Il buco nell'acqua: trivellazioni di profondità e fallimenti comunicativi ...
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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA’ DI BOLOGNA<br />
Facolta’ <strong>di</strong> Lettere e Filosofia<br />
Corso <strong>di</strong> Laurea in Scienze della Comunicazione<br />
IL BUCO NELL'ACQUA<br />
<strong>trivellazioni</strong> <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà e <strong>fallimenti</strong> <strong>comunicativi</strong>: il caso BP<br />
Semiotica I<br />
Relatore: prof. Costantino Marmo Presentata da Eliano Ricci<br />
Sottocommissione proff.: Luciano Casali, Daniele Donati, Costantino Marmo<br />
Sessione III<br />
anno accademico 2009/2010
2<br />
Incompetence is the true crisis.<br />
Albert Einstein
In<strong>di</strong>ce:<br />
1. INTRODUZIONE p. 4<br />
2. CRONACA DI UN DISASTRO COMUNICATIVO p. 5<br />
2.1 <strong>Il</strong> battesimo del fuoco<br />
2.2 Fallimenti e mancanze<br />
2.3 La marea nera<br />
2.4 La natura violata<br />
2.5 La svolta<br />
3. DA BEYOND PETROLEUM A BIG PROBLEMS p. 10<br />
3.1 <strong>Il</strong> riposizionamento nell’immaginario collettivo<br />
3.2 <strong>Il</strong> crollo<br />
3.3 Un nome devastato<br />
4. STRATEGIE MEDIATICHE p. 14<br />
4.1 Input e output<br />
4.2 Attenzione in evidenza<br />
4.3 <strong>Il</strong> website<br />
4.4 I motori <strong>di</strong> ricerca<br />
4.5 La trasparenza mancata<br />
4.6 Le azioni sul campo<br />
4.7 Cali il sipario<br />
5 - STRATEGIE DI CONTESTAZIONE p. 18<br />
5.1 <strong>Il</strong> potere del web<br />
5.2 Contestazione on-line<br />
5.3 Contestazione off-line<br />
6 - GLI ERRORI COMUNICATIVI p. 22<br />
6.1 La menzogna svelata<br />
6.2 Eccessive rassicurazioni<br />
6.3 Mancanza <strong>di</strong> contrizione<br />
6.4 Rendere cre<strong>di</strong>bili compassione e determinazione<br />
6.5 Affermare la propria stupi<strong>di</strong>tà<br />
6.6 Le strategie <strong>di</strong> lungo periodo<br />
6.7 <strong>Il</strong> dubbio sul futuro<br />
7 – CONCLUSIONI p. 27<br />
Bibliografia<br />
3
1 - INTRODUZIONE<br />
Crisi <strong>di</strong> ogni genere si sono susseguite nella storia dell’umanità: economiche, ambientali,<br />
umanitarie, politiche. Nessuno, in alcun angolo del pianeta, può <strong>di</strong>chiararsi immune da questo<br />
rischio. Nel corso dell’ultimo secolo un nuovo genere <strong>di</strong> emergenza è andato ad aggiungersi alla<br />
lista: la crisi d’impresa. Entità produttive <strong>di</strong> sempre maggiori <strong>di</strong>mensioni, dotate <strong>di</strong> crescenti poteri,<br />
hanno <strong>di</strong>mostrato come le conseguenze delle loro azioni possano avere ricadute su scala globale.<br />
Questo è avvenuto anche grazie alla sempre più stretta interrelazione che caratterizza la società<br />
contemporanea, improntata all'imme<strong>di</strong>atezza, dove le informazioni possono volare in pochi istanti<br />
da un capo all’altro del pianeta, a <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> chiunque ne sia interessato.<br />
A seguito <strong>di</strong> ciò si è imposto per le imprese l’obbligo <strong>di</strong> dotarsi <strong>di</strong> strumenti adeguati ad affrontare<br />
le potenziali crisi. L’eventuale assenza <strong>di</strong> strategie pre-elaborate comporterebbe inevitabilmente il<br />
ricorso all’improvvisazione, una scommessa rischiosa quando si tratta <strong>di</strong> prendere velocemente<br />
decisioni che potrebbero avere conseguenze <strong>di</strong> forte impatto. Elementi integranti <strong>di</strong> questi piani<br />
sono le tattiche comunicative da adottare durante la gestione degli eventi, al fine <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re che la<br />
crisi trascini nel baratro l’intera immagine aziendale.<br />
<strong>Il</strong> rischio <strong>di</strong> crisi non è però identico per tutti. Alcune industrie, a causa <strong>di</strong> loro particolari<br />
caratteristiche o ambiti d’azione, sono più soggette <strong>di</strong> altre al rischio <strong>di</strong> tracolli <strong>di</strong> ampia portata. È il<br />
caso dell’industria petrolifera, le cui attività sono soggette al cosiddetto “low probability, high<br />
impact event”. Basse probabilità che un <strong>di</strong>sastro si verifichi, a fronte <strong>di</strong> enormi danni potenziali.<br />
Questo comporta inevitabilmente un alto rischio reputazionale, imponendo la necessità <strong>di</strong> stesura <strong>di</strong><br />
accurati piani <strong>di</strong> crisis management, riguardanti sia la gestione pratica che comunicativa degli<br />
eventi.<br />
Si prenderà qui in considerazione, con particolare attenzione alla sfera me<strong>di</strong>atica, il caso <strong>di</strong> cui è<br />
stata protagonista la British Petroleum quando, durante la primavera-estate 2010, l’esplosione <strong>di</strong><br />
una sua piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico ha generato una crisi ambientale <strong>di</strong> enormi<br />
<strong>di</strong>mensioni. Partendo da un riassunto generale degli eventi, si procederà analizzando le politiche <strong>di</strong><br />
riposizionamento green seguite dall'impresa negli ultimi anni. A ciò seguirà un esame delle strategie<br />
messe in atto dalla BP per arginare e gestire l’emergenza nel Golfo del Messico, prendendo in<br />
considerazione anche le azioni <strong>di</strong> protesta “me<strong>di</strong>atica” avviate dagli oppositori del gigante<br />
petrolifero. Infine, considerate le ripercussioni degli eventi sull’immagine dell’impresa, si<br />
concluderà con un bilancio generale rispetto alla gestione della crisi.<br />
4
2 - CRONACA DI UN DISASTRO COMUNICATIVO<br />
2.1 <strong>Il</strong> battesimo del fuoco<br />
È il 2 settembre 2009. La compagnia petrolifera British Petroleum, con sede nel Regno Unito,<br />
afferma <strong>di</strong> aver scoperto una "gigantesca" riserva <strong>di</strong> oro nero negli abissi del Golfo del Messico.<br />
Dimensioni e potenziale <strong>di</strong> estrazione del giacimento sono ancora da determinare, per ora l'unica<br />
cosa certa è che cavarne petrolio sarà complesso: è il pozzo <strong>di</strong> idrocarburi più profondo al mondo.<br />
Partono i lavori, ma il 20 aprile 2010 avviene un malaugurato evento: a bordo della piattaforma si<br />
verifica un’esplosione che dà luogo a un violentissimo incen<strong>di</strong>o. 11 persone muoiono all’istante,<br />
altre 17 restano ferite. La flotta BP tenta invano per 2 giorni <strong>di</strong> spegnere le fiamme, finché la<br />
piattaforma non si rovescia, inabissandosi nelle acque nel Golfo.<br />
<strong>Il</strong> fatto, già <strong>di</strong> per sé nefasto, viene ulteriormente aggravato dal malfunzionamento delle valvole <strong>di</strong><br />
sicurezza poste all’imboccatura del pozzo. <strong>Il</strong> greggio in pressione fuoriesce senza controllo,<br />
iniziando a spandersi nelle acque e risalendo verso la superficie. I me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> tutto il mondo seguono<br />
con attenzione l’evolversi della vicenda. Si <strong>di</strong>ce che la marea nera che minaccia le coste sia<br />
“potenzialmente una tra le peggiori della storia”. L'amministrazione federale or<strong>di</strong>na un'inchiesta per<br />
chiarire le <strong>di</strong>namiche dell’incidente e <strong>di</strong>chiara l’emergenza nazionale. La compagnia petrolifera, già<br />
negli anni precedenti coinvolta in <strong>di</strong>versi incidenti, entra irrime<strong>di</strong>abilmente nel mirino dell’opinione<br />
pubblica. Tony Hayward, CEO dell’azienda, afferma che tutta la responsabilità dei fatti è<br />
attribuibile a Transocean, la società addetta alla manutenzione della piattaforma. Ritratterà a breve,<br />
dopo un duro intervento del presidente USA, che afferma: “la compagnia e' assolutamente<br />
responsabile”.<br />
2.2 Fallimenti e mancanze<br />
<strong>Il</strong> 7 maggio viene messo in atto il primo tentativo per arginare la falla, utilizzando una cupola <strong>di</strong><br />
cemento e acciaio del peso <strong>di</strong> 100 tonnellate. “Dovremmo poter iniziare a fermare il flusso <strong>di</strong><br />
petrolio entro pochi giorni”, <strong>di</strong>chiarano ottimisticamente alla BP. Tale operazione ha un solo<br />
precedente, nel 1979, in acque molto meno profonde. Si procede all’inabissamento della cupola, ma<br />
le temperature <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà impe<strong>di</strong>scono il corretto funzionamento del sistema e l’operazione<br />
fallisce. <strong>Il</strong> tentativo <strong>di</strong> replicare l’operazione con una calotta più piccola non dà risultati migliori. Le<br />
stime ufficiali sulla per<strong>di</strong>ta parlano <strong>di</strong> 5000 barili <strong>di</strong> petrolio al giorno. Nel frattempo la compagnia<br />
inglese inizia a spargere solventi in profon<strong>di</strong>tà, così da frenare l’afflusso del petrolio in superficie.<br />
Si tratta <strong>di</strong> una procedura mai seguita per incidenti del genere, ma ormai si tenta <strong>di</strong> tutto. In<br />
parallelo si sta trapanando il fondale per creare una seconda apertura nella sorgente sottomarina e<br />
5
abbassare la pressione nella falla. Si tratterebbe <strong>di</strong> una soluzione permanente realizzabile nel giro <strong>di</strong><br />
due mesi ma, anche questa, mai sperimentata a tale profon<strong>di</strong>tà.<br />
Dopo due settimane <strong>di</strong> tentativi fallimentari per fermare la fuoriuscita la compagnia petrolifera<br />
ammette, rassegnata, <strong>di</strong> non saper più cosa fare. <strong>Il</strong> grido d’aiuto vola sul web: agli abitanti <strong>di</strong> tutto il<br />
