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Luigi Einaudi e la trasfigurazione mitica dei ceti ... - Edizioni Studium

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<strong>Luigi</strong> <strong>Einaudi</strong> e <strong>la</strong><br />

<strong>trasfigurazione</strong> <strong>mitica</strong> <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong><br />

medi in Italia nell’immediato<br />

secondo dopoguerra<br />

di Luca Tedesco<br />

PAGINE DI STORIA<br />

La pubblicazione del Saggio sulle c<strong>la</strong>ssi sociali di Paolo Sylos Labini<br />

nel<strong>la</strong> metà degli anni Settanta inaugurò una stagione feconda<br />

di studi empirici intorno al<strong>la</strong> consistenza e all’evoluzione <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong><br />

sociali e ai loro reciproci rapporti nel<strong>la</strong> storia dell’Italia repubblicana<br />

1 . Sono andate così sviluppandosi, anche per quanto attiene<br />

ai <strong>ceti</strong> medi, diverse piste di ricerca, che hanno scandagliato le<br />

questioni del<strong>la</strong> loro rappresentanza politica, del<strong>la</strong> mobilità sociale<br />

(soprattutto all’interno del<strong>la</strong> grande impresa con <strong>la</strong> nascita di nuove<br />

figure come i quadri e i tecnici) e del<strong>la</strong> pervicace resistenza di<br />

attori socio-economici ritenuti superati dai processi di modernizzazione,<br />

quali artigiani, piccoli imprenditori e commercianti al<br />

dettaglio 2 .<br />

Le ricerche in tale ambito, però, presentano a nostro avviso<br />

una grave <strong>la</strong>cuna. Esse <strong>la</strong>sciano a tutt’oggi senza risposta difatti gli<br />

interrogativi che si poneva nei primi anni Settanta Pizzorno 3 su<br />

quali c<strong>la</strong>ssi avrebbero tratto vantaggio dal<strong>la</strong> svolta def<strong>la</strong>zionistica<br />

dell’estate-autunno del 1947 e se quest’ultima avesse risposto o<br />

meno a un preciso disegno di acquisizione del consenso di determinati<br />

segmenti sociali. Per il periodo intercorrente tra il 1950 e il<br />

1974 Pizzorno individuava nel<strong>la</strong> gestione dell’erogazione del<strong>la</strong>


758 Luca Tedesco<br />

spesa pubblica e del credito ordinario e speciale gli strumenti attraverso<br />

i quali i partiti di governo ampliarono <strong>la</strong> p<strong>la</strong>tea del ceto<br />

medio, facendo di esso una solida riserva di consenso. La centralità<br />

<strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi, assumendo di questi <strong>la</strong> definizione fatta propria<br />

da Sylos Labini e generalmente accettata, vale a dire sostanzialmente<br />

<strong>la</strong> picco<strong>la</strong> borghesia impiegatizia, pubblica e privata, e<br />

quel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>tivamente autonoma (coltivatori diretti, fittavoli, coloni,<br />

artigiani, commercianti, piccoli professionisti) 4 , nel<strong>la</strong> costruzione<br />

e nel mantenimento del consenso sarebbe confermata dal<strong>la</strong><br />

circostanza che nel corso degli anni Cinquanta tutte le crisi di governo<br />

furono determinate dai partners minori del<strong>la</strong> Democrazia<br />

Cristiana, del<strong>la</strong> cui col<strong>la</strong>borazione questa non si privò neanche<br />

quando, come nel<strong>la</strong> prima legis<strong>la</strong>tura, deteneva <strong>la</strong> maggioranza assoluta<br />

5 ; partners minori, il cui elettorato era costituito in <strong>la</strong>rghissima<br />

parte per l’appunto dal<strong>la</strong> picco<strong>la</strong> e media borghesia 6 .<br />

La dirigenza cattolica mostrò allora piena consapevolezza fin<br />

dall’immediato dopoguerra che, a fronte di una c<strong>la</strong>sse operaia inevitabilmente<br />

bacino elettorale <strong>dei</strong> partiti di ispirazione marxista,<br />

non sarebbe stato sufficiente per prevalere politicamente assicurarsi<br />

<strong>la</strong> fiducia e il consenso solo del mondo agricolo. Di qui l’opzione<br />

per uno «sviluppo guidato dalle preferenze del mercato, e<br />

soprattutto del mercato internazionale, con espansione complementare<br />

di consumi moderni interni» e <strong>la</strong> compressione <strong>dei</strong> sa<strong>la</strong>ri.<br />

Tale indirizzo comportò uno «sviluppo ritardato delle categorie<br />

operaie dell’industria, accompagnato invece da un forte esodo<br />

dalle campagne» e da un’ingente crescita del settore terziario e <strong>dei</strong><br />

<strong>ceti</strong> medi, «sia produttivi che di rendita» 7 .<br />

Più analiticamente, per quanto concerne <strong>la</strong> fase politica antecedente<br />

<strong>la</strong> stagione del centrismo, Pizzorno si limita ad indicare <strong>la</strong><br />

ragione anche politica sottostante <strong>la</strong> svolta def<strong>la</strong>zionistica, vale a<br />

dire <strong>la</strong> necessità di non danneggiare i <strong>ceti</strong> medi nei mesi precedenti<br />

le elezioni dell’aprile 1948 8 . In verità, come è noto, anche le<br />

sinistre si cimentarono nel tentativo di intercettare il consenso di<br />

questi ultimi. I ritardi culturali e gli schematismi ideologici che vanificarono<br />

tale operazione, tra le innumerevoli rappresentazioni<br />

storiche d’assieme del periodo, sono stati evidenziati con partico<strong>la</strong>re<br />

forza da Simona Co<strong>la</strong>rizi 9 . Le cause dell’incapacità di socialisti<br />

e comunisti di attrarre i <strong>ceti</strong> medi risiedevano nel<strong>la</strong> loro visione<br />

sia dell’intera struttura sociale che delle motivazioni e degli umori<br />

che attraversavano <strong>la</strong> media e picco<strong>la</strong> borghesia, come anche


<strong>Luigi</strong> <strong>Einaudi</strong> e <strong>la</strong> <strong>trasfigurazione</strong> <strong>mitica</strong> <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi 759<br />

dell’evoluzione del<strong>la</strong> realtà economica del Paese. Da una parte difatti<br />

le sinistre si attengono a una concezione dicotomica del<strong>la</strong> società,<br />

all’interno del<strong>la</strong> quale il ceto medio era fatalmente destinato<br />

a conoscere un destino di proletarizzazione, e interpretano esigenze<br />

e aff<strong>la</strong>ti di rinnovamento sociale di cui esso sarebbe portatore<br />

come inconciliabili con il sistema capitalistico, <strong>la</strong>ddove, come<br />

pure ammette <strong>la</strong> Co<strong>la</strong>rizi, pur esistendo «settori non marginali di<br />

media e picco<strong>la</strong> borghesia tendenzialmente favorevoli ad un piano<br />

di sviluppo profondamente riformatore» 10 , era assolutamente errato<br />

rappresentarli anche solo potenzialmente inclini ad un’alternativa<br />

di sistema, come anche considerarli numericamente equivalenti<br />

al<strong>la</strong> ben più corposa frazione di ceto medio attestata su posizioni<br />

moderate 11 . Dall’altra, <strong>la</strong> convinzione che una incisiva trasformazione<br />

delle strutture economiche fosse impossibile da realizzare<br />

all’interno del quadro capitalistico rinviava, agli occhi delle<br />

sinistre, ogni proposta diretta a soddisfare gli interessi del<strong>la</strong> picco<strong>la</strong><br />

e media borghesia al momento successivo al<strong>la</strong> conquista del<br />

potere politico 12 . Tale atteggiamento, con tutta evidenza, non poteva<br />

non incontrare l’incomprensione e <strong>la</strong> diffidenza <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi.<br />

D’altro canto <strong>la</strong> straordinaria rilevanza di questi ultimi ai fini<br />

delle fortune elettorali <strong>dei</strong> partiti politici è attestata dalle stime ricavate<br />

dai censimenti del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione e riprodotte da Sylos Labini<br />

nel saggio citato. Da esse appare evidente <strong>la</strong> crescita tumultuosa<br />

tra il 1936 e il 1951 del<strong>la</strong> picco<strong>la</strong> borghesia impiegatizia<br />

pubblica e privata, e quel<strong>la</strong> più contenuta del<strong>la</strong> picco<strong>la</strong> borghesia<br />

commerciale, artigianale e <strong>dei</strong> professionisti, come anche di quel<strong>la</strong><br />

re<strong>la</strong>tiva ai trasporti e ai servizi 13 . Anche le e<strong>la</strong>borazioni effettuate<br />

da Luciano Gallino <strong>dei</strong> dati <strong>dei</strong> censimenti generali del 1931<br />

e del 1951, pur presentando sensibili discrepanze con quelle di<br />

Sylos Labini, a proposito ad esempio del numero <strong>dei</strong> componenti<br />

<strong>la</strong> «c<strong>la</strong>sse di servizio» (comprendente le figure dedite ad attività di<br />

mediazione tra lo Stato e il cittadino, quali avvocati, commercialisti,<br />

notai), che secondo le prime sarebbe diminuito nel <strong>la</strong>sso di<br />

tempo considerato, confermano <strong>la</strong> crescita seppure a ritmi non<br />

sostenuti degli artigiani, degli impiegati, <strong>dei</strong> <strong>la</strong>voratori <strong>dei</strong> servizi,<br />

<strong>dei</strong> tecnici e del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse medica 14 .<br />

Stante l’incapacità teorica e culturale delle sinistre di fare proprie<br />

esigenze e aspettative del variegato arcipe<strong>la</strong>go <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi, è<br />

quindi del tutto legittimo domandarsi quale fu <strong>la</strong> rappresentazione<br />

che di essi diede il partito che ne riscosse politicamente ed elet-


760 Luca Tedesco<br />

toralmente i maggiori consensi, vale a dire <strong>la</strong> Democrazia Cristiana<br />

e i suoi alleati minori. In questa sede limiteremo <strong>la</strong> nostra attenzione<br />

al quarto governo De Gasperi (maggio 1947-maggio<br />

1948), comunemente definito del<strong>la</strong> «restaurazione liberista», al<strong>la</strong><br />

concezione del ruolo e delle funzioni del ceto medio sposata da<br />

Alcide De Gasperi e <strong>Luigi</strong> <strong>Einaudi</strong>, ministro del Bi<strong>la</strong>ncio, che<br />

proprio sull’esaltazione ed enfatizzazione del<strong>la</strong> rilevanza economica<br />

e del<strong>la</strong> centralità di questo segmento sociale ai fini del<strong>la</strong> tenuta<br />

democratica delle istituzioni avrebbero raggiunto <strong>la</strong> più<br />

profonda consonanza di vedute all’interno del<strong>la</strong> compagine governativa,<br />

e alle misure che quest’ultima adottò per soddisfare le<br />

richieste del<strong>la</strong> picco<strong>la</strong> e media borghesia. Proprio l’esame del<strong>la</strong><br />

produzione legis<strong>la</strong>tiva ci consentirà infatti di avanzare <strong>la</strong> tesi che<br />

