Svelti, evacuate l'edificio!», ordinò Karl all'operaio sgomento.<br />

Mostrò il suo distintivo. «Sono l'ispettore dell'edificio. C'è una<br />

bomba nel tunnel!».<br />

L'uomo al quale Karl si era rivolto non perse tempo, ma fece una<br />

chiamata e in pochi istanti gli operai si affrettavano a lasciare lo<br />

scantinato, su per le scale verso il piano principale, gridando.<br />

Karl ne afferrò uno. «Fate evacuare anche l'edificio adiacente. La<br />

fabbrica di fuochi d'artificio. E gli altri edifici della strada». L'uomo<br />

annuì e si girò per correre, ma Karl gli tenne il braccio. «Dammi il<br />

tuo accendino».<br />

L'uomo gli porse l'accendino senza fare domande. La paura sul<br />

suo volto impediva ogni altra cosa che non fosse l'azione.<br />

Quando questi si fu girato per correre via dall'edificio con i suoi<br />

compagni, Karl accese tutto quello che riuscì a trovare - tessuto,<br />

carta, ogni cosa usata per realizzare gli involucri dei fuochi d'artificio.<br />

Una sirena d'allarme prese a suonare, insistente, continua. Karl la<br />

ignorò. Quando la fiamma divampò rigogliosa, forse sei metri per<br />

sei, una fiamma che minacciava di espandersi senza controllo, Karl<br />

tenne a bada la sua paura e aprì la porta.<br />

L'oscurità lo raggiunse, un'oscurità illuminata dal fuoco. Era<br />

un'oscurità intangibile, qualcosa di nero e insidioso. Mentre<br />

spegneva il fuoco sulle scale ebbe il tempo di pensare: "È così che mi<br />

hanno sempre visto i mortali?".<br />

Il fuoco si ripiegava su se stesso. Karl lo pestò con le scarpe e<br />

spense i detriti in fiamme con un pezzo di tubo metallico, stando<br />

molto attento dopo il suo recente incontro col fuoco. Non stava<br />

cercando di appiccare le fiamme all'edificio, o magari di far


esplodere i tunnel: sia Gerlinde che Antoine erano in grado di<br />

tollerare il fumo e forse persino un'esplosione così limitata. Quello<br />

che sperava di fare era accendere alcuni dei fuochi d'artificio. Non<br />

era del magnesio che si preoccupava, era la polvere da sparo. Se<br />

fosse riuscito a innescare una reazione a catena là sotto, questa<br />

avrebbe spinto Antoine e Gerlinde verso la superficie. Una volta a<br />

livello della strada, non aveva idea di che cosa avrebbe fatto. Sapeva<br />

solo che non poteva lasciare che rimanessero là sotto.<br />

Con la porta aperta, quella presenza maligna era terribile,<br />

schiacciante. Ogni istante si faceva più vicina e la sua influenza più<br />

forte. Una volta che il fuoco ebbe preso sui gradini e acceso alcune<br />

delle casse, Karl richiuse la porta sbattendo e fece scivolare il fragile<br />

chiavistello. Non avrebbe fermato Antoine. Per nessuna ragione al<br />

mondo.<br />

Si girò e corse su per i gradini per unirsi agli altri in strada, dove<br />

c'era una folla di persone, una confusione estrema.<br />

Il cielo che imbruniva rese inutili altri dubbi sul fatto che il sole<br />

fosse tramontato: era successo almeno mezz'ora prima.<br />

Fortunatamente, molti degli operai erano già andati a casa,<br />

benché alcune fabbriche facessero turni di straordinario.<br />

Quelli che lo riconobbero dalla sua ispezione negli altri edifici e<br />

l'uomo dal quale aveva preso in prestito l'accendino gli si<br />

avvicinarono per avere informazioni. «Andate via di qui!», gridò.<br />

«Tornate indietro nei campi. Sta per esserci un'esplosione. Die<br />

bombe!».<br />

La parola "bomba" li fece correre via. Non ci volle molto prima<br />

che delle piccole esplosioni e dei fischi riempissero l'aria, suoni che si<br />

fecero sempre più forti man mano che aveva luogo la reazione a<br />

catena che aveva sperato di causare.<br />

Durò quasi un'ora. E quando fu finita, quando arrivarono la<br />

polizia e i vigili del fuoco, quando alcune parti di una delle fabbriche<br />

erano in cenere, Antoine e Gerlinde non erano ancora apparsi.<br />

Karl si era chiesto per tutto il tempo se non avessero abbattuto<br />

uno dei muri di mattoni che bloccavano un tunnel per uscire fuori da<br />

un altro edificio. Perché non gli fosse venuto in mente non lo


sapeva. La sua incapacità di avere una visuale più completa lo<br />

spaventava e lo faceva sentire vulnerabile. Come si sentivano i<br />

mortali.<br />

Adesso, ovviamente, aveva un problema in più. Trovò una scusa<br />

e riuscì a districarsi dall'area affollata non appena poté. Le autorità<br />

avevano domande da porgli, domande alle quali non avrebbe né<br />

voluto, né potuto rispondere. Rubare una macchina e abbandonare<br />

quel posto fu il meglio che riuscì a fare.<br />

Durante il viaggio per tornare in centro, Karl si sentì depresso.<br />

Aveva fallito terribilmente. Non solo Antoine e Gerlinde erano<br />

fuggiti, ma lui era diretto all'hotel dove avrebbe potuto trovare un<br />

cadavere. Il corpo di Michel. L'unico oltre a lui in grado di tracciare<br />

Gerlinde. E adesso che Karl era nuovamente mortale, non era più in<br />

grado di tracciarla. E anche se Michel era vivo, avrebbe potuto<br />

essere in una condizione alterata incapace anche lui di tracciarla. Il<br />

che significava che non avrebbero trovato Gerlinde. Mai più.<br />

Karl parcheggiò la macchina a sei isolati dall'hotel. Seppellì la<br />

giacca del completo e la cravatta in un cassonetto sotto una<br />

montagna di buste di fast food e pacchetti di sigarette vuoti,<br />

sapendo che i netturbini stavano già arrivando in quella strada.<br />

Con passo pesante, tornò all'hotel, sperando nel meglio.<br />

Aspettandosi il peggio.