pianeta viene chiesto <strong>di</strong> comunicare, attraverso il sito dell’azienda, le proprie idee per risolvere la<br />
crisi. Arriva <strong>di</strong> tutto: iniezioni <strong>di</strong> rifiuti, utilizzo <strong>di</strong> testate atomiche, costruzione <strong>di</strong> mura subacquee.<br />
200.000 kg <strong>di</strong> capelli umani e peli animali giungono ai magazzini del Golfo del Messico.<br />
Dovrebbero essere utilizzati, stipati dentro calze <strong>di</strong> nylon, per assorbire il petrolio in superficie. Non<br />
manca chi propone <strong>di</strong> “buttare in mare i <strong>di</strong>rigenti della BP e vedere se la tappano loro la falla”.<br />
Intanto la commissione parlamentare d’inchiesta creata ad hoc in<strong>di</strong>vidua sulla Deepwater Horizon<br />
una serie <strong>di</strong> irregolarità determinanti al fine del <strong>di</strong>sastro. Emerge inoltre che il pozzo aveva fallito<br />
un test <strong>di</strong> sicurezza due ore prima dell'incidente, ma nonostante ciò la BP aveva deciso <strong>di</strong> proseguire<br />
comunque le operazioni. Si scopre infine che quella nel Golfo del Messico sarebbe una delle<br />
<strong>trivellazioni</strong> a cui le autorità Usa hanno dato l'ok nonostante la mancanza <strong>di</strong> parte dei permessi<br />
richiesti dalla legge. Nella coscienza collettiva prende definitivamente corpo l’immagine <strong>di</strong> una<br />
multinazionale senza scrupoli, avida, in<strong>di</strong>fferente ai problemi del pianeta e alla vita stessa dei suoi<br />
<strong>di</strong>pendenti, spalleggiata da un governo connivente e insensibile. Nemmeno gli incubi del più<br />
ra<strong>di</strong>cale degli ambientalisti avrebbero saputo creare tanto.<br />
Hayward non migliora la situazione quando auspica che l'incidente nel Golfo del Messico non<br />
faccia interrompere le <strong>trivellazioni</strong>, paragonandolo al caso dell’Apollo 13. I molti inciampi nelle<br />
pubbliche relazioni che costellano la cronaca dei fatti vengono visti dall’opinione pubblica come<br />
l'altra faccia <strong>di</strong> un'arroganza che si lega in<strong>di</strong>ssolubilmente a quel <strong>di</strong>sprezzo delle regole e delle<br />
procedure che hanno portato alla catastrofe.<br />
2.3 La marea nera<br />
È il 16 maggio, a quasi un mese dall’incidente, quando la compagnia <strong>di</strong>chiara che il pozzo potrebbe<br />
essere chiuso in 7-10 giorni. Pare infatti che l’ultima trovata, una siringa comandata a <strong>di</strong>stanza, stia<br />
funzionando. Nel frattempo le onde intrise <strong>di</strong> petrolio iniziano a lambire le coste degli Stati Uniti.<br />
Foto <strong>di</strong> tartarughe e volatili ricoperti dal liquido viscoso fanno istantaneamente il giro del mondo.<br />
Immagini che per effetto sull’opinione pubblica in termini <strong>di</strong> negatività sono forse paragonabili solo<br />
a quelle dei bambini scheletrici e dalle pance gonfie nei villaggi dell’Africa nera. Dopo breve tempo<br />
anche la siringa subacquea si rivela inadatta a risolvere il problema.<br />
Viene infine dato il via, con un certo ritardo su quanto <strong>di</strong>chiarato, all'operazione Top Kill, che<br />
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tenterà <strong>di</strong> sigillare definitivamente il pozzo petrolifero. L'operazione comporta seri rischi, ma la<br />
compagnia ritiene ci siano buone possibilità <strong>di</strong> riuscita. Inizialmente tutto sembra funzionare, alla<br />
BP esultano. Dopo breve tempo si assiste però a una prima interruzione. Finalizzata a migliorare il<br />
sistema, <strong>di</strong>cono. Dalla multinazionale trapela comunque cauto ottimismo. Poi una seconda<br />
interruzione. Infine la proclamazione dell’ennesimo fiasco.<br />
L’in<strong>di</strong>gnazione popolare è ai massimi livelli. Obama si <strong>di</strong>vide tra lo schermo TV e le coste della<br />
Louisiana, garantendo, spronando e minacciando. Anche l’amministrazione non è indenne dalla<br />
marea nera che tutto macchia. Ma lo staff che si occupa della comunicazione presidenziale pare più<br />
preparato <strong>di</strong> quello della British Petroleum. Inginocchiato sulla spiaggia, il Presidente degli Stati<br />
Uniti si sporca le mani <strong>di</strong> catrame e cita Harry Truman: "in quanto presidente la responsabilità<br />
finale è mia". Tira poi in ballo tutta una serie <strong>di</strong> ormai collaudati cavalli <strong>di</strong> battaglia quali l’“attacco<br />
alla nazione” e la “lotta senza quartiere”.<br />
I soccorsi “da palcoscenico” messi in campo dalla BP durante la visita presidenziale a Grand Isle<br />
paiono ben poca cosa in confronto al <strong>di</strong>sastro che si sta consumando, attentamente documentato dai<br />
me<strong>di</strong>a mon<strong>di</strong>ali.<br />
2.4 La natura violata<br />
Anche la società civile, con negli occhi le immagini provenienti dalla spill-cam (la telecamera che<br />
trasmette immagini del fiotto <strong>di</strong> greggio 24 ore su 24), mette in campo le sue contro-strategie<br />
comunicative: dai manifestati imbrattati <strong>di</strong> finto petrolio che protestano davanti ai <strong>di</strong>stributori <strong>di</strong><br />
benzina, ai flash mob, fino al blogging più infuriato.<br />
Le informazioni che filtrano attraverso i me<strong>di</strong>a non aiutano. Alcuni documenti riservati svelati dal<br />
New York Times <strong>di</strong>mostrano che BP era a conoscenza <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> problemi e nutriva forti<br />
preoccupazioni riguardo la sicurezza della piattaforma sin da molto tempo prima dell'esplosione.<br />
In questi giorni <strong>di</strong> fine maggio avviene poi il sorpasso storico: la marea nera nel Golfo del Messico<br />
“è verosimilmente la peggior catastrofe ecologica degli Usa”, <strong>di</strong>chiara Carol Browner, il<br />
responsabile per l’ambiente della Casa Bianca. <strong>Il</strong> precedente record del dramma Exxon Valdez<br />
(1989) è stato battuto.<br />
È in questo clima che viene avviato il piano D, denominato Cut and Cap, basato sull’utilizzo <strong>di</strong><br />
robot marini che tenteranno <strong>di</strong> tagliare e tappare la valvola incriminata. La multinazionale, sempre<br />
più attenta a far notare la propria attività <strong>di</strong> “contenimento danni” afferma che finanzierà con 360<br />
milioni <strong>di</strong> dollari la costruzione <strong>di</strong> 6 isole artificiali per proteggere le coste della Louisiana dalla<br />
marea nera. Ma, riconfermando l’ormai tristemente noto “stile BP”, precisa che non si assumerà<br />
7
esponsabilità <strong>di</strong> eventuali conseguenze impreviste. Pochi giorni dopo, in un'intervista al Financial<br />
Times, Hayward riconosce l’impreparazione della compagnia nel gestire il <strong>di</strong>sastro, dato che esso<br />
aveva “una probabilità su un milione <strong>di</strong> verificarsi”.<br />
<strong>Il</strong> tappo funziona, ma in modo molto blando. Nel frattempo la marea nera ha investito in pieno una<br />
delle oasi faunistiche della Louisiana. Altro giro <strong>di</strong> foto <strong>di</strong> pellicani incatramati ad affollare le<br />
aperture dei telegiornali <strong>di</strong> tutto il mondo. Nel frattempo Hayward lascia ufficialmente le<br />
operazioni, cedendo il posto a Bob Dudley, <strong>di</strong>rettore esecutivo BP per America e Asia.<br />
<strong>Il</strong> “tappo” migliora le sue prestazioni, alla BP affermano <strong>di</strong> riuscire ormai a recuperare quasi tutto il<br />
petrolio sversato. La multinazionale britannica fa sapere che non rifuggirà le proprie responsabilità<br />
e procederà col pagamento dei risarcimenti alle vittime della marea “per tutto il tempo che sarà<br />
necessario”. Arriva però anche la conferma <strong>di</strong> una dato ormai sotto gli occhi <strong>di</strong> tutti: la costa del<br />
Golfo del Messico risentirà per anni delle conseguenze ambientali della marea nera. Oltretutto le<br />
stime della per<strong>di</strong>ta vengono raddoppiate. A causa delle operazioni <strong>di</strong> taglio della conduttura, <strong>di</strong>cono<br />
gli esperti. Oltre il danno la beffa. Sono ormai passati 50 giorni dall’affondamento della Deepwater<br />
Horizon, per affrontare la prolungata emergenza la compagnia petrolifera ha già speso 1,6 miliar<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> dollari. Tutte le agenzie <strong>di</strong> rating declassano la BP, il suo valore in borsa è in caduta libera.<br />
2.5 La svolta<br />
Ci sono però anche buone notizie: la compagnia, fattasi più prudente, afferma che il nuovo sistema<br />
“pare funzionare”. Ma il 20 giugno, quasi a celebrare i due mesi dal <strong>di</strong>sastro, le cose si mettono<br />
nuovamente male. Quando sembrava che si stesse finalmente riuscendo a contenere il danno, viene<br />
svelato un documento interno della BP in cui si stima che la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> petrolio nel Golfo del<br />
Messico potrebbe raggiungere i 100 mila barili al giorno. il doppio dei dati ufficiali. Al contempo<br />
un operaio sopravvissuto all’incidente conferma alla BBC che la BP sapeva da tempo che c'erano<br />
falle nel sistema <strong>di</strong> sicurezza della Deepwater. Le ombre dell’avi<strong>di</strong>tà e della menzogna tornano a<br />
macchiare l’immagine sempre più fragile del colosso petrolifero. La fiducia verso la BP è ormai<br />
sottozero.<br />
Mentre ancora va avanti l’operazione <strong>di</strong> scavo del pozzo parallelo, potenziale soluzione definitiva,<br />
dalla BP comunicano che tenteranno <strong>di</strong> installare un nuovo tappo con capacità <strong>di</strong> contenimento e <strong>di</strong><br />