<strong>la</strong> lettura einaudiana e degasperiana <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi autonomi quali<br />

eminentemente produttivi e insofferenti dell’interventismo del<strong>la</strong><br />

mano pubblica non fosse sorretta dall’analisi fattuale, come lo<br />

stesso <strong>Einaudi</strong> dovrà infine amaramente ammettere.<br />

Nel dopoguerra, com’è noto, gli esponenti liberisti godevano in<br />

Italia di una notevole considerazione. La ragione di tale prestigio risiedeva<br />

in <strong>la</strong>rghissima parte nell’opposizione, o comunque nel<strong>la</strong><br />

non adesione, che molti di loro avevano manifestato nei confronti<br />

del<strong>la</strong> politica economica perseguita dal regime fascista, fortemente<br />

imbevuta di spirito dirigistico, autarchico e corporativo, dopo <strong>la</strong> parentesi<br />

«liberista» del ministro delle Finanze De Stefani 15 . Il quarto<br />

governo De Gasperi aveva visto l’esclusione delle sinistre socialista<br />

e comunista e l’assegnazione di <strong>Einaudi</strong> al dicastero del Bi<strong>la</strong>ncio,<br />

di Del Vecchio al Tesoro, di Pel<strong>la</strong> e Merzagora, anch’essi liberisti, rispettivamente<br />

alle Finanze e al Commercio Estero.<br />

Da parte sua <strong>la</strong> cultura cattolica, nel complesso, a differenza di<br />

quanto avveniva sul terreno istituzionale e amministrativo, aveva<br />

maturato su quello economico-sociale un’idea comune sul<strong>la</strong> necessità<br />

di riformare i rapporti economici tramite l’intervento dello Stato,<br />

ma non sulle singole modalità di tale intervento 16 . I documenti<br />

e<strong>la</strong>borati durante <strong>la</strong> Resistenza e preparatori <strong>dei</strong> programmi del<strong>la</strong> futura<br />

Democrazia Cristiana, infatti, ripetevano pedissequamente i<br />

motivi del<strong>la</strong> dottrina sociale del<strong>la</strong> Chiesa, senza presentare approfondimenti<br />

di partico<strong>la</strong>re valore che dimostrassero una conoscenza<br />

adeguata del<strong>la</strong> realtà italiana, rive<strong>la</strong>ndosi per questa via incapaci<br />

di orientare l’azione governativa nel dopoguerra. La storiografia<br />

è poi pressoché concorde nell’indicare come <strong>la</strong> tematica econo-


<strong>Luigi</strong> <strong>Einaudi</strong> e <strong>la</strong> <strong>trasfigurazione</strong> <strong>mitica</strong> <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi 761<br />

mica fosse estranea all’orizzonte scientifico di De Gasperi, che su<br />

questo terreno, negli anni in cui ebbe responsabilità di governo, si<br />

sarebbe posto quale obiettivo <strong>la</strong> rinascita del Paese, da realizzare essenzialmente<br />

tramite l’iniziativa privata indirizzata dallo Stato a fini<br />

di utilità generale, affidando tale compito a personaggi, quali <strong>Einaudi</strong><br />

e Corbino, di diversa provenienza e collocazione ideologica 17 .<br />

Critiche a tratti aspre circa <strong>la</strong> scarsa competenza economica di<br />

De Gasperi furono espresse anche da personalità a lui coeve. Togliatti,<br />

com’è risaputo, imputava al leader democristiano l’assoluta<br />

mancanza di un «orientamento rinnovatore» nel campo economico<br />

18 . La concezione economica degasperiana, sosteneva Togliatti,<br />

tentava di rifarsi a quel<strong>la</strong> tonioliana, di cui però non avrebbe colto il<br />

carattere utopico, che rendeva improponibile l’attuazione del progetto<br />

corporativo «medioevale» 19 , mentre il programma murriano,<br />

socialmente avanzato, veniva ignorato. Le posizioni espresse nel periodo<br />

del<strong>la</strong> «lunga vigilia» vengono così qualificate come un «temperato<br />

miglioramento delle condizioni tradizionali dell’ordinamento<br />

capitalistico italiano» 20 e i temi economici ridotti «al <strong>la</strong>to grettamente<br />

amministrativo» 21 . La ricostruzione economica, poi, nonostante<br />

le velleitarie proposte di nazionalizzazioni avanzate da De Gasperi<br />

cui accenneremo più avanti, aveva assunto per il leader comunista i<br />

caratteri del<strong>la</strong> restaurazione operata dai vecchi gruppi capitalistici<br />

dominanti 22 .<br />

De Gasperi, d’altronde, a differenza del<strong>la</strong> sensibilità prevalente<br />

negli uomini del<strong>la</strong> «seconda generazione», fu sempre scettico<br />

circa <strong>la</strong> possibilità di perseguire il «bene assoluto» 23 e, negli anni<br />

in cui assunse responsabilità governative, si fece portatore di<br />

una concezione del<strong>la</strong> vita associata che doveva affidarsi ad una<br />

sorta di capitalismo del<strong>la</strong> media e picco<strong>la</strong> borghesia, temperato<br />

dall’azione dello Stato, onde evitare gli effetti più disgreganti sul<br />

tessuto sociale del<strong>la</strong> dinamica economica. Al<strong>la</strong> luce di questa elementare<br />

visione del<strong>la</strong> società, <strong>la</strong> tesi che <strong>la</strong> scelta liberista negli anni<br />

del<strong>la</strong> ricostruzione fosse da attribuire alle circostanze storiche<br />

più che ad un intimo convincimento interiore del leader trentino<br />

è da accogliere, purché si aggiunga che per De Gasperi sul terreno<br />

dell’azione economica non potevano non essere proprio che le<br />

condizioni storiche a dettare <strong>la</strong> direzione di marcia. Essendo sua<br />

intima convinzione che l’agire individuale fosse legittimo purché<br />

realizzasse o comunque non ostaco<strong>la</strong>sse il soddisfacimento dell’interesse<br />

collettivo, ne discendeva che l’organizzazione degli at-


762 Luca Tedesco<br />

tori economici e le prescrizioni di politica economica rispondenti<br />

a tal fine erano destinate a mutare a seconda delle temperie storiche.<br />

Assumendo come linee guida nell’opera di riforma sociale le<br />

encicliche e <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> sociale cristiana dell’economia, De Gasperi<br />

riteneva che nel<strong>la</strong> scelta delle misure da adottare i criteri cui si doveva<br />

affidare il governo erano quelli dell’equità, del<strong>la</strong> praticità e<br />

del gradualismo 24 . E proprio al<strong>la</strong> luce di tali criteri, nel quarto governo<br />

da lui diretto, egli fece del<strong>la</strong> politica antinf<strong>la</strong>zionistica e del<strong>la</strong><br />

stabilità monetaria gli obiettivi prioritari da conseguire, in<br />

quanto l’inf<strong>la</strong>zione, colpendo i redditi fissi, veniva considerata <strong>la</strong><br />

più ingiusta di tutte le tasse, mentre l’aumento <strong>dei</strong> livelli occupazionali<br />

sarebbe stato raggiunto più lentamente tramite l’espansione<br />

produttiva 25 .<br />

Da quanto detto, ma su questo punto sarebbero necessarie ricerche<br />

più approfondite, non sembrerebbe proprio preoccupazione<br />

di De Gasperi interrogarsi su un eventuale rapporto di filiazione<br />

del liberalismo, politico ed economico, dal<strong>la</strong> spiritualità cristiana,<br />

preoccupazione che, invece, avrebbe condotto Röpke a sostenere<br />

quel rapporto e a giustificare storicamente, quindi, l’antistatalismo<br />

cristiano 26 . Certamente, <strong>la</strong> distanza che separava il<br />

pragmatismo antideologico di De Gasperi primo ministro dalle<br />

e<strong>la</strong>borazioni e suggestioni statal-interventiste del leader cattolico<br />

negli anni del<strong>la</strong> seconda guerra mondiale non può essere sottaciuta.<br />

Nel corso del 1943, infatti, De Gasperi redigeva documenti<br />

programmatici che possedevano un forte sapore dirigista e pianificatorio,<br />

rispondente peraltro senza elementi di originalità al clima<br />

culturale di allora, in cui il riformismo si muoveva tra le stelle<br />

po<strong>la</strong>ri di Keynes e Beveridge e, sul versante più specificamente<br />

cattolico, del<strong>la</strong> sintesi tra <strong>la</strong> tradizionale dottrina sociale cattolica<br />

e il corporativismo fascista 27 . In tali programmi al<strong>la</strong> politica economica<br />

veniva posto il rispetto di due condizioni: «<strong>la</strong> libertà, diritto<br />

dell’uomo e <strong>la</strong> giustizia sociale, missione dello Stato» 28 ; <strong>la</strong> libera<br />

concorrenza e l’iniziativa privata venivano considerate legittime<br />

solo se esercitanti «una funzione utile al bene comune»;<br />

compito dello Stato era quello di «tute<strong>la</strong>re, promuovere, integrare»<br />

il libero gioco delle forze economiche 29 . Erano poi enfatizzati<br />

il ruolo del<strong>la</strong> picco<strong>la</strong> e media impresa e del commercio, e <strong>la</strong> necessità<br />

del<strong>la</strong> loro difesa dalle industrie monopolistiche e dalle<br />

«ambizioni imperialistiche del<strong>la</strong> plutocrazia capitalistica», e sti<strong>la</strong>to<br />

un programma che prevedeva il diritto al <strong>la</strong>voro, il minimo di


<strong>Luigi</strong> <strong>Einaudi</strong> e <strong>la</strong> <strong>trasfigurazione</strong> <strong>mitica</strong> <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi 763<br />

sussistenza, <strong>la</strong> partecipazione <strong>dei</strong> <strong>la</strong>voratori agli utili dell’impresa,<br />

l’eliminazione delle «eccessive concentrazioni di ricchezza» e del<br />

«feudalesimo finanziario, industriale e agrario» che minacciava <strong>la</strong><br />

picco<strong>la</strong> proprietà, <strong>la</strong> tassazione <strong>dei</strong> sopraprofitti di guerra e di regime,<br />

una politica fiscale progressiva con l’esenzione delle quote<br />

minime che colpisse soprattutto i redditi non reinvestiti produttivamente,<br />

il controllo statale delle imprese che tentassero di acquisire<br />

posizioni monopolistiche, <strong>la</strong> «socializzazione» di quelle concernenti<br />

i settori elettrico, siderurgico, metallurgico, minerario,<br />

chimico, meccanico, navale, nonché i trasporti marittimi e aerei, il<br />

rifiuto del protezionismo doganale 30 .<br />

Eppure, nonostante questo ruolo di assoluto rilievo che negli<br />

anni Quaranta De Gasperi affidava ai poteri pubblici, non è difficilmente<br />

rintracciabile un filo rosso che unisce il «liberismo» degasperiano<br />

filoeinaudiano del dopoguerra alle specu<strong>la</strong>zioni del<br />

leader democristiano nel decennio precedente. Negli studi sul fenomeno<br />

corporativo, infatti, premura di De Gasperi era di segna<strong>la</strong>re<br />

i limiti di quell’esperienza. Se nel XIX secolo tutti i movimenti<br />

cattolici europei concordavano nel sostenere il sistema corporativo<br />

per le sue finalità sociali miranti a ricomporre il conflitto<br />

tra <strong>la</strong>voratore e datore di <strong>la</strong>voro, essi divergevano invece in merito<br />

agli scopi economici. Nonostante, difatti, personalità quali La<br />

Tour du Pin, Vogelsang, Hitze avessero attribuito al corporativismo<br />

il compito di rego<strong>la</strong>mentare produzione e prezzi, De Gasperi<br />

ricordava che in occasione del Congresso di Liegi del 1890, che<br />

aveva visto <strong>la</strong> partecipazione di rappresentanti <strong>dei</strong> movimenti cristiano-sociali<br />

di tutto il mondo, <strong>la</strong> tesi <strong>dei</strong> primi aveva suscitato vivaci<br />

reazioni da parte <strong>dei</strong> congressisti, che avevano rigettato finanche<br />

il termine corporativo, in quanto richiamante le medievali<br />

corporazioni d’arti e mestieri 31 .<br />

Negli anni del<strong>la</strong> seconda rivoluzione industriale, così, al<strong>la</strong><br />

