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GiusePPe Troiano Quel 10 settembre del 1943 ... - Studi Cassinati

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l’interno <strong>del</strong>la grotta. I nostri genitori ebbero un moto di gioia<br />

quando ci videro apparire e poco importò che le brocche, nella<br />

corsa, avessero perso parte <strong>del</strong> prezioso liquido.<br />

Zia Maria, la moglie di Simeone, notò che ero privo <strong>del</strong>la bottiglia<br />

che mi era stata data. Scherzosamente, mi chiese dove l’avessi lasciata.<br />

Per vergogna di ammettere il mio gesto di paura, spalancando<br />

gli occhi neri e innocenti, dissi di getto una bugia, in dialetto<br />

cassinate: «Lu spustamento d’aria l’ha rotta». L’ingenua esclamazione<br />

provocò una risata generale, che stemperò l’ansia accumulata<br />

e contribuì a risollevare gli umori.<br />

La famiglia Fiorenza partì per ripararsi altrove, nei paesetti di<br />

montagna che dominavano la vallata <strong>del</strong> cassinate. Vi era stato un<br />

episodio che aveva deciso il capofamiglia a lasciare l’edificio a mezza<br />

costa. Un pomeriggio, il secondogenito, Fernando, che dopo la<br />

guerra divenne giudice nel tribunale di Napoli, stava riparando il<br />

discendente <strong>del</strong> tetto che si era spostato e perdeva acqua a profusione<br />

nei giorni di pioggia.<br />

Le donne diedero l’allarme, ma in ritardo. Alcuni tedeschi stavano<br />

salendo i gradoni di Vico Monte Cavallo ed erano ormai prossimi<br />

al pianoro. Il giovane, temendo di non fare a tempo a scendere<br />

i pioli <strong>del</strong>la scala, per paura di essere catturato fece un salto da parecchi<br />

metri d’altezza. Cadde rovinosamente al suolo e poco mancò<br />

che si rompesse una spalla. Malconcio e dolorante, fuggì con gli<br />

altri, nascondendosi nei soliti anfratti.<br />

I Simeone e mia madre preferirono restare a Cassino, ancora incerti<br />

sul da farsi. Mio zio aveva chiuso il ristorante già da qualche<br />

tempo. L’episodio <strong>del</strong>le Waffen S.S. l’avevano consigliato a non insistere<br />

con l’attività di ristoratore. Poiché le retate si erano intensificate<br />

– i tedeschi, a corto di mano d’opera, catturavano ormai<br />

indiscriminatamente giovani e adulti – passava parte <strong>del</strong>la giornata<br />

sul monte, per timore di essere sorpreso dai militari che apparivano<br />

all’improvviso. Anche noi ragazzi vivevamo nella grotta quasi in permanenza<br />

con le nostre mamme, perché i bombardamenti erano diventati<br />

continui e sempre più rovinosi. Le ondate di aerei si<br />

succedevano a intervalli ravvicinati e ciò creò una psicosi che costringeva<br />

le persone a rimanere rintanati nei rifugi la maggior parte<br />

<strong>del</strong> tempo.<br />

Il soggiorno nelle grotte esponeva, però, al contagio con i parassiti,<br />

in particolare i pidocchi. Mia madre, per precauzione, ci lavava<br />

i capelli usando acqua e aceto. I capelli diventavano lucidi ed era<br />

facile individuare le eventuali larve. Per sfamarsi, si faceva il pane<br />

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