aspirazione superiori. Le caratteristiche del precedente erano state infatti sovrastimate. Invertendo<br />
l’abituale trend negativo pare effettivamente che BP stia ottenendo un risultato utile: per la prima<br />
volta dal 20 aprile la per<strong>di</strong>ta è bloccata. È il 15 giugno. Continuano però anche le azioni <strong>di</strong> protesta:<br />
tra gli altri i militanti <strong>di</strong> Greenpeace costringono alla chiusura temporanea 47 stazioni <strong>di</strong> servizio BP<br />
a Londra. La compagnia reagisce definendo la protesta “irresponsabile e infantile”.<br />
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Da notare come l’avvicendamento ai vertici della BP sia corrisposto ad una notevole variazione<br />
dello stile comunicativo. <strong>Il</strong> nuovo CEO Bob Dudley appare molto più cauto rispetto al suo<br />
predecessore. In un’intervista si <strong>di</strong>ce ottimista sui risultati delle operazioni <strong>di</strong> pulizia, ma non manca<br />
<strong>di</strong> precisare che resta ancora molto da fare.<br />
Si giunge così al 4 agosto. L’operazione Static Kill, a cui si lavorava da mesi, è conclusa.<br />
L’iniezione <strong>di</strong> fango e cemento gettati a forte pressione dentro il pozzo tramite un canale laterale<br />
pare funzionare. A 106 giorni dall’esplosione della Deepwater Horizon la fuoriuscita è<br />
definitivamente bloccata. Tutti sono decisamente rinfrancati. Certamente sod<strong>di</strong>sfatto è Obama che,<br />
ricorrendo a una retorica post-bellica, parla <strong>di</strong> una “lunga battaglia alla fine” e presenta sod<strong>di</strong>sfatto<br />
un opportunissimo rapporto che ri<strong>di</strong>mensiona l'inquinamento nel Golfo del Messico. Pare che tre<br />
quarti del petrolio <strong>di</strong>sperso siano infatti già stati <strong>di</strong>spersi o recuperati. <strong>Il</strong> dato verrà smentito a breve.<br />
Intanto uno stu<strong>di</strong>o pubblicato su New Scientist svela che il liquido <strong>di</strong>sperdente utilizzato per<br />
eliminare le fuoriuscite <strong>di</strong> petrolio potrebbe minare la sopravvivenza del corallo sui fondali. I danni<br />
causati dalla BP non si sono <strong>di</strong> certo conclusi con la chiusura del pozzo.<br />
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3 - DA BEYOND PETROLEUM A BIG PROBLEMS<br />
3.1 <strong>Il</strong> riposizionamento nell’immaginario collettivo<br />
Com’è ormai chiaro, durante la crisi la British Petroleum non solo deve affrontare le inevitabili<br />
per<strong>di</strong>te economiche, ma anche portare avanti la battaglia su un altro campo: quello comunicativo. È<br />
infatti in gioco la sua reputazione duramente costruita <strong>di</strong> azienda “amica dell’ambiente”. Dai primi<br />
anni 2000 la compagnia ha investito ingenti capitali per riposizionarsi come impresa <strong>di</strong><br />
responsabilità sociale, partendo dall'innovazione del logo e dal nuovo claim “Beyond Petroleum”.<br />
Grossi investimenti sono stati fatti in comunicazione pubblicitaria, finalizzata a <strong>di</strong>mostrare la<br />
grande attenzione dell’azienda verso le tematiche ambientali. Una strategia, quella del<br />
greenwashing, che negli ultimi 15 anni circa ha accomunato <strong>di</strong>verse imprese, sia nel settore<br />
petrolifero che in altre industrie (come quella automobilistica). Questa svolta, solo in minima parte<br />
imputabile ad una reale presa <strong>di</strong> coscienza etico-ambientale, è facilmente spiegabile. Wikipe<strong>di</strong>a<br />
definisce il termine Greenwashing come:<br />
un neologismo in<strong>di</strong>cante l'ingiustificata appropriazione <strong>di</strong> virtù ambientaliste da parte <strong>di</strong> aziende,<br />
industrie, entità politiche o organizzazioni, finalizzata alla creazione <strong>di</strong> un'immagine positiva <strong>di</strong><br />
proprie attività (o prodotti) o <strong>di</strong> un'immagine mistificatoria per <strong>di</strong>stogliere l'attenzione da proprie<br />
responsabilità nei confronti <strong>di</strong> impatti ambientali negativi.<br />
I primi segni della vocazione verde della British Petroleum e degli altri colossi petroliferi si<br />
registrano già nel 1997, in seguito ad una forte impennata dei prezzi del greggio. Ma solo verso il<br />
2003, con il CEO John Brown, avviene la vera e propria magia del greenwashing.<br />
<strong>Il</strong> re-bran<strong>di</strong>ng inizia con la sostituzione del vecchio logo (uno scudo verde con BP scritto in giallo,<br />
che da 70 anni era entrato nella coscienza dei consumatori come simbolo dell’imperialismo inglese)<br />
con un bel sole verde, giallo e bianco, l’helios mark, così chiamato in onore del <strong>di</strong>o greco del sole.<br />
La campagna “helios mark” costa nell’imme<strong>di</strong>ato 7 milioni <strong>di</strong> dollari, con una spesa <strong>di</strong> altri 100<br />
milioni pronosticata per i due anni successivi, al fine <strong>di</strong> integrare il brand nel mercato e nelle<br />
operazioni finanziarie.<br />
Al momento dello svelamento del logo, Brown tiene un lungo <strong>di</strong>scorso incentrato sul recente<br />
acquisto da parte della BP della compagnia Solarex, attiva nel campo del fotovoltaico. Ma nel<br />
medesimo periodo, con molta meno pubblicità, BP acquisisce anche l’azienda ARCO, che le<br />
permette <strong>di</strong> espandere le proprie capacità <strong>di</strong> trivellazione. Una strana decisione all’interno <strong>di</strong> un<br />
piano <strong>di</strong> investimenti “amico dell’ambiente”. Nel 2008 viene resa nota l’intenzione della compagnia<br />
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<strong>di</strong> aprire in tutto il mondo 200 nuovi impianti alimentati ad energia solare e <strong>di</strong> ridurre le emissioni<br />
<strong>di</strong> gas serra del 10% entro il 2010. Nel 2009 Greenpeace premia l’azienda britannica con il<br />
“Greenhouse Greenwash Award”, riconoscimento conferito all’azienda climaticamente più<br />
colpevole al mondo. Solo il 7% degli investimenti BP sono infatti realmente in<strong>di</strong>rizzati alle energie<br />
sostenibili, mentre il restante 93% è totalmente de<strong>di</strong>cato alle attività estrattive.<br />
3.2 <strong>Il</strong> crollo<br />
Tra schermaglie coi gruppi ambientalistici e ingenti investimenti nelle pubbliche relazioni gli sforzi<br />
della compagnia sembrano però avere successo: BP è considerata la più ecologica tra le gran<strong>di</strong><br />
compagnie petrolifere, è la "buona" almeno quanto Exxon è la "cattiva" nell'immaginario collettivo.<br />
Almeno fino al 20 aprile 2010.<br />
Un malfunzionamento nei sistemi <strong>di</strong> sicurezza <strong>di</strong> una piattaforma basta da solo a mandare all’aria<br />
un piano costato anni <strong>di</strong> sforzi e centinaia <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> dollari.<br />
Pochi mesi sono sufficienti a <strong>di</strong>mostrare con quanta facilità una imponente campagna <strong>di</strong> marketing<br />
possa crollare come un castello <strong>di</strong> carte in seguito a pochi ma cruciali errori. In particolare quando<br />
si tratta <strong>di</strong> crisis management.<br />
A parte la clamorosa <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> quanto poco tangibili fossero gli impegni ambientalistici <strong>di</strong><br />
cui la BP si era fatta carico, a peggiorare la situazione ci pensano una serie <strong>di</strong> gaffe, <strong>di</strong>chiarazioni<br />
sconvenienti e mistificazioni lampanti che minano totalmente la fiducia del pubblico verso il<br />
colosso degli idrocarburi. Queste reazioni incontrollate hanno tra l’altro l’effetto non secondario <strong>di</strong><br />
comunicare verso l’esterno il senso <strong>di</strong> panico che sta <strong>di</strong>lagando tra i vertici aziendali, resisi<br />
velocemente conto <strong>di</strong> possedere ben scarsi strumenti utili ad affrontare quello che si sta rivelando,<br />
giorno dopo giorno, un <strong>di</strong>sastro <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni titaniche.<br />
Tra gli eventi più dannosi per la reputazione aziendale della BP si possono ricordare:<br />
I) alcune <strong>di</strong>chiarazioni del CEO Tony Hayward:<br />
- 29 aprile: “Cosa <strong>di</strong>avolo abbiamo fatto per meritarci tutto questo?”<br />
- 14 maggio: “<strong>Il</strong> Golfo del Messico è molto grande. La quantità <strong>di</strong> petrolio è piccola rispetto al<br />
volume totale dell’acqua.”<br />
- 17 maggio: “L’impatto ambientale <strong>di</strong> questo incidente sarà minimo.”<br />
- 30 maggio: “Nessuno vuole che tutto questo finisca più <strong>di</strong> me. Rivoglio in<strong>di</strong>etro la mia vita.”<br />
- 31 maggio: “Non ci sono tracce <strong>di</strong> petrolio sott’acqua.”<br />
- 1 giugno: “Le persone che stanno partecipando alle operazioni si sono sentite male sicuramente a<br />
causa del cibo che avevano ingerito, e non a causa del petrolio con cui sono entrate in contatto.”<br />
11
II) Le gaffe <strong>di</strong> Carl-Henric Svanberg, presidente della BP. Questi il 16 giugno afferma, durante un<br />
colloquio con Barack Obama, <strong>di</strong> avere a cuore la sorte delle comunità che popolano le coste del<br />
Golfo del Messico dato che, a <strong>di</strong>fferenza delle gran<strong>di</strong> compagnie petrolifere accusate <strong>di</strong> avi<strong>di</strong>tà o<br />
<strong>di</strong>sinteresse. "We care about the small people", <strong>di</strong>ce. L’interpretazione più <strong>di</strong>ffusa <strong>di</strong> “small” è<br />