«controrivoluzionaria» Association catholique si opponeva Perin,<br />

convinto che dell’esperienza rivoluzionaria francese andassero accolti<br />

gli ideali di libertà ed eguaglianza civile, mentre in Germania<br />

era il Centro a fare proprie le tesi dello Hertling, che sottolineava<br />

le degenerazioni monopolistiche del corporativismo medievale 32 .<br />

Se poi si consideravano il partito cristiano-sociale viennese e il<br />

movimento cattolico belga che fin dall’epoca <strong>dei</strong> moti d’indipendenza<br />

si era alleato con quello liberale, si poteva concludere che<br />

«verso <strong>la</strong> fine del periodo prebellico <strong>la</strong> maggioranza <strong>dei</strong> cattolici


764 Luca Tedesco<br />

militanti non concepiva <strong>la</strong> funzione politica dell’ordinamento corporativo<br />

che nel senso di correggere il sistema rappresentativo dominante<br />

ed il regime democratico, non nel surrogarlo con un regime<br />

nuovo» 33 . Come aveva teorizzato Toniolo, <strong>la</strong> «ricostruzione<br />

cristiano-sociale» doveva respingere da una parte l’economia «individualista»<br />

e liberista, dall’altra quel<strong>la</strong> «panteista o il socialismo<br />

di stato» 34 . D’altronde, è stato sottolineato, l’inclinazione degasperiana<br />

per le «virtù dell’empirismo» e del<strong>la</strong> «concretezza» e <strong>la</strong><br />

sua caute<strong>la</strong> nei confronti delle «valutazioni generalizzanti» e<br />

schiettamente teoriche appartenevano pienamente a quel cattolicesimo<br />

trentino a cavallo tra Otto e Novecento in cui De Gasperi<br />

era cresciuto, e che si segna<strong>la</strong>va per una non comune capacità<br />

operativa e una sostanziale assenza di riferimenti teorici e dichiarazioni<br />

programmatiche 35 . Se, poi, negli anni universitari viennesi<br />

De Gasperi era stato certamente influenzato dal cristianesimo<br />

sociale di Karl Lueger, borgomastro nel 1897, e dal socialriformismo<br />

del barone Karl von Vogelsang, acceso sostenitore del corporativismo,<br />

è pur vero che successivamente egli avrebbe guardato<br />

con indulgenza al proprio passato da «ardito interventista» e<br />

«sco<strong>la</strong>ro, attraverso gli epigoni, del Vogelsang» 36 .<br />

Già, dunque, nel primo discorso pubblico tenuto all’indomani<br />

del<strong>la</strong> Liberazione di Roma al teatro Brancaccio il 23 luglio<br />

1944, De Gasperi indica in modo elementare ma efficace <strong>la</strong> libertà<br />

che, qualunque sia l’«esperienza sociale» che il Paese voglia compiere,<br />

non può essere calpestata; quel<strong>la</strong> di «esser padroni in casa<br />

propria, dunque proprietario o almeno mezzadro e affittuario» e<br />

di «poter allevare i figli secondo le proprie condizioni e il poter risparmiare<br />

per loro: libertà del risparmio trasmissibile» 37 . La tesi<br />

del ceto medio indipendente e risparmiatore quale nucleo fondante<br />

il nuovo regime democratico riceve in questa occasione <strong>la</strong><br />

prima esplicita formu<strong>la</strong>zione 38 . In seguito esso, espressione più<br />

compiuta dell’«energia del<strong>la</strong> iniziativa» e del<strong>la</strong> «libertà dello sviluppo<br />

dell’individuo», viene contrapposto all’«antica costel<strong>la</strong>zione<br />

plutocratica» <strong>dei</strong> grandi settori industriali che aveva sostenuto<br />

il fascismo 39 . Il 18 maggio 1947, nell’intervento commemorativo<br />

del<strong>la</strong> Rerum Novarum presso <strong>la</strong> Basilica di Massenzio, De Gasperi<br />

attribuiva ai poteri pubblici una funzione suppletiva dell’iniziativa<br />

privata. Se difatti <strong>la</strong> Chiesa invocava l’intervento dello Stato<br />

per rispondere alle esigenze delle c<strong>la</strong>ssi meno abbienti, il Presidente<br />

del Consiglio aggiungeva: «Però, badate, bisogna ricordare


<strong>Luigi</strong> <strong>Einaudi</strong> e <strong>la</strong> <strong>trasfigurazione</strong> <strong>mitica</strong> <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi 765<br />

un altro pensiero di Leone XIII, che è giusto anche oggi: non bisogna<br />

aspettare tutto dallo Stato e dal Governo [...]. Accanto agli<br />

organi dello Stato, e meglio degli organi dello Stato, devono agire<br />

gli organi del<strong>la</strong> libera iniziativa consorziata, associata; sono le società<br />

edilizie, le società di costruzione, le società di miglioramento<br />

agrario, le società cooperative di ogni forma; sono le società che<br />

devono prendere le iniziative e mettersi al servizio del<strong>la</strong> causa popo<strong>la</strong>re<br />

per attuare quello che è il programma del Governo. Senza<br />

di queste, senza questa concordia con <strong>la</strong> lotta di partito nell’agire,<br />

né il Paese, né il comune, né <strong>la</strong> provincia si salvano ormai più» 40 .<br />

Ma l’azione del quarto governo De Gasperi, che si sarebbe artico<strong>la</strong>ta<br />

essenzialmente sui tre cardini del<strong>la</strong> fine dell’inf<strong>la</strong>zione, del<br />

ritorno al<strong>la</strong> stabilità monetaria e del risanamento del bi<strong>la</strong>ncio statale,<br />

non è a nostro avviso pienamente intelligibile se non <strong>la</strong> si considera<br />

anche al<strong>la</strong> luce dell’e<strong>la</strong>borazione intellettuale compiuta da<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Einaudi</strong> nel<strong>la</strong> prima metà del Novecento, al centro del<strong>la</strong><br />

quale vi era <strong>la</strong> convinzione che solo l’esistenza di <strong>ceti</strong> medi moralmente<br />

ed economicamente solidi ed indipendenti dallo Stato fosse<br />

una sicura garanzia di stabilità sociale e di progresso civile.<br />

Fin dagli anni del take-off giolittiano, infatti, i numerosi interventi<br />

di <strong>Einaudi</strong> su La Riforma sociale, L’Unità di Salvemini e il Corriere<br />

del<strong>la</strong> Sera di Albertini testimoniano l’esigenza di un rinnovamento<br />

del<strong>la</strong> borghesia e <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> produttivi che si affidasse ai meccanismi<br />

del<strong>la</strong> libera concorrenza e del<strong>la</strong> competizione. Al contempo<br />

durissima era <strong>la</strong> requisitoria nei confronti <strong>dei</strong> capitalisti «parassitari»,<br />

che ricorrevano agli strumenti del protezionismo e delle commesse<br />

statali per garantirsi <strong>la</strong> sopravvivenza, capitalisti che venivano<br />

sprezzantemente definiti trivel<strong>la</strong>tori in un articolo del 1912, con evidente<br />

allusione non solo alle perforazioni in territorio libico, ma anche<br />

ai «saccheggi» perpetrati a danno del bi<strong>la</strong>ncio dello Stato 41 .<br />

La caduta <strong>dei</strong> «pi<strong>la</strong>stri» del successo economico delle nazioni<br />

civili, ovverosia i valori del<strong>la</strong> «parsimonia» e dell’«operosità» individuali,<br />

era stata poi per <strong>Einaudi</strong> definitiva all’indomani del<strong>la</strong><br />

conclusione del primo conflitto mondiale, allorquando tutti i <strong>ceti</strong><br />

sociali, e quello imprenditoriale in misura perfino maggiore di<br />

quello operaio, avevano iniziato ad «elemosinare» aiuti e provvidenze<br />

a carico delle casse statali 42 . Di fronte al<strong>la</strong> prassi invalsa che<br />

vedeva lo Stato sopperire ai costi degli errori degli industriali mediante<br />

alti prezzi di fornitura e sussidi, «impallidivano – difatti –<br />

le esorbitanze <strong>dei</strong> cooperatori e <strong>dei</strong> leghisti rossi, se pure anch’es-


766 Luca Tedesco<br />

si decisi all’assalto del<strong>la</strong> pubblica pecunia» 43 . A tale assalto i <strong>ceti</strong><br />

produttori che non avevano nello Stato il proprio committente,<br />

quelli che <strong>Einaudi</strong> definisce le «antiche c<strong>la</strong>ssi indipendenti» 44 costituenti<br />

«il volto di una democrazia rurale e cittadinesca» 45 , non<br />

si erano opposti, palesando <strong>la</strong> loro estraneità al<strong>la</strong> vita del<strong>la</strong> comunità<br />

nazionale. Mancava nei <strong>ceti</strong> medi indipendenti <strong>la</strong> consapevolezza<br />

«di esser essi medesimi lo stato, che fa considerare ingiuria<br />

propria quel<strong>la</strong> arrecata allo stato» 46 . La «maggioranza, <strong>la</strong>boriosa,<br />

ma passiva ed ignara [...], <strong>la</strong> solita maggioranza che fatica e tace»<br />

aveva poi assistito impotente non solo all’assalto perpetrato ai<br />

danni del<strong>la</strong> finanza pubblica delle c<strong>la</strong>ssi maggiormente organizzate,<br />

ma anche all’invasione delle terre e all’occupazione delle fabbriche<br />

da parte di contadini e operai, «incitati dall’esempio <strong>dei</strong> capi<br />

dell’industria e del<strong>la</strong> finanza» 47 .<br />

L’origine del<strong>la</strong> crisi veniva individuata in fattori di ordine etico,<br />

non economico. Il «veleno» che corrodeva l’Italia nel primo<br />

dopoguerra, scriveva l’economista piemontese, «era morale e<br />

operò per vie morali, che si chiamano invidia, odio, superbia, lussuria,<br />

rapina, miseria, vendetta, ignoranza» 48 , ed era un prodotto<br />

del conflitto bellico, che «aveva inocu<strong>la</strong>to nelle c<strong>la</strong>ssi dirigenti e<br />

nel popolo germi di ma<strong>la</strong>ttia morale più distruttivi di quelli che<br />

producevano guasti economici» 49 . Il «collettivismo» bellico, grazie<br />

all’inf<strong>la</strong>zione monetaria, aveva reso popo<strong>la</strong>re l’idea, che «in<br />

germe esisteva già prima, dello stato garante del<strong>la</strong> felicità e del<strong>la</strong><br />

sicurezza per tutti» 50 . Da qui <strong>la</strong> tentazione da parte <strong>dei</strong> vari <strong>ceti</strong><br />

sociali, operai e contadini, industriali e banchieri, di «rinunciare<br />

al<strong>la</strong> propria indipendenza economica» e di «associarsi allo stato<br />

nel<strong>la</strong> vana speranza di accol<strong>la</strong>re» a quest’ultimo «i rischi del<strong>la</strong> propria<br />

impresa, conservando per sé i benefici» 51 .<br />

Gli anni del<strong>la</strong> grande depressione avrebbero poi portato <strong>Einaudi</strong><br />

ad identificare sostanzialmente keynesismo ed esperienza<br />

corporativa fascista e a rafforzarsi nel<strong>la</strong> convinzione che uno sviluppo<br />

equilibrato risiedesse nel<strong>la</strong> picco<strong>la</strong> impresa, meglio se familiare,<br />

e non nelle grandi imprese tendenti al monopolio. Rive<strong>la</strong>tore<br />

in questo senso è un articolo dell’autunno 1932, in cui l’economista<br />

piemontese ipotizza che il flusso annuo del reddito nazionale<br />

sia frutto non tanto del<strong>la</strong> grande impresa «rego<strong>la</strong>ta, disciplinata,<br />

vinco<strong>la</strong>ta», bensì di quel<strong>la</strong> picco<strong>la</strong> e media avente il suo fulcro<br />

