You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
DALL'AUTRICE DEI BESTSELLER<br />
LA NOTTE DEI VAMPIRI E LA GUERRA DEI VAMPIRI<br />
Potenti e notturni, i vampiri che popolano il mondo creato da<br />
Nancy Kilpatrick si nutrono di sangue e di passioni, spinti all'eccesso<br />
dalla loro natura sovrumana. La notte è il loro covo, il momento<br />
ideale per rinsaldare alleanze millenarie e allacciarne di nuove e<br />
pericolose. Proprio quando la Guerra dei vampiri sembrava giunta al<br />
termine, un misterioso delitto turba l'equilibrio raggiunto a fatica. E<br />
quando un vampiro muore vuol dire che l'assassino dev'essere un<br />
suo simile. Ma chi è il traditore? Quale oscura minaccia incombe su<br />
André e i suoi amici? Con il suo carico di erotismo e orrore, la nuova<br />
regina del terrore tesse una trama avvincente e sorprendente, in<br />
grado di mescolare la suspense del mistery con i brividi dell'horror.<br />
In un mito che si perde nella notte dei tempi, molti sono gli enigmi<br />
che vengono chiariti, ma diversi altri costituiscono un mistero che<br />
verrà svelato solo nel prosieguo della saga. Un nuovo, affascinante<br />
tassello nello splendido Ciclo del potere del sangue.<br />
Nancy Kilpatrick è nata negli Stati Uniti ma attualmente vive a<br />
Montreal. Ama viaggiare e visitare castelli, cimiteri, ossari e musei di<br />
mummie, assieme al suo compagno, il fotografo Hugues Leblanc. Ha<br />
vinto numerosi premi ed è molto conosciuta a livello internazionale<br />
per i suoi scritti di fantasy e di mistery. Ha pubblicato quattordici<br />
romanzi e cinque raccolte di racconti e ha curato numerose<br />
antologie. Le sue opere sono state tradotte in moltissime lingue. La<br />
Newton Compton ha già pubblicato La notte dei vampiri, La guerra<br />
dei vampiri, Gli amori del vampiro e la raccolta di racconti Storie di<br />
vampiri.<br />
«Anne Rice, fatti da parte. Nancy Kilpatrick sta arrivando.»<br />
<strong>The</strong> New Yorker
VOLUME 093
Ciclo del Potere del sangue<br />
1. La notte dei vampiri<br />
2. La guerra dei vampiri<br />
3. La rinascita del vampiro<br />
4. Gli amori del vampiro<br />
Copertina di Alessandra Tiburtini<br />
Foto © Ilona Wellmann/Trevillion Images<br />
Ogni riferimento a persone, fatti o cose realmente accadute è<br />
puramente casuale<br />
Titolo originale: Reborn<br />
Copyright © 2004 Nancy Kilpatrick<br />
This edition published in agreement with the Proprietors through<br />
Piergiorgio Nicolazzini Literary Agency<br />
Traduzione dall'inglese di Gianni Pilo<br />
Prima edizione in questa collana: marzo 2011<br />
© 2008 Newton Compton editori s.r.l.<br />
Roma, Casella postale 6214<br />
ISBN 978-88-541-2736-4<br />
www.newtoncompton.com<br />
Realizzazione a cura di Corpotre, Roma<br />
Stampato nel marzo 2011 da Puntoweb s.r.l., Ariccia (Roma)
Nancy Kilpatrick<br />
La rinascita del<br />
vampiro
RINGRAZIAMENTI<br />
«La speranza è un sogno ad occhi aperti».<br />
Aristotele<br />
«Non vive a lungo chi sfida gli immortali...».<br />
Omero<br />
Grazie per il loro affetto e aiuto a: Seph Giron; Stephen Jones; Eric<br />
Kauppinen; Mike Kilpatrick; Hugues Leblanc; John Martins-<br />
Manteiga; Mandy Slater; Caro Soles; Mari Anne Werier. Un<br />
ringraziamento per l'aiuto nel lavoro di ricerca ai miei buoni amici:<br />
Sonja Barbe e Enrique Novella; Ezio Biasi; Daniel Dvorkin (aka<br />
Medic); Peter Kenter; Cathy Krusberg; Julie Leblanc e i ricercatori al<br />
St. Luc's Marc, Pannumzio, Allan Hazeth, Julie L. Hildebrand; Caro<br />
Soles; Lois Tilton. Un ringraziamento speciale a Rob Brautigam,<br />
senza il quale non avrei mai visitato la Germania. Sono grata al<br />
defunto Fabrice Dulac per la sua poesia meravigliosamente<br />
evocativa. E un grazie speciale a Hugues Leblanc per aver letto da<br />
cima a fondo il manoscritto, e per avermi aiutato a non impazzire in<br />
tutto quel tempo, e, ancor più per essere stato il mio tesoro. Speciali<br />
ringraziamenti a Lori Perkins, il mio agente, e agli amici alla Mosaic<br />
Press, e in particolare a Howard Aster per avermi dato l'opportunità<br />
di ristampare questo volume.
ENAGRA<br />
Tu che cammini con le ombre<br />
Il tuo cuore un fiore calpestato.<br />
Sono qui.<br />
Aspetto freddi baci<br />
Bramo la morte.<br />
Riesci a sentire la mia anima?<br />
Ho paura di te, di me.<br />
Nel crepuscolo mi affretto:<br />
La pioggia sul mio viso.<br />
Ed eccoti sul mio collo,<br />
Le tue dita avide sui miei seni<br />
I miei capezzoli come petali insanguinati.<br />
Velami con le tue ali,<br />
Respirami, divorami,<br />
Lascia che io fluttui come il tuo fantasma.<br />
Tu che cammini con le ombre,<br />
Lascia che il mio cuore sia il fiore calpestato nelle tue braccia.<br />
Le mie unghie spine sulla tua schiena.<br />
Sono qui.<br />
Voglio le tue labbra,<br />
Assetata del tuo amore.<br />
Sono qui.<br />
Riesci a sentirmi?<br />
Fabrice Dulac
PARTE PRIMA<br />
«Per ogni problema complesso c’è una soluzione<br />
semplice, chiara e sbagliata»<br />
H. L. Mencken
CAPITOLO 1<br />
Le luci ambrate dei lampioni a cupola facevano pensare a una<br />
scena da fine Ottocento, o perlomeno Michel immaginava che<br />
sarebbero apparse così le cose cento anni prima. Aveva visto<br />
qualcosa di simile in spezzoni di film dell'epoca. E nelle vecchie<br />
fotografie. Ma era su questa terra da meno di due decadi, non come<br />
la zia Chloe che esisteva da più di un secolo.<br />
Michel e Chloe risalirono in silenzio le strade tortuose sul fianco<br />
della montagna. Alla fine giunsero a una biforcazione, destra o<br />
sinistra; dritto davanti a loro c'erano i cancelli in ferro battuto del<br />
piccolo cimitero ebraico. Questo camposanto isolato era riparato<br />
dagli altri cimiteri della montagna. Mentre superavano quei cancelli<br />
chiusi, Michel osservò le tombe pulite e relativamente recenti, così<br />
bianche e basse, un cimitero quasi privo di monumenti. E nessuna<br />
cripta. Era stato là diverse volte, all'interno di quei cancelli, e benché<br />
fosse rimasto impressionato da alcune delle iscrizioni, quel cimitero<br />
nel suo insieme non l'aveva ispirato minimamente.<br />
Svoltarono a destra e poco più in alto, sulla collina, raggiunsero la<br />
fine della strada, l'arco di pietra che corona i cancelli del cimitero di<br />
Mont Royal. Da quel punto non scorgeva l'enorme croce illuminata<br />
che si poteva vedere da quasi tutti gli angoli di Montréal. Le croci<br />
non disturbavano quelli della sua razza, anche se le leggende dei<br />
mortali dicevano di sì. Ma buona parte della letteratura sui vampiri<br />
era falsa. E divertente. E per lo più era spazzatura. Era sicuro che per<br />
qualcuno potesse trattarsi di buone letture. Probabilmente non<br />
avrebbe trovato molto interessante quel qualcuno.<br />
Gli ampi cancelli in pietra e ferro in stile gotico, al tramonto<br />
chiudevano ai veicoli, ma restava aperto un comodo cancelletto<br />
laterale per i pedoni. Entrarono da lì. C'era una guardiola, ma sentì<br />
che il custode era impegnato a leggere, indifferente alle due persone<br />
che illegalmente s'introducevano fuori orario nel sepolcreto.<br />
Il cimitero "inglese" - pur essendovi sepolte anche persone francesi<br />
- si presentava relativamente ordinato. L'erba era ben tagliata. Le<br />
tombe distanziate tra loro. Non vi erano sezioni nascoste. Poche
tombe atipiche. Oh, c'era il monumento appena oltre i prati,<br />
laddove avevano inizio le lapidi. Lui e Chloe si fermarono a leggere:<br />
THOS LETT HACKETT, L.O.A.<br />
Che fu barbaramente assassinato a Victoria Square mentre tornava<br />
tranquillamente dal Divino Uffizio, il 12 luglio 1877.<br />
Questo monumento è stato eretto dagli Orangisti e dai<br />
Protestanti del Dominion come tributo alla sua memoria e per<br />
sottolineare il loro odio verso i suoi assassini.<br />
«Credi che si sia trattato di un omicidio politico?», chiese Michel.<br />
«Può darsi», disse Chloe. «A giudicare dalla data».<br />
«Può essere stata anche una rissa da bar», rise Michel. «Ma di certo<br />
stanno cercando di convincere tutti che fosse una specie di martire».<br />
«I mortali hanno bisogno di dare un significato alla morte. Non<br />
siamo tanto diversi da loro».<br />
Camminarono lungo l'ampio sentiero, sempre più su per la<br />
collina. Sulla sinistra, in lontananza contro gli alberi, vide l'enorme<br />
cripta Molson, la famiglia che possedeva la fabbrica di birra.<br />
Occupava una vasta area, e un paio di volte era salito attraverso i<br />
boschi dall'altra parte.<br />
Più oltre si ergeva il monumento McArthur, un opera in pietra<br />
bianca, rosa e beige, la volta a punta con i suoi altorilievi e quattro<br />
colonne, una a ogni angolo del piccolo tempio a sostenere quel<br />
tetto. Tre piccoli angeli della dimensione di un uomo si<br />
appoggiavano alle colonne: il quarto era stato rubato o distrutto<br />
anni prima. Il loro colore, nero, era l'effetto di un centinaio d'anni di<br />
inquinamento; era un bel colore. Sì, c'erano decisamente delle<br />
attrattive in quel posto. Una volta, quando era da solo, si era<br />
appoggiato alla quarta colonna, quella vuota, facendo finta di essere<br />
l'angelo mancante. «L'angelo della morte!», aveva gridato con voce<br />
terrificante, sollevando le braccia al cielo. Poi si era lasciato cadere in<br />
avanti, a faccia in giù, sull'erba soffice.<br />
Mentre passeggiavano, vide lo strano monumento che
assomigliava a quelle casse rettangolari dove venivano sepolti papi,<br />
cardinali e gli altri alti ecclesiastici. Quei blocchi di marmo di solito<br />
erano ricchi di particolari. Ne aveva visti alcuni in ferro, ora<br />
arrugginiti. Spesso quelle tombe erano isolate dal resto con una<br />
catena.<br />
Michel e Chloe avevano scelto l'ingresso orientale, non per la sua<br />
vicinanza alla loro casa a Westmount, ma perché quella sera<br />
avevano vagato per tutta la città finendo con l'aggirare la montagna.<br />
Non aveva importanza. Mancavano ancora parecchie ore al sorgere<br />
del sole. L'alba era il momento del riposo per Chloe, ma Michel<br />
riusciva ancora a sopportare i raggi del sole, anche se non bene<br />
come quando era un ragazzino.<br />
Nel terso cielo autunnale, la luna nuova si stagliava alta,<br />
riversando sulla terra la sua luce bianca che faceva brillare le lapidi<br />
abbastanza perché sembrassero imbiancate.<br />
Proseguirono in ossequioso silenzio, muovendosi meccanicamente<br />
lungo il viale principale: a un incrocio deviarono nello stesso istante,<br />
su un sentiero secondario piuttosto che su un altro, sincronizzati,<br />
come sapessero per istinto dov'erano diretti.<br />
«Ho letto che oggi ci sono più persone vive di quante ne siano<br />
mai morte. Ho fatto i calcoli. Penso sia vero», disse Michel.<br />
Con la coda dell'occhio intravide del movimento. Una volpe<br />
rossa sfrecciò tra le tombe. I muscoli sinuosi dell'animale guizzavano<br />
sotto il manto peloso. Gli occhi lampeggiarono rossi quando si<br />
bloccò a fissarli, consapevole di essere in prossimità di predatori.<br />
Michel non le avrebbe fatto del male, e neppure Chloe, ma<br />
avrebbero potuto, e la volpe lo sapeva. Chloe una volta aveva detto<br />
che, per quanto riguardava gli animali, le buone intenzioni non<br />
portavano lontano, e lui era d'accordo.<br />
Michel avverti la presenza di mortali, una strana energia che mutò<br />
l'aria, in modo visibile e intangibile, rendendola più solida e al<br />
contempo elettrica. Con la sua acuta vista notturna ispezionò la<br />
collina dietro la volpe. Là! Sopra una tomba, circondata su tre lati da<br />
alberi, sedeva una coppia. No, la femmina era seduta, o meglio<br />
sdraiata sopra la lapide. Il maschio era tra le sue gambe aperte.<br />
Erano nudi. Comprese quello che stava accadendo, una cosa che lo
iempì di una curiosità infinita. Le sue orecchie sensibili percepirono<br />
il loro respiro concitato, il suono vischioso dei loro corpi stretti in<br />
una passione selvaggia. L'uomo si muoveva ritmicamente. La donna<br />
gemeva a bassa voce. Poi Michel fu raggiunto da un profumo che lo<br />
colse di sorpresa: sangue. Il sangue mestruale della donna. Ad ogni<br />
singolo movimento, sgorgava fuori sulla superficie di pietra della<br />
lapide, tingendola di un rosso brillante! All'improvviso la volpe<br />
fuggì. Corse via nella notte. Michel sentì uno schiocco quando le sue<br />
zampe spezzarono un ramo, nel disperato tentativo di allontanarsi e<br />
quindi conquistare una certa sicurezza, non dai mortali intenti a<br />
fornicare, ma da Michel e Chloe.<br />
Quest'ultima aveva girato leggermente la testa per osservare<br />
l'animale e la coppia. «Sesso e morte», disse piano. «I mortali<br />
adorano questo connubio. Sospetto che neppure sotto questo punto<br />
di vista siamo molto diversi».<br />
I mortali non si erano resi conto della volpe e degli esseri che<br />
stavano camminando sul sentiero e che avrebbero potuto renderli<br />
ospiti permanenti del posto che avevano scelto per la loro intimità.<br />
Sulle labbra piene di Chloe si stampò un sorriso, che ricordava<br />
così tanto il suo. Michel osservò il profilo della zia. I suoi capelli<br />
bianchi scintillavano argentei nella luce lunare. Era una donna<br />
sorprendente. Tutte le femmine della sua razza erano attraenti - era<br />
la loro natura, pensò, apparire seducenti, indipendentemente dall'età<br />
a cui si erano trasformate - probabilmente era una questione di<br />
sopravvivenza. Non solo erano seducenti per i mortali, erano<br />
addirittura ipnotiche l'una per l'altra. Sapeva che si trattava di un<br />
meccanismo al tempo stesso difensivo e offensivo, perché quelli della<br />
sua razza rappresentavano una minaccia l'uno per l'altro, anche se a<br />
questo proposito non aveva ancora le idee molto chiare.<br />
Chloe aveva gli stessi tratti francesi di suo padre, tratti che lui<br />
aveva ereditato: un mento pronunciato, il naso lungo, espressivi<br />
occhi a mandorla. Gerlinde diceva che sembravano tutti modelli<br />
usciti da un quadro rinascimentale, e lui aveva visto un numero<br />
sufficiente di opere d'arte da sapere che era vero.<br />
«La povera terra ospita più vita di quanto non abbia mai fatto»,<br />
disse alla fine Chloe lasciandolo di stucco, perché aveva persino
dimenticato di aver detto qualcosa. «Questo riesce sempre a<br />
sorprendermi. È un bel gesto della Grande Madre, la madre di noi<br />
tutti, nutrirci quanti siamo. Ma mi chiedo se il suo latte non si sia<br />
ormai inacidito».<br />
Proseguirono lungo la bassa collina, oltre il cimitero dei fanciulli<br />
sulla sinistra, il terreno delineato da piccole tombe per piccoli<br />
occupanti, due metri sotto terra. Semplici incisioni - nomi, date, certe<br />
volte una citazione biblica - spesso ornate da un'immagine in pietra.<br />
Le preferite erano agnellini e pingui cherubini. Qualcuno aveva<br />
posto un unicorno giocattolo contro una delle lapidi.<br />
Michel si domandò come fosse morire. Lui non sarebbe mai<br />
morto. Adesso lo sapeva. Aveva preso la sua decisione, o almeno<br />
per la maggior parte del tempo sentiva di averlo fatto, benché<br />
dovesse ancora persuadersi che una scelta mentale potesse cambiare<br />
qualcosa. Non era stata poi una grande decisione, anche perché<br />
quali erano le alternative? Invecchiare e morire, allontanarsi dai suoi<br />
genitori e da tutti gli altri della sua comunità? O essere parte del loro<br />
mondo per sempre e continuare ad abbracciarne le ricchezze. Per<br />
sempre o almeno fino a quando la sua razza fosse stata in grado di<br />
sopravvivere. Nessuno aveva ancora scoperto il motivo della loro<br />
longevità, ma il più vecchio che conoscevano superava i 700 anni.<br />
Non riusciva ad immaginare un simile lasso temporale. Lui respirava<br />
da appena sedici anni.<br />
Ma le cose stavano cambiando. Lui stava cambiando, ed era una<br />
cosa sconcertante. Riusciva ancora a tollerare il mondo della luce,<br />
anche se chiaramente non sarebbe durata per molto. La sua pelle era<br />
diventata sempre più sensibile man mano che consumava sempre<br />
meno cibo solido e si affidava solo al sangue. Non riusciva ad<br />
immaginare una vita in cui non avrebbe mai più sollevato lo sguardo<br />
verso il cielo blu per fissare il sole brillante, ma tutti quelli ai quali<br />
era vicino vivevano da tempo senza la luce del sole. Si chiese se gli<br />
sarebbe mancata. Agli altri mancava, perché certe volte li sentiva<br />
parlare del sole con gli stessi toni riverenti con cui aveva sentito<br />
sacerdoti e rabbini parlare di Dio, o i buddhisti menzionare il<br />
Buddha, o i musulmani fare riferimento ad Allah. Il sole era divenuto<br />
per quelli della sua razza la cosa più sacra di tutte, un che di<br />
inaccessibile e tuttavia desiderabile più d'ogni altra cosa. Gli sembrò
difficile immaginare di sentirsi a quel modo, e cosa avrebbe provato<br />
nel momento in cui fosse stato privato per sempre della luce del<br />
giorno?<br />
Ma le sue giornate erano ancora piene di mortali, tutt'intorno a<br />
lui: certe volte lo soffocavano con i loro odori che erano quasi<br />
tangibili, come se potesse sentire l'aria spandere il profumo dei loro<br />
corpi o il respiro che fuoriusciva dalle loro narici. Già sentiva il<br />
battito dei loro cuori dentro di sé come le vibrazioni prodotte da<br />
tamburi che risuonavano in eterno. Osservava e udiva l'aria passare<br />
nei loro polmoni porosi, sentiva i succhi gastrici guizzare nello<br />
stomaco e nell'intestino. Certe volte, lo stimolo era quasi<br />
insopportabile. Sua madre gli aveva detto di abituarsi a un simile<br />
sovraccarico dei sensi e imparare a contenerlo, tranne quando<br />
cacciava, cosa che doveva ancora fare. Forse era così. O forse no.<br />
Per ora, sentiva che sarebbe stato così per sempre. Persino in quel<br />
momento, benché lui e Chloe si fossero allontanati, riusciva ancora a<br />
sentire l'ansimare, i rumori umidi di quei due sulla collina mentre<br />
raggiungevano entrambi l'orgasmo, e questo lo infastidiva e lo<br />
spaventava allo stesso tempo, per tanto quelle sensazioni erano forti.<br />
Poi li sentì ridere insieme, baciarsi...<br />
Doveva ammettere che trovava i mortali affascinanti. Vivevano<br />
come se fosse per sempre, e ovviamente non era così. Si chiese in che<br />
modo funzionassero le loro menti, come riuscissero a non curarsi<br />
della morte fino a quando non erano intrappolati, costretti ad aprire<br />
quella porta con mani tremanti. Per lui erano così misteriosi. E alcuni<br />
- più o meno della sua età - li trovava incredibilmente attraenti,<br />
nonostante ritenesse gran parte degli adolescenti spaventosi. Si<br />
comportavano in maniera stupida e avevano sviluppato maniere<br />
triviali e false che lo ferivano. Le loro preoccupazioni erano banali, e<br />
collimavano solo marginalmente con le sue. Lo scopo principale<br />
della sua esistenza era stato quello di espandersi e svilupparsi sin<br />
dalla sua nascita. Non poteva fare a meno di essere com'era. Il<br />
mondo della sua razza era di quelli che quei portatori di sangue<br />
nemmeno osavano sognare, e lui ci viveva. Sempre. Era la sua realtà.<br />
E nessuno dei libri o film su quelli che loro chiamavano "vampiri" si<br />
avvicinava a comprendere la sua esperienza, dunque come potevano<br />
quei mortali relazionarsi a lui?
La parte peggiore dell'essere in mezzo ai mortali era il suo<br />
comportamento che stava cambiando. Adesso si sentiva attratto per<br />
nuove ragioni. Era sempre più cosciente della loro energia sessuale e<br />
parimenti cosciente della vita che pompava nelle loro vene. Li<br />
vedeva come fresco cibo succulento, cosa che lo eccitava e lo<br />
disturbava insieme. Doveva imbrigliare questi appetiti contrastanti<br />
che lo trascinavano verso un limite sempre più lontano ogni secondo<br />
della sua vita. Suo padre gli diceva di rilassarsi. Lui era un<br />
adolescente. Col tempo avrebbe tenuto a bada le sue passioni, e una<br />
volta iniziato a prendere il sangue dalle vene umane, sarebbe andata<br />
meglio. Michel non si sentiva troppo convinto. Dopotutto, né i suoi<br />
genitori né nessun altro della sua comunità avevano passato quello<br />
che stava passando lui. Nessuno di loro era nato così, ed erano stati<br />
tutti creati. Le sue emozioni vacillavano in modo talmente estremo<br />
che il più delle volte desiderava semplicemente correre a<br />
nascondersi. Da tutto. E da tutti. Specialmente da se stesso.<br />
Raggiunsero la bassa recinzione che separava i due cimiteri<br />
principali: qualcuno aveva di nuovo lasciato aperto il cancello<br />
piccolo. A ridosso di entrambi i lati della recinzione c'erano le tombe<br />
dei militari, sottili pietre più bianche del bianco, curve e simili tra<br />
loro, con incise sopra delle croci e delle bandierine canadesi con la<br />
foglia d'acero conficcate nel terreno come un tributo per ciascun<br />
soldato.<br />
Più in alto sulla collina divenne visibile la cappella che ospitava le<br />
urne con le ceneri. L'edificio conteneva delle cassette, con fiori<br />
morenti legati ai manici e colorate lampade funerarie allineate in<br />
terra. A volte c'erano le fotografie del defunto. Non gli piaceva<br />
molto quell'edificio, ma lo preferiva di gran lunga alle volte<br />
sotterranee, così moderne, soffocanti, così orribilmente asettiche da<br />
far sembrare di essere in un laboratorio sterile interrato dove i morti<br />
non erano davvero morti ma soltanto impacchettati fino a quando<br />
non fosse passato qualche essere ignaro... Forse aveva visto troppi<br />
film dell'orrore, ma quel posto gli faceva venire i brividi. Se fosse<br />
morto lui, di certo avrebbe sperato che i suoi resti non venissero mai<br />
riposti in un luogo tanto raccapricciante.<br />
Adesso erano nel Cimetière Notre-Dame-des-Neiges, il cimitero di<br />
Nostra Signora delle Nevi, comunemente chiamato cimitero Cóte-
des-Neiges, il cimitero francese. Quel pendio di tombe risalenti<br />
all'inizio del 1800 era ingombro. Forse si trattava di qualcosa a<br />
livello cellulare, ma istantaneamente si rilassò sentendosi "a casa",<br />
parte di una comunità. I suoi antenati culturali giacevano là, e trovò<br />
la cosa confortevole e rassicurante.<br />
Le luci delle candele e le lanterne puntellavano le colline e le valli<br />
gremite, brillando come spettrali segnali stradali, chiamando i<br />
visitatori notturni da questa o da quella parte. Nell'arco di quasi due<br />
secoli era stata impiegata un'ampia varietà di stili e materiali, e quella<br />
vista di tombe tutt'intorno agli alberi sembrava caoticamente<br />
familiare a Michel, come se lui appartenesse a quel posto.<br />
«Pensi che io sia macabro?», domandò improvvisamente a sua zia.<br />
Chloe lo strinse in un rapido abbraccio. «Non più macabro di me.<br />
Questo cimitero è talmente silenzioso e affascinante. Perché dici<br />
così?»<br />
«Be', sono tutti morti. Ma a me piace qui. Hai paura della<br />
morte?».<br />
Chloe parve un po' triste. «Michel, io sono morta. Tutti noi lo<br />
siamo».<br />
«Io no».<br />
«No, ma tu sei un'eccezione».<br />
Detestava quando lo dicevano. Solo perché lui era nato da una<br />
donna mortale e da uno della loro razza: be', sua madre all'epoca<br />
era mortale, ma suo padre l'aveva condotta dall'altra parte...<br />
«Tutti noi siamo passati attraverso la morte, Michel. È un processo<br />
miracoloso. Nascere, vivere, morire e rinascere».<br />
Lui era nato e stava vivendo una vita. Ma non sarebbe morto.<br />
C'era qualcosa di molto strano in quella situazione. Sbagliato. Per la<br />
maggior parte del tempo andava bene, ma certe volte lo faceva<br />
sentire come se fosse stato... imbrogliato. E solo. Lui era l'unico<br />
essere esistente che non sarebbe mai morto? Come poteva essere?<br />
«Ma quando sei morta... avevi paura?»<br />
«Sì. Suppongo che ce l'abbiano tutti. E nel mio caso, è successo<br />
talmente all'improvviso, l'attacco...».
Lei in realtà non ne aveva mai parlato, anche se a lui qualcosa<br />
avevano accennato. Sua zia, David, Karl e alcuni degli altri erano<br />
stati creati da uno della loro razza che chiamavano Antoine. Questi,<br />
come avevano detto loro, era pazzo. Michel una volta l'aveva visto,<br />
in azione. Allora aveva dieci anni, ma nei suoi ricordi era come una<br />
specie di incubo, non reale, e la cosa aveva avuto un grande impatto<br />
su di lui. Non gli piaceva ripensare ai giorni in cui era stato rapito.<br />
«Mi racconti che cosa è successo? Quando... Antoine ti ha presa?<br />
Com'è stato?».<br />
Chloe per un momento si limitò a fissare davanti a sé. «Fammici<br />
pensare».<br />
Risalirono un'altra collina, e presero un sentiero ancora più<br />
stretto, verso le enormi cripte sepolte nella terra. Se ne vedevano<br />
soltanto le porte e le mura frontali. Michel si fermò davanti a un<br />
ingresso particolarmente decorato con un cancello di metallo<br />
lavorato. All'interno, alcune bare di legno impolverate erano state<br />
impilate sopra altre bare, appoggiate a pesanti sbarre di ferro, una<br />
mezza dozzina in tutto. In un angolo vicino al condotto dell'aria sul<br />
soffitto tre piccole bare erano state accatastate a caso, piccoli oggetti<br />
di legno nero, con decorazioni a zig-zag, ciascuno unico, con dei<br />
manici in metallo ornati... Erano morti tutti. Tutti quanti. Ma lui<br />
no...<br />
A Michel piaceva guardare dentro le cripte. L'odore di ferro e<br />
terra lo affascinava. Gli ricordava un po' il sapore del sangue. C'era<br />
anche il profumo della decomposizione, dato che l'imbalsamazione<br />
non era ancora stata inventata quando gran parte di quelle persone<br />
era morta. Pensò che viaggiare nel tempo doveva essere una cosa<br />
simile a quella, carpire il profumo di un'altra era, del tempo<br />
compresso in un piccolo spazio.<br />
La cripta successiva aveva una pesante porta di ferro, con pochi<br />
piccoli buchi, simili a fori di proiettile. Con la sua vista acuta, fu in<br />
grado di vedere chiaramente attraverso quei buchi nella penombra.<br />
Un vecchio inginocchiatoio rotto, la parte posteriore con il bracciolo<br />
sollevato e il sedile in terra, il tessuto ammuffito e la paglia della<br />
vecchia imbottitura marcia... Uno splendido bicchiere e una lanterna<br />
d'ottone erano appoggiati sopra una bara. Da che anno? Si chiese.
Chi li aveva messi lì? Chi si era inginocchiato su quella panca e per<br />
chi si erano afflitti? Per quanti anni quei fiori secchi erano rimasti<br />
sopra la bara di metallo ormai arrugginita? Per quanto tempo quel<br />
crocifisso d'argento annerito era rimasto appeso al muro a<br />
raccogliere la polvere del tempo? Inciso nella pietra sopra la porta<br />
c'era il nome Leblanc. Chi era venuto ad addolorarsi per i Leblanc?<br />
Veniva ancora qualcuno? Com'era soffrire per la perdita di qualcuno<br />
che si amava? Lui non aveva mai patito la perdita di nessuno,<br />
nessuna delle persone vicine a lui era morta. E aveva conosciuto solo<br />
una persona che era morta, si trattava di uno di quelli che l'avevano<br />
rapito, ma non aveva provato nulla, anche se lui era stato testimone<br />
della sua morte. Non aveva sentito nulla benché tutti gli altri della<br />
sua razza avessero avvertito quel trapasso in un modo personale,<br />
fisico, qualcosa che lui non riusciva a comprendere. Il suo mondo gli<br />
pareva piccolo, e desiderava uscirne per esplorare i più vasti reami<br />
della realtà fisica ed emotiva. Sentiva che qualcosa lo aspettava al di<br />
là di quello che conosceva, e percepiva un richiamo, come se una<br />
sirena lo stesse attirando. Non gli importava che fosse più verso la<br />
vita o verso la morte: il fatto che non poteva essere certo di quali<br />
potessero essere le conseguenze rendeva il tutto ancora più eccitante.<br />
Semplicemente voleva, aveva bisogno di andare e seguire quel<br />
canto, come fosse il richiamo del suo stesso cuore, e ignorarlo<br />
avrebbe significato la disgrazia.<br />
Avevano vagato lungo i vialetti principali, riscendendo verso<br />
valle. Così tante tombe. Così tanti morti.<br />
«Da questa parte», disse Chloe, e lui sapeva dove lo stava<br />
conducendo. Una leggera deviazione. Verso il monumento Cotroni,<br />
una grande scultura bianca di un angelo che bacia la testa della figura<br />
distesa. Era incredibilmente bella ed era la preferita di Chloe nel<br />
cimitero.<br />
Rimasero fermi davanti al monumento, a fissare le linee del<br />
marmo così fluide, la delicatezza di quel gesto davvero toccante.<br />
«Ero sola, ovviamente», disse all'improvviso Chloe.<br />
Michel si domandò di cosa stesse parlando, ma poi gli fu chiaro: il<br />
suo incontro con Antoine.<br />
«Venne da me una notte, nella mia camera da letto. Perché io,
perché il piccolo villaggio vicino Bordeaux, perché quel momento...<br />
Mi sono domandata quale karma contorto dovessi scontare, ma non<br />
ci sono risposte per domande simili. Non lo conoscevo. Lui non<br />
conosceva me. Per quel che ne so, sembravano non esserci ragioni<br />
per cui dovesse scegliere me».<br />
Per qualche istante non aggiunse altro e Michel si chiese in che<br />
modo potesse farla continuare. «So che quelli della nostra razza<br />
spesso seducono i mortali...».<br />
«Non si trattava di seduzione! È stata un'aggressione!», lo<br />
interruppe lei con un tono inconfondibile.<br />
«Mi dispiace. Non avevo intenzione di farti arrabbiare...».<br />
«Non sono arrabbiata con te Michel. È quel fatto a farmi<br />
arrabbiare, benché sia stato quasi 200 anni fa. La pura e semplice<br />
violenza. Il risentimento per quanto accadde rimarrà sempre con me.<br />
Ha dilaniato il mio corpo come un animale rabbioso. Metà della mia<br />
gola era stata strappata via. Uno dei seni era stato squarciato. La<br />
carne sulle braccia e sulle gambe e particolarmente i genitali, come se<br />
nutrisse un particolare odio per le femmine, anche se adesso, certo,<br />
dopo aver parlato con Karl e con David, capisco che non era quello<br />
il caso. Ci sono altri che sono stati trasformati da lui secoli fa e<br />
Antoine dev'essere stato diverso allora. Meno barbaro, sebbene<br />
sempre depravato».<br />
Michel riusciva a sentire il terrore e la furia di Chloe. Fece correre<br />
un braccio intorno alla sua spalla, e le vibrazioni del corpo di lei<br />
risvegliarono in lui un forte istinto di protezione. Riusciva a<br />
malapena a immaginare la violenza che aveva patito. Antoine, nel<br />
loro breve incontro, gli era sembrato sconvolto. E comunque Michel<br />
non aveva avuto a che fare direttamente con lui dopo essere stato<br />
rapito nel parco con Kathy. La corsa nel van. Poi la stazione<br />
ferroviaria. Quindi David che l'aveva salvato. Per tutto quel tempo<br />
Antoine era stato una figura silenziosa sullo sfondo. Aveva detto<br />
poche parole, ma la sua energia era maligna e Michel era rimasto<br />
alla larga da lui.<br />
Poi c'era stata la notte a Fire Island. Antoine era là, pronto alla<br />
battaglia con i suoi soldati, e Julien aveva condotto i genitori di<br />
Michel e gli altri come fossero un esercito, mentre Michel era dovuto
andare con loro perché non potevano lasciarlo da solo. Sembrava<br />
essere passato molto tempo, e i dettagli erano svaniti nella memoria.<br />
Sapeva solo che tutto ruotava intorno a lui e a un certo potere che<br />
Antoine voleva da lui.<br />
Un potere che Michel non riusciva a comprendere, perché non<br />
riusciva a sentirlo dentro di sé, anche se sua madre, suo padre e gli<br />
altri sembravano convenire sul fatto che lui lo possedesse.<br />
Chloe cominciò a rilassarsi un po'. Si protese e gli accarezzò la<br />
mano, appoggiando la testa contro la sua spalla.<br />
«L'esperienza di essere presi con una tale brutalità non è nulla se<br />
paragonata al mio risveglio. Ero sola. Nella mia bara. Due metri<br />
sotto terra. Ovviamente nessuno poteva saperlo, dato che non ero<br />
esattamente viva in base ai parametri normali. Ma chiaramente non<br />
ero morta».<br />
Michel si sentì inorridire. «Non sapevo che eri stata sepolta viva!».<br />
«Sì».<br />
Fu percorso dai brividi. Poteva soltanto immaginare come doveva<br />
essere stato.<br />
«A quei tempi in quella regione era d'uso appendere una<br />
campanella sopra la tomba, con una cordicella che scendeva giù nel<br />
terriccio fin dentro la bara. Nel caso che il morto non fosse<br />
realmente morto. Suonava la campana e veniva esumato».<br />
«Tu hai suonato la campana?»<br />
«Il mio corpo era talmente mutilato che i miei cari non avevano<br />
alcun dubbio che fossi morta. Non si preoccuparono di mettere una<br />
campana».<br />
«Come sei fuggita dalla tua tomba?»<br />
«In un modo molto tradizionale». Si spostò di alcuni passi<br />
interrompendo il loro contatto. Chloe mise la mano sulla testa<br />
dell'angelo. «Mi sono fatta strada scavando».<br />
«Wow!».<br />
«Le bare a quel tempo erano ancora fatte di legno. E la terra<br />
veniva vangata, non arata come oggi. E naturalmente i corpi non
venivano imbalsamati. Fortunatamente aveva piovuto e, anche se<br />
non è facile scavare nel fango, allora fu più semplice che se il terreno<br />
fosse stato asciutto e compatto. Mi ci vollero quasi due notti e poi,<br />
quando ero vicina alla superficie, mezza impazzita, morta di fame,<br />
senza sapere ancora cosa fossi, dovetti seppellirmi nuovamente<br />
quando la luce del sole m'investì, e attendere un velo di oscurità<br />
prima di poter emergere».<br />
«E continui ad amare i cimiteri!», disse Michel a cuor leggero. Non<br />
riusciva a capire perché.<br />
«Suppongo che una persona sia sempre attratta dal luogo dove si<br />
è verificato un avvenimento traumatico. Come disse Carl Jung: "La<br />
nostra più grande ferita è la nostra più grande benedizione, e il<br />
luogo dove può esservi guarigione".<br />
Vieni», disse lei e, con grande costernazione di Michel, si diressero<br />
giù per la collina. «Quando sono emersa, ovviamente sono tornata a<br />
casa. Dove va uno quando torna dalla morte? Molti dei miei figli<br />
erano adulti e sposati, e mi accolsero, naturalmente rallegrandosi del<br />
fatto che fosse stato commesso un errore. Ad ogni modo erano<br />
visibilmente turbati. Le ferite profonde inflittemi da Antoine<br />
avevano cominciato a guarire in fretta: si pensava fossi stata assalita<br />
da un lupo, dato che all'epoca i lupi erano ancora diffusi in Europa.<br />
Quei lupi, non come quelli che vediamo oggi, erano grossi e feroci.<br />
Sono alla base delle leggende sui lupi mannari.<br />
La mia figlia più grande e suo marito mi diedero una stanza.<br />
Pensavano fossi stremata e mi lasciarono dormire per diversi giorni.<br />
Di nascosto, mi alzavo la notte e mi facevo strada per la casa,<br />
osservando loro e i loro figli - i miei nipoti - mentre dormivano. Ero<br />
affetta da una brama che non ero in grado di identificare ma<br />
istintivamente sapevo di essere una minaccia per la mia famiglia.<br />
Sai come vediamo i mortali. Come percepiamo il sangue, come<br />
riusciamo a sentirlo pulsare nelle vene, odorare la sua rossastra<br />
fragranza ancor prima di trapassare la pelle. Tutto questo e altro<br />
ancora avevo percepito con grande intensità; non mi ero ancora<br />
nutrita. Ero debole, ma la fame divenne ossessiva, e servì tutta la mia<br />
forza per non cedere. Alla fine, dopo che fu trascorsa una settimana,<br />
dovetti fuggire. Non c'era altro modo. Non sapevo che cosa ero, ma
sapevo di costituire un pericolo per quelli che amavo».<br />
«Dove stiamo andando?», chiese Michel, benché sentisse di saperlo<br />
già. Erano diretti al Columbarium, le moderne volte sotterranee.<br />
Quel posto gli dava i brividi. Per qualche motivo, Chloe voleva<br />
sempre passeggiare là. Lui non sapeva perché, non voleva saperlo,<br />
ma quando vide l'ingresso, si irrigidì di fronte a quella che sarebbe<br />
stata un'esperienza spiacevole.<br />
«Voglio soltanto controllare le nuove inumazioni», disse lei.<br />
«Voglio assicurarmi che ci sia ancora spazio per seppellire».<br />
«Ma perché?», chiese lui.<br />
«Non sai mai quando potresti aver bisogno di trovare una dimora<br />
eterna per qualcuno che ami».<br />
«Come fai a sopportare questo posto?», domandò Michel. «Lo<br />
trovo spaventoso, come in un film dell'orrore».<br />
Lei lo guardò e rise. «Sono talmente più vecchia di te. Suppongo<br />
che l'intensità dello spazio compresso sotto terra mi costringa in<br />
qualche modo. E mi ricorda la mia sepoltura».<br />
«Allora perché andare là dentro?»<br />
«Forse sto cercando di rivivere tutto. Trovare un modo per<br />
purificarmi dai ricordi».<br />
Per lui questo aveva senso mentalmente ma non emotivamente.<br />
L'ultima cosa che voleva fare era rivivere qualcosa di doloroso. Forse<br />
le persone cambiavano quando diventavano più vecchie. Forse<br />
volevano affrontare le cose spaventose. Non lo sapeva con certezza.<br />
Quello che sapeva è che non era nei suoi piani.<br />
«Michel, perché non fai il giro e ci incontriamo all'uscita?».<br />
Si sentì sollevato per il fatto che l'avesse suggerito.<br />
Il Columbarium aveva la forma di due rettangoli disposti a L, con<br />
una sezione circolare nel mezzo che li collegava e un'altra prima<br />
l'uscita. Era lungo quanto un paio di isolati cittadini. Da lontano era<br />
un gigantesco cumulo di suolo erboso con lucernai nel terriccio e<br />
finestre alla base della bassa collina che davano l'idea della forma.<br />
Chloe poteva rimanervi dentro per un bel po', e di solito lo faceva.<br />
Se fosse andato con lei, si sarebbe sentito a disagio per tutto il
tempo.<br />
«Okay», disse in fretta lui. «Ci vediamo dall'altra parte».<br />
«Bene», rispose lei, e lo baciò sulla guancia.<br />
Chloe si girò e proseguì verso la porta. Era chiusa, naturalmente,<br />
ma si servì delle chiavi che aveva fatto fare in modo da poter entrare<br />
quando voleva. Michel si girò dall'altra parte e si diresse verso la fila<br />
di cripte lungo il sentiero, delle costruzioni vecchie, su una lieve<br />
salita.<br />
Le vecchie cripte lungo quel sentiero erano affascinanti come<br />
quelle che avevano appena visitato. Poteva raggiungere quella<br />
adiacente senza salire e scendere le scale, come un postino che<br />
scavalca la staccionata della casa successiva senza fare il giro. Gran<br />
parte delle porte erano solide, ma alcune presentavano delle<br />
aperture. All'interno c'erano feretri d'ogni sorta. L'odore di muffa era<br />
intrigante. Una cripta ospitava due bare, e una targa all'esterno<br />
diceva che erano sposati, Natasha-Louise e Jacques-François, ed<br />
entrambi erano morti giovani. Si chiese come sarebbe stato fare sesso<br />
là dentro. Come quella coppia che avevano visto farlo in una cripta.<br />
Perverso. In realtà si chiese come sarebbe stato fare sesso e basta!<br />
Tranne che con se stesso, quello lo sapeva.<br />
C'era una ragazza che aveva conosciuto di recente, fuori da un<br />
cinema. Era andato con Gerlinde e Karl, e la ragazza era là con tre<br />
sue amiche. Aveva capelli corti e a punta, tinti di blu chiaro. E aveva<br />
delle lunghe extension nere che facevano sembrare la sua testa simile<br />
a un ragno, cosa che lui trovava molto attraente. L'anellino che<br />
aveva sul labbro inferiore era per Michel particolarmente sexy, e si<br />
era chiesto come sarebbe stato baciare qualcuno col piercing sulle<br />
labbra.<br />
Lei aveva sollevato lo sguardo verso di lui con quei lucenti occhi<br />
dalla forma allungata segnati con la matita nera, e aveva sorriso.<br />
Michel si era sentito in imbarazzo. Le femmine mortali lo<br />
imbarazzavano sempre anche se sapeva che lo trovavano attraente.<br />
Era la sua natura, ovviamente.<br />
Non sapeva che cosa fare, se non sorridere a sua volta.<br />
«Sembra un bel film», aveva detto lei.
Lui si era sentito stupido e aveva annuito, sempre sorridendo,<br />
chiedendosi perché fosse così sorpreso. Gerlinde si era girata in quel<br />
momento, aveva aperto la bocca per dire qualcosa, poi l'aveva<br />
richiusa e si era voltata, e di questo lui le era stato grato. Gerlinde<br />
era molto divertente, ma quello non era il momento per una delle<br />
sue intelligenti osservazioni.<br />
«Io... ho visto il primo», aveva detto Michel.<br />
«Anche io».<br />
E adesso? «Le giacche in pelle erano grandiose».<br />
«Oh, sì! De la belle confection. C'etait». Parlava franco-inglese,<br />
come molti a Montréal, una combinazione di inglese e francese.<br />
«J'ai marias en avoir un».<br />
«Mot aussi!».<br />
Be', ad entrambi sarebbe piaciuto avere una delle giacche del film.<br />
Avevano qualcosa in comune. Ma poi la fila aveva preso a scorrere e<br />
lei si era girata di nuovo verso le sue amiche, mentre lui era<br />
avanzato insieme a Karl e a Gerlinde. Si erano seduti quasi a metà,<br />
una scelta di Karl, e la ragazza si era sistemata con le sue amiche più<br />
avanti. A un certo punto, si era girata sulla sua poltrona<br />
ispezionando la folla come in cerca di volti familiari. I loro occhi si<br />
erano incontrati e lei aveva sorriso di nuovo mentre gli faceva un<br />
cenno. Michel si era limitato a sollevare una mano per ricambiare<br />
mentre lei si girava.<br />
Una volta iniziato il film, aveva trascorso gran parte del tempo a<br />
guardarle la nuca. Lei aveva riso molto insieme alle sue amiche.<br />
Mangiato del pop-corn. Bevuto Coca-Cola da una cannuccia. Si era<br />
grattata il naso. A Michel piaceva il modo in cui si sporgeva per<br />
sussurrare all'orecchio della sua amica, e come le extension si<br />
scuotevano simili a code di serpente. A dire il vero aveva trovato<br />
tutti quei gesti, così semplici e ordinari, irresistibili. E quando il film<br />
era terminato - e lui se n'era perso buona parte distratto dalle<br />
elucubrazioni mentali su cosa fare o non fare - aveva giurato che<br />
sarebbe andato a chiederle il numero di telefono.<br />
Si era separato da Gerlinde e Karl dicendo che li avrebbe raggiunti<br />
all'ingresso, e aveva inseguito le quattro ragazze che se ne stavano
andando da una uscita laterale. Le aveva raggiunte mentre si<br />
affacciavano sulla strada.<br />
All'improvviso, si era sentito nervoso. Era un'idea talmente<br />
stupida! Come avrebbe mai potuto chiederle il numero di telefono?<br />
Lei non lo conosceva neppure, quindi non glielo avrebbe dato,<br />
ovviamente. Avrebbe pensato che era un porco o qualcosa del<br />
genere.<br />
Le aveva superate ma senza allontanarsi troppo, si era fermato<br />
scrutando la strada, desiderando di essere un fumatore, o almeno<br />
avere una sigaretta per poter far finta di fumare.<br />
All'inizio aveva avuto paura di girarsi indietro. Paura che lei non<br />
l'avrebbe notato. O che non si sarebbe ricordata di lui. O peggio,<br />
che l'avrebbe visto e avrebbe svoltato, ignorandolo, rivelando così la<br />
verità che lui aveva covato nell'ultima ora e mezzo, ossia che era<br />
solo stata gentile, come sarebbe stata con chiunque altro. Non c'era<br />
nessun interesse particolare. Lui si stava ingannando a vedere<br />
dell'interesse laddove non ve n'era affatto. Come sarebbe stato<br />
umiliante quel rifiuto. E imbarazzante.<br />
Ma in quel momento lei era passata davanti a lui con le sue<br />
amiche. Poi aveva girato la testa e dopo aver sorriso aveva detto:<br />
«Piaciuto il film?»<br />
«Sì, era fico».<br />
«Non era bello come il primo».<br />
«No, direi di no».<br />
Le sue amiche si erano fermate e stavano chiacchierando tra di<br />
loro, ridacchiando scioccamente mentre gli lanciavano occhiate<br />
furtive. Si era sentito impacciato, stupido. Come poteva saltarsene<br />
fuori che voleva il suo numero di telefono?<br />
«Andiamo a prendere un caffè. Vuoi venire?».<br />
Voleva andare. Ma aveva lasciato Karl e Gerlinde dall'altra parte<br />
del cinema. E non si era ancora nutrito, e forse questo avrebbe<br />
contribuito a dare alla situazione una piega che non avrebbe dovuto<br />
avere e... «Oh, ma certo. Devo solo dirlo ai miei amici. Ditemi dove<br />
andate che vi raggiungo».
«Porta anche loro».<br />
L'ultima cosa che voleva fare era portare Karl e Gerlinde a un<br />
appuntamento, se di quello si trattava, e non lo era. «Uh, credo che<br />
debbano tornare a casa. Sono vecchi...».<br />
«Ok. Non sappiamo ancora dove andare: ti aspettiamo qui».<br />
«Ok», aveva detto lui, indietreggiando in fretta. «Torno subito».<br />
Aveva visto le sue amiche circondarla per farle domande. Lui si<br />
era infilato nuovamente dentro il cinema.<br />
«Non si può entrare di qui», aveva detto un usciere.<br />
«Ero già dentro. Ho appena visto il film. Devo arrivare all'ingresso<br />
principale per incontrare dei miei amici...».<br />
«Fai il giro», aveva detto l'usciere, un ragazzo brufoloso con aria<br />
supponente.<br />
Michel detestava farlo, ma si era servito delle sue capacità<br />
ipnotiche per instillare un seme di condiscendenza nella mente<br />
dell'usciere, e pochi secondi dopo si stava precipitando nel cinema<br />
vuoto, superava gli altri addetti intenti a pulire le buste vuote di<br />
pop-corn, i bicchieri di carta delle bibite e le cartacce delle caramelle.<br />
Karl e Gerlinde erano abbracciati, e si stavano baciando in<br />
pubblico. Questo non lo infastidiva, ma non erano giovani, anche se<br />
sembravano avere vent'anni. Ed erano stati insieme per così tanto<br />
tempo: non riusciva a capire perché non potessero risparmiarsi certe<br />
cose per la camera da letto. Non appena lo aveva pensato, si era<br />
rimproverato di quel pensiero. La maggior parte delle volte pensava<br />
fosse una bella cosa. Dolce. Sperava che, se avesse trovato qualcuno<br />
da amare, sarebbero rimasti così affezionati e innamorati per tutto<br />
quel tempo. Però c'erano così tante persone attraenti: gli riusciva<br />
difficile pensare di restare con la stessa per decenni...<br />
«Ciao ragazzi», aveva detto, interrompendo il loro tête-à-tête.<br />
«Ehi! Dov'è la ragazza?», gli aveva chiesto Gerlinde arrivando<br />
come al solito dritta al punto.<br />
«È dall'altra parte. Vuole andare a prendere un caffè».<br />
«Grandioso! Non sarebbe male avvicinare nuove prede», aveva
detto Gerlinde. «Oh, ho detto "prede"? Volevo dire "persone"».<br />
«Be', pensavo che forse voi due volevate restare da soli».<br />
«No, affatto», aveva detto Gerlinde. «Siamo stati insieme per tre<br />
sere di seguito. Karl è pronto a conficcarmi un paletto nel cuore».<br />
«Non credo», aveva riso Karl. «Ma penso che a Michel piacerebbe<br />
restare da solo con lei».<br />
«Oh», aveva detto Gerlinde, comprendendo all'improvviso. «Fai<br />
in modo di essere a casa per mezzanotte», aveva aggiunto.<br />
«È mezzanotte e mezza adesso», aveva ricordato Michel alla<br />
donna che era stata come una madre quando la sua era scomparsa.<br />
«Intendo dire la mezzanotte di domani. Non appena si svegliano i<br />
pipistrelli. Ciao ciao tesoro». Lo aveva baciato sulla guancia, Karl gli<br />
aveva dato un buffetto sul braccio e se ne erano andati.<br />
Michel aveva cercato di riattraversare il cinema, ma c'erano<br />
troppe persone all'ingresso e non c'era riuscito. Si era precipitato<br />
intorno al lungo edificio in tempo per vedere la ragazza e le sue<br />
amiche all'angolo in mezzo a una folla di persone. Stavano<br />
attraversando la strada quando le raggiunse.<br />
«Pensavamo che non saresti venuto», aveva detto lei.<br />
«Ti avevo detto che sarei tornato subito». Non voleva sembrare<br />
sgradevole, ma l'aveva spaventato il fatto che lei se ne stesse già<br />
andando, e lui era stato via solo per pochi minuti. All'improvviso si<br />
era reso conto che le cose erano cambiate. Le quattro ragazze erano<br />
insieme a quattro ragazzi. La ragazza che aveva inseguito, che<br />
pensava fosse interessata a lui, era sottobraccio a uno di loro. Adesso<br />
era davvero confuso. Voleva soltanto fuggire via.<br />
«Ehi, senti», aveva detto, cercando di attirare la sua attenzione. Lei<br />
si era girata e gli aveva sorriso, ancora quel sorriso luminoso, ma<br />
senza lasciare il braccio che stava tenendo. «Sono tornato per dirti<br />
che non posso. Magari un'altra volta, ok?»<br />
«D'accordo. Un'altra volta. Ci si vede». E si voltò.<br />
Li aveva lasciati dall'altra parte della strada osservandoli mentre si<br />
allontanavano. Chiaramente si conoscevano tutti. Molto bene. Se<br />
aveva un ragazzo, perché stava flirtando con lui? L'aveva fatto?
Forse si stava sbagliando. Forse cercava solo di essere amichevole.<br />
Forse quel tale era suo fratello o altro. O semplicemente un amico.<br />
In ogni caso, si era sentito sprofondare il cuore. Non sapeva cosa<br />
pensare di tutta quella faccenda, cosa concludere. Aveva trascorso<br />
delle ore a passeggiare per le strade sotto la pioggia, ma comunque<br />
le idee non gli si erano schiarite. Aveva aspettato di tornare a casa<br />
fino a quando il sole non era spuntato all'orizzonte. Quella notte<br />
l'ultima cosa che avrebbe voluto era di doversi trovare davanti a<br />
Karl e Gerlinde o a suo padre e sua madre, con qualcuno di loro a<br />
chiedergli dettagli su quella ragazza.<br />
Vide l'ultima cripta, appena dietro l'angolo, separata dalle altre, e<br />
guardò attraverso l'apertura. Era una cripta dedicata alle suore.<br />
Dentro c'erano semplici bare scure, appoggiate sobriamente una<br />
sopra l'altra. Nulla di spettacolare.<br />
Se la prese comoda, dando così a Chloe il tempo che le serviva<br />
per gustarsi quell'ambiente perverso in cui le piaceva stare. Camminò<br />
per un po' fino a quando non riuscì a vedere l'uscita, ma lei non era<br />
ancora venuta fuori. In alto, il cielo cominciava a perdere parte della<br />
sua oscurità e il suo Swatch diceva che mancava un'ora al sorgere del<br />
sole. Erano abbastanza vicini a casa. C'era un mucchio di tempo per<br />
arrivarci.<br />
Raggiunse l'uscita e attese all'esterno. Persino sbirciare dalle porte<br />
vetrate lo infastidiva. Era come se una qualche presenza ostile vivesse<br />
in quel tunnel moderno e chirurgicamente asettico. Come poteva<br />
non provare repulsione a guardare nelle cripte, persino nelle tombe<br />
aperte con le ossa che fuoriuscivano dai sarcofaghi in pezzi, mentre<br />
passeggiare per quei corridoi lo riempiva di paura?<br />
Salì sul terrapieno e guardò dentro uno dei lucernai del<br />
Columbarium. Ce n'erano due, di forma ottagonale, entrambi che<br />
davano sulle sezioni circolari alla fine dei corridoi che li collegavano<br />
creando la forma a L. Nel primo nulla degno di nota. Nel secondo<br />
c'era un uccello che svolazzava e si fermava a breve distanza dal<br />
vetro, in cerca di un'uscita che non avrebbe trovato. A una seconda<br />
occhiata si rese conto che non era un uccello bensì un piccolo<br />
pipistrello. Provò l'istinto di salvarlo, ma per farlo sarebbe dovuto<br />
entrare, e lui non voleva andare lì dentro.
Alla fine fece ritorno all'uscita per aspettare. Chloe aveva detto<br />
che c'era un motivo per cui quel posto veniva chiamato il<br />
Columbarium, che significava una struttura per ospitare i piccioni<br />
viaggiatori. All'interno c'erano dei piccoli recipienti per le ceneri, ma<br />
buona parte dell'edificio era un mausoleo per i corpi. Ufficialmente,<br />
quel posto era un mausoleo e un colombario, ma Michel non sapeva<br />
perché tutti quanti lo chiamassero solo Columbarium. Chloe, che<br />
aveva su tutte le cose una prospettiva spirituale, aveva detto che era<br />
come se le anime fossero state riposte là fino alla resurrezione, poi<br />
sarebbero volate verso casa come uccelli, in pratica una<br />
rappresentazione dell'intero sistema di credenze cristiano. Esaminò<br />
gli alberi più giovani di quell'area più spaziosa, per vedere che<br />
aspetto avessero dopo le tempeste di ghiaccio del precedente<br />
inverno. Disegnò delle forme nel terreno con un bastoncino,<br />
fingendo di fare dei geroglifici, immaginando che qualcuno il giorno<br />
seguente li avrebbe visti meravigliandosene. Ma alla fine, quando<br />
controllò nuovamente l'orologio, si rese conto che era trascorsa<br />
un'altra mezz'ora: Chloe era rimasta là dentro per novanta minuti.<br />
Probabilmente aveva perso la cognizione del tempo.<br />
Poteva permettersi di rimanere all'aperto subito dopo l'alba, ma<br />
questo l'avrebbe debilitata per giorni, e Michel sapeva che lei non<br />
avrebbe gradito. Sentì che l'avrebbe dovuta far uscire, e<br />
sfortunatamente questo significava entrare dentro.<br />
Con un sospiro di frustrazione si servì di un passe-partout del<br />
mazzo che ognuno di loro aveva con sé per aprire le porte.<br />
Nell'istante in cui tirò la maniglia si rese conto che qualcosa non<br />
andava affatto, ma non fu in grado di capire cosa. Tutto quello su<br />
cui poté concentrarsi fu l'intenso odore di fluido per<br />
l'imbalsamazione. Era sempre l'odore di quell'edificio che lo stordiva,<br />
e stavolta era peggio che mai.<br />
«Chloe?». La voce parve esitante alle sue stesse orecchie. Chiamò<br />
qualche altra volta, ma non vi fu risposta. Non c'è altro modo.<br />
Riluttante, fece un passo dentro quella dimora sotterranea per i<br />
morti immacolati.
CAPITOLO 2<br />
Nell'istante in cui le porte interne si chiusero dietro Michel, l'aria<br />
gli si strinse addosso. Era come essere dentro una gigantesca sacca di<br />
plastica in un freezer. Ogni molecola si congelò, trasformandosi da<br />
gassosa o liquida in solida, o almeno così gli parve. Non riusciva a<br />
respirare. Anche se lo stava facendo. E ciò che stava inalando gli<br />
dava i conati di vomito. Un opprimente odore di fluido per<br />
l'imbalsamazione sovrastava l'odore della carne marcia.<br />
«Chloe?», chiamò. Silenzio. Il raziocinio, bloccato dal panico, si<br />
fece da parte per dar via libera alle reazioni istintive. "Lascia che il<br />
corpo faccia quello che sta comunque facendo, non rendere tutto<br />
più difficile", pensò. E poi, "È pazzesco! Questo è solo un posto per i<br />
cadaveri. Riprenditi!". Con la sola volontà, fece dieci passi avanti nel<br />
lungo corridoio, benché gli elementi sembrassero agire contro di lui<br />
nel tentativo di trattenerlo.<br />
Diede un'occhiata alla sua sinistra, verso l'estremità più breve del<br />
corridoio, non più di dieci metri, laddove formava il cerchio. Il<br />
Columbarium erano due corridoi rettangolari con una sezione<br />
circolare in corrispondenza dell'uscita e un'altra che collegava i due<br />
rami al centro. Ogni corridoio aveva un eguale numero di piccole e<br />
strette diramazioni verso l'esterno, tre per ogni parte. Il corridoio<br />
numero uno, dove c'era l'entrata, portava alla rotonda che lo<br />
congiungeva ad angolo retto al corridoio numero due. Quest'ultimo<br />
portava alla rotonda verso l'uscita, da dove era entrato lui.<br />
Era già stato là - in quel momento gli sembrava che fosse stato<br />
anche troppo spesso - e sapeva che il secondo corridoio - quello nel<br />
quale si trovava - era composto da un livello superiore e da uno<br />
inferiore. Girò a sinistra e si costrinse a proseguire nel livello<br />
inferiore, ma era come spostarsi al rallentatore, o in mezzo a una<br />
sostanza pesante e fitta che non permetteva ai sui arti libertà di<br />
movimento.<br />
Su entrambi i lati c'erano mura formate da grossi quadrati di<br />
marmo, come cassetti, abbastanza grandi da contenere una bara,<br />
cioè proprio quello che c'era. Ogni quadrato di marmo bianco era
"decorato" da un orribile cono di marmo verde con all'interno una<br />
luce a basso consumo. La maggior parte era accesa. "Le luci sono<br />
accese", pensò, "c'è qualcuno in casa". E questo gli fece venire i<br />
brividi.<br />
Mentre passava accanto a quelli che definiva "cassetti", anche se<br />
non avevano maniglie, vide che avevano nomi, numeri e talvolta<br />
fotografie. Occhi vitrei a due dimensioni lo fissavano. Quello che lo<br />
infastidiva di più erano le foto poco nitide in bianco e nero, sgranate<br />
e di scarsa qualità, che facevano sembrare la persona un fantasma.<br />
Più avanti l'illuminazione si affievoliva. Non era mai stato a un<br />
funerale al coperto, ma ritenne che questo era ciò che avrebbe<br />
ricreato al meglio un'atmosfera di lutto. E in questo caso anche di<br />
terrore. Non aveva idea del perché temeva il Columbarium, ma così<br />
era e a lui andava bene così. O male così.<br />
Quando Michel arrivava in corrispondenza di ciascuna<br />
diramazione, guardava a sinistra e poi a destra. Le corsie erano<br />
profonde circa tre metri. Quelle che andavano verso le finestre<br />
erano abbastanza chiare. Ma quelle che conducevano al muro<br />
posteriore avevano delle rientranze a destra e a sinistra dove il<br />
corridoio incontrava la parete. "Qualcuno potrebbe nascondercisi",<br />
pensò, poi si domandò cosa c'era che non andava in lui. Era lui<br />
l'essere soprannaturale. Quello dotato di una forza straordinaria.<br />
Quello che dovevano temere i mortali. Era lui a essere in vantaggio,<br />
allora perché stava tremando?<br />
Come se dovesse placare i nervi, si mosse un po' più velocemente,<br />
e presto raggiunse la sola circolare di raccordo. Le scale erano nel<br />
corridoio appena prima di quella zona. Di lì doveva tornare su, dato<br />
che il corridoio d'entrata era a un livello soltanto, che si collegava<br />
con il piano superiore del corridoio d'uscita, e lui doveva ancora<br />
controllarlo. Diede un'occhiata alla ringhiera circolare e al lucernaio<br />
oltre questa. Il pipistrello era là, intrappolato nel Columbarium, nella<br />
rotonda di giunzione. "E meno male che ha il sonar", pensò tra sé.<br />
Quel povero animale svolazzava avanti e indietro istericamente,<br />
fermandosi a breve distanza da un pannello, dirigendosi poi verso<br />
quello opposto dell'ottagono, fermandosi un istante per cambiare<br />
direzione nel tentativo disperato di fuggire. Michel sapeva come ci si
sentiva. Pensò che una volta raggiunto il livello superiore avrebbe<br />
potuto provare a salvarlo, benché il lucernaio fosse abbastanza in<br />
alto.<br />
Gli venne in mente all'improvviso, come se un fulmine gli avesse<br />
centrato il cranio, che Chloe doveva essere all'esterno. Non riusciva<br />
ad avvertire la sua presenza là dentro e lei non gli aveva risposto,<br />
quindi doveva essere uscita dall'ingresso mentre lui entrava<br />
dall'uscita. Aveva senso e pensò di essere stato un idiota a non averci<br />
pensato prima.<br />
Tornò alla porta e uscì fuori.<br />
L'aria fresca e frizzante gli piovve addosso come una doccia<br />
salubre, e si rese conto di quanto era spaventato. E oppresso.<br />
L'odore del fluido per l'imbalsamazione era ancora appiccicato alle<br />
sue narici: che cosa disgustosa che potesse ancora sentirlo all'aperto!<br />
Gli ci volle un istante per gustare la libertà del cimitero e per ripulirsi<br />
il naso, ma poi si rese conto che non riusciva ad avvertire la presenza<br />
di Chloe là fuori. «Chloe?», chiamò. Riusciva quasi a percepire il<br />
suono nell'aria.<br />
Per una frazione di secondo aveva avuto l'impressione che ci fosse<br />
qualcuno, da qualche parte... Ma no, ora che si era concentrato, non<br />
c'era nulla, solo l'odore ora debole del liquido per l'imbalsamazione.<br />
Per come si sentiva agitato, non sembrava affatto strano. Perché<br />
fosse tanto nervoso, be', poteva solo meravigliarsi della sua reazione<br />
estrema a quella enorme tomba, perché di questo si trattava. Canali<br />
di marmo, e quel puzzo orribile, dietro il quale l'odore della carne in<br />
decomposizione che cercava di farsi strada. E in più c'erano tutte le<br />
cose che aveva detto Chloe, la sua macabra propensione per il<br />
Columbarium. Senza dubbio anche questo aveva contribuito a farlo<br />
sentire così.<br />
La luce filtrava dal cielo a est. Michel poteva sopravvivere<br />
abbastanza bene alla luce del sole. Almeno in poco tempo avrebbe<br />
potuto tornare a casa e dimenticarsene. Non avrebbe dovuto restare<br />
a letto a chiedersi se sua zia era intrappolata da qualche parte. Chloe<br />
non poteva sopravvivere all' esterno durante il giorno, benché<br />
potesse resistere al sonno se si trovava nell'oscurità più totale.<br />
Doveva essersene andata. Ma non era proprio da lei. Però, quale
altra spiegazione poteva esserci? Non riusciva ad avvertire la sua<br />
presenza. Stava perdendo il suo tempo. L'avrebbe trovata a casa.<br />
Addormentata. Forse aveva qualcosa da fare di cui si era dimenticata<br />
e non aveva avuto il tempo di andarlo a cercare. Doveva essere così.<br />
Però, per quanto cercasse di trovare una spiegazione razionale,<br />
sapeva di non essere il tipo da abbandonare semplicemente la ricerca<br />
fino a quando non avesse perlustrato ogni centimetro di quel posto<br />
orribile. Inoltre, adesso era una questione d'onore attraversare quel<br />
maledetto Columbarium, e sapere che poteva farcela. Era troppo<br />
facile cercare una scusa per evitare di portare a compimento il<br />
lavoro.<br />
Infilò di nuovo la testa dentro le porte di uscita. No, non era<br />
neppure là. A ogni modo, chiamò il suo nome ad alta voce, per ogni<br />
eventualità.<br />
Riluttante, entrò dentro e le porte si richiusero alle sue spalle. Si<br />
fermò. Nulla nemmeno dentro l'edificio: solo il pipistrello,<br />
probabilmente un pipistrello della frutta. E ancora quella sensazione<br />
di... come poteva definirla?... Intangibilità eterea?... Sì, questo<br />
l'avrebbe descritto bene, pensò... ma solo se l'interlocutore fosse<br />
stato uno psicopatico!<br />
"Va bene, finiamola qui! ", disse a se stesso e proruppe in una<br />
risata nervosa e strappata... "Finiamola qui! Che umorismo<br />
perverso!".<br />
Chloe poteva essersene andata a casa. Ma non era da lei. Non<br />
l'avrebbe lasciato senza avvertirlo: gli aveva detto che si sarebbero<br />
incontrati all'uscita e non era da lei non farsi viva se aveva detto che<br />
l'avrebbe fatto. Anche con l'alba imminente. In caso estremo, gli<br />
avrebbe lasciato un biglietto. Be', non un biglietto, ma qualcosa che<br />
lui avrebbe visto e compreso. E lui non si era trattenuto alle cripte<br />
così a lungo. Inoltre, se fosse uscita, avrebbe percepito la sua<br />
presenza. Come lei avrebbe percepito la sua e l'avrebbe trovato:<br />
Michel non era molto lontano dall'uscita...<br />
Ma oltre che per tutti quei pensieri tormentati, lui sapeva che<br />
qualcosa non andava. Glielo diceva l'intuito, ed entrambi i suoi<br />
genitori erano stati attenti a insegnargli a rispettare il suo intuito,<br />
dato che avrebbe potuto salvargli la vita.
"Okay", pensò, "non è fuori, non è dentro". Ma avrebbe dovuto<br />
ispezionare l'intero edificio sotto terra e poi girare intorno all'esterno<br />
della struttura prima di poter tornare a casa. E poi c'era il più vecchio<br />
e più piccolo mausoleo sul sentiero, che era come il Columbarium...<br />
Non voleva pensarci. Detestava l'impulso ad essere così meticoloso,<br />
ma sembrava proprio della sua natura, e doveva essere sicuro.<br />
Ancora una volta, il profumo del liquido per l'imbalsamazione<br />
quasi lo stordì. "Forse uno dei corpi si è aperto e c'è una perdita o<br />
roba del genere", pensò. O c'è un paio di morti freschi a<br />
impuzzolentire questo posto. Ma lui era particolarmente sensibile<br />
agli odori, come suo padre. E quelli della sua razza riuscivano a<br />
sentire il profumo di una rosa a tre isolati di distanza. Tanto per<br />
cominciare, qualcosa di così intenso, chiuso in quello spazio freddo e<br />
circoscritto... era impossibile.<br />
Impossibile o no, salì i gradini della stretta scalinata vicino alla<br />
rotonda d'uscita. La scala era di freddo calcestruzzo e opprimente; si<br />
sentì intrappolato. Se qualcuno o qualcosa si nascondeva là...<br />
"Che ne dici di tornare alla realtà?", ordinò a se stesso.<br />
Si affacciò al livello superiore, quasi sollevato. Almeno lassù i due<br />
corridoi erano collegati, così avrebbe dovuto semplicemente<br />
camminare dritto dall'uscita fino all'ingresso, oltre a controllare<br />
quelle dannate ramificazioni!<br />
Chiamò il nome di lei mentre procedeva, col bisogno disperato di<br />
spezzare quella strana sensazione che il Columbarium gli procurava,<br />
sperando in una risposta che non venne. Di tanto in tanto, quando<br />
controllava un settore munito di finestra, sbirciava fuori, cercando,<br />
sperando in un qualche segno di Chloe. Ma il cimitero all'esterno era<br />
immobile. Immobile come la morte, pensò. Poi si costringeva a<br />
tornare nel corridoio per continuare dentro quell'ambiente<br />
soffocante e spettrale. Là, dove non vi era aria, neppure intrisa di<br />
fluido per l'imbalsamazione, dove il freddo lo schiacciava al suolo,<br />
dove la luce faceva sembrare tutto artificiale e creava insoliti sentieri<br />
d'ombra, era come se i morti fossero in procinto di tornare in vita,<br />
come nei tanti film dell'orrore che aveva visto. Ti giri e ce n'è uno,<br />
privo di cervello, meno che umano, seduto nel vano aperto, che ti<br />
fissa con un solo pensiero in mente, un desiderio divorante. E dietro
quello un altro, e un altro... "Wow!", pensò. "È così che i mortali<br />
vedono noi". Forse era stata la sua parte mortale che aveva fatto<br />
uscire simili pensieri malati. "Questo sarebbe un posto meraviglioso<br />
per un party di Halloween", gli venne in mente, e quel poco di<br />
ironia gli risollevò l'umore.<br />
Ma poi, quasi nello stesso momento, fu colto da sudori freddi e<br />
appiccicosi che gli incollarono la camicia alla schiena, e i pantaloni<br />
alla parte posteriore delle ginocchia. «Adesso ti stai lasciando<br />
spaventare!», mormorò, fingendo, come se la sua stessa voce<br />
risuonasse simile a quella rassicurante di un altro. Quasi avesse<br />
potuto convincersi che non era solo come sapeva di essere. E non<br />
così spaventato.<br />
Ogni singolo passo che fece nel corridoio parve interminabile. E<br />
deludente. Sapeva che sua zia non era là, ma doveva comunque<br />
camminare fino alla fine di quel posto che gli faceva venire la<br />
claustrofobia. Oltrepassando le dozzine di comparti allineati sulle<br />
pareti con dentro corpi putrefatti. Respirando quell'odore tremendo.<br />
Lanciò un'occhiata alle proprie spalle nonostante dicesse a se stesso<br />
che era una cosa ridicola.<br />
E quelle ramificazioni! In parte si aspettava di trovarsi faccia a<br />
faccia con qualche zombie di Romero, con la carne che gli si staccava<br />
e lo sguardo assente... E quando raggiungeva uno di quei corridoi<br />
senza uscita, si armava di coraggio per poi richiederne ancora di più<br />
alla propria spina dorsale. Doveva percorrere ogni corsia, perché<br />
all'altra estremità, dalla parte del muro, c'erano quelle stupide<br />
rientranze, quelle nicchie a misura d'uomo, dove chiunque poteva<br />
nascondersi...<br />
Tornava al centro del corridoio principale e continuava, cercando<br />
di non farsi intimidire dall'alta volta di quei comparti pieni di morti.<br />
Ma le mura torreggiavano su di lui e facevano sembrare quel posto<br />
più stretto di quanto lui sapeva che fosse. "Chi ha avuto questa folle<br />
idea", si chiese, "di stipare i morti che riposano in questi comparti?".<br />
Come i comparti del coroner che aveva visto in così tanti film e negli<br />
show televisivi, solo che questi non erano di acciaio inossidabile, ma<br />
di marmo, e in qualche modo questo li rendeva meno asettici e più<br />
inquietanti.
Il tappeto assorbì il suono delle sue scarpe e i suoi movimenti<br />
divennero silenziosi. Questo corridoio con le sue ramificazioni, con<br />
più cassetti di marmo in ogni corsia, sembrava non aver fine. Nulla<br />
sul tragitto verso la circonferenza che conduceva al corridoio che<br />
conduceva alla circonferenza che conduceva all'altro corridoio che<br />
conduceva all'ingresso che immetteva all'esterno, tranne la strana,<br />
minuscola poltroncina a due posti ricamata con angeli e cherubini.<br />
Tutto ciò lo faceva soffocare. "Ed è tutto così silenzioso!", ricordò a<br />
se stesso. "Chloe non è qui. Non riesci a sentirla". Questo significava<br />
che se n'era già andata e doveva essere fuori ad attenderlo. Sapeva<br />
che era la sua parte umana a fargli chiamare ripetutamente quel<br />
nome. Ad alta voce. Sentirla sarebbe stato sufficiente. Se qualcosa<br />
c'era da sentire, ricordò tra sé. Tutto quello che avvertiva là dentro<br />
era che le mura gli si stavano chiudendo addosso e l'odore del fluido<br />
per l'imbalsamazione quasi gli dava le vertigini. Ma aveva bisogno di<br />
essere rassicurato, pur non detestandolo, e il suono del nome di lei<br />
sulle labbra lo aiutava.<br />
Il Columbarium non era poi così grande, e gli ci stava volendo<br />
parecchio tempo per attraversarlo, ma tutto gli sembrava talmente<br />
irreale, in quella volta con centinaia di morti sepolti in un luogo<br />
asfissiante.<br />
Alla fine raggiunse la circonferenza di raccordo che conduceva al<br />
corridoio d'ingresso. Là si fermò per osservare le piccole vetrate<br />
dietro le quali c'erano urne e contenitori per le ceneri. Altre<br />
immagini e altri nomi. "Che modo orrendo di andarsene", pensò.<br />
Inceneriti, poi stipati in un piccolo armadietto per novantanove<br />
anni, o per sempre, a seconda di quanti soldi i parenti erano disposti<br />
a spendere.<br />
Un suono lo colse alla sprovvista e lo fece sobbalzare. Era il<br />
pipistrello, spaventato, che emetteva piccoli strilli volando di nuovo<br />
verso il vetro, avanti e indietro, avanti e indietro. Michel valutò che<br />
se anche si fosse messo in equilibrio sulla ringhiera circolare<br />
probabilmente non sarebbe riuscito a raggiungere quella povera<br />
creatura. Ciononostante quello sforzo disperato lo commosse e<br />
pensò di doverci provare.<br />
Salire sulla ringhiera non sarebbe stato difficile e, anche se fosse
caduto, era soltanto un piano, e c'era il tappeto di sotto.<br />
Ovviamente c'era anche quella spaventosa scultura in metallo di<br />
persone che fluttuavano nello spazio che dal piano inferiore<br />
giungeva fino quasi al lucernario. Pensò che dovesse avere a che<br />
vedere con le anime che si libravano fino in paradiso o qualcosa del<br />
genere. Se si fosse procurato qualche taglio o escoriazione, sarebbe<br />
guarito.<br />
Una volta salito sulla ringhiera, fu abbastanza facile trovare<br />
l'equilibrio sulla piatta superficie di metallo. Fintantoché restava<br />
immobile. Il pipistrello, ovviamente, svolazzava avanti e indietro,<br />
vicino alla sommità del lucernario, che Michel non poteva<br />
raggiungere. Di tanto in tanto volava un po' più basso, dove<br />
l'avrebbe potuto afferrare, e lui sapeva che se avesse atteso<br />
abbastanza a lungo e fosse rimasto immobile, sarebbe finito dove<br />
poteva ghermirlo. Sembrava volare ad est e a ovest, e si domandò se<br />
quello fosse una sorta di campo magnetico, oppure tracciati<br />
immaginari, o altro: avrebbe dovuto chiedere a Chloe. Lei<br />
conosceva quel genere di cose.<br />
Se si fosse spostato un po' lungo la ringhiera e si tosse tolto la<br />
maglietta, sarebbe stato nella posizione migliore per intrappolare il<br />
pipistrello. Probabilmente avrebbe persino potuto usare la maglietta<br />
per colpirlo e farlo abbassare, poi bloccarlo nel tessuto e tirarlo fuori<br />
di là. E tirare anche se stesso fuori di là. Sulla terra non vi era un<br />
altro posto dove avrebbe preferito non essere più del Columbarium.<br />
Ma non poteva abbandonare quella povera creatura, più di quanto<br />
non avrebbe potuto restare lui stesso in una simile, orribile<br />
atmosfera. David avrebbe detto che si trattava di una cosa simbolica.<br />
Poco importava.<br />
Si tolse la T-shirt, poi cominciò a spostarsi di qualche millimetro<br />
lentamente sulla ringhiera. Il pipistrello strideva rumorosamente,<br />
innervosito dalla sua presenza, e divenne più isterico. «Calme-toi, le<br />
petit oiseau de nuit.», disse alla creatura della notte. Attese, mentre<br />
lo osservava volare, cercando di colpirlo una o due volte, ma il<br />
pipistrello si era spostato ancor più alla sua sinistra. "D'accordo",<br />
pensò, "posso spostarmi". Fece scorrere il piede piano sulla ringhiera,<br />
già figurandosi come avrebbe preso il pipistrello, l'avrebbe portato<br />
con sé all'ingresso per poi liberare quel volatile notturno nel cielo
della notte e infine tornare a casa. C'era qualcosa di sinistro in quella<br />
sequenza. Se non l'avesse trovata, se ne sarebbe andato sentendosi<br />
tutt'altro che sollevato. Traballò e cercò di riacquistare l'equilibrio.<br />
Quando fu nuovamente stabile, sollevò lo sguardo e scagliò di<br />
nuovo la maglietta verso il pipistrello. Questo eluse il colpo.<br />
All'improvviso, si appollaiò sulla ringhiera, proprio dalla parte<br />
opposta rispetto a Michel. Il piccolo pipistrello, così simile a un<br />
roditore, era perfettamente immobile. Poi girò la testa e lo fissò con<br />
un occhio piccolo e lucente.<br />
Michel fu pervaso dalla paura. Una paura che cercò di scuotersi di<br />
dosso. Perché sentiva che raggiungere l'ingresso fosse l'inizio e non il<br />
completamento di qualcosa? Non poteva ignorare quella sensazione<br />
mentre si spostava di qualche passo verso la sua sinistra, in modo da<br />
ritrovarsi di fronte al corridoio d'ingresso.<br />
In quel momento, il pipistrello volò nuovamente per aria, appena<br />
sulla sua testa, svolazzando verso il vetro sopra di lui, librandosi<br />
avanti e indietro, facendogli venire il capogiro. Michel pensò che<br />
avrebbe potuto scagliare la maglietta verso l'alto per farlo cadere e<br />
afferrarlo ma, mentre pensava questo, qualcosa attirò la sua<br />
attenzione.<br />
Nell'istante esatto prima di cadere, Michel gridò.<br />
Poi l'istinto ebbe il sopravvento e si aggrappò alla scultura mentre<br />
veniva proiettato in basso, e fu soltanto la sua rapida reazione ad<br />
aiutarlo ad interrompere la caduta e atterrare in piedi, con soltanto<br />
un taglio all'interno dell'avambraccio e nessun altro danno.<br />
Ma non era preoccupato delle ferite del corpo. Rapidamente<br />
trovò le scale, corse su e intorno alla circonferenza, poi lungo il<br />
corridoio diretto verso l'ingresso... e rimase paralizzato.<br />
Non riusciva a comprendere quello che si trovava davanti a lui.<br />
La sua mente si era spenta completamente. Il corpo era bloccato. Il<br />
tempo congelato. Poi, in un solo istante, la realtà gli soffiò contro<br />
come una folata di vento gelido. Il suo corpo sprigionò un sudore<br />
ghiacciato.<br />
Non lontano dall'entrata giaceva... che cosa? Tutto quello che era<br />
in grado di riconoscere con certezza era il sangue. Una gran quantità.
Macchiava di cremisi il tappeto e le pareti. L'odore del fluido per<br />
l'imbalsamazione lo investì facendogli venire i conati, quasi<br />
facendogli perdere l'equilibrio. Sentì l'impulso di girarsi e correre via,<br />
ma questo avrebbe voluto dire ritornare in quei due corridoi pieni di<br />
morti pronti ad abbandonare le loro tombe di cemento e assalire lui,<br />
il vivo. "È pazzesco", disse a se stesso. "Io sono il morto che<br />
cammina, quello che tutti temono sul pianeta...". Ma quei pensieri,<br />
lo sapeva, erano soltanto distrazioni per impedirgli di constatare la<br />
natura dell'orrore che giaceva davanti ai suoi occhi.<br />
Alla fine, liberatosi dalla massa di confusione e terrore che<br />
provava, la sua mente registrò alcune cose: un amuleto; un ciuffo di<br />
capelli bianchi come neve; un occhio, così blu, così familiare...<br />
E finalmente il suo corpo scattò di corsa verso l'ingresso,<br />
precipitandosi su... su... non riusciva a pensarci, anche mentre<br />
gridava: «No! No!», sollevando le mani per difendersi da qualunque<br />
forza maligna potesse toccarlo. Quello che vedeva non poteva<br />
essere, ma riconosceva la mano, i vestiti... tutto.<br />
Mentre la porta d'ingresso si spalancava sbattendo, si guardò alle<br />
spalle, intorno. Che razza di folle creatura aveva potuto fare tutto<br />
quello? I morti avevano preso vita? Doveva essere in pericolo.<br />
Non riusciva a pensare razionalmente, poteva solo sentire, e il<br />
suo istinto di sopravvivenza aveva avuto la meglio su tutto tranne<br />
che sul terrore, che era della stessa intensità. Con i sensi all'erta,<br />
pronti a registrare ogni singola cosa potesse avvertirlo del pericolo,<br />
fuggì all'esterno.<br />
L'alba. Il sole risplendeva sull'orizzonte. Gli uccelli cinguettavano.<br />
Piccoli animali andavano in cerca di cibo. Non riusciva a sentire altro<br />
in quella fresca alba, nulla di umano o soprannaturale. Nulla che<br />
provocasse il suo terrore. Nulla tranne ciò che aveva visto là<br />
dentro... chi aveva visto...<br />
Fuggì, muovendosi più in fretta che poté, volando, come un<br />
piccione viaggiatore, con la destinazione ben chiara. Tagliò in linea<br />
retta per il cimitero, saltò l'alta staccionata come fosse abituato a<br />
farlo ogni momento, corse giù per i sentieri della collina fino<br />
all'altura dove si trovava la sua casa. Michel sentiva di muoversi<br />
sempre più velocemente, quasi corresse davanti a se stesso, nel
tentativo di superare i pensieri e le immagini. Il movimento lo<br />
aiutava a tenere a bada quello che finalmente la sua mente aveva<br />
registrato in modo permanente: il corpo di sua zia fatto a pezzi, le<br />
parti sparpagliate vicino all'ingresso, il tutto bagnato dal sangue che<br />
si era sparso su ogni cosa nelle vicinanze.<br />
Con i pensieri che vorticavano alla velocità della luce, ne creò<br />
subito una storia: lei aveva aperto la serratura della porta, non<br />
aveva avuto il tempo di richiuderla, aveva fatto solo qualche passo...<br />
Che cosa la stava attendendo? Aveva visto il suo occhio, duro come<br />
il marmo, morto... era quella la morte? Non si sarebbe dovuta<br />
tramutare in cenere come voleva la leggenda?<br />
Un brivido lo colse con un'irruenza di ghiaccio e cominciò a<br />
tremare in maniera incontrollata. Casa. Salì i gradini di pietra due<br />
alla volta. Le sue mani tremavano, e fece fatica a trovare la chiave<br />
giusta per entrare dentro. Gli altri: suo padre e sua madre, Gerlinde<br />
e Karl, stavano tutti dormendo. Che cosa poteva fare? Non lo<br />
sapeva. A chi raccontarlo. Chi l'avrebbe aiutato? Nonostante quello<br />
che sapeva, corse allo scantinato, nella stanza dei suoi genitori.<br />
I due giacevano abbracciati sul grande letto art déco. La<br />
familiarità della scena, il vederli insieme, i loro corpi quasi fossero<br />
mescolati, i capelli scuri di suo padre come i suoi, i rigogliosi capelli<br />
castani di sua madre sparpagliati sulla federa argentata di seta del<br />
cuscino... così normale. Si era forse sognato tutto quello che era<br />
successo al Columbarium? Quello che aveva visto là non poteva<br />
essere stato reale. Come avrebbe voluto che fosse così.<br />
Sua madre era entrata in quella vita solo da pochi anni e non<br />
poteva svegliarsi alla luce del sole. Ma suo padre forse poteva. Lo<br />
chiamò: «André.<br />
Papà! Reveille-toi! Ho bisogno di te!». Scosse il braccio di quella<br />
sagoma addormentata. Suo padre si mosse appena: la testa si spostò<br />
di un paio di centimetri, il braccio ebbe un tremito, ma i suoi occhi<br />
non si aprirono. Michel sapeva che era impossibile per lui riprendere<br />
conoscenza. Chloe era Tunica in quella casa che poteva rimanere<br />
sveglia dopo l'alba e non poteva muoversi.<br />
Nonostante lo sapesse, volendo fare tutto quello che poteva,<br />
Michel andò nella stanza di Karl e Gerlinde. Soltanto Karl giaceva
disteso sul grande letto in metallo dalla foggia modernissima.<br />
Gerlinde doveva essere già partita per l'Austria, come aveva detto.<br />
Michel cercò di svegliare Karl, ma ottenne ancor meno risultati<br />
che con suo padre.<br />
E poi, soltanto per essere sicuro, ancora sperando contro ogni<br />
logica che fosse tutto una sorta di allucinazione, controllò la stanza<br />
di Chloe. Era vuota.<br />
Il suo cuore batteva troppo veloce, troppo forte. Non sapeva che<br />
cosa fare, ma sapeva di dover fare qualcosa. Si recò in cucina e si<br />
sedette al tavolo, nascondendosi la faccia nelle mani tremanti,<br />
cercando di pensare in modo normale, per comprendere che cosa<br />
stava accadendo. Sul momento non poteva risolvere la faccenda, ma<br />
almeno su un punto aveva le idee chiare: qualunque cosa fosse<br />
successa al Columbarium, non poteva lasciare che i resti di Chloe<br />
venissero trovati dai mortali. E nonostante la sua completa<br />
avversione a quel pensiero, sapeva di dover fare ritorno al cimitero<br />
per raccoglierne il corpo. E doveva farlo in fretta, prima che<br />
subentrasse il mondo diurno, prima che arrivassero gli addetti del<br />
cimitero, e arrivassero i visitatori, vecchi e nuovi, e il mondo<br />
scoprisse Chloe e il suo segreto. Il segreto di Michel. Il segreto di tutti<br />
quelli che erano importanti per lui.<br />
Si alzò tremante. Il sole del mattino estivo ardeva brillante<br />
attraverso il vetro della finestra. Normalmente avrebbe accolto tutto<br />
ciò con allegria. Ma non quel giorno. Era ancora abbastanza mortale<br />
da potersi sentire esausto, ma non lo era: una cosa buona. Però lo<br />
stress per quella situazione aveva indebolito le sue difese naturali, e il<br />
sole che di solito gli faceva soltanto formicolare la pelle, quel giorno<br />
sarebbe stato in grado di nuocergli.<br />
Sulla porta d'ingresso, indossò il lungo cappotto cerato australiano<br />
di suo padre, un cappello a tesa larga e gli occhiali. Guardò nello<br />
specchio la pallida, esile figura maschile vestita con abiti fuori misura,<br />
di un nero totale, nero come un impresario di pompe funebri,<br />
pensò, sentendo che quel giorno quello sarebbe stato il suo compito.<br />
Tornò in cucina e si accinse a prendere alcune buste verdi della<br />
spazzatura dal mobiletto, poi prese l'intera confezione.