“povero”. Dall’intervento <strong>di</strong> Svanberg ci si aspettava un’azione <strong>di</strong> damage control rispetto alle<br />
<strong>di</strong>chiarazioni sconsiderate <strong>di</strong> Hayward. Attese <strong>di</strong>silluse.<br />
Svanberg è anche protagonista <strong>di</strong> un fatto <strong>di</strong> cronaca rosa, riguardante la relazione dell’uomo con<br />
una donna sposata. Si viene a sapere che mentre milioni <strong>di</strong> barili <strong>di</strong> greggio sgorgavano dal pozzo, il<br />
presidente e la sua fiamma se la spassavano su uno yacht <strong>di</strong> lusso. Per un’opinione pubblica come<br />
quella statunitense, particolarmente sensibile allo scandalo privato, questo risulta essere un doppio<br />
insulto e una conferma dell’idea <strong>di</strong> immoralità già da tempo attribuita all’azienda.<br />
III) un video realizzato da un giornalista freelance <strong>di</strong> New Orleans, e pubblicato su Youtube, getta<br />
nuove ombre sul <strong>di</strong>sastro. <strong>Il</strong> filmato svela che in alcune spiagge il petrolio non sarebbe stato<br />
rimosso, ma sepolto sotto la sabbia. L'accusa nei confronti alla BP è che invece <strong>di</strong> ripulire le<br />
spiagge come si è impegnata a fare, in molti casi ricorra a queste “strategie alternative”, meno<br />
costose e sicuramente più veloci. A settembre alcune analisi <strong>di</strong> Greenpeace confermeranno il<br />
sospetto.<br />
IV) un post del blogger John Aravosis su AmericaBlog svela la maldestra manipolazione effettuata<br />
dalla BP su alcune foto. Si scopre che su alcune fotografie del Centro <strong>di</strong> Crisi BP <strong>di</strong> Huston,<br />
risalenti al 2001, sono state “incollate” le immagini della per<strong>di</strong>ta, con la probabile intenzione <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>mostrare serietà e impegno e <strong>di</strong> infondere sicurezza nell’opinione pubblica. Un poco accurato<br />
lavoro <strong>di</strong> Photoshop, facilmente svelato con un semplice zoom che evidenzia i “ritagli” delle<br />
immagini. BP non rilascia <strong>di</strong>chiarazioni a riguardo, ma le immagini spariscono imme<strong>di</strong>atamente dal<br />
suo sito.<br />
A ciò si aggiungano i numerosi conti spese inopportunamente presentati dalla BP mentre a causa<br />
sua stava verificandosi un <strong>di</strong>sastro <strong>di</strong> proporzioni incalcolabili; il vittimismo <strong>di</strong> cui più volte i<br />
vertici aziendali hanno dato mostra; le fughe <strong>di</strong> notizie; il costante obbligo <strong>di</strong> rivedere al rialzo le<br />
stime del danno e <strong>di</strong> ammettere il fallimento <strong>di</strong> quelle che erano state pubblicizzate come “soluzioni<br />
finali”. Tutti elementi che hanno dato ampio spazio a varie reazioni: dallo sbertucciamento<br />
me<strong>di</strong>atico (nel migliore dei casi) a rabbiose accuse, fino alle minacce private ai <strong>di</strong>rigenti della<br />
compagnia.<br />
12
3.3 Un nome devastato<br />
Se a poche ore dal <strong>di</strong>sastro tutto il mondo conosce la sigla BP, dopo pochi giorni chiunque ha una<br />
chiara opinione al suo riguardo. Se il claim “Beyond Petroleum” aveva riscosso un <strong>di</strong>screto<br />
successo tra un numero relativamente ampio <strong>di</strong> soggetti interessati, i “Big Problems” causati<br />
dall’azienda britannica sono ogni giorno sotto gli occhi <strong>di</strong> tutti, anche del telespettatore più<br />
<strong>di</strong>sinteressato. Una reputazione affossata, miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> dollari spesi, un CEO sostituito e il nome BP<br />
macchiato per sempre dall’oleosa chiazza a cui la compagnia stessa ha contribuito a dar vita.<br />
Un esempio da manuale che <strong>di</strong>mostra come la comunicazione <strong>di</strong> crisi sia cosa delicata, da trattare<br />
coi guanti al fine <strong>di</strong> riuscire al contempo a contenere i danni che derivano dagli eventi negativi e a<br />
promuovere l’immagine <strong>di</strong> una azienda capace, fiduciosa ma non spavalda e, soprattutto, in grado <strong>di</strong><br />
badare a sé stessa. Tutte caratteristiche che la BP ha avuto seri problemi a <strong>di</strong>mostrare.<br />
13
4 - STRATEGIE MEDIATICHE<br />
4.1 Input e output<br />
Lo sviluppo <strong>di</strong> una efficace strategia <strong>di</strong> crisis management richiede una particolare cura, prima <strong>di</strong><br />
tutto nella coor<strong>di</strong>nazione degli output, che devono essere uniformi, coerenti e attentamente<br />
misurati. Grande attenzione deve essere infatti data ai messaggi in uscita, che nella loro somma<br />
formano quella che viene percepita come la “voce” dell’azienda. Messaggi contrad<strong>di</strong>ttori danno<br />
un’idea <strong>di</strong> confusione, indecisione, mancanza <strong>di</strong> polso. Sensazioni che una compagnia chiamata a<br />
gestire un <strong>di</strong>sastro <strong>di</strong> enormi proporzioni non può assolutamente permettersi <strong>di</strong> lasciar trapelare. La<br />
prima fase <strong>di</strong> un efficace piano <strong>di</strong> crisi deve consistere quin<strong>di</strong> nello sviluppo dell’immagine <strong>di</strong><br />
un’azienda in grado <strong>di</strong> gestire il problema (in<strong>di</strong>pendentemente da quanto ciò sia realmente vero).<br />
Naturalmente una eccessiva sicurezza, soprattutto se in seguito smentita dai fatti, può anche<br />
rivelarsi controproducente. Parte del lavoro consiste quin<strong>di</strong> anche nel calibrare attentamente le<br />
impressioni in uscita, mantenendo sempre un certo spazio d’azione, utile nel caso si riveli<br />
necessario un riaggiustamento strategico.<br />
In secondo luogo si deve prestare massima attenzione ai segnali provenienti dall’esterno.<br />
Un’antenna <strong>di</strong> ricezione dev’essere sempre puntata sul mondo, così da cogliere anche le minime<br />
variazioni utili a realizzare un buon piano comunicativo. I segnali positivi devono essere sfruttati<br />
appieno, cavalcando quelle idee o quelle iniziative che potrebbero essere colte con favore dal<br />
pubblico. Ma molto possono <strong>di</strong>re anche i feedback negativi, informazioni che vanno colte con<br />
prontezza così da poter elaborare correzioni che devono essere imme<strong>di</strong>atamente implementate,<br />
correggendo prontamente il tiro nel caso il piano <strong>di</strong> crisi sia stato basato su presupposti errati.<br />
Cruciale si rivela essere quin<strong>di</strong> una regia capace, abile e veloce nel coor<strong>di</strong>nare i molteplici canali <strong>di</strong><br />
cui una grande compagnia è dotata.<br />
4.2 Attenzione in evidenza<br />
La BP è stata abbastanza veloce nell’assunzione <strong>di</strong> un atteggiamento responsabile, impegnandosi<br />
a prendere tutte le misure necessarie per gestire la catastrofe. Questo è sicuramente un<br />
comportamento consigliabile per un’azienda che si pone nel campo del responsible business,<br />
soprattutto se opera in un settore sensibile quale quello degli idrocarburi.<br />
<strong>Il</strong> CEO Hayward si è rapidamente mostrato sul posto e la compagnia, in particolare attraverso<br />
internet, si è posta come fonte privilegiata <strong>di</strong> informazioni sui fatti. <strong>Il</strong> piano nel suo complesso è<br />
stato però scoor<strong>di</strong>nato e lacunoso, ha ignorato o sottovalutato numerosi ambiti della comunicazione<br />
14
sociale, dando priorità alle vie ufficiali. A ciò si aggiunga lo scarso appeal me<strong>di</strong>atico dei manager<br />
che, con le loro uscite fuori luogo, hanno finito per esacerbare un rapporto col pubblico che già, per<br />
la tipologia stessa degli eventi in questione, era in bilico sul filo del rasoio. In ogni caso, nonostante<br />
la miopia riguardante i canali, alla BP hanno avuto almeno le idee chiare in quanto alle vie <strong>di</strong><br />
comunicazione da utilizzare.<br />
I me<strong>di</strong>a “classici” - stampa e televisione - non potevano essere facilmente gestiti, troppo impegnati<br />
a cavalcare l’onda <strong>di</strong> una sacrosanta in<strong>di</strong>gnazione popolare che nessuno avrebbe osato contrad<strong>di</strong>re<br />
(soprattutto quando in gioco vi sono quote <strong>di</strong> mercato). La British Petroleum si è resa conto che la<br />
partita doveva essere giocata sul web, megafono ideale per dare forza e visibilità alle sue azioni.<br />
D’altra parte era quasi scontato che per comunicare informazioni relative a un evento me<strong>di</strong>atico <strong>di</strong><br />
proporzioni globali dovesse essere privilegiato internet, il mezzo <strong>di</strong> comunicazione più pervasivo e<br />
imme<strong>di</strong>ato al mondo.<br />
Le mosse della BP si sono in<strong>di</strong>rizzate principalmente verso due obiettivi tra loro concor<strong>di</strong>:<br />
a) dare mostra dell’attenzione e della cura de<strong>di</strong>cate alla gestione della crisi e al contenimento dei<br />
danni.<br />
b) fare in modo che la voce dell’azienda avesse una posizione privilegiata rispetto a quelle <strong>di</strong> altri<br />
soggetti.<br />
4.3 <strong>Il</strong> website<br />
Come si è detto è il web la prima arena in cui la British Petroleum inizia a lottare a sostegno della<br />
propria immagine. È tempestiva la creazione <strong>di</strong> un sito web (www.deepwaterhorizonresponse.com,<br />
in seguito però spostato dalle autorità statunitensi all’url www.restorethegulf.gov), con incorporati<br />
contatti social network e threads <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione, volti a dar l’impressione <strong>di</strong> un’interazione<br />