CAPITOLO 21<br />

«Willkommen, alt Liebhaber! Pensavamo non saresti mai arrivato<br />

qui».<br />

La scena che accolse Karl lo riempì di terrore. Gerlinde aveva<br />

aperto la porta, sorridente, mostrando le zanne. Anche da lì, l'odore<br />

di polvere da sparo e di magnesio attaccato ai vestiti era sufficiente<br />

perché un mortale come lui potesse sentirlo.<br />

Dall'ingresso, Karl vide Michel disteso sul letto come l'aveva<br />

lasciato, pallido, simile a un cadavere ma forse non morto. Le sue<br />

labbra erano macchiate di quelle che sembravano essere più che<br />

alcune gocce di sangue. Donata doveva averlo nutrito per tutta la<br />

notte passata.<br />

Antoine era in piedi alla finestra e teneva Donata davanti a sé<br />

come una bambola. La stringeva per le spalle, i suoi lunghi capelli<br />

stretti in pugno in modo che la sua testa fosse piegata, senza dubbio<br />

per donare al tutto un effetto drammatico. Presumibilmente in<br />

modo che Karl vedesse senza difficoltà i due grossi segni irregolari<br />

sulla sua gola. Una grande quantità di sangue era scesa lungo il collo<br />

macchiando il davanti del suo vestito. La vena sul collo pulsava<br />

all'impazzata, e il suo viso - più pallido del solito - era simile a una<br />

maschera. Karl comprese ben presto la situazione: era stato Michel a<br />

morderla, questo era chiaro. Il sangue era secco, e Antoine non ne<br />

aveva sulle labbra.<br />

«Karl!», disse singhiozzando la ragazza, tradendo la paura nascosta<br />

da quella maschera. «Aiutami!».<br />

Ma ovviamente non poteva. Non da mortale. Anche se fosse<br />

stato ancora immortale, non l'avrebbe potuta aiutare. E la sua parte<br />

umana voleva gridare ad Antoine piena di disgusto: «Essere<br />

immondo!». Era come se fossero tutti in un film di Werner Herzog.<br />

Ma quello non era un film. E da dove gli veniva una simile<br />

teatralità?<br />

Karl chiuse la porta e si fece avanti nella stanza, senza mai togliere<br />

gli occhi da Antoine.


