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ROBERTO BENASCIUTTI<br />

100 FAVOLE DAI TROPICI E DALL’EQUATORE


Dedicato a:<br />

Alice<br />

Arianna<br />

Barbara<br />

Charles<br />

Marta<br />

Valeria


ROBERTO BENASCIUTTI<br />

100 FAVOLE DAI TROPICI E<br />

DALL’EQUATORE


Copyright 2007 <strong>Roberto</strong> <strong>Benasciutti</strong><br />

Copertina di Arriane Pimentel: copia colorata su<br />

disegno di Barbara Biasion cell. 348-0959211bbiasion@libero.it<br />

(vedi : IL LIBRO DELLE 100<br />

FAVOLE)- Disegni del testo di Arriane Pimentel–


INDEX<br />

PARTE I: N.10 favole con precisi riferimenti geografici<br />

1. I granchi, le lucciole e la spiaggia tropicale illuminata<br />

dalla luna<br />

2. Le a<strong>qui</strong>le mangiascimmie, la cicala, il gatto selvatico e<br />

le leggi della sopravvivenza<br />

3. Il gatto tropicale, il gatto delle nevi e le montagne del<br />

Colorado<br />

4. Le rane di Taiwan, il monte Ma<strong>qui</strong>ling e la corrente<br />

migratoria di ritorno<br />

5. Le faraone, la cavalletta e il regno dell’Antico Egitto<br />

6. Il topo dalle orecchie sottili, il fer-de-lance e l’isola<br />

delle piccole Antille<br />

7. Il koel-femmina, lo stornello triste e la bellezza<br />

dell’isola di Palawan<br />

8. L’ibis sacro, il leone, il tamarindo e la terra degli<br />

antichi Egizi<br />

9. La vespa e la bruttezza del condor della California<br />

10. Il ratto dalla testa lunga, la gallina rossa e<br />

l’emigrazione nell’isola di Pasqua<br />

PARTE II: N. 85 favole sui paesi tropicali ed equatoriali<br />

11. La volpe, il lupo e l’avventura nell’isola tropicale<br />

12. I gatti tropicali e la pioggia di ratti e topi<br />

13. Le scimmie del palmeto e l’a<strong>qui</strong>la mangiascimmie<br />

alla ricerca di un trono<br />

14. Il sole, il vento, il silenzio e la foresta tropicale<br />

15. Il giovane, la casetta di bambù e la gallina marrone<br />

16. Il tarsio, il gatto e i doni della natura<br />

17. Il martin pescatore dal collare bianco, le rane e<br />

l’ospitalità delle termiti<br />

18. Il filtro di sigaretta, lo scarafaggio, la lucertola e le<br />

leggi della natura<br />

19. Il picchio, le formiche e i danni al bosco tropicale<br />

20 Il fattore, l’ape-regina, il gruccione dalla coda blu e la


ichiesta delle api-operaie<br />

21. La scimmia, l’ uccello-dollaro, la caccia d’insetti<br />

e il dollaro d’oro americano<br />

22. La volpe, il corvo dal becco largo e le perifrasi<br />

23. Il cuore sanguinante maschio di Luzon e la sua<br />

delusione d’amore<br />

24. La ruota di caucciù, il gippone, la pianta di<br />

pomodoro e l’agricoltore<br />

25. Il ratto e la cura dimagrante del gatto sparuto<br />

26. Il leone, la tigre, le gazzelle, il corvo e la riforma<br />

del regno della savana<br />

27. La rana bianca della foresta, le fattezze dell’airone<br />

e il canto dell’usignolo d’oriente<br />

28. Il passero, il nottolone, l’usignolo d’oriente e<br />

l’ombra del grande albero<br />

29. Le scimmie, le lucertole e l’arrivo del martin<br />

pescatore nano<br />

30. Il pappagallo, la scimmia e il ruggito del leone<br />

31. L’orso polare, il piccione viaggiatore, la poiana del<br />

miele e la conferenza sul miele<br />

32. L’airone, il caribù-femmina e il patto di solidarietà<br />

sociale<br />

33. Il cammello, il leone marino, il formicaleone e il<br />

regno della savana<br />

34. L’a<strong>qui</strong>la mangiascimmie, il martin pescatore e il<br />

taglio della foresta<br />

35. Il parroccheto filippino, il pappagallo-femmina<br />

multicolore e i sogni d’amore della giovinezza<br />

36. La gallina bianca, il galletto rosso della giungla e la<br />

vita all’aria aperta<br />

37. La volpe, l’uccello-sarto e la conciatura delle<br />

pellicce<br />

38. Il serpentario, il cammello, l’a<strong>qui</strong>la mangiaserpenti<br />

e l’ospitalità della foresta tropicale<br />

39. Le due lucertole, la farfalla multicolore, le formiche<br />

e la lotta per la sopravvivenza<br />

40. I cavalli dei paesi tropicali, le zanzare, l’airone<br />

guardabuoi e i discorsi retorici del cavallo di razza<br />

41. La volpe, il caribù e la bellezza dell’isola tropicale


42. Il gatto tigrato, il cane, la zanzara, il pipistrello e<br />

l’arca di Noè<br />

43. La capanna dorata, il re Mida e il matrimonio della<br />

giovane scimmia<br />

44. L’a<strong>qui</strong>la mangiascimmie, il martin pescatore e il<br />

principe reggente della foresta tropicale<br />

45. La cicala, il pavone e la sensibilità degli alberi<br />

46. Il bucero, gli impegni d’amore e la vita familiare<br />

47. La lucertola dalla doppia coda, il fattore, il<br />

combattimento del galletto rosso e gli oggetti porta-<br />

fortuna<br />

48. La volpe, il leone, il gatto, le formiche e<br />

l’uguaglianza sociale<br />

49. Il ratto, lo scarafaggio e la sbarra di legno<br />

50. La poiana-maschio e l’attacco al nido d’api<br />

51. Il galletto rosso, il pavone, il tacchino, il topolino e<br />

gli spettacoli del pollaio<br />

52. Il caribù e il parente del topo<br />

53. La piccola lucertola, la tuk-ko e il mimetismo del<br />

camaleonte<br />

54. Lo scarafaggio marrone e la bellezza della farfalla<br />

giallo-nera<br />

55. La volpe, il passero, il cane e la noce di cocco color<br />

oro<br />

56. L’a<strong>qui</strong>la mangiaserpenti, l’a<strong>qui</strong>la mangiascimmie e<br />

il concerto dell’usignolo d’oriente<br />

57. Il caribù, la mosca e i rumori minimi del bosco<br />

58. Il gatto spelacchiato, i topi e la piantagione di canna<br />

da zucchero<br />

59. La grande lucertola, la lucertola dalla coda mozza e<br />

lo specchio portafortuna<br />

60. La volpe, la colazione del lupo e la montagna<br />

rocciosa dell’isola tropicale<br />

61. La zanzara, la pelle di serpente e gli uomini<br />

62. La pavonessa, il corteggiamento del pavone e la<br />

vanità<br />

63. Il bucero-maschio, il bucero-femmina, il martin<br />

pescatore e il pasto del corvo dal becco largo<br />

64. La raganella e i concerti dell’usignolo d’oriente


65. La tuk-ko, i topolini, i millepiedi e l’ospitalità<br />

delle lucertole<br />

66. Lo scarafaggio e lo scontro diretto fra il gatto e il<br />

topo<br />

67. La volpe, la mosca e la sorpresa della pianta<br />

carnivora<br />

68. La cicala, il serpente e lo stagno del desiderio<br />

69. Le zanzare, le mosche e il canto del cuculo<br />

70. Il coucal filippino, la dieta alimentare e le<br />

carogne dell’isola tropicale<br />

71. Il General-gattissimo, i gatti randagi, il<br />

parrocchetto e l’assalto ai topi della piantagione di<br />

banane<br />

72. La cavalletta, lo scarafaggio e l’orgoglio della<br />

zanzara<br />

73. La volpe, lo scimpanzè, le piccole antilopi e l’uso<br />

dell’intelligenza<br />

74. Il martin pescatore, la poiana e l’imboscata del<br />

serpente<br />

75. Il corvo e lo struzzo alla ricerca di un trono<br />

76. Il caribù, il bucero bicorne e la pulizia del bosco<br />

77. Il ghepardo, l’amicizia delle due gazzelle e i<br />

pericoli della savana<br />

78. I topi del bananeto e l’inimicizia tra cani e gatti<br />

79. La zanzara, la formica e la piccola fiera della vanità<br />

80. Il martin pescatore, l’airone guardabuoi e gli<br />

‘occhi’ del pavone<br />

81. L’usignolo d’oriente, il lupo e la scomparsa dei<br />

capretti neri<br />

82. Il corvo, il mussenda dalle foglie sanguigne e le<br />

esibizioni del pavone<br />

83. La tigre e il corno del rinoceronte<br />

84. Il cinghiale, la perla, il pescatore e i danni del tifone<br />

85. Il ratto dalla macchia bianca, il canneto recintato e<br />

la foresta tropicale<br />

86. Il cammello, il dromedario, la vacca e il miraggio<br />

del deserto<br />

87. La farfalla gialla e il sole dei tropici<br />

88. Lo scimpanzè, il colibrì, gli uccelli di grande taglia


e la siccità del bosco<br />

89. Il serpente e le pretese del gatto di sangue blu<br />

90. La rosa superba, il vento e la potenza della luna<br />

91. Il passero e la briciola gigante<br />

92. Il bucero, il corvo dal becco largo e la corazza dello<br />

scarafaggio<br />

93. Il giovane leone, la caccia alle gazzelle e la carogna<br />

dell’ippopotamo<br />

94. La volpe, la morte del leone e la misera fine del<br />

topo<br />

95. Il nottolone della savana, lo scarafaggio marrone e<br />

il ritorno alla terra degli avi<br />

PARTE III: N. 5 favole sui mari e gli oceani del mondo<br />

96. Il pesce-flash e l’amicizia con gli squali<br />

97. Il pinguino e lo scherzo pesante del polipo<br />

98. Lo squalo, il pescecane e la fine del pescegatto<br />

99. Il picchio, il concerto dell’usignolo e il canto delle<br />

balene<br />

100. Le falene e il canto della balena


PARTE I<br />

Favole con precisi<br />

riferimenti geografici


Favola n. 1<br />

I GRANCHI, LE LUCCIOLE E LA SPIAGGIA<br />

TROPICALE ILLUMINATA DALLA LUNA<br />

Nella notte del 7 settembre 2006 la lunga e sinuosa spiaggia tropicale detta<br />

Monay beach dell’isola di Samar¹ nelle Filippine, era ampiamente illuminata<br />

dalla luna. Dalla battigia continuamente segnata dall’onda lieve spuntarono<br />

due granchi, desiderosi di camminare sulla sabbia.<br />

Il primo disse, rivolgendosi all’amico:”Finalmente percorriamo la spiaggia<br />

rischiarata dalla luna. Come sai, questo intenso chiarore durerà solamente<br />

due notti: perciò è meglio approfittarne”.<br />

L’amico replicò:”Molte volte abbiamo camminato sulla sabbia al buio<br />

cercando con gli occhi la debolissima luce delle coccinelle. Se ben ricordi, era<br />

molto penoso: infatti incespicavamo spesso sui sassi”. “Non pensiamoci più!”<br />

concluse il primo granchio.<br />

Ma l’estesa illuminazione era una buona guida anche per una ragazza<br />

<strong>qui</strong>ndicenne che, conoscendo le fasi lunari, si era portata un bastone e una<br />

borsa di nylon.<br />

Riconoscendo i due granchi nelle due mobili macchie nere che risaltavano per<br />

contrasto sulla sabbia illuminata, la cacciatrice li colpì col bastone, li afferrò<br />

con la mano destra e li pose, tramortiti, nella borsa di nylon.<br />

Poi, girando il suo sguardo a destra e a manca, proseguì la caccia decisa a<br />

catturare un gran numero di prede, mentre la luna la guardava dal cielo col<br />

suo volto impassibile ed enigmatico.<br />

Nota: quando si affronta una nuova situazione, è buona regola essere cauti.<br />

1. Samar è un’ isola che si trova nella parte centrale delle Filippine. Si<br />

affaccia sul mar delle Filippine, vale a dire l’ Oceano Indiano.


Favola n. 2<br />

LE AQUILE MANGIASCIMMIE, LA CICALA, IL<br />

GATTO SELVATICO E LE LEGGI DELLA<br />

SOPRAVVIVENZA<br />

Stimolate dal desiderio di conoscere il mondo, due a<strong>qui</strong>le mangiascimmie¹<br />

lasciarono l’isola tropicale di Palawan² per raggiungere un’isola di modeste<br />

proporzioni dominata da un picco roccioso circondato da folti boschi.<br />

Stanche del viaggio, le due visitatrici decisero di dimorare nella nuova terra<br />

per qualche giorno. Ma volando sopra i boschi si resero conto che l’isola non<br />

era abitata da scimmie.<br />

Una sera, la più alta delle due disse.”Dobbiamo abbandonare questo luogo<br />

solitario;in effetti, non essendoci scimmie, di che cosa ci nutriremo?” L’amica<br />

rispose:”Ritengo che sia opportuno cambiare tipo di alimentazione; ad<br />

esempio, potremmo cacciare scoiattoli volanti, lemuri, oppure altri animali<br />

ancora”. Ma l’a<strong>qui</strong>la più alta, piuttosto di modificare le sue abitudini<br />

alimentari, preferì ritornarsene da sola a Palawan. Al contrario, per<br />

continuare a esplorare la piccola isola, l’amica si ripromise di adattarsi a<br />

nuovi cibi.<br />

Rimasta sola, la predatrice strinse amicizia con una cicala. Quest’ultima le<br />

confidò che un gatto selvatico aveva l’abitudine di percorrere il sentiero<br />

principale del bosco ogni sera, al calar del sole. “Quel piccolo felino sarà la<br />

mia prima preda!” esclamò l’a<strong>qui</strong>la con tono sicuro.<br />

La sera stessa, alla solita ora, il gatto selvatico iniziò la caccia mentre il sole<br />

scompariva nell’azzurro profondo dell’oceano lasciando nel cielo<br />

innumerevoli frammenti purpurei.<br />

Nascosta dai rami di una palma, la predatrice lo scorse e pensò:”Sarebbe stato<br />

meglio che tu fossi nato gatto domestico, rinchiuso tra le mura di casa!” Infine<br />

si scagliò sul piccolo felino che, con la testa chinata sull’erba, fiutava ovunque<br />

non immaginando neanche lontanamente di stare per diventare una preda.<br />

Nota: a volte nella vita ci si trova di fronte al dilemma ‘adattarsi o morire’. In<br />

tali circostanze è preferibile operare in tempi brevi scelte precise e<br />

ine<strong>qui</strong>vocabili.<br />

1. L’ a<strong>qui</strong>la mangiascimmie è chiamata re degli uccelli. È uno dei piu grandi e<br />

forti uccelli del mondo. È alta circa 1 m. Temuta cacciatrice, è in via<br />

d’estinzione.


2. Palawan è un isola che fa parte dell’ arcipelago filippino detto Visayas.<br />

Favola n. 3<br />

IL GATTO TROPICALE, IL GATTO DELLE NEVI E<br />

LE MONTAGNE DEL COLORADO<br />

Un gatto color caffelatte viveva da molto tempo in una piantagione di canna<br />

da zucchero. Trovando topi in abbondanza fra le canne, il piccolo felino era<br />

soddisfatto per il cibo. Tuttavia, non era contento della sua vita perché<br />

sopportava a stento il clima tropicale per le temperature elevate.<br />

Un giorno, la sua caccia di topi fu interrotta dal passaggio di un orso che stava<br />

visitando i paesi tropicali accompagnato da una scimmia che faceva da guida.<br />

Il gatto si fermò e udì queste frasi pronunciate dal visitatore:”Nelle montagne<br />

dello stato americano del Colorado¹, quando nevica intensamente viene<br />

impiegato il gatto delle nevi”. Dopo aver salutato cordialmente il piccolo<br />

felino, l’orso e la scimmia proseguirono il loro cammino.<br />

La sera, ritornato nella sua tana che si trovava nella cavità di una palma alla<br />

base del tronco, ripensando alle parole dell’orso il gatto si<br />

domandava:”Perché la natura non mi ha fatto nascere gatto delle nevi?” In<br />

effetti non sapeva che questa espressione designava un mezzo meccanico da<br />

trasporto usato in casi di necessità dagli abitanti della montagna. Seguendo il<br />

corso dei suoi pensieri, si diceva:”Se fossi nato nel Colorado non avrei mai<br />

conosciuto le temperature elevate dei tropici, che non concedono tregua<br />

nemmeno di notte.”<br />

Disteso nella sua tana, con gli occhi che sporgevano sull’orlo della cavità della<br />

palma, il gatto guardava l’azzurro del cielo stellato e continuava il suo<br />

monologo interiore:”Deve essere bello respirare l’aria pura e fredda dell’alta<br />

montagna camminando sulla neve bianca e lucente come il cotone. Chissà che<br />

spessa pelliccia avrà il gatto delle nevi per resistere alle temperature sotto<br />

zero! Forse è più consistente di quella dell’orso!” Intanto il sonno lo induceva<br />

a chiudere gli occhi e nel dormiveglia si ripeteva:”Perché non sono nato gatto<br />

delle nevi?”<br />

Nota: a volte le illusioni, alimentate dall’ignoranza, si trasformano in sogni<br />

veramente lontani dalla realtà.<br />

1. Il Colorado è uno stato degli U.S.A. La sua capitale è Denver.


Favola n. 4<br />

LE RANE DI TAIWAN, IL MONTE MAQUILING E<br />

LA CORRENTE MIGRATORIA DI RITORNO<br />

Un giorno, nell’isola di Taiwan¹, un agricoltore pescò con un’ampia e solida<br />

rete numerose rane. Dopo averle sistemate in appositi contenitori d’acciaio<br />

pieni d’acqua, le caricò in una nave avente la seguente destinazione:<br />

MONTE MAQUILING- PROVINCIA DI LAGUNA- ARCIPELAGO DI<br />

LUZON- FILIPPINE<br />

Così le rane di Taiwan si trovarono forzatamente in breve tempo nell’area<br />

degli stagni del monte Ma<strong>qui</strong>ling. Qualche giorno dopo il loro arrivo le più<br />

anziane convocarono l’assemblea generale, che si doveva tenere nella radura<br />

che separava il grande stagno dagli altri specchi d’acqua.<br />

Mentre il sole si abbassava lentamente dietro il monte Ma<strong>qui</strong>ling, una delle<br />

vecchie rane prese la parola a nome di tutte:”Intendiamo rifiutare il nuovo<br />

habitat: pertanto dobbiamo organizzare una grande corrente migratoria di<br />

ritorno”. In breve, questa espressione divenne lo slogan di coloro che si<br />

prefiggevano di rivedere la propria terra natale.<br />

Tuttavia le giovani rane la pensavano diversamente. Sciolta l’assemblea,<br />

parlarono a lungo fra di loro; infine nominarono una loro rappresentante con<br />

il compito di rendere noto il programma sottoscritto da tutte.<br />

Il giorno seguente, riconvocata l’assemblea, la giovane rappresentante<br />

spiegò:”Un ritorno alla nostra terra natale sembra estremamente difficile:<br />

infatti dovremmo effettuare un lungo percorso per terra e per mare prima di<br />

raggiungere Taiwan.Ormai ci troviamo nella fertile area del monte Ma<strong>qui</strong>ling,<br />

nelle Filippine. Mettiamo da parte l’ipotesi di ritornare in patria e guardiamo<br />

in faccia la realtà con coraggio e determinazione: <strong>qui</strong> siamo e <strong>qui</strong> ci conviene<br />

rimanere!”<br />

Persuase dal discorso della giovane ed energica rana, anche le anziane, sia<br />

pure a malincuore, si adattarono a vivere negli stagni del monte Ma<strong>qui</strong>ling.<br />

Nota: a volte, per una ragione o per un’altra, il ritorno al proprio habitat<br />

diventa impossibile.<br />

1. Taiwan è un isola dell’ Estremo Oriente vicina alla Cina. La sua capitale<br />

è Taipei.


Favola n. 5<br />

LA FARAONA, LA CAVALLETTA E IL REGNO<br />

DELL’ANTICO EGITTO<br />

Una faraona viveva in solitudine razzolando in un palmeto che fiancheggiava<br />

una strada di campagna. Un giorno, vedendo uno sciame di cavallette che<br />

volava a bassa quota sopra il bosco, esclamò:”Mi accontenterei di prenderne<br />

una per soddisfare il mio appetito”.<br />

Il giorno dopo il caso volle che il grigio pennuto s’imbattesse in una cavalletta<br />

che, avendo abbandonato lo sciame, era atterrata in una radura del palmeto.<br />

E afferrò la malcapitata con la zampa destra stringendola fortemente.<br />

Quest’ultima disse, mentendo:”Ho lasciato le mie compagne perché ero<br />

ammalata. Ti supplico, lasciami morire nel bosco!”<br />

La faraona rispose, con tono duro:”Credo solo nella legge del più forte!” Per<br />

cercare di salvarsi, l’insetto ricorse all’adulazione:”Allora, perché non ritorni<br />

nella terra del Nilo, un tempo abitata dai tuoi antenati? È giusto che tu<br />

rivendichi il trono dei tuoi padri che furono re dell’Antico Egitto¹. Diventando<br />

una potente sovrana avrai a disposizione tutto il cibo che vorrai!”<br />

Non credendo assolutamente a sogni e a illusioni che si basano su<br />

avvenimenti del passato, il grigio pennuto replicò:”Non ambisco al trono<br />

dell’Antico Egitto, anche se era governato dai miei padri; e non accarezzo<br />

l’idea di ritornare nella terra bagnata dal Nilo. Infatti, vivo nel presente, in<br />

questo palmeto che mi ha visto nascere”.<br />

Pronunciate queste parole, senza aspettare risposta la faraona divorò la<br />

cavalletta esclamando freddamente:”Pensare all’Antico Egitto non riempie la<br />

mia pancia”.<br />

Nota: talvolta si ha l’occasione d’incontrare chi non prova alcun interesse per<br />

paesi e tempi lontani.<br />

1. L’ Egitto è un vasto stato del Nord-Africa e dell’ Asia famoso per la nota<br />

civiltà egizia (ricordi le Piramidi?)


Favola n. 6<br />

IL TOPO DALLE ORECCHIE SOTTILI, IL FER DE<br />

LANCE E L’ISOLA DELLE PICCOLE ANTILLE<br />

Un topo dalle orecchie sottili viveva in Argentina, paese del sud-America<br />

caratterizzato da estese praterie. Si cibava abitualmente nei verdi prati con i<br />

suoi compagni e la sera si riposava da solo ai piedi di grandi alberi,<br />

ripensando con calma ai fatti che avevano contrassegnato la sua giornata.<br />

Addormentandosi, si abbandonava dolcemente al suo sogno prediletto di<br />

vivere in un’isola delle Antille¹, nel mare dei Carabi.<br />

Un giorno, il piccolo roditore seppe dai suoi amici che ogni mese dal porto di<br />

Buenos Aires partiva una nave per le isole caraibiche.Dopo aver riflettuto a<br />

lungo, prese una decisione e passò immediatamente dalle parole ai fatti.<br />

S’incamminò lungo il fiume chiamato Rio della Plata per raggiungerne la foce,<br />

in cui si trova il porto di Buenos Aires.<br />

Arrivato alla meta prefissata e trovata la nave diretta alle Antille, s’imbarcò<br />

clandestinamente. Ben accovacciato in un angolo della stiva, dopo un lungo<br />

viaggio approdò finalmente in un’isola del mar dei Carabi.<br />

Presto il topo dalle orecchie sottili s’incamminò verso l’interno del territorio<br />

sotto un sole cocente. Giunto in una piantagione di canna da zucchero si<br />

fermò e disse:”Mi piacerebbe vivere <strong>qui</strong>”.<br />

I topi che vi dimorarono diedero il benvenuto al nuovo arrivato che, dopo aver<br />

ringraziato cordialmente, espresse il desiderio di stabilirsi nella piantagione.<br />

Tutti accettarono la sua proposta, ma un topo dalla coda lunga lo avvertì:”È<br />

doveroso comunicarti che il fer de lance² ci preoccupa molto”.<br />

Il visitatore ripetè meccanicamente:”Il fer de lance?” Il suo interlocutore<br />

spiegò:”Si tratta di un serpente. Il suo nome, che significa testa di una lancia,<br />

si riferisce alla forma particolare della sua testa”. Il topo dalle orecchie sottili<br />

osservò:”Mi rendo conto che i serpenti sono un pericolo per noi topi. Ne ho<br />

già incontrati alcuni in Argentina e, per fortuna, sono ancora vivo”.<br />

Il topo dalla coda lunga precisò:”Il fer de lance che dimora nella piantagione<br />

ha covato settanta piccoli!” Nell’apprendere la notizia, il visitatore fremette;<br />

ma ripresosi dopo qualche istante esclamò enfaticamente:”Avremo sempre e<br />

ovunque dei nemici! Ma non ci arrenderemo mai e in nessun luogo!” Le sue<br />

frasi colpirono i presenti, che gli indicarono una fessura del terreno che<br />

poteva servirgli da dimora.<br />

Il topo dalle orecchie sottili si sistemò sorridendo nella sua nuova tana e,<br />

salutando i presenti, disse con tono compiaciuto:”Il mio entusiasmo per<br />

un’isola tropicale è superiore al timore per i miei nemici!”


Nota: il nostro entusiasmo ci può aiutare nella lotta contro difficoltà e<br />

avversità d’ogni genere?<br />

1. Le Antille si trovano nel Mar dei Caraibi che bagna la parte centrale del<br />

continente americano.<br />

2. Il fer de lance è un serpente velenoso simile alla vipera.


Favola n. 7<br />

IL KOEL-FEMMINA, LO STORNELLO TRISTE E LA<br />

BELLEZZA DELL’ISOLA DI PALAWAN<br />

Nella foresta dell’isola tropicale di Palawan, nell’arcipelago filippino, un koelfemmina¹<br />

viveva la sua felice giovinezza. Di solito, si nascondeva<br />

appollaiandosi nel ramo di un albero dalla folta chioma per cantare dalla<br />

mattina alla sera.<br />

Per richiamare l’attenzione degli altri uccelli del bosco, ripeteva il suo verso<br />

grave sei o sette volte in un crescendo di tono. A volte, per avere un numeroso<br />

uditorio, la cantante si esibiva da un albero con radi rami. Fra il suo pubblico<br />

era sempre presente uno stornello triste², che era diventato un suo grande<br />

ammiratore.<br />

Il koel-femmina interrompeva il suo canto solo per procurarsi del cibo. Si<br />

nutriva di frutta, in particolare di fichi. Qualche volta, per rimanere vicino<br />

all’albero da cui faceva spettacolo, si cibava d’insetti.<br />

Un giorno, conobbe un suo coetaneo; in breve tempo s’innamorò di lui e<br />

rimase incinta. Quando venne il tempo di covare l’uovo, il koel-femmina<br />

pensò freddamente:”Se mi dedico al nascituro, non troverò più il tempo per<br />

cantare”. Senza aggiungere altro, volò al nido dello stornello triste, che era<br />

assente, e depose l’uovo.<br />

Infine, ritornata all’albero dalla folta chioma, si disse:”Essendo lo stornello<br />

triste un mio entusiastico ammiratore, sono certa che il mio piccolo riceverà<br />

le dovute cure. Io impiego il mio tempo cantando e lui, che cosa fa? So che<br />

visita e rivisita l’isola soffermandosi a lungo in luoghi di rara bellezza. Ma io<br />

credo che, d’ora in avanti, proverà una soddisfazione ancora maggiore<br />

occupandosi di mio figlio!”<br />

Nota: quando si diventa genitori è doveroso occuparsi dei propri figli.<br />

1. Il koel è un uccello simile al cuculo. Depone le uova nel nido di altri<br />

uccelli.<br />

2. Lo storno è un uccello molto comune anche in Italia. Vola in stormi che<br />

assumono diverse forme.


Favola n. 8<br />

L’IBIS SACRO, IL LEONE, IL TAMARINDO E LA<br />

TERRA DEGLI ANTICHI EGIZI<br />

Stimolato da un grande interesse per la natura, un ibis sacro¹ che viveva nelle<br />

regioni dell’Africa meridionale decise di visitare la savana. E in un giorno<br />

pieno di sole, intraprese il volo per risalire il continente nero. Dopo settimane<br />

di volo, superata la regione dei Grandi Laghi, il bianco uccello raggiunse la<br />

meta prefissata; da allora impiegò il suo tempo all’esplorazione dei desolati<br />

paesaggi inariditi dalla siccità. Infine si dedicò alla caccia di piccoli insetti, di<br />

cavallette e di serpenti.<br />

Avendo un grande desiderio di conoscere il nuovo visitatore, il leone lo invitò<br />

a pranzo nella sua tana e gli disse:”Ho appreso con piacere che stai facendo<br />

tabula rasa di alcuni animali che infestano il mio regno. Quindi, sarei onorato<br />

di averti come mio ospite per un lungo periodo di tempo”.<br />

Ringraziato il re della savana per il suo cortese invito, il bianco uccello<br />

replicò:”Accetterei la tua ospitalità solo se potessi nidificare sui rami di un<br />

tamarindo”.<br />

Terminato il pranzo, il leone diede subito l’incarico ai suoi cuccioli<br />

d’ispezionare il territorio soggetto alla sua legge per trovare un albero di<br />

quella specie, ma la loro ricerca ebbe un esito negativo. Pertanto, congedatosi<br />

cordialmente dal leone, l’ibis lasciò la savana e si diresse verso l’Egitto.<br />

Dopo aver volato per molte ore, si fermò per riposarsi sui rami di un albero<br />

provvisto di un’ampia chioma. E si disse:”Ho inventato la scusa del tamarindo<br />

perché non volevo rifiutare apertamente l’invito di un re. Infatti sapevo bene<br />

che nella savana non crescono alberi di quella specie!”.<br />

Poi continuò:”Al regno della savana preferisco la terra d’Egitto, resa fertile<br />

dalle acque del Nilo. È noto a tutti che, per i servizi che i miei antenati<br />

rendevano quali distruttori d’insetti e di serpenti, gli Antichi Egizi li<br />

consideravano delle divinità”.<br />

Infine si domandò incuriosito:”Chissà se i nuovi abitanti dell’Egitto avranno<br />

per me la stessa considerazione che gli Antichi Egizi nutrivano per i miei avi?”<br />

Nota: è giusto rifiutare proposte e inviti adducendo delle giustificazioni<br />

infondate?<br />

1. L’ ibis sacro è un grande uccello simile alla cicogna e all’ airone, con una<br />

gran cresta sul capo.


Favola n. 9<br />

LA VESPA E LA BRUTTEZZA DEL CONDOR<br />

DELLA CALIFORNIA<br />

Un condor¹ della California², tenuto fin dalla nascita nella grande gabbia di<br />

un giardino zoologico, fu messo in libertà. Respirando a pieni polmoni, iniziò<br />

a volare sulla prateria senza una meta precisa. Poi sentendosi stanco, si posò<br />

sui rami di un albero. Mentre ammirava il verde paesaggio immerso nel<br />

silenzio, una vespa gli si posò accanto. Infastidita per una recente delusione<br />

d’amore, voleva fare arrabbiare il grande uccello.<br />

Non avendo mai visto un condor, gli disse: “A quale famiglia appartieni?”<br />

“Faccio parte della famiglia dei Catartidi”. L’insetto domandò incuriosito:<br />

“Vieni dunque dall’Antartide?” Il condor spiegò sorridendo: “Noi Catartidi<br />

non abbiamo nulla a che fare con le terre antartiche. Infatti, proveniamo dalle<br />

Ande peruviane”.<br />

La vespa continuò: “Perché ti trovi in California?” “Dovresti chiederlo ai miei<br />

antenati”.<br />

“Sei buono o cattivo?” In vena di scherzare, il condor rispose:”La notte scorsa,<br />

in gabbia, ho avuto una cattiva digestione”. La vespa sbottò: “Perché non<br />

rispondi alla mia domanda?” Tergiversando, l’interrogato continuò pensoso:<br />

“Da poco sono uscito dalla cattività…” Il piccolo insetto ripetè innervosito:<br />

“Insomma sei buono o cattivo?”<br />

Invece di rispondere, il grande uccello pose a sua volta una domanda: “Come<br />

ti comporti con gli altri?” Dopo essere rimasta in silenzio alcuni istanti, la<br />

vespa riprese animatamente il dialogo: “Sei un tipo permaloso?”<br />

“Assolutamente no!” “Dunque, non offenderti se affermo che col tuo muso<br />

cascante e col tuo becco all’ingiù sei veramente brutto!”<br />

Sempre con tono allegro, il condor osservò: “Sono brutto, ma <strong>qui</strong> in California<br />

sono raro. Sono nato e cresciuto in cattività perché la mia specie è in via<br />

d’estinzione. Nel mondo puoi trovare animali belli o brutti, ma gli uccelli rari<br />

come me sono preziosi. Perciò mi vanto della mia rarità!” Non trovando<br />

parole per ribattere, la vespa volò via senza degnarsi di salutare il suo<br />

interlocutore.<br />

Nota: a volte l’orgoglio e la vanità possono far dimenticare la bruttezza?<br />

1. Il condor è un uccello molto grande, il piu grande fra tutti i rapaci.<br />

2. La California è uno stato degli U.S.A. la sua capitale è Los Angeles.


Favola n. 10<br />

IL RATTO DALLA TESTA LUNGA, LA GALLINA<br />

ROSSA E L’EMIGRAZIONE NELL’ISOLA DI<br />

PASQUA<br />

Alcuni secoli or sono un folto gruppo di abitanti delle isole della Polinesia<br />

decise di colonizzare l’isola di Pasqua¹, che essi chiamarono Rapa Nui. I<br />

polinesiani s’imbarcarono in una nave di ampie dimensioni e portarono con<br />

loro, fra l’altro, numerose galline.<br />

Anche dei ratti trovarono posto nelle parti basse dell’imbarcazione. Tuttavia,<br />

essendo clandestini, si limitavano a percorrere i recessi della stiva, evitando in<br />

tutti i modi d’incontrare i membri dell’e<strong>qui</strong>paggio. Solo uno di loro, un ratto<br />

dalla testa lunga, si azzardò a raggiungere la coperta. I marinai lo videro e<br />

iniziarono a fargli la caccia. Ma una gallina rossa lo nascose prontamente<br />

sotto le sue piume salvandogli la vita.<br />

Dopo l’approdo della nave in un’insenatura dell’isola i ratti si dispersero nei<br />

boschi e le galline furono sistemate in pollai circondati da spaziose aie<br />

recintate.<br />

Un giorno il ratto raggiunse il pollaio in cui viveva la gallina rossa. “Ti devo la<br />

vita”, disse commosso offrendogli la sua amicizia. La gallina rossa<br />

rispose:”Posso accettare la tua amicizia solo se riconosci che fra me e te c’è<br />

una barriera sociale: infatti tu sei un clandestino, mentre io faccio parte della<br />

società umana”.<br />

Sorpreso per l’inattesa risposta, il ratto chiese incuriosito: “Perché ti consideri<br />

inserita nella società degli uomini?”<br />

La sua interlocutrice spiegò:”Facendo le uova provvedo, almeno in parte, alla<br />

loro alimentazione. Tu, invece, clandestino eri nella nave e clandestino rimani<br />

ora nell’isola”. Il piccolo roditore riconobbe che la gallina rossa aveva ragione.<br />

Comunque precisò:”Tieni a mente che, quando gli uomini saranno a corto di<br />

viveri, si nutriranno di galline; infine, esaurite le loro riserve alimentari, si<br />

ridurranno a cibarsi di ratti”.<br />

A queste parole la gallina rossa divenne pensosa perché si rendeva conto che,<br />

a ben guardare, fra lei e il piccolo roditore non esisteva alcuno steccato<br />

sociale; in effetti entrambi erano destinati a diventare cibo per gli uomini.<br />

Infine i due interlocutori si confrontarono su altri argomenti. Da allora<br />

l’amicizia che li univa si fondò sul valore della solidarietà.<br />

Nota: tra coloro che diventano compagni di sventura nascono<br />

spesso relazioni di amicizia e di solidarietà.