Non aveva senso andare in macchina. I cancelli sarebbero rimasti<br />
chiusi ai veicoli ancora per un'altra ora, ma aprivano all'alba per i<br />
visitatori a piedi. E le strade erano talmente tortuose che avrebbe<br />
impiegato un'eternità. Optò per la bicicletta. Era il modo più diretto<br />
per arrivare all'ingresso del Còte-des-Neige, e pedalando avrebbe<br />
fatto prima che se fosse passato a piedi per le strade del quartiere poi<br />
attraverso i boschi, e molto prima che in macchina, potendo tagliare<br />
per le viuzze secondarie. Inoltre, non aveva ancora la patente.<br />
Sapeva guidare, ma quella non era una circostanza in cui correre il<br />
rischio di essere fermato.<br />
La mountain-bike sfrecciò lungo le tranquille strade cittadine<br />
ancora per lo più addormentate. Decise di lasciarla alla rastrelliera<br />
fuori da un caffè dall'altra parte rispetto i cancelli d'ingresso. Era un<br />
buon posto: il Columbarium non era lontano dal cancello principale,<br />
e poteva prendere la bici in qualsiasi momento.<br />
Non appena l'edificio fu in vista, i suoi nervi cominciarono a<br />
vibrare come le corde di uno strumento musicale. Non riusciva a<br />
smettere di tremare. Con la coda dell'occhio intravide del<br />
movimento. Con suo grande orrore, vide uno dei giardinieri che si<br />
dirigeva verso il Columbarium. Era un uomo vecchio e lento. Si<br />
spostava lungo il viale ampio e curvo vicino l'edificio piuttosto che<br />
attraversare il prato erboso, un tragitto più diretto. Forse quel posto<br />
non piaceva nemmeno a lui, pensò Michel.<br />
La porta d'ingresso, dietro la quale giaceva il corpo di Chloe, era<br />
a un centinaio di metri da dove l'uomo si era fermato per accendersi<br />
una sigaretta e guardare gli scoiattoli. Per il suo tremendo sgomento,<br />
l'uomo poi si voltò e s'incamminò per il prato verso la porta d'uscita.<br />
Probabilmente aveva deciso di entrare nell'edificio di là, salire al<br />
livello superiore, attraversare lungo il corridoio fino alla sala<br />
circolare, proseguire poi nell'altro corridoio fino all'ingresso e aprire<br />
quella porta dall'interno.<br />
Michel corse per i prati, muovendosi più velocemente di quanto<br />
non si tosse mai mosso prima di allora, come una luce nera, ma<br />
passando da un'ombra all'altra, servendosi degli alberi per restare<br />
nascosto alla vista, piegandosi dietro le lapidi più alte, nel disperato<br />
tentativo di non essere scoperto. Una volta raggiunte le porte
d'ingresso, le aprì con uno strattone e sgusciò all'interno. Cinque o<br />
sei passi e guardò alla sua destra, dove lo accolsero i resti del corpo<br />
di Chloe.<br />
Adesso non c'era tempo per farsi prendere dalla paura. Né tempo<br />
per sentire quell'aria rigida e gelida. Né tempo per ripararsi dalla<br />
puzza del fluido per l'imbalsamazione. Né tempo per pensare ai<br />
morti allineati nei loro comparti, bramosi di divorare i vivi. Né<br />
tempo per chiedersi chi avesse fatto tutto ciò, e dove fosse adesso.<br />
Non ebbe neppure il tempo di concedersi tutto al disgusto per quella<br />
carneficina. Aveva tempo unicamente per raccogliere tutte le parti<br />
solide del corpo di sua zia nei sacchi, riempiendone tre, e ispezionare<br />
freneticamente l'area in cerca di qualunque cosa avesse dimenticato,<br />
ben cosciente del fatto che il custode aveva trovato la porta d'uscita<br />
aperta, e la cosa avrebbe potuto renderlo sospettoso. Michel sentì<br />
che l'uomo era all'interno dell'edificio, e da un momento all'altro<br />
avrebbe potuto sbucare dal corridoio sulla rotonda: Michel sapeva<br />
che stava lasciando lì tutto il sangue, ce n'erano pozze ben visibili,<br />
sangue che tingeva le pareti, macchiava il tappeto, sangue sparso sui<br />
piccoli cherubini sul tessuto del divanetto vicino alla porta, sangue<br />
che chiazzava i cassetti arrivando persino a colorare il soffitto...<br />
All'improvviso, sentì che il custode era giunto alle scale del livello<br />
inferiore. In pochi secondi avrebbe risalito quelle scale, sarebbe<br />
arrivato alla rotonda e avrebbe guardato lungo quel corridoio,<br />
proprio come aveva appena fatto Michel. Poi sentì i suoi passi sui<br />
gradini. Il suo respiro affannoso.<br />
La testa di Michel scattò verso l'alto. Si sentì come un animale<br />
investito dai fari di una macchina. Il custode, ancora mezzo<br />
assonnato, sembrava stordito, perplesso per quello che vedeva,<br />
proprio come si era sentito Michel. E non ha neppure visto i resti del<br />
corpo, pensò Michel, afferrando le buste, precipitandosi dietro<br />
l'angolo verso le porte d'ingresso e sbattendole con fragore mentre<br />
la voce del vecchio gridava forte nelle sue orecchie: «Ohi! Qu'est-ce<br />
que tu fais là, toi?».<br />
Agendo di puro istinto, Michel tagliò per il cimitero, saltando<br />
sopra tombe e lapidi, sempre controllando il terreno, guardandosi<br />
alle spalle, tenendo d'occhio il vecchio, sentendolo gridare,
muovendosi come una macchia, un'apparizione: aveva raccolto<br />
tutto? Pensava di sì. Forse si era dimenticato qualcosa. Fece mente<br />
locale, ricreando nella sua testa un'immagine della scena. Vide<br />
chiaramente l'amuleto di Chloe nel punto in cui il pavimento<br />
incontrava la parete. L'aveva raccolto?<br />
Ben presto fu alla staccionata, fuori dal campo uditivo del<br />
vecchio, sforzandosi di gettare dall'altra parte le tre pesanti buste -<br />
non possedeva ancora la grande forza degli altri, quel peso era un<br />
problema - saltando come un atleta la recinzione di metallo.<br />
Attraversò rapidamente le strade di Westmount, strade che adesso<br />
mostravano segni di vita.<br />
Balzava all'occhio: un ragazzo con un mantello nero troppo<br />
grande e cappello, occhiali da sole, che trasportava tre buste<br />
dell'immondizia. Se avesse permesso a qualcuno di quei mortali di<br />
avvicinarsi abbastanza, cosa che non fece, avrebbero visto le buste<br />
macchiate di sangue. Come l'orlo del cappotto di suo padre. E le sue<br />
mani.<br />
Ci mise più di quanto avrebbe voluto a raggiungere casa.<br />
All'interno, e al sicuro, riattivò gli allarmi delle porte, depose le buste<br />
nella cucina - non poteva sopportare di sistemarle sul tavolo, ma<br />
non poteva nemmeno sopportare di lasciarle sul pavimento, così<br />
finirono sul banco vicino al lavandino - si tolse tutti gli abiti e si fece<br />
una doccia. Nel frattempo, la sua mente si era completamente<br />
disattivata. Non pensava a nulla, non provava nulla.<br />
Alla fine tornò in cucina, si sedette al tavolo e si tenne il capo con<br />
le mani. Attraverso le dita fissò le buste con dentro i resti di sua zia,<br />
mentre affiorava un'emozione. Un'emozione che gli era del tutto<br />
nuova. E che aveva trovato spiacevole mentre cresceva, ma una<br />
sensazione che poteva prontamente identificare avendo visto gli<br />
umani esibirla nei film, in televisione, nella realtà. Immaginò che<br />
fosse quella che chiamavano afflizione. Adesso sapeva com'era il<br />
dolore per la perdita di una persona cara.
CAPITOLO 3<br />
Per una volta Karl si stiracchiò a dovere. Di solito era fedele a<br />
quella che Gerlinde chiamava la sua "minimalista natura teutonica" e<br />
balzava giù dal letto, sistemava rapidamente ciò che gli serviva per<br />
prepararsi alle ore notturne di veglia e poi, senza attardarsi, si<br />
dedicava a qualunque cosa avesse progettato di fare una volta in<br />
piedi. E di solito era il primo a svegliarsi nella casa. Però stavolta, per<br />
qualche motivo sconosciuto, se la prese comoda. Si sentiva un po'<br />
disorientato, non una sensazione insopportabile, ma neppure una<br />
del tutto gradevole. Forse perché Gerlinde se n'era andata, e lui<br />
aveva il letto tutto per sé, pur non trattandosi di una cosa<br />
necessariamente piacevole.<br />
Si chiese se la donna aveva trascorso la giornata a Manchester,<br />
dormendo come aveva detto nella vecchia proprietà di David, dove<br />
David e Kathleen erano andati per alcune settimane. Era quasi<br />
impossibile trovare un volo da Montréal a Vienna evitando la luce<br />
del giorno. Se non aveva telefonato quella notte, probabilmente si<br />
era fermata a Manchester o aveva trovato un volo di collegamento<br />
che partiva dopo il tramonto, e quindi non aveva potuto chiamare.<br />
Karl avrebbe potuto telefonare a casa di Julien, ma il fuso orario di<br />
sei ore tra Montréal e Vienna significava che avrebbe dovuto farlo a<br />
mezzanotte per trovarli prima dell'alba. Erano solo le otto di sera.<br />
C'erano ancora alcune ore per avere notizie di Gerlinde. Poteva<br />
anche aver lasciato un messaggio in segreteria.<br />
Si stiracchiò nuovamente, sbadigliò, e premette l'interruttore che<br />
comandava le tende verticali. Non aveva bisogno di vedere che il<br />
sole era tramontato. Ogni cellula che componeva il suo corpo<br />
modificato glielo faceva percepire perfettamente. Se non fosse<br />
tramontato sarebbe stato ancora addormentato.<br />
Si era spesso interrogato in merito allo strano effetto che il sole<br />
aveva sui loro corpi. L'influsso era intenso quanto quello della luna<br />
sulle maree.<br />
Gerlinde pensava fosse semplicemente parte della loro<br />
condizione, come molti degli altri punti di forza e debolezza. Molti
di quelli della sua razza - quelli che conosceva - la pensavano nello<br />
stesso modo. Ma Karl aveva l'abitudine di mettere tutto in<br />
discussione. Capiva chiaramente il suo dubitare. Non nasceva dalle<br />
radici emotive da cui germogliavano le preoccupazioni di David.<br />
David era un poeta e tendeva a vedere le cose secondo la propria<br />
immaginazione, mista all'emozione. André non faceva mai<br />
domande. Il suo orientamento era così inestricabilmente legato al<br />
suo corpo, e tutto quello che faceva derivava da una sorta di<br />
reazione istantanea del tipo agire prima, pensare poi. Karl trovava<br />
entrambi gli atteggiamenti dei suoi amici invidiabili a volte. La sua<br />
mente funzionava in maniera logica e ordinata, in base a quello che<br />
veniva identificato come un approccio neurologico relativo<br />
all'emisfero cerebrale sinistro. Gli piacevano l'ordine, le regole e la<br />
concretezza perché gli offrivano una struttura dalla quale partire con<br />
l'analisi e cercare di risolvere i problemi. A volte, questo lo sapeva,<br />
non vi erano risposte. Non era proprio nel suo carattere accettarlo<br />
subito, e tendeva ad eccedere, "oltre il limite" come diceva Gerlinde,<br />
e gli risultava molto difficile abbandonare la ricerca. Ma se vi erano<br />
delle risposte da trovare, i suoi mezzi per dedurle scaturivano<br />
direttamente da quella struttura. Inoltre, era nella sua natura; quello<br />
era il modo in cui era fatto.<br />
Premette un altro pulsante e la televisione prese vita. Una delle<br />
cose più singolari dell'umanità era il suo essere radicalmente legata<br />
all'evoluzione, non alla rivoluzione. L'aveva visto in continuazione<br />
durante più di cento anni d'esistenza. La televisione ne forniva un<br />
esempio. Per la prima volta aveva visto la TV durante la sua infanzia<br />
in Germania, negli anni Trenta, ai tempi della guerra. Gli anni<br />
Trenta, Quaranta e Cinquanta avevano segnato la strada della<br />
programmazione per tutti quelli che sarebbero venuti. Almeno<br />
all'epoca, quando la televisione era ancora allo stadio di sviluppo, gli<br />
spettacoli erano vivi e spontanei. Forse sarebbero parsi rozzi<br />
secondo gli standard attuali, ma Karl valutava la spontaneità, anche<br />
se non era il suo punto di forza. Al giorno d'oggi, ovviamente, la<br />
programmazione dal vivo era inaudita. Nonostante avesse una<br />
parabola che riceveva più di 150 emittenti di tutto il mondo, da ogni<br />
stazione, e a ogni ora, gli spettacoli di ogni paese ricalcavano schemi<br />
che erano nel migliore dei casi coerenti, nel peggiore prevedibili;
news/informazioni; drammi; giochi; spettacoli sulla natura; sit-com. E<br />
i film, ovviamente.<br />
Scorse cinquanta canali prima di premere il pulsante di<br />
spegnimento. Apprezzare l'ordine non significava che doveva<br />
adattarsi alla noia.<br />
Scese dal letto, si tolse il pigiama di seta che Gerlinde gli aveva<br />
dato «per la tua anima sensuale», lo piegò per bene e lo sistemò nel<br />
cassetto del comodino. Le erano serviti dieci anni per fargli<br />
abbandonare l'abitudine di metterlo nel cassettone. «Lo indosserai di<br />
nuovo tra poche ore», diceva lei con animosità. Avevano trovato un<br />
compromesso e lui lo teneva nel comodino. Le vecchie abitudini<br />
sono dure a morire.<br />
Era stata sua madre a insegnargli quell'ordine patologico. «Almeno<br />
saprai dove si trovano tutte le cose, liebkin», diceva sempre. Sorrise a<br />
quel ricordo di sua madre. L'immagine di lei brillava con chiarezza<br />
nella sua mente come se l'avesse vista il giorno precedente e non più<br />
di centocinquanta anni prima. L'immagine era quella di sua madre<br />
come la ricordava durante l'infanzia, e non la donna di mezza età<br />
depressa che era morta poco dopo la sua trasformazione all'età di<br />
venticinque anni. Morta di crepacuore perché pensava che il figlio<br />
preferito fosse deceduto.<br />
Era stata una donna dai tratti decisi, di costituzione robusta, con<br />
occhi taglienti e una pelle non troppo sottile, una persona<br />
estremamente pratica, come lui. Molto diversa da suo padre, che era<br />
un idealista, un filosofo e un filantropo, cose di cui Karl gli era stato<br />
sempre grato. Suo padre gli aveva trasmesso un approccio a<br />
trecentosessanta gradi, che lo elevava al di sopra delle cose terrene<br />
per concentrarsi su un quadro più ampio. Suo padre era stato quello<br />
che decenni più tardi sarebbe stato definito un "esistenzialista". Sua<br />
madre gli aveva insegnato l'ordine, suo padre gli aveva dato il<br />
permesso di immaginare all'interno di quella struttura ben ordinata.<br />
Entrambe qualità che gli consentivano di fare ipotesi, cosa che Karl<br />
sapeva essere la propria forza.<br />
Una rapida doccia, e s'infilò dei pantaloni di cotone casual e una<br />
camicia a maniche lunghe. Estate o no, preferiva le maniche lunghe a<br />
quelle corte. Questa era verde lime, che andava bene con i pantaloni
eige, di una qualità di cotone molto leggera. Non era un<br />
abbigliamento alla moda, ma non si era mai preoccupato molto<br />
della moda del momento come faceva André, né ignorava del tutto<br />
il presente per lo stile di un'altra epoca, come David. Semplicemente<br />
sapeva di dover indossare dei vestiti, che i colori coordinati si<br />
addicevano al suo carattere, e che i tessuti naturali dal disegno<br />
classico gli davano la libertà di vestirsi e dimenticare quello che<br />
aveva addosso, mescolato tra i mortali.<br />
Mentre si abbottonava la camicia dalla vita in su, fissò la sua<br />
immagine. Non sembrava avere più di venticinque anni benché<br />
calcasse la terra da più di sei volte quel lasso di tempo. Capelli<br />
biondi, occhi chiari, zigomi e mascella pronunciati, labbra non sottili<br />
ma non eccessivamente marcate. Si meravigliava continuamente di<br />
come il suo volto si fosse sempre adattato alle immagini dell'epoca<br />
corrente. I suoi capelli potevano essere lunghi o corti, poteva<br />
portare o meno barba, baffi, basette o indossare gli occhiali. L'homo<br />
sapiens era un camaleonte senza saperlo. Era l'inizio del nuovo<br />
millennio, e indossava comunque vestiti casual. Infilò un paio di<br />
sandali Birkenstock marrone scuro: li aveva indossati negli anni<br />
Cinquanta prima che fossero di moda, poi durante gli anni Ottanta e<br />
Novanta quando erano in voga, e adesso che erano passés. Pensava<br />
che un giorno sarebbero stati di nuovo alla moda, anche se non<br />
gliene importava granché. Andavano bene per i suoi piedi.<br />
Karl uscì dalla sua stanza, chiuse la porta e si diresse al piano<br />
inferiore. Avvertì qualcosa nell'aria che andò ad aggiungersi al suo<br />
disorientamento e lo rese cauto. Non si trattava di un mortale -<br />
sarebbe stato in grado di sentire l'odore di un essere dal sangue<br />
caldo. E neppure uno della sua razza che non conosceva - anche<br />
quell'odore sarebbe stato pungente. Non si trattava precisamente di<br />
pericolo, ma qualunque cosa fosse, lo innervosiva in maniera<br />
inspiegabile, e accelerò il passo, deciso a scoprire la fonte di quella<br />
strana energia, nella speranza di alleviare in tal modo la sua<br />
reazione.<br />
Si mosse verso la cucina perché sapeva che quello era il punto dal<br />
quale originava la tensione. Michel sedeva al tavolo, con la testa<br />
appoggiata alle braccia, addormentato.
Subito dopo Karl notò tre grosse buste verdi per la spazzatura sul<br />
banco della cucina e non era necessario un vampiro per sentire<br />
l'odore di sangue rappreso. C'era del sangue appiccicato all'esterno di<br />
quelle buste lisce di plastica. Non era fresco, no, affatto. A dire il<br />
vero, se avesse dovuto definirlo, l'avrebbe chiamato "riciclato". C'era<br />
un altro odore, uno che non fu in grado di identificare subito, ma<br />
che in un certo senso era familiare. Si chiese che cosa potesse esserci<br />
all'interno delle buste e, facendo attenzione a non disturbare Michel,<br />
si diresse verso il bancone per aprirne una.<br />
I suoi passi dovevano aver svegliato Michel, che disse con voce<br />
pesante e piatta: «Non aprirle. Ti prego».<br />
«Va bene», Karl si girò ed estrasse una sedia per sedersi al tavolo<br />
con Michel, che aveva un aspetto terribile, adesso che poteva vedere<br />
il suo volto. Chiaramente il ragazzo non aveva dormito. La pelle e le<br />
labbra erano pallide, gli occhi spenti, quasi fossero l'immagine di<br />
occhi stampati sopra un manichino. Le spalle di Michel erano<br />
leggermente curve, un segno di sfinimento o di sconfitta, pensò Karl,<br />
benché non sapesse perché gli sembrasse così.<br />
Conosceva il ragazzo fin dalla nascita, persino quando era ancora<br />
nell'utero di Carol incinta. Michel era molto simile a suo padre,<br />
naturale, spontaneo. Ma era anche come sua madre. Carol gli aveva<br />
dato una quantità infinita di amore, ancor più perché diverse volte<br />
aveva rischiato la vita per stare insieme a lui e, tranne le prime<br />
settimane dopo la sua nascita, aveva dovuto lavorare duro per rifarsi<br />
del tempo perduto. Karl sapeva che la sua devozione era penetrata<br />
dentro Michel. L'amore della madre dava al ragazzo un carattere<br />
forte che gli permetteva di affrontare cose che altri avrebbero<br />
considerato troppo difficili... e avere successo!<br />
Ma Michel aveva beneficiato dell'amore, della comprensione e<br />
del sostegno di tutta la casa. Tanto Gerlinde quanto Kathleen erano<br />
state come delle seconde madri per lui, spensierate, frivole e<br />
divertenti madri, e Karl si sentiva più uno zio che assecondava il<br />
nipote coltivandone la mente. David offriva al ragazzo un<br />
collegamento con l'anima per mezzo dell'arte che nessuno degli altri<br />
era in grado di fornire, persino Gerlinde, che amava dipingere. Ma<br />
Chloe era la saggia e calorosa nonna, che aveva insegnato a Michel
così tante cose dell'ordine naturale dell'universo per mezzo del suo<br />
legame con l'ambiente; colmava il vuoto tra il ragazzo e una<br />
generazione più vecchia, sia per l'età in cui era stata trasformata e<br />
perché era più anziana di tutti gli altri in quella casa. Come risultato<br />
di tutte queste prodighe attenzioni familiari, Michel cresceva<br />
diventando un ragazzo solido, dolce, amichevole, in salute, felice e<br />
intelligente. Fino ad allora aveva vissuto una vita piena. E quello era<br />
uno dei motivi per cui in quel momento, dall'altra parte del tavolo<br />
rispetto a lui, Karl vedeva Michel in una condizione di tale stress da<br />
rimanere ammutolito.<br />
Alla fine Michel sollevò lo sguardo verso Karl. Gli occhi del<br />
ragazzo erano bordati di rosso. Appariva stremato, il volto scavato,<br />
smunto. Il tremolio dell'emozione nei suoi occhi mosse a pietà Karl,<br />
il quale sostenne quello sguardo e alla fine disse: «Che sta<br />
succedendo, Michel? Cosa c'è dentro quelle buste?»<br />
«Ti prego. Voglio aspettare fino a quando si saranno alzati<br />
mamma e papà. Non credo di poterlo raccontare due volte».<br />
«Va bene», disse Karl. «Vado a svegliarli. E a svegliare Chloe».<br />
«Solo mamma e papà, ti dispiace?».<br />
La disperazione sul volto di Michel fece sì che Karl annuisse. Gli<br />
causò anche un brivido di paura, ma non sapeva perché. Si alzò e<br />
raggiunse la porta della cucina che conduceva giù per le scale fino<br />
allo scantinato.<br />
La grande porta all'estremità opposta della cantina aveva<br />
all'esterno un finto lucchetto con una catena. La porta poteva essere<br />
aperta da fuori senza bisogno di una chiave, anche se chiunque non<br />
sapesse come smontare il lucchetto finto non sarebbe stato in grado<br />
di entrare. Era lì per sicurezza. Carol e André potevano aprire la<br />
porta da dentro, e gli altri della loro razza che conoscevano la<br />
procedura potevano aprirla da fuori... in caso di emergenza. E<br />
c'erano state un paio di situazioni d'emergenza nella casa,<br />
fortunatamente solo mortali, che erano più semplici da gestire.<br />
Chiunque vivesse là adottava le precauzioni che riteneva necessarie<br />
per la propria sicurezza.<br />
Karl bussò alla porta tre volte, il suo segnale. In pochi secondi la
porta si aprì. Dall'altra parte c'era André nudo. Karl poté vedere<br />
Carol ancora a letto, le lenzuola di seta sopra gran parte del suo<br />
corpo inerte. Si era trasformata soltanto sei anni prima. Lui ricordava<br />
i primi giorni, e come era difficile svegliarsi, mentre il sonno<br />
sopraggiungeva in un istante. Il tempo in cui erano svegli in quella<br />
fase si accorciava considerevolmente, e Carol poteva perdere un'ora<br />
o persino due rispetto a loro, dipendeva da molte variabili.<br />
«Penso che dovreste venire subito di sopra».<br />
«Okay», disse André comprendendo l'urgenza nella voce di Karl.<br />
Raramente faceva delle domande, ed era una buona cosa; in quel<br />
momento non ne fece nessuna.<br />
André prese l'accappatoio, ma Karl disse: «Forse dovresti vestirti».<br />
André si fermò un istante, non disse nulla, poi infilò un paio di<br />
Levi's aderenti, una felpa nera e delle Nike da ginnastica. Karl notò<br />
uno sguardo teso sul volto dell'amico. Qualunque cosa lo assillasse,<br />
assillava anche André.<br />
«È sveglia Carol?», domandò.<br />
«Carol?», chiamò André. La sua risposta fu il silenzio.<br />
Salirono in cucina, André dietro, Karl davanti. Una volta là,<br />
André andò subito da Michel e mise la mano sulla spalla del ragazzo,<br />
con uno sguardo preoccupato sul viso. La testa di Michel si mosse<br />
verso quella mano.<br />
«Dov'è la mamma?», chiese.<br />
«Dorme».<br />
«Forse è meglio», disse Michel.<br />
«Che succede?», chiese Karl, mentre lui e André si sedevano.<br />
«È successo qualcosa. Qualcosa... di terribile. Riguarda noi tutti».<br />
La voce di Michel era bassa e sommessa, e Karl vide la<br />
preoccupazione crescere sul viso di André. Anche lui, ovviamente,<br />
aveva notato subito i sacchi, il sangue e l'odore.<br />
«Dicci, Michel», lo incitò André, con tono leggermente severo.<br />
André non sapeva gestire bene la tensione. Il suo impulso era quello<br />
di agire immediatamente. Aspettare accresceva la sua impazienza.
«La notte scorsa sono andato a fare una passeggiata con Chloe».<br />
"Questo lo sappiamo", pensò Karl, cosciente della sua stessa<br />
tensione. "Lasciamo che racconti come vuole lui", pensò.<br />
«Chloe voleva andare ai cimiteri sulla montagna. Voleva entrare<br />
nel Columbarium e io l'ho aspettata fuori. Ci saremmo dovuti<br />
incontrare all'uscita. Non si è fatta viva così sono andato a cercarla<br />
e...».<br />
Prima che potesse finire, André era in piedi, intento a lacerare una<br />
delle buste.<br />
«Papà!... Papà!». Michel sembrava affranto, la sua voce era rotta.<br />
Karl si unì ad André proprio quando la prima busta si aprì da<br />
cima a fondo. Una mano cadde sul pavimento. Una mano che<br />
entrambi riconobbero.<br />
All'improvviso, André stava squarciando la seconda busta e Karl la<br />
terza. Karl non riusciva a credere a quello che vedeva. Non poteva<br />
credere che quello era il corpo di Chloe, mutilato. Non poteva<br />
credere che Chloe fosse morta.<br />
«Va bene, Michel, racconta tutto di nuovo, dall'inizio. Dobbiamo<br />
assicurarci che tu non abbia tralasciato nulla», disse André proprio<br />
mentre Karl terminava la chiamata a Vienna. Aveva riferito quanto<br />
accaduto a Julien, il quale aveva richiesto di essere ricontattato il<br />
prima possibile non appena fossero venute alla luce nuove<br />
informazioni. Gerlinde non era ancora arrivata a casa sua e Karl<br />
aveva controllato, ma non c'erano suoi messaggi nella segreteria.<br />
Aveva provato alla tenuta di Manchester, ma non aveva risposto<br />
nessuno: probabilmente Gerlinde, David e Kathleen erano usciti<br />
insieme. Karl aveva lasciato un messaggio in segreteria dicendo loro<br />
di richiamare immediatamente. Nel caso in cui Gerlinde fosse stata in<br />
viaggio per Vienna, Julien aveva detto che l'avrebbe aspettata fino<br />
alla notte successiva, poi lui e Jeanette sarebbero partiti per<br />
Montréal. I figli erano a Parigi - Claude - e a Dublino - Susan - e<br />
avrebbe cercato di contattarli per averli il prima possibile nella casa<br />
di Westmount. Inoltre avrebbe chiamato tutti gli altri della loro<br />
razza, almeno quelli rintracciabili, e quelli che volevano tenersi in
contatto. Tutti si sarebbero incontrati a Montréal nell'arco di due<br />
giorni.<br />
Adesso Carol era sveglia, seduta nel salotto con il resto di loro, di<br />
fianco a Michel che era pallido come tutti quelli della loro razza che<br />
Karl aveva visto.<br />
Carol insistette affinché il ragazzo si nutrisse. Tutti bevvero un<br />
bicchiere di sangue della scorta d'emergenza. E quella era<br />
un'emergenza, che richiedeva che tutti riflettessero con chiarezza<br />
nonostante le emozioni che imperversavano.<br />
Michel riferì gli avvenimenti che aveva già riportato due volte, e<br />
Karl gli chiese in particolare dei dettagli. André sembrava meno<br />
capace delle altre volte di fare domande. Chloe era la zia di André,<br />
la sorella di suo padre, prozia di Michel, una familiare nel senso<br />
umano del termine. L'unica antenata di André ancora in vita. Karl<br />
vedeva che André stava prendendo la cosa molto male, molto<br />
peggio del resto di loro, e tutti erano devastati. Nel caso di André<br />
però le emozioni si affacciavano con rapide esplosioni di oscuro<br />
turbamento, come un gas velenoso emesso quando meno lo si<br />
aspetti. In quel momento stava tenendo tutto sotto controllo, ma<br />
non sarebbe durata.<br />
«Hai avvertito la presenza di qualcuno oltre a te e Chloe mentre<br />
camminavate verso il Columbarium?»<br />
«Soltanto la coppia che stava facendo l'amore sulla tomba».<br />
«E sei sicuro che si trattasse di mortali?»<br />
«Sì... almeno penso... io... non so...».<br />
«Basati su quello che ricordi», scattò André. Nello stesso tempo,<br />
mise un braccio in segno di protezione intorno al figlio. Karl lo<br />
vedeva affranto, forse ancor più degli altri - conosceva André da così<br />
tanto tempo... Cominciò a sentirsi come il suo amico.<br />
«Devono essere stati dei mortali», disse Carol. «Chloe se ne<br />
sarebbe accorta».<br />
«Sì», convenne Karl: ci aveva già pensato. «Michel, cos'è successo<br />
quando Chloe ha aperto la porta ed è entrata nel Columbarium? In<br />
quel momento hai avvertito qualcosa?»
«No».<br />
«Chloe ha mostrato di aver sentito qualche pericolo, o qualcosa di<br />
strano?»<br />
«Io... non lo so. Non l'ha detto. Non l'ho vista fare nulla di<br />
insolito».<br />
«L'hai osservata mentre apriva la porta?»<br />
«Sì».<br />
«E l'hai vista entrare dentro?»<br />
«Sì. È entrata e ricordo di aver visto la porta richiudersi prima di<br />
andarmene in giro».<br />
«Quindi possiamo supporre che l'assassino non fosse nel<br />
Columbarium quando lei è entrata, altrimenti l'avrebbe sentito»,<br />
disse Carol.<br />
«Ma se era all'esterno, Michel l'avrebbe sentito», le disse André.<br />
Karl aveva pensato anche a quello, e poteva trovare solo una<br />
spiegazione possibile. «A meno che l'assassino o gli assassini non<br />
fossero rivestiti in modo da ingannare Michel».<br />
«Che cosa intendi per "rivestiti"?», chiese Michel.<br />
Fu André a rispondere. «Alcuni dei vecchi avevano escogitato un<br />
mezzo per nascondersi l'uno all'altro. Non è una cosa semplice.<br />
Dev'esserci un contenitore nel quale nascondersi...».<br />
«Piombo», disse Karl. «Come le taniche per l'acqua pesante<br />
all'interno delle centrali nucleari».<br />
«Come Superman?», disse Michel. «Lui ha la vista a raggi X ma non<br />
può vedere attraverso il piombo».<br />
"Esattamente come Superman", pensò Karl. "Siamo dei superman<br />
ma con delle debolezze".<br />
«Be', un contenitore di piombo non sarebbe parecchio<br />
voluminoso, per non dire pesante?», chiese Carol.<br />
«Non necessariamente. Potrebbe essere grande come una bara»,<br />
rispose André.<br />
«Ma stai supponendo si tratti di uno della nostra razza. Non può
essersi trattato di una banda di mortali?». Carol era così giovane a<br />
quella vita e non aveva affrontato la morte spesso come il resto di<br />
loro: Karl riusciva a vedere il terrore nel suo atteggiamento, sentirlo<br />
nel tono della sua voce, emanare dal suo essere.<br />
Anche André lo percepì. Mise l'altro braccio in modo protettivo<br />
intorno alle sue spalle e disse: «Non è possibile. Sia Michel che Chloe<br />
li avrebbero sentiti, e ne sarebbero serviti cinquanta per sopraffare<br />
Chloe. Forse anche di più».<br />
«I cassetti...», cominciò Michel.<br />
«Quali cassetti?», chiese sua madre.<br />
«Al Columbarium. Quel posto è pieno di cassetti. E io... avevo<br />
sentito qualcosa dentro. È tutto quello che posso dirvi perché ero<br />
troppo stranito da tutto quanto».<br />
«Possono essere stati dei mortali», André si voltò verso Karl in<br />
cerca di conferma.<br />
«Un gran numero», convenne Karl. «Nascosti nei cassetti.<br />
Comunque dovevano essere stati rivestiti di piombo per bloccarne<br />
l'odore. Ma come facevano a sapere di dover fare così?»<br />
«Forse i cassetti sono già rivestiti di piombo».<br />
«Può darsi», gli disse Karl, «ma è poco probabile. Si tratta di una<br />
spesa non necessaria per seppellire i mortali. Più probabilmente, c'era<br />
qualcuno della nostra razza nascosto là dentro. Loro avrebbero<br />
saputo come coprirsi. E avrebbero saputo abbastanza da aspettare<br />
fino a quando Chloe non fosse entrata dentro».<br />
«Ma lei aveva appena oltrepassato la porta», ricordò loro Carol.<br />
«Il comparto più vicino si trova a quanto? Non mi ricordo<br />
esattamente, dato che sono stata là molto tempo fa, ma non credo<br />
sia vicino alla porta».<br />
«Non è vicino», disse Michel. «Il più vicino è almeno sei metri<br />
dall'ingresso e lo stesso dall'uscita».<br />
«Chloe se ne sarebbe accorta nel momento in cui si apriva il<br />
primo cassetto e se ne sarebbe andata di là», disse Carol.<br />
Questo lasciò tutti perplessi. Aveva senso. Che fosse qualcuno<br />
delia loro razza oppure un mortale, Chloe l'avrebbe capito
istantaneamente e sarebbe corsa via da quel posto, se non per<br />
proteggere se stessa per proteggere Michel. Karl non riusciva a dare<br />
un senso alla cosa, non ancora almeno.<br />
«A meno che non si sia uccisa», disse André.<br />
Nessuno riuscì a dire una parola. Tutti erano a conoscenza delle<br />
tendenze suicide cui faceva riferimento André. Karl non riusciva a<br />
figurarsi una simile possibilità. Persino nei suoi momenti più bui, mai<br />
era sprofondata a un livello simile. Ma André ne aveva conoscenza<br />
diretta. L'aveva già visto succedere.<br />
Karl per prima cosa scacciò lo shock causato da<br />
quell'affermazione. Non riusciva a immaginarsi Chloe fare una cosa<br />
simile, e ovviamente non si era strappata da sola i suoi stessi arti.<br />
«Dicci nuovamente che cosa hai fatto mentre Chloe era dentro»,<br />
disse Karl, se non altro per riportare loro tutti alla realtà della cosa.<br />
Michel ricominciò forse per la quinta volta. Stavolta, non riferì di<br />
essersi perso nelle sue fantasie, ma a Karl fu chiaro che il suo<br />
fantasticare lo preoccupava. Inoltre, Michel doveva essersi accorto di<br />
qualcosa di strano. "Ma è solo un ragazzo", ricordò a se stesso Karl.<br />
Ancora per metà mortale. I suoi poteri non potevano essere misurati<br />
accuratamente o paragonati a quelli degli altri.<br />
Quando Michel ebbe terminato quella parte della sua storia, Karl<br />
gli chiese di riferire il resto, di quando era tornato verso l'uscita,<br />
l'unica altra porta, di ciò che aveva fatto mentre attendeva, quando<br />
era entrato e quando era uscito dal Columbarium. E Michel ripeté<br />
nuovamente tutto, senza riuscire ad aggiungere altri dettagli a quello<br />
che aveva già detto.<br />
Quando ebbe terminato, tutti si appoggiarono allo schienale del<br />
divano, perplessi. Adesso Carol teneva il braccio intorno alle spalle<br />
di Michel mentre André era curvo in avanti, con i gomiti sulle<br />
ginocchia. Il ragazzo sedeva in mezzo ai suoi genitori. La testa era<br />
piegata verso Carol, ma manteneva il contatto fisico con suo padre.<br />
Chiuse gli occhi, e Karl si rese conto del tremendo impatto che tutto<br />
ciò aveva avuto su di lui. Pareva svuotato, come se il suo interno<br />
fosse stato succhiato via, lasciando solo un guscio vuoto.<br />
Carol pareva sconvolta. Aveva pianto per gran parte della notte.
Karl sapeva che era intrappolata tra una profonda tristezza e l'orrore<br />
per la morte di Chloe, perché erano state così vicine, e il timore per<br />
la sua stessa vita e quella delle persone che amava: perché, a dire il<br />
vero, se era accaduto a Chloe, poteva succedere a chiunque di loro.<br />
Tutti lo sapevano senza bisogno che venisse detto.<br />
André era furioso. La sua risposta fu la consueta rabbia, seguita da<br />
un dolore acuto, che Karl pensava sarebbe affiorato la notte<br />
successiva. Per il momento, però, la rabbia di André era preziosa.<br />
Quell'atteggiamento teso impediva a loro tutti di sprofondare nella<br />
disperazione, e ci sarebbe voluto un attimo.<br />
I pensieri di Karl vagavano intorno agli avvenimenti. Non poteva<br />
credere che fossero stati dei mortali. Semplicemente non sembrava<br />
possibile. Lui e André si erano guardati l'un l'altro nel corso della<br />
notte. Entrambi sapevano. Era stato Antoine. Non poteva esserci<br />
altra risposta. Nessuno dei due l'aveva detto apertamente, non<br />
volendo turbare ulteriormente Carol e Michel. Di certo avrebbero<br />
dovuto essere messi al corrente, ma non ancora. E in verità era<br />
probabile che già lo sapessero, ma dirlo sarebbe stato troppo<br />
traumatico. Meglio aspettare che arrivassero Julien e Jeanette,<br />
insieme ai loro figli, che tornassero David e Kathleen, e che Gerlinde<br />
facesse rientro a casa. Poi, il pensiero che lei fosse così distante lo<br />
rese nervoso. Una volta che fossero stati tutti insieme, inclusi tutti gli<br />
altri della loro estesa famiglia, perché quello era uno dei momenti in<br />
cui stringersi, sarebbero stati in grado di decidere una linea d'azione.<br />
C'era un nemico da rintracciare e combattere, e avrebbero avuto<br />
bisogno della loro forza combinata per il compito che li attendeva.<br />
Antoine era il più vecchio della loro razza, il più forte, sotto molti<br />
punti di vista il più astuto. E di certo il più squilibrato. Aveva giurato<br />
vendetta per Ariel. Aveva giurato che loro tutti avrebbero sofferto.<br />
Erano trascorsi cinque anni, e quella minaccia ruggente era divenuta<br />
un sussurro appena udibile. Si erano cullati nella soddisfazione per<br />
quel quasi silenzio. Il tempo ovviamente aveva poco significato, e<br />
cinque anni per la loro razza erano cinque giorni per un mortale.<br />
Antoine esisteva da così tanto da poter attendere tranquillamente,<br />
scegliendo il momento giusto per colpire. Ma perché adesso? Perché<br />
là? Perché in quel momento? Quella era una domanda che si<br />
sarebbero dovuti porre soltanto in seguito, una volta trovatolo. Una
volta distrutto Antoine.
CAPITOLO 4<br />
Karl e André trascorsero ore a esaminare con attenzione i resti di<br />
Chloe in cerca di indizi e di tracce della presenza di un altro, mortale<br />
o meno. La loro autopsia improvvisata includeva anche la dissezione<br />
degli organi: il cuore, il cervello, i polmoni, lo stomaco, il fegato e i<br />
reni. Incisero anche i muscoli. Aprirono persino le ossa per<br />
esaminarne il midollo. Michel partecipò fino a un certo punto. Aiutò<br />
a ricostruire il corpo, in modo che potessero determinare almeno in<br />
che modo fosse avvenuta l'aggressione, e se era stato utilizzato<br />
qualche strumento per recidere qualche parte, ma apparentemente<br />
non era stato così.<br />
Carol non riusciva ad avvicinarsi troppo alle parti del corpo. Sei<br />
anni di quella particolare esistenza non l'avevano ancora temprata al<br />
peggio che poteva verificarsi. Non che qualcuno di loro si fosse<br />
imbattuto in qualcosa del genere prima di allora. Chloe e Carol<br />
erano state come madre e figlia. Carol sedeva appollaiata sul<br />
bancone della cucina, lontano dal tavolo che avevano utilizzato per<br />
l'esame e la ricostruzione. Di tanto in tanto lasciava la stanza, e una<br />
volta Karl la sentì singhiozzare.<br />
Fu felice del fatto che Gerlinde non fosse presente per vedere<br />
tutto ciò. Conosceva Chloe da quarant'anni. Erano diverse come il<br />
giorno e la notte, ma Gerlinde aveva detto più d'una volta che<br />
Chloe era molto simile a sua nonna. Il loro legame era intenso, da<br />
entrambe le parti, e Karl sapeva che Gerlinde si sarebbe sentita<br />
devastata quando avrebbe scoperto quello che era successo.<br />
Non vi erano tracce di un'altra presenza su nessuna delle ferite di<br />
Chloe, o almeno nulla che Karl e André fossero in grado di notare a<br />
occhio o mediante i nervi olfattivi. La mancanza tanto dell'odore<br />
mortale quanto del profumo della loro razza era un mistero che Karl<br />
non riusciva a comprendere. Di certo doveva esserci qualcosa, anche<br />
se l'aggressore aveva usato dei guanti di gomma, ma non c'era. Oltre<br />
a quell'odore rivoltante del fluido per l'imbalsamazione che<br />
permeava il Columbarium e che, naturalmente, si era attaccato ai<br />
resti di Chloe, agli abiti, ai capelli, a tutto.
Stando a quello che aveva riferito loro Michel, la quantità di<br />
sangue al Columbarium dimostrava che Chloe non era stata<br />
svuotata, il che allontanava i sospetti su qualcuno della loro razza.<br />
«E così potrebbe trattarsi di mortali», disse Michel.<br />
«Potrebbe essere una falsa pista per trarci in inganno», gli disse<br />
André.<br />
Karl osservò attentamente una parte della schiena. Era come se le<br />
due metà del dorso di Chloe fossero state staccate proprio come si<br />
spezzerebbe la parte posteriore di un pollo. E questo richiedeva una<br />
forza che un mortale non possedeva.<br />
«Sì, è un taglio netto», ammise André quando Karl gli mostrò le<br />
due parti che presentavano entrambe il taglio evidente della pelle,<br />
dei muscoli e delle ossa. «Ma anche la spina dorsale è spezzata»,<br />
sottolineò André, mostrando la frattura tra la quattordicesima e la<br />
quindicesima vertebra, all'altezza dei reni, come fosse stata piegata<br />
indietro.<br />
Per un bacio, pensò Karl, e si chiese perché gli fosse venuto in<br />
mente un simile pensiero. «È difficile stabilire se è successo prima che<br />
morisse. In tal caso, una simile ferita l'avrebbe uccisa».<br />
«Follia omicida?»<br />
«Probabile».<br />
«Ma allora ci sarebbe stato troppo sangue per resistere, e uno dei<br />
nostri l'avrebbe preso», disse Carol.<br />
Karl e André si guardarono l'un l'altro e anni di amicizia fecero sì<br />
che si comunicassero il pensiero che condividevano: Carol stava<br />
cercando disperatamente di provare che si era trattato di mortali.<br />
Con i mortali, c'erano buone possibilità che fossero trovati e distrutti.<br />
Se i responsabili erano della loro razza, la minaccia poteva essere<br />
anche insuperabile.<br />
«E più probabile», disse Karl, «che il sangue non fosse l'interesse<br />
primario e forse neppure quello secondario. E uno della nostra razza<br />
prima di fare questo si sarebbe nutrito a dovere, per incrementare la<br />
propria forza. Non sto dicendo che non sia stato bevuto del sangue:<br />
probabilmente l'aggressore non sarebbe stato in grado di resistere del
tutto e sembrano esserci segni di denti sulla gola e in altri punti. Ma<br />
tutto questo non sembra casuale, bensì calcolato, come una<br />
vendetta, una punizione». Karl fece attenzione a evitare di usare il<br />
nome di Antoine. Carol era già abbastanza sconvolta. «Chiunque<br />
abbia fatto questo voleva che Chloe sapesse che stava per essere<br />
fatta a pezzi».<br />
«Intendi dire che lei è rimasta viva fino all'ultimo mentre le<br />
facevamo tutto questo?», Carol seppellì il volto scioccato tra le mani<br />
e cominciò a singhiozzare. André le si avvicinò, la strinse poi la<br />
portò fuori dalla cucina.<br />
«Perché Antoine ha atteso cinque anni?», chiese Michel quando<br />
Carol non fu più in grado di udirlo.<br />
Naturalmente il ragazzo sapeva che si trattava di Antoine, proprio<br />
come Carol. Però Michel poteva affrontare la cosa, e a questo punto<br />
Carol invece no. Karl si rese conto che Michel era stato ben attento a<br />
non dire nulla mentre sua madre era nella stanza e, ancora una<br />
volta, si meravigliò di quanto sensibile e comprensivo fosse<br />
diventato il ragazzo.<br />
«Quello è il mistero, Michel. Non so perché abbia atteso. Perché<br />
abbia scelto questo metodo, se non perché sapeva che sarebbe<br />
servito a sfoggiare il suo potere fisico e avrebbe fatto dimostrato<br />
anche la sua superiorità. Ci ha attaccati sul terreno a noi familiare e<br />
ha ucciso una persona davvero speciale per tutti noi. Ma una cosa è<br />
certa in tutto questo», disse Karl mentre ritornava André. «Chloe non<br />
ha combattuto».<br />
André rimase paralizzato dallo shock. I suoi processi mentali non<br />
riuscivano ad andare abbastanza in fretta perché potesse formulare<br />
le domande che aveva bisogno di porre, domande che avrebbero<br />
richiesto una spiegazione per un'affermazione tanto oltraggiosa.<br />
Karl gli risparmiò la fatica. «Il motivo per cui sono giunto a questa<br />
conclusione è che non c'è nulla sotto le unghie di Chloe a indicare<br />
che abbia combattuto, né pelle, né capelli, né sangue, nulla. E nulla<br />
nemmeno nella sua bocca, il che ci dice che non ha cercato neppure<br />
di mordere il suo o i suoi assalitori. Dalla natura delle lacerazioni sui<br />
muscoli, non c'è nulla a indicare che lei abbia tirato da una parte e<br />
l'aggressore dall'altra. Sostanzialmente, è come se fosse rimasta là a
lasciarsi fare a pezzi».<br />
Karl vide che André ebbe una leggera contrazione. «Andiamo al<br />
Columbarium», disse André con voce tesa, poi si voltò e abbandonò<br />
la stanza senza attendere una risposta. L'azione era la sua forza, e<br />
anche la sua salvezza quando lo stress diventava troppo intenso.<br />
Riposero i resti di Chloe nel congelatore, poi uscirono dalla stanza<br />
come una squadra. L'opinione generale era che dovessero andare<br />
tutti e quattro. Da quel momento in poi sarebbero rimasti insieme.<br />
Con un nemico tanto pericoloso e astuto era insensato correre dei<br />
rischi.<br />
Si recarono in macchina fino a Còte-des-Neiges, all'ingresso<br />
principale, e parcheggiarono a un isolato di distanza. In quel<br />
quartiere alle due del mattino era abbastanza semplice scavalcare la<br />
palizzata di ferro che separava il marciapiede dal suolo cimiteriale.<br />
Naturalmente, dopo la carneficina della notte precedente, il cimitero<br />
era tutt'altro che vuoto. Sentirono subito la presenza dei mortali -<br />
agenti di polizia, forse una dozzina - posizionati in punti strategici, a<br />
sorvegliare l'ingresso e il Columbarium.<br />
Tanto l'entrata quanto l'uscita dell'edificio sotterraneo avevano il<br />
nastro giallo della polizia sulle porte. Come se l'assassino o gli<br />
assassini potessero tornare per rifare di nuovo tutto, pensò Karl,<br />
chiedendosi in che modo ragionassero i mortali.<br />
André, i cui sensi erano forse quelli più acuti di tutti loro, li<br />
condusse alla porta d'uscita del Columbarium, che era sorvegliata da<br />
una guardia soltanto, rispetto all'ingresso dove ce n'erano forse sei<br />
che parlavano e fumavano. André prese quel poliziotto alle spalle, e<br />
Karl fissò dritto in quegli occhi abbastanza a lungo da farli chiudere e<br />
addormentarlo. La porta non era chiusa a chiave ed entrarono senza<br />
difficoltà. Nell'istante in cui varcarono la soglia, fu evidente che<br />
erano soli. Karl non avvertì la presenza di nessun altro, vivo o non<br />
morto, all'interno dell'edificio, e comprese che per gli altri era lo<br />
stesso. Non c'era nessun essere vivente là, incluso il pipistrello del<br />
quale Michel aveva parlato.<br />
L'ambiente puzzava di fluido per l'imbalsamazione mescolato<br />
all'odore di decomposizione. I loro nervi olfattivi molto sviluppati<br />
riuscivano a distinguere persino le tracce più insignificanti degli
odori, e la lampada a olio con l'odore dei fiori morenti, appassiti<br />
fino al gambo, era sufficiente a intossicarli fino alla nausea. Karl<br />
immaginò che fosse qualcosa di molto simile a quando un mortale si<br />
trovava imprigionato in un ascensore con una donna con troppo<br />
profumo addosso. Michel era pallido e chiaramente non voleva<br />
essere in quel posto. Nessuno di loro lo voleva.<br />
Karl mise una mano sulla spalla del ragazzo per fargli forza. «Se<br />
hanno intenzione di sorvegliare questo posto, dovrebbero<br />
controllare entrambi gli accessi nello stesso modo», disse Michel nello<br />
sforzo di mettere da parte il suo terrore, sottolineando una cosa<br />
ovvia, come tendono a fare i giovani, anche quando l'ovvio non è<br />
dalla loro parte.<br />
Il gruppetto si diresse verso le scale e salì al piano principale. Il<br />
forte condizionamento dell'aria in quell'ambiente accresceva il senso<br />
di alienazione avvertito da Karl, che innervosì anche Michel. Era<br />
come essere all'interno di una cella frigorifera con la puzza di troppi<br />
odori nocivi. E benché il corridoio fosse ampio, la sensazione era<br />
quella di un ambiente opprimente, come fossero all'interno di un<br />
gelido canale del parto prima di nascere. Perché lo mantenessero a<br />
quella temperatura, Karl lo ignorava. Probabilmente per la<br />
conservazione dei cadaveri. Non riusciva a immaginare quanto<br />
avrebbe potuto essere forte l'odore del fluido per l'imbalsamazione<br />
se la temperatura fosse stata più bassa. Dedusse che i mortali, o<br />
almeno molti di essi, non potessero avvertire quell'odore.<br />
Michel sembrava nervoso, ma non quanto Carol. André, le cui<br />
emozioni erano tenute a freno dall'azione, chiudeva quella<br />
processione mentre Karl se ne mise a capo, ponendo in tal modo in<br />
mezzo i due membri più vulnerabili.<br />
Quando raggiunsero il piano principale e la rotonda, trovarono<br />
un muro di nastro giallo a bloccare l'accesso al corridoio stesso. Più<br />
oltre c'era il loro obiettivo: potevano vedere il rosso cremisi da dove<br />
si trovavano.<br />
Karl sollevò il nastro e loro tutti vi passarono sotto. In un attimo<br />
furono a pochi passi dall'ingresso, circondati da sangue rappreso. A<br />
quella temperatura il sangue era solido. Sembravano quasi dei<br />
cristalli di sodio rossi.
Karl aveva sentito l'odore del sangue nel momento stesso in cui<br />
erano entrati nel Columbarium. Il profumo rappreso di così tanta<br />
vita l'aveva investito come gli olii potenti e invisibili che durante il<br />
Medioevo le donne usavano per mascherare l'odore dei loro corpi.<br />
Stando a quanto detto da Michel, lui non aveva sentito il sangue<br />
quando era andato in cerca di Chloe. Karl si ripromise di chiedergli<br />
dell'altro in proposito.<br />
Ipotizzò che il sangue non fosse ancora stato rimosso perché la<br />
polizia attendeva che tutti i test fossero stati completati, e che tutti<br />
quelli che dovevano investigare su quella scena del delitto lo<br />
facessero prima della pulizia finale. Presumibilmente, i campioni del<br />
DNA erano già stati presi, ed era una cosa preoccupante. Il DNA di<br />
Chloe sarebbe stato diverso da quello di qualunque altro mortale gli<br />
scienziati avessero visto in precedenza.<br />
Persino un esame frettoloso del suo sangue al microscopio<br />
avrebbe rivelato non soltanto le normali cellule, ma anche quelle<br />
animali. Quella da sola sarebbe stata una cosa già abbastanza<br />
misteriosa, pensò, ma se avessero poi cercato di spiegare le due<br />
cellule vegetali che avrebbero trovato nel campione... Se c'era un<br />
Dipartimento X Files, quell'omicidio sarebbe finito dritto là.<br />
Naturalmente la polizia non l'avrebbe classificato come un omicidio,<br />
dato che non c'era un corpo, ma soltanto del sangue, come se<br />
piovesse, a giudicare dalle pareti e dal pavimento, e persino sul<br />
soffitto dove era spruzzato dalle arterie di Chloe, chiazzando la<br />
pittura beige con puntini simili a rubini. I ricercatori avrebbero<br />
potuto supporre che dei ragazzi avessero mescolato sangue umano,<br />
animale e linfa vegetale, in qualche modo, e l'avessero spruzzato in<br />
giro soltanto per dissacrare quel posto. Con un po' di fortuna, pensò<br />
Karl.<br />
Karl e André esaminarono il sangue e André, il quale si era nutrito<br />
da Chloe ed era l'unico in grado di analizzare quale fosse il suo e<br />
quale no soltanto dal suo sapore, raccolse dei campioni. Avrebbe<br />
potuto essere in grado di riferire qualcosa riguardo un'altra presenza<br />
ingerendo in seguito il sangue reso nuovamente liquido.<br />
Carol rimase in piedi da una parte di fronte alle porte d'ingresso,<br />
a pochi passi di distanza. Voleva dare a vedere di vigilare, benché
tutti loro fossero in grado di udire, sentire e avvertire in altri modi se<br />
qualcuno si fosse appropinquato alle porte. Sembrava inorridita.<br />
Michel si accovacciò di fianco a Karl e sussurrò, anche se<br />
naturalmente Carol poteva sentirlo: «Non riesco ancora a capire<br />
perché abbiano lasciato il sangue».<br />
«Io credo», disse Karl, «che l'assassino sapesse che avremmo<br />
controllato, e volesse mostrarci il suo disprezzo. Ci sta dicendo che<br />
non ha bisogno del sangue. Tiene sotto controllo le sue passioni. Ci<br />
sta dicendo che invece noi non lo facciamo, cosa che ci rende<br />
vulnerabili».<br />
A giudicare dallo spruzzo che proseguiva sulle pareti e sul<br />
pavimento, a Karl sembrava che Chloe fosse entrata dalla porta,<br />
avesse fatto i cinque o sei passi che la separavano dal corridoio,<br />
avesse svoltato a destra, poi avesse coperto più o meno la stessa<br />
distanza e si fosse fermata.<br />
Chiese a Michel dove avesse trovato le parti del suo corpo e quali<br />
fossero.<br />
«Non sono proprio sicuro, voglio dire, ero così spaventato che ho<br />
solo raccolto... tutto. Però mi ricordo che la mano con l'anello era<br />
qui». Indicò il muro sulla destra.<br />
«L'altra mano?»<br />
«Non ne sono certo. Ho... ho trovato la testa là». Indicò un punto<br />
vicino all'angolo. «L'amuleto era lì. L'hai trovato?... nelle buste».<br />
«No», disse Karl.<br />
André scosse la testa.<br />
«Probabilmente non l'abbiamo notato», disse Karl. «Dove si<br />
trovava la maggior parte del corpo, in relazione a tutto questo<br />
sangue? Quello che intendo è se gran parte del sangue si trovava di<br />
fronte ai resti del corpo oppure dietro?»<br />
«Uhm, credo che gran parte del corpo fosse qui, davanti al<br />
sangue». Michel si fermò di fronte al corridoio, con le spalle<br />
all'ingresso, come doveva essere stata Chloe. La maggior parte del<br />
sangue era dietro di lui, sulle pareti e sul pavimento.<br />
Karl cercò di ricostruire nella sua mente cosa era successo.
Immaginò che non vi fosse nessuno dietro di lei, tra Chloe e<br />
l'entrata: nessuno era entrato dopo di lei. Se ne sarebbe accorta. E<br />
sembrava improbabile che il suo aggressore l'avesse fatto per un altro<br />
motivo: Michel era vicino all'ingresso quando Chloe era entrata nel<br />
Columbarium. Avrebbe sentito qualcuno di là dalle porte, così<br />
vicino, e di certo chiunque l'avesse seguita.<br />
Antoine e Chloe dovevano essersi trovati faccia a faccia, lui di<br />
fronte alle porte d'ingresso, lei di fronte al corridoio. Il che<br />
significava che probabilmente Antoine era arrivato dal livello<br />
inferiore, su per le scale, e lungo il corridoio dritto verso di lei.<br />
Doveva averlo sentito. Ciononostante, tutto indicava che non aveva<br />
indietreggiato, non l'aveva affrontato, gli aveva semplicemente<br />
consentito di farla a pezzi spezzandole la schiena all'indietro.<br />
Perché era rimasta ferma quando aveva sentito, e poi visto<br />
Antoine? Karl non riusciva a dominare il suo orrore per quel gesto<br />
apparentemente suicida, anche se tutto sembrava indicare proprio<br />
questo. Era una persona troppo razionale per ignorare quella che<br />
sentiva essere la verità.<br />
Quando André ebbe terminato di raccogliere campioni di sangue<br />
nelle fiale che aveva portato con sé, controllarono quelli che Michel<br />
aveva chiamato "cassetti". In realtà si trattava di lastre di marmo<br />
quadrate, più grandi del lato corto di una bara, una incastonata<br />
sopra l'altra come mattonelle, le estremità tenute in posizione da<br />
spigoli di metallo che sembravano simili agli adesivi angolari di carta<br />
usati negli album di fotografie. Alcuni dei cassetti vicino all'ingresso<br />
erano stati spolverati dalla polizia in cerca di impronte. Da quello<br />
che poteva vedere Karl, c'erano almeno una o due serie di impronte<br />
che apparivano su alcune lastre. Pensò che probabilmente<br />
appartenevano agli addetti che seppellivano i deceduti, benché la<br />
possibilità che appartenessero ad Antoine e a uno o più complici<br />
c'era. Comunque non erano le impronte di Antoine, e in questo<br />
mondo di non-proprio-morti, le prove fisiche di colpevolezza non<br />
erano cruciali come sarebbero state nel regno dei mortali.<br />
Tutti e quattro forzarono uno dei comparti, poi quello successivo,<br />
e quello dopo. Quando ne ebbero aperti una dozzina, esaminarono<br />
le bare all'interno. Normali bare moderne di metallo e fibra di vetro.
Niente piombo su nessuna.<br />
André e Karl sollevarono i coperchi delle bare: nessun<br />
rivestimento di piombo in quei feretri, solo cadaveri a vari livelli di<br />
decomposizione, la puzza di marcio e gli ingredienti del fluido per<br />
l'imbalsamazione mescolati in un odore rivoltante assalirono le loro<br />
narici. Smossero quadrati di marmo anche dall'altra parte del<br />
corridoio e aprirono i coperchi delle bare per trovarvi... nulla degno<br />
di nota. C'erano altri corpi, e ancora il fluido per l'imbalsamazione e<br />
la puzza di decomposizione riempirono l'aria.<br />
Michel disse: «Pensi che si siano sforzati di mascherare l'odore?»<br />
«Direi di sì», gli disse Karl. «La formalina è composta per il 30-40<br />
per cento circa di formaldeide, il 12 per cento circa di alcool metilico<br />
e forse il 12 per cento di metanolo, ciascuno dei quali ha un suo<br />
terribile, preciso odore. Il resto è acqua, pigmenti, stabilizzanti e<br />
aromi floreali».<br />
«Be', non hanno fatto proprio un buon lavoro con questi qui.<br />
Dovrebbero aggiungere più profumo».<br />
Karl dovette convenire. L'odore di formaldeide era intensissimo lì,<br />
e doveva essersi dissolto in molti di quei cadaveri. Naturalmente<br />
stavano raccogliendo tracce infinitesimali che si espandevano a causa<br />
della loro forte sensibilità olfattiva. E la formula cambiava da una<br />
marca all'altra; alcune marche di fluido per l'imbalsamazione non<br />
sarebbero state tanto intense.<br />
Non vi era traccia di alcuna presenza mortale o immortale, solo i<br />
morti e sepolti, il che rappresentava un punto a favore per la teoria<br />
di Michel che i morti avessero preso vita e assassinato Chloe.<br />
Naturalmente Karl non poteva accettarlo. Ma dato che l'omicidio<br />
era stato così singolare, si costrinse a tenere la mente aperta a<br />
quell'opzione pur senza soffermarcisi.<br />
Ritornarono indietro alla fine del corridoio, alla rotonda, e<br />
controllarono le vetrinette che contenevano urne e contenitori per le<br />
ceneri. Nessuna di queste era neppure lontanamente grande<br />
abbastanza per un corpo, a meno che l'assassino non fosse stato un<br />
bimbo.<br />
Mentre procedevano lungo il corridoio dall'altra parte della
otonda, André cominciò a scardinare le piastre di marmo dalla<br />
parete.<br />
«Non credo che dovremmo preoccuparcene», disse Karl. «È chiaro<br />
che questo secondo corridoio sarebbe stato troppo lontano perché<br />
lui o loro lo percorressero senza che Chloe li sentisse e uscisse fuori».<br />
André era infastidito. Voleva controllare ogni sepoltura del<br />
Columbarium fino a quando non avesse trovato quella che poteva<br />
ospitare un gruppo di vampiri. Ma non era uno stupido, e comprese<br />
il ragionamento di Karl, anche se così rimaneva senza nulla da fare,<br />
cosa che lo metteva in agitazione.<br />
Discesero le scale vicino alla rotonda e si diressero all'uscita. Il<br />
poliziotto di fuori stava ancora dormendo, come Karl gli aveva<br />
detto di fare, ma ce n'erano altri quattro nella zona. Karl si<br />
concentrò sull'ingresso e stabilì che all'esterno erano rimasti solo due<br />
agenti, e questo significava che quella era la strada migliore per<br />
uscire.<br />
Il gruppo tornò sui propri passi, lungo il corridoio inferiore, le<br />
scale vicino alla rotonda e poi su e lungo il corridoio che conduceva<br />
all'ingresso. Là si fermarono abbastanza a lungo da accertarsi che i<br />
poliziotti, dopo aver bevuto caffè e chiacchierato, si fossero<br />
incamminati verso l'uscita per unirsi agli altri.<br />
«È una buona cosa che facciano la pausa caffè», sussurrò Michel.<br />
Sarebbe stato abbastanza semplice sopraffare una qualsiasi<br />
guardia, ma sarebbe stato altrettanto rischioso con così tanta polizia<br />
nelle vicinanze. Non erano fisicamente in pericolo, ma Karl non<br />
voleva correre il rischio che qualcuno di loro venisse visto e in<br />
seguito riconosciuto. E non voleva nessuna sparatoria. Una ferita che<br />
avesse prodotto altro sangue oltre a quello già esaminato e giudicato<br />
anormale, avrebbe significato per loro dover lasciare la città.<br />
Preferiva sempre la via più semplice, quella che non prevedeva il<br />
confronto.<br />
I quattro sfruttarono la loro occasione d'oro e uscirono in fretta e<br />
con calma fuori dalle porte d'ingresso del Columbarium.<br />
Appena dopo le quattro del mattino, il gruppo esausto entrò
arcollando dalla porta di casa. Quella notte era stata una dura<br />
prova per ognuno di loro, e non era ancora terminata. André si<br />
occupò di far tornare liquido parte del sangue proveniente dalle<br />
ferite di Chloe e parte di quello preso dal Columbarium per<br />
ingerirlo, sperando di scoprire traccia di un estraneo, il sangue di<br />
qualcun altro oltre a quello di Chloe.<br />
Karl prese alcuni dei campioni di sangue dal corpo, dalle pareti, e<br />
lo fece diventare liquido con una soluzione salina. Attese fino a<br />
quando le cellule si depositarono sul fondo della fiala e il plasma<br />
non fu separato. Poi ispezionò le cellule del sangue al microscopio.<br />
Non erano state colorate, ma il suo occhio esperto fu comunque<br />
in grado di distinguere i diversi tipi. Circa il 45 per cento del sangue<br />
era composto di globuli, per lo più rossi a forma di ciambella, che<br />
superavano quelli bianchi nella misura di circa dieci a uno. C'erano<br />
altre cellule: neutrofili, linfociti, monociti, eosinofili, basofili, alcune<br />
somigliavano a cellule animali e due cellule dal profilo più netto<br />
pigmentate di verde, a causa della clorofilla. I loro corpi erano così<br />
ibridi, composti di cellule umane, animali e vegetali, e dopo tutti i<br />
suoi anni di ricerca, aveva ancora un'idea molto approssimativa sul<br />
perché quella particolare mescolanza producesse esseri come lui. Ad<br />
ogni modo, nulla di ciò che si trovava nel sangue di Chloe era<br />
inusuale. Be', questo non era propriamente vero. Uno dei globuli<br />
rossi aveva un nucleo.<br />
Studiò quella cellula in particolare. Lo sviluppo dei globuli rossi<br />
era tale che il nucleo si restringeva ed era infine espulso dalla cellula<br />
completamente formata. Aveva esaminato il suo stesso sangue<br />
innumerevoli volte, e il sangue di molti degli altri della sua<br />
comunità, Chloe inclusa. Erano sempre alla ricerca delle radici della<br />
loro mutazione, come anche di metodi per sopravvivere senza<br />
bisogno di sangue, o per respingere gli effetti pericolosi della luce del<br />
sole, o scoprire l'elemento che impediva loro di morire. Non aveva<br />
mai visto un globulo rosso sviluppato con un nucleo nella sua razza.<br />
Per i mortali, questo era un chiaro segno del fatto che una cellula era<br />
impazzita. Che si trattava di una cellula in necrosi.<br />
Nonostante quella anormalità, sentì che la risposta per quel<br />
puzzle non poteva essere nelle cellule, ma nel plasma, il restante 55
per cento del sangue. Il problema era come analizzarlo. Non<br />
possedeva un HPLC, la macchina per la cromatografia liquida ad alta<br />
pressione. Si sarebbe dovuto recare in un laboratorio di ricerca, forse<br />
un ospedale, forse un laboratorio di medicina legale.<br />
Karl non poteva fare altro quella notte. Era tardi, e qualsiasi test<br />
avesse effettuato, qualora fosse riuscito ad accedere a un laboratorio,<br />
avrebbe richiesto delle ore.<br />
Pensò di chiedere altro a Michel, come per esempio perché non<br />
avesse sentito l'odore del sangue quando era entrato nel<br />
Columbarium, ma il ragazzo aveva bisogno di una tregua. Inoltre,<br />
Karl cominciava a sentirsi in ansia: Gerlinde non aveva telefonato, e<br />
neppure David o Kathy. Ma poteva anche trattarsi della differenza di<br />
fuso orario. In quel momento a Manchester era già passata l'alba, e<br />
non sarebbe servito telefonare di nuovo. E le sette di sera ora di<br />
Manchester era l'una del pomeriggio a Montréal, il che voleva dire<br />
che, se avessero telefonato quel giorno, Karl non avrebbe ricevuto<br />
alcun messaggio fino al tramonto. Comunque, anche se fossero<br />
rientrati proprio all'alba, avrebbero trovato il messaggio che aveva<br />
lasciato e avrebbero potuto lasciare una risposta veloce in segreteria.<br />
Decise di chiamare Julien per lasciare un messaggio sulla sua<br />
segreteria riguardo gli ultimi sviluppi, e rimase sorpreso quando<br />
Julien rispose. Lui, che era stato trasformato nel Medioevo, era<br />
capace più di chiunque di loro di restare sveglio durante il giorno,<br />
benché non fosse in grado di muoversi bene, e necessitasse della<br />
completa oscurità. La sua voce tradiva lo stato letargico.<br />
«Karl, sono d'accordo con la tua ipotesi. Senza dubbio il<br />
responsabile è Antoine, e anche io credo abbia agito da solo. Credo<br />
anche che tu abbia ragione: Chloe non ha tentato di difendersi».<br />
«Perché?», chiese Karl. Più d'ogni altra cosa, quella era la domanda<br />
per la quale non era in grado di trovare una risposta soddisfacente.<br />
«Penso che sarebbe opportuno discutere tutti gli aspetti di questa<br />
tragedia di persona. Al momento non sono al massimo delle mie<br />
potenzialità.<br />
Il nostro volo da Vienna per Londra parte poco dopo il<br />
tramonto. È già concordato che Claude e Susan si uniranno a noi a
Heathrow. Lasceremo un biglietto qui e un messaggio sulla mia<br />
segreteria per Gerlinde affinché torni a Montréal non appena<br />
possibile».<br />
«Ha telefonato?»<br />
«No».<br />
«Dille di chiamarmi subito», disse Karl.<br />
La preoccupazione nella sua voce fece fare a Julien una pausa. «Sì,<br />
naturalmente», disse infine, ma con una leggera esitazione che fece<br />
sentire Karl ancora più a disagio. Cercò di convincersi che Julien non<br />
fosse ancora ben presente come era di solito.
CAPITOLO 5<br />
Karl si svegliò nel momento preciso in cui il sole fu tramontato.<br />
Controllò la segreteria e non vi trovò messaggi, quindi fece<br />
immediatamente un'altra chiamata verso la maestosa casa di<br />
Manchester e rispose nuovamente il servizio telefonico. L'operatore<br />
gli disse che il suo messaggio della notte precedente non era stato<br />
ancora ascoltato. Il suo disagio si tramutò in enorme<br />
preoccupazione, al limite del panico.<br />
Sapeva di doversi dirigere subito a un laboratorio - i test<br />
avrebbero richiesto ore - ma non poteva ignorare quel tarlo che lo<br />
stava divorando. Decise di non nutrirsi, dirigendosi piuttosto di<br />
sopra, al terzo piano, dove sedette da solo nello studio di Gerlinde,<br />
sotto il lucernario del soffitto, col cielo nero sopra la testa, e<br />
cominciò a tracciarla.<br />
L'essenza di lei permeava quel luogo dove dipingeva sotto le<br />
stelle. Aveva progettato lei quella stanza, aveva scelto i colori,<br />
l'arredamento - quel poco che c'era - e le pareti erano adornate dalla<br />
sua arte e dalle opere dei pittori che lei adorava.<br />
Karl era stato totalmente preso da Gerlinde quando l'aveva<br />
conosciuta, quando l'aveva amata maggiormente: così vibrante,<br />
libera, uno spirito pieno di gioia. Chiuse gli occhi e si concentrò su<br />
quella realtà nello spazio in mezzo agli occhi, dove si trova l'ipofisi,<br />
dove i mistici affermano da sempre che il terzo occhio attende di<br />
sbocciare al momento opportuno come un fiore di loto. Nello stesso<br />
tempo rallentò il respiro a un ritmo stabile e comodo, inspirando<br />
l'essenza di lei a ogni respiro, espirando tutte le altre energie che<br />
aveva in sé e che l'avrebbero distratto, fino a quando non ebbe<br />
soltanto Gerlinde dentro la pelle, vicina di fianco a sé. Poi permise<br />
all'energia di Gerlinde di discendere nel suo cuore, che la conosceva<br />
così bene. Aumentò il calore corporeo, e il battito del suo organo<br />
più vitale aumentò. Ogni pulsazione diffondeva la consapevolezza di<br />
lei nel suo corpo, fino a quando sentì la forza vitale di Gerlinde<br />
pulsare in sé, espandersi dal torso agli arti, attraverso i muscoli, le<br />
ossa e gli organi, correre nelle vene e nelle arterie e fin dentro i
minuscoli vasi sanguigni come un fiume impetuoso finché, alla fine, il<br />
suo cuore fu colmo, traboccò, e la presenza liquida fluì eternamente<br />
in lui, come un pozzo artesiano che per sempre avrebbe nutrito e<br />
sempre sarebbe stato rifornito.<br />
Era solo perché aveva ingerito il suo sangue quando l'aveva<br />
trasformata che adesso poteva seguirne le tracce come un magnete<br />
"sente" il ferro, o così la vedeva lui. Qualsiasi traccia del sangue di lei<br />
che Karl aveva consumato e che ancora risiedeva nelle cellule del suo<br />
corpo riconosceva Gerlinde e si sintonizzava su di lei. Loro<br />
rappresentavano ciascuno un suono diverso, un'orchestra che<br />
accorda gli strumenti, creando dissonanza, una cacofonia che si<br />
dissolveva istantaneamente quando iniziavano a suonare insieme<br />
come una sinfonia, quando diventavano un unisono, due parti che si<br />
mescolavano fino a formare un tutt'uno. La sua anima e quella di<br />
Gerlinde divennero una cosa sola sovrapponendosi, e alla fine<br />
comprese, non tanto per un processo mentale quanto per un<br />
meccanismo innato, dove lei fosse, perché poteva "vedere"<br />
attraverso i suoi occhi e sentire l'odore di ciò che la circondava per<br />
mezzo dei suoi sensi.<br />
Con un sussulto, i suoi occhi si aprirono di scatto. Gerlinde era in<br />
Germania! Da qualche parte a occidente, lungo il Reno!<br />
Invece che rassicurarlo, quella consapevolezza gli causò ancor più<br />
terrore. Non vi era motivo per cui dovesse trovarsi in Germania,<br />
nessun motivo davvero. Era diretta a Vienna, magari poteva fermarsi<br />
a Manchester, e la Germania non era comunque di strada.<br />
Ovviamente, poteva aver trovato un volo che l'aveva portata più<br />
lontano da Manchester, ma non lontano come a Vienna: dopotutto,<br />
Karl non conosceva tutte le tratte aeree da Montreal verso l'Europa.<br />
Ma a Gerlinde non piaceva la Germania. E perché il Reno? Se avesse<br />
fatto tappa in Germania, avrebbe avuto senso che si trattasse di<br />
Monaco, o persino Francoforte. O Berlino, il luogo dov'era nata.<br />
Gerlinde era impulsiva, ma prevedibile nella sua spontaneità, o<br />
almeno abbastanza perché Karl potesse contare su di lei. E, dopo<br />
quarant'anni, la conosceva molto bene. Poteva essere andata in<br />
Germania. Poteva aver avuto un motivo per andare nella Germania<br />
Occidentale, anche se non gli aveva riferito tale motivo, cosa che
normalmente avrebbe fatto. Ma di certo ormai avrebbe telefonato a<br />
casa: non era da lei non farlo. E, se non aveva chiamato lì, avrebbe<br />
comunque chiamato a casa di Julien per dire che sarebbe arrivata un<br />
po' in ritardo. Ma poteva anche darsi di no, se la tappa era breve, e<br />
poteva essersi fermata in un hotel dell'aeroporto per volar via al<br />
tramonto e arrivare a Vienna in un'ora. Ma allora lei o Julien<br />
avrebbero chiamato. Adesso a Vienna erano all'incirca le tre del<br />
mattino, molto prima dell'alba. E dov'erano David e Kathy? Perché<br />
non avevano ascoltato il messaggio? Sapevano che Gerlinde stava<br />
arrivando, quindi avrebbero dovuto essere là, a meno che non<br />
l'avessero raggiunta da qualche parte lungo la strada e stessero<br />
andando a Vienna con lei. Forse volevano fare una breve sosta in<br />
Germania...<br />
Simili speculazioni, lo sapeva, erano ancor meno che inutili.<br />
Poteva esservi un numero infinito di motivi per cui lei si era recata in<br />
Germania, ma lui non l'avrebbe saputo fino a quando non fosse stata<br />
lei di persona a dirglielo.<br />
L'unica cosa che poteva pensare di fare era tracciarla di nuovo<br />
prima che il sole sorgesse in Germania, il che sarebbe avvenuto sei<br />
ore prima che da lui. Questo significava che poteva farlo fino alla<br />
mezzanotte circa, l'una al più tardi, ora di Montréal. Dopo sarebbe<br />
stato inutile farlo, dato che dove si trovava sarebbe stato giorno e lei<br />
sarebbe rimasta nello stesso posto.<br />
Tracciarla lo sfiniva, come accadeva a molti della sua razza. Di<br />
solito, una sessione di tracciamento avveniva una volta sola in una<br />
sera, dopo di che il tracciante si ritrovava affamato. Quel processo<br />
dava migliori risultati se effettuato a stomaco vuoto. Se lui quella<br />
notte avesse ingerito sangue, questo avrebbe agito da barriera quasi<br />
come una terza presenza che si sarebbe frapposta tra lui e Gerlinde, e<br />
che avrebbe reso il lavoro più difficile probabilmente<br />
compromettendo il risultato. Doveva digiunare, non c'era nulla da<br />
fare: si sarebbe potuto nutrire dopo averla tracciata nuovamente.<br />
Sfortunatamente, l'astinenza dal sangue accresceva la sua agitazione.<br />
Oltre a lasciarlo indebolito ad affrontare il compito che lo<br />
attendeva, ovvero introdursi nel laboratorio di medicina legale.<br />
Erano già le otto di sera. Tardi, ma almeno gran parte del
personale se ne sarebbe già andato via. Si affrettò ad attraversare il<br />
centro della città, diretto ad est in taxi verso l'edificio senza insegne<br />
su rue Parthenais, vicino al ponte Jacques Carrier. Un'alta palizzata<br />
circondava quella struttura grigiastra. Prima era stata un centro di<br />
detenzione per criminali abituali. Ora era il quartier generale della<br />
Sureté du Québec, la centrale di polizia. L'ufficio del coroner era nel<br />
sotterraneo, e la Scientifica occupava tutto il quinto piano.<br />
L'ambulatorio della Scientifica era il luogo dove venivano eseguite<br />
le autopsie e condotti i test sui morti per determinare la causa del<br />
decesso. Karl si era servito di quei locali già un paio di volte,<br />
all'insaputa di tutti. Per un mortale l'accesso a quell'edificio ben<br />
controllato sarebbe stato quasi impossibile. Per Karl non si trattava di<br />
una cosa difficile. Grazie a un processo mentale simile all'ipnosi,<br />
persuadeva la guardia all'ingresso per avere un pass. Era tutta una<br />
questione di contatto visivo.<br />
Karl fu fortunato che non vi fosse nessuno a fare lo straordinario<br />
dopo le cinque. Sembrava che non vi fossero stati omicidi o morti<br />
sospette a Montreal da un paio di giorni, per cui non c'erano test<br />
urgenti da fare. Fu fortunato anche che l'apparecchiatura per<br />
l'icromatografia non fosse in funzione. Una volta che era stato in<br />
quel posto, il personale l'aveva lasciata accesa per completare<br />
un'analisi nel corso della notte. Ma quella notte la macchina, che<br />
sembrava un'apparecchiatura del dottor Frankenstein, era libera.<br />
Scosse la testa e fece un timido sorriso... alla faccia del nuovo<br />
millennio: un rettangolo di plastica con sopra due recipienti marroni<br />
di solvente. Un cavo qualsiasi color argento fuoriusciva da un<br />
vasetto di vetro, entrava nella macchina, per poi uscirne passando<br />
all'interno di una barra che reggeva un filtro, e rimanere steso come<br />
un filo per i rami. Il plasma nel sangue di Chloe conteneva degli<br />
elementi che avrebbero superato quei filtri simili a ciglia, le particelle<br />
più piccole per prime. Si trattava di un processo abbastanza diretto.<br />
Purtroppo, poteva fare soltanto un esperimento per volta, un<br />
processo scrupoloso, ma almeno sarebbe stato qualcosa.<br />
Karl aveva sempre adorato la chimica. Nulla lo affascinava di più<br />
dello scomporre le sostanze, e gli elementi essenziali della materia.<br />
Salvo combinarli. Se c'è un dio, aveva pensato spesso, è un chimico,
o per lo meno un alchimista.<br />
Predispose l'apparecchiatura e avviò il processo che poteva<br />
impiegare anche sei ore per giungere a compimento. Nel frattempo,<br />
si aggirò per il laboratorio per vedere cosa c'era di nuovo. Un rapido<br />
giro in quell'area rivelò delle attrezzature che aveva già visto e usato<br />
in precedenza. Tranne che il GPC. Aveva soltanto letto qualcosa a<br />
riguardo, e adesso ne stava osservando uno.<br />
Il gas-cromotografo era un'apparecchiatura molto specialistica. Era<br />
in grado di determinare quali gas fossero presenti in una piccola<br />
quantità di materiale organico semplicemente bruciandolo. "Perché<br />
no", pensò. Non ne aveva mai usato uno, ma non sarebbe servito un<br />
genio per farlo.<br />
Accese prima l'interruttore poi il computer adiacente che. avrebbe<br />
mostrato sullo schermo un grafico mentre i gas venivano separati tra<br />
loro. Da qualche parte in quella stanza doveva esserci un libro con i<br />
modelli di riferimento, ma avrebbe provato prima con il computer,<br />
per vedere quante informazioni fornisse. Poteva bruciare parte del<br />
sangue di Chloe, verificare i grafici che indicavano cosa era presente<br />
nel plasma, identificare di cosa si trattava confrontando quei<br />
campioni con il catalogo che aveva appena trovato nel computer<br />
poi, una volta scoperto, stabilire per lo meno ciò che non poteva<br />
essere spiegato.<br />
Dopotutto, la scienza era per lo più un processo di eliminazione.<br />
E gli avrebbe dato qualcosa da fare mentre aspettava che l'HPLC<br />
svolgesse il suo compito, e mentre aspettava la mezzanotte, quando<br />
avrebbe potuto nuovamente tracciare Gerlinde. Prese un frammento<br />
del sangue secco di Chloe e, sotto un beccuccio che si trovava dentro<br />
l'apparecchiatura, gli diede fuoco. Il gas emesso era appena visibile, il<br />
che significava ben poco. Si chiese quanto tempo sarebbe stato<br />
necessario per trattare tutti i diversi gas presenti nel sangue.<br />
Mentre aspettava, si sedette sopra una delle sedie stracolme di<br />
roba e il suo pensiero corse a Gerlinde.<br />
Persino dopo tutto quel tempo passato insieme, la trovava ancora<br />
più attraente di ogni altra donna, mortale o immortale. E questo la<br />
diceva lunga. Ognuna delle donne della sua razza aveva un suo<br />
fascino, ed era intenso: Carol possedeva un erotismo calmo, sensuale
e pacato. Jeanette era più sofisticata, quasi metafisica nella sua<br />
seduzione. Kathy aveva una fisicità che alle altre mancava: la sua<br />
sessualità era più diretta e concreta. Morianna era come una divinità<br />
madre, un po' riservata ma dotata di un fascino saggio e sfaccettato.<br />
Però Gerlinde possedeva qualcosa che alle altre mancava. La<br />
gaiezza del suo spirito riusciva ancora a farlo sentire giovane e a<br />
sedurlo. Era appassionata in maniera carnale, anche se in modo<br />
estremamente vulnerabile, cosa che lo aiutava ad essere se stesso. Lo<br />
circondava sempre di una accettazione rilassata e innamorata che gli<br />
garantiva libertà. E questo faceva sì che la desiderasse sempre.<br />
Avevano fatto l'amore poco prima che lei partisse. Le piaceva<br />
stare sopra, e piaceva anche a lui. Quella posizione le garantiva<br />
maggior libertà e la portava a una forte eccitazione, permettendo a<br />
lui di controllare la sua passione pur essendo stimolato in maniera<br />
incredibile.<br />
«Baciami», gli aveva sussurrato in modo melodrammatico,<br />
imitando Marlene Dietrich. «Baciami forte. Baciami come se non<br />
dovessi baciarmi mai più!».<br />
E lui l'aveva fatto. Aveva appoggiato la bocca sulla sua, e le<br />
labbra di Gerlinde si erano schiuse. Le loro lingue avevano<br />
giocherellato mentre lei rantolava, ansimava e gemeva<br />
sussurrandogli parole di fuoco nell'orecchio, mentre i suoi fianchi si<br />
muovevano ritmicamente sopra quelli di lui.<br />
La sensazione della sua vita esile, da ragazzina, il rigonfiamento<br />
dei suoi seni, delle sue natiche, il calore umido della sua vagina...<br />
quelli erano momenti di eternità, come aveva immaginato dovesse<br />
essere il paradiso, o il nirvana, o qualsiasi altro posto nell'universo<br />
dove fosse possibile raggiungere la felicità assoluta. Dove la mente si<br />
sarebbe spenta e la solitudine sarebbe svanita. Dove sapeva per certo<br />
di non essere l'unico essere esistente perché il concettualizzare cedeva<br />
il posto alla concreta...<br />
Si rese conto che il computer stava emettendo un segnale. L'HPLC<br />
stava già sputando risultati. Balzò in piedi e andò a guardare sullo<br />
schermo. Il plasma conteneva quello che si aspettava: albumine,<br />
globulina, fibrina, elettroliti, nutrimenti, gas generici, alcune vitamine<br />
e prodotti di scarto. Sarebbe stato tra questi ultimi che avrebbe
trovato quello che stava cercando, ne era convinto.<br />
Più o meno intorno alla mezzanotte tracciò nuovamente<br />
Gerlinde. Si era spostata un po' più verso nord, non abbastanza da<br />
giustificare lo sforzo che stava facendo. Quella doppia tracciatura<br />
l'aveva esaurito. Si sentiva consunto, con la carne tesa sopra le ossa.<br />
Sapeva che probabilmente era inutile, ma cercò del sangue<br />
all'interno del laboratorio, come un roditore in cerca di cibo.<br />
Difficilmente ci sarebbe stato qualcosa in grado di saziarlo.<br />
In quella struttura non venivano conservati sangue o plasma in<br />
grandi quantità. Là custodivano dei piccoli campioni per le analisi.<br />
Persino nella sala delle autopsie non avrebbe trovato nulla: lì si<br />
limitavano a lavarlo via. In quel momento, quel pensiero lo<br />
disgustò.<br />
Riuscì a scovare una piccola sacchetta di sangue. Strappò la<br />
plastica e la vuotò in un solo sorso. AB negativo, a giudicare dal<br />
sapore. Non era sufficiente per sostentarlo, ma sempre meglio che<br />
niente.<br />
Tornò al laboratorio e controllò il GPC. Lo schermo si stava<br />
riempiendo dei risultati. Riuscì a riconoscere gran parte dei gas, quelli<br />
comuni nel sangue che si era aspettato di trovare: H2O, O2. Poi<br />
trovò qualcosa che non riuscì a identificare. Quello era il momento<br />
per fare il detective.<br />
Sul computer vi erano migliaia di file di grafici. Qualunque cosa<br />
fosse quella sostanza, non si trovava normalmente nel sangue, quindi<br />
necessitava di una ulteriore indagine. Il Pentium continuò a cercare e<br />
nel frattempo Karl controllò l'HPLC. Il 90 per cento delle letture era<br />
stato eseguito. Nessuna sorpresa. Proprio nulla. Quella macchina<br />
non avrebbe identificato nessuna sostanza che non le venisse chiesto<br />
di identificare. Karl aveva chiesto di esaminare i livelli degli<br />
ingredienti noti del plasma, e questo aveva fatto. Tutto il resto era<br />
ammucchiato insieme come "altro". Lui avrebbe dovuto già sapere<br />
che cosa c'era nell'"altro" per ottenere da quella macchina una<br />
conferma o meno della sua esistenza.<br />
Quando tornò al GPC, ebbe lo shock più grande della sua vita: il<br />
plasma conteneva formaldeide. In abbondanza!