continuativa con gli utenti. Anche sul sito ufficiale della compagnia appare una sezione, tutt’ora<br />
attiva e aggiornata, dal titolo “Gulf of Mexico response”, a cui si viene rein<strong>di</strong>rizzati<br />
automaticamente al momento dell’accesso. In questi spazi vengono inserite in tempo reale tutte le<br />
informazioni utili affinché il visitatore possa farsi un’idea chiara e completa riguardo ai fatti in<br />
corso e ai piani che la BP sta mettendo in atto per affrontarli. Sud<strong>di</strong>visi in varie sezioni si trovano<br />
dati, cifre, documenti, mappe, contributi me<strong>di</strong>atici e pareri <strong>di</strong> esperti riguardanti il caso. È superfluo<br />
<strong>di</strong>re che si tratta <strong>di</strong> una rappresentazione che rispecchia unicamente il punto <strong>di</strong> vista BP.<br />
In una colonna in evidenza si trovano tutti i contatti utili ai <strong>di</strong>versi target <strong>di</strong> riferimento. Nella<br />
sezione “Information Centre” sono poi rilasciate informazioni aggiornate sullo stato della marea<br />
nera. In tutto il sito il <strong>di</strong>sastro del Golfo del Messico viene definito “The Response”, “The Gulf of<br />
15
Mexico response” o “The oil spill”, evitando attentamente ogni riferimento <strong>di</strong>retto alla British<br />
Petroleum. Tra l'altro le 11 vittime dell’incidente non vengono mai citate se non come “<strong>di</strong>spersi”,<br />
nelle cronache iniziali dell’incidente.<br />
Da notare infine la sezione “Report from the Gulf”, all’interno della quale vengono inseriti gli<br />
articoli prodotti da due travel writer (pagati dalla compagnia) inviati a documentare il corso degli<br />
eventi nel Golfo del Messico e il sostanziale “ritorno alla normalità”. <strong>Il</strong> fatto che tali report<br />
rasentassero però spesso il ri<strong>di</strong>colo, presentando abitanti sereni e una BP che collezionava un<br />
successo <strong>di</strong>etro l’altro, spinge lo staff della compagnia a far presto sparire questa sezione, resasi più<br />
controproducente che altro.<br />
In tempi post-crisi il rein<strong>di</strong>rizzamento automatico è stato <strong>di</strong>sattivato ed è apparsa la sezione “BP<br />
internal investigation”, dove si spiega come il <strong>di</strong>sastro sia stato frutto <strong>di</strong> una somma <strong>di</strong> fattori che<br />
hanno contribuito a scatenare il problema. Per la serie “non una grossa mancanza ma molte, piccole,<br />
quasi trascurabili <strong>di</strong>sattenzioni”.<br />
Bisogna in fin dei conti riconoscere come, nonostante la pervasiva e in un certo modo scontata<br />
autoreferenzialità, la strutturazione del sito sia stata generalmente efficace, basata sull’offerta <strong>di</strong><br />
informazioni dettagliate, aggiornate e <strong>di</strong> semplice accesso.<br />
4.4 I motori <strong>di</strong> ricerca<br />
Una volta che si è creato un buon impianto informativo, il problema imme<strong>di</strong>atamente successivo<br />
consiste nel concentrare l’attenzione del pubblico verso tale robusta voce. La mossa che BP fa in tal<br />
senso consiste nell’investimento - neanche troppo impegnativo viste le cifre - <strong>di</strong> 10.000 dollari al<br />
giorno, allo scopo <strong>di</strong> acquistare le pubblicità su Google, Yahoo e Bing relative alle keyword "oil<br />
spill", "Gulf oil spill" ed altre formulazioni correlate. Denaro pagato ai motori <strong>di</strong> ricerca per inserire<br />
in cima alle rispettive pagine dei link che riman<strong>di</strong>no al sito ufficiale. Si cerca qui <strong>di</strong> sfruttare<br />
l’abitu<strong>di</strong>ne, tipica della maggior parte degli internauti “<strong>di</strong>sattenti”, <strong>di</strong> cliccare sul primo link della<br />
lista compilata a seguito <strong>di</strong> una ricerca. Strategia <strong>di</strong> mercato d’altra parte già ampiamente <strong>di</strong>ffusa,<br />
data la sua comprovata efficacia. Tutti i link sponsorizzati sono accompagnati dalla scritta: “Learn<br />
more about how Bp is helping”. Questo metodo pubblicitario viene però piuttosto <strong>di</strong>scusso: in molti<br />
sostengono che il denaro dato ai motori <strong>di</strong> ricerca poteva decisamente essere meglio speso.<br />
4.5 La trasparenza mancata<br />
Alcuni elementi della politica comunicativa BP risultano però del tutto inaccettabili, in totale<br />
opposizione a una delle caratteristiche pregnanti del web 2.0: la trasparenza. Ai video caricati su<br />
16
Youtube attraverso il canale ufficiale è stata <strong>di</strong>sabilitata la funzione commento o, dov'è attiva, si<br />
nota una forte attività <strong>di</strong> censura e filtraggio. Nella pagina Facebook della compagnia è invece<br />
possibile fare commenti, ma c’è una politica esplicita <strong>di</strong> controllo: si vuole una conversazione<br />
“costruttiva e rispettosa” e ci si riserva il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> eliminare le frasi che appaiano “oscene, indecenti<br />
o volgari” o che contengano attacchi “ad hominem” o siano <strong>di</strong>ffamatorie e ingiuriose. Chi visita i<br />
canali BP si trova quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> fronte a una sorta <strong>di</strong> censura preventiva, sicuramente poco funzionale<br />
allo scopo <strong>di</strong> instillare buona fede nei confronti dell’azienda.<br />
4.6 Le azioni sul campo<br />
Naturalmente la comunicazione on-line si rivela utile solo nel caso vengano messe in atto una serie<br />
<strong>di</strong> azioni off-line che comprovino la volontà dell’azienda <strong>di</strong> porre fine al <strong>di</strong>sastro e risolvere la crisi.<br />
Le spiagge vengono così assaltate da eserciti <strong>di</strong> addetti alla decontaminazione, vestiti <strong>di</strong> ben<br />
riconoscibili tute bianche, che senza posa si de<strong>di</strong>cano alle attività <strong>di</strong> pulizia. La British Petroleum si<br />
<strong>di</strong>mostra in grado <strong>di</strong> mobilitare velocemente un ampio numero <strong>di</strong> persone sul terreno. Agli oltre<br />
3.000 <strong>di</strong>pendenti spe<strong>di</strong>ti in loco per le operazioni <strong>di</strong> decontaminazione si aggiungono migliaia <strong>di</strong><br />
volontari <strong>di</strong>rettamente addestrati dal gigante petrolifero. Inoltre BP si mette al più presto in contatto<br />
con le comunità locali, provvedendo ai rimborsi e spiegando le procedure necessarie per<br />
richiederli. Vengono poi pubblicizzati una serie <strong>di</strong> investimenti finalizzati a riportare tutto come<br />
prima il più presto possibile. Emblematici sono i 78 milioni <strong>di</strong> dollari donati alle industrie del<br />
turismo e della pesca della Louisiana, duramente colpite dalla fuoriuscita <strong>di</strong> greggio. La BP cerca<br />
insomma <strong>di</strong> coprire i clamori con il tintinnio dei dollari.<br />
4.7 Cali il sipario<br />
Un’ultima fase della strategia comunicativa BP è però tutt’ora in corso, forse la più importante.<br />
Questa volta a dare supporto non sono chiamati opinion leader o me<strong>di</strong>a, non vengono spesi milioni<br />
<strong>di</strong> dollari in public relations. In questa fase il complice principale è la stessa opinione pubblica che<br />
tanto ha inveito contro il colosso degli idrocarburi. Si è infatti avviato un periodo <strong>di</strong> attesa:<br />
aspettare che si spengano i riflettori, assecondando quelle che sono le naturali <strong>di</strong>namiche<br />
dell’informazione e del pubblico interesse. Prima o poi la copertura me<strong>di</strong>atica si riduce, l'opinione<br />
pubblica si stanca e un fatto non più notiziabile trova l'oblio, restituendo alla pace del libero<br />
mercato anche chi si è macchiato <strong>di</strong> in<strong>di</strong>scutibili colpe verso il pianeta.<br />
17
5 - STRATEGIE DI CONTESTAZIONE<br />
5.1 <strong>Il</strong> potere del web<br />
Come insegna il tanto decantato caso della campagna presidenziale <strong>di</strong> Barack Obama, la<br />
comunicazione 2.0 può permettere <strong>di</strong> ottenere gran<strong>di</strong> successi. Ma può anche, se mal gestita, essere<br />
fonte <strong>di</strong> <strong>fallimenti</strong> del medesimo calibro. <strong>Il</strong> web è uno strumento tanto potente quanto malleabile, a<br />
<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> chiunque abbia le capacità e la volontà <strong>di</strong> farne uso. Una democraticità che è stata<br />
dannosa per gli uomini BP, ingessati e formali in una situazione che richiedeva non solo prontezza<br />
ma anche calore ed empatia con le masse ferite al cuore che richiedevano a gran voce una risposta<br />
adeguata.<br />
5.2 Contestazione on-line<br />
Un grosso errore fatto dalla British Petroleum è stato quello <strong>di</strong> ritenere scontato che il fatto <strong>di</strong><br />
occupare una posizione predominante sul mercato equivalesse a occuparne una identica sul piano<br />
me<strong>di</strong>atico. Nulla <strong>di</strong> più sbagliato. La compagnia ha <strong>di</strong>retto la sua comunicazione principalmente<br />
sulle linee istituzionali - quali il sito web ufficiale - mantenendo piuttosto blanda la presenza sui<br />
social network. Questa strategia è plausibilmente connotata dalla volontà <strong>di</strong> mantenere<br />
un’apparenza “seria”, quella, avranno pensato alla British Petroleum, più adeguata per presentarsi al<br />
pubblico durante una crisi <strong>di</strong> tali <strong>di</strong>mensioni. Ma così facendo si è deliberatamente ignorato un dato<br />
fondamentale: la comunicazione elettronica, nel 2010, passa principalmente attraverso i network<br />