1. L’ isola di Pasqua è una piccola isola dell’ Oceano Pacifico;<br />

politicamente, appartiene al Cile. È chiamata anche Rapa Nui.<br />

PARTE II<br />

FAVOLE SUI PAESI<br />

TROPICALI ED<br />

EQUATORIALI


Favola n. 11<br />

LA VOLPE, IL LUPO E L’AVVENTURA<br />

NELL’ISOLA TROPICALE<br />

Una volpe e un lupo avevano realizzato il loro sogno di raggiungere un’isola<br />

tropicale. Approdati in una spiaggia sinuosa, dopo essersi riposati si<br />

addentrarono nella foresta ed iniziarono la caccia. Tutto fu molto facile per i<br />

due predatori perché numerosi capretti neri pascolavano tran<strong>qui</strong>llamente fra<br />

le palme, ignari del pericolo che correvano. La sera, la volpe e il lupo<br />

ritornarono alla spiaggia e si addormentarono stanchi e sazi sulla sottile<br />

sabbia bianca.<br />

Il giorno seguente il lupo ebbe una crisi depressiva. E si disse, fra l’altro:”Sono<br />

venuto ai tropici per ammirare i lussureggianti paesaggi di cui tutti parlano;<br />

invece, ho dimostrato subito la mia avidità saziandomi di capretti”.<br />

Preso da riflessioni di tal genere, il lupo volle fare il bagno da solo, mentre la<br />

volpe lo guardava scuotendo la testa. Infatti, in breve tempo corse il rischio di<br />

farsi travolgere dai marosi. Tuttavia, una grande tartaruga lo vide in difficoltà<br />

e lo soccorse caricandolo sulla sua estesa corazza. A riva lo lasciò, più morto<br />

che vivo, alle cure della volpe.<br />

Ripresosi, il lupo ringraziò la sua salvatrice e per dimostrare la sua<br />

riconoscenza la invitò nella sua tana, pur dimorando in una lontana foresta di<br />

un paese temperato.<br />

Dapprima perplessa, alla fine la tartaruga decise di accettare l’invito. Dopo<br />

aver appresa la notizia, camminando da sola sulla battigia la volpe si disse ad<br />

alta voce :”Sono soddisfatta. È noto che la testuggine non può sopportare un<br />

lungo viaggio via terra. Perciò, approfittando al momento opportuno della sua<br />

stanchezza, appena potrò la divorerò: si dice che la sua carne sia s<strong>qui</strong>sita”.<br />

Ma un granchio, udito per caso il monologo dell’astuto animale, prese la<br />

tartaruga in disparte e le raccontò tutto.<br />

Allora la testuggine si rivolse al lupo e gli disse che, dopo aver pensato alla<br />

fatica del viaggio, aveva cambiato idea. Il lupo non rinnovò l’invito e la<br />

ringraziò nuovamente per avergli salvato la vita. La tartaruga si accomiatò<br />

entrando nelle acque marine mentre la volpe, che aveva assistito alla scena,<br />

osservandola nuotare si rodeva per la rabbia.


Passeggiando incollerito lungo la battigia l’astuto animale vide un grosso<br />

pesce nero affiorare sull’acqua; in un attimo lo divorò sia per sfogare la sua<br />

rabbia, sia per soddisfare la sua avidità.<br />

Ma avendo digerito un pesce velenoso la volpe fu colpita da dolori lancinanti,<br />

si accasciò sulla sabbia e morì, assistita fraternamente dal lupo, che si<br />

domandava in<strong>qui</strong>eto che cosa fosse successo.<br />

Solo il granchio, che aveva avvisato la tartaruga del pericolo, pur tenendosi a<br />

distanza capì chiaramente lo svolgersi dei fatti.<br />

Nota: A volte la rabbia, unita all’avidità, gioca brutti scherzi.


Favola n. 12<br />

I GATTI TROPICALI E LA PIOGGIA<br />

DI RATTI E TOPI<br />

Nella grande città delle isole filippine chiamata MetroManila un gatto dal<br />

folto pelo screziato e un gatto dal sottile pelo marrone erano diventati amici.<br />

Dopo aver vissuto per molti anni nelle strade i due piccoli felini decisero di<br />

dimorare in un modesto albergo, sperando che in quel luogo la caccia ai topi<br />

fosse più facile.<br />

Presto si resero conto che, pur riuscendo a sopravvivere, anche nella nuova<br />

abitazione la loro vita era molto dura. Spesso il gatto dal pelo screziato, che<br />

aveva una buona cultura, traduceva all’amico alcune espressioni idiomatiche<br />

della lingua inglese.<br />

In un caldo pomeriggio di marzo, percorrendo il corridoio centrale<br />

dell’albergo il gatto screziato disse all’amico:”Lo sai che con l’idioma ‘piovono<br />

cani e gatti’ la lingua inglese indica una pioggia molto forte che dura a lungo?”<br />

Il gatto marrone rispose negativamente e chiese incuriosito:”Esiste anche<br />

l’espressione ‘piovono ratti e topi?’” Il gatto screziato replicò sorridendo:”No,<br />

anche se per noi piccoli felini una pioggia del genere sarebbe una benedizione<br />

del cielo”.<br />

In quel momento un topo di medie dimensioni cadde da un buco del soffitto e<br />

finì tra i due amici che in un lampo lo divorarono dividendoselo in parti<br />

uguali.<br />

“È piovuto un topo!” disse con aria divertita il gatto screziato. L’amico<br />

replicò:”Oggi abbiamo mangiato. Auguriamoci che il giorno di domani sia<br />

uguale a quello di oggi!”<br />

Nota: talvolta i nostri modesti desideri si realizzano inaspettatamente?


Favola n. 13<br />

LE SCIMMIE DEL PALMETO E L’AQUILA<br />

MANGIASCIMMIE ALLA RICERCA DI UN TRONO<br />

Un palmeto di una sperduta isola tropicale era densamente abitato da<br />

scimmie. Pur essendo la frutta abbondante molte di loro, cibandosi per<br />

abitudine sulle stesse palme, nel dividersi il cibo finivano spesso per litigare.<br />

Atterrata per caso nell’isola, un’a<strong>qui</strong>la mangiascimmie parlando con alcuni<br />

uccelli venne a conoscenza del fatto. Rimasta sola, la predatrice si appollaiò in<br />

cima ad un ramo curvo di un albero nano e si disse:”Probabilmente le<br />

abitatrici del luogo non sanno che io sono un’a<strong>qui</strong>la mangiascimmie perché<br />

forse non ne hanno mai vista una. Infatti solo l’impeto del vento contrario mi<br />

ha costretta a fermarmi <strong>qui</strong>; mi conviene dunque approfittare di questa<br />

situazione favorevole”.<br />

Il giorno dopo l’a<strong>qui</strong>la raggiunse il palmeto popolato dalle scimmie, che si<br />

raccolsero a gruppi all’ombra dei grandi alberi. La visitatrice disse<br />

mentendo:”Sono atterrata nell’isola attratta dal paesaggio verde. È un grande<br />

piacere conoscervi e il mio cuore si riempie di gioia al pensiero che,<br />

soggiornando <strong>qui</strong> nel bosco, potrò osservare il vostro semplice modo di vivere<br />

di cui tutti parlano con ammirazione. Però da indiscrezioni raccolte mi risulta<br />

che non andate d’accordo tra di voi”.<br />

Allora una scimmia prese la parola a nome di tutte e ammise con<br />

amarezza:”Ormai è noto che l’armonia e la pace non regnano più tra noi”.<br />

L’a<strong>qui</strong>la continuò:”Ho una proposta da sottoporvi. Col vostro consenso<br />

desiderei diventare il vostro sovrano. Non essendo una di voi sarà per me un<br />

compito facile regnare restando al di sopra delle parti. Governerò con<br />

giustizia e, se necessario, con severità impegnandomi fin d’ora a mettere<br />

ordine nel territorio a me soggetto”.<br />

Stanche di litigare, le scimmie si riunirono in assemblea straordinaria e<br />

decisero a larga maggioranza di nominare l’a<strong>qui</strong>la ‘sovrano del palmeto’.<br />

Il giorno dopo il re, dopo aver ringraziato l’assemblea per la nomina disse:”Ho<br />

bisogno di conoscervi una ad una per capire i vostri problemi sia individuali<br />

sia collettivi. Pertanto da questa sera in poi vi convocherò a rapporto, una per<br />

sera, nella mia residenza. Inoltre vi comunico d’aver scelto come residenza<br />

ufficiale la palma più alta del bosco che, come sapete, si stende obliqua e a<br />

distanza dalle altre all’inizio del regno. Per concludere, tenete sempre a mente<br />

che non si discutono le decisioni di un re”.


La sera stessa la più litigiosa delle scimmie si mise a rapporto, sperando di<br />

con<strong>qui</strong>starsi la simpatia del monarca. Ai piedi della palma obliqua,<br />

quest’ultimo ascoltò pazientemente la malcapitata guardandola con occhi<br />

attenti e fingendo un notevole interesse per le sue vicende personali.<br />

Ma al dileguarsi del sole, nel silenzio del palmeto d’improvviso l’a<strong>qui</strong>la roteò<br />

gli occhi, s’avventò sulla scimmia e la divorò disperdendo nelle felci i suoi<br />

miseri resti.<br />

Il giorno seguente le scimmie, molto preoccupate, chiesero al re dove si<br />

trovava la loro compagna. Manifestando un calma apparente, il sovrano<br />

rispose:”Dopo aver ascoltato le sue lamentele l’ho congedata ordinandole di<br />

abbandonare il bosco per raggiungere i luoghi più remoti dell’isola. Nella<br />

solitudine, la vostra compagna potrà ben meditare sul suo discutibile<br />

comportamento tenuto nei vostri confronti”. Sorprese per le inattese<br />

dichiarazioni dell’a<strong>qui</strong>la, le scimmie non replicarono e ritornarono perplesse<br />

alle loro occupazioni quotidiane.<br />

Quel giorno l’ordine regnò nel palmeto; in effetti, avvertendo una grande<br />

angoscia nessuna di loro aveva la voglia o la forza di litigare. La sera, un’altra<br />

scimmia, anch’essa nota per la sua litigiosità, si presentò a rapporto alla<br />

residenza reale, dalla quale non fece più ritorno.<br />

Il giorno dopo le scimmie, agitate più che mai, chiesero all’a<strong>qui</strong>la che fine<br />

aveva fatto la loro compagna. Il monarca rispose affermando di averla punita<br />

confinandola nei luoghi scoscesi dell’isola.<br />

Ma le scimmie non credettero alle bugie dell’a<strong>qui</strong>la; infatti sapevano che<br />

l’amica, per quanto fosse un’attaccabrighe, non avrebbe lasciato il palmeto<br />

per nessuna ragione al mondo.<br />

Fortemente irritato, il sovrano interruppe le loro proteste:”Non credete alla<br />

parola di un re?” “No!” ribatterono concitate, ma all’unisono, le abitatrici del<br />

bosco. “Da questo momento non sono più il vostro sovrano!” dichiarò<br />

rabbiosamente l’a<strong>qui</strong>la, che immediatamente spiccò il volo.<br />

Le scimmie emisero dei profondi respiri di sollievo, ripromettendosi di non<br />

nominare mai più un altro re. Inoltre, affidarono all’assemblea generale<br />

convocata seduta stante il compito di discutere e di deliberare sulle dispute<br />

che fossero nate fra di loro.<br />

Nel frattempo, atterrata su un picco solitario, l’a<strong>qui</strong>la si disse:”Al giorno<br />

d’oggi il mestiere di re è uno dei più duri da svolgere perché non si trovano<br />

più sudditi che ubbidiscano totalmente. Stando così le cose preferisco<br />

rinunciare al trono per vivere nell’anonimato come un uccello qualsiasi!”<br />

Nota: è buona norma affidare ad organi assembleari la discussione e la<br />

risoluzione di liti e controversie nell’osservanza dei principi ispirati<br />

all’uguaglianza, alla giustizia e alla democrazia.


Favola n. 14<br />

IL SOLE, IL VENTO, IL SILENZIO E LA FORESTA<br />

TROPICALE<br />

Un giorno il sole parlando amichevolmente col vento e col silenzio<br />

disse:”Osservate quell’isola tropicale che si scorge in lontananza nell’oceano<br />

sterminato: vedete com’è lussureggiante?” I suoi amici annuirono ed egli<br />

continuò:”Come sapete, è il calore dei miei raggi che assieme all’azione di altri<br />

elementi della natura rende la foresta tropicale così fertile. In altre parole, io<br />

sono il primo artefice della vita sulla terra!”<br />

Dopo una breve pausa il vento ribattè:”Tu sei la vita, ma sei anche la morte.<br />

Infatti, se non è mitigato dalla pioggia o dalla mia azione ristoratrice il tuo<br />

calore causa la siccità”.<br />

Il sole ammise:”Riconosco che tu e la pioggia svolgete un ruolo molto<br />

importante nel mondo della natura”. Poi rivolgendosi al silenzio, disse con un<br />

tono leggermente ironico:”Purtroppo devo constatare che, fra noi tre, tu sei<br />

quello che conta di meno”.<br />

Il vento gli diede ragione, ma il silenzio replicò acutamente:”Se non ci fossi io,<br />

come farebbero gli abitanti della foresta tropicale a riflettere, studiare e<br />

lavorare in un’atmosfera tran<strong>qui</strong>lla? In effetti molte cose si capiscono meglio<br />

o si fanno nel migliore dei modi quando la calma regna sovrana”.<br />

A tali parole il sole e il vento rimasero ammutoliti, nell’azzurro del cielo<br />

permeato da un grande silenzio.<br />

Nota: a volte, per riflettere e studiare con profitto è indispensabile<br />

frequentare luoghi in cui domina il silenzio.


Favola n. 15<br />

IL GIOVANE, LA CASETTA DI BAMBÙ E LA<br />

GALLINA MARRONE<br />

In un’isola tropicale un giovane viveva in una casetta di bambù che si elevava<br />

a palafitta sul terreno. Nel retro dell’abitazione egli aveva collocato tre<br />

gabbiette contenenti ciascuna una gallina. Le tre galline erano di tre colori<br />

diversi: nera la prima, bianca la seconda e marrone la terza. Poiché faceva<br />

caldo, di giorno il giovane apriva le gabbiette per permettere loro di razzolare<br />

all’ombra delle palme.<br />

La nera e la bianca facevano regolarmente l’uovo sull’erba nelle vicinanze<br />

della casetta e il giovane, avvertito dai ripetuti ‘coccodè’, lo raccoglieva<br />

prontamente.<br />

Quando si trattava di fare l’uovo, la gallina marrone non sapeva quale luogo<br />

scegliere per accovacciarsi. Un giorno si adagiò nella cavità di un albero<br />

tagliato alla base del tronco nel mezzo del palmeto. Il giovane, avendo perso<br />

di vista la gallina, non trovò più l’uovo, che marcì nel verde.<br />

Il giorno dopo l’in<strong>qui</strong>eta gallina lasciò cadere delicatamente l’uovo in un<br />

viluppo di felci. Un nero capretto lo calpestò inavvertitamente prima<br />

dell’arrivo del giovane. Un altro giorno il volatile marrone si arrischiò di<br />

deporre l’uovo distendendosi sull’orlo di un pozzo d’acqua abbandonato e<br />

l’uovo cadde nel vuoto. Il giovane, che aveva assistito alla scena, prese con<br />

determinazione la gallina marrone e la rimise di brutto nella sua gabbietta.<br />

Dopo questo spiacevole fatto, le permise di uscire per razzolare solo una volta<br />

fatto l’uovo e così ottenne finalmente un uovo al giorno.<br />

Nota: è bene fare il proprio dovere quotidiano nel migliore dei modi.


Favola n. 16<br />

IL TARSIO, IL GATTO E I DONI DELLA NATURA<br />

Un tarsio¹ e un gatto si erano conosciuti in una spiaggia di un’isola tropicale<br />

dalla sabbia bianca e sottile come polvere. Diventati amici, un giorno il gatto<br />

disse al tarsio:”Tu sei conosciuto ovunque: infatti la lunghezza del tuo corpo,<br />

non superando i venti cm. ti rende il più piccolo dei Primati.<br />

Il tarsio rispose:”Ringrazio la natura che ha voluto rendermi così famoso,<br />

anche se forse non lo merito”. Il piccolo felino continuò:”Perdona la mia<br />

sincerità: la natura ti ha dato due occhi così grandi e vitrei per cui qualcuno,<br />

forse a ragione, ti soprannomina spettro. Invece, guarda i miei: sono di un<br />

verde intenso e ben proporzionati al muso e al resto del corpo”.<br />

Il più piccolo dei Primati ammise:”I tuoi occhi sono veramente belli ed<br />

espressivi. Inoltre, la natura ti ha dotato di un’estrema agilità e questo ti aiuta<br />

molto, fra l’altro, nell’esercizio della caccia quotidiana”.<br />

Il piccolo felino concluse compiaciuto:”Sono bello e agile. Ora, dovendo<br />

iniziare la caccia, ti saluto cordialmente e…non pensare troppo ai tuoi<br />

occhioni”.<br />

Il tarsio contraccambiò i saluti e, guardando l’amico rimpicciolirsi in<br />

lontananza, riflettè:”I miei grandi occhi l’hanno colpito veramente! Ma io non<br />

mi lamento, nel complesso. Anzi, devo ringraziare la natura che, oltre a<br />

rendermi noto a tutti per essere il più piccolo dei Primati, mi ha dotato di una<br />

testa che può effettuare una rotazione di 180 gradi. E di tale eccezionale<br />

movimento rotatorio mi avvalgo nella caccia notturna di lucertole e insetti:<br />

che cosa voglio di più dalla vita?”<br />

Nota: accontentarsi dei doni che la natura elargisce riempie il cuore di gioia.<br />

1. Il tarsio è una proscimmia delle dimensioni di un ratto. È chiamato anche<br />

tarsio spettro delle Filippine.


Favola n. 17<br />

IL MARTIN PESCATORE DAL COLLARE BIANCO,<br />

LE RANE E L’OSPITALITÀ DELLE TERMITI<br />

Un martin pescatore dal collare bianco¹ viveva da anni sulla costa di un’isola<br />

tropicale bagnata dall’Oceano Pacifico. Un giorno, stanco di nutrirsi di<br />

granchi, di gamberi e di pesce, lasciò la costa per addentrarsi nell’interno<br />

dell’isola.<br />

Dopo aver volato per qualche ora raggiunse una valle dominata da un<br />

fiumiciattolo che, insinuandosi pigramente nei boschi, terminava il suo corso<br />

trasformandosi in una palude brulicante d’insetti e di piccoli anfibi.<br />

Colpito dall’insolita bellezza del paesaggio, l’uccello da preda decise di<br />

stabilirsi nella valle. Appollaiato in cima al ramo di un banano, si disse:”Per<br />

vivere <strong>qui</strong> devo affrontare due problemi fondamentali: il cibo e il nido”.<br />

Facendo seguire i fatti alle parole, volò e si posò su alcuni fili telegrafici che,<br />

come un ponticello, attraversavano molto bassi il fiumiciattolo.<br />

Il martin pescatore constatò:”Da questa posizione vedo delle rane lambire la<br />

superficie dell’acqua: ora sono sicuro di poter soddisfare la mia ricerca di<br />

cibo”. Ritornato sulla riva del corso d’acqua, scorse alla base di un grosso<br />

albero provvisto di numerose radici una larga fessura; entrò e vide numerose<br />

termìti.<br />

Una di loro corse incontro al visitatore e chiese cordialmente:”In che cosa<br />

possiamo esserti utile?” L’uccello da preda esclamò:”È mia intenzione<br />

nidificare nel vostro nido!” Parlando a nome delle compagne, la termìte<br />

rispose prontamente:”Mai ci saremmo aspettate un evento così gradito!”<br />

Il visitatore concluse freddamente:”Ora vado a caccia nello stagno. Tornerò<br />

più tardi; nel frattempo, fatemi spazio!” Uscito l’uccello da preda, sorprese e<br />

infastidite le termìti dissero all’amica:”Perchè dovremmo ospitarlo? Sei forse<br />

impazzita?”<br />

La compagna si giustificò spiegando:”È noto che il martin pescatore si ciba di<br />

pesce, di cavallette e di lucertole. Se io avessi rifiutata l’ospitalità, forse gli<br />

sarebbe venuta l’idea di ‘assaggiare’ le termìti’; ora, ditemi voi: potevamo<br />

correre questo rischio?”<br />

Nota: può succedere che i deboli, pur di aver salva la vita, collaborino con i<br />

loro oppressori.


1. Il martin pescatore è un uccello molto piccolo. Ha il corpo tozzo, un bel<br />

piumaggio blu-verde e il becco lungo.<br />

Favola n. 18<br />

IL FILTRO DI SIGARETTA, LO SCARAFAGGIO, LA<br />

LUCERTOLA E LE LEGGI DELLA NATURA<br />

In una fattoria tropicale circondata da un vasto palmeto, dopo aver fumato<br />

una sigaretta un agricoltore gettò il filtro a terra. Trovandosi nella terra secca,<br />

quest’ultimo scoppiò a piangere e si disse:”La sigaretta è stata fumata, ma io<br />

sono intero! A che cosa servo? Mi sento inutile!”<br />

Tuttavia uno scarafaggio marrone che stava camminando attorno alla fattoria<br />

lo adocchiò e lo divorò all’istante. Poi, sazio e soddisfatto, si fermò a riposare<br />

all’ombra di una palma. Contrariamente al filtro di sigaretta, lui si sentiva<br />

pienamente partecipe della vita della natura.<br />

Chiusi gli occhi per digerire meglio il cibo nel sonno pomeridiano, senza quasi<br />

rendersene conto lo scarafaggio divenne lui stesso cibo di una lucertola<br />

affamata che, avendo aperto ampiamente la bocca, lo ingoiò in un attimo.<br />

Nota: le leggi della natura sono contrarie agli sprechi?


Favola n. 19<br />

IL PICCHIO, LE FORMICHE E I DANNI AL BOSCO<br />

TROPICALE<br />

Un picchio si nutriva di formiche che nidificavano nella corteccia degli alberi<br />

di un bosco tropicale. Incapace di spiegarsi i motivi per cui si era abituato a<br />

questo tipo d’alimentazione, un giorno, dopo essersi saziato di formiche<br />

dimoranti nella corteccia di un banano, disse a quelle che fuggivano<br />

affannosamente:”Mi nutro di formiche solamente per proteggere gli alberi del<br />

bosco. Infatti, se non vi mangiassi, dopo aver distrutto le cortecce,<br />

danneggereste anche i tronchi”.<br />

Pronunciate queste parole, il picchio ritornò, pigro e satollo, al suo nido<br />

scavato nel tronco di una palma. Le formiche superstiti si rifugiarono in una<br />

cavità del terreno coperta in superficie dalle felci.<br />

Dopo essersi riposate a lungo, una di loro osservò:”Se il picchio volesse<br />

veramente difendere l’ambiente, invece di scorticare gli alberi per trovarci,<br />

farebbe meglio a cibarsi delle nostre compagne che, a migliaia, brulicano nel<br />

verde”.<br />

Un’altra puntualizzò acutamente: “Il picchio constata i danni che noi facciamo<br />

agli alberi; e i suoi, chi li annota? Io mi domando: se il bosco dovesse<br />

presentargli il conto dei danni arrecati dalla sua febbrile attività di scavatore,<br />

a quanto ammonterebbe l’importo complessivo?”<br />

Nota: è facile constatare i danni che gli altri fanno all’ambiente. E i danni<br />

imputabili a noi? Possiamo e intendiamo valutarli obiettivamente?


Favola n. 20<br />

IL FATTORE, L’APE-REGINA, IL GRUCCIONE<br />

DALLA CODA BLU E LA RICHIESTA DELLE API-<br />

OPERAIE<br />

In un alveare di una fattoria tropicale le api-operaie erano stanche di lavorare<br />

otto ore al giorno. Convocata l’assemblea generale molte di loro si trovarono<br />

d’accordo nel presentare una proposta per ridurre l’orario di lavoro a quattro<br />

ore giornaliere.<br />

Approvato il progetto, una delegazione si recò dalla regina per chiedere il suo<br />

consenso. Quest’ultima osservò:”Lavorando quattro ore al giorno avreste più<br />

tempo libero da dedicare alla vostra vita personale e sociale. D’altra parte<br />

bisogna considerare che vi spettano due giorni di riposo la settimana e che<br />

usufruite delle altre festività previste dalla legge”.<br />

Pur essendo contraria alla proposta dell’assemblea, la sovrana chiese un<br />

collo<strong>qui</strong>o col fattore al quale, essendo proprietario della fattoria, spettava la<br />

decisione definitiva.<br />

Terminato il collo<strong>qui</strong>o la regina ritornò dalle api-operaie che, riunite in<br />

assemblea straordinaria, chiesero a più voci qual era la volontà del fattore. La<br />

sovrana spiegò:”Partendo dal presupposto che limitando l’orario di lavoro a<br />

quattro ore giornaliere la produzione complessiva di miele si dimezza, il<br />

fattore rifiuta la vostra proposta. Anch’io condivido la sua decisione, ma per<br />

non danneggiare i vostri diritti ho dato le dimissioni e pertanto mi sono<br />

messa da parte”.<br />

Parlando a nome di tutte un’ape-operaia domandò:”Il fattore le ha accettate?”<br />

“Mi ha dato un giorno di tempo per riflettere, ma sappiate che non intendo<br />

cambiare idea”. “Se ti dimetterai, chi salirà al trono?”<br />

Dopo un momento di pausa la regina rispose:”Il fattore mi ha accennato alla<br />

possibilità di affidare la corona dell’alveare a un gruccione dalla coda blu¹ che<br />

lui conosce da molto tempo”.<br />

A questo punto l’atmosfera dell’assemblea si fece tesa. La sovrana cercò di<br />

smorzare la crescente agitazione invitando tutti alla calma:”Sapete bene che il<br />

gruccione è un uccello che si nutre non solo di api, ma anche di altri insetti.<br />

Eppoi il fattore si è limitato a ventilare questa ipotesi”.


Ma le api-operaie non volevano assolutamente sentir parlare del gruccione.<br />

Così, dopo aver discusso animatamente in piccoli gruppi, riunitesi<br />

nuovamente in assemblea le convenute annullarono la proposta di ridurre<br />

l’orario di lavoro a quattro ore.<br />

Infine la rappresentante nominata dall’assemblea, rivolgendosi alla regina<br />

disse:”Ci siamo rese conto che, pur lavorando otto ore al giorno, abbiamo<br />

ancora del tempo libero per noi stesse. Inoltre l’assemblea, ritenendoti<br />

un’ottima sovrana, ti conferma la sua piena fiducia”.<br />

Il giorno seguente la regina ritornò dal fattore e, dopo aver riferito i fatti,<br />

ritirò le dimissioni. Avendo ascoltato il collo<strong>qui</strong>o appollaiato e coperto dai<br />

rami di una palma, il gruccione, deluso, abbandonò la fattoria e si diresse<br />

verso il bosco.<br />

Nota: In determinate circostanze, la paura di eventi imprevisti può modificare<br />

il nostro comportamento e le nostre azioni?<br />

1. Il gruccione dalla coda blu è un uccello di medie dimensioni. Si nutre d’<br />

insetti, soprattutto di api e di vespe.


Favola n. 21<br />

LA SCIMMIA, L’ UCCELLO-DOLLARO, LA CACCIA<br />

D’INSETTI E IL DOLLARO D’ORO AMERICANO<br />

Appollaiato sul ramo di un albero morto di un esteso palmeto, un uccello<br />

dollaro¹ attendeva con occhi ben aperti il passaggio di sciami d’insetti nel<br />

cielo azzurro. Una scimmia lo scorse da un’alta palma fronteggiante l’albero<br />

morto e, facendo un salto, lo raggiunse.<br />

Dopo i convenevoli chiese all’uccello se poteva diventare suo amico e<br />

quest’ultimo, malvolentieri, accettò. Così fra i due si sviluppò un dialogo che<br />

faceva leva soprattutto sulle domande di carattere personale che la scimmia<br />

rivolgeva all’amico.<br />

Un giorno la scimmia chiese:”Perché ti chiami uccello dollaro?” L’uccello<br />

spiegò:”Premesso che sei l’ennesimo abitatore della foresta che mi rivolge la<br />

stessa domanda, ti rispondo che ciò è dovuto ad alcune mie piume a striscia di<br />

colore blu-argento che richiamano alla mente il dollaro americano”.<br />

Dopo un momento di pausa, la scimmia disse con aria delusa:”In quale mese<br />

covi le uova?” Scuotendo la testa per l’inatteso quesito, l’uccello<br />

replicò:”Scusa, che t’importa?” “È opinione diffusa che, invece delle uova, tu<br />

covi delle monete auree americane, cioè dei dollari d’oro”. L’uccello<br />

esclamò:”Ora capisco perché molti cercano la mia amicizia!”<br />

Infine l’ uccello dollaro congedò la scimmia con queste parole:”Non ho mai<br />

visto una moneta d’oro in vita mia. Adesso, ti prego, lascia che io dedichi il<br />

mio tempo alla caccia d’insetti. Ma prima d’andartene è bene che tu sappia<br />

che noi uccelli-dollari quando non riusciamo a nutrirci d’insetti, se abbiamo<br />

una gran fame ci facciamo la caccia l’un l’altro, come i serpenti. In realtà<br />

talvolta fra noi non regna la ricchezza del dollaro, bensì una disperazione<br />

nera”.<br />

Più che mai confusa, la scimmia iniziò a camminare lungo il sentiero<br />

principale del bosco senza una meta precisa. Strada facendo maturava la<br />

convinzione che, anche lei come l’ uccello dollaro non avrebbe mai visto una<br />

moneta d’oro in vita sua.<br />

Nota: a volte s’incontrano persone che, per raggiungere i loro obiettivi,<br />

cercano l’amicizia di coloro che sono ricchi e potenti.


1. L’ uccello-dollaro è molto piccolo; vive nelle Filippine.<br />

Favola n. 22<br />

LA VOLPE, IL CORVO DAL BECCO LARGO E LE<br />

PERIFRASI<br />

Dopo un lungo viaggio, una volpe era arrivata nella campagna di un paese<br />

tropicale. Mentre dormiva all’ombra di una palma un uccello la vide, la<br />

riconobbe e si affrettò a diffondere la notizia della sua presenza. Al suo<br />

risveglio la nuova arrivata si trovò circondata da numerosi uccelli, fra cui il<br />

nottolone¹ e il martin pescatore, da un cinghiale e da un gatto.<br />

A nome di tutti il nottolone disse:”Poiché la tua fama di astuto animale è<br />

giunta sino a noi, siamo ben lieti di conoscerti di persona”. Il martin pescatore<br />

sottolineò:”Ci auguriamo con tutto il cuore di poter ascoltare almeno una<br />

parte delle tue avventure”.<br />

Sorpresa per l’inattesa accoglienza, la visitatrice rispose:”Amici, da domani in<br />

avanti vi racconterò un’avventura al giorno”. Girando lo sguardo, si accorse<br />

che tra i presenti si trovava un corvo dal becco largo e si disse<br />

mentalmente:”Anche lui ai tropici! Evidentemente deve appartenere a una<br />

varietà di corvi locali”. La volpe disprezzava profondamente il corvo perché lo<br />

considerava un beccamorti.<br />

Guardandolo negli occhi e studiando le parole da pronunciare, esclamò:”Ecco<br />

il corvo. Ma per non ripetermi d’ora innanzi lo designerò con l’espressione<br />

perifrastica ‘colui che si nutre di carogne’!” Usando questa perifrasi, l’astuto<br />

animale intendeva distruggere psicologicamente il corvo davanti al suo<br />

uditorio. Il nero uccello, avendo capito le vere intenzioni della sua nemica,<br />

non replicò, ripromettendosi tuttavia di riflettere sul da farsi.<br />

Il giorno dopo il corvo invitò il nottolone e il martin pescatore ad assistere alla<br />

sua colazione. Nascosto dal ramo di un albero, il nero uccello vide un piccolo<br />

gatto che fiutava prede lungo il sentiero del bosco, lo assaltò, lo ridusse a pezzi<br />

e lo divorò.<br />

Nel pomeriggio, il corvo si recò con i suoi amici dalla volpe per ascoltare il<br />

racconto della prima delle sue avventure. Quest’ultima, appena lo vide,<br />

disse:”Saluto anzitutto ‘colui che si nutre di carogne’”. Dopo un attimo di<br />

totale silenzio, il corvo replicò con la massima calma:”Mi cibo sia di carogne,<br />

sia di animali vivi, come possono ben testimoniare il nottolone e il martin<br />

pescatore, che questa mattina hanno assistito alla mia colazione. Inoltre, in<br />

mancanza di meglio, digerisco anche la frutta”. Confusa dalle parole del suo


nemico, da quel momento la volpe non lo designò più con la perifrasi di cui si<br />

era tanto compiaciuta.<br />

Nota: si può ipotizzare che i nostri schemi ci diano una visione limitata e<br />

riduttiva delle realtà cui si riferiscono?<br />

1. Il nottolone è un uccello dal becco largo, crepuscolare e notturno.


Favola n. 23<br />

IL CUORE SANGUINANTE MASCHIO DI LUZON E<br />

LA SUA DELUSIONE D’AMORE<br />

Dopo un lungo corteggiamento, un cuore sanguinante maschio di Luzon¹ era<br />

stato rifiutato dalla sua amica. L’uccello si disse:”Sono giù di morale a causa<br />

della mia delusione sentimentale. Ma, a volte, nella vita si devono affrontare<br />

situazioni peggiori. Ad esempio, mi ricordo bene di un mio coetaneo che,<br />

catturato nel suo nido, ha terminato la sua vita rinchiuso in una gabbietta per<br />

amatori d’uccelli.<br />

Per non parlare del mio nome: chissà se qualcuno dei miei antenati è stato<br />

veramente colpito a morte con un pugnale, secondo quanto narra la leggenda?<br />

Io sono rimasto deluso, ma essendo giovane posso incontrare ancora la mia<br />

giusta compagna”.<br />

Per reagire allo sconforto, il cuore sanguinante maschio di Luzon si mise a<br />

cantare, pur con una voce lamentosa, una commuovente canzone d’amore a<br />

lieto fine.<br />

Nota: bisogna reagire positivamente alle delusioni d’amore, o d’altra natura.<br />

1. Il cuore sanguinante maschio di Luzon è un uccello che vive solo nell<br />

‘arcipelago di Luzon, nelle Filippine.