Karl tornò a casa e la prima cosa che riferì ad André, Carol e<br />
Michel fu di aver tracciato Gerlinde.<br />
«È un po' presto per preoccuparsi», disse Carol, benché la sua voce<br />
non trasmettesse affatto calma. Ma, data la situazione generale, era<br />
comprensibile che avesse quel tono.<br />
«David e Kathy potrebbero essere in viaggio», disse André.<br />
«Gerlinde ha chiamato dicendo loro che sarebbe venuta questa<br />
settimana. Se avevano in programma di stare via, lei non me l'ha<br />
detto». Karl guardò speranzoso André e Carol, ma loro non gli<br />
riferirono alcuna novità.<br />
Come per portare il discorso su un terreno più solido, André<br />
disse: «La notte scorsa, prima di dormire, e poi di nuovo quando mi<br />
sono svegliato stasera, ho assaggiato un po' del sangue, sia quello del<br />
Columbarium che tracce di quello rimasto sui suoi vestiti».<br />
«E?», disse Karl.<br />
«Si sente che era impaurita».<br />
Questo li fece ammutolire tutti finché Karl disse: «Hai scoperto<br />
qualcos'altro?»<br />
«Solo questo: Michel dice che Chloe non ha bevuto sangue la<br />
notte in cui è stata uccisa».<br />
«Spesso aspettava fin quasi all'alba», ricordò loro Carol, e André,<br />
che conosceva le abitudini di Chloe meglio di chiunque altro, annuì.<br />
«Ovviamente ho trovato Chloe: conosco la sua essenza. Ma non<br />
vi era nuovo sangue, il che conferma il fatto che non avesse bevuto<br />
l'altra notte. E nessuna traccia del sangue altrui; come hai suggerito<br />
tu, Karl, ho raccolto i campioni dalle ferite alla gola, ai gomiti e<br />
dietro le ginocchia, dove c'erano i segni dei morsi».<br />
Karl annuì. Se uno della loro razza avesse voluto bere da lei,<br />
l'avrebbe fatto dai punti più semplici, quelli meno sporchi, le vene o<br />
le arterie più grandi e accessibili.<br />
«Non c'era molto altro», disse André, «ma c'era un elemento che<br />
non mi spiego».
«Cosa intendi dire?»<br />
«Be', non si tratta di sangue mortale. Né di sangue filtrato dalla<br />
nostra razza. Non è neppure sangue».<br />
«Hai una sensazione riguardo cosa sia?»<br />
«Vorrei. Tutto quello che posso dirti è che ha una sorta di...<br />
personalità».<br />
«Personalità?». "Non cominciare a fare come se fossi David con<br />
me", pensò Karl, cercando di tenere a freno la sua impazienza. «Che<br />
cosa vorresti dire, André?». Il suo tono era più duro di quanto non<br />
avesse voluto, probabilmente perché era affamato e tutto questo<br />
parlare del sangue non faceva che alimentare il suo appetito.<br />
André s'irrigidì. «Se potessi essere più specifico, Karl, lo sarei. So<br />
soltanto che c'è qualcosa là dentro che non dovrebbe esserci. Ho<br />
liquefatto altri campioni. Forse tu potrai essere più preciso di me».<br />
Karl disse: «D'accordo. Ci proverò». Poi aggiunse: «Ho digiunato.<br />
Per tracciare Gerlinde. Sono affamato».<br />
André annuì e si rilassò. Si alzò, andò in cucina e tornò con due<br />
fiale, e una la porse a Karl.<br />
Questi sniffò dal campione il profumo del sangue. Lo portò alla<br />
bocca e lasciò che il liquido gli bagnasse appena le labbra. Se lo leccò<br />
via. Sangue stantio, come definivano tutto ciò che non provenisse da<br />
un essere umano vivo e vegeto. Il sangue rappreso e reso<br />
nuovamente liquido andava incontro a un naturale processo di<br />
degenerazione e gran parte della sua vitalità andava perduta. Oltre<br />
al fatto che quello era sangue che Chloe aveva ingerito ventiquattro<br />
ore prima della sua morte o più, facendone non solo una fonte<br />
secondaria, ma di terzo livello, e vecchia più di ventiquattro ore...<br />
Nonostante tutti questi fattori negativi, si trattava di un vino<br />
preziosamente invecchiato per un conoscitore, un fungo raro per un<br />
buongustaio. Anche la pienezza di quel minimo assaggio di vita<br />
riempì la bocca di Karl, la sua gola, scivolò giù nello stomaco e<br />
accese un fuoco appassionato che divampò in tutto il corpo. Un<br />
fuoco che aveva desiderato ardentemente e che lo lasciò debole pur<br />
accrescendo la sua forza. Era la sensazione più vicina a un orgasmo<br />
sessuale che Karl conosceva, ma, diversamente dall'orgasmo, il
sangue aveva un sapore sempre, sempre, sempre superbo.<br />
Soltanto il retrogusto tradiva il suo essere stantio, lasciandogli la<br />
bocca piena di qualcosa che si avvicinava a un sapore sgradevole.<br />
Ciononostante era un nutrimento, e questo superava tutto il resto, o<br />
normalmente l'avrebbe fatto. Perché André aveva ragione. C'era<br />
qualcos'altro in quel sangue. Qualcosa che non era proprio del<br />
sangue né di nessuno dei suoi derivati. E non aveva profumo. O<br />
sapore. Piuttosto aveva una consistenza, o un peso.<br />
Karl, come tutti gli altri, si era imbattuto nell'alcool di coloro dai<br />
quali aveva bevuto, e in droghe varie, tanto di strada quanto<br />
mediche. Questo dava più la sensazione di essere una droga, ma non<br />
era nulla di familiare. E, benché non avesse un vero e proprio<br />
sapore, lo colpì come fosse qualcosa di ripugnante.<br />
Alzò poi lo sguardo verso André, che disse: «Si tratta del sangue<br />
del Columbarium». Porse a Karl l'altra boccettina: quella col sangue<br />
dal corpo di Chloe.<br />
Karl annusò il contenuto: nessun odore tranne quello del sangue.<br />
Ma c'era qualcosa... tracce di qualcosa... Sollevò la fiala e ancora una<br />
volta si limitò a bagnare le labbra. Il sapore ricco, di una pienezza<br />
meravigliosa, poi il sollievo, come quello di un uomo assetato che<br />
beve dell'acqua. Il sangue gli parve simile a quello della prima<br />
boccetta, fino al retrogusto. E poi quell'elemento estraneo.<br />
«È un additivo particolare», disse André. «Come fosse<br />
farmaceutico, ma non lo è. O così mi sembra», disse André, sollevato<br />
e insieme incerto: la scienza non era il suo forte.<br />
Karl vedeva che André aveva dubitato di se stesso. L'essenza di<br />
Chloe per lui avrebbe coperto tutto il resto, e lui avrebbe potuto<br />
benissimo confondersi per quanto riguardava ciò che giaceva<br />
nascosto tra i corpuscoli.<br />
«Ho effettuato alcuni test al microscopio sulle cellule, e al<br />
laboratorio di medicina legale sul plasma, isolando gli elementi»,<br />
disse Karl.<br />
André annuì.<br />
«Sto pensando che l'assassino deve aver bevuto un po' da lei, dai<br />
punti dove abbiamo trovato i segni dei denti, da dove hai raccolto i
campioni, e ha infettato quei punti. Deve aver infettato quello che è<br />
fuoriuscito dalle sue arterie finendo sui muri e deve anche essere<br />
entrato nel suo flusso sanguigno circolando in tutto il corpo insieme<br />
al sangue in circa quattro minuti. Quello è il tempo normalmente<br />
necessario. Il sangue circola più in fretta, durante l'orgasmo, quando<br />
si è presi dal panico...».<br />
«Ho preso dei campioni da diverse ferite, e da diversi punti del<br />
Columbarium e li ho assaggiati tutti. Sono assolutamente uguali».<br />
Karl rimase in silenzio per un momento, chiedendosi cosa<br />
significasse quella strana faccenda. Pensò che avrebbe dovuto sapere<br />
come mettere in relazione tutto ciò, ma non era così. La<br />
comprensione andava al di là della sua consapevolezza. «Quello che<br />
ho scoperto nel laboratorio è che il sangue di Chloe contiene<br />
formaldeide», disse loro. «Immagino sia questo che sentiamo tu e io<br />
nel sangue. Dopo un po' la formaldeide perde la sua efficacia, quindi<br />
non possiamo sentirlo nei suoi campioni di sangue. E probabilmente<br />
non si tratterebbe che d'una minima traccia».<br />
«Da dove proviene?», chiese Michel.<br />
«Non riesco a stabilire se la formaldeide sia di un corpo vivo:<br />
parte del sangue deriva dai morsi. Potrebbe essere di un corpo<br />
morto, per quanto possa sembrare strano».<br />
«Cavolo, avevo ragione riguardo i morti che riprendono vita!».<br />
Karl ignorò quella affermazione. «Ritengo che non provenga da<br />
uno della nostra razza. Comunque non possiamo escludere nessuna<br />
possibilità. Dobbiamo tenere aperte tutte le opzioni».<br />
Carol, che era rimasta in silenzio per diverso tempo, disse a bassa<br />
voce: «Se non era qualcuno della nostra razza e non si è trattato di<br />
un mortale, allora potremmo trovarci ad affrontare qualcosa con cui<br />
non possiamo competere. Qualcosa che non possiamo sconfiggere».<br />
André si limitò a guardarla, come fece Karl. Non c'era nulla da<br />
dire. Per il momento. Tutti loro sapevano molto bene che<br />
qualunque cosa fosse accaduta a Chloe poteva succedere ancora, a<br />
chiunque di loro, in qualunque momento. E se la minaccia era<br />
davvero seria, non erano al sicuro neppure in gruppo.
CAPITOLO 6<br />
Gli altri cominciarono ad arrivare presto la sera successiva: Julien<br />
e Jeanette, con i loro figli Claude e Susan, apparvero subito dopo<br />
che si furono svegliati quelli della casa. Morianna giunse intorno alla<br />
mezzanotte, e Wing suonò il campanello mezz'ora dopo di lei. Si<br />
presentarono anche alcuni che Karl aveva conosciuto solo<br />
superficialmente quando si erano recati a Fire Island. Ben presto tutti<br />
i posti a sedere del salotto furono riempiti.<br />
Non c'erano messaggi in segreteria, tranne quello di Julien che li<br />
avvertiva dell'ora in cui lui e la sua famiglia avrebbero preso l'aereo<br />
per Montréal.<br />
Karl lasciò che André, Carol e Michel informassero Julien, e<br />
trascorse la prima parte della serata a tracciare ancora una volta<br />
Gerlinde. Aveva intenzione di digiunare di nuovo per tutta la notte<br />
in modo da seguire i suoi spostamenti. Scoprì, con suo grande<br />
sgomento, che era ancora in Germania, ancora lungo il Reno, ma un<br />
po' più a nord rispetto alla notte precedente. Adesso si trovava nella<br />
regione di Colonia. Questo gli diceva che si stava allontanando da<br />
Vienna, cosa che lo lasciò del tutto sconcertato.<br />
La sua preoccupazione principale era quella di contattare Gerlinde<br />
e farla arrivare a casa sana e salva. Ma non c'era nient'altro che<br />
potesse fare lì dove si trovava, per il momento. La sua seconda<br />
preoccupazione, molto vicina alla prima, era rivelare i risultati<br />
dell'analisi del sangue di Chloe agli altri della comunità, alcuni dei<br />
quali, come lui, avevano una spiccata attitudine per le scienze, in<br />
modo da avere qualche riscontro. C'erano molte vie d'indagine che<br />
potevano seguire, molte opzioni da approfondire.<br />
Intorno alle due del mattino era giunto un numero sufficiente di<br />
ospiti perché Karl sentisse di poter rivelare con prudenza quello che<br />
aveva scoperto senza doversi ripetere troppe volte. Ma i nuovi<br />
arrivati stavano ascoltando il resoconto dei fatti ed era giusto che<br />
tutti iniziassero dallo stesso punto, con le stesse informazioni, quindi<br />
attese. Era importante che tutti fossero insieme. L'energia collettiva<br />
che scaturiva dal far circolare quelle informazioni e le idee generate
da un gruppo avrebbero di certo prevalso sui confronti a due,<br />
benché si rendesse conto che molti preferivano un contatto più<br />
personale. La loro era una specie particolare. Era necessario del<br />
tempo per creare fiducia, e comunque non si trattava mai di una<br />
cosa certa.<br />
Era affamato. Carol e André distribuirono calici di sangue<br />
provenienti dalla dispensa della casa. Karl guardò quel liquido<br />
cremisi scintillare come tanti rubini all'interno dei bicchieri. Il sangue<br />
sembrava chiamarlo: il liquido perfetto. La bevanda più allettante di<br />
quello e di qualsiasi altro universo.<br />
Il suo stomaco si contorceva in maniera dolorosa per la fame.<br />
Allo stesso tempo, i suoi pensieri risuonavano nitidi come una<br />
campana di cristallo. La sua mente era affilata come una lama, il<br />
fisico era al culmine dei suoi poteri e ben in sintonia con i suoi sensi.<br />
Si sentiva anche eccitato, sul punto di scoprire qualcosa<br />
d'importante, e si aspettava, una volta rivelati i risultati dei test, di<br />
poter ottenere alcune risposte alla miriade di domande che<br />
sarebbero state formulate man mano che si radunavano quelli della<br />
sua razza. Se soltanto Gerlinde avesse telefonato, la sua eccitazione<br />
sarebbe stata incondizionata.<br />
Mentre finivano il racconto, Karl chiamò nuovamente a<br />
Manchester. David e Kathy non avevano ancora ricevuto il<br />
messaggio. Potevano essere insieme a Gerlinde.<br />
Gerlinde. Abbandonò il salotto e si diresse alla veranda sul retro<br />
della casa. La sera autunnale era fresca, ma la temperatura<br />
leggermente più alta del normale per quel periodo dell'anno. La<br />
dorsale alberata correva su per il fianco della montagna. Le foglie<br />
degli arbusti decidui avevano cambiato colore e stavano cadendo<br />
dai rami. Se avesse camminato attraverso quei boschi fitti, su per il<br />
Mont Royal così pieno di conifere - pini, cedri, betulle - fino alla<br />
sommità, per poi cominciare a discendere dall'altra parte, sarebbe<br />
arrivato fino al cimitero. E al Columbarium. Il luogo dove il tessuto<br />
del loro mondo era stato lacerato. Dove Chloe era stata assassinata.<br />
Cominciava davvero a preoccuparsi per Gerlinde. E per David e<br />
Kathy. Quello che era accaduto a Chloe poteva essere stato un<br />
incidente isolato, ma lui non ci credeva. E non lo pensava nessuno di
loro, questo era ovvio. Pur impiegando tutte le sue energie, non<br />
riusciva a trovare un motivo valido per cui Gerlinde dovesse essere<br />
in Germania.<br />
Che cosa stava facendo a Colonia? Erano stati là in visita insieme.<br />
La prima volta negli anni Sessanta, due anni dopo essersi incontrati<br />
ed essere andati in "vacanza", un breve viaggio per vedere se<br />
potevano realmente stare insieme e farcela in posti nuovi. Quello<br />
sarebbe stato un ingrediente essenziale per la loro relazione. Lui<br />
stava pensando di trasformarla.<br />
Ma si stavano ancora "frequentando", come diceva lei. Erano<br />
innamorati. Allora. Adesso.<br />
Era stato un periodo particolare a Berlino. Quella che gli<br />
americani avevano definito "l'era Beatnik" era terminata, e "l'era<br />
psichedelica" stava appena iniziando. Per un certo periodo i locali<br />
furono una mescolanza delle due cose. Restavano le pareti nere e i<br />
tavolini da caffè, ma non c'erano più bonghi che accompagnavano<br />
poesie sullo stile di quelle di Ginsberg. Il sound dei Doors turbinava<br />
nell'aria, accentuato dalle luci stroboscopiche e dalle stampe<br />
psichedeliche.<br />
Era tornato in Germania da New York nel 1958. Là le cose erano<br />
precipitate per lui, e anche per André e David. Non era Ariel il vero<br />
problema, almeno per quanto riguardava Karl: lei rifletteva<br />
semplicemente la solitudine, l'alienazione che lui già avvertiva.<br />
Tornare a casa sembrava la mossa giusta, benché Berlino fosse vicina<br />
quanto Karl voleva per andare nella città dove era nato.<br />
La vita notturna a Berlino scarseggiava. Uno dei suoi locali<br />
preferiti era il Klub Hole, un posto simile a una cava nello scantinato<br />
di un edificio andato in fiamme durante la guerra e ancora in attesa<br />
di essere demolito. Ci andava spesso, e non passò molto prima che<br />
diventasse un habitué di quella scena in evoluzione. Non passò<br />
neppure molto prima che conoscesse Gerlinde.<br />
Lei era piccola, esile, con capelli fiammeggianti ed enormi occhi<br />
castani che gli sembravano sul punto di diventare liquidi. Aveva<br />
poco più di vent'anni: fortunatamente Karl dimostrava l'età in cui<br />
era stato trasformato. Quello che era cominciato come un incontro<br />
occasionale, crebbe con naturalezza finché finirono per trascorrere
insieme tutto il loro tempo, almeno le ore notturne.<br />
Gerlinde lavorava come addetta alle vendite in un negozio di<br />
forniture d'arte. Dato che dipingeva, questo l'aiutava<br />
economicamente e la manteneva concentrata sul mondo che amava,<br />
il mondo dell'arte.<br />
Trovava il suo stile personale affascinante, e in grado di riflettere<br />
la sua indole artistica. Spesso indossava abiti dal taglio originale,<br />
molto audaci, in stile avantgarde, benché propendesse per il look<br />
"beat", che prediligeva principalmente il nero. Impreziosiva quello<br />
che aveva addosso con gioielli unici e sorprendenti. Ma fu la sua<br />
personalità a colpirlo maggiormente.<br />
Non era mai stato con una donna così genuinamente allegra.<br />
Adorava il modo in cui il suo animo sembrava muoversi alla velocità<br />
della luce, come una farfalla, sfiorando prima un fiore, poi un altro,<br />
più leggera dell'aria. Da lei scaturivano parole, commenti arguti, frasi<br />
piene di significato, in un modo che lui non era in grado di emulare.<br />
Era così fresca e viva ai suoi occhi, aperta a nuove esperienze, viveva<br />
la sua vita al massimo sotto tutti i punti di vista.<br />
Nell'arco dei quasi due anni in cui si erano frequentati, aveva<br />
preso il suo sangue di tanto in tanto, come parte dei preliminari<br />
durante i loro rapporti. Gerlinde lo definiva "perverso", e forse<br />
grazie alla sua natura artistica poteva accettare pacificamente quello<br />
che le persone normali non potevano. Era una sperimentatrice: non<br />
aveva mai conosciuto una femmina mortale come lei. Il periodo<br />
incoraggiava l'esplorazione, ciononostante gran parte delle donne si<br />
comportava in maniera ordinaria. E quelle che non erano così, di<br />
solito presentavano tali problemi emotivi che Karl se ne teneva alla<br />
larga per la sua stessa salute mentale.<br />
Una sera avevano fatto l'amore nell'eccentrico appartamento di<br />
quattro stanze di Gerlinde, dove l'arredamento pareva cambiare<br />
ogni volta che lui ci andava.<br />
Era arrivato subito dopo il tramonto. Lei lo aveva accolto sulla<br />
porta con un vestito striminzito che avrebbe indossato una donna<br />
delle caverne; un pezzo di tessuto avvolto intorno alla vita come<br />
una gonna corta, un foulard legato intorno al seno, un nastro al<br />
polso, tutto di pelle di leopardo. Gli si era strofinata addosso, e la
semplice sensazione della pelliccia lo aveva eccitato. Si era servita<br />
degli artigli dell'animale appesi intorno al collo per graffiargli<br />
leggermente il petto e gli aveva aperto la camicia.<br />
Una volta in camera da letto, aveva fissato una catena al nastro<br />
del polso, e gli aveva porto l'altra estremità, poi si era messa a<br />
quattro zampe sopra un tappeto di pelle d'orso cominciando a<br />
ringhiare. Lui aveva potuto solo ridere deliziato e fare l'amore con<br />
lei appassionatamente.<br />
Più tardi, quella sera, erano andati al Klub Hole ad ascoltare un<br />
gruppo inglese chiamato <strong>The</strong> Rolling Stones. Karl aveva già visto<br />
quella band: a loro piaceva suonare in piccoli locali, per avere un<br />
contatto diretto con il pubblico. Aveva la sensazione che sarebbero<br />
diventati famosi.<br />
Quando era terminato lo show, Gerlinde si era avvicinata e aveva<br />
gridato: «Vorrei che durasse per sempre!».<br />
In quel momento Karl era rimasto così sorpreso che aveva detto:<br />
«Potrebbe».<br />
«Come?»<br />
«Il sangue».<br />
«Ok, Nosferatu. Prendimi, sono tua!».<br />
Lo chiamava Nosferatu da quando aveva cominciato a prenderle<br />
il sangue. Ovviamente non aveva mai creduto che lui fosse un<br />
vampiro. Perché avrebbe dovuto? Era una cosa stravagante, e lui si<br />
affidava proprio a questo per difendersi.<br />
Ma adesso non desiderava farlo. Al contrario, voleva mostrare la<br />
sua anima a quella donna. Si era così affezionato a lei, no, non<br />
affezionato, si era innamorato di lei. L'idea che col tempo l'avrebbe<br />
persa, con la vecchiaia... non riusciva a sopportare quel pensiero.<br />
«Se lo vorrai, ti prenderò», aveva detto, così serio che la consueta<br />
vivacità di Gerlinde era cessata e lei era rimasta immobile come una<br />
lucertola. Guardò in profondità nei suoi occhi, come in cerca di<br />
qualcosa.<br />
«Non stai scherzando, vero?»<br />
«No».
Si limitò a fissarlo.<br />
«Io sono der vampire. Non come nei libri e nei film. Sono simile a<br />
un essere umano senza esserlo. Ho bisogno di sangue per<br />
sopravvivere, e posso muovermi soltanto nell'oscurità».<br />
«Tu... hai bevuto il mio sangue. Diventerò come te?»<br />
«No, a meno che tu non beva il mio. Da te ne ho preso soltanto<br />
una quantità minima. Non ho bevuto per sostentarmi, semmai per<br />
esaltare e prolungare il piacere del nostro fare l'amore».<br />
Lei si sedette intontita. Il gruppo tornò a suonare un'altra serie di<br />
canzoni, e loro ascoltarono la musica, ma Karl sapeva che Gerlinde<br />
era preoccupata come lui.<br />
Quando la band ebbe terminato, Gerlinde sembrava sconvolta.<br />
Voleva tornare a casa. Da sola. E lui la lasciò andare.<br />
Le settimane seguenti furono un inferno. Tornarono insieme e si<br />
lasciarono tante volte. Sapere che cosa era Karl e tollerarlo erano<br />
due cose differenti, e per lei era stato molto difficile accettare che il<br />
suo amato fosse immortale.<br />
Due settimane dopo erano di nuovo entrambi al Klub Hole. Lei<br />
aveva chiuso la loro relazione due notti prima, e stavolta a lui<br />
sembrava quella definitiva. Karl era sul punto di accettare il fatto che<br />
lei non sarebbe mai stata sua, che presto avrebbe dovuto<br />
abbandonare Berlino. Non riusciva a sopportare l'idea di vederla,<br />
sapendo che avrebbe potuto essere sua ma non lo sarebbe stata. Il<br />
suo stile di vita non era mai stato quello di chi sperimenta. Era<br />
monogamo per natura, e aveva bisogno della stabilità di una<br />
relazione per trovare un equilibrio. Ora che aveva trovato una<br />
donna con la quale voleva stare, sapeva che senza di lei sarebbe<br />
stato un inferno, e restare in quel posto avrebbe peggiorato le cose.<br />
Si intravidero in mezzo a quella folla. Lei andò da lui. «Parliamo».<br />
Si sedettero in una piccola nicchia, buia e tranquilla per quanto<br />
possibile.<br />
«D'accordo», disse lei.<br />
«D'accordo cosa?»<br />
«Fallo. Voglio stare con te».
Lui si appoggiò allo schienale, esitante. «Ci sono delle cose che<br />
devi sapere in modo che la tua decisione sia ben cosciente».<br />
«Tipo?»<br />
«I lati negativi. Niente famiglia, niente amici. Un mondo di<br />
oscurità. Il sangue sarà il tuo unico cibo».<br />
«E ci saranno anche dei vantaggi, o mi stai offrendo un inferno a<br />
tutto andare?».<br />
Karl accennò un sorriso: lei aveva un modo di sdrammatizzare le<br />
cose che adorava. «Be', le sensazioni sono più intense, come la forza.<br />
Mi piace pensare che queste cose pesino più di quello che ho<br />
perduto».<br />
«È reversibile?»<br />
«No».<br />
«E riguardo la faccenda del paletto nel cuore? Sembra un modo<br />
sgradevole di uscirne».<br />
«Be', non lo so per certo, ma suppongo che possa ucciderci. Può<br />
uccidere te per come sei adesso».<br />
«Già, ma non c'è nessuno che mi dà la caccia con un paletto. E a<br />
te?»<br />
«Nessuno, che io sappia».<br />
«Questo è un sollievo. Dunque, immagino che la luce del sole non<br />
sia una cosa positiva. Serve a qualcosa la crema solare?».<br />
Lui scosse la testa.<br />
«E l'aglio, le croci...».<br />
«Mi hai visto con i tuoi occhi entrare in una chiesa insieme a te».<br />
«Già, me n'ero dimenticata. Non che io vada in chiesa, ma è bello<br />
averne la possibilità. Specialmente se qualcuno con un paletto ti sta<br />
inseguendo».<br />
«L'aglio e tutte le altre cose, sono tutte leggende. Sostanzialmente<br />
si tratta della notte e del sangue. E questo significa uno stile di vita<br />
che non è normale».<br />
«Non è che io sia proprio normale anche adesso. Non è una cosa
che mi farà diventare pazza, vero? Intendo dire, vorrò trasferirmi in<br />
periferia e avere figli o roba del genere?»<br />
«È possibile. Non so come reagirai. Non ho mai creato nessuno<br />
prima».<br />
«Sei certo di poterlo fare, vero? Voglio dire, non finirò come una<br />
specie di spirito o qualcosa che si aggira per i cimiteri e le discariche?»<br />
«Spero di no».<br />
«Ma potrei morire».<br />
«Non credo sia probabile».<br />
«Nessuna garanzia: soddisfatti o rimborsati?».<br />
Lui non disse nulla.<br />
«D'accordo, facciamolo. Chi non scommette non vince. O perde,<br />
ma chi è che ragiona da pessimista? Dov'è quel libro di Norman<br />
Vincent Peal quando serve?».<br />
Ovviamente Karl aveva dei timori. E se non ci fosse riuscito?<br />
André ci aveva provato. E aveva fallito. Ma non era quello, non<br />
proprio. Piuttosto si preoccupava che le cose sarebbero state diverse,<br />
che lui e Gerlinde non avrebbero voluto, o potuto, essere così vicini.<br />
Potevano diventare concorrenti: non era una cosa inverosimile. E<br />
con i suoi nuovi poteri di seduzione, lei avrebbe potuto decidere che<br />
la vita soltanto con lui sarebbe stata troppo noiosa, anche se lo<br />
aveva negato.<br />
Aveva cercato di essere onesto con lei su tutto. Specialmente<br />
questo: per ogni trasformazione riuscita di cui sapesse, c'era almeno<br />
un tentativo fallito.<br />
«Ascolta», disse lei con un sospiro stanco, «possiamo azzuffarci,<br />
morderci le unghie fino alla pelle, tirarci per i capelli ma sai qual è il<br />
punto? Credo che dovremmo andarcene in vacanza, tanto per<br />
vedere se possiamo davvero resistere e restare insieme in posti<br />
nuovi. Ehi, ho sempre desiderato vedere quella enorme cattedrale a<br />
Colonia! Ti va di andarci?».<br />
Arrivarono a Colonia di sera tardi. Lei andò alla cattedrale il<br />
giorno seguente in piena luce, da sola. La raggiunse subito dopo il<br />
tramonto.
La storia della diocesi di Colonia risaliva al quarto secolo, benché<br />
l'esterno non fosse stato ideato fino all'anno 1020 e la costruzione<br />
non fosse in realtà iniziata fino al 1248. Erano serviti sei secoli per<br />
completare quel capolavoro gotico. Karl aveva già visitato la<br />
cattedrale, ma con lei al suo fianco vedeva l'immensa struttura con<br />
occhi nuovi. Non la vedeva più solo tramite i suoi, ma anche con<br />
quelli di lei: un concetto artistico per completare la sua prospettiva<br />
più pratica e scientifica.<br />
Rimasero davanti a quelle enormi porte a fissare in alto le due<br />
guglie più elevate che perforavano il cielo. In silenzio, lei prese la<br />
fredda mano di Karl nella sua calda, e lui si girò per osservare il suo<br />
profilo. Così sorprendente.<br />
«Lo voglio», disse Gerlinde, i suoi occhi tanto chiari. Era seria.<br />
«Voglio essere come te, Karl, e voglio essere tua».<br />
Quell'immagine del suo volto e un'altra istantanea di quella stessa<br />
sera che conservava nella memoria, quando l'aveva convinta,<br />
sarebbero rimaste impresse nella sua anima per sempre.<br />
Allora lei era ancora umana, ma i segni sulla sua gola erano la<br />
prova che gli apparteneva. Vederla, così schietta e vulnerabile, il suo<br />
giovane profilo reso più vivo dalla maestosità di quell'edificio, così<br />
stupefatta dal potere che questo rappresentava, quell'espressione lo<br />
fece sentire come un predatore che conduce l'agnello al mattatoio.<br />
Non aveva mai trasformato nessuno, e non lo fece più. Era nervoso<br />
riguardo il procedimento. I suoi dubbi di tanto in tanto lo avevano<br />
allontanato da lei, ma il suo desiderio l'aveva riportato indietro. E<br />
quella notte il desiderio aveva vinto.<br />
Alloggiavano in un piccolo hotel non lontano dalla cattedrale,<br />
sulla strada con la scultura in bronzo degli strani cherubini: la loro<br />
stanza si affacciava sul Reno.<br />
«Ti senti a tuo agio?», chiese lui.<br />
«Certo! Sono sempre a mio agio con te».<br />
Gli sorrise sul letto, fiduciosa: i suoi capelli rossi e corti cingevano<br />
quei tratti dolci e vivaci. Anche quella cosa soltanto era in grado di<br />
accendere la passione di Karl.<br />
Fece l'amore con Gerlinde come se fosse la loro "prima notte di
nozze", come l'aveva definita lei. Non era mai stata tanto sensibile<br />
con lui, fisicamente, emotivamente, con tutto il suo essere. Quando<br />
la penetrò nell'atto sessuale i suoi denti fecero lo stesso con la gola,<br />
riaprendo le ferite che aveva fatto nei due anni passati e dalle quali<br />
aveva bevuto da lei.<br />
Il corpo di Gerlinde incontrò quello di Karl, scosso dai brividi. Lui<br />
la afferrò con vigore e la strinse a sé, e questo la fece gemere<br />
delicatamente.<br />
«Ti amo tanto!», le sussurrò.<br />
C'erano modi diversi di prendere il sangue, e lui avrebbe potuto<br />
farlo rapidamente, ma decise di assaporarlo come lei gli aveva<br />
chiesto di fare, prendendolo piano. Gerlinde era un'artista, sempre in<br />
cerca di nuove esperienze. Non voleva negarle questo. La sua<br />
trasformazione era stata così brutale: non poteva dire quale fosse il<br />
valore di quel processo perché non lo sapeva. All'epoca Karl si era<br />
reso conto dell'oscurità che lo inghiottiva, di un dolore acuto e<br />
consistente, di morire e rivivere, sentendosi brutalizzato, il tutto in<br />
meno di due minuti.<br />
La notte in cui aveva portato Gerlinde dall'altra parte, l'aveva<br />
nutrita col proprio sangue dal polso. Prima uno e poi l'altra, l'aveva<br />
nutrita e si era nutrito da lei, piano, per tutte le ore di oscurità. Il<br />
processo era stato talmente lento che il corpo di Gerlinde aveva già<br />
cominciato a produrre linfociti in gran quantità per combattere<br />
quella presenza estranea. Lei non si era lamentata o scostata neppure<br />
una volta. Era rimasto sbalordito.<br />
Per tutto il tempo, era rimasta ferma come la cattedrale, decisa<br />
nel suo intento di stare insieme a lui, di essere come lui, di amarlo<br />
per sempre, come avevano detto a quel tempo, nel primo rigoglio<br />
del loro amore. E a un certo punto, quando lui aveva avuto<br />
un'esitazione, impercettibile, dentro di sé, la sensibilità di Gerlinde<br />
aveva ravvisato quel cambiamento. L'aveva fissato con uno sguardo<br />
delicato e pieno d'amore dicendo: «La cattedrale che abbiamo visto,<br />
sono serviti secoli perché diventasse quello che è. Col tempo potrà<br />
solo migliorare».<br />
"Per sempre", questo lo sapeva per esperienza, cambia il concetto<br />
di tempo. Entrambi erano arrivati a comprenderlo. Ciononostante
tutti i decenni che erano trascorsi non avevano affievolito il<br />
sentimento che provavano l'uno per l'altra. Malgrado tutte le<br />
diversità, erano ancora innamorati, e l'attrazione non era venuta<br />
meno. E questo lo sorprendeva più d'ogni altra cosa.<br />
Karl sapeva che la sua forte personalità, la precisione matematica<br />
del suo modo di pensare, avrebbe allontanato molte donne. Ma<br />
ecco Gerlinde, il suo esatto opposto, e forse proprio a causa di<br />
quella contrapposizione, così simile a quella di polarità negativa e<br />
positiva, il loro legame teneva. Lei era un'artista che percepiva il<br />
mondo a livello concettuale, in termini di luce e ombra, colore,<br />
contrasto, forma e apparenza... in modo così diverso da come lui<br />
vedeva le cose. Non aveva mai notato quello che vedeva lei. La sua<br />
prospettiva riguardava più come erano sistemate le cose, la natura<br />
dei materiali utilizzati, e come questi materiali fossero riarrangiati in<br />
quella forma. Era il primo a restare sorpreso dal fatto che la sua<br />
serietà, la sua propensione verso la pura ragione non fosse mai stata<br />
diluita dalla fantasia di lei, bensì espansa. In un certo senso, lei gli<br />
permetteva di distinguere cosa valeva da cosa no, e di dare un<br />
significato più profondo all'esistenza.<br />
Quella notte a Colonia, prima che la trasformasse, mentre<br />
fissavano quella gigantesca struttura che sconcertava entrambi, Karl<br />
riusciva a capire bene come i concetti opposti quali ragionamento e<br />
intuizione, paradiso e inferno, dovessero necessariamente fondersi<br />
per creare un elemento interamente nuovo. Un elemento stabile, che<br />
avrebbe fatto progredire l'evoluzione.<br />
Gerlinde aveva osservato dolcemente: «È come se fossimo delle<br />
semplici api. Ma siamo talmente impegnati a fare il miele nei nostri<br />
piccoli alveari, pensando che questo sia tutto, ignari del grande<br />
schema. Siamo così piccoli nell'universo. Potremmo essere schiacciati<br />
in qualunque momento».<br />
«Questo se ci fosse un essere in grado di schiacciarci», aveva detto<br />
Karl, toccato dalla vulnerabilità di lei. Era stata una delle poche volte<br />
in cui l'aveva vista così pensierosa.<br />
All'improvviso, si era girata e gli aveva sorriso con quel suo<br />
sorriso birichino, quello che le faceva scintillare gli occhi come<br />
diamanti castani e incurvare ancor di più le labbra per loro natura
già rivolte all'insù. L'effetto era quello della luce che si riversa fuori<br />
da qualcosa di traslucido, e tramite lei fu in grado di comprendere la<br />
natura dell'anima.<br />
«Certe volte», disse lei ridendo, «il divino ha un macabro senso<br />
dell'umorismo. Questa chiesa potrebbe crollarci addosso in questo<br />
istante. Il piccolo tiro mancino di Dio».<br />
Appena prima dell'alba, quando il processo era quasi completato,<br />
lui prese il sangue che le restava. Vederla immobile, fredda e senza<br />
vita lo sconvolse. Più di quanto si era aspettato. Si ricordò quella<br />
battuta sul "piccolo tiro mancino di Dio": il terrore serpeggiò in lui.<br />
Avrebbe dovuto attendere che lei cominciasse a riprendere vita da<br />
sola, ma non poteva aspettare. La sera seguente la riportò in vita,<br />
alla vecchia maniera. Chiamandola a nuova vita. Il sollievo che lo<br />
pervase quando lei riaprì gli occhi, portò lacrime tinte di rosa nei<br />
suoi. E in quel momento comprese che "per sempre" era l'espressione<br />
giusta. Sarebbero rimasti insieme per sempre.<br />
Avevano visitato Colonia un'altra volta, per un giorno soltanto,<br />
diretti a Bonn, più a nord. Era stato quando Michel era un neonato,<br />
ed erano fuggiti dalla casa di Bordeaux per proteggerlo. In quel<br />
viaggio, Gerlinde aveva trovato una cartolina della cattedrale dritta<br />
in mezzo alle macerie lasciate dalle bombe che erano state sganciate<br />
alla fine della seconda guerra mondiale. Lei adorava quella cartolina.<br />
L'aveva attaccata sulla parete che dava a ovest dello studio, dove<br />
aveva realizzato un collage. La foto in bianco e nero era proprio al<br />
centro di quel collage. Mostrava la cattedrale e la zona circostante:<br />
tutti gli edifici erano andati distrutti, tutti tranne la chiesa.<br />
Karl, in seguito, scoprì che gli Alleati avevano ricevuto istruzioni<br />
di lasciare intatta la cattedrale, se possibile: la chiesa era rinomata in<br />
tutto il mondo, un capolavoro d'architettura. Si era domandato se<br />
erano state date simili direttive riguardo qualcuno dei templi più<br />
antichi quando era stato bombardato il Giappone. Ovviamente,<br />
quelle due guerre riguardavano decisamente un'altra epoca. Pensò<br />
ad alcune delle guerre combattute da allora, e la distruzione di<br />
massa, anonima, che gli esseri umani erano giunti ad accettare come<br />
normale. «Bombe intelligenti sganciate da persone stupide», aveva<br />
detto una volta Gerlinde.
Ma a Gerlinde, tranne per la cattedrale, Colonia non piaceva<br />
molto. A dire il vero non le piaceva la Germania, per la gran parte,<br />
benché vi fosse nata, come Karl. I cinque anni in cui erano rimasti<br />
nascosti a Bonn non l'avevano esattamente depressa, ma il suo<br />
spirito gaio si era affievolito. A quel tempo Michel era l'unica fonte<br />
di gioia per tutti loro. Quell'essere eccezionale che dava loro<br />
speranza e rappresentava una possibilità. Il ragazzo aveva avuto così<br />
tanti genitori amorevoli, ma nessuno lo amava più di Gerlinde.<br />
Karl si sforzò di riacquistare il sangue freddo. Non vi era<br />
assolutamente nessun motivo perché Gerlinde fosse in Germania.<br />
Si diresse al piano inferiore, dove i fatti venivano continuamente<br />
riesaminati e a Michel venivano poste più volte le stesse domande,<br />
fra cui perché non avesse sentito l'odore del sangue nel<br />
Columbarium. Sembrava che la causa fosse quel profumo<br />
opprimente di fluido per l'imbalsamazione.<br />
Karl si sedette di fianco a Morianna e disse: «Gerlinde non ci ha<br />
ancora contattato. E non ha neppure lasciato un messaggio nella<br />
segreteria di Julien: gliel'ho chiesto, e ha appena chiamato la sua<br />
segreteria per controllare».<br />
«Questo non è del tutto confortante», disse lei. «Ad ogni modo,<br />
potrebbe esserci una spiegazione ragionevole. E il fatto che David e<br />
Kathy a quanto sembra non sono a Manchester, dimostra che i tre<br />
stanno viaggiando insieme».<br />
Karl sapeva che lei stava facendo uno sforzo per calmarlo e<br />
apprezzava il gesto.<br />
«Dobbiamo ancora avere notizie da alcuni degli altri», disse<br />
Morianna. Quella donna eccezionale trasmetteva la saggezza di<br />
secoli. Nei suoi occhi viola a mandorla era saldamente impressa una<br />
conoscenza profonda, traspariva dal suo portamento regale che<br />
imponeva rispetto. Sembrava eurasiatica, ma le sue origini erano un<br />
mistero; Karl pensava che non avrebbe mai conosciuto la sua storia.<br />
Come in tutte le altre occasioni in cui l'aveva incontrata, Morianna<br />
indossava un elegante abito a più strati che ricadeva sulla sua esile<br />
figura. Gerlinde aveva detto di lei che era «la donna più femminile<br />
che abbia mai incontrato, e pensare che è un vampiro!». Julien forse<br />
era il più anziano della loro cerchia, ma Morianna non era molto più
giovane.<br />
E neppure Wing, che una volta aveva detto a Karl di esistere da<br />
più di tre secoli. Wing proveniva da un'epoca in cui era la parola<br />
imperscrutabile a descrivere il cinese. Ovviamente adesso non era<br />
più così, specialmente da quando McLuhan aveva mostrato come il<br />
"villaggio globale" fosse divenuto una realtà attraverso i media.<br />
Prima l'esplosione dei media e della comunicazione, e in tempi più<br />
recenti la Cina - grazie a Hong Kong - una terra chiusa in se stessa<br />
per un millennio, si era aperta all'influenza del resto del mondo.<br />
Non si trattava di cambiamenti semplici da accettare per Wing,<br />
riservato per natura. Aveva l'aspetto tipico dell'antico Oriente e ne<br />
vestiva i panni: piccolo, tarchiato, quasi calvo, i suoi occhi neri<br />
troppo intensi per essere decifrabili; teneva la sua perspicacia stretta<br />
nel petto e non era facile vagliarlo. In verità tutti gli anziani erano<br />
difficili da valutare. Certe volte avevano la tendenza a diventare<br />
inerti come lucertole, specialmente quando si dovevano prendere<br />
delle decisioni. I loro tratti sembravano appiattirsi fino a farli<br />
apparire quasi come intarsi bidimensionali nella pietra. Sembravano<br />
opere d'arte, né attive, né reattive, e quando alla fine si muovevano<br />
o parlavano, esigevano attenzione.<br />
Morianna disse che lei, Julien e Wing avevano cercato di<br />
contattare molti degli altri invano. «Mancano ancora quattro<br />
all'appello, una dei quali è Kaellie».<br />
Un'altra anziana. Karl si sentì molto a disagio a quella notizia.<br />
«Gertig non è stato ancora in grado di contattare nemmeno lei.<br />
Come sapete, non è facile da localizzare. Nessuno qui ha condiviso il<br />
suo sangue, solo Gertig. L'ha tracciata e adesso è in viaggio verso una<br />
destinazione segreta che conoscono solo loro. Prima dell'alba,<br />
speriamo di avere loro notizie».<br />
«Ci sono anche David e Kathy. E Gerlinde», le ricordò Karl. «In<br />
tutto ne mancano sette».<br />
Lo sguardo di Morianna lo zittì. Sapeva che lei comprendeva le<br />
sue preoccupazioni.<br />
«Dicci nuovamente dei tuoi sforzi», disse lei, a beneficio dei nuovi<br />
arrivati.
Karl aveva appena iniziato a discutere delle sue telefonate, del<br />
tracciare Gerlinde, nella speranza di discutere poi i risultati delle<br />
analisi del sangue, quando suonò il campanello della porta. Carol<br />
andò a rispondere e tornò dopo un istante con David e Kathy.<br />
Karl sollevato si precipitò ad abbracciarli. André, Carol e Michel<br />
provarono lo stesso sollievo, e presto furono tutti riuniti sulla soglia<br />
del salotto, mentre Karl faceva loro domande a raffica.<br />
David disse: «Abbiamo ricevuto il tuo messaggio stasera. Come<br />
sai, eravamo comunque diretti qui».<br />
«Diretti qui?», disse Karl. «Come sapevate di dover venire?»<br />
Tanto David quanto Kathy rimasero un istante in silenzio,<br />
guardandosi l'un l'altra, poi Kathy disse: «Be', Gerlinde ci ha detto di<br />
venire qui. Ha detto che voi tutti stavate aspettando».<br />
«Quando avete visto Gerlinde?», chiese con ansia Karl.<br />
«Non l'abbiamo vista», disse David, «ma ci ha contattato, quando?<br />
Tre sere fa?». Guardò Kathy in cerca di conferma, e lei annuì.<br />
«È la notte in cui è partita», disse Karl. «La notte in cui è morta<br />
Chloe».<br />
«Cosa?», gridò David e Kathy ansimò. «Chloe è morta?».<br />
David si girò verso André che fino a quel momento aveva retto<br />
abbastanza bene. Improvvisamente, come Karl immaginava, André<br />
ebbe un crollo.<br />
Nella stanza seguì il caos generale. David, Carol e Michel<br />
confortarono André che non riusciva a smettere di piangere. André<br />
di rado perdeva il controllo. In tutti i decenni da quando si<br />
conoscevano, quella poteva essere soltanto la terza volta in cui Karl<br />
vedeva emergere da lui le emozioni più delicate. La sua forza era<br />
nella rabbia, ma quella era anche la sua debolezza. Sotto la superficie<br />
giacevano emozioni che facevano di lui forse il più vulnerabile della<br />
loro razza. Come molti altri, André a modo suo rappresentava un<br />
enigma.<br />
La stanza era in preda al caos, tutti si agitavano e André era il<br />
fulcro di tutto. Kathy però prese da parte Karl. «Non sapevamo di<br />
Chloe», disse con voce tremante. «È terribile. Chloe era così amabile.
Non la conoscevo molto bene, ma mi ricordava una donna di New<br />
York, Mae. Mi piaceva davvero Chloe. Com'è morta?»<br />
«Te lo dirò tra un minuto», disse Karl, più che frustrato. Aveva<br />
bisogno di risposte e ne aveva bisogno subito. «Prima dimmi della<br />
tua conversazione con Gerlinde. È fondamentale che io sappia cosa<br />
ha detto. Hai parlato con lei o è stato David?»<br />
«Entrambi».<br />
«Eravate a Manchester?»<br />
«Sì».<br />
«Da dove ha detto di chiamare Gerlinde?»<br />
«Uh, non lo so, ma credevo da qui. Ha detto che sarebbe partita<br />
quella notte per andare a casa di Julien».<br />
«Cos'altro ti ha detto?»<br />
«È tutto, più o meno. Ha detto che forse non si sarebbe fermata a<br />
Manchester - avrebbe voluto - ma probabilmente non ci sarebbe<br />
stato il tempo. Aveva fretta. Era dispiaciuta di non vederci. Poi ha<br />
parlato con David, riguardo il venire qui».<br />
André era seduto su una sedia, con la testa tra le mani,<br />
singhiozzante. Michel e Carol sedevano di fianco a lui, e Morianna<br />
era in piedi davanti, con la mano sopra la sua testa. Karl vide che al<br />
momento David era libero e gli fece cenno di avvicinarsi e, benché<br />
scioccato dalle notizie, l'altro rispose alle domande.<br />
«Ci ha detto che saremmo dovuti venire qui stasera. Ha detto che<br />
era importante, si trattava di un segreto e non poteva dirmi perché,<br />
che non dovevamo provare a contattarti o avremmo rovinato la<br />
sorpresa».<br />
«Non hai pensato fosse strano?», chiese Karl.<br />
«Sì e no. Certe volte Gerlinde è abbastanza curiosa, e pensavo di<br />
dovermi aspettare una sorta di festa a sorpresa. Il tuo compleanno.<br />
Oppure un anniversario o roba del genere. Comunque non ero<br />
eccessivamente preoccupato».<br />
Sembrava una cosa da Gerlinde, ma non proprio. Karl si ricordò<br />
all'improvviso di un anniversario, il loro anniversario, di quando
aveva portato Gerlinde in quella vita.<br />
«Quando le hai parlato», chiese a David, «ti sembrava in qualche<br />
modo nervosa?»<br />
«No, non proprio. Era come sempre. Perché?»<br />
«Non le è accaduto nulla, vero?», chiese Kathy, scossa. Lei e<br />
Gerlinde avevano all'incirca la stessa età, per lo meno quando<br />
entrambe erano state mortali, benché Gerlinde fosse in vita da<br />
mezzo secolo mentre Kathy era stata trasformata solo alcuni anni<br />
prima. Lo spirito di Gerlinde più lieve dell'aria ben si accordava con<br />
l'aggressività spontanea da giungla urbana di Kathy, e le due erano<br />
diventate buone amiche in fretta. Gerlinde ci scherzava su dicendo<br />
che erano "fidanzate".<br />
«Non lo so, Kathy», dovette ammettere Karl. «Tutto quello che<br />
posso dirti è che non so perché vi abbia detto di venire qui. E lei non<br />
è mai arrivata a casa di Julien. L'ho tracciata e ho scoperto che si<br />
trova in Germania».<br />
«In Germania?», disse David.<br />
«Sì, e la cosa non ha alcun senso. Ma non ha senso neanche che vi<br />
abbia detto di venire qui».<br />
«Temo che abbia perfettamente senso», disse Wing, e Karl si girò<br />
trovandosi alle spalle sia lui che Morianna, come due immensi<br />
doccioni, pieni dei segreti del tempo. Segreti che avevano racimolato<br />
muovendosi tra i vivi e i non morti, studiando i loro movimenti.<br />
Segreti che non avrebbero voluto o potuto rivelare. E se lo sguardo<br />
sui loro volti poteva essere in qualche modo interpretato, Karl<br />
avrebbe dovuto chiamare quello sguardo di cattivo auspicio.<br />
Morianna disse con un tono di voce che esigeva attenzione: «È<br />
meglio se ci raduniamo tutti e condividiamo le nostre informazioni».<br />
Cominciarono a sedersi sui divani e sulle poltrone, altri sul<br />
tappeto orientale in terra, di fronte al grande tavolino da caffè<br />
rotondo con al centro la scultura nera di una sirena e di un delfino,<br />
legandosi pian piano tra loro come si sarebbe stretta una comunità<br />
addolorata fino a diventare una cosa sola. Karl, durante la sua<br />
esistenza mortale, era stato a dei funerali. I suoi ricordi di quelle<br />
circostanze dolorose lo facevano identificare maggiormente con
Michel, Claude e Susan piuttosto che con gli "adulti" in quella stanza<br />
di esseri senza tempo. Fu soltanto il suo stretto e lungo contatto con<br />
Chloe, una donna che conosceva da quasi cinquant'anni, da quando<br />
lui, André e David si erano incontrati, che riportò la realtà di tutta<br />
quella casa in lui in un modo tutto personale.<br />
Chloe era stata uno spirito gentile e generoso, educativo, esperta<br />
delle cose della natura, una donna che era sempre stata vicina a lui,<br />
ai suoi amici, così tante volte. Era stata d'aiuto nel costruire quel<br />
legame che faceva di loro non soltanto dei predatori, gelosi l'uno del<br />
cibo dell'altro, pronti in ogni momento a insidiare, danneggiare e<br />
tradire chiunque per istinto. Era stata una delle prime a incorporare<br />
sia i loro istinti più elevati che quelli basilari, dando a tutto un senso<br />
in una maniera che avrebbe reso possibile creare una comunità,<br />
qualcosa che loro tutti desideravano, preservando la loro<br />
autonomia. Una situazione che quel cambiamento era parso negare<br />
loro.<br />
E benché Karl si rendesse conto di tutti i notevoli risultati ottenuti<br />
da quella donna adorabile della loro razza, si rendeva conto di<br />
conoscerla appena. Chloe non era approdata a quella vita da molto<br />
tempo più di lui. Ma sembrava essersi trasformata da anziana, ed era<br />
qualcosa di più della semplice età cronologica in cui era passata<br />
all'altra vita. Qualcosa nella sua natura la rendeva simile agli anziani.<br />
Non possedeva i loro poteri, ma non era neppure "giovane" come<br />
gli altri, lui incluso.<br />
«Siamo qui per condividere un momento triste», disse Morianna.<br />
«E nello stesso tempo, dobbiamo guardare oltre la nostra tristezza,<br />
poiché siamo tutti in pericolo». Non ebbe bisogno di dare<br />
spiegazioni. Ciascuno di loro comprendeva le implicazioni di<br />
quell'omicidio.<br />
«Prima di procedere, dobbiamo ancora una volta ripercorrere<br />
quello che accaduto fino a questo momento. In tal modo, avremo<br />
una forza collettiva che deriva dalla conoscenza».<br />
«Ed è soltanto la conoscenza che salverà noi tutti», aggiunse<br />
Julien.<br />
Wing disse: «Se c'è salvezza possibile», lasciando tutti a riflettere su<br />
quello che stessero pensando gli anziani, e che, col tempo senza
dubbio, sarebbe stato rivelato.<br />
David e Kathy furono messi al corrente e riferirono le<br />
informazioni in loro possesso, ovvero quello che avevano già riferito<br />
a Karl.<br />
Alla fine Karl ebbe l'opportunità di dire quello che sapeva,<br />
riguardo il tracciare Gerlinde, la sua avversione per la Germania, e<br />
infine l'analisi del sangue di Chloe.<br />
«Sono riuscito a isolare l'elemento estraneo nel sangue di Chloe.<br />
Questo spiega una cosa, e solleva un gran numero di nuove<br />
questioni. Fluido per l'imbalsamazione».<br />
«Hai trovato... fluido per l'imbalsamazione? In entrambi i<br />
campioni?», chiese Jeanette.<br />
«Sì. Come potete capire, si tratta di quantità minime».<br />
«Intendi dire formaldeide?», chiese David.<br />
«Sì, per lo più».<br />
«Ma la formaldeide è un gas, no? Non può essere finito nel suo<br />
sangue sotto forma di vapore?»<br />
«La formaldeide è un gas, ma questo è in forma liquida, ed è<br />
qualcosa di più della formaldeide, è fluido per l'imbalsamazione».<br />
«Fammi capire bene, Karl, se non ti dispiace», disse Jeanette. «Stai<br />
dicendo che hai trovato tracce di fluido per l'imbalsamazione nel<br />
sangue di Chloe?»<br />
«Sì».<br />
«Di cosa è composto esattamente il fluido per l'imbalsamazione?»<br />
«Il termine ufficiale per quello che viene iniettato nelle vene di un<br />
cadavere mentre si aspira il sangue è formalina. È composta per un<br />
30-40 per cento da formaldeide pura, circa il 20 per cento da alcool<br />
metilico - un'altra versione della formaldeide - e forse un altro 20<br />
per cento di metanolo - un'altra formaldeide. Il resto è acqua,<br />
tintura, stabilizzanti, e certe volte aggiungono essenze, dato che la<br />
formaldeide ha un odore estremamente pungente».<br />
Vi fu una breve pausa, poi Julien chiese: «Hai un'ipotesi su come<br />
questo fluido sia stato mescolato al suo sangue?».
Karl ci aveva riflettuto parecchio. «Una possibilità è che Chloe<br />
abbia... interagito con uno o più dei cadaveri del Columbarium».<br />
«Interagito?», ripeté André.<br />
«Michel ha accennato all'intensità dell'odore quando è entrato nel<br />
Columbarium».<br />
«Sì, ma quando abbiamo raggiunto l'ingresso del Columbarium la<br />
sera dopo siamo stati prima sopraffatti dall'odore del sangue, poi da<br />
quello della formaldeide», gli ricordò André.<br />
«La formaldeide ha un odore molto forte, ma si dissipa<br />
rapidamente se esposta all'aria. Ventiquattr'ore sarebbero state un<br />
tempo sufficiente perché buona parte dell'odore evaporasse».<br />
Karl sentiva il disagio all'interno di quella stanza. Aveva paura di<br />
dire quello che c'era davvero nella sua testa, ma Julien lo disse per<br />
lui.<br />
«La tua sensazione è che Chloe, per qualche ragione, abbia aperto<br />
una o più tombe - magari un cadavere recente, interrato da poco -<br />
e... abbia consumato questo fluido?»<br />
«Non consumato, no. È finito direttamente nelle sue vene mentre<br />
veniva tolto il sangue. Come sapete, normalmente assumiamo il<br />
sangue come i mortali fanno con il cibo, per mezzo dello stomaco.<br />
Ma per noi non c'è un complicato processo digestivo, e arriva alle<br />
nostre vene molto rapidamente, nell'arco di dieci minuti. Non c'era<br />
sangue nel suo stomaco: ho controllato. È più come se...».<br />
«Vai avanti».<br />
«So che sembrerà impossibile, e non voglio insinuarlo, dico<br />
semplicemente come stanno le cose».<br />
Per un momento nessuno disse una parola. Karl si sentì un po' a<br />
disagio e decise di non essere troppo diretto. «Lasciate che vi spieghi<br />
con calma. Io credo si possa supporre che una vena oppure<br />
un'arteria si sia rotta: credo un'arteria, a causa del sangue sul soffitto.<br />
Come voi sapete, il sangue dev'essere schizzato per raggiungere<br />
quell'altezza, e soltanto un'arteria può fare questo».<br />
«Sì, lo sappiamo, ma lei non aveva bevuto», gli ricordò André,<br />
con voce tesa, intuendo il seguito.
«Ma lei aveva sangue a sufficienza nel suo corpo dalla notte<br />
precedente per sanguinare a quel modo, se fosse stata molto turbata.<br />
Il sangue che aveva dentro di sé avrebbe pompato più in fretta e,<br />
una volta perforata l'arteria, sarebbe venuto fuori come una<br />
fontana».<br />
Julien disse: «Credo che noi tutti possiamo accettare che<br />
probabilmente è questo che è accaduto».<br />
«Ci stavi dicendo delle tracce di fluido per l'imbalsamazione», disse<br />
Jeanette.<br />
«Sì. Be', io non ho la risposta, ma credo che se vogliamo trovarla,<br />
questo esempio potrebbe indirizzarci sulla strada giusta. È come se<br />
una delle persone appena sepolte, e intendo appena, non fosse<br />
morta, ma si sia alzata e l'abbia morsa».<br />
«Come un vampiro?», disse ansimando Kathy. «Intendo dire, uno<br />
di quelli che vedi nei film...».<br />
«Credo che noi tutti abbiamo capito dove vuoi arrivare», disse<br />
David.<br />
«Come uno zombie», spiegò per tutti Carol. «Un essere che non è<br />
vivo, dato che è stato imbalsamato e non possiede sangue, ma<br />
qualcosa che è comunque animata. Qualcosa in grado di sorprendere<br />
Chloe a tal punto che non è stata in grado di difendersi».<br />
«Aspetta un momento!», disse André. «Ti rendi conto di quanto sia<br />
ridicolo? È una cosa pazzesca».<br />
«Papà, invece ha senso. È quello che ho sentito io là dentro, che i<br />
morti fossero vivi...».<br />
«Michel, smettila! Karl, da quando ti conosco ho sempre rispettato<br />
la tua intelligenza. Però questa è una sciocchezza. E, personalmente,<br />
mi sento offeso. Chloe era una mia parente...».<br />
«Aspetta, André», disse Karl. «Noi tutti volevamo bene a Chloe».<br />
«Io credo», disse David, «che Karl forse sta parlando in senso<br />
metaforico e non letterale, André. Non voglio metterti parole in<br />
bocca, Karl, ma non posso credere che tu creda agli zombie».<br />
Lo stesso Karl si sentì un po' offeso. Sapeva che le sue emozioni<br />
erano più forti del solito, per la privazione del sangue, la
preoccupazione per Gerlinde, e per tutta quella maledetta<br />
situazione.<br />
«Ti ringrazio, David», disse con una voce che suonò tesa alle sue<br />
stesse orecchie. «No, io non credo agli zombie, anche se sospetto che<br />
molti mortali non credano in noi, e potremmo fare un<br />
ragionamento analogo».<br />
«Ci sono giorni», disse André, «in cui non credo ai mortali».<br />
Karl accennò un sorriso, sapendo che André si stava sforzando di<br />
allentare la tensione. «Quella che sto proponendo è solo un'idea. E<br />
uno dei modi in cui tracce di formalina possono essere finite nel suo<br />
sangue. Se ci muoviamo lungo la linea delle spiegazioni improbabili,<br />
ci teniamo pronti non solo a ciò che è possibile ma anche probabile.<br />
Ovviamente vi sono altre possibilità, se qualcuno di voi vuole<br />
ascoltarle».<br />
«Ti prego», disse Carol. «Voglio ascoltare».<br />
Diversi degli altri lo incoraggiarono, e Karl proseguì. «Può essere<br />
caduta nel fluido per l'imbalsamazione, o averlo toccato e poi essersi<br />
portata la mano alla ferita sulla gola durante o dopo l'aggressione».<br />
Michel disse: «Ma da dove è venuto fuori il fluido per<br />
l'imbalsamazione?»<br />
«Da dentro il Columbarium, ovviamente», disse David. «È normale<br />
che ce ne sia in quel posto».<br />
All'improvviso, Karl ebbe una strana sensazione, che non riuscì a<br />
identificare esattamente. La sensazione di un collegamento perso da<br />
tempo, anche se fuori portata. Fissò nella memoria quella sensazione<br />
per riviverla e investigare in seguito.<br />
Proprio in quel momento, il telefono squillò. Il suo cuore sussultò<br />
di speranza.<br />
Carol rispose e porse la cornetta a Julien, il quale parlò per forse<br />
dieci minuti. Immediatamente, a Karl fu chiaro che dall'altra parte<br />
del telefono c'era Gertig, e che le novità non erano buone.<br />
Quando Julien riattaccò, riferì che era stata trovata Kaellie. Il suo<br />
corpo era stato fatto a pezzi, come quello di Chloe, con dei segni di<br />
morsi sulle vene e sulle arterie più importanti, ma con sangue
dappertutto, dunque non ne era stata prosciugata. «Sembra che non<br />
abbia combattuto», disse Julien, con voce piatta ma con aria sinistra.<br />
Il silenzio stupefatto mostrò quanto si sentisse spaventato ciascuno<br />
di loro. Quel membro così anziano era stato mutilato...<br />
«Un'energia malvagia ci sta dando la caccia», disse Morianna<br />
gravemente. «Siamo in serio pericolo. Davvero in serio pericolo».
CAPITOLO 7<br />
Un'esplosione di parole caotiche vorticò nelle orecchie di Karl.<br />
Nella stanza c'erano più opinioni che persone. Le ascoltò con<br />
attenzione tutte, cercando di afferrare dove stesse volgendo la<br />
marea. Alla fine tutti si calmarono abbastanza perché si sentisse<br />
parlare una persona per volta.<br />
«Non possiamo permettere che simili atti di violenza restino<br />
impuniti», intervenne André, forse per la quinta volta.<br />
Jeanette disse: «Ma non sappiamo chi ne è responsabile...».<br />
«Certo che lo sappiamo! È Antoine».<br />
David mormorò: «Sono propenso a crederlo anche io, André, ma<br />
finché non abbiamo prove che portino direttamente a lui, dobbiamo<br />
procedere come se potesse trattarsi di chiunque».<br />
«Di quali altre prove abbiamo bisogno? Che lasci un biglietto da<br />
visita?».<br />
Carol mise una mano sulla spalla di André. Era tornato alla furia<br />
che lo dominava di solito, e le circostanze erano talmente personali<br />
per lui che Karl sapeva che sarebbe stato fuori controllo per gran<br />
parte del tempo.<br />
David disse: «André, noi tutti amavamo Chloe».<br />
Il semplice gesto di Carol e l'affermazione franca di David si<br />
unirono per intaccare l'armatura che proteggeva André, che per un<br />
momento parve domato.<br />
«Sentite», disse Kathy, «se è stato Antoine, non ce l'avrebbe fatto<br />
sapere? Voglio dire, ha promesso vendetta, giusto?»<br />
«Non ha bisogno di colpirci sulla testa», disse Jeanette. «Il suo<br />
potere è quello di confonderci. Non dimenticare che è un anziano».<br />
Guardò Julien che annuì in maniera impercettibile. «Si è mosso su<br />
strade che sono sconosciute ai più all'interno di questa stanza. Credo<br />
che Julien, Morianna e Wing siano quelli più indicati per valutare le<br />
mosse e le motivazioni di Antoine».<br />
«Se di Antoine si tratta», aggiunse David.
Se non altro, le esperienze a Fire Island avevano insegnato a<br />
David a ragionare con chiarezza, pensò Karl. David ne aveva passate<br />
così tante da non badare al valore apparente delle cose e di essere<br />
più analitico. Nonostante le tristi circostanze del momento, Karl<br />
sorrise leggermente tra sé e pensò: "Quanto siamo cambiati tutti e<br />
tre! David, un tempo così poetico e sognatore, adesso si concentra in<br />
maniera più logica. André, vittima del suo stesso essere guardingo,<br />
esprime uno spettro molto più vasto di emozioni". E Karl sapeva che<br />
anche lui doveva essere cambiato, solo che non riusciva a capire<br />
come. Sapeva però che i mutamenti erano avvenuti in ciascuno di<br />
loro a causa delle donne mortali che avevano trasformato. L'amore<br />
per Kathy aveva costretto David a combattere per qualcosa di<br />
valido. Carol aveva portato alla luce le emozioni più nascoste di<br />
André con la sua perseveranza e grazie al collegamento che entrambi<br />
avevano con il figlio Michel. E Karl sapeva che Gerlinde l'aveva<br />
cambiato.<br />
Prima di incontrarla, negli anni Cinquanta, la sua vita era stata<br />
così vuota. Andava alla deriva in un acquario di idee. La vita per lui<br />
era un enorme gioco filosofico, separato dai bisogni reali, il massimo<br />
cui poteva ambire era una bella discussione. Per lo più era stato<br />
contento di riempire le ore con la ginnastica mentale. Ma d'altra<br />
parte non poteva fuggire la sensazione di desolazione che s'insinuava<br />
dentro di lui quando si addormentava all'alba e si svegliava al<br />
tramonto.<br />
Gerlinde era stata come una spruzzata di colore in una vita in<br />
bianco e nero. Aveva avuto altre donne prima di lei, ma non si<br />
aspettava nulla fuorché delle distrazioni momentanee, e questo<br />
erano state. Ciascuna poteva essersi preoccupata di lui a suo modo,<br />
ma nessuna poteva accettarlo com'era, per quello che era. E nessuna<br />
poteva perforare la sua armatura intellettuale. Gerlinde sì. Lei lo<br />
amava abbastanza da voler stare con lui per l'eternità, il che<br />
implicava la trasformazione. E il suo amore non era quello di una<br />
schiava, cosa che lui non avrebbe potuto tollerare molto a lungo.<br />
Era onesta con se stessa, dal momento che aveva interessi propri ben<br />
radicati. Era sempre pronta all'azione, e aveva dei princìpi forti che<br />
non si vergognava di mostrare, persino quando li difendeva da sola.<br />
Si era sempre meravigliato della miriade di modi in cui erano così
diversi, ma anche compatibili. Doveva essere vero in tutti gli aspetti<br />
della vita, pensò, gli opposti si attraggono.<br />
Gerlinde. Perché pensava a lei riferendosi al passato? Si chiese<br />
dove fosse preoccupandosi della sua sicurezza. Doveva stare bene.<br />
Poteva tracciarla, il che voleva dire che era viva. Ma perché era in<br />
Germania? E non li contattava...<br />
Il volume crebbe, le opinioni si sovrapponevano e Karl sentì di<br />
dover contribuire alla discussione che minacciava di sfuggire di mano<br />
e non portare da nessuna parte. Come sempre, quando parlò, tutti<br />
stettero ad ascoltare.<br />
«Il mio pensiero è in linea con quello di David e di alcuni di voi:<br />
sembra trattarsi di Antoine, ma non possiamo essere ingenui ed<br />
escludere la possibilità che possa essere un altro o altri esseri. Farlo<br />
sarebbe deleterio. Pensate cosa vorrebbe dire se dirigessimo le nostre<br />
energie contro Antoine quando la fonte potrebbe essere altrove.<br />
Questo ci renderebbe ancora più vulnerabili di quanto non<br />
sembriamo».<br />
«Merde!», gridò improvvisamente André. «Chi altri avrebbe<br />
potuto fare tutto questo? Ha distrutto Chloe, Kaellie, altri tre...».<br />
«Non sappiamo degli altri tre, e dobbiamo ancora avere dettagli<br />
sulla morte di Kaellie...».<br />
«Be', possiamo supporre!», ringhiò André, come se a Karl<br />
sfuggissero le cose più ovvie. «E da quello che ha detto Gertig,<br />
l'omicidio di Kaellie segue lo stesso schema. È stata fatta a pezzi e<br />
sembra essere stata colta di sorpresa...».<br />
«O almeno pare che anche lei non si sia difesa», gli rammentò<br />
Karl.<br />
Non era quello che voleva sentire André. Se Kaellie, e ancor di<br />
più, se Chloe si era sottomessa a quella violenza, lui non voleva<br />
saperlo. E Karl poteva capirlo. Nella famiglia di André c'era un<br />
precedente, uno che lui stava cercando a fatica di capovolgere.<br />
«Io credo», disse con calma Jeanette, «che Chloe e Kaellie<br />
avrebbero combattuto se avessero potuto. Non so perché sembri che<br />
non l'abbiano fatto, ma conoscevo entrambe in un modo che mi<br />
convince del fatto che non si sarebbero semplicemente sottomesse
ad Antoine, o chiunque sia il responsabile. Non hanno combattuto<br />
perché, per qualche motivo, non potevano farlo».<br />
«Ritengo che noi tre possiamo fornire alcuni dettagli in più su<br />
quello che sta assillando voi tutti», disse Morianna. L'anziana,<br />
elegante donna incrociò con garbo le mani sul grembo, con un<br />
movimento che parve più d'ogni altra cosa un'elaborata danza thai.<br />
Wing cominciò. «Noi tre abbiamo vissuto per molto tempo:<br />
collettivamente esistiamo da più di 1500 anni», disse, intendendo lui,<br />
Morianna e Julien. «La nostra conoscenza deriva dal molto tempo<br />
trascorso in solitudine, meditando sui movimenti dell'universo. Nella<br />
mia cultura, l'I Ching esprime al meglio questi movimenti».<br />
Karl aveva ovviamente visto l'I Ching. Il libro dei mutamenti,<br />
come veniva tradotto, permetteva a una persona di porre una<br />
domanda per uscire dalla confusione. Wing presunse che tutti<br />
sapessero dell'I Ching e Karl era certo che per molti era così, finché<br />
Kathy disse: «Cos'è... l'I Ching?».<br />
Wing spiegò brevemente per lei e per tutti gli altri che non erano<br />
pratici di quell'antica procedura. «Gettando sei volte dei bastoncini di<br />
achillea, chi interroga crea un disegno: sei linee, intere o spezzate. Le<br />
sei linee insieme formano un esagramma e ci sono sessantaquattro<br />
esagrammi possibili, o combinazioni di linee spezzate e continue.<br />
Leggendo le linee dal basso verso l'alto, e concentrandosi su energie<br />
ben in evidenza, chi ha posto la domanda è in grado di localizzare la<br />
sua posizione nel fluire del tempo».<br />
Mentre Wing proseguiva, Kathy parve perplessa. Ovvio che lo<br />
fosse. Era una neofita, oltre che una persona pragmatica, che aveva<br />
bisogno di vedere le cose in ordine per poterle comprendere.<br />
«È un po' come i tarocchi», le spiegò Jeanette. «Uno strumento di<br />
divinazione».<br />
Kathy annuì. Lei, come molti occidentali, aveva familiarità con i<br />
tarocchi e la predizione del futuro. Ma dalla lettura di Karl dell'I<br />
Ching - e lui aveva maggior confidenza con la traduzione di<br />
Bollingen fatta da Richard Wilhelm, con introduzione di Carl Jung -<br />
comprendeva che questa prospettiva delle linee universali doveva<br />
essere vista come una breve pausa in una condizione di perenne
trasformazione. Il libro dei mutamenti necessitava di una riflessione<br />
da parte dell'inquirente, al quale si raccomandava di non porre<br />
troppe domande, ma di attendere finché, come un fiore pronto a<br />
sbocciare, fosse giunto il momento giusto per chiedere, poiché solo<br />
allora la conoscenza implicita nella risposta poteva essere assimilata.<br />
«Tutto questo è affascinante», disse seccamente André, «ma<br />
arriviamo al punto».<br />
«Pazienza», gli ricordò Morianna, e gli anziani erano gli unici in<br />
grado di dire una cosa simile ad André senza conseguenze.<br />
«Il flusso dell'universo», continuò Wing, «presume cambiamento.<br />
Noi nella fattispecie non ne siamo immuni».<br />
«Si potrebbe dire che siamo più soggetti al cambiamento»,<br />
aggiunse criptico Julien.<br />
«Perché?», volle sapere Karl.<br />
«Perché siamo esseri che hanno vissuto più cambiamenti di ogni<br />
altra forma di vita su questo pianeta. Nascere, morire, rinascere...».<br />
«Ovviamente», spiegò Morianna, «vi sono alcuni mortali le cui<br />
credenze ammettono un concetto simile, ma per noi si tratta di una<br />
realtà. I mortali riflettono soltanto sulla morte in piccolo. Non<br />
possiamo allontanare i mortali. E comunque siamo consapevoli del<br />
progresso che espande le nostre vedute. Perché il nostro tempo è più<br />
esteso. E anche per la natura della nostra esistenza».<br />
«Il processo per noi diviene prassi», disse Karl, e Morianna annuì.<br />
«Antoine ha una percezione estesa, non è così?», scattò André, ma<br />
gli altri lo lasciarono dire.<br />
«Che cosa ha a che vedere tutto questo con gli omicidi?», chiese<br />
Karl, sentendo che André era nuovamente in procinto di esplodere<br />
per la frustrazione e desiderando soffocarne l'ardore.<br />
«Noi tre proveniamo da ere molto differenti dalla vostra, voi che<br />
siete stati trasformati in questo secolo, o anche in quello scorso»,<br />
disse Morianna. «Antoine è come noi. Avvertiamo una... fase che<br />
nessuno di voi è ancora in grado di concepire, benché possiate<br />
averla già provata. I più anziani tra voi non sono su questa terra da<br />
più di due secoli. Si tratta di una goccia di rugiada su una foglia, in
un giardino, in un paese di un pianeta molto esteso e pieno di<br />
rugiada sulle foglie nei giardini e nei campi ogni mattina».<br />
Karl pensò che fosse strano il fatto che la sua metafora si<br />
focalizzasse sulla rugiada, dato che senza dubbio non ne vedeva da<br />
centinaia d'anni. Forse quella immagine era divenuta ideale per lei<br />
proprio perché fuori dalla sua portata.<br />
«Qualcuno tra voi tre pensa sia stato Antoine?», chiese Carol.<br />
All'inizio nessuno dei tre rispose, finché alla fine Julien disse:<br />
«Quello che sappiamo è che le vittime erano degli anziani...».<br />
«Chloe non era un'anziana», osservò André.<br />
«Non di età, ma di spirito», gli disse Morianna. «Chloe era<br />
un'eccezione poiché la sua saggezza era superiore al lasso della sua<br />
esistenza. Percepiva i ritmi dell'universo con grande acutezza, come<br />
noi».<br />
«Inoltre», proseguì Julien, «se i tre dei quali dobbiamo ancora<br />
ricevere notizie sono morti, allora tutti i morti non solo sono<br />
anziani, ma anche figli di Antoine».<br />
«Tre dei quali non abbiamo notizie, più Gerlinde», ricordò loro<br />
Karl. «Ma Antoine non ha creato Kaellie. O no?»<br />
«Le origini di Kaellie sono un mistero anche per noi», disse<br />
Morianna.<br />
«Ma ha detto di essere stata creata seicento anni fa, un secolo<br />
dopo Antoine, o quello che supponiamo essere il periodo di<br />
trasformazione di Antoine», disse André.<br />
Julien disse: «Da quello che sappiamo di Kaellie, crediamo possa<br />
aver trasformato Antoine».<br />
Questo sorprese tutti diffondendo un grande silenzio.<br />
Ovviamente, non era venuto in mente a Karl che qualcuno dovesse<br />
aver creato Antoine, ma questo non aveva senso.<br />
«Pensavo che Kaellie non fosse vecchia come te, Julien. Mi<br />
sbaglio? Ci era stato detto che tu eri il più anziano, persino di<br />
Antoine».<br />
«Karl, pur non essendo lontano dalla verità, ti sbagli», disse Julien.
«Io sono il più vecchio della nostra comunità, ma non tutto è come<br />
sembra».<br />
«E com'è allora?», scattò André.<br />
«Posso?», disse Morianna, e Julien la lasciò continuare. «Kaellie è<br />
unica. Ha vissuto molte esistenze, sotto diverse forme».<br />
«Non ho idea di cosa tu stia parlando», disse André, mentre<br />
perdeva quel poco di pazienza che aveva ancora.<br />
«Per favore, spiegaci», disse Jeanette. «Siamo tutti molto confusi».<br />
«Kaellie», disse Morianna, «custodisce il segreto non solo della<br />
nascita, della morte e della rinascita, ma di qualcosa che va oltre,<br />
fino alla morte, la nascita e la rinascita più e più volte».<br />
Il ticchettio dell'orologio risuonò forte mentre loro tutti<br />
assimilavano le implicazioni di simili affermazioni. Fu Kathy a<br />
riassumere brevemente: «Ha capito come morire da vampiro e<br />
ritornare».<br />
Morianna annuì.<br />
«E come avviene?», chiese Karl.<br />
«Non ne siamo sicuri», disse Julien. «Ci sono alcuni modi in cui<br />
possiamo morire, come voi tutti sapete, ma la piena rigenerazione<br />
non rientra nella nostra conoscenza».<br />
«Non glielo avete chiesto?», domandò Karl, sbalordito.<br />
«Certamente».<br />
Wing disse: «I suoi modi erano unici, e li avrebbe rivelati solo col<br />
tempo, come dev'essere».<br />
«Il che significa», disse David, «che è morta per sempre prima di<br />
avere l'opportunità di rivelare questa informazione vitale. O che si<br />
rigenererà».<br />
«Non abbiamo modo di saperlo».<br />
«Forse Gertig...».<br />
«Gertig non lo sa», disse Morianna, «e non può nemmeno<br />
confermare che Kaellie abbia creato Antoine».<br />
«Allora questa è un'ipotesi esattamente come il fatto che Antoine
abbia commesso gli omicidi», disse Karl, sentendosi frustrato.<br />
Provava rispetto per l'atteggiamento mistico degli anziani, ma non<br />
erano precisi come sarebbe piaciuto a lui, inoltre non era sempre in<br />
grado di afferrare la maggior parte di quello che intendevano, in<br />
modo da mettere insieme il tutto e sentirsi così vicino alla<br />
comprensione.<br />
Julien, Morianna e Wing si guardarono l'un l'altro. I loro occhi<br />
sembravano veicolare informazioni che Karl non riusciva a<br />
comprendere.<br />
Wing si alzò in piedi e attraversò la stanza. Portava sempre con sé<br />
un borsello, di solito appeso lungo il corpo, con la pelle talmente<br />
consumata che il colore non era più distinguibile. All'interno aveva<br />
inciso dei caratteri cinesi, incisioni fatte con inchiostro nero dell'India<br />
che di tanto in tanto Wing ripassava. Karl sapeva che si trattava di<br />
mandarino, perché in uno dei caratteri riconobbe la figura di un<br />
uomo che avanzava spensierato a grandi passi.<br />
Wing tornò con due libri, uno in cinese, e l'altro era l'I Ching, la<br />
versione che Karl conosceva. Fece una breve pausa, poi porse la<br />
versione inglese a Julien, il quale accettò il libro, e Karl comprese che<br />
questi avrebbe letto loro la traduzione inglese. A Morianna Wing<br />
porse un quadrato di bianca carta di riso con un marchio dorato al<br />
centro, una tavola levigata sulla quale si collocava perfettamente la<br />
carta di riso, una boccetta di inchiostro nero e un bel pennello con la<br />
punta di zibellino e l'impugnatura di bambù.<br />
Oltre al libro in cinese, Wing aveva in mano anche un pezzo di<br />
seta giallo vivo e un considerevole numero di bastoncini che Karl<br />
sospettò essere di achillea, e questo significava che dovevano<br />
essercene quarantanove, benché non li avesse mai visti usare. Di<br />
solito, gli occidentali lanciavano tre monete, testa per una linea<br />
continua, croce per una linea spezzata e a ogni lancio quello che<br />
dominava tra i due determinava il tipo di linea.<br />
Wing disse: «L'achillea crea un'immagine del momento.<br />
Ricomprende ogni elemento del momento fino ai dettagli<br />
apparentemente non essenziali».<br />
«Perché non sai mai quale sarà rilevante?», chiese Jeanette.