“informali”. Se per una consapevole ricerca <strong>di</strong> dati è normale in<strong>di</strong>rizzarsi verso le fonti ufficiali, a<br />
<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> queste i social network hanno il potere <strong>di</strong> mettere sotto gli occhi <strong>di</strong> ciascuno<br />
informazioni magari non volontariamente ricercate, ma garantite dal sistema fiduciario che lega un<br />
in<strong>di</strong>viduo alla propria rete <strong>di</strong> contatti. <strong>Il</strong> corporate storytelling della BP <strong>di</strong>fettava perciò <strong>di</strong> un<br />
elemento fondamentale: il reale contatto col pubblico.<br />
Da ciò consegue un doppio danno per il gigante petrolifero: a) essere stato poco presente dove<br />
sarebbe stato più utile far sentire la propria voce e, <strong>di</strong> conseguenza, b) aver lasciato ad altri la<br />
possibilità <strong>di</strong> occupare quegli spazi.<br />
Si tenga in conto che il <strong>di</strong>sastro della Deepwater Horizon ha fin dall’inizio assunto proporzione<br />
planetaria, voci rabbiose si sono levate da ogni angolo del globo. Se molti si sono limitati alle più<br />
tra<strong>di</strong>zionali espressioni <strong>di</strong> protesta quali boicottaggio e contestazione, per la legge dei gran<strong>di</strong> numeri<br />
era inevitabile che forme più creative <strong>di</strong> lotta “dal basso” si facessero strada sfruttando le<br />
18
potenzialità virali della rete. In particolare l’arma più affilata e efficace del web è stata rivolta<br />
contro la BP: lo humour. Con conseguenze che a volte sono andate ben oltre i limiti temporali<br />
dell’emergenza petrolifera e della sua soluzione.<br />
Nel mondo del web 2.0 e dei social me<strong>di</strong>a non è tanto il nome a regalare visibilità, quanto i<br />
contenuti che sotto quel nome vengono pubblicati. Una volta che un’idea guadagna il gra<strong>di</strong>mento<br />
della rete il virus è libero d’espandersi. Lezione che la compagnia britannica ha dovuto imparare<br />
sulla propria pelle.<br />
Ecco le forme <strong>di</strong> web guerrilla <strong>di</strong> maggiore successo messe in atto contro la British Petroleum:<br />
I) Twitter<br />
<strong>Il</strong> caso <strong>di</strong> BPglobalPR è un esempio da manuale <strong>di</strong> come certe carenze comunicative andrebbero<br />
attentamente evitate nella gestione <strong>di</strong> una crisi. Questo aneddoto è tra l’altro esemplificativo delle<br />
lacune mostrate dalla BP nel gestire la comunicazione sociale in parallelo allo svolgersi degli<br />
eventi. Andando per or<strong>di</strong>ne: a un mese dal <strong>di</strong>sastro su Twitter spunta il profilo BP Public Relations.<br />
<strong>Il</strong> falso account, creato ad arte, con sarcasmo tagliente ironizza in tempo reale sui tentativi della<br />
compagnia britannica <strong>di</strong> fermare lo sversamento e sui suoi continui <strong>fallimenti</strong>. <strong>Il</strong> primo post recita:<br />
“We regretfully admit that something has happened off of the Gulf Coast. More to come.” (“A<br />
malincuore ammettiamo che qualcosa è accaduto al largo delle coste del Golfo. Molto altro in<br />
arrivo”). In brevissimo tempo BPglobalPR impazza in rete, grazie a commenti satirici quali:<br />
Black sand beaches are very trendy in some places. We upgraded u, Gulf of Mexico.<br />
(2 agosto)<br />
We've eliminated the huge turtle surplus in the gulf. Next on our list: dolphins, whales, and reporters.<br />
(3 luglio)<br />
Anyone accusing us of tarring and feathering pelicans is ignorant. They feathered themselves.<br />
(29 giugno)<br />
The good news: Mermaids are real. The bad news: They are now extinct.<br />
(24 maggio)<br />
I vertici della compagnia britannica potrebbero mettersi tempestivamente in contatto con i gestori<br />
del profilo, magari negoziando il prezzo del silenzio, ma scelgono invece <strong>di</strong> ignorare la cosa.<br />
Facendo ciò compiono un errore <strong>di</strong> sottovalutazione. A fine agosto il falso account conta circa<br />
19
190.000 seguaci. BP_America, pagina ufficiale della compagnia petrolifera (aperta una settimana<br />
esatta prima del <strong>di</strong>sastro), meno <strong>di</strong> un decimo. Paradossalmente è l’utente fittizio a riflettere meglio<br />
l’approccio comunicativo degli strumenti usati.<br />
II) Strategie <strong>di</strong> risemantizzazione (re-design e toxic translations)<br />
Com’è naturale, gli elementi più rappresentativi dell’azienda incriminata sono stati tra le prime e<br />
più infierite vittime del massacro rituale svoltosi nel web. Logo, nome e slogan aziendali sono stati<br />
mo<strong>di</strong>ficati e rielaborati nei mo<strong>di</strong> più fantasiosi. Se già la compagnia aveva messo in atto un<br />
autonomo processo <strong>di</strong> risemantizzazione durante l’operazione <strong>di</strong> greenwashing, la contestazione<br />
creativa non ha fatto altro che seguire quel solco. A dare il via è il concorso indetto da Greenpeace<br />
UK, che chiede agli internauti <strong>di</strong> ri<strong>di</strong>segnare il logo BP alla luce <strong>di</strong> quanto successo nel Golfo del<br />
Messico. Un’apposita sezione viene de<strong>di</strong>cata agli slogan. “Beyond Petroleum”, a suo tempo<br />
derivato dal nome originale della compagnia, subisce così un nuovo step evolutivo trasformandosi<br />
in: Beyond Plausible; Big Profits; Back Pedalling; Burning the Planet; Billionaires Playing; Bloody<br />
Petroleum... fino al più rinomato Big Problems. Sulla medesima onda, in brevissimo tempo anche<br />
provocatori remake del “girasole” BP popolano la rete.<br />
Naturalmente l’occasione <strong>di</strong> “massacrare <strong>di</strong> risate” la BP non sfugge nemmeno ai molti produttori<br />
<strong>di</strong> video amatoriali, che si danno da fare per mettere alla berlina la compagnia britannica, trovando<br />
gioco facile grazie al risentimento <strong>di</strong>ffuso nei confronti <strong>di</strong> quest’ultima. Ne è un esempio il video <strong>di</strong><br />
successo BP spills coffee, dove caricaturali <strong>di</strong>rigenti BP vengono ri<strong>di</strong>colizzati mentre tentano in tutti<br />
i mo<strong>di</strong> (paro<strong>di</strong>ando i fatti reali) <strong>di</strong> bloccare la macchia <strong>di</strong> caffè che si sta allargando sulla scrivania<br />
dopo l’accidentale rovesciamento <strong>di</strong> una tazza.<br />
III) Apps & plugin<br />
Nemmeno le nuovissime tecnologie vengono tenute fuori dalla mischia creativa. Ne è l’esempio una<br />
applicazione per iPhone che sullo schermo del telefonino sovrappone al logo BP (ogni volta che<br />
questo viene inquadrato) una fuoriuscita animata <strong>di</strong> petrolio. Viene anche <strong>di</strong>ffuso un plugin gratuito<br />
20
per Firefox che sulle pagine del browser copre con una oleosa macchia nera il nome dell’azienda e<br />
tutte le immagini e le parole ad essa connesse (Transocean, Deepwater Horizon, Gulf Oil Spill, etc.)<br />
ogni qualvolta esse compaiono, arrivando a coprire interamente la stessa homepage BP. <strong>Il</strong> <strong>di</strong>sprezzo<br />
a portata <strong>di</strong> mano.<br />
IV) Facebook<br />
Com’è scontato anche sul più frequentato social network fioccano un’infinità <strong>di</strong> gruppi<br />
d’opposizione al colosso degli idrocarburi. Un piccolo incidente <strong>di</strong> percorso avviene quando la<br />
pagina Boycott BP (una tra le più apprezzate, con 750.000 “like”) viene rimossa all’improvviso. <strong>Il</strong><br />
caso fa imme<strong>di</strong>atamente scalpore, ma dopo 9 ore <strong>di</strong> blackout tutto torna a posto, con tante scuse da<br />
parte <strong>di</strong> Facebook, che garantisce che si è trattato <strong>di</strong> “un errore del sistema <strong>di</strong> sicurezza automatico”.<br />
5.3 Contestazione off-line<br />
Com'è naturale che sia, l'evento provoca anche un fiume <strong>di</strong> contestazioni <strong>di</strong> stampo “classico”. Non<br />
si contano le marce, i flash mob, le manifestazioni <strong>di</strong> protesta e gli appelli per il crowdfun<strong>di</strong>ng<br />
susseguitisi durante i mesi della crisi nel Golfo del Messico. A volte si tratta <strong>di</strong> manifestazioni<br />
promosse da singoli in<strong>di</strong>vidui, altre <strong>di</strong> eventi organizzati da famosi gruppi ambientalistici. Un<br />
comun denominatore ne accomuna però la maggior parte: si tratta <strong>di</strong> iniziative nate e cresciute alla<br />
rete, tradottesi solo in un secondo momento in eventi off-line.<br />
21
6 - GLI ERRORI COMUNICATIVI<br />
6.1 La menzogna svelata<br />
Già molto tempo prima del <strong>di</strong>sastro l’opinione pubblica aveva mostrato perplessità rispetto alle<br />
esplorazioni petrolifere in mare aperto. Di fronte a questa resistenza la BP, assieme al resto<br />
dell’industria petrolifera, aveva portato avanti due argomentazioni a sostegno delle <strong>trivellazioni</strong> <strong>di</strong><br />
profon<strong>di</strong>tà:<br />
a) che con questo genere <strong>di</strong> perforazione le probabilità <strong>di</strong> una massiccia fuoriuscita <strong>di</strong> petrolio<br />
erano estremamente basse.<br />
b) che l’industria era in ogni caso tecnicamente preparata ad affrontare l’eventuale problema,<br />
riducendo al minimo il danno.<br />
Non solo la BP, ma tutte le gran<strong>di</strong> aziende del settore hanno dovuto ammettere almeno la falsità<br />
della seconda tesi. <strong>Il</strong> punto <strong>di</strong> partenza è perciò una menzogna svelata. Non importa quanto la BP<br />
potesse essere in buona fede mentre garantiva la sua preparazione, appena sono trapelate le prime<br />