FAVOLA N. 24<br />

LA RUOTA DI CAUCCIÙ, IL GIPPONE, LA PIANTA<br />

DI POMODORO E L’AGRICOLTORE<br />

Un gippone percorreva un lungo rettilineo di una strada di campagna<br />

fiancheggiata da palmeti e bananeti. Improvvisamente una ruota si bucò e in<br />

un attimo si sgonfiò.<br />

Il guidatore frenò, arrestò il veicolo e constatò che una delle quattro ruote si<br />

era bucata. La sostituì, e visto che la ruota vecchia era ormai consumata, la<br />

prese e la buttò sul lato destro della strada; infine ripartì.<br />

La ruota riflettè:”Il guidatore mi ha trattata male. Infatti, dopo molti anni di<br />

servizio mi ha gettata tra le felci di questo bananeto senza pronunciare<br />

nemmeno una parola per il lavoro svolto”.<br />

Poco dopo un agricoltore la vide, le si avvicinò e pensò:”Questa ruota di<br />

caucciù può ancora servire a qualcosa”. Tolto il cerchione, la portò nel folto<br />

del bananeto, dove si trovava una pianticella di pomodoro coltivata per motivi<br />

ornamentali. L’agricoltore utilizzò la ruota di caucciù come fosse un vaso<br />

senza fondo per avvolgere la pianticella di pomodoro.<br />

La ruota di caucciù si disse soddisfatta:”Ora servo per proteggere questa<br />

pianta di pomodoro, mentre in mezzo alle felci mi sentivo inutile. Inoltre, ho<br />

risparmiato all’agricoltore l’ac<strong>qui</strong>sto di un vaso di terracotta”.<br />

Infine, guardandosi attorno, constatò:”Venivo da una piantagione di caucciù e<br />

concludo i miei giorni, logora e consunta, in una piantagione di banane: il<br />

destino ha voluto che ritornassi alla natura!”<br />

Nota: utilizzare gli oggetti che sono a nostra disposizione per usi diversi può<br />

essere molto utile.


FAVOLA N. 25<br />

IL RATTO E LA CURA DIMAGRANTE DEL GATTO<br />

SPARUTO<br />

Un gatto sparuto era alla ricerca di prede. Fiutando con insistenza, giunse ai<br />

piedi di una palma gigante dove inaspettatamente si trovò di fronte ad un<br />

ratto largo e obeso.<br />

Spaventato, il piccolo felino voleva ritornare indietro, ma al tempo stesso<br />

intendeva mantenere alto il suo onore. Rivolgendosi alla sua preda, per farsi<br />

coraggio esclamò:”Ratto, non mi fai paura!”<br />

Quest’ultimo replicò con tono deciso:”Se le cose stanno così, perché non mi<br />

riduci a pezzi e mi divori?” Dopo un attimo di esitazione, il gatto sparuto si<br />

giustificò mentendo:”Se ti mangiassi ingrasserei, e so bene che la mia<br />

fidanzata, con la quale ho un appuntamento fra poco, mi vuole magro!”<br />

Provando una gran pena mista ad ironia per il gatto impaurito, il ratto<br />

disse:”Ritorna <strong>qui</strong> fra tre mesi e mi vedrai dimagrito!” Il piccolo felino<br />

rispose, assumendo un atteggiamento altrettanto ironico:”Tu adoperi bene la<br />

tua intelligenza per capire le esigenze dei tuoi nemici. Quindi, fra tre mesi…”<br />

Lasciando la frase in sospeso, il gatto sparuto si girò e se ne andò con passo<br />

veloce, ripromettendosi di stare alla larga da ratti e topi.<br />

Nota: a volte, per una ragione o per un’altra, ci si trova di fronte a situazioni<br />

ed eventi di gran lunga superiori alle proprie forze.


FAVOLA N. 26<br />

IL LEONE, LA TIGRE, LE GAZZELLE, IL CORVO E<br />

LA RIFORMA DEL REGNO DELLA SAVANA<br />

Il leone, re della savana, era demoralizzato perché non riusciva più a cacciare<br />

gazzelle. Un giorno il grande felino incontrò il corvo e gli confidò<br />

amaramente:”È possibile che le gazzelle sfuggano continuamente ai miei<br />

artigli?”<br />

L’uccello replicò:”Conoscendoti da molto tempo, esse hanno trovato il modo<br />

di evitarti. Ma quando la forza non è sufficiente si può ricorrere all’inganno.<br />

Se tu acconsenti, preparo un piano per risolvere il problema”.<br />

Il grande felino disse:”Che cosa desideri in cambio della tua collaborazione?”<br />

Il corvo rispose:”Chiederò un modesto compenso, che del resto sarà una<br />

conseguenza della tua caccia. Comunque, di ciò parleremo al momento<br />

opportuno”.<br />

Dichiarandosi incline ad attendere lo sviluppo degli avvenimenti, il leone<br />

confermò la sua fiducia al corvo. Dopo essere rimasto assente per due giorni,<br />

quest’ultimo ritornò con una ‘sorpresa’, che il leone provvide a far nascondere<br />

in cima alla collina eletta a sua residenza.<br />

Poi il corvo riunì numerosi branchi di gazzelle e disse:”Ascoltate! Il leone ha<br />

ammesso di essere stato un sovrano troppo duro con voi. Pertanto, il re<br />

intende effettuare una profonda riforma istituzionale”.<br />

Sorprese e incuriosite, le gazzelle chiesero:”Che cosa succederà?” L’uccello<br />

spiegò:”Il regno della savana è una monarchia perché è retto, appunto, da un<br />

re. Ora, dalla monarchia si passerà alla diarchia, cioè i regnanti saranno due.<br />

Infatti, il sovrano nominerà il primo ministro, al quale affiderà una parte dei<br />

suoi poteri. Mi auguro che quest’ultimo adotti una politica che vi sia<br />

favorevole.Per verificare personalmente la riforma in atto, il re v’invita alla<br />

cerimonia che si terrà domenica prossima alla residenza reale che, come<br />

sapete, è posta in cima alla cosiddetta ‘collina azzurra’. Dopo il discorso del<br />

monarca, dal bosco fiancheggiante la residenza reale apparirà il primo<br />

ministro”.<br />

La domenica, le pendici della collina erano gremite di gazzelle messe in fila<br />

pazientemente dal corvo, che raccomandava ad ognuna di loro di restare al<br />

proprio posto e di rimanere in silenzio. All’ora convenuta, il leone uscì dalla<br />

residenza reale per pronunciare il discorso che inaugurava il cambiamento<br />

istituzionale. Le sue ultime parole furono:”Ecco il primo ministro, Sua<br />

Eccellenza la tigre!”<br />

I due grandi felini si lanciarono rabbiosamente sulle povere vittime per<br />

decimarle. Consumata la carneficina, il corvo chiese al re il permesso di<br />

nutrirsi di carogne. Questi glielo concesse e lo ringraziò per l’opera svolta.<br />

Preparandosi a soddisfare il suo appetito, l’uccello si diceva, mentendo a se<br />

stesso:”Ho avuto certamente dei validi motivi per ingannare le gazzelle, anche


se ora non li ricordo esattamente”. Pronunciate queste parole iniziò a<br />

mangiare con avidità, mentre la sua coscienza diventava più nera delle sue<br />

piume.<br />

Nota: per continuare a malgovernare, i potenti possono ricorrere all’inganno?<br />

FAVOLA N. 27


LA RANA BIANCA DELLA FORESTA, LE FATTEZZE<br />

DELL’AIRONE E IL CANTO DELL’USIGNOLO<br />

D’ORIENTE<br />

Una rana bianca della foresta si dilettava a ripetere il suo verso appollaiata fra<br />

i rami di un grande pandano. Un giorno molte rane appartenenti a varietà<br />

diverse le fecero visita inaspettatamente. Dopo i convenevoli, la rana bianca<br />

disse con voce soave:”La vostra presenza mi allieta: che cosa posso fare per<br />

voi?”<br />

Una delle rane, di un colore verde intenso, rispose a nome di tutte:”Vuoi<br />

renderci felici?” L’interrogata esclamò:”Lo desidero con tutto il cuore!”<br />

Le visitatrici replicarono in coro:”Gradiremmo che la nostra pelle diventasse<br />

di un verde chiarissimo come la tua!” “Non posso aiutarvi!” esclamò la rana<br />

bianca, estremamente sorpresa per la richiesta. Senza replicare, le rane la<br />

salutarono e se ne andarono mogie mogie.<br />

Rimasta sola, la rana bianca commentò ad alta voce:”Che strana domanda!<br />

Come posso modificare le mie fattezze o quelle degli altri? Se così fosse, sarei<br />

tanto potente quanto la natura stessa!”<br />

Dopo essere saltata su un altro ramo, guardando dall’alto la rigogliosa foresta<br />

tropicale la rana bianca si disse:”Anch’io desiderei che la natura mi avesse<br />

dato le fattezze dell’airone¹ o la voce dell’usignolo d’oriente. Invece, ho<br />

ricevuto in dono la pelle di un verde chiarissimo e altri hanno ottenuto doni o<br />

talenti di diversa specie; comunque io mi accontento di quello che sono”.<br />

Nota: si può modificare la propria natura?<br />

1. L’airone è un uccello molto grande, ha il capo piccolo, becco lungo e diritto,<br />

collo a ‘S’, zampe lunghe ed eleganti. Vive nelle zone paludose, cibandosi di<br />

pesci e anfibi.<br />

FAVOLA N. 28


IL PASSERO, IL NOTTOLONE, L’USIGNOLO<br />

D’ORIENTE E L’OMBRA DEL GRANDE ALBERO<br />

Un passero e un nottolone vivevano nella campagna tropicale ed erano legati<br />

da tempo da una profonda amicizia. Un giorno, accoccolati sui fili elettrici ad<br />

alta tensione, i due amici incentrarono la loro conversazione sul nido.<br />

Il passero iniziò:”Ti trovi bene nella tua dimora?” Il nottolone rispose:”Come<br />

sai, ho nidificato in una crepa della strada principale per motivi pratici.<br />

Infatti, il mio nido si trova nei pressi di un lampione che di notte con la sua<br />

luce attira molti insetti. Insomma, mi adatto alla semplicità della mia dimora<br />

perché è posta nelle immediate vicinanze della mia zona di caccia”.<br />

Il passero disse:”Ho costruito il nido sul ramo di un grande albero; ma la sua<br />

chioma è troppo estesa e fa un’ombra talmente ampia…”<br />

Mostrandosi sorpreso, l’amico chiese:”Ti lamenti per l’ombra?” “Sì, perché a<br />

volte mi toglie la visione dell’azzurro del cielo”. All’arrivo di un usignolo<br />

d’oriente la conversazione tra i due amici s’interruppe.<br />

Il giorno dopo un violento tifone colpì la campagna tropicale e il passero,<br />

bagnato fino alle ossa, si rifugiò nel suo nido. Asciugandosi lentamente al<br />

calore della folta chioma del grande albero, rivolse un pensiero accorato al<br />

nottolone, il cui nido nella fessura della strada era probabilmente colmo<br />

d’acqua.<br />

Constatando gli effetti devastanti del ciclone nella campagna circostante, il<br />

passero capì quanto era stato importante l’aver nidificato su un albero<br />

provvisto di solidi rami e gli chiese mentalmente perdono per essersi<br />

lamentato della sua ombra. Infine, con le piume ormai asciutte si adagiò nel<br />

nido per godersi tran<strong>qui</strong>llamente la furia degli elementi naturali.<br />

Nota: si possono capire le leggi e le manifestazioni della natura?<br />

FAVOLA N. 29


LE SCIMMIE, LE LUCERTOLE E L’ARRIVO DEL<br />

MARTIN PESCATORE NANO<br />

Un martin pescatore nano lasciò la foresta vergine per emigrare in un’isola<br />

tropicale.Raggiunta la meta, esplorò un palmeto ordinato e compatto ai piedi<br />

di un’alta montagna. Il luogo gli piacque molto e, senza indugiare, costruì il<br />

nido nella cavità di una roccia che si protendeva sul bosco.<br />

Volando a bassa quota fra le palme, a causa della modesta lunghezza del suo<br />

corpo fu subito riconosciuto dalle scimmie che, parlando fra loro o<br />

rivolgendosi alle lucertole, iniziarono a canzonarlo.<br />

“È arrivato il nano!” esclamò bonariamente una scimmia robusta. “Perché il<br />

martin pescatore nano non si è costruito il nido su un albero nano?” si<br />

chiedeva scherzosamente un’altra, suscitando le risate sia delle amiche, sia<br />

delle lucertole.<br />

Queste ultime, divenute l’obiettivo di caccia preferito dall’uccello predatore,<br />

diminuirono spaventosamente di giorno in giorno. Le superstiti si<br />

dileguarono nei recessi del bosco in cui esclamavano spesso, ancora impaurite<br />

e stordite:”Il martin pescatore nano mangia forse di più dei suoi cugini dalle<br />

dimensioni normali!”<br />

Nota: a volte le piccole cose si rivelano di una potenza pari o superiore alle<br />

grandi cose.


FAVOLA N. 30<br />

IL PAPPAGALLO, LA SCIMMIA E IL RUGGITO DEL<br />

LEONE<br />

Frequentandosi regolarmente, un pappagallo e una scimmia erano diventati<br />

amici. Desiderosi di conoscere il mondo, un giorno lasciarono la foresta<br />

tropicale per raggiungere la savana. Arrivati alla meta, decisero di dimorare ai<br />

piedi di un baobab.<br />

Dopo essersi riposati a lungo, il pappagallo disse all’amica:”Io e te potremmo<br />

guadagnarci da vivere facendo spettacolo. Infatti io posso imitare il verso di<br />

chiunque; analogamente, tu puoi parodiare il comportamento di molti<br />

animali…”<br />

La scimmia lo interruppe:”Di tutti gli animali, vuoi dire”. L’uccello si<br />

corresse:”È vero. Di consequenza, potremmo organizzare spettacoli<br />

pubblicizzandoli con questo slogan:’Imitiamo e parodiamo chiunque!’ Come<br />

compenso, chiederemo ai nostri spettatori di essere pagati con della frutta<br />

fresca”. L’amica commentò con gioia:”Condivido in pieno il tuo progetto”.<br />

L’uccello esclamò:”Siamo animati entrambi da un grande entusiasmo!”<br />

Improvvisamente all’orizzonte apparve un leone che si mise a correre<br />

ruggendo verso il baobab. Senza pronunciare una parola, la scimmia fuggì<br />

spaventata imboccando il sentiero che conduceva alla foresta. Il pappagallo,<br />

anche lui pieno di spavento, spiccò il volo nella direzione opposta, verso il<br />

deserto.<br />

Dopo essersi posato sul ramo di un albero basso, l’uccello pensò:”Avendo<br />

preso strade diverse, forse non rivedrò mai più la mia amica. D’altra parte il<br />

ruggito del leone ha smentito la nostra ipotesi secondo la quale potremmo<br />

prenderci gioco di qualsiasi animale; <strong>qui</strong>ndi, è inutile programmare<br />

spettacoli. E forse la mia amica prima o poi farà le mie stesse considerazioni.<br />

Augurandole buona fortuna, ora mi conviene scegliere un luogo adatto sia alla<br />

vita sia alla caccia”.<br />

Nota: talvolta i rapporti d’amicizia s’interrompono per la lontananza o per<br />

altri motivi.<br />

FAVOLA N. 31


L’ORSO POLARE, IL PICCIONE VIAGGIATORE, LA<br />

POIANA DEL MIELE E LA CONFERENZA SUL<br />

MIELE<br />

Un orso polare e un piccione viaggiatore stavano trascorrendo una vacanza<br />

nei paesi tropicali. Ogni giorno, una scimmia li accompagnava a visitare<br />

spiagge e boschi di maestosa bellezza. Parlando con la loro guida, i due<br />

visitatori lodavano spesso i superbi paesaggi tropicali.<br />

Un giorno l’orso polare disse al piccione viaggiatore:”Mi piacerebbe<br />

contraccambiare la generosa ospitalità dei nostri amici. Non avendo portato<br />

con me alcun regalo dal polo per non caricarmi di peso, ho deciso di tenere<br />

per loro una conferenza sugli effetti benefici del miele”.<br />

Presto il piccione viaggiatore informò gli abitatori del palmeto del progetto<br />

dell’orso polare. Il giorno convenuto, il visitatore si presentò nella radura<br />

fronteggiante il palmeto per affrontare l’argomento della conferenza.<br />

Il pubblico era composto da animali diversi: cani, gatti, scimmie e uccelli di<br />

varie specie. Rivolgendosi in particolare a questi ultimi, l’orso polare<br />

iniziò:”Poiché anche gli aspetti formali sono importanti, gradirei che il la<br />

poiana del miele¹ fungesse da segretario dell’incontro”.<br />

Un martin pescatore, parlando a nome di tutti, osservò che fra il pubblico non<br />

era presente alcun uccello appartenente a quella specie. Ma dietro l’insistenza<br />

dell’orso polare, il piccione viaggiatore si decise a spiccare immediatamente il<br />

volo verso la foresta per cercare una poiana del miele. Dopo qualche ora di<br />

volo, raggiunse il margine della foresta e vide una poiana del miele acquattata<br />

sul ramo di un albero nodoso.<br />

Il visitatore la salutò, si presentò, ed avendole spiegato ogni cosa espresse il<br />

desiderio dell’orso polare di nominarla segretario della conferenza sul miele.<br />

Dopo una pausa di riflessione, la poiana del miele ringraziò per il cordiale<br />

invito e sottolineò il suo punto di vista:”Devo precisare che, nonostante il mio<br />

nome, non ho alcuna relazione diretta col miele. Infatti, mi nutro di api e di<br />

altri insetti e non di miele. Quindi, sapendo ben poco di questo benefico<br />

elemento naturale, se accettassi l’incarico di segretario della conferenza, mi<br />

sentirei in imbarazzo”.<br />

Il piccione viaggiatore puntualizzò:”Il tuo compito di segretario è legato al<br />

nome che porti; in altre parole è più formale che sostanziale”.<br />

La poiana del miele ribattè:”Caro amico, mi preme dirti che rifiuto l’invito<br />

anche per un’altra ragione. Tu mi vedi accovacciata sul ramo di questo albero,<br />

pensierosa e in<strong>qui</strong>eta. Essendo a pancia vuota, sto studiando un attacco<br />

improvviso, al momento giusto, a un nido d’api che si trova nelle immediate<br />

vicinanze. Concludendo: il mio bisogno immediato è di nutrirmi d’api; in<br />

seguito mi occuperò d’apprendere nozioni elementari sul miele”.


Avendo ascoltato le motivazioni della poiana del miele, il piccione viaggiatore<br />

ritornò al luogo della conferenza per informare l’orso polare. Da parte sua, la<br />

poiana del miele, dopo aver ben definito i particolari del piano d’attacco,<br />

spiccò rapidamente il volo dirigendosi verso l’obiettivo nemico.<br />

Nota: prima d’iniziare la propria attività di studio o di lavoro, è preferibile<br />

soddisfare le proprie esigenze primarie.<br />

1. la poiana è un uccello rapace affine all ‘ a<strong>qui</strong>la, ma di dimensioni minori.<br />

FAVOLA N. 32


L’AIRONE, IL CARIBÙ-FEMMINA E IL PATTO DI<br />

SOLIDARIETÀ SOCIALE<br />

Proveniente da un paese del continente asiatico, un branco di aironi aveva<br />

raggiunto un’isola tropicale dell’arcipelago filippino. Stanchi morti,<br />

dormirono all’ombra di un palmeto per un giorno intero.<br />

Ben riposati e rifocillati, i visitatori si riunirono in una radura del bosco per<br />

decidere sul da-farsi. Poiché le palme abbondavano di facili prede come le<br />

lucertole e gli scarafaggi, molti di loro decisero di dimorare nel bosco. Il più<br />

giovane, invece, espresse il desiderio di esplorare l’isola. Dato che nessuno<br />

manifestava interesse per il suo piano, salutò le compagne e partì da solo.<br />

Volando sopra il folto del palmeto, vide che la pianura si trasformava<br />

lentamente in un pendìo coperto da felci. Ai piedi del poggio si stagliava la<br />

nera e ampia figura di un caribù-femmina¹. L’airone volò in basso e le si<br />

fermò davanti. Dopo averla ben guardata, chiese incuriosito:”Sei una vacca?”<br />

L’interrogata rispose:”No; sono un caribù-femmina e appartengo alla famiglia<br />

dei bovini. E tu chi sei?” L’uccello si presentò:”Sono un airone e faccio parte<br />

della famiglia degli ardeidi”.<br />

In pochi giorni si sviluppò fra i due animali una grande amicizia. L’airone<br />

voleva ritornare dalle sue compagne, ma il bovino lo persuase a nidificare<br />

nella cavità di un albero dal tronco molto ampio, assicurandogli che in quella<br />

dimora sarebbe stato al riparo anche dal più violento dei tifoni. E i fatti<br />

diedero ragione al caribù-femmina.<br />

Trovandosi il nido nelle vicinanze dello spiazzo erboso in cui pascolava il<br />

bovino, i due amici si frequentavano spesso. Un giorno il caribù-femmina<br />

invitò l’airone a salirle in groppa e quest’ultimo accettò titubante<br />

osservando:”Il mio peso non t’infastidisce?” “Assolutamente no! Anzi: è<br />

leggero!” esclamò con tono sicuro il bovino.<br />

Dalla groppa del caribù-femmina l’airone vedeva da vicino lucertole e<br />

scarafaggi e, pertanto, li cacciava con maggiore facilità. Ma a volte sostava sul<br />

manto del bovino per ammirare il paesaggio oppure per osservare l’amica<br />

intenta a brucare l’erba. Dopo qualche giorno l’airone, constatato che usava la<br />

schiena del caribù-femmina soprattutto per la caccia, cominciò a sentirsi in<br />

debito.<br />

Allora per sdebitarsi si mise a beccare i numerosi insetti succhia-sangue che<br />

tormentavano il corpo dell’amica. Da quel giorno, prima di dedicarsi alla<br />

caccia, l’airone si obbligò a pulire quotidianamente il manto del caribùfemmina<br />

e a scambiare quattro chiacchere con lei. E facendo seguire i fatti<br />

alle parole arrecò un grande sollievo all’amica.<br />

Giunto il tempo di ritornare al paese d’origine, l’airone disse<br />

congedandosi:”Suggerirò ai miei compagni di comportarsi così come io ho<br />

fatto con te. In altre parole, proporrò la stipulazione di un ‘patto di solidarietà<br />

sociale’ fra caribù ed aironi”. Il caribù-femmina replicò:”Io consiglierò alle


mie compagne di concedere ospitalità agli aironi e, conseguentemente, di<br />

sottoscrivere il ‘patto di solidarietà sociale’”.<br />

Poi l’airone, dopo aver baciato l’amica sulla fronte, spiccò il volo d’addio.<br />

Guardandolo librarsi in aria il caribù-femmina si disse:”Il mio amico non si è<br />

limitato a pulire quotidianamente il mio manto; si è dimostrato premuroso in<br />

mille modi e spesso mi ha tenuto compagnia sul far della sera, quando mi<br />

sentivo sola”. Pronunciando queste accorate parole, i suoi grandi e bonari<br />

occhi si rigarono di lacrime.<br />

Nota: la solidarietà può e deve essere alla base delle relazioni umane.<br />

1. Il caribù delle isole Filippine è un animale molto simile alla mucca. Ha il<br />

manto nero ed è molto resistente alle fatiche.<br />

FAVOLA N. 33


IL CAMMELLO, IL LEONE MARINO, IL<br />

FORMICALEONE E IL REGNO DELLA SAVANA<br />

Un giorno il cammello, re del deserto, decise di fare una visita di cortesia al<br />

leone, re della savana. Un’atmosfera di cordialità pervase l’incontro fra i due<br />

sovrani che, frequentandosi da tempo, erano diventati amici.<br />

Constatato che le relazioni fra i due regni erano ottime i due monarchi, distesi<br />

all’ombra di un albero gigante, dedicarono la parte finale dell’incontro al loro<br />

rapporto d’amicizia.<br />

Il cammello disse al leone:”Toglimi una curiosità: hai mai pensato di<br />

raggiungere l’oceano per incontrare il leone marino?” Il grande felino rispose<br />

assumendo un’aria affettata:”Io dovrei andare da lui? Semmai, lui dovrebbe<br />

venire da me!” Nonostante la tagliente risposta dell’amico, il cammello<br />

insinuò:”Non è forse un tuo lontano parente? Hai effettuato una ricerca in<br />

proposito?”<br />

Il re della savana ribattè con tono freddo e distaccato:”Io dovrei fare una<br />

ricerca al riguardo? Al contrario, lui potrebbe farla su di me!” Messe da parte<br />

le domande sul leone marino, il cammello chiese:”Hai mai incontrato il<br />

formicaleone?” Il leone esclamò con tono sprezzante:”Quello è un insetto che<br />

vive ai tropici!”<br />

Il re del deserto continuò:”Che notizie hai di lui?” Il grande felino replicò<br />

seccamente:”So che si nutre d’insetti più piccoli di lui e ciò mi basta!”<br />

Rendendosi conto d’infastidire il cammello con le sue risposte aspre e concise,<br />

dopo un momento di pausa il leone assunse un’aria distesa e si spiegò con<br />

franchezza:”Caro amico, tu mi chiedi notizie dei miei parenti; io, invece,<br />

desidero che nel regno della savana i miei ospiti e i miei sudditi parlino solo<br />

ed esclusivamente di me, della mia vita e delle mie imprese eroiche. Quello<br />

che riguarda i miei parenti, veri o presunti, non m’interessa affatto. Anzi, ti<br />

dirò di più: se li incontrassi casualmente, non li degnerei nemmeno del mio<br />

sguardo regale!”<br />

Nota: a volte l’orgoglio e la vanità c’impediscono di varcare la soglia dei nostri<br />

interessi egoistici.<br />

FAVOLA N. 34


L’AQUILA MANGIASCIMMIE, IL MARTIN<br />

PESCATORE E IL TAGLIO DELLA FORESTA<br />

Una squadra di operai stava disboscando un palmeto che costeggiava un<br />

fiume. Appollaiata su un albero imponente che si stagliava sulla riva opposta<br />

del corso d’acqua, un’a<strong>qui</strong>la mangiascimmie osservava la scena con le lacrime<br />

agli occhi.<br />

Un martin pescatore in volo vide il maestoso uccello piangere e, non credendo<br />

ai suoi occhi, si posò su un ramo più basso dello stesso albero. Dopo una<br />

breve pausa, chiese umilmente:”Grande re, perché piangi?”<br />

Indicandogli con lo sguardo il taglio del bosco che veniva effettuato sull’altra<br />

riva del fiume, il sovrano rispose:”Sono scoppiato a piangere perché il<br />

disboscamento ha come conseguenza inevitabile lo spostamento forzato, se<br />

non la morte, degli animali che vivono in quel palmeto”.<br />

Riprendendo il volo in silenzio, il martin pescatore si disse:”Non immaginavo<br />

che l’a<strong>qui</strong>la mangiascimmie, famosa per essere spietata, avesse un cuore per<br />

soffrire!”<br />

Nota: il disboscamento massiccio e incontrollato provoca conseguenze<br />

devastanti per la flora, per la fauna, per l’umanità e per l’intero pianeta-terra.<br />

FAVOLA N. 35


IL PARROCCHETTO FILIPPINO, IL PAPPAGALLO-<br />

FEMMINA MULTICOLORE E I SOGNI D’AMORE<br />

DELLA GIOVINEZZA<br />

Un parrocchetto filippino¹ viveva con i genitori su una grande palma che<br />

s’inclinava sulla radura di un bosco, coltivando il sogno di sposare un<br />

pappagallo-femmina multicolore. I genitori amavano molto il figlio e il<br />

mondo d’illusioni e di sogni della sua giovinezza. Però temevano che lui<br />

dedicasse troppo tempo al suo sogno d’amore, trascurando di divertirsi con i<br />

suoi coetanei.<br />

Un giorno i genitori, constatato che il figlio era di ottimo umore, chiesero<br />

incuriositi:”Perché vuoi innamorarti di un pappagallo-femmina multicolore?”<br />

Quest’ultimo rispose:”Il mio sguardo s’inebria della varietà dei suoi colori e il<br />

mio cuore si riempie di gioia al pensiero di quanto la natura sia stata prodiga<br />

di colori con lei”.<br />

Poco tempo dopo il caso volle che un pappagallo-femmina multicolore si<br />

posasse su un banano che fiancheggiava la palma in cui dimorava il<br />

parrocchetto filippino. Accovacciato su un ramo, questi non credeva ai suoi<br />

occhi. Volò immediatamente sul banano e, dopo essersi presentato, iniziò il<br />

suo folle corteggiamento incentrato sulla varietà dei colori delle piume. Con<br />

una semplicità disarmante, la corteggiata osservò:”Io non ci trovo niente nelle<br />

mie piume, forse perché le ho fin dalla nascita”.<br />

Poi il pappagallo-femmina multicolore interruppe il corteggiamento<br />

dell’innamorato con queste parole:”Scusa, ma ora devo lasciarti perché ho un<br />

appuntamento con i miei amici. Tuttavia ritornerò questa sera al tramonto<br />

per prendere in considerazione una tua eventuale proposta di matrimonio”.<br />

L’innamorato guardò la corteggiata partire sospirando di gioia. Poco dopo,<br />

fuori di sé per la contentezza, decise di spiccare il volo verso un bosco dove<br />

abbondavano palme di noci di cocco in fiore. Fermatosi sul ramo di una<br />

palma di medie dimensioni, tagliò col becco molti steli di fiori che caddero a<br />

terra. Per sfogare la contentezza che gli traboccava dal cuore, si avvicinò agli<br />

steli e li succhiò avidamente, ubriacandosi con la linfa ricca d’alcol che essi<br />

contenevano. Infine, stordito e privo di forze, si stese a terra e si addormentò.<br />

Al calar del sole il pappagallo-femmina multicolore ritornò nel luogo<br />

dell’appuntamento. Appollaiatosi su un ramo del banano, attese il suo<br />

innamorato per parecchio tempo. Poi, sentendosi preso in giro, se ne andò<br />

ripromettendosi di non fermarsi mai più in quella radura.<br />

Il giorno dopo l’innamorato si svegliò con la mente confusa e per snebbiarla si<br />

mise a fischiare canzoni d’amore. Ricordandosi dell’appuntamento volò al<br />

banano, dove non trovò nessuno. Allora si disse:”Pur essendo la mia mente<br />

lucida, non riesco a rendermi conto se la mia corteggiata sia stata<br />

un’immagine reale o un’apparizione fantastica”. Pronunciate queste parole, si<br />

recò al nido. E da quel giorno, senza spiegarsi nemmeno lui il perché, il


parrocchetto filippino abbandonò il sogno di sposare un pappagallo-femmina<br />

multicolore.<br />

Nota: quando si abusa dell’alcol si perde facilmente il senso della realtà.<br />

1. Il parrocchetto filippino è un piccolo pappagallo. Dorme con la testa<br />

all’ingiù, come il pipistrello.<br />

FAVOLA N. 36


LA GALLINA BIANCA, IL GALLETTO ROSSO<br />

DELLA GIUNGLA E LA VITA ALL’ARIA APERTA<br />

Una gallina bianca viveva in un pollaio tropicale costituito da una tettoia di<br />

ferro retta da alcuni pilastri di cemento e senza muri. Con le sue amiche,<br />

occupava il tempo a razzolare nel prato circondante la tettoia, che era protetto<br />

da un muretto di canne bucato in più parti.<br />

Né la gallina bianca, né le sue amiche si lamentavano della loro vita. Infatti,<br />

ogni giorno il fattore arrivava con un sacco di riso e lo distribuiva qua e là nel<br />

prato; quando le galline si stancavano di razzolare, si nutrivano di chicchi di<br />

riso.<br />

Un giorno, servendosi di un buco del muretto di canne, un galletto rosso della<br />

giungla entrò nel prato. Snello, con la piccola cresta rossa e con le piume della<br />

coda di color nero-verde brillanti al sole, il nuovo arrivato lanciò un intenso<br />

sguardo d’amore alla gallina bianca.<br />

Colpita dall’apparizione improvvisa, quest’ultima si sentì quasi mancare le<br />

forze. Tuttavia gli si avvicinò e con un filo di voce disse:”Perché sei così<br />

magro?” “Non è facile procurarsi il cibo nella foresta. Vieni a viverci:<br />

dimagrirai anche tu!” La gallina bianca osservò:”Nel pollaio ho le mie<br />

comodità. Ma se non faccio un uovo al giorno, il fattore si arrabbia!” “Nel<br />

bosco con<strong>qui</strong>sterai la libertà. Però dovrai cambiare dieta; se necessario, ti<br />

nutrirai d’insetti e di vermi. E dimorerai nella cavità di un albero”.<br />

La gallina bianca replicò sorridendo:”Deve essere romantico dormire nella<br />

cavità di un albero quando le piogge violente allagano il bosco. E sentirmi<br />

protetta dalle tue ali!” “Se la protezione della corteccia non è sufficiente…”<br />

Dopo una pausa, il visitatore concluse:”Io sono un tipo semplice che punta<br />

sull’essenzialità della parola. Tu mi piaci e ti desidero come moglie. Ti<br />

concedo un giorno di tempo per riflettere sulla mia proposta di matrimonio.<br />

Domani ritornerò alla stessa ora e confermerò il mio proposito con uno<br />

sguardo invitante: o mi seguirai nella foresta o non mi rivedrai più!” Dette<br />

queste parole, salutò e se ne andò.<br />

Presa dall’emozione, la gallina bianca si consigliò con le amiche all’ombra di<br />

una grande palma. Relativamente alla vita nella foresta, queste ripeterono in<br />

sostanza quanto affermato dal visitatore. Infine, nel ribadire la sua intenzione<br />

di sposarsi, la gallina bianca enfatizzò il fatto che il suo corteggiatore<br />

apparteneva alla famiglia dei fagiani.<br />

Il giorno dopo la sposa attese, ansiosa e trepidante, l’arrivo del futuro sposo.<br />

Questi spuntò da un buco del muretto di canne e la fulminò con lo sguardo; lei<br />

lo seguì senza esitare.<br />

Il fattore, che si trovava sotto la tettoia del pollaio, osservò la scena con<br />

interesse. Detestando i fagiani, cercò subito un bastone per cacciare via il<br />

visitatore. Infine, corse col bastone in mano verso gli sposi che affrettarono il<br />

passo e scomparvero oltre il muretto di canne, mentre le amiche della sposa<br />

assistevano allo spettacolo con aria divertita.