Wing annuì. Assunse una posizione meditativa in ginocchio,<br />
spiegò il pezzo di seta e lo sistemò davanti a sé sul tappeto orientale,<br />
poi depose il libro sopra la seta. Tenne i bastoncini di achillea diritti<br />
con entrambe le mani e chiuse gli occhi. La stanza sprofondò nel<br />
silenzio. Dopo un po', lasciò cadere i bastoncini sul libro. Alcuni<br />
rimasero sul libro, molti si sparpagliarono sulla seta.<br />
Dal borsello prese un piccolo ma splendido abaco, di palissandro<br />
unto con nervature d'ebano. In silenzio Wing contò i bastoncini,<br />
anche se Karl non riuscì a comprendere in che modo stesse contando<br />
con l'abaco. Alla fine ebbe un totale. Si girò verso Morianna e disse<br />
qualcosa in mandarino, qualcosa che presumibilmente lei capì. La<br />
donna infilò la punta del pennello nell'inchiostro e dipinse sul<br />
riquadro di carta di riso una linea spezzata. Alla destra di<br />
quest'ultima dipinse un piccolo cerchio.<br />
Wing raccolse i bastoncini e quando parve il momento adatto li<br />
lasciò cadere nuovamente per poi ricontarli. Sulla base di quello che<br />
le disse, Morianna dipinse un'altra linea spezzata con un altro<br />
piccolo cerchio di fianco.<br />
Dopo che sei linee furono state dipinte sulla carta di riso, Wing<br />
raccolse i bastoncini di achillea, li legò insieme con il laccio rosso e<br />
nero con dei draghi dorati dipinti sopra e aprì il libro. Nello stesso<br />
momento Julien aprì la versione in inglese.<br />
«Ho raccolto l'energia di questa assemblea, che è composta dalle<br />
grandi domande che noi tutti condividiamo, e dalle singole<br />
domande che ciascuno di voi sta ponendo», disse loro Wing. «L'I<br />
Ching vi risponderà individualmente e collettivamente. Inoltre<br />
suggerirà a quelli di voi che sono pronti a comprendere ciò che noi<br />
tre comprendiamo così bene e che non possiamo esprimere<br />
adeguatamente a parole».<br />
Wing cominciò a leggere dal libro cinese, e nello stesso tempo<br />
Julien lesse la versione inglese. Le due voci non si mescolarono tra<br />
loro, ma in qualche modo si sovrapposero, e stranamente Karl sentì<br />
di riuscire quasi a comprendere il mandarino.<br />
«L'esagramma creato è il numero 23, PO, che significa la<br />
Frantumazione», disse Julien.
Karl riuscì quasi a sentire il brivido di terrore vibrare nella stanza.<br />
Nel disegno creato da Morianna vide cinque linee spezzate e la sesta,<br />
in cima, intera. Persino lui fu in grado di vedere che si trattava di<br />
un'immagine estremamente instabile, poiché le linee spezzate non<br />
erano in grado di reggere la pesante linea intera.<br />
Julien lesse dal libro di come l'oscurità fosse in procinto di<br />
rimontare e rovesciare l'ultima linea esercitando la sua influenza<br />
disgregatrice. Lesse poi di come le forze oscure sconfiggono ciò che è<br />
forte erodendolo gradualmente fino a quando il tutto crolla.<br />
«Il Giudizio», lesse Julien, «è la Frantumazione. Non conviene<br />
andare in nessun luogo».<br />
Continuò a leggere e la sostanza di quello che Karl riuscì a capire<br />
parve essere che dovevano rimanere immobili, e non fare nulla. Si<br />
trattava di un momento pericoloso, in cui il collasso era inevitabile.<br />
La domanda era come gestire ciò che era inevitabile.<br />
Alla fine Wing e Julien raggiunsero le linee individuali. Vennero<br />
lette tutte e sei. Poi Wing spiegò che certe linee che sono<br />
decisamente spezzate o continue hanno un significato speciale.<br />
«Queste ci guideranno, mostreranno il nostro destino», disse Wing.<br />
Fu come se un solo respiro soffiasse nella stanza.<br />
Karl poté vedere che Morianna aveva tracciato un simbolo di<br />
fianco a quattro delle sei linee, e presunse che fossero quelle<br />
significative.<br />
La linea spezzata all'inizio diceva della gamba di un letto spezzata.<br />
«Se persevererete sarete distrutti». La malasorte sarebbe stata il<br />
risultato.<br />
La linea spezzata al secondo posto era egualmente importante.<br />
Adesso era il bordo del letto ad essere spezzato. Ancora una volta, la<br />
rovina per quegli stolti che avessero perseverato.<br />
La quarta linea mostrava il letto squarciato fino alla pelle. Karl<br />
pensò che questo dovesse essere riferito ai letti degli anziani, fatti di<br />
pelle animale. Il risultato era sfortuna.<br />
Infine, l'ultima linea primaria era quella continua della sommità. Il<br />
disegno delineava immagini di un grande frutto non mangiato. Per<br />
gli antichi, questo avrebbe simboleggiato lo spreco di qualcosa di
valore e importante per l'esistenza, benché chiaramente questo frutto<br />
cadesse al suolo, il che significava il seminare di nuovo, una nota<br />
positiva in mezzo a tutta quella tristezza. Un'altra immagine rivelava<br />
che l'uomo superiore riceve una carrozza, un grande e meraviglioso<br />
dono, che consente il movimento. A quel punto, la casa dell'uomo<br />
inferiore viene frantumata.<br />
Wing chiuse il libro, e Julien fece lo stesso. «Come ci dice l'I<br />
Ching», disse Wing, «queste sono le leggi della natura. Il male non<br />
soltanto distrugge il bene, ma, per necessità, deve distruggere se<br />
stesso. Il male nega, e non possiede una sua forza propria innata».<br />
Dopo una pausa, André disse: «È una cosa positiva o negativa?».<br />
Kathy mormorò: «La fine non è del tutto negativa, ma di certo<br />
sembra infernale giungervi, ed è il compito che ci attende».<br />
«Questo è molto vicino alla verità», disse Morianna.<br />
Julien aggiunse: «Un destino crudele ci attende, e non si può<br />
modificare il destino».<br />
«Un uomo o una donna superiore assumerà la giusta posizione<br />
fino a quando il destino non si sarà compiuto», disse Wing. «Quella è<br />
la strada migliore per la sopravvivenza».<br />
Il gruppo fece una pausa per ristorarsi. Carol fece passare dei<br />
bicchieri pieni di sangue prelevato dal freezer, scongelati nel<br />
microonde. Karl rifiutò, perché voleva tracciare Gerlinde ancora una<br />
volta prima che sorgesse il sole di lì a due ore. Si sentiva<br />
eccessivamente debole. Quella notte non aveva ancora bevuto, e la<br />
notte precedente l'aveva fatto prima dell'alba, quindi non aveva<br />
beneficiato del nutrimento quando ne aveva bisogno, da sveglio. Ma<br />
era importante controllare Gerlinde, e quello era l'unico modo in cui<br />
si potesse farlo.<br />
«E se tracciassimo Antoine?», chiese André. «Ha generato David e<br />
Karl. E indirettamente ha creato anche me. E poi, Julien, la ragazza<br />
che ti ha morso non era stata trasformata da Antoine?»<br />
«Per molti anni ho creduto che la ragazza araba avesse<br />
trasformato Antoine. Adesso so che non era vero. Lui era già un<br />
succhiasangue». Fece una pausa. «Sono stato morso dalla sorella».
Karl si rese improvvisamente conto di sapere molto poco delle<br />
origini di Julien come vampiro: non aveva rivelato molto. Ma gli<br />
anziani erano così.<br />
«Be', sono comunque in tre», disse André.<br />
«Non potete tracciarlo», gli disse Julien. «Il sangue di Chloe<br />
conteneva parti infinitesimali di Antoine, ma non hanno influito in<br />
maniera prominente sulla vostra trasformazione. Erano troppo<br />
deboli perché lei potesse tracciarlo, e ancora più deboli perché voi<br />
possiate identificarlo».<br />
«Ne sei certo, Julien? Dopotutto Ariel poteva tracciare David, e<br />
più specificamente, Michel ha tracciato Ariel, dopo aver assaggiato<br />
una sola goccia del suo sangue. E Michel era un ragazzino, ancora<br />
più umano che altro».<br />
«Michel rappresenta un'eccezione. E il sangue condiviso tra eguali<br />
non è la stessa cosa del rapporto che ha luogo tra il mentore e<br />
l'apprendista».<br />
«Mentore!», ringhiò André. «Non riesco a immaginare Antoine in<br />
quel ruolo».<br />
Julien attese pazientemente. Conosceva André molto bene. C'era<br />
dell'altro.<br />
André, frustrato, disse: «Va bene, allora David e Karl possono<br />
farlo, dato che Antoine ha preso entrambi».<br />
«Non è facile tracciare il proprio creatore», disse Morianna. «I<br />
creatori sono come una madre, le creature i loro figli. Una madre<br />
possiede sempre un sesto senso riguardo suo figlio. Sa per intuito<br />
dove questo si trova e se sta bene. Ma il figlio non può sentire la<br />
madre. Non è ancora evoluto. È questo il modo in cui la natura<br />
protegge i figli».<br />
«David e Karl non sono bambini. David esiste da un centinaio<br />
d'anni e Karl da quasi due...».<br />
«Questo breve lasso di tempo sulla nostra terra è come un<br />
neonato per la madre», gli assicurò Morianna.<br />
«Non lo possiamo sapere», controbatté André. «Potrebbero<br />
provare».
David disse: «Ho cercato di tracciare Antoine».<br />
«E?»<br />
David scosse la testa.<br />
«Non sono riuscito neppure io», aggiunse Karl, prima che André<br />
potesse continuare su quella strada.<br />
Karl ripensò a quando era stato trasformato, così bruscamente,<br />
violentemente, senza altro che un'immagine fugace dell'essere che<br />
l'aveva seguito per le strade di Düsseldorf, fino al molo sul Reno, che<br />
l'aveva colpito selvaggiamente, lasciandolo quasi incosciente, per poi<br />
prosciugarlo del sangue dalla giugulare così in fretta da causargli uno<br />
shock, tutto con una risata diabolica. E poi l'aveva lasciato a morire.<br />
Ma Karl non era morto, e in seguito aveva desiderato più volte di<br />
esserlo. Perché, malgrado l'odio e la paura che provava, Karl rimase<br />
ben presto da solo senza quell'essere che gli aveva causato un così<br />
grande danno, non solo prendendogli il sangue, ma costringendolo<br />
anche a bere il suo. Immaginò che fosse la stessa cosa per tutti i<br />
"figli", come aveva detto Morianna. Che il genitore fosse affettuoso<br />
o si rifiutasse di esserlo, fosse tenero o violento, non faceva<br />
differenza. Il figlio ne aveva bisogno.<br />
Aveva cercato Antoine, e ovviamente era stato soltanto in<br />
seguito, quando aveva conosciuto David, e Chloe, e ancora più tardi<br />
quando aveva incontrato alcuni degli altri che Antoine aveva<br />
trasformato che era giunto a comprendere quanti di quella comunità<br />
fossero stati creati da lui. Ma molto prima che incontrasse altri della<br />
sua razza, quando era da solo, in lotta con la sua "condizione" come<br />
l'aveva inizialmente identificata, Karl l'aveva cercato.<br />
In quei primi giorni era sempre scombussolato. Il poter esistere<br />
soltanto durante le ore notturne l'aveva gettato nel terrore, e non si<br />
accordava con la sua logica, ma la letargia si era dimostrata un<br />
alleato sotto mentite spoglie, costringendolo a stare sveglio e a<br />
dormire quando era più sicuro, nonostante la cosa non avesse senso.<br />
Quello che lo faceva impazzire era il bere sangue. Un essere umano<br />
tranquillo, adesso era devastato dalla sete di sangue. Era sempre<br />
riuscito a controllare i suoi impulsi e le sue reazioni, ma la bramosia<br />
di vita era un'altra cosa.
La sua mente scientifica l'aveva portato a sperimentare. Aveva<br />
provato la carne cruda e l'aveva trovata indigesta. Aveva sostituito il<br />
sangue umano con quello animale: poteva berlo, ma non serviva a<br />
placare il suo bisogno. Aveva bevuto del plasma, che aveva scoperto<br />
funzionare bene come sostentamento, ma procurarsene una scorta<br />
sufficiente era quasi impossibile. Il sangue sintetico che sperava<br />
venisse prodotto non era ancora disponibile, altrimenti avrebbe<br />
provato anche quello.<br />
Aveva anche provato l'astinenza, in diversi modi, cercando di<br />
regolare la quantità assunta, bevendo sempre di meno, o quantitativi<br />
ben precisi con estrema regolarità. Si era quasi lasciato morire di<br />
fame nel tentativo di avere la meglio su ciò che dominava tutti i suoi<br />
momenti da sveglio. Questi sforzi, naturalmente, avevano causato<br />
una reazione violenta, facendolo oscillare bruscamente fra gli<br />
estremi. La notte, come un alcolizzato che combatte la sua<br />
dipendenza, beveva con frenesia. Giovani, vecchi, uomini, donne,<br />
malati, persone in salute, li predava tutti, chiunque avesse del sangue<br />
che pulsava dentro le vene. Erano serviti quasi dieci anni per avere il<br />
sopravvento nel processo di regolamentazione, e altri due decenni<br />
per controllare quella delicata dipendenza.<br />
E per tutto quel tempo, aveva cercato Antoine. Allora non sapeva<br />
come fare a tracciare. Ma, istintivamente, aveva immaginato che<br />
quel collegamento tra di loro doveva essere forte. Sapeva che<br />
Nosferatu l'aveva esaminato per bene: lui era la preda. Di certo<br />
doveva essere divenuto ricettivo riguardo il suo predatore. C'erano<br />
così tante cose che Karl aveva bisogno di sapere, che voleva<br />
condividere, e sentiva il disperato bisogno di contattare qualcuno<br />
come lui. E adesso che ci ripensava, la metafora di Morianna<br />
riguardo la madre e il figlio suonava vera. Aveva bisogno di<br />
Antoine, ma lui non aveva bisogno di Karl.<br />
Per quanto si fosse sforzato, Karl non era stato in grado di<br />
localizzare colui che l'aveva fatto morire, lasciandolo solo e<br />
disperato in quella condizione infernale che sembrava sospesa a<br />
metà tra la vita e la morte.<br />
Certe volte, entrava nella sfera d'azione di altri della sua razza e si<br />
rendeva conto immediatamente di che minaccia rappresentassero gli
uni per gli altri. Ma alla fine, miracolosamente, aveva incontrato<br />
André e David, trovando degli spiriti affini - forse perché erano tutti<br />
"nuovi". Non erano in vita da secoli, non si erano induriti, non<br />
sentivano il bisogno di competere tra di loro. La zia di André, Chloe,<br />
sembrava essere la fonte di questo spirito cooperativo, benché André<br />
possedesse una certa prudenza legata a esperienze traumatiche che lo<br />
tormentavano da sempre. La natura delicata ma tormentata di David<br />
gli consentiva di aprirsi emotivamente come gli anziani non<br />
facevano ormai più. E Karl non era mai stato competitivo. La<br />
trasformazione non aveva mutato l'alchimia propria della sua<br />
personalità.<br />
Karl, André e David avevano condiviso quello che sapevano.<br />
Ciascuno di loro si era cimentato nel tracciamento, ciascuno a modo<br />
suo, e la condivisione del loro sapere li aveva aiutati a raffinare<br />
quella tecnica. Comunque Karl non era mai stato in grado di sentire<br />
Antoine. E persino a Fire Island, quando lui e Antoine si erano<br />
trovati a pochi passi di distanza, quando il potere di quell'essere si<br />
era irradiato nella notte come l'energia di un buco nero,<br />
allontanando Karl da David, da André, dai suoi amici, verso quella<br />
fonte che lo risucchiava e lo inghiottiva alterando il suo destino,<br />
persino allora, mentre Karl combatteva con tutte le sue forze per<br />
essere leale, con la sua integrità, la sua autonomia, non era stato in<br />
grado di sentire Antoine se non come un altro essere simile a lui. Ma<br />
sapeva che Antoine era in grado di tracciarlo. E a Fire Island aveva<br />
avvertito chiaramente gli sforzi che lui aveva fatto per controllarlo.<br />
Improvvisamente, sentì Morianna dire: «Non sono stata capace di<br />
tracciare il mio creatore».<br />
Di tutti quelli della loro razza che conosceva, Morianna e Kaellie<br />
erano le due le cui origini erano maggiormente avvolte dal mistero.<br />
Nessuna delle due aveva mai fatto allusioni alla propria<br />
trasformazione. Karl, pur temendo di offenderla con una domanda<br />
tanto diretta, chiese: «Chi ti ha creata?».<br />
Rimase sorpreso che Morianna gli rispondesse, ma rimase ancor<br />
più sorpreso della risposta. «Antoine».<br />
"Siamo una covata incestuosa", pensò. Così legati l'uno all'altra<br />
tramite lo scambio di sangue. Uno genera l'altro, che genera un
altro, e così via. E c'era uno della loro schiera che ne aveva generati<br />
molti. Antoine aveva creato una pletora, un mondo di esseri oscuri.<br />
Poteva parimenti distruggere la sua prole. Apparentemente a suo<br />
piacimento. Infanticidio? si chiese Karl.<br />
Pensò alla catena: Chloe aveva creato André, questi Carol. Michel<br />
era nato umano. David aveva trasformato Kathy. La sorella di Julien<br />
l'aveva morso e lui non l'aveva mai più vista. Julien aveva<br />
trasformato Jeanette e questi insieme avevano portato con loro<br />
Susan e Claude. Wing non aveva mai identificato il suo creatore, ma<br />
non si trattava di Antoine: aveva fatto capire chiaramente che si<br />
trattava di un antenato. Kaellie aveva trasformato Gertig. E Karl<br />
aveva trasformato Gerlinde.<br />
Degli altri, tre erano stati creati da Antoine - i tre che potevano<br />
essere morti - e tutti gli altri erano stati creati da qualcuno della<br />
comunità.<br />
Se quei tre erano morti significava che David, Karl e Morianna<br />
erano gli unici diretti discendenti di Antoine ancora in vita.<br />
Come se i suoi pensieri fossero stati condivisi da tutti, Karl, David<br />
e Morianna si guardarono tra loro. "È chiaro", pensò Karl. "Abbiamo<br />
i giorni contati".<br />
I tre si alzarono insieme come un gruppo e si trasferirono in una<br />
piccola stanza lungo il corridoio. Gli altri capirono: l'intuizione<br />
tendeva a diffondersi in quelli della loro comunità, e li lasciarono<br />
andare.
CAPITOLO 8<br />
Una volta seduti insieme in una stanza dove c'era spazio solo per<br />
un divanetto, due piccole poltrone, un tavolino e un poggiapiedi di<br />
mezzo metro, oltre a una libreria a muro con un lettore e alcune<br />
dozzine di CD, Karl disse: «Antoine ha giurato di ucciderci tutti. Sta<br />
cominciando con la sua progenie».<br />
«Ma in che modo attacca?», chiese David. «Perché non reagiscono?<br />
Semplicemente perché sono stati trasformati da lui? Sono a tal punto<br />
impauriti dal suo potere?»<br />
«So che eri preoccupato David, ma credimi, ho sentito il suo<br />
potere a Fire Island».<br />
«Anche io», ammise Morianna. «Dubito che si possa diventare del<br />
tutto immuni alla propria madre: il solo legame cellulare è enorme».<br />
Non erano buone notizie. Se anche Morianna l'aveva avvertito, e<br />
lei esisteva da cinquecento anni, quali speranze potevano nutrire<br />
Karl e David di resistere ad Antoine?<br />
David si voltò verso Karl. «Mi stai dicendo che la sua semplice<br />
influenza sarebbe tale da permettergli di farti a pezzi?»<br />
«Non lo so», ammise Karl. «Era intensa, e l'ho contrastata, ma ho<br />
la sensazione di essere riuscito a batterla solo perché stava<br />
accadendo tutto il resto, e lui era distratto dagli altri eventi».<br />
Morianna disse: «La difficoltà che vedo nei rapporti con il<br />
creatore è che se si viene "partoriti", se posso usare questa parola,<br />
allora la relazione si solidifica per entrambi. In altre parole, Antoine<br />
ha preso ciascuno di noi con la forza. Saremo sempre suscettibili al<br />
suo uso di questa forza, e sarà difficile sopraffare la nostra naturale<br />
tendenza alla sottomissione».<br />
«Perché si è creata questo sistema?», chiese Karl. «E noi, come gli<br />
esseri umani, siamo creature abitudinarie?»<br />
«Sì».<br />
«Io sono immune, e se non lo sono, quel sistema può essere<br />
superato», sottolineò David.
«Certo», gli disse Morianna. «Ma Ariel non era il tuo creatore».<br />
Karl riuscì solo a immaginare un quadro servendosi dei mortali<br />
come esempio: i figli di cui un genitore dedito all'alcool abusa, sono<br />
sempre preda della loro paura rispetto a quella forza dominante e<br />
potente. Non era un'immagine che voleva vedere a lungo e, come<br />
per David, una parte di sé non voleva riconoscere una simile<br />
impotenza.<br />
Michel era rimasto in piedi sull'uscio, e Morianna gli fece cenno di<br />
entrare dicendo: «Mio giovane prezioso, l'istinto mi dice che tu hai<br />
sentito quello che diciamo. Unisciti a noi».<br />
Michel, pensieroso, si sedette sul poggiapiedi di fronte alla<br />
poltrona dove si trovava lei.<br />
«Bene, oltre al problema del dominio, e anche ammettendo di<br />
non essere in grado di sentire il nostro creatore, quelli che sono<br />
morti non avrebbero dovuto sentirlo per il semplice fatto che è uno<br />
della nostra razza?», chiese David.<br />
«Così verrebbe da pensare», disse Karl. «Ecco perché è tutto così<br />
sconcertante».<br />
«Ci ho riflettuto», disse Michel. «Riguardo il perché ho sentito così<br />
forte il fluido per l'imbalsamazione senza sentire il sangue. Non ho<br />
visto nessun cassetto aperto, nessun corpo in giro... tranne quello di<br />
Chloe».<br />
«Sì, ci ho pensato anche io», disse Karl. «Hai notato se l'odore era<br />
più forte vicino al corpo di Chloe?»<br />
«Sì».<br />
«Vicino alle pareti?»<br />
«Uh, non proprio. Voglio dire, in quel momento ero così stranito<br />
che non ho notato molte altre cose. Ma mi sono guardato intorno,<br />
perché temevo che chiunque avesse fatto quello potesse essere<br />
ancora là».<br />
Karl annuì. «Non abbiamo trovato nessun contenitore di<br />
formalina, neppure all'interno delle cripte, nessuna bara aperta o<br />
qualche corpo che perdeva fluido. Credo dobbiamo supporre che la<br />
formalina non provenisse da uno dei cadaveri, ma che fosse stata
portata nel Columbarium. Ha infettato il suo sangue perché qualcosa<br />
o qualcuno ha toccato Chloe e l'ha morsa, con della formalina sulla<br />
pelle o sui denti, oppure lei ha toccato qualcuno o qualcosa che<br />
aveva della formalina in corpo. La formalina le ha infettato il sangue<br />
passando per le vene. E tutto questo è accaduto nel Columbarium,<br />
all'ingresso».<br />
David disse: «Questo non ci porta molto avanti in questo gioco<br />
d'astuzia con l'assassino».<br />
«No, affatto», convenne Karl. «Ci mancano ancora molti elementi<br />
di questo puzzle. Uno dei principali è perché Chloe e Kaellie<br />
apparentemente non hanno opposto resistenza. Sappiamo dove è<br />
morta Kaellie?»<br />
«Non posso dirvi il luogo esatto», disse Morianna, «ma Julien ha<br />
appreso da Gertig che anche lei è deceduta in un luogo di morte:<br />
un'impresa di pompe funebri».<br />
«Cosa?», esclamò Karl, stupefatto.<br />
«È da folli». David scosse la testa. «Cosa ci faceva in un posto<br />
simile?»<br />
«Sembra che», disse Morianna, «lei e Gertig possedessero una<br />
catena di simili attività».<br />
«Sapevo che ne avevano una...», disse Karl. «Mi ricordo che Julien<br />
ne aveva parlato. A Londra».<br />
«Ne hanno una dozzina o forse più».<br />
«Cielo, è una cosa pazzesca!», disse Michel. «Voglio dire, voi<br />
passate tutto il vostro tempo in mezzo ai morti?».<br />
Karl vide uno sguardo pieno di paura sul volto di Michel. Era una<br />
cosa che il ragazzo non aveva ancora considerato. Ma neanche Karl<br />
l'aveva fatto. Adesso lo colpiva quanto paresse essere importante la<br />
morte per alcuni della loro razza. Come non avesse notato la cosa<br />
più ovvia.<br />
«Forse sono in grado di fare un po' di chiarezza in proposito»,<br />
disse Morianna a tutti. «Vi prego di essere pazienti. Quello che devo<br />
riferirvi non è un concetto semplice, e non l'ho mai espresso prima<br />
d'ora. Gli anziani lo sanno per istinto: noi tutti possediamo questa
sensibilità. Per questo non ne abbiamo mai parlato, perché non ce<br />
n'è stato bisogno. Wing ha cercato di comunicarvele per mezzo dell'I<br />
Ching e, forse, quella saggezza si affaccerà sulla superficie della<br />
comprensione e sarà chiara agli altri. Sfortunatamente, però, credo<br />
che le parole da sole non siano in grado di trasmettere davvero certe<br />
cose. Solo l'esperienza può».<br />
«I miei anni sono tanti, e ovviamente ne ho passate molte nel<br />
corso dei secoli in cui ho vissuto su questo pianeta. I mutamenti<br />
esteriori di culture, nazioni, persino la vita biologica del pianeta<br />
stesso, quella entità vivente che dà sostegno a noi tutti, sono andati<br />
di pari passo con la mia vita interiore. Di conseguenza, sono stata<br />
costretta a sottopormi a una sorta di... rinascita nel mio essere da un<br />
periodo all'altro».<br />
«Vedete, voi siete maschi e lo siete sempre stati. Non potete<br />
comprenderlo con semplicità. Per le femmine mortali, i cambiamenti<br />
ormonali legati alle fasi lunari fanno sì che una donna abbia<br />
esperienza dei cicli».<br />
«Uh, non è un'affermazione un po' sessista», disse senza pensarci<br />
troppo Michel, «voglio dire, persino gli esseri umani non ragionano<br />
più in questi termini».<br />
«Giovane Michel, mi riferisco a quello che è lo sviluppo culturale,<br />
e a una cosa più grande, che non può essere smentita. La biologia».<br />
Michel possedeva quella sfrontatezza giovanile che gli permetteva<br />
di attingere alla conoscenza in suo possesso, come se si trattasse di<br />
quella dell'intero universo. Come se quelli che erano più vecchi non<br />
fossero in grado di comprendere da dove lui proveniva. Karl era<br />
felice che avessero convinto Michel a partecipare. Il ragazzo si<br />
sentiva libero di chiedere, e quella era sempre una cosa buona. E<br />
riusciva a farlo senza risultare sgradevole.<br />
«Pensa ai ghiacciai», disse Morianna. «Ha senso definirli inutili solo<br />
perché appartengono a un'altra era? Oppure l'appendice in un corpo<br />
umano. Nessuno sa perché ci sia, ciononostante affermare che non<br />
dovrebbe esserci presume una prospettiva propria di un'entità<br />
superiore. Quel genere di ragionamento è un'interpretazione<br />
culturale di ciò che precede la storia umana. Il dato biologico è<br />
inalterabile. Tutta la terminologia del mondo non può ricusare
quello che la natura stima vero dalla realtà della sua esistenza, ed è<br />
in questo senso che ne parlo: ogni mese, una donna è ridotta in<br />
ginocchio, vicino al suolo, dove potrebbe, se ascoltasse, udire il<br />
battito di quella che certe persone chiamano la Grande Madre. Deve<br />
sopportare un travaglio interiore che la conduce a questo, che lo<br />
voglia oppure no. Ogni mese affronta la morte e "muore"».<br />
«Per voi uomini non è lo stesso. Le vostre sono sfide esteriori,<br />
sempre, e senza di esse non vi sentireste legati all'universo, poiché<br />
questa morte vi sfugge».<br />
«Capisco che cosa dici», disse Karl. Sapeva che la sua analisi era<br />
corretta, anche se posta in modo bizzarro. Aveva sempre sentito che<br />
quello era uno dei motivi che determinarono l'attrazione tra i sessi.<br />
Da parte sua, sapeva che Gerlinde comprendeva questo passaggio a<br />
varie fasi, questo rituale del movimento verso l'essenza più vera del<br />
suo essere. Quella che per lui e per altri maschi sarebbe stata<br />
un'iniziazione alla quale sarebbero stati soggetti, con un po' di<br />
fortuna, in età matura, per le donne rappresentava un<br />
assoggettamento automatico. Gerlinde l'aveva incoraggiato,<br />
rassicurandolo che avrebbe potuto sopravvivere a qualunque cosa. E<br />
lui si era fidato, perché lei era sopravvissuta.<br />
«Non dico che non sia vero», disse Karl, «ma noi tutti siamo<br />
morti».<br />
«Voi siete morti», disse Michel.<br />
Morianna gli accarezzò il braccio in un modo molto simile a come<br />
aveva fatto suo padre in precedenza quella sera.<br />
«Siamo morti, o abbiamo imitato la morte, poiché continuiamo a<br />
camminare. Ci nutriamo ancora, e così via», proseguì Morianna. «Vi<br />
parlo della biologia mortale per questo motivo: ho vissuto tutta la<br />
mia esistenza mortale come una donna, dalle mestruazioni agli anni<br />
del concepimento, alla menopausa, perché ho sperimentato la<br />
nascita, la morte, la rinascita ogni mese per quarant'anni, e riconosco<br />
la natura di questi schemi dalla mia esperienza mortale. Vi sono<br />
schemi anche nella nostra esistenza soprannaturale. L'ombra di questi<br />
schemi precede la mia trasformazione da mortale a questo stato, così<br />
l'unica correlazione che posso presentarvi è quella della mia<br />
condizione mortale. Io li chiamo schemi femminili, o propri della
donna, se volete, che potrebbe avere più senso. Specialmente in<br />
virtù del fatto che voi maschi seguite schemi simili, ma come ho<br />
detto sono tutti esterni. E ovviamente possedete un'energia<br />
femminile, come le donne possiedono un'energia maschile. È<br />
soltanto la biologia a determinare da quale parte finiamo, ma a<br />
questo punto quella sarebbe una digressione rispetto a quello che<br />
voglio dire».<br />
«Questi schemi, sono come degli archetipi?», chiese Michel.<br />
Il ragazzo nutriva un forte interesse per la psicologia junghiana.<br />
Karl sapeva che era stata Chloe a indirizzarlo su quella strada. A<br />
Michel sarebbe mancata profondamente.<br />
«In un certo senso sì, Michel. Ma da un altro punto di vista questi<br />
schemi sono più come delle fasi, e non si possono personificare o<br />
immaginare facilmente, come avviene spesso per gli archetipi. In un<br />
modo molto simile a come Carl Jung tracciò le energie archetipiche<br />
presenti nell'inconscio collettivo, io ho identificato gli schemi<br />
principali, o fasi che durano tutta la vita, e hanno in particolar modo<br />
effetto sulla nostra razza».<br />
«Lasciate che vi racconti una storia, un breve scorcio della mia<br />
vita, per mezzo del quale, forse, comprenderete qualcosa di quello<br />
che so, e che potrebbe spiegare in modo semplice quello che può<br />
apparire un comportamento inspiegabile in Chloe, Kaellie e forse<br />
anche negli altri».<br />
«Tre secoli fa, all'inizio del 1700, mi trovavo in Belgio, in quello<br />
che allora era ancora un villaggio, Gent. Ho trascorso molto tempo<br />
là, e anche a Brugge. I canali, la splendida architettura lungo le<br />
acque, i castelli e le chiese - tutto così pittoresco secondo il gusto<br />
decisamente olandese - quei posti nutrivano la mia anima».<br />
«Vi è una cattedrale a Gent, Saint Bavo. Fin dalla mia prima visita<br />
in quel luogo, quella cattedrale è rimasta molto simile a come si<br />
presenta oggi. La parte più vecchia è stata costruita nel dodicesimo<br />
secolo, ed era già scomparsa nel 1700. Come ogni cattedrale in<br />
Europa, Saint Bavo era stata edificata nel corso dei secoli, in questo<br />
caso tra il 1300 e il 1559, e la gran parte di quello che era stato<br />
costruito in questi due secoli e mezzo era ancora lì per me.<br />
Ovviamente, Saint Bavo è famosa per un'opera in particolare,
L'Agnello di Dio, dipinto nel 1432 da Jan Van Eyck».<br />
«Cosa posso dirvi di quel quadro? Karl, tu l'hai visto. E tu David?».<br />
David annuì.<br />
«Sì», disse Karl. «È una magnifica opera d'arte». Aveva visitato la<br />
cattedrale con Gerlinde, che era rimasta semplicemente sopraffatta<br />
da quell'antico dipinto in particolare, così ben conservato. I colori -<br />
ancora vivi dopo secoli - i volti espressivi, la qualità tutta fiamminga<br />
nello stile degli abiti e delle pose l'aveva ipnotizzata. L'Agnello di<br />
Dio era un quadro enorme, composto di pannelli più piccoli che si<br />
congiungevano, come schermi, su un vasto pannello principale. Il<br />
fulcro di tutto era dipinto su quel pannello principale: l'apparizione<br />
di Cristo, l'agnello. I pannelli intorno all'agnello erano più specifici:<br />
angeli, ecclesiastici, santi, gente comune, tutti concentrati sulla scena<br />
centrale. Karl era stato particolarmente rapito dal dipinto della<br />
Vergine.<br />
«Quello che mi aveva attratto all'inizio», disse Morianna, «era il<br />
fatto che Cristo fosse raffigurato come un vero e proprio agnello.<br />
L'artista ha preso la metafora e l'ha esplicitata. Tutti nel dipinto si<br />
adunano ossequiosamente intorno all'agnello bianco con l'aureola.<br />
L'agnello di Dio come un agnello! Una simile semplicità è toccante,<br />
non è vero? Io l'ho trovata avvincente.<br />
Mentre ero là a meditare sul dipinto, cominciai a comprendere la<br />
natura dell'agnello e di Cristo, una metafora del sacrificio. Un<br />
agnello condotto al massacro. Un sacrificio, e il sangue viene versato<br />
per il bene di tanti.<br />
Dire che la metafora mi piacque è minimizzare quello che provai.<br />
Io provengo da una cultura che ha radici nel buddhismo. Per quella<br />
religione, il concetto del sacrificio verso l'illuminazione si avvicina<br />
all'idea cristiana. Ogni religione ne ha una versione differente: gli<br />
indù, i musulmani... Non ha forse Mosè condotto la sua gente verso<br />
la libertà e gli è stato richiesto di sacrificare la sua passione per<br />
vedere la Terrasanta? Eppure qualcosa nella metafora cristiana toccò<br />
qualche corda dentro di me. Credo di essere stata nel posto giusto al<br />
momento giusto, come dicono i mortali. Oppure, come avrebbe<br />
detto Carl Jung...», guardò Michel, che le restituì lo sguardo, «ci fu<br />
un sincronismo. La mia realtà interna si allineò a quella esterna, e
divennero l'una lo specchio dell'altra».<br />
Nel decennio seguente, fui ossessionata dalla metafora<br />
dell'agnello sacrificale come fosse quella che avrebbe dato significato<br />
alla mia esistenza. Dovete comprendere che io, come tutti quelli<br />
della nostra razza - tutti tranne Michel - avevo trascorso gran parte<br />
della mia vita da sola. A quel tempo ero separata dalla mia razza,<br />
separata dall'umanità, un essere alienato che vagava per l'universo,<br />
come un embrione che fluttua nel liquido amniotico. Per quelli più<br />
anziani tra di noi, la via è stata più dolorosa. Non avevamo la<br />
capacità - a causa delle nostre paure, ovviamente - di amalgamarci.<br />
L'isolamento era quello che ci aspettavamo, la nostra esistenza si era<br />
basata su di esso fin dal concepimento. Non vedevamo altra via. Se<br />
avessi goduto dei benefici di una comunità, le cose avrebbero potuto<br />
essere differenti. O forse no.<br />
In ogni caso, col crescere della mia ossessione, cominciai a credere<br />
che il mio sacrificio avrebbe avvicinato gli altri che esistevano. Non li<br />
conoscevo, ma sapevo di loro, coglievo occhiate fugaci qua e là, ma<br />
ci evitavamo l'un l'altro per ragioni di sicurezza. Naturalmente<br />
questo mi portò alla disperazione. Nella mia mente costruii uno<br />
scenario, molto elaborato e dettagliato, in cui se avessi potuto<br />
trovare un modo per estinguermi, questo avrebbe in qualche modo<br />
avuto effetto sugli altri, dato che avevamo sempre avvertito la<br />
perdita di qualcuno dei nostri. Vi risparmierò i dettagli dei miei<br />
processi mentali. È sufficiente dire questo: credevo che se avessero<br />
potuto comprendere che non ero morta per mano di uno di noi, né<br />
per mano dei mortali, ma che mi ero uccisa di mia volontà come un<br />
agnello sacrificale, la mia morte, come quella di Cristo, avrebbe<br />
potuto significare un dono che trascendeva la norma. Un sacrificio<br />
che poteva condurre a qualcosa di più alto. E per mezzo di questo,<br />
gli altri avrebbero potuto essere salvi da quella straziante solitudine.<br />
Speravo che questi altri, quelli che erano giunti davanti a me, e quelli<br />
che ancora dovevano venire, potessero trovare un modo per<br />
superare le loro paure e legarsi insieme, anche se non avevo un<br />
piano specifico su come ciò sarebbe avvenuto. Ma la mia morte<br />
avrebbe detto loro che qualcuno si preoccupava della nostra specie,<br />
abbastanza da sacrificarsi. E, cosa più importante, questo avrebbe<br />
dato un senso alla mia nascita nel mondo dell'oscurità. Capite, come
l'agnello. Nato per essere sacrificato, quello è il suo scopo».<br />
Morianna fece una pausa. Pareva esausta, la prima volta che Karl<br />
la vedeva vulnerabile. «Credo che noi tutti dovremmo ristorarci un<br />
po'», disse, e fece cenno a Michel che si alzò immediatamente e andò<br />
a prendere le provviste.<br />
Morianna guardò Karl, e questi vide sia gratitudine che ostilità nei<br />
suoi occhi. Era una cosa abbastanza naturale. Qualunque tipo di<br />
collaborazione il loro gruppo fosse riuscito a realizzare, la loro<br />
natura più vera non era certo svanita. Erano vulnerabili al massimo<br />
grado nei confronti di quelli della loro razza. Potevano avvertire<br />
l'uno la presenza dell'altro, e capirsi così bene, tanto nei punti di<br />
forza quanto in quelli di debolezza, e predarsi di queste debolezze,<br />
se questo desideravano fare.<br />
Michel tornò dopo poco passando a tutti delle tazzine di sangue.<br />
Karl lasciò la sua sul tavolino intonsa. Morianna sorseggiò la sua<br />
lentamente, come fece David, mentre Michel vuotò la propria in un<br />
istante, come un ragazzo qualunque avrebbe fatto con una Coca-<br />
Cola.<br />
«Grazie», disse Morianna. «Adesso mi sento meglio e posso<br />
proseguire».<br />
Cambiò posizione sulla sedia prima di ricominciare. David si<br />
riaccomodo sulla poltrona con uno sguardo pieno di stupore.<br />
Quando Michel si sedette, si unì a Karl sul divanetto. Karl sentì che il<br />
ragazzo era tanto intrigato quanto confuso. Aveva una strana<br />
sensazione riguardo dove stesse andando a parare la storia di<br />
Morianna, e questo lo faceva sentire a disagio. Quello in aggiunta al<br />
profumo del sangue: era molto, molto affamato. Ma doveva<br />
tracciare Gerlinde, e voleva essere ricettivo al massimo verso<br />
l'energia di lei.<br />
Morianna disse: «Il periodo del quale sto parlando è quello in cui<br />
ero attratta dalla morte. Fa parte del cammino della nostra esistenza.<br />
Siamo creature prese tra due piani. Non siamo vivi, non siamo<br />
morti. David, credo sia stato tu una volta a spiegarlo in maniera<br />
perfetta quando descrivesti le nostre anime dicendo che avevano<br />
cominciato ad abbandonare il corpo allontanandosene solo in parte.<br />
Anche io la penso così. E dato che non siamo né qui né là, siamo alla
mercè di questi opposti».<br />
David disse: «Credo di sapere dove vuoi arrivare. Ho sentito<br />
questo richiamo dentro di me, quasi come se oscillassi tra la luce e il<br />
buio. A Manchester sono stato preso dagli spasmi della morte, prima<br />
di incontrare Kathy».<br />
«Sì, è esattamente dove voglio arrivare», disse Morianna, «per<br />
quanto possa essere stato doloroso per te, credo non sia stata altro<br />
che una propensione. Dato che viviamo in un regno di mezzo, siamo<br />
costantemente trascinati verso una parte e poi verso l'altra. I giovani<br />
lo avvertono con maggiore frequenza e intensità; non hanno ancora<br />
avuto il tempo, l'eternità, per vivere il senso di tutto questo. Di<br />
conseguenza, si muovono dentro e fuori questa fase con tale rapidità<br />
che non li avvinghia né li tiene nella stessa maniera. Noi che siamo<br />
più anziani la vediamo per quello che è. In noi questi periodi durano<br />
più a lungo. Molto più a lungo. L'esperienza non si assimila in fretta,<br />
e l'energia giace nell'abisso, cosa che la rende ancor più debilitante».<br />
Karl si rese conto che la sua comprensione era più teorica che non<br />
pratica. Sì, era stato depresso, se quella era la parola adatta per ciò<br />
che lei stava descrivendo. Prima di incontrare Gerlinde. Ma gli<br />
estremi che avevano vissuto André e David, e quello di cui stava<br />
parlando Morianna, gli erano estranei.<br />
Alla fine, Michel con tutta la schiettezza della gioventù disse:<br />
«Dunque volevi morire. È quello che è accaduto a Chloe?»<br />
«Sì».<br />
«Ma lei amava la vita», obiettò Michel. Il ragazzo era chiaramente<br />
turbato. «Voglio dire, parlava sempre della natura, e i suoi occhi<br />
scintillavano, rideva come se le piacessero un mucchio di cose e...».<br />
Morianna fece un cenno a Michel di avvicinarsi a lei. Il ragazzo si<br />
alzò, si diresse al poggiapiedi e vi si sedette, di fronte a lei. Lei lo<br />
cinse con le braccia, stringendolo con fare protettivo, come parve a<br />
Karl. Un'esternazione rispetto alla quale molti giovani si sarebbero<br />
ribellati ma che Michel era abbastanza sicuro di sé da poter ricevere.<br />
«Tu sei molto, molto giovane. Non ci si può aspettare che tu capisca.<br />
La nostra disperazione non è sempre visibile. E, a dire la verità,<br />
persino da quelli di cui ci fidiamo, siamo comunque distanti.
Viviamo il nostro dolore, la nostra afflizione per lo più in silenzio».<br />
«Ed è così che chiamo l'energia femminile, anche se riguarda<br />
entrambi i sessi: la fase della morte giunge senza preavviso, e<br />
scompare bruscamente, come le mestruazioni, la menopausa. Non ci<br />
si può preparare».<br />
«Sì», disse David, «è così che mi sentivo. Un momento stavo bene,<br />
subito dopo ero steso dentro una bara, nutrendomi a malapena. E<br />
non è finita fino alla mia esperienza a Fire Island».<br />
Morianna annuì.<br />
Michel sembrava devastato. Era come se non avesse inquadrato<br />
questo inconveniente della loro esistenza. Come se avesse pensato<br />
che tutto sarebbe stato facile e divertente, che i benefici superassero<br />
di gran lunga gli svantaggi. E anche se Karl non aveva sperimentato<br />
quella gioia e quella speranza che l'età trasmetteva automaticamente<br />
a Michel, sapeva che il momento della sua piena disperazione non<br />
era ancora giunto. "O forse", pensò, "sono diverso, e non mi<br />
addentrerò mai in un simile, oscuro regno".<br />
Morianna si riappoggiò allo schienale. «Non vi racconterò i<br />
dettagli del mio travaglio, che durò in tutto per due decenni. Vi dirò<br />
soltanto che questa attrazione per la morte mi costrinse a vedere<br />
ogni cosa con occhio prevenuto. La mia morte era il pensiero<br />
principale dentro la mia testa, il suo valore e come effettuarla nel<br />
modo più significativo. E le mie emozioni rispondevano a questo<br />
pensiero mille volte ogni notte. Mi sentivo attirata dai vestiti di<br />
morte, dalle case dove si era avuto da poco un lutto o dove stava<br />
per aversi, nei cimiteri, ai funerali. Bevevo dalle persone che<br />
soffrivano per la perdita di qualcuno. Disseppellivo i cadaveri con le<br />
mani nude e cullavo i loro corpi in decomposizione. Dormivo con<br />
gli scheletri dei ragazzi, stringendoli al petto come farebbe una<br />
madre con il figlio. E ho tentato il suicidio diverse volte, in molti<br />
modi. Ma nonostante tutto questo, devo aver avuto anche un forte<br />
istinto di sopravvivenza, perché i miei sforzi fallirono, come potete<br />
vedere, e adesso siedo davanti a voi, dopo oltre due secoli».<br />
Karl, David e Michel fissarono Morianna. Era come un doccione<br />
vivente. Un essere che conosceva tanto l'altezza del paradiso quanto<br />
le profondità dell'inferno. Che era sopravvissuta e adesso si teneva in
disparte da tutto, osservando le semplici preoccupazioni di quelli<br />
sotto di lei, vedendo la loro ingenuità, sapendo cosa li attendeva.<br />
"Possiede le chiavi dell'universo", pensò Karl, e sarebbe stata una da<br />
contattare se lui avesse incontrato una porta chiusa.<br />
«Quello che sto dicendo a voi tutti è che Chloe, Kaellie, e io<br />
sospetto anche altri, fossero nella fase della morte. Attratte dalla<br />
morte. Intente a tessere una storia nella loro mente, la loro storia, in<br />
cui erano le protagoniste la cui scomparsa avrebbe in qualche modo<br />
dato senso alla loro esistenza».<br />
Michel si era girato a metà. Con la testa contro la spalla di<br />
Morianna, disse: «Così sembra che fosse psicotica. Tutti lo erano.<br />
Paranoici».<br />
«Se simili etichette ti aiutano ad affrontare quello che hai davanti<br />
allora sono utili. Ma non sta a te, a me o a chiunque altro giudicare<br />
nessuno di loro. Nessuno può conoscere lo scopo dell'universo, e<br />
come queste fasi in costante evoluzione abbiano effetto su ciò che<br />
accade. Viviamo in una ! realtà causale, con significati reconditi e<br />
sincronistici, il che significa che siamo parte di un continuum affetto<br />
da tutto quello che è accaduto in precedenza e che determina quello<br />
che accadrà in seguito. È il paradosso dell'esistenza che nello stesso<br />
tempo siamo bloccati in un momento eterno, universale ma anche<br />
molto personale, dove ogni istante dell'esistenza rappresenta tutto<br />
quello che c'è nella vita. Quel momento incapsula il nostro essere e<br />
dà significato al nostro tempo su questo pianeta. Posso solo dirvi che<br />
quando si realizza la fase della morte, non è facile combatterla, ma<br />
deve essere attraversata organicamente. Deve passare e deve<br />
raggiungere la sua inevitabile conclusione naturale, qualunque essa<br />
sia. Non possiamo stabilire chi morirà e chi l'angelo della morte<br />
lascerà passare. Ma quelli che sopravvivono sono catapultati<br />
dall'altra parte dello spettro. Nel mio caso, l'esito è stato la<br />
continuazione. Per Chloe, Kaellie e gli altri, è stato la conclusione.<br />
Alla fine ho compreso quello che il mio vecchio insegnamento<br />
buddhista cercava di trasmettere: entrambi gli estremi devono essere<br />
evitati, e non possono comunque essere evitati».<br />
«Sembra così crudele», disse Michel. «E non riesco a credere che<br />
non possiamo fare nulla in proposito».
«Dobbiamo fare quello che dobbiamo, e non possiamo predire<br />
che cosa influenzerà il risultato, sempre che questo possa essere<br />
influenzato. Potrebbe trattarsi di qualcosa di prestabilito, nessuno lo<br />
sa. Ancora una volta, si tratta di un paradosso, e il paradosso è<br />
difficile da accettare».<br />
Karl disse: «Stai dicendo che Antoine, come loro creatore, sapeva<br />
che vivevano questa fase? E se ne è servito?»<br />
«Credo di sì».<br />
«Ma perché adesso?», disse Michel. «Voglio dire, perché non ti ha<br />
uccisa?»<br />
«Allora Antoine aveva altre preoccupazioni. Ma dalla tua nascita,<br />
Michel, tutto è cambiato. Tu per lui rappresenti un simbolo. E lui è<br />
vendicativo. O forse si è convinto che la vendetta è il suo obiettivo,<br />
il suo diritto. Ma sospetto più che altro che si tratti semplicemente<br />
del suo impulso verso l'estinzione».<br />
«Che cosa intendi?», chiese Karl.<br />
«In ogni gioco di morte, uno sopravvive e l'altro no. Antoine,<br />
ovviamente, cercherà di sopravvivere, anche se spera di morire».<br />
«Ma perché vorrebbe morire?», chiese Karl, ancora molto confuso<br />
da quella estrema attrazione verso l'entropia. «E come si ricollega<br />
tutto ciò al tuo concetto di sacrificio?».<br />
Morianna accennò un sorriso, pieno di dolore. Un sorriso che<br />
informò Karl che col tempo avrebbe capito pienamente.<br />
«Nonostante i tuoi sentimenti verso di lui, Antoine è come noi, ha<br />
una raison d'être. Karl, senza dubbio ci hai pensato tu stesso:<br />
l'eternità può essere un tempo molto, molto lungo. Immagina i tuoi<br />
pensieri, le tue sensazioni, e il peso della tua esperienza tra<br />
cinquecento anni».
CAPITOLO 9<br />
La sera seguente Karl era giunto ad alcune conclusioni. Nuove<br />
informazioni avevano contribuito a quella conquista.<br />
Due delle tre sparizioni erano state spiegate. Erano stati trovati<br />
mutilati, uno in Grecia, sull'isola di Santorini, in una tomba scavata<br />
da poco di fianco al cadavere di un parente sepolto di recente,<br />
l'altro in un laboratorio di crionica in California. Entrambi i corpi<br />
erano stati trovati in tempo, ovvero i mortali non avevano<br />
esaminato i resti. A quanto sembrava, nessuno dei due aveva<br />
combattuto l'aggressore.<br />
Su richiesta di Julien, Gertig aveva spedito tramite corriere<br />
notturno un campione di sangue dal corpo di Kaellie, e uno del<br />
sangue che si trovava nelle immediate vicinanze. Un'altra spedizione<br />
al laboratorio della Scientifica e una sessione col GPC avevano<br />
rivelato a Karl quello che si aspettava di trovare: tracce di formalina.<br />
I campioni dagli altri due corpi, dall'isola di Santorini e dalla<br />
California, non erano ancora arrivati, ma Karl sospettava che non<br />
avrebbe trovato formaldeide nel sangue. Per prima cosa, la<br />
formaldeide non veniva utilizzata in sospensione crionica. E da<br />
quello che sapeva riguardo le pratiche di sepoltura nelle remote aree<br />
della Grecia, l'imbalsamazione era una pratica costosa che molte<br />
persone non potevano permettersi: non sarebbe stata comune in un<br />
cimitero su una piccola isola in mezzo al nulla con una popolazione<br />
di meno di 7000 persone.<br />
Che i corpi fossero stati imbalsamati non aveva importanza. Karl<br />
si era immaginato cosa fosse accaduto, e riferì agli altri le sue<br />
conclusioni.<br />
«La mia teoria è che Antoine si sia servito del profumo della<br />
morte come travestimento».<br />
«Ovvero?», chiese David.<br />
«Ovvero, dovunque il corpo mutilato sia stato rinvenuto, l'odore<br />
più forte associato alla morte è quello che ha usato per mascherare<br />
l'odore del suo stesso sangue, della sua presenza».
«Dunque al Columbarium», disse Michel, «ha usato la formaldeide<br />
in modo che Chloe non percepisse la sua presenza. Sarebbe stata<br />
preparata per quell'odore».<br />
«Avrebbe sentito che l'odore era più intenso del solito», disse<br />
Carol lentamente, «ma nulla di straordinario. Avrebbe potuto<br />
coglierla di sorpresa ma anche no. In ogni caso, si sarebbe aspettata<br />
di trovare Antoine. È qui che vuoi arrivare?»<br />
«Sì, e in base a quello che ci ha detto Michel», disse Karl, «Chloe<br />
era attratta da quel luogo perché le ricordava la sua stessa morte.<br />
Stando a quello che Morianna ha detto a David, a Michel e a me la<br />
notte scorsa, ha senso. Chloe sarebbe stata attratta dato che si<br />
trovava in una... fase di morte». Guardò Morianna, che lo sostenne<br />
con un cenno del capo.<br />
«Fase di morte?», chiese Kathy.<br />
«Cercherò di spiegartelo più tardi», le disse David.<br />
Carol guardò André, il quale si strinse nelle spalle, poi Michel che<br />
disse: «Credo di capire. O perlomeno posso riferirvi quello che ci ha<br />
detto Morianna».<br />
«Quando saranno giunti i campioni dalla California, sospetto che<br />
troveremo tracce di nitrogeno liquido nel sangue. Questo renderà<br />
l'aria nel laboratorio come era nelle casse di deposito crioniche».<br />
«Ma sei in grado di sentire il nitrogeno liquido?», chiese David.<br />
«No, ma quella sostanza sostituisce il sangue all'interno del<br />
corpo».<br />
«Come?»<br />
«Viene iniettata».<br />
«Mon Dieu!», disse André. «Ci stai dicendo che se Antoine si<br />
inietta fluido per l'imbalsamazione, o nitrogeno liquido, o qualsiasi<br />
altra cosa dentro le vene, non possiamo neppure avvertire la sua<br />
presenza?»<br />
«Se siamo in un luogo di morte, dove l'odore è preminente, e se<br />
siamo... come posso dirlo... ossessionati da quel luogo, allora sì».<br />
Carol disse: «Ma supponendo che Antoine abbia iniettato fluido
per l'imbalsamazione nelle sue vene e supponendo che Chloe non<br />
abbia avvertito la sua presenza, questo non spiega comunque perché<br />
non abbia opposto resistenza. Anche se è sopraggiunto alle sue<br />
spalle, lei avrebbe combattuto».<br />
«Questa è la parte più difficile da accettare», disse Karl. «La fase<br />
della morte, come l'ha descritta Morianna, significa non soltanto<br />
un'attrazione per la morte, ma anche una propensione al suicidio».<br />
«E così Chloe voleva morire. E Kaellie. E gli altri».<br />
Morianna disse: «Potrebbe essere più pertinente dire che la Morte<br />
li ha chiamati, e loro hanno risposto».<br />
Nella stanza si fece il gelo. Karl riusciva a sentirlo. Tutti intuivano<br />
che quella condizione attendeva ciascuno di loro. Prima. Poi. Non<br />
aveva importanza. E quando sarebbe successo, tutti sarebbero stati<br />
vulnerabili. A quella condizione. A un assassino. Avrebbero vissuto<br />
molto a lungo - forse per sempre - ma anche Antoine avrebbe<br />
aspettato.<br />
Julien disse: «Dunque Antoine ha ucciso cinque dei nostri così<br />
rapidamente: in una settimana, ha devastato la nostra comunità,<br />
come era sua intenzione».<br />
«Dobbiamo contrattaccare», intervenne André.<br />
«Sì», convenne David. «Non possiamo permettere che questo<br />
mostro distrugga ciò che ha richiesto tanto tempo per essere<br />
costruito».<br />
«Se restiamo uniti», disse Kathy, «non può prenderci».<br />
Carol disse: «Forse questo è il piano migliore».<br />
Jeanette scosse la testa. «Non possiamo restare insieme<br />
ventiquattr'ore al giorno. Non è possibile. E siamo vulnerabili<br />
quando dormiamo. Mi meraviglio che Antoine non abbia trovato un<br />
modo per attaccarci di giorno».<br />
Wing disse: «È improbabile che ricorra a questo».<br />
Morianna fu d'accordo. «Antoine gioca una partita d'integrità».<br />
«Cosa?», gridò André. «Per nulla!».<br />
«Au contraire, mon ami», disse Julien. «Antoine ha regole sue, il
suo ordine del giorno, e sulla base di questi parametri tiene fede al<br />
suo codice. Noi dobbiamo rispettare le regole del nemico, altrimenti<br />
avrà già vinto».<br />
Morianna aggiunse: «Nel suo modo di pensare, distruggerci di<br />
giorno significherebbe ricorrere all'aiuto dei mortali. E pur avendo<br />
noi visto in passato che non è avverso a usarli in certe occasioni,<br />
affidando loro ruoli minori nella sua appassionata commedia,<br />
preferisce di gran lunga la sfida».<br />
«Come fai a saperlo?», chiese André.<br />
«Guarda le persone che ha trasformato. Non ce n'è una che sia<br />
debole, non una che non meritasse di diventare sua stirpe, la prole di<br />
una forza poderosa. Antoine non ha trasformato dei mortali incapaci<br />
poiché questo avrebbe offeso il suo senso etico».<br />
André sbuffò. «Non sappiamo nulla delle persone che ha tentato<br />
di trasformare e che sono morte durante il processo».<br />
«No, non lo sappiamo, ma possiamo supporre. Non è uno<br />
stupido. E i suoi istinti sono forti», disse Karl.<br />
Julien li ricondusse all'argomento in oggetto. «Pensando secondo<br />
le medesime linee guida, non può permettersi di fare affidamento su<br />
stupide macchinazioni o tranelli privi d'eleganza. Non entrerà dalla<br />
porta posteriore. È costretto ad affrontare la sua creazione e a<br />
distruggerla. Vuole che quelli che ha trasformato riconoscano in lui il<br />
dio creatore-distruttore. Affinché una tale consapevolezza sia<br />
manifesta, i creati devono essere coscienti della loro distruzione».<br />
Morianna aggiunse: «Antoine, come ognuno di noi, crea la sua<br />
storia nella quale riveste il ruolo principale. Senza conflitto non c'è<br />
storia. Credo che veda se stesso come un archetipo».<br />
«Antoine», spiegò Wing, «ha alzato molto la posta in gioco. Solo<br />
in quel modo la vittoria o la sconfitta possono avere un preciso<br />
impatto. Dovete capire, dopo un'esistenza così lunga, non vi sono<br />
molte cose in grado di impegnare le sue energie. O ci si rivolge<br />
all'esterno, oppure all'interno, e il suo temperamento non permette<br />
il tipo di introspezione verso il quale necessariamente gravitiamo col<br />
sopraggiungere della maturità».<br />
«Dunque», disse André, «dobbiamo soltanto restarcene seduti ad
aspettare che ci colga la fase della morte, sperando poi che giunga<br />
Antoine a farci a pezzi in fretta. È ridicolo!».<br />
Julien disse: «Non credo che nessuno qui la veda come una<br />
possibilità valida. Ma non possiamo proteggerci dalla fase della<br />
morte».<br />
«Forse», disse Jeanette, «possiamo proteggerci l'un l'altro».<br />
La discussione si concentrò dunque sui modi in cui potevano<br />
proteggersi tra loro. Aveva senso che, se uno di loro fosse entrato<br />
nella fase della morte, gli altri avrebbero potuto stare all'erta,<br />
perfino per decenni. Non era mai stata tentata una cosa del genere<br />
all'interno della comunità, disse Morianna, e non vi era modo di<br />
sapere se avrebbe funzionato oppure no. Comunque, molti dei<br />
presenti ritenevano che si potesse fare, in presenza di quello che<br />
pareva essere un avversario formidabile.<br />
«Antoine è il grande problema», disse Michel, «ma questa cosa<br />
della fase della morte ci rende i peggiori nemici di noi stessi».<br />
Stare in guardia significava restare di più insieme, e sorvegliarsi<br />
l'un l'altro quando erano separati. E i più convennero che sembrava<br />
una buona idea formare dei gruppi. David e Kathy sarebbero rimasti<br />
insieme, come André, Carol e Michel. Julien e la sua famiglia erano<br />
un'unità. Come molti degli altri. Quei gruppi potevano unirsi e<br />
formarne di più ampi, poi riformarsi in altri gruppi. Wing e<br />
Morianna, però, non volevano sentirne. «Non eravamo adatti alla<br />
vostra era, e non abbiamo realizzato una condizione simile a quella<br />
che Julien ha creato per sé», disse Wing, intendendo una situazione<br />
familiare.<br />
«Non posso spostarmi senza fine con qualcuno più di quanto non<br />
possa camminare di giorno», aggiunse Morianna. «È contro la mia<br />
natura. So che Wing si sente allo stesso modo».<br />
Jeanette disse: «Be', almeno possiamo tenerci regolarmente in<br />
contatto con entrambi. Questo è possibile, no?».<br />
Tanto Wing che Morianna rifletterono un istante. «Si può trovare<br />
un accordo in proposito», disse alla fine Wing un po' riluttante, e<br />
Karl ebbe la sensazione che lui e Morianna si sarebbero fatti vivi non<br />
tanto per loro quanto per rassicurare il gruppo del fatto che stavano
ene.<br />
In che modo valutare la fase della morte era un problema, dato<br />
che tutti erano reticenti a iniziare. Persino i più estroversi di loro<br />
erano sotto diversi punti di vista introversi, specie quando si arrivava<br />
a parlare delle esperienze più personali.<br />
David disse: «Ovviamente, sarà evidente per un compagno<br />
quando uno del suo gruppo diviene ossessivo».<br />
Karl era cosciente del fatto che nessuno stava dicendo quello che<br />
tutti stavano pensando: come avrebbero potuto stabilire se<br />
Morianna e/o Wing si stavano staccando? E c'erano degli altri da<br />
soli, come Gertig, e il terzo del quale dovevano ancora avere<br />
notizie. E Gerlinde. Tutti loro potevano essere nella fase della morte,<br />
per quanto ne sapevano.<br />
«Ho un'altra informazione che potrebbe rivelarsi utile», disse. «I<br />
campioni del sangue di Chloe che ho esaminato al microscopio<br />
contenevano un globulo rosso umano con un nucleo. Si tratta di una<br />
cosa insolita. I globuli rossi maturi non presentano nucleo».<br />
«Be', le nostre cellule sono differenti», iniziò a dire Jeanette.<br />
«Sì, ma ho esaminato il sangue della nostra razza a sufficienza da<br />
conoscerne il modello, e noi tutti seguiamo quel modello».<br />
«Qual è il significato di un nucleo in un globulo rosso?», chiese<br />
David.<br />
«Per i mortali, significa una cellula anomala. Una deviazione. Una<br />
distorsione. Di solito, significa malattia. Scommetto che quando<br />
stiamo vivendo la fase della morte, questa si mostra nelle nostre<br />
cellule. In un campione troveremo una o più cellule con un nucleo.<br />
Le cellule con il nucleo sono quelle necrofile».<br />
«In altre parole», continuò Jeanette per lui, «le cellule distorte ci<br />
rendono malati».<br />
«Oppure lo stato di ingresso nella fase della morte comporta un<br />
cambiamento in alcune delle nostre cellule. Non potremo saperlo<br />
fino a quando non avremo fatto ulteriori ricerche, e determinato<br />
prima di ogni altra cosa se questo è correlato alla fase della morte,<br />
oppure no. Forse si tratta semplicemente di un'anomalia che appare
nei campioni di sangue che ho analizzato. Ed è possibile che<br />
l'assassino in qualche modo abbia distorto le cellule, ma è<br />
improbabile. Non riesco a stabilire se è successo al momento della<br />
morte».<br />
Mentre quella nuova notizia diffondeva il brusio nella stanza, Karl<br />
si sedette e cominciò a pensare a Gerlinde.<br />
Adesso era sempre nei suoi pensieri. L'aveva tracciata subito dopo<br />
il tramonto e l'aveva localizzata a Düsseldorf, il luogo dove Antoine<br />
l'aveva assalito e trasformato.<br />
Gerlinde in quel posto in mezzo a tutti quegli avvenimenti di<br />
morte era come un cartello al neon con il nome "Karl" che<br />
lampeggiava. In cuor suo sapeva che lei era con Antoine e che era<br />
stata adescata nel posto della fine mortale di Karl.<br />
Nonostante sapesse questo, nonostante la nuova informazione<br />
che rendeva chiaro il modus operandi di Antoine, Karl era deciso a<br />
salvare Gerlinde. Riferì agli altri le sue intenzioni.<br />
«Assolutamente no!», disse André. «È un suicidio».<br />
Anche David fu inflessibile. «Forse Antoine sta cercando di<br />
trascinarti là, o magari Gerlinde viaggia per conto suo, ma in ogni<br />
caso questo non è il momento giusto per partire da solo».<br />
«Ricorda quello che ha detto l'I Ching», gli ricordò Kathy. «Adesso<br />
non devi andare da nessuna parte».<br />
«Devo aiutare Gerlinde», disse Karl. «Lei farebbe lo stesso per me,<br />
e per chiunque di voi. Ricorda David che è stata Gerlinde ad aiutare<br />
Kathy affinché persuadesse gli altri a combattere. Credevo che voi<br />
foste suoi amici».<br />
«Lo siamo», disse André infastidito. «Forse io e lei non siamo<br />
sempre andati d'accordo, ma sai che mi preoccupo molto per lei. E<br />
così tutti quanti. Quello che dici mi fa riflettere su quello che sta<br />
succedendo nella tua testa».<br />
«Quello che sta succedendo nella mia testa è che Gerlinde è<br />
scomparsa e non si è messa in contatto con noi. Che ha lasciato<br />
quello strano messaggio a David. Che l'ho tracciata a Düsseldorf, la<br />
città dove Antoine mi ha trasformato. Che Antoine sta uccidendo i
nostri amici uno per uno, e Gerlinde potrebbe essere nella fase della<br />
morte. E che chiaramente è stata rapita».<br />
«Ma Antoine non l'ha creata», disse Carol.<br />
«No, non l'ha creata. Ma forse sta ampliando il suo repertorio.<br />
Quella notte a Fire Island promise di uccidere tutti, non soltanto<br />
quelli che aveva trasformato».<br />
«Be', se tu vai io vengo con te», disse David.<br />
«Non è possibile», rispose Karl.<br />
«Perché no?»<br />
«Sarebbe in grado di tracciarti dato che ti ha trasformato».<br />
«Può tracciare anche te per lo stesso motivo».<br />
«Sì, ma se scopre che due di noi si stanno muovendo verso di lui<br />
potrebbe ucciderla. È chiaro che sta cercando di trascinarmi là».<br />
«Per ucciderti», disse André. «Allora verrò io, dato che non è in<br />
grado di tracciarmi».<br />
«Non può tracciarti ma quando avvertirà la tua presenza con i<br />
sensi, che immagino siano ben più affilati dei nostri, saprà anche in<br />
questo caso che siamo in due e potrebbe ucciderla».<br />
«Non ha senso che tu vada là da solo», disse André,<br />
evidentemente insoddisfatto.<br />
«Sono d'accordo. Non possiamo lasciarti andare affatto», gli disse<br />
Carol.<br />
Karl all'improvviso si mise sulla difensiva. «Non potete fermarmi.<br />
Nessuno di voi può. Io vado, e vado da solo».<br />
«Forse», disse Michel, «stai attraversando la fase della morte».<br />
«Se è così, Michel, allora dovrò superarla, proprio come chiunque<br />
altro».<br />
«Ma se Antoine riesce a ucciderti prima...».<br />
«Spero che non accada. So come agisce, il che mi dà un<br />
vantaggio».<br />
«Va bene, conosci i suoi metodi, ma ti distruggerà nel momento in<br />
cui ne avrà la possibilità», disse David. «Che cosa hai in mente di fare
se dovessi incontrarlo? Come pensi che ti difenderai?»<br />
«Non lo so ancora. La prima cosa è raggiungere Gerlinde, e<br />
vedere cosa fare. Magari sta semplicemente viaggiando. Non credo,<br />
ma non si sa mai. Se è da sola, allora non c'è problema, e torneremo<br />
subito qui. Se Antoine la tiene in ostaggio, be', credo che per prima<br />
cosa proverò a parlare con lui».<br />
«Merde!», scattò André. «Hai perso la testa?»<br />
«È ridicolo!», disse David.<br />
«Potrebbe non funzionare», ammise Karl, «ma dubito che<br />
qualcuno abbia tentato questo approccio. E francamente, non ho<br />
sentito nessuno proporre un'idea migliore».<br />
Era ovvio che nessuno di loro aveva previsto un piano d'azione<br />
come quello. Nessuno riteneva Antoine in grado di ragionare. Specie<br />
dopo quegli assassinii. E Fire Island. Per non parlare del modo<br />
violento in cui Antoine aveva trasformato tanti di loro. Karl non<br />
ingannava se stesso pensandolo un piano infallibile. Probabilmente<br />
non avrebbe funzionato, ma non voleva escludere una cosa ovvia<br />
solo perché tale.<br />
Nessuno disse nulla per alcuni secondi fino a quando parlò Julien:<br />
«Credo sia stato Winston Churchill a fare questa memorabile<br />
affermazione: "un pacificatore è chi nutre un coccodrillo sperando di<br />
essere mangiato per ultimo"».<br />
Karl riuscì a prendere un volo per Londra. Arrivò a Heathrow<br />
quasi all'alba. Prese una stanza in un albergo dell'aeroporto e un<br />
volo per Colonia la notte successiva presto. Da Colonia avrebbe<br />
viaggiato verso Düsseldorf, a meno di un'ora di treno.<br />
Sul volo per Londra aveva avuto a disposizione molto tempo per<br />
pianificare la linea d'azione. Sfortunatamente, sembravano esserci<br />
poche alternative. E sopra tutte aleggiavano due preoccupazioni<br />
principali. La prima era che fosse stato fatto del male a Gerlinde.<br />
Sapeva che lei era ancora viva, perché l'aveva appena tracciata: era<br />
ancora a Düsseldorf. Ma la sua paura principale al momento era<br />
quella che provava al pensiero di dover nuovamente affrontare<br />
Antoine e vivere la forza di quella volontà dominatrice che sentiva
avrebbe potuto distruggerlo con estrema facilità e che, se avesse<br />
potuto, l'avrebbe fatto certamente.<br />
Ma doveva aiutare Gerlinde. Lui l'amava. E non poteva esistere<br />
senza di lei. Quello, sopra ogni altra cosa, gli era divenuto evidente<br />
negli ultimi giorni. Avrebbe fatto tutto ciò che serviva per liberarla,<br />
anche se avesse voluto dire rinunciare alla sua stessa esistenza.
PARTE SECONDA<br />
«Di tutti i meccanismi di fuga, la morte è il meno<br />
efficace».<br />
H. L. Mencken
CAPITOLO 10<br />
Karl arrivò a Düsseldorf con una premonizione. Di solito non<br />
aveva delle premonizioni. Pensò che poteva tranquillamente trattarsi<br />
del prodotto delle sue paure che cozzavano con una situazione che<br />
sembrava, seppur non impossibile, caratterizzata da risposte che non<br />
erano ancora evidenti. Qualunque fosse la fonte, la premonizione<br />
non era buona. Era come se si trattasse di un film noir, la cui fine<br />
sarebbe stata la morte. Gerlinde gli aveva sempre detto di ascoltare<br />
le sue sensazioni, ma quella sera s'impegnò a ignorarle.<br />
Dalla sua ultima visita la città aveva sofferto. Era stato all'inizio<br />
del 1930, mentre Adolf Hitler accresceva il suo potere in Germania.<br />
Gli eventi di Düsseldorf erano stati forieri del sangue che sarebbe<br />
stato versato in seguito.<br />
Karl camminò dalla stazione ferroviaria fino alla vecchia città, non<br />
molto distante, meccanicamente, per abitudine, pensò. Aveva<br />
vissuto in quella zona. Due volte. E certo la strada aveva posseduto<br />
in entrambe le occasioni una storia particolare, dettagli di cui Karl<br />
era stato al corrente.<br />
Ma dalla seconda guerra mondiale, quando buona parte della<br />
Germania era stata distrutta dalle bombe degli Alleati, questa zona<br />
non pareva più ciò che era stata. Adesso, Mettmannerstrasse vedeva<br />
su ambo i lati una fila di negozi marocchini che cedevano il posto a<br />
una catena di sporchi e tetri edifici residenziali, costruiti quando<br />
l'architettura non era una preoccupazione, e l'obiettivo era tirar su il<br />
maggior numero di edifici nel più breve tempo possibile con meno<br />
soldi possibile. Ma prima della guerra le case erano adorabili, in<br />
pieno stile tedesco. Edifici a tre, quattro e cinque piani con<br />
decorazioni ad archi acuti sopra il tetto e facciate reticolate, alcune<br />
delle quali risalivano a diversi secoli prima. C'era la piazza - ogni<br />
città tedesca ne aveva una - con una chiesa con la torre del<br />
campanile, un municipio, e negozi lungo le strade che si diramavano<br />
dalla piazza. Un tempo questa città era stata meravigliosa. Karl<br />
pensò a quello che aveva detto Goethe e ne riconobbe la verità: «I<br />
tedeschi rendono tutto difficile, tanto a se stessi quanto agli altri».
Mentre Karl passeggiava, vide che la casa dove Peter Kurten<br />
aveva vissuto con sua moglie non c'era più. Era stata una casa<br />
ordinaria per come la ricordava. Non un posto dove ci si aspetta che<br />
viva un vampiro.<br />
Mentre passeggiava per Mettmannerstrasse, Karl ripensò agli<br />
eventi a Düsseldorf dell'ultima volta che aveva vissuto in quella città.<br />
Era stato un periodo particolare. La Germania era stata costretta a<br />
pagare per la prima guerra mondiale, e c'era molta povertà. Ricordò<br />
di aver visto una donna una sera che era giunta a piedi in città dalla<br />
campagna circostante, con la prole al seguito. Spingeva una carriola<br />
stracarica di marchi, sperando di poter cambiare il denaro con una<br />
pagnotta di pane per nutrire i suoi figli. Qualcuno ebbe pietà di lei e<br />
le diede mezza pagnotta, dicendo di non volere quella inutile valuta.<br />
Era il momento giusto perché un dittatore prendesse il potere, e<br />
Hitler era pronto. Il popolo tedesco era stato dissanguato. Peter<br />
Kurten e Adolf Hitler erano là a leccar via il sangue. E altri prima di<br />
loro, ma Karl non voleva andare a ripescare troppo indietro nel<br />
passato.<br />
Da quello che Karl aveva ricostruito in seguito dai resoconti dei<br />
giornali, e dai pettegolezzi locali, Kurten era stato un tipo disturbato<br />
fin dall'infanzia. Era nato nel 1883 a Mülheim, non certo un bel<br />
posto, nel Sud vicino al confine con la Francia.<br />
Nell'anno in cui era nato Kurten, Karl era già in vita da 63 anni,<br />
38 dei quali come vampiro. Riconosceva un altro succhiasangue<br />
quando ne vedeva uno. E lo vide in Peter Kurten, un uomo grigio,<br />
spregevole, dalle maniere miti, vestito in maniera impeccabile con<br />
un fazzoletto nel taschino e sempre in giacca e cravatta. I suoi occhi<br />
chiari decisamente spenti e la bocca molto tirata gli donavano un<br />
certo stile, almeno secondo Karl. Ma Kurten era il tipo del quale<br />
preoccuparsi molto, e si presentava invece con un'immagine<br />
equilibrata, da pilastro della comunità che gran parte della gente<br />
accettava. Ma sotto tutta quella normalità giaceva uno spirito<br />
selvaggio e, quando lo vedeva camminare per la strada, Karl sapeva<br />
che qualcosa nella sua apparente socievolezza era stata o strappata<br />
via o non c'era mai stata.<br />
Tutto questo affascinava Karl dopo gli eventi, dopo che si era
scoperto cosa aveva fatto il vampiro per gran parte della sua vita.<br />
Lesse tutto quello che poté riguardo la vita di Kurten, come se<br />
studiare le cronache sull'anormalità di un mortale potesse in qualche<br />
modo fare luce anche sulla sua condizione.<br />
Quello che si domandavano tutti era perché Kurten e sua moglie<br />
si fossero trasferiti a Dusseldorf nel 1925. I resoconti dei giornali che<br />
apparvero in seguito, dopo l'arresto di Kurten, dicevano che era uno<br />
di dieci figli, ma allora non si trattava di una cosa insolita. Suo padre,<br />
un alcolista, lo picchiava. Anche questo non era insolito.<br />
Quando era un ragazzo, Kurten si divertiva a massacrare gli<br />
animali. Un articolo diceva che per un po' aveva vissuto con<br />
l'accalappiacani di città e aveva imparato a uccidere i cani randagi.<br />
Quando aveva nove anni, aveva "accidentalmente" annegato un<br />
compagno di gioco, cercando poi di annegare un altro amico che<br />
cercava di salvare la vittima.<br />
Alla fine, a diciassette anni, Kurten aveva cercato di stuprare e<br />
uccidere una ragazza. Aveva trascorso ventiquattro anni della sua<br />
vita dentro e fuori le prigioni dove, a quanto pare, aveva ucciso due<br />
carcerati, o così affermava lui. Quando lui e sua moglie vivevano a<br />
Dusseldorf, fu preda di una furia omicida che durò diciassette anni,<br />
una cosa in grado di far impallidire i serial killer contemporanei.<br />
Ancor prima che fosse puntato un solo dito contro Kurten, Karl si<br />
era ritrovato a osservare sovente quell'uomo mentre vagava per le<br />
strade dopo il tramonto. Così tranquillo, un herr dall'aspetto così<br />
incredibilmente sottomesso, ma con un'energia primitiva che<br />
ricordava a Karl quella di un animale al guinzaglio, ancora in cerca di<br />
una preda. Kurten trasmetteva un'energia particolare per un essere<br />
umano, la stessa energia che Karl, alcuni anni dopo, avrebbe sentito<br />
promanare da Hitler. La stessa energia che il secolo prima aveva<br />
sentito pulsare in Antoine la notte in cui era stato assalito. Si trattava<br />
della stessa forza che Karl riconosceva quando la brama del sangue<br />
minacciava di sopraffarlo. Ma lui, diversamente dagli altri - i<br />
succhiasangue mortali e immortali - era sempre stato in grado di<br />
controllare le sue ossessioni.<br />
Sorprendentemente, Kurten fu in grado di uccidere un bel numero<br />
di persone nel corso degli anni, per lo più ragazzini, prima di essere
catturato. Nonostante i suoi trascorsi violenti, la polizia non<br />
sospettava di lui per il numero crescente di sparizioni e, ovviamente,<br />
Kurten era un cittadino modello. In realtà, in città era stato<br />
giustiziato un pazzo per l'assassinio di un ragazzo scomparso. Ma gli<br />
omicidi erano continuati.<br />
Kurten preferiva per lo più il coltello, disse in seguito a un<br />
giornalista, per tagliare la gola delle vittime o pugnalarle al petto,<br />
benché gli piacesse anche strangolarle prima, per sottometterle.<br />
Adorava la vista del sangue. Il suo odore. Il sapore. Prese a scrivere<br />
in forma anonima degli appunti ai giornali sullo stile Jack lo<br />
Squartatore, prendendo in giro la polizia, descrivendosi come un<br />
succhiasangue. Karl giudicava lo stile di quelle missive altamente<br />
melodrammatico, del genere da rivistucola, e questo aggiungeva un<br />
tassello al puzzle di ciò che faceva scattare questo serial killer.<br />
Il sangue, disse Kurten, era come un incantesimo. Karl poteva ben<br />
comprenderlo. E a causa di tale malia, Kurten era spinto a uccidere<br />
sempre di più, e doveva avere ucciso persone a dozzine in quella<br />
escalation d'orrore. Tutto perché potesse toccare e assaporare il loro<br />
sangue.<br />
Alla fine, rapì Maria Budlik e la portò nella sua casa. Cercò di<br />
strangolare la ragazza ma lei lo convinse a liberarla. Maria si recò<br />
dalla polizia, ovviamente, fornendo loro nome e indirizzo di quello<br />
che avrebbe potuto essere il suo assassino. Le autorità fecero visita<br />
alla casa di Kurten e dissero a sua moglie dei loro sospetti, ma lui era<br />
talmente retto che persino con i registri della prigione, la polizia non<br />
poté giungere a credere veramente che fosse un pluriomicida.<br />
La signora Kurten affrontò suo marito quella notte e, in maniera<br />
abbastanza sorprendente, lui confessò. Insieme, decisero di lasciare la<br />
città, ma poi la moglie non riuscì a farlo. Collaborò con la polizia e<br />
organizzò un incontro con il marito nella chiesa in piazza, dove lui<br />
fu arrestato. Perfino allora, fino a quando lo stesso Kurten non fornì<br />
alla polizia prove dettagliate dei molteplici omicidi, le autorità non<br />
lo ritennero colpevole.<br />
Diversamente dal vampiro di Hannover, che arrivò molto più<br />
tardi nel corso della storia umana e che aveva un'occupazione che<br />
supportava il suo vizio di uccidere, gli appetiti di Kurten erano
chiaramente sessuali. In una circostanza Karl l'aveva osservato bene.<br />
La paura. Sul volto spaventato i tratti erano ancor più marcati.<br />
Kurten agiva come se in qualche modo si ritrovasse in una situazione<br />
particolare che gli impediva di ritrarsi, per così dire. Come se fosse<br />
stato qualcun altro a stuprare, a strangolare e uccidere così tante<br />
persone. Karl lo sapeva. Lui stesso aveva provato diverse volte<br />
quella dissociazione, all'inizio. Il Karl che era prima di bere, e quello<br />
che staccava le labbra dalla ferita lacerata che l'aveva nutrito, erano<br />
due esseri differenti. Questo gli consentiva di provare non pietà, ma<br />
almeno una certa empatia con Kurten che, anche se fosse stato in<br />
grado di spiegarlo a parole, nessun mortale avrebbe potuto capire.<br />
Kurten fu condannato a morte nove volte e, nel 1930, venne<br />
decapitato nella prigione di Klingelputz. Lo stesso anno il partito di<br />
Hitler fece un balzo in avanti e divenne il secondo per grandezza:<br />
ben presto sarebbe divenuto il partito che avrebbe creato il Terzo<br />
Reich, il Partito Nazista.<br />
Tutto questo aveva interessato Karl: il divenire della storia. Qui<br />
c'era un essere umano che trovava il sangue potente come lo era per<br />
lui. Che si sarebbe spinto ovunque per ottenerlo. Karl non aveva mai<br />
interferito nelle attività di Kurten: non riteneva fossero affari suoi.<br />
Gerlinde, quando le aveva raccontato la storia di Kurten, aveva<br />
detto: «È un approccio tipicamente tedesco. MYOB. Ecco come<br />
Hitler ha intrappolato un'intera nazione».<br />
Ovviamente aveva ragione lei, ma lui non poteva cambiare la sua<br />
natura. Era nato in Germania, e che cosa ci poteva fare? Non molto,<br />
a quanto pareva. Proprio come Kurten non era stato in grado di<br />
cambiare la sua natura, o Hitler la sua. Proprio come molti dei più<br />
illustri filosofi tedeschi avevano creduto che non possiamo cambiare<br />
chi siamo: il meglio che possiamo fare è cercare di far sì che ogni<br />
decisione sia quella giusta.<br />
Karl si fermò più o meno dove, se ricordava correttamente, un<br />
tempo si trovava la casa di Kurten. Doveva saperlo bene. Aveva<br />
vissuto lui stesso nella medesima casa, molto tempo prima che Peter<br />
Kurten spargesse sangue. E fu soltanto quando si ritrovò davanti<br />
all'edificio di cemento che nascondeva tutte le tracce della casa che<br />
c'era stata, che Karl si rese conto che non era giunto fin là per caso.