«nel<strong>la</strong> infrangibile unità familiare» 52 . È stato giustamente osservato<br />

che è proprio <strong>la</strong> crisi degli anni Trenta a far incontrare Ei-


<strong>Luigi</strong> <strong>Einaudi</strong> e <strong>la</strong> <strong>trasfigurazione</strong> <strong>mitica</strong> <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi 767<br />

naudi e gran parte del<strong>la</strong> cultura cattolica sul terreno del rifiuto<br />

del<strong>la</strong> nuova realtà industriale mono-oligopolistica statunitense,<br />

giudicata da entrambi pericolosamente massificante e livel<strong>la</strong>trice<br />

<strong>dei</strong> gusti e <strong>dei</strong> consumi 53 . La resistenza a identificare «sviluppo<br />

capitalistico e grande dimensione taylorizzata – quindi –, secondo<br />

lo stereotipo che è divenuto dominante nel<strong>la</strong> cultura europea tra<br />

le due guerre, rendeva il modello einaudiano estremamente idoneo<br />

a interpretare una fase di sviluppo orizzontale dell’economia<br />

del paese, quale si produrrà dopo il 1945» 54 .<br />

Una delle prime misure che adottò <strong>Einaudi</strong> nel<strong>la</strong> sua veste di<br />

ministro del Bi<strong>la</strong>ncio fu quel<strong>la</strong> di ripristinare nel luglio 1947 il comitato<br />

interministeriale per il credito e il risparmio che, varato<br />

dal<strong>la</strong> legge bancaria del 1936, era stato abolito nel 1944, e che aveva<br />

come compito quello di vigi<strong>la</strong>re in materia valutaria, di tute<strong>la</strong><br />

del risparmio e di esercizio del<strong>la</strong> funzione creditizia. Tale comitato<br />

decise nell’agosto l’introduzione, a partire dal 30 settembre<br />

successivo, di un sistema di riserve bancarie obbligatorie 55 .<br />

Il ministro del Bi<strong>la</strong>ncio difendeva <strong>la</strong> sua decisione di procedere<br />

a una contrazione del credito, appel<strong>la</strong>ndosi al<strong>la</strong> necessità improrogabile<br />

del<strong>la</strong> «tute<strong>la</strong> <strong>dei</strong> risparmiatori», concepita come fine principale<br />

dell’azione di governo 56 . «Le banche – scriveva sulle colonne<br />

del Corriere del<strong>la</strong> Sera – hanno il torto di incolpare il Tesoro e <strong>la</strong><br />

Banca d’Italia di una restrizione di credito che è il risultato fatale<br />

del<strong>la</strong> condotta da esse tenuta nei 14 mesi decorsi: avendo dato alle<br />

industrie tutto e, anzi, qualcosa di più di tutto ciò che esse hanno<br />

ricevuto dai depositanti, le banche sono giunte ad un limite d’impiego<br />

[...] che sarebbe pericoloso, anzi folle, superare» 57 . Già pochi<br />

giorni prima di entrare a far parte del<strong>la</strong> compagine governativa<br />

<strong>Einaudi</strong> aveva ricordato come il conflitto bellico e <strong>la</strong> successiva<br />

svalutazione monetaria avessero colpito duramente i redditi di<br />

«milioni di medi e piccoli risparmiatori» 58 .<br />

In occasione del «prestito del<strong>la</strong> ricostruzione», varato nell’autunno<br />

del 1946 e conclusosi nel gennaio 1947 con il consenso<br />

pressoché unanime di tutti i partiti, aveva poi affermato che il suo<br />

successo fosse da ascrivere a «quelle api dal ronzio sommesso che<br />

si chiamano “risparmiatori”». Se <strong>la</strong> realtà aveva superato non solo<br />

il «probabile» ma anche il «verosimile», ciò andava attribuito a<br />

quello che veniva solennemente definito il «patriottismo <strong>dei</strong> sottoscrittori»<br />

59 . In effetti, tramite questa operazione furono raccolti<br />

231 miliardi tra denaro liquido e buoni del tesoro, un risultato


768 Luca Tedesco<br />

non disprezzabile, anche se al di sotto delle necessità finanziare<br />

indispensabili per <strong>la</strong> ricostruzione.<br />

In un intervento par<strong>la</strong>mentare dell’ottobre 1947 il ministro<br />

del Bi<strong>la</strong>ncio tesseva un altissimo elogio <strong>dei</strong> meriti storici <strong>dei</strong> risparmiatori<br />

ed affermava lo strettissimo legame esistente tra il risparmio<br />

e l’opera di ricostruzione in cui era impegnato il Paese:<br />

«Il risparmiatore italiano, con i suoi mezzi, ha provveduto a che<br />

si ricostruissero le ferrovie, si rifacessero le strade; ha compiuto<br />

un’opera che, domani, quando sarà considerata nel suo complesso,<br />

dovrà essere definita grandiosa. Esso, bisogna riconoscerlo,<br />

non avrebbe potuto ricostruire – risparmiare vuol dire ricostruire,<br />

è <strong>la</strong> premessa e <strong>la</strong> sostanza medesima del<strong>la</strong> ricostruzione<br />

– se non fosse stato aiutato nel frattempo a vivere, a mangiare<br />

e vestire, dai soccorsi americani. Ma gli italiani non si sono<br />

adagiati passivamente ai soccorsi altrui. Se ne sono dimostrati<br />

degni, faticando a ricostruire, risparmiando, per potere in avvenire<br />

fare da sé» 60 . Tramite le misure di restrizione <strong>dei</strong> crediti all’industria<br />

e al commercio e di drastica riduzione del<strong>la</strong> liquidità<br />

bancaria promosse dal governo nell’ottobre 1947, <strong>la</strong> velocità di<br />

circo<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> moneta rallentò e gli industriali furono costretti<br />

a riversare sul mercato le scorte, contribuendo così a raffreddare<br />

i prezzi.<br />

Le ragioni che avevano convinto <strong>Einaudi</strong> ad adottare tali<br />

provvedimenti, ripetiamo, sono pienamente comprensibili solo se<br />

si tiene a mente <strong>la</strong> funzione vitale che egli assegnava al<strong>la</strong> figura del<br />

risparmiatore nel salvaguardare una società economicamente sana.<br />

«È troppo comodo – ammoniva il ministro del Bi<strong>la</strong>ncio nell’intervento<br />

par<strong>la</strong>mentare citato – conservare in beni reali il frutto<br />

<strong>dei</strong> propri utili e poi chiedere allo stato direttamente o indirettamente<br />

sovvenzioni in lire per l’esercizio del<strong>la</strong> propria azienda<br />

principale. Il meccanismo è chiaro: chiedendo sovvenzioni, quando<br />

si sa che le sovvenzioni non possono essere date se non col<br />

mezzo dell’aumento del<strong>la</strong> circo<strong>la</strong>zione, si è praticamente certi che<br />

quel<strong>la</strong> sovvenzione, quando sarà restituita, se era di un miliardo<br />

come potenza di acquisto, sarà restituita in un miliardo nominale,<br />

ma quel miliardo nominale varrà soltanto un mezzo o magari un<br />

terzo di miliardo come potenza d’acquisto. Si sarà verificata una<br />

trasposizione di fortune, da chi a chi? Dal<strong>la</strong> povera gente che ha<br />

risparmiato, che ha depositato i denari, che ha comperato i titoli<br />

del debito pubblico [...] a favore di coloro i quali hanno trovato <strong>la</strong>


<strong>Luigi</strong> <strong>Einaudi</strong> e <strong>la</strong> <strong>trasfigurazione</strong> <strong>mitica</strong> <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi 769<br />

elegante maniera sovradescritta di sovvenire ai bisogni delle proprie<br />

aziende senza proprio sacrificio» 61 .<br />

Fin dall’aprile 1945, in un articolo apparso su Risorgimento liberale,<br />

l’economista piemontese aveva illustrato i terribili effetti di<br />

disgregazione sociale prodotti dal fenomeno inf<strong>la</strong>zionistico. Da<br />

una parte, infatti, «c’è chi resta con le piante attaccate al<strong>la</strong> terra e<br />

sono i percettori di redditi fissi, i pensionati privati, coloro che<br />

hanno redditi vinco<strong>la</strong>ti. Costoro avevano cento di reddito e, restando<br />

con lo stesso reddito, fanno <strong>la</strong> fame, con i prezzi moltiplicati<br />

per dieci, per venti, per cinquanta»; dall’altra vi «sono i borsari<br />

neri o commercianti improvvisati, che ad ogni giro di merce<br />

guadagnano grosse percentuali di profitto. In mezzo stanno coloro<br />

che hanno redditi aumentati, ma taluni meno e taluni più dell’aumento<br />

<strong>dei</strong> prezzi [...], tutti si <strong>la</strong>mentano: i primi a ragione ed i<br />

secondi perché invidiosi di coloro che guadagnano di più e timorosi<br />

di vedersi portar via quel che hanno guadagnato» 62 .<br />

L’inf<strong>la</strong>zione equivaleva quindi per <strong>Einaudi</strong> a «tragedia sociale»,<br />

«lotta fratricida», «caos sociale». Ad essa erano infatti principalmente<br />

da addebitare <strong>la</strong> distruzione <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi, ossatura<br />

di ogni società democratica, e l’affermazione <strong>dei</strong> regimi dittatoriali.<br />

Nel 1946 l’economista piemontese avrebbe riaffermato con<br />

forza <strong>la</strong> definizione di inf<strong>la</strong>zione come f<strong>la</strong>gello, «perché distrugge<br />

i <strong>ceti</strong> medi, perché arricchisce senza merito gli uni ed impoverisce<br />

senza colpa gli altri; perché crea l’odio e l’invidia fra c<strong>la</strong>sse<br />

e c<strong>la</strong>sse ed è al<strong>la</strong> radice delle convulsioni caratteristiche del<br />

tempo nostro» 63 .<br />

Quasi a parafrasare il Marx del Manifesto, esaltante <strong>la</strong> funzione<br />

storica di quel<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse borghese che aveva fatto ben più delle<br />

piramidi egiziane, degli acquedotti romani e delle cattedrali gotiche,<br />

<strong>Einaudi</strong> scriveva con linguaggio immaginifico che il ceto medio<br />

aveva prodotto «<strong>la</strong> grandezza delle città greche nell’antichità,<br />

delle città medievali italiane e fiamminghe e forma ora il nerbo<br />

del<strong>la</strong> civiltà occidentale» 64 .<br />

E proprio al<strong>la</strong> svolta def<strong>la</strong>zionistica, secondo gran parte del<strong>la</strong><br />

letteratura in materia, dovrebbe essere ascritta <strong>la</strong> salvezza del<strong>la</strong><br />

moneta italiana dal<strong>la</strong> rovina iperinf<strong>la</strong>zionistica che aveva colpito<br />

all’indomani del primo conflitto mondiale il marco tedesco 65 . Ed<br />

infatti il processo inf<strong>la</strong>ttivo che si era abbattuto sul<strong>la</strong> Germania<br />

nel primo dopoguerra veniva da <strong>Einaudi</strong> indicato come una delle<br />

maggiori concause dell’affermazione del<strong>la</strong> dittatura nazista.