Nota: al giorno d’oggi si può ancora trovare chi, pur di realizzare il proprio<br />

sogno d’amore, è disposto ad accettare una vita di sacrifici e rinunce?<br />

FAVOLA N. 37


LA VOLPE, L’UCCELLO-SARTO E LA CONCIATURA<br />

DELLE PELLICCE<br />

Durante il suo lungo soggiorno nei paesi tropicali, una volpe incontrò un<br />

uccello-sarto¹ e gli chiese incuriosita in che cosa consisteva la sua attività.<br />

L’interrogato disse:”Devo il mio nome al fatto che costruisco il mio nido<br />

usando una tecnica particolare. Infatti, generalmente i volatili raccolgono<br />

foglie e pagliuzze e, mettendole pazientemente insieme, costruiscono la loro<br />

dimora. Io invece, anzitutto scelgo due foglie da un ramo; poi col mio lungo<br />

becco raccolgo fili di seta dalle tele dei ragni e li porto sullo stesso ramo.<br />

Quindi buco entrambe le foglie, disposte parallele e verticalmente, e le unisco<br />

col filo, che provvedo ad annodare, in modo che rimangano legate”.<br />

La volpe commentò:”In sostanza, fai un lavoro di sartoria usando foglie e fili<br />

di seta”.”Proprio così”. L’astuto animale continuò:”Mi è venuta un’idea, che<br />

forse ti renderà famoso in tutto il palmeto”. “Ti ascolto con interesse!” La<br />

volpe spiegò:”Noi due esploriamo il bosco per cercare una capra morta.<br />

Quando la troviamo, la scuoiamo e facciamo seccare la sua pelliccia al sole.<br />

Poi tu l’adatti al mio corpo facendo le necessarie modifiche e infine io la<br />

indosso. Poiché nessuno ha mai fatto un lavoro del genere, tu passerai alla<br />

storia del bosco”.<br />

“A che cosa ti servirebbe questa pelliccia?” L’astuto animale intendeva usarla<br />

per travestirsi da capra; assunte tali sembianze si sarebbe unito a un gregge e<br />

al momento opportuno avrebbe fatto delle vittime. Ma per nascondere il suo<br />

vero scopo si giustificò mentendo:”Da qualche tempo coltivo la passione<br />

d’indossare pellicce. Ma in realtà, per un motivo o per un altro, non ne ho mai<br />

portata una”.<br />

Il suo interlocutore l’interruppe:”Mi dispiace dirti che non sono in grado di<br />

svolgere il lavoro che ti sta a cuore. Dovresti rivolgerti a un pellicciaio”.<br />

Sorpresa, la volpe domandò:”Ai tropici vive anche l’uccello-pellicciaio?”<br />

L’uccello-sarto la corresse precisando:”L’uccello-pellicciaio non esiste. Ma nei<br />

paesi temperati, da cui provieni, fra coloro che appartengono alla specie<br />

umana puoi trovare i pellicciai”. “Hai proprio ragione! Lo sai che non mi era<br />

venuto in mente?”<br />

Infine, salutato il suo interlocutore, l’astuto animale imboccò il sentiero<br />

principale del bosco per ritornare alla sua dimora. Strada facendo, pensò:”Se<br />

andassi da un pellicciaio, mi comporterei ingenuamente. Infatti, invece di<br />

ricevere una pelliccia di capra, rischierei di diventare io stesso una vittima o,<br />

in altre parole, una pelliccia da indossare nelle sfilate di moda!”<br />

Nota: in determinate circostanze, chi inganna può diventare a sua volta<br />

vittima di un inganno?


1. L’ uccello-sarto vive in Oriente e in Africa, nei giardini e nei boschi.<br />

Costruisce il nido nel cavo di diverse foglie piegate e cucite insieme. Si ciba<br />

d’insetti.<br />

FAVOLA N. 38


IL SERPENTARIO, IL CAMMELLO, L’AQUILA<br />

MANGIASERPENTI E L’OSPITALITÀ DELLA<br />

FORESTA TROPICALE<br />

Un serpentario¹ incontrò un cammello che attraversava il deserto.<br />

Osservando il profilo diseguale delle dune, disse con tono annoiato:”Ogni<br />

giorno soddisfo il mio appetito nutrendomi di serpenti. Tuttavia, quando<br />

volgo il mio sguardo su questi sterminati rilievi sabbiosi, provo una grande<br />

malinconia”.<br />

Il cammello domandò:”Qual è il tuo secondo nome?” “Come ben sai, uccellosegretario”.<br />

“Ebbene, prendi nota di quanto sto per dirti: la foresta tropicale è<br />

brulicante d’animali ed è ricca d’alberi. Essendo un volatile, tu puoi<br />

raggiungerla; io non posso. Fra l’altro, si racconta che i suoi abitatori siano<br />

molto ospitali”.<br />

Convinto dalle parole del suo amico, il serpentario decise di partire<br />

immediatamente. Dopo molte ore di volo, scorse il margine della foresta<br />

tropicale. Abbassandosi si avvicinò ad una fitta muraglia di vegetazione<br />

costituita da alberi, cespugli e felci. Infine si appollaiò per dormire su un<br />

albero dai rami nodosi.<br />

Il giorno seguente, avendo ottenuto da alcuni uccelli delle informazioni sul<br />

luogo dove viveva l’a<strong>qui</strong>la mangiaserpenti², l’uccello-segretario riprese il volo<br />

e nel tardo pomeriggio raggiunse la meta prefissata. Quando incontrò la sua<br />

lontana parente nella radura di un palmeto, il sole calava sanguigno nel<br />

paesaggio verde immerso nel silenzio. Dopo essersi presentato, guardandosi<br />

attorno con stupore esclamò:”Non ho mai visto un tramonto così<br />

spettacolare!” Con un tono oscillante tra l’indifferenza e la noia, l’a<strong>qui</strong>la<br />

mangiaserpenti replicò:”Io lo vedo tutti i giorni”.<br />

Sempre pieno d’entusiasmo, l’uccello-segretario proseguì:”Deve essere bello<br />

vivere da protagonisti nella foresta dedicandosi alla caccia, in uno scenario<br />

così ricco di vita: ho l’impressione che gli animali si rincorrano lieti l’un<br />

l’altro”. L’a<strong>qui</strong>la mangiaserpenti commentò laconicamente:”Non sono le<br />

prede che cercano me; al contrario, sono io che le inseguo”.<br />

Acquattati su un ampio tronco di un albero mutilato, all’imbrunire i due<br />

uccelli non riuscivano più a guardarsi in faccia. Allora l’a<strong>qui</strong>la mangiaserpenti<br />

disse al suo ospite:”Dormi <strong>qui</strong> sul tronco; io torno al mio nido e domani di<br />

buon’ora riprenderemo la conversazione”.<br />

Il giorno dopo l’a<strong>qui</strong>la mangiaserpenti portò all’uccello-segretario delle<br />

lucertole per colazione. Consumato il cibo e sentendosi ben rifocillato,<br />

quest’ultimo propose:”Perché non facciamo un’indagine sui nostri avi per<br />

verificare esattamente il grado di parentela che ci accomuna?”<br />

L’a<strong>qui</strong>la mangiaserpenti ribattè:”Una ricerca sui nostri antenati non<br />

riempirebbe le nostre pance. Ascolta il mio consiglio: vola sulla foresta in<br />

lungo e in largo; essendo l’ultimo arrivato incontrerai molte difficoltà, ma se ti


dimostrerai un predatore instancabile ti ritaglierai uno spazio di caccia e<br />

sopravviverai”.<br />

Senza replicare, il serpentario ringraziò l’a<strong>qui</strong>la mangiaserpenti per<br />

l’ospitalità ricevuta, salutò e spiccò il volo. Quando il sole salì allo zenit, si<br />

fermò per riposarsi all’ombra di una palma che si piegava su un bananeto. E<br />

riflettè:”Nella foresta ricomincerei la mia attività di cacciatore partendo da<br />

zero. Nel deserto, invece, conoscendo le dune sabbiose come le mie piume, la<br />

ricerca di prede è diventata un gioco per me. Fra l’altro, comincio ad avere<br />

nostalgia degli ondulati paesaggi bruciati dal sole: anche i luoghi solitari<br />

hanno il loro fascino”.<br />

Fatte queste considerazioni, senza indugiare il serpentario si librò in aria per<br />

ritornare nel deserto.<br />

Nota: l’ospitalità si dimostra con le parole e con i fatti.<br />

1. Il serpentario è un grande uccello simile al falco. Uccide e divora una<br />

grande quantita di serpenti.<br />

2. L’A<strong>qui</strong>la mangiaserpenti si nutre prevalentemente di serpenti e di lucertole.<br />

FAVOLA N. 39


LE DUE LUCERTOLE, LA FARFALLA<br />

MULTICOLORE, LE FORMICHE E LA LOTTA PER<br />

LA SOPRAVVIVENZA<br />

In una notte illuminata dalla luna e da numerose stelle due lucertole uscirono<br />

dai loro buchi, che si aprivano uno accanto all’altro nel muro di una casa di<br />

campagna, per iniziare la caccia. Entrambe di colore marrone scuro, si<br />

distinguevano per la diversa lunghezza. La lucertola più lunga, nel<br />

raggiungere il soffitto pensò:”Mi piace vivere ai tropici perché gli insetti,<br />

comprese le falene, abbondano quasi ovunque”.<br />

Guardandosi attorno, notò che una farfalla multicolore, attratta dalla luce, si<br />

era posata vicino alla lampada al neon che illuminava la stanza. Subito<br />

percorse il soffitto longitudinalmente per assalirla.<br />

Nello stesso tempo, dalla parte opposta del soffitto, anche l’altra lucertola vide<br />

la falena multicolore e si mise a correre per divorarla. Quest’ultima, girando lo<br />

sguardo in entrambe le direzioni, si rese conto del pericolo e spiccò il volo<br />

verso la finestra.<br />

Trovandosi affamate l’una di fronte all’altra, le due lucertole si accusarono<br />

reciprocamente per la fuga della farfalla. “È colpa tua!” esclamò la più lunga<br />

delle due. “Chi non ti scorgerebbe per la tua lunghezza?” si difese l’altra.<br />

Presto, il litigio si trasformò in una lite violenta. Le due contendenti si<br />

morsero reciprocamente in diverse parti del corpo, accompagnando la lotta<br />

con rabbiosi stridi. Ma, essendo della stessa forza, il tempo della zuffa si<br />

allungava senza che una delle due ne uscisse vincitrice.<br />

Ad un certo punto la lucertola più lunga, che nello scontro con la rivale si era<br />

rotta la coda, abbandonò il campo di battaglia. La sua nemica, stanca della<br />

violenta contesa, fece la stessa cosa.<br />

Da un angolo del soffitto, un gruppo di formiche aveva assistito alla lotta. Una<br />

di loro disse:”Le due lucertole si sono battute inutilmente per una farfalla<br />

come se questa fosse l’unica preda della casa, mentre è noto che mosche e<br />

zanzare vi dimorano giorno e notte!” “Insomma, si sono esercitate alla lotta<br />

per la sopravvivenza!” commentò, ironica, un’altra.<br />

Mentre le formiche rientravano in ordine sparso nel loro buco, un’altra<br />

ancora osservò:”Per nostra fortuna le lucertole non si nutrono di formiche!”<br />

Nota: facendo appello alla ragione e al buon senso, è doveroso impedire in<br />

tutti i modi che conversazioni, dialoghi, confronti e dibattiti sfocino in atti di<br />

violenza.<br />

FAVOLA N. 40


I CAVALLI DEI PAESI TROPICALI, LE ZANZARE,<br />

L’AIRONE GUARDABUOI E I DISCORSI RETORICI<br />

DEL CAVALLO DI RAZZA<br />

Un cavallo di razza viveva in una scuderia di un paese dal clima mite. Il suo<br />

padrone era molto contento di lui; infatti, essendo un abile cavallo da corsa,<br />

aveva vinto molte gare. Un giorno, volendo ricompensarlo per la sua ultima<br />

brillante vittoria, lo slegò, lo rese libero e gli concesse una vacanza-premio di<br />

sei mesi nei paesi tropicali.<br />

Specchiandosi nello stagno che si trovava di fronte alla scuderia, il cavallo di<br />

razza pensò:”Sono esuberante e pieno di vita e il tenere la testa alta sempre e<br />

ovunque mi rende agli occhi di tutti un quadrupede unico e inconfondibile”.<br />

Mentre brucava l’erba sulla riva dello stagno, il piccione viaggiatore della<br />

fattoria gli si avvicinò e si congratulò per il premio conseguito.<br />

Il cavallo di razza iniziò:”Caro amico, sarei onorato se tu mi accompagnassi ai<br />

tropici. Per il legame di amicizia che ci lega da molto tempo, mi pregio di<br />

comunicarti una notizia eccezionale: per soddisfare il mio orgoglio e la mia<br />

vanità ho deciso di autonominarmi ‘re dei cavalli’”. Il piccione viaggiatore lo<br />

guardò con occhi pieni di stupore.<br />

Abbandonando il tono retorico, il cavallo di razza si spiegò:”Detto fra noi,<br />

desidero essere riconosciuto ‘re dei cavalli’ solo nei paesi lontani. Voglio dire<br />

che il titolo che mi attribuisco ha un valore più formale che sostanziale. In<br />

realtà, non intendo comandare nessuno. Aspiro semplicemente a presentarmi<br />

e a comportarmi come un sovrano. Concluso il viaggio, riprenderò a vivere la<br />

mia solita vita”.<br />

Per l’amicizia che li univa, il piccione viaggiatore accettò di fare<br />

l’accompagnatore. Ultimati i preparativi, i due amici partirono e, dopo un<br />

lungo ed estenuante viaggio, approdarono in una silenziosa spiaggia dei<br />

tropici. Alcuni uccelli da preda indicarono loro una radura del bosco protetta<br />

da alte palme in cui riposarsi. Rifocillati, i due viaggiatori iniziarono a<br />

percorrere un sentiero del palmeto.<br />

Dopo aver scorto in una prateria un branco di piccoli cavalli selvaggi il<br />

piccione viaggiatore, che fungeva da ‘messaggero reale’, corse loro incontro<br />

annunciando l’arrivo del ‘re dei cavalli’. Il monarca si avvicinò con passo<br />

misurato e solenne, guardando i suoi nuovi sudditi con occhi pieni<br />

d’interesse. Sorpresi e incuriositi, questi ultimi si domandavano chi fosse e da<br />

dove venisse il sovrano.<br />

Sempre tenendo la testa alta, il cavallo lanciò uno sguardo sprezzante a un<br />

nugolo di zanzare che iniziò a ruotare minaccioso verso di lui e disse in tono<br />

perentorio:”Piccoli e fastidiosi insetti, vi ordino di allontanarvi<br />

immediatamente dalla mia augusta presenza!”<br />

Ignorando il comando del sovrano, essi si abbassarono e si misero a pungerlo<br />

in tutte le parti del corpo mormorando compiaciuti:”Oggi succhiamo sangue


eale!” Per partito preso, il re continuava a mantenere la testa alta; <strong>qui</strong>ndi,<br />

non potendo usare il muso per colpire le zanzare, avvertiva un fastidioso<br />

prurito. E iniziò il suo discorso retorico:”Se la lontananza ci divide, il legame<br />

di parentela ci unisce…” Il cavallo di razza parlava e soffriva senza lamentarsi,<br />

i piccoli insetti pungevano indisturbati e i cavalli dei tropici ascoltavano il<br />

discorso in silenzio.<br />

Appollaiato sul ramo di un albero con le radici che affioravano sul terreno, un<br />

airone guardabuoi¹ pensò:”Il re si perde nella retorica mentre le zanzare lo<br />

divorano:è ora d’intervenire!” Spiccato il volo, si posò sul dorso del cavallo.<br />

Stupito, il monarca volse lo sguardo e disse:”Bianco uccello dalle forme<br />

armoniose, chi sei?” “Sono un airone. Sire, chiederei l’onore di diventare la<br />

prima guardia del re!” “Permesso accordato!” esclamò il sovrano, che non<br />

aveva capito le vere intenzioni dell’uccello. Questi si mise subito all’opera e in<br />

poco tempo ingoiò decine di zanzare che infestavano il manto del cavallo di<br />

razza. Sentendosi sollevato, il monarca proseguì il suo discorso e, alla fine del<br />

suo lungo soggiorno, proclamò solennemente l’airone ‘prima guardia reale<br />

d’onore del regno dei cavalli’.<br />

Nota: quando non si conosce a fondo un argomento, un problema o una<br />

situazione, ci si può aiutare puntando sulla retorica?<br />

1. L’airone guardabuoi è noto per la sua abitudine di ricercare cibo tra le<br />

mandrie al pascolo.<br />

FAVOLA N. 41


LA VOLPE, IL CARIBÙ E LA BELLEZZA<br />

DELL’ISOLA TROPICALE<br />

Una volpe trascorreva una lunga vacanza in un’isola tropicale bagnata dalle<br />

acque dai colori cangianti dell’Oceano Pacifico. Percorrendo un sentiero che<br />

attraversava la foresta, s’imbattè in un caribù. L’astuto animale si fermò<br />

davanti alla massiccia figura del nero bove e domandò incuriosito:”Che cosa<br />

fai all’ombra di queste palme?” Il caribù rispose con aria seccata:”Come vedi,<br />

una catena lega una delle mie gambe ad un albero. Dalla mattina alla sera<br />

pascolo in questa radura nutrendomi di felci e ogni giorno il mio padrone<br />

munge il mio latte”.<br />

La volpe esclamò:”Vivi la tua vita in un angolo di paradiso terrestre!” Il nero<br />

bove replicò:”La monotonia regna sovrana nella foresta. Essendo una<br />

visitatrice, sei rimasta colpita dalla bellezza del bosco. Ma se tu vivessi <strong>qui</strong><br />

tutti i giorni presto il verde ti verrebbe a noia”.<br />

L’astuto animale ribattè:”Al contrario, è nella quotidianità che si apprezza<br />

meglio la vita del bosco; ad esempio, il monotono frinire delle cicale che nelle<br />

ore pomeridiane accompagna l’esausto respiro degli alberi lentamente<br />

svigoriti dal calore del sole. Ebbene, il canto delle cicale c’induce a pensare…”<br />

Il caribù l’interruppe:”I rumori della foresta possono cambiare la mia vita?”<br />

“Certamente! Ma solo nella misura in cui sei disposto ad accoglierli nel tuo<br />

animo”. Il nero bove esclamò:”Non avevo mai ascoltato un discorso del<br />

genere”. Allora l’arrivo del padrone del caribù interruppe la conversazione tra<br />

i due animali.<br />

Il giorno dopo la volpe fece visita al suo interlocutore e incentrò la<br />

conversazione sullo spettacolo del sorgere del sole nella spiaggia vicina alla<br />

radura, dalla sabbia sottile come polvere.<br />

Dopo aver ascoltato con interesse, il nero bove disse:”Quand’ero giovane e<br />

libero da catene, ero solito percorrere la spiaggia in lungo e in largo. Però non<br />

mi sono mai alzato una volta all’aurora per ammirare lo spettacolo del levarsi<br />

del sole”. Poi con una sincerità disarmante ammise:”Pensavo che la vita della<br />

natura fosse essenzialmente monotona e noiosa”.<br />

L’astuto animale riprese:”Monotonia? Noia? Guarda le felci intorno a te. Tu<br />

non le conosci, eppure ti appresti a mangiarle. Sembrano tutte uguali, ma se<br />

le osservi attentamente noti che sono diverse l’una dall’altra. Se potessero<br />

parlare, ognuna di loro avrebbe una sua storia personale da raccontarti”. Le<br />

considerazioni sulle felci fecero venir meno l’appetito al caribù.<br />

Poi la volpe riassunse la sua argomentazione con poche parole:”Nel mondo<br />

della natura non c’è noia o monotonia, bensì una vita incessante e misteriosa<br />

che stimola la nostra mente a riflettere”.<br />

Il nero bove replicò:”Oggi mi hai aperto gli occhi! Ma toglimi una curiosità:<br />

perché la natura ti ha dotata di una mente così acuta?” “Non lo so.<br />

Bisognerebbe chiederlo alla natura stessa”. All’ora di pranzo i due animali si<br />

salutarono.


Rimasto solo, il caribù pensò:”Dopo le lezioni della volpe sulla natura, la mia<br />

catena alla gamba destra mi pesa molto più di prima. Devo chiedere al mio<br />

padrone di essere lasciato libero. Avendolo servito per molti anni, ora ho<br />

diritto a riac<strong>qui</strong>stare la libertà. Mi auguro di vivere gli ultimi anni della mia<br />

vita senza catene in questa verde foresta illuminata dall’azzurro del cielo, in<br />

armonia e in comunione con la natura e i suoi abitatori”.<br />

Nota: la misteriosa vita della natura affascina sempre e ovunque e, a ben<br />

guardare, vanifica facilmente ogni sensazione di monotonia e di noia.<br />

FAVOLA N. 42


IL GATTO TIGRATO, IL CANE, LA ZANZARA, IL<br />

PIPISTRELLO E L’ARCA DI NOÈ<br />

Prima del tramonto del sole, un gruppo di animali si riuniva abitualmente<br />

sotto un banano che dominava la radura di un bosco. Di solito, il gatto tigrato<br />

e il cane animavano la conversazione, che s’incentrava sulla vita della natura.<br />

Fra i convenuti, oltre ad alcune scimmie si contavano diversi insetti: una<br />

zanzara, una mosca, una formica, un’ape e uno scarafaggio.<br />

Una sera il piccolo felino decise di cambiare l’argomento della conversazione.<br />

Mettendosi a parlare della sua origine, disse:”Discendendo dal leone,<br />

appartengo ad una nobile stirpe. Ciò è dimostrato dalle mie fattezze,<br />

dall’agilità del mio corpo e dalla mia pelliccia tigrata”.<br />

Volgendo lo sguardo al sole che, rosso come una palla di fuoco, s’inclinava<br />

purpureo sulla verde foresta, continuò:”Io vivo ai tropici, ma in realtà dovrei<br />

dimorare nella savana con il leone e la tigre…” Il cane lo interruppe<br />

incuriosito:”Perché non raggiungi la terra dei padri?”<br />

Abbandonando il tono retorico, il gatto spiegò:”Io sono nato nella foresta<br />

tropicale; la mia famiglia, la mia tana e la mia zona di caccia si trovano in<br />

questo bosco: come posso lasciare la mia famiglia e tutto il resto per ritornare<br />

nella savana?”<br />

A tali affermazioni, nessuno osò ribattere al piccolo felino che, riprendendo il<br />

filo del discorso esclamò compiaciuto:”Dunque, io vanto una nobile origine!”<br />

Girando lo sguardo fra i presenti, continuò:”Chi può pregiarsi di una<br />

discendenza nobiliare pari alla mia?” Il cane rimase in silenzio, le scimmie<br />

persero la loro abituale allegria e gli insetti, sentendosi umiliati, abbassarono<br />

gli occhi a terra. Scesa la notte, la riunione si sciolse.<br />

Riprendendo il volo, la zanzara riflettè:” Mia nonna mi ha raccontato che, al<br />

tempo del diluvio universale, una nostra antenata si trovava nell’arca di Noè,<br />

con altri animali che dovevano essere salvati, fra i quali il gatto. Quindi, io<br />

posso gloriarmi di una discendenza antica tanto quanto la sua!” Il piccolo<br />

insetto si ripromise di far presente al gatto l’evento dell’arca di Noè nel<br />

prossimo incontro.<br />

Assorta in questo pensiero, la zanzara finì distrattamente nella bocca aperta<br />

di un pipistrello e quando s’accorse d’essere stata ingoiata, era ormai troppo<br />

tardi. Il nero vampiro proseguì la caccia concentrato sulla ricerca d’insetti. Per<br />

lui il fatto che uno dei suoi antenati si fosse trovato o meno nell’arca di Noè<br />

non aveva alcuna importanza.<br />

Nota: quando, svolgendo i propri doveri quotidiani si pensa con insistenza a<br />

eventi del passato, si rischia di perdere il senso della realtà del presente.


FAVOLA N. 43<br />

LA CAPANNA DORATA, IL RE MIDA E IL<br />

MATRIMONIO DELLA GIOVANE SCIMMIA<br />

Nella foresta tropicale, uno scimmione viveva in una capanna che s’innalzava<br />

a palafitta sulla riva di un fiume. Poiché era brutto e aveva un corpo<br />

massiccio, non riusciva a trovare moglie.<br />

Un giorno, stanco della sua solitudine, decise di studiare un espediente che gli<br />

permettesse di farsi una famiglia. Riflettendo sulla sua situazione, gli venne<br />

un’idea e la mise subito in pratica. Andò nel bosco, si arrampicò sui tronchi di<br />

alcune palme e strappò un centinaio di noci di cocco color oro.<br />

Dopo averle sistemate ordinatamente all’interno della sua dimora come<br />

fossero vasi ornamentali, lo scimmione uscì all’aria aperta. Dalla strada,<br />

guardò compiaciuto la sua abitazione color paglia che alla luce del sole<br />

brillava come fosse oro. Autonominatosi Mida, volle concedersi una vacanza<br />

nel cuore della foresta.<br />

Arrivato in un bananeto popolato da numerose scimmie, il visitatore si<br />

presentò dicendo di chiamarsi Mida e di vivere in una casa arredata con<br />

oggetti color oro. Incuriosite, molte scimmie si domandavano che tipo fosse.<br />

Una di loro, che si chiamava Faida, disse:”Perché ti chiami Mida? Sei forse un<br />

parente del famoso re degli uomini di un paese orientale che con la sua mano<br />

trasformava qualsiasi oggetto in oro?”<br />

Il nuovo arrivato negò di discendere dal re Mida, ma Faida non gli credette.<br />

Desiderosa di sposare uno scimmione ricco, la giovane scimmia ricorse<br />

apertamente all’adulazione:”Mida, perdona la mia franchezza:sei brutto e<br />

massiccio, ma dai tuoi occhi emana un fascino straordinario!”<br />

In breve tempo, i due si sposarono nel bananeto e, dopo la cerimonia nuziale,<br />

Mida condusse Faida nella casa dorata lungo il fiume. Avendo osservato<br />

attentamente l’arredamento della capanna, la sposa esclamò:”Non vedo<br />

oggetti d’oro!” Mida ribattè:”Ho sempre desiderato avere una casa che mi<br />

rammentasse l’oro e finalmente ho realizzato il mio sogno”. Confusa e<br />

stordita, Faida non credeva ai suoi occhi. Lo sposo continuò:”Se fossi come il<br />

re Mida, gli oggetti che toccherei diventerebbero oro; allora, che cosa<br />

mangerei? Niente!”<br />

Amareggiata e delusa, senza replicare Faida si alzò e fuggì nel bosco.<br />

Fermatasi a riposare all’ombra di un’acacia, mormorò:”Preferisco vivere la<br />

mia vita da sola all’aria aperta, anziché convivere con un tipo che si<br />

accontenta di tutto ciò che gli richiama alla mente il nobile metallo!”<br />

Nota: le proposte di matrimonio vanno esaminate con molta attenzione.


FAVOLA N. 44<br />

L’AQUILA MANGIASCIMMIE, IL MARTIN<br />

PESCATORE E IL PRINCIPE REGGENTE DELLA<br />

FORESTA TROPICALE<br />

L’a<strong>qui</strong>la mangiascimmie, che regnava da molto tempo nella foresta tropicale<br />

dell’arcipelago filippino, compiva trentanove anni. Il giorno del suo<br />

compleanno molti sudditi, per la maggior parte uccelli, le chiesero il permesso<br />

di recarsi al suo nido per renderle omaggio.<br />

Accettata la richiesta, il re comandò loro di mettersi in fila per ordine di<br />

grandezza davanti all’albero biforcuto che dominava la foresta, in cui si<br />

trovava il suo nido. Ed accolse cordialmente i suoi visitatori.<br />

L’ultima a rendere omaggio fu l’a<strong>qui</strong>la mangiaserpenti, che era dotata di un<br />

corpo largo e robusto. Dopo essersi complimentata col sovrano per la lunga<br />

durata del suo regno, la visitatrice chiese di poter formulare una supplica.<br />

Ottenuto il permesso, disse umilmente e con la testa bassa:”Grande re,<br />

nell’interesse di tutti, vorrei osservare che la successione al trono si presenta<br />

problematica. Il prossimo anno sarà il quarantesimo del tuo regno e tuo figlio,<br />

cui spetta lo scettro, avrà allora solo due anni. Questa è la mia istanza:<br />

gradirei essere nominato principe reggente fino a che il tuo diletto figlio<br />

raggiungerà l’età matura”.<br />

Il monarca riflettè:”La proposta della mia interlocutrice è ragionevole”. Ma<br />

negli attimi che seguirono, segnati dal silenzio, l’orgoglio del re prevalse sulla<br />

ragione. Fingendosi dispiaciuto, rispose:”Non posso abbassarmi ad affidare la<br />

reggenza a chi non si è mai nutrito di scimmie. Ma per renderti giustizia, cioè<br />

per trattarti come tutti gli altri sudditi, dichiaro solennemente che nel mio<br />

regno non nominerò mai un reggente!” Detto questo, il sovrano congedò<br />

l’a<strong>qui</strong>la mangiaserpenti che, lasciando la residenza reale, provò una forte<br />

delusione.<br />

L’anno successivo, il monarca compì quarant’anni. Rendendosi conto del peso<br />

degli anni, capì che per continuare a governare fruttuosamente aveva bisogno<br />

dell’attiva e costante collaborazione dei suoi sudditi. Convocato il martin<br />

pescatore nella sua residenza, disse:”Poiché per l’età avanzata la corona mi è<br />

onerosa, d’ora innanzi regnerò soltanto se tutti gli uccelli soggetti alla mia<br />

autorità continueranno a riconoscermi come loro re”.<br />

Quindi, il monarca affidò al suo messaggero l’incarico di rendere pubblica la<br />

sua dichiarazione. I volatili della foresta continuarono a riconoscere l’a<strong>qui</strong>la<br />

mangiascimmie come loro re, con l’eccezione dell’a<strong>qui</strong>la mangiaserpenti. In<br />

lei, il sentimento di profonda delusione per la mancata nomina a principe<br />

reggente si era trasformato lentamente in un giudizio negativo sull’operato<br />

del sovrano.


Senza usare mezzi termini, l’a<strong>qui</strong>la mangiaserpenti dichiarò:”Non riconosco<br />

l’a<strong>qui</strong>la mangiascimmie come re; infatti da tempo non si nutre più di scimmie<br />

perché non è più in grado di catturarle. È noto a tutti che il sovrano si ciba di<br />

serpenti, di cervi e di lemuri volanti. Ritengo che, senza indugi, il re debba<br />

prendere la via dell’esilio”.<br />

Concluse le sue indagini, il martin pescatore riferì al monarca i risultati delle<br />

sue interviste. Quest’ultimo, dopo aver ascoltato attentamente, ringraziò il<br />

messaggero e disse di attenderlo ai piedi dell’albero biforcuto.<br />

Rimasta sola, l’a<strong>qui</strong>la mangiascimmie ammise con fredda lucidità:”Il giudizio<br />

dell’a<strong>qui</strong>la mangiaserpenti è veritiero. Un anno fa, avrei fatto bene a<br />

conferirle il titolo di principe reggente, affidandole nello stesso tempo il<br />

compito di addestrare mio figlio alla caccia. Ora, se le assegnassi tale<br />

funzione, farei una magra figura. E il mio orgoglio e la mia vanità<br />

m’impediscono di cadere in situazioni imbarazzanti. D’altra parte, mio figlio<br />

ha due anni; pur essendo giovane, è ora che si assuma le sue responsabilità!”<br />

Infine, sceso ai piedi dell’albero biforcuto, il monarca invitò il messaggero ad<br />

annunciare al figlio la sua immediata successione al trono. Dopo aver<br />

comunicato al suo fedele servitore l’intenzione di prendere la via dell’esilio<br />

per una sperduta isola dell’Oceano Pacifico, il re salutò mestamente e spiccò il<br />

volo verso la nuova destinazione.<br />

Nota: per far funzionare le pubbliche istituzioni nel migliore dei modi, è<br />

fondamentale che coloro che hanno pubbliche responsabilità facciano il loro<br />

dovere fino in fondo, rinunciando ai loro incarichi quando ciò, per una<br />

ragione o per un’altra, si rende necessario.


FAVOLA N. 45<br />

LA CICALA, IL PAVONE E LA SENSIBILITÀ DEGLI<br />

ALBERI<br />

In un vasto palmeto una cicala e un pavone erano diventati amici. Un giorno,<br />

chiacchierando all’ombra di una palma dal tronco inclinato, l’insetto<br />

domandò al vanitoso uccello:”Credi che gli alberi siano sensibili?”<br />

Il pavone rispose:”Penso di sì. Ma bisognerebbe sottoporre la nostra ipotesi a<br />

verifica. Procediamo dunque in questo modo: io percorro il sentiero<br />

principale del palmeto fino alla radura e tu mi segui volando. Arrivati al luogo<br />

convenuto, faremo un esperimento”.<br />

In realtà, il pavone era mosso dal desiderio di esibire la sua ruota multicolore<br />

alle palme che circondavano la radura, pur sapendo che queste erano delle<br />

spettatrici immobili e silenziose. Giunti alla meta, il vanitoso uccello aprì la<br />

sua ruota, mentre la brezza pomeridiana faceva muovere i rami delle palme<br />

che lasciavano cadere a terra alcune noci di cocco.<br />

Facendo notare alla cicala i verdi rami che oscillavano nel cielo azzurro e<br />

ignorando di proposito il mormorìo del vento, il pavone disse:”Il fatto che i<br />

rami delle palme si muovano allo spiegamento della mia ruota dimostra che<br />

gli alberi sono sensibili”. Infine, con aria compiaciuta, esclamò:”Nessuno può<br />

resistere all’esibizione della mia ruota!”<br />

Nota: si può incontrare chi cerca ogni pretesto pur di manifestare la propria<br />

vanità?