Era stato attirato da quella parte. Non solo Kurten aveva ucciso là,<br />
ma in quel luogo si era verificata un'altra morte. Quella era la casa<br />
dove Karl aveva preso dimora nella metà del diciannovesimo secolo,<br />
trentotto anni prima che il Vampiro di Düsseldorf, come venne in<br />
seguito chiamato Kurten, nascesse.<br />
Karl era stato aggredito quasi sulla porta di casa. Era autunno<br />
inoltrato. Le foglie morte ammantavano la strada, e il vento ululava<br />
senza sosta. Ricordava di aver avuto freddo quella notte. Voleva<br />
fuggire dalla rigidità degli elementi e ritirarsi nella stanza che aveva<br />
affittato in quella casa. Si trattava di una casa modesta, nella<br />
residenza di una vedova, di una delle figlie, e del marito di<br />
quest'ultima. La figlia aveva abortito avendo contratto la rubella,<br />
una malattia che i vivi potevano sconfiggere ma in grado di<br />
danneggiare il feto. Karl era giunto a Düsseldorf per lavorare a una<br />
cura per quella che sarebbe stata definita Rosolia, o Rubella, e la<br />
donna che possedeva la casa era stata ben felice di alloggiare il<br />
giovane scienziato nella sua dimora.<br />
Improvvisamente, l'energia di quel posto divenne come un'entità<br />
vivente, ansimante, pronta a invaderlo. Un turbine vorticoso di<br />
sangue e trasformazione che dilatò il tempo. Adesso che stava<br />
prestando attenzione, riconobbe subito quell'energia. Antoine era da<br />
qualche parte all'interno dell'edificio, appostato in qualcuno degli<br />
appartamenti. E con lui c'era Gerlinde!<br />
I ricordi sommersero Karl. Inconsciamente fece qualche passo<br />
indietro dal complesso di appartamenti e lo notò solo quando fu<br />
dall'altra parte della strada, intento a reggersi a un lampione, con<br />
l'aria stretta nel petto, che premeva contro il cuore e la testa in<br />
preda alle vertigini.<br />
Quella notte, più di 150 anni prima, Antoine era emerso dal<br />
passaggio di fianco la casa come un'anima nera. Ancor prima che<br />
avvenisse il contatto, il male e la corruzione avevano ostruito i pori<br />
della pelle di Karl. Era come se il tessuto dell'universo si fosse<br />
lacerato, e una formidabile energia negativa l'avesse risucchiato nel<br />
suo stomaco, inghiottendolo, mentre gli strappava la carne,<br />
sottraendolo al suo corpo, aspirando il sangue dalle sue vene con<br />
una forza mostruosa che l'aveva svuotato nel giro di pochi minuti,
prima che potesse reagire. Contro la sua volontà, un liquido freddo<br />
e viscido era penetrato attraverso le sue labbra scivolandogli giù per<br />
la gola, raggelandolo con la sensazione che quel sangue riciclato<br />
fosse proprio il suo. Era preda delle convulsioni, ma quel sangue<br />
nero continuava a scendere, come se avesse riconosciuto la propria<br />
dimora e volesse farvi ritorno. Persino mentre ingoiava e aveva i<br />
conati. Karl pensò: "Non è questo il modo per nutrirmi", ma quel<br />
pensiero razionale non alterò l'orrore della realtà che stava vivendo<br />
e quello che sarebbe seguito.<br />
Lasciato morente, riuscì a rivivere prima dell'alba. L'unico ricordo<br />
che ebbe all'inizio fu spiacevole: il suono di una risata oscena,<br />
demoniaca. Non sapeva dove fosse, chi fosse, e fu soltanto la sua<br />
forza di volontà a condurlo fuori dall'abisso di una realtà distorta più<br />
simile a un incubo, riportandolo sul pianeta terra. Per istinto, strisciò<br />
verso la porta, infilò la chiave ed entrò nella sua stanza. Ancora una<br />
volta d'istinto, chiuse a chiave la porta, serrò le imposte e si avvolse<br />
in tre coperte, poiché si sentiva gelare fin dentro le ossa. Il suo corpo<br />
tremava in maniera incontrollata. I suoni erano distorti, e ogni<br />
ticchettio dell'orologio a pendolo, ogni scricchiolio del pavimento,<br />
ogni cane fuori dalla finestra che ululava, veniva ingigantito dieci<br />
volte. E mentre la luce si spandeva nel cielo, uno sfinimento<br />
prossimo all'annientamento lo travolse, e non poté fare altro che<br />
capitolare di fronte a quella che supponeva, o persino sperava,<br />
sarebbe stata la morte. Non avrebbe potuto essere più sorpreso<br />
quando si destò al tramonto seguente.<br />
L'essere oscuro che l'aveva costretto in quello stato alterato era un<br />
catalizzatore per un cambiamento che l'avrebbe trasformato<br />
geneticamente, emotivamente, e in ogni altro modo. Adesso, quella<br />
creatura infernale che non aveva pietà, empatia, e che non poteva,<br />
apparentemente, provare rimorso, quell'essere che Karl temeva,<br />
quello che conosceva come Antoine, attendeva, come un enorme<br />
ragno velenoso, appostato in una ragnatela verso la quale Karl era<br />
attirato come se i fili di seta fossero la sua casa. Sentì con ogni cellula<br />
del suo corpo che Morianna aveva ragione: Antoine era suo padre.<br />
Lui era la prole indifesa di un despota.<br />
Il terrore lo avviluppò quasi fosse stato preso tra le fauci di un<br />
mostro di metallo. Nonostante ciò, Karl si fece avanti, un passo alla
volta. Verso la porta di quel complesso di appartamenti.<br />
Avvicinandosi, sospettava, alla sua fine.<br />
Guadagnò l'accesso passando per la porta che dava sulla strada,<br />
poi passò la porta interna e procedette su per le scale. Dal numero di<br />
cassette per la posta che oltrepassò, dovevano esserci una dozzina di<br />
appartamenti. Non aveva bisogno di un nome. Era chiaro in quale si<br />
trovavano Antoine e Gerlinde. Avrebbe dovuto essere davvero<br />
morto per non sentire l'energia che emettevano.<br />
Al primo piano, alla fine del corridoio in marmo scolorito, c'era<br />
una porta socchiusa, come si era aspettato. Ovviamente era atteso.<br />
Sapevano che era nelle vicinanze come lui sapeva di loro.<br />
Karl raggiunse la porta, la aprì ed entrò nell'appartamento vuoto.<br />
Gerlinde sedeva su una piccola sporgenza in marmo per le piante di<br />
fronte alla finestra. Pensò che sembrava nervosa. I suoi occhi castani<br />
erano luminosi, febbricitanti, e concentrati su di lui. Le mani<br />
stringevano lo spigolo del marmo. Indossava gli abiti con cui l'aveva<br />
vista l'ultima volta, calze nere, e un vestito asimmetrico a maniche<br />
lunghe, il collo inclinato in uno strano modo. Voltò leggermente la<br />
testa, e i corti capelli rossi si mossero dal viso, dal collo, come se lei<br />
volesse mostrargli i segni che aveva sulla gola.<br />
Antoine era dietro di lui. Karl non lo vide ma rimase paralizzato<br />
dall'energia. Era come se la sua schiena fosse premuta contro un<br />
muro, un muro intangibile che però era reale come se fosse d'acciaio.<br />
Lo bloccava, lo teneva dov'era. Disse a se stesso che non aveva<br />
bisogno di voltarsi, ma sapeva di non poterlo fare. Non era da lui<br />
affrontare la bestia. Non ancora.<br />
Poi iniziò un rombo, come se la terra tremasse sotto i suoi piedi.<br />
Era un suono profondo, orribilmente malvagio. Si era forse aperto<br />
un abisso nell'inferno liberando tutte le oscure forze in un regno del<br />
quale non facevano parte?<br />
Poi finì con il riconoscere quel suono, perché l'aveva già sentito.<br />
Antoine stava ridendo. Di lui. Questo fece tremare di terrore Karl,<br />
sottomesso a un potere che era al di là di quello che poteva<br />
affrontare.<br />
Il suono s'interruppe bruscamente, come se una testa fosse stata
appena tagliata con un coltello affilato. Karl sentì Antoine<br />
allontanarsi dall'appartamento, allontanarsi dal corridoio e<br />
dall'edificio. L'energia malvagia svanì com'era comparsa, lasciando<br />
Karl debole e fragile. Ma aveva trovato Gerlinde, e questo gli dava<br />
forza.<br />
Fece un passo verso di lei.<br />
«No!», disse lei dura, stendendo la mano. «Non ti avvicinare a<br />
me».<br />
«Ti ha fatto del male», disse Karl debolmente, sorpreso dal suo<br />
rifiuto, giustificandolo nella propria mente. Antoine aveva<br />
ovviamente abusato di lei. Si mosse in avanti.<br />
Gerlinde balzò in piedi e ringhiò come un animale. «Ho detto,<br />
non ti avvicinare a me!». La sua voce crebbe d'un tono, e il suo viso<br />
divenne quello di un animale davanti ai suoi occhi. Sembrava pronta<br />
ad aggredirlo.<br />
«Va bene. Stai calma. È tutto a posto», disse, tanto per sé quanto<br />
per lei. L'aveva vista alcune volte prepararsi all'attacco, ma mai<br />
contro di lui, e lo innervosì trovarsi dall'altra parte.<br />
Non si sedette, ma non attaccò.<br />
«Se n'è andato», disse Karl, sentendo quanto suonasse vuota<br />
quell'affermazione scontata, ma forse aveva bisogno di essere<br />
rassicurata. «Vieni. Andremo subito all'aeroporto e prenderemo un<br />
volo per Montréal dove stanno aspettando gli altri e...».<br />
«Io non ritorno insieme a te».<br />
«Cosa? Tu... non sei in te. Ti ha usata. So come agisce. Capisco<br />
come ti senti, ma...».<br />
«Tu non capisci nulla di me! Non hai mai capito».<br />
Quello, più d'ogni altra cosa, lo colpì profondamente, come se lei<br />
si fosse servita di un coltello e avesse trovato il bersaglio, il suo<br />
cuore. Comunque, Antoine l'aveva influenzata, questo era chiaro.<br />
Doveva essere vittima del suo incantesimo per dire cose simili.<br />
«So che cosa stai pensando», disse Gerlinde. «Non mi sta<br />
controllando. Io sono venuta da lui. Di mia spontanea volontà. L'ho<br />
cercato».
«No. Lui ti ha chiamata, ma tu non lo sapevi. Si è servito del suo<br />
legame con me, per tracciarti attraverso di me. Lui è molto<br />
potente...».<br />
«Sì, lo è. Ecco perché voglio lui, Karl. Sono stanca di com'è stato<br />
con te, con gli altri. Non siamo una razza fatta per simili<br />
compatibilità. Siamo demoni, spietati, e maggiore è il potere che<br />
otteniamo, più siamo in grado di controllare il nostro destino».<br />
«Gerlinde, questa non sei tu. Non hai mai parlato in questo<br />
modo...».<br />
«Mi sono sempre sentita così, ma tu non hai mai voluto saperne.<br />
Sei sempre stato talmente impegnato a cercare di andare<br />
d'accordo...».<br />
«Tu stessa hai fatto non pochi sforzi conciliatori...».<br />
«Perché era tutto quello che sapevo. Perché tu, David e André<br />
volevate a quel modo. Ma non è come volevo io. Tu acconsenti a<br />
ogni loro desiderio. Be', dove sono i tuoi di desideri? Che cosa<br />
volevi tu?»<br />
«Io volevo te».<br />
«Davvero? Ne dubito».<br />
Adesso si sentiva arrabbiato. Qualsiasi cosa Antoine avesse fatto<br />
poteva essere disfatta, o almeno lo sperava. Ma non aveva<br />
intenzione di lasciar perdere questa cosa. «Tu sai che ti sono<br />
profondamente affezionato...».<br />
«Profondamente affezionato? Dopo quarant'anni insieme? E che<br />
mi dici della parola amore?»<br />
«Io ti amo, questo lo sai...».<br />
«Non essere ridicolo. Siamo incapaci di amare. Tu non puoi<br />
amare me, io non posso amare te. E gli altri, con il loro concetto di<br />
legame si stanno illudendo. Non puoi aprirti a me neppure come fa<br />
un mortale».<br />
«Mi sono aperto a te. Ti ho detto tutto quello che c'è da sapere su<br />
di me».<br />
«Davvero?»
«Senti, è una cosa ridicola. Devi venire con me».<br />
«Io non devo venire con te e non verrò. Non lo capisci, non è<br />
vero? Siamo una specie isolata, lo siamo sempre stati, e sempre lo<br />
saremo. Ci leghiamo insieme per fini egoistici. Stavo con te per la<br />
paura di restare sola. Tu mi hai creata, che scelta avevo?»<br />
«Avevi tutte le scelte del mondo. Tu hai voluto questo. Mi hai<br />
implorato per questo...».<br />
«Ma non sapevo che cosa mi aspettava. Non me l'hai mai<br />
spiegato».<br />
«Ho cercato».<br />
«E hai fallito, Karl. Hai fallito. Stavo insieme a te perché eri il mio<br />
creatore, più forte di me, a causa del sangue. Ma adesso voglio<br />
qualcosa di più. E tu non me la puoi dare».<br />
«Pensi che Antoine sia in grado? Credi che possa amarti?»<br />
«No. Lui ammette di non potermi amare. Almeno è onesto».<br />
Questo lo ridusse al silenzio. Qualunque cosa le avesse fatto<br />
Antoine, le sue parole, parole che non aveva sentito dalle sue labbra<br />
prima di quel momento, in qualche modo suonavano vere. "Tutto<br />
questo non ha senso", disse a se stesso. "È stata ipnotizzata...". Ma<br />
sapeva che non era quello. Non sembrava ipnotizzata. Sembrava più<br />
lucida di quanto non l'avesse mai vista prima.<br />
«Che cosa mi stai dicendo?», disse lui alla fine.<br />
«Ti sto dicendo di andartene. Non voglio venire con te. Puoi<br />
costringermi, ovviamente...».<br />
«Perché dovrei farlo? Che me ne verrebbe?».<br />
Per un istante vide uno sguardo particolare sul volto di lei, che<br />
non riuscì a identificare. Non sapeva se la stava valutando<br />
correttamente, ma pensò che sembrava urtata. Poi, in un istante, i<br />
suoi tratti mutarono, s'irrigidirono, e disse: «Allora va. Ho preso la<br />
mia decisione. Voglio stare con Antoine».<br />
Karl sentì quell'abisso profondo d'inferno sotto i suoi piedi e le<br />
sue gambe tremarono. «Io... sono venuto a salvarti...».<br />
«Ti sembra che io abbia bisogno di essere salvata?»
«Ma... che cosa può offrirti lui? Se non amore, cosa?»<br />
«Mi offre quello che tu non hai mai potuto, quello che mai potrai.<br />
Potere. Adesso, va!».<br />
Ma Karl non riusciva a muoversi. Si sentiva vincolato a quel<br />
posto, con quel baratro nero che s'ingrandiva sotto i suoi piedi. E<br />
mentre restava là, sbalordito, Gerlinde si scostò dalla finestra<br />
dicendo: «Se non puoi lasciarmi tu, ti lascerò io». Lo oltrepassò<br />
dirigendosi verso il corridoio. Sentì le scarpe di lei fare rumore sui<br />
gradini di marmo, la porta aprirsi, la sentì che si allontanava, per la<br />
strada, nella direzione in cui era andato Antoine. Sentì la sua energia<br />
che svaniva. Sotto di lui si era aperta una cavità enorme che si stava<br />
espandendo, circondandolo, fino a quando un nulla corrosivo lo<br />
ricoprì. Si sentì vuoto. I suoi sensi non avvertivano nulla. Non aveva<br />
pensieri, non aveva emozioni. Sospeso nel tempo, questo pensiero<br />
lo colse: "Dunque è così che ci si sente ad essere morti! ".
CAPITOLO 11<br />
Il primo istinto di Karl fu quello di telefonare a casa. Come<br />
qualunque essere alienato, aveva bisogno di un collegamento di<br />
qualche tipo con ciò che gli era familiare, anche solo per non<br />
impazzire.<br />
Da quelle prime ore di stordimento, un dolore si era affacciato,<br />
era cresciuto lentamente come un fungo, divenuto acido tra le<br />
emozioni, divorandolo fino a quando non aveva capito in che cosa<br />
si era trasformato: sofferenza. L'intensità che sentiva svilupparsi<br />
all'orizzonte della psiche lo spaventava. Non sapeva che cosa fare,<br />
dove volgersi. Alla fine si rivolse ai suoi amici.<br />
«Torna a casa, mon ami», disse André.<br />
«Sì, torna. Prendi il prossimo volo», aggiunse David dall'altro<br />
telefono collegato alla linea. «Verremo a prenderti all'aeroporto».<br />
«Che cosa puoi fare in Germania? Nulla. Devi restare qui, al<br />
sicuro. Allora potremo escogitare un piano».<br />
«È troppo pericoloso là fuori, con Antoine alle calcagna».<br />
«Se avesse voluto farmi del male», disse loro Karl con tono piatto,<br />
«sarebbe stato abbastanza semplice».<br />
«Sembra che ti abbia fatto del male», disse David.<br />
Mentre parlavano, Karl si sentì sempre più determinato a non fare<br />
rientro a Montréal. Sapeva che André e David si preoccupavano per<br />
lui. Ne avevano passate così tante insieme e restavano comunque i<br />
suoi leali amici. Ma questa era una situazione che sentiva di non<br />
poter davvero condividere con loro, o con chiunque altro. Si<br />
trattava del suo dolore personale e basta.<br />
«Sappiamo che cosa stai passando», disse David. «Ci siamo passati<br />
entrambi».<br />
Ma non era così. Non proprio. Quello che era successo tra André<br />
e Carol e tra David e Kathy non era stato nulla di simile. Affatto. Lui<br />
e Gerlinde erano stati insieme per quasi mezzo secolo. Sembrava che<br />
lei fosse al suo fianco da sempre, anche se questo non era vero, ma
come avesse fatto a vivere senza di lei prima di incontrarla non lo<br />
sapeva davvero. E come avrebbe potuto continuare adesso che se<br />
n'era andata...<br />
«Siamo stati entrambi rifiutati», disse André.<br />
Ma nessuno di loro aveva patito per qualcosa di così diretto e<br />
definitivo.<br />
«Si tratta di Antoine, davvero». David conosceva Antoine tanto<br />
quanto Karl, se non meglio. Antoine, il mostro furtivo che appariva<br />
dal nulla, distruggeva e svaniva rapidamente nella notte come una<br />
nebbia nera. Una forza talmente malvagia, così svincolata da<br />
qualsiasi legame da sembrare puro potere, anche se solo per la virtù<br />
della sua piena autonomia e totale imprevedibilità.<br />
«La sta manipolando», proseguì David. «Pensa a come ha<br />
controllato Ariel, e Kathy. E me, se è per questo. Di certo ricordi la<br />
notte in cui ti ha preso...».<br />
«Certo che ricordo quella notte», scattò Karl. Si pentì subito di<br />
quel tono. I suoi amici stavano solo tentando di aiutarlo. «Mi<br />
dispiace. Ho i nervi tesi».<br />
«Non c'è da stupirsi», disse André. «Devi tornare a casa».<br />
«Non ho una casa», gli disse Karl, e i due dall'altro capo del<br />
telefono rimasero in silenzio come fossero stati schiaffeggiati a<br />
parole.<br />
David cercò di nuovo, ma parlò piano, in modo che non fosse<br />
facile per Karl interromperlo. «Se pensi alla notte in cui sei stato<br />
trasformato, ti ricorderai, come me, quella sensazione opprimente di<br />
impotenza. Antoine suscita quella sensazione nelle sue vittime, poi se<br />
ne nutre. Lo sai bene come me. Ha influenzato la mente di Gerlinde<br />
in qualche modo, e l'ha fatto per danneggiare te. Vuole che tu sia<br />
indifeso, e questo è l'unico modo per ottenerlo, adesso che sei<br />
distante da lui. Non farlo vincere».<br />
«David ha ragione», disse André. «Antoine sta usando Gerlinde per<br />
arrivare a te. Questo è evidente».<br />
«Non sono uno stupido!», disse Karl. Stava perdendo la calma con<br />
i suoi amici. Doveva riagganciare il telefono e smetterla di torturarli.
Sospirò e Poi disse: «Lo so che mi state dicendo la verità. Ma quali<br />
che siano i motivi reconditi di Antoine, il risultato per me non<br />
cambia: senza di lei, non vedo che motivo ci sia di sopravvivere».<br />
Sentire quelle parole che uscivano dalla sua bocca cristallizzò il<br />
dolore che lo investiva a ondate. Antoine forse stava manipolando<br />
Gerlinde, e lui. Dopotutto, aveva affermato di voler distruggere<br />
molti della loro razza. Ma se era così, allora aveva già vinto. Karl<br />
non poteva combatterlo, questo era chiaro. E Gerlinde era persa, e<br />
questo significava che una parte di lui era scomparsa. Si sentiva come<br />
fosse stato amputato, come se tutti gli arti fossero stati recisi dal suo<br />
corpo e fosse rimasto solo un busto sanguinante ed eternamente<br />
dolente. E inoltre, nonostante tutto questo, si sentiva curiosamente<br />
distaccato, come se il dolore stesse affliggendo qualcun altro. Lo<br />
scienziato che era in lui era impegnato ad analizzare, persino mentre<br />
accadeva, e quella alienazione dalla sua stessa esistenza non faceva<br />
altro che gonfiare la sua disperazione.<br />
"Che cosa sono diventato?" si chiese. "Più di centocinquanta anni<br />
su questo pianeta mi hanno reso simile a una roccia. La parte di me<br />
che morì per mano di Antoine è cresciuta. Dove sono diretto, se non<br />
all'oblio?".<br />
David e André erano impegnati a controbattere le affermazioni<br />
fataliste di Karl, con tutte le argomentazioni che avrebbe sollevato<br />
Karl e che aveva creato con loro nel corso degli anni. Ma le loro<br />
parole non riuscivano ad alleviare la sua sofferenza. Sospettava che<br />
nulla sarebbe riuscito a farlo.<br />
A un certo punto giunse al telefono Morianna, mentre Julien e<br />
Michel erano agli altri apparecchi. «Il tempo guarirà quella ferita»,<br />
disse Morianna debolmente, con una voce senza entusiasmo alle<br />
orecchie di Karl. Sembrava scontata, come un qualsiasi mortale che<br />
non sapesse cosa dire a una persona cui era stata diagnosticata una<br />
malattia terminale. E lui non l'aveva mai percepita come banale<br />
prima di allora.<br />
Julien non disse nulla.<br />
Il tono scosso di Michel filtrò dalle sue parole. «Devi tornare. Ti<br />
prego, Karl. Troveremo un modo per portare indietro Gerlinde, tutti<br />
insieme. Ma adesso sei solo là fuori. Ti prego».
L'affetto del ragazzo per lui fece breccia, e quelle furono le prime<br />
parole che scalfirono la sua armatura di agonia. Ma in fin dei conti<br />
Karl sapeva che tornare a Montréal sarebbe stato come finire in<br />
coma. «Non posso tornare. Non ora».<br />
«Ma Antoine ti traccerà...».<br />
«È sempre stato in grado di farlo. Se avesse voluto distruggermi,<br />
avrebbe potuto farlo tante, tante volte».<br />
«Il suo piano è più infido», disse Julien. Il tono di quello che<br />
diceva l'anziano di solito andava dritto in profondità, e Karl fu<br />
costretto ad ascoltare. «Come ci dice uno scrittore mortale, il cuore è<br />
davvero un cacciatore solitario. Faresti meglio a ricordarlo e a<br />
ricordare le parole che Morianna ha detto prima che tu partissi».<br />
«Riguardo la fase della morte? Be', se quello è il mio destino non<br />
c'è nulla da fare. E sembra che adesso io possa solo entrarvi e vedere<br />
dove conduce».<br />
«Ma noi possiamo aiutarti», disse Michel, cercando, sforzandosi,<br />
aggrappandosi alla speranza per quanto questa potesse essere fragile,<br />
come fanno i giovani, e questo smosse Karl. Se c'era qualcuno in<br />
grado di allontanarlo dalla sua rotta, quello era Michel.<br />
«Forse la comunità mi può aiutare», disse Karl, «ma non adesso.<br />
Ora ho bisogno di restare solo».<br />
Per oltre due ore, parlò con tutti loro. La preoccupazione era<br />
tangibile. Ciononostante nulla lo smuoveva dal suo intento perché<br />
non poteva essere smosso. Era schiacciato dalla disperazione. Non<br />
poteva stare insieme a loro. Non aveva nulla da offrire e non era in<br />
grado di ricevere. Se restare da solo voleva dire che Antoine<br />
l'avrebbe ucciso, o che si sarebbe distrutto da sé nella fase della<br />
morte, allora si sarebbe piegato, sperando di farlo con grazia, al suo<br />
destino. Forse quella era l'unica cosa che era in grado di controllare.<br />
Quando Karl ebbe riagganciato, sapeva dov'era diretto. Non<br />
verso Gerlinde, che sentiva aver lasciato Düsseldorf. La tracciò a<br />
nord-est, verso Hannover. Non poteva tracciare Antoine,<br />
ovviamente, ma riteneva fossero insieme. Hannover. Un'altra città<br />
tedesca che aveva prodotto un "vampiro" umano, pensò con<br />
sarcasmo e amarezza Karl. Forse dopotutto Antoine possedeva un
certo senso dell'umorismo.<br />
Non poteva seguirli. Che senso avrebbe avuto? Gerlinde poteva<br />
essere vittima di un incantesimo o meno, ma Antoine lo surclassava<br />
di parecchio. Come poteva combattere il suo creatore? Be', avrebbe<br />
potuto, ma sarebbe morto all'istante. Combattendo e morendo per<br />
la donna che amava, attratto dal romanticismo sopito in lui, ma<br />
quello era solo un sogno ad occhi aperti. In realtà si sarebbe trattato<br />
di una morte orribile. Antoine l'avrebbe fatto a pezzi, e Karl<br />
probabilmente sarebbe stato costretto a implorare pietà. Non era<br />
una fine che avrebbe voluto divenisse il suo testamento. E nella sua<br />
mente aveva un'immagine nitida di Gerlinde che sghignazzava di<br />
fronte a una simile fine.<br />
No, se l'esistenza non era possibile, l'unico elemento sul quale<br />
avrebbe potuto esercitare ancora il controllo era la sua stessa morte.<br />
Quando e come sarebbe morto. Antoine avrebbe potuto attaccarlo,<br />
ma ne dubitava. Come aveva detto e pensato, c'erano state troppe<br />
occasioni. E ad Antoine piacevano le sfide. Karl non era un<br />
avversario adeguato. Antoine conosceva i suoi figli, e aveva<br />
compreso che Karl, se lasciato a se stesso, si sarebbe ucciso.<br />
Fare il gioco di Antoine era un'opzione che non allettava Karl, ma<br />
qual era l'alternativa? Non sembravano essercene. Questo padre<br />
onnipotente poteva fare e disfare a suo piacimento. E aveva fatto<br />
entrambe le cose.<br />
Col cuore oppresso, Karl prese un treno diretto verso sud, a<br />
Oberwesel. Quale posto migliore per morire se non il luogo dov'era<br />
nato?
CAPITOLO 12<br />
Mentre il treno locale sbuffava lungo la valle del Reno, facendo<br />
brevi soste nei paesini lungo la strada dove i passeggeri salivano e<br />
scendevano - Porz; Bad Honnef - e poi Bonn, una città bassa con<br />
alte chiese e aree industriali; indaffarata, pulita ed efficiente. Mentre<br />
sollevava lo sguardo verso le dozzine di castelli medievali collocati<br />
sulla cima delle montagne lungo la pittoresca via, mentre il profumo<br />
della terra fertile e familiare gli riempiva le narici, e i volti delle<br />
persone sul treno, così simili a quelli dei loro predecessori<br />
cominciavano a stamparsi nella sua mente e a sovrapporsi ai ricordi,<br />
Karl cominciò a sentire di essere arrivato a casa.<br />
Il fiume Reno curvava in mezzo alle montagne. I pendii erano<br />
cosparsi di vigneti divisi in quadrati sulla terra delle uve bianche che<br />
produceva l'amato vino del Reno con cui Karl era cresciuto. Questa<br />
terra l'aveva foggiato.<br />
Il treno fischiò, e a lui parve inutilmente: a quell'ora della notte<br />
non avrebbe dovuto esserci traffico sui binari, né i treni<br />
internazionali ad alta velocità che non fermavano in queste piccole<br />
stazioni, né quelli trasportavano merci da nord a sud. Questo<br />
semplice treno in legno, realizzato con tanto narcisismo, era<br />
composto da due vagoni e dalla motrice. Era stato costruito negli<br />
anni Trenta, durante il periodo della guerra, ed era simile a quelli in<br />
miniatura che correvano intorno agli alberi di Natale.<br />
Il treno percorse un'ampia curva. Quella sera il fiume era basso e,<br />
più avanti, Karl riuscì a intravedere la punta di Lorelei, la formazione<br />
rocciosa sotto le acque che, come le sirene della mitologia greca,<br />
avevano allettato così tanti marinai facendoli naufragare quando<br />
quel corso d'acqua era stato l'unica via tra il Nord e il Sud. Heinrich<br />
Heine era un contemporaneo di Karl, e gli vennero in mente le<br />
parole del suo famoso poema:<br />
C'è seduta ben diritta nella luce una vergine così bella, pura: i suoi<br />
gioielli splendono luminosi e lei pettina i suoi capelli clorati e lucenti.<br />
Il suo pettine è dell'oro più prezioso, si pettina e canta così
dolcemente ammaliando i pescatori giovani e vecchi i cui cuori<br />
iniziano a vibrare e pulsare.<br />
C'è un uomo in questa barca sul fiume, non può fare a meno di<br />
ascoltare e guardare, un desiderio lo fa vibrare, attento alle rocce<br />
che affiorano, oh attento!<br />
Temo vi sia stato un impatto: la barca affonda. L'uomo sarà<br />
inghiottito e perduto, e questo col suo canto melodioso avrà causato<br />
la Lorelei.<br />
Non era il più bel poema che fosse stato scritto, ma le parole<br />
colpirono Karl dritto al cuore. Sì, lui era l'uomo sulla barca, che<br />
ascoltava, fissava, desiderava... e che si dirigeva verso la propria<br />
morte.<br />
All'improvviso avvistò la piccola città di Oberwesel. Casa.<br />
Era cambiata e no, dalla sua infanzia. Oberwesel per lui ancora<br />
era soltanto un villaggio che non si era modificato da quando era<br />
nato nel 1820 e, sospettò, non era cambiato molto nemmeno nei<br />
cinque secoli precedenti. I suoi occhi ispezionarono selettivamente<br />
quello che non si sovrapponeva con precisione ai suoi ricordi.<br />
Quello che vedeva non era la Oberwesel odierna, bensì quella del<br />
suo passato.<br />
Era stata più piccola, ovviamente. Tutti questi paesi e queste città<br />
lo erano stati. Quello stesso viaggio lungo il Reno avrebbe richiesto<br />
forse una settimana o più. Allora non vi erano strade, e sentieri<br />
appena battuti da paese a paese. Il fiume era la fonte di vita. Non vi<br />
erano imbarcazioni di diporto sparse su quelle acque, ma solo<br />
mercantili che si affidavano al vento per gonfiare le vele. E se non<br />
c'era vento, dei cavalli sulla terraferma le tiravano con delle corde in<br />
modo che potessero attraccare. Queste imbarcazioni giungevano<br />
sporadicamente, principalmente caricavano e scaricavano prodotti<br />
per le proprietà più isolate. A quel tempo c'era poco bisogno di<br />
spostarsi, e la gente non viaggiava.
Vide davanti a sé ricordi che si trasformavano nella realtà -<br />
ricordò der Mauseturm - la Torre del Topo - e la Torre del Gatto, e<br />
quell'altra - sì, la Torre del Bue - tutte quante in piedi dal Medioevo,<br />
adesso illuminate nottetempo grazie all'elettricità: ai suoi tempi il<br />
medesimo effetto si otteneva per mezzo delle candele, dei fuochi di<br />
segnalazione sulle acque scure e turbinose del fiume. Le torri si<br />
trovavano nella parte vecchia della città, che, quando era un<br />
ragazzo, rappresentava il paese intero. Allora, Oberwesel constava<br />
forse di un centinaio di case - la popolazione non superava i mille<br />
abitanti - la cattedrale, la Chiesa di Nostra Signora, vicino al porto, e<br />
San Martino più nell'entroterra, i monasteri, e a torreggiare sopra<br />
ogni altra cosa sulla cima della collina più elevata, die Schònburg.<br />
Grazie alla luce della luna, Karl vide i mattoni rossi dell'ala<br />
ricostruita, in evidente contrasto con le pietre originali grigiomarrone<br />
della massiccia fortezza. Una stravaganza architettonica in<br />
voga per quel tipo di restauro. Molti castelli lungo il Reno erano<br />
stati ristrutturati, e ce n'erano un centinaio. Non era una cosa<br />
esteticamente piacevole, ma almeno, pensò Karl, era chiaro a tutti<br />
cosa era originale e cosa invece no.<br />
Il castello di Schònburg era sempre stato là, o così sembrava. La<br />
costruzione era cominciata mille anni prima, accresciuta dai molti<br />
principi guerrieri che avevano vissuto in quel posto. La proprietà era<br />
stata oggetto di dispute nel corso dei secoli. Dalla stazione Karl<br />
chiamò uno dei due taxi del paese e disse al conducente di portarlo<br />
al Castello Schònburg. Se durante quel secolo e mezzo di esistenza<br />
aveva imparato qualcosa, era che i ricchi potevano permettersi di<br />
essere eccentrici. Tutti se lo aspettavano. Era molto più semplice<br />
chiedere che la sua stanza fosse pulita dopo le otto di sera là, dove<br />
pagava per un servizio particolare, che in una locanda, dove la sua<br />
richiesta sarebbe stata ignorata per quanto avesse potuto pagare.<br />
Il taxi alla fine giunse alla stazione e il conducente, una matrona,<br />
con l'abituale «Guten Abend!» lo condusse lungo la tortuosa<br />
autostrada che s'inerpicava lungo la montagna. Cercò di coinvolgerlo<br />
in una conversazione, ma Karl resistette al tentativo. Ai suoi tempi<br />
Oberwesel era stata piccola. Lo era ancora. Lui era uno straniero che<br />
arrivava nel bel mezzo della notte. La notizia del suo arrivo, la sua<br />
descrizione, e tutto il suo contrario sarebbe stato macinato nel
mulino dei pettegolezzi. Per l'ora di pranzo, l'intera città avrebbe<br />
saputo che lui era là.<br />
Era stato lo stesso durante la giovinezza. Ogni suo movimento era<br />
stato alla mercè di tutti. Poteva uscire la sera, e al mattino suo<br />
nonno gli avrebbe detto dove era stato, con chi e di che cosa<br />
avevano parlato, nel dettaglio. Qualcuno avrebbe visto questo,<br />
qualcun altro sentito quello, un terzo notato quest'altro ancora. La<br />
vita del piccolo paese. Nessuna meraviglia che i non morti<br />
preferissero le grandi città! L'anonimato ha i suoi vantaggi.<br />
Appena sopra di loro, sempre più vicino, c'era un enorme muro<br />
di cinta, una di quelle immense strutture difensive che Karl aveva<br />
visto spesso in Germania. All'interno delle mura erano presenti<br />
cinque bastioni, oltre alla vecchia cappella. Alla fine giunsero a un<br />
belvedere fatto con assi di legno e il taxi non poté procedere oltre.<br />
Di là proseguì a piedi su per la salita di ciottoli, sul ponte levatoio<br />
che scavalcava il fossato, nel cortile. Più avanti c'era un ingresso ad<br />
arco appuntito, mentre alle sue spalle c'era l'enorme ingresso in<br />
pietra e ferro per la torre. Nonostante il vento freddo che<br />
imperversava tutto intorno a lui e fin su tra le nuvole, si fermò un<br />
istante per osservare il castello da quel cortile.<br />
Karl, come ogni altro ragazzo di quel tempo, aveva appreso la<br />
storia del castello in gioventù. Un tempo Oberwesel, mille anni<br />
prima, era stata un accampamento romano, chiamato Voslivia o<br />
Ficelia: non riusciva a ricordare con esattezza. Dagli scavi eseguiti<br />
nella cittadina negli anni precedenti la sua epoca e da quello che<br />
aveva letto del periodo sul «National Geographic», avevano portato<br />
alla luce i resti delle ville romane, con colonne, condutture per<br />
l'acqua, pozzi e pavimenti. Il castello stesso poteva essere servito<br />
come torre di guardia. Dopotutto, quella posizione vantaggiosa era<br />
la migliore lungo il Reno, e la collocazione di quella fortezza<br />
l'avrebbe resa facile da difendere.<br />
Gli schiavi avevano costruito il castello tra il 966 e il 1166. La<br />
famiglia Schònburg era originaria di Oberwesel - Karl era un lontano<br />
discendente come, sospettava, molti degli abitanti del paese. Sopra<br />
l'ingresso notò uno scudo - le armi della casata, concesse a un<br />
cavaliere di Schònburg da Carlo Magno nel 744 come ricompensa
per il coraggio dimostrato in battaglia e specialmente per aver<br />
salvato la vita del re.<br />
C'erano stati molti intrighi nei secoli. Il Conte Palatino si diceva<br />
avesse tenuto prigioniero nei sotterranei il suo rivale Otto di<br />
Rheineck, e alla fine l'avesse strangolato là. Abbondavano i racconti<br />
di spionaggio e cospirazioni politiche. Una complessa macchinazione<br />
aveva portato a uno scontro diretto tra l'allora imperatore e il papa.<br />
Le promesse erano state infrante, e la cosa aveva fatto sì che la<br />
proprietà venisse contesa agli Schònburg, benché alla famiglia fosse<br />
stato concesso di rimanervi ad abitare. La Libera Città Imperiale di<br />
Oberwesel improvvisamente si era trasformata in un feudo, e di<br />
conseguenza vi furono diversi signori. A un certo punto, il castello fu<br />
diviso in tre parti, e ciascuna di queste appartenne a un diverso clan<br />
della famiglia Schònburg. In quella spaziosa struttura forse erano<br />
arrivate ad abitare 250 persone contemporaneamente.<br />
Si guardò intorno. Quelle spesse mura avevano resistito per secoli.<br />
Quali segreti conoscevano! Le due torri circolari da quella parte -<br />
una era crollata nel 1880 - erano impressionanti. Sapeva che ce<br />
n'erano altre dall'altra parte poiché da ragazzo aveva giocato nella<br />
foresta di quella montagna. Il cortile presentava armi in ghisa che<br />
puntavano a est verso il fiume, e un cumulo di palle pietra, che<br />
erano state usate nelle catapulte, pronte per essere scagliate contro i<br />
vascelli nemici. Le principali battaglie che si erano tenute in quel<br />
posto avevano causato dei danni. Federico II; gli spagnoli nel 1632;<br />
gli svedesi nel 1639; i francesi nel 1646: non vi era modo di<br />
determinare chi avesse lasciato quale segno. Karl ricordò la<br />
descrizione delle rovine del castello Schònburg fatta da Victor Hugo<br />
e rise: «Uno dei cumuli di macerie più venerabili di tutta l'Europa».<br />
Nel 1820, anno di nascita di Karl, non c'erano più Schònburg nel<br />
castello in rovina. Ma il loro testamento rimaneva. Karl ricordò di<br />
aver letto in gioventù il Dialogus miraculorum di Càsarius von<br />
Heisterbach, un cronista del tardo dodicesimo secolo e della prima<br />
parte del seguente. In quell'opera, erano evidenti le costanti dispute<br />
tra gli abitanti del paese e i Schònburg. Come sempre, pensò<br />
divertito Karl, in tali situazioni erano i popolani a perdere. Uno degli<br />
Schònburg aveva cercato di ricattare alcuni cittadini di Oberwesel. Se<br />
i suddetti cittadini si fossero nascosti, Otto Schònburg ne avrebbe
maltrattato le mogli e i figli. Gli Schònburg si erano serviti della loro<br />
posizione nella chiesa e nel governo per rafforzarsi, e avevano<br />
contribuito alla colonizzazione dell'Est nel dodicesimo secolo,<br />
specialmente nelle regioni della Sassonia... perlomeno godevano di<br />
una buona reputazione al di fuori della loro regione. Ma all'interno<br />
di questa abbondavano i tradimenti, ed era sentimento comune che<br />
il saccheggio della città per mano dei francesi nella metà del 1600<br />
non fosse avvenuto per caso. E aveva lasciato la città e il castello in<br />
rovina. Oberwesel non si era ripresa in fretta, e il ricordo perdurò a<br />
lungo. Karl sospettò che il nome Schònburg fosse ancora non molto<br />
gradito dai locali.<br />
Sapeva più della storia che non del restauro. Sperava di poter<br />
scoprire qualche informazione in proposito una volta preso alloggio.<br />
Entrò dall'ingresso in pietra, su per i gradini in pietra, e giunse<br />
immediatamente a una piccola reception dietro un vetro. Da un CD<br />
in sottofondo proveniva a basso volume il Canone di Händel. Un<br />
vecchio gentiluomo lo accolse formalmente, alla maniera tedesca.<br />
«Quanto si tratterrà?», chiese.<br />
«Non ne sono ancora sicuro».<br />
La sua carta American Express Gold fu fatta scivolare nell'apposito<br />
apparecchio. A Karl fu chiesto quale preferisse tra le diverse<br />
possibilità di alloggio, alcune delle quali includevano la colazione,<br />
altre la cena. Declinò tutte, facendo solo alcune richieste riguardo la<br />
pulizia della stanza. «Io scrivo la sera e dormo di giorno», spiegò.<br />
«Ah, lei è uno scrittore!», disse l'albergatore, dandosi un tono. «Io<br />
leggo. Narrativa?»<br />
«Saggi. Sto scrivendo un libro sui castelli della Germania». Quella<br />
cosa sapeva gli avrebbe fornito uno status particolare, e il direttore si<br />
sarebbe sincerato che non fosse disturbato durante il giorno.<br />
Una ragazza vietnamita apparve per mostrargli la sua stanza.<br />
"Come sono cambiati i tempi", pensò tra sé. "Il mondo è davvero un<br />
villaggio globale".<br />
Il minuscolo ascensore salì piano su per la torre, mentre la ragazza<br />
sorridente parlava cordialmente delle apparecchiature disponibili,<br />
dell'orario al quale venivano servite la cena e la colazione, della città
giù dalla collina e di cosa aveva da offrire. Ripeté più volte che se<br />
avesse avuto bisogno di qualsiasi cosa avrebbe potuto chiamare<br />
senza indugio la reception.<br />
Quando l'ascensore si fu fermato lo condusse, attraverso un<br />
corridoio stretto e inclinato pieno di manufatti del passato, a una<br />
porta: la stanza numero 23, che, per coincidenza, si trattava del<br />
numero dell'esagramma tirato da Wing.<br />
Mentre la ragazza parlava, aprì la porta e lo invitò a entrare. La<br />
stanza era arredata sfarzosamente. Un grande e antico letto di legno<br />
scuro, una scrivania di noce con la riproduzione di una penna antica,<br />
una vecchia radio e mezza dozzina di libri di storia della regione. Le<br />
staffe di ferro per le tende che si ripiegavano l'una sull'altra e che<br />
avevano pesanti tende di velluto rosso come stendardi ornavano le<br />
finestre munite di grate di piombo: il tutto molto medievale, pensò.<br />
C'era una bottiglia gelata di vino del Reno, un decanter per il porto,<br />
bicchieri di cristallo, una coppa con della frutta, un coltello per<br />
sbucciare e un piatto su un tavolino rotondo. Lussuose poltrone di<br />
velluto e un divano. Cotte d'armi e affreschi di vita campestre sulla<br />
tappezzeria dal minuscolo motivo floreale. Un vaso di fiori freschi.<br />
Cioccolata sui guanciali. Gerlinde l'avrebbe adorato. L'avrebbe<br />
detestato. Avrebbe riso deliziata.<br />
Ma lui non l'avrebbe mai più sentita ridere, tranne nei suoi<br />
ricordi. E sapeva che anche lui non avrebbe più riso. O pianto. La<br />
speranza era stata strappata via da lui, lasciando un cuore simile a<br />
una delle pietre che formavano le mura esterne di quella fortezza.<br />
Come aveva detto G. K. Chesterton? L'uomo folle non è quello che<br />
ha perduto la ragione, ma quello che ha perduto tutto tranne la<br />
ragione.<br />
Si sedette e fissò fuori dalla finestra aperta per un momento, le<br />
acque sottostanti, la luna sospesa in un cielo terso e pieno di stelle e<br />
alla fine prese uno dei libri. Narrava la storia di un certo Herr<br />
Rhinelander, un americano di origine tedesca: i suoi predecessori<br />
l'avevano chiamato dall'altra parte del Reno. Sul finire del<br />
diciannovesimo secolo, Rhinelander aveva acquistato il castello e<br />
speso milioni di marchi d'oro per riportare la struttura alla gloria<br />
originaria, ricreandone l'aspetto grazie a vecchi dipinti e incisioni.
Nel 1950 suo figlio aveva venduto il castello alla città. Adesso era<br />
nuovamente proprietà di un privato, e ospitava un hotel di prima<br />
classe.<br />
Cambiamento. La vita è cambiamento, dicono tutti. Ma come<br />
poteva accettare il cambiamento quando questo significava soltanto<br />
dolore per lui? Il castello era sempre stato nella sua vita, nel suo<br />
sangue. Era un posto buono come un altro per morire.<br />
Chiuse il libro e decise di fare una passeggiata. L'aria notturna era<br />
gelida, e lui indossava una giacca pesante, per sviare i sospetti, anche<br />
se il freddo non aveva effetto su di lui. Si sentiva affamato e nello<br />
stesso tempo inappetente, come un mortale troppo depresso per<br />
preoccuparsi del cibo.<br />
Invece che prendere la strada pavimentata, salì lungo una delle<br />
mura e seguì un sentiero che conduceva nel bosco del quale si era<br />
servito tante volte nei suoi primi anni. Il sentiero non era ostruito<br />
dalla vegetazione, e questo voleva dire che i ragazzini continuavano<br />
a usarlo. Perlomeno certe cose non erano cambiate.<br />
Gerlinde non era mai stata a Oberwesel. Be', era stata colpa di<br />
Karl. Lui non aveva mai desiderato veramente tornare. Come tanti<br />
uomini che si sforzano di tagliare i ponti con le proprie radici, lui<br />
aveva avuto i suoi motivi e alcuni di essi riguardavano dei ricordi<br />
sbiaditi. Forse avrebbe dovuto essere più aperto con lei, come aveva<br />
detto Gerlinde. Lui pensava di essersi aperto, riguardo il suo passato,<br />
i suoi sentimenti. Apparentemente non era stato così. O forse non<br />
importava.<br />
Oberwesel am Rhine gli apparve come era sempre stato il paese<br />
di notte. Strade strette e leggermente tortuose ammantate<br />
dall'oscurità. Non un solo negozio era aperto sulla strada principale,<br />
ovviamente... era mezzanotte. Persino i bierlokals erano ben chiusi,<br />
anche se lui non poteva bere birra.<br />
La cittadina era piena di tradizionali dimore tedesche, tetti<br />
spioventi, e grate dal primo piano in su. Vicino all'Haupstadt c'era<br />
l'enorme pressa per il vino, fatta con robuste assi di quercia che era<br />
sopravvissuta per tre secoli. Suo padre, come avevano fatto molti<br />
degli uomini di Oberwesel, pigiava l'uva lì.
Vagò per le stradine residenziali su verso il monastero, ora in<br />
rovina. Quello che ne rimaneva era stato trasformato in<br />
appartamenti molto chic, cosa che lo sorprese. E riconobbe una<br />
verità su se stesso: benché sapesse che avvenivano dei cambiamenti,<br />
non era mai pronto ad affrontarli.<br />
La parte più vecchia della città lo richiamò. Salì su per la<br />
Katzenturm verso il punto più elevato: l'aveva fatto così spesso da<br />
ragazzo. Questa torre offriva una bella vista di Oberwesel e del<br />
fiume. Non era in alto come il castello, ma regalava una prospettiva<br />
più umana. Umana, pensò. "Sto vedendo tutto questo come un<br />
essere umano, un mortale". E ovviamente si rese conto che vedeva<br />
tutto attraverso la lente del passato.<br />
C'era un'altra torre lungo la sponda del fiume, e lui la raggiunse<br />
per scoprire una minuscola chiesa, nella quale entrò. Era trascorso<br />
parecchio tempo da quando era stato in una chiesa. Questa era<br />
abbastanza semplice, anche se su entrambe le pareti laterali vi erano<br />
degli elaborati affreschi in cornice, opere che risalivano almeno alla<br />
sua era, dato che riconobbe lo stile. Quella chiesa non c'era prima.<br />
Il rumore di una porta gli fece capire che qualcuno stava<br />
arrivando. Non desiderava compagnia in quel momento, e se ne<br />
andò prima che giungesse il sacerdote ad ascoltare la sua<br />
confessione.<br />
Mentre percorreva rapidamente i gradini di pietra e legno, si<br />
chiese come sarebbe stato confessarsi. Confessare di aver preso ogni<br />
notte il sangue di un mortale per centocinquanta anni. Più di 50.000<br />
mortali l'avevano nutrito. Non ne aveva mai ucciso uno - sempre<br />
che la trasformazione di Gerlinde non contasse come uccisione - e<br />
forse questo l'avrebbe in qualche modo scusato. Oppure no. In<br />
confronto, gli altri suoi peccati impallidivano. Aveva condotto a<br />
quell'esistenza un altro essere umano. C'erano alcuni peccati che non<br />
era possibile espiare.<br />
Camminò su per la collina verso la chiesa di San Martino, una<br />
chiesa già vecchia quando lui era ragazzo. La chiesa che aveva<br />
frequentato insieme alla sua famiglia. Dove i suoi genitori, i suoi<br />
nonni e quelli che erano venuti prima erano stati sepolti. Dove si<br />
aspettava di trovare i suoi fratelli insieme ai loro figli. Dove lo
attendeva un posto in mezzo alla sua famiglia.<br />
Una volta trasformato, non c'era più stato bisogno di tornare a<br />
casa. Desiderava vedere la sua famiglia, ma sapeva che questo<br />
avrebbe creato una situazione impossibile. Lui non era invecchiato,<br />
loro sì. Non poteva resistere alla luce del sole. Avrebbe potuto bere<br />
soltanto sangue. E la sua famiglia, insieme agli abitanti del paese,<br />
sarebbe diventata ben presto la sua dispensa: non poteva sopportare<br />
quel pensiero.<br />
Ma continuò a sorvegliarne i movimenti, fino a quando i suoi<br />
genitori morirono. Sua madre non superò mai il fatto che il suo figlio<br />
preferito fosse scomparso. Lui sapeva che dovevano aver sofferto<br />
terribilmente, e per questo si sentiva colpevole. Se avesse dovuto<br />
fare tutto nuovamente, avrebbe potuto inscenare la propria "morte",<br />
farsi riportare al villaggio, seppellire nel cimitero in mezzo a tutta la<br />
famiglia dando così ai suoi genitori la possibilità di compiangerlo e<br />
poi riprendersi.<br />
Ma non era stato in grado di pensare con chiarezza per diversi<br />
anni dopo la trasformazione. Aveva avuto abbastanza difficoltà a<br />
gestire i suoi appetiti e a trovare sangue ogni notte senza mettersi nei<br />
guai. Poi c'erano stati gli effetti devastanti dell'imminente luce del<br />
giorno, e di come si sentiva confuso prima dell'alba, certe volte per<br />
alcuni minuti, certe volte per delle ore, senza che potesse saperlo<br />
prima. E l'isolamento, l'essere del tutto separato da ogni contatto<br />
con gli esseri umani. Gli erano stati necessari degli anni per rendersi<br />
conto della finalità dei suoi poteri. Mentre i suoi genitori erano<br />
ancora in vita, non era stato in grado di organizzare nessun piano<br />
elaborato per evitare loro di soffrire.<br />
Dietro la chiesa c'era il cimitero. Oltrepassò la bassa cancellata di<br />
ferro ed entrò nel camposanto, con le lapidi illuminate dalla luna.<br />
Quelle lapidi erano così recenti! Dov'erano tutte le lapidi erose dal<br />
tempo che avrebbero dovuto essere là? Terrorizzato, confuso, lesse<br />
le iscrizioni: nulla del secolo precedente. Dov'erano stati portati i<br />
morti delia sua epoca? I ricchi, i sacerdoti e i martiri erano sepolti in<br />
grandi sarcofaghi di pietra all'interno delle chiese, o sotto i<br />
pavimenti. Ma le persone normali avevano delle tombe. I suoi<br />
genitori, i suoi fratelli, erano stati sepolti lì, in quell'angolo vicino ai
oschi, ma dov'erano adesso? La loro assenza gli fece provare un<br />
brivido, che lo fece sentire ancora più isolato di quanto non si<br />
sentisse già.<br />
Scioccato, si ricordò improvvisamente che i loculi non duravano<br />
per sempre. Il terreno veniva riutilizzato, e il termine usuale era<br />
quello di cento anni. I morti scompaiono, realizzò. Fisicamente si<br />
disintegrano in polvere. Rimangono solo come ricordo nella mente<br />
di quelli che li conoscevano, e quando queste menti muoiono e si<br />
disintegrano, i morti non sono più ricordati. Anche i morti muoiono.<br />
«Guten Abend. È una notte splendida».<br />
Karl si voltò di scatto. Alle sue spalle c'era un prete, vestito di<br />
nero, immobile. Come mai non si era accorto di quel mortale che si<br />
avvicinava?<br />
«È molto tranquillo qui. Spesso vago per il camposanto a notte<br />
fonda. Conduce i miei pensieri in un regno più spirituale».<br />
«Sì», balbettò Karl, «è una cosa che comprendo. Mi scuso se ho<br />
disturbato le sue meditazioni».<br />
«Oh no, sono io che l'ho disturbata. O forse ci siamo disturbati a<br />
vicenda, e questo potrebbe essere successo per una buona ragione.<br />
Io... sento che lei è angosciato. Venga nella chiesa dove fa caldo.<br />
Potremmo bere del vino».<br />
Karl era ancora confuso. Come aveva fatto a non accorgersi che si<br />
stava avvicinando? Forse a causa di quella confusione si ritrovò a<br />
seguire passivamente il parroco all'interno di San Martino.<br />
Non era più entrato in quella chiesa dal 1844, l'anno prima che<br />
Antoine lo costringesse a quella vita empia. Gli odori erano gli stessi.<br />
Un edificio così antico, che risaliva al 1400, portava addosso il<br />
tempo come un profumo. Le bianche mura e le colonne erano le tele<br />
del Medioevo. C'erano dei dipinti realizzati direttamente sulle pareti:<br />
le opere con il tempo si erano sbiadite. Tanto per cominciare, i<br />
colori dei primitivi pigmenti erano mutati. Li ricordava così bene: la<br />
natività; la crocifissione; l'ascensione; lo stesso San Martino che<br />
tagliava del tessuto dal suo mantello per vestire un povero uomo<br />
minorato. Nella sua mente Karl era ancora in grado di sentire la<br />
litania, il profumo dell'incenso; gli sovvennero le parole di una
preghiera, la richiesta della pace.<br />
Seguì il sacerdote lungo la navata centrale verso l'altare, ma poi<br />
proseguirono verso una porta sul muro laterale. Il sacerdote aprì la<br />
porta e lo condusse in una piccola stanza quasi vuota. Travi di legno<br />
sul soffitto, finestre a battenti di piombo, mobili scuri e massicci, un<br />
piccolo altare con l'inginocchiatoio, e uno spazio dove il sacerdote si<br />
vestiva per le cerimonie; il suo abito civile su un attaccapanni<br />
pendeva da una gruccia, e questa concessione alla modernità fece<br />
sorridere Karl.<br />
Il sacerdote fece un cenno, e Karl si sedette su una solida panca a<br />
un tavolo parimenti solido, mentre osservava il suo ospite versare<br />
vino bianco da un decanter di vetro in coppe di metallo con<br />
ornamenti a spirale che terminavano in una croce. Karl si chiese se<br />
venissero usati per le cerimonie, ma ne dubitava.<br />
Quando l'uomo si fu seduto, Karl comprese all'improvviso che era<br />
cieco. Sotto il bagliore dell'elettricità, era chiaro che si trattava di un<br />
giovane sui trent'anni. La pelle del viso delicata e pallida formava dei<br />
tratti gentili, come se il suo handicap l'avesse elevato anziché<br />
incupirlo. I suoi occhi azzurri fissavano dritti in avanti, nella<br />
direzione di Karl, apparentemente privi di qualsiasi emozione.<br />
Per un istante sedettero in silenzio, poi il prete disse: «Lei ha una<br />
storia da raccontare. Io sono un buon ascoltatore».<br />
Non era mai passato per la mente di Karl di dover parlare con un<br />
estraneo. In tutti gli anni durante i quali aveva vissuto, non era stato<br />
meno che circospetto. Ciononostante il volto schietto di quell'uomo,<br />
il suo interesse incero, e il fatto che fossero là insieme, quella notte,<br />
quando Karl si sentiva sprofondare dalle circostanze...<br />
Nella sua vita mortale era stato credente. L'anno prima della<br />
trasformazione, Karl aveva sentito Karl Marx leggere un documento<br />
in cui si diceva che la religione era l'oppio dei popoli. Nel 1844<br />
quelle erano parole eretiche. Non avevano fatto vacillare il suo<br />
credo religioso: non ce n'era bisogno.<br />
Da quando Antoine l'aveva trasformato, però, spesso aveva<br />
dubitato dell'esistenza di Dio. Era una cosa abbastanza naturale. Ma<br />
non era mai giunto al confronto diretto con le sue credenze. Nutriva
sempre un rispetto fondamentale per la teologia. E come non<br />
avrebbe potuto? Teologia e filosofia erano gemelle.<br />
«Vedo un futuro triste davanti a me», disse all'improvviso,<br />
sentendosi abbastanza cosciente del fatto di aver parlato con molta<br />
franchezza a un estraneo, per giunta mortale.<br />
Il prete rispose limitandosi a un cenno del capo.<br />
«E la mia storia potrebbe sembrare inventata», lo avvertì Karl, «ma<br />
non saprei come raccontarla altrimenti, se non attenendomi alla<br />
verità».<br />
«La dica nel modo che le è più congeniale», disse il sacerdote.<br />
«Quello che non posso leggere con lo sguardo, posso sentirlo con le<br />
orecchie».<br />
Questa suonava come una rivelazione formale, e Karl si chiese se i<br />
tempi fossero cambiati a tal punto che i preti non avevano più<br />
bisogno di confessionali.<br />
«Ho bisogno della sua parola che quello che sto per dire non sarà<br />
riferito ad altri».<br />
«Stia tranquillo della riservatezza di tutto quello che sta per dire.<br />
Per quanto possa essere scioccante la sua storia o scellerate le sue<br />
azioni».<br />
«Non sono un assassino».<br />
«Non intendevo quello. E questa non è una confessione, no?<br />
Semplicemente una conversazione».<br />
Rimasero in silenzio di nuovo. Karl cercò di figurarsi nella mente<br />
la differenza tra una confessione e una conversazione, dato che<br />
soltanto una delle due riguardava il mettere a nudo la sua anima.<br />
Quando non giunse nessun altro invito da parte del prete a<br />
proseguire, Karl continuò. Anche mentre parlava, sentì che stava<br />
esaminando nella sua testa le informazioni, mentre vedeva le<br />
istantanee del suo passato mortale. L'aria stessa all'interno di quella<br />
chiesa sembrava incoraggiare la riflessione.<br />
«Sono nato qui, nel villaggio di Oberwesel. Molto tempo fa.<br />
Molto prima della sua nascita».
Ancora una volta, un cenno del capo fu l'unico segnale del fatto<br />
che l'altro aveva sentito. Sul suo volto non vi era uno sguardo di<br />
giudizio o di scetticismo.<br />
«La mia vita era piacevole sotto molti punti di vista. Avevo una<br />
madre, un padre, quattro fratelli e quattro sorelle: io quello di<br />
mezzo come età. La nostra sorella più piccola morì alla nascita e solo<br />
due dei miei fratelli - uno più giovane e uno più anziano - morirono<br />
prima... Tutti i nonni erano in vita quando ero ragazzo».<br />
Il prete annuì di nuovo, e sorseggiò il suo vino. I suoi occhi<br />
azzurri erano seri. Era chiaro che avevano già sentito molte storie.<br />
«Mio padre e mia madre divennero nonni a loro volta, e alla fine<br />
riposarono in pace. Lo scoprii più tardi, dopo il mio cambiamento.<br />
Non sono vivo. Non sono morto. Sono qualcos'altro. La spaventa<br />
questo?».<br />
Il prete fece una pausa. «Vi sono molti misteri nell'universo di Dio.<br />
Quello che non posso comprendere devo accettarlo».<br />
Karl sentì il bisogno di bere il vino, benché non potesse digerirlo.<br />
Lo fece. Il sapore, l'aroma del vino bianco, paglierino - dolce amaro<br />
- tutto lo avvolse come un vapore, offrendogli una traccia della via<br />
verso casa, come le molliche di pane lasciate da Hànsel e Gretel.<br />
«I miei genitori mi amavano, come può aspettarsi di essere amato<br />
uno di nove figli. So di essere stato il preferito di mia madre. Non<br />
erano ricchi ma neppure poveri. Mio padre lavorava nei campi per<br />
gli Schònburg assenti. Allora i campi producevano molte tonnellate<br />
di vino ogni autunno e la pigiatura dell'uva terminava con una<br />
settimana di festeggiamenti».<br />
«È ancora così, anche se adesso, ovviamente, ci sono altre<br />
industrie. Il turismo», rise il sacerdote.<br />
Karl lo guardò. Perché quell'uomo non dubitava di lui? Quello<br />
che stava dicendo era oltraggioso. Forse il sacerdote pensava fosse<br />
uno psicopatico e aveva deciso di assecondarlo. «Ho studiato con il<br />
prete di allora, Padre Ballard».<br />
Fu la prima volta in cui il volto del mortale mostrò qualcosa che<br />
non fosse la piena calma e accettazione. Karl lo osservò mentre i<br />
pensieri scavavano dentro, come se stesse passando in rassegna una
lista con i nomi dei parroci di San Martino. Alla fine trovò Padre<br />
Ballard sulla lista, alla metà del diciannovesimo secolo. Questo fece<br />
apparire un baluginio nei suoi occhi.<br />
«Padre Ballard sentiva che io possedevo una mente eccezionale, e<br />
spronò i miei genitori affinché frequentassi l'università. Era una cosa<br />
inusuale, a dir poco, ma non del tutto nuova: un ragazzo di un<br />
piccolo villaggio lungo il Reno, mandato in una grande città,<br />
destinato al sacerdozio.<br />
Ho studiato all'Università di Colonia. Mi creda, padre, dopo<br />
sedici anni in questo villaggio, vivere a Colonia è stata un'esperienza<br />
illuminante. Prima di partire per Colonia, non ero mai stato più<br />
lontano da questo villaggio che a Bonn. Già soltanto la libertà mi<br />
dava alla testa. La vista, i suoni e la vita di una metropoli, il poter<br />
accedere e immergermi negli scritti del mondo, già dal primo anno<br />
sapevo che non sarei mai potuto tornare a vivere a Oberwesel, e che<br />
non avrei potuto continuare col sacerdozio. Avevo trovato qualcosa<br />
che mi attraeva più della religione. Le scienze naturali, così prossime<br />
alla modernizzazione, a quel tempo».<br />
«Dev'essere stata una decisione difficile per lei», disse il prete, e<br />
versò altri due bicchieri di vino.<br />
«Spezzò il cuore dei miei genitori. Me lo fece capire la mia ultima<br />
visita a casa. Sugli occhi di mia madre vidi veli di tristezza. Mio<br />
padre mi evitò; si fece semplicemente trovare impegnato. Avevano<br />
sperato che io fossi quello puro, l'asceta, quello che avrebbe<br />
garantito il loro ingresso in paradiso. Se c'è un paradiso, padre, se c'è<br />
un Dio, allora immagino che il mio destino abbia chiuso i Cancelli<br />
per loro».<br />
«Vuoi confessare qualcosa?», chiese all'improvviso il prete,<br />
gentilmente.<br />
«Io... non lo so».<br />
«Sembri esageratamente triste. Il passato ti ha intrappolato, come<br />
fa con noi tutti. Ma quello soltanto non basta a spiegare quello che<br />
percepisco».<br />
«Lei è percettivo», riconobbe Karl. Fece un profondo sospiro.<br />
«Padre, io sono quello che lei chiamerebbe die vampir».
Questo fece tirare al prete un respiro brusco. Batté le ciglia. Fece il<br />
segno della croce. Karl sentì il suo cuore che batteva più<br />
velocemente.<br />
«Non le farò del male», rassicurò in fretta l'uomo che aveva<br />
davanti.<br />
Quella rassicurazione ebbe l'effetto di rallentare quasi<br />
impercettibilmente il battito del cuore; non molto, ma meglio che<br />
niente.<br />
«Non siamo quello che la chiesa ha scritto», disse Karl, sforzandosi<br />
di calmare il prete. «Non siamo malvagi, semplicemente degli esseri<br />
che lottano per sopravvivere».<br />
«Ma voi non avete un'anima!», gridò il prete, segnandosi<br />
nuovamente e ritraendosi sulla sedia.<br />
Questo disgustò Karl. Perché avevano sempre un punto di vista<br />
così ristretto? «Certo che abbiamo un'anima! Forse anche più di voi<br />
mortali. Abbiamo sofferto la morte, o una morte parziale. La<br />
immagini come un'esperienza vicina alla morte».<br />
«Ti nutri dei vivi?»<br />
«Sì».<br />
«Dio misericordioso!», disse ansimando il prete. Cominciò a<br />
bofonchiare una preghiera mentre afferrava il grosso crocifisso che<br />
aveva intorno al collo e lo teneva davanti a sé, suscitando così<br />
l'indignazione di Karl.<br />
«Non ho mai ucciso nessuno», disse Karl, «ma ho reso una persona<br />
simile a me. Una persona che adesso mi ha abbandonato. Che mi<br />
ritiene responsabile di averla trasformata. Sono colpevole di aver<br />
creato un altro essere come me».<br />
Adesso gli occhi del sacerdote mostravano lo shock. Era cresciuto<br />
per diversi minuti fino ad alterare un uomo così disponibile e<br />
propenso ad aiutare. Adesso era solo un altro contadino terrorizzato<br />
che credeva di essere seduto di fronte a una bestia infernale. Il figlio<br />
di Satana. O forse il diavolo stesso.<br />
Karl si alzò, furioso. Non aveva funzionato in passato e non<br />
funzionava adesso. La religione che da ragazzo era stata tutto per lui
falliva di nuovo. Si allontanò dalla stanza in fretta, lasciando in pace<br />
quel patetico essere umano, rinunciando al sangue come l'angelo<br />
della morte si libra su un uscio segnato. Karl non poteva bere<br />
quando era preso dalla rabbia, perché avrebbe perso il controllo.<br />
Ma era tentato, così tanto da dover fuggire via dalla chiesa prima<br />
che accadesse l'impensabile.<br />
Mentre tornava in fretta al castello, si chiese perché fosse tornato<br />
nel posto dove era nato. Che cosa sperava di trovare là? I ricordi<br />
della sua vita erano per la prima volta da molto tempo a portata di<br />
mano, ma che cosa avevano da offrire se non un riacutizzarsi della<br />
delusione che aveva sentito di essere per la sua famiglia e dello<br />
scoramento causatogli da tutto quello che gli era stato insegnato.<br />
Tornare indietro nel tempo non l'avrebbe aiutato ad andare avanti<br />
nel futuro. Con un borbottio d'amarezza gridò: «Io non ho futuro!».<br />
Non aveva ancora disfatto le valigie: sarebbe stato abbastanza<br />
semplice saldare il conto e partire. La ragazza vietnamita al banco<br />
divenne di buon grado una fontana alla quale saziare la sua sete.<br />
Presto ci sarebbe stato un treno, diretto da qualche parte, e lui<br />
voleva essere a bordo.
CAPITOLO 13<br />
Karl prese il successivo treno locale per Bonn, e là trovò<br />
sistemazione in un buon hotel per quella giornata. Al tramonto,<br />
bevve da una cameriera d'albergo che si era attardata, poi prese il<br />
treno ad alta velocità per l'Europa. Metz sembrava una buona meta,<br />
per nessun motivo in particolare, e poteva arrivarci facilmente in<br />
un'ora o giù di lì.<br />
Raggiunse la città prima di mezzanotte, trovò sistemazione in un<br />
albergo decente e lasciò le solite istruzioni alla reception. Solo con i<br />
suoi pensieri tristi, desideroso di fuggirne, la notte seguente appena<br />
dopo il tramonto prese il treno per Nancy, in Francia, poco distante.<br />
La città di Nancy nella provincia della Lorena, sapeva di<br />
benessere. Tutto ruotava intorno alla piazza Stanislas, dal nome di<br />
un vecchio governatore, splendente di sei enormi cancelli dorati, le<br />
classiche sculture in bronzo a due livelli, e i volti incisi nei decori<br />
degli edifici regency della piazza. Lo stile rococò della parte vecchia<br />
della città piaceva a Gerlinde. Era così opulento, così esagerato,<br />
diceva. La ispirava e, secondo lei, la rassicurava del fatto che,<br />
artisticamente, non aveva limiti. Una volta erano passati di là, diretti<br />
a Parigi. Il ricordo di quel viaggio lo rese triste.<br />
Quella notte, lasciò la piazza per passeggiare nelle vie tranquille,<br />
oltre la falsa chiesa gotica - costruita nell'arco di soli 20 anni alla fine<br />
dell'Ottocento - oltre La porte de la Graffe, la torre medievale con la<br />
croce a doppia barratura costruita nel 1436, e passeggiò in una zona<br />
più tranquilla, meno benestante della città. Là trovò un francese<br />
alticcio che appagò all'istante la sua sete. L'uomo barcollava un po'<br />
quando Karl lo fermò per chiedere indicazioni. C'era un vicolo<br />
dietro le case a breve distanza e Karl lo condusse là mordendolo in<br />
pochi istanti. Lo lasciò in quel punto e si diresse alla stazione<br />
ferroviaria, senza sapere il perché, sentendo semplicemente che il<br />
sangue l'aveva sì nutrito, ma solo quello. Ingoiare una capsula piena<br />
di sangue sarebbe stata la stessa cosa.<br />
Nulla lo ispirava. Nulla riempiva quel vuoto che gli cresceva<br />
dentro. Non poteva tornare a casa: non aveva più una casa. Non a
Montréal con i suoi amici, non a Oberwesel con i suoi antenati...<br />
Non sapeva cosa fare se non continuare a muoversi, cosciente del<br />
latto che era da se stesso che fuggiva. E rendersi conto di quale<br />
impresa disperata fosse non lo scoraggiava. L'oscurità che aveva<br />
avvertito addensarsi tutt'intorno alla sua persona lo terrorizzava. Era<br />
insopportabile, come un peso che l'avrebbe schiacciato, lasciandolo<br />
frantumato in mille pezzi e comunque ancora in vita. Ancora preda<br />
del dolore. Quando si fermava a pensare, a Karl pareva che le parole<br />
più adatte fossero quelle che aveva visto scribacchiate sul muro di<br />
una metropolitana da un anonimo poeta del ventesimo secolo,<br />
che aveva scritto: «Il problema della vita è che nessuno ne esce<br />
vivo».<br />
La notte era buia, senza luna a rischiarare il cammino, benché<br />
Parigi, la Città della Luce, avesse illuminazione sufficiente da non<br />
trovarsi mai completamente al buio.<br />
Continuò a camminare, oltre la casa dove aveva vissuto Victor<br />
Hugo, oltre la zona della Bastiglia, con l'alta colonna quale unico<br />
resto della passata esistenza di quella spaventosa prigione che aveva<br />
ospitato i poveri prima della rivoluzione, e i ricchi durante la<br />
rivoluzione prima che venissero decapitati durante il Terrore.<br />
Quest'area della città a un certo punto era diventata una palude,<br />
ricordava, ma gran parte di Parigi era stata diversa in passato.<br />
Le stradine minuscole brulicavano di vita a quell'ora, e sarebbe<br />
stato così fin quasi a mezzanotte. Si spostò nella zona residenziale<br />
allontanandosi dall'argine destro, evitando avenue Ledru Ronni e<br />
boulevard Voltaire, entrambe piene di negozi e birrerie gremiti di<br />
gente. Proseguì verso nord, per intuito, ma non poté nascondere a<br />
se stesso dove stava andando.<br />
Raggiunse boulevard de Ménilmontant e scavalcò con facilità il<br />
basso muro di pietra.<br />
Il Cimetière du Père-Lachaise di notte era una vasta necropoli<br />
all'interno dei confini della più ampia metropoli. Ma i vivi non lo<br />
interessavano da diverso tempo, e non lo interessavano in quel<br />
momento, se non per il nutrimento che potevano fornire al suo
sistema. Gli interessavano solo i morti, ogni giorno di più.<br />
Il cimitero si estendeva per quarantaquattro ettari. Più di un<br />
milione di persone era sepolto là, e c'erano almeno 100.000<br />
monumenti. La città dei morti era organizzata come molte altre città:<br />
ampie strade costeggiate da alberi, e vialetti minori. Invece di<br />
prendere i sentieri principali, si spostò su quelli più piccoli, sufficienti<br />
appena per una persona, che si sviluppavano di fronte e dietro le<br />
cripte. I sentieri erano sporchi, senza erba, e le foglie morte<br />
crepitavano sotto i piedi. Sarebbe stato abbastanza semplice<br />
nascondersi tra le cripte e assalire una persona ignara intenta a<br />
passeggiare. Ma, di notte, non ci sarebbe stato nessuno. Solo lui,<br />
insieme ai morti.<br />
Oltrepassò così tante belle strutture. Alcune delle cripte erano<br />
come delle cattedrali in miniatura, con guglie gotiche o<br />
rinascimentali ed elementi architettonici a forma di foglie lungo i<br />
tetti a due spioventi. Le porte da sole erano opere d'arte, le grate di<br />
metallo con disegni a spirale culminavano in croci, o rosette, o<br />
disegni romantici, e le finestre possedevano dipinti su vetro colorato<br />
della Vergine o di altre figure religiose. Alcuni di questi vetri colorati<br />
col tempo erano andati in frantumi, ma la gran parte era ancora<br />
intatta. Basse staccionate munite di cancelletto qua e là delimitavano<br />
minuscoli giardini, separavano i sepolcri, o le sculture, o i molteplici<br />
rettangoli di pietra che imitavano le bare. Un angelo color bronzo,<br />
col volto in parte velato e annerito dal tempo, restava sospeso sopra<br />
la sagoma di un corpo trapassato da poco, entrambi di marmo. Un<br />
angelo di compagnia. "Almeno non sei da solo", disse Karl all'effigie,<br />
e un dolore improvviso lo colse, un dolore al quale non era pronto.<br />
Il dolore si era diffuso come un cancro, destinato ad avere la<br />
meglio su di lui, prima o poi. Non poteva nascondere a se stesso che<br />
era così. Qualsiasi scopo avesse trovato precedentemente nella vita,<br />
adesso sembrava essere svanito. Riusciva a vedere tutto come fosse<br />
la via più ovvia: Gerlinde era stata il suo supporto, il suo<br />
fondamento. Se non c'era più lei, precipitava nell'universo, senza che<br />
nulla lo fermasse. Non poteva credere che lei l'avesse abbandonato,<br />
e non poteva credere di averlo accettato così prontamente. Ma in<br />
cuor suo sapeva che, sia che Antoine la stesse controllando. sia che<br />
fosse una sua decisione, Antoine era responsabile solo in parte. Lui
aveva fatto un torto a Gerlinde trasformandola. Karl lo sentì nella<br />
parte più profonda di sé, e comprese che non poteva fare nulla per<br />
cambiarlo, come era anche impotente di fronte al potere di Antoine.<br />
Era come se quel primo incontro, quando Antoine si era avvicinato a<br />
lui così selvaggiamente, avesse creato un precedente con il suo<br />
creatore con cui lui non era in grado di rompere. E per quanto<br />
avesse trasformato Gerlinde nel modo più delicato possibile, restava<br />
il fatto che lui aveva distrutto la sua vita naturale rimpiazzandola<br />
con una innaturale. Perché lui la desiderava. Solo per egoismo.<br />
Si fermò a una cripta che attirò la sua attenzione, una struttura<br />
semplice grigio-bianca, con la volta ad arco ogivale, finestre gotiche,<br />
e un vetro a rosetta che gli ricordò il Rosace sud della cattedrale di<br />
Notre-Dame. All'interno, un soffitto a volta. C'era un inginocchiatoio<br />
davanti a un altare su due livelli. In cima all'altare erano sistemati dei<br />
crocifissi e dei portacandele che si erano ossidati, e una scultura in<br />
ceramica dipinta della Vergine, il suo volto pio alzato verso il cielo,<br />
le mani giunte in segno di supplica. Furono gli occhi a colpirlo, solo<br />
bianchi, mostruosi, pensò, poi pensò anche: no, è così che vedono i<br />
morti. Come vedo io. Attraverso occhi che non hanno colore.<br />
Molti morti famosi giacevano sepolti in quella terra. Mentre<br />
vagava su quei terreni, oltrepassò i luoghi del riposo eterno di<br />
Colette e Rosini, di Charles Nodier, lo scrittore di vampiri - il suo<br />
monumento era un busto di marmo con le sue sembianze - oltre la<br />
scultura di Epstein e la tomba di Oscar Wilde, poi oltre quella di<br />
Kardec, Gertrude Stein era sepolta là, ed Edith Piaf con suo marito.<br />
Molière e Maria Callas. Proust e Apollinare. Modigliani, Chopin e<br />
Héloise con Abélard. Jim Morrison riposava al Père-Lachaise, anche<br />
se sembrava che gli americani volessero riportarlo a casa, e i francesi<br />
non si fossero opposti all'idea. La sua era una tomba bassa e<br />
moderna, una pietra rettangolare e una sorta di cornice simile<br />
all'intelaiatura del letto, entrambe di marmo scuro. Dentro quella<br />
cornice c'erano fiori secchi, bigliettini, pietre, persino biglietti<br />
d'autobus, ricordi dei suoi fan. La tomba sarebbe stata irriconoscibile<br />
se non per le scritte di vernice spray sulle pietre, e su tutte le cripte<br />
delle vicinanze: «Jim, ho fatto 3000 miglia per vederti, ma ne valeva<br />
la pena!». Nessuna meraviglia che i francesi non volessero Morrison.<br />
Dalla tomba di Morrison, il terreno s'inerpicava dritto. Karl risalì
la collina tra le cripte e le tombe fino a quando non raggiunse un<br />
posto tranquillo dove affacciarsi per vedere la vallata di morti<br />
sottostante.<br />
Era veramente una visuale degna di nota. Quelle piccole strutture,<br />
delle cabine telefoniche gotiche, con dentro degli altari costruiti<br />
sopra i feretri. Delle croci di metallo identificavano i morti, oppure i<br />
loro nomi erano stati incisi sugli ingressi. Molte delle cripte erano<br />
aperte; o le porte non erano state chiuse, o nel corso dei decenni i<br />
lucchetti erano stati rotti. Molti altari erano spogli, il contenuto<br />
rimosso da tempo e venduto al mercato delle pulci, ma alcuni<br />
avevano candele e crocifissi, e ogni tanto una fotografia del defunto.<br />
In una aveva visto un paio di scarpe col tacco. In un'altra, un<br />
giornale e un registratore, col cavo che penzolava abbandonato in<br />
basso. Si chiese se chiunque l'avesse messo là si aspettava che il morto<br />
registrasse un messaggio, o se era stato lasciato dalla persona in lutto.<br />
Invece di una sensazione strana, il silenzio del cimitero gli dava<br />
pace, la prima pace che provava da... quando aveva trovato i resti<br />
di Chloe. Da quella notte terribile quando il suo mondo aveva<br />
iniziato a sgretolarsi fino a quel momento, quando quello che ne<br />
restava si era mutato in una nuova, squallida realtà che sembrava<br />
eterna.<br />
La veduta sottostante era quella di una terra fatta di un grigio<br />
freddo e un nero soffice, una città tappezzata di foglie marcescenti e<br />
ossa in decomposizione. Le strutture erano mezzo nascoste dalle<br />
querce e dagli aceri, come se anche i morti volessero la loro privacy.<br />
Dovunque nell'oscurità vide il contorno di croci, di decorazioni ad<br />
archi acuti, di angeli, cherubini, e intorno ai bordi di una cripta a<br />
cupola, dei gufi. Il profumo dell'autunno riempiva l'aria, quello della<br />
vita che declina, muore, si prepara a una lunga sepoltura sotto la<br />
terra ghiacciata. Un lieve fruscio di foglie mentre gli alberi si<br />
muovevano nel vento. E poi... nulla.<br />
Il suo mondo, il mondo che aveva conosciuto, l'esistenza che<br />
aveva vissuto, erano finiti. Se continuare aveva un senso, lui non era<br />
in grado di vedere quale fosse. Era stato in diversi posti, aveva fatto<br />
delle cose. Aveva investigato tutte le realtà che potesse immaginare.<br />
La ripetizione era divenuta la realtà, e l'esistenza si era trasformata in
un immenso déjà-vu. E qual era lo scopo di tutto ciò?<br />
Gerlinde era stata tutto per lui. Tutto. Sapeva che stava<br />
annegando nella solitudine. Gerlinde diceva spesso che lui l'aveva<br />
salvata, le aveva donato una tavolozza così ampia con la quale<br />
dipingere la sua vita. Lui le aveva dato amore. Un amore che<br />
sembrava non esserle più necessario.<br />
Ma Karl era sempre stato in grado di affrontare la realtà, e la<br />
realtà era che lui aveva bisogno di lei. Ne aveva sempre avuto<br />
bisogno. Lei lo rinnovava. Ma oltre a questo lei significava casa per<br />
Karl, un volto sempre in grado di riconoscerlo, che lo conosceva<br />
profondamente. Un essere che rendeva le notti interminabili non<br />
solo sopportabili ma animate. Senza questo, senza di lei, era tornato<br />
al punto di partenza. In cerca di cosa? Un'altra compagna? Se lei<br />
poteva essergli portata via con tanta semplicità, non aveva motivo<br />
di pensare che Antoine gli avrebbe permesso di avere un'altra<br />
persona che lo sostenesse.<br />
Un abbaiare ben distinto ruppe il silenzio. Un cane. Due, come<br />
poté stabilire grazie al suo sviluppato udito. Immaginò si trattasse di<br />
cani da guardia. Non l'avrebbero sentito, se non si fosse mosso. Il<br />
suo odore non era familiare, o forse lo era troppo, troppo simile ai<br />
corpi che giacevano appena sotto il suolo.<br />
I cani si stavano spostando rapidamente verso ovest, la recinzione<br />
in pietra che lui aveva scavalcato. Nello stesso momento avvertì la<br />
presenza di qualcosa a sud. Mortali. Tre, no, quattro. Sembravano<br />
provenire dall'interno del cimitero, come se fossero stati già là, ma<br />
non li aveva sentiti prima. Karl sentì che i suoi sensi erano all'erta.<br />
I cani erano attratti da qualcosa, questo era chiaro. Sentì che si<br />
aggiravano qua e là. Poi percepì il profumo del sangue nel vento.<br />
Probabilmente della carne lasciata per allettarli e distrarli.<br />
Nel frattempo, i mortali si erano spinti più avanti nel cimitero.<br />
Ben presto fu in grado di vederli a sud dell'avenue Transversale, non<br />
molto più in basso di lui, muoversi a zig zag dentro e fuori dalle<br />
cripte, due maschi, due femmine, non ancora ventenni, tutti vestiti di<br />
nero.<br />
Il loro profumo umano veniva sovrastato da un forte odore di
olio di patchouli: era come se tutti ci avessero fatto il bagno dentro<br />
oltre a lavarci i loro abiti. C'era un altro odore che non fu in grado<br />
di identificare a causa di quel forte olio. Quando si fecero più vicini a<br />
dove lui sedeva immobile come una delle statue, poté vedere una<br />
somiglianza, se non una familiarità, allora culturale o forse subculturale.<br />
Le due femmine indossavano lunghi vestiti neri che<br />
sfioravano il suolo, e avevano croci d'argento al collo e alle orecchie.<br />
I maschi avevano pantaloni neri, camicie ornate di gale - uno<br />
indossava una giacca di velluto - e anche loro avevano delle croci.<br />
Uno dei maschi aveva catene in abbondanza a decorare il suo<br />
costume, una che penzolava da una spalla, diverse intorno ai fianchi,<br />
una sottile catena d'argento allacciata ai pantaloni sul lato esterno<br />
dei polpacci. Tutti avevano lunghi capelli neri, lisci, fino all'altezza<br />
delle spalle e oltre.<br />
Facevano parte di quella sottocultura comunemente chiamata<br />
"goth". Gerlinde era attratta dai "gothik", come lo pronunciava lei.<br />
«Dopotutto», diceva ridendo, «sono nati in Germania, no?»,<br />
riferendosi alle popolazioni teutoniche dal terzo al quinto secolo.<br />
Era uno scherzo. Quei barbari che erano stati gli antenati suoi e di<br />
Gerlinde avevano poco in comune con la raffinata sensibilità di quei<br />
giovani che abbracciavano tutte quelle cose delicate e<br />
morbosamente romantiche.<br />
Il gruppetto cominciò a salire, quasi in linea retta rispetto a dove<br />
sedeva Karl. Lentamente si tirò in piedi e indietreggiò di qualche<br />
passo nell'ombra. Una delle donne si accorse di lui, in qualche<br />
modo, e sollevò la testa. Con un leggero movimento lo segnalò agli<br />
altri e tutti si fermarono.<br />
Qualunque cosa facessero in quel posto, non erano affari suoi.<br />
D'altra parte, non voleva essere infastidito. Si sentiva depresso,<br />
distruttivo, e quell'intrusione nella pace raggiunta con tanta fatica,<br />
per triste che fosse, sembrava un'usurpazione.<br />
Rimasero fermi abbastanza perché i cani trovassero il loro odore.<br />
Karl sentì che gli animali finivano con riluttanza di leccare il sangue<br />
rimasto sulle lapidi, e sniffavano nella direzione degli esseri umani.<br />
Poi si mossero in avanti, due bestie robuste, forse dei pastori<br />
tedeschi, o la nuova razza di cani da guardia, i pit bull.