informazioni la percezione dell’opinione pubblica è imme<strong>di</strong>atamente andata a pescare dalla<br />
semiosfera lo stereotipo della multinazionale senza scrupoli. E alla BP calzava a pennello. Quin<strong>di</strong><br />
già dall’inizio la campagna <strong>di</strong> comunicazione della crisi risulta <strong>di</strong> ardua gestione, con un’immagine<br />
totalmente connotata in negativo.<br />
Come si è già detto sono stati numerosi gli errori compiuti dalla British Petroleum nella gestione<br />
pubblica della crisi. Errori dovuti a negligenza o supponenza, in tutto e per tutto assimilabili alle<br />
mancanze tecniche che hanno fisicamente scatenato il <strong>di</strong>sastro. In particolare sono stati compiuti<br />
alcuni errori <strong>di</strong> stampo squisitamente comunicativo:<br />
1. Aver ecceduto nelle rassicurazioni<br />
2. Non aver mostrato contrizione per i fatti accaduti, o almeno non averne mostrata a sufficienza<br />
3. Non aver reso abbastanza cre<strong>di</strong>bili la propria compassione e determinazione<br />
4. Non aver mai <strong>di</strong>chiarato la propria stupi<strong>di</strong>tà<br />
5. Aver sottostimato l'importanza <strong>di</strong> strategie comunicative <strong>di</strong> lungo periodo<br />
6. Aver speculato sul futuro<br />
22
6.2 Eccessive rassicurazioni<br />
Come fa notare Peter Sandman, ex consulente dell’azienda britannica:<br />
Per quasi tutto il periodo dell’emergenza, la BP ha sempre sfoggiato grande ottimismo. Nonostante<br />
possa apparire una contrad<strong>di</strong>zione, questo comportamento non ha favorito la compagnia. In casi <strong>di</strong><br />
incertezza nella gestione dell’evento risulta infatti preferibile eccedere con l’allarme nelle prime fasi,<br />
per poi correggere il tiro.<br />
Ciò trasmette all’opinione pubblica un’idea <strong>di</strong> riduzione del rischio, che può fare gioco favorevole<br />
all’azienda. La BP ha invece sempre teso a tranquillizzare, sbilanciandosi in senso opposto.<br />
L’annuncio continuo <strong>di</strong> nuove soluzioni a <strong>di</strong>sposizione è andato a braccetto con una crisi<br />
d’immagine sempre più acuta ogni volta che si rendeva necessario spiegare che la situazione ERA<br />
peggiore <strong>di</strong> quanto non si fosse detto sino a quel momento. <strong>Il</strong> susseguirsi <strong>di</strong> <strong>fallimenti</strong> creava <strong>di</strong><br />
volta in volta un precedente <strong>di</strong> sempre maggior peso, che influiva negativamente sulla percezione<br />
del pubblico rispetto alle competenze e all’affidabilità della BP.<br />
6.3 Mancanza <strong>di</strong> contrizione<br />
La BP si è scusata spesso e relativamente presto per i danni causati, ma queste scuse sono risultate<br />
poco convincenti. Ciò è dovuto prima <strong>di</strong> tutto al fatto che è mancata la presa in carico delle<br />
proprie responsabilità. il 18 giugno 2010 Hayward, durante una testimonianza resa davanti al<br />
Comitato per l’energia e il commercio della Camera statunitense <strong>di</strong>chiara:<br />
L’esplosione e l’incen<strong>di</strong>o a bordo della Deepwater Horizon e il conseguente rilascio <strong>di</strong> petrolio nel<br />
Golfo del Messico non sarebbero mai dovuti accadere e sono profondamente <strong>di</strong>spiaciuto che si siano<br />
verificati.<br />
Si tenga conto che l’oggetto delle scuse è il più grande <strong>di</strong>sastro ambientale della storia statunitense,<br />
che ha causato 11 morti e che darà luogo a forti ripercussioni in numerosissimi ambiti,<br />
dall’economia alla salute fino all’ecosistema stesso. Alle pretese del Comitato <strong>di</strong> un’ammissione <strong>di</strong><br />
colpa da parte della BP Hayward si tira però in<strong>di</strong>etro, sostenendo la necessità del termine delle<br />
indagini a riguardo. Forse una buona strategia sul piano legale, ma non su quello comunicativo. <strong>Il</strong><br />
rifiuto <strong>di</strong> farsi carico dei propri errori rende futile qualunque scusa, dato che nega il fatto che tali<br />
scuse siano effettivamente necessarie. Sebbene Hayward ammetta il 3 giugno, in una intervista al<br />
Financial Times, che "Quello che è senza dubbio vero è che non avevamo gli strumenti che si<br />
vorrebbero avere nel proprio armamentario", lo fa freddamente, in modo apatico e quasi casuale.<br />
23
Una scelta linguistica più appropriata, che mostrasse vicinanza e umanità sarebbe probabilmente<br />
stata più efficace nel creare un più fiducioso rapporto con l’opinione pubblica.<br />
6.4 Rendere cre<strong>di</strong>bili compassione e determinazione<br />
Se su un fronte è necessario dare mostra del proprio pentimento verso gli acca<strong>di</strong>menti, dall’altra lato<br />
è fondamentale esternare compassione verso chi è stato danneggiato e determinazione nel porre al<br />
più presto rime<strong>di</strong>o ai danni. Nel caso BP entrambi i sentimenti sono stati piuttosto carenti. I top<br />
manager si sono spesso comportati come se fossero loro le vittime, con <strong>di</strong>chiarazioni fuori luogo<br />
che hanno ulteriormente peggiorato l’immagine della compagnia che rappresentavano. La<br />
definizione della BP come “uno stupratore che cerca <strong>di</strong> apparire compassionevole senza ammettere<br />
lo stupro” pare adeguata. Questa frasi rispecchia infatti l’esatta percezione del pubblico: un nemico<br />
due volte in colpa, prima sul piano pratico e poi su quello morale.<br />
Rispetto alla determinazione la BP si mostra invece piuttosto capace. La procedura <strong>di</strong> rimborso<br />
danni messa in atto è <strong>di</strong> fatto riconosciuta come rapida ed equa. Anche ai pescatori che hanno evaso<br />
le tasse viene data la possibilità <strong>di</strong> mostrare evidenze “informali” che mostrino come le entrate<br />
perdute siano maggiori rispetto a quanto ufficialmente documentato. Ma data la <strong>di</strong>fficoltà a credere<br />
nella compassione e nel pentimento dell’azienda, anche verso la sua supposta determinazione<br />
affiorano non pochi dubbi. La mancanza <strong>di</strong> compattezza comunicativa della BP comporta una<br />
tracollo <strong>di</strong> fiducia verso qualunque suo comportamento, anche quello apparentemente più limpido,<br />
quin<strong>di</strong> anche la determinazione nel bloccare la fuoriuscita e ripulire tutto viene messa in dubbio. Di<br />
fronte a un dramma a prevalere sono le valutazioni passionali, e se una cosa è certa è che <strong>di</strong><br />
passioni la BP ha dato ben scarsa mostra.<br />
6.5 Affermare la propria stupi<strong>di</strong>tà<br />
Questa potrebbe apparire una mossa poco astuta, ma non è così. Sempre richiamandosi all’analisi <strong>di</strong><br />
Sandman, un comportamento negativo messo in atto da una corporation può essere spiegato in due<br />
<strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong>: avi<strong>di</strong>tà/malvagità o stupi<strong>di</strong>tà/incompetenza. Quale sia il preferibile tra i due è cosa<br />
scontata. Se nella gestione aziendale è più probabile che sia la stupi<strong>di</strong>tà a causare comportamenti<br />
miopi, agli occhi dell’opinione pubblica risulta sempre più scontata la malvagità razionale, ere<strong>di</strong>tà<br />
culturale <strong>di</strong> infiniti testi, ben innestata nella semiosfera collettiva e, in questo genere <strong>di</strong> situazioni,<br />
selezionata quasi <strong>di</strong> default. La stupi<strong>di</strong>tà come movente principale <strong>di</strong> un comportamento<br />
controproducente deve essere quin<strong>di</strong> sottolineata con decisione, spinta con forza nella mente delle<br />
persone. D’altra parte, col senno <strong>di</strong> poi, una serie <strong>di</strong> precauzioni che la BP non ha preso appaiono<br />
ora decisamente convenienti rispetto ai loro costi, quin<strong>di</strong> la stupi<strong>di</strong>tà è evidente. Ma la compagnia<br />
24
ifiuta <strong>di</strong> ammettere la propria incompetenza. <strong>Il</strong> che corrisponde in pratica, agli occhi del pubblico,<br />
ad una ammissione <strong>di</strong> malvagità.<br />
Resta il fatto che un'azienda dotata della minima competenza in<strong>di</strong>spensabile nel proprio campo,<br />
quale si suppone essere la BP, debba - almeno su certi punti - essere conscia dell’inadeguatezza dei<br />
propri piani d’emergenza. <strong>Il</strong> tarlo della negatività rimane. Probabilmente è un incosciente mix <strong>di</strong><br />
avi<strong>di</strong>tà e stupi<strong>di</strong>tà quello che ha portato al <strong>di</strong>sastro della Deepwater Horizon: un’eccessiva<br />
attenzione ai ren<strong>di</strong>menti e al valore delle azioni si è sommato ad una gestione avara e incosciente,<br />
poco attenta alla sopravvivenza della compagnia stessa. Ma è comunque indubbio che, sul versante<br />
comunicativo, permettere alla gente <strong>di</strong> attribuire la colpa <strong>di</strong> tutto ad una malvagità volontaria è il<br />
modo più stupido per gestire un’operazione <strong>di</strong> crisis communication.<br />
6.6 Le strategie <strong>di</strong> lungo periodo<br />
Controllare i momenti iniziali della crisi è cruciale per ogni impresa, i primi risultati possono<br />
infatti avere forti conseguenze sulle attività <strong>di</strong> lungo termine. La comunicazione <strong>di</strong> crisi spesso si<br />
concentra su questo periodo. L’impresa deve rapidamente mettersi in contatto con i me<strong>di</strong>a, le<br />
autorità, gli stakeholders e, in generale, tutti i soggetti potenzialmente interessati. Un fallimento in<br />
questa fase può comportare una totale per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> controllo della situazione. L'imme<strong>di</strong>atezza che<br />