FAVOLA N. 46.<br />

IL BUCERO-MASCHIO, GLI IMPEGNI D’AMORE E<br />

LA VITA FAMILIARE<br />

In un palmeto un bucero-maschio¹ viveva spensieratamente gli anni della sua<br />

giovinezza. Un giorno i suoi genitori gli dissero:”Siamo molto contenti del<br />

fatto che tu viva con noi; tuttavia, poiché il tempo passa, sarebbe opportuno<br />

che tu prendessi moglie”. Il figlio assicurò loro che da quel momento si<br />

sarebbe dedicato alla ricerca della giusta compagna.<br />

Volando sul bosco senza una meta precisa, scorse sul ramo di una palma dal<br />

tronco arcuato un grazioso bucero-femmina. Posatosi sullo stesso ramo, si<br />

presentò e disse:”Non ho mai visto un albero dal tronco arcuato”. Lei<br />

rispose:”L’ultimo tifone ha piegato la palma a quel modo. Comunque, io<br />

continuo a dimorare in una delle cavità di quest’albero”.<br />

Da quel giorno l’uccello ritornò spesso alla palma arcuata e corteggiò la sua<br />

innamorata ripetendo il suo verso acuto ta-ric-tic. Avendo ascoltato per<br />

l’ennesima volta il suo canto stridulo, l’innamorata chiese:”Hai intenzioni<br />

serie?” Ottenuta una risposta affermativa, proseguì:”Faresti qualsiasi cosa pur<br />

di rendermi felice?” “Certamente!”<br />

Ritornato al suo nido, l’uccello riflettè:”Affermando che farei di tutto per lei,<br />

non l’ho presa in giro; tuttavia devo ammettere che c’è un limite a tutto!” Poi,<br />

guardando gli alberi che circondavano il suo nido, constatò<br />

serenamente:”D’altra parte non è necessario che io compia azioni<br />

straordinarie nel bosco; è sufficiente che io svolga i miei compiti quotidiani di<br />

buon padre di famiglia”.<br />

I due uccelli convolarono a nozze e fissarono la loro dimora, per comodità, nel<br />

nido della sposa. Nei primi tempi la loro vita coniugale fu felice, ma da<br />

quando la moglie iniziò a covare le uova le cose cambiarono profondamente.<br />

Quest’ultima chiese al marito di ostruire quasi completamente con del fango<br />

indurito la cavità della palma in cui era collocato il nido. Pur trovando strana<br />

la richiesta della moglie, il marito l’accontentò senza replicare. Ma da allora il<br />

suo compito di procurare il cibo alla moglie e ai nascituri divenne difficile.<br />

Infatti, doveva pazientemente far passare col becco insetti, vermi e pezzi di<br />

frutta ad uno ad uno attraverso la fessura della cavità.<br />

Un giorno, stanco per il suo duro lavoro, domandò seccamente:”Che bisogno<br />

c’era di ostruire la cavità dell’albero col fango?” La moglie si giustificò:”Il nido<br />

coperto quasi interamente dal fango protegge me e i nostri figli dagli eventuali<br />

attacchi di altri uccelli. Inoltre, il suo tepore riscalda il nido: così ci<br />

guadagniamo in salute”.<br />

Il marito, che dopo la nascita dei figli era dimagrito, contorse il becco.<br />

Notando la sua smorfia, la moglie osservò:”Prima del matrimonio non avevi


dichiarato che, per amore, avresti fatto qualsiasi cosa per me? Ebbene, ora ti<br />

sacrifichi per la famiglia!” Il marito non condivideva le precauzioni eccessive<br />

della moglie; tuttavia, per rispettare gli impegni presi a suo tempo, se ne andò<br />

senza aprire bocca. Rimasto solo e guardando gli alberi immersi nel silenzio,<br />

si disse amareggiato:”Relativamente all’educazione dei figli, prima di<br />

sposarmi dovevo fare patti chiari!”<br />

Nota: il matrimonio comporta sacrifici per entrambi i coniugi.<br />

1. Il bucero è un grande uccello. È provvisto di un enorme becco, curvo verso<br />

il basso, lateralmente sormontato da una protuberanza ossea a forma di<br />

casco.


FAVOLA N. 47<br />

LA LUCERTOLA DALLA DOPPIA CODA, IL<br />

FATTORE, IL COMBATTIMENTO DEL GALLETTO<br />

ROSSO E GLI OGGETTI PORTA-FORTUNA<br />

In un paese tropicale una lucertola viveva in una stanza adibita a cucina di<br />

una grande fattoria. Un giorno, percorrendo velocemente il soffitto, dopo aver<br />

urtato il filo del lampadario cadde sulla graticola del forno e si bruciò la coda.<br />

Pur soffrendo terribilmente, non si lasciò prendere dalla disperazione; infatti<br />

sapeva che la coda si sarebbe riformata.<br />

In pochi mesi il piccolo rettile guarì; ma, guardandosi allo specchio, si accorse<br />

che dal suo corpo mutilato si erano generate due code. Presto si convinse<br />

inspiegabilmente che la doppia coda gli avrebbe portato fortuna e ciò suscitò<br />

in lui un grande entusiasmo.<br />

Tuttavia, contando le scarse prede catturate e uccise in una settimana,<br />

constatò che i risultati ottenuti erano di gran lunga inferiori alle aspettative.<br />

Per sfogare la sua amarezza, la lucertola dalla doppia coda si confidò con<br />

un’amica che, dopo averla ascoltata pazientemente, disse:”Il fatto è che in<br />

questa fattoria noi lucertole diventiamo sempre più numerose; stando così le<br />

cose, bisogna accontentarsi di quel po’ di cibo che si ottiene dalla caccia”.<br />

Le parole dell’amica produssero in lei due effetti contrastanti: da una parte,<br />

come cacciatrice, sentendosi al pari delle amiche, si rincuorò; dall’altra<br />

cominciò a mettere in dubbio la sua convinzione d’essere fortunata. Al<br />

contrario, il fattore, che si occupava quotidianamente della fattoria, era<br />

fermamente persuaso che le lucertole dalla doppia coda portassero fortuna.<br />

Appena s’accorse che ce n’era una, la seguì mentre percorreva lateralmente un<br />

muro della cucina, la catturò e la rinchiuse in una rete sottile.<br />

Egli intendeva partecipare col suo galletto rosso ad una lotta fra galli;<br />

considerando la lucertola dalla doppia coda come un amuleto, decise di<br />

portarla con sé il giorno della gara. Finito il combattimento, lasciò il campo<br />

fortemente deluso. Nella mano destra teneva il suo galletto rosso morto per le<br />

violente beccate del suo avversario; dalla mano sinistra penzolava, avvolta in<br />

una piccola rete, la lucertola dalla doppia coda. Imboccata la strada di casa, il<br />

fattore la fece uscire dalla rete e la gettò in un cespuglio.<br />

Sentendosi libera, la lucertola dalla doppia coda respirò profondamente e<br />

pensò:”Nella vita, la vera fortuna si realizza con<strong>qui</strong>stando la libertà”. E si<br />

ripromise di vivere nel bosco facendo affidamento non sulla sua doppia coda,<br />

bensì sul suo impegno quotidiano nell’esercizio della caccia.


Nota: nella vita, più che sugli oggetti porta-fortuna, è preferibile puntare sulle<br />

proprie forze, capacità e talenti, uniti all’impegno quotidiano nella propria<br />

attività di lavoro, di studio o di altro genere.


FAVOLA N. 48<br />

LA VOLPE, IL LEONE, IL GATTO, LE FORMICHE E<br />

L’UGUAGLIANZA SOCIALE<br />

Proveniente dai tropici e diretta verso i paesi temperati, una volpe si fermò<br />

nella savana. Sceltasi una dimora tra i cespugli, iniziò a percorrere un sentiero<br />

per ammirare il paesaggio arso dal sole. Ma scorgendo un leone in<br />

lontananza, si nascose dietro il tronco di un albero ricco di fronde.<br />

Quando il re della savana scomparve all’orizzonte, l’astuto animale ritornò nel<br />

sentiero e riflettè:”Non posso sopportare la vista del leone. Lo detesto perché<br />

è forte e pieno di sé; perciò, prima di lasciare il suo regno voglio giocargli uno<br />

dei miei brutti scherzi!” Mentre era immerso in tali pensieri un gatto color<br />

caffelatte, che procedeva nel senso opposto di marcia, s’arrestò e lo salutò.<br />

All’apparizione del piccolo felino, la mente della volpe s’illuminò. Ricambiati i<br />

saluti, quest’ultima fece accomodare il gatto ai piedi di un albero e<br />

iniziò:”Cadi come il cacio sui maccheroni!” Il suo interlocutore chiese<br />

incuriosito:”Che cosa vuoi dire?” “Mentre ti pensavo, mi sei apparso<br />

all’improvviso e mi hai fatto pena!” “Perché?” La volpe continuò:”Ritorno da<br />

un viaggio nei paesi tropicali, in cui ho visitato innumerevoli colonie d’insetti.<br />

Ricordo migliaia di formiche che marciavano unite una dietro l’altra o in<br />

ordine sparso. Fra loro regna l’uguaglianza. Infatti si dividono il cibo raccolto,<br />

il loro capo ha poteri limitati e ognuna ha il suo compito. In sostanza, non è<br />

come <strong>qui</strong> nella savana in cui domina il leone, che si riserva i cibi migliori e<br />

non li divide con nessuno”.<br />

Il piccolo felino insinuò:”Mi risulta che, anche ai tropici, le api ubbidiscano<br />

alla loro regina”. Con aria titubante, l’astuto animale rispose mentendo:”Sì, è<br />

vero; però da indiscrezioni raccolte affiora l’ipotesi che in tempi brevi le<br />

assemblee delle api operaie aboliranno la figura del monarca. Insomma, è<br />

auspicabile che la società delle api assomigli a quella delle vespe!”<br />

Il gatto pose un’altra domanda:”Che cosa dovremmo fare noi abitatori della<br />

savana per cambiare le cose?” “È semplice! Voi piccoli animali dovete<br />

diventare protagonisti della rivoluzione sociale! Quando il re della savana<br />

riceverà i suoi sudditi?” “Domani, all’ombra del baobab”. La volpe<br />

proseguì:”Questa sera, nella mia dimora ascolterai dalla mia voce il discorso<br />

sull’uguaglianza sociale che reciterai davanti al re!”<br />

Il giorno dopo, di buon’ora, la radura fronteggiante il baobab era gremita di<br />

piccoli animali, ognuno dei quali aveva una supplica da presentare al sovrano.<br />

Nascosta da un cespuglio, la volpe osservava la scena. Ricevendo per primo il<br />

gatto, il re chiese:”Qual è la tua supplica?” “Non si tratta di un’istanza, bensì<br />

di una proposta”. Torcendo la bocca, il monarca esclamò:”Spiegati meglio!” Il<br />

suddito disse:”Sire, è giunta l’ora che l’uguaglianza sociale diventi una realtà


anche fra gli abitatori della savana. Di conseguenza, l’autorità del sovrano<br />

deve essere abolita!” Fra i presenti si fece un silenzio carico di tensione.<br />

Emettendo un ruggito, il leone diede una zampata al gatto, che fece un volo di<br />

alcuni metri. Dolorante, il piccolo felino si mise a correre all’impazzata verso<br />

il bosco mentre il re, col muso lungo, si preparava a dare udienza al secondo<br />

supplicante. La volpe rise sardonica mormorando:”Sono riuscita a fare<br />

arrabbiare il leone! Ora posso riprendere soddisfatta il mio viaggio verso<br />

casa!”<br />

Nota: sovente le lotte per i cambiamenti sociali sono dure e cruente.


FAVOLA N. 49<br />

IL RATTO, LO SCARAFAGGIO E LA SBARRA DI<br />

LEGNO<br />

Una casa di campagna dal solo pianterreno aveva il pavimento composto da<br />

una serie di sbarre di legno. Tra il pavimento e le fondamenta dell’abitazione<br />

si trovava uno spazio vuoto di una ventina di centimetri, divenuto dimora di<br />

un ratto e di uno scarafaggio. I due animali salivano al pavimento attraverso<br />

un’ampia fessura, dovuta al fatto che una sbarra di legno non copriva<br />

completamente la lunghezza del pavimento.<br />

Un giorno il padrone di casa, avendo notato sul pavimento dei frammenti di<br />

sterco di ratto, chiuse la fessura con un pezzo di legno. Quest’ultimo copriva il<br />

pavimento nel senso della lunghezza, ma nel senso della larghezza lasciava<br />

uno spiraglio di qualche centimetro.<br />

Così il ratto si trovò intrappolato al di sotto del pavimento, mentre lo<br />

scarafaggio continuava a passare agevolmente attraverso la fessura.<br />

Amareggiato per l’avvenuta riparazione, confidandosi con lo scarafaggio il<br />

ratto esclamò:”Ormai devo vivere sottoterra!”<br />

L’insetto disse all’amico:”Perché non infili la testa nella fessura rimasta, per<br />

dare poi di denti allo spessore della sbarra?” Il ratto rispose:”So bene di essere<br />

un roditore, ma per forare la sbarra mi ci vorrebbe il becco di un picchio!<br />

Pazienza! Dall’area sottostante il pavimento cercherò di uscire per<br />

raggiungere le fognature della strada”.<br />

Lo scarafaggio continuò:”C’è un’altra possibilità. Mettendo la testa nella<br />

fessura, puoi usare i denti come una lima per diminuire ogni giorno lo<br />

spessore della sbarra di legno. Da parte mia, farò la guardia percorrendo il<br />

pavimento in lungo e in largo per avvisarti dell’improvviso arrivo del<br />

padrone”.<br />

Ma il ratto scosse la testa e, ringraziato l’amico per l’offerta di collaborazione,<br />

spiegò:”Se usassi i miei denti come una lima, si consumerebbero presto:<br />

infatti, la sbarra di legno è solida e spessa. E se rimanessi senza denti, chi mi<br />

rifarebbe la dentiera?”<br />

Nota: per realizzare i nostri progetti nel migliore dei modi, dobbiamo<br />

misurare preventivamente le nostre forze.


FAVOLA N. 50<br />

LA POIANA-MASCHIO E L’ATTACCO AL NIDO<br />

D’API<br />

Una poiana-maschio viveva ai margini della foresta tropicale. Poiché era<br />

sterile, non aveva voluto accoppiarsi; non avendo impegni familiari, dedicava<br />

la maggior parte del tempo alla caccia d’insetti, prediligendo le api.<br />

Un giorno, la poiana-maschio decise d’assalire un nido d’api che si trovava<br />

nella cavità di una palma dal tronco inclinato. E sferrò l’attacco di buon’ora,<br />

per sorprenderle nel sonno. L’azione improvvisa si rivelò efficace. Infatti,<br />

l’assalitrice fece molte vittime. Quando era ormai sazia, si trovò davanti ad<br />

un’ape smunta e sottile.<br />

Spaventata a morte, questa osò chiedere all’aggressore:”Hai famiglia?”<br />

Sorpresa, la poiana-maschio rispose negativamente precisando:”Sono sterile e<br />

non voglio farmi una famiglia”. Con un filo di voce, la povera preda<br />

continuò:”Ti rendi conto che le mie amiche, che tu hai ingoiato, erano tutte<br />

madri di famiglia? E ogni giorno producevano il miele, alimento prezioso per<br />

l’alimentazione di migliaia e migliaia di bambini!” Sconcertata per le inattese<br />

affermazioni della sua interlocutrice, la poiana-maschio abbandonò il nido<br />

senza ribattere.<br />

Volando verso la sua dimora, pensò:”Finora non avevo mai considerato<br />

quanto il miele fosse importante nelle diete alimentari, soprattutto per i<br />

bambini. Perciò avevo grandemente sottovalutato la funzione sociale delle<br />

api. E la mia sterilità non mi giustifica: in ogni caso dovevo mettermi nei<br />

panni di un padre di famiglia!”<br />

Da quel giorno, per avere la coscienza tran<strong>qui</strong>lla, la poiana-maschio non si<br />

nutrì più d’api e concentrò la sua attenzione sulle termiti, ben sapendo che<br />

queste non producevano alcun alimento.<br />

Nota: se ci mettiamo nei panni di coloro che vivono in modo diverso da noi,<br />

comprendiamo molte cose.


FAVOLA N. 51<br />

IL GALLETTO ROSSO, IL PAVONE, IL TACCHINO,<br />

IL TOPOLINO E GLI SPETTACOLI DEL POLLAIO<br />

Un fattore che abitava in un’ampia casa di campagna decise di utilizzare una<br />

tettoia di ferro annessa alla sua proprietà come pollaio, sistemandovi<br />

numerose galline, un galletto rosso, un pavone e un tacchino.<br />

Egli non considerava il galletto rosso il re del pollaio; infatti lo teneva<br />

solamente per le gare con altri galletti, che si svolgevano la domenica nell’area<br />

del pollaio stesso.<br />

Due giorni prima del combattimento, prendeva il galletto rosso e lo<br />

rinchiudeva in una gabbia di ferro, affinché si preparasse alla lotta. Ogni<br />

domenica, quest’ultimo combatteva con un rivale proveniente da un altro<br />

pollaio e lo feriva a morte beccandolo rabbiosamente in tutto il corpo, sotto gli<br />

occhi attoniti delle galline.<br />

In un mese, il galletto rosso uccise quattro avversari. Ma dopo l’ultima gara<br />

entrò in crisi e, provando vergogna, pensò:”Poiché la morte dei miei rivali mi<br />

pesa sulla coscienza, voglio cambiare vita!” Convocata l’assemblea<br />

straordinaria del pollaio, dichiarò apertamente di aver terminato la sua<br />

carriera di lottatore. Ed aggiunse schiettamente:”Mi piacerebbe trasformare<br />

la repubblica del pollaio in un regno; e mi augurerei di diventare il vostro re!”<br />

Ma la sua proposta causò la dura opposizione delle galline. Una di loro,<br />

parlando a nome di tutte, ribattè:”Il pollaio rimane una repubblica. In effetti,<br />

non c’è nessun motivo per cambiare le cose. Tuttavia, avendo una grande<br />

stima di te, ti considereremo sempre un valoroso galletto da combattimento”.<br />

L’insuccesso del progetto del galletto rosso non modificò la sua intenzione<br />

d’imprimere una svolta radicale alla sua vita. Il pavone, volendo aiutarlo, gli<br />

disse:”Perché non organizziamo insieme degli spettacoli per le galline?” L’exlottatore<br />

accettò e il giorno dopo i due amici si esibirono all’aperto. Il pavone<br />

aprì la sua ruota e il galletto rosso sollevò goffamente le piume della sua coda,<br />

suscitando l’ilarità delle galline. Tra il serio e il faceto, il tacchino disse al<br />

galletto rosso:”Vuoi che ti presti la mia ruota?”<br />

Sciolto il rapporto di collaborazione col pavone, all’ex-lottatore venne un’idea.<br />

Avendo notato un topolino nel pollaio, lo fermò e gli spiegò il suo piano. Il<br />

giorno seguente, i due animali si esibirono come e<strong>qui</strong>libristi percorrendo un<br />

filo di ferro che, parallelo al soffitto, attraversava la tettoia in diagonale.<br />

Procedendo per primo, il galletto rosso cadde e si rovesciò sulle galline, che si<br />

misero a ridere fragorosamente. Vedendo l’amico precipitare, il topolino si<br />

lasciò prendere dall’emozione e scivolò verso il basso. A terra, l’attendeva il<br />

gatto della fattoria, che assisteva allo spettacolo senza fiatare. Il piccolo felino<br />

divorò all’istante il roditore, raffreddando l’allegria delle spettatrici.


Rivolgendosi al galletto rosso, il tacchino commentò amaramente:”Il tuo<br />

spettacolo ci fa ridere e piangere allo stesso tempo!” Senza replicare, l’exlottatore<br />

si congedò dal pubblico. Rimasto solo, fece il bilancio della<br />

situazione:”Ho rinunciato a combattere con gli altri galletti; le galline non mi<br />

hanno voluto come loro sovrano e riconosco di non avere il talento per fare<br />

spettacolo. Per questo, preferisco andare a vivere in solitudine, razzolando,<br />

nel vicino palmeto”.<br />

Dopo aver salutato le galline, si avviò verso il bosco. Ma alcune di loro lo<br />

fermarono e gli chiesero:”Perché non rimani con noi? Dopo tutto, le tue<br />

esibizioni ci divertono!” Il galletto replicò:”Se farò degli spettacoli, mi<br />

ricompenserete?” Non ricevendo alcuna risposta, riprese il cammino ed<br />

avvicinandosi alle palme cominciò a sentirsi veramente padrone della propria<br />

vita e delle proprie azioni.<br />

Nota: si può chiedere a qualcuno di fare spettacolo senza pagarlo?


FAVOLA N. 52<br />

IL CARIBÙ E IL PARENTE DEL TOPO<br />

Un topo incontrò un caribù che pascolava nel palmeto e, dopo i convenevoli,<br />

esclamò senza malizia:”Come sei nero!” Sorridendo, il caribù rispose:”E tu, di<br />

che colore sei?” Il roditore ammise:”Anche la mia pelliccia è nera. Però nel tuo<br />

corpo massiccio, il tuo manto scuro risalta maggiormente. Fra l’altro, posso<br />

vantarmi di un mio parente, chiamato criceto, che è bianco come la neve!”<br />

Il nero bove chiese incuriosito:”Dove vive?” “In diverse parti del mondo; per<br />

esempio, nei paesi europei”. Il caribù continuò:”Il colore bianco della sua<br />

pelliccia cambia forse la tua vita quotidiana?” Il topo replicò:”Mi piace<br />

pensare al criceto. Tuttavia, devo ammettere che la sua pelliccia bianca non<br />

modifica assolutamente il mio modo di vivere”.<br />

Il caribù concluse:”Io sono contento di avere il manto nero. E mi compiaccio<br />

di fare il latte, che è bianco, considerando che ovunque adulti e bambini si<br />

nutrono del mio prezioso alimento!”<br />

Nota: ognuno ha la propria dignità, indipendentemente dal colore della<br />

propria pelle.


FAVOLA N. 53<br />

LA PICCOLA LUCERTOLA, LA TUK-KO E IL<br />

MIMETISMO DEL CAMALEONTE<br />

Una casa di campagna era diventata dimora abituale sia di piccole lucertole,<br />

sia di una grande lucertola della specie chiamata tuk-ko¹. Essendosi ritagliata<br />

la sua zona di caccia, quest’ultima conviveva serenamente con le piccole<br />

lucertole. Col passare del tempo, fra lei e le sue compagne si era sviluppata<br />

una relazione d’amicizia che si concretizzava in piacevoli conversazioni<br />

quotidiane riguardanti la vita del bosco.<br />

Un giorno una piccola lucertola dalla pelle verde chiara disse alla tuk-ko:”Ho<br />

sentito raccontare che nella savana vive il camaleonte². Ed è opinione comune<br />

che questo nostro parente modifichi il colore della sua pelle adattandosi<br />

all’ambiente in cui vive. Anch’io vorrei essere come lui. Infatti, se cambiassi di<br />

colore, sarei continuamente al centro dell’attenzione da parte di tutti. Ora,<br />

toglimi una curiosità: che cosa pensi di lui?”<br />

Dopo aver riflettuto qualche istante, la tuk-ko rispose:”Conosco la vita, il<br />

comportamento e le abitudini del camaleonte. So che il suo mimetismo gli è di<br />

aiuto nella lotta contro i suoi nemici. Adesso ti spiego le ragioni per cui non<br />

vorrei essere come lui. Anzitutto, detestando i travestimenti, affronto il<br />

nemico a viso aperto. In secondo luogo, sono fiera del colore marrone della<br />

mia pelle e della lunghezza del mio corpo. Fra l’altro, nella <strong>qui</strong>ete della notte il<br />

mio verso sonoro può essere udito ad una distanza di diverse centinaia di<br />

metri. In breve, le mie peculiari caratteristiche mi rendono una lucertola<br />

eccezionale; perché dunque dovrei desiderare di diventare un camaleonte?”<br />

Dopo aver ascoltato con interesse le parole della tuk-ko, la piccola lucertola<br />

replicò:”Il tuo discorso si dimostra logico e coerente”. Con tono compiaciuto,<br />

la tuk-ko concluse la sua argomentazione con un’osservazione<br />

ironica:”L’ultima ragione per cui non vorrei essere un camaleonte è questa: se<br />

penso ai suoi sguardi obli<strong>qui</strong> e strabici, mi viene da ridere e da piangere allo<br />

stesso tempo. Infatti, da una parte mi fa pena; dall’altra, ho l’impressione che<br />

il poveretto veda le cose a zig-zag, e ciò mi fa ridere a crepapelle e mi rende di<br />

buon umore”.<br />

Nota: al giorno d’oggi si trovano ancora degli animali unici ed inconfondibili?<br />

1. La tuk-ko è una delle lucertole ‘domestiche’ delle Filippine. Prende il nome<br />

dal suo verso caratteristico: tuk-ko, tuk-ko.<br />

2. Il camaleonte è noto, fra l’altro, per la sua capacità di cambiare colore al<br />

mutare delle condizioni ambientali (temperatura, luce, ecc.).


FAVOLA N. 54<br />

LO SCARAFAGGIO MARRONE E LA BELLEZZA<br />

DELLA FARFALLA GIALLO-NERA<br />

Attraversando un bananeto, uno scarafaggio marrone vide una farfalla giallonera<br />

posarsi su una felce ai piedi di un albero e, attratto dalle sue fattezze<br />

armoniose, si fermò per osservarla.<br />

Quest’ultima, lanciandogli uno sguardo sprezzante, gli disse:”Che cosa vuoi?”<br />

La blatta, sorpresa dalla reazione infastidita del lepidottero, rispose:”Niente!<br />

Passavo di <strong>qui</strong> e sono rimasta colpita dalla tua esile figura e dal piacevole<br />

contrasto fra i punti neri e il fondo giallo delle tue ali”.<br />

La farfalla replicò con tono duro:”La mia bellezza è nota a tutti. Come pure,<br />

del resto, la tua bruttezza. Se fossi nata scarafaggio, per la vergogna sarei<br />

vissuta in solitudine nei recessi del bosco!” La blatta chiese<br />

incuriosita:”Quando eri una larva, ti sentivi bella o brutta?” “Mi consideravo<br />

brutta. Ma essendo ora una bella farfalla, non intendo assolutamente<br />

ricordare il mio passato di larva. Fra l’altro, la sgradevole visione del tuo<br />

corpo m’irrita. E se penso che ti nutri di tutto, mi passa l’appetito”.<br />

Con tono pacato, lo scarafaggio ribattè:”La mia dieta alimentare riguarda<br />

solamente me”. Improvvisamente la farfalla, senza salutare, si alzò in volo e se<br />

ne andò. Guardandola allontanarsi nell’azzurro senza macchie, lo scarafaggio<br />

disse, come se la sua interlocutrice fosse ancora davanti a lui:”È giusto che tu<br />

viva nel presente. Ma in cuor tuo non hai certamente dimenticato il passato.<br />

Infatti, le cose brutte s’imprimono nella memoria!”<br />

Nota: se si vuole vivere armoniosamente il presente, bisogna cercare di ben<br />

comprendere il proprio passato.


FAVOLA N. 55<br />

LA VOLPE, IL PASSERO, IL CANE E LA NOCE DI<br />

COCCO COLOR ORO<br />

In una giornata particolarmente calda, una volpe percorreva il sentiero<br />

principale di un palmeto. Girando lo sguardo, vide un’alta palma da cui<br />

pendevano noci di cocco dorate. Accaldato e stanco, l’astuto animale decise di<br />

riposarsi sotto la sua ombra. Dopo essersi acquattato alla base dell’albero,<br />

guardando in alto notò che una noce di cocco color oro sembrava cadergli<br />

perpendicolarmente sulla testa.<br />

Un passero che volava nel palmeto, non avendo mai visto una volpe, attirato<br />

dalle sue forme, si fermò e chiese:”Chi sei e da dove vieni?” “Sono una volpe<br />

ed appartengo alla famiglia dei canidi. Vengo dai paesi temperati e trascorro<br />

una vacanza ai tropici”.<br />

Non credendo ai propri occhi, l’uccellino continuò:”Sei tu dunque<br />

quell’animale famoso per la sua astuzia?” “Sì, sono io in persona. Comunque,<br />

mi trovo ai tropici non per esercitare il mio acume, ma per godermi una<br />

vacanza”. Il passero pensò:”Chissà se riesco a fare uno scherzo alla mia<br />

interlocutrice?”<br />

Dopo un momento di pausa, disse:”Che cosa fai accoccolata sotto una<br />

palma?” “Mi riposo all’ombra; mi piace guardare quella noce di cocco dorata,<br />

pendente sopra la mia testa, che pare staccarsi dal ramo da un momento<br />

all’altro. Desidero mangiarla, ma essendo vecchia non ho più la forza per<br />

arrampicarmi sugli alberi”.<br />

L’uccellino riprese:”È inutile che ti affatichi. Infatti, posso assicurarti che nel<br />

giro di un’ora la noce di cocco cadrà su di te”. “In questo caso, mi conviene<br />

aspettare”. “Certamente!” esclamò il passero, salutando e spiccando il volo<br />

verso l’alto. Ma dopo aver roteato nell’azzurro più volte, l’uccellino si posò<br />

nell’albero che stava di fronte alla palma per osservare il comportamento<br />

della volpe.<br />

Quest’ultima attese per due ore, ma il frutto dorato continuava a rimanere<br />

appeso al ramo. Un cane che percorreva il sentiero del palmeto, riconoscendo<br />

dalla fisionomia la volpe come una sua lontana parente, le chiese:”Che cosa<br />

stai aspettando?” “ Un passero mi ha detto che la noce di cocco sospesa a<br />

piombo sopra la mia testa dovrebbe staccarsi presto dal ramo”.<br />

Il cane ribattè con tono sicuro:”Hai ricevuto delle informazioni sbagliate. In<br />

effetti, il frutto dorato potrebbe cadere oggi, domani, o fra una settimana;<br />

nessuno può prevederlo con esattezza”. Nel ringraziare il cane, la volpe<br />

esclamò:”Il tuo avvertimento mi è stato utile!” In quel momento il passero,<br />

che aveva assistito alla scena acquattato sul ramo di un albero, sorridendo con<br />

aria divertita s’alzò in volo diretto al proprio nido.


Riprendendo il cammino, la volpe pensò:”Il passero si è preso gioco di me!<br />

Fra l’altro, nell’attesa, dimenticavo che non mi nutro di frutta tropicale. Oggi,<br />

sono veramente distratta! Oppure il caldo dei tropici mi ha dato alla testa?”<br />

Nota: se non si usa adeguatamente la propria intelligenza, si ottengono dei<br />

risultati deludenti.


FAVOLA N. 56<br />

L’AQUILA MANGIASERPENTI, L’AQUILA<br />

MANGIASCIMMIE E IL CONCERTO<br />

DELL’USIGNOLO D’ORIENTE<br />

Appollaiata sul ramo di un’acacia, un’a<strong>qui</strong>la mangiaserpenti pensava ai<br />

sentimenti contrastanti che provava nei confronti dell’a<strong>qui</strong>la mangiascimmie,<br />

re della foresta tropicale.<br />

Concludendo la sua riflessione, si disse mentalmente:”Non ho nulla contro di<br />

lei. Ma da un punto di vista politico, come sovrano, l’a<strong>qui</strong>la mangiascimmie<br />

non mi piace. Infatti, non è disposta a cedere nemmeno una minima parte del<br />

suo potere. Da parte mia, vorrei solamente essere nominato suo ministro. Ma<br />

nel regno della foresta tropicale non si avverte alcun cambiamento<br />

sostanziale”.<br />

Dopo aver osservato gli alberi, indifferenti ai suoi pensieri, il grande volatile<br />

proseguì il monologo interiore:”Il monarca afferma che sono pieno d’invidia e<br />

che aspiro alla corona; ma ciò è falso. Una nomina a ministro, lo ripeto,<br />

soddisferebbe i miei desideri. Se ho rilasciato delle dichiarazioni di fuoco<br />

verso la sua persona e il suo potere illimitato, era solo per reagire alla sua<br />

intransigenza nel rifiutarsi di dividere il potere”.<br />

Per evitare di farsi prendere dalla collera, l’a<strong>qui</strong>la mangiaserpenti decise di<br />

rilassarsi volando sulla foresta. Esplorando i boschi dall’alto, notò un gruppo<br />

di uccelli raccolti ai piedi di una palma che si stagliava al centro di un’ampia<br />

radura.<br />

Posatasi a terra, vide un uditorio composto di uccelli di varie specie intento ad<br />

ascoltare una canzone dell’usignolo d’oriente. Terminata la canzone,<br />

quest’ultimo salutò l’ospite inatteso e disse:”Nel giorno del mio compleanno,<br />

la tua presenza mi onora”. Il visitatore rispose:”Purtroppo, non posso<br />

partecipare alla festa; in effetti, oggi intendo dedicarmi alla caccia”.<br />

Molti uccelli guardarono con interesse il nuovo arrivato; essi sapevano bene<br />

che non correva buon sangue tra lui e l’a<strong>qui</strong>la mangiascimmie. Infatti, le<br />

reciproche dichiarazioni taglienti delle due a<strong>qui</strong>le avevano trasformato il loro<br />

contrasto in un motivo di divertita ironia per tutti gli abitatori del bosco.<br />

Poiché un’atmosfera allegra permeava la festa, un nottolone si rivolse<br />

all’ospite inatteso e disse:”Grande a<strong>qui</strong>la, a nome di tutti, mi permetti di farti<br />

una domanda?” “Con piacere!”<br />

“Che cosa pensi del nostro sovrano, vale a dire della nostra nobile a<strong>qui</strong>la<br />

mangiascimmie?” Sentendo nominare il detestato monarca, l’a<strong>qui</strong>la<br />

mangiaserpenti rispose, accendendosi di collera:”Credo che l’a<strong>qui</strong>la<br />

mangiascimmie abbia nello stomaco dei peli lunghi così – ed esibì in aria gli<br />

artigli della zampa destra in senso verticale – per ben digerire delle scimmie


che spesso sono provviste di lunghi peli!” Il gioco di parole rallegrò l’uditorio,<br />

che proruppe in una fragorosa risata mentre l’ospite riprendeva il volo.<br />

Cessata l’ilarità generale, il martin pescatore osservò acutamente:”Se per<br />

digerire delle scimmie l’a<strong>qui</strong>la mangiascimmie deve avere dei lunghi peli nello<br />

stomaco, per ingoiare dei serpenti l’a<strong>qui</strong>la mangiaserpenti non è forse dotata<br />

di uno stomaco di ferro?” Gli astanti risero di nuovo, mentre l’usignolo<br />

d’oriente si preparava a cantare la canzone successiva.<br />

Nota: bisogna fare il possibile per evitare che l’invidia alberghi nei nostri<br />

animi.