770 Luca Tedesco<br />

Coerentemente con l’assunto teorico che qualificava come<br />

«equo» il prelievo fiscale sul solo reddito consumato, <strong>Einaudi</strong> fu<br />

partico<strong>la</strong>rmente ostile nei confronti dell’ipotesi di tassare gli incrementi<br />

patrimoniali, ipotesi giudicata contraria «all’avanzamento<br />

economico, al<strong>la</strong> stabilità sociale, al<strong>la</strong> solidità familiare», in<br />

quanto inibente <strong>la</strong> formazione del<strong>la</strong> ricchezza e <strong>la</strong> crescita <strong>dei</strong> redditi.<br />

«Risparmiare e quindi arricchire, incrementare <strong>la</strong> propria<br />

fortuna [...], ampliare <strong>la</strong> fabbrica, migliorare i terreni [...] che cosa<br />

è? Forse un delitto? [...] – si chiedeva retoricamente l’economista<br />

piemontese – Oggi non si sa più quale significato dare al risparmio,<br />

all’operosità feconda, all’iniziativa, al<strong>la</strong> capacità di organizzazione»<br />

66 . L’accenno al<strong>la</strong> stabilità sociale sve<strong>la</strong>va le ragioni anche<br />

politiche sottostanti alle misure che <strong>Einaudi</strong> avrebbe caldeggiato<br />

e che avrebbero risposto a quello che è stato definito un indirizzo<br />

di «stabilizzazione <strong>dei</strong> rapporti fra le c<strong>la</strong>ssi sociali» 67 . Egli<br />

temeva, infatti, che se non si fosse contenuta l’inf<strong>la</strong>zione, i <strong>ceti</strong> medi<br />

avrebbero potuto subire uno spostamento verso i partiti estremi,<br />

di destra come di sinistra.<br />

Rive<strong>la</strong>trice del<strong>la</strong> concordanza di vedute tra De Gasperi ed <strong>Einaudi</strong><br />

circa <strong>la</strong> necessità di dare una risposta efficace alle tensioni e<br />

ansietà economiche che animavano le «c<strong>la</strong>ssi risparmiatrici» nel<br />

dopoguerra è un discorso tenuto dal primo all’Assemblea Costituente<br />

nel dicembre 1947: «Esiste un quarto partito: – sosteneva<br />

il primo ministro, riferendosi a quanto detto nel Consiglio <strong>dei</strong> ministri<br />

in occasione del<strong>la</strong> crisi di governo che aveva decretato <strong>la</strong> fine<br />

dell’intesa tripartita – è il partito <strong>dei</strong> risparmiatori, proprio <strong>dei</strong><br />

piccoli risparmiatori non in grado di control<strong>la</strong>re <strong>la</strong> situazione né<br />

politica né amministrativa, e sono oggi al<strong>la</strong>rmati [...]. Bisogna fare<br />

qualche cosa per calmare questo quarto partito che appartiene a<br />

tutti gli strati sociali; ma soprattutto riguarda il ceto medio. Ed allora<br />

v’era proprio fra le mie previsioni una delle persone le quali<br />

potevano rappresentare il mezzo per calmare <strong>la</strong> preoccupazione:<br />

si trattava dell’onorevole <strong>Einaudi</strong>. Allora par<strong>la</strong>re dell’onorevole<br />

<strong>Einaudi</strong> era par<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> reazione, era par<strong>la</strong>re di una persona che<br />

ci avrebbe posti sotto il gioco <strong>dei</strong> grossi plutocrati e industriali.<br />

Oggi credo che, onestamente, nessuno in Italia possa pensare una<br />

cosa simile, quando si vede <strong>la</strong> collusione di interessi da parte di<br />

grossi industriali e, purtroppo, anche da parte di <strong>la</strong>voratori che<br />

hanno bisogno di <strong>la</strong>vorare per vivere, collusione contro <strong>la</strong> politica<br />

di <strong>Einaudi</strong>, politica def<strong>la</strong>zionistica che è evidentemente contro <strong>la</strong>


<strong>Luigi</strong> <strong>Einaudi</strong> e <strong>la</strong> <strong>trasfigurazione</strong> <strong>mitica</strong> <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi 771<br />

specu<strong>la</strong>zione» 68 . Precedentemente, nel novembre del 1946, De<br />

Gasperi, a proposito delle turbolenze inf<strong>la</strong>ttive, si era espresso<br />

con accenti assai simili a quelli einaudiani: «L’inf<strong>la</strong>zione – asseriva<br />

il leader cattolico – in un momento di prezzi crescenti e caratterizzato<br />

da un persistente squilibrio fra <strong>la</strong> produzione e <strong>la</strong> richiesta<br />

<strong>dei</strong> beni reali, sarebbe disastrosa per tutti e estremamente pericolosa<br />

anche per <strong>la</strong> tranquillità sociale» 69 . Simili preoccupazioni, ripetiamo,<br />

divenivano tanto più pressanti quanto più ci si avvicinava<br />

al<strong>la</strong> cruciale scadenza elettorale del<strong>la</strong> primavera del 1948 70 .<br />

La rappresentazione <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi produttivi come baluardo<br />

di un regime di libertà e sicura garanzia contro i pericoli di tentativi<br />

autoritari ricorre frequentemente, direi ossessivamente,<br />

negli articoli scritti da <strong>Einaudi</strong> per il Corriere del<strong>la</strong> Sera nel biennio<br />

1947-48. Nel nostro Paese, scriveva l’economista nell’aprile<br />

1948, dove «i <strong>ceti</strong> professionali non dipendono dallo stato, ma<br />

dal favore del<strong>la</strong> cliente<strong>la</strong>; dove gli agricoltori sono ancora re in<br />

casa propria e portano i propri prodotti al mercato e non sono<br />

costretti [...] a consegnarli a prezzi fissati ad un padrone anonimo<br />

detto stato; dove esistono ed esisteranno sempre, ove non<br />

siano aboliti per legge, artigiani e commercianti ed industriali<br />

piccoli e medi, non è possibile [...] <strong>la</strong> tirannia [...]. Vivono nelle<br />

nostre società milioni di uomini appartenenti a <strong>ceti</strong> indipendenti<br />

dal monopolista privato o dal leviatano statale. Questi <strong>ceti</strong> indipendenti<br />

sono ancora, per fortuna, <strong>la</strong> grandissima maggioranza<br />

del popolo italiano, come degli altri popoli di civiltà occidentale;<br />

ed in questi <strong>ceti</strong> indipendenti sta il presidio ultimo del<strong>la</strong> libertà<br />

civile e politica» 71 .<br />

In verità, i beneficiari di alcuni degli interventi di sostegno<br />

promossi dal quarto governo De Gasperi furono proprio <strong>la</strong> picco<strong>la</strong><br />

e media industria e l’artigianato, a testimonianza di come l’enfatizzazione<br />

einaudiana <strong>dei</strong> meriti <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi ignorava a volte <strong>la</strong><br />

ben più meschina, corposa e prosaica realtà delle richieste lobbistiche.<br />

«La media e picco<strong>la</strong> industria – si legge nello schema di un<br />

decreto legis<strong>la</strong>tivo del 1947 – rappresentano in Italia una delle<br />

più tipiche e tradizionali attività produttive che è indispensabile<br />

assistere e sviluppare nell’interesse sociale ed economico del Paese.<br />

Queste frazionatissime aziende che impiegano centinaia di migliaia<br />

di unità <strong>la</strong>vorative individuali e familiari non possono vivere<br />

e prosperare senza un adeguato sostegno creditizio che le aiuti<br />

nell’approvvigionamento delle materie prime, nel<strong>la</strong> dotazione di


772 Luca Tedesco<br />

adeguati strumenti di <strong>la</strong>voro e nel collocamento di prodotti [...].<br />

Potrà svilupparsi così in Italia quel<strong>la</strong> rinomata e caratteristica produzione<br />

industriale che esprime le peculiari qualità pratiche ed artistiche<br />

<strong>dei</strong> <strong>la</strong>voratori italiani e che rappresenta tanta parte dell’economia<br />

nazionale» 72 . Ai fini del finanziamento viene proposto di<br />

utilizzare <strong>la</strong> Banca Nazionale del Lavoro per l’Italia settentrionale<br />

e centrale ed il Banco di Napoli e di Sicilia per il Sud e le isole.<br />

Poiché l’esercizio di un credito specializzato a favore del<strong>la</strong> media<br />

e picco<strong>la</strong> industria comportava un rischio superiore al<strong>la</strong> media,<br />

veniva avanzata l’idea del<strong>la</strong> costituzione di un apposito «fondo di<br />

garanzia» da formarsi con <strong>la</strong> partecipazione dello Stato.<br />

Nel<strong>la</strong> seduta pomeridiana del 6 dicembre 1947 del Consiglio<br />

<strong>dei</strong> Ministri veniva approvato con dichiarazione di massima urgenza<br />

un provvedimento, poi decreto legis<strong>la</strong>tivo del capo provvisorio<br />

dello Stato del 15 dicembre 1947, n. 1419, concernente sempre<br />

il credito alle medie e piccole imprese industriali. In esso, ricordato<br />

l’aiuto finanziario pubblico al<strong>la</strong> grande industria, il sostegno<br />

creditizio a quel<strong>la</strong> medio-picco<strong>la</strong> viene giustificato dal<strong>la</strong> circostanza<br />

che quest’ultima rappresenta oltre il 60% dell’attività industriale<br />

italiana. Il «fondo di garanzia» viene costituito con apporto<br />

dello Stato per 3 miliardi di lire presso <strong>la</strong> Sezione di credito<br />

al<strong>la</strong> media e picco<strong>la</strong> industria del<strong>la</strong> Banca Nazionale del Lavoro,<br />

per 2 miliardi presso <strong>la</strong> Sezione di Credito Industriale del Banco<br />

di Napoli e per 1 miliardo presso quel<strong>la</strong> del Banco di Sicilia 73 .<br />

Accenti quasi lirici raggiungevano le giustificazioni addotte<br />

dal Consiglio <strong>dei</strong> Ministri per sostenere l’artigianato. Questo, difatti,<br />

«ancor più di altre attività industriali, [era] noto anche all’estero<br />

per le sue peculiari caratteristiche e per i suoi pregevoli <strong>la</strong>vori<br />

pratici ed artistici che, nei paesi a produzione standardizzata,<br />

[erano] spesso considerati e pagati come opere d’arte» 74 . Per sostenere<br />

questo settore economico veniva quindi approvata tra l’altro<br />

dal Consiglio <strong>dei</strong> Ministri <strong>la</strong> costituzione di una «Cassa per il<br />

Credito all’Artigianato», con un fondo di dotazione di 175 milioni<br />

di lire, finanziato dallo Stato per 100 milioni di lire e dall’Istituto<br />

di Credito delle Casse di Risparmio, dall’Istituto centrale per<br />

le Banche Popo<strong>la</strong>ri e dal Monte <strong>dei</strong> Paschi di Siena per 25 milioni<br />

di lire ciascuno, integrato da un «fondo di garanzia», ancora una<br />

volta con apporto dello Stato, per 2 miliardi di lire, negli esercizi<br />

1947-48 e 1948-49, nonché delle Casse di risparmio, delle Banche<br />

Popo<strong>la</strong>ri e del Monte <strong>dei</strong> Paschi di Siena.