«E così», disse Gerlinde, «sei di nuovo mortale. Grazie al suo<br />

sangue». Fece un cenno verso la figura distesa di Michel. «Pensavo<br />

avessi detto che non poteva funzionare».<br />

«Nessuno sapeva se avrebbe funzionato».<br />

«Be', così è stato e adesso sei vulnerabile».<br />

Karl guardò Gerlinde. L'impatto fu sorprendente. La donna che<br />

aveva amato non c'era più. Che cosa le era successo? Non aveva<br />

bisogno di porsi troppe domande: era ovvio. Il cambiamento era<br />

iniziato molto tempo prima che Antoine la portasse via. Era stato<br />

Karl a trasformarla in un magnifico demone. Guardò intensamente i<br />

suoi occhi ipnotici e disse semplicemente: «Gerlinde, mi dispiace<br />

tanto».<br />

Lei batté gli occhi una volta. I suoi occhi mostrarono che aveva<br />

compreso. Parve stupefatta. Poi toccata.<br />

Allora la fredda risata di Antoine riempì la stanza, distruggendo<br />

sul suo cammino ogni cosa vivente. «Sì, hai fatto di lei un mostro, io<br />

ho fatto di te un mostro, e adesso voi due mi libererete. Ma prima<br />

uno spuntino».<br />

Senza alcun preavviso strappò il vestito dal corpo di Donata. La<br />

ragazza emise un grido ma lui glielo ricacciò dentro premendo<br />

contro la vena pulsante sul collo. Con quell'azione giunse un<br />

messaggio diretto e comprensibile, e dallo sguardo sul volto di<br />

Donata Karl si rese conto che la sua vita era in pericolo. Chiaramente<br />

in quel momento lei non nutriva più alcun pensiero suicida.<br />

«Farò un patto con te», disse Karl. «Prendi il mio sangue. È quello<br />

di Michel. Quello che hai sempre voluto. Lascia andare Gerlinde e la<br />

ragazza e avrai me».<br />

Antoine fece un ghigno. «Avrò il tuo sangue comunque. Come ho<br />

già fatto. È mio diritto».<br />

«Non ti preoccupare per me», disse Donata. «Non mi importa se<br />

morirò e tornerò indietro. Te l'ho detto».<br />

«Chi ha parlato di farti ritornare?», le disse Antoine. Gettò la testa<br />

all'indietro e rise nuovamente. Karl fu sorpreso che un simile suono<br />

potesse esistere nell'universo al di fuori dell'inferno. All'improvviso,


Antoine ritrasse la testa indietro come un serpente e la fece scattare<br />

in avanti, mordendo selvaggiamente il collo di Donata.<br />

Questa urlò, ma la mano di lui sulla bocca attutì il suono.<br />

Prendere il sangue di Donata l'avrebbe tenuto occupato solo per<br />

uno, due o tre minuti, a seconda della velocità con cui l'avesse fatto.<br />

Karl cercò di riflettere. Gli sembrava di essere uno con disturbi<br />

dell'attenzione.<br />

«Sembri saporito», disse Gerlinde leccandosi le labbra. Però Karl<br />

vedeva che il cuore di lei non era tutto in quelle parole, e prese<br />

quella minuscola offerta come un buon segno.<br />

Ispezionò la stanza in cerca di un'arma e prese una sedia. Gerlinde<br />

gliela tolse dalle mani. Alla faccia del buon segno.<br />

«Prendimi», disse una voce. Una voce debole ma familiare. Che<br />

raggiunse le orecchie di Antoine.<br />

Antoine lasciò andare Donata e questa cadde pesantemente al<br />

suolo come una bambola di porcellana.<br />

Michel si sforzò di mettersi a sedere sul letto, con la pelle<br />

biancastra, gli occhi fiammeggianti. «Bevi il mio sangue. Lo desideri<br />

tanto. Vuoi essere mortale».<br />

«Che bella sottomissione», disse Antoine, ovviamente soddisfatto<br />

per come volgevano gli eventi.<br />

«Michel, non farlo», disse Karl. «Non servirà. Salvati».<br />

Ma il ragazzo scosse leggermente la testa, cosa che parve fargli<br />

venire le vertigini. Quando si riprese, disse: «Ora so quello che sanno<br />

tutti gli altri. Com'è amare qualcuno. Com'è perderlo. Com'è<br />

morire...». Si girò verso Antoine. «Non ti ricordi nulla di tutto<br />

questo, vero? Provo pena per te».<br />

La quiete che durò grosso modo due secondi parve, a Karl,<br />

l'occhio del ciclone. Quando finì, Antoine era completamente sopra<br />

Michel, a succhiargli furiosamente il sangue, ringhiando come una<br />

bestia impazzita.<br />

Karl si mosse verso la finestra, sperando di aprire le tende,<br />

sperando che fosse l'alba. Arrivò a metà strada quando Gerlinde lo<br />

afferrò. Lo sguardo demoniaco negli occhi di lei sembrava empio. Se


non avesse saputo che non serviva, avrebbe pensato che un<br />

crocefisso avrebbe potuto respingerla.<br />

«Tu hai preso il mio, adesso io finisco col prendere il tuo», disse.<br />

Lo tenne stretto, in modo che non potesse muoversi.<br />

«Non preoccuparti, amore, una volta a te e una a me. Sarò<br />

delicata. E dopotutto, voglio che duri».<br />

Vide i suoi incisivi brillare di saliva, poi la testa di lei si fece più<br />

vicina fino a quando perse di vista i denti. Ma li sentì.<br />

All'improvviso, il dolore gli infiammò la gola. Quella sensazione<br />

tagliente divenne un bruciore sempre più acceso. I suoi denti<br />

oltrepassarono la pelle, nel muscolo, e lei gli bloccò il collo in modo<br />

che la vena non si spostasse e lei potesse mancarla. Quei denti erano<br />

delle lame affilate. Nonostante la forza di quell'abbraccio d'acciaio, si<br />

divincolò, e la vena le sfuggì, avanti e indietro, un gioco a schivare,<br />

un gioco che conosceva solo perché era stato da entrambe le parti<br />

prima. Ma non poteva durare, e la punta dei denti aveva lacerato il<br />

muscolo abbastanza in profondità perché lui cominciasse a gemere. Il<br />

dolore finì con l'intorpidirlo, fino a quando non riuscì più a sentire i<br />

muscoli da poterli muovere. Però sentì quando lei perforò la vena. Il<br />

sangue fluiva all'esterno abbandonando il suo cuore: fu sorpreso di<br />

esserne così cosciente a livello fisico. Era la prima volta: quando<br />

l'aveva preso Antoine era stato talmente rapido che non aveva<br />

sentito nulla. Adesso sapeva cosa era capitato a tutte le sue vittime.<br />

Non erano solo addormentati o confusi o storditi. Rabbrividì.<br />

Mentre lei suggeva, Karl ascoltò il rumore di risucchio prodotto<br />

dalle labbra di lei, e ascoltò i suoni gutturali prodotti da Antoine. "Se<br />

solo potessi aprire le tende", pensò inutilmente Karl. Ma non era<br />

possibile. Non poteva muoversi. Erano tutti condannati. Negli ultimi<br />

istanti era diventato più debole. Così terribilmente stanco. Come se<br />

l'energia del suo corpo fosse un essere solido che era stato sollevato<br />

e portato via da lui, lasciando dietro di sé solo effimero gas. Per lo<br />

meno, Michel sarebbe finito in stato di shock per via di quel prelievo<br />

tanto rapido. Non avrebbe sentito nulla. Forse aveva già perduto i<br />

sensi. Gerlinde si prese il suo tempo, ma alternò fasi di rapida e di<br />

lenta assunzione. La sua forza diminuiva con l'avvicinarsi dell'alba,<br />

ma surclassava ancora quella di Karl. Tanto lei quanto Antoine


sapevano che il sole era sopra l'orizzonte. Qualunque beneficio<br />

avesse portato il sangue di Michel - direttamente dal ragazzo o<br />

indirettamente da Karl - probabilmente l'effetto non sarebbe stato<br />

istantaneo su di loro, non più di quanto lo fosse stato per Karl il bere<br />

direttamente il sangue di Michel.<br />

Karl perse coscienza del proprio corpo. Tutte le sensazioni appena<br />

scoperte derivanti dall'essere umano svanirono. Parve ascendere,<br />

sopra e oltre il proprio corpo, per ragioni di sicurezza, e si vide<br />

fluttuare vicino al soffitto sotto forma di luce bianca, e adesso che<br />