I cani presero ad abbaiare per l'eccitazione dell'inseguimento e il<br />
gruppetto di esseri ammantati di nero comprese il significato di quel<br />
suono. Da qualunque posto fossero venuti quei mortali, erano<br />
lontani di là adesso e molto distanti dai cancelli o dalla recinzione.<br />
La più alta delle due donne aprì un sacchetto avvolto nella<br />
plastica e gettò in terra dell'altra carne. I cani l'avrebbero trovata, ma<br />
per il momento la loro fame sarebbe stata appagata. Le prede<br />
umane erano più allettanti. E inoltre c'erano le guardie: Karl<br />
avvertiva la loro presenza ai cancelli nord, in allerta, adesso che i<br />
cani avevano cominciato ad abbaiare.<br />
I quattro guardarono in tutte le direzioni, terrorizzati. Sapevano<br />
che i cani stavano arrivando. Poi, improvvisamente, la donna alta si<br />
girò e guardò su, dritto verso Karl, o il punto in cui si trovava. Lui<br />
sapeva che non poteva vederlo, ma qualcosa nel suo viso gli ricordò<br />
Gerlinde, come quando l'aveva conosciuta. Così giovane, innocente<br />
e fiduciosa.<br />
Per un motivo che non fu in grado di comprendere, fece un passo<br />
verso quella poca luce che c'era. La ragazza tirò un sospiro, e i suoi<br />
compagni si girarono per vedere in che direzione stesse guardando.<br />
«Komm mit mir!», disse automaticamente in tedesco Karl, poi ricordò<br />
in fretta dove si trovava e tradusse in francese. L'espressione<br />
d'incomprensione su quei volti lo portò a parlare in inglese:<br />
dovevano pur parlare una di quelle lingue! «State calmi, per favore.<br />
Vi aiuterò. Venite quassù».<br />
Senza riflettere, la ragazza alta salì in fretta i gradini verso di lui.<br />
Più riluttanti seguirono prima l'altra donna, poi i due maschi, e fu<br />
soltanto il rumore dei cani che si avvicinavano a farli muovere. Karl<br />
fece loro cenno di sbrigarsi. Li condusse rapidamente più su, sulla<br />
collina, sul retro di una grande cripta circolare. Questa cripta si<br />
ergeva su un livello più basso rispetto a quello dove si trovavano<br />
loro, ma c'erano delle finestre nella parte superiore, alla loro altezza.<br />
Fece scivolare le dita nei buchi lasciati dal metallo a trama incrociata<br />
e tirò con violenza. La griglia della finestra uscì con facilità dal suo<br />
telaio ma il rumore avvertì i cani della loro esatta posizione.<br />
«Scendete per primi», disse ai due maschi, «e in fretta». Uno per<br />
volta passarono attraverso la finestra aperta e finirono
umorosamente con i piedi sul pavimento in pietra sottostante.<br />
Quello che indossava le catene fece anche rumore di ferraglia. Il<br />
salto era di due metri e mezzo buoni.<br />
«Forza», disse alla ragazza più alta, e ai due all'interno. «Dovrete<br />
afferrarla e aiutarla a entrare. Presto».<br />
Nel momento in cui sfiorò la ragazza, il corpo di lei ebbe un<br />
sussulto, come se avesse percepito qualcosa. Lo fissò. Gli occhi di lei<br />
si spalancarono, le labbra si schiusero, e un'espressione scioccata<br />
affiorò sui suoi lineamenti. Però non c'era tempo per indagare le sue<br />
paure, adesso i cani stavano ululando, e Karl sentì un veicolo che si<br />
spostava all'interno del cimitero.<br />
La sollevò attraverso l'apertura e gli altri all'interno la presero e<br />
l'aiutarono a scendere. Fece lo stesso con l'altra ragazza più bassa,<br />
poi risistemò in fretta la grata sulla finestra e si accovacciò contro<br />
l'apertura, usando il proprio corpo per bloccare la finestra: non era<br />
preoccupato di ciò che si poteva vedere quanto piuttosto di<br />
impedire all'odore dei mortali di giungere fino ai cani.<br />
Questi stavano adesso attraversando l'avenue Transversale. Fecero<br />
una breve pausa per annusare la nuova carne, ma, come aveva<br />
immaginato Karl, la ignorarono. Con pochi salti raggiunsero la<br />
scalinata, salirono e furono davanti a lui. E si fermarono. Il più<br />
grosso dei due ringhiò roco.<br />
La sua razza aveva sempre avuto uno strano effetto sugli animali.<br />
Quelli più selvaggi diventavano sottomessi. Gli animali domestici<br />
tendevano a legarsi, come il gatto che Julien aveva avuto per un<br />
decennio. Se possedeva o meno un potere sulle bestie, come<br />
dicevano le leggende, Karl non lo sapeva. Ma sapeva di poter<br />
instillare nella mente di quei due cani un messaggio che li avrebbe<br />
mandati per la loro strada.<br />
Delle due femmine di pastore tedesco, una era il capo. Fissò lo<br />
sguardo su quella. Il cane sostenne quello sguardo, ma Karl comprese<br />
che voleva disperatamente guardare altrove. Riusciva quasi a vedere<br />
i suoi processi mentali, messaggi che scattavano culminando nella<br />
comprensione: si girò e trotterellò giù per la collina; quella più<br />
giovane, più sottomessa, la seguì confusa. La giovane continuò a<br />
guardarsi indietro verso Karl, poi guardava in avanti verso l'altra,
come se cercasse di comprendere che cosa fosse accaduto là.<br />
I due cani raggiunsero la fine della scalinata e trovarono la carne.<br />
La stavano ancora strappando a morsi quando giunse la Renault con<br />
la guardia del cimitero. Questi uscì, guardò brevemente i resti che le<br />
bestie stavano consumando, immaginò che si trattasse probabilmente<br />
di un coniglio o uno scoiattolo e disse: «Merde de chiens, vous avez<br />
interrompu mon souper!». Ma rise piano, risalì in macchina e si<br />
allontanò.<br />
Una volta terminato il cibo, i cani trotterellarono felicemente giù<br />
per la collina in cerca di altre bestiole uccise.<br />
Quando il veicolo raggiunse i cancelli dell'ingresso principale, Karl<br />
sentì il mortale che rientrava nell'edificio di guardia. I cani adesso<br />
erano nuovamente vicino al muro occidentale, dall'altra parte del<br />
cimitero, sperando forse che sarebbe spuntato fuori dal nulla<br />
dell'altro cibo.<br />
Karl si girò e guardò attraverso la grata nell'oscurità. Otto occhi lo<br />
fissarono, quattro da una parte di una bara e quattro dall'altra, come<br />
gli occhi di un ragno dal corpo rettangolare. «Siete salvi», disse.<br />
«Cosa sei?», disse la donna alta che aveva sentito la sua presenza.<br />
Senza rispondere, lui aprì la grata il più silenziosamente possibile e<br />
fece cenno a uno dei maschi. «Dammi la mano».<br />
L'altro maschio lo aiutò a salire da dietro, e ripeterono poi il<br />
processo, prima le due donne, poi l'altro maschio finché l'ultimo dei<br />
quattro non fu fuori.<br />
«Fareste meglio ad andarvene il prima possibile», disse. «I cani<br />
sentiranno di nuovo il vostro odore e tornerà la guardia». Karl si girò<br />
per allontanarsi. Il suo lavoro era terminato. Cosa avrebbero fatto<br />
adesso stava a loro. Potevano essere stupidi o intelligenti, per lui era<br />
lo stesso.<br />
«Aspetta» disse la donna alta, toccandogli un braccio.<br />
Karl sentì una corrente attraversarlo, come una scossa elettrica. Si<br />
girò per fissare quel volto. Aveva dei tratti adorabili, occhi scuri ben<br />
distanziati, e una bocca grande e piena. La sua pelle era quella che<br />
nei secoli precedenti sarebbe stata definita d'alabastro, per quanto
era chiara. Ma loro tutti avevano una pelle chiara e i goth erano<br />
rinomati per il loro makeup bianco. Gli altri si erano tinti i capelli ma<br />
non lei, e vide sotto quella fioca luce di stelle che il suo colore<br />
naturale era nero. All'improvviso, si rese conto che era italiana.<br />
Aveva notato un lieve accento nella sua voce, e adesso, vedendola<br />
così da vicino, la cosa era confermata.<br />
«Perché ci hai aiutato?», chiese lei.<br />
«Perché no?»<br />
«Che cosa ci fai qui?»<br />
«Potrei chiedervi la stessa cosa».<br />
«Noi», e fece un cenno rivolta agli altri, «veniamo spesso qui.<br />
Quando la luna inonda di luce cerea e quando decresce».<br />
«Non dirmi che siete streghe», disse Karl, un po' deluso. Pensava<br />
che la cosa fosse finita negli anni Sessanta.<br />
«Non esattamente», disse lei. «Siamo...».<br />
«Non dirlo a un estraneo!», scattò uno dei ragazzi, con accento<br />
irlandese.<br />
«Ci ha salvato la vita, se l'hai dimenticato», disse bruscamente la<br />
donna alta. Poi, rivolta a Karl: «Vieni con noi. Ti prego. È distante,<br />
ma ti piacerà».<br />
Lo stesso ragazzo fece un grugnito basso di disapprovazione, ma<br />
la ragazza alta lo ignorò.<br />
Cosa fosse stato a convincerlo ad andare con loro, Karl lo<br />
ignorava. Lei fece strada per la collina più alta, leggermente verso<br />
ovest, e presto raggiunsero una cripta particolare davanti alla quale<br />
lei si fermò. Il nome della famiglia scarabocchiato in alto nella pietra<br />
diceva: NOIR. La cripta non era nera ma fatta della solita pietra<br />
grigio-bianca, con un tetto a due spioventi e una porta di metallo<br />
con una grande N al centro e intorno un disegno circolare. La porta<br />
sembrava essere chiusa, ma la ragazza alta aveva una chiave, vecchia<br />
a giudicare dall'aspetto, lunga, con un anello a una estremità e due<br />
denti all'altra per far girare la serratura.<br />
La cripta era grande come le altre, e non c'era modo che<br />
potessero starvi dentro comodamente più di due di loro per volta.
Solo la ragazza alta entrò. Spinse indietro un crocifisso dall'aspetto<br />
massiccio sull'altare. Un pannello di fronte all'altare scivolò di lato,<br />
accompagnato dal suono della pietra che grattava contro la pietra.<br />
«Dammi una candela», disse, e l'altra ragazza ne prese una, nera,<br />
mentre uno dei ragazzi l'accendeva con un accendino d'argento.<br />
La ragazza alta fece strada giù per dei gradini che sembravano<br />
condurre sotto la cripta. La ragazza più bassa la seguì, poi uno dei<br />
maschi. L'altro - quello che si era mostrato ostile alla presenza di Karl<br />
- fece un cenno a quest'ultimo di scendere, a lui obbedì. Alla fine, il<br />
ragazzo discese nella cripta dietro di lui e tirò una leva che chiuse<br />
tanto la porta dell'altare, quanto la porta della cripta stessa: Karl<br />
sentì scattare la serratura all'esterno.<br />
La scalinata era stretta e buia, i gradini di pietra, ma con la sua<br />
vista notturna appurò che erano consumati ai bordi. Sembrava che<br />
molti piedi fossero passati di lì nel tempo.<br />
Non c'erano più di venti scalini, e quando raggiunse la fine si<br />
ritrovò in una specie di piccola stanza, le cui mura fangose erano<br />
rinforzate da travi di legno. La donna alta attese tutti là. Quando<br />
l'ultimo ragazzo fu arrivato, prese delle candele da un ripostiglio nel<br />
muro e le accese con la sua, porgendole a tutti. I suoi occhi erano<br />
fissi su quelli di Karl, ma non disse nulla, solo: «Da questa parte».<br />
Attraversarono un tunnel che era stato scavato nel terriccio. Su<br />
entrambi i lati poteva vedere parti delle bare - i fianchi, i coperchi, i<br />
manici - e talvolta gli scheletri, laddove le bare avevano ceduto per<br />
il peso della terra bagnata. L'aria in quel punto era pesante e umida,<br />
il profumo della terra denso e opprimente.<br />
Continuarono a camminare: le candele rubavano quel poco di<br />
ossigeno che c'era, e Karl poté sentire il cambiamento nella<br />
composizione dell'aria. Rimase sorpreso del fatto che i mortali non<br />
facessero più fatica a respirare.<br />
Il tunnel proseguiva curvando leggermente, ma la maggior parte<br />
era abbastanza dritta perché potesse vedere lontano davanti a sé<br />
nell'oscurità grazie alla sua vista speciale. A un certo punto, quel<br />
passaggio da tunnel di terra - e immaginò che avessero lasciato il<br />
cimitero - divenne un vecchio sistema fognario. Sapeva che le fogne
di Parigi erano vecchie di secoli, e loro attraversarono la parte più<br />
vecchia, rivestita da vecchie mattonelle di ceramica. In quel punto la<br />
puzza era quella di cose putrefatte da molto tempo in un posto che<br />
non aveva più visto alcun mutamento. Le pareti erano umide al<br />
tatto, e nel tunnel circolare l'acqua formava delle pozzanghere in<br />
terra: ben presto quell'acqua gli inzuppò le scarpe.<br />
Il tunnel fognario proseguiva senza fine, o così sembrava. A un<br />
certo punto si ricollegò a una vecchia stazione della metropolitana in<br />
disuso, e loro proseguirono poco oltre la lunghezza della<br />
piattaforma prima di ritornare al condotto fognario. Dalla pendenza<br />
del suolo Karl capiva che si stavano dirigendo a sud, verso il fiume.<br />
Quando le candele furono consumate per metà, raggiunsero un<br />
tunnel di cemento, in verità molto simile a un acquedotto, poco più<br />
grande del condotto fognario. Una breve camminata lungo quel<br />
passaggio, e Karl si rese conto dal cambiamento nella pressione<br />
dell'aria che erano molti metri sott'acqua, il che poteva significare<br />
soltanto sotto la Senna.<br />
Una volta attraversato il fiume, il canale di cemento fece una<br />
brusca curva a destra, poi lasciò spazio a un altro tunnel, di pietra e<br />
terra, privo di cadaveri e bare. Ben presto, anche quel tunnel mutò.<br />
Era sempre formato dello stesso materiale, ma il soffitto si fece più<br />
frastagliato, come la cresta delle onde, e c'erano degli oggetti<br />
incastrati nelle pareti. Ossa, capì Karl, e in un istante comprese che<br />
erano all'interno delle catacombe. Ovvio. Parigi era una città<br />
costruita sui resti romani, il che avrebbe spiegato i tunnel e<br />
l'acquedotto seppellito sotto il fiume. E queste parti erano state delle<br />
cave dove venivano estratte pietre preziose. Le catacombe si<br />
estendevano sotto l'argine sinistro come una gigantesca tela di ragno.<br />
Ben presto comparvero molte altre ossa, le une sopra le altre.<br />
Milioni di scheletri erano stati interrati in quel posto. Intorno al<br />
1880, quando i cimiteri al livello del suolo avevano cominciato a<br />
straripare di cadaveri in vari stati di decomposizione, la puzza di<br />
morte e di putrefazione passava attraverso le fenditure nelle strade<br />
avvelenando le persone, e i poveri dovevano scavare caverne nei<br />
luoghi di sepoltura per farne le loro case, Parigi era stata inondata<br />
dalla malattia. L'amministrazione comunale aveva chiesto aiuto ai
icercatori di una scienza ancora in erba, la microbiologia. Venne<br />
ben presto stabilito, per il bene della salute pubblica, che i cadaveri<br />
in decomposizione dovevano essere portati via e che i futuri cimiteri<br />
venissero costruiti al di fuori di quelli che allora erano i limiti<br />
cittadini. Il Cimetière des Innocents fu il primo. Le ossa dei suoi morti<br />
che risalivano a oltre cento anni prima furono interrate sotto le<br />
vecchie miniere. In qualche punto del cammino, gli operai avevano<br />
avuto l'idea di ammassare le ossa in maniera più artistica: si trattava<br />
di Parigi, dopotutto. Mentre il gruppetto procedeva per la sua strada<br />
attraverso quei tunnel di ossa - ciò che restava dei non igienici morti<br />
di Parigi - le pareti divennero dei femori, con dei teschi sistemati a<br />
forma di fiori, cuori e croci. Di tanto in tanto Karl vedeva in<br />
lontananza delle inferriate, che aveva già visto quando aveva<br />
visitato da turista le catacombe insieme a Gerlinde. Ma a quel tempo<br />
si era trovato dall'altra parte delle inferriate. Queste recintavano la<br />
piccola area che il pubblico vedeva durante le visite guidate. Il<br />
motivo era che quei tunnel erano talmente vasti che la città non<br />
voleva essere responsabile dei turisti scomparsi, e una vista limitata<br />
delle catacombe era sempre meglio che niente. Ma Karl sapeva che<br />
quegli strani tunnel di sepoltura si estendevano su un'area molto più<br />
vasta di quel chilometro o più che veniva mostrato ai turisti. Alla<br />
fine poté vedere da solo le dimensioni delle catacombe.<br />
File interminabili di grosse ossa delle gambe e delle braccia, quelle<br />
più piccole conficcate in mezzo, i teschi sistemati a caso, per segnare<br />
una linea, oppure due ossa incrociate sotto un teschio nella classica<br />
posizione di "pericolo". Colonne di cemento collegavano le sezioni<br />
di ossa tra loro, e non ci volle molto tempo prima che venissero<br />
semplicemente sopraffatti dal numero di quelle ossa. Quanti milioni<br />
di esseri umani c'erano? Come doveva essere trascorrere l'eternità<br />
stipati con i propri antenati e discendenti?<br />
Per tutto il tempo avevano camminato in silenzio. I tunnel<br />
proseguivano senza fine. L'aria era umida, densa, e piena dell'odore<br />
di nitrato di potassio e lime. Oltre all'odore sudato di quegli umani.<br />
Perché svoltassero a sinistra piuttosto che a destra, o a destra e non a<br />
sinistra, Karl non lo sapeva. Ovviamente il capo conosceva bene la<br />
strada là sotto. Le candele erano ridotte a mozziconi e non<br />
potevano durare ancora a lungo, quindi immaginò che fossero
prossimi alla loro destinazione.<br />
Alla fine raggiunsero una zona che si apriva conducendo giù,<br />
sempre più giù lungo una rampa molto scoscesa nelle viscere della<br />
terra. Quanto più in basso potevano andare? Pensò che fossero<br />
diretti al centro della terra. Poi, improvvisamente, erano fermi<br />
dinanzi a quelli che potevano essere soltanto i resti di un tempio<br />
romano.<br />
Dai frammenti che un tempo erano stati una statua, Karl<br />
immaginò si trattasse di un monumento a Ecate, poiché aveva visto<br />
un tempio a lei dedicato in Grecia, sulla costa occidentale della<br />
penisola principale e ricordò gli abiti caratteristici e i tratti del viso<br />
attribuiti a quella divinità. Era una dea greca, ma i romani non si<br />
erano fatti scrupolo di rubare le divinità di altre culture.<br />
Ricordò allora di come gli antichi romani venerassero questa dea<br />
che esercitava il suo potere magico sui crocevia.<br />
Fissò sgomento le colonne doriche, le linee pulite del soffitto<br />
aguzzo, o quello che ne rimaneva. Il tempio si era deteriorato nel<br />
corso di duemila anni; gran parte del marmo chiaro era costellato di<br />
macchie, ma la struttura principale restava intatta. Karl sapeva di<br />
avere davanti agli occhi qualcosa di molto speciale. Qualcosa di cui,<br />
sospettava, soltanto una manciata di persone sulla terra era a<br />
conoscenza.<br />
«È sorprendente, non è vero?», disse la ragazza alta, ora in piedi<br />
alla sua destra.<br />
«Come l'avete trovato?», chiese Karl, incapace di distogliere lo<br />
sguardo da quella spettacolare reliquia di un'altra era.<br />
«Mia nonna me ne parlò e sua nonna prima di lei».<br />
Mentre parlavano, gli altri accesero delle candele che erano state<br />
collocate in punti strategici. Il bagliore dette vita a quell'edificio<br />
davanti ai suoi occhi.<br />
«Perché venite qui? Qual è lo scopo di questo viaggio dal Père-<br />
Lachaise?»<br />
«Non solo dal Père-Lachaise. Partiamo dal Cimetière du<br />
Montparnasse, e ci spostiamo al Cimetière de Montmarte, e di là al
Père-Lachaise, poi torniamo qui: il Cimetière du Montparnasse è<br />
proprio dietro l'angolo».<br />
«Tutto sottoterra?»<br />
«Sì».<br />
«E passate sotto le cripte?»<br />
«Sì».<br />
«Formidabile! Seguite un triangolo. Una trinità. La struttura più<br />
forte dell'universo».<br />
Lei lo fissò. «Devi essere molto intelligente per sapere questo. Ma<br />
come saprai il triangolo è anche la forma più instabile...».<br />
«Perché è sempre in cerca di un quarto, per l'equilibrio».<br />
«Come lo sai?». Sembrava sorpresa, come solo i giovani possono<br />
esserlo. Ognuno crede di aver inventato la ruota, pensò tra sé.<br />
«Comunque, tre è attraente, ma sempre pronto a collassare su due, o<br />
espandersi a quattro, in modo da poter essere nuovamente stabile».<br />
Rifletté per un momento, riguardo il suo triangolo con Antoine e<br />
Gerlinde. Sì, instabile era la parola giusta, almeno per lui. La<br />
situazione si era risolta contraendosi, e la forma era collassata in due.<br />
E c'è sempre uno che si disintegra.<br />
«Sei più di un essere senziente», disse la ragazza, usando una<br />
parola che Karl sentì essere troppo grande per lei, ma stava cercando<br />
di impressionarlo. Non ce n'era bisogno, davvero: l'aveva già fatto il<br />
tempio. Stava anche cercando di sedurlo. Be', non sembrava più<br />
vecchio di venticinque anni.<br />
«C'è poesia nella tua anima, un oscuro poetare che passa<br />
attraverso la tomba», proseguì lei con fare teatrale. «Qual è il tuo<br />
nome?»<br />
«Karl. E il tuo?»<br />
«Donata».<br />
Fece una pausa. «Come la donazione? Un dono?»<br />
«Sì». Ancora una volta sembrava in preda allo stupore. E<br />
mescolata a questo c'era anche un'aria di fascinazione, come se fosse<br />
già innamorata di lui.
Il destino in azione, pensò lui riguardo quel nome. "Se solo<br />
potesse essere uno strumento per la mia fine, la musa che mi aiuterà<br />
a creare la mia morte".<br />
«Karl, che cosa sei tu?».<br />
Gli altri erano radunati a lato del tempio, srotolavano pezzi di<br />
tessuto che parevano seta e velluto, pietre - per lo più cristalli - altre<br />
candele, incenso e altri oggetti, ovviamente per il rituale che<br />
intendevano officiare. Lui si sedette su uno dei gradini sul davanti e<br />
Donata sedette di fianco a lui. «Non posso dirti cosa sono, ma non<br />
sono più umano. Ci sono parole... nella tua lingua una è vampiro.<br />
Ma non descrivono davvero la mia condizione».<br />
Lei annuì. Un minuscolo granello di paura rimase bloccato dietro i<br />
suoi occhi, ma vide che non era spaventata come molti altri. Adesso<br />
era ancor più affascinata.<br />
«Sono così da molto tempo, e vivo sulla terra da quasi due secoli».<br />
Ebbe un'esitazione.<br />
«Continua», disse lei. «Hai altro da dirmi».<br />
«Forse sarebbe tempo di finirla con questa condizione».<br />
«Intendi dire che desideri morire?»<br />
«Ora che l'hai detto così direttamente, be', fa impressione sentirlo.<br />
Comunque sì, credo sia quello che intendo. Non vedo che senso<br />
abbia continuare».<br />
Lei appoggiò la sua mano calda su quella fredda di Karl. «Credo di<br />
comprendere come ti senti. Mi sento nello stesso modo».<br />
Si girò verso di lei. «Tu? Perché? Hai tutti i motivi per vivere».<br />
Davanti a lui sedeva una bellissima ragazza, poco più che<br />
adolescente. Aveva stile e grazia, l'energia e l'entusiasmo della<br />
giovinezza, una palese sensibilità e una saggezza che mascherava i<br />
suoi anni. «Quale motivo mai potrebbe farti pensare a morire? Non<br />
ne hai il diritto».<br />
Lo sguardo sorpreso sul volto di lei lo costrinse a valutare di<br />
nuovo la sua ultima affermazione. «Mi dispiace. Perdonami. Non<br />
posso conoscere la tua situazione. È solo che, dal mio stanco punto<br />
di vista, be', sembri avere il mondo ai tuoi piedi, o potresti averlo».
«Non preoccuparti, amico mio. Dicono che l'erba del vicino è<br />
sempre più verde, no? Sì, mi rendo conto che per moltissime persone<br />
sembro avere tutti i motivi per vivere. La mia famiglia ha una lunga<br />
e illustre storia, sono incredibilmente ricchi. Mi è stato detto che non<br />
sono proprio brutta... ho avuto abbastanza storie».<br />
Karl rise. «Mi dispiace. Non sembri avere più di sedici anni».<br />
«Ne ho diciassette», disse lei con il tono offeso proprio dei<br />
giovani.<br />
«Be', sembra abbastanza presto per aver avuto "abbastanza<br />
storie"».<br />
«Tu sei tedesco, io italiana. Il mio sangue è più caldo del tuo!».<br />
Gettò all'indietro i capelli con un movimento tipicamente italiano<br />
misto a una cocciutaggine tipicamente infantile.<br />
Karl rise. «Forse».<br />
«Dimmi», disse lei, «non è meraviglioso, come ci è stato detto,<br />
essere un vampiro?»<br />
«Non sono sicuro di quello che ti è stato detto. Abbiamo bisogno<br />
di sangue, preferibilmente umano. E abbiamo una repulsione alla<br />
luce del sole che ci costringe a dormire come morti durante il giorno.<br />
Il resto delle storie che si raccontano non sono vere: l'acqua santa, le<br />
croci, l'aglio, siamo immuni a quelle cose. Non so se viviamo in<br />
eterno. Pare che ci siano degli aspetti negativi che spuntano con<br />
l'età». Li stava provando adesso. Come fosse un vecchio che non ha<br />
più nulla da aspettarsi dalla vita, nulla che lo faccia ringiovanire.<br />
Lei rimase in silenzio per alcuni istanti, poi disse: «Karl, tu sei<br />
infelice. Chiunque lo vedrebbe. Questo riguarda l'amore. Anche<br />
questo è chiaro. Qualcuno che hai amato e perduto».<br />
Lui la fissò. «Riesci a capire tutto questo solo guardandomi?»<br />
«Lo vedo nei tuoi occhi. Sono come antiche pergamene e, istante<br />
dopo istante, rivelano sempre di più riguardo la tua anima».<br />
Karl sospirò. Non c'era alcun motivo di non parlarne con quella<br />
ragazza. I suoi problemi restavano i suoi. Lei non poteva aiutarlo,<br />
ma non poteva neppure danneggiarlo. «L'ho perduta a causa di un<br />
anziano, quello che mi ha generato. Credo che possa essere vittima
di un incantesimo, ma non posso esserne sicuro. E non ha<br />
importanza. So soltanto che mi odia per quello che le ho fatto. E<br />
preferisce lui a me. Lui è estremamente potente. Non posso<br />
combatterlo. E senza di lei..».<br />
«Non puoi andare avanti. Capisco».<br />
Aveva la saggezza di una donna anziana. Però il suo modo di<br />
esprimersi era talmente melodrammatico. Decise che l'insicurezza era<br />
un tratto proprio della natura di quella ragazza. «Mi hai chiesto chi<br />
sono», disse Karl. «Adesso io ti chiederò la stessa cosa».<br />
«Te l'ho detto, mi chiamo Donata. I miei genitori vivono in una<br />
villa fuori Roma. Mio padre possiede un paio di aziende che<br />
producono scarpe in pelle di qualità. Ho tre fratelli...».<br />
«Non è quello che intendevo. Quello che voglio sapere è perché<br />
riesci a leggere così tante cose nei miei occhi. Cosa ne sai di questo?».<br />
Fece un gesto indicando il tempio dietro di sé. «Perché ti vesti così, e<br />
hai questi amici? Se non avessi saputo, avrei detto che eri una<br />
strega».<br />
«Io sono una maga. La conoscenza che possiedo mi deriva da<br />
generazioni di donne della mia famiglia, che l'hanno trasmessa da<br />
una all'altra. Il mio dono speciale deriva dalla mia convivenza con la<br />
morte. Sto morendo di AIDS».<br />
Questo spiegava l'odore particolare, appena nascosto dal potente<br />
odore di patchouli. Adesso che lei glielo aveva suggerito, sapeva che<br />
era vero. Questa giovane, bellissima ragazza stava morendo, poteva<br />
percepirlo, vederlo, sentirlo.<br />
«Non dispiacerti per me», disse lei di scatto, con occhi<br />
fiammeggianti.<br />
«Non è così. Io stesso vivo con la morte. Non riesco a vederla<br />
come una forza negativa. Al contrario, ultimamente mi pare<br />
estremamente allettante».<br />
«Bene!». Lei incrociò le gambe appoggiandosi a una colonna. Le<br />
sue clavicole spuntavano sotto la pelle. Il pallore della sua carne non<br />
derivava dal makeup come per gli altri, era il colore di una rosa che<br />
appassisce. Avrebbe voluto domandarle come aveva contratto l'HIV,<br />
ma sapeva che si trattava di uno dei pochi modi possibili. Se l'era
presa drogandosi, ma non di recente, perché non vedeva segni di<br />
ago sulle vene. Forse una trasfusione di sangue. E poi c'era sempre il<br />
modo più ovvio: il sesso. A ogni modo, la guardò con un po' di<br />
dispiacere. Era una ragazzina così adorabile, in procinto di appassire<br />
sul ramo ancora prima di sbocciare veramente. Quella era la più<br />
grande tristezza della vita, quella meno comprensibile.<br />
«Non mi sento dispiaciuta per me», disse Donata. «Sono giunta ad<br />
accettare questa situazione. Ho poco tempo a disposizione. Per<br />
questo, mi rifiuto di perdere tempo in stronzate. Vedi? La<br />
prospettiva chiara della fine porta a comprendere la verità».<br />
Qualcosa in quella affermazione profondissima lo colpì. Lo fece<br />
sussultare, come se l'universo si fosse squarciato e ne fosse filtrato<br />
qualcosa d'inatteso. Qualcosa che non poteva vedere, toccare,<br />
assaporare, odorare o ascoltare, ma che poteva comunque sentire.<br />
Al momento non gli era chiaro cosa fosse, ma sentiva per istinto che<br />
si sarebbe rivelato.<br />
«Vedo tanta disperazione in te. Ma Karl, nulla è davvero brutto<br />
come sembra».<br />
Karl si allontanò da lei. «In condizioni normali, sarei d'accordo<br />
con te».<br />
«Hai una mente scientifica», disse lei, sorprendendolo ancora una<br />
volta, perché lui non aveva ancora detto nulla in proposito che<br />
potesse fornirle quella informazione. «Conosci gli atomi?»<br />
«Certamente».<br />
«I loro componenti, protoni, neutroni...».<br />
«Sì, ma mi sorprende che tu conosca cose simili».<br />
«Perché sono una donna?»<br />
«Perché sei talmente giovane». Si domandò se non fosse stato sulla<br />
terra per troppo tempo, senza vedere con chiarezza le persone, dal<br />
momento che non si era interessato molto ai mortali e ai loro<br />
comportamenti per moltissimo tempo.<br />
Un improvviso impulso di fame lo colse. Avrebbe dovuto nutrirsi<br />
presto. Ormai in cielo la luce doveva aver cominciato a insinuarsi.<br />
Inoltre aveva bisogno di tempo per tornare al suo hotel sulla riva
destra. «Karl, devi sapere, come me, che ci sono delle particelle<br />
subatomiche che non si comportano come ci aspettiamo che<br />
facciano».<br />
«Se stai parlando delle particelle messe in moto dall'osservatore,<br />
sì, le conosco».<br />
«Allora conosci la risposta al tuo piccolo dilemma».<br />
Deluso, Karl si alzò. «Non la conosco. Il mio "piccolo dilemma",<br />
come lo chiami tu, non è proprio un dilemma. È un vicolo cieco.<br />
Non ci sono risposte. Non c'è nulla che io possa fare riguardo questa<br />
situazione, e non penso di poter continuare per come stanno le<br />
cose».<br />
Lei allungò un braccio. «Quello che ti offro è poco, lo so, ma forse<br />
puoi soddisfare la tua sete qui. Ci sono altre cose che devo dirti.<br />
Altre cose che tu devi sapere».<br />
Qualcosa nel suo tono lo fece irritare. Sentì l'impulso di<br />
aggredirla, di prendere il suo sangue, tutto quanto. Si stava<br />
comportando come il personaggio di un romanzo di Anne Rice. "I<br />
mortali sono talmente presuntuosi", pensò. "Pensano che tutto possa<br />
essere modificato. E poi comincerà a vomitare frasi fatte: segui la<br />
corrente; la vita è nel cambiamento".<br />
Sapeva di doversene andare adesso, prima di farle del male.<br />
«Devo andare. Il sole sta per sorgere».<br />
«Puoi dormire qui. Non viene nessuno tranne noi, e non c'è luce<br />
del sole. Noi eseguiremo il nostro rituale in onore di Ecate, poi ce ne<br />
andremo».<br />
«No. Devo andarmene. Dimmi qual è la via d'uscita più breve».<br />
«Certo. Non voglio trattenerti contro la tua volontà. Non sei<br />
prigioniero o quant'altro. C'è una svolta a destra su, lungo il tunnel.<br />
La seconda svolta a destra. Ti condurrà a una uscita della fogna: non<br />
avrai problemi a trovarla».<br />
Gli altri si erano avvicinati al punto in cui si erano seduti a<br />
parlare. La ragazza più piccola cominciò a preparare un cerchio<br />
intorno al tempio, spargendo da una grossa busta quello che<br />
sembrava essere del sale. I due maschi erano impegnati a creare una
specie di altare in cima ai gradini, servendosi di un tavolo basso, le<br />
candele, l'incenso e le pietre che Karl li aveva visti spacchettare,<br />
probabilmente per decorare l'altare. Qualunque fosse il loro rituale,<br />
Karl non voleva farne parte. E sospettava che se gli altri avessero<br />
scoperto che era un vampiro, avrebbero potuto cercare di<br />
costringerlo a rimanere, pensando che la sua presenza, magari anche<br />
il suo sangue, avrebbero reso tutto più formidabile. Avrebbero<br />
persino potuto decidere che volevano unirsi a lui!<br />
Aveva già le sue preoccupazioni, e riguardavano il nutrimento per<br />
affrontare la giornata. Poi la notte seguente avrebbe cercato di<br />
trovare un modo per distruggersi, perché adesso comprendeva che<br />
tutto quel vagare riguardava questo. Era ciò che l'aveva condotto là.<br />
Non poteva morire facilmente in Germania: qualunque sacrificio<br />
avesse fatto per il potere di Antoine, non poteva farlo nella sua terra<br />
natia. Alcune cose erano troppo umilianti. Ma Parigi... Gli era<br />
sempre piaciuta Parigi. E anche a Gerlinde.<br />
Cominciò ad allontanarsi dal gruppetto, verso il tunnel, quando le<br />
parole di Donata lo fecero fermare: «Karl, se avrai mai bisogno di<br />
me, e credo che ne avrai, mi troverai. Alla fine. A meno che non sia<br />
morta».<br />
Qualcosa in quelle parole lo fece rabbrividire. Non riusciva a<br />
immaginare di aver bisogno di quella ragazza per qualcosa, ma<br />
comunque una parte di lui ripose quell'informazione come se fosse<br />
vitale alla sopravvivenza dell'universo. E quella stessa parte pensò:<br />
"Spero che tu non muoia troppo presto".
CAPITOLO 14<br />
Come muore un vampiro? Non era una domanda per la quale<br />
esisteva una risposta facile. Si sapeva di poche morti certe nella sua<br />
cerchia, e Karl fece un elenco di tutte le possibilità, basandosi su<br />
quello che sapeva avrebbe funzionato, e quello che invece no.<br />
Membri della comunità avevano discusso riguardo i modi per morire<br />
fino alla nausea. La morte. Sempre un soggetto affascinante.<br />
Il veleno era fuori discussione: nessuno della sua razza era morto<br />
a causa di una sostanza estranea. Infatti i loro corpi eliminavano<br />
qualunque cosa che non fosse considerata nutriente. Possedere<br />
cellule umane, animali e vegetali voleva dire che c'era ben poco che<br />
non fosse utilizzabile. Qualunque sostanza estranea rimasta veniva<br />
espulsa dagli orifizi del corpo senza effetti dannosi.<br />
La luce era una possibilità. C'erano stati molti casi in cui<br />
l'esposizione ai raggi del sole aveva causato danni ingenti, e sapeva<br />
grazie ad André che uno di loro era morto così. Ci erano voluti<br />
diversi giorni, ma almeno Karl era certo che avrebbe funzionato...<br />
alla fine.<br />
Un altro metodo era il fuoco. Quello doveva andar bene, o<br />
immaginava di sì, dato che l'effetto era simile a quello della luce del<br />
sole, ma il mezzo era più rapido. C'era stato un caso al quale aveva<br />
assistito, ma il corpo era già stato smembrato. Questo insulto dello<br />
squartamento era una garanzia del fatto che, come aveva detto<br />
Julien, i morti restino tali.<br />
C'era poi la recisione del capo, o della spina dorsale. Era un<br />
metodo efficace: l'aveva visto con i suoi stessi occhi. Poteva<br />
rappresentare un problema trovare un modo per tagliarsi la testa.<br />
Non riusciva a immaginare una maniera per farlo, se non costruendo<br />
un marchingegno simile a una ghigliottina. Possibile. Ma non facile e<br />
rapido. E il pensiero di poter sopravvivere dopo, per alcuni minuti...<br />
aveva visto mortuarie dei decapitati durante la Rivoluzione francese.<br />
Alcune erano serene, come quella di Maria Antonietta. Altre no. Si<br />
chiese quando fosse stato preso il calco di quella di Maria<br />
Antonietta.
Oltre a questi, non conosceva altri modi. Trafiggere il cuore<br />
poteva funzionare, ma non c'erano precedenti. Morire di fame<br />
sarebbe stato quasi impossibile: aveva la sensazione che avrebbe<br />
potuto consumare il suo corpo per molto, molto tempo. Impiccarsi<br />
non avrebbe funzionato: non riusciva nemmeno a figurarsi come<br />
potesse funzionare. Avrebbe potuto attaccarsi un peso e tuffarsi in<br />
acqua, ma ancora una volta, non c'erano esempi e nemmeno casi<br />
simili, e il pensiero di poter essere bloccato sott'acqua, ancora in<br />
vita...<br />
Poteva trovarsi in una fase della morte, ma il concetto di morte<br />
non andava e veniva a fasi. Indugiava, sempre, in un angolo della<br />
mente. E come avrebbe potuto essere altrimenti, per degli esseri che<br />
continuavano a vivere non sapendo quando e se sarebbero morti?<br />
La morte come concetto l'aveva affascinato fin da prima che<br />
Antoine lo trasformasse. I suoi studi quando era mortale l'avevano<br />
condotto nel regno della medicina, ancora agli albori, al tempo in<br />
cui era legata per lo più alle erbe medicinali. L'esplosione di una<br />
nuova malattia, la rubella, si era verificata solo cinque anni prima<br />
che soccombesse a quella vita, ed era durata per altri cinque anni.<br />
Quello era uno dei motivi per cui si trovava a Dusseldorf, per<br />
studiare quella che era stata chiamata rosolia. Il male, con la febbre,<br />
la congestione delle vie respiratorie superiori e la caratteristica<br />
eruzione cutanea rossa su tutto il corpo, non era di per sé fatale. Per<br />
molti adulti, e persino ragazzi, i sintomi duravano alcuni giorni, ed<br />
erano seguiti da un pieno ristabilimento. Quelli in pericolo erano i<br />
feti delle donne incinte. La prognosi era quasi sempre pessima.<br />
Aveva assistito a diverse morti per diverse cause, e aveva visto<br />
ben più morti di quanto dovesse. La morte prima della sua<br />
trasformazione era stata per lui solo un avvenimento del corpo.<br />
Ragionava abbastanza semplicemente: nasciamo, viviamo, moriamo<br />
e poi altri nascono per prendere il nostro posto. Ecco a cosa servono<br />
le generazioni, perché la gente fa i figli. Un nucleo d'idee molto<br />
semplice che evitava gran parte della confusione che avevano<br />
affrontato nel corso delle ere profeti e filosofi, per non parlare degli<br />
eruditi di chiesa.<br />
La sua eredità cattolica l'aveva preparato all'esperienza mistica. La
morte era il grande ignoto: l'aveva appreso dal catechismo. La morte<br />
avrebbe dovuto essere l'esperienza che permetteva all'anima di<br />
abbandonare il suo stato d'incarnazione - il corpo è soltanto un<br />
guscio dopotutto - e cominciare a viaggiare per tornare nel posto da<br />
dove era venuta. Il luogo eterno dove in qualche modo si sarebbe<br />
ancora una volta mescolata al divino, che fosse il paradiso, o un<br />
altro livello. Si era aspettato di vedere realmente una qualche<br />
espressione fisica dell'anima mentre questa lasciava il corpo. Ma<br />
nonostante tutti i casi ai quali aveva assistito, doveva ancora<br />
osservare un simile fenomeno.<br />
Molti di coloro che aveva visto da dottore erano forme contorte<br />
e distorte. Vecchi che raggiungevano uno stato catatonico, con i<br />
corpi ormai quasi ridotti a scheletri, il loro unico desiderio, se erano<br />
capaci di esprimerlo, era di essere liberati.<br />
Oltre ai vecchi, c'erano i giovani, vittime delle malattie o di<br />
incidenti, che si sforzavano e combattevano e, ciononostante,<br />
perivano. Ancora una volta si era aspettato qualcosa di più di uno<br />
sguardo tormentato o sereno sul volto, oppure un ghigno fisso che il<br />
rigor mortis aveva fissato per un po' di tempo fino a quando il corpo<br />
non era stato nuovamente molle.<br />
Dov'era quel corpo sottile, il corpo spirituale del quale aveva<br />
appreso l'esistenza? Dov'era quel tunnel di bianca luce divenuto<br />
ormai popolare nell'ultima parte del ventesimo secolo? Le poche<br />
esperienze di prossimità alla morte delle quali aveva letto<br />
sembravano così banali da fargli chiedere se non si trattasse di<br />
allucinazioni causate durante lo stato di coma dalle forti luci degli<br />
ospedali oppure se questi soggetti non avessero letto l'uno le<br />
esperienze dell'altro. In realtà quelle storie sembravano<br />
sospettosamente simili alle cronache di rapimenti alieni, e sapeva che<br />
qualcuno avrebbe affermato che le somiglianze derivavano dal fatto<br />
che noi tutti siamo figli degli alieni. Forse aveva letto troppa<br />
fantascienza. Forse la sua mente scientifica lo rendeva semplicemente<br />
più scettico dell'essere umano medio.<br />
Quello che lo disturbava maggiormente, quello su cui si era<br />
arrovellato per diverso tempo, era il fatto che sembravano non<br />
esservi prove tangibili dello spirito. Lui voleva credere. Avrebbe reso
più semplice l'esistenza. Ciononostante non riusciva a vedere nulla<br />
che supportasse concretamente quell'idea. La sua esistenza poteva<br />
essere il collegamento migliore con una forma spirituale. Lui era,<br />
sotto tutti i punti di vista, un essere soprannaturale, fuori dalla<br />
natura, un'aberrazione. Se lui poteva vivere in quella condizione di<br />
semivita, semimorte, allora tutto era possibile. Il punto di vista<br />
poetico di David l'aveva impressionato: l'anima che cerca di<br />
abbandonare il corpo ma resta bloccata in una dimora a metà<br />
strada, per così dire. Karl, per buona parte della sua esistenza,<br />
l'aveva percepito molto bene. Non era vivo e non era morto. Non<br />
apparteneva a nessuno dei due mondi e pareva comunque muoversi<br />
liberamente in entrambi. Se fosse stato sul punto di procedere verso<br />
il luogo, qualunque esso fosse, dove l'avrebbe condotto la morte - o<br />
un qualche regno sacro fatto di angeli e demoni, o il paradiso e<br />
l'inferno e la stazione di attesa del purgatorio -, l'avrebbe saputo. Il<br />
fatto che avrebbe finito per sapere gli consentiva persino di pensare<br />
l'inimmaginabile e superare le sue paure, e la ripugnanza di andare<br />
contro il suo stesso istinto di sopravvivenza.<br />
Pensò che il fuoco sarebbe stata la soluzione più semplice e sicura.<br />
Avrebbe dovuto soltanto chiudersi in qualche luogo appartato in<br />
modo da non poter scappare, poi dare fuoco a quel luogo e nel giro<br />
di un'ora sarebbe bruciato completamente. Rapido. Semplice.<br />
Probabilmente non indolore, ma esporsi alla luce del sole sarebbe<br />
stato di gran lunga più doloroso, e almeno poteva sopportare l'idea<br />
di vedersi morire: immaginarsi invece mentre si tagliava la testa<br />
sarebbe stato ridicolo e melodrammatico. La sua sensibilità non<br />
tollerava una cosa così assurda, anche se l'idea di una lama affilata<br />
come un bisturi lo affascinava.<br />
Alla periferia di Parigi, vicino Roissy, trovò un capanno<br />
abbandonato. C'era abbastanza campagna intorno perché non<br />
dovesse aspettarsi di venire interrotto.<br />
Era facile procurarsi catene e manette, tanto quanto della benzina<br />
e dei fiammiferi. Un suicidio a basso costo.<br />
Quando tutto fu pronto, sentì di doverlo far sapere agli amici.<br />
Mentre effettuava la chiamata, pensò principalmente ad André e<br />
a David. A tutto quello che avevano passato insieme. A come si
erano conosciuti. A come erano diventati intimi.<br />
Era a New York, negli anni subito dopo la guerra, certo non un<br />
buon momento per essere un tedesco negli Stati Uniti, ma lui non<br />
era mai stato molto socievole quando era stato mortale e nulla era<br />
cambiato sotto quel punto di vista. Soltanto un anno prima che Karl<br />
celebrasse, se quella era la parola giusta, i suoi cento anni da non<br />
morto. Era stato da solo per l'intero secolo, e non aspettava con<br />
ansia di arrivare a duecento anni.<br />
Gli Stati Uniti stavano esplodendo. La guerra di per sé è sempre<br />
una cosa buona per l'economia, a patto di non perdere. Ma gli<br />
Alleati avevano ritenuto che la sconfitta della Germania nella prima<br />
guerra mondiale e la conseguente punizione avessero causato le<br />
condizioni economiche perché la sua madrepatria muovesse<br />
nuovamente guerra, una guerra che sarebbe stata chiamata seconda<br />
guerra mondiale, visto il numero di paesi coinvolti. O quantomeno i<br />
paesi che contavano agli occhi dell'Europa e degli Stati Uniti. Karl<br />
non poteva condonare le azioni crudeli della Germania durante la<br />
guerra. Ma non era mai stato il tipo di persona da giustificare una<br />
qualsiasi guerra e le atrocità cui questa avrebbe per sua natura<br />
condotto. Aveva sempre evitato i conflitti, sia personali che politici.<br />
Forse per questo si era sempre ritrovato più solo di quanto<br />
desiderasse.<br />
Non aveva mai incontrato qualcuno della sua razza, e la cosa non<br />
aveva senso. Di certo lui e quella bestia che aveva succhiato il suo<br />
sangue non potevano essere gli unici esseri di quel tipo al mondo!<br />
Ma se c'erano degli altri, non si erano presentati. A volte aveva<br />
avuto quella che si sarebbe potuta descrivere come una<br />
premonizione fisica, ma da quelle sensazioni non era scaturito nulla,<br />
e lui sapeva che poteva aver reagito a una cosa qualsiasi; correnti<br />
d'aria; profumi; cambiamenti di temperatura; suoni ad alta<br />
frequenza, e con il boom su scala mondiale della radio e adesso della<br />
televisione, nell'aria c'erano molte più frequenze che venivano<br />
utilizzate di quanto non accadesse prima.<br />
E quando svoltò un angolo diretto a est vicino al Central Park e<br />
vide due della sua razza, accecanti per la luce che emettevano.<br />
Rimase paralizzato dov'era. Con la bocca aperta. Gli occhi sgranati.
Anche quei due fecero lo stesso.<br />
Quello shock iniziale fu rimpiazzato prontamente dalla<br />
circospezione. Tutti la sentivano: la tensione riempiva l'aria come<br />
delle correnti durante una tempesta elettromagnetica. In seguito si<br />
resero conto di essersi incontrati ad un crocevia. André aveva<br />
svoltato ad ovest. David aveva proseguito verso sud. Ma la strada<br />
che portava a nord era vuota. Da quella volta, nessuno di loro né<br />
del resto della loro razza che avevano incontrato in seguito era<br />
riuscito a spiegare quell'esperienza mistica così legata alla leggenda.<br />
Dopo una pausa collettiva, Karl si era fatto avanti, come l'uomo<br />
che dall'aspetto sembrava francese. L'inglese era a metà strada tra di<br />
loro e manteneva la sua posizione. "Sono nervoso", aveva pensato<br />
Karl. Anche gli altri due parevano nervosi. L'avevano confermato più<br />
tardi.<br />
Quando furono vicini, si fermarono fissandosi increduli.<br />
«Noi... siamo simili», disse quello nel mezzo.<br />
«Sì». Il francese allungò la mano quasi la stesse porgendo a due<br />
timidi animali. Toccò per primo Karl, poi l'altro, quasi a sincerarsi<br />
che entrambi fossero reali e non si trattasse di uno strano sogno. Karl<br />
sapeva come si sentiva.<br />
Parlarono scioccati, fino a quando il sole minacciò di sorgere,<br />
come se tutti avessero conservato le parole da molto, molto tempo.<br />
Ma si ritrovarono ben presto costretti a far ritorno alle loro<br />
abitazioni: ciascuno tenne segreta l'ubicazione della propria agli altri<br />
due. Ma si accordarono per incontrarsi la notte seguente a Central<br />
Park vicino al laghetto delle anatre.<br />
La notte seguente Karl si svegliò giubilante. Dal 1845 si trattava<br />
del primo contatto che avesse avuto con qualcuno che non fosse un<br />
mortale! Si sentì come se un immenso fardello gli fosse stato tolto<br />
dalle spalle. Ignorò la parte dentro di sé che lo richiamava a un<br />
cauto ottimismo.<br />
Quando furono tutti insieme, l'inglese, di nome David, disse: «È<br />
una sensazione stranissima, come fossimo tutti fratelli imparentati,<br />
nati dalla stessa covata».<br />
«Sì, lo sento anche io», confessò André.
Karl aveva una sensazione simile. Era come guardare un'immagine<br />
nello specchio. Non che i tre si somigliassero. André era abbastanza<br />
alto, di costituzione atletica, gli occhi scuri e i capelli neri con una<br />
spruzzata d'argento sulle tempie. Sembrava appena sotto i quaranta,<br />
ma disse loro di essere stato trasformato verso la fine del<br />
diciannovesimo secolo. David, alto, magro, inglese negli<br />
atteggiamenti, con capelli color sabbia e occhi chiari, era morto<br />
quando aveva trent'anni, nel 1893. Questo faceva di Karl il più<br />
vecchio, anche se sembrava il più giovane: ci si fecero una bella<br />
risata tutti e tre.<br />
Fu subito chiaro che tutti e tre parlavano francese, inglese e<br />
tedesco: erano tutti di un'epoca in cui un'educazione classica era la<br />
norma, se si riceveva un'educazione. Fu chiaro che Karl e David<br />
erano stati assaliti in maniera simile, probabilmente dallo stesso<br />
essere. Un essere che aveva aggredito anche la zia di André, una<br />
della loro razza, ancora viva in Francia. Per lo meno Karl scoprì che<br />
erano più di tre, cinque complessivamente, se si contava anche<br />
quella pazza creatura, se era ancora in vita.<br />
A parte questo, nessuno dei tre conosceva gli altri. Tutti avevano<br />
avuto un'esperienza simile, la sensazione della presenza degli altri<br />
pur non avendoli incontrati mai.<br />
«Io sento», disse André per loro, «una forte attrazione e un<br />
altrettanto forte repulsione verso voi due».<br />
«Sì», disse David, «è come se temessi di essere fatto a pezzi nel<br />
sonno».<br />
«O di dover combattere con voi due per il cibo», aggiunse André.<br />
«Sento di dover stare in guardia. E comunque non avverto nessun<br />
intento malevolo da parte vostra».<br />
«Mi chiedo se si tratti di una reazione istintiva», disse Karl. «Alcuni<br />
animali sono così, non sono animali di branco, ma neppure inclini a<br />
essere del tutto solitari. Ciascuno di noi è stato costretto<br />
all'isolamento dalle circostanze».<br />
Questo aveva senso tanto per André che per David. E col tempo i<br />
loro timori si rivelarono ingiustificati. Tutti desideravano avere un<br />
contatto, e quell'unione divenne sicura e utile a tutti.
Ben presto affittarono insieme un appartamento a Manhattan,<br />
dove vissero per più di dieci anni. In quel lasso di tempo arrivarono<br />
a scoprire che, benché fossero estremamente diversi l'uno dall'altro,<br />
avevano molte cose in comune. E quello che condividevano di più<br />
era quella sensazione di non essere davvero vivi né davvero morti.<br />
Di essere isolati dai "mortali", come iniziarono a chiamarli. Di non<br />
possedere vere informazioni su cosa fossero, sulla storia della loro<br />
specie, la loro forza e i loro limiti. E questo amalgamare le tre menti,<br />
i tre cuori e i tre corpi, tre diversi approcci, si rivelò d'inestimabile<br />
valore poiché così erano in grado di provare a costruire uno schema<br />
per loro coerente e che definisse la loro specie. Ma più di tutto,<br />
aveva fornito loro quello di cui forse avevano più bisogno: amicizia.<br />
Qualcuno rispose dall'altro capo del telefono. Karl era ben<br />
conscio del fatto che quella telefonata a Montréal non era per<br />
chiedere aiuto ma per prendere congedo.<br />
David e André ascoltarono dagli altri telefoni della casa mentre lui<br />
parlava. Vi fu una pausa a Montréal, poi David disse: «Stai facendo il<br />
gioco di Antoine».<br />
«Lo so».<br />
«Antoine ti vuole morto, così come voleva Chloe, Kaellie e gli<br />
altri che ha distrutto. Proprio come vuole morti me e Morianna.<br />
Quelli che sono morti hanno ceduto perché desideravano morire».<br />
«E io non farò eccezione».<br />
«Smettila!», gridò André. Karl sapeva che André non poteva<br />
prenderla bene. Semplicemente non era nella sua natura. Ed era<br />
ancora scioccato dalla morte di Chloe. «Tu sei malato. Non sai cosa<br />
stai facendo. Dimmi dove sei e verrò da te».<br />
«No», disse Karl. «Devo abbandonare questa terra e devo farlo<br />
adesso. Dovete accettarlo. Non ha nulla a che vedere con nessuno di<br />
voi due...».<br />
«E invece sì! Pensi che la cosa non ci faccia star male? Pensi che<br />
tireremo avanti, come al solito? "Ah, tra l'altro, Karl si è dato fuoco.<br />
Passami il plasma"».<br />
Karl dovette sorridere. «Gerlinde ti ha influenzato, vero André? Il<br />
suo spirito. La sua vitalità».
«Sì, mi ha influenzato. Come noi tutti. La amo come una sorella,<br />
ma ucciderti perché lei ti ha lasciato è... pazzesco».<br />
«Ti stai ripetendo e senza un valido motivo. Ho preso una<br />
decisione».<br />
«Tu sei fuori di testa!».<br />
«Karl», disse David - nel corso degli anni era cambiato divenendo<br />
il più pacato dei tre - «noi tutti sappiamo cosa significhi voler morire.<br />
Non è una cosa strana nella nostra condizione. I mortali ci passano.<br />
Persino le balene si lasciano morire sulla spiaggia. Ogni essere<br />
vivente si trova in uno stato di entropia. Siamo combattuti tra salute<br />
e malattia, vita e morte. Certe volte viriamo in una direzione o<br />
nell'altra. Ma dobbiamo combattere per la vita».<br />
«Perché?»<br />
«Perché è tutto ciò che abbiamo».<br />
«Potrebbe esserci di più. Non lo sappiamo. Sono sempre stato un<br />
agnostico».<br />
«Come me, e come André. E molti di quelli della nostra razza.<br />
Non abbiamo la presunzione di sapere cosa, semmai, esista dall'altra<br />
parte, se c'è un'altra parte. Ma lo scopriremo quando ci arriveremo».<br />
«Se ci arriveremo. Potremmo non raggiungere mai quella<br />
condizione naturalmente».<br />
«Certo che ci arriveremo. Puoi vederlo negli anziani. In un certo<br />
senso nel loro declino. Antoine è il più anziano ma ha solo 700 anni.<br />
Perché pensi sia così? Dove sono gli altri, quelli prima di lui? Non<br />
può essere stato il primo».<br />
«Tutto questo è irrilevante, David. Ho preso la mia decisione.<br />
Queste sono domande che non mi pongo più. Voglio solo porre fine<br />
al dolore dell'esistenza».<br />
«Merde!», gridò André. «Stai scegliendo la strada più comoda e la<br />
chiami la via difficile. Fidati, mon ami, questa non è la risposta. Non<br />
lo era per quelli che sono morti e non lo è per te. Torna da noi.<br />
Possiamo pensare a un modo per aiutare Gerlinde. Per aiutarti. La<br />
nostra conoscenza collettiva farà la differenza, questo te lo<br />
prometto. L'ha fatta, per me e per David. E tu sei nostro amico. Non
possiamo permettere che tu muoia senza fare uno sforzo».<br />
Quelle parole toccarono Karl, ma il loro effetto non giunse<br />
abbastanza in profondità da modificare il suo proposito. «Addio,<br />
amici miei. Voglio bene a entrambi. Lo sapete. Fate i miei saluti agli<br />
altri, in particolare a Michel».<br />
Tutti fecero una pausa e, prima che un'altra parola potesse essere<br />
detta, Karl citò alcune frasi dalla Canzone d'amore di J. Alfred<br />
Prufrock di T. S. Eliot, uno dei poemi che amava di più. Il poeta<br />
iniziava dicendo di aver assistito al suo momento di maggior<br />
"splendore". E terminava con le parole: «Per farla breve, avevo<br />
paura». Poi Karl riagganciò.<br />
Non era quello il modo in cui voleva dire addio. Voleva la loro<br />
benedizione, anche se sapeva quanto la cosa fosse improbabile.<br />
Proprio perché si preoccupavano per lui, volevano tenere<br />
quell'atteggiamento. E se il loro affetto da solo avesse potuto fare la<br />
differenza, l'avrebbe fatta. Ma una cosa la sapeva: non avrebbe<br />
potuto avere amici migliori di André e David.<br />
Però la loro amicizia non era abbastanza. Non riusciva a farglielo<br />
capire. Quella che aveva avuto con Gerlinde era stata una relazione<br />
mista: madre/figlio; sorella/fratello; figlia/padre; fidanzato/fidanzata;<br />
e specialmente amicizia. Erano compagni nell'anima. Non poteva<br />
muoversi liberamente nel mondo senza questo, e non aveva nessuna<br />
speranza di riuscire a replicarlo con qualcun altro. Il suo istinto gli<br />
diceva che erano come i lupi dell'Artico che si accoppiano per la<br />
vita: quando uno muore, l'altro non si accoppia più.<br />
Tornò al capanno dov'era tutto pronto. Doveva semplicemente<br />
attaccarsi al corpo le catene che penzolavano dal soffitto poi<br />
accendere un fiammifero e gettarlo nel fieno zuppo di benzina.<br />
Sarebbe finita nel giro di pochi minuti.<br />
Quando tutto fu sistemato, quando si fu fissato per bene in modo<br />
da non poter fuggire, accese il fiammifero. E lo lanciò. Le fiamme<br />
s'innalzarono dalla paglia umida all'istante e si diffusero in cerchio<br />
intorno a lui. Si sentì come una strega al palo durante l'Inquisizione.<br />
Mentre le fiamme si facevano sempre più bollenti, fu preso dal<br />
terrore. Cercò di divincolarsi dalle catene, ma erano troppo robuste:
non era mai stato un tipo da mezze misure.<br />
Il fumo salì nell'aria mentre le fiamme divampavano intorno a lui,<br />
sfiorando le travi, divorando il tetto, le pareti. Karl fu preso dal<br />
panico. Non poteva credere di aver fatto questo a se stesso!<br />
Cominciò a gridare come qualunque essere fatto di carne in pericolo<br />
d'estinzione. I pensieri legati all'umiliazione per essere così codardo si<br />
sbriciolarono in polvere. Aveva paura di morire! Non voleva morire!<br />
Poi, girò leggermente la testa e intravide la cosa più sinistra che<br />
avesse mai visto. Fuori dalla finestra c'era Antoine, col volto<br />
appoggiato al pannello che guardava dentro: rideva compiacendosi<br />
di quello che accadeva. Le sue enormi fauci ticchettavano contro il<br />
vetro della finestra. Era lo stesso sguardo carico d'odio, la stessa<br />
diabolica risata che Karl conosceva da quando aveva lottato tra la<br />
vita e la morte davanti a quel mostro centocinquant'anni prima.<br />
Antoine l'aveva condotto là, alla sua fine. Non era più solo un<br />
pensiero. La realtà l'aveva sommerso. Troppo tardi.
CAPITOLO 15<br />
Karl sentì un lamento. La Lorelei! Quello strano pensiero baluginò<br />
nel suo cervello in fiamme, così inappropriato in quel frangente.<br />
Vide che anche Antoine aveva sentito quel gemito. Il volto grottesco<br />
dietro il vetro si contorse ancor di più e divenne più demoniaco,<br />
come di pietra. Ma la sirena gridò, la maledizione, un anatema,<br />
facendosi sempre più vicina. Karl guardò nuovamente verso la<br />
finestra, aspettandosi che Antoine si fosse trasformato nel diavolo<br />
stesso. Ma Antoine era scomparso.<br />
Karl sentì delle voci. Delle parole indistinguibili. Era già nell'aldilà?<br />
Le voci dei cherubini? Oppure dei serafini? In che luogo stava<br />
entrando? Cosa avrebbe incontrato di lì a breve? Fu colto dal<br />
panico. Poteva trattarsi dell'inferno e la sua specie, secondo le<br />
leggende, era stata relegata là!<br />
Gridò più forte ma la sua gola era irritata a causa del fumo e ne<br />
venne fuori soltanto un grido appena sussurrato. Le fiamme avevano<br />
raggiunto i suoi piedi. Le scarpe di pelle erano diventate roventi,<br />
come calzature di ferro. Il fuoco lambiva il tessuto dei suoi vestiti,<br />
surriscaldando il cotone in maniera eccezionale; la parte davanti dei<br />
pantaloni aveva già preso fuoco. Si agitava scomposto come una<br />
marionetta sforzandosi di arrestare le fiamme sul suo corpo.<br />
In alto, la trave cui erano legate le catene prese fuoco. Il metallo<br />
intorno alle caviglie, ai polsi e alla vita era già abbastanza rovente da<br />
causare ustioni di terzo grado. Si era intrappolato in un inferno e, a<br />
differenza di quello che si credeva comunemente, l'inalare fumo non<br />
gli fece perdere i sensi. Forse quelli della sua razza non avrebbero<br />
mai potuto ottenere una simile serenità.<br />
Un suono fragoroso, come un'esplosione. La porta si aprì verso<br />
l'interno. Apparve un essere di un altro regno. Un dio, oppure un<br />
demone. Con un'arma!<br />
Karl tremò di dolore e paura. Ma poi si rese conto di cosa c'era<br />
davanti a lui: un mortale, un uomo, gonfio nella sua tuta ignifuga<br />
arancione e con una maschera per l'ossigeno. Aveva con sé un<br />
enorme tubo e l'estremità di un potente getto d'acqua investì Karl,
sbattendolo all'indietro contro le fiamme alle sue spalle, ma le catene<br />
tennero e gli impedirono di cadere. L'acqua fredda lo bagnò<br />
all'istante, respingendo il fuoco. L'acqua aggredì subito le fiamme. Il<br />
fumo riempì la stanza, più di prima, man mano che l'acqua spegneva<br />
il fuoco. Il fumo era talmente denso che non riusciva a vedere, ma<br />
sentì che la trave in alto si stava spezzando. Si era indebolita e<br />
minacciava di cadergli sulla testa.<br />
I pompieri entrarono nel capanno con le accette, fendendo i<br />
cumuli di fieno ancora in fiamme, spaccando le pareti danneggiate<br />
per consentire all'aria di entrare e impedire al legno che si stava<br />
frantumando di causare danni. Uno di loro mise una maschera<br />
d'ossigeno sul naso e sulla bocca di Karl. Un altro entrò e rispose alla<br />
chiamata del primo: portò delle tenaglie e spezzò le catene. Proprio<br />
mentre stavano portando fuori Karl, la trave si spezzò in due e<br />
sbatté contro il pavimento. Il legno incenerito finì in mille pezzi.<br />
Pochi istanti dopo Karl era disteso per terra all'aperto, nella fresca<br />
aria notturna. Sentì un'altra sirena e si rese conto che stava per<br />
arrivare un'ambulanza che l'avrebbe portato via.<br />
Un vigile del fuoco gli stava parlando in francese e, benché lui<br />
parlasse bene quella lingua, decise di simulare di non saperla e parlò<br />
in tedesco: gli avrebbero fatto domande alle quali non voleva<br />
rispondere. Che pensassero pure si trattasse di un turista aggredito!<br />
Uno dei pompieri conosceva un po' di tedesco, ma non a<br />
sufficienza per fare una conversazione. Riuscì a dire: «È al sicuro.<br />
Stanno arrivando i soccorsi. La porteremo in un ospedale».<br />
Karl si sentiva semplicemente stordito e confuso. I polmoni e le<br />
narici erano intasati da quel fumo denso, anche se si stavano già<br />
liberando. Alcune parti del suo corpo erano diventate insensibili a<br />
causa del fuoco. Ma il suo cervello funzionava ancora e due pensieri<br />
richiedevano la sua attenzione: non poteva permettere che lo<br />
esaminassero; chi aveva chiamato i vigili del fuoco?<br />
Non era possibile semplicemente alzarsi e andarsene via. Doveva<br />
attendere fino a quando non l'avessero sistemato su un'ambulanza e<br />
portato in un ospedale. Durante il tragitto sarebbe potuto fuggire.<br />
L'ambulanza arrivò sul posto: un piccolo van con due paramedici.
Quasi nello stesso momento, giunsero altre persone: vicini curiosi;<br />
gente di passaggio che aveva fermato la macchina per assistere alla<br />
carneficina; cronisti autorizzati. I paparazzi - nel caso lui fosse stato<br />
qualcuno d'importante - gli fecero brillare i flash in pieno viso, per<br />
scattare delle foto. Aveva ancora le catene intorno ai polsi, alle<br />
caviglie e alla vita: sarebbero state immagini molto perverse! E<br />
fotografie dei resti del capanno. Karl girò la testa: l'edificio non c'era<br />
più. Il tetto e le mura erano collassati, il legno, ora annerito, era<br />
buttato a caso, ridotto a braci nel campo di fieno bagnato. In alto<br />
nel cielo c'era una nuvola grigia di fumo. C'era un puzzo ripugnante<br />
per via degli odori di carbone e benzina che indugiavano nell'aria.<br />
Karl ebbe un tremito e qualcuno disse: «Il a un choc!».<br />
Una barella di metallo fu deposta al suolo. Due paramedici, un<br />
uomo e una donna, presero posizione vicino alla sua testa e ai suoi<br />
piedi e dopo un un, deux, trois, lo misero sulla barella. La donna<br />
premette la leva a pressione, e la barella si alzò fino all'altezza della<br />
vita. L'uomo rimpiazzò la maschera per l'ossigeno che il pompiere<br />
aveva messo sulla bocca e sul naso di Karl con un'altra. Questa, si<br />
rese conto immediatamente Karl, non aveva il ricircolo: adesso<br />
riceveva ossigeno puro, invece di quello mescolato all'aria esterna<br />
fornitogli dalla precedente maschera.<br />
La donna controllò il battito cardiaco, sentì i polmoni e<br />
l'espressione contrariata sul suo volto convinse Karl a tossire forte, in<br />
modo da mascherare ciò che avrebbe potuto suonare strano alle sue<br />
orecchie.<br />
I paramedici parlarono tra di loro, controllarono le ustioni,<br />
applicarono compresse di soluzione salina sulle peggiori: un rimedio<br />
temporaneo fino a quando un dottore non avesse potuto esaminarle<br />
e decidere se era necessario un trapianto cutaneo.<br />
Karl cominciò ad agitarsi. Erano troppo vicini per non vedere il<br />
suo corpo che si rigenerava, per scoprire che i suoi organi non erano<br />
esattamente come dovevano essere. Che Karl non era quello che<br />
sembrava.<br />
Infilarono rapidamente la barella verso il fondo dell'ambulanza,<br />
ve la spinsero contro e le gambe anteriori si sollevarono<br />
automaticamente mentre scorreva al suo posto. La donna saltò
dentro insieme a lui, mentre l'uomo andò davanti e accese il motore.<br />
Il divisorio tra parte anteriore e posteriore venne chiuso. Il<br />
conducente avrebbe potuto vedere se si fosse girato indietro, ma<br />
solo così.<br />
Il van si mise in movimento e attraversò i campi diretto verso<br />
l'autostrada a velocità sostenuta, con la sirena che gli rimbombava<br />
nelle orecchie mentre sfrecciavano via. La donna gli aveva già messo<br />
una coperta, per lo shock, ed era intenta a preparare due grosse<br />
iniezioni endovena - l'etichetta su una valigetta diceva "Lactated<br />
Ringer" - un fluido sostitutivo di cui aveva letto, composto di<br />
lattosio, sale e vari minerali concentrati in plasma, per reintegrare<br />
parte dell'enorme quantità di fluido che aveva perduto. O almeno<br />
questo credeva lei. C'era un modo migliore a disposizione per<br />
reintegrarlo.<br />
Prese anche una busta di plasma da un piccolo frigorifero, da<br />
collegare alla siringa. Sistemò poi un monitor cardiaco sul suo petto<br />
ma non prestò subito molta attenzione al risultato che questo<br />
mostrava: Karl era ancora cosciente, quindi in vita.<br />
Aveva poco tempo per cambiare quella situazione. Lei stava già<br />
inserendo un ago nella fiala per prendere il suo sangue e<br />
determinarne il tipo, e lui non poteva permetterlo.<br />
All'improvviso, il monitor cardiaco emise uno strano rumore,<br />
attirando l'attenzione della donna. Lei si fermò un istante per<br />
guardare le linee che oscillavano violentemente, poi si voltò per<br />
guardare Karl.<br />
Lui balzò verso di lei, cogliendola impreparata, le mise le mani<br />
alla gola, mentre premeva il grosso nervo che corre lungo la parte<br />
anteriore del collo in modo tale che lei perdesse temporaneamente<br />
coscienza, prima di poter emettere alcun suono. Si divincolò solo per<br />
un istante, poi i suoi occhi si chiusero ma l'espressione di terrore che<br />
avevano stampata... Karl sapeva che si era accorta di aver a che fare<br />
con un essere non umano.<br />
Si guardò intorno. Il conducente era impegnato a evitare il<br />
traffico, e non guardava nel retrovisore dove avrebbe visto che cosa<br />
accadeva nel retro. Si presentò un'opportunità e Karl la colse. Aveva<br />
bisogno di sangue, e lei ne aveva nel suo corpo. La spinse sul
pavimento, giusto nel caso il conducente avesse guardato indietro,<br />
così non avrebbe visto molto. Karl perforò velocemente la gola della<br />
donna.<br />
Nel piccolo frigorifero c'erano altre tre buste di plasma. Afferrò i<br />
sacchetti e strappò via dal suo corpo gli aghi e i cavi del monitor<br />
cardiaco.<br />
L'ambulanza rallentò, curvò mentre saliva su una rampa, e Karl<br />
comprese che erano giunti all'ingresso di emergenza quando<br />
superarono il cartello con scritto: Urgence. Quello era il momento.<br />
Aprì il portello posteriore mentre il conducente parcheggiava<br />
l'ambulanza e spegneva il motore.<br />
In tre secondi Karl era uscito dal retro e sfrecciava più veloce di<br />
uno scattista per il prato, sull'autostrada, e oltre, fino al piccolo<br />
bosco dall'altra parte. Sopra la sua testa, un 747 volava basso; Karl<br />
comprese di essere vicino all'aeroporto.<br />
Si fermò nel bosco il tempo necessario a riflettere: non<br />
l'avrebbero cercato molto prima di chiamare la polizia. Non poteva<br />
restare là. Si fermò un attimo per aprire le buste di plastica e bere il<br />
plasma. Non servì a molto, né accelerò la guarigione. Per quello<br />
avrebbe avuto bisogno di vero sangue.<br />
Per istinto, si diresse verso l'aeroporto dove sapeva che avrebbe<br />
trovato della gente. Il sangue era una priorità, ma anche il trovare<br />
dei vestiti; i suoi erano a brandelli per le bruciature.<br />
Quando raggiunse il bordo della pista, si accovacciò basso al<br />
suolo, nascosto dall'oscurità della notte. Ben presto notò un operaio<br />
alla guida di un carrello elevatore che portava via i container<br />
alimentari vuoti da un aereo atterrato da poco. Scattò attraverso la<br />
pista illuminata alla velocità della luce. La tuta andava bene, ma la<br />
camicia era un po' stretta e le scarpe di una misura troppo piccole.<br />
Fino a quando non fosse riuscito a trovare nuovi abiti se li sarebbe<br />
dovuti far andar bene.<br />
L'operaio aveva un portafogli con dentro soltanto cinque franchi.<br />
Karl li prese, lasciò le carte di credito e appoggiò l'uomo quasi nudo<br />
alla ruota del suo carrello elevatore per riprendersi da quella che<br />
sarebbe sembrata una sbronza. Aveva ingerito dell'alcool, ma non
molto. Karl prese un po’ del suo sangue, che presentava tracce di<br />
vino, rosso, probabilmente Bordeaux: conosceva bene quella<br />
regione.<br />
Chiamo l'American Express per ottenere l'autorizzazione ad usare<br />
il suo credito pur non avendo la carta. Adorava l'American Express.<br />
Gli avrebbero mandato immediatamente una nuova carta all'Hilton<br />
dell'aeroporto. Chiamarono anche l'albergo per lui prenotandogli<br />
una stanza per la notte. In un negozio dell'aeroporto che vendeva<br />
magliette souvenir, felpe, calze e pantaloni da jogging con su<br />
stampato PARIGI, comprò dei vestiti nuovi. Non c'erano scarpe in<br />
vendita, ma riuscì a trovarne un paio nella toilette degli uomini<br />
quando entrò un tipo che portava il quarantatré. Karl era sempre<br />
stato grato alla fisiologia umana e al Dottor Spock per quella vena<br />
nel collo.<br />
Una volta vestito con capi che non attiravano fastidiosamente<br />
l'attenzione, si recò all'hotel e arrivò appena in tempo per prendere<br />
la sua carta di credito. L'accettazione all'hotel fu rapida e ben presto<br />
fu nella sua stanza che leggeva l'ora sulla radiosveglia. Le 5:45. Il sole<br />
sarebbe sorto alle 6:30, e lui aveva disperatamente bisogno di<br />
dormire. Ma prima di tutto, aveva bisogno di pensare.<br />
Morire, adesso se ne rendeva conto, non era la soluzione. Non<br />
così. Se fosse dovuto morire, allora che succedesse dando battaglia<br />
ad Antoine. Soccombere direttamente a quel mostro, in battaglia,<br />
questo poteva farlo. Sottomettersi come aveva cercato di fare, con la<br />
sua nemesi che lo guardava spirare, crogiolandosi della sua vittoria:<br />
Karl non era il tipo da diventare la vittima di un simile tipo di<br />
conquista.<br />
Quello che aveva tentato di fare a se stesso l'aveva traumatizzato<br />
al punto da renderlo cosciente. Poteva essere stato soltanto Antoine<br />
a chiamare i vigili del fuoco affinché arrivassero appena in tempo<br />
per salvarlo, dopo essersi sincerato che Karl avesse visto di essere<br />
spiato da quel volto orrendo... Antoine l'aveva fatto solo per un<br />
motivo: accrescere la sua sofferenza. Quel sadico l'aveva spinto fino<br />
al suicidio, poi l'aveva strappato dalle grinfie della morte<br />
semplicemente per vedercelo sprofondare di nuovo: di questo Karl<br />
era certo. Antoine poteva farlo molte altre volte, per secoli, senza
mai lasciar morire Karl, senza mai lasciarlo vivere appieno tenendo<br />
Gerlinde sempre lontano da lui. Un perfetto gioco del gatto con il<br />
topo, con Gerlinde a fare da esca.<br />
Karl non ci avrebbe giocato. Non l'avrebbe fatto e basta. Doveva<br />
esserci un altro modo. E se c'era, lui l'avrebbe trovato. Prenotò il<br />
primo volo dopo il tramonto per Montréal.
CAPITOLO 16<br />
«Se vuole stare insieme a lui, non mi sembra ci sia molto che<br />
possiamo fare», disse André. «Gerlinde è in grado di prendere le sue<br />
decisioni. Non sembra che sia stata rapita o ipnotizzata».<br />
«Tu non l'hai vista», disse Karl. «La freddezza nel suo sguardo. Le<br />
cose che mi ha detto. Era così diversa da com'è lei».<br />
«Ma David era vittima di un incantesimo, e lui sembrava<br />
palesemente ipnotizzato. Non riusciva neppure a parlare».<br />
«Per me può essere stata una cosa diversa», disse David. «Io e Ariel<br />
abbiamo avuto una relazione sessuale...». Fece una pausa,<br />
rendendosi all'improvviso conto di quello che stava dicendo.<br />
André finì la frase per lui. «Affrontalo: Antoine si sta scopando<br />
Gerlinde. Fa parte di tutta questa storia».<br />
Non c'era bisogno di essere tanto espliciti, dato che tutti e tre<br />
conoscevano il potere dell'intimità sessuale che si stabiliva con uno<br />
della loro specie. Creava un legame che era difficile recidere. "E<br />
comunque", pensò Karl, "Antoine è riuscito a mettersi tra noi. È<br />
riuscito a spezzare il nostro di legame".<br />
Carol aveva messo una dozzina di bicchieri di sangue davanti a<br />
Karl, e lui ne bevve due consecutivamente. Ne aveva già buttato giù<br />
un litro e mezzo nella prima ora da quando era arrivato. A quel<br />
ritmo, per l'alba il suo corpo sarebbe guarito dalle scottature.<br />
«Dobbiamo pensare solo a proteggere te», disse David. «E<br />
Morianna. E me. Siamo i tre che sta cercando. Gerlinde è una<br />
pedina».<br />
«Pedina o no», disse Karl, infastidito, «non la abbandonerò. Voglio<br />
che lei stia lontana da lui: allora sarà in grado di prendere una<br />
decisione autonoma. E lo voglio morto. Mi aiuterete in questo<br />
oppure no? O le promesse di aiuto erano vuote parole?»<br />
«Calmati», disse André. «Stiamo solo parlando. Dobbiamo<br />
organizzarci prima di decidere che cosa fare. Antoine non è un<br />
avversario facile».
«Lui», disse Morianna, «è un avversario formidabile. E abbiamo<br />
poche speranze di sconfiggerlo».<br />
Quell'affermazione disfattista da parte di Morianna, di solito<br />
enigmatica ma ottimistica, fece calare una coltre sinistra nella stanza.<br />
Julien sedeva in un angolo, con le gambe allungate su un<br />
poggiapiedi. Come Diabella, la sua gatta nera, che era distesa a<br />
sinistra dei suoi piedi; Jeanette era appollaiata su quello che restava<br />
dell'ottomana alla destra di Julien. Claude e Susan erano con Michel,<br />
vicino alla finestra.<br />
Carol, Kathy, David e André sedevano in fila, in quell'ordine, sul<br />
divano lungo. Morianna e Wing avevano una poltrona ciascuno.<br />
Molti altri, tra cui Gertig, che sembrava afflitto, erano sparpagliati<br />
per la stanza.<br />
Senza Chloe e Gerlinde a quell'incontro, a Karl il gruppo<br />
sembrava smembrato. Era ben cosciente che adesso erano di meno.<br />
Tutti insieme, superavano Antoine di quasi venti volte, e lui sapeva<br />
che ciascuno di loro sentiva che anche riuniti non potevano<br />
competere con Antoine. Il dominio che aveva sugli altri esseri era<br />
terrificante, e rese Karl furioso. «Sentite, lui ha un piano più<br />
ambizioso del nostro semplice sterminio».<br />
«Che cosa te lo fa pensare?», chiese André.<br />
«Quello che mi ha detto Gerlinde. Il potere che lei brama... Non è<br />
semplicemente girare intorno ad Antoine. Lui le ha promesso<br />
qualcosa che io non posso darle».<br />
«Sarebbe?»<br />
«La mortalità».<br />
«La morte?», chiese Carol.<br />
«No, essere di nuovo mortale. O piuttosto, avere la possibilità di<br />
essere mortale quando lui vuole esserlo. È quello che ha sempre<br />
desiderato. L'hai detto tu stesso, Julien».<br />
«È così», disse Julien dopo una pausa, «questo è ciò che Antoine<br />
desidera, sì. Se lo vuole per lo stesso motivo per cui lo voleva in<br />
passato, non saprei dirlo. Di certo i suoi piani devono essere<br />
cambiati dopo Ariel».
«I suoi piani sono cambiati», disse David, «perché adesso agisce da<br />
solo».<br />
«No, lui ha Gerlinde», gli ricordò Karl.<br />
«Sì, ma lei non possiede la forza che hanno molti di noi in questa<br />
stanza. L'ha presa come esca per te...».«Lo so! Questo è ovvio, e<br />
l'abbiamo già analizzato. Ma io sento che vuole qualcosa di più. Io<br />
credo che voglia ancora Michel».<br />
«Se voleva mio figlio», disse Carol tesa, «allora avrebbe potuto<br />
prenderlo al cimitero, invece di uccidere Chloe».<br />
«Avrebbe potuto, sì. Ma Antoine sa che Michel può essere<br />
tracciato da te, da André e da altri qui, dato che molti di noi hanno<br />
assaggiato il suo sangue proprio per quello... per tracciarlo in modo<br />
da poterlo proteggere dopo quello che è accaduto. E Antoine sa<br />
anche per esperienza che, se dovesse rapire Michel adesso, nessuno<br />
di noi avrebbe pace fino a quando non l'avremmo nuovamente<br />
ripreso. Ci daremmo all'inseguimento en masse e lo troveremmo per<br />
mezzo di Michel».<br />
«Perché è un ragazzo e noi ci preoccupiamo di lui», Kathy lo disse<br />
più per fare una affermazione che non per porre una domanda. Era<br />
un argomento a lei assolutamente familiare.<br />
Karl annuì e bevve il contenuto del terzo bicchiere.<br />
«C'è un altro aspetto», disse mentre prendeva un altro bicchiere.<br />
«Vai avanti», lo incoraggiò André.<br />
«Chloe stava vivendo la fase della morte. Io credo che sia stata<br />
spinta da diverse cose. Una è stata la paralisi di fronte ad Antoine,<br />
che l'ha colta alla sprovvista mascherando il proprio odore per<br />
eludere le sue abilità percettive. Inoltre, lei era già stata vittimizzata<br />
da lui, in un modo molto simile, del cui precedente abbiamo già<br />
discusso. Ma io credo anche che Chloe stesse cercando di proteggere<br />
Michel. Io credo abbia pensato che se avesse distratto Antoine,<br />
Michel sarebbe fuggito via. Non credo che lei comprendesse il<br />
quadro generale, ma sapeva che Michel era in pericolo, e aveva<br />
ragione».<br />
Tutti nella stanza ci rifletterono su per qualche momento. Fu
André a dire: «Grazie».<br />
Karl annuì. Aveva compreso. André aveva bisogno di dare alla<br />
morte di Chloe un significato più alto. Era così per tutti loro, come<br />
lo era stato per lei stessa.<br />
Alla fine, Julien disse: «Credo di essere d'accordo con il tuo<br />
ragionamento. Antoine non vuole un altro scontro frontale. Vuole<br />
erodere dall'interno fino a quando le nostre forze saranno troppo<br />
indebolite per opporgli molta resistenza». Wing annuì.<br />
«Avevamo discusso questa possibilità in particolare», disse<br />
Morianna.<br />
«E allora perché», chiese Karl, «non ce l'avete detto?»<br />
«Dovevamo esserne certi. Dalle informazioni aggiuntive che ci hai<br />
fornito, adesso tutto ha perfettamente senso», disse Julien.<br />
«Be', io non ci credo». André si alzò all'improvviso e Karl vide che<br />
era più teso di prima. La perdita di Chloe, l'idea che Antoine volesse<br />
Michel... semplicemente André non era in grado di sopportare altro.<br />
«Quello che vedo», disse Karl cercando di metterla in modo<br />
semplice, «è che Antoine vuole sbarazzarsi di tutti quelli di noi che<br />
può. Ha cominciato con quelli creati da lui, quelli che è in grado di<br />
tracciare e che sono più facili da gestire, dato che siamo<br />
automaticamente intimiditi da lui e dunque facili prede, forse facili<br />
come lo eravamo prima, quando ci ha trasformato. Non appena<br />
entriamo nella fase della morte, ecco fatto!».<br />
David annuì. «È giusto. Sbarazzatosi di te, poi presumibilmente di<br />
Morianna e di me, avrebbe lasciato Kathy in lutto a causa mia,<br />
André ancora più afflitto per me e per te, e probabilmente Julien e<br />
Wing sarebbero stati intimiditi poiché avrebbe preso un'altra<br />
anziana... E così via. Il risultato di tutto questo sarebbe stato che<br />
sarebbero rimasti molti meno membri forti della nostra comunità<br />
contro cui lottare, e la comunità sarebbe stata sconfitta. Impaurita.<br />
Vulnerabile».<br />
«Il che significa che Michel sarebbe stato ancor più vulnerabile»,<br />
disse Carol, «e ci sarebbero stati meno di noi a proteggerlo». Il<br />
terrore nella sua voce era ben evidente. André si sedette<br />
immediatamente al suo fianco e le prese la mano. Guardò Karl dritto
in faccia. «Credo di essere d'accordo con tutto, adesso che lo sento di<br />
nuovo. È quello che farebbe chiunque di noi se desiderassimo<br />
terribilmente qualcosa e ci fosse di mezzo una comunità».<br />
«Dividi e conquista», disse Julien. «Un'antica strategia militare.<br />
Antoine ha letto Machiavelli. Potrebbe persino averlo conosciuto: io<br />
l'ho conosciuto. Una volta decimata la nostra comunità, non sarebbe<br />
difficile per Antoine portarci via il nostro Michel. I nostri sforzi per<br />
salvarlo sarebbero ancor più difficili. Le nostre schiere ridotte nel<br />
numero, e già emotivamente soggiogate».<br />
«D'accordo», proseguì André, «conosciamo il suo piano. Michel,<br />
questo crede lui, è il suo obiettivo per ottenere la mortalità. Come<br />
possiamo togliergli dalla testa quest'idea ridicola?»<br />
«Non possiamo», disse Wing. «E per un motivo semplice».<br />
«Sarebbe?»<br />
«È la verità».<br />
Questo sorprese tutti, specialmente Michel che era rimasto<br />
tranquillamente seduto ad ascoltare. Il ragazzo balzò in piedi. «Che<br />
cosa significa? Ditemi».<br />
Wing si girò verso Julien il quale annuì, poi verso Morianna, che<br />
non diede alcun segno percettibile di convenire con quello che stava<br />
per dire lui, anche se Wing doveva aver colto qualche cosa. Si diresse<br />
verso Michel e mise una mano sulla spalla del ragazzo con fare<br />
paterno. «Michel, dovrai essere forte adesso. Quello che sto per dirti<br />
è basato su un'antica leggenda, non dell'Occidente, ma dell'Est.<br />
Antoine ha trascorso molto tempo in Oriente. Julien lo sa».<br />
Julien annuì di nuovo.<br />
«La storia che sto per raccontare non fa parte della mia cultura,<br />
bensì di un popolo che ha vissuto nel Sud Pacifico, su un'isola della<br />
Polinesia a nord-est della Nuova Zelanda. Un piccolo mondo che il<br />
tempo ha dimenticato. Un mondo che evolve in maniera<br />
estremamente lenta. Così lenta che se non si fosse verificata in quella<br />
regione un'esplosione atomica nella metà del ventesimo secolo, forse<br />
quelle persone esisterebbero ancora. Ma non ci sono più».<br />
«Sembra qualcosa tipo il continente perduto di Atlantide», disse
Michel.<br />
«Forse, sotto certi punti di vista, erano una civiltà come Atlantide.<br />
Quelle persone venivano chiamate Anga-m'a. Come ogni altra<br />
cultura della terra, passata e presente, avevano delle leggende<br />
riguardo i vampiri. Le loro erano basate su un pipistrello vampiro<br />
che vive in quella regione. Questo pipistrello vampiro era molto più<br />
grosso della varietà sudamericana. Puoi immaginare come sia stato<br />
per loro. Sulla loro piccola isola solitaria di circa tre miglia quadrate,<br />
un pipistrello delle dimensioni di un grosso topo piombava dal cielo<br />
di notte attaccando spesso non soltanto gli animali ma anche i nativi.<br />
Come noi tutti sappiamo, si parlava di vampiri già negli scritti del<br />
2500 avanti Cristo: nell'Epica di Gilgamesh vi si fa riferimento come i<br />
"portatori di morte". Così tante variazioni nel corso dei secoli in così<br />
tanti luoghi della terra. L'immaginazione è davvero il bene più<br />
grande dell'umanità.<br />
Per gli Anga-ma'a, che vivevano un'esistenza semplice in<br />
comunione con la natura, ai nostri occhi idilliaca - alzarsi con il sole e<br />
dormire quando questo tramonta, prendere i pesci dall'oceano, i<br />
frutti dagli alberi, ripopolando il loro piccolo mondo - il pipistrello<br />
vampiro era un mostro temibile che portava malattia e morte. E<br />
comunque quella creatura era parte del loro mondo, e loro come<br />
tale l'accettavano».<br />
«È un dato», lo interruppe Morianna, «che più una società integra<br />
la morte nella sua cultura, affrontandola direttamente, più quelle<br />
persone daranno valore alla vita sforzandosi di vivere».<br />
«Intorno a noi vediamo l'opposto, specialmente in Occidente. Qui<br />
la morte viene nascosta. I morti vengono dimenticati ancor prima di<br />
morire. I vecchi vengono lasciati ad affrontare questo passaggio<br />
insieme a degli estranei che poco si occupano delle loro anime. Non<br />
vi è senso di continuità. E, una volta spirato il corpo, vengono<br />
bruciati o sepolti da persone che, invece di seguire l'istinto naturale<br />
di affliggersi per la perdita e augurare al defunto un viaggio sereno,<br />
celebrano piuttosto la vita, come fosse tutto quello che conta. E si<br />
tratta, ovviamente, di un modo per evitare le emozioni e accrescere<br />
l'isolamento. Noi, sopra tutte le creature, comprendiamo i pericoli<br />
dell'isolamento».