FAVOLA N. 57<br />

IL CARIBÙ, LA MOSCA E I RUMORI MINIMI DEL<br />

BOSCO<br />

Un caribu’ pascolava in un palmeto ascoltando l’armonioso canto degli<br />

uccelli. Dopo aver brucato numerose felci, come d’abitudine si distese<br />

all’ombra di una palma per sonnecchiare.<br />

Una mosca che volava senza una meta precisa, vedendo il nero bove<br />

pensò:”Mi piacerebbe rendergli un servizio”. Poi si adagiò nella cavità<br />

dell’orecchio destro del caribù, rovesciandosi delicatamente e distendendo le<br />

sue antenne vicino al timpano. Infine si adattò alla cavità auricolare e rimase<br />

immobile.<br />

Terminato il riposo, il nero bove riprese a pascolare ed avvertendo un leggero<br />

prurito pensò:”Devo avere qualcosa all’orecchio destro. Se fosse un insetto, si<br />

muoverebbe; forse si tratta di un frammento di foglia che si è posato vicino al<br />

timpano”. Ricominciando a nutrirsi di felci, il caribù non ci fece più caso;<br />

prima del tramonto, si avviò alla sua dimora formata da tre palme che,<br />

incrociandosi in alto, costituivano una sorta di rifugio naturale.<br />

Improvvisamente la mosca uscì dalla cavità auricolare e, dopo i convenevoli,<br />

chiese all’amica:”Hai avvertito la mia presenza?” “Sentivo qualcosa<br />

all’orecchio!” L’insetto affermò:”Sei certamente riuscita a percepire i lievi<br />

rumori del bosco molto meglio delle altre volte!” Il caribù domandò<br />

incuriosito:”Per quale motivo?” La mosca spiegò:”Mi sono rovesciata nella<br />

cavità del tuo orecchio destro e sono rimasta supina per far sì che le mie<br />

antenne ti sfiorassero il timpano. Così facendo, forse l’ho reso più sensibile ai<br />

rumori minimi del bosco”.<br />

Il nero bove replicò apertamente: “Non ho avvertito alcun miglioramento<br />

delle mie facoltà uditive. Ho provato solo un gran solletico. Comunque, ti<br />

ringrazio per quello che hai fatto per me!”<br />

Dopo aver salutato, la mosca riprese il volo e riflettè:”Credevo di aver reso un<br />

servizio, però mi ero sbagliata. Anche se non era convinto dell’efficacia della<br />

mia prestazione, il caribù mi ha detto tuttavia grazie”. Infine, l’insetto si<br />

chiese ironicamente:”Chissà se la mia amica s’aspettava che io esprimessi la<br />

mia riconoscenza per essere stato ospitato nel suo orecchio?”<br />

Nota: talvolta, quando offriamo spontaneamente agli altri i nostri servizi, non<br />

richiesti, rischiamo di ottenere dei risultati molto modesti.


FAVOLA N. 58<br />

IL GATTO SPELACCHIATO, I TOPI E LA<br />

PIANTAGIONE DI CANNA DA ZUCCHERO<br />

Dopo aver camminato per ore nella campagna bruciata dal sole, un gatto<br />

spelacchiato si fermò davanti allo steccato che recingeva una piantagione di<br />

canna da zucchero di modeste dimensioni. Esausto, s’accovacciò per terra e<br />

s’addormentò.<br />

Il giorno successivo, il piccolo felino passò lo steccato attraverso un buco e,<br />

girando lo sguardo, vide dei topi nutrirsi di bastoncini di zucchero di canna.<br />

Prima d’iniziare la sua attività di cacciatore, fissò la sua dimora nella cavità<br />

dell’unico banano che cresceva nella piantagione. E programmò di catturare<br />

tre topi al giorno, uno per colazione, uno per pranzo e uno per cena. Presto il<br />

suo progetto si tradusse in azione.<br />

Essendo molto numerosi, i topi sottovalutarono il loro nemico. Tuttavia,<br />

passato qualche mese, si contarono e constatarono che il loro numero<br />

diminuiva progressivamente.<br />

Un giorno, mentre il piccolo felino dormiva, i roditori convocarono<br />

un’assemblea straordinaria sotto il sole infuocato del primo pomeriggio.<br />

Prendendo la parola, il più anziano disse:”Il gatto è una buona forchetta! Ogni<br />

giorno ciascuno di noi si domanda ansiosamente quale sarà la sua sorte.<br />

Amici! Non possiamo vivere nella paura! Abbandoniamo tutti il canneto!<br />

Nell’aperta campagna sarà duro cercare cibo, ma non saremo ossessionati<br />

dalla minacciosa presenza del nostro nemico”.<br />

Ma un topo obeso replicò:”Sono nato e voglio morire nella piantagione! Fra<br />

l’altro, non posso rinunciare alla mia porzione quotidiana di zucchero di<br />

canna!”<br />

Un altro roditore, dal muso allungato, osservò:”È giusto rispettare la volontà<br />

di tutti: chi intende restare nel canneto è libero di farlo, ma a proprio rischio e<br />

pericolo. Infatti, è prevedibile che il gatto faccia tabula rasa di coloro che<br />

rimangono <strong>qui</strong>”. Conclusa la discussione, i convenuti all’unanimità decisero di<br />

lasciare la piantagione per l’aperta campagna.<br />

Dopo essersi riposato, il piccolo felino aprì gli occhi e pensò:”In questo<br />

periodo sto veramente bene. Essendo pieni di zucchero, i topi del canneto<br />

sono s<strong>qui</strong>siti. Non so se un giorno potrò rinunciare a nutrirmi di un cibo così<br />

dolce!”<br />

Uscito dalla tana, il gatto spelacchiato si addentrò nella piantagione e, non<br />

scorgendo alcun roditore, non credette ai propri occhi. Pieno di stupore,<br />

esclamò:”Oggi non ci vedo bene!” Ma volgendo lo sguardo intorno si rese<br />

conto, con disappunto, che i topi se n’erano andati.<br />

Ritornato alla tana, riflettendo sulla nuova situazione creatasi, si disse:”Le<br />

cose andavano troppo bene! Ma ora devo pensare, lucidamente, al presente.


Voglio dire: ieri mi nutrivo di topi dal sapore dolce; oggi, che cosa mangerò?<br />

Devo farmi venire l’acquolina in bocca pensando ai pasti di ieri?”<br />

Nota: rimpiangendo il passato non si risolvono i problemi del presente.


FAVOLA N. 59<br />

LA GRANDE LUCERTOLA, LA LUCERTOLA DALLA<br />

CODA MOZZA E LO SPECCHIO PORTAFORTUNA<br />

In una casa di campagna una grande lucertola aveva fissato la sua dimora<br />

nella camera che fungeva da salone. E aveva ammonito le piccole lucertole che<br />

abitavano nella stessa casa con queste parole:”Le pareti del salone sono la mia<br />

zona di caccia abituale. Pertanto punirò severamente chiunque, in quest’area,<br />

oserà catturare insetti senza la mia autorizzazione preventiva”.<br />

Una lucertola dalla coda mozza si azzardò a chiedere:”A chi intendi concedere<br />

il permesso di caccia?” La grande lucertola rispose:”Per ora, a nessuno.<br />

Tuttavia, vi permetto di specchiarvi nel grande specchio che domina la parete<br />

centrale del salotto. Dopo aver effettuato rapidamente tale operazione,<br />

ritornerete nelle vostre zone di caccia!”<br />

Poiché le piccole lucertole rispettavano il severo monito della grande<br />

lucertola, la <strong>qui</strong>ete regnava nella casa. Ma un giorno, dopo essersi specchiata,<br />

la lucertola dalla coda mozza si mise a percorrere la striscia di muro compresa<br />

tra il soffitto e la parte superiore dello specchio. Cercando con lo sguardo<br />

qualche mosca, pensò:”Se la grande lucertola mi sorprenderà nella sua zona<br />

di caccia, osservando la mia coda mozza avrà pietà di me e fingerà di non<br />

vedermi”.<br />

Ma contrariamente alle sue previsioni, la grande lucertola, credendo<br />

fermamente nelle leggi della sopravvivenza, non provava pietà per nessuno. E<br />

scorgendo la malcapitata, ingaggiò immediatamente una dura e aspra lotta<br />

corpo a corpo, mordendola in diverse parti.<br />

Colpita più volte nella parte terminale della coda mozza, l’esile lucertola si<br />

piegò ad arco per il dolore e, perdendo l’e<strong>qui</strong>librio, precipitò al suolo. La<br />

grande lucertola, pure lei estenuata dalla lotta, inavvertitamente s’imbucò<br />

nella stretta fessura che si notava tra la parte superiore dello specchio e il<br />

muro. Poiché lo specchio era mal collocato, la fessura era diseguale e, verso il<br />

fondo, diventava sempre più sottile.<br />

La grande lucertola, lacerata ed incapace di muoversi, finì la sua vita al buio,<br />

intrappolata nella fessura. La lucertola dalla coda mozza, ripresasi dopo la<br />

caduta, dal pavimento alzò lo sguardo allo specchio, ringraziandolo<br />

mentalmente per averle salvato la vita. Mal ridotta, riprese tuttavia la sua<br />

corsa per uscire dal salone, ripromettendosi di non ritornarci più.<br />

Nota: l’ambiente, con le sue strutture, può modificare le dure leggi della<br />

sopravvivenza a favore dei deboli?


FAVOLA N. 60<br />

LA VOLPE, LA COLAZIONE DEL LUPO E LA<br />

MONTAGNA ROCCIOSA DELL’ISOLA TROPICALE<br />

Dopo un faticoso viaggio, una volpe e un lupo approdarono in un’isola<br />

tropicale. In pochi giorni, i due amici esplorarono un ampio territorio ricco di<br />

una vegetazione lussureggiante e attraversato da numerosi corsi d’acqua.<br />

Pur visitando insieme l’isola durante il giorno, la volpe e il lupo si sistemarono<br />

in due dimore diverse, ai piedi di alberi che crescevano nello stesso bosco.<br />

Infatti entrambi, almeno durante la notte, volevano sentirsi liberi.<br />

Una mattina l’astuto animale corse alla tana dell’amico e, quasi senza fiato per<br />

l’emozione, disse:”Vieni con me! Ho scoperto la montagna più alta dell’isola!<br />

È rocciosa e dall’alto ammireremo un paesaggio stupendo!” Con molta calma,<br />

il lupo rispose:”Anzitutto, devo catturare un capretto nero per il pasto<br />

mattutino. Come ben sai, mi piace fare un’ottima colazione”.<br />

Con aria delusa, la volpe continuò:”Non posso aspettare! Infatti, non riesco a<br />

contenere il mio entusiasmo. Se non mi seguirai, raggiungerò da sola la<br />

montagna rocciosa e le darò il mio nome!” “Va pure!” esclamò il lupo. L’astuto<br />

animale percorse rapidamente il sentiero e scomparve dalla vista dell’amico.<br />

Rimasto solo, il lupo pensò:”Prima la colazione, poi la visita dell’isola.<br />

Quando la volpe arriverà alla montagna rocciosa, che cosa mangerà? Dei<br />

frammenti di roccia?” Infine si disse compiaciuto:”Oggi mi sento più astuto<br />

della volpe!” Ma il lupo ignorava che prima di fargli visita, all’alba, l’astuto<br />

animale aveva già fatto un’abbondante colazione.<br />

Nota: bisogna tener presente che le nostre opere – frutto della nostra<br />

intelligenza e del nostro lavoro – possono essere eguagliate, se non superate<br />

da altri, in qualsiasi momento.


FAVOLA N. 61<br />

LA ZANZARA, LA PELLE DI SERPENTE E GLI<br />

UOMINI<br />

Un serpente viveva in un palmeto attraversato da un fiume dall’acqua<br />

cristallina. Un giorno, dopo aver cacciato topi sulla riva del fiume, si diresse<br />

strisciando tra le felci verso una piccola radura. Arrivato alla meta, si distese<br />

su una roccia per prendere il sole.<br />

Mentre il rettile sonnecchiava, una zanzara, ronzandogli attorno, gli fece<br />

aprire gli occhi. Fermatosi sulla pietra che si trovava di fronte a lui, l’insetto<br />

esclamò caustico e sprezzante:”Dovresti vergognarti!” Rimanendo calmo, il<br />

serpente rispose:”Di che cosa? Forse le mie spire ti fanno ribrezzo?” La<br />

zanzara spiegò:”A stento posso sopportare la vista delle tue spire. Ma detesto<br />

soprattutto il fatto che il tuo veleno uccida gli uomini!” “E tu, che cosa mi<br />

racconti delle tue avventure? Dimentichi forse che inietti il morbo del<br />

dengue?”<br />

La zanzara osservò:”Con le mie punture succhio un po’ di sangue agli uomini.<br />

A volte, è vero, inietto il morbo del dengue. Ma che cos’è mai il dengue? Si<br />

tratta solo di una forma particolare di febbre diffusa ai tropici. D’altra parte,<br />

da tempo immemorabile la zanzara trasmette la febbre al genere umano!”<br />

Al rettile premeva ammettere che il suo veleno era mortale per gli uomini,<br />

sottolineando tuttavia che lo iniettava solamente quando era attaccato, cioè a<br />

scopo difensivo. Ma la zanzara non diede al suo interlocutore il tempo per<br />

giustificare il suo comportamento e troncò il dialogo con queste parole:”Con<br />

te sto sprecando il mio fiato. Comunque, non cambio il mio giudizio: tu per<br />

me sei e rimani un pericolo per l’umanità!” Poi spiccò il volo, mentre il<br />

serpente riprese a sonnecchiare.<br />

Un giorno, il destino volle che la zanzara pungesse un visitatore del bosco<br />

trasmettendogli il morbo del dengue. Al contrario, il serpente non ebbe mai<br />

occasione di mordere un uomo. Anzi, dopo essere morto in solitudine tra le<br />

felci, un ricercatore lo raccolse, lo portò nel suo laboratorio e lo scorticò per<br />

ottenere dalla sua pelle un olio speciale. Quest’ultimo si rivelò un medicinale<br />

efficace per curare le allergie della pelle degli uomini.<br />

Nota: se il giudizio che si formula su persone, fatti e situazioni non è<br />

sottoposto a verifica, rischia di diventare un pregiudizio.


FAVOLA N. 62<br />

LA PAVONESSA, IL CORTEGGIAMENTO DEL<br />

PAVONE E LA VANITÀ<br />

In un pollaio all’aperto di una grande fattoria tropicale un pavone iniziò a<br />

corteggiare una pavonessa che esibiva la sua ruota dai colori sgargianti.<br />

Considerato che i suoi dialoghi d’amore si rivelavano infruttuosi, un giorno il<br />

corteggiatore studiò una frase ad effetto. Rivolgendosi all’innamorata,<br />

esclamò:”Per te farei qualunque cosa!” Quest’ultima rispose<br />

prontamente:”Dunque, ascoltami: vai dietro un albero, togliti le piume della<br />

ruota e ritorna da me; solo allora prenderò in considerazione la tua proposta<br />

di matrimonio”.<br />

Estremamente sorpreso, l’innamorato ribattè:”Non riesco a levarmi le piume<br />

da solo; devo cercare qualcuno che mi aiuti”. Detto questo, si congedò.<br />

Percorrendo il terreno battuto che circondava il pollaio, il pavone<br />

riflettè:”Perché dovrei rinunciare alle piume della mia ruota?” Arrestatosi ai<br />

piedi di un’acacia, si disse:”Intendo conservare la mia ruota: infatti, è la cosa<br />

più importante della mia vita. D’altra parte, forse la mia corteggiata<br />

sacrificherebbe la sua ruota per amore?”<br />

Nota: è giusto anteporre la vanità all’amore?


FAVOLA N. 63<br />

IL BUCERO-MASCHIO, IL BUCERO-FEMMINA, IL<br />

MARTIN PESCATORE E IL PASTO DEL CORVO<br />

DAL BECCO LARGO<br />

Una coppia di buceri viveva felicemente nel nido scavato nel tronco di una<br />

palma. Un giorno il bucero-maschio, più vecchio della sua compagna, fu<br />

colpito dalla febbre; l’appetito gli passò e in una settimana dimagrì<br />

paurosamente.<br />

Rendendosi conto che il marito era ormai giunto alla fine della sua vita, il<br />

bucero-femmina volò al nido del martin pescatore, che dimorava nella palma<br />

di fronte alla sua. Avendogli spiegato l’accaduto, lo pregò di andare a<br />

chiamare il corvo dal becco largo. Poco dopo, il martin pescatore e il corvo si<br />

posarono in un ramo della palma opposta a quella in cui viveva la coppia di<br />

buceri.<br />

Il bucero-femmina li raggiunse e, rivolgendosi al corvo, disse:”Come ben sai,<br />

mio marito è sempre stato all’altezza dei suoi compiti; infatti, pur<br />

attraversando periodi difficili, abbiamo allevato quattro piccoli”. Guardando<br />

l’amico negli occhi, il bucero-femmina proseguì assumendo un’aria<br />

triste:”Siamo stati felici, ma ora devo affrontare lucidamente la realtà del<br />

presente. La sua morte si avvicina e, per l’amicizia che ci lega da anni,<br />

desidero che tu sia l’unico a nutrirti della sua carogna”.<br />

Pur avendo una gran fame, il corvo rispose che era pronto ad aspettare il<br />

triste evento. Sentendo confusamente delle voci, il bucero-maschio si svegliò e<br />

si sporse dalla cavità della palma. Guardandosi attorno, si chiese per quale<br />

ragione sua moglie chiacchierasse col nero uccello. Pur essendo febbricitante,<br />

il bucero-maschio intuì che la sua compagna aveva chiamato il corvo perché la<br />

sua fine era imminente. Nel constatare l’incredibile freddezza di sua moglie<br />

provò un grande dolore, che gli consumò le ultime forze.<br />

Stremato ed esangue, si sporse ancor più dalla cavità della palma, cadde al<br />

suolo ed esalò l’ultimo respiro. Accertatasi della sua morte, il bucero-femmina<br />

si rivolse al corvo e disse con voce commossa:”Mio marito si è comportato in<br />

modo esemplare fino agli ultimi istanti della sua vita; infatti, dopo averti<br />

visto, è morto per diventare cibo per te! Devo riconoscere che, dandomi un<br />

marito come lui, il cielo è stato particolarmente generoso nei miei confronti!”<br />

Nota: nelle relazioni umane è fondamentale avere un profondo rispetto per i<br />

sofferenti e per i defunti.


FAVOLA N. 64<br />

LA RAGANELLA E I CONCERTI DELL’USIGNOLO<br />

D’ORIENTE<br />

Una raganella gracidava allegramente dalla mattina alla sera, rimanendo<br />

appollaiata sul ramo di un albero. Un giorno, guardando dall’alto le acque di<br />

un fosso che scorrevano sotto di lei pensò:”Il mio verso è veramente<br />

monotono! Come mi piacerebbe imparare a cantare delle canzoni!”<br />

Per realizzare il suo piano, il piccolo anfibio raggiunse saltellando il vicino<br />

palmeto, in cui ogni sera un usignolo d’oriente teneva un concerto. E vi<br />

rimase per un mese, diventando un entusiastico ammiratore del cantante.<br />

Infine ritornò alla sua dimora.<br />

Tenendo a mente i motivi armoniosi che avevano contrassegnato i concerti<br />

dell’usignolo d’oriente, la raganella riprese a gracidare. Ma dalla sua bocca<br />

uscivano solo suoni brevi e striduli, incapaci di ricreare l’atmosfera che<br />

permeava i canti ascoltati nel bosco.<br />

Constatato l’insuccesso dei tentativi di modificare il suo repertorio, il piccolo<br />

anfibio si disse:”Per ben interpretare le canzoni dell’usignolo d’oriente dovrei<br />

avere delle corde vocali diverse; purtroppo, le mie emettono i soliti grè-grè.<br />

Pazienza! Continuerò a gracidare come facevo prima, ringraziando comunque<br />

la natura che mi ha fatto nascere in un bosco rigoglioso, illuminato da un cielo<br />

azzurro come la turchese!”<br />

Nota: l’ambiente in cui viviamo può far nascere in noi dei talenti che la natura<br />

ci ha negato?


FAVOLA N. 65<br />

LA TUK-KO, I TOPOLINI, I MILLEPIEDI E<br />

L’OSPITALITÀ DELLE LUCERTOLE<br />

Una fattoria di un paese tropicale era dimora abituale di numerose lucertole.<br />

Queste si nutrivano di farfalle che, di notte, attratte dalle luci dei lampadari,<br />

entravano nella casa attraverso le finestre. Pur ritenendosi soddisfatte della<br />

loro vita, le lucertole erano infastidite dai millepiedi e dai topolini che<br />

infestavano una buona parte della fattoria.<br />

Riunite in assemblea per prendere provvedimenti in merito, le convenute<br />

approvarono una proposta che stabiliva di concedere ospitalità a tempo<br />

indeterminato ad una tuk-ko. Infatti, era noto che questa grande lucertola,<br />

oltre che d’insetti, si cibava anche di topi e di millepiedi.<br />

Sciolta l’assemblea, alcune delle partecipanti si recarono nel palmeto<br />

confinante con la fattoria e ritornarono accompagnando una tuk-ko. La<br />

lunghezza del suo corpo colpì immediatamente le abitatrici della casa: in<br />

effetti, misurava quasi trenta centimetri. La sua timidezza, invece, fece<br />

nascere nelle lucertole un sentimento di simpatia e si decise di ospitare la tukko<br />

in una crepa profonda di un muro del salone.<br />

Ogni sera, al tramonto del sole, l’ospite percorreva la casa in lungo e in largo;<br />

in poche notti fece tabula rasa di topolini e di millepiedi. Poi cominciò a<br />

nutrirsi di farfalle, come facevano le lucertole, che tuttavia non intendevano<br />

condividere le loro prede preferite con lei. D’altra parte, le leggi dell’ospitalità<br />

e della buona educazione non permettevano loro di dire apertamente alla tukko<br />

di limitarsi a cacciare mosche e zanzare. In breve, le ospitanti non<br />

sapevano che cosa fare per congedare la loro ospite che, trovandosi a suo agio,<br />

non esprimeva alcun desiderio di andarsene.<br />

Un giorno un’esile lucertola dallo sguardo vispo disse alle amiche di avere<br />

un’idea brillante. Convocata l’assemblea generale, comunicò alle partecipanti<br />

di aver trovato il giusto modo per sbarazzarsi della tuk-ko. Invitata<br />

calorosamente ad esternare la sua proposta, l’esile lucertola si premurò di dire<br />

che non poteva raccontare il suo piano. Così, lasciando con due compagne<br />

l’assemblea, pregò le presenti di attendere lo sviluppo degli avvenimenti<br />

continuando la seduta.<br />

Raggiunta la dimora della tuk-ko, che dormiva, l’esile lucertola la svegliò<br />

dolcemente con queste parole:”Cara amica, perdonami se ti disturbo. Il fatto è<br />

questo: io sostengo che, a volte, le tuk-ko si nutrono di piccole lucertole, ma<br />

le mie compagne <strong>qui</strong> presenti non mi credono. Che cosa puoi dirci al<br />

riguardo?”<br />

Quasi vergognandosi delle sue parole, l’interrogata rispose:”Devo ammettere<br />

che alcune di noi si cibano anche di piccole lucertole”. L’esile lucertola lanciò<br />

uno sguardo d’intesa alle compagne e, senza salutare l’ospite, corse con loro


nel luogo dove proseguivano i lavori dell’assemblea. Riferito il suo breve<br />

collo<strong>qui</strong>o con l’ospite, le sue compagne confermarono la veridicità delle sue<br />

affermazioni. Immediatamente l’assemblea approvò all’unanimità la proposta<br />

di “espellere la tuk-ko dalla fattoria perché ritenuta un elemento pericoloso<br />

per la vita, la sicurezza e l’incolumità delle lucertole”. Conclusi i lavori, alcune<br />

di loro si recarono dall’ospite e, dopo aver resa nota la deliberazione<br />

assembleare, le ordinarono di lasciare la fattoria.<br />

Senza ribattere, la tuk-ko ritornò nel bosco e si acquattò nel suo vecchio nido.<br />

Riposandosi, pensava:”L’assemblea ha trovato una valida ragione per<br />

espellermi; ma la verità è che le lucertole non volevano più condividere il cibo<br />

con me. D’altra parte, preferisco vivere nel bosco. Qui la caccia è dura, però<br />

mi dà veramente soddisfazione; infatti, non tolgo cibo a nessuno e, quando lo<br />

consumo, mi dico sempre che le mie fatiche sono ben ricompensate”.<br />

Nota: concedere ospitalità comporta, per una ragione o per un’altra, dei<br />

notevoli sacrifici.


FAVOLA N. 66<br />

LO SCARAFAGGIO E LO SCONTRO DIRETTO FRA<br />

IL GATTO E IL TOPO<br />

Nella campagna tropicale, una tettoia di ferro retta da quattro pilastri di<br />

cemento era adibita a deposito di veicoli. Accanto a uno dei pilastri, i<br />

sorveglianti avevano collocato un bidone per i rifiuti che, di solito, era<br />

scoperchiato.<br />

Essi tenevano un gatto bianco-nero per la caccia ai topi. Presto, trovando ben<br />

poco da mangiare, questi ultimi abbandonarono il deposito. Tutti eccetto un<br />

topolino che, essendo molto agile, riusciva ad entrare nel contenitore per<br />

cercare cibo. Anche il gatto bianco-nero si nutriva dei resti che trovava nel<br />

bidone.<br />

Un mattino, avvicinandosi al contenitore, il piccolo felino vide ad una certa<br />

distanza il roditore. Non volendo dare battaglia, si girò e si diresse verso il<br />

centro del deposito, permettendo così al topolino di consumare gli avanzi dei<br />

pasti dei sorveglianti. Da quel giorno, i due presunti nemici non<br />

s’incontrarono più. Come per un tacito accordo, il roditore si accontentava di<br />

mangiare una volta al giorno, al mattino; da parte sua, il gatto bianco-nero si<br />

limitava ad usufruire di un solo pasto giornaliero, nel pomeriggio. Il tempo<br />

passava e i due animali ingrassavano, continuando tuttavia ad ignorarsi<br />

reciprocamente.<br />

Un giorno, uno scarafaggio che viveva tra le felci nelle immediate vicinanze<br />

del deposito osservò incuriosito che i due ipotetici nemici si cibavano allo<br />

stesso contenitore in orari diversi. Incontrando il gatto, lo informò del fatto<br />

che il topolino cercava ogni mattina cibo nel contenitore. Ascoltandolo, il<br />

gatto mostrava di sapere ben contenere la sua emozione. Ma ad un certo<br />

punto la blatta marrone sbottò:”Mi aspettavo che tu reagissi energicamente!<br />

Dopo tutto, sto parlando del tuo naturale nemico! Si tratta della lotta per la<br />

sopravvivenza!” Sempre mantenendo la calma, il piccolo felino lo corresse:”Io<br />

parlerei di convivenza!” Con aria delusa, lo scarafaggio chiese:”Vuoi dire che<br />

non assisterò mai a uno scontro diretto col tuo nemico?” Il gatto spiegò:”Né<br />

diretto né indiretto! Infatti, non vedo la ragione per provocare una zuffa”. La<br />

blatta marrone insistè:”Dunque, nessun spargimento di sangue?” “Il sangue<br />

del topolino non m’interessa!”<br />

Ma volendo salvaguardare la sua fama di cacciatore, il gatto soggiunse:”Uno<br />

scontro col mio naturale nemico, presto o tardi, potrebbe anche avvenire;<br />

però non si sa quando. Infatti, io e il topolino ci rechiamo al bidone in orari<br />

diversi, che non intendiamo cambiare; pertanto non si può prevedere alcuno<br />

scontro in tempi brevi”.<br />

Nota: c’è chi, pur ammettendo di avere molti nemici, fa il possibile per evitare<br />

scontri aperti.


FAVOLA N. 67<br />

LA VOLPE, LA MOSCA E LA SORPRESA DELLA<br />

PIANTA CARNIVORA<br />

Una volpe era in vacanza in un’isola tropicale bagnata dalle tiepide acque<br />

dell’Oceano Pacifico. E ai piedi di una gigantesca palma aveva scavato una<br />

buca che utilizzava come dimora.<br />

Di giorno, la visitatrice esplorava l’isola e incontrava i numerosi animali<br />

desiderosi di conoscerla per la sua fama. La sera, si riposava nella sua tana<br />

ammirando i languidi colori del tramonto e ascoltando l’armonioso canto<br />

degli uccelli.<br />

Qualche giorno dopo il suo arrivo, mentre il sole declinava vermiglio nella<br />

foresta, una mosca cominciò a ronzare attorno alla tana dell’astuto animale,<br />

che aprì gli occhi e disse all’insetto:”A che cosa devo l’onore della visita?” La<br />

mosca rispose:”È mia abitudine festeggiare l’arrivo di un ospite nel bosco<br />

roteandogli attorno numerose volte”. La volpe continuò:”Ti ringrazio per la<br />

tua cordiale accoglienza. Tuttavia, mi sorprende il fatto che già da una buona<br />

mezz’ora percorri circolarmente la mia dimora; ora, mi sembra che questo<br />

basti!” L’insetto se ne andò, ma ritornò la sera successiva e si mise<br />

nuovamente a roteare attorno alla tana della visitatrice.<br />

Nascondendo la sua irritazione, la volpe disse:”Quale buon vento ti porta,<br />

ancora una volta, in questa parte del bosco?” “Ti ronzo intorno per festeggiare<br />

l’apparizione della luna nuova!” In breve, ogni sera la mosca faceva visita alla<br />

volpe e le girava insistentemente attorno per celebrare eventi di natura<br />

diversa. In realtà l’insetto voleva infastidire l’astuto animale per costringerlo a<br />

lasciare la sua dimora.<br />

Quest’ultimo, avendo ben compreso le cattive intenzioni della mosca,<br />

pensò:”L’ho pregata molte volte di non farmi più visita, ma è stato inutile.<br />

D’altra parte, se la mando via malamente, per esempio dandole una zampata,<br />

gli animali del bosco diranno che contraccambio l’ospitalità che ricevo<br />

quotidianamente con l’ingratitudine. Dunque, che cosa devo fare?” Dopo aver<br />

riflettuto a lungo sotto il debole chiarore delle stelle, un’idea balenò nella sua<br />

mente.<br />

Il giorno seguente, la volpe si addentrò nei recessi del bosco e nel pomeriggio<br />

ritornò nella sua tana con una verde pianta dalle foglie formate da due lamine<br />

aperte, che si aprivano e si chiudevano come fossero il becco di un uccello.<br />

La sera, al suo arrivo, la mosca notò subito la verde pianta che cresceva nella<br />

tana a fianco della testa dell’astuto animale e chiese:”Che cos’è?” “Non<br />

conosco il suo nome. Fra le piante della foresta, questa mi è particolarmente<br />

cara, anche se non so spiegare il perché. Posso dire, comunque, che presto<br />

sorprenderà te e me e chiunque altro si troverà davanti a lei!”


Le misteriose parole pronunciate dalla visitatrice incuriosirono l’insetto, che<br />

pensò:”Appena la volpe chiuderà gli occhi, morderò la pianta per farle un<br />

dispetto. E se mi domanderà qualcosa, risponderò che è passata una zanzara”.<br />

Ma avvicinandosi alla meta ambita, la mosca ebbe un triste presentimento e si<br />

domandò:”Mi trovo forse davanti a una pianta carnivora?” Presa dall’affanno,<br />

abbandonò la tana dell’astuto animale, ripromettendosi di non ritornarci più.<br />

Nota: provocare chi è noto per la propria astuzia può rivelarsi un grave<br />

errore.


FAVOLA N. 68<br />

LA CICALA, IL SERPENTE E LO STAGNO DEL<br />

DESIDERIO<br />

Una cicala, chiaccherando con un’amica, apprese che nel cuore della foresta si<br />

trovava un fiume che sfociava nel cosiddetto ‘stagno del desiderio’. E le venne<br />

spontaneo chiedere perché si chiamava così. L’amica rispose:”Molti credono<br />

che la trasparenza delle sue acque abbia un potere magico; si dice che, se si ci<br />

specchia nello stagno esprimendo un desiderio, questo si realizza all’istante”.<br />

Il giorno dopo, mossa dalla curiosità, la cicala raggiunse da sola il luogo<br />

descritto dall’amica. Fermatasi su una striscia di sabbia priva di vegetazione,<br />

guardò sia le limpide acque sia la fitta muraglia di cespugli e di alberi che<br />

circondava lo stagno. Infine, specchiandosi, disse alle acque:”Desidero<br />

trasformarmi in serpente!” Ma la sua immagine, riflessa dalla superficie<br />

cristallina, rimase immutata.<br />

In quel momento un serpente, strisciando sulla sabbia, si avvicinò al verde<br />

insetto e domandò con aria incredula:”Vuoi diventare come me?” La cicala<br />

rispose affermativamente e precisò:”Tu sei forte!” “Tu non hai un’idea di quali<br />

sono le mie condizioni di vita sulla riva di questo stagno. Ogni giorno devo<br />

lottare per sopravvivere, fino a ridurmi, se necessario, a cibarmi di un mio<br />

simile!”<br />

Il verde insetto osservò:”Però, quando sei attaccato, puoi ben difenderti<br />

iniettando il tuo veleno!” Il serpente ribattè:”Tu non possiedi ghiandole<br />

velenifere, è vero; ma in compenso hai pochi nemici!”<br />

Assumendo un’aria riflessiva, il rettile continuò:”Francamente, ritengo che tu<br />

debba ringraziare la natura, che ti ha fatto nascere cicala. In effetti, ti nutri di<br />

semi e canti giorno e notte con le amiche nascosta nelle chiome degli alberi.<br />

Vivi in armonia con la natura in luoghi ameni che si stagliano nell’azzurro del<br />

cielo: che cosa ti aspetti ancora dalla vita?”<br />

Nota: è buona cosa accontentarsi dei talenti che la natura ci ha dato, cercando<br />

al tempo stesso di utilizzarli nel migliore dei modi.


FAVOLA N. 69<br />

LE ZANZARE, LE MOSCHE E IL CANTO DEL<br />

CUCULO<br />

In un bosco tropicale, mentre il sole tramontando diventava rosso come una<br />

palla di fuoco, un gruppo di zanzare si fermò per riposare su un canneto di<br />

bambù che limitava la piccola radura. Nello stesso tempo, anche alcune<br />

mosche si posarono sulle canne. All’improvviso, acquattato sul ramo di un<br />

albero che dominava solitario lo spazio erboso, un cuculo iniziò ad emettere il<br />

suo verso lamentoso.<br />

Al diffondersi del suono nell’aria che diventava sempre più rossa, le mosche<br />

se ne andarono, laddove le zanzare si lasciarono commuovere dall’iterazione<br />

della nota malinconica.<br />

Rivolgendosi alle compagne, una giovane zanzara disse:”Ammirate lo<br />

spettacolo del tramonto: il verso ripetuto del cuculo pare scandire il lento<br />

scolorarsi del sole. E la natura ascolta, tutta raccolta in se stessa, la nota<br />

struggente, foriera di altre voci che presto segneranno la <strong>qui</strong>ete della notte”.<br />

Un’altra zanzara, prendendo la parola, osservò:”Quando il cuculo ha iniziato a<br />

cantare, le mosche hanno abbandonato il canneto e sapete bene perché: il<br />

cuculo è un insettivoro; il suo verso triste ci fa piangere, ma il suo becco ci<br />

uccide. Nella radura siamo esposte ai suoi attacchi; perciò propongo di<br />

lasciare immediatamente il canneto!”<br />

Concluso il suo intervento, la zanzara spiccò il volo, seguita dalle compagne.<br />

Nel frattempo, altre voci di uccelli notturni si univano al canto del cuculo e le<br />

tinte cupe del cielo assorbivano gli ultimi raggi del sole. Nell’incipiente<br />

oscurità, la foresta appariva ormai una minacciosa massa di cespugli e<br />

d’alberi.<br />

Nota: è consigliabile fare il possibile per evitare d’essere coinvolti in situazioni<br />

pericolose.