<strong>Luigi</strong> <strong>Einaudi</strong> e <strong>la</strong> <strong>trasfigurazione</strong> <strong>mitica</strong> <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi 773<br />

Furono, così, <strong>la</strong> manovra restrittiva del 1947 e le prime misure<br />

a favore del<strong>la</strong> picco<strong>la</strong> e media borghesia e <strong>dei</strong> percettori di reddito<br />

fisso, insieme con l’ampliamento <strong>dei</strong> ruoli organici <strong>dei</strong> ministeri con<br />

<strong>la</strong> creazione di «ruoli speciali transitori», che diventarono nel tempo<br />

permanenti con l’entrata in ruolo di oltre duecentomi<strong>la</strong> «avventizi»,<br />

a garantire una solida base politico-elettorale al<strong>la</strong> Democrazia<br />

Cristiana, rafforzata negli anni successivi grazie al<strong>la</strong> riforma fondiaria,<br />

<strong>la</strong> Cassa per il Mezzogiorno e il piano-case di Fanfani 75 .<br />

Nel settembre 1947 venivano poi creati il «Fondo per il finanziamento<br />

delle industrie meccaniche» (Fim), con il compito di finanziare<br />

<strong>la</strong> ristrutturazione delle industrie meccaniche maggiormente<br />

in crisi, e una nuova finanziaria industriale dell’Iri, <strong>la</strong> Finmeccanica.<br />

Contemporaneamente venivano varati, come precedentemente<br />

segna<strong>la</strong>to, misure di sostegno per <strong>la</strong> media e picco<strong>la</strong><br />

imprenditoria e per l’artigianato, sussidi per i produttori nazionali<br />

di carbone, lignite, seta, zolfo e finanziamenti agevo<strong>la</strong>ti per le iniziative<br />

industriali nel Mezzogiorno. Nel dicembre 1947 un decreto<br />

legis<strong>la</strong>tivo concedeva agevo<strong>la</strong>zioni anche per <strong>la</strong> costruzione e l’ampliamento<br />

di stabilimenti al Sud, limitandosi a prevedere che dette<br />

misure sarebbero state finanziate dagli istituti di credito. Il Fim, al<strong>la</strong><br />

cui costituzione <strong>Einaudi</strong> si era in principio dichiarato favorevole,<br />

sarebbe ben presto degenerato in una sorta di scialuppa di salvataggio<br />

per imprese «cotte», fino al<strong>la</strong> sua liquidazione nel 1950.<br />

Sul finire del 1947 il ministro del Bi<strong>la</strong>ncio sti<strong>la</strong>va un deso<strong>la</strong>nte<br />

elenco degli «assalti» che gli interessi partico<strong>la</strong>ri avevano condotto<br />

con successo a danno dell’erario pubblico: «Dopo il trenta<br />

viene il trentuno; se si sono dati miliardi per il nord, se ne devono<br />

dare per il sud; se si sono dati per le meccaniche, bisogna darli per<br />

l’olio che non si vende neppure ai prezzi d’ammasso; per <strong>la</strong> seta<br />

che non si vende affatto [...]; per le piccole e medie aziende, le<br />

quali non sono pagate dalle grosse; per gli artigiani i quali veggono<br />

i clienti disertare i loro <strong>la</strong>boratori» 76 . Tutto ciò che ha e<strong>la</strong>rgito<br />

il Fim – avrebbe scritto <strong>Luigi</strong> <strong>Einaudi</strong> al proprio figlio Giulio il 12<br />

aprile 1948 – «è stato solo per paghe operaie e per industrie statali.<br />

Quando gli industriali vogliono ottenere qualcosa, mandano in<br />

piazza gli operai; e questi attraverso i prefetti e i ministri ottengono.<br />

Come mai i capi organizzatori non abbiano capito che, insistendo<br />

come fanno per non far licenziare neppure uno e inventando<br />

ogni sorta di amminicoli costosi ed inutili, come quelli del<strong>la</strong><br />

previdenza sociale, crescono <strong>la</strong> disoccupazione e aumentano <strong>la</strong>


774 Luca Tedesco<br />

miseria, non si capisce [...]. Pare che al di là di quel<strong>la</strong> che io chiamo<br />

<strong>la</strong> cortina di ferro, il problema sia stato risolto con <strong>la</strong> forza dello<br />

stato, il quale costringe al <strong>la</strong>voro, eventualmente condanna ai<br />

<strong>la</strong>vori forzati i renitenti, stabilisce i sa<strong>la</strong>ri con variazioni molto più<br />

sensibili di quelle nostre fra gli alti e i bassi, preleva con l’imposta<br />

di scambio parti notevoli del prodotto lordo ecc. ecc. Tutte cose<br />

impossibili in un regime di libera discussione» 77 . Nel corso del<br />

medesimo anno <strong>Einaudi</strong> si sarebbe più volte <strong>la</strong>mentato con De<br />

Gasperi dell’orientamento di molti ministri volto a caldeggiare<br />

politiche di «ampio respiro sociale» e a incrementare organici e<br />

capitoli di spesa piuttosto che a perseguire una linea di rigore economico<br />

78 .<br />

Nel febbraio 1948 veniva approvato il nuovo statuto dell’Iri,<br />

che metteva <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> fine al dibattito su una sua possibile privatizzazione,<br />

e si inscriveva a pieno titolo in quel fenomeno del<strong>la</strong><br />

«continuità» del sistema pubblico e amministrativo sotto il duplice<br />

profilo degli ordinamenti e del personale nel momento del trapasso<br />

dal regime fascista a quello repubblicano 79 . La svolta def<strong>la</strong>zionistica<br />

del 1947, è stato quindi a ragione rilevato, avrebbe segnato<br />

«piuttosto <strong>la</strong> fine che non l’inizio di una fase di intransigenti<br />

sperimentazioni liberiste» 80 .<br />

NOTE<br />

Luca Tedesco<br />

1 Cfr., per quanto attiene alle ricerche sulle c<strong>la</strong>ssi sociali in Italia e a titolo meramente<br />

indicativo, C. Daneo, Struttura e ideologia del ceto medio, in Problemi del socialismo,<br />

ottobre 1967, pp. 1216-1243; E. Gorrieri, La giung<strong>la</strong> retributiva, Il Mulino, Bologna<br />

1972; P. Calzabini, Problemi per un’analisi delle c<strong>la</strong>ssi sociali in Italia, in Inchiesta,<br />

1973, III, pp. 14-28; A. Pichierri, Le c<strong>la</strong>ssi sociali in Italia (1870-1970), Loescher, Torino<br />

1974; P. Sylos Labini, Saggio sulle c<strong>la</strong>ssi sociali, Laterza, Roma-Bari 1974; M. Paci (a cura<br />

di), Capitalismo e c<strong>la</strong>ssi sociali in Italia, Il Mulino, Bologna 1978; C. Carboni (a cura<br />

di), I <strong>ceti</strong> medi in Italia tra sviluppo e crisi, Laterza, Roma-Bari 1981; P. Sylos Labini, Le<br />

c<strong>la</strong>ssi sociali negli anni ’80, Laterza, Roma-Bari 1986; U. Pascoli-R. Catanzaro (a cura<br />

di), La società italiana degli anni ottanta, Laterza, Roma-Bari 1987; M. Paci, Il mutamento<br />

del<strong>la</strong> struttura sociale in Italia, Il Mulino, Bologna 1992; L. Gallino, Le c<strong>la</strong>ssi sociali<br />

tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta. Un tentativo di quantificazione e comparazione,<br />

in A. Del Boca-M. Legnani-M. G. Rossi (a cura di), Il regime fascista: storia e storiografia,<br />

Laterza, Roma-Bari 1995, pp. 399-413; M. Ma<strong>la</strong>testa (a cura di), I professionisti,<br />

in Storia d’Italia. Annali, <strong>Einaudi</strong>, Torino 1996, vol. 10; S. Musso, Lavoro e occupazione,<br />

in AA.VV., Guida all’Italia contemporanea 1861-1997, Garzanti, Mi<strong>la</strong>no 1998,<br />

vol. I, pp. 471-535.


<strong>Luigi</strong> <strong>Einaudi</strong> e <strong>la</strong> <strong>trasfigurazione</strong> <strong>mitica</strong> <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi 775<br />

2 Cfr. M. Salvati, C<strong>la</strong>ssi medie, in B. Bongiovanni-N. Tranfaglia, Dizionario storico<br />

dell’Italia unita, Laterza, Roma-Bari 1996, pp. 155-156.<br />

3 A. Pizzorno, I <strong>ceti</strong> medi nei meccanismi del consenso, in F. L. Cavazza-S. R. Grabaud<br />

(a cura di), Il caso italiano, Garzanti, Mi<strong>la</strong>no 1974, pp. 314-337.<br />

4 P. Sylos Labini, Saggio sulle c<strong>la</strong>ssi sociali, cit., pp. 9-60.<br />

5 A. Pizzorno, op. cit., p. 326.<br />

6 Ibid., pp. 324-326.<br />

7 Ibid., p. 324.<br />

8 Ibid.<br />

9 S. Co<strong>la</strong>rizi, La seconda guerra mondiale e <strong>la</strong> Repubblica, Tea, Mi<strong>la</strong>no 1996 (ed.<br />

originale UTET, Torino 1984), pp. 371-383.<br />

10 Ibid., p. 375.<br />

11 Ibid., pp. 374-379. Circa il supposto «anticapitalismo» delle c<strong>la</strong>ssi medie e <strong>la</strong> visione<br />

apocalittica del col<strong>la</strong>sso del capitalismo, mutuata dal<strong>la</strong> Terza Internazionale, delle sinistre<br />

marxiste, visione sostanzialmente riproposta dopo il 1945, cfr. gli ancora validi L. Luzzatto<br />

e B. Maffi, La politica delle c<strong>la</strong>ssi medie e il p<strong>la</strong>nismo, in S. Merli, Fronte antifascista e<br />

politica di c<strong>la</strong>sse. Socialisti e comunisti in Italia 1923-1939, De Donato, Bari 1975, pp. 76-<br />

106 e E. Sereni, Fascismo, capitale finanziario e capitalismo monopolistico di Stato nelle analisi<br />

<strong>dei</strong> comunisti italiani, in Critica marxista, settembre-ottobre 1972, pp. 17-46.<br />