era divenuto quella forma, guardava in basso se stesso tra le braccia<br />

di Gerlinde, Antoine sopra Michel nel letto e Donata che cercava di<br />

rimettersi in piedi. Tutto sembrava calmo e placido. Giusto. Stava<br />

quasi per svenire, lo sapeva. Bruscamente, la scena si fece più<br />

luminosa. La luce del giorno inondò i dettagli, riversandosi su di lui,<br />

su ogni cosa. Così intensa, penetrò nella sua pelle e lui cominciò a<br />

riprendere sensibilità alle braccia, alle gambe, al viso...<br />

Gerlinde strillò. Antoine ruggì come un demone. Karl divenne<br />

improvvisamente cosciente e concentrato. La luce, non più nella sua<br />

mente ma all'esterno, stava illuminando la stanza.<br />

Donata giaceva sul pavimento, con le tende ammassate su di sé;<br />

la mano ancora stretta intorno al tessuto. La luce del sole si riversava<br />

nella stanza attraverso la lunga sagoma della finestra.<br />

Antoine sfrecciò verso il bagno. Karl notò delle porzioni di pelle<br />

annerita, laddove i raggi del sole l'avevano scorticato. Il suo volto<br />

era corrugato in un terrore furioso. Una volta giunto al sicuro, Karl<br />

vide la porta che si chiudeva sbattendo e sentì che veniva bloccata<br />

dall'interno.<br />

Gerlinde aveva avuto la stessa idea, ma quando giunse alla porta,<br />

picchiando e urlando, Antoine non le aprì.<br />

Gridò istericamente, aggrappandosi e scorticando il legno. Dalla<br />

sua pelle si sollevò del fumo. «Da questa parte», disse Karl.<br />

«Non la aiutare!», gridò Donata. «Lasciala morire!».<br />

Karl afferrò Gerlinde per la vita e la trascinò all'indietro di alcuni<br />

passi verso la porta dell'armadio. Per tutto il tempo lei lo graffiò,<br />

strappandogli la pelle dal viso. «Qui dentro», disse lui. «Sarai al


sicuro». Lei non parve udire alcunché di quello che disse.<br />

L'adrenalina aumentò improvvisamente e Karl comprese che se<br />

non fosse stato per quelle ghiandole umane che in certe occasioni<br />

erano in grado di produrre una forza straordinaria, non sarebbe mai<br />

stato capace di gettare Gerlinde dentro l'armadio e chiudere la<br />

porta.<br />

Vi si appoggiò di schiena.<br />

«Perché l'hai fatto?», chiese Donata ansimando sul pavimento.<br />

Karl si limitò a scuotere la testa. Come poteva spiegare<br />

quarant'anni e il debito che sentiva di avere nei confronti di Gerlinde<br />

per quello che le aveva fatto, anche se lei l'aveva voluto. E anche se<br />

aveva cercato di ucciderlo. Nessun mortale poteva desiderare quella<br />

trasformazione. Non avevano la minima idea del suo effetto, di<br />

quello cui avrebbero dovuto rinunciare, o di come avrebbero<br />

dovuto esistere.<br />

E adesso sapeva che lei non avrebbe mai potuto accettare di non<br />

avere un figlio. Lui non aveva il diritto di...<br />

«Dobbiamo uscire di qui», gridò Donata. «Michel. Michel!».<br />

Karl guardò verso il punto che lei stava fissando in preda<br />

all'orrore. Michel giaceva scomposto sul letto, il copriletto era zuppo<br />

del suo sangue. Il lato destro della gola del ragazzo era stato quasi<br />

strappato via, e l'arteria della carotide ancora guizzava.<br />

«Mio Dio!», sussurrò Karl. Si precipitò verso Michel. La giugulare e<br />

la vena erano state entrambe recise. La vena era l'ultima delle sue<br />

preoccupazioni. «Passami quei due morsetti chirurgici», disse.<br />

«Dove?»<br />

«Sul cassettone. Con l'equipaggiamento per l'endovenosa». Li<br />

aveva usati per tenere la sua vena aperta mentre si privava del suo<br />

stesso sangue. Adesso avrebbero impedito che il sangue fuoriuscisse.<br />

Un morsetto su ciascun lato dell'arteria recisa contrastò la fuoriuscita.<br />

Se tutto fosse andato bene, l'arteria dall'altra parte del collo di<br />

Michel avrebbe continuato a pompare sangue nel suo cervello.<br />

«Dobbiamo portarlo in ospedale!».<br />

Il rischio era grande, ma non vedeva altre alternative a quel


punto. Michel, se poteva essere salvato, avrebbe avuto bisogno di<br />

un chirurgo.<br />

«Non possono trovarlo in questa stanza. Se ci fosse solo Antoine»,<br />

disse Karl, «non esiterei un istante. Ma non voglio che venga<br />

scoperta Gerlinde».<br />

Karl avvolse Michel nel lenzuolo. «Chiama il pronto soccorso.<br />

Spero che non riescano a rintracciare la stanza esatta».<br />

Donata si appoggiò pesantemente al tavolo e compose il numero.<br />

Fissò Karl mentre diceva con un filo di voce: «Vorrei che qualcuno<br />

mi avesse amata così tanto».<br />

Lui si rese conto che la ragazza non versava in buone condizioni.<br />

Ma Michel stava ancora peggio e doveva essere la sua priorità.<br />

Karl trascinò Michel fuori dalla stanza, su per le scale di<br />

emergenza fino al terzo piano, e lo lasciò vicino all'ascensore.<br />

All'esterno la sirena suonava sempre più vicina.<br />

«Andiamo», disse Karl, e condusse Donata che si trascinava dietro<br />

di lui nella direzione per cui erano venuti lungo il corridoio, fino alla<br />

fine, vicino alle scale.<br />

La cameriera dell'albergo aveva lasciato aperte diverse porte delle<br />

stanze libere al terzo piano e loro si infilarono nell'ultima stanza<br />

lavandosi poi nel bagno. Le ferite di Donata erano pulite, dato che<br />

era stato Michel a farle, ma i denti più grossi di Antoine le avevano<br />

aperte ulteriormente, causando danni maggiori. Però sarebbe<br />

sopravvissuta, anche se aveva bisogno di riposare. Non aveva forze<br />

e dovette sedersi sul bordo della vasca mentre lui la ripuliva.<br />

Karl si toccò il collo. Le ferite erano molto, molto infiammate.<br />

Nello specchio vide un uomo con due grossi buchi sulla gola.<br />

Desiderò che vi fosse un kit di primo soccorso di qualche genere in<br />

giro: entrambi avrebbero saputo usare delle bende per fermare<br />

l'emorragia, se non per mascherare le ferite, e magari disinfettarle.<br />

Un anticoagulante nella saliva della sua razza - quella che prima era<br />

stata la sua razza - impediva che il sangue si rapprendesse. Sotto quel<br />

punto di vista erano come i pipistrelli vampiri. Alla fine<br />

l'anticoagulante si sarebbe dissolto e la perdita si sarebbe arrestata.<br />

Nel frattempo, porse a Donata un asciugamano e ne prese uno per


sé. «Usalo come una benda ed esercita più pressione che puoi sulla<br />

gola».<br />

«Puoi piegarle in modo da portarcele dietro?», disse lui,<br />

sganciando le tendine dall'asta. Tolse le lenzuola, poi riempì d'acqua<br />

un secchiello per il ghiaccio, afferrò un paio di asciugamani, le tende<br />

e fece cenno a Donata di seguirlo il più in fretta possibile. Karl era<br />

carico. Lei portò la bottiglia d'acqua, che però sembrava pesarle.<br />

Spalancò la porta delle scale e fece entrare prima lei. Poi la seguì.<br />

Non appena la porta si richiuse alle sue spalle, sentì un grido che lo<br />

informò che era stato trovato Michel.<br />

Tornati al secondo piano, tolse il copriletto e le lenzuola dal letto<br />

della loro stanza, raccolse le tende dal pavimento: sul bordo c'erano<br />

le impronte insanguinate di Donata, ma non potevano farci nulla.<br />

Lentamente, lei si tolse il vestito nero: era sfinita, ma lui aveva molte<br />

cose da fare e non poteva davvero aiutarla. Karl si tolse la camicia e<br />

l'aggiunse al mucchio insieme al vestito di lei. Mentre Donata<br />

toglieva un altro vestito dalla valigetta e se lo infilava sopra la testa -<br />