caratterizza la moderna informazione sul larga scala impone una totale prontezza <strong>di</strong> riflessi, chi si<br />
ferma è perduto.<br />
La richiesta <strong>di</strong> comunicazione prodotta da un evento drammatico è però da considerarsi in parte<br />
in<strong>di</strong>pendente dagli interventi in periodo <strong>di</strong> crisi. Tale necessità si sviluppa inizialmente in seguito a<br />
reazioni emotive, in risposta al bisogno <strong>di</strong> riportare il prima possibile la normalità dentro e fuori<br />
l’impresa. Ma il processo può e deve rimanere attivo anche dopo, non è possibile passare da una<br />
fase <strong>di</strong> grande sforzo comunicativo al silenzio. La riduzione degli effetti negativi <strong>di</strong> un incidente<br />
avviene in tempi lunghi e le strategie comunicative devono adeguarsi a questa gradualità.<br />
<strong>Il</strong> <strong>di</strong>ritto (e la pretesa) dei citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> essere informati non si esaurisce con la risoluzione<br />
dell’incidente. L’economista Patrizio Bianchi già nel 1985 sottolineava come:<br />
L'impresa che non riconosce questo precetto va incontro a conseguenze anche sul piano economico<br />
dato che, a fronte <strong>di</strong> un responsabile che non sa affermare con fermezza e precisione il proprio punto<br />
<strong>di</strong> vista, la reazione all’esterno sarà tale da ridurre la capacità commerciale dell’impresa stessa.<br />
Quin<strong>di</strong> mancati guadagni possono essere <strong>di</strong>rettamente imputabili ad una cattiva comunicazione. In<br />
una società basata sull’informazione nessuno può permettersi <strong>di</strong> rimanere a lungo al <strong>di</strong> fuori della<br />
25
ete, pena il rischio <strong>di</strong> esclusione dalla società stessa. La British Petroleum ha invece tralasciato la<br />
comunicazione sul lungo termine, in attesa che sull'accaduto calasse un velo d'oblio.<br />
6.7 <strong>Il</strong> dubbio sul futuro<br />
La BP, dopo aver gestito in maniera responsabile le primissime fasi degli eventi, si pro<strong>di</strong>ga in<br />
rassicurazioni, garantendo la ridotta entità del danno e la sua prontezza nel risolverlo. Facendo ciò<br />
compie un cruciale errore: specula sul futuro. La cautela, regola fondamentale in contesti <strong>di</strong> crisi<br />
dove non si hanno precise informazioni sulla reale entità del danno, viene totalmente scordata.<br />
Quando un'impresa in crisi eccede in rassicurazioni rischia sempre <strong>di</strong> doversi trovare obbligata a<br />
ritrattare le proprie affermazioni, comportamento <strong>di</strong>sastroso nei casi in cui l’immagine aziendale sia<br />
già stata duramente colpita. La serie <strong>di</strong> tentativi falliti nel bloccare la per<strong>di</strong>ta, uniti alle continue<br />
stime al rialzo sull’entità della fuoriuscita, hanno portato la BP verso un totale crollo <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>bilità.<br />
D’altra parte bisogna però riconoscere come una buona comunicazione non sia a priori garanzia <strong>di</strong><br />
successo. In caso <strong>di</strong> eventi drammatici le conseguenze e le reazioni che ne derivano possono essere<br />
solo parzialmente preconizzate. Ciò impone quin<strong>di</strong> una attenta, capillare pianificazione così da<br />
avere in serbo il massimo numero <strong>di</strong> strumenti e piani possibili per poter affrontare i potenziali<br />
risvolti della crisi, sia sul breve che sul lungo periodo. Una cassetta degli attrezzi ben fornita è<br />
con<strong>di</strong>zione necessaria per poter rime<strong>di</strong>are con buon margine <strong>di</strong> successo ad un “guasto” inaspettato.<br />
Caso a parte è poi quello del dolo, situazione in cui la comunicazione può avere ben scarsi effetti<br />
risolutivi. Infatti un buon piano <strong>di</strong> comunicazione col pubblico può intervenire con successo solo<br />
quando imprecisioni e superficialità rimangono nei limiti accettabili dell’errore, non quando gli<br />
eventi eccezionali sono dovuti a incuria, mancanza <strong>di</strong> professionalità o spudorati intenti speculativi.<br />
In tal caso una potenziale tattica potrebbe consistere nel tentativo <strong>di</strong> rimaneggiare gli eventi<br />
smussando i fatti, incartando il tutto in modo più accettabile. Un simile atteggiamento comporta<br />
però un elevatissimo rischio. Nel caso <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> aziende risulta infatti molto <strong>di</strong>fficile circoscrivere le<br />
informazioni e impe<strong>di</strong>re che qualche dato critico filtri verso l’esterno, rendendo la fallita<br />
mistificazione ancora più dannosa <strong>di</strong> una cattiva verità. Oltretutto la messa in atto <strong>di</strong> un simile<br />
progetto impone una drastica riduzione della trasparenza, azione che è molto complicato mettere in<br />
atto nell’ attuale società globalmente connessa, soprattutto quando gli eventi scatenanti la crisi<br />
assumono proporzioni <strong>di</strong> interesse planetario.<br />
26
7 – CONCLUSIONI<br />
Tralasciando il contesto etico/ambientale, l'importanza della preparazione <strong>di</strong> piani <strong>di</strong> crisi risulta<br />
evidente anche da un punto <strong>di</strong> vista prettamente economico. A conti fatti la marea nera nel Golfo<br />
del Messico è costata alla BP circa 8 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> dollari, comprensivi delle spese effettuate per<br />
contenere la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> greggio e per la ripulitura, i soccorsi e le somme versate agli stati colpiti<br />
lungo la costa. A ciò si aggiungano il fondo da 20 miliar<strong>di</strong> stanziato per risarcire le vittime e la<br />
multa plurimiliardaria promessa dal governo federale. Considerando anche il danno d’immagine<br />
subito dalla compagnia i costi conseguiti all’incidente risultano incalcolabili.<br />
In pochi mesi il colosso britannico ha perso circa la metà del suo valore. Oltre ai fatti tangibili che<br />
hanno portato al <strong>di</strong>sastro, una concausa <strong>di</strong> tale crollo va in<strong>di</strong>viduata nella gestione me<strong>di</strong>atica e<br />
comunicativa degli eventi: spesso apparsa miope e insensibile, a volte spudoratamente oltraggiosa.<br />
<strong>Il</strong> <strong>di</strong>sprezzo popolare ha avuto fin da subito un bersaglio chiaro, inchiodato da una colpevolezza<br />
evidente e per <strong>di</strong> più restio a prenderne atto. L’antisoggetto ideale, palese, per una folla che per<br />
sfogare la propria rabbia non chiedeva altro che un buon obiettivo. <strong>Il</strong> fatto che le altre imprese a<br />
<strong>di</strong>verso titolo coinvolte nel <strong>di</strong>sastro siano riuscite a “farla franca”, lasciando la BP sola in mezzo<br />
alla tormenta, è da imputarsi anche ad una maggiore abilità nel gestire gli eventi. Senza contare il<br />
lavoro compiuto in tal senso dall'amministrazione Obama, dato che si trattava nello specifico <strong>di</strong><br />
aziende statunitensi e alla presidenza USA non conveniva minimamente avere il “nemico” entro i<br />
propri confini.<br />
È insomma evidente come da parte della BP la gestione della crisi sia stata generalmente poco abile,<br />
un concatenamento <strong>di</strong> errori su <strong>di</strong>versi piani che hanno portato a quella che non solo verrà ricordata<br />
come una tra le più gravi trage<strong>di</strong>e ambientali della storia, ma anche come uno dei peggiori <strong>di</strong>sastri<br />
<strong>comunicativi</strong> mai messi in atto da un’azienda obbligata a fronteggiare una crisi.<br />
Prima <strong>di</strong> tutto è lampante come alla British Petroleum si fosse proceduto ad una poco oculata fase<br />
preventiva <strong>di</strong> analisi dei rischi. La spesa necessaria per installare più adeguati sistemi <strong>di</strong> sicurezza<br />
sarebbe in fin dei conti risultata infima in confronto alle enormi per<strong>di</strong>te conseguite all’esplosione<br />
della Deepwater Horizon. <strong>Il</strong> risk analisys dovrebbe essere il cuore <strong>di</strong> ogni pianificazione strategica.<br />
Una volta che i potenziali rischi sono stati correttamente identificati e valutati, le strategie per<br />
gestirli in modo appropriato saranno più semplici da in<strong>di</strong>viduare, permettendo una preparazione<br />
superiore. Ma pare che questo processo sia mancato nel Golfo del Messico, obbligando il<br />
management, dopo una fase iniziale ben gestita, a ripiegare sull'improvvisazione. Ciò <strong>di</strong>mostra<br />
come la progettazione preventiva <strong>di</strong> un piano B (ma anche C, D, E, ...) sia requisito imprescin<strong>di</strong>bile<br />
27
per qualunque entità operante nel mercato, tanto più nel caso si tratti <strong>di</strong> un’industria ad alto rischio<br />
come quella petrolifera. L'importanza della definizione propedeutica <strong>di</strong> un piano strategico<br />
comprendente la parte de<strong>di</strong>cata alla comunicazione in caso <strong>di</strong> crisi è stata largamente sottovalutata<br />
dalla BP. Conferma <strong>di</strong> ciò la si ottiene anche considerando le precedenti emergenze che la<br />
compagnia si è trovata ad affrontare. Eventi <strong>di</strong> entità inferiore rispetto al caso Deepwater, ma che<br />
avrebbero comunque dovuto spingere il management a supplire il prima possibile a questa evidente<br />
carenza. Iniziativa a cui invece pare non sia stata data molta priorità, con le <strong>di</strong>sastrose conseguenze<br />
che si sono potute constatare nell’estate 2010.<br />
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