12 Ibid., p. 418. Come ha scritto Piero Barucci, tutte le forze politiche tentarono di<br />

conquistare <strong>la</strong> fiducia <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi, «ritenendoli i veri protagonisti per <strong>la</strong> ricostruzione<br />

economica», in P. Barucci, Ricostruzione, pianificazione, Mezzogiorno. La politica economica<br />

in Italia dal 1943 al 1955, Il Mulino, Bologna 1978, pp. 79-98.<br />

13 P. Sylos Labini, Saggio sulle c<strong>la</strong>ssi sociali, cit., p. 155, tabel<strong>la</strong> 1.1, qui parzialmente<br />

riprodotta.<br />

Italia (cifre assolute in migliaia)<br />

1936 1951<br />

I. CLASSI MEDIE<br />

Ia. PICCOLA BORGHESIA<br />

10.760 11.435<br />

IMPIEGATIZIA 990 1.970<br />

1. Impiegati privati 340 1.050<br />

2. Impiegati pubblici 436 595<br />

3. Insegnanti<br />

Ib. PICCOLA BORGHESIA<br />

214 325<br />

RELATIVAMENTE AUTONOMA 9.250 8.930<br />

1. Coltivatori diretti 3.700 6.080<br />

2. Fittavoli e coloni 3.300<br />

3. Artigiani 1.000 1.200<br />

4. Commercianti 1.050 1.350<br />

5. Trasporti e servizi 200 300<br />

Ic. CATEGORIE PARTICOLARI<br />

(militari, religiosi e altri)<br />

520 535<br />

II. BORGHESIA 320 390<br />

Proprietari, imprenditori e dirigenti 210 245<br />

Professionisti 110 145<br />

III. CLASSE OPERAIA 8.550 8.250<br />

TOTALE 19.630 20.075


776 Luca Tedesco<br />

14 L. Gallino, op. cit., pp. 407-408, di cui riproduciamo parzialmente <strong>la</strong> tabel<strong>la</strong> n. 1<br />

a p. 403.<br />

Variazioni del peso assoluto e re<strong>la</strong>tivo di ciascuna c<strong>la</strong>sse del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />

in condizione professionale 1931-1951 (cifre in migliaia)<br />

1931 1951<br />

CLASSI n. % n. %<br />

C<strong>la</strong>sse di servizio<br />

Coltivatori diretti<br />

70 0,4 50 0,2<br />

(conduttori, mezzadri, coloni) 5640+200?* 32 5.470 27,7<br />

di cui coadiuvanti 2.860+600?* 16,3 3.000 15,2<br />

Lavoratori agricoli<br />

Artigiani<br />

2.400+400?* 13,6 2.660 13,5<br />

(inclusi i coadiuvanti) 770 4,4 900 4,6<br />

Commercianti 870 4, 9 760 3,8<br />

di cui coadiuvanti 175+200?* 1 230<br />

Impiegati 475 2,7 970 4,9<br />

Lavoratori <strong>dei</strong> servizi 1.430 8,1 1.750 9,9<br />

Tecnici 100 0,6 240 1,2<br />

Insegnanti 185 1,1 320 1,6<br />

C<strong>la</strong>sse medica 55 0,3 120 0,6<br />

Operatori socio-sanitari 95 0,6 100 0,5<br />

Altre c<strong>la</strong>ssi 5.590 0,31 6.175 0,31<br />

Totale c<strong>la</strong>ssi 17.600 100 19.745 100<br />

Popo<strong>la</strong>zione 41.175 42,7 47.500 41,6<br />

* Il punto interrogativo indica una presumibile sottostima delle figure femminili<br />

impiegate nell’agricoltura e nel commercio.<br />

15 Cfr. R. Petri, Dal<strong>la</strong> ricostruzione al miracolo economico, in G. Sabbatucci e V. Vidotto<br />

(a cura di), Storia d’Italia. La Repubblica 1943-1963, Laterza, Roma-Bari 1997, vol.<br />

V, pp. 319-320, e M. De Cecco, La politica economica durante <strong>la</strong> ricostruzione 1945-1951,<br />

in S. J. Woolf (a cura di), Italia 1943-1950. La ricostruzione, Laterza, Bari-Roma 1974, p.<br />

289. 16 A. Giovagnoli, Le premesse del<strong>la</strong> ricostruzione. Tradizione e modernità nel<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse<br />

dirigente cattolica del dopoguerra, Nuovo Istituto Editoriale Italiano, Mi<strong>la</strong>no 1982,<br />

pp. 4-5.<br />

17 Cfr., a titolo esemplificativo, P. Barucci, La linea economico-sociale, in G. Rossini<br />

(a cura di), De Gasperi e l’età del centrismo (1947-1953), Cinque Lune, Roma 1984,<br />

Atti del Convegno di studio organizzato dal Dipartimento cultura, scuo<strong>la</strong> e formazione<br />

del<strong>la</strong> direzione centrale del<strong>la</strong> D.C., Lucca, 4-6 marzo 1982, pp. 143-144.<br />

18 P. Togliatti, Momenti del<strong>la</strong> storia d’Italia, Editori Riuniti, Roma 1963, p. 194. La<br />

formazione economica degasperiana viene considerata marginale e «strumentale all’attività<br />

militante» anche da P. Craveri, De Gasperi Alcide, in Dizionario biografico degli italiani,<br />

Istituto del<strong>la</strong> Enciclopedia Italiana, Roma 1988, vol. 36, p. 84.<br />

19 P. Togliatti, op. cit., pp. 195-196.<br />

20 Ibid., p. 196.<br />

21 Ibid., p. 197.<br />

22 Ibid., p. 198.<br />

23 A. Giovagnoli, op. cit., pp. 30-35.<br />

24 P. Barucci, La linea economico-sociale, cit., pp. 145 e 149.


<strong>Luigi</strong> <strong>Einaudi</strong> e <strong>la</strong> <strong>trasfigurazione</strong> <strong>mitica</strong> <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi 777<br />

25 Ibid., pp. 149-150. I temi del<strong>la</strong> difesa del potere d’acquisto del<strong>la</strong> moneta e del<br />

contenimento <strong>dei</strong> prezzi ricorrono frequentemente anche negli interventi al<strong>la</strong> Costituente.<br />

Cfr. in proposito A. De Gasperi, Sul<strong>la</strong> politica finanziaria del governo, seduta all’Assemblea<br />

Costituente del 18 settembre 1946, in Id., Discorsi par<strong>la</strong>mentari (1921-<br />

1949), Camera <strong>dei</strong> Deputati, Roma 1985, p. 133 e Id., Per <strong>la</strong> discussione sul<strong>la</strong> situazione<br />

finanziaria, seduta all’Assemblea Costituente dell’11 aprile 1947, ibid., p. 238.<br />

26 W. Röpke, Liberalismo e Cristianesimo, in Vita e Pensiero, ottobre 1947. Cfr. anche<br />

P. Roggi, Il mondo cattolico e i «grandi temi» del<strong>la</strong> politica economica, in G. Mori (a<br />

cura di), La cultura economica nel periodo del<strong>la</strong> ricostruzione, Il Mulino, Bologna 1980,<br />

pp. 580-587.<br />

27 A. De Gasperi, Idee ricostruttive del<strong>la</strong> Democrazia cristiana (al<strong>la</strong> cui stesura parteciparono<br />

altri esponenti cattolici) e Id., La paro<strong>la</strong> <strong>dei</strong> democratici cristiani, ora in Atti e<br />

documenti del<strong>la</strong> Democrazia Cristiana, 1943-1967, Cinque Lune, Roma 1967, vol. I, rispettivamente<br />

pp. 1-8 e pp. 23-34.<br />

28 A. De Gasperi, La paro<strong>la</strong> <strong>dei</strong> democratici cristiani, cit., p. 27.<br />

29 Ibid.<br />

30 Ibid., pp. 27-29.<br />

31 Rerum Scriptor (A. De Gasperi), Evoluzione del corporativismo, in Illustrazione<br />

Vaticana, 1-15 gennaio 1934, ora in A. De Gasperi, I cattolici dall’opposizione al governo,<br />

Laterza, Bari 1955, pp. 162-167.<br />

32 Ibid., pp. 168-916.<br />

33 Ibid., p. 170.<br />

34 Ibid., p. 172.<br />

35 A. Moioli, De Gasperi e i cattolici trentini di fronte ai problemi economici e sociali<br />

del loro ambiente, in A. Canavero e A. Moioli (a cura di), De Gasperi e il Trentino tra<br />

<strong>la</strong> fine dell’800 e il primo dopoguerra, <strong>Luigi</strong> Reverdito, Trento 1985, pp. 68-69.<br />

36 Lettera di A. De Gasperi a S. Paronetto del 10 settembre 1943, ora in M. R. De<br />

Gasperi (a cura di), De Gasperi scrive. Corrispondenza con capi di stato, cardinali, uomini<br />

politici, giornalisti, diplomatici, Morcelliana, Brescia 1981, p. 343.<br />

37 A. De Gasperi, La Democrazia Cristiana e il momento politico, ora in Id., Discorsi<br />

politici, Cinque Lune, Roma 1956, vol. I, p. 18.<br />

38 Pier Giorgio Zunino ha scritto come i topoi degasperiani dell’etica del <strong>la</strong>voro,<br />

del sacrificio, del risparmio, del<strong>la</strong> responsabilità e del<strong>la</strong> disciplina individuale e collettiva<br />

si rive<strong>la</strong>rono i più adatti ad essere accolti e interiorizzati dagli strati medio-borghesi,<br />

in P. G. Zunino (a cura di), Scritti politici di Alcide De Gasperi, Feltrinelli, Mi<strong>la</strong>no<br />

1979, p. 68.<br />

39 A. De Gasperi, Le vie del<strong>la</strong> rinascita, discorso pronunciato a Torino il 24 marzo<br />

1946, ora in Id., Discorsi politici, cit., pp. 68-69.<br />

40 L’intervento è depositato nel Fondo Francesco Bartolotta, Attività di Alcide De<br />

Gasperi (1945-1953), presso l’Archivio dell’Istituto <strong>Luigi</strong> Sturzo di Roma, anno 1947,<br />

vol. XII, pp. 1065-1075.<br />

41 L. <strong>Einaudi</strong>, I fasti italiani degli aspiranti trivel<strong>la</strong>tori del<strong>la</strong> Tripolitania, in La Riforma<br />

sociale, marzo 1912, pp. 161-193. Cfr., a titolo esemplificativo, anche Id., Nuovi favori<br />

ai siderurgici?, ibid., febbraio 1911; Id., Polemizzando con i siderurgici, ibid., dicembre<br />

1912; Id., Protezionismo e trust, in L’Unità, 5 settembre 1913; Id., Dazi doganali e<br />

sindacati fra industriali, in Corriere del<strong>la</strong> Sera, 3, 8, 15 e 26 marzo 1914.<br />

42 Id., La condotta economica e gli effetti sociali del<strong>la</strong> guerra italiana, Bari-New Haven<br />

1933, pp. 264-281. Cfr. anche R. Vivarelli, Liberismo, protezionismo, fascismo. Per <strong>la</strong><br />

storia e il significato di un trascurato giudizio di <strong>Luigi</strong> <strong>Einaudi</strong> sulle origini del fascismo,<br />

in Id., Il fallimento del liberalismo. Studi sulle origini del fascismo, Il Mulino, Bologna<br />