Karl fu felice di vedere che aveva un colletto alto abbastanza da<br />

nascondere la gola - e mentre Karl impacchettava tutto insieme ben<br />

stretto per sbarazzarsene, entrambi sentirono una forte sirena che<br />

veniva spenta appena fuori dall'albergo.<br />

«Grazie a Dio», disse Donata, mentre sbirciava fuori dalla finestra.<br />

Per fortuna nel frigo della stanza c'era dell'acqua in bottiglia e lui si<br />

servì di quella e del secchiello per il ghiaccio per pulire tutto quello<br />

che poté. Karl mise tutti gli asciugamani insanguinati nel fagotto.<br />

Appese le tende e spiegazzò il letto in modo che sembrasse che<br />

qualcuno ci aveva appena dormito.<br />

«Sul pavimento ci sono alcune chiazze di sangue, ma penso che<br />

possiamo sistemarci sopra il letto», disse.<br />

Si sforzò di spostare quella struttura pesante fino a quando non<br />

l'ebbe mossa dei dieci centimetri necessari. Sfortunatamente erano<br />

rimaste delle impronte sul tappeto nei punti in cui avevano poggiato<br />

le gambe. Ma contavano solo le due ai piedi del letto, e Karl cercò<br />

di cancellarle con le dita, ma non ebbe molto successo.<br />

«Tutto questo perché se la cameriera o la polizia dovessero


entrare, vedrebbero che è tutto in ordine, giusto?», disse Donata.<br />

«Di più. Penseranno che il tessuto insanguinato proviene dall'altra<br />

stanza. È sullo stesso piano dove troveranno Michel. Con un po' di<br />

fortuna questo li terrà lontani per qualche tempo. Dopo che vi siete<br />

registrati all'albergo è mai uscito Michel?»<br />

«Uh, no, non credo».<br />

«E il servizio in camera?»<br />

«Io ho preso il cibo. Non credo che la cameriera abbia visto<br />

Michel».<br />

«Be', resta comunque l'impiegato della reception...».<br />

«Non proprio. Michel mi aspettava all'ascensore mentre mi<br />

registravo».<br />

«Con quale nome hai firmato?»<br />

«Il signore e la signora Michel Blak».<br />

Karl sollevò un sopracciglio. Alla ragazza piaceva essere teatrale.<br />

Aprì la porta e si mosse circospetto nel corridoio, come un gatto.<br />

Non avevano ancora cominciato a pulire quel piano, ma presto la<br />

cameriera sarebbe stata là, e forse la polizia avrebbe voluto<br />

controllare l'intero edificio. Il secondo piano e il terzo ovviamente<br />

erano attigui. All'improvviso, ricordò l'I Ching e l'esagramma 23<br />

ottenuto da Wing. Qual era la fine di quell'esagramma? Che fosse<br />

dannato se riusciva a ricordarlo.<br />

Si mosse in silenzio per il corridoio, provando piano le porte sul<br />

lato ovest del piano di fronte alla loro stanza, ma erano tutte chiuse.<br />

«Io posso entrare», disse una voce dietro di lui e si voltò<br />

trovandosi davanti Donata.<br />

«Ti avevo detto di restare nella stanza», sussurrò lui.<br />

Donata, appoggiata alla parete per sostenersi, alzò una delle<br />

chiavi magnetiche in plastica.<br />

«Come l'hai avuta?»<br />

«L'ho trovata al terzo piano quando abbiamo lasciato Michel».<br />

«Ma non andrà bene per questa stanza».