Si fermò un istante, guardò Wing e disse: «Non intendevo sviare il<br />
tuo discorso».<br />
«Al contrario», disse lui, «hai presentato un ingrediente che<br />
contribuisce alla ricchezza dell'insieme». Si inchinò leggermente. «Te<br />
ne sono grato».<br />
Wing si sedette vicino al caminetto, di fronte a tutti loro. Raccolse<br />
il suo borsello che era rimasto appoggiato là, e da questo estrasse un<br />
contenitore stretto e piatto, che poteva forse ospitare un rotolo di<br />
carta. Il contenitore, come tutto ciò che portava nella sua borsa, era<br />
di un materiale di qualità, in questo caso morbida pelle, ma<br />
comunque sufficientemente solida da mantenere la sua forma. La<br />
pelle era tinta di un rosso sangue, e fissata con un nastro nero e<br />
argento. Aprì il contenitore per rivelare quello che a Karl parve<br />
essere un pezzo di pergamena. Wing armeggiò con l'estremità<br />
inferiore dell'astuccio che teneva la pergamena con delicatezza. Era<br />
molto vecchia, questo era evidente. Gentilmente, sistemò la<br />
pergamena sempre stesa sul fondo dell'astuccio sopra il tavolino da<br />
caffè.<br />
Gli altri nella stanza si avvicinarono per vedere meglio, tutti<br />
tranne Julien e Morianna che sembrava l'avessero già vista prima.<br />
«Questo schizzo è stato realizzato quasi duecento anni fa da una<br />
donna dell'isola. Mostra il demone vampiro che loro credevano<br />
essere il padre di quei temuti pipistrelli vampiro. Un demone che era<br />
in grado di tornare dalla morte nutrendosi del sangue dei vivi. L'ha<br />
disegnato con la punta acuminata di un ramoscello di bambù,<br />
intingendola nel suo sangue».<br />
Lo schizzo era sopra una foglia secca brunastra che Karl sapeva<br />
essere quella di un albero di tapa, non più lunga né più larga di<br />
quindici centimetri, che però non era assolutamente regolare né<br />
uniforme. Sopra c'erano dei segni, color ruggine sbiadito, ma anche<br />
dopo così tanto tempo, tutti nella stanza sentivano senza dubbio che<br />
era sangue.<br />
Il demone raffigurato era qualcosa di simile a un doccione, parte<br />
pesce, parte albero e parte uomo. Più che altro, assomigliava a un<br />
grande topo con le ali e due denti aguzzi, sia sopra che sotto. Karl<br />
pensò che era paragonabile, almeno da quel punto di vista, ad
alcune maschere demoniache provenienti dallo Sri Lanka che aveva<br />
visto. Era un'opera semplice, primitiva, l'immaginazione di una<br />
ragazza del posto che dipingeva con quello che la circondava. Lo<br />
stile gli ricordò le pitture murali che aveva visto a Lascaux. Quello<br />
che rendeva singolare il lavoro era il modo in cui aveva dipinto gli<br />
occhi del demone. Perforavano chi guardava, e Karl si sentì quasi<br />
attraversato da un rombo, come se la terra stesse tremando. La cosa<br />
più sorprendente era che aveva catturato alla perfezione gli occhi di<br />
Wing.<br />
«Formidabile», riuscì a dire Carol. «Davvero sorprendente».<br />
Karl si guardò intorno e vide lo stesso sguardo stupefatto sul volto<br />
di tutti i presenti.<br />
Il profumo del sangue utilizzato per il disegno era intenso, più di<br />
quanto avrebbe dovuto essere dopo duecento anni.<br />
Quasi avesse compreso quella domanda non posta, Wing disse: «Il<br />
suo sangue era eccezionale. Era un sangue puro, con capacità<br />
psichiche, dunque potremmo definirla una strega o una maga.<br />
Quella gente non aveva un altro termine per definirla se non<br />
proprio il suo nome, che era lo stesso di sua madre, e della madre di<br />
quest'ultima, e così via dicendo. Si chiamava Fefine taula-fa'ahikehe.<br />
Conosceva il passato e il futuro, e aveva predetto l'estinzione della<br />
sua razza. E comprese quello che ero non appena giunsi sull'isola».<br />
«L'hai... presa?», chiese con tatto David.<br />
«Sì. Ovviamente. Allora, sentivo che era mio diritto. Era un<br />
equilibrio che comprendevamo entrambi. Io avevo bisogno della sua<br />
vita per sopravvivere, e lei aveva bisogno di offrirla in cambio della<br />
sopravvivenza della sua gente».<br />
«Ma la sua gente non è sopravvissuta», disse Michel.<br />
«No, non sono sopravvissuti».<br />
«Allora non è giusto. Tu le avevi promesso qualcosa...».<br />
«Io le promisi soltanto il suo destino. Non potevo salvare quelle<br />
persone, e comunque la sua essenza è ancora dentro di me. Non è<br />
morta invano. A dire il vero, non è morta, dato che parla attraverso<br />
la mia voce, e tutti quelli che sono venuti dopo di lei che mi hanno
incontrato, hanno udito la sua voce».<br />
Quelle informazioni li resero pensierosi. Karl si guardò intorno<br />
nella stanza. Buona parte di quegli esseri erano stati creati negli<br />
ultimi duecento anni. Molti di loro non avevano mai ucciso, o non<br />
avevano ucciso da quando avevano trovato un altro approccio con i<br />
mortali. Gli anziani però - Wing, Julien, Morianna... forse Gertig -<br />
avevano vissuto in un'altra era, con altre intenzioni. Karl non ci<br />
aveva mai pensato davvero, ma ciascuno di loro doveva aver preso<br />
diverse vite. E come sarebbe stato, in che modo questo potesse<br />
alterare una persona fisicamente, mentalmente, emotivamente e<br />
spiritualmente poteva solo immaginarlo. Il sangue che Karl ingeriva<br />
era come la carne che i mortali acquistavano al supermercato, scissa<br />
dalla sua fonte, la carcassa di un animale macellato dal quale è stata<br />
tagliata via una parte. Karl e gli altri prendevano il sangue da un<br />
mortale una volta ogni notte, mezzo litro o un litro, non una<br />
quantità sufficiente per recare danno al mortale. E in rare occasioni,<br />
da uno stock di sangue contaminato proveniente da una banca del<br />
sangue che una società fittizia di loro proprietà acquistava a scopo di<br />
ricerca. Le sostanze infette non erano dannose per loro, e quella<br />
fonte era necessaria: non sapevano mai quando si sarebbe potuta<br />
creare una situazione d'emergenza. Era il sangue che stava bevendo<br />
Karl in quel momento, e non ne aveva preso che pochi bicchieri.<br />
Guardò Morianna, così calma, sofisticata, Julien, il solo patriarca<br />
sul quale tutti loro contavano per la lucidità del pensiero e Wing,<br />
che forniva alla comunità un legame con quella parte del loro spirito<br />
dal quale tutti loro erano stati separati. Questi tre, sopra tutti gli<br />
altri, sapevano com'era fatto Antoine, perché erano quelli più simili<br />
a lui.<br />
«La ragazza», disse Wing, «l'ha disegnato la notte in cui è morta. È<br />
un'immagine del fa'ahinga peka'oku misi toto. L'immagine di un<br />
vampiro. La mia immagine».<br />
«La somiglianza è evidente», disse Julien con un sorriso accennato,<br />
e Wing ricambiò quel piccolo sorriso di complicità.<br />
«L'ha disegnato dopo che l'ho prosciugata del sangue».<br />
La stanza rimase avvolta nel silenzio. Alla fine, Kathy disse quello<br />
che loro tutti stavano pensando. «Come?»
«Dopo aver bevuto, lei ha continuato a vivere in me, e per causa<br />
sua io sono cambiato. Sono tornato nuovamente umano».<br />
«Ma come può essere?», chiese David. «Anche se era una maga,<br />
questo non avrebbe fatto di te un mortale».<br />
«La sua gente ha protetto lei e le donne della sua stirpe. Vedete,<br />
tra i suoi antenati, in un tempo immemorabile, una delle donne era<br />
stata con un immortale. Forse un mezzo uomo e mezzo demone».<br />
«C'è stato un altro come me?», disse Michel stupefatto. «Wow!».<br />
«Come te, non saprei. Non so se quello che incontrò la sua<br />
antenata era uno come noi. Da questo ritratto, non penso, ma non<br />
posso esserne certo. Sono certo solo del fatto che il suo sangue mi ha<br />
trasformato, temporaneamente. E per un breve periodo sono<br />
tornato al mio stato mortale. Perché questo potesse accadere, lei<br />
doveva morire».<br />
Tutti nella stanza rimasero in silenzio per un po', fino a quando<br />
Wing aggiunse: «Quello che ho fatto, non potevo evitarlo. Ci<br />
nutriamo e viviamo. Arriviamo a una prospettiva che ci permette di<br />
essere selettivi, di avere una parvenza di controllo sulle nostre<br />
passioni. Ma è soltanto una cosa di facciata. Sotto, siamo dei<br />
predatori. Qualunque preda in grado di arricchirci è desiderabile. E<br />
nessuno qui avrebbe potuto agire diversamente da come ho fatto<br />
io».<br />
«Perché non l'abbiamo saputo prima?», disse André gentilmente.<br />
«Come possiamo salvaguardare Michel se non sappiamo tutto?»<br />
«Stavamo cercando di proteggere Michel», disse Morianna. «E<br />
adesso conoscete la verità. Non devi mai dimenticare, André, che<br />
noi tutti siamo dei predatori, tu incluso».<br />
«Se stai dicendo che io oppure André potremmo aggredire nostro<br />
figlio...», disse Carol, alzandosi all'improvviso, col corpo teso,<br />
scuotendo involontariamente la testa. «Non è possibile, punto».<br />
«Forse», le disse Morianna. «Ma forse no. Quando si verifica la<br />
fase della morte, una persona non è più... come potrei dire, non si<br />
tratta di una questione di mente giusta o sbagliata...».<br />
«Una persona non è più la stessa», suggerì Wing.
«Sì. Non si è più se stessi. L'universo ha senso in base a un insieme<br />
diverso di parametri, una logica di un livello differente. Quello che<br />
era impensabile, diviene desiderabile, per motivi che hanno senso. Il<br />
possibile diviene probabile».<br />
Tutti presero a parlare nello stesso momento, e in un istante il<br />
vocio all'interno della stanza crebbe considerevolmente.<br />
David disse a Wing: «Come fai a sapere che questo cambiamento<br />
avrebbe luogo bevendo il sangue di Michel? Non hai fatto la stessa<br />
esperienza. Quella maga era di una lunga discendenza di sangue<br />
puro, e noi non sappiamo a quale genere di entità si fosse legata la<br />
sua antenata. Michel è un essere per metà nel nostro mondo, e il suo<br />
sangue potrebbe non alterare l'equilibrio?»<br />
«Non lo sappiamo», disse Wing. «Ti ho riferito una leggenda, una<br />
delle centinaia che i mortali hanno intessuto per spiegare quello che<br />
è inspiegabile. Vi sono altre leggende che narrano di come il<br />
vampiro possa diventare mortale».<br />
Karl pensò ad alcune delle leggende sui vampiri. Gli zingari di<br />
fede musulmana e alcuni serbi e albanesi credevano che se un<br />
vampiro poteva sopravvivere trent'anni, questo o questa poteva<br />
diventare nuovamente mortale. Un racconto dell'Ucraina narrava di<br />
un ragazzo che aveva salvato un'icona di San Michele per poi<br />
viaggiare all'estero con gli zii mercanti. In un altro impero, la figlia<br />
dello zar si era recata al fiume per fare il bagno e non si era segnata<br />
prima di entrare in acqua. Uno spirito malevolo si era impossessato<br />
di lei. Si era ammalata ed era morta. Lo zar aveva richiesto che tutti<br />
leggessero delle preghiere per lei in modo da esorcizzare lo spirito<br />
maligno, e chiunque fosse stato in grado di liberarla avrebbe avuto<br />
metà del suo regno. Ogni sera uno degli abitanti del villaggio si<br />
recava nella chiesa per leggere delle preghiere, e ogni mattina il<br />
becchino spazzava via un cumulo di ossa umane fuori dalla porta. Lo<br />
zar allora decretò che anche tutti i forestieri dovessero leggere<br />
preghiere, in modo che non venissero distrutti tutti i nativi. Tutti gli<br />
zii del ragazzo lo persuasero ad andare al loro posto a leggere le<br />
preghiere, e ogni volta San Michele avvertiva il ragazzo su come<br />
evitare che la ragazza vampiro lo mordesse: la prima notte<br />
sparpagliò una cesta di frutta più volte, cosa che la tenne occupata a
accoglierle; la seconda notte usò una cesta di noci; la terza si unì a<br />
lei nella bara prima che potesse uscirne. Anche San Michele entrò<br />
dentro la bara. Lei si destò, e il ragazzo non la fece uscire fino a<br />
quando lei non l'ebbe chiamato "Mio sposo". Lei resistette,<br />
supplicandolo a lungo, ma quando cantò il gallo all'alba, alla fine lo<br />
chiamò in quel modo. Furono trovati insieme a pregare alla luce del<br />
sole, dopodiché lei venne di nuovo battezzata dato che lo spirito<br />
malevolo se n'era andato.<br />
Nonostante questo e altri miti che sembravano molto infantili ed<br />
erano ovviamente semplici metafore delle paure e delle speranze,<br />
Karl sentì che c'era qualcosa di diverso nella leggenda del Sud<br />
Pacifico. Non fu subito in grado di indicare cosa, ma all'improvviso,<br />
quando Michel disse: «Be', immagino allora che farei bene a non<br />
tagliarmi. Non si sa mai chi potrebbe essere nella fase della morte e<br />
potrebbe volermi leccare il sangue per trasformarsi in un pipistrello o<br />
altro», tutto combaciò. Fu come se le parti di metallo si fossero<br />
combinate tra loro e adesso fosse in grado di vedere l'intero<br />
meccanismo.<br />
«Ci sono!», disse di colpo.<br />
Gli altri, che stavano discutendo la storia riportata da Wing, oltre<br />
ad altre cose, smisero di parlare e lo guardarono.<br />
Si sentì improvvisamente euforico, più leggero, pieno di speranza<br />
riguardo un esito positivo per tutta quella storia. La risposta era<br />
semplice ed era già da un po' proprio davanti ai loro occhi.<br />
«Riguarda le cellule!».<br />
«Spiegati», disse David.<br />
«Va bene. Ascoltate». Karl bevve gli ultimi due bicchieri di sangue.<br />
«I mortali hanno in sé delle cellule pre-programmate, cellule che<br />
hanno un preciso lasso di vita e che poi muoiono. Ma noi siamo<br />
immortali, o almeno lo siamo finché non scatta la fase della morte,<br />
quando c'è una possibilità, e sembra una buona possibilità, di poter<br />
soccombere. Il che potrebbe voler dire che anche noi abbiamo delle<br />
cellule pre-programmate».<br />
«È un'esagerazione», disse David.<br />
«No, non lo è. Quando ho analizzato il sangue di Chloe, uno dei
globuli rossi presentava un nucleo. Come ho accennato tempo fa, in<br />
un mortale i globuli rossi maturi espellono il nucleo e, se non lo<br />
fanno, questo è indicativo di una malattia. Una malattia che<br />
scaturisce da una simile cellula anomala è una cosa seria che può<br />
portare alla morte. Quella cellula in Chloe era malata e avrebbe<br />
portato alla morte, proprio come la cellula di un mortale con il<br />
nucleo. È solo che per la nostra specie si tratta di una cosa meno<br />
ovvia...».<br />
«Perché le nostre cellule presentano già di per sé delle stranezze»,<br />
disse Michel. «Dunque noi non siamo in grado di stabilire cosa può<br />
esserci dentro e cosa no».<br />
«Esattamente! Per nostra natura noi siamo già una mutazione,<br />
un'aberrazione. Siamo dei mostri. E poiché abbiamo una così<br />
singolare mescolanza di cellule umane, animali e vegetali, e altre<br />
cellule che non siamo in grado di classificare, una mutazione in una<br />
delle nostre cellule dovrebbe poter essere rialterata perché le<br />
molecole che si legano per creare quella cellula possano anche legarsi<br />
con le altre, e alterare nuovamente la cellula».<br />
«Puoi spiegare più semplicemente?», disse Kathy.<br />
«Okay. Michel è di sangue puro. Non ha mai cacciato, non ha mai<br />
perforato una vena per prendere il sangue direttamente da un<br />
mortale, ma ha bevuto solo indirettamente. Il suo sangue è talmente<br />
puro che dovrebbe avere effetto su di un globulo rosso mutante che<br />
presenti un nucleo, costringendolo a espellerlo. In altre parole, le<br />
cellule del suo sangue elimineranno le cellule della fase della morte.<br />
E quella cellula con il nucleo riguarda proprio questo. Si tratta di una<br />
cellula destinata a morire: una cellula propria della fase della morte».<br />
«Stai dicendo che è la cellula a innescare la fase della morte?»,<br />
chiese David.<br />
«Non credo esista un modo per stabilire se la cellula causi la fase<br />
oppure se la fase alteri la cellula. È un po' come la storia dell'uovo e<br />
della gallina: chi è nato prima. E in fin dei conti non ha molta<br />
importanza».<br />
«Quindi il suo sangue può "curare", se vuoi, la cellula interessata<br />
dalla fase della morte».
«Io credo che il suo sangue possa fare molto più di questo. Penso<br />
possa fare quello che il sangue della maga ha fatto per Wing.<br />
Invertirà il movimento verso la morte che noi tutti abbiamo iniziato<br />
quando siamo stati trasformati, e credo si tratti di un processo<br />
permanente».<br />
«Ma che basi hai per affermarlo?», chiese David.<br />
«Mendel. E le sue pere. Genetica di base. Tratti dominante e<br />
recessivo nei geni che determinano l'ereditarietà. Mio Dio, ma<br />
Mendel stava effettuando quelle ricerche proprio nell'anno in cui<br />
Antoine mi ha trasformato, nel 1845! Ho persino letto il suo saggio<br />
Sperimenti sull'ibridazione delle piante venti anni dopo».<br />
«Tutto questo è molto affascinante Karl», disse André, «ma è<br />
irrilevante».<br />
«No. Ascoltate, se io posso diventare mortale, posso combattere<br />
Antoine!».<br />
Dopo una pausa durata un respiro, André disse: «Se puoi<br />
diventare mortale. Sei impazzito completamente?».<br />
«Detesto ricordartelo», aggiunse David, «ma nessuno di noi sa<br />
come diventare di nuovo mortale, anche se lo volessimo».<br />
«Non capite, la storia di Wing ha un significato», disse Karl. «È la<br />
risposta. Il sangue di Michel è speciale. Può andare in entrambe le<br />
direzioni, essere mortale o immortale, e chiunque beva il suo sangue<br />
potrà fare lo stesso. Ma le sue cellule sanguigne mortali sono<br />
dominanti rispetto alle nostre cellule immortali, incluse tutte le<br />
cellule anomale con un nucleo, le cellule correlate alla fase della<br />
morte. Antoine deve sapere qualcosa al riguardo. Di certo ha sentito<br />
tutte le leggende, e probabilmente ha riunito il tutto. È sempre stato<br />
sulla pista giusta. Michel è la chiave per la trasformazione nello stato<br />
mortale, durante la fase della morte».<br />
David sospirò pesantemente. «Karl, queste sono leggende. Nel<br />
migliore dei casi simbolismi, nel peggiore semplici racconti<br />
folcloristici. Come può uno scienziato come te credere a simili<br />
sciocchezze?»<br />
«Ci credo perché ha senso».
«Tutti noi abbiamo assaggiato il sangue di Michel. Io, per<br />
esempio, non mi sento più mortale».<br />
«Probabilmente non avevamo cellule provviste di nucleo quando<br />
abbiamo bevuto, dato che nessuno di noi apparentemente stava<br />
attraversando la fase della morte».<br />
«Io ero nella fase della morte, se non te lo ricordi».<br />
«Sì, ma avevi assaggiato il sangue di Michel con l'unico fine di<br />
tracciarlo. Qualche goccia non serve. Non è lo stesso che prendere<br />
un numero eguale di cellule del suo sangue per rimpiazzare o<br />
dominare le tue cellule distorte. Ricorda: c'era un globulo rosso con<br />
un nucleo in uno dei campioni del sangue di Chloe, che potrebbe<br />
contenere complessivamente 200 globuli rossi. In un corpo intero ci<br />
sarebbero forse 25.000 cellule con un nucleo o forse più, e ciascuna<br />
dovrebbe essere dominata da una cellula biofolica. Per farlo<br />
servirebbe tutto il sangue di Michel. Ad esempio io sono nella fase<br />
della morte...».<br />
«Come lo sai?»<br />
«Ho controllato il mio sangue al microscopio e ho scoperto una<br />
cellula con il nucleo».<br />
Questo fece riflettere tutti. Karl sapeva che era come se un<br />
mortale sentisse un amico dire di essere risultato positivo al test<br />
dell'HIV.<br />
«Ad ogni modo, posso prendere un campione del sangue di<br />
Michel e confrontarlo con un eguale campione del mio. Questo<br />
mostrerà in concreto che cosa accadrebbe se rimpiazzassi nelle mie<br />
vene il mio sangue con quello di Michel».<br />
«Dov'è la prova empirica che questo servirebbe in qualche modo<br />
a cambiare la tua condizione e non soltanto le proprietà chimiche<br />
del tuo corpo?», chiese David.<br />
Karl sapeva di poter vedere la luce e che stava tentando di<br />
spiegarlo a dei ciechi che vedevano soltanto oscurità. Si sentì un po'<br />
benevolo nei loro confronti, e imbarazzato da quella verità. Sorrise<br />
leggermente, il che parve disturbare David, ma non si stava sentendo<br />
superiore. «Sentite, non siate sulla difensiva nei miei confronti. Sto<br />
solo cercando di mostrarvi come si tratti di una cosa perfettamente
sensata. Io ingerisco il sangue di Michel - ancora meglio, il suo<br />
dovrebbe rimpiazzare il mio passando per le vene anziché lo<br />
stomaco come fosse un'infusione indiretta, cosicché il suo sangue<br />
partirà dalle vene dove sarà ancora più efficace - e io effettuo la<br />
trasformazione che mi renderà di nuovo mortale, temporaneamente<br />
o permanentemente, non lo sappiamo. Se mi avvicino ad Antoine<br />
come un mortale, non sarà in grado di tracciarmi - ma credo di no<br />
comunque, dato che non sarò una delle sue creazioni - e non si<br />
accorgerà di me quando lo avvicinerò. Reagirà nel modo in cui noi<br />
tutti reagiamo ai mortali - sono cibo potenziale, ma certamente non<br />
una minaccia. Lo sorprenderò indifeso e riuscirò a ucciderlo con uno<br />
dei metodi già provati ed efficaci. La prova empirica della riuscita<br />
sarà soltanto l'esito».<br />
«Non sarà l'esito dato che non ci sarà alcun esito!», disse André<br />
alzandosi in piedi, con tono arrabbiato. «Michel non offrirà il suo<br />
sangue per la causa di nessuno».<br />
«Papà», cominciò il ragazzo, «Karl ha ragione. Lo so. Voi tutti mi<br />
dite sempre quanto sono speciale, pieno d'intuito, e penso<br />
intendiate... be', come avrebbe detto Chloe, a livello cellulare. Lui ha<br />
ragione. Voglio dire, se posso dargli il mio sangue, lui può avvicinarsi<br />
ad Antoine, ucciderlo e riportare indietro Gerlinde...».<br />
«Sappiamo quanto sei stato vicino a Gerlinde», disse Carol. La sua<br />
voce era molto decisa. «Noi tutti l'amiamo e vogliamo che torni al<br />
sicuro da noi. Ma non in questo modo, Michel. È pericoloso per te».<br />
Karl era assorto nei suoi pensieri, quasi dimentico del dramma che<br />
si stava svolgendo davanti a lui. «Immagino che il metodo più<br />
efficace sarebbe quello di estrarre dapprima tutto il mio sangue dal<br />
corpo, per evitare contaminazioni. Poi trasferire il sangue di Michel<br />
nelle mie vene. Una volta svuotato, potrà essere rifornito di nuovo<br />
con altro sangue...<br />
«Così non morirò. Almeno non per sempre», disse Michel. «Ma<br />
sperimenterò la morte, proprio come chiunque altro».<br />
André attraversò la stanza a grandi falcate e afferrò Michel per un<br />
braccio. «Non morirai perché non parteciperai a tutto questo».<br />
Il ragazzo si svincolò dalla presa. «Ho diritto di prendere le mie
decisioni».<br />
«Non finché sei ancora così giovane».<br />
«Non sono un ragazzo. Avrò sedici anni tra quattro mesi. Sono un<br />
adulto».<br />
«Tu pensi di essere un adulto. Ho la saggezza di più d'una vita a<br />
disposizione e ti dico che si tratta di un'idea pazzesca che è<br />
pericolosa per te, che tu veda o meno il pericolo».<br />
«Non è pericoloso. Karl ha detto...».<br />
«Michel, non voglio ascoltarti. È già deciso. Tu ne fera pas cela!».<br />
Discussero ancora e ben presto Michel gridò: «Smettila di dirmi<br />
cosa sono e cosa non sono! Tu non sei me, quindi lasciami stare!».<br />
Scattò fuori dalla stanza, sbattendo la porta dietro di sé. André e<br />
Carol si guardarono l'un l'altra e andarono via anche loro,<br />
presumibilmente per provare a far calmare Michel.<br />
I restanti rimasero in silenzio. Karl era serio. Alla fine mormorò<br />
senza rivolgersi direttamente a nessuno: «Non era mia intenzione far<br />
adirare tutti».<br />
David disse mitemente: «Non mi preoccuperei. Passerà».<br />
«Penso di aver ragione», disse Karl.<br />
Nessuno rispose.<br />
All'improvviso si sentì demoralizzato. Gli era stata strappata via la<br />
speranza. Era forse impazzito? Come aveva soltanto potuto<br />
considerare di esporre Michel a un qualunque pericolo? Anche se i<br />
due campioni confermavano la sua idea, non sapevano cosa sarebbe<br />
accaduto prendendo tutto il sangue del ragazzo. Naturalmente<br />
André e Carol erano furibondi: chiunque sano di mente che si fosse<br />
preoccupato del ragazzo si sarebbe adirato. Se Karl fosse stato<br />
ancora in sé, avrebbe compreso che quella non era una via possibile.<br />
Ciononostante, guardò Julien, poi Wing e infine Morianna. «Che<br />
pensate voi tre? Qualcosa di ciò che ho detto ha senso oppure sono<br />
un pazzo furioso?».<br />
Julien parlò per tutti e tre. «Le tue ipotesi sono ragionevoli. Se tu<br />
potessi divenire mortale - e il sangue di Michel probabilmente<br />
realizzerebbe quella trasformazione - Antoine verrebbe colto alla
sprovvista. Forse, se sei fortunato, potresti capovolgere la situazione<br />
a tuo vantaggio». Guardò Wing e poi Morianna. «Potrebbe essere la<br />
tua unica speranza».<br />
«Esiste forse un altro modo per diventare mortale?», chiese Karl,<br />
ma anche mentre lo chiedeva già conosceva la risposta. O Michel o<br />
nulla, e sapeva anche che nulla sarebbe stato. André e Carol, per<br />
non parlare degli altri della loro comunità, non l'avrebbero<br />
permesso. Nei momenti di lucidità, sapeva che avevano ragione.<br />
E, nonostante lo sapesse, sapeva che ciascuno di loro si rendeva<br />
conto che quella sera, là, era stato aperto un vaso di Pandora. La<br />
posizione di Michel era diventata estremamente precaria. Come<br />
aveva detto Wing, erano tutti predatori, e nelle giuste circostanze,<br />
nessuno di loro ci avrebbe pensato due volte a prendere il sangue<br />
del ragazzo. Karl l'aveva appena dimostrato.<br />
Si alzò. «Vado in Germania a prendere Gerlinde. So che non è il<br />
modo migliore, ma non credo ci si siano altre alternative. Se ci sono,<br />
gradirei saperle adesso».<br />
La stanza rimase avvolta nel silenzio.<br />
Karl si girò e si diresse alla porta. «Ricorda», disse calma<br />
Morianna, «nella fase della morte, la logica autodistruttiva ha sempre<br />
senso». Sempre dando loro le spalle, Karl mormorò: «Non ci posso<br />
fare nulla». Julien disse: «Lo sappiamo».
PARTE TERZA<br />
«È facile il descendere all'Inferno;<br />
Ma 'l pie ritrarne, e fuor dell'aura morta<br />
Il poter ritornare all'aura pura,<br />
Questo, quest'è impres'alta, impresa dura!»<br />
Dante Alighieri
CAPITOLO 17<br />
Karl prese un volo per Londra quella stessa notte, e quella<br />
successiva partì per Hannover. Prima di lasciare Montreal aveva<br />
eseguito la tracciatura: Gerlinde era ancora là e quindi, pensò Karl,<br />
doveva esserci anche Antoine.<br />
I suoi piani erano andati in fumo, ma non incolpava i suoi amici.<br />
Avevano tutto il diritto di proteggere Michel. Quel ragazzo era<br />
speciale, unico della sua razza. Il fatto che Karl avesse potuto anche<br />
solo pensare di sottoporlo a una procedura della quale era dubbio<br />
l'esito, mostrava quanto fosse diventato irrazionale. Ma irrazionale o<br />
meno, lui sapeva una cosa: amava Gerlinde, l'aveva amata fin dal<br />
momento in cui si erano conosciuti. Aveva finito col contare su di<br />
lei, col dipendere da lei, e non avrebbe né potuto, né voluto esistere<br />
senza di lei. E non poteva permettere che rimanesse preda del potere<br />
di Antoine senza fare almeno un altro tentativo affinché si rendesse<br />
conto delle implicazioni di quel sodalizio. Poteva essere sotto il<br />
controllo di Antoine, oppure no. Avrebbe potuto comunque<br />
preferire Antoine a lui. Ciononostante, sapeva di dover fare del suo<br />
meglio per riportarla indietro. E, se non avesse potuto, avrebbe<br />
trovato un modo più sano per porre fine alla sua vita, non qualcosa<br />
che fosse il risultato di emozioni fugaci. Un modo che fosse il suo e<br />
non la parte di attore in un dramma scritto e diretto da Antoine.<br />
Non sarebbe morto con quel demone che rideva di lui!<br />
Hannover era una vecchia città, devastata da due guerre<br />
mondiali, ma ancora in piedi. I circa cinquecentomila abitanti erano<br />
dei tedeschi tipici: seri, dediti al lavoro, amanti della loro birra.<br />
L'architettura della parte vecchia rimasta dopo i bombardamenti<br />
risaliva al Medioevo. Karl era stato là solo una volta, subito dopo<br />
essere stato trasformato da Antoine. Era in quel posto che si era reso<br />
conto che non sarebbe mai più potuto tornare indietro. Quando<br />
aveva capito di non avere nessun altro posto dove andare. Il Nord<br />
sembrava andar bene tanto quanto il Sud. Hannover, perché no?<br />
Ma la città non gli era piaciuta e si era fermato solo per una<br />
settimana. Il clima non era piacevole come lungo il basso Reno. La
gente sembrava più nervosa, in generale, e non fu sorpreso del fatto<br />
che Hannover fosse divenuta così industrializzata: l'indole della<br />
popolazione si confaceva maggiormente all'industria che non<br />
all'agricoltura.<br />
Rimase macabramente divertito del fatto che Hannover, come<br />
Düsseldorf, avesse generato un altro vampiro. Fritz Haarmann, un<br />
pederasta, dopo la prima guerra mondiale andava in cerca di<br />
giovani ragazzi alla stazione ferroviaria, quando i rifugiati avevano<br />
invaso la città. Haarmann, insieme a una prostituta di nome Hans<br />
Grans, che era divenuta la sua amante, molestavano questi ragazzi e<br />
li massacravano. Haarmann e la Grans erano pieni di risorse.<br />
Vendevano di nascosto gli abiti e la carne, precisando che si trattava<br />
di "carne di cavallo". Le ossa, le gettavano nel fiume Leine.<br />
Alla fine Haarmann venne processato e condannato per ventisette<br />
omicidi, benché si stimava che le sue vittime in totale arrivassero<br />
quasi a cinquanta. Su sua richiesta, venne decapitato nella piazza del<br />
mercato cittadino. L'università di Gottinga ottenne il suo cervello per<br />
studiarlo, e Karl aveva spesso pensato che gli sarebbe piaciuto<br />
esaminarlo.<br />
Ciò che faceva di Haarmann un vampiro era il modo in cui<br />
assaliva le sue vittime. Soggiogava i ragazzi e li aggrediva alla gola<br />
mordendoli, e masticando fin quando la testa non si era quasi<br />
separata dal corpo. Dichiarò di amare il sangue.<br />
La mezzanotte era già passata da parecchio quando Karl si mise a<br />
vagare lungo l'argine del fiume Leine sul ciottolato ben levigato dal<br />
passaggio di milioni di passanti. Anche i piedi di Haarmann e della<br />
Grans erano passati di lì, mentre trasportavano gli scheletri fatti a<br />
pezzi per gettarli nelle acque gelide.<br />
In quel luogo di morte, Karl percepì le vibrazioni di Gerlinde<br />
come increspature dentro e lungo il suo corpo, tra la pelle e i<br />
muscoli. Era vicina. Presumibilmente anche Antoine. Karl non si sentì<br />
affatto sorpreso quando sbucarono dall'ombra come neri spettri.<br />
Antoine teneva in modo possessivo il braccio intorno alle spalle di<br />
Gerlinde, un gesto non necessario, come parve a Karl. Primitivo.<br />
Ovvio. Ma avvertì comunque una scossa di gelosia, benché sapesse<br />
che il gesto mirava proprio a quello. Si sentì anche inorridito.
Antoine portava intorno al collo l'amuleto di Chloe!<br />
«Dunque, liebkin, sei tornato», disse Gerlinde. «Be', non è<br />
cambiato nulla. Come vedi, resto insieme a Tony. Sono sorpresa che<br />
tu sia ancora vivo».<br />
Questo lo ferì. Che lei sapesse che era quasi morto, e la cosa non<br />
sembrasse importarle. Cercò di tenere a freno le sue emozioni, che<br />
minacciavano di fargli perdere il controllo. «Sono tornato perché ci<br />
sono alcune cose che devi sapere».<br />
Antoine rise. Il suono attraversò l'aria come un abominevole<br />
grido demoniaco che tagliava la notte con la stessa semplicità con cui<br />
una mannaia separerebbe il muscolo dalle ossa.<br />
Karl si chiese per un istante che cosa avessero udito i mortali.<br />
Senza dubbio, quelli più attenti tra loro avrebbero controllato i<br />
chiavistelli delle loro porte quella notte.<br />
«Antoine è pazzo», disse Karl, ignorando il suo creatore,<br />
trattandolo alla stregua di una non entità, parlando di lui in terza<br />
persona. Trattandolo come Antoine trattava lui. «Il suo sogno di<br />
dominare il mondo non è realizzabile. Qualunque cosa ti abbia<br />
promesso, non accadrà».<br />
«Intendi dire Michel?», disse Gerlinde.<br />
Fu una domanda talmente diretta che si sentì frenato. Forse<br />
questo lo fece sembrare poco sicuro di sé.<br />
«Il sangue del ragazzo non potrà alterare nessuno».<br />
«Non sei mai stato bravo a mentire, Karl. Non hai fatto nessun<br />
test sul sangue di Michel. Lo stai dicendo per influenzarmi ma non ci<br />
riesci. Ho deciso».<br />
«Forse. Forse no. Ma ti sto dicendo che Michel, anche se riusciste<br />
a prenderlo, non è la risposta. E un tempo ti importava di lui».<br />
Per un istante pensò di aver intravisto un'emozione illuminarle gli<br />
occhi, ma poteva essersi trattato soltanto della luce dei lampioni in<br />
strada.<br />
«A me interessa il suo sangue, tutto qui. Lui è la risposta alle<br />
nostre richieste. Può essere il nostro tramite da e per la mortalità.<br />
Ecco perché è stato creato: per servirci. È una meraviglia
dell'evoluzione, e saremmo stupidi a ignorare quello che può fare a<br />
causa del sentimentalismo».<br />
Karl sapeva che aveva sentito dire quelle parole da Antoine. Non<br />
era il modo in cui ragionava lei. Gerlinde non era mai stata<br />
eccessivamente sentimentale e non si era mai preoccupata<br />
dell'evoluzione. Ma possedeva dei sentimenti forti. Ed era stata<br />
protettiva nei confronti di Michel come una madre con il figlio.<br />
«Cosa ti ha reso tanto insensibile?», chiese Karl. «Eri dolce,<br />
affettuosa. Michel era come un figlio per te. Un figlio che avresti<br />
protetto con la tua stessa vita. E adesso parli di usarlo come se fosse<br />
un topo da laboratorio».<br />
«Dovresti essere in grado di dirmelo tu, Karl. Sei tu lo scienziato<br />
qui. Hai fatto i tuoi esperimenti. Adesso io sto facendo i miei».<br />
«Ho fatto esperimenti, sì. Ma non sui miei amici».<br />
«Perché non ne avevi il coraggio. Be', Antoine ce l'ha. Riesce a<br />
vedere le cose nel loro complesso, e sa agire di conseguenza. E sono<br />
stanca di un'esistenza confinata nel mio spazio. Voglio provare<br />
qualcosa di più. Voglio la possibilità di essere mortale con tutto<br />
quello che ne deriva».<br />
«Per esempio?»<br />
«La maternità. Io voglio un figlio».<br />
Karl rimase sbalordito. Tutto quello che riuscì a dire fu qualcosa di<br />
talmente freddo da non riconoscere se stesso. «Tu stai sognando».<br />
«E tu sei noioso. Perché non sei morto a Parigi? Ma vattene via!».<br />
Era pronto a una cosa simile, e quelle parole lo ferirono solo in<br />
parte. Era inutile parlare con lei. Non riusciva a comprendere che<br />
sorta di cambiamento fosse avvenuto in Gerlinde. Ma sapeva che era<br />
inutile continuare quella discussione senza via d'uscita.<br />
«Antoine», disse Karl, superando la resistenza che sentiva dentro di<br />
sé a rivolgersi al suo creatore. «Tu hai una strategia. Questo mi è<br />
chiaro. Uccidi quelli che hai creato e distruggi la comunità per<br />
arrivare a Michel. Gli altri conoscono il tuo piano. Sono tutti in<br />
guardia».<br />
Antoine si limitò a ridere di nuovo, il suono di un nero tuono che
squarciava la stratosfera. Una risata che diceva che Karl era un<br />
sempliciotto e Antoine il nuovo Thor, dio dell'universo.<br />
«Avresti potuto essere parte del nostro mondo», proseguì Karl.<br />
«Non solo...».<br />
«Che cosa ti fa pensare che abbia mai desiderato di far parte del<br />
vostro piccolo mondo? Per me siete tutti come piccole formiche,<br />
creature inferiori che osservo quando ho voglia di divertirmi, e che<br />
calpesto quando mi aggrada. Non mi offri nient'altro se non il<br />
piacere di vederti perdere forza, bramando la morte nella tua<br />
impotenza, senza poterla neppure avere, dato che io te la vieto. E<br />
credimi, non ti lascerò morire. Non tu».<br />
Karl ignorò la voce nella sua testa che lo avvertiva, la voce che gli<br />
gridava di correre via, lontano e veloce quanto poteva. «Chloe,<br />
Kaellie, gli altri, erano nella fase della morte. Ti sei servito di<br />
questo».<br />
«Cosa intendi dire con "la fase della morte"?», disse Gerlinde.<br />
Poi guardò Antoine, ma questi ignorò la domanda. «Sono<br />
capitolati», disse, «perché erano deboli e io sono più forte, proprio<br />
come tu sei debole e facile da annientare».<br />
«Sono sorpreso che Antoine non ti abbia parlato della fase della<br />
morte», disse Karl a Gerlinde, sentendo di aver ottenuto un leggero<br />
vantaggio su di lei. «Tutti la sperimentiamo a un certo punto, forse<br />
più d'una volta. È un po' come un intenso desiderio suicida che ci<br />
porta all'azione, una lotta con la morte. Quando gli altri ci si<br />
trovano in mezzo, Antoine se ne serve a suo vantaggio. Trasforma<br />
un potenziale suicidio in assassinio».<br />
Gerlinde guardò nuovamente Antoine con uno sguardo pieno di<br />
paura sul volto.<br />
«È una fase naturale per noi», proseguì Karl. «Tu la stai<br />
attraversando adesso, Gerlinde. Ecco perché ti sei allontanata da me,<br />
dagli altri. Stai guardando un bel film tutto tuo, e ne sei la<br />
protagonista. Dimmi, non hai forse immaginato per te stessa un<br />
ruolo di vergine sacrificale che riporterà noi tutti alla mortalità<br />
salvandoci da questa squallida esistenza notturna?».<br />
L'espressione sul volto di lei rivelò che aveva fatto centro. Era
talmente ovvio. «Antoine», disse, «si serve della fase della morte. Se<br />
desidera distruggere uno di noi, aspetta fino a quando non entriamo<br />
in quella fase. Oppure, nel mio caso, ha preso te mentre entravi in<br />
quella fase, per trascinarmi allo scoperto. Per annientarmi. Sei solo<br />
una pedina».<br />
Antoine la smise con le sue reazioni da divinità e semplicemente<br />
ringhiò come un animale furioso. «Credi di possedere la conoscenza,<br />
ma io godo di mezzo millennio in più della tua breve esistenza. Sei<br />
patetico. Peggio di un verme che striscia sul ventre».<br />
«Sarò forse un verme, ma non ho mai distrutto. Tu non hai mai<br />
creato».<br />
«Sciocco! Io ho creato te».<br />
«Solo perché te l'ho permesso. È stata soltanto la mia forza a<br />
permettermi di sopravvivere a quel tormento, come è stato per<br />
Chloe, Kaellie, David e gli altri che hai creato con tanta violenza. Ci<br />
sono due aspetti in ogni creazione, il creatore e la creatura, ma tu<br />
non ne sapevi nulla».<br />
Gerlinde parve sorpresa, come se qualcosa cominciasse a divenirle<br />
chiaro. Lo sguardo sul suo viso mostrava vulnerabilità e impotenza.<br />
«Lasciala andare», disse Karl. «Tu non la ami...».<br />
Antoine rise di nuovo, la supplica di Karl gli aveva ridato piena<br />
forza, e lui si rese conto di aver detto la cosa sbagliata. Il suono di<br />
quella risata diabolica tagliò l'aria scura con qualcosa di ancor più<br />
buio, più denso e permanente. Era l'assenza di qualsiasi luce<br />
dall'universo, un buco nero di entropia che vorticava verso un oblio<br />
irraggiungibile, ma il processo non poteva neppure essere fermato.<br />
Un brivido corse lungo la schiena di Karl. Quell'essere empio<br />
credeva di essere un dio, onnipotente, dotato dei poteri<br />
dell'Altissimo. Karl si sentiva impotente davanti a lui. Antoine non<br />
sarebbe mai cambiato. Non poteva essere piegato. Era chiaro che<br />
non avrebbe liberato Gerlinde, anche se lei avesse voluto andarsene,<br />
e l'espressione sul volto di lei disse a Karl che aveva pensato la stessa<br />
cosa. Quello che Karl sapeva era stato confermato: Antoine gli<br />
avrebbe fatto penzolare davanti la morte come una carota senza mai<br />
permettergli di raggiungerla. Non c'era altro da fare se non reagire.
La furia di Karl montò, spingendolo a farsi avanti, più veloce di<br />
quanto non si fosse mai mosso. Raggiunse Antoine in un secondo, il<br />
corpo già trasfigurato, pronto per la battaglia: i muscoli d'acciaio; le<br />
unghie come artigli; i denti come zanne. Questi scattarono per<br />
serrare la carne ma addentarono soltanto l'aria. In un solo istante<br />
Karl vorticava nel vuoto, nella notte, come fosse un giocattolo<br />
scagliato da un gigante. Un giocattolo che finì bruscamente con un<br />
tonfo nel fiume Leine.<br />
In poco tempo sprofondò in quelle acque scure. Quell'acqua che<br />
conservava la memoria delle ossa umane, le ossa che non erano<br />
ancora state trovate. Ossa che cantavano alle sue stesse ossa:<br />
"Unitevi al cimitero subacqueo!".<br />
Karl si dimenò per risalire, per non sprofondare, incapace di<br />
cambiare direzione. Alla fine, la sua discesa rallentò. Un momento di<br />
pausa. Cominciò a risalire. Si mosse verso l'alto più lentamente di<br />
quanto non fosse disceso. Ma alla fine la sua testa fendette la<br />
superficie. E quando si riprese e si guardò intorno, vide subito che di<br />
fronte all'acqua non c'era nessuno. Antoine e Gerlinde se n'erano<br />
andati. Anche le vibrazioni di Gerlinde erano appena percettibili,<br />
come se i due si fossero trasformati in uccelli della notte che avevano<br />
di colpo preso il volo e adesso erano a diverse miglia di distanza.<br />
Karl risalì l'argine, tremando, con l'adrenalina che pompava<br />
ancora nel suo organismo. L'acqua non l'avrebbe ucciso. Il suo corpo<br />
avrebbe preso a galleggiare prima che potesse affondare. Le cellule<br />
vegetali nel suo sangue avrebbero consumato quel liquido. La morte<br />
per annegamento non faceva parte di quello scenario. Antoine<br />
l'aveva scagliato nell'acqua solo per mostrare la sua forza, non per<br />
qualche altro motivo. E mentre Karl strisciava verso una panchina,<br />
sentendosi sconfitto, sentì quella forza che lo schiacciava, come il<br />
peso dei secoli.<br />
Era veramente impotente. Si trattava di una condizione che non<br />
aveva mai ritenuto possibile, ma adesso sentiva dentro di sé che era<br />
così. Che cosa avrebbe potuto fare per riportare indietro Gerlinde,<br />
per distruggere Antoine? Nulla. E probabilmente non ci sarebbe stato<br />
nulla che potesse fare per distruggersi fino al giorno in cui Antoine<br />
non gli avesse concesso di morire. Era una situazione di sconfitta su
tutti i fronti. "Come farò ad andare avanti sapendo che è così?", si<br />
chiese.<br />
L'alba si avvicinava. Il cielo si era schiarito a est, mentre a ovest<br />
restava buio. Karl era ancora seduto sulla stessa panchina vicino<br />
all'acqua, rivolto a est. Non sapeva se sarebbe riuscito ad aspettare<br />
semplicemente che la luce affiorasse e lo incenerisse. Una luce che, se<br />
non l'avesse distrutto immediatamente, comunque gli avrebbe<br />
causato dei gravi danni.<br />
Si trattava di un piano stupido, lo sapeva. Anzi, neppure un<br />
piano. Inoltre, sentiva di non riuscire a camminare, neppure per<br />
tornare al suo albergo. Immaginò che Antoine non si sarebbe<br />
preoccupato di salvarlo, dato che non sarebbe morto per<br />
l'esposizione alla luce del sole. Si sarebbe semplicemente bruciato.<br />
Non sapeva fino a che punto, ma immaginava si trattasse di ustioni<br />
serie, di terzo grado. Ovviamente l'avrebbero trovato dei mortali. E<br />
portato in un ospedale. E sarebbe stata una cosa ancor più stupida,<br />
ma di certo non si preoccupava di stare per esporre al pericolo i suoi<br />
amici solo perché adesso i mortali avrebbero avuto la prova<br />
dell'esistenza di altri esseri oltre a loro. Esseri dotati di organi<br />
particolari, e di componenti nel sangue come non ne avevano mai<br />
viste.<br />
Sarebbe stato ricoverato, l'avrebbero curato in un reparto per i<br />
traumi da ustione. Che cosa ridicola! Sarebbe stato circondato dai<br />
mortali e, non appena ne avesse avuto la forza, probabilmente<br />
avrebbe aggredito uno o più di loro per non morire di fame. Con<br />
quale risultato? Per poter rivivere, riprendersi e continuare con quel<br />
gioco pazzesco ordito da Antoine?<br />
Ma il fatto di conoscere l'esito probabile non serviva a scuoterlo.<br />
Si sentiva privo di volontà, e questo lo teneva incollato a quella<br />
panchina, a fissare l'orizzonte, in attesa del sole. Sperando comunque<br />
di morire, pur sapendo di non poterlo fare.<br />
«Ti stai per suicidare, non è così?».<br />
Si voltò al suono di una voce familiare. Donata stava<br />
camminando verso di lui. Una visione vestita di velluto nero, la pelle
d'un bianco di morte, e la bocca rossa come una ferita. Quella<br />
donna ancora ragazza giunse fluttuando come lo spettro cui<br />
somigliava, quasi fosse già entrata in un altro regno più spirituale.<br />
"Forse", pensò Karl, "non è neppure qui. Forse è già morta, e questo<br />
è il suo fantasma".<br />
Come se avesse letto i suoi pensieri, lei disse: «Sono ancora viva.<br />
Più o meno. Abbastanza da riuscire ad essere qui».<br />
In quel momento nulla lo avrebbe sorpreso. Tutte le sue<br />
domande erano semplicemente la curiosità di una mente scevra di<br />
ogni complessità emotiva. «Come sapevi che ero qui?»<br />
«Ti ho seguito».<br />
«Da quando?»<br />
«Da quando hai abbandonato il tempio sotterraneo a Parigi. Da<br />
quando mi hai lasciata».<br />
Non voleva stare a sentire nessuna sorta di apprensione dettata<br />
dall'amore mortale. Se quello era il suo gioco, si sarebbe dovuto<br />
trascinare via da quella panchina e, sapendo adesso che lei era sulle<br />
sue tracce, trovare un modo per scomparire. Con un grande sforzo si<br />
mise in piedi, con quello scopo. Che senso avevano altre parole?<br />
«Non te ne andare», disse lei, toccandogli il braccio. «Non è come<br />
sembra. È solo che c'è qualche cosa tra di noi. Lo sento. So che lo<br />
senti anche tu. O che l'hai sentito. So di poterti aiutare. Come ho<br />
fatto a Roissy».<br />
Cominciò a capire. «Tu hai chiamato l'ambulanza e i vigili del<br />
fuoco».<br />
«Sì».<br />
Sospirò pesantemente, infastidito, frustrato. Non c'era bisogno<br />
che Antoine si adoperasse molto con tutti quegli ignari "aiutanti"<br />
intorno. «Avrei voluto che tu non lo facessi. Stavo cercando di<br />
morire, e non è una cosa semplice per me. Mi hai soltanto messo in<br />
una posizione difficile con il mio nemico».<br />
«Lo so. Ero là, sulla scena. L'ho visto. È come Satana. O un<br />
qualche demone. Ti odia e ama il potere che ha su di te...».<br />
«Senti, non mi stai dicendo nulla di nuovo. A dire il vero, mi stai
irritando. Che cosa vuoi?»<br />
«Sono qui per aiutarti».<br />
«Smettila di aiutarmi. Mi stai facendo del male. Tornatene nel tuo<br />
piccolo tempio nelle fogne di Parigi e venera le tue divinità antiche.<br />
Tu e il tuo gruppo lo fate così bene».<br />
Era stato crudele con lei. O quello o succhiarle il sangue dalle<br />
vene. Ci aveva pensato, ma lei probabilmente lo desiderava, e<br />
questo l'avrebbe reso soltanto più vivo, più cosciente della propria<br />
agonia. Forse avrebbe dovuto semplicemente gettarla nel fiume e<br />
annegarla nel ricordo di Fritz Haarmann. Il fatto che potesse solo<br />
concepire un'idea simile mostrava che quel mostro di Antoine aveva<br />
penetrato le sue difese. "Proprio come fosse mio padre!", pensò con<br />
orrore. Ma che cosa poteva fare riguardo quella o qualsiasi altra<br />
cosa?<br />
«Karl, io non so come aiutarti, ma so che devo aiutarti. Mi è stato<br />
ordinato. Da un potere più grande».<br />
Lui scosse la testa e cominciò ad allontanarsi. Non tollerava le<br />
frivole sciocchezze new age.<br />
«C'è Michel insieme a me».<br />
Karl rimase come paralizzato.<br />
«Quando ti ho seguito a Montréal l'ho conosciuto. Siamo partiti<br />
subito dopo di te. Abbiamo preso un volo diurno. Ovviamente io<br />
sapevo che cosa fosse lui».<br />
«Suppongo tu abbia effettuato una sorta di viaggio astrale<br />
all'interno della casa di Montréal», disse lui sardonico.<br />
«Non ne ho avuto bisogno. Ero dall'altra parte della strada e<br />
Michel è uscito correndo dalla porta principale. L'ho raggiunto, gli<br />
ho detto chi ero, come facevo a conoscerti e mi ha voluto aiutare.<br />
Abbiamo deciso di seguirti qui. Penso che tu abbia bisogno di<br />
entrambi».<br />
«Andiamo», disse Karl, ben più che irritato. «Portami da Michel».<br />
Arrivarono all'hotel prima dell'alba, ma non di molto. Lei lo<br />
condusse alla stanza numero 23, e lui si limitò a fissare quel numero,<br />
sapendo che avrebbe dovuto significare qualcosa per lui, anche se
non sapeva cosa.<br />
Donata prese il suo stupore per interesse nei confronti<br />
dell'occulto. «Due e tre insieme fanno cinque», disse estraendo la<br />
chiave magnetica della stanza. «Molto positivo. Innumerevoli<br />
pentagrammi».<br />
Per metà del tempo pensava che lei fosse una schizzata, per l'altra<br />
metà che avesse le qualità per essere una maga.<br />
Karl aveva poche energie. Il sonno premeva sul suo corpo come<br />
un peso. Non sarebbe potuto rimanere sveglio ancora a lungo.<br />
Sperava non si trattasse di uno scherzo, perché non era dell'umore<br />
adatto e non aveva molta voglia di sopportarlo.<br />
Michel era seduto sul letto intento a leggere X Files: la Bibbia<br />
Goth. Le tende erano state tirate.<br />
«Michel, che cosa ci fai qui? I tuoi genitori saranno furiosi.<br />
Andiamo, ti metto su un volo per tornare a casa».<br />
«Io non ci torno a casa. Voglio aiutarti a distruggere Antoine. E a<br />
salvare Gerlinde».<br />
«Assolutamente no!».<br />
«Be', io indietro non ci torno».<br />
«Invece sì». Karl prese il telefono e fece direttamente il numero<br />
della casa di Montréal.<br />
«Se chiami i miei genitori, verranno subito qui a prendermi. È<br />
mezzanotte a Montréal. Non arriveranno stanotte. Presto dovrai<br />
dormire, ma io no. Scapperò via con Donata. E se scappo, Antoine<br />
mi troverà e prenderà il mio sangue e sarò morto, quindi nulla di<br />
tutto questo avrà più importanza».<br />
Karl riagganciò il telefono sbattendolo. «Da quando sei diventato<br />
un simile ribelle?»<br />
«Sono un ragazzo. Devo ribellarmi», disse Michel, e sorrise con<br />
una dolcezza esagerata.<br />
«Ascolta, Michel, apprezzo quello che stai pensando. Davvero. E<br />
so che lo fa anche Gerlinde. Ma non posso permetterti di farlo. E<br />
neppure lei lo vorrebbe. Non sappiamo se funzionerà, ed è troppo
pericoloso per te».<br />
«Cosa c'è di pericoloso? Prendi il mio sangue, diventi mortale, poi<br />
mi nutrirai del sangue di Donata e io tornerò indietro dalla morte.<br />
Non è così che funziona?»<br />
Karl sospirò. «Prima di tutto, se prendi il sangue di Donata, lei<br />
morirà».<br />
«Sto morendo comunque», disse lei. «Non mi importa di donare la<br />
mia vita se è per una buona causa».<br />
«Tutti sono pronti a sacrificarsi per una buona causa», scattò Karl.<br />
«Dovremmo creare una società per l'eutanasia degli aspiranti<br />
martiri».<br />
«Io non sono una martire. Il mio scopo sulla terra è quello di<br />
aiutare, di trovare la causa ultima, per il continuum...».<br />
«Basta!». Karl sollevò una mano. Cominciava a sentirsi esausto. Il<br />
sole premeva contro le pareti dell'edificio e lui riusciva quasi a<br />
sentirlo filtrare attraverso i muri e abbatterlo. «Per favore».<br />
Michel disse: «Potresti trasformarla prima di farlo, in questo modo<br />
lei tornerà come una di noi».<br />
Sfinito, Karl si limitò a scuotere la testa. Era tutto semplice e<br />
chiaro per i giovani. «Dubito di poterlo fare. Non avverto sensazioni<br />
abbastanza intense per poterlo fare con lei».<br />
La ragazza sembrò un po' offesa.<br />
«Bene», disse Michel, «forse potrebbe farlo qualcun altro».<br />
«Senti, Michel, per prima cosa queste sono solo speculazioni. Non<br />
sappiamo se il tuo sangue presenta le qualità di trasformazione di cui<br />
stiamo parlando. Io potrei non diventare mortale. E non sappiamo<br />
come reagirai all'essere prosciugato del sangue. Non sei<br />
completamente come il resto di noi. Può darsi che tu non sopravviva<br />
poiché la parte di te che è mortale potrebbe essere gravemente<br />
compromessa».<br />
Karl sentì che si stava ripetendo. Il suo cervello era prossimo a<br />
crollare.<br />
Il suo corpo pesava una tonnellata, metallo al posto della carne,
del sangue e delle ossa.<br />
«Ti senti bene?», chiese Donata.<br />
«Ha bisogno di dormire», disse Michel. «Usa il bagno. Noi<br />
resteremo fuori».<br />
Karl voleva ribattere, almeno la sua mente voleva farlo, ma il suo<br />
corpo era incapace di sostenerlo e non fu più in grado di articolare i<br />
pensieri.<br />
Si voltò verso la porta aperta del bagno e la lunga vasca che<br />
sarebbe stata il suo giaciglio per la notte. «Metti il cartellino di "Non<br />
Disturbare" sulla porta», disse, biascicando per lo sfinimento. «E<br />
Michel, ho bisogno della tua parola che sarai qui quando mi<br />
sveglierò».<br />
Il ragazzo esitò. «Ti do la mia parola se tu mi dai la tua... di non<br />
chiamare i miei genitori. Non ancora».<br />
Karl si sentì all'angolo. Non c'era altro da fare che annuire. Una<br />
volta chiusa a chiave la porta del bagno, mise degli asciugamani<br />
davanti alla fessura sotto la porta per impedire che filtrasse la luce. Il<br />
suo volto nello specchio era uno spettacolo orribile. Era sconvolto,<br />
con i capelli arruffati, la pelle biancastra, le occhiaie pronunciate, le<br />
iridi di un colore spento. In altre parole, sembrava un uomo<br />
depresso dopo un'ubriacatura durata una settimana.<br />
Spense la luce, si sistemò nella vasca da bagno e tirò intorno a sé<br />
la tendina della doccia, come ulteriore protezione.<br />
Il sonno fu come una botola spalancata sotto di lui. Quasi nello<br />
stesso istante in cui il suo corpo disteso toccava la superficie smaltata<br />
della vasca, tramite quella porta finì nell'oblio.
CAPITOLO 18<br />
Donata si lasciò andare sul letto di fianco a Michel. Non era mai<br />
stato così vicino a una ragazza in una situazione tanto intima prima<br />
di allora. Be', si erano seduti uno di fianco all'altra sull'aereo. Ma in<br />
quel frangente era rimasto poco più che sorpreso.<br />
Lei era sbucata dal nulla mentre Michel era corso fuori dalla porta<br />
ed era balzato sulla Fiat per scappare dai suoi genitori: cielo, aveva<br />
proprio bisogno di aria! Voleva soltanto andarsene da qualche parte<br />
in macchina per schiarirsi le idee. E lei era là, che tamburellava sul<br />
finestrino del guidatore e gli diceva: «Ciao!». Qualcosa sul suo viso gli<br />
aveva fatto abbassare il finestrino. Stando alle leggende e tutto il<br />
resto, era lui quello che doveva fare la sua comparsa e chiedere di<br />
poter entrare. Dopo essersi seduta sul sedile del passeggero si era<br />
presentata, poi si era avvicinata toccandogli un braccio.<br />
Era troppo. Aveva inserito la marcia e dato gas. E mentre<br />
guidava, pensando a quel contatto, aveva ascoltato la sua storia<br />
stramba.<br />
O almeno all'inizio era parsa stramba. Ma lei sapeva così tante<br />
cose riguardo Karl, e Gerlinde, e altre cose importanti, ed era stata<br />
presente quando Karl aveva tentato di uccidersi: tutte le cose che<br />
Karl aveva detto loro prima di ripartire. Lei sapeva tutto.<br />
«Come faccio a sapere che non ti ha mandato Antoine?», le aveva<br />
chiesto.<br />
«Be', non puoi saperlo. Ma puoi assaggiare il mio sangue se vuoi.<br />
Voglio dire, non sei in grado di capire se dico la verità in quel<br />
modo?».<br />
Era stato tentato, ma si trattava di un gesto troppo intimo per<br />
due che si conoscono da cinque minuti. Per non parlare del fatto che<br />
prima di allora non ne aveva mai preso da una vena. Inoltre,<br />
nell'ambiente angusto della vettura, aveva sentito l'odore del suo<br />
sangue, e si era accorto che lei era malata.<br />
Aveva ascoltato tutto quello che aveva detto. E mentre lei<br />
parlava, mentre lui pensava a Karl, a Gerlinde e alla morte di Chloe,
e a tutta la sofferenza causata da Antoine, per lo più per causa sua,<br />
aveva compreso che nonostante quello che avevano detto i suoi<br />
genitori, e quanto sapesse di ferirli, doveva fare qualcosa per<br />
sistemare tutto. E lui era l'unico che poteva. Ma non s'illudeva<br />
completamente. Sapeva anche di voler ricavare qualcosa da tutto<br />
ciò. Qualcosa di molto personale. Voleva essere come tutti gli altri,<br />
come ogni organismo sulla terra. Voleva assaporare la morte. E<br />
voleva tornare indietro. E l'aveva detto a Donata.<br />
«Piacerebbe anche a me», aveva detto lei. «Non ho paura di<br />
morire, voglio dire, in un certo senso sono già morta, e proprio<br />
come voi».<br />
«Perché?»<br />
«Be', i nostri corpi sono morti all'esterno. La nostra pelle è<br />
formata da cellule morte, i nostri capelli sono morti, le ciglia...».<br />
Michel non aveva mai pensato alle cose in quei termini. La<br />
guardò con occhi nuovi.<br />
«Ma morire, insomma, io non voglio che sia la fine».<br />
«Forse c'è un modo», le aveva detto, e insieme avrebbero<br />
escogitato il piano. Lui aveva tracciato Karl ad Hannover, e insieme<br />
avevano preso un volo diurno.<br />
Michel aveva volato di giorno solo due volte prima di allora. Gli<br />
occhiali da sole lo aiutavano: la luce era troppo violenta. Fu felice di<br />
essere stato abbastanza lungimirante da prenotare i posti al centro<br />
dell'aereo, lontano dai finestrini, e fu contento che la donna dalla<br />
parte del finestrino di sinistra, quella alla quale sedeva accanto,<br />
avesse abbassato la tendina per buona parte del volo. Era stata una<br />
buona cosa che Donata avesse due paia di cuffie per il suo lettore<br />
CD portatile. Se avesse avuto il tempo di pensarci, avrebbe potuto<br />
portare alcuni CD. Ma lei ne aveva alcuni interessanti, come Terror<br />
Against Terror, Qntal e Trisome 21.<br />
Dato che Antoine avrebbe avvertito la sua presenza nelle<br />
vicinanze, Michel aveva suggerito a Donata di andare lei a prendere<br />
Karl, dopo che lui l'avesse tracciato in una strada precisa. Ma l'aveva<br />
avvertita che doveva rimanere da parte. «Antoine è un vero<br />
assassino», le aveva detto. «Se sente il tuo sangue, ti verrà a cercare.
Voglio dire, è mezzanotte. Non ci saranno molte persone in giro<br />
dove si trova Karl. Devi stare attenta».<br />
Be', lei era arrivata da Karl senza problemi, ed erano tornati<br />
indietro senza essere scoperti, o almeno questo pensava lui. Aveva<br />
tracciato Gerlinde e non era nelle vicinanze dell'hotel, quindi aveva<br />
immaginato che non ci fosse neppure Antoine, o almeno lo sperava.<br />
Adesso Gerlinde e Antoine stavano dormendo. Proprio come<br />
stava dormendo Karl. Lui e Donata erano seduti insieme sul letto in<br />
una stanza d'albergo e lui era molto concentrato sul corpo di lei, sul<br />
suo profumo, su ogni cosa di lei. Sentiva il suo stesso corpo reagire, e<br />
non soltanto al sangue. Era per lei in quanto femmina. Quella<br />
reazione era potente, quasi incontrollabile, ma allo stesso tempo<br />
fantastica. Non sapeva che cosa fare. Non sapeva se lei provava<br />
qualcosa di simile a quello che provava lui. Lei era più grande di due<br />
anni, be', un anno e mezzo, dato che lui ne avrebbe compiuti sedici<br />
entro pochi mesi; glielo aveva domandato, e Donata aveva risposto<br />
che ne avrebbe compiuti diciotto a giugno, e quindi adesso ne aveva<br />
diciassette, e giugno faceva di lei un Cancro. Non sapeva se Cancro e<br />
Capricorno erano segni compatibili, ma lei aveva introdotto<br />
l'argomento dicendo di sì. Be', una era fatta. Forse avevano dell'altro<br />
in comune. Forse non aveva importanza.<br />
«Come pensi che sia la morte?», aveva chiesto Donata.<br />
«Non lo so. Non ci ho pensato molto. Diciamo che preferisco<br />
provare e vedere».<br />
«Io penso che sia come entrare in una stanza liquida, in cui ti<br />
mescoli con l'arredamento, fino a diventare parte del tutto».<br />
«Io credo sia più come passare attraverso qualcosa d'invisibile e<br />
uscire dall'altra parte, in qualche altro luogo», disse lui.<br />
«Forse», gli concesse lei. «Penso sia un posto nel quale finisci col<br />
restare, e che non è poi tanto male. Almeno sei al sicuro».<br />
A Michel venne improvvisamente in mente che lei non si sentiva<br />
al sicuro. «Al sicuro da cosa?», chiese, sperando che l'essere tanto<br />
diretto non la spaventasse.<br />
«Be', nessuno può farti del male là».
«Intendi fisicamente?»<br />
«No, mi riferisco alle emozioni, piuttosto. Nessuno può amarti e<br />
poi dirti che non ti ama più».<br />
Michel fece una pausa. «Qualcuno ti ha fatto questo?».<br />
Lei si scostò leggermente e prese il foglietto del servizio in camera.<br />
«Vuoi prendere qualcosa da mangiare?»<br />
«Uhm, magari più tardi. Ma tu puoi prenderlo subito, se vuoi<br />
qualcosa».<br />
«Aspetterò». Rimise il foglietto sul comodino.<br />
All'improvviso, da seduta si mise in posizione orizzontale. La<br />
rapidità di quello spostamento lo fece trasalire. Adesso si sentiva<br />
davvero in imbarazzo. C'era quella ragazza così splendida distesa al<br />
suo fianco su di un letto, e lui era seduto, quasi la sovrastasse, e non<br />
sapeva se doveva stendersi anche lui: forse si sarebbe spaventata, o<br />
forse gli avrebbe riso in faccia dicendogli che era uno stupido per<br />
aver solo pensato che potesse essere interessata, o magari si sarebbe<br />
semplicemente alzata per andarsene via disgustata...<br />
Be', tutte quelle preoccupazioni erano una perdita di tempo.<br />
Decise di stendersi ma non completamente, così si sostenne la testa<br />
con la mano, col gomito sprofondato nel cuscino, una gamba<br />
piegata all'altezza del ginocchio, in modo da non far sembrare che<br />
fosse proprio disteso di fianco a lei, anche se lo era. Donata voltò la<br />
testa e lo fissò con quei grandi occhi scuri allungati. Così scuri che<br />
all'inizio non riuscì a intravedervi nessuna luce, dato che lei dava le<br />
spalle alla finestra e i ritagli di luce provenienti da sotto la spessa<br />
tenda non la sfioravano. Le sue labbra erano belle, così lunghe e<br />
piene. Voleva davvero baciarla, ed erano solo a mezzo metro, ma<br />
non riusciva a capire se lei lo voleva.<br />
Dio, detestava quella situazione! Come facevano le persone a<br />
mettersi insieme? Lei chiaramente lo trovava attraente: questo<br />
riusciva a leggerglielo negli occhi. Ma tutti i mortali trovavano quelli<br />
della sua razza attraenti, quindi poteva trattarsi anche solo di quello.<br />
Poteva non essere interessata a lui, ma soltanto alla sua parte<br />
immortale. E da quello che aveva detto, aveva quasi dormito con<br />
Karl! Wow, ecco una cosa strana. Ma allora lei non sapeva che Karl
aveva più di centocinquanta anni.<br />
Forse non era importante che lei conoscesse Karl e che avesse<br />
desiderato dormire con lui. Forse loro avrebbero potuto prima<br />
conoscersi. Già, questo aveva senso. Potevano trascorrere un po' di<br />
tempo insieme, magari andare a qualche concerto, e...<br />
Donata si protese, attirò la testa di Michel verso la propria e lo<br />
baciò sulle labbra. Lui per un istante rimase sbalordito, ma solo per<br />
un istante.<br />
Gli occhi di lei erano chiusi, ma li aprì, solo a un palmo di<br />
distanza dai suoi. Le mani di lui trovarono il suo corpo, come le sue<br />
labbra, e nulla di tutto quello che aveva pensato ebbe più<br />
importanza. Nulla. Non più.
CAPITOLO 19<br />
Gli occhi di Karl si aprirono di scatto nell'oscurità. L'odore di<br />
candeggina gli investì le narici, insieme a quello di escrezioni umane,<br />
entrambi in quantità non eccessiva ma sufficiente per infastidirlo.<br />
Sapeva con precisione dove si trovava, e che ora era. Il sole era<br />
calato soltanto un attimo prima dietro l'orizzonte - lo sentì in ogni<br />
cellula, a livello molecolare, come se il liquido dentro di lui fosse<br />
stato sotto pressione e quella pressione fosse finalmente cessata.<br />
Si tirò su dalla vasca, aprì la porta e avvertì immediatamente<br />
un'energia particolare mentre entrava nella camera dell'albergo.<br />
Donata e Michel sedevano insieme sul letto, tra di loro c'era un<br />
vassoio per il servizio in camera cosparso di quello che restava delle<br />
patatine fritte, dei crauti e delle salsicce, oltre a delle lattine di Coca-<br />
Cola. Il lettore CD portatile stava riproducendo ad alto volume<br />
Masochistic Keligion, qualcosa riguardo "l'assenzio e il desiderio di<br />
morte". Erano completamente vestiti, ma avrebbero anche potuto<br />
essere nudi.<br />
Entrambi alzarono lo sguardo quando entrò nella stanza. I loro<br />
occhi brillarono. Donata sembrava imbarazzata. Michel si fece subito<br />
rosso e s'impegnò a pulire la sporcizia dal vassoio. Entrambi<br />
sembravano più felici di come non li avesse mai visti. Non si curò di<br />
fare il discorsetto: ovviamente avevano fatto l'amore o ci erano<br />
andati maledettamente vicino. Il profumo di secrezioni si diffondeva<br />
nell'aria e non sfuggiva al suo vigile nervo olfattivo.<br />
Stranamente, la cosa toccò Karl in due modi. Si sentì leggermente<br />
infastidito. Ma quando considerò quella sensazione, si rese conto che<br />
era soltanto un pretesto per coprire la tristezza schiacciante dell'aver<br />
perduto Gerlinde. Non sapeva se sarebbe mai più stato insieme a lei,<br />
se l'avrebbe mai più presa tra le braccia, assaporato la sua carne,<br />
sentito che si avvicinava e si apriva a lui.<br />
«Qualcosa non va?», chiese Michel. «Sembri arrabbiato».<br />
«Non è nulla», disse al ragazzo. «Nulla che abbia a che vedere con<br />
voi due. Sentite, io devo uscire per andarmi a nutrire...».
«Prendi da me quello di cui hai bisogno», disse Donata,<br />
abbassando il suo alto colletto merlettato in modo da esporre la<br />
vena giugulare. «Non c'è problema».<br />
Poteva trattarsi di una tattica, in modo che lui si legasse a lei e<br />
accettasse di trasformarla, ma in un certo senso e dal modo in cui lo<br />
disse capì che non era quello che intendeva. Era più come una<br />
persona con un piatto di cibo desiderosa di condividerlo per<br />
generosità, non per qualche altro scopo.<br />
Michel, nel modo possessivo e immediatamente soddisfatto dei<br />
giovani, disse: «Fai pure. Voglio dire, non significa comunque nulla, e<br />
dobbiamo pur iniziare». Prese la mano di Donata, tanto per renderlo<br />
chiaro.<br />
La scena che aveva davanti gli fece venir voglia di ridere. «Credo<br />
che farò un rapido giretto per le strade», disse. «Ho comunque<br />
bisogno d'aria. Non ci metterò molto».<br />
Quel giorno aveva piovuto e, benché avesse smesso, le strade in<br />
pietra grigia erano bagnate e il cielo si mostrava minaccioso. Trovò<br />
un piccolo parco vicino all'hotel e si sedette alcuni minuti su una<br />
panchina di ferro battuto coperta di gocce di pioggia. Ovviamente<br />
nel parco non c'era nessun altro. Poche persone per strada. Quelli<br />
che si affrettavano, sperando di arrivare a casa o dovunque stessero<br />
andando prima del prossimo scroscio di pioggia.<br />
Gerlinde era ancora in città. Non aveva bisogno di tracciarla per<br />
saperlo. Le sue vibrazioni erano dappertutto, ma non vicino, questo<br />
era chiaro. Dovunque fossero nascosti lei e Antoine, non era nel<br />
centro di Hannover. Sempre che Antoine fosse ancora con lei. Karl<br />
sapeva di non poter supporre alcunché riguardo Antoine.<br />
Vide un venditore ambulante con un carretto. "Come sono<br />
cambiate poco le cose in centocinquant'anni", pensò. Ai suoi tempi la<br />
vecchia piazza era stata la zona dei negozi. Gran parte delle piazze<br />
tradizionali in Europa erano state utilizzate per quello scopo, perché<br />
centinaia di anni prima quelle città non erano neppure lontanamente<br />
grandi come al giorno d'oggi. C'era la chiesa, il municipio, alcuni<br />
negozi, e i venditori con i carretti che avevano di tutto, da] cibo ai<br />
vestiti, ai paraocchi per i cavalli... adesso occhiali da sole in un<br />
assortimento pressoché infinito di forme e colori.
Il venditore smise di spingere il carretto e lo sistemò all'ingresso di<br />
uno stretto vicolo. Vi si addentrò di alcuni passi per urinare. "Non<br />
potrebbe andare meglio", pensò Karl. Non era cibo perfetto, ma era<br />
già servito.<br />
Giunse alle spalle dell'uomo il quale, sorpreso, si voltò e crollò<br />
per la pressione esercitata alla gola. Karl lo morse rapidamente,<br />
servendosi di quel corpo inerte per impedire la visuale dalla strada.<br />
Lasciò l'uomo sopra una griglia per lo scolo delle acque. Sarebbe<br />
rimasto incosciente per un'ora o due. Con un po' di fortuna, il suo<br />
carretto di mercanzie sarebbe rimasto là.<br />
Karl lo scavalcò mentre si affacciava sulla strada. Il carretto era<br />
chiuso ma l'insegna diceva che vendeva orologi. A giudicare dagli<br />
adesivi, versioni economiche degli orologi di marca. Karl aprì il<br />
coperchio del carretto. Il Rolex che aveva al polso aveva lo stesso<br />
aspetto di quello nel compartimento, il che confermava soltanto che<br />
non poteva essere dato valore al tempo. Scambiò il suo modello<br />
unico con quello a buon mercato. Qualcuno, da qualche parte,<br />
presto avrebbe comprato un orologio molto costoso a un prezzo<br />
davvero irrisorio.<br />
Tornò in fretta all'hotel. Mentre giungeva alla porta, vide il<br />
carrello con le vivande nel corridoio in attesa di essere portato via.<br />
Donata era nella stanza da bagno, Michel al tavolo con penna e<br />
foglio, intento a fare una lista, a quanto sembrava. Alzò lo sguardo.<br />
«Ritengo che possiamo entrambi tracciare Gerlinde, ottenere le<br />
coordinate precise. Poi potresti prendere il mio sangue: abbiamo già<br />
comprato gli strumenti che ti servono per fare il prelievo. Appena<br />
prima di venir dissanguato, potrò bere da Donata e trasformarla. Tu<br />
potrai uscire di giorno. Antoine non sarà in grado di tracciarti<br />
allora».<br />
Karl si mise a sedere e fissò il ragazzo. «Michel, mi sono spremuto<br />
il cervello cercando di trovare un'altra via, ma non riesco a vederla.<br />
L'unico modo che sembra essere possibile per combatterlo è<br />
avvicinarlo come mortale, durante il giorno. L'unico modo che vedo<br />
per diventare mortale è grazie a te. Ma non posso correre il rischio<br />
di quello che potrebbe accaderti».<br />
«È già deciso Karl. Voglio dire, non posso tornare indietro adesso.
Devo farlo. Non solo per te. Devo sapere com'è morire e tornare<br />
indietro. Non posso essere l'unico fatto in questo modo. È troppo<br />
triste».<br />
Karl non aveva mai considerato la vita dal punto di vista di<br />
Michel, ma adesso riusciva a vedere bene com'era per il ragazzo.<br />
Sentirsi sempre una cosa a parte tanto rispetto ai mortali quanto agli<br />
immortali. Era troppo differente. Troppo solo.<br />
«E anche quello che ho detto prima è vero. Antoine vuole il mio<br />
sangue. E io lo odio. Per quello che ha fatto a Chloe, a Kaellie, e agli<br />
altri. Per aver preso Gerlinde. Per il modo in cui ha trasformato<br />
voialtri. Per il semplice fatto di essere malvagio. L'hai detto tu stesso,<br />
e così anche gli altri. Di certo non voglio che prenda il mio sangue, e<br />
lui lo farà. Non c'è modo che voi possiate proteggermi<br />
ventiquattr'ore al giorno, e lui non si rassegnerà mai; noi tutti ne<br />
siamo consapevoli. Se devo morire e non tornare più, preferisco<br />
donare il mio sangue in modo che tu possa uccidere quel bastardo.<br />
Almeno ne sarà valsa la pena».<br />
Karl non trovò le parole per replicare. Tutto quello che diceva<br />
Michel aveva senso. E lasciò Karl un po' sorpreso. Alla fine disse:<br />
«Una cosa però. Devi telefonare ai tuoi genitori. Non posso garantire<br />
l'esito di quello che ci accingiamo a fare. Nessuno può. Non per te,<br />
non per me, non per Gerlinde. Mi sento già abbastanza colpevole<br />
del fatto che tu sia qui, ma non farglielo sapere è crudeltà».<br />
«Sì, anche io ci avevo pensato. Ho già telefonato. Ho lasciato un<br />
messaggio in segreteria: sai come si fa a farlo senza che il telefono<br />
squilli? Però non ho lasciato il numero. Rintracceranno la chiamata<br />
fino a questo posto, telefoneranno all'hotel per sincerarsene e poi<br />
verranno. Ma per quando giungeranno qui, saranno passate due<br />
notti da adesso e le cose saranno differenti».<br />
"Un eufemismo", pensò Karl. Solo che non sapeva esattamente<br />
come le cose sarebbero state differenti. E, giunti a quel punto, non<br />
poteva davvero permettersi il lusso di fare delle congetture. C'erano<br />
troppi punti pericolosi, non ultimo il fatto che se Antoine l'avesse<br />
ucciso avrebbe preso il suo sangue. E sarebbe stato probabilmente in<br />
grado di tracciare Michel. Sempre che Michel fosse sopravvissuto.<br />
Diamine, se Antoine avesse preso il suo sangue, avrebbe avuto il
sangue di Michel.<br />
Per fortuna Michel gli porse la pompa per il sangue e<br />
l'equipaggiamento necessario alla trasfusione, che Karl approntò<br />
senza indugio in modo da concentrarsi su qualcosa che non fossero<br />
le previsioni più nefande.<br />
«Questa procedura richiederà alcune ore», disse Karl mentre<br />
sistemava il tutto. «Ci sono circa cinque litri di sangue dentro di te.<br />
Possiamo prenderlo in mezz'ora, ma sospetto che per la tua parte<br />
umana sarebbe uno shock. Dunque lo faremo nel modo più sicuro<br />
possibile. Io trasferirò il tuo sangue nelle mie vene. Credo che per<br />
ottenere il massimo risultato dovrei essere il più svuotato possibile,<br />
ma non credo sia una cosa buona che tu beva da me. Il tuo sangue<br />
sarà più puro se non viene mischiato al mio. Inizieremo dopo aver<br />
fatto la tracciatura».<br />
Donata era tornata nella stanza. Sedeva in un angolo, con indosso<br />
non solo la croce che portava di solito al collo, ma anche una pietra<br />
che sembrava un quarzo rosa. Lo confermò quando Karl le chiese<br />
qualcosa in proposito, aggiungendo: «Ha a che vedere con l'amore.<br />
Me l'ha dato Michel».<br />
Karl non disse nulla. Non erano affari suoi. A dire il vero, meno<br />
sapeva della loro relazione, meglio era. E meno si sarebbe sentito<br />
colpevole, dato che non vi era assolutamente nessuna garanzia<br />
riguardo il fatto che Michel potesse trasformare Donata. Nessuna.<br />
Non lo disse a Michel, e si sentì in colpa per questo. Ma sapeva di<br />
non poterla trasformare lui stesso: non si sentiva realmente<br />
motivato, e la trasformazione richiedeva forte coinvolgimento<br />
emotivo. Se non amore, allora odio. Comunque qualcosa che<br />
potesse costringere uno della loro razza a consentire che il proprio<br />
sangue venisse travasato da un altro essere.<br />
Michel poteva sottoporsi a quel processo solo volontariamente, o<br />
donare il suo sangue, poiché, adesso Karl se ne rendeva conto, il<br />
ragazzo provava un forte desiderio di sperimentare la morte nello<br />
stesso modo in cui i suoi genitori e tutti quelli che conosceva e che<br />
vivevano di notte avevano fatto. E perché odiava Antoine.<br />
Lui e Michel si sedettero con una mappa dettagliata della città e<br />
dell'area circostante e si mossero verso il centro, avvicinandosi alla
Gerlinde che tenevano sempre dentro di sé. Quando tornarono<br />
entrambi nella stanza, confrontarono i loro appunti. La capacità di<br />
tracciare di Michel sembrava più spiccata di tutti gli altri della loro<br />
razza. Poteva essere a causa della sua giovane età, o perché era<br />
puro, incontaminato dal passaggio in forma liquida di tanti mortali<br />
nel suo sistema. Forse perché doveva ancora cacciare un mortale per<br />
prendere direttamente il suo sangue. O forse era solo il fatto che lui<br />
era speciale: solo quello bastava a giustificare molte differenze. Karl<br />
si chiese come sarebbe stato Michel dopo tutto quel trattamento, e<br />
se avrebbe gradito o meno il cambiamento. E gli passò per la mente<br />
più di una volta l'idea che Michel avrebbe potuto persino non<br />
sopravvivere, ma non poteva permettersi di pensare a questo.<br />
Gerlinde sembrava essere alla periferia di Hannover. Era la<br />
direzione in cui Karl aveva avvertito ciò che restava della sua energia<br />
quando si era seduto vicino al fiume, dopo che lei e Antoine se<br />
n'erano andati così in fretta. Michel era addirittura in grado di<br />
restringere il campo a una strada ben precisa, e Karl si meravigliò<br />
della precisione delle sue abilità. Attraverso gli occhi di lei, Michel<br />
era in grado di vedere quello che vedeva Karl e anche di più:<br />
Gerlinde era nell'oscurità, sotto terra, probabilmente in uno<br />
scantinato. Quello che nessuno dei due disse all'altro e che fu<br />
dolorosamente evidente a Karl era il fatto che non fosse sola. Era<br />
impegnata in una qualche attività che l'assorbiva emotivamente e<br />
che rendeva manifeste queste emozioni. Karl immaginò che stesse<br />
facendo del sesso con Antoine. Guardò Michel con occhi nuovi,<br />
grato del fatto che il ragazzo non ne avesse parlato.<br />
Dopo averla tracciata, Michel spiegò a Donata cosa avrebbero<br />
fatto.<br />
«Ma perché prima non mi trasformi?», gli chiese.<br />
«Il suo sangue deve essere il più puro possibile», disse Karl. «A<br />
questo punto non possiamo rischiare che venga contaminato da<br />
alcunché, specialmente dal virus dell'HIV. Il suo sangue puro<br />
speriamo sia in grado di rendermi nuovamente mortale. Se vengo<br />
infettato dal virus a uno stadio avanzato questo interferirà con le<br />
mie capacità di occuparmi di Antoine. Sarò più debole di quanto<br />
non mi serva».