1981, pp. 164-169. Sul<strong>la</strong> concezione einaudiana del<strong>la</strong> vita, da fondare sui valori del<strong>la</strong> sobrietà,<br />

del<strong>la</strong> misura, del<strong>la</strong> frugalità e del sacrificio, valori tutti racchiusi nel<strong>la</strong> figura del<br />

risparmiatore, cfr. D. Preti, Ragionando intorno al<strong>la</strong> fortuna di un illustre conservatore,


778 Luca Tedesco<br />

grande giornalista e opinion maker italiano: <strong>Luigi</strong> <strong>Einaudi</strong>, in Italia contemporanea, giugno<br />

2001, pp. 318-319.<br />

43 Id., La condotta economica e gli effetti sociali del<strong>la</strong> guerra italiana, cit., p. 279.<br />

44 Ibid., p. 406.<br />

45 Ibid., pp. 9-10.<br />

46 Ibid., p. 26.<br />

47 Ibid., p. 281.<br />

48 Id., Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), <strong>Einaudi</strong>, Torino<br />

1961, vol. V, p. XXXIII.<br />

49 Id., La condotta economica e gli effetti sociali del<strong>la</strong> guerra italiana, cit., p. 387.<br />

50 Ibid., pp. XXIX-XXX.<br />

51 Ibid., p. 408.<br />

52 L. <strong>Einaudi</strong>, Bardature del<strong>la</strong> crisi, in La Riforma sociale, settembre-ottobre 1932,<br />

p. 515, citato in L. Paggi, Strategie politiche e modelli di società nel rapporto Usa-Europa<br />

(1930-1950), in Id. (a cura di), Americanismo e riformismo. La socialdemocrazia europea<br />

nell’economia mondiale aperta, <strong>Einaudi</strong>, Torino 1989, p. 95.<br />

53 Ibid., p. 97. Cfr. a riguardo L. <strong>Einaudi</strong>, Economia di concorrenza e capitalismo storico.<br />

La terza via fra i secoli XVIII e XIX, in Rivista di storia economica, giugno 1942, pp.<br />

49-72. 54 L. Paggi, op. cit., p. 97.<br />

55 Sulle preoccupazioni di <strong>Einaudi</strong> in tema di costituzione di riserve obbligatorie<br />

cfr. <strong>la</strong> circo<strong>la</strong>re da lui inviata il 29 gennaio 1947, in qualità di Governatore del<strong>la</strong> Banca<br />

d’Italia, agli istituti di credito e depositata presso l’archivio storico del<strong>la</strong> Banca d’Italia,<br />

Fondo Vigi<strong>la</strong>nza, serie 1, n. 231. A tal proposito mi permetto di rinviare al mio <strong>Einaudi</strong>,<br />

<strong>la</strong> Banca d’Italia e <strong>la</strong> stretta creditizia. L’operato dell’istituto di emissione negli anni del<strong>la</strong><br />

ricostruzione, in Nuova Storia contemporanea, marzo-aprile 2004, pp. 159-162.<br />

56 L. <strong>Einaudi</strong>, Vincoli del credito, in Corriere del<strong>la</strong> Sera, 7 settembre 1947, p. 1.<br />

57 Ibid.<br />

58 Id., Il pugno di mosche <strong>dei</strong> risparmiatori, ibid., 4 maggio 1947, p. 1.<br />

59 Id., Successo del prestito, ibid., 19 gennaio 1947, p. 1.<br />

60 Id., Politica economica e finanziaria, in Id., Interventi e re<strong>la</strong>zioni par<strong>la</strong>mentari,<br />

Fondazione <strong>Luigi</strong> <strong>Einaudi</strong>, Torino 1982, vol. II, p. 733 (intervento par<strong>la</strong>mentare del 4<br />

ottobre 1947). Cfr. anche Id., Il paese salvato dal risparmio, in La Libertà, 16 aprile 1946,<br />

p. 1. Per <strong>la</strong> lettura einaudiana del<strong>la</strong> ricostruzione come «sinonimo di rinunce, di risparmio»,<br />

cfr. anche Banca d’Italia, Adunanza generale, anno 1946, Roma 1947.<br />

61 Id., Politica economica e finanziaria, cit., pp. 723-724.<br />

62 Id., L’alzamento del<strong>la</strong> moneta, in Risorgimento liberale, 15 aprile 1945, p. 1.<br />

63 Id., La coda del<strong>la</strong> vacca, in Corriere del<strong>la</strong> Sera, 26 ottobre 1946, p. 1. Cfr. anche<br />

Junius (L. <strong>Einaudi</strong>), Il grande esperimento, supplemento del<strong>la</strong> Gazzetta Ticinese, 25 novembre<br />

1944, sul<strong>la</strong> capacità dell’inf<strong>la</strong>zione, a causa dell’alterazione che comportava senza<br />

alcun criterio di giustizia nel<strong>la</strong> distribuzione <strong>dei</strong> redditi, di scatenare sentimenti di<br />

«rabbia di tutti contro tutti».<br />

64 Id., Avvenire <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi, in Corriere del<strong>la</strong> Sera, 16 marzo 1947, p. 1.<br />

65 R. Petri, Dal<strong>la</strong> ricostruzione al miracolo economico, cit., p. 322.<br />

66 L. <strong>Einaudi</strong>, Manomorte tributarie, in Risorgimento liberale, 1° marzo 1946, p. 1.<br />

67 V. Castronovo, La storia economica, in R. Romano e C. Vivanti (a cura di), Storia<br />

d’Italia, Torino 1975, vol. IV, tomo I, p. 353.<br />

68 Seduta all’Assemblea Costituente del 19 dicembre 1947, citata in P. Barucci, La<br />

linea economico-sociale, cit., pp. 157-158. Sul<strong>la</strong> sostanziale convergenza di opinioni <strong>dei</strong><br />

due statisti indotta anche dal clima emergenziale del<strong>la</strong> ricostruzione che avrebbe attenuato<br />

le eventuali differenze di «coloritura dottrinaria», ibid., pp. 159-160.<br />

69 Segreteria partico<strong>la</strong>re di A. De Gasperi, presso l’Archivio dell’Istituto <strong>Luigi</strong> Sturzo<br />

di Roma, busta 23, fasc. 187, Roma, 16 novembre 1946, p. 2.


<strong>Luigi</strong> <strong>Einaudi</strong> e <strong>la</strong> <strong>trasfigurazione</strong> <strong>mitica</strong> <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi 779<br />

70 Cfr. M. De Cecco, op. cit., p. 309. Conferma del<strong>la</strong> centralità del voto <strong>dei</strong> <strong>ceti</strong> medi<br />

in quel<strong>la</strong> tornata elettorale è il discorso tenuto da De Gasperi al Convegno <strong>dei</strong> gruppi<br />

giovanili del<strong>la</strong> Democrazia cristiana il 17 febbraio 1948: «Ai contadini piccoli proprietari,<br />

ai piccoli risparmiatori, agli artigiani, ai funzionari, chiediamo di essere consapevoli<br />

del<strong>la</strong> precarietà del<strong>la</strong> loro sorte. Essi non hanno altra sicurezza che in un regime<br />

di ordine, di stabilità e di libertà. Se <strong>la</strong> democrazia repubblicana italiana non si consolidasse<br />

con una evoluzione sociale ordinata, voi, che appartenete a queste categorie,<br />

scomparirete travolti, strito<strong>la</strong>ti nel conflitto sociale. Quindi non siate incerti, non siate<br />

pavidi, non abbiate paura. Il voto del 18 aprile riguarda anche <strong>la</strong> vostra sorte e <strong>la</strong> vostra<br />

esistenza. È inutile mettersi in riserva, tenersi aperte tutte le vie, non ce n’è che una: dovete<br />

prender<strong>la</strong> con risolutezza e responsabilità», in A. De Gasperi, Non serviamo l’America,<br />

non osteggiamo <strong>la</strong> Russia: difendiamo l’Italia, in Id., Discorsi politici, cit., vol. I,<br />

p. 201. In quello stesso mese il primo ministro segna<strong>la</strong>va come impegno del governo dovesse<br />

essere <strong>la</strong> «salvezza» e il «progresso delle c<strong>la</strong>ssi popo<strong>la</strong>ri-<strong>la</strong>voratrici e [del] ceto medio».<br />

Cfr. in proposito <strong>la</strong> lettera di A. De Gasperi a G. Saragat del 12 febbraio 1948, in<br />

M. R. De Gasperi (a cura di), op. cit., p. 230.<br />

71 L. <strong>Einaudi</strong>, La terza via sta nei piani?, in Corriere del<strong>la</strong> Sera, 15 aprile 1948, ora<br />

in Id., Il buongoverno. Saggi di economia e politica (1897-1954), Laterza, Bari 1954, pp.<br />

362-363.<br />

72 Re<strong>la</strong>zione allegata allo schema di decreto legis<strong>la</strong>tivo contenente disposizioni per<br />

i finanziamenti alle medie e piccole imprese industriali, presentato dal ministro del Tesoro<br />

Gustavo Del Vecchio e approvato dal Consiglio <strong>dei</strong> Ministri, in Verbali del Consiglio<br />

<strong>dei</strong> Ministri luglio 1943-maggio 1948, Presidenza del Consiglio <strong>dei</strong> Ministri, Dipartimento<br />

per l’informazione e l’editoria, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma<br />

1998, IX, 1, verbale del<strong>la</strong> seduta del 24 ottobre 1947, p. 1052.<br />

73 Cfr. il verbale del<strong>la</strong> seduta del 6 dicembre 1947, ibid., IX, 2, pp. 1346-1347.<br />

74 Re<strong>la</strong>zione allegata allo schema di decreto legis<strong>la</strong>tivo contenente disposizioni per<br />

il credito alle imprese artigiane italiane, approvato dal Consiglio <strong>dei</strong> ministri con modifiche<br />

proposte dal ministro per il Bi<strong>la</strong>ncio, ibid., IX, 2, verbale del<strong>la</strong> seduta del 6 dicembre<br />

1947, p. 1348.<br />

75 V. Castronovo, Economia e c<strong>la</strong>ssi sociali e R. Romanelli, Apparati statali, <strong>ceti</strong> burocratici<br />

e modo di governo, in V. Castronovo (a cura di), L’Italia contemporanea 1945-<br />

1975, <strong>Einaudi</strong>, Torino 1976, rispettivamente a pp. 15 e 155.<br />

76 L. <strong>Einaudi</strong>, Non cantabit, in Corriere del<strong>la</strong> Sera, 9 dicembre 1947, ora in Id., Il<br />

buongoverno. Saggi di economia e politica (1897-1954), cit., p. 352.<br />

77 Lettera citata in R. Faucci, <strong>Luigi</strong> <strong>Einaudi</strong>, UTET, Torino, p. 377.<br />

78 Cfr. a tal proposito le missive indirizzate da <strong>Einaudi</strong> al Presidente del Consiglio<br />

il 30 gennaio e il 29 aprile 1948, delle quali viene dato conto nel Fondo Francesco Bartolotta,<br />

cit., anno 1948, voll. I e XI, pp. 43-4 e 991-992.<br />

79 F. Rugge, Il disegno amministrativo: evoluzioni e persistenze, in AA.VV., Storia<br />

dell’Italia repubblicana, vol. II, La trasformazione dell’Italia: sviluppo e squilibri, tomo II,<br />

Istituzioni, movimenti, culture, <strong>Einaudi</strong>, Torino 1995, pp. 218-221.<br />

80 R. Petri, op. cit., p. 328.

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