FAVOLA N. 70<br />

IL FILIPPINO COUCAL, LA DIETA ALIMENTARE E<br />

LE CAROGNE DELL’ISOLA TROPICALE<br />

Un filippino coucal¹ viveva in una prateria di un’isola tropicale. E aveva<br />

nidificato nella chioma di un albero che dominava il verde paesaggio.<br />

Amante della vita comoda, il nero uccello dalle striature marrone si nutriva di<br />

ciò che trovava nei prati, cioè d’insetti e di piccole lucertole. Dopo un pasto<br />

abbondante, invece di volare sui boschi, preferiva appollaiarsi sul ramo di un<br />

albero per prendere il sole. Durante la stagione delle piogge, cessato il<br />

maltempo, si accoccolava su un cespuglio o sulla cima di una capanna di<br />

bambù per asciugarsi le piume e per digerire il cibo. Più il tempo passava, più<br />

ingrassava, sia per il cibo copioso che consumava regolarmente, sia per il fatto<br />

che volava poco.<br />

Durante la stagione delle piogge, oltre alle prede abituali il filippino coucal si<br />

metteva a cercare i vermi che spiccavano qua e là nella terra fecondata<br />

dall’acqua. Un giorno un violento tifone colpì l’isola. Placatasi la furia degli<br />

elementi, il sole riapparve nel cielo terso. Il nero uccello ebbe un’idea e la<br />

realizzò subito. Stanco di mangiare le solite cose, scavò nel terreno bagnato,<br />

trovò delle carogne, le portò in superficie e le divorò. Qualche tempo dopo,<br />

ebbe dei forti dolori di stomaco; infatti, i parassiti ingoiati assieme al cibo<br />

putrefatto gli consumavano le budella.<br />

Il nero uccello cercò di volare, ma non ci riuscì; adagiandosi nella terra molle<br />

e umida, comprese che le sue forze diminuivano di ora in ora. Infine, quando i<br />

dolori lancinanti preannunciavano la sua fine, si rese conto d’essere diventato<br />

vittima della sua stessa ingordigia.<br />

Nota: se si vuole osservare un’ e<strong>qui</strong>librata dieta alimentare, è opportuno<br />

controllare sia la quantità sia la qualità del cibo che si consuma.<br />

1. Il coucal è un uccello delle isole filippine.


FAVOLA N. 71<br />

IL GENERAL-GATTISSIMO, I GATTI RANDAGI, IL<br />

PARROCCHETTO E L’ASSALTO AI TOPI DELLA<br />

PIANTAGIONE DI BANANE<br />

Nella campagna di un paese tropicale alcuni gatti randagi si ritrovavano<br />

d’abitudine nel primo pomeriggio all’ombra di una grande palma per<br />

raccontarsi le loro vicende. E si lamentavano spesso perché la caccia di topi<br />

era molto dura.<br />

Un giorno, attraversando la campagna, un gatto paffuto dallo sguardo bieco si<br />

fermò davanti alla grande palma, incuriosito dai discorsi dei presenti. Dopo<br />

aver ascoltato attentamente i loro interventi nella discussione, prese la parola<br />

e disse:”Siete affamati e in preda alla disperazione. Io affermo che se mi<br />

seguirete, mangerete. Ma dovete riconoscermi come capo e obbedire ai miei<br />

ordini. Siete disposti a farlo?” Avendo la pancia vuota, i gatti randagi<br />

risposero con voce fioca, uno dopo l’altro:”Sì”.<br />

Il gatto paffuto continuò:”Bene! D’ora innanzi, rivolgendomi la parola, mi<br />

chiamerete General-gattissimo. Domani mi ripresenterò, vi metterò in ordine<br />

e vi inquadrerò. Poi, sotto il mio comando, assalteremo il bananeto che si<br />

trova oltre il lampione che illumina la strada. Come sapete, la piantagione di<br />

banane è popolata da numerosi topi…” Mentre il capo stimolava i convenuti a<br />

prepararsi per la battaglia, un parrocchetto, avendo capito molte cose, spiccò<br />

il volo da un ramo della grande palma e si diresse verso il bananeto.<br />

Il giorno dopo il General-gattissimo arrivò, salutò militarmente e provvide a<br />

mettere in ordine e a inquadrare i gatti randagi in una brigata. Poi la nuova<br />

formazione militare , guidata dal capo, marciò in fila indiana verso la<br />

piantagione di banane. Quando il sole era già alto, i piccoli felini raggiunsero<br />

la meta prefissata.<br />

Il General-gattissimo arrestò la brigata e disse:”Osservate il sentiero che si<br />

apre nel bananeto. Dapprima io lo percorrerò da solo, fino alla fine della<br />

piantagione. Voi, invece, nella caccia ai topi, procederete spostandovi in senso<br />

orizzontale, uno a destra e l’altro a sinistra. Infine, con le vostre prede, vi<br />

unirete a me all’estremità del sentiero!” Ricevuti gli ordini, la formazione<br />

militare intraprese la con<strong>qui</strong>sta della nuova terra.<br />

Ma, essendo stati avvisati dal parrocchetto dell’imminente pericolo, durante<br />

la notte i topi avevano abbandonato le loro dimore. E quando i gatti randagi si<br />

congiunsero col capo, non portarono con loro alcuna preda.<br />

Il General-gattissimo disse:”Se siete a mani vuote, ciò dipende dal fatto che<br />

qualcuno ha avvisato i nostri naturali nemici del nostro piano d’invasione.<br />

Proclamo, comunque, la con<strong>qui</strong>sta del bananeto! Rimanete in allerta! Presto<br />

organizzerò una nuova spedizione!”


Così i gatti randagi ritornarono, affamati più di prima, alla grande palma. E<br />

sotto l’ombra dell’albero ricco di fronde si scambiarono, per l’ultima volta,<br />

quattro chiacchere. In effetti, ogni convenuto nutriva il proposito di<br />

riprendere la propria vita, piena di stenti ma contrassegnata dalla libertà. Da<br />

quel giorno, nessun gatto randagio si fermò più davanti alla grande palma: il<br />

timore d’incontrare il General-gattissimo e di doversi sottomettere alla sua<br />

ferrea disciplina era troppo forte! Da allora, un profondo silenzio regnò<br />

attorno all’albero.<br />

Nota: quando ci sono numerosi problemi da risolvere, la vita è dura. Ma<br />

vivere senza difficoltà da affrontare può soddisfarci?


FAVOLA N. 72<br />

LA CAVALLETTA, LO SCARAFAGGIO E<br />

L’ORGOGLIO DELLA ZANZARA<br />

In una calda giornata della stagione secca una cavalletta e uno scarafaggio<br />

s’incontrarono per caso ai piedi di una palma dalle noci di cocco dorate. Dopo<br />

essersi salutati, i due insetti si riposarono all’ombra. Una zanzara che volava<br />

nelle vicinanze del grande albero li vide e si fermò per fare quattro chiacchere.<br />

Fra i tre amici si aprì una discussione sui rapporti tra il genere umano e gli<br />

insetti. Lo scarafaggio, per primo, disse:”Potete spiegarmi perché gli uomini<br />

mi detestano fino al punto d’uccidermi? Dopo tutto, nutrendomi di qualsiasi<br />

cosa pulisco l’ambiente in cui vivo, svolgendo, in forma ridotta, la stessa<br />

funzione di un bidone delle immondizie”.<br />

La cavalletta osservò:”Forse gli uomini vogliono ucciderti perché, essendo un<br />

minuscolo contenitore di rifiuti, puoi trasmettere loro ogni specie di virus”. La<br />

blatta marrone ammise:”Quello che tu affermi è vero, purtroppo!”<br />

La cavalletta proseguì:”Consolati! Se tu diffondi batteri, io sono un autentico<br />

flagello! In effetti, formo con le mie compagne degli sciami impressionanti per<br />

distruggere interi raccolti di cereali. Per questo giustifico la violenta reazione<br />

degli uomini nei nostri confronti. Ma noi locuste, più degli uomini, temiamo<br />

le faraone; come ben sai, queste ci mangiano vive!”<br />

Presa la parola, la zanzara esclamò:”La mia relazione con gli uomini è molto<br />

complessa!” Gonfiandosi d’orgoglio, si spiegò:”Voglio dire che il mio rapporto<br />

con gli uomini da una parte è negativo perché succhio loro il sangue e a volte<br />

inietto virus che causano febbri; tuttavia, al giorno d’oggi i loro effetti sono<br />

alleviati dall’uso di potenti medicinali. Ma da un’altra parte, la mia relazione<br />

col genere umano è positiva. Infatti, nelle aree del pianeta in cui noi zanzare<br />

siamo molto numerose, si costruiscono degli stabilimenti per la produzione di<br />

zanzariere. Ebbene: queste fabbriche danno lavoro a migliaia di persone!”<br />

Nota: talvolta si può incontrare chi, pur essendo consapevole di fare del male<br />

al prossimo, fa il possibile per giustificare il suo deplorevole comportamento.


FAVOLA N. 73<br />

LA VOLPE, LO SCIMPANZÈ, LE PICCOLE<br />

ANTILOPI E L’USO DELL’INTELLIGENZA<br />

Una volpe trascorreva una lunga vacanza ai tropici, incontrando animali<br />

d’ogni specie. Un giorno, addentrandosi nella foresta vide uno scimpanzè¹<br />

che, seduto ai piedi di un albero, si nutriva di una piccola antilope.<br />

Osservando la scena a distanza, l’astuto animale pensò:”Mi piacerebbe<br />

assaggiare la carne di antilope”. Senza indugiare, si mise a camminare nel<br />

bosco cercando la preda ambita; e, girando lo sguardo, notò una piccola<br />

antilope che lambiva l’acqua di uno stagno.<br />

La volpe riflettè:”Anni or sono catturai una lepre facendole mille feste. Ora<br />

voglio fare la stessa cosa”. Avvicinandosi alla preda, cominciò a saltellare<br />

facendo molte smorfie. Ma, intuendo di trovarsi di fronte a un predatore, la<br />

piccola antilope fuggì.<br />

Pur rimanendo deluso, l’astuto animale non si diede per vinto. E studiò subito<br />

un altro stratagemma. Si arrampicò su un albero fronzuto che cresceva nelle<br />

vicinanze dello stagno per aspettare il ritorno della preda. Quando questa<br />

riapparve, imitando il cane, la volpe emise un lungo bau-bau. L’udire il verso<br />

di un animale sconosciuto, anziché suscitare la curiosità, stimolò la paura<br />

della piccola antilope, che si diede nuovamente alla fuga.<br />

Constatato amaramente il fallimento dei suoi trucchi, l’astuto animale dedicò<br />

il resto della giornata all’esplorazione del bosco. E s’imbattè per la seconda<br />

volta nello scimpanzè, che si cibava di termiti estraendole da un tumulo di<br />

terra mediante un pezzo di ramo.<br />

Dopo i convenevoli, la volpe domandò:”Come fai a catturare le piccole<br />

antilopi?” La grande scimmia interruppe il suo pasto, si avvicinò a un<br />

cespuglio e prese un arnese rudimentale. Poi si sedette di fronte alla sua<br />

interlocutrice e disse:”Mi arrampico su un albero e quando scorgo la mia<br />

preda scendo immediatamente”. Mostrandole un osso spesso e appuntito alle<br />

estremità, continuò:”Corro verso la mia vittima e la colpisco più volte nella<br />

testa e nel corpo fino ad ucciderla!” Pronunciate queste parole, lo scimpanzè<br />

riprese a nutrirsi di termiti; la volpe lo ringraziò per la spiegazione, lo salutò e<br />

se ne andò.<br />

Percorrendo uno stretto sentiero, l’astuto animale si disse:”Con le mie zampe<br />

non saprei certo usare un osso o un altro strumento. Comunque, devo<br />

ammettere che l’idea dello scimpanzè di utilizzare un osso mi ha stupito:<br />

infatti, non avrei mai immaginato che una scimmia potesse avere<br />

un’intuizione di questo genere!”


Nota: quando si utilizza la propria intelligenza nel migliore dei modi, si<br />

ottengono dei buoni risultati.<br />

1. Lo scimpanzè è una scimmia dalla testa grossa e dal corpo robusto. È senza<br />

dubbio la più vivace, la più docile e la più intelligente di tutte le scimmie<br />

antropomorfe.


FAVOLA N. 74<br />

IL MARTIN PESCATORE, LA POIANA E<br />

L’IMBOSCATA DEL SERPENTE<br />

Un martin pescatore fece visita a una poiana, sua amica d’infanzia, che aveva<br />

nidificato nella chioma di un’acacia. Esauriti i convenevoli, il visitatore disse<br />

all’amica:”Ieri sera ho assistito a un fatto insolito. Mi sono appollaiato sul<br />

ramo di un albero dal tronco curvo, sulla riva dello stagno. Di fronte a me,<br />

s’innalzava un albero della stessa altezza, ma diritto. Di quando in quando,<br />

alcune raganelle saltavano dall’albero diritto verso quello in cui mi ero<br />

acquattato”.<br />

“Ebbene?” chiese la poiana, mostrando un vivace interesse per il racconto del<br />

martin pescatore, che continuò:”Ho notato che qualche raganella, saltellando,<br />

cadeva tra le felci. Ma dopo il tonfo nel vuoto, non la sentivo più gracidare”.<br />

“Che cosa era successo?” domandò la poiana con tono ansioso. “Guardando<br />

bene nel verde, ho scorto un serpente che, confondendosi tra le felci, stava in<br />

posizione eretta, ingoiando a bocca aperta le povere vittime”. “Che scena<br />

orribile!” esclamò la poiana. Il martin pescatore commentò:”Io la definisco<br />

una vera e propria imboscata! Questa sera, sarò nuovamente spettatore di<br />

questo insolito evento. Vuoi venire con me?”<br />

L’amica chiese:”Non provi pena per le raganelle?” Il visitatore<br />

replicò:”Certamente! Ma io assisto al fatto semplicemente per osservare lo<br />

svolgersi della vita della natura”.<br />

La poiana disse:”Questa sera volevo ammirare il tramonto del sole dalla<br />

collina che s’innalza gradualmente sui palmeti. Tuttavia, verrò per farti<br />

compagnia, anche se ti dico apertamente che l’imboscata del serpente mi fa<br />

ribrezzo!”<br />

Il martin pescatore ribattè:”Se questo strano evento ti disgusta, non venire.<br />

Goditi tran<strong>qui</strong>llamente lo spettacolo del calare del sole. Quando ci rivedremo,<br />

tu me lo descriverai. Io prenderò nota dei particolari relativi alla crudele<br />

scena di cui sarò testimone e te li riferirò puntualmente”. Detto questo, il<br />

martin pescatore si congedò dalla poiana per dedicarsi alla sua attività di<br />

caccia.<br />

Nota: vale la pena di assistere ad eventi per cui si sa già di provare un<br />

sentimento di avversione o di ribrezzo?


FAVOLA N. 75<br />

IL CORVO E LO STRUZZO ALLA RICERCA DI UN<br />

TRONO<br />

Nella savana bruciata dal sole, uno struzzo viveva in un branco composto di<br />

zebre e antilopi. Un giorno, osservando alcuni uccelli appollaiati sul ramo di<br />

un albero, pensò:”Io sono il più grande volatile vivente; perciò potrei farmi<br />

riconoscere ‘re degli uccelli’. Se diventassi un monarca, la mia vita<br />

cambierebbe completamente!”<br />

Per mettere in atto il suo piano, lasciò subito il branco cui apparteneva per<br />

inoltrarsi nel bosco. Dopo mezz’ora di volo, si fermò in una radura per<br />

riposarsi. Accoccolatosi sul ramo di un baobab, vide un corvo che cercava cibo<br />

smuovendo la terra con le zampe.<br />

Lo struzzo gli si avvicinò e disse:”Essendo il più grande volatile vivente, ti<br />

chiedo di riconoscermi ‘re degli uccelli’” Il corvo domandò incuriosito:”Che<br />

cosa otterrei in cambio? La tua protezione?” L’aspirante monarca replicò con<br />

tono perentorio:”Assolutamente no! Tu stesso provvederai a difenderti dai<br />

tuoi nemici. Tuttavia, potresti far parte di un picchetto d’onore al mio<br />

servizio”.<br />

Il corvo ringraziò lo struzzo per l’offerta, sottolineando il suo rifiuto con<br />

queste parole:”Non abbasso il mio becco al suolo per accettare la tua<br />

sovranità; mi piego a terra solamente per cercare delle carogne”. Detto<br />

questo, il nero uccello riprese la sua attività mentre lo struzzo spiccava il volo<br />

verso la zona più arida della savana.<br />

Nota: i governanti e le pubbliche autorità hanno il compito di tutelare i diritti<br />

dei cittadini.


FAVOLA N. 76<br />

IL CARIBÙ, IL BUCERO BICORNE E LA PULIZIA<br />

DEL BOSCO<br />

Un caribù percorreva il sentiero principale di un palmeto. Avendo un forte<br />

mal di stomaco, si arrestò per deporre gli escrementi; poi riprese a marciare.<br />

Accoccolato sul ramo di una palma, un bucero bicorne aveva assistito alla<br />

scena. E pensò:”Da giorni cerco fango e argilla per murare il nido in cui la mia<br />

compagna presto coverà le uova. Poiché stento a trovare entrambi, posso<br />

continuare il mio lavoro di costruzione servendomi dello sterco di caribù”. E,<br />

passando dalle parole ai fatti, scese a terra.<br />

Nel frattempo, ritornato alla stalla, il caribù si disse con tono dispiaciuto:”Ho<br />

sporcato il bosco!” E, provando un senso di colpa, ritornò indietro per pulire il<br />

sentiero. Tuttavia, osservando il bucero bicorne trasportare dei frammenti di<br />

sterco nel suo nido, il nero bove esclamò con aria soddisfatta:”Per fortuna, i<br />

miei escrementi servono a qualcuno!” Infine, si girò e riprese il cammino<br />

verso la sua dimora.<br />

Nota: quello che avviene nel mondo della natura ci stupisce sempre?


FAVOLA N. 77<br />

IL GHEPARDO, L’AMICIZIA DELLE GAZZELLE E I<br />

PERICOLI DELLA SAVANA<br />

Due gazzelle che si conoscevano sin dall’infanzia erano diventate molto<br />

amiche. Pur frequentando un branco di coetanee che comprendeva anche<br />

degli struzzi, spesso si mettevano in disparte per fare quattro chiacchere sui<br />

più svariati argomenti.<br />

Una mattina, le due amiche si trovavano acquattate presso un albero basso<br />

circondato da folti cespugli ingialliti che si profilavano disuguali nell’azzurro<br />

del cielo. Volgendo lo sguardo all’orizzonte, in cui si smorzava il tenue canto<br />

degli uccelli, la più robusta delle due osservò:”È triste pensare che, in questo<br />

affascinante scenario dominato dalla bellezza di una natura incontaminata,<br />

rischiamo la nostra vita ogni giorno a causa dei grandi predatori”.<br />

L’amica rispose:”Le cose stanno proprio così. Lo sai che il ghepardo, vale a<br />

dire il più veloce dei mammiferi, può raggiungere una velocità di 115 km<br />

all’ora?” La gazzella più robusta annuì ed aggiunse:”Nel nostro mondo<br />

contrassegnato dalla violenza è fondamentale farsi coraggio l’un l’altra e<br />

credere nell’amicizia”.<br />

L’amica, muovendo anche lei lo sguardo verso l’orizzonte vide un ghepardo<br />

fare capolino e impallidì. Ma si riprese in un istante ed esclamò:”Un<br />

ghepardo!” Sforzandosi di rimanere calma, continuò:”Non perdiamoci<br />

d’animo. Il nostro nemico è ancora lontano, ed è noto che può mantenere la<br />

sua velocità di 115 km orari solo per un percorso di 200 o di 250 metri al<br />

massimo”.<br />

Mentre la figura del predatore, avvicinandosi, si delineava con contorni nitidi,<br />

la gazzella più robusta assunse uno sguardo gelido e calcolatore. Rivolgendosi<br />

all’amica, disse:”A me non interessa sapere per quanto tempo il ghepardo<br />

mantiene la sua velocità ordinaria. In questo momento, quello che mi preme è<br />

correre più velocemente di te!” Quindi, fuggì alla disperata.<br />

L’amica, stordita dalle inattese frasi pronunciate dalla compagna, restò<br />

immobile per qualche istante. Poi iniziò a percorrere il sentiero appena<br />

battuto dalla compagna. Nel frattempo, avendo individuato le due prede, il<br />

ghepardo si lanciò all’inseguimento. E, raggiunta la gazzella che era rimasta<br />

indietro, le si avventò contro e la divorò.<br />

Nota: certe situazioni pericolose possono mettere in crisi amicizie consolidate<br />

da lungo tempo?


FAVOLA N. 78<br />

I TOPI DEL BANANETO E L’INIMICIZIA TRA CANI<br />

E GATTI<br />

Un bananeto era diviso nettamente in due da uno stretto canale che, sovente,<br />

durante la stagione delle piogge si riempiva d’acqua. Nel periodo della<br />

stagione secca il piccolo corso d’acqua, col suo letto prosciugato, stabiliva una<br />

sorta di confine naturale fra le due parti della piantagione, abitate<br />

rispettivamente da un gruppo di gatti e da uno di cani.<br />

I piccoli felini vivevano indisturbati nella loro area cacciando topi; pur<br />

dimorando nella loro zona, i cani giravano per la campagna alla ricerca di<br />

prede. Presto i gatti, essendo numerosi, finirono col doversi spartire<br />

quotidianamente, sia pure a malincuore, i topi catturati nella loro area.<br />

Un giorno un gatto bianco con delle macchie gialle attraversò lo stretto canale<br />

che tagliava in due il bananeto e incontrò un cane nero, che aveva la sua<br />

stessa altezza. In breve tempo fra i due si sviluppò una sincera e disinteressata<br />

amicizia.<br />

Nel corso di una lunga conversazione il piccolo felino, assumendo un<br />

atteggiamento pensoso, disse all’amico:”Mi domando perché cani e gatti sono<br />

nemici da tempo immemorabile”. Il cane nero replicò affermando che<br />

neanche lui sapeva spiegarsi perché.<br />

Un giorno, mentre i due percorrevano un sentiero della piantagione, il cane<br />

nero scorse un topo che si nascondeva dietro un banano. In un istante gli si<br />

avventò contro e, dopo averlo ridotto a pezzi, lo consegnò al gatto che divorò<br />

la preda senza battere ciglio. La notizia della buona relazione d’amicizia fra i<br />

due si diffuse in tutto il bananeto.<br />

Ciò indusse il piccolo felino a chiedere all’amico il permesso di cacciare topi<br />

nell’area abitata dai cani. Il cane nero girò la richiesta agli altri componenti<br />

del suo gruppo. Questi ultimi, non nutrendosi di topi, espressero un parere<br />

affermativo. Da quel giorno alcuni gatti furono autorizzati a cacciare nella<br />

zona dei loro vicini. Una sera, prima dell’imbrunire, il gatto bianco striato di<br />

giallo disse con aria soddisfatta agli anziani del suo gruppo:”La mia amicizia<br />

col cane nero mette in discussione la secolare diffidenza esistente tra cani e<br />

gatti!”<br />

Ma gli astanti replicarono con pacatezza:”Prendiamo atto dei tuoi buoni<br />

rapporti con i cani. Ma noi abbiamo appreso con dispiacere che, pochi giorni<br />

or sono, in una nazione europea, alcuni gatti sono stati ridotti a brandelli da


una muta di cani, senza alcuna ragione. In conclusione: per noi i cani sono<br />

sempre cani!”<br />

Nota: è auspicabile che le nostre opinioni e i nostri giudizi siano sottoposti a<br />

verifiche periodiche.


FAVOLA N. 79<br />

LA ZANZARA, LA FORMICA E LA ‘PICCOLA FIERA<br />

DELLA VANITÀ’<br />

In una giornata molto calda una zanzara si posò ai piedi di un banano per<br />

chiaccherare con una formica. Rivolgendosi alla sua interlocutrice,<br />

disse:”Diffondendo un calore eccessivo, il sole zenitale intende dare un segno<br />

della sua forza al mondo intero. Ma se lui è potente nel cielo e nella terra,<br />

anch’io, nei limitati spazi in cui vivo, sono forte. Infatti, quando pungo<br />

succhio il sangue e, di conseguenza, infastidisco chi subisce la mia puntura”.<br />

Avendo riflettuto per qualche istante, la formica replicò:”Io pungo, ma solo in<br />

casi particolari; per esempio, quando mi difendo, oppure se sono presa dalla<br />

paura”. La zanzara osservò:”Fai bene a difenderti pungendo. Tuttavia, devi<br />

ammettere che c’è una differenza notevole tra gli effetti della mia puntura e<br />

quelli del tuo morso!” La formica diede ragione alla zanzara che, poco dopo, la<br />

salutò andandosene soddisfatta.<br />

Rimasta sola, la formica riflettè:”Ognuno di noi ha dei motivi per vantarsi. Ma<br />

è altrettanto vero che ciascuno di noi ha pure dei difetti di cui lamentarsi. Per<br />

esempio, io posso pregiarmi per la mia capacità di portare carichi superiori<br />

cinquanta volte il mio peso. Ma se avessi continuato con la zanzara il discorso<br />

delle cose di cui fregiarsi, la nostra conversazione sarebbe diventata una<br />

‘piccola fiera della vanità’. Per questo ho voluto accorciare il nostro dialogo.<br />

Ora preferisco impiegare le mie forze per raccogliere il cibo quotidiano.<br />

D’altra parte, so bene che il tempo per affrontare il tema della vanità si trova<br />

sempre!”<br />

Nota: se svolgiamo le nostre attività quotidiane avvalendoci della nostra<br />

intelligenza, diligenza, umiltà, pazienza e costanza, alla fine della giornata ci<br />

sentiamo stanchi ma soddisfatti.


FAVOLA N. 80<br />

IL MARTIN PESCATORE, L’AIRONE-GUARDABUOI<br />

E GLI ‘OCCHI’ DEL PAVONE<br />

Un pavone dalle piume multicolori aveva l’abitudine di fare la ruota ai piedi di<br />

una grande palma che si ergeva sulla riva di un sinuoso corso d’acqua. Fra i<br />

suoi numerosi spettatori, per la maggior parte pennuti, si contava anche un<br />

martin pescatore che, un giorno, si trovò un airone-guardabuoi al suo fianco.<br />

Durante lo svolgimento dello spettacolo, rivolgendosi al martin pescatore,<br />

l’airone-guardabuoi esclamò:”La ruota violacea del pavone, con i suoi punti<br />

neri che sembrano grandi occhi, è stupenda!”<br />

Il martin pescatore, che provava una forte invidia per il vanitoso uccello,<br />

ammise a malincuore:”È vero. Ma è altrettanto vero che sia il mio piumaggio,<br />

sia il tuo, possono essere ammirati per la loro bellezza; tuttavia, nessuno dei<br />

presenti ci guarda”. L’airone-guardabuoi constatò con amarezza:”Il fatto è che<br />

noi non abbiamo la ruota”.<br />

Poi il martin pescatore invitò il suo interlocutore a spostarsi per osservare lo<br />

spettacolo da un’altra posizione. Quando entrambi si trovarono dietro il<br />

vanitoso uccello, il martin pescatore disse:”Guarda: il pavone fa la ruota<br />

completa innalzando le penne che sfiorano il terreno. La sua esibizione è al<br />

massimo grado, ma in tal modo mette in mostra il sedere!” Infine, livido<br />

d’invidia per il crescente afflusso degli spettatori, salutò l’airone-guardabuoi e<br />

spiccò il volo.<br />

Nota: l’invidia si può esternare in espressioni piene di veleno?


FAVOLA N. 81<br />

L’USIGNOLO D’ORIENTE, IL LUPO E LA<br />

SCOMPARSA DEI CAPRETTI NERI<br />

Proveniente dall’Europa, un lupo era approdato in un’isola lussureggiante<br />

dell’arcipelago filippino. Dopo essersi riposato su una bianca spiaggia,<br />

avviandosi verso il palmeto s’imbattè in un usignolo d’oriente.<br />

Esauriti i convenevoli, fra i due si sviluppò una conversazione incentrata sulla<br />

bellezza dell’isola. Il visitatore disse:”Da giovane ero carnivoro, ma ora sono<br />

vegetariano; perciò mi sarà facile trovare cibo in questa fertile terra”.<br />

L’usignolo d’oriente rimase colpito dai fini lineamenti del lupo, dalla sua<br />

pelliccia grigia e dai suoi discorsi che rivelavano una grande saggezza e un<br />

profondo interesse per la natura.<br />

Qualche giorno dopo, una poiana e un martin pescatore informarono<br />

l’usignolo d’oriente, loro amico, che nel palmeto si era consumata una strage<br />

di capretti neri, sottolineando il fatto che il nuovo arrivato era ritenuto da più<br />

parti colpevole dell’accaduto.<br />

Il piccolo uccello rispose:”Non credo che il lupo sia responsabile della<br />

carneficina di cui mi parlate. Infatti, recentemente mi ha confidato di essere<br />

vegetariano”. Proponendosi di fargli cambiare idea, la poiana e il martin<br />

pescatore lo invitarono a raggiungere la radura in cui si trovavano i resti delle<br />

povere vittime, ma l’usignolo d’oriente replicò:”Penso che i frammenti di<br />

pelliccia dei capretti siano stati portati casualmente dal vento; perciò è inutile<br />

che io visiti il luogo in cui si ipotizza che sia avvenuto il crimine”.<br />

Passata una settimana, la poiana e il martin pescatore ritornarono dal loro<br />

amico e gli riferirono che un altro branco di capretti neri era scomparso nel<br />

nulla.<br />

Il piccolo uccello osservò:”Ritenete che il lupo sia l’artefice di questa nuova<br />

strage? Io sono del parere che i capretti neri si siano trasferiti in un altro<br />

bosco”.<br />

Ma, contrariamente alle sue previsioni, era proprio il lupo che, dopo aver<br />

perpetrato la seconda carneficina senza lasciare traccia, aveva abbandonato il<br />

palmeto per raggiungere a nuoto un’isola vicina.<br />

Da quel giorno, molti abitatori del bosco ripeterono all’usignolo d’oriente<br />

d’aver visto più volte il lupo adocchiare i capretti un po’ ovunque, ma nessuno<br />

di loro era riuscito a fargli cambiare idea.<br />

Così l’usignolo d’oriente fino alla fine della sua vita rimase convinto che un<br />

animale dotato di una sottile intelligenza come il lupo non potesse<br />

commettere alcun genere di misfatti!<br />

Nota: è assurdo negare l’evidenza dei fatti.


FAVOLA N. 82<br />

IL CORVO, IL MUSSENDA DALLE FOGLIE<br />

SANGUIGNE E LE ESIBIZIONI DEL PAVONE<br />

Un pavone esibiva quotidianamente la ruota nella radura di un bananeto sul<br />

far della sera. La regolarità dei suoi spettacoli e il suo grande impegno<br />

artistico gli procurarono un vasto pubblico, composto di uccelli e di piccoli<br />

animali d’ogni specie.<br />

Un giorno la sua esibizione fu interrotta dall’improvviso arrivo del padrone<br />

della piantagione. Tutti gli spettatori fuggirono spaventati; solo il corvo<br />

rimase ai piedi di un banano ad osservare ciò che avveniva. In un attimo,<br />

l’uomo prese il pavone per il collo e lo strozzò. Poi lo stese a terra e gli strappò<br />

le piume ad una ad una.<br />

Guardando la triste scena e rivolgendosi mentalmente ai miseri resti del<br />

vanitoso uccello, il corvo disse:”Povero pavone! Se tu fossi nato mussenda<br />

dalle foglie sanguigne nella fitta foresta tropicale, saresti ancora vivo. In<br />

effetti, nessuno si avvicina ai cespugli dei mussenda per raccogliere foglie che<br />

fanno pensare al colore del sangue! Purtroppo, hai avuto la sfortuna di<br />

nascere pavone!”<br />

Preparandosi a riprendere il volo, il corvo pensò compiaciuto:”Una cosa è<br />

certa: nessuno mi ucciderà per raccogliere le mie penne. Infatti, chi desidera<br />

avere un piumino nero che induce a riflettere sulla morte?”<br />

Nota: gli animali che hanno un piumaggio superbo rischiano di fare una<br />

misera fine?


FAVOLA N. 83<br />

LA TIGRE E IL CORNO DEL RINOCERONTE<br />

Nel cuore della foresta tropicale, una tigre affamata percorreva un sentiero<br />

che fiancheggiava un canneto. Improvvisamente, dal senso opposto di marcia<br />

apparve un rinoceronte. Le due bestie feroci si studiarono per qualche istante.<br />

La tigre pensò:”Il mio avversario è molto più forte di me. Ma ora è troppo<br />

tardi per fuggire!” Nel tentativo di salvarsi, il grande felino decise di usare<br />

l’arma del sarcasmo. Lanciando uno sguardo sprezzante e caustico, disse al<br />

pachiderma:”Col tuo corno diritto, fai veramente ridere. Forse sarebbe meglio<br />

che ti nascondessi nel canneto”.<br />

Con tali espressioni volgari, la tigre sperava che il rinoceronte, sentendosi<br />

umiliato e offeso, cambiasse la direzione di marcia e se ne tornasse indietro.<br />

Ma, al contrario, le sue sferzanti parole stimolarono la rabbia del grosso<br />

mammifero, che immediatamente col corno colpì la tigre nel muso e nel petto.<br />

Mentre il grande felino si dibatteva ansando nella speranza di raccogliere le<br />

sue ultime forze, il rinoceronte lo colpì ancora nel petto e nel ventre,<br />

lacerandolo orribilmente. Infine, lo pestò dalla testa ai piedi trasformandolo<br />

in una massa di carni sanguinanti e di ossa spezzate. Così la tigre morì, in<br />

preda a terribili sofferenze.<br />

Pur essendo affamato, il pachiderma rinunciò a nutrirsi della carne della sua<br />

vittima. Infatti, le offese ricevute gli avevano fatto passare l’appetito. Preferì<br />

andarsene, lasciando la carogna ridotta a pezzi in pasto ai corvi.<br />

Nota: è giusto umiliare i propri avversari?