«Be', potresti trasformarmi prima tu», disse lei a Karl. «Hai detto<br />
che il tuo corpo espellerà in fretta la parte malata del sangue».<br />
«In fretta sì, ma non all'istante. Serviranno ore. E noi non<br />
abbiamo ore a disposizione perché questo accada e altre ore per<br />
effettuare la trasfusione. Dovrai attendere fino a quando non<br />
avremo fatto la trasfusione». Non voleva dirle altro. Non stava a lui.<br />
«Be', correrò i miei rischi», disse lei sorridendo a Michel. Ma Karl<br />
riusciva a capire quello che stava pensando: non c'era nulla che non<br />
andava nei suoi poteri ESP. Sapeva che la sua trasformazione non<br />
sarebbe stata né facile né probabile.<br />
Lui e Michel si stesero, il ragazzo sul letto doppio, Karl sul<br />
pavimento di fianco a lui, ciascuno con un ago infilato nella vena<br />
all'interno del gomito. Una piccola pompa per il sangue lo estraeva<br />
ritmicamente da Michel, come un metronomo regolato sul suo<br />
battito cardiaco. Un anticoagulante lo manteneva in forma liquida<br />
facendolo scendere giù lungo il tubo di alimentazione verso un<br />
morsetto triangolare che si apriva e chiudeva a ritmo stabile. Poi il<br />
sangue procedeva oltre lungo il tubo, in basso, ed entrava<br />
direttamente nella vena di Karl.<br />
Riusciva a sentire il ragazzo che penetrava dentro di lui. Lo<br />
sentiva muoversi nelle sue vene ed espandersi, sentiva il sangue fluire<br />
verso il suo cuore, lavargli il cuore, poi nelle arterie, riempire i<br />
piccoli capillari, muoversi nel suo corpo, pompando come nessun<br />
sangue mortale poteva fare. Michel era puro. La sua essenza<br />
semplice, naturale.<br />
Karl sentì anche il suo sangue abbandonarlo attraverso un altro<br />
tubo inserito in una vena all'interno dell'altro gomito, la vena era<br />
tenuta aperta con dei piccoli morsetti chirurgici. Il sangue di Michel<br />
rimpiazzava il suo, ma c'era un fastidioso vuoto nei punti dove non<br />
c'era sangue. Questo gli causava dolore, una sorta di perdita fisica.<br />
Pensò di essere in grado di avvertire i cambiamenti nel suo corpo<br />
a livello cellulare. Avveniva nello stesso modo in cui aveva sentito<br />
alcuni mortali parlare del sole, e di come la deplezione di ozono<br />
facesse loro sentire i raggi che penetravano al di sotto dello strato<br />
superficiale dell'epidermide fin nella pelle, per attraversare anche<br />
questa fino al muscolo. Sentì qualcosa di simile. Era come se le cellule
del suo corpo stessero... cambiando forma... quello era l'unico modo<br />
in cui poteva descriverlo. Il sangue di Michel, che Karl aveva<br />
esaminato diverse volte al microscopio, aveva in sé molte cellule<br />
umane, poche cellule animali e nessuna cellula vegetale, il che lo<br />
rendeva diverso dal resto della loro razza. La mancanza di ben<br />
marcate cellule vegetali piene di clorofilla da sola era la prova del<br />
forte legame di Michel con la mortalità, che gli precludeva gran<br />
parte della capacità di rigenerazione.<br />
I globuli del sangue di Michel e il plasma saturavano il corpo di<br />
Karl, e lui si sentì investito da un cambiamento che lo sfinì in un<br />
modo che non provava da quasi duecento anni. Come qualsiasi<br />
mortale al quale venisse asportato il sangue e fosse sottoposto<br />
all'infusione del sangue di un altro. In aggiunta, gli venne in mente<br />
che il suo precedente gruppo sanguigno poteva non essere<br />
compatibile con quello di Michel. Sapeva di essere stato 0 positivo, il<br />
tipo più comune, ma non aveva mai pensato di controllare il tipo di<br />
sangue di Michel. Se si trattava di una cosa importante, adesso era<br />
troppo tardi.<br />
Donata lesse ad alta voce a Michel una storia intitolata Endorfine<br />
da un libro di racconti sui vampiri. Stavano ascoltando dal suo<br />
lettore CD portatile una goth band tedesca, gli Umbra et Imago. Lei<br />
sedeva di fianco a Michel, e parlavano mentre la ragazza gli teneva<br />
la mano.<br />
Karl si era distanziato di proposito. La procedura era dolorosa per<br />
lui. Anche se stava ricevendo nuovo sangue, la sensazione del suo<br />
che veniva estratto era qualcosa che non poteva ignorare parlando o<br />
ascoltando la musica.<br />
Ed era chiaro che Michel si stava spegnendo. Col passare delle ore<br />
la sua voce si era fatta da vivace a piatta, sempre più debole. Di<br />
tanto in tanto Karl gli aveva chiesto: «Vuoi continuare?».<br />
Michel, lodevole da parte sua, aveva sempre risposto:<br />
«Naturalmente».<br />
Alla fine, intorno alle quattro del mattino, il trasferimento fu<br />
completo. Karl non sapeva se era diventato mortale, ma sapeva che<br />
il suo corpo era differente.
Donata si era addormentata sulla sedia che aveva sistemato di<br />
fianco al letto. La mano di Michel era scivolata dalla sua e penzolava<br />
molle dal bordo del letto. Karl tolse gli aghi per l'endovenosa dal<br />
suo braccio e dalla sagoma inerte di Michel.<br />
Il ragazzo sembrava morto. Nessuna parte del suo corpo si<br />
muoveva, le palpebre non tremolavano, non un dito si contraeva.<br />
Donata aprì gli occhi. Guardò Michel e il suo volto manifestò la<br />
sua preoccupazione. «Sta... sta bene?». Sembrava tesa.<br />
Karl non lo sapeva. Sollevò una palpebra di Michel. La pupilla era<br />
dilatata. Si mise ad ascoltare e non riuscì a sentire il battito del cuore.<br />
La carne era fredda, non particolarmente reattiva e aveva un<br />
colorito bluastro. Karl fu colto dal panico. Che cosa aveva fatto!<br />
Aveva ucciso quel ragazzo, come avevano fatto molti della sua razza<br />
nel corso dei secoli, prosciugando un mortale del sangue, lasciando lì<br />
soltanto il corno, una carcassa vuota! Ma Michel non era mortale,<br />
era un essere unico. Che avrebbe potuto essere la salvezza della loro<br />
razza.<br />
«Io... devo andare», disse Karl, terrorizzato dall'indugiare su<br />
quell'idea. Sapendo che se l'avesse fatto, sarebbe rimasto là nel<br />
tentativo di resuscitare Michel e sprecando preziose ore del giorno. E<br />
in quel momento non c'era nulla che potesse fare per Michel. Se era<br />
ancora vivo, sarebbe rivissuto più tardi. Se era morto, Karl non<br />
poteva riportarlo in vita come il Dr. Frankenstein avrebbe resuscitato<br />
un cadavere.<br />
«Devo raggiungere la zona dove li abbiamo tracciati, in modo da<br />
poter essere là appena dopo il sorgere del sole. Non so ancora se<br />
sarò in grado di tollerare la luce del giorno, ma non avrò molto<br />
tempo per trovarli e dunque una volta entrato nel posto dove si<br />
trovano dovrò agire in fretta».<br />
Balbettava evitando l'argomento, proprio come un mortale! E<br />
quello che non disse fu che non aveva idea se Antoine potesse<br />
tollerare la luce del giorno. Presumibilmente poteva farlo, al chiuso.<br />
Julien poteva. Anche soltanto quello poteva rappresentare un grosso<br />
problema.<br />
«E Michel?».
Lei chiese quello che Karl stava al momento cercando di<br />
dimenticare. Non sapeva di Michel. Forse, una volta finito tutto,<br />
avrebbe potuto riflettere sulla condizione di Michel, qualunque essa<br />
fosse. Non adesso. Il fine poteva giustificare i mezzi, oppure no. Ma<br />
adesso non poteva fare nulla! E si stava facendo tardi.<br />
«Stai con lui», disse a Donata, perché sapeva che lei doveva fare<br />
qualcosa. «Probabilmente non si sveglierà durante il giorno. È troppo<br />
svuotato. Mantieni la stanza più buia che puoi. Parlagli. Toccalo. Ma<br />
prima che sorga il sole, di tanto in tanto, bagnagli le labbra con un<br />
po' di sangue». Non ebbe bisogno di dirlo apertamente: il sangue<br />
sarebbe stato quello nelle sue vene. E se Michel fosse rivissuto, Karl<br />
sapeva che c'erano ottime possibilità che la aggredisse. Ma non<br />
avrebbe potuto occuparsi anche di quello. Proprio no.<br />
Se ne andò che il cielo era ancora scuro. Mentre cominciava ad<br />
albeggiare, mentre usciva dalla città diretto verso la periferia, si rese<br />
perfettamente conto di non sentire la pressione che avvertiva<br />
normalmente man mano che sorgeva il sole e svaniva l'oscurità.<br />
Stranamente, qualcosa dentro di lui accolse di buon grado il sole.<br />
Non era abituato a quella sensazione.<br />
Per quando raggiunse la strada dove lui e Michel avevano<br />
tracciato Gerlinde, il sole era pronto a varcare l'orizzonte. Si trattava<br />
di una zona fortemente industrializzata, enormi edifici di metallo e<br />
capannoni con i loghi delle compagnie per ogni genere di attività,<br />
nonché ciminiere fumanti che vomitavano nell'aria quantità più o<br />
meno grandi di miasmi contaminati. Una delle fabbriche era una<br />
compagnia che produceva ventiquattr'ore al giorno: vide degli<br />
operai seduti su cornicioni che mangiavano sandwich con salsiccia e<br />
bevevano caffè dai thermos.<br />
Karl si fermò in mezzo alla Eisenbergerstrasse, tra gli edifici. La<br />
strada correva da est a ovest e lui era rivolto verso est. Se doveva<br />
incenerirsi ormai se ne sarebbe accorto. Poteva non funzionare. Ma<br />
si sentiva diverso.<br />
E poi il sole, il sole glorioso, il primo che vedesse dal 1845, sorse<br />
come una maestà regale, brillante nella sua solennità rosso dorata.<br />
Quella palla di fuoco, che s'innalzava sempre di più man mano che<br />
la terra girava per consentire il suo sorgere, era una divinità. Riusciva
ad apprezzare il modo in cui l'avevano vista gli antichi, avevano<br />
ragione. Il sole era la fonte della vita.<br />
Karl fissò quell'immagine e ben presto si rese conto che il suo<br />
volto era umido per le lacrime. Nessuna meraviglia che molti della<br />
sua razza agognassero nuovamente l'essere mortali! Nessuna<br />
meraviglia per il fatto che Antoine li avrebbe uccisi tutti per questo.<br />
Come facevano a sopravvivere soltanto la notte? Solo una mezza<br />
vita. Distorta. Frammentata. E là, davanti a lui, il simbolo dell'altra<br />
metà. Il versante della luce. La parte del giorno, la parte della vita<br />
che sosteneva la crescita e l'espansione.<br />
La pelle prese a formicolare, ma non in modo pericoloso. La luce<br />
del sole si diffondeva su di lui nutrendolo, riscaldandolo,<br />
incoraggiandolo, e tutto ciò che vi era di mortale in lui rispose a<br />
braccia aperte a quell'irraggiamento che era il fondamento<br />
dell'esistenza per le forme di vita su quel pianeta.<br />
Ma sapeva che il tempo era un fattore cruciale. Poteva restare là<br />
tutto il giorno, e avrebbe voluto, ma non doveva. Controllò<br />
l'orologio, che in precedenza guardava di fronte ai mortali come un<br />
trucco, dato che poteva sapere l'ora per istinto. Però quel giorno<br />
ebbe bisogno di leggere i numeri. Erano le sei del mattino. Gerlinde<br />
era là, da qualche parte, in una di quella dozzina di fabbriche lungo<br />
la strada. Sotto terra, si ricordò. Poi ricordò Michel e fu preso da un<br />
singulto che gli causò un debole spasmo al petto.<br />
Pressappoco dove si trovava il cuore. Il ragazzo avrebbe dato la<br />
sua vita per questo. Per salvare Gerlinde. Per uccidere Antoine. Karl<br />
sapeva che era la parte mortale di Michel a incoraggiare un simile<br />
sacrificio, non la fase della morte nella sua anima immortale.<br />
Ancora una volta si sentì toccato nella parte più profonda del<br />
proprio essere. "Sono davvero capaci questi mortali, noi mortali", si<br />
corresse. "Capaci di principi morali. Di amore. Di gesta eroiche".
CAPITOLO 20<br />
L'Eisenbergerstrasse era una normale stradina fatta di una dozzina<br />
di edifici industriali, sei su un lato della strada e sei sull'altro.<br />
Ordinaria. Tedesca.<br />
Karl non aveva i suoi sensi straordinari a guidarlo. Adesso era<br />
mortale, con cinque semplici sensi, nessuno dei quali in grado di<br />
dirgli quale edificio nascondesse Gerlinde e Antoine, così sperava,<br />
dalla luce del sole. Se possedeva un sesto senso, non era in funzione.<br />
Avrebbe dovuto setacciare ogni edificio, in particolare i livelli<br />
interrati. Quei due potevano essere dovunque, finché si trattava di<br />
un posto sicuro e buio grande abbastanza per un corpo o due.<br />
Non c'era altro da fare che cominciare dall'inizio. L'edificio alla<br />
sua sinistra era una fabbrica, con due piani sopra il suolo e, quando<br />
fu entrato, vide un profondo interrato con altri macchinari.<br />
Sembrava una fabbrica tessile, e si meravigliò di come venisse<br />
eseguita la tessitura, in un modo così diverso da come accadeva ai<br />
suoi tempi, quando le donne preparavano la lana a mano e poi la<br />
facevano girare sui rotoli con un pedale. Ovviamente si trattava<br />
anche di materiale sintetico, più adatto al funzionamento di quei<br />
macchinari.<br />
Gli enormi macchinari per la tessitura erano fermi. A quanto<br />
pareva il moderno processo di tessitura non era un lavoro che si<br />
svolgeva ventiquattr'ore al giorno. Non faceva differenza. Avrebbe<br />
avuto bisogno di tutta la fortuna possibile.<br />
Trovò una tuta con il logo della compagnia sul petto e la indossò.<br />
Sarebbe servito del tempo per ispezionare tutto lo stabilimento<br />
tessile. Il piano interrato conteneva diversi magazzini e stanzini.<br />
Sarebbe stato decisamente utile avere capacità sensoriali<br />
sovrannaturali: l'olfatto in particolar modo sarebbe stato utile. Ma se<br />
avesse posseduto ancora quel senso dell'olfatto, adesso non se ne<br />
sarebbe andato in giro di giorno.<br />
Gli operai cominciarono a entrare nell'edificio intorno alle 8:00 e<br />
Karl
cercò di mescolarsi a loro. Ciononostante, la gente si fermava a<br />
parlare con lui e Karl disse che era nuovo di quel lavoro, che un<br />
supervisore gli aveva detto di dare un'occhiata alla planimetria<br />
dell'edificio e di vedere le cose più rilevanti. Tutti quanti indicarono i<br />
punti importanti, la sala mensa, i gabinetti, l'orologio - e lo<br />
indirizzarono indietro verso l'ufficio, dove lui promise di andare.<br />
La sua nuova consapevolezza delle cose lo sorprese: non vedeva<br />
questi mortali nello stesso modo in cui li aveva visti prima della<br />
notte precedente. Non si trattava più di vibranti fonti di cibo. E nei<br />
loro occhi riusciva a capire come lo vedevano, ed era abbastanza<br />
diverso. Era un giovane, nuovo per loro. Erano socievoli e sospettosi<br />
allo stesso tempo. Nessuno sembrava trovarlo eccessivamente<br />
attraente. Né avevano paura di lui. Era soltanto un altro estraneo<br />
che poteva diventare o meno un amico.<br />
Si tolse la tuta, lasciò l'edificio e si diresse dall'altra parte della<br />
strada verso una struttura a un solo piano, piccola rispetto alle altre,<br />
un complesso di uffici piuttosto che una fabbrica. Non sembrava<br />
essere ancora in attività, benché Karl fosse pronto a imbattersi nei<br />
lavoratori mattinieri.<br />
Appena oltrepassata la porta, trovò un piccolo banco per la<br />
reception e la segreteria. Subito svoltato un angolo trovò un bagno<br />
che era anche uno spogliatoio. Karl aprì uno degli armadietti. Nulla<br />
di utile. Nulla tranne lo specchio a figura intera nel quale si osservò.<br />
E vide un uomo dall'aspetto abbastanza piacente di non più di<br />
venticinque anni, dai tratti ordinari, di costituzione slanciata in un<br />
normale completo con cravatta. Questo era quello che vedevano i<br />
mortali: un altro mortale. Non solo non possedeva il magnetismo<br />
del suo stato precedente, o i sensi acuti, ma non aveva nemmeno la<br />
straordinaria forza fisica di prima. Aveva semplicemente la normale<br />
forza di uno della sua taglia ed età, forse un po' più debole a causa<br />
della trasfusione e del dissanguamento. Un po' inorridito, Karl si rese<br />
conto di dover fare affidamento unicamente sulla sua intelligenza,<br />
poiché il sovrannaturale al quale si era così abituato e cui si affidava<br />
era scomparso.<br />
Non ebbe problemi a farsi strada per l'edificio, che non era più<br />
grande di cinquanta metri quadrati. Camminò in fretta per il piano
principale che era uno spazio diviso in uffici con bassi divisori. Ogni<br />
postazione aveva una scrivania, una poltrona. un piccolo armadietto<br />
per i documenti, un computer e un telefono. Mentre passava in<br />
queste "stanze", diede automaticamente un'occhiata ai comparti di<br />
posta in entrata e in uscita: fatture, lettere, moduli governativi da<br />
riempire... "Che modo orribile di spendere del tempo prezioso",<br />
pensò.<br />
Alla fine trovò una porta che conduceva in basso verso il piano<br />
interrato.<br />
Sottoterra c'era un unico ampio spazio, con pareti, pavimento e<br />
soffitto di cemento. Dal numero delle scatole, si trattava di un'area<br />
di stoccaggio: dentro c'erano contenitori in plastica per bigliettini,<br />
cartoncini con sopra simboli delle compagnie, e cartoncini vuoti,<br />
rotoli di plastica per la laminazione, tutti del tipo che viene<br />
indossato dalle persone alle convention, oppure tesserini<br />
identificativi utilizzati per l'accesso nelle aree riservate.<br />
Percorse dapprima il perimetro del piano interrato, accertandosi<br />
che non vi fossero armadi e che le uniche porte conducevano ai<br />
gabinetti. Un rapido giro in mezzo a quel labirinto di scatole che<br />
affollavano la stanza gli fece capire che non c'erano veri e propri<br />
nascondigli là, né scatole abbastanza grandi per contenere un corpo,<br />
a meno che non fosse raggomitolato in posizione fetale, e non<br />
riusciva a immaginarsi né Gerlinde né Antoine dormire in quel modo<br />
quando avevano la possibilità di scegliere, e sapeva che Antoine non<br />
si sarebbe mai scomodato.<br />
"Via i primi due", pensò, "ne restano altri dieci".<br />
Mentre si avvicinava a una finestra, controllò l'ora, non avendo la<br />
percezione del tempo. Le nove del mattino. Gli erano servite due<br />
ore per controllare due edifici, e uno di questi era molto piccolo.<br />
Entrambi poi erano relativamente vuoti, almeno quando era<br />
entrato. Dal numero di persone in strada, era chiaro che quelle<br />
fabbriche adesso erano in funzione. Dieci fabbriche in attività a quel<br />
ritmo avrebbero richiesto dieci ore. Non aveva dieci ore prima del<br />
tramonto. Non voleva incontrare Antoine dopo che il sole tosse<br />
tramontato.<br />
Non c'era altro da fare che accelerare la sua ricerca in qualche
modo. Quello che gli mancava di più era la capacità di avvertire la<br />
presenza di un vampiro. Ma c'erano così tanti aspetti negativi<br />
nell'essere mortale di cui si era dimenticato ma che adesso erano<br />
divenuti ovvi.<br />
Karl aveva pensato con attenzione a come vestirsi, e fu lieto di<br />
averlo fatto. Il completo in giacca e cravatta era la migliore difesa.<br />
Impulsivamente, si diresse verso una delle partizioni sul retro di<br />
quell'ufficio lontano dal<br />
davanti: aveva sentito il suono di telefoni che squillavano e<br />
persone che rispondevano e aveva sentito l'odore del caffè appena<br />
fatto.<br />
Rapidamente, sfogliò le carte del ripiano e ne afferrò una. Lo<br />
scanner, la stampante e il computer erano tutti accesi.<br />
Fortunatamente si trovava di fronte a una macchina ben<br />
equipaggiata. Fu abbastanza semplice scannerizzare l'intestazione<br />
governativa e scattare una foto di se stesso usando la piccola<br />
webcam sopra il monitor. Probabilmente vi era già un modulo nel<br />
computer che avrebbe potuto utilizzare per realizzare la tessera, ma<br />
non aveva tempo di cercarlo. Usando un programma di disegno,<br />
creò un facsimile abbastanza veritiero di un tesserino<br />
d'identificazione e vi incollò sopra il logo governativo e la sua foto,<br />
poi lo stampò.<br />
Una macchina per la laminazione nel corridoio rivestì il distintivo<br />
che lo identificava come Karl Sterblich, un ispettore per il distretto di<br />
Hannover. Se l'avesse mostrato abbastanza rapidamente e avesse<br />
assunto il tono autoritario di un pubblico funzionario sarebbe<br />
probabilmente riuscito a farsi strada con l'inganno in tutti gli edifici<br />
rimasti ottenendo aiuto dallo staff. Sperava che i dieci minuti sprecati<br />
là sarebbero serviti a un considerevole risparmio di tempo in<br />
generale.<br />
Abbandonò l'edificio con gli uffici mentre la segretaria era in un<br />
angolo a versarsi del caffè. Adesso all'esterno il sole era forte e<br />
fortunatamente non avvertì effetti nocivi. Però qualcosa borbottava<br />
nel suo stomaco e si chiese che cosa stesse accadendo. Forse stava<br />
avendo una reazione avversa alla trasfusione. Sperò che non<br />
peggiorasse.
Nell'edificio successivo mostrò il suo tesserino e venne fatto<br />
entrare per incontrare un supervisore. Karl disse di dover controllare<br />
i piani interrati per la possibile presenza di bombe. Il supervisore<br />
parve spaventato e Karl sorrise in maniera rassicurante. «È una cosa<br />
confidenziale», disse. «Non c'è minaccia di bombe, ovviamente, ma<br />
lei sa com'è in città e la prevenzione vale la cura», e sì, è un terribile<br />
spreco di risorse e di soldi dei contribuenti, ma non è meglio<br />
prevenire che curare? E così via, alla tedesca, una conversazione<br />
circolare piena di frasi fatte che dicevano poco, ma assolutamente<br />
necessaria prima di fare qualsiasi mossa. Fu una cosa a infastidire<br />
Karl, tutto il tempo che ci volle. Prima, avrebbe semplicemente<br />
guardato negli occhi di quell'uomo e sarebbe stata fatta.<br />
Il supervisore, un uomo al quale le parole uscivano lentamente,<br />
cominciando a capire alla fine disse: «Vorsicht ist besser als<br />
nachsicht», ripetendo il cliché come se l'avesse inventato lui.<br />
Condusse Karl in uno spazio enorme, grande quasi mezzo isolato,<br />
pieno di macchinari sferraglianti e popolato di uomini e donne in<br />
tuta tutti a lavoro.<br />
«Devo ispezionare ogni area che possa contenere un corpo», disse<br />
ufficiosamente Karl, stringendosi nelle spalle con aria rassegnata.<br />
Il supervisore scosse la testa con fare comprensivo rispetto alla<br />
sventura di Karl ma disse: «Ja, natürlich», e lo condusse agli<br />
armadietti e a una coppia di grosse casse di stoccaggio, in una stanza<br />
dove c'era un generatore e in un'altra più piccola dove si teneva il<br />
quadro elettrico.<br />
Karl ringraziò l'uomo, rifiutò l'offerta di un caffè e si fece strada<br />
verso l'edificio successivo. Il suo stomaco continuava a tormentarlo.<br />
Per ignorarlo, controllò l'ora mentre andava: erano passati<br />
quarantacinque minuti. Non era stato molto più rapido, ma i minuti<br />
potevano fare la differenza. Se solo avesse avuto qualche sensazione<br />
riguardo Antoine e Gerlinde! Ma non ne ebbe.<br />
Il tempo passò e ben presto fu pomeriggio, il sole si era spostato a<br />
ponente. Mentre usciva dal nono edificio controllò l'ora per scoprire<br />
che erano quasi le quattro e c'erano ancora tre edifici da controllare.<br />
Si affrettò nel decimo, una fabbrica manifatturiera, con lo<br />
stomaco che lo uccideva. In certi momenti, quasi si era piegato dal
dolore. Perché colpisse allo stomaco non lo sapeva. La fabbrica<br />
manifatturiera era diritta, senza aree nascoste e fu fuori in mezz'ora.<br />
L'edificio numero undici però era l'opposto, con molti armadi e<br />
piccole stanze sotto terra. «Was ist das?», chiese Karl, riguardo una<br />
tavola sul pavimento con una barra di metallo che sembrava un<br />
manico.<br />
L'uomo dai capelli bianchi che pareva aver già passato l'età<br />
pensionabile disse che era un ripostiglio. «Einen untergeschoss».<br />
«Sotto il piano interrato?»<br />
«Ja».<br />
Karl gli fece aprire la porta e, mentre scendevano gli scalini, si<br />
preoccupò del fatto che avrebbe dovuto chiedere a tutti gli altri se<br />
c'erano dei locali sotto i piani interrati. Comunque non aveva visto<br />
nessuna botola sul pavimento munita di manici. Sapeva di doversi<br />
semplicemente fidare che non c'era nulla di cruciale che gli era<br />
sfuggito.<br />
Alla fine dei gradini c'era uno spazio ampio. Perché fosse così<br />
freddo e asciutto non l'avrebbe saputo dire, ma i mattoni<br />
sembravano essere la risposta: le pareti, il pavimento e il soffitto<br />
curvo erano di laterizi. Quell'area divenne un tunnel che proseguiva<br />
per parecchio, ma la potente torcia del supervisore proiettava un<br />
fascio di luce davanti a loro e alla fine Karl vide il tunnel che si<br />
apriva in una stanza. Era quasi simile ai tunnel che aveva attraversato<br />
sotto Parigi, ma di certo gli antichi romani non avevano costruito<br />
fogne qui! Ovviamente si trattava solo di un livello sotto il piano<br />
interrato.<br />
Quel pensiero si sbriciolò bruscamente in polvere quando<br />
raggiunsero l'apertura del tunnel. Con grande orrore di Karl, era<br />
come il corpo di un polipo di mattoni con tentacoli che si<br />
diramavano in ogni direzione. Si volse per guardare il supervisore e<br />
chiese all'uomo dove conducessero tutti quei corridoi.<br />
«Hzer und dori», disse in maniera evasiva l'uomo.<br />
Karl indagò per ottenere ulteriori informazioni e apprese che il "di<br />
qua e di là" giungeva fin sotto gli altri undici edifici sulla strada!<br />
Come aveva potuto essere così negligente? Il suo cervello mortale
non poteva contenere tante possibilità quante il suo cervello<br />
immortale.<br />
«Perché gli altri supervisori non hanno menzionato questi<br />
tunnel?», chiese in tedesco.<br />
«Perché sono tutti vicoli ciechi. Vanno tutti circa venti metri sotto<br />
ogni edificio e sono tutti murati. Guardi qui!». Si diresse verso uno<br />
dei corridoi e fece brillare la luce davanti a sé, e Karl lo seguì. Alla<br />
fine giunsero a un muro di mattoni. «Sono tutti così, il muro è<br />
innalzato a circa venti metri da entrambe le parti».<br />
Quei tunnel erano strani. Karl immaginò che le infrastrutture di<br />
sopra fossero state erette dopo la seconda guerra mondiale. Perché<br />
c'era stato bisogno di tunnel? Sembravano progettati per<br />
sopravvivere agli attacchi.<br />
«Cosa c'era qui prima che venissero costruite queste fabbriche?»,<br />
chiese Karl.<br />
«Ich weiss es nicht».<br />
Ma Karl sentì che quell'anziano abitante o lo sapeva, o aveva dei<br />
sospetti, e di certo Karl aveva i suoi. Quella zona poteva aver<br />
ospitato fabbriche di proiettili, e le armi potevano essere state<br />
riposte sottoterra dai nazisti per impedirne la distruzione se gli edifici<br />
fossero stati bombardati dalle forze alleate.<br />
«Perché solo questo tunnel sotto il vostro edificio non è stato<br />
murato?»<br />
«Non è l'unico. Ce ne un altro, e i due sono ancora collegati».<br />
«Quale altro edificio?»<br />
«Quello di fianco».<br />
«Alla fine della strada?»<br />
«Ja».<br />
Quell'uomo era evasivo, e rispondeva solo quello che doveva,<br />
nulla più.<br />
«Perché questi due?» chiese Karl.<br />
«Perché? Perché siamo della stessa compagnia, e i proprietari si<br />
accorsero che immagazzinare il prodotto finito sottoterra era più
sicuro».<br />
Più sicuro? Karl ci pensò un momento, poi ricordò il cartello<br />
all'esterno. FEUERWERKS. Quella fabbrica produceva fuochi<br />
d'artificio. «Che cosa produce l'altra fabbrica?».<br />
Il supervisore ebbe un'esitazione. La sua voce fu indurita dal<br />
sospetto. «Sprengstoffs».<br />
Esplosivi.<br />
«Lei è l'ispettore e non lo sa? E di certo ha esaminato le piante dei<br />
due edifici quindi dovrebbe sapere dei tunnel. Vorrei vedere<br />
nuovamente le sue credenziali».<br />
Karl fu preso dal panico. Afferrò l'uomo per la gola. Questi si<br />
dimenò. La torcia cadde sul pavimento di mattoni. «Quale tunnel<br />
conduce all'altro edificio?».<br />
L'uomo lottò con Karl e, benché quest'ultimo non avesse la forza<br />
fisica che possedeva un tempo, non fu necessario un potere<br />
soprannaturale per aver ragione di quel vecchio. La pressione<br />
esercitata sulla gola portò alla consueta perdita di sensi e ben presto<br />
quell'uomo pesante raggiunse la torcia sul pavimento.<br />
Karl raccolse la luce. L'uomo era svenuto prima di poter dire<br />
quale fosse il tunnel non bloccato e laggiù era difficile orientarsi<br />
rispetto agli edifici sopra il suolo. Karl guardò il suo orologio - erano<br />
già le cinque e mezza. Non sapeva a che ora sarebbe tramontato il<br />
sole ma era sorto intorno alle sei del mattino il che significava che<br />
sarebbe calato intorno alle sei di sera. Come avrebbe fatto a scoprire<br />
in fretta quale tunnel conduceva dall'altra parte? "Calmati", si disse,<br />
qualcosa che non avrebbe dovuto fare nel suo stato precedente. Ma<br />
prima era quasi invincibile.<br />
C'erano dodici tunnel, uno per ogni edificio. Lui era in uno<br />
murato, ed era stato in quello che conduceva alla fabbrica di fuochi<br />
d'artificio. Questo significava che ce n'erano dieci che avrebbe<br />
dovuto controllare, in fretta.<br />
Corse di nuovo verso il ventre di quella bestia e procedette lungo<br />
il tunnel alla sua destra con passo rapido. Nell'istante in cui la luce<br />
illuminò un muro di mattoni girò i talloni e tornò sui suoi passi.
Tunnel dopo tunnel, ciascuno terminava bruscamente con una<br />
parete di mattoni. Poi alla fine, mentre si accingeva a imboccare il<br />
penultimo, scoprì quella che sembrava una piccola ferrovia con<br />
piccoli carrelli aperti che portavano delle casse.<br />
La lunghezza di questo tunnel non era più venti metri ma<br />
quaranta, e lungo la strada fece luce con la torcia su quelle casse di<br />
legno e vide la parola Feuerwerks marcata con uno stampo sulle<br />
fiancate. La pista era piena di casse, da una estremità all'altra, che<br />
infine raggiunse. Un altro slargo, ma questo non dava su un tunnel<br />
più breve ed era sempre colmo di casse. C'erano alcuni gradini che<br />
portavano più su e una porta che senza dubbio conduceva all'ultimo<br />
edificio sulla strada.<br />
Dov'erano? Non dovevano essere là? Si trovavano forse nel piano<br />
interrato dell'edificio sopra di lui? Forse avrebbe dovuto controllare<br />
quel corridoio finale che portava via dall'edificio precedente.<br />
Una rapida occhiata all'orologio gli disse che erano le 6:10. Se il<br />
sole non era tramontato, l'avrebbe fatto da un momento all'altro.<br />
Karl spinse quella pesante porta, ma non si mosse. Benché fosse<br />
fresco e asciutto, il suo corpo era ricoperto di sudore, i suoi pensieri<br />
deliranti. Che cosa poteva fare? Anche se fosse riuscito a uscire di là e<br />
a salire raggiungendo il livello interrato avrebbe potuto essere<br />
troppo tardi.<br />
Fu allora che lo sentì. Il suo sesto senso mortale si fece strada, e il<br />
risultato fu che i peli nella parte posteriore del collo si rizzarono.<br />
Una fredda e sorda paura salì strisciando su per le gambe,<br />
serpeggiando lungo la colonna vertebrale. C'era qualcosa insieme a<br />
lui nel tunnel. Qualcosa di pericoloso per lui. Senza sapere perché,<br />
senza fare domande, comprese che gli stava dando la caccia, si<br />
faceva avanti con passo veloce.<br />
Ogni molecola del suo corpo, ogni atomo che componeva quelle<br />
molecole, ogni particella che formava quegli atomi, tutto in lui<br />
riconobbe il pericolo per quello che era: Antoine. Il suo corpo era<br />
già stato devastato dall'assalto furibondo di quell'essere diabolico.<br />
Avrebbe per sempre tremato di paura alla presenza di quel demone.<br />
Karl picchiò alla porta e gridò. Udì un grido e pensò fosse il suo,
poi si rese conto che era l'uomo che aveva lasciato nel tunnel. Un<br />
uomo che adesso era morto, prosciugato del suo sangue. Morto<br />
come sarebbe stato ben presto anche Karl se qualcuno non l'avesse<br />
fatto entrare.<br />
Batté alla porta come se la sua vita dipendesse dal fatto che<br />
venisse aperta. "Dev'esserci qualche angelo che veglia su di me",<br />
pensò, rendendosi conto in un istante che stava ragionando come i<br />
mortali, poiché, magicamente, la porta si era aperta.<br />
«Svelti, evacuate l'edificio!», ordinò Karl all'operaio sgomento.<br />
Mostrò il suo distintivo. «Sono l'ispettore dell'edificio. C'è una<br />
bomba nel tunnel!».<br />
L'uomo al quale Karl si era rivolto non perse tempo, ma fece una<br />
chiamata e in pochi istanti gli operai si affrettavano a lasciare lo<br />
scantinato, su per le scale verso il piano principale, gridando.<br />
Karl ne afferrò uno. «Fate evacuare anche l'edificio adiacente. La<br />
fabbrica di fuochi d'artificio. E gli altri edifici della strada». L'uomo<br />
annuì e si girò per correre, ma Karl gli tenne il braccio. «Dammi il<br />
tuo accendino».<br />
L'uomo gli porse l'accendino senza fare domande. La paura sul<br />
suo volto impediva ogni altra cosa che non fosse l'azione.<br />
Quando questi si fu girato per correre via dall'edificio con i suoi<br />
compagni, Karl accese tutto quello che riuscì a trovare - tessuto,<br />
carta, ogni cosa usata per realizzare gli involucri dei fuochi d'artificio.<br />
Una sirena d'allarme prese a suonare, insistente, continua. Karl la<br />
ignorò. Quando la fiamma divampò rigogliosa, forse sei metri per<br />
sei, una fiamma che minacciava di espandersi senza controllo, Karl<br />
tenne a bada la sua paura e aprì la porta.<br />
L'oscurità lo raggiunse, un'oscurità illuminata dal fuoco. Era<br />
un'oscurità intangibile, qualcosa di nero e insidioso. Mentre<br />
spegneva il fuoco sulle scale ebbe il tempo di pensare: "È così che mi<br />
hanno sempre visto i mortali?".<br />
Il fuoco si ripiegava su se stesso. Karl lo pestò con le scarpe e<br />
spense i detriti in fiamme con un pezzo di tubo metallico, stando<br />
molto attento dopo il suo recente incontro col fuoco. Non stava<br />
cercando di appiccare le fiamme all'edificio, o magari di far
esplodere i tunnel: sia Gerlinde che Antoine erano in grado di<br />
tollerare il fumo e forse persino un'esplosione così limitata. Quello<br />
che sperava di fare era accendere alcuni dei fuochi d'artificio. Non<br />
era del magnesio che si preoccupava, era la polvere da sparo. Se<br />
fosse riuscito a innescare una reazione a catena là sotto, questa<br />
avrebbe spinto Antoine e Gerlinde verso la superficie. Una volta a<br />
livello della strada, non aveva idea di che cosa avrebbe fatto. Sapeva<br />
solo che non poteva lasciare che rimanessero là sotto.<br />
Con la porta aperta, quella presenza maligna era terribile,<br />
schiacciante. Ogni istante si faceva più vicina e la sua influenza più<br />
forte. Una volta che il fuoco ebbe preso sui gradini e acceso alcune<br />
delle casse, Karl richiuse la porta sbattendo e fece scivolare il fragile<br />
chiavistello. Non avrebbe fermato Antoine. Per nessuna ragione al<br />
mondo.<br />
Si girò e corse su per i gradini per unirsi agli altri in strada, dove<br />
c'era una folla di persone, una confusione estrema.<br />
Il cielo che imbruniva rese inutili altri dubbi sul fatto che il sole<br />
fosse tramontato: era successo almeno mezz'ora prima.<br />
Fortunatamente, molti degli operai erano già andati a casa,<br />
benché alcune fabbriche facessero turni di straordinario.<br />
Quelli che lo riconobbero dalla sua ispezione negli altri edifici e<br />
l'uomo dal quale aveva preso in prestito l'accendino gli si<br />
avvicinarono per avere informazioni. «Andate via di qui!», gridò.<br />
«Tornate indietro nei campi. Sta per esserci un'esplosione. Die<br />
bombe!».<br />
La parola "bomba" li fece correre via. Non ci volle molto prima<br />
che delle piccole esplosioni e dei fischi riempissero l'aria, suoni che si<br />
fecero sempre più forti man mano che aveva luogo la reazione a<br />
catena che aveva sperato di causare.<br />
Durò quasi un'ora. E quando fu finita, quando arrivarono la<br />
polizia e i vigili del fuoco, quando alcune parti di una delle fabbriche<br />
erano in cenere, Antoine e Gerlinde non erano ancora apparsi.<br />
Karl si era chiesto per tutto il tempo se non avessero abbattuto<br />
uno dei muri di mattoni che bloccavano un tunnel per uscire fuori da<br />
un altro edificio. Perché non gli fosse venuto in mente non lo
sapeva. La sua incapacità di avere una visuale più completa lo<br />
spaventava e lo faceva sentire vulnerabile. Come si sentivano i<br />
mortali.<br />
Adesso, ovviamente, aveva un problema in più. Trovò una scusa<br />
e riuscì a districarsi dall'area affollata non appena poté. Le autorità<br />
avevano domande da porgli, domande alle quali non avrebbe né<br />
voluto, né potuto rispondere. Rubare una macchina e abbandonare<br />
quel posto fu il meglio che riuscì a fare.<br />
Durante il viaggio per tornare in centro, Karl si sentì depresso.<br />
Aveva fallito terribilmente. Non solo Antoine e Gerlinde erano<br />
fuggiti, ma lui era diretto all'hotel dove avrebbe potuto trovare un<br />
cadavere. Il corpo di Michel. L'unico oltre a lui in grado di tracciare<br />
Gerlinde. E adesso che Karl era nuovamente mortale, non era più in<br />
grado di tracciarla. E anche se Michel era vivo, avrebbe potuto<br />
essere in una condizione alterata incapace anche lui di tracciarla. Il<br />
che significava che non avrebbero trovato Gerlinde. Mai più.<br />
Karl parcheggiò la macchina a sei isolati dall'hotel. Seppellì la<br />
giacca del completo e la cravatta in un cassonetto sotto una<br />
montagna di buste di fast food e pacchetti di sigarette vuoti,<br />
sapendo che i netturbini stavano già arrivando in quella strada.<br />
Con passo pesante, tornò all'hotel, sperando nel meglio.<br />
Aspettandosi il peggio.
CAPITOLO 21<br />
«Willkommen, alt Liebhaber! Pensavamo non saresti mai arrivato<br />
qui».<br />
La scena che accolse Karl lo riempì di terrore. Gerlinde aveva<br />
aperto la porta, sorridente, mostrando le zanne. Anche da lì, l'odore<br />
di polvere da sparo e di magnesio attaccato ai vestiti era sufficiente<br />
perché un mortale come lui potesse sentirlo.<br />
Dall'ingresso, Karl vide Michel disteso sul letto come l'aveva<br />
lasciato, pallido, simile a un cadavere ma forse non morto. Le sue<br />
labbra erano macchiate di quelle che sembravano essere più che<br />
alcune gocce di sangue. Donata doveva averlo nutrito per tutta la<br />
notte passata.<br />
Antoine era in piedi alla finestra e teneva Donata davanti a sé<br />
come una bambola. La stringeva per le spalle, i suoi lunghi capelli<br />
stretti in pugno in modo che la sua testa fosse piegata, senza dubbio<br />
per donare al tutto un effetto drammatico. Presumibilmente in<br />
modo che Karl vedesse senza difficoltà i due grossi segni irregolari<br />
sulla sua gola. Una grande quantità di sangue era scesa lungo il collo<br />
macchiando il davanti del suo vestito. La vena sul collo pulsava<br />
all'impazzata, e il suo viso - più pallido del solito - era simile a una<br />
maschera. Karl comprese ben presto la situazione: era stato Michel a<br />
morderla, questo era chiaro. Il sangue era secco, e Antoine non ne<br />
aveva sulle labbra.<br />
«Karl!», disse singhiozzando la ragazza, tradendo la paura nascosta<br />
da quella maschera. «Aiutami!».<br />
Ma ovviamente non poteva. Non da mortale. Anche se fosse<br />
stato ancora immortale, non l'avrebbe potuta aiutare. E la sua parte<br />
umana voleva gridare ad Antoine piena di disgusto: «Essere<br />
immondo!». Era come se fossero tutti in un film di Werner Herzog.<br />
Ma quello non era un film. E da dove gli veniva una simile<br />
teatralità?<br />
Karl chiuse la porta e si fece avanti nella stanza, senza mai togliere<br />
gli occhi da Antoine.
«E così», disse Gerlinde, «sei di nuovo mortale. Grazie al suo<br />
sangue». Fece un cenno verso la figura distesa di Michel. «Pensavo<br />
avessi detto che non poteva funzionare».<br />
«Nessuno sapeva se avrebbe funzionato».<br />
«Be', così è stato e adesso sei vulnerabile».<br />
Karl guardò Gerlinde. L'impatto fu sorprendente. La donna che<br />
aveva amato non c'era più. Che cosa le era successo? Non aveva<br />
bisogno di porsi troppe domande: era ovvio. Il cambiamento era<br />
iniziato molto tempo prima che Antoine la portasse via. Era stato<br />
Karl a trasformarla in un magnifico demone. Guardò intensamente i<br />
suoi occhi ipnotici e disse semplicemente: «Gerlinde, mi dispiace<br />
tanto».<br />
Lei batté gli occhi una volta. I suoi occhi mostrarono che aveva<br />
compreso. Parve stupefatta. Poi toccata.<br />
Allora la fredda risata di Antoine riempì la stanza, distruggendo<br />
sul suo cammino ogni cosa vivente. «Sì, hai fatto di lei un mostro, io<br />
ho fatto di te un mostro, e adesso voi due mi libererete. Ma prima<br />
uno spuntino».<br />
Senza alcun preavviso strappò il vestito dal corpo di Donata. La<br />
ragazza emise un grido ma lui glielo ricacciò dentro premendo<br />
contro la vena pulsante sul collo. Con quell'azione giunse un<br />
messaggio diretto e comprensibile, e dallo sguardo sul volto di<br />
Donata Karl si rese conto che la sua vita era in pericolo. Chiaramente<br />
in quel momento lei non nutriva più alcun pensiero suicida.<br />
«Farò un patto con te», disse Karl. «Prendi il mio sangue. È quello<br />
di Michel. Quello che hai sempre voluto. Lascia andare Gerlinde e la<br />
ragazza e avrai me».<br />
Antoine fece un ghigno. «Avrò il tuo sangue comunque. Come ho<br />
già fatto. È mio diritto».<br />
«Non ti preoccupare per me», disse Donata. «Non mi importa se<br />
morirò e tornerò indietro. Te l'ho detto».<br />
«Chi ha parlato di farti ritornare?», le disse Antoine. Gettò la testa<br />
all'indietro e rise nuovamente. Karl fu sorpreso che un simile suono<br />
potesse esistere nell'universo al di fuori dell'inferno. All'improvviso,
Antoine ritrasse la testa indietro come un serpente e la fece scattare<br />
in avanti, mordendo selvaggiamente il collo di Donata.<br />
Questa urlò, ma la mano di lui sulla bocca attutì il suono.<br />
Prendere il sangue di Donata l'avrebbe tenuto occupato solo per<br />
uno, due o tre minuti, a seconda della velocità con cui l'avesse fatto.<br />
Karl cercò di riflettere. Gli sembrava di essere uno con disturbi<br />
dell'attenzione.<br />
«Sembri saporito», disse Gerlinde leccandosi le labbra. Però Karl<br />
vedeva che il cuore di lei non era tutto in quelle parole, e prese<br />
quella minuscola offerta come un buon segno.<br />
Ispezionò la stanza in cerca di un'arma e prese una sedia. Gerlinde<br />
gliela tolse dalle mani. Alla faccia del buon segno.<br />
«Prendimi», disse una voce. Una voce debole ma familiare. Che<br />
raggiunse le orecchie di Antoine.<br />
Antoine lasciò andare Donata e questa cadde pesantemente al<br />
suolo come una bambola di porcellana.<br />
Michel si sforzò di mettersi a sedere sul letto, con la pelle<br />
biancastra, gli occhi fiammeggianti. «Bevi il mio sangue. Lo desideri<br />
tanto. Vuoi essere mortale».<br />
«Che bella sottomissione», disse Antoine, ovviamente soddisfatto<br />
per come volgevano gli eventi.<br />
«Michel, non farlo», disse Karl. «Non servirà. Salvati».<br />
Ma il ragazzo scosse leggermente la testa, cosa che parve fargli<br />
venire le vertigini. Quando si riprese, disse: «Ora so quello che sanno<br />
tutti gli altri. Com'è amare qualcuno. Com'è perderlo. Com'è<br />
morire...». Si girò verso Antoine. «Non ti ricordi nulla di tutto<br />
questo, vero? Provo pena per te».<br />
La quiete che durò grosso modo due secondi parve, a Karl,<br />
l'occhio del ciclone. Quando finì, Antoine era completamente sopra<br />
Michel, a succhiargli furiosamente il sangue, ringhiando come una<br />
bestia impazzita.<br />
Karl si mosse verso la finestra, sperando di aprire le tende,<br />
sperando che fosse l'alba. Arrivò a metà strada quando Gerlinde lo<br />
afferrò. Lo sguardo demoniaco negli occhi di lei sembrava empio. Se
non avesse saputo che non serviva, avrebbe pensato che un<br />
crocefisso avrebbe potuto respingerla.<br />
«Tu hai preso il mio, adesso io finisco col prendere il tuo», disse.<br />
Lo tenne stretto, in modo che non potesse muoversi.<br />
«Non preoccuparti, amore, una volta a te e una a me. Sarò<br />
delicata. E dopotutto, voglio che duri».<br />
Vide i suoi incisivi brillare di saliva, poi la testa di lei si fece più<br />
vicina fino a quando perse di vista i denti. Ma li sentì.<br />
All'improvviso, il dolore gli infiammò la gola. Quella sensazione<br />
tagliente divenne un bruciore sempre più acceso. I suoi denti<br />
oltrepassarono la pelle, nel muscolo, e lei gli bloccò il collo in modo<br />
che la vena non si spostasse e lei potesse mancarla. Quei denti erano<br />
delle lame affilate. Nonostante la forza di quell'abbraccio d'acciaio, si<br />
divincolò, e la vena le sfuggì, avanti e indietro, un gioco a schivare,<br />
un gioco che conosceva solo perché era stato da entrambe le parti<br />
prima. Ma non poteva durare, e la punta dei denti aveva lacerato il<br />
muscolo abbastanza in profondità perché lui cominciasse a gemere. Il<br />
dolore finì con l'intorpidirlo, fino a quando non riuscì più a sentire i<br />
muscoli da poterli muovere. Però sentì quando lei perforò la vena. Il<br />
sangue fluiva all'esterno abbandonando il suo cuore: fu sorpreso di<br />
esserne così cosciente a livello fisico. Era la prima volta: quando<br />
l'aveva preso Antoine era stato talmente rapido che non aveva<br />
sentito nulla. Adesso sapeva cosa era capitato a tutte le sue vittime.<br />
Non erano solo addormentati o confusi o storditi. Rabbrividì.<br />
Mentre lei suggeva, Karl ascoltò il rumore di risucchio prodotto<br />
dalle labbra di lei, e ascoltò i suoni gutturali prodotti da Antoine. "Se<br />
solo potessi aprire le tende", pensò inutilmente Karl. Ma non era<br />
possibile. Non poteva muoversi. Erano tutti condannati. Negli ultimi<br />
istanti era diventato più debole. Così terribilmente stanco. Come se<br />
l'energia del suo corpo fosse un essere solido che era stato sollevato<br />
e portato via da lui, lasciando dietro di sé solo effimero gas. Per lo<br />
meno, Michel sarebbe finito in stato di shock per via di quel prelievo<br />
tanto rapido. Non avrebbe sentito nulla. Forse aveva già perduto i<br />
sensi. Gerlinde si prese il suo tempo, ma alternò fasi di rapida e di<br />
lenta assunzione. La sua forza diminuiva con l'avvicinarsi dell'alba,<br />
ma surclassava ancora quella di Karl. Tanto lei quanto Antoine
sapevano che il sole era sopra l'orizzonte. Qualunque beneficio<br />
avesse portato il sangue di Michel - direttamente dal ragazzo o<br />
indirettamente da Karl - probabilmente l'effetto non sarebbe stato<br />
istantaneo su di loro, non più di quanto lo fosse stato per Karl il bere<br />
direttamente il sangue di Michel.<br />
Karl perse coscienza del proprio corpo. Tutte le sensazioni appena<br />
scoperte derivanti dall'essere umano svanirono. Parve ascendere,<br />
sopra e oltre il proprio corpo, per ragioni di sicurezza, e si vide<br />
fluttuare vicino al soffitto sotto forma di luce bianca, e adesso che<br />
era divenuto quella forma, guardava in basso se stesso tra le braccia<br />
di Gerlinde, Antoine sopra Michel nel letto e Donata che cercava di<br />
rimettersi in piedi. Tutto sembrava calmo e placido. Giusto. Stava<br />
quasi per svenire, lo sapeva. Bruscamente, la scena si fece più<br />
luminosa. La luce del giorno inondò i dettagli, riversandosi su di lui,<br />
su ogni cosa. Così intensa, penetrò nella sua pelle e lui cominciò a<br />
riprendere sensibilità alle braccia, alle gambe, al viso...<br />
Gerlinde strillò. Antoine ruggì come un demone. Karl divenne<br />
improvvisamente cosciente e concentrato. La luce, non più nella sua<br />
mente ma all'esterno, stava illuminando la stanza.<br />
Donata giaceva sul pavimento, con le tende ammassate su di sé;<br />
la mano ancora stretta intorno al tessuto. La luce del sole si riversava<br />
nella stanza attraverso la lunga sagoma della finestra.<br />
Antoine sfrecciò verso il bagno. Karl notò delle porzioni di pelle<br />
annerita, laddove i raggi del sole l'avevano scorticato. Il suo volto<br />
era corrugato in un terrore furioso. Una volta giunto al sicuro, Karl<br />
vide la porta che si chiudeva sbattendo e sentì che veniva bloccata<br />
dall'interno.<br />
Gerlinde aveva avuto la stessa idea, ma quando giunse alla porta,<br />
picchiando e urlando, Antoine non le aprì.<br />
Gridò istericamente, aggrappandosi e scorticando il legno. Dalla<br />
sua pelle si sollevò del fumo. «Da questa parte», disse Karl.<br />
«Non la aiutare!», gridò Donata. «Lasciala morire!».<br />
Karl afferrò Gerlinde per la vita e la trascinò all'indietro di alcuni<br />
passi verso la porta dell'armadio. Per tutto il tempo lei lo graffiò,<br />
strappandogli la pelle dal viso. «Qui dentro», disse lui. «Sarai al
sicuro». Lei non parve udire alcunché di quello che disse.<br />
L'adrenalina aumentò improvvisamente e Karl comprese che se<br />
non fosse stato per quelle ghiandole umane che in certe occasioni<br />
erano in grado di produrre una forza straordinaria, non sarebbe mai<br />
stato capace di gettare Gerlinde dentro l'armadio e chiudere la<br />
porta.<br />
Vi si appoggiò di schiena.<br />
«Perché l'hai fatto?», chiese Donata ansimando sul pavimento.<br />
Karl si limitò a scuotere la testa. Come poteva spiegare<br />
quarant'anni e il debito che sentiva di avere nei confronti di Gerlinde<br />
per quello che le aveva fatto, anche se lei l'aveva voluto. E anche se<br />
aveva cercato di ucciderlo. Nessun mortale poteva desiderare quella<br />
trasformazione. Non avevano la minima idea del suo effetto, di<br />
quello cui avrebbero dovuto rinunciare, o di come avrebbero<br />
dovuto esistere.<br />
E adesso sapeva che lei non avrebbe mai potuto accettare di non<br />
avere un figlio. Lui non aveva il diritto di...<br />
«Dobbiamo uscire di qui», gridò Donata. «Michel. Michel!».<br />
Karl guardò verso il punto che lei stava fissando in preda<br />
all'orrore. Michel giaceva scomposto sul letto, il copriletto era zuppo<br />
del suo sangue. Il lato destro della gola del ragazzo era stato quasi<br />
strappato via, e l'arteria della carotide ancora guizzava.<br />
«Mio Dio!», sussurrò Karl. Si precipitò verso Michel. La giugulare e<br />
la vena erano state entrambe recise. La vena era l'ultima delle sue<br />
preoccupazioni. «Passami quei due morsetti chirurgici», disse.<br />
«Dove?»<br />
«Sul cassettone. Con l'equipaggiamento per l'endovenosa». Li<br />
aveva usati per tenere la sua vena aperta mentre si privava del suo<br />
stesso sangue. Adesso avrebbero impedito che il sangue fuoriuscisse.<br />
Un morsetto su ciascun lato dell'arteria recisa contrastò la fuoriuscita.<br />
Se tutto fosse andato bene, l'arteria dall'altra parte del collo di<br />
Michel avrebbe continuato a pompare sangue nel suo cervello.<br />
«Dobbiamo portarlo in ospedale!».<br />
Il rischio era grande, ma non vedeva altre alternative a quel
punto. Michel, se poteva essere salvato, avrebbe avuto bisogno di<br />
un chirurgo.<br />
«Non possono trovarlo in questa stanza. Se ci fosse solo Antoine»,<br />
disse Karl, «non esiterei un istante. Ma non voglio che venga<br />
scoperta Gerlinde».<br />
Karl avvolse Michel nel lenzuolo. «Chiama il pronto soccorso.<br />
Spero che non riescano a rintracciare la stanza esatta».<br />
Donata si appoggiò pesantemente al tavolo e compose il numero.<br />
Fissò Karl mentre diceva con un filo di voce: «Vorrei che qualcuno<br />
mi avesse amata così tanto».<br />
Lui si rese conto che la ragazza non versava in buone condizioni.<br />
Ma Michel stava ancora peggio e doveva essere la sua priorità.<br />
Karl trascinò Michel fuori dalla stanza, su per le scale di<br />
emergenza fino al terzo piano, e lo lasciò vicino all'ascensore.<br />
All'esterno la sirena suonava sempre più vicina.<br />
«Andiamo», disse Karl, e condusse Donata che si trascinava dietro<br />
di lui nella direzione per cui erano venuti lungo il corridoio, fino alla<br />
fine, vicino alle scale.<br />
La cameriera dell'albergo aveva lasciato aperte diverse porte delle<br />
stanze libere al terzo piano e loro si infilarono nell'ultima stanza<br />
lavandosi poi nel bagno. Le ferite di Donata erano pulite, dato che<br />
era stato Michel a farle, ma i denti più grossi di Antoine le avevano<br />
aperte ulteriormente, causando danni maggiori. Però sarebbe<br />
sopravvissuta, anche se aveva bisogno di riposare. Non aveva forze<br />
e dovette sedersi sul bordo della vasca mentre lui la ripuliva.<br />
Karl si toccò il collo. Le ferite erano molto, molto infiammate.<br />
Nello specchio vide un uomo con due grossi buchi sulla gola.<br />
Desiderò che vi fosse un kit di primo soccorso di qualche genere in<br />
giro: entrambi avrebbero saputo usare delle bende per fermare<br />
l'emorragia, se non per mascherare le ferite, e magari disinfettarle.<br />
Un anticoagulante nella saliva della sua razza - quella che prima era<br />
stata la sua razza - impediva che il sangue si rapprendesse. Sotto quel<br />
punto di vista erano come i pipistrelli vampiri. Alla fine<br />
l'anticoagulante si sarebbe dissolto e la perdita si sarebbe arrestata.<br />
Nel frattempo, porse a Donata un asciugamano e ne prese uno per
sé. «Usalo come una benda ed esercita più pressione che puoi sulla<br />
gola».<br />
«Puoi piegarle in modo da portarcele dietro?», disse lui,<br />
sganciando le tendine dall'asta. Tolse le lenzuola, poi riempì d'acqua<br />
un secchiello per il ghiaccio, afferrò un paio di asciugamani, le tende<br />
e fece cenno a Donata di seguirlo il più in fretta possibile. Karl era<br />
carico. Lei portò la bottiglia d'acqua, che però sembrava pesarle.<br />
Spalancò la porta delle scale e fece entrare prima lei. Poi la seguì.<br />
Non appena la porta si richiuse alle sue spalle, sentì un grido che lo<br />
informò che era stato trovato Michel.<br />
Tornati al secondo piano, tolse il copriletto e le lenzuola dal letto<br />
della loro stanza, raccolse le tende dal pavimento: sul bordo c'erano<br />
le impronte insanguinate di Donata, ma non potevano farci nulla.<br />
Lentamente, lei si tolse il vestito nero: era sfinita, ma lui aveva molte<br />
cose da fare e non poteva davvero aiutarla. Karl si tolse la camicia e<br />
l'aggiunse al mucchio insieme al vestito di lei. Mentre Donata<br />
toglieva un altro vestito dalla valigetta e se lo infilava sopra la testa -<br />
Karl fu felice di vedere che aveva un colletto alto abbastanza da<br />
nascondere la gola - e mentre Karl impacchettava tutto insieme ben<br />
stretto per sbarazzarsene, entrambi sentirono una forte sirena che<br />
veniva spenta appena fuori dall'albergo.<br />
«Grazie a Dio», disse Donata, mentre sbirciava fuori dalla finestra.<br />
Per fortuna nel frigo della stanza c'era dell'acqua in bottiglia e lui si<br />
servì di quella e del secchiello per il ghiaccio per pulire tutto quello<br />
che poté. Karl mise tutti gli asciugamani insanguinati nel fagotto.<br />
Appese le tende e spiegazzò il letto in modo che sembrasse che<br />
qualcuno ci aveva appena dormito.<br />
«Sul pavimento ci sono alcune chiazze di sangue, ma penso che<br />
possiamo sistemarci sopra il letto», disse.<br />
Si sforzò di spostare quella struttura pesante fino a quando non<br />
l'ebbe mossa dei dieci centimetri necessari. Sfortunatamente erano<br />
rimaste delle impronte sul tappeto nei punti in cui avevano poggiato<br />
le gambe. Ma contavano solo le due ai piedi del letto, e Karl cercò<br />
di cancellarle con le dita, ma non ebbe molto successo.<br />
«Tutto questo perché se la cameriera o la polizia dovessero
entrare, vedrebbero che è tutto in ordine, giusto?», disse Donata.<br />
«Di più. Penseranno che il tessuto insanguinato proviene dall'altra<br />
stanza. È sullo stesso piano dove troveranno Michel. Con un po' di<br />
fortuna questo li terrà lontani per qualche tempo. Dopo che vi siete<br />
registrati all'albergo è mai uscito Michel?»<br />
«Uh, no, non credo».<br />
«E il servizio in camera?»<br />
«Io ho preso il cibo. Non credo che la cameriera abbia visto<br />
Michel».<br />
«Be', resta comunque l'impiegato della reception...».<br />
«Non proprio. Michel mi aspettava all'ascensore mentre mi<br />
registravo».<br />
«Con quale nome hai firmato?»<br />
«Il signore e la signora Michel Blak».<br />
Karl sollevò un sopracciglio. Alla ragazza piaceva essere teatrale.<br />
Aprì la porta e si mosse circospetto nel corridoio, come un gatto.<br />
Non avevano ancora cominciato a pulire quel piano, ma presto la<br />
cameriera sarebbe stata là, e forse la polizia avrebbe voluto<br />
controllare l'intero edificio. Il secondo piano e il terzo ovviamente<br />
erano attigui. All'improvviso, ricordò l'I Ching e l'esagramma 23<br />
ottenuto da Wing. Qual era la fine di quell'esagramma? Che fosse<br />
dannato se riusciva a ricordarlo.<br />
Si mosse in silenzio per il corridoio, provando piano le porte sul<br />
lato ovest del piano di fronte alla loro stanza, ma erano tutte chiuse.<br />
«Io posso entrare», disse una voce dietro di lui e si voltò<br />
trovandosi davanti Donata.<br />
«Ti avevo detto di restare nella stanza», sussurrò lui.<br />
Donata, appoggiata alla parete per sostenersi, alzò una delle<br />
chiavi magnetiche in plastica.<br />
«Come l'hai avuta?»<br />
«L'ho trovata al terzo piano quando abbiamo lasciato Michel».<br />
«Ma non andrà bene per questa stanza».
«Invece sì». Fece scivolare la chiave nella serratura e la luce verde<br />
si accese. Donata sollevò lo sguardo verso di lui. «La cameriera l'ha<br />
lasciata nella stanza dove ci siamo introdotti».<br />
Tornarono in fretta nella loro stanza. Karl si mise in spalla la<br />
matassa di tessuti insanguinati. Quello sarebbe stato il momento<br />
giusto per avere un po' di forza immortale, pensò. «Stavolta aspetta<br />
qui».<br />
Portò il mucchio nella stanza aperta e lo scagliò fuori dalla<br />
finestra. Atterrò con un tonfo leggero nel cortile sottostante. Presto<br />
sarebbe stato trovato, e quella, rifletté, era l'unica stanza priva di<br />
tende.<br />
«Pensi che Michel starà bene?», chiese lei mentre Karl rientrava<br />
nella loro stanza.<br />
«Non lo so», disse lui con sincerità. Nessuno poteva saperlo. E Karl<br />
non riusciva a pensarci troppo al momento. «Dobbiamo farci vedere<br />
alla reception», disse. «Ce la fai?».<br />
Lei annuì e Karl dovette aiutarla ad alzarsi. Prese la sciarpa di<br />
velluto nero di Donata che pendeva dallo schienale di una sedia e se<br />
la avvolse intorno alla gola. Con quell'accessorio, nello specchio a<br />
figura intera si vide strano ma il suo volto, con quei graffi, gli pareva<br />
ancora più strano.<br />
«Posso sistemarteli», disse lei, e prese la sua borsetta per il trucco.<br />
Il volto di lui era sufficientemente pallido a causa della perdita di<br />
sangue perché il fondotinta liquido si mescolasse a dovere.<br />
Lasciarono la stanza con un cartellino "Non Disturbare" sulla<br />
porta. Dovette quasi sostenerla fino sotto, con un braccio intorno<br />
alla vita. Il respiro di lei gli giungeva faticoso.<br />
Entrarono nell'atrio che era in pieno trambusto. La polizia era già<br />
arrivata. Proprio mentre Karl e Donata oltrepassavano il bancone,<br />
diversi attendenti uscirono fuori da un ascensore spingendo una<br />
barella sulla quale giaceva Michel, pallido e privo di sensi.<br />
Donata afferrò il braccio di Karl e le sfuggì dalle labbra un<br />
rantolo.<br />
Avevano avvolto Michel fino al collo con delle coperte, e dei
tubicini per l'endovenosa erano sospesi sul braccio scoperto. Non<br />
aveva un bell'aspetto, ma non sembrava neppure morto. Karl sapeva<br />
che la sua condizione era critica e che poteva peggiorare in fretta.<br />
Una simile ferita e quella perdita di sangue avrebbero ucciso molte<br />
persone. Rimasero fermi in mezzo agli altri, a osservare la barella che<br />
veniva fatta rapidamente uscire dalle porte. Una volta allontanatasi<br />
l'ambulanza e dopo che le persone intorno a loro ebbero<br />
commentato la situazione, Karl fece girare Donata verso il banco.<br />
Era pallida, con gli occhi sgranati, come fosse sul punto di piangere.<br />
«Sono il signor Blak», disse in tedesco. «Ci sono messaggi per me o<br />
per mia moglie?».<br />
L'impiegato controllò nella cassetta della posta. «Temo di no».<br />
«Siamo nella...». Karl guardò il cartoncino con la chiave magnetica<br />
dentro, benché sapesse bene il numero, «stanza 23. Le dispiacerebbe<br />
chiamarmi in camera quando arriva qualcosa? Sto aspettando un<br />
biglietto da mia sorella».<br />
«Certamente signore. Non c'è nessun problema».<br />
«Credo che faremmo meglio a fare colazione in camera», disse a<br />
Donata. «Va bene per te, mia cara?»<br />
«Sì, naturalmente».<br />
«Possiamo ordinare qui e farci portare il servizio in camera?»<br />
«Certamente», disse di nuovo l'impiegato.<br />
Karl ordinò una colazione americana e una continentale, con una<br />
caraffa di caffè. «La prego di metterla sul conto della stanza», disse.<br />
Si stavano dirigendo verso l'ascensore quando Karl si girò e, come<br />
avesse avuto un ripensamento, o facendo finta che così fosse, disse:<br />
«Pensa di poter mandare la cameriera a pulire la stanza adesso?»<br />
Il commesso sorrise. «Subito».<br />
Mentre lui e Donata entravano nell'ascensore lei disse: «Non<br />
posso mangiare. Mi sento male».<br />
Lui guardò la ragazza che era più pallida del normale. Si muoveva<br />
lentamente, ansimando a ogni passo, e sembrava incredibilmente<br />
debole. Nelle sue condizioni, con il suo corpo che doveva lottare
con il virus dell'AIDS, tutto quello che era accaduto doveva essere<br />
stato davvero nocivo per il suo organismo.<br />
«Hai bisogno di riposo», le disse mentre entravano nella stanza.<br />
«Resteremo in camera. Volevo che rimanesse impresso nella mente di<br />
quell'impiegato che io sono il signor Blak, e che tutto è normale. Era<br />
lui di servizio quando hai effettuato la registrazione?»<br />
«Sì, credo di sì».<br />
«Bene. Quando il servizio in camera porterà il cibo, lo prenderò<br />
io per portarlo dentro, così ci vedrà entrambi. Ma quando arriva la<br />
cameriera, nasconditi sotto il letto».<br />
«Perché?».<br />
Si sentì bussare alla porta e Karl chiese: «Wer geht?»<br />
«Der Zimmermädchen».<br />
La cameriera apparve quasi subito, e Donata riuscì per un pelo a<br />
mettersi sotto il letto. La donna risistemò il letto sotto il quale si<br />
trovava Donata, sistemò gli oggetti nella stanza e aprì le tende. Per<br />
tutto il tempo Karl conversò con lei, comportandosi da turista,<br />
chiedendo dove fosse un buon posto per andare a cenare, ma che<br />
forse sua sorella avrebbe avuto qualche idea quando l'avesse sentita.<br />
No, lei non era di Hannover, ma viveva a Londra adesso. Suo<br />
marito suonava nella filarmonica della città, e Karl e Donata erano<br />
in vacanza e non era forse una fortuna che lui e sua sorella potessero<br />
incontrarsi? Quando la cameriera cercò di andare in bagno Karl<br />
disse: «Mia moglie sta facendo un bagno. Prendo io gli asciugamani<br />
puliti».<br />
La colazione arrivò circa dieci minuti dopo che se ne fu andata la<br />
cameriera. L'inserviente portò il cibo in camera, vide Karl, vide<br />
Donata seduta al tavolo dove sistemò il vassoio e poi Karl gli diede<br />
una generosa mancia mentre andava via.<br />
«È lui quello che era venuto prima?», chiese Karl a Donata.<br />
«No. Prima c'era un vecchio».<br />
«Bene, non ha importanza. Non ha visto Michel. Questo mi ha<br />
visto».<br />
L'odore del cibo lo investì in pieno. Karl si rese improvvisamente
conto che non solo era sfinito e svuotato, ma che era anche<br />
affamato. Adesso comprendeva perché lo stomaco gli aveva dato<br />
fastidio nella Eisenbergerstrasse: l'ultimo pasto di cibo solido che<br />
aveva consumato risaliva al 1845. Stava morendo di fame! Aveva<br />
dimenticato che anche i corpi mortali avevano bisogno di<br />
carburante, regolarmente.<br />
Si sedette e divorò la colazione americana. Donata voleva<br />
soltanto caffè ma lui insistette affinché mangiasse parte di un<br />
croissant da quella continentale mentre Karl spazzolò via l'altra e le<br />
due paste danesi. Lei bevve una tazza di caffè, lui tutto il resto.<br />
Gli odori e i sapori erano travolgenti per lui. Ogni cosa era ben<br />
distinta. Deliziosa. Squisita! Alcune di quelle cose le stava mangiando<br />
per la prima volta. Il caffè ebbe un effetto ristoratore immediato, e<br />
sentì un'esplosione di energia.<br />
Donata, sopraffatta, si distese sul letto e si rannicchiò in posizione<br />
fetale. «Spero che Michel stia bene. Come possiamo scoprirlo?»<br />
«Mi aspetto di vedere qualcosa al telegiornale». Accese la<br />
televisione sul canale del notiziario tedesco e usò il telecomando per<br />
abbassare il volume.<br />
La ragazza era malata e afflitta in ugual misura. Riusciva a<br />
vederlo. Non sapeva che cosa fare per lei o cosa dirle. Non sapeva<br />
nulla. Controllò l'ora sulla radiosveglia di fianco al letto: le undici di<br />
mattina.<br />
Un vampiro maniaco dormiva nella vasca da bagno, e un altro - il<br />
suo vecchio amore - era rannicchiato sul pavimento dell'armadio.<br />
Entrambi avrebbero ripreso vita al tramonto. E lui non aveva un<br />
piano.<br />
«Perché restiamo qui?», disse Donata con un filo di voce.<br />
«Dobbiamo andare. Prima che si sveglino».<br />
Karl non riusciva nemmeno a guardarla. Aprì le braccia e lei vi si<br />
nascose come una ragazzina - la ragazzina che era - cercando<br />
disperatamente conforto.<br />
«Ci ho riflettuto. Tu devi andare. Devi stare in un luogo sicuro, e<br />
non è questo. Dormiremo per un paio d'ore - metterò la sveglia -<br />
poi ti voglio fuori di qui».
«E tu?»<br />
«Io devo restare qui. Affrontare la situazione. Deve finire qui, in<br />
un modo o nell'altro».<br />
«Qual è il tuo piano?».<br />
Lui scosse la testa pigramente. «Vorrei averne uno».<br />
Accese la sveglia sull'orologio di fianco al letto, e la regolò alle<br />
tre. Questo avrebbe dato loro quattro ore di sonno. Un tempo<br />
neppure lontanamente sufficiente per riprendersi. Ma era meglio di<br />
niente.
CAPITOLO 22<br />
Si svegliò disorientato. Nessun senso del tempo o dello spazio. La<br />
sua testa si volse a sinistra. Le tende erano aperte. Fuori dalla<br />
finestra, la luce era svanita dal cielo.<br />
Poi vide l'orologio della radio e i numeri rossi 19:00. Pensò che<br />
l'aveva regolato. Non aveva sentito la sveglia?<br />
Girò la testa verso destra e trovò Donata distesa di fianco a lui,<br />
immobile. Si protese e la scosse. Il suo braccio era ghiacciato e rigido.<br />
«È morta», disse una voce da un angolo buio della stanza. Una<br />
voce che riconobbe.<br />
Gerlinde si alzò e camminò fino ai piedi del letto. «Immagino che<br />
la perdita di sangue sia stata eccessiva per lei».<br />
«Ha l'AIDS. La perdita di sangue l'ha portata oltre il suo limite».<br />
Si sentiva diverso. All'inizio non fu in grado di identificare in cosa<br />
poiché nello stesso tempo sentiva di essere lo stesso. Ma poi<br />
comprese che cosa stava succedendo: il suo corpo stava già tornando<br />
allo stato precedente. Non era ancora immortale, ma i segnali<br />
c'erano, internamente. Sottili ma inconfondibili.<br />
Karl si mise a sedere. E vide subito qualcosa di assolutamente<br />
inatteso: Gerlinde, come l'aveva conosciuta quando si erano<br />
incontrati. La ragazza che era stata. "Sto sognando", pensò. "Non<br />
può essere".<br />
Ma era così. Il sangue che aveva preso da lui la notte prima, il<br />
sangue di Michel, l'aveva resa nuovamente mortale.<br />
Lei toccò il legno ai piedi del letto. «Io... non riesco a crederci»,<br />
disse. «Non ho mai pensato che potesse accadere. Sono di nuovo<br />
viva, così com'ero...».<br />
Karl sentì un rumore. Fece scattare la testa nella direzione del<br />
bagno. La porta era ancora chiusa.<br />
«È là dentro», disse Gerlinde, con voce amara. Karl si mise in<br />
piedi. Girò intorno al letto, e lei gli afferrò il braccio quando le passò<br />
vicino. Karl rimase fermo abbastanza per guardarla, e ascoltare
qualcosa di quello che stava dicendo. «Io... non so che cosa mi è<br />
successo», disse.<br />
«Lui ti controllava», rispose lui, parole che entrambi volevano<br />
sentire, volevano credere.<br />
Lei scosse la testa. «No. Ero io. Sono responsabile delle mie<br />
decisioni. Karl, io non so se potrai mai perdonarmi...».<br />
La guardò come se fosse un'estranea, e quello sguardo l'ammutolì.<br />
Era un'estranea per lui. Entrambi lo sentivano. La donna che aveva<br />
conosciuto quando lei era mortale, quella che aveva trasformato,<br />
che era stata con lui per così tante notti nel corso di tanti decenni,<br />
con la quale aveva condiviso così tanto, quella donna non c'era più.<br />
Si sentiva freddo nei suoi confronti, quello era l'unico modo per<br />
descrivere a se stesso ciò che provava. Tutto quello che lei aveva<br />
significato per lui era svanito. Al suo posto c'era una traditrice.<br />
Qualcuno di cui non solo non poteva più fidarsi, ma una donna che<br />
aveva distrutto la sua capacità di fidarsi.<br />
Si scostò e si diresse verso la porta del bagno. Provò a muovere la<br />
maniglia, ma era ancora chiusa dall'interno. Fece forza con il piede e<br />
dopo una dozzina di calci scardinò la porta.<br />
La tendina della doccia cingeva ancora la vasca. Karl non sapeva<br />
che cosa avrebbe trovato, ma si preparò a un attacco. Si scostò<br />
leggermente dalla vasca e con un rapido movimento, spinse da parte<br />
la tenda di plastica.<br />
Quello che giaceva dentro la vasca lo scioccò, anche se era così<br />
chiaro. Antoine era già divenuto mortale: il sangue di Michel aveva<br />
fatto effetto. Ma anche il sangue di Donata.<br />
Quell'essere che era sempre stato così incredibile, che era sempre<br />
parso alto più di due metri e mezzo, capace dell'impossibile, giaceva<br />
pallido e raggrinzito. Piccolo come un bambino. La pelle secca e le<br />
labbra bianche, il corpo coperto di lesioni. Gli occhi privi di<br />
espressione, spenti, sprofondavano in quella testa simile a un teschio.<br />
Solo una cavità per la bocca, il resto della carne che già marciva. Un<br />
volto scavato e appassito. Le mani già morte. Ansimava e sibilava,<br />
incapace di respirare in maniera normale.<br />
Chiaramente Antoine aveva contratto il male di Donata. Il sangue
di Michel in uno della loro razza avrebbe riconvertito le cellule<br />
rendendole mortali. Ma nel corpo di Antoine, nello stesso tempo,<br />
c'era anche il sangue infetto. Prima il sangue di Michel<br />
probabilmente aveva assalito le cellule vampiriche modificate. Poi il<br />
virus dell'AIDS doveva aver agito per infettare le nuove cellule<br />
mortali nel sangue di Antoine. Michel era stato in grado di ingerire il<br />
sangue contaminato dall'HIV senza effetti negativi, ma il suo sangue<br />
nel corpo di un vampiro, a causa del complicato processo di<br />
trasformazione e ritorno alla mortalità ovviamente non poteva<br />
gestire l'HIV: non nello stesso tempo.<br />
Mentre Karl guardava Antoine, incredulo davanti a quello che<br />
vedeva, terrorizzato per il fatto che potesse trattarsi di un qualche<br />
raggiro, che da un momento all'altro Antoine potesse balzare su e<br />
distruggerlo, pensò: "Entrambi torneranno all'immortalità nel giro di<br />
un paio di giorni o anche meno, proprio come me". Ma Antoine, lo<br />
sapeva, non sarebbe sopravvissuto un paio di giorni. Non avrebbe<br />
superato la notte.<br />
Karl udì del trambusto nella stanza, delle voci e lasciò il bagno.<br />
André, David, Morianna e Wing erano arrivati. Gerlinde era in piedi<br />
premuta contro il muro nell'angolo, spaventata.<br />
«Voi siete... siete mortali!», disse André, guardando Karl, poi<br />
Gerlinde e infine di nuovo Karl. «Chi è questa?», chiese indicando il<br />
corpo di Donata.<br />
«Una puro sangue», disse Wing prima che Karl potesse rispondere.<br />
«Potrò spiegarvi tutto dopo», disse Karl. «Ma dobbiamo<br />
recuperare Michel...».<br />
«L'abbiamo preso. È insieme agli altri. È al sicuro. Si riprenderà».<br />
«In... in che stato?»<br />
«Non lo sappiamo ancora. Gli stanno dando del sangue».<br />
Karl fu sopraffatto dal senso di colpa. Aveva quasi ucciso il figlio<br />
di André. Era qualcosa per cui non poteva aspettarsi che il suo amico<br />
l'avrebbe mai perdonato.<br />
André si mosse verso di lui, come se comprendesse i suoi pensieri.<br />
Ovviamente poteva farlo. Era immortale e Karl non lo era. André
mise una mano sul suo braccio. «Parleremo di tutto più tardi.<br />
Quando saremo al sicuro via di qui. Andiamo».<br />
Karl annuì. Lanciò un'occhiata a Gerlinde che guardò tutti con<br />
l'orrore sul volto. Morianna le si era avvicinata, ma poté vedere che<br />
Gerlinde si sentiva intrappolata. Quegli esseri adesso per lei erano<br />
dei predatori. E, ancor più di quello... non molto tempo prima<br />
erano stati suoi amici. Prima che si schierasse con il nemico.<br />
«Prima venite qui», disse Karl, rivolto specificamente a David e a<br />
Morianna. «C'è qualcosa che dovete vedere».<br />
Li condusse nella stanza da bagno. Gli altri li seguirono e si<br />
accalcarono sull'uscio.<br />
«Non ci credo», disse calmo David.<br />
Morianna non disse nulla, ma aveva sul viso un'espressione che<br />
Karl non aveva mai visto prima. Non desiderava altro che fare a<br />
pezzi Antoine.<br />
«Uccidiamolo», disse André. «Distruggiamo quel bastardo».<br />
«Non ce n'è bisogno», disse Karl. «Sta morendo di AIDS.<br />
Probabilmente cesserà di vivere stanotte. È mortale, come voi tutti<br />
potete vedere. Dal respiro, dal colorito, dalla pelle, direi che è una<br />
questione di poche ore».<br />
«Noi tre dovremmo prendere il suo sangue», disse David, con<br />
voce dura. Guardò Morianna e Karl. «Prosciugarlo come lui ha fatto<br />
con noi».<br />
«Non posso», disse Karl. «L'HIV mi infetterebbe. E per quanto<br />
riguarda te e Morianna non sono certo di cosa accadrebbe - dentro<br />
Antoine scorre il sangue di Michel, come quello di Donata, la<br />
ragazza. Potreste finire col diventare come lui: mortali e infetti».<br />
«Non merita una morte tanto semplice», disse André.<br />
Karl guardò il volto di Antoine mentre loro discutevano di quelle<br />
cose. Nonostante il suo stato decrepito, Antoine non aveva perso la<br />
sua aria soddisfatta e di superiorità. La morte imminente non lo<br />
sottometteva. Se ne accorsero anche gli altri, meglio di lui.<br />
«Perché?», scattò Morianna.
Karl la guardò. Fissava dritta gli occhi di Antoine, senza paura. Gli<br />
stava chiedendo perché fosse stato tanto violento. Perché, in<br />
particolar modo, avesse forzato la loro trasformazione. Perché non<br />
riuscisse ad adattarsi e a imparare un minimo di cooperazione. Gli<br />
stava chiedendo perché fosse così malvagio.<br />
Ma se Karl aveva appreso una cosa era questa: non ci sono<br />
ragioni per il male, né risposte, né scuse. Il male semplicemente<br />
esiste. In passato, non l'avrebbe potuto accettare. Ma adesso poteva.<br />
Ne aveva passate troppe. Aveva sacrificato molte cose.<br />
Malgrado il suo stato di deterioramento, e quanto la vera morte<br />
si stringesse a lui, Antoine non si degnò di rispondere. Invece rise.<br />
Una risata che Karl aveva sentito così tante volte nei suoi sogni, nella<br />
sua mente, nella realtà. Quel suono riusciva a trasmettere tutto: "Io<br />
sono impenitente. Sarò sempre impenitente!". Ma non trasmise nulla.<br />
In un battito di ciglia, Morianna si accovacciò. I suoi artigli gli<br />
squarciarono i polsi, la gola, dovunque potesse trovare una vena<br />
questi laceravano, evitando le arterie: chiaramente voleva<br />
prosciugarlo, ma voleva che fosse una lunga agonia. «Se non per me,<br />
allora per David e Karl. Per Michel. E per quelli che hai ucciso. Ma<br />
specialmente per Chloe e Kaellie. Muori!».<br />
Il sangue sgorgò dal corpo mortale di Antoine, in tutte le<br />
direzioni. Ben presto tinse lui, gli abiti che indossava e lo smalto<br />
della vasca di cremisi. Le vene non avevano motivo di restare aperte<br />
e, quando cominciarono a richiudersi, Morianna le squarciò di<br />
nuovo.<br />
Più d'ogni altra cosa, Karl sapeva che l'unica umiliazione che<br />
Antoine potesse provare, se ne aveva mai provata una, era di morire<br />
con tutti loro che osservavano e si compiacevano della sua morte.<br />
Quello a Karl non dava il minimo piacere.<br />
Ci volle un'ora perché i polmoni smettessero di dibattersi per<br />
incamerare aria, perché il cuore si stancasse di battere, perché il<br />
sangue cessasse di fluire dalle aperture e finisse nello scolo. I suoi<br />
occhi spenti fissavano dritto verso l'alto, come se un qualche distorto<br />
angelo demoniaco chiamasse il paradiso per ricordargli di lui. Ma il<br />
paradiso aveva dimenticato Antoine da molto tempo.
«Dobbiamo sincerarci che sia morto», disse David.<br />
«È mortale. È morto. Non può tornare», lo rassicurò Karl.<br />
«Sono d'accordo», aggiunse Morianna. «È chiaro a noi tutti che la<br />
sua energia vitale è svanita».<br />
Lo lasciarono là, abbandonarono la stanza e, mentre si dirigevano<br />
all'ascensore, Karl chiese: «Dov'è Gerlinde?»<br />
«Se n'è andata quando ci siamo spostati in bagno», disse Wing.<br />
«Non ho ritenuto saggio fermarla».<br />
«No», disse Karl rassegnato, «hai fatto bene a lasciarla andare.<br />
Non so se è quello che desiderava oppure no. So che la<br />
trasformazione non è permanente. Io sto già tornando allo stato<br />
precedente. E lei ha preso il sangue di Michel indirettamente,<br />
attraverso di me: immagino che lo stato mortale per lei non durerà<br />
più a lungo di quanto non sia durato per me. E non è stato molto».<br />
Lei se n'era andata. Antoine se n'era andato. Ma lui non provava<br />
niente. Come poteva essere? Amare qualcuno così a lungo e così<br />
tanto, e odiare qualcun altro fino alle viscere, e poi vederli sparire<br />
dal proprio mondo... era come se nessuno dei due fosse mai esistito.<br />
Come se entrambi fossero stati solo sogni, sogni che gli erano stati<br />
necessari. E che avrebbe, di tanto in tanto, resuscitato nella sua<br />
memoria. Uno dei due gli sarebbe mancato davvero molto.<br />
Wing e Morianna scesero giù per le scale, ma André e David<br />
presero l'ascensore insieme a Karl. Mentre attendevano, André<br />
improvvisamente si girò verso Karl e chiese: «Com'è? Essere di nuovo<br />
mortale?».<br />
Era così strano che André facesse una domanda così particolare<br />
che, quando la porta dell'ascensore si aprì, Karl non si mosse per<br />
entrare.<br />
Guardò André e David, i suoi fratelli di sangue. Tutto cambia,<br />
sempre, ma non tutti i cambiamenti sono in peggio.<br />
Karl ci pensò un momento. «Essere mortale è stato... come posso<br />
dire... una cosa soprannaturale».