GiusePPe Troiano Quel 10 settembre del 1943 ... - Studi Cassinati
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che le truppe marocchine occupassero il paese e dilagassero fino a<br />
S. Elia Fiumerapido, precisamente il 28 dicembre <strong>1943</strong>, in località<br />
Collelungo, quarantadue civili, donne, uomini e bambini, furono<br />
trucidati dai soldati tedeschi in un eccidio efferato.<br />
Nella piana <strong>del</strong> cassinate, i soldati avevano evacuato con la forza<br />
gli abitanti da tutte le zone <strong>del</strong> circondario, obbligandoli a lasciare<br />
ogni avere. Vi era stata anche una sparatoria contro persone che<br />
avevano tentato di sottrarsi allo sgombero coatto e una donna gravida<br />
era rimasta uccisa. Queste notizie acuirono le pene dei miei<br />
parenti e di mia madre. Vedevano compromesse le possibilità di ritornare<br />
a recuperare le proprie cose, murate in un vano <strong>del</strong>l’edificio<br />
a mezza costa. Non erano solo mobili, ma anche oggetti di valore,<br />
affettivi e argenterie. Nei cuori degli sfollati vi era,infatti, sempre<br />
l’illusione che la guerra potesse passare velocemente.<br />
Se la mente degli adulti era occupata da pensieri seri e tetri,<br />
quella dei bambini e degli adolescenti, nonostante i bombardamenti<br />
e le paure, era orientata al gioco. Con i cugini curiosavamo nelle<br />
case abbandonate, specialmente nel palazzo di un signore <strong>del</strong><br />
luogo, di cui amavamo esplorare le numerose e ampie stanze e i<br />
giardini sottostanti.<br />
Talvolta, i bombardieri ci coglievano mentre eravamo intenti in<br />
questi svaghi. Nessuna sirena annunciava l’arrivo degli aerei.<br />
L’unico segnale era il frastuono dei motori. Ci riparavamo sotto gli<br />
architravi e mia sorella mi rincuorava, tenendomi accanto a lei. Ci<br />
turavano le orecchie con le dita per non udire quel rumore sconvolgente,<br />
ma lo spavento che provavamo era sempre molto forte.<br />
Ci serravamo gli uni agli altri, formando un solo gruppo, e il calore<br />
dei corpi funzionava come un calmante, diminuendo l’ansia e<br />
il terrore. Talvolta gli aerei volavano rasente il borgo e pareva allora<br />
che un terremoto scuotesse le mura degli edifici. Sapevamo allora<br />
che gli aerei non avevano di mira Vallerotonda, ma Cassino, e la<br />
preoccupazione scemava.<br />
Un pomeriggio, l’attendente ci informò che la mattina seguente<br />
saremmo stati evacuati dal paese con i camion <strong>del</strong>la Wehrmacht.<br />
Mio zio non intendeva essere portato troppo lontano da Cassino e,<br />
prima <strong>del</strong>l’imbrunire, si allontanò con la famiglia da Vallerotonda,<br />
con il proposito di trovare rifugio in qualche casolare <strong>del</strong>le montagne<br />
<strong>del</strong>le Mainarde. Mia madre si rifiutò di seguirlo, perché pensava<br />
che sarebbe stato difficile sopravvivere tra quei monti innevati con<br />
tre figli piccoli. Tenne pronto un fagotto con la biancheria e un<br />
sacco di canapa con alcune pagnotte di pane.<br />
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