FAVOLA N. 84<br />

IL CINGHIALE, LA PERLA, IL PESCATORE E I<br />

DANNI DEL TIFONE<br />

In una notte senza stelle un tifone si abbattè su un’isola tropicale. Un vento<br />

impetuoso sferzò i boschi e una pioggia torrenziale inondò pianure e colline. Il<br />

mattino seguente, il sole tornò a risplendere nell’azzurro.<br />

Dopo aver trascorso la notte in una capanna abbandonata, un cinghiale uscì<br />

alla ricerca di cibo. Mentre percorreva il sentiero che s’addentrava nel<br />

palmeto, vide una perla brillare nel fango.<br />

Le si avvicinò pensando:”Spesso ho desiderato possedere oggetti preziosi per<br />

abbellire la mia dimora. Ma ora, avendo una gran fame, scambierei volentieri<br />

questa perla con un casco di banane”.<br />

Assumendo un’aria riflessiva, il mammifero proseguì il monologo:”Tuttavia<br />

mi rendo conto che anche i miei amici fanno il possibile per procurarsi del<br />

cibo; perciò nessuno di loro è disposto a barattare, ad esempio, una perla con<br />

della frutta”.<br />

Mentre era preso da queste considerazioni, un pescatore arrivò dal senso<br />

opposto di marcia, raccolse la perla, si girò e riprese il cammino. Il cinghiale<br />

esclamò:”La perla è ritornata nelle mani del suo padrone!”<br />

Infine, volgendo lo sguardo sul bordo destro del sentiero, notò con<br />

soddisfazione una gradita sorpresa. Muovendosi sorridendo verso una noce di<br />

cocco caduta a terra per la pioggia, si disse compiaciuto:”Adesso voglio ben<br />

utilizzare i miei denti canini conformati a zanna!”<br />

Nota: le perle, le pietre preziose e i metalli nobili non riempiono lo stomaco.


FAVOLA N. 85<br />

IL RATTO DALLA MACCHIA BIANCA, IL CANNETO<br />

RECINTATO E LA FORESTA TROPICALE<br />

Un gruppo di ratti viveva in una piantagione di canna da zucchero di forma<br />

rettangolare recintata da una fitta rete metallica che, essendo alta e ricoperta<br />

in cima dal filo spinato, impediva agli animali selvatici d’entrare. Tuttavia, i<br />

piccoli roditori dovevano ben guardarsi dal limitato numero di serpenti che<br />

dimoravano tra le canne.<br />

Un giorno un giovane ratto che si distingueva dagli altri per avere una<br />

macchia bianca sulla fronte, chiese udienza al capo della comunità. Durante il<br />

collo<strong>qui</strong>o espresse il desiderio di lasciare la piantagione in cui, a suo parere, si<br />

viveva una vita monotona basata essenzialmente sul consumo di foglie di<br />

canna da zucchero.<br />

Il responsabile della comunità gli diede ragione, ma precisò:”Nel complesso,<br />

ci riteniamo fortunati. Infatti, il cibo è sufficiente per tutti. Dobbiamo<br />

comunque temere i pochi serpenti che si trovano nel canneto”. Mosso dalla<br />

curiosità di esplorare la foresta, il ratto dalla macchia bianca non ascoltò i<br />

consigli di coloro che lo invitavano a rimanere nella piantagione.<br />

Il giorno dopo il giovane avventuriero partì e s’inoltrò nei boschi<br />

lussureggianti, in cui iniziò a nutrirsi d’ogni sorta di sementi. Presto si rese<br />

conto che la sua incolumità era minacciata dai gatti selvatici, da numerosi<br />

rettili e da uccelli di grande taglia. Il piccolo roditore visse un anno nella<br />

foresta.<br />

Un giorno, stanco delle continue insidie dei suoi nemici, decise di ritornare<br />

nel canneto. Si mise in viaggio e, giunto a destinazione, incontrò i suoi amici<br />

che lo accolsero tiepidamente, dimostrando un modesto interesse per le sue<br />

avventure.<br />

Ottenuta udienza dal capo della comunità, il giovane avventuriero incentrò la<br />

conversazione sui numerosi pericoli che lo avevano indotto a ritornare a casa.<br />

Il responsabile della comunità disse:”Durante la tua assenza i tuoi amici<br />

hanno occupato l’area del canneto in cui consumavi i pasti. Inoltre, in questo<br />

periodo siamo aumentati paurosamente, mentre le canne delle cui foglie ci<br />

nutriamo sono sempre le stesse. In breve: non c’è più posto per te. In ogni<br />

caso, mi riprometto di compilare una ‘lista d’attesa’ in cui possono iscriversi<br />

coloro che desiderano essere riammessi nel canneto. Ebbene, tu sarai il primo<br />

iscritto. Se uno di noi se ne andrà o morirà, tu avrai diritto a prendere il suo<br />

posto; perciò ti prego di ritornare fra tre mesi per verificare se ci saranno dei<br />

cambiamenti”.<br />

Dopo aver ringraziato il capo per avergli dato udienza, il ratto dalla macchia<br />

bianca lasciò definitivamente il luogo natìo dicendosi:”Mi conviene percorrere<br />

sino alla fine la strada intrapresa un anno fa! Dopo tutto, vivere all’aria aperta


nei boschi ha un fascino incredibile! Ed io sento di avere la forza e<br />

l’entusiasmo sufficienti per ritagliarmi uno spazio di vita in una nuova terra!”<br />

Nota: con le buone intenzioni, con la forza e con l’entusiasmo, si possono<br />

affrontare nuove imprese?


FAVOLA N. 86<br />

IL CAMMELLO, IL DROMEDARIO, LA VACCA E IL<br />

MIRAGGIO DEL DESERTO<br />

Un cammello e un dromedario appartenevano a una piccola tribù di nomadi<br />

che si spostava sovente da una zona all’altra del deserto, accampandosi nelle<br />

oasi che lo punteggiavano.<br />

I due mammiferi, accomunati dal mantello color fulvo uniforme, erano amici<br />

sin dall’infanzia. Quando i nomadi piantavano le tende, i due quadrupedi<br />

erano lasciati liberi di muoversi nelle vicinanze dell’accampamento.<br />

Una sera, alle ultime luci del crepuscolo, un triste spettacolo si presentò ai<br />

loro occhi. Mentre marciavano sulla pista carovaniera che percorreva<br />

l’immensa distesa di sabbia, il cammello indicò al dromedario, nei pressi di<br />

un cactus, lo scheletro di un grosso animale.<br />

I due mammiferi si avvicinarono alla carcassa e guardandola attentamente il<br />

cammello disse:”Dev’essere lo scheletro di una mucca”. Il dromedario rispose<br />

con tono seccato:”Perché ci fermiamo davanti a delle ossa corrotte e<br />

ripugnanti?”<br />

Il cammello osservò pacatamente:”Ciò che è putrido non dovrebbe<br />

spaventarci!” Ed aggiunse:”La dentatura della vacca è ancora candida e<br />

splendente. Ed è rimasta aperta. Forse il povero bove, in fin di vita per la<br />

grande sete, aveva avuto un miraggio: un pozzo gli era apparso fra le dune di<br />

sabbia. In quel momento ha abbozzato un sorriso e la sua dentatura si è<br />

aperta. Infine, privo di forze, è stramazzato al suolo”.<br />

Presi da una profonda tristezza, i due amici lasciarono il luogo in cui<br />

giacevano i miseri resti della vacca, ciascuno assorto nei propri pensieri.<br />

Ritornati nell’accampamento, prima di dormire il cammello osservò con<br />

attenzione le sue gibbosità, e il dromedario cercò di toccarsi con la coda la sua<br />

gobba. Ed entrambi ringraziarono il buon Dio per averli provvisti delle<br />

gibbosità in cui si conserva il prezioso elemento dell’acqua.<br />

Nota: quando ci confrontiamo con chi non ha le nostre qualità e i nostri<br />

talenti, ci rendiamo conto, per contrasto, di quanto siamo fortunati?


FAVOLA N. 87<br />

LA FARFALLA GIALLA E IL SOLE DEI TROPICI<br />

In un bananeto rallegrato dal canto mattutino degli uccelli, una farfalla gialla<br />

volteggiava solitaria nell’azzurro. Lentamente il sole si alzava nel cielo e la<br />

temperatura aumentava.<br />

Per concedersi una pausa, la farfalla si posò sul ramo di un banano e iniziò a<br />

guardare attentamente il sole. Poi, immaginando di dialogare con lui,<br />

disse:”Io sono piccola e tu sei grande. Ma, pur essendo minuscola, volo<br />

disegnando nell’azzurro ricami di straordinaria finezza, mentre tu sei potente<br />

ma immobile”. Infine riprese a roteare soddisfatta, sentendosi in qualche<br />

modo superiore al sole.<br />

Quest’ultimo, pur essendo consapevole che la sua voce si perdeva<br />

nell’immensità del cielo, le rispose bonariamente:”Io sono fermo; tuttavia i<br />

miei raggi si diffondono a una velocità di trecentomila km. al secondo: ti pare<br />

poco?”<br />

Nota: se si dispone d’informazioni insufficienti per valutare una persona, un<br />

avvenimento o una situazione, si rischia di esprimere un giudizio superficiale<br />

e sbagliato.


FAVOLA N. 88<br />

LO SCIMPANZÈ, IL COLIBRÌ, GLI UCCELLI DI<br />

GRANDE TAGLIA E LA SICCITÀ DEL BOSCO<br />

In un palmeto, uno scimpanzè e un colibrì si frequentavano da molto tempo.<br />

Ogni giorno l’uccellino raggiungeva la palma, dimora del suo amico, e gli<br />

riferiva le ultime notizie della vita del bosco.<br />

In una mattina ventosa il colibrì disse al suo amico:”Sai bene che non piove da<br />

mesi. Per sensibilizzare gli abitanti del bosco sui danni derivanti dalla<br />

mancanza d’acqua, il pavone ha iniziato oggi lo sciopero della fame, esibendo<br />

la ruota nel sentiero principale del palmeto”.<br />

Abbozzando un sorriso, la scimmia antropomorfa rispose:”Mostrandosi nel<br />

sentiero che percorre il bosco, ancora una volta il pavone è riuscito a<br />

richiamare l’attenzione su di sé”. Il colibrì riprese:”Quando si è diffusa la<br />

notizia di questo avvenimento, per essere solidale col pavone, il rospo ha<br />

iniziato lo sciopero della sete”.<br />

Lo scimpanzè replicò sarcastico:”Il rospo ha proprio bisogno di astenersi<br />

dall’acqua per sgonfiarsi!” Il colibrì proseguì:”Infine, il bradipo tridattilo…”<br />

“Chi è?” L’uccellino spiegò:”È quel mammifero sdentato con testa piccola e<br />

rotonda e pelame verdastro che vive nei recessi del bosco”. “Ora mi ricordo di<br />

lui” Il colibrì esclamò con aria divertita:”Ebbene, il bradipo tridattilo ha<br />

iniziato lo sciopero dell’immobilità!”<br />

Il suo amico si mise a ridere a crepapelle e si giustificò:”Sono esploso in una<br />

fragorosa risata considerando il fatto che questo mammifero è per sua natura<br />

molto lento. Perciò, il passaggio dalla lentezza all’immobilità non è stato<br />

certamente un trauma per lui”.<br />

Assumendo un’aria riflessiva, lo scimpanzè osservò:”Si può lottare<br />

efficacemente contro la siccità. Domani, ritorna a visitarmi con gli uccelli di<br />

grande taglia che dimorano nel bosco”.<br />

Il giorno dopo la scimmia antropomorfa condusse al fiume il colibrì e gli altri<br />

uccelli che si erano messi a sua disposizione. Il gruppo di volontari raggiunse<br />

il ponticello di legno che attraversava il corso d’acqua da tempo prosciugato<br />

dalla siccità.<br />

Lo scimpanzè si mise a scavare con i suoi arti prensili sotto il ponticello,<br />

mentre gli uccelli provvedevano a spostare col becco le zolle di terra da lui<br />

smosse. Dopo aver lavorato per ore, i volontari trovarono una vena d’acqua<br />

che zampillò improvvisamente dalla terra. E tutti bevvero velocemente<br />

l’acqua, contenti e soddisfatti.<br />

Nota: per cambiare le cose, le proteste per una situazione o un fatto ritenuti<br />

ingiusti dovrebbero essere accompagnate da ragionevoli proposte.


FAVOLA N. 89<br />

IL SERPENTE E LE PRETESE DEL GATTO DI<br />

SANGUE BLU<br />

Un serpente incontrò un gatto sulla riva di un fiume e lo invitò a cena.<br />

Attraversando il canneto di bambù, il rettile disse:”È in nome del nostro<br />

comune nemico, cioè il topo, che sarei lieto di averti come ospite”.<br />

Il piccolo felino replicò con tono sprezzante:”Io, che discendo dal leone, io,<br />

che sono di nobili origini dovrei abbassarmi a cenare con te che da tempo<br />

immemorabile strisci sulla terra? Avrei bisogno di tempo per riflettere su ciò<br />

che sto facendo!”<br />

Sentendosi umiliato e offeso, il serpente ritirò l’invito e riprese il cammino da<br />

solo. Fiero delle sue origini aristocratiche, il gatto dedicava poco tempo alla<br />

caccia, quasi fosse in attesa che i topi gli si offrissero volontariamente. Da<br />

parte sua il serpente, orgoglioso delle sue origini modeste, cacciava giorno e<br />

notte riuscendo sempre a soddisfare il suo appetito.<br />

Col passare del tempo, il piccolo felino dimagriva e impigriva, mentre il rettile<br />

continuava a vivere una vita regolare in cui alternava il lavoro al riposo. Un<br />

anno dopo il loro incontro, ormai magro come uno stecco, lentamente il gatto<br />

moriva di fame, continuando tuttavia a vantarsi del sangue blu che gli<br />

scorreva nelle vene.<br />

In un giorno di marzo dominato da un sole impietoso, ormai privo di forze il<br />

piccolo felino spirò ai piedi di un’alta pianta di bambù, tra l’indifferenza<br />

generale degli insetti che volavano nel canneto.<br />

Nota: per soddisfare i propri bisogni e le proprie esigenze, è necessario<br />

lavorare.


FAVOLA N. 90<br />

LA ROSA SUPERBA, IL VENTO E LA POTENZA<br />

DELLA LUNA<br />

Una rosa selvatica di rara bellezza cresceva solitaria tra i rovi del bosco. In<br />

una fresca sera di maggio, sentendosi più superba del solito per la delicatezza<br />

dei suoi petali e volendo inveire contro qualcuno, si rivolse alla luna e<br />

disse:”Che cosa fai lassù? Se tu non m’illuminassi con la tua luce argentea,<br />

beneficerei del chiarore delle stelle; <strong>qui</strong>ndi, la tua presenza non è<br />

indispensabile”.<br />

Il satellite della terra guardò dall’alto il fiore assumendo un’espressione<br />

misteriosa. La rosa proseguì caustica il monologo:”Sei arida e sterile: infatti<br />

non si trova né aria né acqua nelle tue terre; insomma non c’è vita in te!” E la<br />

luna continuava a guardarla divenendo sempre più enigmatica.<br />

Il superbo fiore concluse sardonico:”Mi piacerebbe che un asteroide vagante<br />

nello spazio ti colpisse in pieno: così la tua gloriosa morte sarebbe un<br />

avvenimento spettacolare per l’intero universo!”<br />

Profondamente offesa, la luna abbassò il capo e fece dall’alto un cenno al<br />

vento che lambiva la terra, avvolta nel grande silenzio della notte. Nel<br />

frattempo una talpa, involontaria alleata della luna e del vento, iniziava a<br />

scavare sotto i rovi smuovendo le radici del fiore, mentre il vento cominciava<br />

a sibilare emettendo raffiche violente.<br />

In breve le folate senza sosta alterarono l’aspetto del bosco scuotendo alberi,<br />

cespugli, rovi e sradicando il fiore selvatico, che fu trasportato in una terra<br />

arida e desolata. Prosciugato e rinsecchito dal vento e dal caldo, col passare<br />

degli anni il fiore superbo diventò la rosa del deserto.<br />

Nota: l’intero universo merita il nostro interesse e il nostro rispetto.


FAVOLA N. 91<br />

IL PASSERO E LA BRICIOLA GIGANTE<br />

Volando su un prato verde circondato da palme maestose, un passero vide un<br />

pezzo di pane sbriciolato. Si fermò, raccolse una briciola gigante di forma<br />

rotonda, riprese il volo e raggiunse i margini del prato per gustarla<br />

tran<strong>qui</strong>llamente.<br />

Arrivato alla meta, all’improvviso un altro passero l’attaccò, gli strappò il cibo<br />

e scomparve nell’aria cristallina. Rimasto a bocca asciutta e sconcertato per la<br />

cattiva azione del suo compagno, l’uccellino constatò con amarezza:”Se avessi<br />

raccolto una briciola di dimensioni regolari, nessuno mi avrebbe notato!”<br />

Infine ritornò nell’area in cui si trovava il pane spezzettato, scoperto ormai da<br />

altri uccelli, e si accontentò di beccare le ultime briciole rimaste.<br />

Nota: quando ci si trova in particolari condizioni di ristrettezza, ci si può<br />

accontentare di poco?


FAVOLA N. 92<br />

IL BUCERO, IL CORVO DAL BECCO LARGO E LA<br />

CORAZZA DELLO SCARAFAGGIO<br />

In un bosco tropicale, un bucero e un corvo dal becco largo erano amici da<br />

molto tempo. Un giorno, entrambi si trovavano appollaiati sul ramo di un<br />

mogano. Il bucero, in vena di parlare, disse all’amico:”Lo sai che le tue piume<br />

sono veramente scure? Io ti definirei nero come una blatta!”<br />

Il corvo rispose pacatamente:”Il tuo paragone non mi piace affatto; fra l’altro,<br />

è impreciso. Infatti, la corazza dello scarafaggio può essere nera o marrone”. Il<br />

bucero ammise che l’amico aveva ragione. Ma, continuando a guardarlo<br />

attentamente, continuò:”Ora mi rendo conto che sei nero come il carbone!”<br />

Il corvo replicò:”Il migliore accostamento che puoi proporre è questo: nero<br />

come la pece!” Il bucero disse:”Avevo la parola pece sulla punta della lingua”.<br />

L’amico osservò bonariamente:”Per fortuna che la pece non te l’ha sporcata!”<br />

A questo punto, il bucero se ne andò con aria soddisfatta.<br />

Rimasto solo, grattandosi col becco il suo manto nero, il corvo si accorse di<br />

avere la pelle bianca. E si disse con tono compiaciuto:”Se mi guardo in<br />

profondità, sono bianco!”<br />

Nota: ognuno di noi conosce se stesso meglio di chiunque altro?


FAVOLA N. 93<br />

IL GIOVANE LEONE, LA CACCIA ALLE GAZZELLE<br />

E LA CAROGNA DELL’IPPOPOTAMO<br />

Una leonessa aveva dato alla luce un cucciolo dal pelo fulvo. Ed era felice per<br />

il lieto evento, che il marito, tuttavia, considerava semplicemente un fatto<br />

naturale.<br />

Passando il tempo, il cucciolo cresceva e la madre aveva ogni riguardo per lui.<br />

Ad esempio, se si bagnava per la pioggia, la madre lo asciugava alitando<br />

pazientemente sulla sua pelliccia. Se voleva divertirsi, la madre gli faceva<br />

percorrere solo i sentieri già battuti da altri felini e lo seguiva con lo sguardo a<br />

distanza.<br />

Inoltre, la leonessa evitava di parlare al figlio dell’attività di cacciatore<br />

esercitata dal marito, perché la riteneva violenta e crudele. Da parte sua, il<br />

leone pensava che la moglie si curasse troppo del figlio. Ma, essendo un<br />

grande cacciatore, non trovava il tempo per occuparsi sufficientemente della<br />

famiglia.<br />

Un giorno il padre portò con se il figlio nel folto della savana per impartirgli<br />

una lezione di caccia. Quando videro un branco di gazzelle, il figlio disse al<br />

padre:”Perché dobbiamo divorarle? Sono così belle col loro muso slanciato!”<br />

Sorpreso per le parole del cucciolo, il leone annuì contorcendo le labbra e,<br />

dopo un attimo di esitazione, lo invitò a seguirlo lungo il sentiero che<br />

conduceva al lago.<br />

Giunti alla riva del corso d’acqua, il leone indicò al leoncino la carogna<br />

putrida e maleodorante di un ippopotamo e disse:”Questo è il pranzo che ci<br />

spetta, se non vogliamo dedicarci alla caccia!” Così entrambi, sia pur<br />

malvolentieri, si nutrirono dei resti del grosso mammifero.<br />

Ritornati a casa, il figlio, che stentava a digerire il cibo, disse:”È mia<br />

intenzione diventare un cacciatore!” Il padre replicò:”Le innumerevoli<br />

delicatezze di tua madre ti facevano vivere in un mondo di ovatta, ma oggi<br />

sono lieto di constatare che il pranzo a base di carne d’ippopotamo ti ha fatto<br />

bene! Finalmente ti sei reso conto che talvolta la realtà della vita quotidiana è<br />

veramente dura!”<br />

Nota: imparando gradualmente il mestiere di educare i propri figli, i genitori<br />

col tempo diventano dei buoni pedagoghi?


FAVOLA N. 94<br />

LA VOLPE, LA MORTE DEL LEONE E LA MISERA<br />

FINE DEL TOPO<br />

In una giornata azzurra spazzata da un vento impetuoso, un leone aveva<br />

esalato l’ultimo respiro nell’erba consunta dal calore del sole. La notizia della<br />

sua morte si diffuse rapidamente nella savana ed alcuni animali si recarono<br />

nel luogo in cui giacevano le sue spoglie per rendergli l’estremo saluto. Altri<br />

preferirono commentare il triste evento nell’intimità delle loro tane, oppure<br />

riunendosi in piccoli gruppi.<br />

La volpe formò un crocchio animato dalla presenza di un licaone, che aprì il<br />

discorso di commemorazione con questa frase:”Siano resi onore e gloria al re<br />

della savana!” Alle sue parole fecero eco nuove espressioni di lode incentrate<br />

sulla figura del defunto.<br />

Qualcuno esclamò:”Anche i grandi muoiono!” Un altro dei presenti<br />

disse:”Prima d’iniziare la battaglia contro i suoi nemici, per esercitarsi<br />

adeguatamente l’ex-monarca piroettava su se stesso rivelando un’agilità<br />

impensabile”.<br />

L’astuto animale lasciò il gruppetto andandosene pensoso nei recessi della<br />

savana. Mentre avanzava cauto e guardingo tra i cespugli, osservò che un topo<br />

morto giaceva steso a terra, quasi fondendosi con la polvere.<br />

Presso la sua carogna s’era formato un nugolo d’uccelli dai colori variopinti.<br />

Uno di loro iniziò:”Un miserabile è scomparso!” Un altro rincarò la dose:”Che<br />

strazio vedere la pelle del topo aderire alla terra, che ha il suo stesso colore!”<br />

Un altro ancora ipotizzò:”Forse il poveretto zoppicava e ciò spiegherebbe il<br />

penoso affossarsi del suo molle corpo nelle zolle polverose”.<br />

Ascoltando prima gli elogi per la dipartita del grande felino e dopo i<br />

commenti per la fine del piccolo roditore, la volpe ricapitolò<br />

mentalmente:”Secondo qualcuno il leone piroettava per prepararsi al<br />

combattimento, secondo qualcun altro il topo zoppicava incespicando fra le<br />

zolle di terra. Forse queste impressioni sono erronee e forse la verità è questa:<br />

nella morte si tende spesso a lodare il grande rendendolo più grande? Al<br />

contrario, si è propensi a sprezzare il misero rendendolo più misero?”<br />

Nota: spesso nella morte il misero diviene ancora più misero, il grande più<br />

grande.


FAVOLA N. 95<br />

IL NOTTOLONE DELLA SAVANA, LO<br />

SCARAFAGGIO MARRONE E IL RITORNO NELLA<br />

TERRA DEGLI AVI<br />

Un nottolone della savana viveva lungo una strada asfaltata della periferia di<br />

una metropoli. Di notte, si nutriva di piccoli insetti svolazzanti intorno ai<br />

lampioni che fiancheggiavano la strada. Di giorno, il nottolone della savana si<br />

riposava in una crepa che si apriva sul ciglio destro della strada. Abbastanza<br />

profonda e protetta dal tronco di una palma, la fessura diventò il suo nido.<br />

Un giorno l’uccello notturno incontrò uno scarafaggio marrone ai piedi della<br />

palma; in breve tempo fra i due si sviluppò una cordiale amicizia, che impedì<br />

al nottolone di coltivare l’idea di divorare l’amico.<br />

Durante un dialogo svoltosi sul far della sera, lo scarafaggio chiese:”Perché ti<br />

chiami nottolone della savana?” Questi rispose con franchezza:”Non lo so.<br />

Probabilmente i miei antenati provenivano dalla savana. In ogni caso, io sono<br />

nato ai tropici”.<br />

La blatta marrone continuò:”Perché non ritorni nella terra degli avi? In<br />

questa periferia respiriamo un’aria così pesante. Aggiungi l’incessante rumore<br />

delle macchine e l’in<strong>qui</strong>namento luminoso…”<br />

Da allora il nottolone della savana accarezzò sovente l’idea di emigrare nella<br />

terra dei padri. Terminata la caccia notturna, si adagiava nel suo nido e la sua<br />

mente, stanca e confusa, si abbandonava al sogno. Immaginava di<br />

raggiungere la savana, di respirare a pieni polmoni l’aria pura in cui erano<br />

immersi i suoi boschi, dominati dal silenzio interrotto solamente dal verso<br />

degli animali. Infine, mentre la sua mente elaborava la scena della lotta fra un<br />

leone e un elefante, si addormentava sereno.<br />

Di giorno, pensando freddamente e lucidamente al suo progetto di emigrare<br />

nella terra africana, l’uccello notturno si diceva:”Il viaggio è lungo e faticoso.<br />

Nella savana regna il silenzio e le luci artificiali sono molto scarse. Ma<br />

l’in<strong>qui</strong>namento luminoso di questa estesa periferia facilita la mia caccia;<br />

dunque: mi conviene rimanere <strong>qui</strong>”.<br />

Nota: a volte il progetto di ritornare nella terra dei padri diventa un sogno<br />

irrinunciabile.


PARTE III<br />

FAVOLE SUI MARI E GLI<br />

OCEANI DEL MONDO


FAVOLA N. 96<br />

IL PESCE-FLASH E L’AMICIZIA CON GLI SQUALI<br />

Nelle profondità dell’Oceano viveva un piccolo branco di pesci-flash fra i quali<br />

uno spiccava per il guizzo particolarmente luminoso. Presto i suoi compagni<br />

lo soprannominarono fulmine, ma questo appellativo non stuzzicò né la sua<br />

vanità né il suo orgoglio.<br />

Un giorno i suoi amici gli dissero che, avendo notato il suo lampo intenso,<br />

alcuni squali avevano espresso il desiderio di conoscerlo. Fulmine<br />

rispose:”Ciò mi allieta, ma, a ben riflettere, quale vantaggio mi può procurare<br />

l’amicizia con gli squali? Dialogando con loro forse ascolterei solo la<br />

narrazione di fatti crudeli…”<br />

In breve, egli diede l’incarico ai suoi compagni di far sapere agli squali che,<br />

avendo già degli amici, non desiderava allargare il cerchio delle sue<br />

conoscenze.<br />

Così gli squali continuarono ad identificare fulmine dalle sue rapidissime<br />

apparizioni luminose, senza mai avere il piacere di conoscerlo di persona.<br />

Nota: si può incontrare chi, limitando il cerchio delle proprie conoscenze, vive<br />

una vita riservata.


FAVOLA N. 97<br />

IL PINGUINO E LO SCHERZO PESANTE DEL<br />

POLIPO<br />

In un acquario molto ampio di una metropoli, un polipo, eludendo la<br />

sorveglianza dei guardiani e nuotando ai margini delle vasche d’acqua<br />

comunicanti, aveva raggiunto l’area dei pinguini.<br />

Al suo arrivo, un pinguino dall’andatura molto elegante scese fino all’orlo<br />

dell’acqua dalla striscia di terra in cui si trovava e gli andò incontro,<br />

manifestando curiosità e interesse per il visitatore. L’uccello e il mollusco<br />

fecero amicizia e quotidianamente quest’ultimo si recava nell’area dei<br />

pinguini per salutarlo.<br />

Un giorno, volendo fare uno scherzo all’amico, il polipo girò attorno alla<br />

striscia di terra, sorprese il pinguino di schiena e con i suoi tentacoli gli<br />

avvinghiò la coda.<br />

Impaurito e infastidito, istintivamente l’uccello si voltò e beccò ripetutamente<br />

i tentacoli del polipo, rendendosi conto solo qualche istante dopo che si<br />

trattava del suo amico. Il pinguino si scusò, dimostrando un grande dispiacere<br />

per la sua reazione eccessiva.<br />

Il mollusco accettò le giustificazioni dell’uccello e a sua volta chiese scusa per<br />

il suo scherzo avventato. Ma da quel giorno la loro amicizia s’incrinò. Infatti,<br />

il polipo c’era rimasto molto male e le ferite ai suoi tentacoli si rimarginarono<br />

solo dopo una <strong>qui</strong>ndicina di giorni.<br />

Dopo quel brutto scherzo, sentendosi entrambi a disagio, i due amici<br />

cambiavano spesso argomento durante la conversazione, senza approfondire<br />

un tema specifico. Alla fine, seppur triste e amareggiato, il polipo decise di<br />

troncare la sua amicizia col pinguino e, consapevole dell’inutilità delle sue<br />

visite, smise di andare a trovarlo.<br />

Nota: uno scherzo pesante può porre fine a una relazione d’amicizia?


FAVOLA N. 98<br />

LO SQUALO, IL PESCECANE E LA FINE DEL<br />

PESCEGATTO<br />

Nel fondo dell’Oceano uno squalo affamato incontrò un pescecane che aveva<br />

appena assalito un banco di pesci. Il primo disse:”Hai fame?” “No, sono<br />

sazio”, rispose il secondo.<br />

Percorrendo assieme un tratto d’Oceano, i due s’imbatterono in un pescegatto<br />

che voleva esplorare le profondità oceaniche. Senza tener conto della fame<br />

dell’amico, il pescecane ingoiò il malcapitato in un boccone. Stupefatto, lo<br />

squalo chiese:”Non avevi la pancia piena?”<br />

Dopo aver riflettuto per qualche istante sforzandosi di cercare una<br />

giustificazione per il suo gesto tanto inutile quanto crudele, il pescecane<br />

rispose:”Sì, sono sazio. Ma… hai presente il fatto che sulla terra non corre<br />

buon sangue fra il cane e il gatto?” L’amico ribattè:”Lo so. Però il cane non<br />

divora il gatto!” “Se non lo mangia, lo fa certamente a pezzi!”<br />

Lo squalo domandò incuriosito:”Che cosa c’entrano il cane e il gatto con la<br />

realtà dell’Oceano?” Il pescecane rispose:”Intendo dire che nel fondo<br />

dell’Oceano la rivalità fra il pescecane e il pescegatto rispecchia l’ostilità che si<br />

nota sulla terra tra il cane e il gatto; dunque, mangiando il pescegatto ho<br />

rispettato un’antica tradizione d’inimicizia”. Non preoccupandosi affatto della<br />

fame dell’amico, il pescecane concluse laconicamente:”D’altronde, se non<br />

l’avessi divorato io, il disgraziato sarebbe diventato preda di qualcun altro!”<br />

Sempre più affamato, lo squalo pensò:”Se voglio mangiare qualcosa, mi<br />

conviene proseguire la strada da solo!” Infine, adducendo come scusa di avere<br />

degli impegni urgenti, lo squalo si congedò dal pescecane e, aumentando la<br />

velocità di nuoto, riprese la caccia.<br />

Nota: può succedere che i criminali si servano d’innumerevoli pretesti per<br />

giustificare i loro misfatti.


FAVOLA N. 99<br />

IL PICCHIO, IL CONCERTO DELL’USIGNOLO E IL<br />

CANTO DELLE BALENE<br />

Un picchio-femmina viveva da tempo col suo piccolo nel suo nido in cima ad<br />

un pioppo del bosco. La madre curava amorevolmente il figlio,<br />

preoccupandosi della sua salute e procurandogli quotidianamente il cibo.<br />

Il piccolo cresceva sano e robusto, imparava a ben usare il becco per forare la<br />

corteccia degli alberi alla ricerca d’insetti, e durante il tempo libero<br />

frequentava gli altri uccelli del bosco prediligendo i canterini.<br />

Diventato adulto, per festeggiare il compleanno che segnava la maggiore età,<br />

la madre lo accompagnò al concerto dell’usignolo che si teneva in agosto alla<br />

quercia maestosa.<br />

La sera prefissata, il picchio-femmina e suo figlio, accovacciati ai piedi del<br />

grande albero, assieme ad altri abitanti del bosco, si rallegravano ascoltando<br />

le armoniose canzoni dell’usignolo.<br />

Finito il concerto, la madre chiese al figlio:”Ti è piaciuto?” “Sì, mamma. L’ho<br />

apprezzato molto. Però… Mi accompagneresti al mare?” “Al mare?” ripetè<br />

stupita la madre. Il figlio spiegò:”Ho sentito dire più volte dagli uccelli<br />

canterini che anche le balene cantano. Se io e te voliamo per lungo tempo<br />

sulle acque marine, possiamo scorgere delle balene e ascoltare il loro canto”.<br />

La madre replicò:”Mi dispiace di lasciarti andare, figlio, ma non ho più le<br />

forze per affrontare un viaggio tanto lungo e spossante”.<br />

Così un giorno, il figlio spiccò il volo verso il mare con i suoi amici per<br />

raggiungere le balene, lasciando temporaneamente la propria madre e la<br />

propria terra.<br />

Nota: al giorno d’oggi i giovani, raggiunta la maggiore età, possono vivere una<br />

vita basata sulla loro libertà.


FAVOLA N. 100<br />

LE FALENE E IL CANTO DELLA BALENA<br />

Una balena che viveva nei mari del Polo nord aveva una grande passione per<br />

la cultura in generale e per la musica in particolare. Un giorno pensò:”Voglio<br />

scrivere e cantare un ritornello che per la sua semplicità si diffonderà presto e<br />

ovunque. La canzoncina reciterà:<br />

‘Io sono una balena<br />

Valgo un milione di falene’<br />

Dopo averla ripetuta più volte, il cetaceo cominciò ad esibirsi intonandola<br />

dapprima davanti ai suoi amici e poi di fronte ad alcuni banchi di pesci. Ma il<br />

ritornello non incontrò il favore degli spettatori.<br />

Fra l’altro, pochi erano i pesci che sapevano dell’esistenza delle falene. E forse<br />

si potevano contare sulle punte delle dita coloro che avevano una conoscenza<br />

specifica di queste farfalle crepuscolari e notturne che nei paesi caldi girano a<br />

migliaia attorno alle fonti luminose.<br />

“Come le falene di notte ruotano attorno ai lampioni abbagliate dalla luce,<br />

così il pubblico si stringerà in cerchio per ascoltare il mio ritornello, incantato<br />

dall’armonia delle mie note”, si diceva spesso la balena, che forse confidava<br />

troppo sia sulla sua voce sia sul suo motivo canoro.<br />

Ma le sue speranze non si realizzarono e il ritornello, che non ebbe alcun<br />

successo, finì presto per essere dimenticato.<br />

Nota: nel campo della musica, è possibile fare previsioni realistiche su motivi<br />

e canzoni che possano piacere al grande pubblico?

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