«Invece sì». Fece scivolare la chiave nella serratura e la luce verde<br />

si accese. Donata sollevò lo sguardo verso di lui. «La cameriera l'ha<br />

lasciata nella stanza dove ci siamo introdotti».<br />

Tornarono in fretta nella loro stanza. Karl si mise in spalla la<br />

matassa di tessuti insanguinati. Quello sarebbe stato il momento<br />

giusto per avere un po' di forza immortale, pensò. «Stavolta aspetta<br />

qui».<br />

Portò il mucchio nella stanza aperta e lo scagliò fuori dalla<br />

finestra. Atterrò con un tonfo leggero nel cortile sottostante. Presto<br />

sarebbe stato trovato, e quella, rifletté, era l'unica stanza priva di<br />

tende.<br />

«Pensi che Michel starà bene?», chiese lei mentre Karl rientrava<br />

nella loro stanza.<br />

«Non lo so», disse lui con sincerità. Nessuno poteva saperlo. E Karl<br />

non riusciva a pensarci troppo al momento. «Dobbiamo farci vedere<br />

alla reception», disse. «Ce la fai?».<br />

Lei annuì e Karl dovette aiutarla ad alzarsi. Prese la sciarpa di<br />

velluto nero di Donata che pendeva dallo schienale di una sedia e se<br />

la avvolse intorno alla gola. Con quell'accessorio, nello specchio a<br />

figura intera si vide strano ma il suo volto, con quei graffi, gli pareva<br />

ancora più strano.<br />

«Posso sistemarteli», disse lei, e prese la sua borsetta per il trucco.<br />

Il volto di lui era sufficientemente pallido a causa della perdita di<br />

sangue perché il fondotinta liquido si mescolasse a dovere.<br />

Lasciarono la stanza con un cartellino "Non Disturbare" sulla<br />

porta. Dovette quasi sostenerla fino sotto, con un braccio intorno<br />

alla vita. Il respiro di lei gli giungeva faticoso.<br />

Entrarono nell'atrio che era in pieno trambusto. La polizia era già<br />

arrivata. Proprio mentre Karl e Donata oltrepassavano il bancone,<br />

diversi attendenti uscirono fuori da un ascensore spingendo una<br />

barella sulla quale giaceva Michel, pallido e privo di sensi.<br />

Donata afferrò il braccio di Karl e le sfuggì dalle labbra un<br />

rantolo.<br />

Avevano avvolto Michel fino al collo con delle coperte, e dei


tubicini per l'endovenosa erano sospesi sul braccio scoperto. Non<br />

aveva un bell'aspetto, ma non sembrava neppure morto. Karl sapeva<br />

che la sua condizione era critica e che poteva peggiorare in fretta.<br />

Una simile ferita e quella perdita di sangue avrebbero ucciso molte<br />

persone. Rimasero fermi in mezzo agli altri, a osservare la barella che<br />

veniva fatta rapidamente uscire dalle porte. Una volta allontanatasi<br />

l'ambulanza e dopo che le persone intorno a loro ebbero<br />

commentato la situazione, Karl fece girare Donata verso il banco.<br />

Era pallida, con gli occhi sgranati, come fosse sul punto di piangere.<br />

«Sono il signor Blak», disse in tedesco. «Ci sono messaggi per me o<br />

per mia moglie?».<br />

L'impiegato controllò nella cassetta della posta. «Temo di no».<br />

«Siamo nella...». Karl guardò il cartoncino con la chiave magnetica<br />

dentro, benché sapesse bene il numero, «stanza 23. Le dispiacerebbe<br />

chiamarmi in camera quando arriva qualcosa? Sto aspettando un<br />

biglietto da mia sorella».<br />

«Certamente signore. Non c'è nessun problema».<br />

«Credo che faremmo meglio a fare colazione in camera», disse a<br />

Donata. «Va bene per te, mia cara?»<br />

«Sì, naturalmente».<br />

«Possiamo ordinare qui e farci portare il servizio in camera?»<br />

«Certamente», disse di nuovo l'impiegato.<br />

Karl ordinò una colazione americana e una continentale, con una<br />

caraffa di caffè. «La prego di metterla sul conto della stanza», disse.<br />

Si stavano dirigendo verso l'ascensore quando Karl si girò e, come<br />

avesse avuto un ripensamento, o facendo finta che così fosse, disse:<br />

«Pensa di poter mandare la cameriera a pulire la stanza adesso?»<br />

Il commesso sorrise. «Subito».<br />

Mentre lui e Donata entravano nell'ascensore lei disse: «Non<br />

posso mangiare. Mi sento male».<br />

Lui guardò la ragazza che era più pallida del normale. Si muoveva<br />

lentamente, ansimando a ogni passo, e sembrava incredibilmente<br />

debole. Nelle sue condizioni, con il suo corpo che doveva lottare


con il virus dell'AIDS, tutto quello che era accaduto doveva essere<br />

stato davvero nocivo per il suo organismo.<br />

«Hai bisogno di riposo», le disse mentre entravano nella stanza.<br />

«Resteremo in camera. Volevo che rimanesse impresso nella mente di<br />

quell'impiegato che io sono il signor Blak, e che tutto è normale. Era<br />

lui di servizio quando hai effettuato la registrazione?»<br />

«Sì, credo di sì».<br />

«Bene. Quando il servizio in camera porterà il cibo, lo prenderò<br />

io per portarlo dentro, così ci vedrà entrambi. Ma quando arriva la<br />

cameriera, nasconditi sotto il letto».<br />

«Perché?».<br />

Si sentì bussare alla porta e Karl chiese: «Wer geht?»<br />

«Der Zimmermädchen».<br />

La cameriera apparve quasi subito, e Donata riuscì per un pelo a<br />

mettersi sotto il letto. La donna risistemò il letto sotto il quale si<br />

trovava Donata, sistemò gli oggetti nella stanza e aprì le tende. Per<br />

tutto il tempo Karl conversò con lei, comportandosi da turista,<br />

chiedendo dove fosse un buon posto per andare a cenare, ma che<br />

forse sua sorella avrebbe avuto qualche idea quando l'avesse sentita.<br />

No, lei non era di Hannover, ma viveva a Londra adesso. Suo<br />

marito suonava nella filarmonica della città, e Karl e Donata erano<br />

in vacanza e non era forse una fortuna che lui e sua sorella potessero<br />

incontrarsi? Quando la cameriera cercò di andare in bagno Karl<br />

disse: «Mia moglie sta facendo un bagno. Prendo io gli asciugamani<br />

puliti».<br />

La colazione arrivò circa dieci minuti dopo che se ne fu andata la<br />

cameriera. L'inserviente portò il cibo in camera, vide Karl, vide<br />

Donata seduta al tavolo dove sistemò il vassoio e poi Karl gli diede<br />

una generosa mancia mentre andava via.<br />

«È lui quello che era venuto prima?», chiese Karl a Donata.<br />

«No. Prima c'era un vecchio».<br />

«Bene, non ha importanza. Non ha visto Michel. Questo mi ha<br />

visto».<br />

L'odore del cibo lo investì in pieno. Karl si rese improvvisamente


conto che non solo era sfinito e svuotato, ma che era anche<br />

affamato. Adesso comprendeva perché lo stomaco gli aveva dato<br />

fastidio nella Eisenbergerstrasse: l'ultimo pasto di cibo solido che<br />

aveva consumato risaliva al 1845. Stava morendo di fame! Aveva<br />

dimenticato che anche i corpi mortali avevano bisogno di<br />

carburante, regolarmente.<br />

Si sedette e divorò la colazione americana. Donata voleva<br />

soltanto caffè ma lui insistette affinché mangiasse parte di un<br />

croissant da quella continentale mentre Karl spazzolò via l'altra e le<br />

due paste danesi. Lei bevve una tazza di caffè, lui tutto il resto.<br />

Gli odori e i sapori erano travolgenti per lui. Ogni cosa era ben<br />

distinta. Deliziosa. Squisita! Alcune di quelle cose le stava mangiando<br />

per la prima volta. Il caffè ebbe un effetto ristoratore immediato, e<br />

sentì un'esplosione di energia.<br />

Donata, sopraffatta, si distese sul letto e si rannicchiò in posizione<br />

fetale. «Spero che Michel stia bene. Come possiamo scoprirlo?»<br />

«Mi aspetto di vedere qualcosa al telegiornale». Accese la<br />

televisione sul canale del notiziario tedesco e usò il telecomando per<br />

abbassare il volume.<br />

La ragazza era malata e afflitta in ugual misura. Riusciva a<br />

vederlo. Non sapeva che cosa fare per lei o cosa dirle. Non sapeva<br />

nulla. Controllò l'ora sulla radiosveglia di fianco al letto: le undici di<br />

mattina.<br />

Un vampiro maniaco dormiva nella vasca da bagno, e un altro - il<br />

suo vecchio amore - era rannicchiato sul pavimento dell'armadio.<br />

Entrambi avrebbero ripreso vita al tramonto. E lui non aveva un<br />

piano.<br />

«Perché restiamo qui?», disse Donata con un filo di voce.<br />

«Dobbiamo andare. Prima che si sveglino».<br />

Karl non riusciva nemmeno a guardarla. Aprì le braccia e lei vi si<br />

nascose come una ragazzina - la ragazzina che era - cercando<br />

disperatamente conforto.<br />

«Ci ho riflettuto. Tu devi andare. Devi stare in un luogo sicuro, e<br />

non è questo. Dormiremo per un paio d'ore - metterò la sveglia -<br />

poi ti voglio fuori di qui».


«E tu?»<br />

«Io devo restare qui. Affrontare la situazione. Deve finire qui, in<br />

un modo o nell'altro».<br />

«Qual è il tuo piano?».<br />

Lui scosse la testa pigramente. «Vorrei averne uno».<br />

Accese la sveglia sull'orologio di fianco al letto, e la regolò alle<br />

tre. Questo avrebbe dato loro quattro ore di sonno. Un tempo<br />

neppure lontanamente sufficiente per riprendersi. Ma era meglio di<br />

niente.


CAPITOLO 22<br />

Si svegliò disorientato. Nessun senso del tempo o dello spazio. La<br />

sua testa si volse a sinistra. Le tende erano aperte. Fuori dalla<br />

finestra, la luce era svanita dal cielo.<br />

Poi vide l'orologio della radio e i numeri rossi 19:00. Pensò che<br />

l'aveva regolato. Non aveva sentito la sveglia?<br />

Girò la testa verso destra e trovò Donata distesa di fianco a lui,<br />

immobile. Si protese e la scosse. Il suo braccio era ghiacciato e rigido.<br />

«È morta», disse una voce da un angolo buio della stanza. Una<br />

voce che riconobbe.<br />

Gerlinde si alzò e camminò fino ai piedi del letto. «Immagino che<br />

la perdita di sangue sia stata eccessiva per lei».<br />

«Ha l'AIDS. La perdita di sangue l'ha portata oltre il suo limite».<br />

Si sentiva diverso. All'inizio non fu in grado di identificare in cosa<br />

poiché nello stesso tempo sentiva di essere lo stesso. Ma poi<br />

comprese che cosa stava succedendo: il suo corpo stava già tornando<br />

allo stato precedente. Non era ancora immortale, ma i segnali<br />

c'erano, internamente. Sottili ma inconfondibili.<br />

Karl si mise a sedere. E vide subito qualcosa di assolutamente<br />

inatteso: Gerlinde, come l'aveva conosciuta quando si erano<br />

incontrati. La ragazza che era stata. "Sto sognando", pensò. "Non<br />

può essere".<br />

Ma era così. Il sangue che aveva preso da lui la notte prima, il<br />

sangue di Michel, l'aveva resa nuovamente mortale.<br />

Lei toccò il legno ai piedi del letto. «Io... non riesco a crederci»,<br />

disse. «Non ho mai pensato che potesse accadere. Sono di nuovo<br />

viva, così com'ero...».<br />

Karl sentì un rumore. Fece scattare la testa nella direzione del<br />

bagno. La porta era ancora chiusa.<br />

«È là dentro», disse Gerlinde, con voce amara. Karl si mise in<br />

piedi. Girò intorno al letto, e lei gli afferrò il braccio quando le passò<br />

vicino. Karl rimase fermo abbastanza per guardarla, e ascoltare


qualcosa di quello che stava dicendo. «Io... non so che cosa mi è<br />

successo», disse.<br />

«Lui ti controllava», rispose lui, parole che entrambi volevano<br />

sentire, volevano credere.<br />

Lei scosse la testa. «No. Ero io. Sono responsabile delle mie<br />

decisioni. Karl, io non so se potrai mai perdonarmi...».<br />

La guardò come se fosse un'estranea, e quello sguardo l'ammutolì.<br />

Era un'estranea per lui. Entrambi lo sentivano. La donna che aveva<br />

conosciuto quando lei era mortale, quella che aveva trasformato,<br />

che era stata con lui per così tante notti nel corso di tanti decenni,<br />

con la quale aveva condiviso così tanto, quella donna non c'era più.<br />

Si sentiva freddo nei suoi confronti, quello era l'unico modo per<br />

descrivere a se stesso ciò che provava. Tutto quello che lei aveva<br />

significato per lui era svanito. Al suo posto c'era una traditrice.<br />

Qualcuno di cui non solo non poteva più fidarsi, ma una donna che<br />

aveva distrutto la sua capacità di fidarsi.<br />

Si scostò e si diresse verso la porta del bagno. Provò a muovere la<br />

maniglia, ma era ancora chiusa dall'interno. Fece forza con il piede e<br />

dopo una dozzina di calci scardinò la porta.<br />

La tendina della doccia cingeva ancora la vasca. Karl non sapeva<br />

che cosa avrebbe trovato, ma si preparò a un attacco. Si scostò<br />

leggermente dalla vasca e con un rapido movimento, spinse da parte<br />

la tenda di plastica.<br />

Quello che giaceva dentro la vasca lo scioccò, anche se era così<br />

chiaro. Antoine era già divenuto mortale: il sangue di Michel aveva<br />

fatto effetto. Ma anche il sangue di Donata.<br />

Quell'essere che era sempre stato così incredibile, che era sempre<br />

parso alto più di due metri e mezzo, capace dell'impossibile, giaceva<br />

pallido e raggrinzito. Piccolo come un bambino. La pelle secca e le<br />

labbra bianche, il corpo coperto di lesioni. Gli occhi privi di<br />

espressione, spenti, sprofondavano in quella testa simile a un teschio.<br />

Solo una cavità per la bocca, il resto della carne che già marciva. Un<br />

volto scavato e appassito. Le mani già morte. Ansimava e sibilava,<br />

incapace di respirare in maniera normale.<br />

Chiaramente Antoine aveva contratto il male di Donata. Il sangue


di Michel in uno della loro razza avrebbe riconvertito le cellule<br />

rendendole mortali. Ma nel corpo di Antoine, nello stesso tempo,<br />

c'era anche il sangue infetto. Prima il sangue di Michel<br />

probabilmente aveva assalito le cellule vampiriche modificate. Poi il<br />

virus dell'AIDS doveva aver agito per infettare le nuove cellule<br />

mortali nel sangue di Antoine. Michel era stato in grado di ingerire il<br />

sangue contaminato dall'HIV senza effetti negativi, ma il suo sangue<br />

nel corpo di un vampiro, a causa del complicato processo di<br />

trasformazione e ritorno alla mortalità ovviamente non poteva<br />

gestire l'HIV: non nello stesso tempo.<br />

Mentre Karl guardava Antoine, incredulo davanti a quello che<br />

vedeva, terrorizzato per il fatto che potesse trattarsi di un qualche<br />

raggiro, che da un momento all'altro Antoine potesse balzare su e<br />

distruggerlo, pensò: "Entrambi torneranno all'immortalità nel giro di<br />

un paio di giorni o anche meno, proprio come me". Ma Antoine, lo<br />

sapeva, non sarebbe sopravvissuto un paio di giorni. Non avrebbe<br />

superato la notte.<br />

Karl udì del trambusto nella stanza, delle voci e lasciò il bagno.<br />

André, David, Morianna e Wing erano arrivati. Gerlinde era in piedi<br />

premuta contro il muro nell'angolo, spaventata.<br />

«Voi siete... siete mortali!», disse André, guardando Karl, poi<br />

Gerlinde e infine di nuovo Karl. «Chi è questa?», chiese indicando il<br />

corpo di Donata.<br />

«Una puro sangue», disse Wing prima che Karl potesse rispondere.<br />

«Potrò spiegarvi tutto dopo», disse Karl. «Ma dobbiamo<br />

recuperare Michel...».<br />

«L'abbiamo preso. È insieme agli altri. È al sicuro. Si riprenderà».<br />

«In... in che stato?»<br />

«Non lo sappiamo ancora. Gli stanno dando del sangue».<br />

Karl fu sopraffatto dal senso di colpa. Aveva quasi ucciso il figlio<br />

di André. Era qualcosa per cui non poteva aspettarsi che il suo amico<br />

l'avrebbe mai perdonato.<br />

André si mosse verso di lui, come se comprendesse i suoi pensieri.<br />

Ovviamente poteva farlo. Era immortale e Karl non lo era. André


mise una mano sul suo braccio. «Parleremo di tutto più tardi.<br />

Quando saremo al sicuro via di qui. Andiamo».<br />

Karl annuì. Lanciò un'occhiata a Gerlinde che guardò tutti con<br />

l'orrore sul volto. Morianna le si era avvicinata, ma poté vedere che<br />

Gerlinde si sentiva intrappolata. Quegli esseri adesso per lei erano<br />

dei predatori. E, ancor più di quello... non molto tempo prima<br />

erano stati suoi amici. Prima che si schierasse con il nemico.<br />

«Prima venite qui», disse Karl, rivolto specificamente a David e a<br />

Morianna. «C'è qualcosa che dovete vedere».<br />

Li condusse nella stanza da bagno. Gli altri li seguirono e si<br />

accalcarono sull'uscio.<br />

«Non ci credo», disse calmo David.<br />

Morianna non disse nulla, ma aveva sul viso un'espressione che<br />

Karl non aveva mai visto prima. Non desiderava altro che fare a<br />

pezzi Antoine.<br />

«Uccidiamolo», disse André. «Distruggiamo quel bastardo».<br />

«Non ce n'è bisogno», disse Karl. «Sta morendo di AIDS.<br />

Probabilmente cesserà di vivere stanotte. È mortale, come voi tutti<br />

potete vedere. Dal respiro, dal colorito, dalla pelle, direi che è una<br />

questione di poche ore».<br />

«Noi tre dovremmo prendere il suo sangue», disse David, con<br />

voce dura. Guardò Morianna e Karl. «Prosciugarlo come lui ha fatto<br />

con noi».<br />

«Non posso», disse Karl. «L'HIV mi infetterebbe. E per quanto<br />

riguarda te e Morianna non sono certo di cosa accadrebbe - dentro<br />

Antoine scorre il sangue di Michel, come quello di Donata, la<br />

ragazza. Potreste finire col diventare come lui: mortali e infetti».<br />

«Non merita una morte tanto semplice», disse André.<br />

Karl guardò il volto di Antoine mentre loro discutevano di quelle<br />

cose. Nonostante il suo stato decrepito, Antoine non aveva perso la<br />

sua aria soddisfatta e di superiorità. La morte imminente non lo<br />

sottometteva. Se ne accorsero anche gli altri, meglio di lui.<br />

«Perché?», scattò Morianna.


Karl la guardò. Fissava dritta gli occhi di Antoine, senza paura. Gli<br />

stava chiedendo perché fosse stato tanto violento. Perché, in<br />

particolar modo, avesse forzato la loro trasformazione. Perché non<br />

riuscisse ad adattarsi e a imparare un minimo di cooperazione. Gli<br />

stava chiedendo perché fosse così malvagio.<br />

Ma se Karl aveva appreso una cosa era questa: non ci sono<br />

ragioni per il male, né risposte, né scuse. Il male semplicemente<br />

esiste. In passato, non l'avrebbe potuto accettare. Ma adesso poteva.<br />

Ne aveva passate troppe. Aveva sacrificato molte cose.<br />

Malgrado il suo stato di deterioramento, e quanto la vera morte<br />

si stringesse a lui, Antoine non si degnò di rispondere. Invece rise.<br />

Una risata che Karl aveva sentito così tante volte nei suoi sogni, nella<br />

sua mente, nella realtà. Quel suono riusciva a trasmettere tutto: "Io<br />

sono impenitente. Sarò sempre impenitente!". Ma non trasmise nulla.<br />

In un battito di ciglia, Morianna si accovacciò. I suoi artigli gli<br />

squarciarono i polsi, la gola, dovunque potesse trovare una vena<br />

questi laceravano, evitando le arterie: chiaramente voleva<br />

prosciugarlo, ma voleva che fosse una lunga agonia. «Se non per me,<br />

allora per David e Karl. Per Michel. E per quelli che hai ucciso. Ma<br />

specialmente per Chloe e Kaellie. Muori!».<br />

Il sangue sgorgò dal corpo mortale di Antoine, in tutte le<br />

direzioni. Ben presto tinse lui, gli abiti che indossava e lo smalto<br />

della vasca di cremisi. Le vene non avevano motivo di restare aperte<br />

e, quando cominciarono a richiudersi, Morianna le squarciò di<br />

nuovo.<br />

Più d'ogni altra cosa, Karl sapeva che l'unica umiliazione che<br />

Antoine potesse provare, se ne aveva mai provata una, era di morire<br />

con tutti loro che osservavano e si compiacevano della sua morte.<br />

Quello a Karl non dava il minimo piacere.<br />

Ci volle un'ora perché i polmoni smettessero di dibattersi per<br />

incamerare aria, perché il cuore si stancasse di battere, perché il<br />

sangue cessasse di fluire dalle aperture e finisse nello scolo. I suoi<br />

occhi spenti fissavano dritto verso l'alto, come se un qualche distorto<br />

angelo demoniaco chiamasse il paradiso per ricordargli di lui. Ma il<br />

paradiso aveva dimenticato Antoine da molto tempo.


«Dobbiamo sincerarci che sia morto», disse David.<br />

«È mortale. È morto. Non può tornare», lo rassicurò Karl.<br />

«Sono d'accordo», aggiunse Morianna. «È chiaro a noi tutti che la<br />

sua energia vitale è svanita».<br />

Lo lasciarono là, abbandonarono la stanza e, mentre si dirigevano<br />

all'ascensore, Karl chiese: «Dov'è Gerlinde?»<br />

«Se n'è andata quando ci siamo spostati in bagno», disse Wing.<br />

«Non ho ritenuto saggio fermarla».<br />

«No», disse Karl rassegnato, «hai fatto bene a lasciarla andare.<br />

Non so se è quello che desiderava oppure no. So che la<br />

trasformazione non è permanente. Io sto già tornando allo stato<br />

precedente. E lei ha preso il sangue di Michel indirettamente,<br />

attraverso di me: immagino che lo stato mortale per lei non durerà<br />

più a lungo di quanto non sia durato per me. E non è stato molto».<br />

Lei se n'era andata. Antoine se n'era andato. Ma lui non provava<br />

niente. Come poteva essere? Amare qualcuno così a lungo e così<br />

tanto, e odiare qualcun altro fino alle viscere, e poi vederli sparire<br />

dal proprio mondo... era come se nessuno dei due fosse mai esistito.<br />

Come se entrambi fossero stati solo sogni, sogni che gli erano stati<br />

necessari. E che avrebbe, di tanto in tanto, resuscitato nella sua<br />

memoria. Uno dei due gli sarebbe mancato davvero molto.<br />

Wing e Morianna scesero giù per le scale, ma André e David<br />

presero l'ascensore insieme a Karl. Mentre attendevano, André<br />

improvvisamente si girò verso Karl e chiese: «Com'è? Essere di nuovo<br />

mortale?».<br />

Era così strano che André facesse una domanda così particolare<br />

che, quando la porta dell'ascensore si aprì, Karl non si mosse per<br />

entrare.<br />

Guardò André e David, i suoi fratelli di sangue. Tutto cambia,<br />

sempre, ma non tutti i cambiamenti sono in peggio.<br />

Karl ci pensò un momento. «Essere mortale è stato... come posso<br />

dire... una cosa soprannaturale».

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